Voce ai Giovani

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Anno 37 - 21 Settembre 2013 - Numero 38

Settimanale indipendente di informazione

euro 0,50

Conferimento del titolo di “Città amica del camminare” in occasione del convegno “Smart mobility” tenutosi a Roma IL PARADISO È QUI

TENERE PER MANO IL MALATO

Riviera dei Cedri, uno scrigno di tesori veri

Alt, un podio per l’Associazione lotta ai tumori

di Pierfrancesco Greco

Fra isole, torri e corsari, alcune delle località più belle della Calabria

di Lucia De Cicco

Piazzamento nel Concorso nazionale associazioni di accompagnamento


II

sabato 21 settembre 2013

Laureati con competenze specifiche L’ateneo catanzarese ha indetto un corso sulla criminalità in collaborazione con l’associazione Libera

Centro polivalente per i giovani di Catanzaro

Non recidete il fiore di loto ...per qualche quattrino

Mafia, la Magna Graecia entra in campo È possibile iscriversi ad un corso sulle mafie promosso dalla Fondazione Università Magna Graecia di Catanzaro in collaborazione con l’associazione Libera. Il corso, che verrà inaugurato martedì 5 novembre alla presenza del ministro per la Coesione territoriale, Carlo Trigilia, sarà volto allo studio e all’analisi delle politiche di contrasto alla mafia, con l’obiettivo di fornire ai laureati competenze specifiche inerenti la conoscenza dei fenomeni mafiosi in tutte le dimensioni e livelli e del campo dell’antimafia (sociale ed istituzionale), con specifica attenzione alle modalità con le quali si progettano e si realizzano le politiche di prevenzione e di contrasto della criminalità organizzata di stampo mafioso. Il corso di alta formazione su “Politiche di contrasto alla mafia” si avvarrà dei contributi e delle testimonianze di diversi protagonisti impegnati nell’attività di contrasto, nelle azioni di prevenzione, nella gestione dei beni confiscati, nella promozione della cultura della legalità. L’attività formativa sarà curata in prevalenza da docenti universitari, magistrati, esponenti delle forze dell’ordine, amministratori pubblici, operatori della società civile. La direzione del corso è stata affidata a Marisa Manzini, magistrato della Procura generale applicata alla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Il corso ha una durata biennale e prevede circa 400 ore di lezioni frontali. A queste si affiancheranno 300 ore di esercitazioni o tirocini formativi presso le Direzioni distrettuali antimafia, la commissioni parlamentare antimafia, le commissioni regionali e comunali antimafia, altre sedi istituzionali (Parlamento, Consigli regionali etc.) riconosciute associazioni antimafia (in particolare associazioni antiracket), sportello sos impresa, etc. Nel programma biennale verranno affrontate tematiche come: la storia delle mafie e dell’antimafia, le diverse mafie ed i loro “contesti”, il fronte dell’antimafia, gli aspetti giuridici, istituzionali e legislativi in tema di mafia, gli aspetti economici, politici e culturali, le indagini sulle mafie e più nello specifico i gruppi criminali calabresi. Soddisfazione espressa dall’ideatore del corso, presidente della Fondazione Umg, Arturo Pujia. «Solo promuovendo la cultura della legalità - dichiara Pujia - i giovani calabresi potranno contribuire alla rinascita economica e civile della propria terra. L’Università deve contribuire alla maturazione sociale oltre che professionale dei laureati. Grazie a questo corso 40 nostri laureati potranno sviluppare elevate competenze sulle politiche di contrasto alla mafia. È la cultura mafiosa il vero nemico della Calabria».

Verrà inaugurato martedì 5 novembre alla presenza del ministro per la Coesione Territoriale Carlo Trigilia

Il loto è il fiore sacro dell’India, simbolo naturale della vita che sboccia, meravigliosa, dalle acque stagnanti, nonostante quelle acque...dove proprio non te lo saresti aspettato... La vita di molte piccole province è spesso così: stagnante. Ancora di più se la piccola provincia si trova ai confini d’Europa, in quel meraviglioso pezzo di mondo lì a sud. Ma i loti crescono anche lì... anche qui, tanto più belli, tanto più profumati quanto più putride sono le acque da cui sorgono. Ed è così che in una piccola città ai confini d’Europa può nascere un’eccellenza italiana, un’eccellenza europea, è questo il “Centro polivalente per i giovani”... il “Poli”, nell’ambito dell’educazione e della socializzazione. Solitario, sul deserto della vita giovanile di Catanzaro si erge questa cattedrale... ma la sua porta è stata chiusa, tanti bussano ma nessuno risponde loro. Sono i tanti fiori che vogliono e devono sbocciare, che li hanno il loro terreno e le loro radici. Sono i ragazzi del Polivalente, i nuovi arrivati insieme a chi ha costruito li dentro un pezzo della propria vita, i figli ma anche i loro genitori, i nipoti ma anche i loro nonni. Quelli che vengono in autobus dai quartieri dormitorio di questa città o da paesi non sempre vicini, chi ha chiuso la porta della propria casa potendosi lasciare alle spalle situazioni a volte dolorose, chi cerca una compagnia sana e costruttiva perché la strada non fa per lui, chi ha bisogno di un consiglio o semplicemente di essere ascoltato, chi ha voglia di divertirsi in modo sano, chi ha trovato finalmente la possibilità di esprimersi attraverso l’arte, la musica, il teatro, chi un’alternativa proprio non ce l’ha... Aprite loro le porte perché tutta la città possa essere cosparsa di fiori e il loro profumo si espanda per sue strade... l’alternativa è lo stagno. i ragazzi del Centro polivalente


sabato 21 settembre 2013

III

“Città amica del camminare”

Conferimento importante in occasione del convegno “Smart mobility per città più vivibili” tenutosi a Roma

Cosenza passeggia E la vita vale di più Conferito alla città di Cosenza il riconoscimento “Città amica del camminare 2013”, in occasione del convegno “Smart mobility per città più vivibili”, tenutosi a Roma durante la “Settimana europea della mobilità sostenibile”. Il premio è stato consegnato dall’assessore alla Mobilità di Roma capitale Guido Impronta a Martina Hauser, assessore alla Sostenibilità ambientale, che insieme a Rosaria Succurro, assessore alla Comunicazione, turismo e marketing territoriale, teatro e spettacoli, hanno rappresentato la città di Cosenza durante l’evento.s «Questo riconoscimento ci riempie d’orgoglio - dichiara il sindaco Mario Occhiuto - perché fra le tante azioni del nostro programma politico-amministrativo, quelle che sono incentrate sui principi della sostenibilità occupano un’importanza fondamentale. Obiettivo del mio Esecutivo è quello di restituire ai cittadini una maggiore e migliore qualità della vita. Per questo motivo - aggiunge Occhiuto - ci stiamo impegnando alacremente nella riqualificazione degli spazi liberi aperti. Per noi, i cittadini sono i cittadini-pedoni, e la città deve recuperare più spazi possibili per loro, scoraggiando all’uso dell’automobile. L’amministrazione comunale ha molto investito sull’accessibilità, rivolta in particolar modo alle persone anziane e alle persone con disabilità. A tale scopo, abbiamo messo in campo progetti per la realizzazione di percorsi tattili e per il superamento delle barriere architettoniche. Ma gli spazi pedonali, per essere totalmente vivibili, devono possedere anche connotazioni di riconoscibilità, dunque Cosenza si appresta ad essere anche più bella e più attraente, oltre che funzionale, con le sue piste ciclabili e le aree verdi». “Città amica del camminare” è un’iniziativa promossa dal ministero dell’Ambiente e dall’associazione “Federtrek - Escursionismo e ambiente”, per valorizzare i Comuni che si sono distinti nella realizzazione di iniziative a favore della mobilità pedonale, quale forma di spostamento integrata ad altri sistemi di mobilità sostenibile e intermodale. Prima classificata è la città di Pistoia, seguita da Faenza, Pavia e poi Cosenza. Tra i progetti che hanno permesso a Cosenza di aggiudicarsi il riconoscimento rientrano sia manifestazioni sportive, come il “Trekking urbano”, la “Maratonina dell’area urbana” e la “Notte bianca dello sport”, sia la realizzazione di infrastrutture che incentivano la mobilità pedonale, come viale Mancini e l’isola pedonale di corso Mazzini, oltre ad eventi come la “Fiera di San Giuseppe” e il “Lungofiume Boulevard”. Le città premiate potranno disporre di spazi editoriali all’interno della rivista Trekking&Outdoor per pubblicizzare le diverse iniziative in progetto per l’anno a venire.

«Questo ci riempie d’orgoglio dichiara il sindaco Mario Occhiuto perché fra le tante azioni del nostro programma quelle che sono incentrate sui principi della sostenibilità occupano grande importanza»

In alto a sinistra una copertina della rivista Trekking&Outdoor

Una vetrina mondiale

La Op Natura alla Macfryt 2013

L’Organizzazione di produttori Natura aderente a Fedagri di Confcooperative Calabria parteciperà per il primo anno come coespositore alla Fiera internazionale “Macfrut” che avrà luogo dal 25 al 27 settembre 2013 a Cesena. La Fiera internazionale Macfrut rappresenta un’importante vetrina mondiale per tutti gli operatori della filiera ortofrutticola, e costituisce per Natura un’ottima occasione per incontrare i propri clienti e per farsi conoscere a una sempre più grande quantità di operatori del settore. È inoltre un fondamentale momento di confronto e un’opportunità unica per valutare e analizzare le innovazioni e le tendenze di un mercato dinamico in continua espansione come quello ortofrutticolo. La Op Natura è nata nel 2012 a Polistena (Rc) ed è costituita da 7 cooperative per un totale di 400 soci produttori. I prodotti commercializzati dalla Op Natura sono tutti certificati Globalgap. Natura è impegnata nella commercializzazione di kiwi, agrumi (clementine, arance e mandarini), pesche, nettarine, angurie, meloni, finocchi e cipolle, e la sua presenza alla Macfrut riflette la volontà della Op ad affacciarsi e a farsi apprezzare sempre di più sui mercati italiani ed esteri, con l’obiettivo principale di rafforzare la rete di rapporti commerciali già instaurati oltre confine, e di crearne di nuovi, incrementando la fetta di mercato estero già conquistata.


IV

sabato 21 settembre 2013

La forza del gruppo Partito il progetto di massima della ricerca interuniversitaria proposto dalle Università: della Calabria, Barcellona

Bene comune. Diritto e bellezza di Enrico Caterini

IL GRUPPO DI RICERCA DELL'UNITÀ ITALIANA SARÀ COMPOSTO DAI PROFESSORI Enrico Caterini (Università Calabria) Giovanna Chiappetta (Università Calabria) Felice Casucci (Università Sannio) Lorenzo Mezzasoma (Università Perugia) Giuseppe Vecchio (Università Catania) Gianfranco Liberati (Università Bari) Giovanna Visintini (Università Genova) Maria Luisa Gambini (Università Chieti-Pescara) Alberto Lucarelli (Università Napoli) Andrea Bucelli (Università Firenze) Daniela Memmo (Università Bologna) Aurelio Favarò (Università Milano) Hans W. Micklitz (European university institute) Armela Kromici (Università Tirana) Francesco Torchia (Università Calabria) Livio Calabrò (dottore di ricerca) Marco Santoro (dottorando di ricerca) Mauro Pandolfi (dottore di ricerca) Federico Jorio (dottore di ricerca) Giulio Lana (avvocato Foro Roma) Emma Imparato (Università Orientale di Napoli) Vitulia Ivone (Università di Salerno) Mario Caterini (Università della Calabria) Paola Barbara Helzel (Università della Calabria)

docente Università della Calabria

Lo stato della ricerca in materia di beni registra la categorizzazione del “bene comune”. Di esso la commissione di studio istituita dal Ministero della Giustizia sotto la presidenza di Stefano Rodotà ha elaborato un progetto di legge che ha definito i contorni della nuova categoria indicando la funzione del bene comune e l’innesto normativo nel libro terzo del codice civile italiano. Procedendo per asserzioni e rinviando l’analisi ad altra sede si può affermare che anche il bene comune è ascrivibile alla categoria spirituale dell’utile. L’intervento sul rapporto di titolarità tendente a precludere una soggettività escludente o esclusiva a vantaggio di una titolarità collettiva o diffusa consacra l’idea di bene utile, economicamente apprezzabile, suscettibile di valori scambiabili. Tuttavia, non tutti i beni sono riconducibili alla categoria dell’utile per essere più adeguatamente riconducibili all’estetica quale categoria spirituale teoretica. Vi sono alcuni beni che potrei definire universali o identitari i quali non sono tali perché produttivi di un’utilità (economica o teleologica). Essi presentano un valore eminentemente culturale espressione di un sostegno morale ad una dimensione esteriore dell’esistenza umana carichi di vissuto rappresentativo della tradizione di un popolo al punto da assumere un contenuto identitario. Dunque, il concetto di bellezza inteso nel suo portato culturale-estetico capace di dare forme visibili e riconoscibili alla realtà autentica di un popolo. La bellezza diviene viatico di accesso alla realtà contrapposta all’irrealtà dell’apparire di un’esistenza sociale e personale stereotipata e consumistica, abiurante la tradizione, omologante le particolarità e le soggettività delle esistenze. Un indugio. [...] Tutto diviene misurabile ed in quanto tale pretendibile. [...] La possedibilità individuale o collettiva genera pretese reclusive ed escludenti che alimenta l’espansione di diritti senza i correlativi doveri. Il bene universale o identitario è propagine della personalità umana dalla quale distacca vivendo un’esistenza indipendente sebbene riconducibile alla scaturigine. [...] L’archetipo non è più la sottrazione appropriante ma l’addizione privativa che qualifica lo stadio di civiltà di un popolo o di un’esistenza. Il bene universale o identitario è aspaziale, sfugge al gusto esteriorizzante soggettivo per dare forma alla realtà esistenziale fatta di strati emotivo-razionali radicanti, epurati delle costumanze ritualconformistiche della società rinnegante la bellezza nel suo sostrato morale. [...] Il bene civile, identitario, universale, è propagine della personalità umana ma di quella componente istintuale che non segue i percorsi della logica; intravede la realtà non immediatamente percepibile secondo il gioco di specchi che consente di vedere l’altra metà della luna. In quanto tale consente di conoscere la realtà e smascherare l’irrealtà assumendo consapevolezza della civiltà di un popolo. In tal senso il bene civile, identitario o universale ha una funzione sociale e culturale insostituibile per l’evoluzione progressiva di una società. Ciò rende un bene civile soggetto ad un regime giuridico non calibrabile sul regime dei beni disciplinati nei codici civili. Il bene civile, identitario e universale per la sua impossedibilità è il vero bene che consente la possedibilità del mondo attraverso il prisma della cultura, dunque, esso si presenta avulso dallo schema appropriativo individualpossessivo di stampo liberale, là dove ricalca le orme della disciplina dei beni civici, beni all’origine protetti per la sopravvivenza dei cives c.dd. naturali. [...] L’evoluzione progressiva della civiltà è la conseguenza del lento lavoro pedagogico svolto dalla cultura e, quindi, dal bene universale nella formazione della coscienza identitaria del popolo. [...] Come è pensabile “esportare” forme istituzionali o modelli sociali come la famiglia senza il sostegno morale e culturale che li presuppone? Privare la cultura del compito precipuo di ricercare e fare emergere la realtà attraverso le forme espressivo-comunicative dell’arte significa dar vita ad un mondo irreale, insieme di superfetazioni, vere sovrastrutture, generatrici di vite parallele e artificiose. [...] Dal Rinascimento la letteratura ha assunto il ruolo di moralizzatrice sociale e la cultura il ruolo di costruttrice di idee anticipatrici della realtà.

In questo di Enrico Caterini, la introduzione alla ricerca

Il progetto (non esposto in queste pagine) si propone di indagare i profili giuridici che presentano interessenze con le teorie sulla bellezza intesa nei suoi contenuti estetici e culturali

L’artista diviene «sacerdote […] della vita universale e profeta di un grande fine sociale», svolge la funzione un tempo affidata a coloro che «gli antichi chiamavano profeti, sacerdoti, deità». Tuttavia, il bene identitario non vive di vita propria, richiede una struttura normativa che la riconosca nelle sue componenti autentiche e le dia tutela secondo uno schema regolativo che rispetti i connotati esistenziali del bene universale. [...] L’etimo di libertà riconduce all’amicizia e all’amore, sentimenti consustanziali alla relazione tra le persone. Ma qui si ripropone il dilemma tra le libertà negative e quelle positive. È noto come le prime siano ancelle della concezione liberale dello stato, esse difendono il cittadino dallo stato ma non lo promuovono nelle sue azioni. A simile concezione corrisponde un’idea di democrazia potrei dire all’americana (secondo Tocqueville), ossia una democrazia della maggioranza, dell’azione «lenta e tranquilla della società su se stessa. È una condizione normale fondata realmente sulla volontà illuminata del popolo...». Diversamente, nella libertà positiva si deposita l’istanza della collettività e della sua liberazione. [...] Dunque, per parafrasare Mazzini, «la Repubblica non è il governo della maggioranza, come si è creduto fino ad ora; è il governo di coloro che si fanno garanti e interpreti della maggioranza. Non è il popolo che dirige in questa specie di governi, ma coloro che conoscono quale sia il vero bene del popolo». Una simile netta contrapposizione non è più attuale per due ragioni minime. Le libertà negative hanno aggiunto una funzione decisiva per la loro rivalutazione, rivalutazione causata dal ruolo invasivo del mercato: non è più soltanto lo stato a correre il rischio di intrusioni abusive nella esistenza libera della persona, ma sono i soggetti economici forti i veri protagonisti dei nuovi abusi capaci di annichilire la personalità umana. Le libertà positive o costruttrici di eguaglianza sono svalutate dalla forma mercato che subordina ogni azione positiva (pubblica o privata) al sopporto dell’economicità, senza la quale non si avvia nessuna politica promozionale e i diritti sociali si svuotano di contenuto. Da qui l’avanzare della sussidiarietà orizzontale o se si preferisce della doverosità collettiva nell’interesse generale della persona umana. È la presa d’atto che il cittadino non deve necessariamente delegare secondo lo schema democratico, ma che può agire direttamente sia come singolo che dalle formazioni sociali cui dà vita, che ciò supera la diade pubblico-privato, acquisendo un’identità e legittimazione istituzionale che prescinde dallo stato apparato e dalla proprietà privata. [...] In simile contesto si spiega la ricerca della relazione giuridica tra l’ordinamento e la bellezza; non è l’analisi delle discipline normative che implicano “cose belle”, ma la riconsiderazione della bellezza quale profilo latente dell’ordinamento capace di valorizzare e promuovere la crescita civile e culturale della persona umana. Ciò implica una sforzo sistematico ricostruttivo di carattere assiologico e non meramente esegetico che muove dal concetto di bene. Non occorre più rincorrere la tassonomia codicistica del bene, ma matu-


sabato 21 settembre 2013

La forza del gruppo (Spagna), Corfù (Grecia), Sfax (Tunisia), Parigi (Francia) e Msida (Malta)

Guernica, Picasso

rare la consapevolezza che nel panorama giuridico s’affaccia con forza una categoria di bene il cui scopo primario non è lo sviluppo economico ma quello civile e umano di un popolo. Questa categoria finora negletta non può tollerare gli schemi logici dell’appropriazione proprietaria né gli altri del dirigismo verticistico latamente autoritari negazione dell’autentico spirito dell’umanesimo democratico, essa è una categoria che stimola l’autoemancipazione culturale della persona nella società. Il bene identitario è “virtualizzato” poiché esprime valori senza quantità. L’oggetto giuridico che connota di sé il bene universale è un oggetto “animato” dall’autore o scopritore il quale invera la sua idea nel bene: in questo senso è una propagine della personalità umana. Di esso occorrerà distinguere l’utilità socioeconomica da quella identitario-culturale. Quest’ultima è data dalla valutazione positiva accordata dall’ordinamento al valore inverato nel bene la cui titolarità è dell’umanità, dunque, non dell’autore-scopritore. Il diritto dell’autore-scopritore importa la riconducibilità del bene alla persona ma non deve generare esclusive o privative. L’interesse dell’umanità al godimento del bene universale importa un dovere generale di protezione che si concreta nell’astensione da condotte commissive o omissive dannose, ovvero, nel dovere di cooperazione solidale nell’impedimento della condotta dannosa, oltre che nella potestà di divulgazione e di appropriazione delle conoscenze. Pongo la questione con qualche esempio. Il Guernica è un bene giuridico? i Notturni di Chopin, la Commedia sono beni giuridici? gli scavi di Pompei ed Ercolano, la biblioteca di Giacomo Leopardi sono beni giuridici? Nella concezione tradizionale la risposta è positiva se ed in quanto detti beni formano oggetto di rapporti giuridici, e sicuramente essi formano oggetto di molteplici rapporti giuridici. Ma la questione così risolta non è soddisfacente! Il punto è che detti beni nel progresso continuo dell’umanità rappresentano il contributo di singole persone all’avanzamento della civiltà e all’avvicinamento alla verità. Attraverso detti beni emerge il diritto-dovere dell’uomo all’auto- ed etero- educazione, dovere senza il quale l’uomo si riduce all’essenza egoistico-materialistica e che caratterizza gli obblighi di condotta dell’uomo verso l’umanità. I beni identitari, universali o -potrei dire umanitari- sono testimonianze del legame tra l’uomo e l’umanità, tra la caducità e la perennità, tra i diritti dell’individuo e i doveri dell’uomo, l’intelletto dell’uomo e l’educazione alla verità e alla bellezza, tra il singolo uomo e l’associazione degli uomini, tra la causa e l’effetto del progresso dell’umanità. [...] È il dovere educativo verso di sé e il prossimo che rende l’individuo essere sociale capace di distinguersi dal proprio simile in una esaltazione delle differenze; è questo carattere dell’uomo che rende la diseguaglianza un valore fondamentale e la libertà personale il mezzo di tutela. Dovere educativo come formante dell’intelletto idoneo a stratificare il progresso continuo di una civiltà. Il bene umanitario ne è la diretta espressione, in quanto tale è complementare ad esso, ma il dovere educativo si giova anche dell’humus culturale e sociale

L’indagine è interamente incentrata sulla evoluzione della civiltà Mediterranea poiché sia la bellezza che il diritto vanno considerati come “terminali” storici e spaziali di concezioni culturali differenti e variabili La ricerca muova dalla elaborazione del concetto di “bene giuridico comune” come categoria inclusiva della bellezza, valore universale, protetto in quanto tale

nel quale si adempie dirigendo la forza creativa dell’uomo secondo percorsi eticamente orientati dalla filosofia esistenziale influente. Quando Benedetto Croce affermava di non poter non essere cristiano alludeva a questa inerranza culturale per i popoli e le civiltà occidentali, e detta invariabilità proviene ed è alimentata anche dai beni universali. Essi sono elaborazioni del valore educativo ed in essi il gusto estetico è un tutt’uno con quello morale. [...] Occorre ricercare un regime giuridico dei beni universali che prescinda dai sistemi economici di contesto e che consideri il valore del dovere educativo quale fondamento della disciplina. Si deve osservare che detto dovere è diretta emanazione di un bisogno esistenziale del quale l’uomo non può essere privato qualunque ne sia la presunta ragione. Quale ragione potrebbe giustificare il divieto di accesso ad un’opera d’arte o ad una biblioteca? [...] Il bene universale, al pari della scuola e della famiglia, è un’istituzione educativa presidio di civiltà, meritevole di attività gestoria ai fini del godimento universale. Tuttavia, il dovere educativo non va confuso con il diritto all’istruzione, il secondo è mezzo del primo, il secondo è espressione di libertà condizionata dallo scopo morale del primo, il dovere educativo implica una scelta assiologica che accomuna la società in un progetto di princìpi. Il bene universale contribuisce a delimitare i doveri dell’uomo. Il Caravaggio che fa decapitare Oloferne da Giuditta simboleggia la liberazione del popolo ebraico dagli occupatori assiri, il ruolo salvifico della chiesa, la liberazione come conquista morale ad opera di una atto inevitabilmente violento: l’iconografia denuncia un dovere dell’uomo e rende l’opera un bene universale. Dunque, il bene universale trova fondamento nel valore educativo costituzionalmente affermato il cui profilo è eminentemente esistenziale. [...] In primo luogo risulta svalutata la questione della titolarità del rapporto. Che sia essa privata o pubblica non potrà sottrarsi allo scopo universale-educativo e, perciò, essere ad esso destinato. Pur riconoscendo all’autore del bene situazioni giuridiche anche patrimoniali (da auspicare quantitativamente contenute) deve ammettersi che il titolare funzionale del bene è l’universalità o l’umanità, è essa beneficiaria e destinataria dello scopo educativo e anche degli effetti riflessi patrimoniali che il primo produce. Tale qualificazione esclude ogni rilevanza agli effetti estintivo-acquisitivi dei rapporti giuridici defluiti dai beni universali: essi non sono soggetti a prescrizione o usucapione come non sono soggetti a possessi escludenti; la disciplina del godimento e della gestione per il godimento è calibrata sull’universalità della funzione. [...] Detta funzione sociale-educativa del bene universale implica l’accessibilità a tutti del bene e rende più vulnerabile la titolarità pubblica o privata dello stesso. Lo sviamento o l’eccesso dalla funzione fa cessare la titolarità pubblica o privata del bene universale. La comunità di utenti del bene universale può essere all’unisono comunità di governo del bene universale. [...] Per essere il bene universale opera dell’uomo, esso consentirà la remunerazione del suo lavoro senza privare l’umanità del godimento dello stesso. La comunità di governo del bene universale sarà legittimata dal principio di sussidiarietà orizzontale e ispirata all’interesse generaleeducativo. La categoria dell’utile che governa i rapporti patrimoniali sarà sostituita da quella del bisogno che presiede lo sviluppo intellettuale e morale della persona umana. [...] L’universalità del bene ne fa una questione di status personae e non di status civitatis, in questo senso il bene universale è riferibile all’umanità e non al cittadino. I beni comuni sono assurti a valori protetti dall’ordinamento costituzionale e sovranazionale in considerazione della loro capacità protettivo-conservativa degli elementi di natura a cui l’uomo attinge per preservare e migliorare la c.d. qualità dell’ambiente. [...] Tali beni comuni sono destinatari di una disciplina dell’oggetto che da questo trasla al rapporto. Altro è il bene paesaggio il cui valore è riconducibile al bene universale anzicché a quello comune. Il bene universale non riguarda la crescita economica sebbene equilibrata ma lo sviluppo della personalità umana e il progresso dell’umanità, dunque, non involge rapporti patrimoniali sebbene in esso vi possano essere effetti patrimoniali riflessi. Lo svolgimento della ricerca sul rapporto tra diritto e bellezza affronterà il tema della categorizzazione del bene universale e della auspicabile disciplina. Occorrerà un apporto critico che sappia problematizzare le questioni proposte nella presente introduzione. A me l’onore di dare l’avvio ai nostri lavori.

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sabato 21 settembre 2013

Il paradiso è qui Prima parte

La Riviera dei Cedri: fra isole, torri e corsari

Uno scrigno di tesori veri eco di Pierfrancesco Gr

«Fragrante soavemente e gaiamente odoroso, il cedro è un agrume intrigante, oltre che atavicamente famoso, traente linfa da un arbusto possente, di provenienza orientaleggiante, la cui presenza rigogliosa, storicamente nota, tra il verde avvolgente di quella che degli Enotri fu la patria fiorente, il suo nome pone ad un segmento costiero rilevante, e, contemporaneamente, suggestivo ed imponente, nella sua bellezza sfolgorante, dell’Alto cosentino baciato dall’ondoso moto del Tirreno fremente, per un lungo lido, a volte aspramente roccioso, per larghi tratti dolcemente sabbioso, che della terra di Calabria, già più delle omeriche sirene ammaliante, è un tesoro incommensurabilmente prezioso, della speme poetica intimamente amante». Lo spicchio di Calabria appena descritto in foggia aulica e articolata, è la Riviera dei Cedri, ovvero la stretta fascia costiera della Calabria tirrenica, in provincia di Cosenza, dove sorgono, una dopo l’altra, alcune delle località marine più belle e famose della nostra splendida regione. Una zona fascinosa, oltre che bella, compresa tra il confine calabro-lucano, a nord, anche se, per le sue caratteristiche, vi si potrebbe includere anche il territorio di Maratea, in Basilicata, dominato dalla colossale statua del Redentore, e la cittadina di Paola, patria di San Francesco e antico centro di coltivazione del precitato agrume, a meridione. Diversi sono comuni compresi in questa fascia, che, punteggiata da una corona di medievali torri d’avvistamento, vivida traccia del sistema difensivo, approntato all’epoca, dalle popolazioni e dai feudatari dei territori costieri, contro le scorribande dei corsari saraceni, risulta illeggiadrita da ameni borghi, svettanti in alto, verso il mare, o internati nei meandri della montagna, e, soprattutto, da spiagge che definire belle appare sovente un banale eufemismo, vano tentativo di rendere verbalmente palese una naturale fattura avente i caratteri del sogno e della fiaba. Quel sogno e quella fiaba che si scorgono, ad esempio, a Diamante, la città dei vicoli variopinti, del cedro e della sua prelibata granita, del peperoncino e dei murales, un vero e proprio museo a cielo aperto, vallato dai suoi otto chilometri di spiaggia, in cui si distinguono, variegate combinazioni di sabbia e di colore, diuturnamente modellate da un mare cristallino, custodente splendenti fondali, dalla cui magnificenza emerge una delle due uniche isole della Calabria: l’isola di Cirella, un isolotto dalla forma suggestiva e dalla flora selvaggia, sita di fronte all’omonima frazione di Diamante; un borgo, quello di Cirella, prosperante all’ombra dell’antico abitato posto su un’altura che si protende verso il mare, di cui restano oggi i celebri ruderi, malinconica, rilevante e affascinante testimonianza del cannoneggiamento subito nel 1806 ad opera della flotta napoleonica, nel contesto delle operazioni belliche che portarono i Francesi ad occupare il Regno di Napoli; uno dei tanti momenti, questo, in cui, come vedremo, la grande Storia ha fatto irruzione nella placida estasi della Riviera dei Cedri, scuotendola senza, tuttavia, snaturarla.

Lungo la stretta fascia costiera della Calabria tirrenica in provincia di Cosenza, sorgono alcune delle località marine più belle e famose della nostra regione

Un luogo unico, quello dove svettano i Ruderi di Cirella, dal quale si schiude una splendida visuale sul prossimo e remoto litorale, oltre che sull’isola antistante: il turista che si appropinqua «ai possenti ruderi, rimira la calabra costiera, che a meridione di Eolo volge a la ventosa schiera, e in settentrione di Lucania, con le redente alture, avvinghia la scogliera, mentre il guardo all’orizzonte tosto corre verso sera, solcando il flutto che di Cirella tange tal Roccia sì fiera». La Roccia, ovvero l’Isola già menzionata, ivi sorgente con i suoi 0,12 km² di superficie per un’altezza massima di circa 40 metri; misure ridotte, insomma, per quella che è la più piccola delle due Isole prospicienti la costa calabra. Piccola ma bella, è il caso di dire... e non solo bella: nelle acque antistanti sono state rinvenute anfore risalenti al periodo greco romano, mentre i fondali del lato est dell’isola sono ricchissimi di vegetazione marina (posidonia oceanica) e popolati anche da esemplari di pinna pobilis il più grande bivalve del Mediterraneo. Nelle rocce calcaree dell’isola, poi, l’erosione marina, ha scolpito molte grotte ed insenature, che costituicono il corollario ad una flora prettamente mediterannea, arricchita da boschetti di euforbio e limoni, i quali fanno, a loro volta, da cornice alla sommità, ove si ergono i resti di una fortificazione militare, detta Torre dell’Isola di Cirella, di pianta quadrata con lati lunghi circa 10 metri e mura spesse tre o quattro metri, costruita nel 1562 per far fronte alla minaccia dei corsari turchi all’abitato di Cirella, di cui la Riviera dei Cedri conservava, allora, un ricordo recente, di distruzione e di ferocia; quella distruzione e quella ferocia che, per tutte le popolazioni del Mediterraneo, nel XVI secolo recavano un nome specifico: Turghud Alì, meglio noto come Dragut, la Spada vendicatrice dell’Islam, bey di Algeri signore di Tripoli e di al-Mahdiyya e qapudàn ottomano, il quale, il 2 luglio 1555 assediò la cittadina di Paola, saccheggiandola, incendiandola e facendo strage tra la popolazione, arrivando a depredare anche il Convento dei frati Minimi, fondato da San Francesco di Paola e a deportare giovani e donne da destinare al mercato degli schiavi. Non costituendo tale incursione fatto isolato (nello stesso periodo, le masnade di Dragut, saccheggiarono la città di Scalea, depredando anche la chiesa di San Nicola in Plateis e profanando il monumento sepolcrale dell’ammiraglio angioino Ademaro Romano), le torri e le altre strutture di difesa costiera approntate nei secoli precedenti, vennero rafforzate ulteriormente, divenendo monumentale ornamento delle bellezze scoscese e pittoresche in cui si sviluppa la costa e di cui è


sabato 21 settembre 2013

Il paradiso è qui Nella foto grande, l’incantevole spiaggia dell’Arco Magno a San Nicola Arcella (copyright Alfonso Morabito) Qui sotto, l’Isola di Cirella vista dai Ruderi In basso, l’Isola di Dino e la Torre di Fiuzzi, Praia a Mare

straordinario compendio lo strapiombo di San Nicola Arcella, elevantesi ben 110 metri al di sopra di una baia racchiusa da un braccio roccioso, che le conferisce la forma di un porto naturale, dominato da una parte dall’antica Torre Saracena conosciuta come torre Crawford, dal nome dello scrittore statunitense che vi soggiornava per trarre ispirazione, dall’altra dal’Arco Magno, uno splendido arco naturale sospeso tra terra e mare. Un angolo di paradiso, rifulgente su un incantevole litorale, nel contesto del quale il susseguirsi delle antiche fortificazioni militari pare, come già tratteggiato prima, un ideale, lungo e splendido diadema, che, all’altezza di Praia a Mare, prosegue con la Rocca di Praia, complesso fortificato risalente al secolo XIV, di costruzione Normanna, con il Fortino, fatto costruire presso il Fumarulo di Praia, nel XVI secolo, dai signori di Aieta, e con la Torre di Fiuzzi, una delle torri più grandi della zona, costruita sulla sommità di un faraglione della scogliera di Fiuzzi alto 15 metri, su cui era già presente una torre angioina. Un diadema, che ivi trova la sua perla, la sua gemma di roccia calcarea, culla di miti e misteri, antichi e recenti: L’Isola di Dino, la più grande delle due isole di Calabria e della sua Riviera dei Cedri, l’isola delle grotte cristalline, delle insenature sommerse, dei frontoni maestosi, del Mirto, l’isola che fu dell’avvocato Agnelli. Tante, insomma, le particolarità, le sfaccettature, le sfumature geomorfologiche, storiche e anche di costume che rendono unica quest’isola, una delle antiche Itacesi, emergente sul litorale meridionale nel Golfo di Policastro, nei pressi di Praia a Mare (Cs), a brevissima distanza dalla costa, di fronte a Capo Arena, nelle cui vicinanze si erge la già citata Torre di Fiuzzi e dove, recentemente è sorto il monumentale Borgo di Fiuzzi, una struttura che sembra aver avviato un processo di riqualificazione turistica in una zona incantevole ma nei lustri passati, forse, trascurata; una trascuratezza, che come vedremo ha contrassegnato la storia recente dell’isola. L’isola, priva di arenile, ha una superficie di circa 50 ettari ed è costituita da calcari dolomitici. La sua forma è assimilabile ad un ellissoide con l’asse maggiore lungo circa 1 km, disposto in direzione est-ovest; l’asse minore misura circa 500 metri. La parte centrale dell’isola è occupata da un pianoro d’altezza variabile tra i 75 e i 100 metri. Il dorso scende poi lentamente verso ponente fino ad una quota di metri 73 sul Frontone, su cui sorge una cinquecentesca torre di avvistamento. I versanti esposti a nord ed a sud si presentano con diversa morfologia. Il versante a nord è costituito per quasi tutta la sua lunghezza da una falesia verticale, che scende a picco nel mare con un’altezza di circa 70 metri, fino ad interrompersi a pochi metri dal mare con una scogliera molto aspra. Il versante a sud presenta un profilo meno aspro: degrada dolcemente verso il mare, terminando con un’ampia scogliera; è quasi completamente ricoperta di macchia mediterranea e nella parte meridionale c’è anche una

Una zona fascinosa oltre che bella compresa tra la cittadina di Paola a sud e il confine calabro-lucano a nord in prossimità della quale sorgono le uniche due isole calabresi, quella di Cirella e quella di Dino

bella lecceta, che probabilmente in origine ricopriva l’isola, collegata, un tempo, alla terraferma da un istmo, che i fenomeni di erosione, cui tutta la zona è soggetta, hanno fatto scomparire. Varie sono le interpretazioni sul nome. L’isola è stata chiamata “Dino o Dina” forse perché anticamente vi sorgeva un tempio (aedina) consacrato dai naviganti a Venere, dea dell’amore, o ai due Dioscuri, Castore e Polluce, il cui culto era tra i più diffusi tra le città della Magna Grecia, o più probabilmente a Leucotea, protettrice dei naviganti, venerata nella vicina città campana di Velia. La dea, secondo le credenze, avrebbe avuto il compito di rendere propizie le traversate lungo la costa che, per lo splendore del sole e per il luccichio quasi immobile del mare, più che per la mitica presenza delle Sirene, fiaccava le forze e assopiva le menti dei marinai nell’ora meridiana, con la caduta del vento e con l’incombente calura. Altri la volevano dedicata a Dionea, madre di Venere. Il nome Dino potrebbe però derivare dalla parola greca “Dine” che significa vortice, gorgo d’acqua, turbine, bufera. Il piccolo golfo, compreso tra l’isola e la Punta di Scalea, era, del resto, temuto dagli uomini di mare a causa delle frequenti e violente mareggiate che ne rendevano difficoltosa la navigazione. continua...

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Tenere per mano il malato

Anna Maria Rende raccoglie fondi in piazza 11 Settembre

Alt

sul podio Quarto posto in graduatoria al Concorso nazionale per associazioni di accompagnamento per l'Associazione lotta tumori di Cosenza

Abbiamo incontrato una realtà associativa, nata per caso e in seguito però a un avvenimento, che ha toccato da vicino la presidente della stessa Alt (Associazione lotta tumori) che è Anna Maria Rende, in seguito alla morte dei genitori, ambedue di questa terribile malattia e nel giro di pochissimi mesi. Nel 2010 decide di diventare volontaria di un’associazione con la stessa finalità di quella che oggi lei dirige, per il trasporto, in strutture di cura, il facentie richiesta. Tuttavia, la distanza non permetteva dei rapporti chiari e continui e così, invece, di rinunciare al volontariato, che nel frattempo era diventato momento di arricchimento, la Rende decide di mettersi in gioco personalmente e di continuare a offrire questo servizio a chi in cuor suo era diventato importante, cioè tutti gli ammalati oncologici. Sono tante le storie che hanno fatto comprendere ad Anna Maria quando è importante anche il solo far capire alla gente che è in fase terminale di malattia che, comunque, c’è qualcuno che ha la volontà di aiutarli e di stargli accanto. «Il caso particolare che ricordo, ci dice la Rende, è quello di un uomo ricoverato in una struttura di Cassano allo Ionio, Cosenza, e su segnalazione della struttura ospedaliera del Mariano Santo di Cosenza ce ne siamo preso carico. Di là della fatica di trovarsi in orario per le terapia, che avveniva la mattina prestissimo, la vicenda mi lascia una particolare tristezza ma nello stesso tempo anche di gioia nel momento che purtroppo trapassò. Commerciante di pesci, siamo, dopo una lunga trafila burocratica, riusciti a trovargli un alloggio presso la “Casa San Francesco” di Cosenza. Ad assistere al suo funerale siamo stati solo noi volontari non c’erano familiari e avrebbe avuto anche solo la benedizione della salma se anche noi non fossimo stati presenti. Una storia non solo fatta di malattia, ma anche di tanta solitudine. Era Polacco di nazionalità e ciò rendeva la sua vita solitaria, aveva attorno ai cinquantasette anni quando finì la sua esistenza terrena». Alt accompagna gli ammalati per le cure di radio e chemioterapia per la durata dai quindici ai trenta giorni di terapia richiesta dalle varie strutture oncologiche della città bruzia e ad oggi ha fatto campagna di sensibilizzazione attraverso le parrocchie della diocesi e nonostante continui questo canale in cui si raccolgono fondi per garantire il servizio, che è supportato negli extra da risorse personali, si aprono nuovi ambienti all’opera di sensibilizzazione, come le scuo-

Abbiamo incontrato una realtà associativa nata in seguito a un avvenimento che ha toccato da vicino la presidente Anna Maria Rende...

le in cui si mostrano i danni di una cattiva alimentazione e nelle scuole secondarie quelli del fumo attivo e passivo. Una serie d’informazioni e di solidarietà in cui naturalmente si cerca anche un sostegno per la sopravvivenza della struttura. Nel caso del fumo passivo Anna Maria Rende ci riporta le vicende di tante persone che asserivano di non aver mai fumato e tuttavia riscontravano il tumore del polmone. Attraverso l’indagine dell’ammalato e fermo restando che il fumo di sigaretta rimane una delle cause maggiori del tumore del polmone, si è scoperto che queste persone negli anni avevano fatto tanto fumo passivo sia in casa che in altri ambienti chiusi. Altro argomento affrontato nelle scuole è quello dei danni del cellulare, le onde elettromagnetiche, danneggiano alcuni centri del cervello. La campagna portata avanti da Alt è quella dell’uso dell’auricolare sia per chiamate in entrata sia in uscita, ma non usando quello senza fili. Le onde del cellulare sono paragonate alla cottura in forno. Per chi dovesse esserne sprovvisto altri accorgimenti, sono evitare le lunghe telefonate, alternare l’orecchio durante la conversazione, telefonare a campo pieno, altrimenti il cellulare aumenta la sua potenza facendo diventare l’orecchio un’antenna, non dormire con il cellulare accanto al letto anche nella ricarica o addirittura sotto al cuscino. C’è novità per la vostra associazione? «L’anno scorso in questo periodo abbiamo partecipato ad un concorso nazionale, con tante associazioni di tutta Italia. Il progetto sovvenziona un’automobile a favore degli ammalati. I dati che noi abbiamo fornito sono risultati importanti tanto da posizionarci al quarto posto in graduatoria nazionale. Lo scorso aprile abbiamo ricevuto la bella notizia, la prima a classificarsi del Sud d’Italia. Presto terremo una conferenza stampa il 12 novembre al Salone degli Stemmi della Provincia di Cosenza». I risultati forniti dall’associazione sono stati così importanti da ricevere i complimenti della presidente del concorso nazionale indetto da una società americana. Altro obiettivo è aprire uno sportello di riferimento per le associazioni del territorio. LdC.


sabato 21 settembre 2013

Obiettivo trasparenza Concluso all'Unical il corso della Scuola Focus per attività di tirocinio nell'Asp di Cosenza

L’anima di chi media Concluso all’Unical il corso della Scuola Focus per attività di tirocinio nell’Asp di Cosenza. Dibattuto il tema della formazione per gli operatori da destinare alla gestione degli uffici stampa negli enti pubblici a norma della legge 150/2000 che tarda ad essere riconosciuta ed applicata. Si è concluso all’Università della Calabria il corso base di 40 ore, organizzato dalla Scuola “Focus” in collaborazione con il Centro sanitario dell’Ateneo di Arcavacata, avendo come tema di studio le politiche territoriali e gli aspetti gestionali sul Servizio sanitario regionale. Il corso, seguito da circa 150 allievi tra laureati e diplomati, ha basato gli spazi di formazione su lezioni svolte da 23 docenti universitari e funzionari - dirigenti dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, avendo come argomenti base la conoscenza dei metodi organizzativi e gestionali degli apparati tecnici, amministrativi e sanitari, come le disposizioni di legge in materia di buona sanità. Tra gli allievi laureati del corso di formazione ne verranno selezionati 18 per essere avviati in attività di tirocinio, in base alla legge Fornero, presso l’Azienda sanitaria di Cosenza per un periodo di sei mesi rinnovabili per altri sei, dove verranno utilizzati ed inseriti nei servizi amministrativi, tecnici e sanitari. Durante l’ultima giornata del corso, patrocinato dalla Regione Calabria, su richiesta ed interesse dell’Azienda sanitaria di Cosenza, è stata promossa una tavola rotonda, introdotta e moderata dal giornalista, Franco Bartucci, sul tema: “Attività di formazione con tirocinio (legge Fornero) per la valorizzazione dell’informazione e comunicazione istituzionale nella pubblica amministrazione (legge 150/2000): il caso specifico dell’Asp di Cosenza”. Un tema che ha consentito di parlare delle esperienze di tirocinio nel mondo del lavoro e particolarmente in quello dell’ informazione e comunicazione, mettendo in primo piano il ruolo e la funzione dell’ufficio stampa negli enti pubblici, guardando nell’ambito sanitario, per un servizio di mediazione con gli operatori dei media, in modo da garantire il diritto d’informazione al cittadino e di conseguenza assicurare i vari aspetti di trasparenza dello stesso apparato pubblico, come di buona e corretta amministrazione dei vari servizi. L’analisi ed il percorso di conoscenza dei vari aspetti della comunicazione e informazione istituzionale, sulla base delle proprie esperienze, sono stati trattati, con la moderazione di Franco Bartucci, dai giornalisti: Vittorio Scarpelli (Gazzetta del Sud), Maria Francesca

Dibattuto il tema della formazione per gli operatori da destinare alla gestione degli uffici stampa negli enti pubblici a norma della legge 150/2000 che tarda ad essere riconosciuta e applicata

Fortunato (Il Quotidiano), Rosalba Paldino (Ten), Dante Prato (L’oradellaCalabria), Fiorenza Gonzales (Ottoetrenta), Valeria Esposito Vivino (Uninews24). Come fattore di sintesi è emerso che la funzione degli uffici stampa negli enti pubblici è di straordinaria importanza per garantire il rapporto tra l’Istituzione pubblica e la società con la mediazione degli strumenti del mondo dell’informazione. Condizione indispensabile diventa, quindi, la piena applicazione della legge 150/2000 in materia di informazione e comunicazione istituzionale e bene ha fatto, in questo caso, l’Asp di Cosenza, a far inserire nell’ambito del corso di formazione in questione uno spazio di conoscenza sui vari aspetti professionali del comunicatore istituzionale, quale garante di trasparenza e anti corruzione.

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Versi profetici di Francesco Fotia

È stato il leader della Punk-band probabilmente più influente della scena italiana. Il vate di chi negli anni 80 guardava a Est del muro di Berlino come all’unica alternativa al capitalismo, e alla leadership statunitense nel mondo. Dai Cccp (acronimo italianizzato di Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche) a Benedetto XVI, da Berlinguer alla Lega Nord, fino alla recente apparizione, con tanto di foto, accanto a Giorgia Meloni, al meeting di Fratelli d’Italia, dove ha discusso sul tema della famiglia e della modernità: questa è la lunga storia di Giovanni Lindo Ferretti, senza dubbio il più spiazzante e discusso degli artisti italiani ancora in vita. È tornato a esibirsi a Cosenza, mercoledì sera, in uno scenario d’eccezione: il duomo di Cosenza, con il recital Bella Gente d’Appennino, tratto dal suo omonimo libro. Uno spettacolo impossibile da descrivere, se non partendo dal breve racconto della sua vita. Una vicenda umana, la sua, che, ancor di più della parabola artistica, ha diviso in modo netto i fan di quelli che furono i Cccp e i Csi, e che ha innalzato, tra Ferretti e molti dei suoi vecchi discepoli, un muro immaginario, netto almeno quanto quello che, a Berlino, ne tenne a battesimo la carriera e che, cadendo, segnò la fine della prima parte del suo cammino.

Giovanni Lindo Ferretti canta le regioni più profonde dello spirito

Il ritorno del reduce “Produci, consuma, crepa” È il 1981: Giovanni Lindo Ferretti ha quasi trent’anni, ha fatto parte di Lotta Continua ed è stato operatore psichiatrico. Ha la passione per la letteratura e per la musica; da piccolo, forse spinto anche famiglia, fortemente cattolica, ha cantato nel coro della sua parrocchia. In lui convivono l’anima del poeta e quella dell’attivista di sinistra: percorsi che si intrecciano indissolubilmente quando incontra a Berlino Massimo Zamboni. Il comune sentire politico, la simile concezione di Musica, la magia della città che fa da spartiacque del mondo, danno vita, l’anno successivo, ai Cccp-Fedeli alla Linea, che gli stessi membri della band etichetteranno, non senza l’ironia che li contraddistinguerà, come band punk filo-sovietico e melodico-italiano. In breve, la fama del gruppo cresce a dismisura negli ambienti punk e social-comunisti del nord italia e, a stretto giro, della stessa Germania. Nel 1985 esce il primo album, Affinità e divergenze fra il compagno Togliatti e noi - Del conseguimento della maggiore età, che consacrerà i Cccp a band leader del panorama musicale alternativo italiano e che avrà echi tali da suscitare l’ammirazione e l’affetto di orde di giovani in tutta Europa. Il successo del disco fa sì che, due anni dopo, Socialismo e Barbarie venga prodotto dalla Virgin Dischi: il passaggio alla major produce una prima, anche se lieve, frattura con alcuni tra i primissimi seguaci. In cambio però, la firma con la Virgin da una maggiore visibilità alla band emiliana che, seppur rararamente, appare anche in televisione. Èdel 1989 Canzoni preghiere danze del II millennio - Sezione Europa. Nello stesso anno la band suonerà a Mosca e a Leningrado; nel corso di un concerto nella capitale, apice e sigillo di una storia dalla fine imminente, ufficiali e militari dell’Armata Rossa si alzano in piedi nel corso di A Ja Ljublju SSSR, che richiama le note dell’inno sovietico. Al tramonto dello stato socialista, alla frammentazione dell’URSS, ormai non potrà che seguire anche quella dei Cccp. Dalle ceneri della formazione ultima della band nasceranno, nel 1992, i Csi (Consorzio Suonatori Indipendenti), che si imporranno nel panorama rock italiano fino allo scioglimento nel 2000. Agli albori del terzo millennio, a Ferretti viene diagnosticato un cancro alla pleura, che sconfiggerà nel 2002. Fonda, immediatamente dopo, i Pgr (Per Grazia Ricevuta), che nei testi risentono fortemente di una sorta di distacco dall’urbanesimo e dalla modernità. Rompe definitivamente con la vecchia guardia che lo aveva idolatrato quando asserisce di aver votato per la Lega Nord nel 2006, considerandola l’unica forza decisamente ostile alle grandi lobby della finanza, e di essere rimasto affascinato dall’allora Cardinale Ratzinger, divenuto il suo “maestro”. Nello stesso anno, il libro Reduce farà luce sul proprio percorso spirituale.

È stato il leader della Punk-band forse più influente della scena italiana Il vate di chi negli Anni ‘80 guardava a Est del muro di Berlino come all’unica alternativa al capitalismo

Bella Gente d’Appennino Giovanni Lindo Ferretti, accompagnato dal violinista Ezio Bonicelli (già Ustmamò), apre l’esibizione cosentina recitando l’incipit del libro. Parole che subito richiamano la storia della sua vita, quella del punk e del comunismo, e quella del ritorno a casa e di una pace interiore faticosamente trovata: «Non ho speso bene i miei giorni, racconta - molti li ho sciupati, di molti sono stato spettatore. Troppi li ho macerati... in una sequela di tensioni senza soddisfazione; in guerra con tutto e con me stesso. Me ne sono liberato, - continua a volte con fatica, sempre con sollievo». L’artista, parola dopo parola, porta il pubblico nel suo antico mondo fatto di monti e di lavoro, di sudore. Il rapimento diventa emozione quando la recita lascia il posto al canto, all’emozione di ascoltare in una nuova chiave Del Mondo, ripresa dal repertorio dei Csi, e Madre, tra le ultime gemme dei Cccp. Il violino di Bonicelli, rafforzato solo da qualche

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Versi profetici 1 2

3 sfumatura effettistica, è l’ideale compagno di un viaggio che incomincia dalle esperienze dell’uomo Ferretti, che si intinge nel fascinoso scorrere del verbo e del canto, e che si propaga nella sacralità del duomo cittadino, nel quale trova compimento perfetto. È un viaggio lungo un’ora e mezza circa, ma nel corso del quale il tempo è sospeso: Ferretti recita, a volte quasi parla e canta, anche a cappella, anche senza microfono, porta lontano. Racconta del progresso invasivo, della fine delle tradizioni e della necessità di farvi ritorno per evitare l’appiattimento del “tempo moderno”, che “corre e livella”. Il pubblico, all’interno della chiesa, resta in silenzio per tutta la durata del recital, sebbene abbia riempito oltre metà dei posti disponibili. Più che ad uno spettacolo, si ha l’impressione di trovarsi nel pieno di un rito: espiante e purificatorio. Poi, quando tutto è finito e l’edificio sacro si svuota, l’incontro prosegue in piazza duomo: decine di fan assediano Ferretti. C’è chi si commuove, chi si congratula e chi lo ringrazia. Lui ha una parola per tutti, un sorriso per tutti, e non nega a nessuno la propria foto ricordo.

Risuona la parola, detona, rimbomba in me cassa armonica (da Cronaca Montana). Dotato di una voce affascinante, dal timbro quasi mistico, Giovanni Lindo Ferretti ha saputo scrivere e cantare alcuni dei versi più significativi e più intensi della storia della musica italiana. Dal celebre anthem “non studio, non lavoro, non guardo la tv...” dell’inno punk Io sto bene, passando per il monito politico “i soviet più l’e-

1 - Un momento dello spettacolo 2 - Ferretti in concerto negli Anni ‘80 3 - Ai tempi dei Cccp 4 - Ferretti oggi

È tornato a esibirsi a Cosenza mercoledì sera, in uno scenario d’eccezione, il duomo, con il recital “Bella gente d’Appennino” tratto dal suo omonimo libro

lettricità non fanno il comunismo”, contenuto in Manifesto, fino ad arrivare alla preghiera laica di Annarella e a quella sacra di Madre, passando per la distorta narrazione/dichiarazione d’amore per la sua terra, la «regione più di sinistra del mondo occidentale», quella Emilia Paranoica che dà il titolo a uno dei maggiori successi dei Cccp. Ha interpretato le sue liriche in perenne disequilibrio: profeta visionario, quando è stata l’allegoria a ispirarlo, infinitamente malinconico, quando lo sguardo sul mondo e sull’uomo si è fatto più lucido. Mai banale. Sempre, piuttosto, fuori dagli schemi: un eterno ribelle, che cantava il comunismo quando il mondo guardava alla destra di Berlino, e che oggi è tornato a casa, rifiutando l’orrore del progresso che fa scempio dell’uomo e della tradizione. Ferretti, ha tagliato la cresta, ha conservato da tempo falci e martelli, in qualche modo ha lasciato questo nostro mondo quando ne ha sentito l’intimo bisogno. Pur sapendo che i più non avrebbero capito. Ha preferito essere semplicemente Giovanni, piuttosto che quello che gli altri avrebbero voluto che fosse. Coerente solo con se stesso, forse l’ultimo vero punk oggi, quando il solo apparente rifiuto della regola è diventato il verbo vuoto messo in bocca ai figli della fine di ogni protesta. Quasi tutti armati di I-Phone. Quasi tutti disinnescati dall’appartenenza alle proprie radici e dalle utopie di un mondo nuovo e migliore. D’altronde, anche questo finale di partita era già stato cantato dal reduce, quando, profetico, forse consapevole dell’impossibilità di una certa rivoluzione punkrock, così gridava: «Grande è l’impossibile... osare la confusione, il cielo sopra e sotto... ci si può solo perdere».

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Strumenti a riposo Si è conclusa la tournée estiva della "Orchestra sinfonica giovanile della Calabria"

Musica insieme

Con il concerto svolto presso il centro di Rizziconi (Rc) si è conclusa la tournée estiva dell’Orchestra Sinfonica Giovanile della Calabria, complesso nato all’interno dell’Associazione Musica Insieme di Gioia Tauro presieduta dalla prof.ssa Caterina Genovese e che si sta ritagliando un posto di prestigio nel panorama musicale del settore. Nata come Orchestra Sinfonica Giovanile della Piana nel 2010, qualche mese addietro, su volontà del direttivo (Caterina Genovese, Presidente; Prota Stefania, Vice Presidente; Raffaele Crea, Tesoriere; Maria Raco Consigliere e Fulvio Pinto Segretario) e considerata la eterogenea provenienza geografica dei suoi componenti ha modificato la propria denominazione in Orchestra Sinfonica Giovanile della Calabria. Diversi i centri che hanno accolto i giovani musicisti: Parghelia (Vv), Cittanova (Rc), Gimigliano (CZ), Gioia Tauro (Rc), S. Cristina D’Aspromonte, Lorica (Cs) ed appunto Rizziconi (Rc). Ovunque i ragazzi hanno suscitato consensi ed ammirazione; un percorso che ha soddisfatto anche i promotori del progetto: «Siamo molto soddisfatti - ha commentato la prof.ssa Caterina Genovese - dell’itinerario realizzato. Ci auguriamo di po-

Si è svolto presso il centro di Rizziconi il concerto del complesso nato all’interno della associazione “Musica insieme” di Gioia Tauro e che si sta ritagliando un posto di prestigio nel panorama musicale del settore

ter continuare con lo stesso spirito di abnegazione in modo da consentire al complesso di raggiungere risultati sempre più importanti. Tutto ciò è stato possibile grazie all’impegno dei ragazzi, dei genitori, dei docenti e di tutti coloro che collaborano all’allestimento dei vari eventi. Un ringraziamento particolare intendo rivolgerlo all’Amministrazione Comunale di Gioia Tauro guidata dal Sindaco avvocato Renato Bellofiore, per la costante attenzione con la quale segue la nostra attività». Durante i concerti numerosi sono stati i brani proposti dal complesso, musiche di Beethoven, Mozart, Bach, Bizet, Franck, Marcello, Gershwin, Piazzolla, nonché classici napoletani e colonne sonore. Tutti gli eventi sono stati diretti dal maestro Ferruccio Messinese, musicista lametino da più di un anno oramai alla giuda del complesso e che, per i vari concerti, ha anche curato le elaborazioni di numerosi dei brani proposto dall’ensemble. Ha impreziosito alcuni degli eventi la presenza del tenore maestro Francesco Carmine Fera, del Coro “Gaudium et Spes” guidato dal maestro Eleonora Genovesi e dal maestro Bartolomeo Piromalli ed del Coro Polifonico Symphonia-Istituto Musicale “S. Guzzi” di Lamezia Terme, complesso corale la cui preparazione è curata dal maestro Ferruccio Messinese. I giovani, di età media di anni 16, all’interno del gruppo, nella fase di preparazione si avvalgono dell’opera didattica di numerosi responsabili di sezione. Settore fiati: Maria Raco (Flauti), Giuseppe Mimmo Rotella (Oboi), Vincenzo Virgillo (Clarinetti), Antonio Baccaglini (Corni). Settore archi: Caterina Genovese (Violini e Viole), Stefania Prota (Violoncelli). Inoltre, collaborano con l’orchestra in qualità di strumentisti i maestri Andrea Lombardo (tromba), Emmanuele Saccà (fagotto), Antonio Mungo (fagotto), Angelo Avati (clarinetto), Domenico Bruno (trombone), Salvatore Schipilliti (contrabbasso). Nei prossimi giorni l’orchestra riprenderà la preparazione i vista degli impegni invernali, una serie di eventi che dovrebbero ancora una volta portarla ad esibirsi in tutto il comprensorio ed anche oltre.


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Red hot dress peppers La moda dedicata al peperoncino da un'idea di Sante Orrico

Da sinistra, dopo la meodella: la presentatrice Mariella Perrone; Graziella Cammalleri preside istituto “Da Vinci”; Sante Orrico; Antonella Biondi direttore Accademia del Peperoncino; l’attore Gianni Pellegrino che impersona sua maestà il Peperoncino

Diamante si veste piccante È andato in scena a Diamante l’evento “Red Hot Dress Peppers”: la performance di moda dedicata al frutto piccante celebrato in questi giorni nella cittadina del tirreno. Red Hot Dress Peppers, novità di successo del “Peperoncino festival”, è stata ideata da Sante Orrico (direttore artistico e ideatore di Moda Movie, il Festival dei talenti della moda, del cinema e delle arti) e ha visto la partecipazione attiva di diversi giovani artisti, a partire da Davide Gallicchio e Vincenzo Cuccaro, i due pittori (allievi dell’Accademia del Brera di Milano) che hanno dipinto a mano i tessuti che hanno dato poi vita alle dieci creazioni ispirate al peperoncino. Gli abiti originali sono stati confezionati dagli allievi del 4° e del 5° anno del settore Moda dell’Istituto professionale “Leonardo Da Vinci” di Cosenza coordinati dai docenti Visalli Carmela e Lezzi Alessandra. Gli studenti hanno realizzato una singolare collezione di abiti artistici grazie ai tessuti offerti dall’industria tessile Serikos di Como, partner di Moda Movie. La serata, presentata dalla giornalista Mariella Perrone, è stata un vero successo; dopo la tanta pioggia che ha interessato la zona, ha portato una ventata di calore seducente, grazie alle forme armoniose, ai toni caldi e brillanti delle creazioni. La performance ha avuto inizio con il defilé dalla stilista cosentina, Vincenza Salvino, che ha confezionato due abiti sempre con tessuti dipinti a mano dai due giovani pittori. I tessuti in questione sono stati dipinti dal vivo in occasione del la manifestazione “Incursioni d’arte nel parco” (evento nel programma di Moda Movie 2013 “Nature’s Glamour”) tenutasi il 9 Giugno nel meraviglioso scenario del Parco Nazionale della Sila, presso il centro visite Cupone di Camigliatello. Le due creazioni della Salvino sono state indossate da Ilaria Valente

Nella foto in basso con Mariella Perrone, Sante Orrico e Antonella Biondi, l’assessore alla Cultura del Comune Diamante, Maiolino

(Miss Peperoncino) e Martina Grosso (Miss Riviera Dei Cedri). Gli accessori indossati dalle modelle sono stati realizzati dalle ricamatrici Giuliana e Antonella Sarubbo, mentre la scenografia è stata progettata dall’architetto Simona Ricca con i tessuti Serikos e dipinti

dagli stessi artisti. Insomma, un progetto innovativo, che ha coinvolto tante realtà, non solo calabresi, che ha messo in campo sperimentazione e contaminazione, così come nel Dna di Moda Movie, che da tanti anni promuove i giovani tanti delle arti, la creatività e la cooperazione tra diversi soggetti.

La serata, presentata dalla giornalista Mariella Perrone, ha portato una ventata di calore seducente grazie alle forme armoniose, ai toni caldi e brillanti delle creazioni


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Collezioni al passo coi tempi Sfilata a Cosenza con la nuova linea autunno-inverno di Alessandro Giordano che festeggia 20 anni di moda

Anniversario di tendenza nelli di Federica Monta

Si è svolta lo scorso sabato la sfilata organizzata dalla boutique Max&Co. di Corso Mazzini, in collaborazione con la Carli Fashion Agency, per festeggiare all’insegna dell’alta moda i venti anni di attività sul territorio. Alessandro Giordano, titolare dell’atelier in pieno centro cosentino, ha sfruttato l’occasione per presentare la collezione autunno-inverno 2013/2014. Così, a pochi passi dal Mab, il museo all’aperto, dodici splendide modelle hanno sfilato per un’ora e mezza circa, realizzando tredici uscite e vestendo così più di centocinquanta capi, già pronti a essere indossati dall’esigente e delicato target della linea Max&Co. Eccellente la nuova collezione che, seguendo il flusso dei tempi, ha saputo “rispolverare” dai guardaroba anni 50 i capi migliori, puntualmente restaurati e aggiornati a questo autunno-inverno denso di novità. «Il leitmotiv, la musa che ha ispirato la collezione, - ha dichiarato Alessandro Giordano - è la grande attenzione ai valori tradizionali della moda. Quelli intramontabili, dall’eleganza così sottile da resistere al passare degli anni. Contemporaneamente - ha proseguito un marchio importante come Max&Co. non poteva non guardare al segno dei tempi, alle nuove esigenze di un pubblico dal gusto sempre più complesso, ormai positivamente influenzato dalle idee provenienti da tutto il mondo. Gli amanti della moda - ha osservato - con l’arrivo del web hanno la possibilità di navigare nelle collezioni dei grandi marchi, di tenersi sempre aggiornati, costruendo così un proprio gusto e uno sguardo critico molto ben sviluppato. Questo vale soprattutto per brand Max&Co., pensati sopratutto per il target più giovane e giovanile».

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La sfilata, favorita da condizioni meteorologiche ideali, ha confermato il grande appeal del brand, in grado di richiamare una buona presenza di pubblico. Non sono rimaste deluse le amanti del marchio e dello stile Max&Co., che hanno potuto apprezzare capi originali, dall’elegante mix di colore a tinta autunnale, dal grigio al ruggine, passando per l’immancabile bianco e nero. Giallo e arancio la fanno da protagonisti in capi dove a dominare è la fantasia, sempre però in perfetta armonia con un certo equilibrio nello stile. Cappotti, giacche, ma anche camicie, gonne e tanto altro, abbelliti ancora di più dalla bellezza e dalla professionalità delle modelle di Carli Fashion Agency, prontamente immortalate dall’abile fotografo Remigio. Nel corso della sfilata si sono alternati capi eleganti e sportivi, ma anche destinati al quotidiano; alcuni sono pensati appositamente per il posto di lavoro: apparentemente casual, ma dall’eleganza sottile, finemente curata, pronta a fare tendenza nella stagione fredda ormai alle porte. Alessandro Giordano proprio qui, in quella che è l’attuale sede di Max&Co., nel 1993 tenne a battesimo la sua attività. Un passo deciso il suo, ma favorito da una “militanza” nel mondo della moda e del commercio che affonda le radici anni prima. Alessandro

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Collezioni al passo coi tempi Il focus sull’agenzia

La cura del particolare come trucco del mestiere

1 - applausi al termine della sfilata

2 - lo staff di Max&Co: in alto a sinistra Alessandro Giordano 3 - un momento della sfilata 4 - un angolo della boutique 5 - uno dei modelli più richiesti di questa collezione

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Nel box: Linda Suriano e Carmelo Ambrogio e una delle modelle della Carli Fashion

3 è infatti un commerciante di III generazione. Suo padre, infatti, e prima di lui suo nonno, era già proprietario di un atelier in città; attività nella quale Giordano incominciò a lavorare quando ancora sedeva tra i banchi di scuola. L’esperienza familiare, la passione per il proprio lavoro e il buon nome del brand hanno fatto dell’atelier di Corso Mazzini uno degli scrigni più preziosi fra quelli dell’alta moda presenti in città. Max Mara è, d’altronde, una delle più solide realtà rimaste a diffondere nel mondo il made in Italy. Con sede a Reggio Emilia, la casa di moda nacque per volontà di Achille Maramotti, un’amante della moda e dell’arte, che accolse nella sua scuderia di stilisti, tra gli altri, anche Domenico Dolce e Stefano Gabbana. L’atelier guidato da Alessandro Giordano è stato tra i primi in Italia a utilizzare il brand Max&Co.

La Carli Fashion agency è la creatura nata dalla coppia formata da Carmelo Ambrogio e Linda Suriano. Organizzatori provetti, esperti del mondo della moda, settore all’interno del quale hanno lavorato, e ancora lavorano, come modelli. Un’esperienza diretta, personale, lunga almeno quindici anni, che ha permesso ai due di creare una macchina organizzativa seria ed efficiente, che non lascia nulla al caso. «La nostra - racconta Carmelo Ambrogio - è un’agenzia relativamente giovane; è nata appena quattro anni fa, ma da subito ha avuto le idee chiare su come avrebbe voluto operare. Io e Linda siamo molto attenti alla crescita professionale delle nostre modelle e dei nostri modelli, i quali lavorano con noi solo con contratti in esclusiva. Li prepariamo - prosegue - con corsi di portamento e di mimo, li inviamo a fare esperienza a Milano, crediamo in loro». La Carli Fashion agency ha sino ad ora organizzato e curato numerose manifestazioni sul territorio calabrese; molte altre sono previste nel prossimo futuro, già a partire da domani, con l’appuntamento presso Scintille di Rende. Tra fine novembre e i primi di dicembre, Ambrogio e Suriano seguiranno la Fiera degli sposi, e da ottobre a gennaio saranno impegnati in diversi eventi fieristici nel Reggino. «La chiave di successo di questo mestiere - spiega il papà dell’agenzia - che per noi è principalmente passione, è l’oculata pianificazione dell’evento, anche e soprattutto dei dettagli, quali possono essere le scenografie, le coreografie, le luci e le musiche, il posizionamento della passerella. Tutto è pensato ad hoc». Lo staff della Carli Fashion, già nutrito, nei prossimi mesi aprirà le porte a una serie di casting, che si terranno presso la sede dell’agenzia, all’università della Calabria e a Rossano, nel mese di ottobre. Una buona occasione, garantita dalla serietà di Carmelo Ambrogio e Linda Suriano, per chi ha interesse a entrare nel mondo dello spettacolo. Chi volesse incominciare a conoscerli può già visitare il sito www.carlifashionagency.com o l’omonimo contatto facebook.

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sabato 21 settembre 2013

Il racconto Prima parte Si trattava di decidere se andare in una grande provincia del Nord Italia o tornare da dove era partito, che era una terra del profondo Sud

Nella terra di origine a qualsiasi costo di Giuseppe Aprile

Ha sempre saputo che allontanarsi dalla terra natìa avrebbe comportato un successo assai importante e meglio remunerato, perché era un grande oratore e sarebbe stato sicuramente meglio poter parlare e farsi apprezzare da centinaia di operai e impiegati, invece che spendere la sua disponibilità in un ambiente dove avrebbe dovuto accontentarsi di rivolgersi a poche unità peraltro assai meno propense a grandi lotte di emancipazione e di trasformazione sociale. Per chiarezza si trattava di decidere, una volta concluso brillantemente il corso annuale di formazione sindacale a San Domenico di Fiesole - Firenze -, se andare in una grande provincia del Nord Italia o tornare da dove era partito che era una terra del profondo Sud, quindi destinata ad anni ed anni di ulteriore sottosviluppo, dove avrebbe sprecato molto più tempo ed avrebbe dovuto sacrificare ulteriormente le sue potenzialità di forbito oratore e organizzatore di lotte sociali che gli avrebbero potuto portare più consistenti vantaggi sotto l’aspetto dell’affermazione di carriera, al posto dell’aspirato posto statale come insegnante elementare (sogno di sempre, di suo padre per tutta la sua fanciullezza) e di più decisivi traguardi per contare maggiormente a livello nazionale nella sua organizzazione. Restando nella sua terra i sacrifici sarebbero stati più grandi, le risultanze del suo lavoro sicuramente molto meno consistenti; avrebbe corso il rischio di maggiori energie per minori risultati operativi. In più i rischi di un lavoro al servizio della sua gente s’imbattevano con una condizione dove i problemi esistenti avevano radici assai più lontane e resisteva una condizione per cui sarebbe stato difficile toccare con mano i risultati del suo lavoro e dei suoi sacrifici. Si deve dire che, ad una condizione dove avrebbe potuto ottenere enormemente di più con vantaggi personali, ha preferito sfidare il tempo per la redenzione della sua terra senza sicurezza per il suo personale avvenire di dirigente e abbandonata la via del sogno dei suoi genitori, come maestro di scuola. Gli era poi capitato di guidare una grande Provincia, una delle poche che pur trovandosi nel Sud gli avrebbe consentito di contare e di garantirsi uno sviluppo di carriera al soldo di un potenziale di garanzie di valore assai grande, ma il suo pensiero ostinato era la verifica dei bisogni della società in cui operava e richiedeva la sua passione di combattente per il suo cambiamento socioeconomico e la sua voglia di lottare e impegnarsi senza riserva alcuna e senza badare a suoi interessi di alcun genere. Rimase nella sua terra a lottare con disoccupati, lavoratori agricoli e braccianti di ogni tendenza, giovani senza avvenire; in una società chiaramente destinata a dure lotte e immensi sacrifici con speranze assai ridotte di un domani migliore. Non fece mai caso a possibili posizioni personali favorevoli e scelse sempre di operare, senza riserva alcuna, per la gente e per la sua terra abbandonata da tutti i governanti che si erano succeduti al potere. Al Nord, ma anche in Sicilia dove gli avevano offerto di assumere la direzione di una organizzazione abbastanza importante, avrebbe avuto possibilità di operare con maggiori possibilità di risultati per i lavoratori, ma scelse il suo paese nel Sud dove si potevano programmare solamente radicali battaglie e innumerevoli sacrifici senza che fosse favorita la possibilità di creare una forza dirompente, in grado di scuotere le forze governative, e le altre che contavano, ai fini del progresso sociale ed economico della gente del luogo, con poche ripercussioni sul resto dell’intera nazione. Col senno del poi va detto che avrebbe potuto scegliere meglio e con più profitti. Anche le sue energie avrebbero potuto fruttificare di più, per come si deduce dal presente dire. Ma agiva e doveva orientarsi nella condizione di figlio di famiglia, in un’età in cui si puntava obbligatoriamente ad un posto retribuito.

Restando nella sua terra i sacrifici sarebbero stati più grandi, le risultanze del suo lavoro sicuramente molto meno consistenti; avrebbe corso il rischio di maggiori energie per minori risultati

Di fronte, però, alla drammaticità della condizione sociale della sua gente, non aveva mai badato alle convenienze personali. Il suo era un impegno teso ad aiutare la gente, a cambiare il volto della sua terra, teso solamente a sfidare ogni avversità pur di operare per costruire un domani diverso per tutti. Era uno dei nati e cresciuti in una provincia meridionale. Nella terra sempre più abbandonata, dove le migliori energie, giovani, dalle braccia forti e dal fisico in pieno ritmo di capacità lavorative, a grandi folate abbandonavano tutto e si portavano verso le aree del Nord Italia e i paesi stranieri, costituendo il famoso fenomeno dell’ emigrazione che da una parte poneva il miraggio di un lavoro e dall’altra comportava l’abbandono della terra natia e delle campagne prima discretamente coltivate; e di una intera vita prima intensamente vissuta. Era il triste fenomeno dell’abbandono della terra natìa, della divisione delle famiglie, degli abbandoni al solo miraggio di conquistare un tozzo di pane, una retribuzione economica in grado di garantire un contributo periodico per la famiglia rimasta al paese e nelle campagne di origine, in stato di assoluto abbandono, per tenere in vita i propri figli. Per abbattere la fame e lo stato di abbandono. Per continuare ad amare la propria cara e per la vita dei propri genitori che tanto si erano sacrificati, non immaginando il corso successivo della società. Sia per propaganda, sia per verità conosciuta attraverso tante occasioni di informative propagandistiche, ovunque si sapeva che, oltre il proprio ambiente di miseria e di non governo, esistevano terre che offrivano lavoro sia pure con sudore e mani callose. La sua vita, però, non l’aveva mai misurata se non per sviluppare e applicare la sua voglia di un cambiamento sociale e di un lavoro collegiale che da una parte avrebbe sollecitato gli altri a lottare, dall’altra avrebbe contribuito all’avvenire diverso per le famiglie che erano state la sua famiglia, il suo mondo; il mondo dentro il quale aveva vissuto tutte le negatività che storicamente si venivano registrando tra la gente senza che i rappresentanti governativi, e in grado di contare in campo nazionale, se ne avvedessero. Aveva vissuto sulla sua pelle i tanti che nei comuni, nelle cittadine che conosceva, pensavano ai propri comodi, alla propria condizione fregandosi del bisogno al-


sabato 21 settembre 2013

Il racconto

ti, avevano scelto la società del privilegio dentro cui poter vivere una propria condizione di maggiore facilità e di maggiore benessere. Secondo la loro indole, ovviamente. Anche la politica aveva costituito ragione di privilegio per loro. Era diverso stare con le forze del governo invece che con quelle dei contadini e dei lavoratori. Lui, Peppe, - è il nome dell’uomo di cui stiamo parlando-, per quanto aveva capito, si era appassionato al sacrificio, alla lotta per il destino dei più e non vedeva altro che attività funzionale alle lotte sociali e politiche per far progredire il mondo dei giusti e dei più, abbattendo le pretese di conservazione che invece tanti che si ritenevano benestanti, magari perché proprietari di terra o legati ai padroni della terra per servizi ad essi recati e consolidati, pensavano di difendere. I capi dello stato mai si erano preoccupati di dimostrare come un vero progresso avrebbe potuto dare più benessere a tutti e meno guai per ognuno. Troppi egoismi erano maturati in società anche fino al punto che molti godevano della povertà degli altri, godevano delle differenze con gli altri e dei privilegi esistenti.

trui e di quanto avrebbero potuto operare con beneficio reciproco in società. Egli sentiva la forza di lottare, di organizzare la gente e portarla verso le lotte sociali e politiche di buon auspicio. Era maturato, in lui, il prepotente desiderio di fare, di impegnarsi perché non era sopportabile la povertà di tutti. Non c’erano scuole adeguate, non mercati del lavoro, del consumo, delle attività produttive ed attive, non collegamenti tra campagna e centro abitato, centri di commercio e punti dove far crescere il mondo. Si viveva di stenti e lui diceva: «Se tutti facessero allo stesso modo, non è logico che la società non cambia mai in bene? Si può cambiare questo mondo di miseria e di privazioni, dove i giovani non hanno altro scopo che vivacchiare sulla terra ripetendo la vita di sacrifici e di stenti dei propri avi?» E si rispondeva da solo: «Sì, è possibile, a condizione che si sconfiggano le ingiustizie, gli egoismi, le parti sociali dove hanno la meglio gli ingiusti e gli egoisti, coloro che pensano ai propri figli e alle proprie famiglie; ai propri aggregati urbani dove la distinzione tra ricchi e poveri, benestanti e morti di fame, era un fatto destinato dal padreterno e per sempre, dove pochi furbi dominavano sui tanti onesti lavoratori e comunque poveri cristi». Nella società gli era apparsa nitidamente la differenza tra la gente giusta e gli uomini normali e coloro che, invece, avevano pensato e continuavano a pensare senza una coscienza civile, senza rendersi conto, un po’ per ignoranza, molto per egoismo e abitudini mentali con radici assai antiche. Gli era stata dimostrata assai chiara la condizione che richiedeva un grande e appassionato impegno da parte dei giusti e degli onesti, di coloro che avevano maggiore intelligenza e maggiore vocazione al giusto al fine di vedere crescere il mondo dentro cui si svolgeva la vita della loro tradizione. Amava la gente che lottava, che non si rassegnava alle condizioni in cui era stata destinata da un passato di abitudini e di tendenze negative e si dava con sacrificio per un mondo migliore e per questo aveva scelto la sua militanza sociale tendente a darsi da fare per cose più giuste e un avvenire diverso per la propria gente. Nella società del suo paese del sud aveva avuto modo di vivere le lotte dentro la realtà dove i giusti combattevano per il progresso e i ricchi, i più fortuna-

I paesi andavano sempre più diventando agglomerati di case tendenti ad abbandono, assenza sempre più consistente di giovani, a vita per vecchi e gente senza attività produttiva

Lui, Peppe, aveva però molte cose chiare e aveva capito che la sincerità sarebbe stata la marcia in più per crescere meglio, per essere più utili al mondo, per fare di più. Si fece sempre più sensibile alla sincerità, al disprezzo per ogni forma di pericolo e per ogni potere di interesse personale e questo gli dava più forza, più convinzione, più stima da parte degli altri. Per questo aveva sempre più e sempre meglio deciso di fare della sua capacità naturale di uomo di pensiero e di attività sociale, l’arma per fare di più, per invitare anche gli altri a fare altrettanto; vedeva, nella forma di vita democratica, la condizione dentro la quale far maturare la partecipazione alla vita pubblica non da passivi, ma da protagonisti e questa sua idea l’aveva portato ad appassionarsi di più alle lotte per cambiare la vita in meglio. Aveva trascorso gli anni della sua giovinezza, venendo a contatto con altri di altri paesi, che la pensavano in maniera simile e si organizzavano, per come potevano, orientandosi ad ideologie politiche simili, sapendo che la lotta per una società migliore che pur si svolgeva nel proprio centro dove si svolgeva la propria vita, doveva allargarsi agli altri paesi, a tutti coloro che, con il passare del tempo, maturavano idee simili e si mettevano a disposizione per cambiare il mondo e modificare il tessuto sociale ed economico che avevano visto sempre in sacrifici indicibili per se stessi e le proprie famiglie. La sua giovinezza era percorsa da aneliti sociali tendenti al progresso e a modifiche secondo i bisogni dei giusti e dei lavoratori. Aveva tanto sognato. Disprezzava coloro che pensavano alla propria condizione da privilegiati, e unti dal signore a discapito della povera gente, per godere di comodità diverse e maggiori. In questo ambiente ideale e pratico aveva maturato l’appartenenza al sindacato dei lavoratori e della gente che lottava per il futuro dei propri figli e contro l’emigrazione che se da una parte forniva possibilità di lavoro, dall’altra vedeva abbandonare sempre più campagne e paesi tradizionali senza alcunchè di buono per il futuro. I paesi andavano sempre più diventando agglomerati di case tendenti all’abbandono, all’assenza sempre più consistente di giovani, a vita per vecchi e gente senza attività produttiva. I paesi perdevano sempre più consistentemente persone, lavoratori, giovani che da poco avevano formato una famiglia senza potersela godere. La maggior parte delle nuove famiglie venivano dilaniate da una condizione economica impossibile perché si disgregavano presto per via della partenza forzata dell’uomo con donne e figliolanza che rimanevano a casa tra “dolori, pianti, lacrime e sangue” come si dice. Peppe aveva chiara l’idea che bisognava costruire una società nuova, senza sfruttati e senza sfruttatori; di eguali in libertà e nel lavoro. Per questo gli veniva da ridere quando verificava, e molto ma molto spesso, che tanti non si ponevano problemi e altri non avevano coscienza alcuna di quanto avveniva e vivevano. È la ragione di fondo per cui ha sempre pensato di maturare la forza e la cultura per diventare uomo di lotta e di attività sociale fino al punto di operare per la crescita di altri come lui, facendo propaganda in conseguenza e aiutando a prendere coscienza altri della necessità di adoperarsi per evitare, in futuro, l’aggravarsi della situazione e, nell’intanto, per limitare il decrescere sociale e il deterioramento del tessuto sociale che si reggeva molto sulla vita dei campi. continua...

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sabato 21 settembre 2013

Si alzi il sipario

A Scuola di teatro A Cosenza il Morelli, residenza teatrale, apre ai percorsi formativi

Per la seconda annualità della residenza teatrale, la compagnia Scena Verticale, titolare con l'amministrazione comunale del progetto che ha rilanciato il Morelli, va oltre la programmazione degli spettacoli, quest'anno scelti dal panorama nazionale di teatro contemporaneo, per farsi luogo di confronto e di laboratorio attraverso tre differenti percorsi formativi, destinati al pubblico così come agli addetti ai lavori. Il primo, che è anche il più articolato, è la Scuola di Teatro. Così come immaginata da Scena Verticale, sarà un luogo di interazione e di formazione ma anche un “laboratorio per la vita”, in cui le persone coinvolte possono comunicare attraverso il linguaggio verbale e non verbale. «Immaginiamo una scuola dove discenti e docenti sono protagonisti, in uno scambio giocoso e dinamico, di un processo alla ricerca e alla scoperta del proprio sé» - annuncia Dario De Luca che, insieme a Saverio La Ruina, è direttore artistico di Scena Verticale. «Immaginiamo una scuola che attraverso l'esercizio teatrale possa far vincere le proprie inibizioni ed affermare la propria personalità». La Scuola di Teatro sarà strutturata in tre corsi, tenuti dallo stesso De Luca, a seconda della fascia di età. Il primo, per giovanissimi dagli 8 ai 13 anni; il secondo, per adolescenti, dai 14 ai 18 anni; il terzo, per adulti, dai 19 anni in su. Tutti si terranno, dal 7 ottobre, ogni lunedì, a partire dalle 16.30. E' prevista la partecipazione di operatori, attori, registi, pedagoghi per seminari e stage specifici. “Educazione all'immagine” è il tema del secondo percorso formativo. Strutturato come laboratorio, della durata di 20 ore (ogni martedì, dal 15 ottobre al 17 dicembre 2013), si rivolge a giovanissimi di età compresa tra gli 11 e i 18 anni. Guidato da Loredana Ciliberto, approfondirà tematiche legate alla nascita del cinema, ai suoi mestieri, alla grammatica del linguaggio audiovisivo, alla realizzazione di un prodotto audiovisivo e, infine, alla scrittura per immagini. Completa l'offerta formativa il laboratorio “Fotografare il teatro”. Tenuto da Angelo Maggio, specializzato in fotografia di scena, si svolgerà al Morelli tutti i mercoledì (dalle 18 alle 21) dal 16 ottobre al 27 novembre 2013. Il corso è aperto sia a principianti, ai quali verranno fornite anche nozioni di tecnica fotografica, sia a chi è già in possesso di una “cultura fotografica”, che tratteranno esclusivamente le tematiche relative alla fotografia di scena. Come tirocinio interno al corso, i partecipanti potranno fotografare, sotto la guida del docente, gli spettacoli della rassegna “More fridays” in programma nello stesso Teatro Morelli. Scadenze: per la “Scuola di Teatro” iscrizioni entro il 4 ottobre 2013 per il laboratorio “Educazione all'immagine” iscrizioni entro il 10 ottobre 2013; per il laboratorio “Fotografare il teatro” iscrizioni entro il 14 ottobre 2013. info@progettomore.it Facebook Progetto More 34998853332

Luogo di confronto e di laboratorio attraverso tre differenti percorsi formativi destinati al pubblico e agli addetti ai lavori

A Fiumefreddo continua il progetto fotografico

“Liberare” le bellezze artistiche Tanti gli appassionati di fotografia a Fiumefreddo Bruzio. Il borgo antico, molto amato dal maestro Salvatore Fiume, è al centro di un’azione di rivitalizzazione culturale inaugurata dall’associazione “Viverefiumefreddo” che ha aderito al concorso fotografico “Wiki loves monuments” organizzato da Wikimedia Italia. Lo scopo dell’associazione è “liberare” i beni architettonici ed artistici del centro storico consentendone la divulgazione fotografica a scopo amatoriale e professionale senza sottostare ai dettami della legge Urbani che prevede il pagamento di un canone (anche abbastanza oneroso) all’ente proprietario del bene storico e monumentale. «Partendo da questo presupposto - affermano Settimio Martire e Pompeo Colonna, gli artefici dell’iniziativa - ci siamo attivati con il sindaco di Fiumefreddo Bruzio, Vincenzo Aloise, affinché anche il nostro piccolo e caratteristico borgo fosse liberato da tale vincolo. Grazie all’aiuto dello staff di “Wiki loves monuments” siamo riusciti in questo intento, facendo la gioia dei tanti appassionati di fotografia che, per questa seconda edizione italiana del concorso nazionale, avranno la possibilità di effettuare liberamente i propri scatti del Castello della Valle, delle tre piazze che affacciano sul mare, della porta merlata d’ingresso e dell’ex convento di San Francesco, attuale sede del comune. Lo scorso fine settimana sono giunti a Fiumefreddo Bruzio i primi fotografi che hanno preso parte alle passeggiate organizzate per consentire di conoscere gli spazi più belli e suggestivi della parte vecchia del paese. Fino ad ora sono una decina le foto caricate sul sito www.wikilovesmonuments.it, ma c’è tempo fino al 30 settembre per procedere con l’upload». «Le prossime passeggiate fotografiche in programma - spiegano Martire e Colonna - sono previste per il prossimo weekend del 21 e 22 settembre. L’associazione Viverefiumefreddo, inoltre, ha organizzato una biglietteria online che consente di prenotare la propria partecipazione al concorso usufruendo di un servizio di guida turistica e, volendo, di un pranzo in uno dei ristoranti caratteristici della zona». Complimenti per l’iniziativa sono stati espressi dalle associazioni di fotografia presenti sull’intero territorio regionale ed in particolare dalla Fiaf (Federazione italiana associazioni fotografiche) che ha dato ampio risalto al progetto, sia attraverso il proprio sito internet, sia per voce del delegato regionale Calabria Attilio Lauria.


sabato 21 settembre 2013

Lo spettacolo non deve finire Mostra a Cosenza, Palazzo Arnone, prorogata fino al 27 ottobre

I Bastimenti ancora ...non partono A seguito del grande successo di pubblico e per consentire agli studenti di poter visitare un’esposizione interessante e coinvolgente, la mostra “Partono i Bastimenti”, allestita a palazzo Arnone in Cosenza, sede della Soprintendenza per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici della Calabria e della Galleria nazionale di Cosenza, prolungherà l’apertura fino a domenica 27 ottobre 2013. La rassegna, progettata e promossa dalla Fondazione RomaMediterraneo e felicemente condivisa dalla Soprintendenza guidata da Fabio De Chirico, rappresenta, in linea con la valorizzazione del patrimonio etnoantropologico, una profonda riflessione storica sul fenomeno emigrazione che, tra il XIX e il XX secolo, ha significativamente segnato la nostra regione. La mostra è a cura di Francesco Nicotra, direttore dei programmi speciali della National Italian American Foundation (Niaf). L’esposizione, che si avvale di un allestimento di grande impatto visivo, ripercorre la coraggiosa epopea degli oltre venticinque milioni di italiani, tanti dei quali calabresi, che tra il 1861 e i primi anni ‘60 del Novecento attraversarono l’oceano per strappare se stessi e i propri figli alle drammatiche condizioni di miseria del nostro Paese. Una considerevole raccolta proveniente da archivi e collezioni private descrive i momenti del doloroso distacco, le traversate, gli approdi in terra straniera, i sacrifici e la speranza del riscatto: modelli in scala di navi storiche dell’emigrazione, come il Duilio, gemello del Giulio Cesare che portò in Argentina i familiari di papa Francesco, passaporti, biglietti e documenti di navigazione, libri, giornali, insegne ed etichette dei prodotti tipici italiani. Ed ancora lettere, acquerelli e dipinti ad olio, poster, valigie, bauli, strumenti musicali. Presenti, inoltre, a ricordare la passione tutta italiana per il bel canto una collezione di copielle, piccoli spartiti di canzoni, in gran parte in dialetto napoletano e diversi spartiti originali di tango. La mostra “Partono i Bastimenti” rimarrà aperta fino al 27 ottobre 2013 secondo il seguente orario: 10.00/18.00 tutti i giorni (escluso il lunedì). Per visite scolastiche e di gruppo è obbligatoria la prenotazione al numero 0984 795639.

A seguito del grande successo di pubblico e per consentire agli studenti di poter visitare una esposizione interessante e coinvolgente

Il soprintendente Fabio De Chirico Più in alto Palazzo Arnone

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Una “casa” alla poesia A Rocca Imperiale il concorso internazionale “Il Federiciano”, promosso dalla rivista Orizzonti della Aletti editrice

Il Premio che dà l’eternità di Lucia De Cicco

Rocca Imperiale è un comune italiano di 3.306 abitanti della provincia di Cosenza, bagnato dal Mar Jonio e situato al confine con la Basilicata. Rocca Imperiale è famosa per i suoi pregiati limoni che, oltre ad essere riconosciuti prodotto agroalimentare tradizionale ed esportato ogni anno, vengono impressi sulle piastrelle dell’eternità. L’eternità di cui parliamo è quella poetica e che sulle bellissime piastrelle, che riportano testi importanti di autori altrettanto noti, fanno capolino. Un concorso di poesia, che è arrivato alla sua IV edizione, un concorso internazionale che è promosso dalla rivista Orizzonti della casa editrice Aletti. Intervistiamo la xxx Caterina Aletti.

Nel riquadro Caterina Aletti Sopra, l’edizione dell’anno scorso a Rocca Imperiale

Il Federiciano è il premio che dona l’eternità... un messaggio che nasce in che momento e come vede coinvolta la casa editrice? Il premio è stato redatto nel luglio 2009 pensando a come ampliare gli spazi destinati alla poesia. Già diversi anni addietro avevamo organizzato degli incontri a Roma, in alcuni locali del centro, ed eravamo rimasti molto colpiti dalla partecipazione, dall’atmosfera coinvolgente che si era creata: erano incontri caratterizzati dalla gioia di condivide una passione. Il Federiciano ha qualcosa in più, proprio perché grazie a esso si è cercato di caratterizzare un luogo nel segno della Poesia, un comune della provincia di Cosenza, Rocca Imperiale, che è diventata in questi anni un luogo simbolico per chi ama leggere e scrivere poesie. Il messaggio è nato, quindi, con l’idea di dare una “casa” alla poesia, utilizzando i versi come arredo urbano. Incamminandosi per le vie del centro storico, infatti, si possono leggere, su queste steli di ceramica affisse sui muri delle case, i versi di importanti poeti del passato, contemporanei, insieme a quelli di autori emergenti scelti tra i partecipanti del concorso internazionale. Il messaggio “dell’eternità” risale, invece, all’edizione dello scorso anno, quando abbiamo chiesto a Eugenio Bennato di aderire al “Paese della Poesia” e lui, dopo aver visionato le steli, gli album delle passate manifestazioni, i video, ha risposto: «Questa manifestazione con la stele poetica la facciamo per l’eternità». E da lì è nato quel motto. Il concorso con il festival letterario a esso collegato è una grande sfida per la casa editrice: se da un lato è un evento che richiede molte risorse, tempo ed energia e che coinvolge tutti i dipendenti e i collaboratori, dall’altra è un segno distintivo di cui siamo orgogliosi. L’aver avuto l’onore di ideare e realizzare l’unico “Paese della Poesia” presente in Italia, ci impone anche cospicui investimenti per poterlo proporre di anno in anno. Esso è per numero di iscritti tra i primi concorsi per inediti in Italia (anche l’edizione di quest’anno, che si è conclusa il 15 settembre scorso, ha superato i 2000 partecipanti). E poiché aggiudicarsi una stele nel “Paese della Poesia” ed essere raffigurati con i grandi vati della letteratura diventa un premio ambitissimo per chi è inedito, perché questo traguardo rappresenta la legittimazione della propria attività poetica. Il suo ruolo nella casa editrice... La mia mansione è principalmente legata all’attività giornalistica; il mio ruolo è creare contenuti, dai comunicati stampa, agli articoli, alle prefazioni dei libri. Quotidianamente mi occupo della comunicazione sui social-network, con l’aggiornamento e la scelta dei contenuti delle diverse pagine fan: da quella de “Il Paese della Poesia”, a quelle della Aletti editore, della rivista letteraria Orizzonti, al sito di notizie culturali “Parole in fuga”. Poi, per la sezione libraria della casa editrice, leggo e scelgo i testi di alcuni concorsi di poesia, curo le uscite della rivista Orizzonti e le quarte di copertina dei libri. Gestita da giovani, si lega a una catena di altrettanti giovani... alla ricerca di nuove proposte: possiamo affermare che questa sia la mission della casa editrice? Più che una casa editrice giovane, la definirei moderna, dinamica, che tiene conto della nostra contemporaneità che utilizza i canali attuali della comunicazione, i social network - come facebook e/o twit-

Utilizzare i versi come arredo urbano

ter - i nuovi formati del libro, gli eBook, ma anche i booktrailer, che sono realizzati dallo studio di architettura di Angiolino Aronne. Sicuramente ci sono tanti giovani tra i nostri seguaci, ma soprattutto adulti, e a rafforzare questa indicazione, che siamo moderni e non solo giovani, c’è anche un dato di facebook: la fascia di età più rappresentativa della pagina per Parole in fuga, che è dedicata alla poesia, è quella compresa tra i quarantacinque e i cinquantaquattro anni; quindi di un pubblico adulto che utilizza però un mezzo moderno come quello descritto sopra. Un genere difficile, quello della poesia, legata ancora ad arcaismi, eppure la casa editrice ha tanti poeti, che ruotano attorno ad essa... come mai lanciarsi in quest’avventura? Credo che la scelta sia partita proprio da una naturale e personale predisposizione verso la poesia (l’editore, Giuseppe Aletti, nasce prima di tutto come poeta) e quindi da un’inclinazione verso questo genere, che non è per niente obsoleto anzi molto vivace, anche se ha dovuto reinventarsi, trovare nuovi spazi per poter vivere negli anni della comunicazione di massa, della tv e di internet.

Per le vie del centro storico infatti si possono leggere affisse sui muri delle case i versi di poeti del passato, contemporanei e autori emergenti

Chi è Caterina Aletti, la sua esperienza come arriva ai libri, qual è la passione che l’ha spinta in questa direzione? Ho sempre avuto un rapporto molto ravvicinato con la scrittura. Da bambina passavo interi pomeriggi in solitudine, nella mia stanza a scrivere; alle elementari, insieme con una mia amica, ho anche creato un giornalino “artigianale”. Col tempo, ho continuato a coltivare la personale passione e curiosità nei confronti della scrittura e, a vent’anni, mi sono trovata a correggere le bozze della rivista letteraria Orizzonti, editata da mio fratello, e col tempo quella rivista è diventata la mia strada, il mio destino. Lo staff della casa editrice di quanti elementi è formata? La caratteristica prevalente è che siamo quasi tutte donne, una squadra al femminile dove ognuna, pur interagendo con le altre, opera in autonomia. La redazione è poco distante da Roma, ma io, per esempio, opero dalla Calabria e poi nei momenti cruciali m’interfaccio con loro. In tutto siamo una decina, più vari collaboratori che gravitano attorno, a seconda del progetto da portare avanti. Oltre a quello dell’editore, da cui nascono le idee (è sua la brillante idea di realizzare “Il Paese della Poesia”), prezioso è il lavoro del direttore editoriale, Valentina Meola, che coordina l’attività della casa editrice per la realizzazione dei progetti e ne rappresenta l’anima fattiva. È una redazione dove si respira la passione per ciò che si fa, o forse è più corretto dire che, della passione, ha fatto il proprio lavoro. Progetti futuri? Da oltre quindici anni faccio questo mestiere e ho imparato che i progetti futuri nascono dall’impegno quotidiano, cercando di fare al meglio il proprio compito, di migliorarsi. È un lavoro, questo, che è sempre in movimento e s’incammina sempre verso nuovi sentieri da battere. La casa editrice, tramite alcuni poeti amanti della nostra terra, così come “Il Federiciano” ne è la prova, ha intenzione di scendere proprio nella nostra terra e cercare di fare qualcosa nel nostro territorio? Beh, con “Il Federiciano” c’è stato un importante passo per la valorizzazione di un pezzetto di Calabria, facendo conoscere a migliaia di persone questo delizioso paesino. In futuro potrebbero crearsi le condizioni per nuove sinergie e progetti, chissà! La Calabria è una terra, di là dei luoghi comuni, che io percepisco come recettiva e piena di risorse, anche se finora gli enti sovracomunali hanno dimostrato poca sensibilità e inconsapevolezza della potenzialità di questa manifestazione.


sabato 21 settembre 2013

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Valori socio-culturali ed evangelici Beppe Fiorello e Ron tra i premiati dell’evento. I riconoscimenti realizzati da Michele Affidato saranno consegnati il 21 settembre all’Istituto penale per minorenni “Malaspina” di Palermo È partito il conto alla rovescia per l’ottava edizione dell’evento “Nella Memoria di Giovanni Paolo II”, divenuto format tv di alto valore socio-culturale ed evangelico, trasmesso in Italia e all’estero e prodotto dalla “Life communication produzioni televisive e grandi eventi”. La manifestazione, che vuole ricordare la figura e l’opera di uno dei pontefici più amati nella storia della Chiesa per mantenere vivi i suoi insegnamenti, si terrà sabato 21 settembre, alle ore 19.30, all’Istituto penale per minorenni “Malaspina” di Palermo e sarà realizzata in collaborazione con il ministero della Giustizia Dipartimento Giustizia minorile e con il patrocinio della Conferenza episcopale italiana - Ufficio per le Comunicazioni sociali, dell’arcidiocesi e del Comune di Palermo, della Regione Sicilia Assessorato per la Famiglia, le Politiche sociali e il Lavoro e della Camera di Commercio di Catanzaro. Durante la serata, condotta da Domenico Gareri e Lorena Bianchetti, verranno consegnati i premi “Nella Memoria di Giovanni Paolo II” realizzati dal maestro orafo Michele Affidato. A ricevere uno dei riconoscimenti sarà l’attore Beppe Fiorello che, in poco più di dieci anni, è diventato uno dei volti più noti del piccolo schermo. Reduce dal successo di Volare - La vera storia di Domenico Modugno, Fiorello tornerà prossimamente a vestire i panni di protagonista per la fiction Rai L’oro di Scampia. Ospite dell’evento di Palermo sarà anche il cantautore Ron che, nel pomeriggio, incontrerà i ragazzi del “Malaspina” per un momento che si annuncia ricco di emozioni. Ron negli scorsi mesi ha portato nei teatri lo spettacolo L’altra parte di Ron insieme a Mario Melazzini, presidente dell’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica, con cui l’artista ha condiviso un’esperienza di profonda amicizia che ha fortemente segnato il suo rapporto con la fede.

In ricordo della figura e dell’opera di uno dei pontefici più amati nella storia della Chiesa per mantenere vivi i suoi insegnamenti

cittadino soltanto al raggiungimento della maggiore età. Ritenuto incapace di compiere giuramento e di manifestare autonomamente la propria volontà, Cristian è stato al centro anche dell’interesse dei media nazionali dando prova di piena capacità e commuovendo l’intero Paese per il suo desiderio di diventare a tutti gli effetti “italiano”. Grazie all’interessamento del ministro Cancellieri e del Presidente della Repubblica Napolitano, che ne ha firmato il decreto, Cristian ha ottenuto la cittadinanza e la mamma Gloria ha vinto la sua battaglia senza aver mai messo da parte il senso di fiducia verso le istituzioni. La giuria ha, inoltre, voluto assegnare un altro riconoscimento al “Progetto Policoro” che, partendo dal Sud per iniziativa del sacerdote saviglianese Mario Operti, in 15 anni di attività ha promosso la nascita di oltre 500 esperienze lavorative attraverso azioni volte a mettere in sinergia i diversi uffici delle diocesi con l’associazionismo e le istituzioni pubbliche e a fornire consulenze ai giovani sul mondo del lavoro e sulle opportunità legate a nuove realtà imprenditoriali. L’ultimo premio “Nella memoria di Giovanni Paolo II” sarà assegnato alla città di Lampedusa ed ai lampedusani: «esempio di amore, carità ed accoglienza, per l’umana generosità e per la vittoria sull’indifferenza di fronte alla richiesta d’aiuto di tanti nostri fratelli, Lampedusa merita di essere guardata come faro della solidarietà da tutti i cittadini del mondo».

Nella memoria di Giovanni Paolo II Tra gli insigniti del premio “Nella Memoria di Giovanni Paolo II” ci sarà anche l’ex campionessa di tennis Mara Santangelo che tre anni fa, poco più che trentenne, dopo aver combattuto per tutta la carriera con i malanni fisici, è stata costretta ad abbandonare una carriera di livello mondiale. Il suo addio all’attività agonistica è coinciso anche con una clamorosa conversione, avvenuta a Medjuogorje nel corso di un pellegrinaggio, che ha aperto la porta del suo cuore alla fede.

Beppe Fiorello

Un riconoscimento sarà assegnato a Gloria Ramos, madre di Cristian, giovane con sindrome di Down nato a Roma che, essendo figlio di una donna straniera, avrebbe potuto richiedere lo status di

Il premio creato dal maestro orafo Michele Affidato consiste in un bassorilievo in argento realizzato a sbalzo, dipinto con smalti a fuoco e raffigurante il Santo padre che, con la mano alzata, invita l’uomo ad aprire il proprio cuore a Dio. La figura del pontefice immerso nel mare vuole significare l’umanità le cui acque lambiscono tutti i confini della terra e alle cui spalle si staglia un arcobaleno simbolo dell’instancabile pellegrino di pace. «Giovanni Paolo II - racconta Affidato - è stato un uomo di grande carisma e punto di riferimento nel mio percorso artistico e professionale, a cui sono profondamente legato e che ho avuto modo di incontrare varie volte durante il suo lungo pontificato presentandogli di volta in volta le diverse opere di arte sacra da me realizzate».

In collaborazione con la Camera di Commercio di Catanzaro

Ron


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asabato 21 settembre 2013

Pillole di fede Maurizio Olivito racconta la solidarietà dell’associazione “Rosanna Spina”

Dal pane ai vestiti

Maurizio Olivito nella sede dell-associazione

di Lucia De Cicco

C’è un’associazione che è intitolata a una responsabile, una donna: Rosanna Spina, responsabile della Caritas di Donnici, Cosenza, a servizio della comunità in questa sua missione. Rosanna Spina era davvero tra gli ultimi e per gli ultimi; insegnante di religione, ogni domenica faceva apprendere in un modo speciale la Parola di Dio, calandosi completamente in ciò che leggeva; e si notava, così ci racconta Maurizio Olivito, che davvero credeva profondamente in ciò che proclamava. Persona di purezza e di fede coinvolgente. «Anche a occhi chiusi, racconta Olivito, si capiva che era lei a parlare e come proclamava lei la Parola, era qualcosa di davvero particolare. Alla sua morte ho pensato subito a quest’associazione, “Rosanna Spina. Vestire gli ignudi”, perché mi pareva la cosa giusta fare qualcosa per la Chiesa, così come aveva fatto lei con la grande collaborazione di don Tommaso Scicchitano, sacerdote del luogo, persona affidabilissima e che stimo profondamente. Così si partì nella realizzazione del progetto. Intanto abbiamo avuto la fortuna della donazione di un locale da parte della sorella della compianta Rosanna Spina e siamo partiti davvero improvvisando. Non c’era acqua, neppure la luce, il pavimento era da rifare. Non ci siamo scoraggiati con i soci fondatori, Amedeo Costabile, sociologo filosofo, Giuseppe Marino, funzionario dell’Agenzia delle entrate a Milano; e pian piano si sono avvicinati molti cittadini di Donnici. Attualmente, l’associazione consta di ottanta soci, e ci sono state di recente delle nuove iscrizioni». L’associazione si occupa in sostanza di donare degli indumenti, possibilmente siano nuovi, perché anche il bisognoso ha una dignità che va rispettata. E con molti canali opportuni Olivito ha potuto continuare su questa strada, donando tanti indumenti anche in occasioni importanti come i terremoti, che si sono verificati di recente. E da qualche tempo ha inviato in Croazia un furgone di vestiti nuovi e a questo proposito ha ricevuto anche una lettera di ringraziamento, che riportiamo per intero e che Maurizio Olivito ci ha consegnato come documento firmato... «Caro Maurizio, per conto dell’Associazione per lo sviluppo economico croato Ragos che rappresento in qualità di presidente, vorrei ringraziarLa per la sua generosa offerta di capi di abbigliamento per un ammontare complessivo di 5.000 euro, di cui gentilmente il dott. Ugo Comunale e il dott. Maurizio Compagnone hanno provveduto alla consegna, i quali saranno devoluti alla città di Petrinja in Croazia, dove i giorni 28 e 29 settembre 2013 avrà luogo un evento di beneficienza al quale sarei onorata poteste partecipare. La ringrazio altresì per il Suo impegno, sinceramente apprezzato dalla nostra organizzazione ad aiutare una zona geografica della Croazia, che ha bisogno di aiuti e incentivi per lo sviluppo economico e per l’occupazione in generale. Ogni anno la Ragos continua a profondere il suo impegno per un effettivo sviluppo economico. L’obiettivo della Ragos è di continuare a fare la differenza nella predisposizione delle fondamenta per un concreto sviluppo economico della Croazia. Con l’aiuto delle donazioni provenienti dai sostenitori come Lei, continueremo a migliorarci nel raggiungimento dei nostri obiettivi. La ringraziamo ancora per il Suo generoso supporto ai nostri sforzi che vogliono

Operatore della Caritas di Donnici, si occupa, tra le altre cose, di donare indumenti possibilmente nuovi, perché anche il bisognoso ha una sua dignità che va rispettata

riuscire a migliorare la qualità dello sviluppo non solo delle imprese, ma altresì della qualità di vita delle persone che riversano in stato di bisogno. Con i migliori auguri, Pc presidente Udruga Ragos (Ragos Udruga za razvoj hrvatskog gospodarstva Associazione per lo sviluppo economico croato)». Riprende il racconto Maurizio Olivito: «Abbiamo dato anche un contributo per i rom, e collaborato anche con un’associazione di Spezzano della Sila in altra manifestazione. Quindi, ciò ci rende gratificati a perseguire questo obiettivo». Tornando alla figura di Rosanna Spina, questa donna di grande pregio e valore umano, Maurizio ci dice che lei era «una testimonianza vivente di ciò che andava a dire, interamente testimone del Vangelo. Lei era sempre accanto agli ammalati della comunità, portava loro viveri, e li curava anche nelle mansioni più delicate come fare per loro il bucato. Chi era nel bisogno era di certo assistito e curato nel perseguimento del bene». Tutto questo bene che si attiva in modo silenzioso e che cammina per la nostra città sembra incredibile, ma ci sono davvero uomini di buona volontà nel Cosentino che collaborano all’attivismo dell’associazione “Rosanna Spina”: «Ci è capitato di ricevere anche ottomila paia di scarpe dai negozi del territorio, diciotto quintali di camicie bianche, tantissime tute, quattromila cappelli. L’ultima manifestazione fatta a Cosenza che ha visto coinvolto il corso principale del centro storico, il Telesio, ci ha permesso di consegnare indumenti per oltre cento persone, dagli adulti ai bambini: a chi ne ha fatta richiesta e ad alcune case famiglia. Siamo pronti a soddisfare, per ciò che c’è, ogni richiesta. Quest’opera avviatissima mi sconvolge, poiché dal nulla ci si rende conto che è opera di Chi ci guida e ci vuol bene. Naturalmente per la manifestazione dobbiamo ringraziare il già assessore Alessandra De Rosa, che ci accoglieva ed era disponibile a fare tutto ciò che era possibile e nel limite del possibile. In quell’occasione ospite della città era il cantautore Simone Cristicchi che si è fermato ai nostri stand, scambiando l’uguale opinione che fare associazionismo finalizzato alla solidarietà è opera per il bene». Che cosa ci riserva in futuro quest’associazione? «La terza edizione di “Dona anche tu il tuo calzino” che coinvolge gli istituti scolastici di scuola primaria. Ai bambini richiediamo dei componimenti creativi; l’associazione in cambio dà l’occorrente dei nostri servizi, con la collaborazione delle insegnanti, il tutto in modo riservato. E affiancata alla manifestazione c’è una raccolta fondi per far camminare l’associazione». Maurizio Olivito, già nell’aspetto, è una persona che è rassicurante, ma se leghiamo la sua immagine al pane, ci rendiamo conto che questa immagine accogliente si amplifica. Panificatore per cinquant’anni, svolge il suo lavoro dal classico forno a legna fino ai forni a tunnel industriali. Adesso il suo progetto che è diventato un chiodo fisso è quello di tramandare alle mani di chi volesse, questa bellissima arte che arricchisce le tavole di tutto il mondo. «Fare oggi il panettiere è più facile, ma è necessario comunque apprendere la tecnica di base dell’impastare e frequentando una scuola di panificazione, insegnando dal chicco al pane, si potrebbe fare capire il valore del lavoro anche se faticoso e come si può stare bene».


sabato 21 settembre 2013

Il bello della predica Appello di monsignor Galantino in occasione dell’apertura dell’anno scolastico

No alla mediocrità, sì ai sogni Mons. Nunzio Galantino

Rinunciare alla mediocrità, per coltivare sempre i sogni e le idee. Lo scrive il vescovo della diocesi di Cassano all’Jonio, monsignor Nunzio Galantino, nel messaggio indirizzato agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado attive nel territorio diocesano. «Con tanti di voi - afferma monsignor Galantino nella sua lettera, disponibile in versione integrale insieme ad un’intervista video anche sul sito internet diocesano - mi incontro spesso in piazza, quella piazza virtuale che è facebook. Ma la lettera è tutta un’altra cosa. Soprattutto se con essa riesco a farvi sapere quanto sia vicino a ciascuno di voi, ai vostri genitori e a quanti, con ruoli diversi, incontrerete a scuola». Segue l’invito: «Con l’energia che vi portate dentro e con tutta la

Dibattito a Pentone

La Calabria che non ti aspetti Valorizzazione del territorio, senso della comunità, spirito civico: questi alcuni dei temi emersi durante l’incontro organizzato nei giorni scorsi, a Pentone, dal comitato civico ‘L’Arco’ in collaborazione con il centro di documentazione sulla Palestina ‘InvictaPalestina’. Il dibattito ha preso le mosse dalla proiezione del documentario ‘La Calabria che non ti aspetti - Sui sentieri dei briganti’, realizzato da Rosario Citriniti per InvictaPalestina. Tra le righe della serata anche una proposta concreta: realizzare, nel centro presilano, una sala multimediale per incontri e proiezioni. Il documentario è incentrato sul trekking fatto ad agosto sul Pollino, sui percorsi dei briganti, curato dall’associazione ‘Ragazzi di S.Lorenzo’ e giunto alla seconda edizione. Un modello di economia sostenibile, basato sulla sinergia tra i diversi attori presenti sul territorio, che coniuga passato e presente e mette in luce la necessità di partire dalla conoscenza del territorio per valorizzarlo. Lo hanno evidenziato i membri del comitato civico ‘L’Arco’. Rosario Citriniti ha presentato dettagli tecnici e risvolti di un video dedicato alla Calabria. Dopo la proiezione, il dibattito, particolarmente partecipato, ha toccato molteplici punti: carenza di spirito civico e di armonia, effetti devastanti di invidie e divisioni, potenzialità, necessità di costruire ora il futuro, rispetto e valorizzazione del territorio, patrimonio paesaggistico e storico locale (ad esempio il ‘Mulino’ e l’acquedotto di Visconte), possibili sviluppi di ritorno all’agricoltura e turismo sostenibile, complessità e diversità di letture del brigantaggio e dell’Unità d’Italia. Punti che meriterebbero approfondimenti e azioni. Parlarne insieme, probabilmente, è già un inizio.

In una lettera la riflessione del Pastore della Chiesa cassanese «C’è bisogno di figure di riferimento credibili: i vostri insegnanti, i vostri prèsidi»

passione che talvolta vi fa scoppiare il cuore vorrei vedervi dare una spallata a una malattia che si sta diffondendo in maniera endemica: la mediocrità. Il mediocre è uno senza sogni, impegnato con grande fervore a spegnere quelli degli altri attraverso la pratica dell’invidia e della maldicenza. E’ questo il mio augurio per questo nuovo anno scolastico: un tempo, dei luoghi e soprattutto un esercito di ragazzi e di giovani che combattono la mediocrità, mettendo al bando l’invidia e la maldicenza». Aggiunge il presule, rivolgendo il suo pensiero anche a docenti, dirigenti ed operatori scolastici: «La scuola può essere una palestra per esercitarsi a sconfiggere la mediocrità e a prendere le distanze da comportamenti invidiosi. C’è bisogno, per questo, di figure di riferimento credibili: i vostri insegnanti, i vostri prèsidi. Alcuni cambiamenti, intervenuti nel sistema scolastico a più riprese, a diversi livelli e in modo non sempre coordinato, hanno influito talvolta anche pesantemente sulla loro identità e sul loro ruolo, fino quasi a snaturarli. Ne diventano allora comprensibili il disorientamento, la sensazione di delusione e di stanchezza e per molti versi anche la frustrazione. Ma nel faticoso cammino della quotidianità, amici, non siete soli: il vescovo e la Chiesa sono al vostro fianco per trasformare con voi in concretezza l’esigenza urgente di ridefinire secondo un più alto profilo la figura dell’educatore nella scuola, perché diventi sempre più un interlocutore accogliente e preparato, capace di motivare i giovani a una formazione integrale; di suscitare e orientare le loro energie migliori verso una positiva costruzione di sè e della vita; e anche di essere un testimone serio di responsabilità e di speranza». In coda, la mano tesa agli studenti: «Come ho già fatto lo scorso anno, spero di potervi incontrare nelle vostre scuole per dialogare con voi e, se vorrete, anche per pregare con voi e perché i vostri sogni possano realizzarsi».

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