Voce ai Giovani

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Anno 37 - 7 Settembre 2013 - Numero 36

Settimanale indipendente di informazione

euro 0,50

I laboratori Cnr-Invalsa di San Michele all’Adige, d’intesa con l’Unical, utilizzano metodi antisismici imposti nel 1783 OCCASIONE SPECIALE

PERCORSI DI FEDE

Spettacolo tra Col Vangelo i Rioni di Zumpano sulle Dolomiti con gli asinelli per socializzare di Francesco Fotia

Torna l’annuale Palio tra musica artigianato e tradizioni

di Pierfrancesco Greco

Esperienza intensa al campo estivo per la parrocchia di Vadue di Carolei


II

sabato 7 settembre 2013

Unical protagonista Una sezione di edificio del Settecento ricostruito nei laboratori del Cnr-Ivalsa di San Michele all'Adige seguendo le indicazioni del regolamento edilizio imposto all'epoca in Calabria

Progetto antisismico, come i Borboni comandano Le norme antisismiche attualmente vigenti nella nostra legislazione risalgono al 2008 e sono in corso di revisione. Non tutti sanno, però, che il primo regolamento del genere d’Europa fu imposto dai Borboni subito dopo il catastrofico terremoto che nel 1783 distrusse gran parte della Calabria meridionale, con circa 30.000 vittime. Fu, allora, redatto un codice per la costruzione degli edifici che raccomandava l’utilizzo di una rete di legno all’interno della parete in muratura. L’efficacia di questo sistema costruttivo si dimostrò durante i successivi eventi tellurici che colpirono nuovamente la Calabria, nel 1905 e nel 1908 (circa nove gradi di intensità sulla scala Mercalli, magnitudo 6.9 sulla scala Richter): danni non significativi con limitate porzioni di muratura collassate e in nessun caso crolli totali. Allo stesso modo si comportò anche il palazzo del Vescovo di Mileto, ricostruito dopo il 1783 adottando gli accorgimenti antisismici contenuti nel regolamento borbonico. L’edificio è ora completamente abbandonato e in evidente stato di degrado, ma la sua struttura ha attraversato oltre 200 anni di storia senza cedimenti. Questa stessa tipologia di struttura è stata ora sottoposta a una serie di test nel laboratorio di prove meccaniche dell’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio nazionale delle Ricerche (Cnr-Ivalsa) di San Michele all’Adige (Tn). La parete è stata costruita con la collaborazione del Dipartimento di Scienza della Terra dell’Università della Calabria (Unical) per analisi chimiche e petrografiche al fine di ottenere, oltre alle caratteristiche dimensionali e di apparecchio della muratura intelaiata, anche simili prestazioni meccaniche di malta e pietre. «Si tratta - spiega Nicola Ruggieri, ricercatore di Unical - di una riproduzione pressocché identica di una parete dell’edificio vescovile a Mileto, in scala 1:1, costituita da muratura rinforzata da un’intelaiatura lignea». La specie legnosa utilizzata è stata identificata nei laboratori Ivalsa come castagno calabrese. «Per le prove

L’iniziativa ha dimostrato eccellenti caratteristiche di resistenza ai terremoti Il progetto è frutto di una convenzione tra l’istituto e l’Università della Calabria

- spiega Ario Ceccotti, direttore di Ivalsa e responsabile scientifico del progetto insieme a Raffaele Zinno dell’ateneo calabrese - abbiamo imposto alla sezione una serie di spostamenti alternati nelle due direzioni via via crescenti, così da simulare il comportamento alle azioni sismiche, anche le più imposrtanti, della parete intelaiata». La parete ha mostrato un eccellente comportamento antisismico, evidenziando una buona duttilità garantita dal riempimento interno dei telai - con qualche piccola espulsione di muratura - mentre gli stessi telai di legno (sia le aste sia i nodi) sono rimasti quasi completamente integri. «Già nel 1908, in seguito al catastrofico terremoto che distrusse Reggio e Messina - continua Ruggieri - il geografo Mario Baratta, fondatore della sismologia storica, rilevava le buone qualità sismiche dell’edificio di Mileto. Al Cnr-Ivalsa abbiamo avuto conferma di tale resistenza». Alla prova ha assistito una delegazione del Cost action Fp 1101 Assessment, reinforcement and monitoring of Timber structures, composta da circa cinquanta studiosi provenienti da tutto il mondo. «L’esito del test - conclude Ceccotti - ha dimostrato chiaramente che un sistema costruttivo ideato a fine Settecento come quello borbonico è in grado di resistere a eventi sismici di una certa rilevanza e che questa tecnologia, una volta compiuti i dovuti approfondimenti e adottando sistemi di connessioni innovativi, potrebbe essere favorevolmente applicata a edifici moderni garantendone stabilità e dando sicurezza alle persone che li abitano». I risultati sperimentali del progetto saranno presentati in occasione dell’incontro internazionale Heart 2013 (Historic earthquake-resistant timber frames in the mediterranean area) organizzato da Unical e Cnr-Ivalsa, in collaborazione con Università di Minho, Atene e Istanbul e Icomos Wood scientific committee, che si terrà a Cosenza il 4 e 5 novembre. Il convegno ha già raccolto contributi da molti Paesi del Mediterraneo (Marocco, Portogallo, Albania, Grecia, Turchia, Egitto, Italia, Usa, Giappone e Cina) che si contraddistinguono per la presenza sul territorio di edifici caratterizzati da pareti in muratura con intelaiature lignee simili a quelle realizzate in Calabria alla fine del ‘700 (smartlab.unical.it/Hearts2013).


sabato 7 settembre 2013

Occasione speciale... A Zumpano torna l’annuale Palio con gli asinelli

Spettacolo tra i Rioni di Francesco Fotia

Come ogni anno, anche questo fine estate zumpanese è dedicato all’ormai famoso Palio dei 5 Rioni, tradizionale manifestazione che coinvolge i cittadini dell’affascinante borgo alle porte di Cosenza. «Un’occasione speciale per le famiglie e per i giovani di trascorrere insieme ai propri concittadini e amici un giorno di festa - ha commentato Maria Lucente primo cittadino di Zumpano. Un giorno per appropriarsi con gioia degli spazi che il centro storico può offrire, da condividere con quanti, dai paesi vicini, sceglieranno di aggiungersi a noi. Il Palio - prosegue - rappresenta per noi una tradizione a cui teniamo molto e che abbiamo deciso di onorare anche quest’anno, nonostante i tempi non troppo felici. Al divertimento di una sana competizione, inoltre, abbiamo scelto di abbinare anche altre attività che vedranno protagonisti l’arte e l’immancabile buona cucina». Il Palio dei 5 rioni, previsto per domenica 8 settembre, apre alle 17,30 con la “Tratta”, la consueta cerimonia nel corso della quale avverrà il sorteggio che assegnerà un asinello a ciascun fantino in gara. Si prosegue con la “provaccia”, un turno di qualificazione che elimina due tra i sette rioni in gara e che precede la competizione vera e propria. Lo spettacolo, che avrà inizio intorno alle 18,30, è condotto dallo showman cosentino Pino Gigliotti, che ha presentato il palio anche lo scorso anno. Ma non c’è solo lo sport ad animare la domenica zumpanese. Dalle ore 19,30, infatti, apre al pubblico la mostra dell’artigianato locale, con l’esposizione di pezzi unici, interamente realizzati con le tecniche che i maestri locali hanno avuto in eredità dalla tradizione, e che hanno saputo custodire nonostante i cambiamenti socio-economici che la cittadina ha vissuto nel corso dei decenni. Ma è proprio la conservazione delle proprie radici culturali ad animare anche la III edizione del concorso “Cucchiaio d’argento”, sempre dedicato a peccati di gola legati alla terra zumpanese. Un ottimo modo per soddisfare l’appetito e, al contempo, ricordarsi quanto importanti siano le tradizioni che identificano il territorio e le comunità di cui facciamo parte. A chiudere il lungo pomeriggio di spettacolo, a partire dalle ore 21,00, non poteva che essere la musica, animata dalle immancabili danze che un genere come la “taranta” porta con sé: si esibiscono infatti i “Non solo Taranta”, che promettono di riuscire a scatenare i balli di donne e uomini di ogni età fino a notte inoltrata. La festa però non finisce qui. Previsto infatti per la sera a seguire il simpatico e ghiotto “Campionato mondiale mangiatori di pizza”, curato dalla Nazionale italiana Scuola pizzaioli, che abbinerà il buon umore all’intramontabile amore per questa autentica gemma del gusto, portavoce dei genuini sapori meridionali. La due giorni di manifestazioni a Zumpano si immette all’interno di quel virtuoso circolo del divertimento low-cost, della socialità e della promozione delle tradizioni locali che pare possa essere la sola risposta efficace contro l’austerity causata dalla crisi. Ai comuni il difficile compito di volta in volta, di trovare le giuste formule che, quando incontrano il favore dei cittadini, a ragione diventano impedibili appuntamenti.

Qualche notizia...

Musica e artigianato fanno da cornice a una giornata dedicata alla tradizione

La locandina degli eventi Sopra, uno scatto dal Palio di Siena

L’affascinante storia dei palii Solitamente, la nascita di questa manifestazione si fa risalire ai secoli immediatamente successivi l’anno Mille. Era una gara vera e propria tra possessori di equini oppure tra rappresentanti rionali. Si pensa che il primo palio senese, tuttora considerato il più importante del Belpaese, sia stato indetto per festeggiare la Battaglia di Montaperti, 1260, nella quale i ghibellini senesi ebbero la meglio sui guelfi fiorentini. A Siena, sono due i palii che si celebrano ogni anno: il primo è il 2 luglio, in onore della Madonna di Provenzano, il secondo il 16 agosto, per celebrare la Madonna dell’Assunta. In alcuni casi, come in occasione dello sbarco sulla luna (1969) o dell’arrivo del terzo millennio, sono indetti palii speciali. Il termine palio deriva dal latino pallium, mantello, e ricorda il bel drappo di stoffa offerto in premio al vincitore della gara.

III


IV

sabato 7 settembre 2013

La palla passa al prossimo anno L'ateneo si conferma tra i big del tennis universitario nazionale

Racchetta in mano l’Unical lascia il segno Un gruppo compatto e ben motivato, che ha lasciato il segno, sia sul piano della prestazione tecnico-agonistica che della carica umana e della simpatia, anche nell’edizione da poco conclusa dei campionati italiani universitari di tennis, svoltisi a Siena. Può essere certamente sintetizzato in questo modo il profilo della squadra schierata dall’Università della Calabria sui campi del Circolo Tennis toscano, che si è confermata anche quest’anno tra le migliori a livello nazionale. Nicola Leone (pure nella veste di capitano), Alberta Aiello, Daniela Bonofiglio, Lidia Malizia, Giancarlo Fortino, Nicola Folino, Carmine De Bartolo, Tonino Volpentesta e Francesco Kostner hanno conquistato, infatti, il secondo posto assoluto nella Coppa “Ateneum” (assegnata all’Università che ottiene il maggior punteggio) dopo Bologna , mancando solo per una manciata di punti il gradino più alto del podio. L’Unical, in particolare, ha conquistato il titolo di vice campione d’Italia nel tabellone femminile, cedendo in finale all’esperta squadra schierata dalle Università di Chieti e Teramo. Per Alberta Aiello, Daniela Bonofiglio e Lidia Malizia si è trattato, in ogni caso, di un brillante risultato che non solo gratifica l’impegno e la passione delle tre giocatrici, ma fa ben sperare anche per il prossimo anno. Ottimi i piazzamenti ottenuti anche dalla squadra impegnata nel tabellone assoluto, composta da Giancarlo Fortino, Nicola Folino e Carmine De Bartolo, e da quella “Over 50”, rappresentata da Nicola Leone, Francesco Kostner e Tonino Volpentesta, piazzatesi entrambe al terzo posto. Con un pizzico di fortuna in più, il risultato dei portacolori Unical avrebbe potuto essere ancora più importante e aprire la strada alla disputa di due finali che, al di là del risultato, avrebbero assicurato all’Università della Calabria la conquista della Coppa Ateneum. Il bilancio complessivo dei Campionati nazionali di tennis è, però, come si diceva, decisamente positivo e premia anche gli sforzi che l’Ateneo e il Cruc hanno sostenuto per consentire la partecipazione delle squadre ai campionati di Siena.

Buon risultato delle squadre, un secondo posto e due semifinali ai campionati italiani ospitati dal Ct Siena


sabato 7 settembre 2013

V

A colpi di stelle Francavilla Marittima fra musica, folklore e karate

La notte sportiva

etti di Carmelita Brun

Bonifacio Laino Sopra, una fase dell’evento di body building

Con la notte bianca e lo sport che fa da cornice ad una suggestiva notte d’agosto, fra musica e folklore tradizionale, tutto il centro storico di Francavilla Marittima l’8 agosto si è rianimato. È la calda atmosfera di un’estate sempre alla ricerca di un po’ di relax e di spensieratezza, oltre che di un sano divertimento, che vede nascere anche nell’Alto Ionio cosentino le ormai note “notti bianche”. E così, anche a Francavilla Marittima, l’associazione “Smile” con la collaborazione del Comune ha organizzato questa manifestazione che con lo slogan “Tutto in una notte” ha visto una ricca programmazione di eventi a partire dal centro del paese fino a raggiungere la Fontana vecchia. E proprio in questo antico borgo, vicino il Museo della cultura contadina è stata protagonista l’associazione sportiva Shotokan sport club di Francavilla Marittima. Da una collaborazione, l’associazione sportiva e la scuola di danza della maestra Rossella Muscolino hanno regalato momenti di divertimento e pathos. A salire sul palco sono i 30 allievi, già piccoli campioni karatekiti del maestro Domenico Francomano cintura nera 4 dan e presidente del Consiglio regionale Fiikta, che si sono esibiti insieme alla collaboratrice Rosa Ruscelli, cintura nera 2 dan, in tecniche di kata e difesa personale, praticato, soprattutto, dalle donne per rafforzare la propria autonomia, e forza intellettiva. Questi giovani atleti, ospiti dell’evento, hanno dato l’opportunità di vedere come le prestazioni di karate rendono più disciplinati l’individuo e più sicuro di sé, rafforzando la propria identità. Certamente le iscrizioni al corso di karate a partire da settembre saranno più numerose dopo aver visto l’esibizione dei giovani e quella del maestro Francomano che dopo 25 anni ha emozionato tutto il folto pubblico con l’esecuzione del tameshiwari: tecnica che prevede la rottura di tavole di legno con un colpo secco. A seguire ci ha catturati l’esibizione del gruppo di body building e fitness presentato brillantemente dal collaboratore della palestra Fabio Cerchiara. I protagonisti giovanissimi: Antonio Flocco, De Leo Antonio, De Leo Alessandro, si sono esibiti molto bene facendo risaltare i loro muscoli. Per la categoria adulti ci ha sorpreso il fisico davvero notevole del veterano della body building, il signor Bonifacio Laino, già campione, classificato al primo posto al II Mister Olympia amatoriale a Taranto il 4 agosto scorso. La fitness body fashion chiude con la sfilata in passerella della bella quindicenne Martina Semeraro. Subito dopo sono stati consegnati i trofei al maestro e targa al collaboratore per body building Giuseppe Liguori e le medaglie ai ragazzi che si sono esibiti. La serata si è conclusa con il gruppo special guest “Asa Sound” anni ‘70-‘80, e il dj Walter Martire vincitore del Vodafone tour. Tanta gente ha riempito il paese dandogli vita, inoltre a rendere ancora più speciale e unica questa “notte bianca” fra cibo, musica e sfilate di moda è stato lo sport che ha dato quel tocco in più e voglia di sentirsi in forma e carichi di energia!

“Smile” con la collaborazione del Comune ha organizzato questa manifestazione con lo slogan “Tutto in una notte”


VI

sabato 7 settembre 2013

Strade sicure La russa Viktoria Hrmiuska, lametina d'adozione, è la nuova "Miss Motors"

Bellezze a ruota... La giuria le ha dato il massimo dei voti, segno evidente che non ha avuto dubbi su chi dovesse indossare la fascia più prestigiosa del concorso nazionale che trasforma le partecipanti in ambasciatrici della sicurezza stradale

Si chiama Viktoria Hrmiuska, ha 27 anni, è alta 1,80, fa la modella di professione, è biondissima, è russa, ma, da anni, risiede a Lamezia Terme. È lei “Miss Motors Calabria” 2013. È stata scelta sul lungomare di Reggio Calabria, tra 23 concorrenti arrivate alla finale regionale dopo le selezioni provinciali che si sono svolte in tutta la regione nel corso dell’estate. La giuria le ha dato il massimo dei voti possibile, novanta, segno evidente che non ha avuto dubbi su chi dovesse indossare la fascia più prestigiosa del concorso nazionale che trasforma le partecipanti in ambasciatrici della sicurezza stradale. «A loro - dice il patron calabrese della manifestazione, Cassio Caracciolo, amministratore dell’agenzia “Komunicare group” - affidiamo il compito di diffondere la cultura del rispetto delle norme del codice della strada. È notorio che i giovani siano restii a prendere lezioni dagli anziani, ma accolgano più facilmente suggerimenti dai coetanei». La serata reggina ha rispettato tutti i canoni del concorso di bellezza: sfilata in abito elegante, sfilata in costume da bagno, note sulle passioni ed i sogni delle concorrenti pronunciate con professionalità dal duo di presentatori, Franco Siciliano e Veronica Sergi. E tra una sfilata e l’altra c’è stato anche il tempo per un ospite canoro, Luca Napolitano, una nuova leva, un ennesimo prodotto della fortunatissima trasmissione di Maria De Filippi “Amici”. Ora, per Hrmiuska si aprono le porte della finale nazionale che si svolgerà nella prima quindicina di settembre a Campo Marino, in provincia di Taranto, per poi approdare anche alle appendici internazionali che questo concorso riserva alle sue migliori partecipanti. Insieme alla vincitrice di origini russe che ha conquistato il titolo più ambito, in Puglia andranno anche altre nove ragazze che meritano l’onore della menzione: Alessia Esposito, di Cerisano; Francesca Ripa, di Montalto Uffugo; Valentina Quaranta, di Soverato; Carmela Cirracelli e Melania Carbone, di Marano Marchesato; Daisy Meduri, Danila Palumbo e Federica Foti, di Reggio Calabria; Miryam Strangis, di Lamezia Terme. E anche quest’anno, come accade da un paio di anni a questa parte, accanto alle miss è stato eletto anche un “Mister Motors”: si tratta di Matteo Altomare, 22 anni, di Montalto Uffugo, giovane imprenditore edile con evidenti velleità artistiche.

La vincitrice di quest’anno Miss Motors Viktoria Hrmiuska Alle sue spalle nel montaggio Mister Motors Matteo Altomare


sabato 7 settembre 2013

VII

Estate 2013 Il Moto tourist Stop and Go conclude il calendario

Jacurso a suon di rombi Si è conclusa con un momento dedicato allo sport la stagione estiva promossa dall’amministrazione comunale di Jacurso. Il piccolo comune ha infatti ospitato una delle principali tappe del “Motoraduno d’eccellenza Trofeo Sud - Moto Tourist Stop and Go 2013”, organizzato dall’associazione “Bikers Solitari” di Lamezia Terme. L’Asd “Bikers Solitari Lamezia Terme” lo scorso marzo è stata premiata a Cosenza dal presidente Mamone come campione regionale turismo per l’anno 2012. L’associazione, costituita nel 2011 e già quinta nel Campionato Trofeo Area Sud 2012, promuove attività motociclistiche, turistiche e sportive quale strumento di aggregazione e socialità, e questo è stato l’intento del raduno che ha toccato anche il piccolo comune di Jacurso. Una lunga sosta con sfilata delle moto per le strade del paese e la degustazione del gelato offerto da uno degli sponsor dell’evento. Il “Moto Tourist Stop and Go” è un evento itinerante, ospitato ogni anno da un Moto Club diverso. L’edizione 2013, organizzata per la prima volta dal Moto Club lametino guidato dal presidente Francesco Giudice, ha visto la partecipazione di sessanta Moto Club, che hanno organizzato questa tre giorni insieme alla Federmoto, la Federazione motociclistica italiana. Gli amanti delle due ruote si erano ritrovati al parco Peppino Impastato di Lamezia Terme, arrivando da diverse zone della Calabria e anche da fuori regione, ed in questi tre giorni hanno potuto visitare ed apprezzare una serie di luoghi del comprensorio, come le Terme di Caronte e alcuni paesini dell’entroterra, che sono stati letteralmente “invasi” dai centauri: Feroleto Antico, Pianopoli e lo stesso Jacurso. Domenica a Lamezia, nella giornata conclusiva dell’evento, si è svolto un grande pranzo all’aperto, conclusosi con la premiazione dei partecipanti. Giunge così a conclusione un calendario variegato, che ha visto alternarsi il teatro dialettale (con la compagnia “ATrambìa”) e la poesia (con la serata dedicata a Franco Costabile), l’animazione per bambini e l’impegno sociale di un evento come “Musica contro le mafie”; nonchè l’alternarsi di diversi generi musicali, dalla tradizione del tango degli olandesi di “Tango Extremo” alla rassegna “Suoni pINDarici” (durante la quale si sono avvicendate la canzone d’autore italiana - con la presenza per la prima volta in Calabria dei “Perturbazione” - e l’innovazione del rock indipendente dei “Soviet Soviet”), fino ai canti tradizionali arbereshe di Fabi della “Spasulati band” e al rap di Mirko Kiave. Gli ultimi appuntamenti degli eventi estivi a Jacurso sono stati invece dedicati entrambi allo sport. Qualche giorno prima del Motoraduno, infatti, si era svolta la terza edizione dei “Giochi della Gioventù”, un momento dedicato agli sportivi più giovani che, come già per le passate edizioni, ha ottenuto un ottimo successo. Le gare sono state intervallate quest’anno da interventi di animazione, realizzati dai giocolieri e artisti di strada della compagnia “Nuncepace Ntrastumundu”, che hanno reso ancora più piacevole l’evento, permettendo ai partecipanti di cimentarsi con giochi e prove di acrobazia.

L’edizione organizzata per la prima volta dal Moto club lametino guidato dal presidente Francesco Giudice ha visto la partecipazione di sessanta club che hanno organizzato questa tre giorni insieme alla Federmoto, la Federazione motociclistica italiana

Scatti dal motoraduno e dal Moto tourist Sotto, pausa durante i Giochi della gioventù


VIII

sabato 7 settembre 2013

Centro storico, dall’8 al 22 settembre Una nuova partenza che invita alla ricerca del benessere equo sostenibile

Cosenza pronta alle “Invasioni” L’edizione che riprende i princìpi fondanti di un evento nato quindici anni fa, che da quei princìpi riparte per rinnovarli nella contemporaneità

Più di uno gli elementi di novità - da non confondere con il mai visto e il mai accaduto - nella ‘Festa’ che storicamente rappresenta il momento clou della proposta culturale estiva. Lo scivolamento a fine estate (dall’8 al 22 settembre) è il più evidente e quello realmente inedito, la formula della commistione tra musica, convegni, teatro, bambini è un felice ritorno, con fautore al seguito, Franco Dionesalvi, il fondatore di Invasioni con un “manipolo di sognatori”. E con lui torna anche quell’idea di gruppo di lavoro, determinante per il successo. Dall’assessore agli Eventi Rosaria Succurro - insieme all’assessore alla Cultura Geppino De Rose, investiti dal sindaco Occhiuto del compito di condurre in porto le ‘Invasioni’, cofinanziate dalla Regione Calabria - parte immediato il ringraziamento alla cooperativa Cluster e Luca Ardenti che ha curato la progettazione e con loro a Franco Dionesalvi e Giampaolo Calabrese, al settore cultura guidato da Luigi Bilotto. «Cosenza ha un forte legame con le invasioni commenta il sindaco Mario Occhiuto nell’aprire la presentazione di questa edizione 2013 tanto da farci ritenere la leggenda di Alarico un vero e proprio brand. Il progetto del Museo di Alarico da una parte, un evento storicizzato come Invasioni dall’altra: nella contaminazione reciproca con gli invasori costruiamo il nostro modello di città attraente, che realizza buone prassi di coesione sociale e culturale». Nel tema di Invasioni 2013 c’è uno degli obiettivi di questa amministrazione. «Oggi ritorna il dibattito sul Bes, il benessere equo sostenibile - afferma Mario Occhiuto - che, se vogliamo, è un concetto che risale indietro nel tempo, all’idea di progresso di pasoliniana memoria. Sono ben lieto che Invasioni abbia scelto di approfondire questo tema, inserendosi nel dibattito che si è sviluppato in tempi più recenti, per aiutarci anche nella comprensione di cosa sia davvero oggi il benessere per i cittadini, con quali indicatori si misuri». Su questo aspetto specifico - ad annunciarlo è Franco Dionesalvi, che assolve il compito di cicerone del programma di Invasioni - Cosenza e Pavia saranno sedi di un programma di ricerca che, con l’intervento degli atenei delle due città, misurerà sperimentalmente in entrambe il Bes. L’iniziativa coincide con l’apertura della sezione convegnistica, il 9 settembre, con il docente Pierangelo Dacrema (tutta nel Chiostro di Santa Chiara, sede anche delle proiezioni cinematografiche in tema a margine dei convegni) che andrà poi

ad esplorare il concetto di felicità in relazione a Facebook ed al calcio, con altri due interessanti momenti di confronto, il primo con Alessandro Ferrari autore del libro Facebook: domani smetto e la psicoterapeuta Anna Salvo, il secondo con Emiliano Mondonico tra gli ospiti. «Cresciuto alla scuola del Pil», come ammette lui stesso, l’assessore alla cultura e all’innovazione Geppino De Rose riconosce l’esistenza di variabili diverse sulla misurazione del benessere. «Una città smart - afferma - non può che partire da una riflessione del genere, giocando la sua sfida nella relazione tra innovazione e continuità». A Invasioni l’assessore alla Cultura assegna poi il compito di dare una spinta al recupero della identità orgogliosa. Certo Invasioni va in direzione del recupero dell’identità. Lo chiarisce già la scelta comunicativa che punta su un “Invasioni è”, lo testimonia la scelta dei luoghi. Il centro storico di Cosenza, culla della nostra identità, è il teatro privilegiato dell’evento. Da piazza dei Valdesi a piazza Duomo, da corso Telesio a piazza XV marzo, con incursioni a Santa Lucia. A Invasioni - annuncia l’assessore Succurro faranno da cornice commerciale i Temporary Store aperti per tutta la durata degli eventi. A Franco Dionesalvi piace parlare di una nuova partenza di Invasioni. Ringraziando il sindaco Occhiuto per un coinvolgimento inaspettato (che non si fermerà a questo progetto) Dionesalvi riconosce in Invasioni «una proposta etica forte. È un festival che ci invade dentro e fuori - afferma -, se non ci lasciassimo invadere dentro saremmo destinati al decadimento. Invasioni invece è vita, questo è il suo senso». Invasioni è divertimento, non fine a se stesso ma legato ad una riflessione. Così, insieme ai convegni e alle proiezioni, anche le altre ‘componenti’ della formula rispettano questo principio. I concerti: Goran Bregovic, che torna a Cosenza dopo dieci anni; Giovanni Lindo Ferretti in un inedito recital sulla “Bella Gente d’Appennino” nel Duomo della città; la taranta del Canzoniere Grecanico Salentino, solo per citarne alcuni. E poi un grande evento a sorpresa, top secret al momento luogo, data e artista. Invasioni è anche suspense. Teatro di strada, tra corso Telesio e S. Lucia, qui su tutti citiamo la compagnia di acrobati kenyota, Asante. «Riscoprire l’identità significa aprirsi al mondo - è la conclusione di Dionesalvi -. A che serve sapere chi siamo se ci chiudiamo in noi stessi?».


sabato 7 settembre 2013

Fedeli a braccia aperte L'opera di restauro è andata a buon fine e sarà restituito al Duomo di Cosenza

Il Crocifisso torna a casa Domenica 8 settembre il crocifisso ligneo della Cattedrale di Cosenza sarà restituito ai fedeli. Si è conclusa, infatti, l’opera di restauro condotta dal maestro Gianluca Nava di Nova ars restaurandi e sostenuta dalla Bcc Mediocrati. La consegna dell’opera, programmata per le ore 17.45 nel Duomo, è inserita nella cerimonia di chiusura del novenario della Madonna del Pilerio (Patrona della città di Cosenza). Dopo una introduzione di don Giacomo Tuoto, parroco rettore della Cattedrale, Gianluca Nava illustrerà i lavori eseguiti. Il saluto del presidente della Bcc Mediocrati, Nicola Paldino, sarà seguito dalla benedizione dell’arcivescovo di Cosenza, mons. Salvatore Nunnari. Alle 18.00 inizierà la celebrazione eucaristica. La cerimonia di riconsegna del Ss. Crocifisso (XVIII sec.), programmata in occasione della Festa della Madonna del Pilerio, si svolge nel periodo delle celebrazioni dell’Annus Fidei, che la Chiesa cattolica ha aperto l’11 ottobre 2012 e che si concluderà il 24 novembre 2013. Nel 2013, inoltre, ricorre il 1700esimo anniversario dell’Editto di Costantino (anno 313 d.C.) che sancì la libertà di culto, riportandoci alla memoria il suo celebre sogno "in hoc signo vinces" (prima della battaglia di Ponte Milvio del 312 d.C.).

Facebook non sta con le mani in mano

La consegna dell’opera, programmata per le ore 17.45 di domenica 8 settembre, è inserita nella cerimonia di chiusura del novenario della Madonna del Pilerio

Ripuliamo Castrovillari Si chiama “Ripuliamo Castrovillari”, l’iniziativa popolare lanciata da un giovane castrovillarese attraverso Facebook, per ripulire le strade della città dai rifiuti abbandonati. L’appuntamento, per tutti coloro i quali vorranno partecipare, è fissato per domenica 8 settembre alle ore 9. L’obiettivo è quello di raccogliere materialmente i rifiuti abbandonati lungo le strade della città, contribuendo in modo concreto a salvare Castrovillari dal degrado. Un’iniziativa finalizzata a far leva sull’amore per il proprio territorio e sul rispetto dell’ambiente. Un modo per contribuire a diffondere quel senso civico che è alla base di qualunque società democratica. «L’idea - spiega Claudio Malomo, promotore dell’iniziativa - è nata per caso, passeggiando tra le strade del paese e vedendo quanti rifiuti abbandonati ci sono. Ho scelto un termine forte proprio per cercare di dare una scossa e per ricordare come sia bello vivere in un posto pulito e decoroso. So che il problema dei rifiuti non è nuovo a Castrovillari ed é per questo che credo sia arrivato il momento che ognuno di noi dia una mano concretamente. L’iniziativa non sposa nessuna ideologia politica, perchè ritengo che amare il posto in cui si è nati non ha bandiere, colori o fazioni politiche. Rientra, piuttosto, in quel senso civico che ognuno di noi deve avere e che forse si è un po’ perso. Per questo chiunque voglia aderire è il ben accetto. L’obiettivo non è svuotare i cassonetti perchè ci sono persone e mezzi preposti a farlo, piuttosto pulire le strade dalla spazzatura che abbandoniamo noi cittadini». Le zone che verranno materialmente ripulite dai rifiuti abbandonati sono state scelte in base a criteri esclusivamente logistici e per tutelare la sicurezza dei volontari. Sono prevalentemente cinque: Zona del vecchio mattatoio (Via Sant’Aniceto); Contrada Crangia; Via dei moranesi; Stadio Comunale e Contrada Pietà.

IX


X

sabato 7 settembre 2013

Il racconto La zappa ci ha creato ricchezza e vita per secoli. È la zappa a cui dobbiamo tornare se vogliamo battere la crisi

Vita di paese di Giuseppe Aprile

Peppe non portava il cavallo all’abbeveratoio solo per fare un servizio al padre. Lo faceva perché si divertiva, saliva sulla groppa dopo averlo accostato al più alto piano degli scaloni di casa e partiva per un bel galoppo che gli consentiva di attraversare la piazza facendosi vedere dai suoi compagni e dalla gente tutta che si meravigliava per la sua abilità nel maneggio del cavallo. Non era facile cosa per in ragazzo che ancora non aveva spuntati i peli della barba sulla propria faccia. Il cavallo era buono, calmo, gli ubbidiva meglio che se fosse un fratello. Si capivano subito. Il cavallo sapeva cosa Peppe voleva e Peppe lo accarezzava, gli sorrideva compiaciuto, gli faceva cenno delle sue intenzioni e così stavano come due amici premurosi. Micuzzo, il padre di Peppe, spesso diceva alla moglie: «Sono molto contento che Peppe ed il cavallo si capiscono bene. Peppe accenna a cosa vuole e l’animale, che non sembra un animale, ubbidisce e si fa guidare meglio che con me. Preferisco che sia Peppe ad andare ad abbeverarlo perchè fa meglio di me e mi sembra che il cavallo sia più contento a farsi tirare per la cavezza, da lui. Sembrano amici per la pelle!». A volte anche al carrozzino il cavallo dimostra di prediligere la guida di Peppe. Alla fontana di Cresima s’incontrano spesso tanti che portano il proprio animale per abbeverarlo. Cosimo porta il suo asino, Melo i muli di Vitale, Toto arriva spesso anche con il cavallo di suo padre che beve tanto che svuota l’abbeveratoio e chi viene dopo deve aspettare che si riempia di nuovo. Quando arrivano alla stessa ora, fanno a turno. Chi arriva prima fa prima, chi dopo fa dopo e via di seguito. È istintivo rispettare la precedenza. Anche gli animali capiscono ciò. Per cavalcare gli altri non rischiano. Hanno un po’ di paura. Peppe per un verso è più spregiudicato, per l’altro sa di avere un cavallo particolarmente buono, mite, meglio curato da suo padre. Tra gli animali c’è spesso molta differenza. E nel paese si parla molto di questo. Ci sono asini che se vedono avvicinarsi persone estranee, “si alzano” come si dice comunemente. Alzano la parte posteriore e tirano calci con quei piedi che alzano parallelamente e tirano contro chi si avvicina. Quando si sentono avvicinati da estranei, si dice che si sbizzarriscono. Ed una volta che si sbizzarriscono, diventa difficile calmarli. Ci sono invece cavalli, come quello di Peppe, che sembra una pace, bravo, calmo, non si sbizzarrisce mai, sta con tutti e si fa accarezzare, si fa cavalcare, nitrisce di gioia e mai per rabbia. Ciccio Chianese ha un cavallo un pochino frenetico. Ma quello lo porta ad altro abbeveratoio per farlo bere. Non si incontrano mai, per fortuna. Suo padre gli consiglia ad andare dove non c’è rischio che incontri altri animali. «È bene evitare» gli dice pensando che rischia di non calmarlo più una volta inveito. Il carrozzino il padre di Peppe lo lascia sempre nella piazza, ad un angolo dove non infastidisce nessuno. Può restare con le spranghe per terra o alzate, a secondo per come gli salta in mente ad ogni ritorno da un viaggio. Quando il cavallo passa da quel posto per andare a bere, sembra che capisca il carrozzino e tende a fermarsi, ad annusare le spranghe; tende a mettersi in condizione di essere allestito per la partenza. Con i finimenti per legarsi alle spranghe e tirare il mezzo. Poi Peppe lo spinge in avanti e procedono per l’abbeveratoio. E gli dice: «Dai, passa avanti che non dobbiamo partire. Non è l’ora del carrozzino». Ogni sera il cavallo deve bere, prima di entrare portato nella stalla. A proposito dell’atto di accompagnamento del cavallo verso la fontana con l’abbeveratoio, piace ricordare in paese che ad un passante che chiedeva dove portava il cavallo un tizio, questi gli rispose. «Io accompagnare lo posso il mio cavallo, non portarlo addosso. È grande e grosso, non lo vedete?». Anche nella stalla Peppe aveva momenti di grande piacere tante volte. Quando, ad una parete di un lato, portano il fieno e le balle di paglia per accatastarle per l’inverno. Peppe, da sempre, da quando era piccolino di anni, saliva sulle manne di fieno che salivano di altezza mano a mano che si mettevano sempre più e li sistemava in modo da poter mettere sempre di più e senza che potessero cadere nel corso del tempo. Riusciva bene nel lavoro di separare il fieno dalla paglia che veniva conservata a balle legate da due fili di ferro fila-

Quando le ricchezze non erano nel futuro delle genti... Si lavorava molto e nessuno faceva la fame Ognuno aveva il necessario per vivere anche perché ci si accontentava facilmente

to bel assestati fino all’uso per farla da mangiare. In un angolo venivano disposte e conservate la giare per il fave duro, la biada, i carrubi, i farinacei, l’avena. Ai piedi della mangiatoia era un rettangolo di selciato che ogni sera, con la pala Micuzzo puliva spargendovi pure, poi della paglia a mò di letto ove il cavallo si volesse adagiare un po’ durante la notte. «Anche il cavallo vuole il letto?» domandava Peppe al padre nel mentre eseguiva le operazioni serali che passavano per operazioni di allestimenti per la notte del cavallo che di fatto dormiva per lo più, allo in piedi, sulle quattro zampe. Peppe guardava il padre, ogni tanto prendeva la pala per pulire, e sempre voleva fare qualcosa per aiutare, rendersi utili, aiutare al meglio tutto quanto sarebbe servito per la notte del cavallo cui era legato da affetto e bene. Alla fine delle operazioni, il cavallo restava solo e i due, chiudevano per bene la porta e salivano verso casa, un pochino stanchi ma soddisfatti per entrambi ritenevano quel lavoro una necessità per quel meraviglioso cavallo che era anche un vero compagno per la loro vita. A casa aspettava Carmeluzza, la moglie di Micuzzo e madre di Peppe. Nell’intanto che loro arrivassero, lei calcolava il tempo e preparava la cena, senza far mai mancare il vino prelibato, fatto dalla vigna di famiglia, sui fianchi della bella e soleggiata collina di Sannicola, sopra dell’oliveto. E con in mezzo un frutteto pieno di ogni qualità di frutta ed a seconda della stagione. Mai avveniva una insufficienza di precisione per queste serate. Ognuno faceva il suo dovere puntuali ad orologio. Più o meno alla stessa identica ora. Carmeluzza ad orario previsto, lasciava la sua amica Carmeluzza della gnura Rosa - a volte Catuzza Ceravolo - spesso accompagnate dalle figlie che partecipavano a lunghe e belle conversazioni accanto alla porta di casa, e andava. «Vado che fra poco arrivano i miei» diceva. «Che entro anch’io» dicevano le amiche con cui stava in quel momento. «Che fra poco arrivano anche i miei dalla campagna! Stasera hanno fatto un po’ tardi. Si vede che avevano tanto da fare! O si sono attardati per far mangiare più erba all’asino» finivano. I discorsi erano quasi sempre eguali, ma in quelle case regnava continuamente tanta felicità e tanta gentilezza e tanta amicizia. Si lavorava molto in paese. Nessuno faceva la fame. Ognuno aveva il necessario per vivere anche perché si accontentavano di quanto passava la vita. Le ricchezze non erano nel futuro delle genti. In ogni persona c’era il sufficiente per tirare avanti la vita, fatta di poche e meravigliose cose. Tutti si innamoravano di quanto la vita consentiva. Nessuno voleva di più. Quello che si poteva ottenere, era quanto si voleva. Quando uno vedeva ricchezze di altri, non ne faceva


sabato 7 settembre 2013

Il racconto

un problema che lo riguardasse. Le cose tue sono tue, quelle degli altri sono di altri. Ti appartiene solo quello che riguarda solo te. Ognuno aveva una determinata cosa; proprietà o casa per abitarci. Interessava solo lui. Nessuno pensava mai di poter avere una cosa d’altri o di dotarsi di eguale avere. Ma c’era anche che un sacco di patate di una volta, equivalevano al mangiare di tre mesi di oggi. Le patate, come le altre provvidenze dei campi, avevano un’altra valenza. Il grano, il pane, l’orzo, l’avena, i cereali, le pietanze che si ricavavano dal lavoro dentro l’orto di allora, pieno di concime naturale davano forza all’uomo, agli animali, a chi li utilizzava. Qualcuno oggi pensa che il colore degli ortaggi e l’assomiglianza con quelli di una volta, fossero ragione per ritenerle eguali. E di fatto li ritengono eguali. «Fave era e fave è, farina era e farina è, fagioli erano e fagioli sono, paglia era e paglia è, fieno era e fieno è» dicono quasi tutti anche se non frequentano più i vasti territori coltivati per questi ricavi. Di fatti all’apparenza cambia poco fra i prodotti della terra di una volta e quelli di ora. «Ci vuole, sapere distinguere l’apparenza dalla realtà» dice massaro Gianni della Vena. La sua età è tale che sa del passato e del presente, comprende la differenza e dice con convinzione, a modo di insegnamento e di informazione indiscutibile, che i prodotti di una volta erano genuini e, quindi, sani, di sicura forza. Facevano passare la fame non per il momento, ma nella sostanza e per ore intere. Sia agli uomini che agli animali, somministrare cibi non era come adesso che devi consumare chili di prodotti per non avere niente. Per questo anche non c’era tanto bisogno i denaro e si viveva di sostanze naturali per cibarsi, per sfamarsi, per annullare i morsi della fame e della sete. «Oggi» dice ancora Massaro Gianni, «la fame non ti passa nemmeno se mangi per ore e tanto in quantità. Oggi il cibo è artefatto, pieno di concimazione chimica, falsa. Per ottenere le sostanze di un chilo di patate di una volta, oggi devi mangiare patate a non finire. Per questo, pure, costano una fesseria. Io penso che se oggi avessimo la fortuna di incontrarci con un orto di patate come quelle di una volta, non basterebbero milioni e milioni per poterle pagare. È un’altra cosa. La vita, anche se l’apparenza inganna tutti senza distinzione alcuna. Voglio dirlo chiaro e tondo. È la tecnologia male applicata che rovina la vita e ci fa vedere nero quello che è bianco» conclude ancora con risolutezza. «Una volta» dice Bruno Branca, «compravamo un paio di scarpe una volta ogni tre o quattro anni. E ci duravano. Non sappiamo nemmeno noi quanto duravano. Comprarsi un paio di scarpe non voleva dire doverle ricomprare dopo un anno o due. Ce le dimenticavamo per quanto ci duravano. E con un paio di scarpe andavamo in

campagna, a giocare, per le vie del paese, al fiume, in montagna, all’orto ed alla spiaggia. Non avevamo scarpe a secondo di dove e come dovevamo andare. Un paio di scarpe serviva per tutto. Di giorno lavorativo, di festa, per monti e pianura, era sempre lo stesso. E duravano perché erano di suola di prima taglia. Non succedeva che le scarpe si rovinassero al primo intoppo della strada. Duravano quanto volevamo e mai si presentava l’idea di doverle cambiare. Ora ti compri un paio di scarpe e trovi che sono di plastica, durano una stagione, le usi con sacrificio. Non hai mai piacere a camminare con esse. Una volta le scarpe ti procuravano gioia, piacere a camminare, sicurezza anche perché ti coprivano bene dal freddo e dentro i piedi stavano a meraviglia e non si addoloravano mai. Oggi è tutto al contrario» conclude.

Un sacco di patate di una volta equivaleva al mangiare di tre mesi di oggi Anche le altre provvidenze dei campi avevano un’altra valenza

L’amico Vincenzo ce l’ha duramente con la modernità dei prodotti industriali che producono difetti e cattivi portamenti. Dice: «Se fosse per me tornerei alla zappa in tutto e per tutto. Anzi alla zappa si deve tornare indipendentemente dal mio volere. È la zappa che ci ha creato ricchezza e vita per secoli infiniti. È la zappa a cui dobbiamo tornare se vogliamo vivere e battere le crisi che quotidianamente ci travolgono. Basta con questi studi di oggi, con le scuole che sfornano imbecilli, disadattati, gente che parla inglese senza sapere l’italiano; che sa di tutto per non sapere di niente, che finge di essere colta nel mentre ha perso il sapere del contadino e dei propri padri senza avere mai praticato quello dei tempi nuovi». Toto Alessi se la ride e dice: «Me ne sono andato in Belgio e me ne frego di tutto quello che è rimasto qui. Di quello che qui è rimasto rimpiango solo la vita da ragazzi quando facevano di tutto senza che ci costasse nulla ed i nostri negatori non ci facevano mai vedere il brutto della vita. Ci siamo cresciuti felici e contenti e da grandi abbiamo pagato le conseguenze. Ora lavoro, le mie mani sono piene di calli contratti nella miniera, la mia vita è dura ma so che la sera torno a casa, ho famiglia, ho un pezzo di pane e questo mi basta. Mi dispiace che manca il sole della mia terra. La dolcezza del canto dei nostri uccelli che nidificavano anche sotto le nostre grondaie, la natura bella e dolce dei nostri tempi antichi che mai torneranno più. Ma abbiamo fatto l’abitudine alla nostra vita ed ora ci siamo abituati al nuovo mondo fatto di lavoro ma anche di soddisfazioni perché la vita non è mai assai brutta. In linea di massima siamo felici. Un altro mondo potremmo anche immaginarlo, pensarlo, volerlo. Ma non dipende da noi a cui rimane il compito di stare calmi, tranquilli, accontentandoci di quello che abbiamo. Un antico proverbio dice: “Contentati di quello che hai, che se non arricchisci camperai”: È la mia guida per sempre».

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sabato 7 settembre 2013

Coome vivere il centro storico "Civita...nova", enogastronomia in primo piano a Castrovillari, dal 19 al 22 settembre

Profumo di storia tra i vicoli

C’è il profumo della storia tra i vicoli, gli slarghi e le piazze della “civita”. E dal 19 al 22 settembre prossimo, in occasione di “Civita...nova, vivere il centro storico” - l’evento organizzato dal Comune di Castrovillari in collaborazione con la Pro Loco ed un largo sodalizio di associazioni culturali e di categoria - ci sara’ anche quello dei prodotti dell’eccellenza enogastronomica della citta’ e del territorio del Pollino. La fragranza del pane e delle frese (affidata alle mani abili dei tanti panificatori della citta’ e del comprensorio), il profumo intenso del formaggio (prodotto ancora con le regole antiche della tradizione contadina), il gusto unico del vino (che nasce dai vitigni che dal Coscile al Pollino si nutrono di una terra incontaminata), ma anche il colore dorato dell’olio (che sgorga dalla macina delle olive della zona agricola) e la varietà profumata e multicolore delle marmellate (frutto delle varie produzioni agrumicole della piana di Cammarata e dei dintorni), insieme ai prelibati rosoli e liquori saranno solo alcune delle produzioni d’eccellenza che troveranno casa nel borgo antico castrovillarese. Il centro storico della città di Castrovillari, ricco di storia, arte, cultura ed archeologia, aprirà i propri spazi all’accoglienza del meglio della produzione enogastronomica della città e del comprensorio per renderli ancora di più marchio identitario di una terra dal gusto unico. Dallo storico Palazzo Cappelli (porta naturale del borgo antico), passando per la piazza del Castello aragonese (struttura dal fascino unico e scrigno di leggenda e storia) fino a Largo Vescovado e al Protoconvento francescano (culle spirituale del tempo che ha fatto la storia) giù per Via Giudecca fino alla chiesa di San Giuliano, tutto il borgo antico sarà vetrina per i prodotti agroalimentari che segnano la qualità delle produzioni in questa porzione di Calabria, anche grazie ad una rete di relazioni e promozione con le più importanti associazioni di categoria del mondo agricolo e il forte legame di sinergia con i produttori locali. La “civita” diventerà così il borgo delle eccellenze territoriali da rilanciare per un concreto marketing territoriale che possa contagiare altri produttori e segnare il passo di una forte caratterizzazione enogastronomica per il territorio, trasformandola nel borgo delle arti e dei sapori del Pollino, dove possano nascere nel futuro le botteghe del gusto e artigiane che sappiano dare lustro ad una tradizione ricca di sapori, tutti da scoprire e custodire.

L’evento organizzato da Comune e Pro Loco e un largo sodalizio di associazioni culturali e di categoria - ci sarà anche quello dei prodotti della eccellenza della città e del territorio del Pollino

Export, frutta e ortaggi al +15%

Il “made in Calabria” va di moda L’assessore regionale all’Internazionalizzazione Luigi Fedele commenta i risultati dell’ultimo studio realizzato dall’Osservatorio regionale per l’internazionalizzazione sull’esportazione di frutta e ortaggi che segna - informa una nota dell’ufficio stampa della giunta - un 15% in più per la Calabria nei primi tre mesi di quest’anno rispetto al 2012. «L’aumento delle esportazioni dei prodotti calabresi della lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi - afferma Fedele - è indice del consolidamento del made in Calabria nel mondo. I dati che emergono dallo studio dell’Osservatorio evidenziano le potenzialità di crescita di un settore fondamentale per l’economia regionale». In base ai dati emersi dall’indagine, infatti, la vendita dei prodotti della lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi di Calabria all’estero, nel primo trimestre 2013, è aumentata del +15,1% rispetto allo stesso periodo del 2012, per un fatturato che supera i 4,2 milioni di euro. La Calabria si colloca così nelle prime posizioni della classifica delle regioni italiane per variazione percentuale dell’export rispetto al primo trimestre 2012, rispetto ad una media nazionale del periodo, che si ferma a +4,4%. Secondo lo studio dell’Osservatorio, l’analisi diacronica del trend di medio periodo mostra una dinamica dell’export che si contraddistingue per un andamento piuttosto “turbolento” ma positivo, con un incremento del +12,6% nel periodo 2008/2012.


sabato 7 settembre 2013

XIV Festival internazionale A Montalto Uffugo si chiude con successo uno degli eventi più importanti del Meridione

Leoncavallo, sipario tra lacrime e ovazioni Ancora una volta lo scenario barocco del Duomo della Serra di Montalto Uffugo (Cosenza) si presta a palcoscenico naturale, incorniciando l’elegante istantanea della serata Gala, ultima meraviglia di un’edizione di altissimo livello artistico. Sono le note d’apertura del Va’pensiero del Nabucco di Verdi eseguite dall’Orchestra “Europa musica” diretta da Stefano Seghedoni con il coro “F. Cilea” a rivelare la novità scenografica di quest’anno: il mapping 3d, sapientemente realizzato dalla Diceart con la regia di Luigi Travaglio ed adattato allo sfondo della magnifica facciata, impressiona per il realismo delle fantasiose costruzioni grafiche. Il famoso volto di Rai2 Tiberio Timperi e l’ex Miss Italia Manila Nazzaro, non fanno segreto della loro ammirazione per gli allestimenti, gli scorci del centro storico e per il numeroso pubblico intervenuto su piazza Duomo. Dissipata la tensione del giorno prima, i vincitori del Concorso lirico si alternano sulla scena, guadagnando applausi e entusiasmo. Sul gradino più alto e con già in tasca una prestigiosa borsa di studio, il soprano francese Pauline Roulliard con la sua originale interpretazione, anche mimica, de La bambola di Offembach, premiata dal primo cittadino Ugo Gravina. Consegnato a Maria Carmela Ranieri il Premio “Manes” (borsa di studio di 3.000 euro) dal presidente della fondazione “Antonio Manes”, Giulio Della Cananea. Tra gli ospiti di fama internazionale il soprano Adriana Damato, i tenori Michael Spadaccini e Francesco Anile, il baritono Carlo Guelfi (assieme al balletto sul Prologo de Pagliacci su coreografie di Ilaria Dima e la regia di Luigi Travaglio) ed il soprano Mariangela Sicilia. Il Premio “Brutium”, Medaglia d’oro 2013 per un calabrese che si è distinto nel mondo in ambito musicale istituito da Gemma Gesualdi, è andato invece a Mariangela Sicilia. Al baritono Vincenzo Nizzardo il Premio Fondazione “Mandozzi” di Salisburgo. Chiudono la serata, tra il battimani scandito dal pubblico, il coinvolgente “Brindisi” de La Traviata tra i gli ospiti, i conduttori ed il primo cittadino Gravina insieme al grandioso e lunghissimo spettacolo pirotecnico.

Ancora una volta lo scenario barocco del Duomo della Serra si presta a palcoscenico naturale, ultima sorpresa di una edizione di altissimo livello artistico

Perfetta l’organizzazione curata dall’assessore alla Cultura Eugenio Ingribelli d’intesa con gli Uffici Cultura, diretti da Eugenio Morcavallo con la collaborazione di Adolfo Passarelli. Impeccabile il servizio accoglienza, con un esercito di hostess, steward e driver, appositamente predisposto per garantire ordine ed ospitalità durante tutti gli eventi delle kermesse culturale, affiancati e coordinati dalla qualificata professionalità dell’Istituto di Vigilanza “Codis” di Rende. Così il sindaco Gravina saluta l’ultima edizione del Festival della sua consiliatura: «Sbagliava - rimarca - chi diceva che con la cultura non si crea economia, chi asseriva che il Festival è solo luccichìo senza contenuti. Noi, invece, abbiamo sempre puntato sul nostro patrimonio di saperi ed i risultati, ora, ci gratificano. Non è un caso se, durante il decennio amministrativo del mio governo, abbiamo concentrato gli sforzi su un evento culturale divenuto prestigioso, uno dei più grandi del Meridione e al quale molti ambiscono di partecipare. Il successo di questa edizione, frutto d’impegno e capacità, è merito anche dei finanziamenti ottenuti grazie alla sensibilità politica ed intellettuale dell’assessore Giacomo Mancini. Spero che i miei successori salvaguardino e diano continuità a questa immensa ricchezza culturale». Non trattiene l’emozione l’assessore Ingribelli che si lascia andare alle lacrime: «Questa edizione - ammette - che è anche l’ultima della mia esperienza amministrativa a guida Gravina, lascerà, e ne sono sicuro, un profondo segno nella storia culturale della città. E questo ci ripaga dei mille sacrifici, anche e soprattutto personali, profusi nella pianificazione di un complesso cartellone d’eventi, che ha fatto del Festival Leoncavallo uno degli eventi più importanti del Sud Italia. Oltre alla notevole qualità artistica raggiunta, volevamo che i giovani si avvicinassero al Festival, partecipandovi attivamente e con la organizzazione del servizio di hosting e drivering, ci siamo riusciti con ottimi risultati, suscitando entusiasmo e passione».

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sabato 7 settembre 2013

Esperimento ben riuscito La mostra del progetto Recycle al viale stazione di Belvedere Marittimo

Impara il riciclo e mettilo nell’arte nelli di Federica Monta

“Differenziare difende il fiume e il mare. La carta riciclata è una pianta salvata. Amiamo un ambiente sano, invece di inquinare, ricicliamo”. Questi gli slogan degli autentici artisti calabresi che hanno esposto i propri elaborati nel corso di un’occasione “salutare”: il riciclo dei materiali. La mostra, alla sua prima realizzazione, è stata organizzata dall’architetto Gilda Mistorni in collaborazione con “La Piastrella”, l’associazione di volontariato “Agorá” di Belvedere Marittimo e con la Provincia di Cosenza, il Comune di Belvedere Marittimo e la Regione Calabria. Protagonisti del riciclo giovani artisti emergenti nei settori della pittura, scultura, riciclart, installazioni e fotografia. Per l’occasione, infatti, villeggianti e residenti hanno potuto ammirare gli straordinari scatti panoramici sulla Calabria del fotografo cosentino Francesco Milito. Sentimenti ed emozioni racchiusi in un originale perimetro ecologico. Plastica, carta, pneumatici, legno, tappi in sughero, cera, spago, cartone: materiali, questi, riutilizzati senza alcun ricorso a tecniche industriali con risultati creativi e naturali. «Il lavoro dietro le quinte è stato faticoso - rivela Mistorni - ma il desiderio di esprimersi era talmente forte da non avvertire stanchezza. Riciclare è, indubbiamente, un’arte nobile e complessa. Sono arrivati gli stimoli giusti - prosegue - frutto di emozioni sperimentate nella mia vita». L’esperimento, ben riuscito, ha coinvolto anche numerosi musicisti, tra cui Oreste Forestieri e Massimiliano Gallo, che, con l’ausilio di strumenti autocostruiti con materiali da riciclo (progetto “Recycle”), hanno animato le tre serate. Spazio ecologico anche per la presentazione del libro Il peso delle ali, di Teresa Marino. L’arte, come forma di reimpiego di rifiuti, spinge alla diffusione della cultura della “prevenzione” dell’inquinamento. Ed è il punto di incontro di numerosi artisti che del riciclo fanno la base della propria energia.

Differenziare difende il fiume e il mare La carta riciclata è una pianta salvata

Biografia di Francesco Milito Francesco Milito nasce nel 1979 a Cosenza dove rimane fino al conseguimento del diploma per poi trasferirsi a Roma e iscriversi alla facoltà di giurisprudenza della Sapienza. E’ proprio nella capitale che nasce la sua passione per la fotografia e più precisamente in alcuni locali fra fasci di luce colorata e il getto della macchina da fumo. Così inizia a prendere dimestichezza con la macchina fotografica misurandosi in ambienti di luce ostile e in assenza di utilizzo dei flash, per continuare una nuova avventura, successivamente, insieme al suo amico regista, Paolo Marchione, che lo catapulta nel mondo dei videoclip e gli affida l’incarico di fotografo di scena. Ha l’occasione, quindi, di lavorare per diversi artisti del mondo dello spettacolo e collaborare con note case di produzione discografica. La professione di Avvocato e quella riferita all’attività di formazione, che ad oggi svolge con preminenza presso diversi enti pubblici e privati, lo costringono a rientrare nella sua città natale. Grazie a questa opportunità scopre e “riscopre” il territorio della provincia cosentina sino a realizzare il calendario per l’edizione 2013 del rispettivo ente territoriale e una mostra nell’elegante Palazzo della Provincia di Cosenza.

Biografia dell’architetto Gilda Mistorni Gilda Mistorni, nasce il 06 marzo 1978. Artista autodidatta con la passione per i colori, inizia a dipingere nel 1998, dopo essersi iscritta alla Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria. Conseguita la laurea in Architettura, nel 2004, si prende una pausa e nel 2011 ritorna il desiderio di esprimersi, un desiderio mai perso, ma solo messo li in un angolino nell’attesa degli stimoli giusti... che non son tardati ad arrivare. Le sue creazioni sono il risultato della combinazione casuale di materiali come cera, spago e vetro uniti ai colori tempera, acrilico ed olio che quasi sempre seguono le tonalità del blu. Rappresentazioni che assumono geometrie spesso indefinite, frutto delle emozioni, sensazioni e stati d’animo che si ripetono ciclicamente con diverse sfaccettature nella vita dell’artista.

Un’opera “riciclart”

Amiamo un ambiente sano, invece di inquinare, ricicliamo


sabato 7 settembre 2013

Terza edizione Il maestro Giovanni Nuti conferma l'adesione all'iniziativa letteraria dell'Accademia dei Bronzi

Mai stanchi di Alda Merini Sulla scia del successo ottenuto lo scorso anno, parte la terza edizione del Premio “Alda Merini” di poesia: iniziativa letteraria, molto seguita, che in sole due edizioni è diventata la prima del genere in Italia per numero di adesioni e che, proprio per la sua altissima qualità, ha ricevuto l’adesione del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «Abbiamo deciso di continuare questa entusiasmante iniziativa, sottolinea il presidente dell’Accademia dei Bronzi, Vincenzo Ursini - nonostante le difficoltà economiche della passata edizione, perché riteniamo che il nostro quotidiano impegno a sostegno della nuova poesia contemporanea sia un mezzo davvero efficace per offrire al territorio significativi spunti di riflessione e di crescita. Per questa nuova edizione, nel ringraziare il presidente della Camera di Commercio, Paolo Abramo, già partner dell’evento, auspichiamo un diretto coinvolgimento degli enti istituzionali ed in particolare dell’assessorato regionale alla cultura». Promossa dall’Accademia dei Bronzi e dalle Edizioni Ursini, alla terza edizione hanno già aderito il maestro Giovanni Nuti, grandissimo interprete dei testi della Merini; la figlia di Alda, Emanuela Carniti, e il noto orafo crotonese Michele Affidato che, come avvenuto lo scorso anno, realizzerà i premi in argento previsti per i vincitori. Al premio si partecipa gratuitamente, inviando da una a tre poesie inedite, a tema libero, ciascuna delle quali non deve superare i 30 versi. Le poesie, firmate su ogni foglio e corredate dell’indirizzo dell’autore, dovranno essere spedite all’Accademia dei Bronzi, Via Sicilia, 26 - 88100 Catanzaro, entro il 10 dicembre 2013. Per eventuali chiarimenti o per richiedere il regolamento di partecipazione è possibile

Al Premio si partecipa inviando da una a tre poesie inedite, a tema libero, ciascuna delle quali non deve superare i 30 versi, entro il 10 dicembre 2013

scrivere a premioaldamerini@libero.it o inviare un fax al n. 0961.782980. Le migliori opere partecipanti saranno pubblicate in un’apposita antologia, dal titolo Ho conosciuto Gerico, che l’Accademia dei Bronzi presenterà nel corso della cerimonia di premiazione programmata per il mese di aprile 2014. La scorsa edizione del Premio era stata vinta da Rosanna Marani, di Milano, già nota giornalista sportiva televisiva e ora poetessa a tempo pieno. Al posto d’onore erano stati classificati, ex-aequo, Michele Belsanti di Roma, Maria Pompea Carrabba di Termoli, Vanes Ferlini di Imola, Maria Teresa Infante di San Severo e Giovanni Pistoia di Corigliano Scalo. Il premio riservato alla migliore autrice delle edizioni Ursini era stato assegnato alla poetessa Maria Pia Furina di Soverato, odontoiatra con la passione della scrittura, mentre al giornalista Vincenzo De Virgilio e al pittore Pasquale Macrì era stata assegnata la medaglia del Capo dello Stato. Franco Calabrò, chirurgo volontario nelle missioni di Pace italiane all’estero, era stato infine premiato per la sezione riservata ad atti concreti di solidarietà. Attestati di merito e targhe di rappresentanza, realizzate con il logo ideato da Grazia Calabrò di Cosenza, artista di lungo corso, erano state altresì assegnate dall’Accademia dei Bronzi a decine di poeti provenienti da tutta Italia e dall’estero.

Nella seconda edizione Vincenzo De Virgilio riceve da Titta Scalise e Paolo Abramo la medaglia del Capo dello Stato

Sopra, sepre nell’edizione precedente, Paolo Abramo Antonio Montuoro Antonio Benefico e Michele Affidato

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sabato 7 settembre 2013

Guardati intorno, è arte XIV Rassegna d'arte contemporanea Celico 2013, svoltasi presso il Museo civico, nella chiesa di Sant'Antonio

Arte testimone del tempo o di Pileria Pellegrin

L’arte è una testimonianza del tempo. Quante volte abbiamo sentito questa affermazione. Ma che cosa significa realmente? Testimoniare il proprio tempo è un’azione controversa. Alcuni intendono tale testimonianza come una trascrizione o nel migliore dei casi un’interpretazione delle tensioni e delle urgenze della contemporaneità. È il caso dell’artista che osserva il mondo e la società entro cui vive, formula un proprio pensiero in proposito e lo traduce nel linguaggio artistico a lui più congeniale. Questo tipo di artista è “messaggero-mediatore”, radicato in una dimensione temporale specifica, caratterizzata da forme, oggetti, atmosfere, ambientazioni che immediatamente ci riportano al presente nel quale siamo immersi. Questa è la maniera più immediata di testimoniare il proprio tempo. C’è poi un altro modo, più schivo, indiretto, laterale di guardare al proprio tempo, che consiste nell’occuparsi di ciò che non è evidente e tangibile, ma che pure determina in modo sostanziale i tratti distintivi di un’epoca. Ci sono artisti che preferiscono rivolgere l’attenzione non alla realtà esteriore e fenomenica, ma a quella intraducibile dei moti interiori, delle pulsioni, delle paure, delle intuizioni. Niente è più lontano da questa pittura delle espressioni che aderiscono alla realtà riportando sulla tela i segni manifesti del contemporaneo sotto forma di personaggi, scenari, ambientazioni, perfino idee riconoscibili o facilmente decodifibali. La cristallizzazione di sogni ed incubi collettivi si addensa in racconti pittorici dove riaffiorano icone di tempi remoti, idoli ed archetipi rivisitati in chiave odierna la cui apparenza è fluttuante e mutabile. Queste le interpretazioni della nostra epoca offerte dalla XIV Rassegna d’arte contemporanea Celico 2013, svoltasi presso il Museo civico, ubicato nella chiesa di Sant’Antonio. L’iniziativa giunta alla sua quattordicesima edizione è stata patrocinata dall’amministrazione comunale di Celico presieduta dal sindaco Corrado Luigi, ed introdotta dall’assessore alla cultura Carmela Caligiuri. Cinquantadue gli artisti che hanno esposto le proprie opere, sotto la direzione artistica del maestro Luigi Greco, ideatore, curatore ed organizzatore della rassegna: LinaFrancesca Amendola, Vincenzo Apicella, Vincenzo Allevato, Andrea Biffi, Mariagrazia Calabrò, Francesca Campana, Ada Conforti, Enrico Coppola, Raffaella Coscarella, Giuseppe Cassavia, Luana Covello, Giulia De la Via, Totò Drago, Durante, Vieytes Edison, Claudio Falvo, Franco Ferraro, Ercolino Ferraina, Rosario Foglia, Vincenzo Formica, Carlo Furgiuele, Tonino Gallo, Eugenia Giordano, Eugenio Granata, Luigia

Anche quest’anno la rassegna è stata strutturata in due sezioni: del figurativo e di sperimentazione formale

Granata, Luigi Greco, Maria Antonietta Gullo, Hevzi Nuhiu, Rosy Imbrogno, Marcello La Neve, Alessandro Lato, Carmine Le Rose, Rita Mantuano, GianPietro Martinuzzi, Filippo Mazzei, Anna Maria Mirabelli, Assunta Mollo, Pierluigi Morimanno, Massimo Nimpo, Antonio Oliva, Santina Orrico, Lucia Paese, Alain Andè Rieu, Massimo Ruffolo, Natale Saccoliti, Donatella Salerno, Vito Scrivano, Davide Stagliano, Marco Tiano, Aldo Toscano, Antonio Viscardi, Salvino Volpe. Anche quest’anno la rassegna è stata strutturata in due sezioni: una del figurativo, una di sperimentazione formale. Oggi come mai prima si percepisce esigenza di scoprire un’arte che possa rendere tangibili le tessiture che reggono la nostra epoca. Le opere esposte nella sezione figurativa somigliano a quelle di un altro tempo, sospeso tra l’Ottocento romantico e Novecento espres-

Conferenza tenuta dalla storica e critica d'arte Carmelita Brunetti ad Hannover il 13 ottobre

Narcisismo, dal mito alla vita reale La conferenza dedicata al tema “Narcisismo e arte” sarà tenuta ad Hannover, giorno 13 ottobre 2013, da Carmelita Brunetti, storica e critica d’arte, attuale direttrice responsabile della rivista Arte contemporanea news (Roma). Il narcisismo è considerato uno fra i mali più diffusi della nostra società. Attraverso un’operazione di divulgazione, il termine narcisista è spesso usato per definire una persona che in diversa misura ama solo se stessa avendo ovviamente una scarsa attenzione per chi gli sta intorno, condannandolo a vivere in solitudine perché crea intorno a se il deserto relazionale. Questa situazione diventa un problema per il narcisista che vede come soluzione al suo stato un percorso psicoterapeutico. La problematica narcisistica è molto complessa e interessante per la sua trasversalità e la multifattorialità da cui origina. Potremmo anche chiederci se ci troviamo di fronte a un deficit primario? Oppure di una reazione difensiva verso un ambiente abusante? O anche di un conformismo nei confronti di una società e una cultura basata soprattutto sul successo, sul potere e sul culto dell’immagine? Ma quanti di questi fat-

Dibattito su ciò che è considerato uno fra i mali più diffusi della nostra società

tori, insieme ad altri operano contemporaneamente in maniera tale da renderli difficilmente distinguibili? Il titolo “Narcisismo e arte” rimanda alla possibilità di riflettere sul lato “buono” del narcisista quello della creatività di cui Erik Erikson (Francoforte, 1902-1994) da esperto di teorie psicosociali dello sviluppo, ne spiega il comportamento e butta le basi per far riflettere sul lato positivo che c’è in alcuni “narcisisti creativi” in particolare artisti o committenti. Erikson, riguardo lo studio sull’identità, attribuisce all’Io e non alle motivazioni inconsce, il ruolo fondamentale nell’organizzazione e nella dinamica della personalità, discostandosi dalla tendenza psicoanalitica a rintracciare nel passato le origini delle nevrosi, valorizzando il presente in quanto è in esso la possibilità di inventarsi la vita e di svincolarsi dalle imposizioni esterne ed interne che causano sofferenza eccessiva. L’Io ha dunque un’origine genetica e costituzionale, ma anche storica, culturale e ambientale. Ad aprire interessanti riflessioni sul Narcisismo è anche la mitologia che da sempre accompagna la nostra vita.


sabato 7 settembre 2013

Guardati intorno, è arte

sionista, un’epoca in cui è lecito ravvisare le tracce di certo simbolismo, una pittura di genere e di paesaggio. La persistenza di temi e topoi iconografici tradizionali risponde ad una necessità interiore di confrontarsi con i maestri del passato, soprattutto con coloro che hanno rappresentato un punto di svolta: essa insistite sulla componente naturalistica, ritrattistica e sacra. Uno degli aspetti più significativi dei lavori esposti in questa sezione è costituito da una latente inclinazione narrativa. Nei dipinti il quotidiano si mescola al sovrannaturale, in un avvicendarsi di situazioni stranianti che lasciano campo a molteplici interpretazioni. Altro elemento fondante è l’utilizzo della pittura coma forma d’introspezione, come mezzo d’indagine personale che trasforma la sua ricerca in un viaggio di scoperta, in un cammino erratico, pieno d’inciampi e ripensamenti, di ostacoli e scoperte.

Così il “Mito di Narciso” ci presenta la figura di colui che ha un amore esclusivo per se stesso, così grande, da non far vedere nessun altro e che si abbandona alla morte per l’impossibilità di unirsi a quell’incantevole immagine del suo volto riflesso nell’acqua. Dal mito entriamo nella vita reale per chiederci: quanti presi da se stessi non si curano di chi hanno vicino? A questo interrogativo cercheremo di dare delle risposte seguendo le linee guide di Freud e Erikson. Andremo ad esplorare il mondo interiore per comprendere meglio come la creatività e l’arte siano fonte di benessere spirituale e fisico. Tuttavia, per capire il tipo di “narcisista creativo” spiegheremo cos’è l’arte a partire dall’antichità per giungere ai giorni nostri. Parlare di arte attuale significa poggiare i piedi su un terreno scivoloso e fangoso da cui si potrebbe persino riemergere trasfor-

In un coinvolgente ed emozionante impatto scenico. Le opere sorprendono per la loro forza espressiva, per la corposità materica del colore, per quest’unione fra colore e spessore, fra figura e profondità. I motivi ispiratori sono tanti e diversi. Alcuni sono desunti dalla realtà, avvolta da simboli antichi e nuovi, trasmutata in una rievocazione fantastica, potente e spesso nostalgica. A volte invece irrompe il passato che però non si contiene nello spazio del ricordo ma si proietta in un futuro possibile o visionario. Riemergono e si trasfigurano i miti primordiali, quando esplode la forza degli elementi naturali. Acquistano nuova linfa vitale i miti greci e quelli legati alla tradizione più strettamente locale, i soggetti sacri. Nella sezione di sperimentazione formale c’è invece l’interesse per la difformità e l’imperfezione, per l’eccedenza e lo squilibrio, dove si traducono le descrizioni di soggetti destabilizzanti, di scenari che incutono un sentimento di cupo struggimento. In questa «terra ansante, livida, in sussulto», sovrastata da un «cielo ingombro, tragico, disfatto» come amava dipingere con le parole Giovanni Pascoli, si allignano segni e tratti indeterminati. Questo genere fornisce agli artisti l’occasione di indagare la dimensione dell’indicibile e dell’intraducibile e di mediarla, di essere “mediatori-messaggeri”. Di mediare la sofferenza e la passione dell’esistere, i moti più reconditi dello spirito e della psiche, le pulsioni inconfessabili, insomma tutto ciò che risiede nell’ombra, e che pure determina l’avventura umana. Gli artisti traducono i cambiamenti epocali attuali in scenari inediti: è il grido della creatività senza limiti capace di spianare la via d’accesso ad un universo mai visto prima. Senza seguire dettami o concettualismi accademici gli artisti rompono con le ricerche dei loro padri muovendosi con nonchalance tra cultura pop e cultura “alta” citando talvolta icone tipiche dei media, altre volte evocando momenti della storia dell’arte, sempre avvalendosi delle loro straordinarie capacità. Rifuggono dal bello apparente, convenzionale e conformista ma cercano la loro dimensione estetica dove altri, per timore, non osano inoltrarsi. Temi predominanti della manifestazione sono stati iln ritorno all’essenzialità, le “prigioni” della libertà, la condivisione, termine che possiede una valenza ideologica e morale, precisa e netta. Il principio è che il lavoro fatto in comune è già una collettività a tutti gli effetti e che trova il suo legame nel fare e nello scambiarsi l’arte. Un’arte che ha il potere di influire e cambiare la realtà delle cose, che non sono immutabili. Un’arte che produce nuova energia. Se l’immaginazione è il territorio dove tutto è possibile, per l’artista il linguaggio espressivo scelto è il mezzo per alimentare questo tutto attingendo da suggestioni mitologiche, storiche, letterarie e quotidiane filtrando qualsiasi elemento attraverso la luce dell’Arte. Interrogandosi sul suo “mestiere” crea perciò un gioco di dualismi, dove gli opposti coincidono come sono coincidenti il concreto e l’astratto, l’immediatezza e la mediazione, i “messaggeri-mediatori” ed i “mediatori-messaggeri”.

mati, ritrovandosi da soggetti che sanno di non sapere, come ricorda l’inquieto Socrate, in soggetti che non sanno di sapere. In realtà siamo prigionieri di un’attesa: non del ritorno di Apollo, ma di quello di Dioniso, del dio che dona energia e forza, del dio dell’eccesso, della visione e del sogno. Forse il conflitto tra Apollo e Dioniso non rappresenta la totalità del mondo, e ancora una luce può illuminare questo tramonto. L’arte dal secondo Dopoguerra a quella dell’era della globalizzazione racconta la realtà per immagini e attraverso l’uso della tecnologia gli artisti come tante perline cercano di brillare in un universo dove il libero mercato fa da padrone. Durante la conferenza saranno presentati e contestualizzati i lavori di alcuni artisti che usano il loro corpo per affermare la propria identità come quelli della giovane Mona Lisa Tina, Maurizio Cesarini, Emiliano Zucchini, Maria Grazia Zarabini, Vanessa Beecroft, Eva e Franco Mattes, Marina Abramovic, Antonio D’Agostino, Vito Acconci, Francesco Arena e altri che invece lavorano seguendo la strada tradizionale della pittura classica come quella di Assunta Verrone o di sperimentazione geometrica di Stefan Stettner, surrealismo fantastico di Luigia Granata, della ricerca del vuoto nella scultura di Franco Paletta. La loro opera si presenta non solo ricca di notizie storiche ma anche l’aspetto sociologico dell’arte sarà ampiamente trattato insieme alla caratteristica narcisistica della committenza di corte molto diversa da quella attuale attenta soprattutto alle quotazioni in Asta e poco alla bellezza in sè dell’opera.

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sabato 7 settembre 2013

Sfogliando l’anima Il libro di Milly Ferrari conduce il lettore all’interno di un viaggio introspettivo con uno stile semplice ed essenziale

Nelle stanze della paura o di Pileria Pellegrin

«Ciò che ci distingue e ci caratterizza non sono tanto le scelte che facciamo, quanto i motivi che ci spingono a farle» scrive Milly Ferrari Nelle stanze della paura (Jonia editrice). Un libro che conduce il lettore all’interno di un viaggio introspettivo, con uno stile semplice ed essenziale. Un testo toccante, talvolta drammatico ma che riesce a infondere speranza. È la storia di Sara, una donna come tante che ha vissuto la sofferenza e che ha ritrovato se stessa dopo un percorso a ritroso. Una storia di forza e di coraggio. In cui si riescono a trovare le parole per esprimersi e chiarirsi sentimenti confusi, incertezze, ambivalenze. In cui si supera il blocco delle angosce, dei sentimenti che non si tirano fuori, magari solo perché ci si vergogna o perché si teme di non piacere agli altri. La rivelazione di una di quelle storie su cui sono costruite tante vite di uomini e donne e che può portare lontano se si sa accogliere la sofferenza che da essa ne deriva. Sara giunge a pretendere coraggio da se stessa per intraprendere un viaggio interiore un percorso nella sofferenza che le rivelerà nuove strade, grandi, enormi opportunità. Per la protagonista tornare e ripercorrere il passato significa entrare nuovamente nelle sensazioni, nelle emozioni di allora. Significa entrare in un mondo che si è taciuto per lungo tempo. Significa riprendere la propria storia e farne parte di nuovo rivivendo quelle emozioni, quei sentimenti che le sono appartenuti e che per lungo tempo si è negata. Rientrare in un mondo fatto di violenze e maltrattamenti perpetrati da chi invece avrebbe dovuto proteggerla. Il libro di Milly Ferrari entra così nelle pieghe di un fenomeno diffuso eppure ancora tanto sottostimato: la violenza domestica contro le donne. Rivivere i frammenti infiniti di soprusi e maltrattamenti con un partner violento, che ha agito in modo tale da creare un clima di tensione e di isolamento attraverso minacce, divieti, colpevolizzazione e denigrazione; è in questo clima che si inscrivono anche gli episodi di violenza. La frequenza e la gravità dei quali si intensificano col tempo, sino a quando, dopo vari tentativi di ricomposizione e recupero della relazione - tentativi che vedono la messa in campo di varie strategie di sopravvivenza, quali la minimizzazione degli episodi di violenza e l’autocolpevolizzazione - Sara non decide di sottrarre se stessa e i propri figli a tale situazione di sopraffazione. Perché è rimasta con quell’uomo tanti anni non lo sa. I meccanismi psicologici che si innescano dopo episodi del genere sono molteplici. Ovviamente non ha praticamente mai raccontato a nessuno tutto ciò. La vergogna era troppa. La vergogna di avere un marito così. La vergogna di amare una persona del genere. La vergogna di “accettare” una situazione del genere. E in più c’era la voglia di far vedere al resto del mondo di essere una bella famiglia. D’illudersi che potessero esserlo prima o poi. Ma Sara sperimenta che non si può fuggire a lungo la sofferenza, gli ostacoli della vita, perché questi prendono forme diverse e sedimentano nell’essere: riesce così a ritornare in quella sofferenza per mutare l’angolo della sua visuale e chiedere più amore diventando più generosa verso se stessa. Cercare di chiarire a se stessa chi è e cosa prova, per Sara è come costruirsi “una stanza tutta per sé”, un luogo e un tempo privati in cui entrare in contatto con le emozioni più vere e sentite, supe-

È la storia di Sara, una donna come tante che ha vissuto la sofferenza e che ha ritrovato se stessa dopo un percorso a ritroso

rando i sentimenti negativi legati alla “stanze della paura” che per troppo tempo hanno bloccato la libera espressione di sé, accettando quello che prova, dandosi il permesso di provarlo e rafforzando la sua autostima. Nel libro di Milly Ferrari, uno di quei testi scorrevoli e di carattere, profondo, che parla di valori, di difficoltà da affrontare, di legami e bellezza, che smuove i sentimenti, che svela la complessità dei rapporti familiari, la protagonista compie una “discesa nella solitudine dell’intimo” da cui attinge nuova linfa vitale. Percorre innumerevoli corridoi - simboli di uno spazio di sospensione tra uno stato e l’altro dell’essere, ma anche di passaggio fra le fasi della vita - che se dapprima rappresentavano luoghi di ansia e di paura, sono poi diventati luoghi dell’evoluzione personale e dei cambiamenti, quelle zone “neutre” in cui si può sostare per ricaricarsi prima di affrontare le trasformazioni. E alla fine riesce a rompere il muro del silenzio, distruggendo la trappola psicologica mascherata da un “amore malato”, per tornare ad essere libera, per ritrovarsi all’aperto, senza più alcun limite all’orizzonte e riprendere a sognare, a sperare, a considerare la possibilità di librarsi in volo: “...Libere le ali volano,/vola il pensiero.../ Foglie nell’aria leggera,/ rami nel sole:/ è il momento di risalire”. Dimostrando che uscire dall’oscurità è possibile. Nelle stanze della paura un libro forte, intenso, piuttosto ricco di connessioni implicite interessanti nella “interazione” tra l’autrice-narratrice e lettore, con diverse parti del testo non apertamente coerenti, in cui è il lettore a dover fornire la coerenza facendo un lavoro interferente.


sabato 7 settembre 2013

Quarta edizione

Imparare ad alta quota

Settimana della cultura calabrese dedicata a Francesco da Paola Anche quest’anno a Camigliatello Silano nel Cosentino, si è appena conclusa l’edizione della “Settimana della Cultura Calabrese” dal 25 agosto all’1 settembre, la quarta di questo appuntamento, che ha avuto il sapore fresco di questa estate silana, meta turistica per quanti cercano refrigerio estivo e il divertimento nei mesi invernali. Un appuntamento importante in cui la cultura è attraversata a 360 gradi. Un grande riscontro di pubblico già nell’edizione dell’anno scorso, si è proposto anche questa edizione e aggiudicandosi il posto di evento tra i più importanti del territorio cosentino e non solo, poiché la località turistica abbraccia tutti gli amanti della montagna, provenienti da ogni parte della Calabria e da fuori regione. Ne abbiamo parlato con uno degli organizzatori e ideatore, l’editore Demetrio Guzzardi: «La formula della Settimana della Cultura Calabrese è valorizzare il patrimonio umano e ambientale della Sila. Ogni mattina il programma ha previsto una passeggiata significativa e inerente alle altre iniziative che si sono svolte nella giornata. Sono stati dei luoghi indicativi del vissuto dei personaggi e del tema che poi si è andato sviluppando nel pomeriggio». Importantissimo, tra i luoghi visitati in queste escursioni storiche, il campo militare nazista, inerente ad una mostra sui settant’anni del settembre del 1943. Così come interessante è stata la visita all’Abazia Florense, di San Giovanni In Fiore, Cs, inerente alla presentazione del 26 agosto scorso del libro di Pasquale Lopetrone Il Cristo fòtoforo Florense. E poi la visita ai luoghi Silani, ove si svolsero le vicende della spedizione dei fratelli Bandiera, con riferimento alla presentazione del testo sul Risorgimento Italiano, L’ultima carezza di Vincenzo, l’amore di Mariangelica e l’anelito alla libertà di Capobianco di Rita Fiordalisi, del 28 agosto scorso. La novità di questa edizione è che stata dedicata a San Francesco da Paola film festival. Sono i 500 anni della beatificazione e in tutte le serate, ci dice l’editore Guzzardi, si è data proiezione di un docu-film o musical sulla vita del Santo e mostrato di come le telecamere sono state in grado di raccontare il personaggio, il Santo e la vita di Francesco da Paola e dei personaggi della sua vita. Come tutti gli anni però l’appuntamento importante è quello che si svolge nella prima serata, in cui si lascia la parola alla narrazione degli avvenimenti e ricorrenze della storia italiana e calabrese e altro evento importante, quello dedicato ai più piccoli, nella piazzetta di Camigliatello, si sono vissuti i giochi popolari, quelli svolti dai nostri nonni ormai quasi messi nella scatola dei ricordi assieme alle vecchie fotografie e che di tanto in tanto è bello rispolverare e regalare ai nativi digitali (lo strummolo, la corda, il fazzoletto, tutti quei giochi che ormai fanno parte della “cultura del gioco”). Qual è stato il gioco più straordinario che forse non tramonterà di questa edizione? Di certo la novità è un ballo. Un corso di tarantella calabrese, che si è tenuto tutti i pomeriggi. «Mi ha sorpreso, riprende Guzzardi, questo desiderio di volere conoscere la musica popolare, ed è stato molto frequentato». Quest’anno la Settimana della cultura calabrese in chiusura prevedeva il Premio Cassiodoro, giunto all’undicesima edizione con il titolo “La creatività del fare”. Un premio questo che è conferito a varie personalità

Ne abbiamo parlato con uno degli organizzatori e ideatore, l’editore Demetrio Guzzardi: «La formula è valorizzare il patrimonio umano e ambientale della Sila»

del mondo della cultura, del sociale e dell’economia che si sono particolarmente distinte per il loro volere conoscere la Calabria al microscopio. Infatti, tra di loro ci sono anche non nativi del luogo, ma che hanno saputo vedere lontano e con puntualità il bello e l’eccellenza che c’è nel nostro territorio. «Ci sono tante persone che realizzano idee e opere, ci dice Guzzardi, a partire dalla propria creatività, legati proprio al concetto stesso del fare e del creare». Sono stati scelti tra i premiati: il giornalista vaticanista, Andrea Gualtieri, Pasqualino Perri, direttore della Casa di accoglienza San Francesco di Cosenza, Giuseppe Maiorca, musicista, Maria Luisa Morrone, docente, nota per il ricordo del bombardamento di Cosenza in cui morirono tanti bambini del quartiere Spirito Santo, Nunzio Scalercio, webmastru, che ha prodotto dei disegni sulla vita di San Francesco, Edoardo Tarsia, regista, Mauro Santoro, sindaco di Terravecchia, Francesco Panebianco, Fon. Ferramonti, Giuseppe Abbruzzo, storico e don Laurent Mbale, proveniente dal Congo, scappato alla guerra, ha studiato un piccolo paese della Calabria, riportandone un puntuale report. I dieci premiati sono tutti legati alle iniziative del Fare e/o alla vita del Santo. Che cosa emerge del Santo Calabrese come elemento di novità? «Del Santo abbiamo realizzato una mostra di libri, pubblicati dal 2000 al 2013, più di 80 testi. Sette film per la rassegna, ma ne abbiamo visionato ben quindici, poiché c’è stata grande attenzione attorno alla Sua figura. Una curiosità, che vorrei raccontare: una scultura del maestro Riccardo Magarò, realizzata in legno di ulivo, doveva essere posizionata nella sala delle presentazione, cosa non facile essendo solo in tre, ma subito sono accorsi almeno in dieci ad aiutarci, ciò a significare il grande amore che si ha per il nostro Santo Patrono, un piccolo segno di attenzione, di fiducia e devozione». Hanno partecipato alla realizzazione della Settimana della cultura calabrese, l’Universitas Vivariensis, istituto di studi che si interessa di proporre la cultura calabrese a 360 gradi, dal gioco alla musica, dai libri all’enogastronomia. La comunità “Don Milani” di Acri che ha preparato specialità tipiche. L’iniziativa “Il Libro di Dino”, esposizione di libri sulla Calabria che è stata possibile acquistare a soli cinque euro, per chi ne ha presi quattro, in omaggio anche un vino locale di una cantina di Donnici, Cs, per abbinare la lettura al buon vino Calabrese. Ha contribuito per la pubblicità dell’evento (la stampa delle locandine) e con il patrocinio, il Comune di Spezzano della Sila, Cs. Hanno partecipato religiosi come Padre Giovanni Cozzolino, con il suo libro La dolce pedagogia della penitenza evangelica in San Francesco da Paola, con il Vescovo Giuseppe Fiorini Morosini. Don Ennio Stamile, sacerdote di Cetraro, Cosenza, nella presentazione del testo di Mario Casaburi, Giancarlo Maria Bregantini, una luce nel giardino della Locrides. Inserita nel calendario degli eventi anche la presentazione dell’ottava edizione della scuola per redattori della Bottega editoriale e la mostra itinerante dei Santini di Calabria di cui lo stesso Guzzardi ha redatto un testo, che è arrivato direttamente nelle mani di Papa Francesco. Lucia De Cicco

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Percorsi di fede Esperienza di socializzazione intensa e unica al campo estivo organizzato dalla parrocchia di San Luca Evangelista di Vadue

Col Vangelo sulle Dolomiti eco di Pierfrancesco Gr

Un’esperienza intensa e unica quella vissuta da un folto gruppo di pellegrini calabresi, i quali, partiti dai dolci e pervi rilievi dell’hinterland cosentino, hanno inteso assaporare la bellezza di vivere la fede in collettività nel proscenio monumentale delle aspre e precipite alture dolomitiche del Trentino, suggestivo sito ove, organizzato dalla parrocchia San Luca Evangelista in Vadue di Carolei, ha avuto luogo il campo estivo, ossia un itinerario di conoscenza e crescita interiore riservato a persone idealmente unite nella gioia più fervida dello stare insieme, contestualmente ad una sorta di socializzazione della fede, profondamente sentita e assiduamente vissuta. Per la comunità di Vadue, un appuntamento ormai consueto, quello del campo estivo sulle Dolomiti, cui quest’anno hanno partecipato cinquantadue fedeli, donne e uomini, giovani e adulti, partiti lo scorso 17 agosto alla volta di Moena (Trento), popoloso centro della Val di Fassa, e desiderosi di confrontarsi, di arricchirsi umanamente e spiritualmente in uno scenario che definire maestoso appare decisamente banale, oltre a risultare palesemente riduttivo; lo scenario fiabesco ammantato dall’incanto di un placido e sognante lago, riflettente nel suo specchio cristallino l’apoteosi naturale dei boscosi lidi e dei rupestri clivi circostanti e, nel contempo, risultante capace di indurre gli estasiati astanti a riflettere nell’intimità del proprio io, mettendo a fuoco, hanno affermato alcuni fedeli di Vadue al loro ritorno in Calabria, «l’esigenza di indirizzare il proprio percorso di vita nell’accettazione di ciò che siamo e con le nostre potenzialità costruire la comunità cristiana, che rispecchi l’attenzione al prossimo e al nostro territorio; in questo senso, la ripida scalata della Marmolada ci è sembrata la metafora delle sofferenze di ciascuno di noi, che, dopo aver raggiunto la meta si tramutano nella semplicità dello stupore», lo stupore di scoprire che l’esistenza umana trova il suo senso nella capacità di affrontare con coraggio le scalate che ogni giorno, in ogni attimo si schiudono davanti a noi; scalate sovente ardue ma lungo le quali cercare quelle motivazioni a non recedere, ad andare avanti; una ricerca da affrontare con una fede ed una determinazione tali da togliere spazio ai morsi della fatica, per dare respiro alla consapevolezza di cogliere, dipoi a quella fatica, la fragranza albergante afferentemente alla meta di cui si parlava prima. Quella fragranza che, se nel caso dei monti trentini, trova espressione nella paradisiaca visione delle vallate colorate dalla tenue luce crepuscolare o nelle gustose fattezze di una fetta di speck o di una porzione di strudel, nel contesto, ancora più aulico, della vita di tutti i giorni, trova consistenza, per i pellegrini di Vadue e per noi tutti, nella felicità, nella sicurezza di non essere soli, di non restare mai soli. «L’esperienza vissuta è l’esempio di una realtà, quella di Vadue, in cui s’è concretizzata e consolidata una struttura, aulicamente ideale e efficientemente fattuale, di comunità coesa e giusta, quindi autenticamente cristiana, che vive alla luce della Parola, dando alla fede una valenza effettivamente sociale, solidale, familiare, di cui i giovani sono i testimoni, pronti ad aiutare tutti noi a illuminare il nostro sguardo, la nostra opera, le nostre vicende nelle sfide del domani, nel consesso umano del futuro, nel realizzare i nostri sogni e la nostra vita», spiega con ispirato ottimismo Marco Russo, uno dei giovani partecipanti al gioioso e valorialmente copioso percorso di fede, il cui ideale compimento sta avendo esplicamento questa settimana, a Vadue, ovvero nel luogo da cui ha avuto genesi e conclusione il fervido cammino agostano. Un coronamento, ovvero un’altra tappa dell’intinerario salvifico intrapreso da tante donne e tanti uomini di Vadue, che sta trovando spiegamento nel tradizionale appuntamento con la festività della Madonna del Carmine, in occasione della quale il locale circolo cul-

52 pellegrini, donne, uomini, adulti e giovani, hanno partecipato al consueto appuntamento annuale


sabato 7 settembre 2013

Percorsi di fede

I meravigliosi paesaggi che hanno accolto il campo parrocchiale di Vadue

Un percorso di crescita interiore che, nella citata frazione del Comune di Carolei, sta trovando ideale compimento nei festeggiamenti in onore della Madonna del Carmine

turale ha organizzato la sesta edizione della Sagra del fritto, che sta avendo luogo in questi giorni nella piazza Giovanni Paolo II. «La Sagra del fritto - afferma il già citato Marco Russo - è un appuntamento consolidato che fa fede alla sobrietà del programma religioso, al rapporto di figliolanza instaurato nella semplice e fervente devozione mariana; sorgente di una spiritualità vissuta e resa azione nelle vicende quotidiane e non una fede di facciata. Una kermesse di fede e sapori resa possibile dalle tante volontarie e dai tanti volontari, che lavorano alacremente per organizzare serate come quelle che si stanno succedendo a Vadue; serate, che sono momento di incontro, di scambio e genuina amicizia, da condividere con la degustazione dei prodotti tipici della nostra terra; i gruppi che si alternano nella sana logica della commedia e della musica, regalano, poi, sorrisi e spensieratezza a tutti; quella spensieratezza che - conclude il giovane - solo la gioia della fede riesce a suscitare, accrescere, fortificare» durante il lungo cammino di crescita della nostra coscienza, destinato a maturare nel corso della lunga scalata verso le vette della nostra esistenza.

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Pillole di fede La Giornata mondiale della Gioventù raccontata dal giornalista Fabio Mandato

Il Popolo di Dio

di Lucia De Cicco

La Giornata mondiale della Gioventù, (Gmg 2013) quest’anno si è tenuta in Brasile dal 23 al 28 luglio. Sappiamo già dai media mondiali, dei giorni che sono passati attraverso vari stati d’animo, come la preoccupazione per l’incolumità del Papa, che in un restringimento stradale, al suo arrivo, è stato letteralmente raggiunto e toccato dalla folla a cui lui non si è sottratto, anzi con molto calore si è lasciato andare a quelle carezze, abbracci e doni semplici come il rosario. Ha fatto il giro del mondo il portare la sua valigetta da solo in aereo alla sua partenza, così come ha fatto strada d’amore il cuore fatto con le dita sul finestrino in chiusura delle giornate, che hanno visto la spiaggia tra le più quotate del mondo, Copacabana, affollata dai giovani componenti il Popolo di Dio. Noi ne abbiamo raggiunto uno che non solo come pellegrino si trovava, in quest’occasione, a seguire la proposta di mettersi in ascolto e cammino del Santo padre, Papa Francesco. Già, infatti, il giornalista e avvocato, Fabio Mandato, ha partecipato ad altre giornate come questa, ma nell’edizione 2013 ne è stato l’inviato del Sir (Servizio d’informazione religiosa) e del settimanale diocesano di Cosenza/Bisignano, Parola di Vita, direttore don Enzo Gabrieli. Il giornalista, Fabio Mandato, alla nostra domanda: com’è stato trovarsi nella spiaggia più bella, forse, del mondo, ma in compagnia di un vero vip, che è Gesù, sorridendo ci ha risposto che di certo è una bella emozione, supportata da una grande folla di giovani.

Mi ha colpito l’aspetto dell’ambiente innanzi tutto ma anche lo stare con tanti giovani. E poi il silenzio che erano capaci di produrre a tutto cuore

Fabio. Cosa ti ha colpito di questa folla oceanica di ragazzi, che erano lì, su quella spiaggia, per ascoltare le parole di Papa Francesco? Mi ha colpito l’aspetto dell’ambiente innanzi tutto, ma anche lo stare con tanti giovani e poi il silenzio, che erano capaci di produrre a tutto cuore e ciò mi porta alla considerazione di come anche la spiaggia (che siamo abituati a considerare in modo differente e nel suo divertimento) può diventare un luogo di culto, di meditazione e riflessione e il rapportarsi con se stessi, con l’altro e con Dio. La scelta della spiaggia di Copacabana è stata però una scelta necessaria per problemi inerenti all’attività metereologica... Ogni Gmg ha un "quartiere generale", che in genere è la città designata, fino al sabato che precede la chiusura della Giornata. Per le celebrazioni conclusive si va in un luogo lontano e fuori dalla città.

Luogo che deve essere raggiunto a piedi e proprio a volere rilevare il carattere di cammino e di significato di pellegrinaggio di ogni Gmg. Non è stata possibile, per le piogge continue che hanno caratterizzato le giornate precedenti, la conclusione nel "Campo della fede", che era stato preparato lontano dalla città di Rio, ma, tuttavia, è stato preservato il raggiungimento della spiaggia di Copacabana nel percorso di pellegrinaggio a piedi e per qualche chilometro. Questo percorso prepara alla meditazione interiore e alla giornata d’incontro con la Veglia, la narrazione eucaristica, invenzione che la parola stessa detta come "ritrovamento di tesoro" che i giovani vivono con grande gioia, e voluta già da Benedetto XVI, cui segue la messa conclusiva del Santo padre. Papa Bergoglio ci ha invitato ad andare fuori e anche da noi stessi per servire il prossimo e Dio. Sei andato sul campo qualche giorno prima dell’inizio della Gmg. Qual era il clima dei giorni precedenti? Sono andato prima per avere un’esperienza di preparazione alla Gmg, mi sono recato ad Aparecida, questo santuario grandissimo che ogni anno è capace di accogliere milioni di fedeli provenienti da ogni parte del mondo. Affascinato dalla basilica, che è stata, da Giovanni Paolo II, elevata a tale titolo, nel 1980. Mi ha colpito, però, come questo popolo vive la propria fede, il modo di rapportarsi ad Essa differente dalla nostra visione e, a volte, può anche apparire strano. Gli Inni, i Salmi tutti cantati e accompagnati da lire, cembali e strumenti vari, un’esperienza di grande gioia. Una grande partecipazione all’Eucarestia, che diventa uno scambio di doni tra i fedeli e Dio. Una preghiera intensa quella dei giovani del luogo, ma di loro mi rimane impressa la gioia e l’allegria con cui vivono ogni cosa. Com’è stata l’accoglienza nel luogo? È un Popolo accogliente, socievole e sprigiona simpatia. Riesce a coinvolgere e parla avvicinandosi con grande tranquillità e confidenza.

Fabio Mandato è il primo in basso a sinistra Nella foto in alto è con la maglia a righe

Com’è stato l’incontro con Papa Francesco? Mi è passato alla distanza di tre metri con la papamobile ed ho avuto una sensazione positiva, di una persona molto sorridente con occhi dolcissimi con i quali intercettano le persone nella folla. Ha questo muoversi a destra e sinistra, rapido e cerca gli sguardi dei fedeli e i bambini soprattutto. Quest’immagine del Papa che porta da solo la sua borsa... Sono mesi che notiamo il suo modo di fare, il suo muoversi con grande disinvoltura, il voler essere nella normalità.


sabato 7 settembre 2013

XXIII

Una preghiera che non si ferma mai L'evento che ha coinvolto tra gli altri un giovane della Diocesi cosentina, parte da Firenze con l'evangelizzazione di spiaggia e di strada

Sentinelle nel mattino L’evento che ha coinvolto un giovane della Diocesi cosentina, nei primi giorni del mese di agosto, parte da Firenze dal movimento delle “Sentinelle del mattino”, con l’evangelizzazione di spiaggia e di strada: protagonista è Adam Ruffolo, che è animatore di comunità uscente del Progetto Policoro della pastorale del lavoro della Curia di Cosenza-Bisignano; ma per lui, come in ogni ricerca che caratterizza il messaggio evangelico, la vita dedicata a Gesù anche nel laicato non si ferma qui. Anzi, ci dice, nel tempo da pura devozione e dottrina la sua fede è diventata matura nel rispetto dei tempi altrui e con la voglia di portare il messaggio di Cristo nei posti più strani, che sembrano chiusi al messaggio divino, come le spiagge, luoghi deputati al divertimento alla distrazione e a volte alla conquista e alla trasgressione. L’idea nasce proprio dalla grazia, come egli la definisce, di una casualità, l’avere partecipato alla Gmg 2013, al posto di un giovane che all’ultimo minuto non poté partire. L’essersi trovato casualmente anche sulla spiaggia di Copacabana e l’avere ascoltato il messaggio del Santo padre, Francesco, di uscire e andare nelle periferie a portare Gesù, gli ha fatto prendere coscienza di un qualcosa, che era già iniziato nella precedente Gmg, quella di Madrid, dove incontrò il movimento de “Le Sentinelle del mattino” di Firenze. Ci sono voluti due anni per maturare questa strada, che forse era già tracciata da qualche tempo, e prendere con coraggio la direzione voluta dalla fede. Adam ha partecipato già a tre Gmg, diverse tra di loro, quest’ultima fatta di grande gioia e fede nel popolo sudamericano; prima di questa, Sydney e Madrid, il luogo della contraddizione, dove i valori sono vari e tutto è controcorrente: ed è proprio questo luogo e il fortunato incontro, con il movimento di Firenze, che porta Adam a riflettere su questo modo di partecipazione e di testimonianza della fede cattolica, andando in mezzo alla contraddizione. Anche nella Gmg 2013 Adam però intravvede la possibilità di aiutare chi è lontano ad avvicinarsi alla fede cattolica. In particolare è colpito dalla testimonianza di un giovane di Milano, che si trovava in Brasile in vacanza e nell’ascoltare il Papa si commuove. La prima cosa che fa è comprare un rosario. Il rosario che è stato il simbolo di questa edizione della Giornata mondiale della gioventù, ricorda, quello gigante regalato a Papa Francesco nelle carceri, e ancora quelli offerti alla fine della celebrazione nella basilica della Madonna di Aparecida. Alberto, questo è il nome del giovane, si commuove, perché, dal racconto di Adam, egli vede un clima di gioia attorno a se e non un clima cupo e di oscurantismo, ma un’ondata di freschezza e di gioventù, di una gioia che deve essere portata nel quotidiano, dalle parole del Santo padre. Dal racconto di Adam Ruffolo, che riportiamo in un’intervista, auspichiamo che si possa attuare nel territorio della diocesi cosentina un nuovo modo di evangelizzare, con l’impegno di alcuni Uffici, come la Pastorale giovanile, missionaria e vocazionale e di rinnovamento, dell’uscire, sulle orme di Papa Francesco, verso la periferia e cogliendo l’invito al cambiamento. Adam Ruffolo, parliamo del nuovo modo di portare la Parola di Dio sulla spiaggia nella tua esperienza fatta in questi primi di agosto...

Adam Ruffolo è animatore di comunità uscente del Progetto Policoro della pastorale del lavoro della Curia di Cosenza-Bisignano

Le Sentinelle del mattino (così Giovanni Paolo II definì alla Gmg di Roma i ragazzi impegnati nell’evangelizzazione) durante la loro predicazione del Vangelo in spiaggia

La spiaggia è tra le più lussuose d’Italia, Riccione, e il movimento delle Sentinelle del mattino sono dieci anni ormai che svolge evangelizzazione in questi luoghi e in strada, assieme ad altri movimenti come “Nuovi orizzonti”; quest’ultimo gestisce anche comunità di recupero dal disagio giovanile e sociale. L’esperienza mia personale nasce dopo tre partecipazioni alla Giornata mondiale della gioventù, che è un momento non solo di gioia, ma anche di maturazione nella fede, tante sono le vocazioni anche sacerdotali che ne scaturiscono, ma devo dire che ritorni arricchito e con la voglia di comunicare l’esperienza nelle periferie andando incontro all’altro. Suppongo che alla base del viaggio vi sia anche un certo percorso di preparazione? Certo, attraverso una catechesi, la preghiera soprattutto allo Spirito Santo, che infonda in noi il sapere comunicare. Dopo la formazione si parte per una settimana di missione. L’idea non è quella di inculcare il Vangelo in alcuno, ma semplicemente di raccontare la nostra personale esperienza. Se si riesce a stabilire un dialogo superando la prima diffidenza, si può chiedere qual è il personale rapporto con la Chiesa e con Dio e Gesù in particolare. La frase che colpisce è: “Credo in Cristo, ma non nella Chiesa, che è incoerente”. L’ostacolo da superare è quello di fare comprendere che la Chiesa è ognuno di noi, il nostro amore e la capacità della misericordia. A questa fase di ascolto cosa segue? Si rimane sorpresi di come in coloro che si definiscono non credenti, ci sia la voglia poi di partecipare al momento più forte della catechesi che è il ritrovarsi in Chiesa per la celebrazione della preghiera personale che si chiama “luce nella notte” e in cui ognuno fa la propria proposta di fede a Gesù, e nell’ultima fase accende, simbolicamente, una candela, appunto la luce, che in questa notte è data dalla chiesa al buio con la sola illuminante eucaristica. Che cosa ti porti di questa esperienza? Il vedere la bellezza del cuore, che si lascia andare, in un posto di meta turistica com’è Riccione. Anche il ringraziamento che ci rivolgeva i giovani per questa esperienza e quello rivolto a Gesù. La voglia di divertirsi in modo sobrio, perché non si nega la voglia di gioia, ma il divertirsi deve essere in coerenza con il Vangelo. Lo sperimentare che anche Cristo può fare parte della propria vita mi ha fatto capire di come tutti siamo in ricerca di una gioia, di una pace e di una serenità più grande che solo Cristo può dissetare. La mia sorpresa è stata quella di scoprirmi possibile missionario e della possibilità di raggiungere persone che sembrano lontane e di come sia bella la frase, “Vieni e vedi”, che ho sperimentato per primo con me stesso. In che modo quest’esperienza potrà servire nella Diocesi cosentina? Esiste un’esperienza fatta nella diocesi con i seminaristi che è stata rivolta a questo tipo di missione. Si muove già qualcosa, presto ci sarà, infatti, una forma di preghiera di “luce nella notte” a Piane Crati e a Marano Principato in settembre, nel Cosentino. LdC



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