Anno 37 - 25 Maggio 2013 - Numero 21
Settimanale indipendente di informazione
euro 0,50
di Maria Lucilla Aprile
Giuseppe Mastromarco, ordinario di Storia e Filosofia, propone adattamenti linguistici per le commedie di Aristofane PELLICOLA D’ECCEZIONE
L’EMOZIONE È DI SCENA
Il cinema oltre se stesso. Bellocchio si racconta
Indimenticabili passi per il Premio “Stefano Valentini”
di Francesco Fotia
Riuscire a sottrarsi al gioco illusorio della celluloide diventando reale
Al Rendano di Cosenza a vent’anni dalla scomparsa dell’artista
II
sabato 25 maggio 2013
Sinergie sanitarie Incontro tra il rettore Giovanni Latorre e il direttore scientifico dell’Inrca, Fabrizia Lattanzi
Unical in reparto
Nei riquadri a destra Marcello Maggiolini e Giovanni Latorre e Fabrizia Lattanzi con Enzo Damiano
S’è svolto, nell’aula del Consiglio dell’Università della Calabria, l’incontro tra il rettore, Giovanni Latorre e il direttore scientifico dell’Inrca, Fabrizia Lattanzi. Della delegazione dell’Inrca facevano parte anche il consigliere Enzo Damiano ed il ricercatore della sede Inrca di Cosenza, Andrea Corsonello. Ad accompagnare il rettore c’era invece Marcello Maggiolini, delegato alle Politiche per la promozione della Ricerca Scientifica. Il rettore Latorre ha evidenziato l’importanza di questo incontro che consente d’aprire la strada ad una serie di significative collaborazioni scientifiche. «Pur non avendo una facoltà di Medicina - ha spiegato -, presso il dipartimento di Farmacia disponiamo di ben 25 ruoli medici. Un’area della salute numericamente corposa e capace, anche grazie alle sinergie con gli altri dipartimenti, di produrre una ricerca medica di ottima qualità. La mission dell’Irca, inoltre, fortemente incentrata sull’area della geriatria e degli studi sull’invecchiamento, consente un dialogo “naturale” con alcune linee di ricerca che l’Unical sta portando avanti con successo ormai da diversi anni. Ci auguriamo, dunque, che i rapporti di collaborazione s’intensifichino e producano evidenze scientifiche che vadano a beneficio del prestigio di entrambi». Al rettore ha fatto eco Maggiolini che ha individuato tre grandi ambiti sui quali è immediatamente possibile individuare un percorso comune. «Ritengo che oltre all’ area degli studi sull’invecchiamento legati alla genetica, sui quali l’Unical è all’avanguardia - ha spiegato - , si possa dialogare proficuamente anche nel campo dell’area della salute con il dipartimento di Farmacia ed in quello tecnologico che fa riferimento ai dipartimenti di Fisica, Chimica ed Ingegneria». Dal canto suo la Lattanzi, dopo aver ricordato le specificità dell’Istituto che presiede che, oltre a Cosenza, è presente ad Ancona, Appignano, Fermo e Casatenovo, s’è detta soddisfatta di aver istaurato questo dialogo con una prestigiosa Università come l’Unical che ha invitato a far parte del “Network nazionale sull’invecchiamento” che l’Irca, assieme al ministero della Salute, presiede a livello nazionale. «Potrebbe essere il primo passo concreto - ha spiegato - per istaurare un rapporto di collaborazione istituzionale che, nel tempo, potrà ulteriormente svilupparsi».
Il rettore ha evidenziato l’importanza di questo incontro che consente di aprire la strada ad una serie di collaborazioni scientifiche. La mission Inrca, inoltre, incentrata sull’area della geriatria e degli studi sull’invecchiamento, consente un dialogo “naturale” con alcune linee di ricerca
Crotone, una struttura per il sociale
Per i bimbi nessun disturbo L’assessore alle Politiche sociali del Comune di Crotone, Filippo Esposito, ha presentato nel corso di una conferenza stampa, un nuovo centro destinato al sostegno di bambini affetti da disturbi dell’attenzione e dalla sindrome di down. Con il titolare delle politiche sociali, il presidente Antonio Grimaldi e le assistenti sociali Eleonora Dardano e Katarzyna Jusis della Cooperativa sociale “Giacobbe” che curerà le attività del Centro. I bambini faranno attività di psicomotricità, manipolative - ricreative, musicale seguiti da personale specializzato come neuropsichiatri, interpreti della lingua dei segni, psicologi, fisioterapisti, operatori socio - sanitari. L’attività effettuate nel Centro hanno la finalità di sostenere le capacita’ psico-motorie dei ragazzi, aiutare i bambini ad esprimere le proprie emozioni arricchendo la propria personalita’, aumentare la loro autostima, fargli vivere momenti di socializzazione fuori dall’ambito familiare. «Oggi diamo vita ad un’altra struttura destinata al sociale. Dopo i centri per gli anziani ed altre strutture destinate a soggetti diversamente abili, l’amministrazione Vallone rivolge la sua attenzione ai ragazzi che hanno seri problemi di adattamento» ha dichiara l’assessore Filippo Esposito, aggiungendo: «Nonostante i tagli al sociale operati a livello centrale non ci siamo sentiti di tirarci indietro davanti al bisogno espresso dai questi ragazzi e dalle loro famiglie».
sabato 25 maggio 2013
III
Mouse tranquillo L’Iis “Guarasci” di Rogliano, tra studio e lavoro, vince anche Gio.co.web
Giovani calabresi da esportazione
nelli di Federica Monta
Un progetto dedicato ai giovani consumatori del web, che ha come scopo quello di far conoscere agli utenti della rete le basi per una navigazione sicura, nato dalla collaborazione del Ministero dello Sviluppo economico e dell’Unione italiana delle Camere di Commercio. Stiamo parlando di “Giovani consumatori nel Web”, che nasce nel 2011 e che ha visto la partecipazione di oltre 125 istituti scolastici secondari superiori provenienti da ogni parte d’Italia. Il programma del concorso, finanziato con i fondi delle multe antitrust, è stato ricco di attività per studenti e per docenti, che hanno potuto usufruire di corsi di formazione e iniziative condotte da esperti nel campo del diritto dei consumatori. Al termine del progetto è stata realizzata una guida per la tutela dei giovani consumatori del web, dal titolo “Naviga senza rischi. Questa è la guida”. Inoltre, le scuole hanno partecipato a un gioco, un business game, che ha coinvolto gli studenti in un vero e proprio campionato a squadre. Ed è in quest’ultima gara che a prevalere è stata la classe Quinta A Itc dell’Iii “A. Guarasci” di Rogliano, che sarà premiata, rappresentata da studenti e docenti, martedì prossimo presso la sede di Unioncamere a Roma. Il gioco si è basato sulla creazione di una campagna di comunicazione online sui rischi che si incorrono nell’acquistare in internet e navigando nella rete. Alla classe vincitrice è stato dato, come premio, il viaggio e soggiorno a Roma per la cerimonia conclusiva che si terrà il 27.05.2013 e un tablet per ciascun studente che ha preso parte al progetto; inoltre, agli insegnanti sono stati assegnati crediti formativi spendibili anche per i concorsi. Giovani consumatori nel web è un progetto che si è sviluppato in un arco di tempo lungo due anni. L’anno scolastico 2011/2012 è stato dedicato alla formazione dei docenti, con sessioni in modalità online e in presenza. Al termine del corso, ai docenti è stato chiesto di formulare un “intervento formativo” sul tema della tutela del consumatore da utilizzare per la trasmissione dei contenuti. L’anno 2012/2013 è stato invece dedicato agli studenti che, con l’ausilio di un esperto del diritto dei consumatori, sono stati sensibilizzati su tutto ciò che ruota attorno gli acquisti online e il trasferimento sicuro di informazioni e dati personali. Una formazione ben recepita dai giovani del “Guarasci”, divenuti motivo d’orgoglio per la preside dell’istituto, Mariarosa De Rosa che a riguardo ha dichiarato: «Il successo ottenuto in questa particolare competizione formativa ha dato molta soddisfazione alla scuola e alla cittadinanza, perché è segno evidente di quanto il meridio-
Un progetto per ragazzi consumatori del web per far conoscere le basi per una navigazione sicura, nato dalla collaborazione del Ministero dello Sviluppo economico e dell’Unione italiana delle Camere di Commercio
ne sia abitato da eccellenze che bisognano solo di stimoli e di attenzione per emergere. Questa nostra vittoria - ha concluso - è frutto della dedizione al lavoro e dell’attenzione di docenti e alunni: un connubio che lascia ben sperare per il futuro dei nostri giovani e delle nostre terre». L’Iis “A. Guarasci”, rappresentato dalle classi III e IV A sezione Itc, di recente ha fatto anche visita al parco tematico “L’Italia in miniatura”, ultimo tassello dell’esperienza degli alunni nell’ambito del progetto “Alternanza scuola-lavoro”, che li ha visti impegnati in uno stage presso l’agenzia giornalistica e di stampa Adt group di Cosenza. Un’esperienza che ha portato i diligenti studenti, accompagnati dalle professoresse Maria Grazia Salvino e Rosa Maria Falcone, all’ideazione, alla realizzazione e alla stampa di un’accattivante brochure, utilizzata per promuovere la propria scuola e presentata, presso l’auditorium della scuola, alla presenza del sindaco Giuseppe Gallo, dell’assessore con delega alla Cultura e all’istruzione, Antonio Simarco, del dirigente scolastico Mariarosa De Rosa e della vice-preside, Antonella Bozzo. Elenco completo degli studenti che hanno partecipato all’alternanza scuola-lavoro. Classe III A Itc: Mihaela Bruni, Jessica Fuoco, Christian Gervasi, Giada Guarascio, Roberto Maguzia, Maria Vittoria Reda, Simone Rizzo, Zoryana Rutkovska, Antonio Sottile, Francesca Spinelli, Valentina Vena, Nicola Viscomi, Andrea Vizza, Carmen Vizza, Genny Vizza, Martina Vizza. Classe IV A Itc: Francesco Altomare, Alfonso Bianco, Domenico Convertini, Davide Dodaro, Michela Domanico, Raffaella Francavilla, Carmela Fuoco, Debora Fuoco, Alessandro Antonio Gallo, Giampiero Garofalo, Roberta Garritano, Emanuela Guido, Maria Iacoe, Francesca Marino, Salvatore Pascuzzo, Bruno Porco, Mariangela Rizzo, Martina Rota, Rosy Tiano, Gianmarco Tosti, Arianna Via, Gabriele Vizza.
La copertina della brochure realizzata dagli studenti Sopra, un momento della conferenza stampa di presentazione della brochure
IV
sabato 25 maggio 2013
Calabresi illustri Teofilo Scullica, tropeano del Cinquecento
Il teologo inquisitore della cultura rise a cura di Oreste Pa
Gli inizi del Cinquecento sono scossi dalle tesi luterane esposte nella Cattedrale di Wittemberg il 31 ottobre 1517, formulate nella “Disputatio pro declaratione virtutis indulgentiarum”. Per il corrotto mondo vaticano è una scossa senza precedenti, che innesca un processo di allontanamento di gran parte delle popolazioni tedesche dal supremazia del papa di Roma. Ben presto la Riforma protestante si diffuse e conquista la maggior parte dei territori germanici. Il Vaticano ha qualche remora a rispondere,poiché appare subito evidente che si tratta di qualcosa di molto serio e profondo che rischia di far deflagrare l’intero sistema vaticano. Paolo III succede a Papa Clemente VII e fu eletto al soglio di Pietro diciassette anni dopo la pubblicazione della Disputatio di Lutero e le sue novantacinque tesi dedicate alle indulgenze, e in generale al comportamento della Chiesa costituiscono una ferita sanguinante nel corpo della Chiesa che ancora non si riesce a rimarginare. È stato proprio questo papa Paolo III che ha lanciato la prima vera e propria controffensiva che venne chiamata Controriforma, un tentativo di salvataggio della supremazia del Papato che inizialmente aveva un carattere culturale, una risposta sul piano dogmatico. La gerarchia ecclesiastica è cosciente però che è necessaria una risposta molto forte, che inizia quando nel 1534. La reazione assume una duplice forma, da un lato contrastando le tesi luterane e dall’altro con un movimento interno di auto-riforma, che si concludere qualche anno più tardi con il Concilio di Trento (1545 - 1563), dove si da una risposta sul piano teologico, della liturgia, e della riforma complessiva della Chiesa.
Statua di Giordano Bruno in Campo dei Fiori, una delle vittime illustri dell’Inquisizione Sopra, la città di Tropea
Tra le varie misure, forse quelle che, nel bene e nel male hanno provocato i più rilevanti effetti di lungo periodo, sono l’Inquisizione e l’Indice dei libri proibiti, una risposta sul piano repressivo il primo e culturale il secondo che vorrebbero contrastare l’avanzata dei riformatori. Ma ci si accorge subito che questo è insufficiente ad arginare l’onda protestante che trova largo favore tra la gente comune, che non legge i libri ma critica i comportamenti poco cristiani della Chiesa. Ben presto si decide di ricorrere a misure più drastiche che hanno un carattere decisamente repressivo: dove non arriva la persuasione si interviene con la violenza. Si cerca di incutere timore e rispetto per la gerarchia ecclesiastica condannando tutte le tesi che sono in contrasto con l’ortodossia romana e perseguendo i proseliti o simpatizzanti di queste dottrine condannate come eretiche. Il passo successivo è quello di considerare qualsiasi tesi contraria all’ortodossia romana come un delitto, condannando i colpevoli a severe pene spirituali, ma soprattutto corporali. La tortura e il supplizio diventano i metodi preferiti dal Sant’Uffizio per riportare le pecorelle smarrite all’ovile. Il primo obiettivo è quello di impedire la diffusione dei testi e per tale scopo viene predisposto un elenco di quelli considerati pericolosi per i buoni cattolici che potrebbero essere traviati e indotti in er-
Domenicano di grande spessore umanistico e religioso fu il primo censore della stampa e iniziò la pubblicazione dei libri “suspecti, aut eretici et scandalosi” Con lui ha inizio la censura, che costituisce una delle attività più odiose della Sacra inquisizione
rore. Si procede per una duplice via, sottoponendo a un esame preventivo le opere che devono essere pubblicate, che devono ottenere il consenso vaticano (l’imprimatur) prima della stampa e dall’altro esaminando quelli in circolazione additando ai fedeli quali sono quelli che contengono elementi non conformi alla dottrina cristiana. Si tenta, quindi, di creare un elenco di questi testi proibiti, perché contrari alla religione, alla morale, all’ordine costituito, formato da due sezioni: l’Index librorum prohibitorum, l’indice dei libri proibiti perché “suspecti, aut eretici et scandalosi”, e un’altra sezione dove si elencano i testi di cui è consentita la lettura previa autorizzazione dell’autorità ecclesiastica. Nel maggio del 1549 ha così inizio il lungo periodo della censura della stampa sottoposta al controllo preventivo del Sant’Uffizio. Nei paesi cattolici i sovrani erano sottoposti alla autorità ecclesiastica che imponeva le sue decisioni su tutti i cittadini. L’abbandono dell’autorità romana da parte dei principi tedeschi aveva annullato tale privilegio, per cui le sentenze del Sant’Uffizio non avevano alcun valore nei paesi protestanti, il cui comportamento costituì un ulteriore fattore di convincimento dei protestanti ad allontanarsi dal papato. Quando il pontificato di Paolo III volge al termine, questi istituisce, infatti, la Congregazione del Sant’Uffizio, che ha il compito di vigilare sui fedeli che si comportino conformità ai canoni cristiani nei loro comportamenti, nelle parole, nelle opere, negli scritti, e così via. Un controllo totalitario che riguarda ogni aspetto della vita personale, economica e sociale dell’individuo. Il Sant’Uffizio diventerà tristemente famoso per i suoi metodi brutali, gli strumenti di tortura pensati e realizzati con un sadismo incredibile. Uno dei compiti più importanti ed urgenti è quello del controllo della produzione intellettuale, perché sono le idee a terrorizzare la gerarchia ecclesiastica. Teofilo Scullica, un teologo che è molto apprezzato per la sua cultura, per l’erudizione classica viene nominato come uno dei membri del Sacro Uffizio, e riceve il compito di compilare l’Index, aggiornarlo periodicamente con le nuove pubblicazioni, e aggiungere ogni altra notizia utile relativa a pubblicazioni di qualsiasi genere con un contenuto ritenuto eretico o blasfemo. Le poche notizie che si hanno sulla sua vita sono riportate nel Breve compendio de gli più illustri padri nella vita, dignità, uffici, e lettere ch’ha prodotto la prov. del Regno di Nap. dell’Ordine de predi-
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Calabresi illustri
Questo provoca l’immediata reazione dei librai e degli stampatori che vengono chiamati al Sant’Uffizio dei librai e stampatori il 7 maggio 1549. La delegazione fu capeggiata da Francesco Tramezzino, che era un delatore dello stesso Ufficio, ed ora si trovava lui stesso a sperimentarne i rigori. La difesa dei librai si basava su due elementi. Il primo di non essere stati avvisati in tempo, né avevano avuto alcuna comunicazione di quali fossero i libri proibiti, e così non potevano applicare una norma che non conoscevano, e in secondo luogo ritenevano che una sola persona per quanto esperta ed autorevole non poteva assolvere un compito così delicato, con il risultato di paralizzare per anni l’intero settore in attesa di un pronunciamento sulle migliaia di libri in circolazione. Tali argomentazioni furono ritenute valide e si evitò di procedere nei loro confronti. E cogliendo la sollecitazione dei librai, fu istituita una commissione alla quale facevano parte i domenicani Stefano Usodimare e Egidio Foscarari, incaricati di esaminare i libri delle biblioteche della Università di Parigi e di Lovanio per predisporre il “catalogum” delle opere proibite. Nel frattempo Giulio III, succeduto nel frattempo Paolo III, nel 1550, emana la bolla Cum meditatio cordis, in cui vieta ufficialmente a leggere libri proibiti. I libri posti all’Indice sono svariatissimi e di argomento diverso. Si va dagli scritti di astronomia e di magia alla totalità delle opere della letteratura religiosa protestante. Ma non viene risparmiata neanche la grande cultura europea e si includono opere di autori come Dante Alighieri, Giovanni Boccaccio, Erasmo da Rotterdam, Girolamo Savonarola, Machiavelli, François Rabelais e altri.
catori domenicani compilato da Théodore Vallé nel 1651, riportate integralmente. «Fra Teofilo di Tropea, o second’altri Tropia, città molto popolata, e civile, sita, secondo Alberti nella Calabria littorale, settima Regione d’Italia. Fu figlio del Regal Convento di S. Domenico di Napoli, fu celebre Maestro di Teologia aggregato al Sacro collegio di Dottori. Fu gran persecutore de gli heretici, et indefesso fautore della santa Fede. Da Paolo IV Carrafa fu creato Commissario generale del Sant’Ufficio, quale ufficio, s’è perpetuato nella Religione Domenicana, come s’è visto, e vede fino a questi tempi. Si portò in quella carica con somma soddisfazione del Pontefice, e di tutti i Prelati della Corte. Tra le scritture del Regal Archivio del Convento di S. Domenico di Napoli, ho ritrovato di lui memoria queste parole. Frater Theophilus Calaber S. Theologia Doctor, filius Conventus S. Dominici de Neapoli, a Paulo IV Neapolitano factus Commissarius generalis Sanctae Inquisitionis Romae. Vir omni doctrina excellens, et Sanctae fidei contra haereticos validus et infractus propugnator. In Philosophia satis instructus, in Theologia vero scholastica, et sacrarum litterarum lectione, valde celebris. Demum in consessu quorumque doctissimorum, non infimum sibi locum vendicant. Floruit anno Domini 1556. Il suo immediato successore fu gra Michele Ghislerio Alessandrino, che fu poi vescovo, Cardinale e Papa, e chiamossi Pio V. Fiorì questo sudetto Fra Teofilo intorno agli anni del Sig. 1556». Con lui inizia la tradizione che porterà i domenicani a identificarsi con il Sant’Uffizio poiché sarà sempre di quest’ordine il responsabile di quella famigerata istituzione che ancora oggi incute terrore. Il compito affidato a Fra Teofilo non è certo agevole, poiché egli non ha alcun precedente a cui rifarsi e deve inventarsi dal nulla questa nuova e discussa attività vaticana. Inizia con un elenco di 32 libri, che pone all’Indice, ma non si limita a questo poiché ispeziona le librerie romane alla ricerca dei libri proibiti.
L’Index librorum prohibitorum Sotto Papa Giulio III
Nell’impossibilità di predisporre un catalogo esaustivo di tutte le opere si ricorre a metodi più sbrigativi come il proibire tutte le opere di alcuni editori per lo più svizzeri e tedeschi sospettati di divulgare opere eretiche, o di un autore, le versioni non ufficiali della Bibbia, e qualsiasi traduzione non autorizzata delle Sacre scritture, a prescindere dal loro contenuto che non può essere controllato adeguatamente. Si è trattato di uno sforzo gigantesco, poiché bisognava esaminare tutti i libri pubblicati e quelli che da pubblicare. Solo nel gennaio del 1558, quando Fra Teofilo Scullica era già morto da due anni, viene rilasciata la versione finale del catalogo, conosciuto come l’Indice di Paolo IV. L’indice è stato sottoposto all’esame del Concilio di Trento che lo approva e ne ordina una versione definitiva che viene approvata ufficialmente nel 1564 con la bolla pontificia Dominici Gregis. L’operato dell’Indice, creato per ostacolare la contaminazione della fede e la corruzione morale provoca violente proteste in tutta Europa, da parte di intellettuali, stampatori, librai, e di tutta la nascente borghesia urbana approfondendo il solco tra i protestanti e la gerarchia vaticana rendendo di fatto impossibile qualsiasi dialogo tra i protestanti e il Vaticano. Lo scopo dell’elenco era quello di impedire la contaminazione della fede religiosa attraverso la lettura di scritti il cui contenuto veniva considerato dall’autorità ecclesiastica non corretto sul piano strettamente teologico, se non addirittura immorale. L’Indice fu soppresso il 4 febbraio del 1966, data che segnò anche la fine del Sant’Uffizio sostituito con la Congregazione per la dottrina della fede. Nel corso dei secoli della sua validità fu un formidabile strumento di pressione e di controllo sull’attività intellettuale. L’inclusione di un libro nell’Indice veniva considerata una prova schiacciante nelle cause di eresia, e spesso la sola pubblicazione di un testo provocava la condanna al rogo del testo e del suo autore, come il caso di Giordano Bruno, anche egli frate domenicano come Teofilo, bruciato a Campo dei Fiori il 17 febbraio del 1600. Nel lungo elenco degli autori messi all’indice in tempi moderni vi si annoverano Cartesio, Colette, D’Alembert, Daniel Defoe, Denis Diderot, Alexandre Dumas (padre) e Alexandre Dumas (figlio), Gustave Flaubert, Thomas Hobbes, Victor Hugo, David Hume, Immanuel Kant, Jean de La Fontaine, John Locke, Karl Marx e tanti altri. Tra gli italiani Benedetto Croce, Gabriele D’Annunzio, Giacomo Leopardi, Alberto Moravia e tanti altri.
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sabato 25 maggio 2013
Spazio alle nostalgie Rivive a Mongiana la gloria del Regno delle Due Sicilie, tra soldati e briganti in abiti d’epoca
Il giorno da leoni dei Borboni
Domenica 19 maggio si è mosso l’intero Sud e non solo, per riunirsi nella seconda giornata che ha fatto rivivere quello che era lo splendore di un tempo di un Regno voglioso di rinascita e di rivincita: il Regno delle Due Sicilie; e per ridare luce all’ormai bistrattato Sud. In rappresentanza di questo evento c’erano in abiti dell’epoca i briganti ed i soldati che hanno dato un effetto suggestionante alla manifestazione, capace di riunire centinaia di persone di tutte le età davanti alla fabbrica siderurgica di Mongiana (ex fabbrica di armi) fiore all’occhiello del Regno borbonico.
Vincitori del concorso nazionale
Rovito, piccoli giornalisti crescono...
Il giornalismo si sa è una passione. Un lavoro che nasce dall’amore per la scrittura e per quell’innato desiderio di raccontare il mondo. Come tutte le grandi passioni è bello coltivarla anche da bambini e condividerla con gli altri, perché è dalla collaborazione e dalla voglia di fare che si raggiungono i primi grandi obiettivi. Volta pagina, il giornalino scolastico realizzato dall’Istituto comprensivo di Rovito, si aggiudica per la terza volta il Premio nazionale XIII edizione del concorso “Il miglior giornalino scolastico Carmine Scianguetta Avellino”, organizzato dall’Istituto comprensivo di Manocalzati con l’alto patrocinio del ministero della Pubblica istruzione, del presidente della Repubblica e dell’Ordine nazionale dei giornalisti. «È importante evidenziare l’impegno, la dedizione e la costanza impiegata dai ragazzi redattori del giornalino. Aver vinto per la terza volta, in un concorso riservato a lavori eterogenei per ciascun ordine di scuola che ha visto la partecipazione di ben 700 giornalini prodotti, è una grande conferma oltre che una grande soddisfazione per il lavoro svolto», hanno sottolineato le docenti responsabili del progetto Marcella De Rose e Mariateresa Caccuri. «Ovviamente, il nostro ringraziamento più sentito va ai ragazzi ma anche a coloro che hanno creduto nel o permettendone la realizzazione, ossia il dirigente scolastico, Mario Ambrogio ed i sindaci di Trenta e Rovito, che hanno permesso la stampa del giornalino» La cerimonia di premiazione, che si svolgerà a livello nazionale presso la scuola secondaria di 1° grado “L. Duardo” del Comune di Manocalzati, giorno 25 maggio, vedrà la partecipazione di 48 alunni dell’Istituto comprensivo di Rovito, delle docenti responsabili oltreché dell’ assessore alla Cultura e Pubblica istruzione del comune di Rovito, Mariagabriella Milito e dell’assessore alla Cultura Giuseppe Pulice del comune di Trenta. Servizio e foto realizzati da Ernesto Manna
Alessandro Cofone
sabato 25 maggio 2013
Competizione sana e divertente
High school game conquista gli studenti calabresi Settima edizione del Premio letterario Tropea
Libri in fermento
La scuola è tutta un quiz Molti studenti calabresi si sono ritrovati al “The space” a Catanzaro, in occasione della finalissima regionale di High school game. Un concorso nazionale, promosso dall’associazione culturale “La movida” in collaborazione la Planet multimedia, azienda leader nel settore dei sistemi multimediali per la didattica in Italia, e la Media service di Maurizio Rafele, che, sposando il connubio tra tecnologia multimediale e cultura, si avvale di un moderno e innovativo sistema informatico e di pulsantiere elettroniche senza fili per saggiare in tempi brevissimi la preparazione degli studenti. Dopo avere coinvolto e affascinato con cinquecento eventi multimediali realizzati nelle scuole di tutta Italia circa 100mila ragazzi, nei giorni scorsi High school game ha chiamato a raccolta presso il cinema “The space” i migliori alunni delle quarte e quinte classi delle scuole superiori aderenti al progetto che hanno partecipato alla sfida a colpi di telecomando, su domande di cultura generale. La gara nazionale si terrà il 26 e 27 maggio a bordo della nave Cruise Roma, ammiraglia della flotta Grimaldi lines, ferma nel porto di Civitavecchia. Nel corso delle gare tutti gli aspiranti finalisti, entusiasti, hanno dato il meglio di loro stessi in conoscenze e velocità. Ma non tutti hanno assaporato la vittoria. Al termine delle sfide, quiz dopo quiz, sul podio regionale, come da regolamento, sono salite solo una classe quarta e una classe quinta per ogni provincia partecipante: la classe terza B del liceo artistico “De Nobili” di Catanzaro, la classe quarta A e la classe quinta A dell’istituto tecnico commerciale “Polo” di Cutro, la classe quinta A dell’istituto tecnico agrario “V. Emanuele” di Catanzaro. Il compito di premiare i vincitori è toccato all’assessore al turismo del comune di Catanzaro Rita Cavallaro. A condurre tutte le manche di qualificazione svoltesi nelle scuole calabresi è stata Graziella Cirillo della Media service, che per la finalissima regionale ha passato il microfono a Laura Gambino della Planet multimedia. Un mix di sana competizione e intrattenimento hanno fatto da sfondo alla sfida tutta calabrese che è coincisa con il primo anniversario del “The Space”, che, in tale occasione, non solo ha deciso di mettere a disposizione delle giovani menti una delle sue sale, ma ha voluto anche applicare degli sconti a tutti i film in programmazione che hanno avuto il costo di euro 4,50 (tranne i film in 3D a euro 9,00 e l’evento extra Violetta a euro 7,70). E anche le attività commerciali (il bowling “Special bowl”, la creperia il Tulipano, Sfizio flash, Fuoco e carbone; slot car e la Joker game) presenti all’interno del “The Village” hanno fatto sconti speciali agli studenti. Tutti i partecipanti sono stati omaggiati con i libri di Rubbettino editore; le schede Wind; i cioccolatini di Monardo e naturalmente i biglietti per il cinema. Dunque, una festa in onore degli studenti e della cultura. Con un unico obiettivo: aprire le braccia alle capacità e alle conoscenze delle nuove generazioni, consentendo loro di confrontarsi con l’uso delle nuove tecnologie, senza perdere di vista divertimento e socializzazione. L’appuntamento è ora per l’ultima tappa di High school game nel porto di Civitavecchia, a bordo della nave Cruise Roma. Ed è lì che i finalisti di tutta Italia si contenderanno il viaggio gratis per la Spagna.
Si sono sfidati a Catanzaro per aggiudicarsi la finale nazionale in programma il 26 e 27 maggio a Civitavecchia
Ferve l’attesa per conoscere la terna dei finalisti che si contenderanno la vittoria della Settima Edizione del Premio Letterario Nazionale Tropea e il cui svolgimento rappresenta il fiore all’occhiello del TropeaFestival Leggere&Scrivere, la cui direzione artistica porta la firma di Maria Faragò che si svolgerà dal 24 al 29 settembre prossimi. Capofila del progetto è il Sistema Bibliotecario Vibonese, diretto da Gilberto Floriani. Il comitato tecnico-scientifico, presieduto da Isabella Bossi Fedrigotti , sta procedendo nelle ultime valutazioni dei 13 titoli in preselezione da cui verranno tratti i finalisti, che saranno ufficializzati domenica 26 maggio (ore 10), durante un incontro pubblico presso il Museo Diocesano di Tropea. Evento culturale di alto profilo, innovativo nella sua capacità di coniugare tradizione ed innovazione, (è stato il primo premio in Italia ad adottare il formato e-book), il “Tropea” ha provato la validità della sua formula segnalando all’attenzione del grande pubblico numerosi autori e romanzi di qualità, svolgendo un gran lavoro coordinato dall’Accademia degli Affaticati, promotrice del Premio, e del suo presidente Pasqualino Pandullo. Fra gli autori di quest’anno spiccano le penne affilate di Maurizio De Giovanni, Edoardo Albinati, Stefano Zecchi, Antonio Moresco e Benedetta Palmieri, solo per citare qualcuno dei nomi tratti dalla rosa in selezione. Una volta selezionati i tre libri a seguito della votazione pubblica della prossima domenica, avrà inizio il coinvolgimento della giuria popolare, composta da giovani studenti tropeani e membri dell’ “Accademia degli Affaticati”, voti che si andranno a sommare a quelli dei 409 sindaci dei comuni calabresi chiamati a decretare quale delle tre opere si affermerà durante la finalissima del prossimo settembre. Oggi il “Tropea” è ritenuto uno tra i più importanti premi letterari nel panorama editoriale italiano, rafforzando più che mai il suo impegno nella sua natura partecipata, oltre che nel suo originario presidio culturale in una regione dove ancora si legge troppo poco, offrendo così un sostegno concreto non solo alla promozione e alla diffusione del libro, secondo l’invito formulato dall’Assessore alla Cultura Mario Caligiuri che ha colto gli intenti del Presidente Giuseppe Scopelliti, ma anche ai processi di sviluppo civile ed economico oltre che di rafforzamento della legalità nell’intera regione. Questo l’elenco completo con l’indicazione della casa editrice e dei titoli\autori scelti: Einaudi Maurizio De Giovanni, Vipera, Einaudi, 2012 Falco Editore Lina Furfaro, Giuditta Levato, La contadina di Calabricata, Falco Editore, 2012 Feltrinelli Benedetta Palmieri, I funeracconti, Feltrinelli, 2011 Laurana Paolo Grugni, La geografia delle piogge, Laurana, 2012 Mondadori Edoardo Albinati, Vita e morte di un ingegnere, Mondadori, 2012 Stefano Zecchi, Dopo l’infinito cosa c’è, papà? Fare il padre navigando..., Mondadori, 2012 Antonio Moresco, La Lucina, Mondadori, 2013 Daria Bignardi, L’acustica perfetta, Mondadori, 2012 Pellegrini Sergio Aquino, Giustizia islamica, Pellegrini, 2012 Ponte delle Grazie Philippe Claudel, Profumi, inventario sentimentale degli odori di una vita, Ponte delle Grazie, 2013 Quodlibet Vito Teti, Il Patriota e la maestra. La misconosciuta storia d’amore e ribellione di Antonio Garcèa e Giovanna Bertòla ai tempi del Risorgimento, Quodlibet, 2012 Rizzoli Catena Fiorello, Dacci oggi il nostro pane quotidiano, Rizzoli, 2013 Tgbook Maria Concetta Preta, Il segreto della ninfa Scrimbia, Tgbook, 2012.
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sabato 25 maggio 2013
Soluzioni innovative Secondo incontro internazionale all’Unical. Questa volta è toccato al professor Jean-Luc Bertrand Krajewsky dell’Insa di Lione entrare più specificatamente nell’argomento
Problemi di... idraulica
Gli allievi del master con il professor Bertrand e la professoressa Piro al centro
Secondo incontro internazionale all’UniCal sull’idraulica sostenibile. Dopo il seminario del professor Cedo Maksimovic, dell’Imperial College di Londra, che ha aperto il ciclo di seminari internazionali, organizzati nell’ambito dei lavori del Master di II livello in “Esperto di gestione integrata e sostenibile del ciclo acqua - energia nei sistemi di drenaggio urbano”, parlando dei modelli integrati di drenaggio urbano, è toccato al prof. Jean - Luc Bertrand Krajewsky, dell’Insa di Lione, Francia, entrare più specificatamente nell’argomento generale imposto al ciclo degli incontri avendo come tema di studio “Idraulica Urbana Sostenibile: soluzioni innovative per il trattamento delle acque meteoriche di dilavamento”. Il programma, che rientra nel progetto PON 01_02543, viene coordinato, in qualità di referente responsabile, dalla prof.ssa Patrizia Piro, del dipartimento di Ingegneria Civile, avendo come coordinatori gli ingegneri, Marco Carbone e Giuseppina Garofalo. Fanno parte del progetto, in qualità di collaboratori, le seguenti aziende partner: Gianluca Zecca SpA Servizi Progetti Appalti; S.M.&S.S.r.l.; Sering Ingegneria S.r.l.; Espislon - Italia. Partendo dagli effetti che la crescente urbanizzazione degli ultimi decenni, e la relòativa impermeabilizzazione delle superfici, hanno provocato sul territorio, sull’idrologia e sui sistemi di drenaggio urbano (quali aumento del fenomeno di run-off e di alluvioni, oltre che inquinamento dei corpi idrici ricettori), il prof. Bertrand Krajewsky ha evidenziato l’importanza di introdurre nuove tecniche alternative, in sostituzione ai tradizionali modelli che utilizzano tubi e collettori, per il trattamento dell’acqua piovana. Il relatore, dopo aver evidenziato i “limiti” dei modelli tradizionali, ha parlato della necessità - visto anche il crescente interesse a livello globale per i concetti della sostenibilità, di cui la conservazione ambientale è un tema centrale - di creare un diverso approccio per la gestione delle acque meteoriche, un approccio di tipo integrato che prevede la realizzazione di sistemi perfettamente inseriti all’interno del tessuto urbano, così da valorizzarlo, che consentano la riduzione dei volumi di run-off creando condizioni favorevoli all’infiltrazione nel terreno, la diminuzione del carico inquinante trasportato dalle acque di pioggia, e l’eventuale recupero ev riutilizzo delle stesse.
Il terzo seminario avrà luogo il 27 maggio con una lezione del professor Dusan Prodanovic, della Università di Belgrado
Concludendo il suo intervento il prof. Bertrand ha illustrato nello specifico, con diversi esempi esistenti, situazioni di stagni temporanei e permanenti, trincee filtranti, canali e depressioni inerbite e relativi effetti sulla rimozione degli inquinanti. Il terzo seminario avrà luogo il 27 maggio con una lezione del prof. Dusan Prodanovic, dell’Università di Belgrado. Franco Bartucci
Impresa made in Unical
Battaglia a colpi di business plan Un’altra bella soddisfazione per il trasferimento tecnologico e la creazione d’imprese “made in Unical”. Irc (Intelligent remote controller), azienda già incubata in Technest e terza classificata alla Start Cup Calabria 2012, accede alla finale europea della Intel Business competition, una delle principali business plan competition a livello globale, rivolta a spin-off, giovani ricercatori e studenti universitari che prevede, per i vincitori, un prestigioso percorso di tutoraggio, premi in denaro e la possibilità di essere selezionati per le finali mondiali a Uc Berkeley, California. Irc è un’idea innovativa che grazie ad un particolare software permette il monitoraggio dei consumi di energia, gas e acqua, di effettuare gli azionamenti degli ambienti per ridurre e ottimizzare i consumi energetici pianificando le spese di gestione. Irc, start-up che fa riferimento agli ingegneri Floriano de Rango, Peppino Fazio e Andrea Vaccaro, può essere utilizzata in tutti quei luoghi, sia domestici che lavorativi, dove l’impiego delle utenze in maniera non controllata e indiscriminata incide, contribuendo all’emissione inutile di CO2, sulle spese di gestione.
sabato 25 maggio 2013
IX
Pronti a partire Organizzata dall’agenzia letteraria “Bottega editoriale” l’ottava edizione inizierà il 3 ottobre articolandosi in 60 ore e 20 incontri
Fai il bravo redattore... Riparte la nuova “Scuola di redattore di casa editrice”. Un progetto didattico, teorico e pratico, per affrontare il panorama editoriale con competenza e preparazione. Dal prossimo 3 ottobre, nella sua formula collaudata, partirà l’ottava edizione della “Scuola di Redattore di casa editrice” organizzata dall’agenzia letteraria la Bottega editoriale. Con un corso di 60 ore, articolato in 20 incontri, che si terranno fino al 16 dicembre 2013, chiunque abbia la passione per il “mondo-libro” (e dintorni!) potrà avventurarsi nella conoscenza di questo mestiere tanto bello quanto complesso. Una professione lontana dall’idea tradizionale di “correttore di bozze”, oggi più vicina al manager tecnologico che non all’operatore certosino. Lo scopo è quello di acquisire gli strumenti cognitivi e tecnici per poter operare con professionalità all’interno delle case editrici, ma anche da free lance. Il preavviso di bando è pubblicato sul sito www.bottegaeditoriale.it nell’apposita pagina dedicata alla Scuola. I docenti e i partners della Scuola I docenti del corso saranno direttori di collane librarie, direttori e responsabili di redazione di testate giornalistico/culturali, docenti universitari, editori, redattori di opere librarie, riviste e saggi. Prestigiosi anche i partners: nelle precedenti edizioni la Scuola ha annoverato tra le collaborazioni istituzioni universitarie, case editrici e diversi altri attori del “mondo-libro”. Tra le istituzioni universitarie che hanno consolidato rapporti collaborativi con la Scuola: diverse strutture e Facoltà dell’Università della Calabria, dell’Università di Messina, dell’Università degli studi di Catania e dell’Università per stranieri di Reggio Calabria. Tra le case editrici: Armando editore, Città del sole, Coccolebooks, Csa, Edizioni associate, Editoriale Progetto 2000, Falzea, Ferrari, Gem, la Rondine, Laruffa, Meligrana, Pancallo, Pellegrini, Sovera. E ancora ricordiamo, le Librerie: Cerrelli, Domus, Edison Bookstore, Mondadori, Nisticò, Sagio libri, Tavella, Ubik e la Nie distribuzioni. Sempre facendo riferimento alle adesioni degli anni passati, fra le Istituzioni culturali si cita il Sistema bibliotecario vibonese e l’Associazione “Giornalisti per la Costituzione” presieduta da Franco Abruzzo. La struttura didattica La Scuola sarà articolata in 4 moduli didattici specifici, ciascuno dedicato ad un ambito particolare. L’obiettivo sarà quello di fornire gli elementi conoscitivi alla base del sistema editoriale, ma anche librario e della stampa. Verranno contestualizzati entro il quadro del mercato editoriale, della distribuzione, della promozione editoriale e della pubblicità. Formazione teorica e pratica, i partecipanti avranno modo di confrontare quanto appreso con la realtà lavorativa: saranno infatti previste lezioni-dibattito a cui prenderanno parte professionisti del settore e, “visite guidate” che si svolgeranno nelle sedi delle case editrici partners. Logistica della Scuola Le lezioni avranno una cadenza bisettimanale pomeridiana e si svolgeranno in diverse sedi dislocate nella zona di Cosenza-Rende. Un “servizio navetta” verrà attivato e messo a disposizione di chi ne avrà esigenza per garantire il collegamento tra le sedi della Scuola, le stazioni ferroviarie, le autostazioni di Cosenza, Castiglione Cosentino e Rende università. Al termine del percorso formativo, chi vorrà potrà usufruire di una serie di “visite guidate” organizzate presso le principali case editrici calabresi, romane e siciliane. Crediti universitari L’intero corso potrà essere riconosciuto in termini di crediti universitari (Cfu). Ogni Ateneo, in base ai propri criteri, stabilirà in che numero assegnarli. Negli anni precedenti i Cfu sono stati riconosciuti dall’Università della Calabria (8 Cfu), dall’Università di Catania (3 Cfu), dall’Università di Messina (10 Cfu). Cosa accade dopo la Scuola? I corsisti avranno la possibilità di accedere agli stages, da svolgere all’interno della struttura de la Bottega editoriale e/o all’esterno presso i partners della Scuola.
Una professione lontana dall’idea tradizionale di “correttore di bozze” oggi più vicina al manager tecnologico che non all’operatore certosino
Ai più meritevoli verrà offerta l’immediata possibilità di lavorare nelle redazioni delle collane Le città della Calabria e Le città della Sicilia (dirette entrambe da Fulvio Mazza - direttore de la Bottega editoriale - e pubblicate da Rubbettino editore). Verrà inoltre offerta la possibilità di collaborare con la Bottega editoriale per le riviste on line (Bottegascriptamanent e Direfarescrivere) e di lavorare nel comparto dell’agenzia letteraria.
Dall’alto: i corsisti della VII edizione a lavoro; in visita giudata presso la casa editrice Pellegrini; a Reggio Calabria
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sabato 25 maggio 2013
Pellicola d’eccezione Marco Bellocchio si racconta agli studenti dell’Unical
Il cinema oltre se stesso di Francesco Fotia
Giovedì, presso l’University club dell’Università della Calabria, gli studenti hanno incontrato il regista Marco Bellocchio, una delle anime più anticonformiste del cinema d’autore italiano. A introdurre l’intervento dell’artista è stato il direttore del Dipartimento di Studi umanistici, Raffaele Perrelli, che ha osservato come Bellocchio rappresenti quella ibridazione di saperi, di commistione di generi, di cui il dipartimento si nutre. «In una università come la nostra - ha osservato Perrelli - lo studio deve per forza di cose essere collegato con l’impegno civile; un binomio perfettamente rappresentato dal nostro ospite». È toccato poi a Roberto De Gaetano, ordinario di Filmologia e Presidente del Corso di Laurea in Linguaggi dello Spettacolo, del Cinema e dei Media, raccontare più da vicino il Cinema di Bellocchio. Quello del regista nativo di Bobbio è un cinema che «in qualche modo, - ha spiegato il professore - prendendo spunto da certe istanze sociali, si sviluppa fuoriuscendo dal cinema stesso, per poi ritornarvi con maggiore forza. Il cinema di Bellocchio è, altresì, in grado di sottrarsi al gioco illusorio proprio del cinema stesso, diventando reale. E qui sta la sua grande forza espressiva: nella capacità di rappresentare il destino della soggettività moderna, costituita anche dalle istituzioni del potere. Noi, - ha osservato De Gaetano - come individui, non siamo separabili dalle istituzioni che ci circondano, che ci assoggettano. E questa è una verità che Bellocchio conosce bene: nella sua filmografia, infatti, il rapporto del soggetto con le istituzioni è fondamentale. Si pensi alla famiglia, sin dall’esordio nel 1965, ne I pugni in tasca. Ci sono la scuola, con Nel nome del padre, l’esercito, in Marcia trionfale. E, ancora, la sanità, ed è il caso di Matti da slegare. L’uomo - ha proseguito il docente - spesso sente il bisogno di emanciparsi da queste istituzioni assoggettanti, e questo può portare a processi di autodistruzione, come appunto fa il protagonista de I pugni in tasca». Ma non solo istituzioni. La parabola artistica di Bellocchio ha toccato tanti tra gli elementi fondamentali della storia italiana: il caso Moro, con Buongiorno, notte, l’uomo Mussolini, e il suo rapporto con Ida Dalser, in Vincere, oppure il caso Englaro, con La bella addormentata. «Situazioni storiche cruciali, delicate, ma che ho sempre cercato di affrontare mettendoci qualcosa di mio - ha spiegato l’autore prendendo la parola. Ho sempre cercato di fare film all’interno dei quali i personaggi hanno più valore narrativo delle storie che stanno sullo sfondo. Anche quando queste sono terribilmente ingombranti. Questa, la contaminazione intendo, è per me una personale urgenza, alla quale non potrei mai rinunciare: non accetto l’ineluttabilità della storia; ne tanto meno accetto la vittoria, o la sconfitta, di una certa inumana follia. Quando mi hanno chiesto di fare un film su Aldo Moro, - ha svelato - sapevo che non sarei stato in grado di essere fedele alla storia. Allo stesso modo, quando ho lavorato con il caso Englaro sullo sfondo, ho sentito il bisogno di innestarvi dentro altri temi, trattare altri bisogni, pur sentendomi profondamente sdegnato anche io in quei giorni, quando c’era un governo che di corsa si affrettava a formulare una legge fatta per contrastare una legittima sentenza». Bellocchio, stimolato dalle domande di Bruno Roberti, docente di Stili di regìa, di Felice Cimatti, docente di Filosofia del linguaggio, di Daniele Dottorini, docente e membro del direttivo delle riviste Fata Morgana, e dagli interventi degli studenti, ha proseguito il suo intervento toccando numerosi campi. Quesiti di natura squisitamente tecnica, osservazioni sulla società d’oggi, semplici curiosità. E’ così che abbiamo scoperto quanto l’artista reputi fondamentale avere una sceneggiatura solida e precisa con la quale incominciare i lavori; ma quanto ritenga doveroso l’essere pronti a “tradirla”, nel momento in cui subentra un’urgenza, estetica o narrativa, che si impone con forza. Una libertà espressiva che non tradisce il pensiero del personaggio-Bellocchio; libertà che lo porta ad affermare che «il controcampo, se non direi proprio che è un obbrobrio, sicuramente per essere giustificato ha bisogno di elementi che lo mettano in rapporto con il campo principale. Ho sempre amato i registi, come ad esempio Bergman in alcune sue opere, in grado di lavorare
1 Il cinema di Bellocchio è, altresì, in grado di sottrarsi al gioco illusorio proprio del cinema stesso diventando reale
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con inquadrature lunghissime». Autore deciso, uomo dotato di forte personalità, Bellocchio ha analizzato poi il ruolo preminente del regista nel mondo della settima arte, confessando di essere felice di essere diventato tale, nonostante abbia sognato, in origine, di fare l’attore: «Il regista ha un’umanità superiore sul set; l’attore, giustamente, ha bisogno di un certo grado di concentrazione per diventare un interprete». Un ruolo di preminenza, di controllo quasi totale dell’opera: «Ma non è così quando si parla di regia teatrale, - ha sottolineato - perché lì è il direttore d’orchestra che effettivamente dirige».
sabato 25 maggio 2013
XI
Pellicola d’eccezione
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Marco Bellocchio Il pubblico dell'University club Felice Cimatti e Bruno Roberti Roberti, Bellocchio, De Gaetano e Perrelli
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Bellocchio si è soffermato poi su un lavoro che, più di quaranta anni fa, lo aveva portato a dirigere un documentario proprio in Calabria: a Paola, Il popolo calabrese ha rialzato la testa. Un reportage sull’occupazione delle case da parte della popolazione più povera del borgo che affaccia sul tirreno; una situazione forte e vissuta col massimo dell’emotività da parte di un uomo che non ha mai nascosto il suo credo politico, schierandosi dalla parte dell’allora Unione dei comunisti marxisti-leninisti, nonostante provenga da una famiglia borghese e benestante. Lo stesso credo, lo stesso spirito di denun-
cia, che porteranno il regista, qualche anno dopo, a firmare Sbatti il mostro in prima pagina, con uno straordinario Gian Maria Volontè. Uno spaccato sul rapporto tra il potere e l’informazione. <<Nonostante siano trascorsi quaranta anni - ha confessato il regista - non credo che certi meccanismi siano cambiati, ma non so davvero quanto questi poi incidano sulle scelte di voto da parte degli elettori. Pur avendo votato Pd e non potendo essere “sospettato” di essere grillino - ha aggiunto - non posso fare a meno di notare quanto il circolo mediatico stia cercando di “squalificare” il Movimento 5 Stelle accendendo i riflettori su dettagli poco rilevanti rispetto a certe oscenità compiute sugli altri fronti». Avviandosi alla conclusione dell’incontro, il regista ha dedicato poche ma sentite parole a chi decidesse, tra i giovani che lo stanno ascoltando, di provare a fare cinema: <<gli direi di non farlo, perché è un mestiere ingrato. Direi di lasciare perdere la prima volta che mi si chiede, e anche la seconda e la terza. Soltanto se uno me lo chiedesse dieci volte approverei questo suo sogno>>. Ricordando l’appuntamento al Teatro auditorium dell’Unical, per la sera stessa, con L’Oreste da Euripide, da lui scritto, Bellocchio ha concluso: <<Quando ho letto il bellissimo testo di Euripide ci ho visto dentro una connessione con il mio Alessandro de I pugni in tasca. Alessandro era un calcolatore disumano, e soccombe, ma anche Oreste, infine, è distrutto. Questo è stato il motivo che mi ha portato a innestare tracce della mia opera all’interno di quella euripidea>>. Un po’ come dire che l’animo dell’uomo e le sue vicende, nonostante le mutevoli impalcature che ne sostengono la società che abita, sono destinate a quell’eterno ritorno che tanto può rassomigliare a una pellicola tragicomica che abbiamo imparato a memoria, a furia di vedere e rivedere.
La sua grande forza espressiva sta nella capacità di rappresentare il destino della soggettività moderna costituita anche dalle istituzioni del potere
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sabato 25 maggio 2013
Il 25 maggio si dà al sociale Presentazione a Praia a Mare del libro “Dal silenzio alle parole”
Cultura a difesa delle donne
La violenza contro le donne è in continuo aumento, l’Italia necessita di un forte cambiamento culturale. L’associazione “Tina Lagostena Bassi” di Scalea, che da sempre si occupa di questo tipo di violenze di genere, ha realizzato un nuovo progetto di sensibilizzazione che vede protagonisti i ragazzi del Liceo classico di Praia a Mare. Sabato 25 maggio, alle ore 10:00 presso la Sala consiliare del Comune di Praia a Mare, sarà presentato il libro edito dalla casa editrice Salviati di Milano, dal titolo: “Dal Silenzio alle Parole”. Un libro che affronta lo sconvolgente tema della violenza sulle donne. Il volume contiene gli elaborati redatti dagli alunni del Liceo Classico di Praia a Mare, nell’ambito di un progetto realizzato con l’associazione di Scalea. “Questo libro” spiega Giacomo Perrotta presidente dell’associazione Tina Lagostena Bassi «è stato per noi un traguardo importante e dobbiamo ringraziare per la sua riuscita la dirigente scolastica del Liceo Classico e l’intero corpo docente». «I ragazzi» continua Perrotta «hanno da subito compreso l’importanza e la drammaticità del tema, realizzando degli scritti di notevole spessore. Ci tengo a ringraziare anche la casa editrice milanese Salviati, nella persona di Osvaldo Cardillo, per la sua disponibilità e vicinanza e per essere sempre un acuto osservatore, attento alle problematiche che riguardano il nostro territorio».
Mons. Galatino sul sacerdote vittima di mafia
di Angela Iantosca
Don Pino Puglisi l’uomo del Vangelo
Onora la madre. Storie di ‘ndrangheta al femminile
Parteciperà alle celebrazioni per la beatificazione del servo di Dio don Pino Puglisi, il 25 maggio, non per rappresentare se stesso, bensì tutta la diocesi di Cassano all’Jonio, la quale «sente di dover ringraziare la Trinità Santa per questo uomo ordinario che ha vissuto in maniera straordinaria la sua vita di prete e di parroco». Così monsignor Nunzio Galantino, pastore della Chiesa cassanese, motiva la sua presenza alla cerimonia che segnerà l’elevazione agli onori degli altari del sacerdote palermitano, parroco del quartiere di Brancaccio, ucciso in odium fidei dai sicari di cosa nostra il 15 settembre del 1993, nel giorno del suo 56° compleanno, per non aver voluto piegare la fede e la Parola del Vangelo al dio-potere della mafia e dei mafiosi. Afferma monsignor Galantino: «Don Pino è ora punto di riferimento per noi come uomo e sacerdote che ha preso sul serio il Vangelo. Il messaggio che trasmette, forte, diretto, limpido e chiaro, è che di cristiani da salotto non abbiamo di che farcene». Prosegue il presule cassanese: «Lui che è stato a contatto con tante persone, uomini, donne, bambini, che ha avuto la forza di credere fino in fondo al Vangelo, di non accontentarsi di un cristianesimo di facciata, pensando invece a scomodarsi e a scomodare anche altri perché il Vangelo fosse preso sul serio, testimonia l’urgenza di avere uomini e donne con passione, grinta e coerenza, che sappiano sposare fino in fondo progetti che siano più evangelici». Da questo punto di vista, aggiunge monsignor Galantino, «don Pino non ha fatto grandi proclami. Ha agito. Ecco perché il richiamo alla legalità è richiamo al Vangelo: legalità è rispetto degli altri, dei sogni degli altri, e chiunque fa morire questi sogni per interesse personale blocca la crescita della società, non dà agli altri la possibilità di esprimersi e di vivere decorosamente». Conclude il vescovo: «La figura di don Pino Puglisi dice molto prima di tutto a me, aiutandomi a vivere con grande trasporto la mia missione di prete e di vescovo, ed allo stesso tempo aiuta i sacerdoti ad essere punti di riferimento credibili per un Vangelo incarnato e vissuto, che si spende per gli altri, possibilmente senza orari, senza riserve, in una diocesi, come quella di Cassano all’Jonio, in cui certo non manca la domanda di bisogno».
Sabato 25 maggio, alle ore 18, presso la Libreria Ubik di Cosenza, Angela Iantosca presenta il suo primo libro, Onora la madre - storie di ‘ndrangheta al femminile (Rubbettino editore - prefazione Enzo Ciconte). Intervengono, oltre l’autrice, Maria Francesca Rotondaro (giornalista), Renate Siebert (sociologa). Com’è cambiato nel tempo il ruolo femminile dai primi del Novecento ad oggi? La donna è davvero solo una vittima? Da questa domanda prende le mosse il libro che mette in luce come le donne tirano i fili della ‘nrangheta sostituendo gli uomini in caso di loro assenza ed educando i figli ai valori cardine dell’associazione. Quello che si compie è un viaggio nella Calabria sconosciuta che si declina al femminile attraverso i riti, le tradizioni, la fede, le parole dei pm, degli storici, della gente, per arrivare ad affermare che la donna è l’asse portante di una delle organizzazioni criminali più potenti del mondo. L’autrice Angela Iantosca, figlia di madre bergamasca e padre avellinese, è nata a Latina nel 1978. Laureata in Scienze umanistiche presso l’Università La Sapienza, con una tesi in Storia romana, vive a Roma. Dal 2003 svolge attività di giornalista per diverse testate nazionali (F, di CairoEditore, per il quale scrive di storie di donne coraggiose, Più Sani più Belli, Occhio alla Spesa, Acqua&Sapone, Tir, Sos Tata...). È stata redattrice del quotidiano Pubblico di Luca Telese. Scrive per Crime News, collabora con l’agenzia radio Aris e ha una sua pagina sul blog di Rubbettino, Fattore Erre, dove cerca di dar voce agli ultimi, a chi non ha voce, ai deboli, alle storie positive in terre difficili. Da aprile collabora con il Legality band project, progetto di aggregazione sociale per lo sviluppo di un’economia sana e non drogata dalle organizzazioni criminali che rivolge una particolare attenzione ai giovani e alle scuole di tutto il territorio nazionale. Partecipa ed organizza incontri di educazione alla legalità nelle scuole. “Onora la madre - storie di ‘ndrangheta al femminile”, edito da Rubbettino con prefazione di Enzo Ciconte, è il suo primo libro.
sabato 25 maggio 2013
Eliminare il teatro di nicchia Il laboratorio teatrale dell’Uniter (Università della terza età di Cosenza) ha dato il via ad una serie di rappresentazioni presso il Teatro Aroldo Tieri
I protagonisti di Cani e gatti Il primo da sinistra in basso è Francesco Bossio
Sipario d’argento di Lucia De Cicco
Il laboratorio teatrale dell’Uniter (università della terza età di Cosenza) ha dato il via ad una serie di rappresentazioni teatrali per i suoi utenti. Lo scorso 18 maggio, presso il Tetro Aroldo Tieri di Cosenza “Cani e gatti” di Eduardo Scarpetta, con la regia di Francesco Bossio e Carmine Arcuri, gli attori tutti ragazzi di una certa e splendida età, hanno divertito il pubblico, con le loro performance. Un pubblico gremito e che ne ha decretato un grande successo finale, alzandosi in piedi e applaudendo a lungo i bravissimi attori (Assunta Rende, Maria Borza, Fulvio Stoja, Angelo Severino, Anna Maria Lecce, Felicetta Cosentino, Maria Assunta De Dominicis, Anna Maria Castello, Giovanni Lorenzano, Liliana Longo, Renato Vivarelli). Un tema attuale a ridosso della festività della Pentecoste, che ha lasciato, nelle parole di Papa Francesco, la necessità di ritrovare la pace a livello minimo della società e, soprattutto, nelle aggregazioni laicali e nella famiglia. Qui, infatti, di famiglia si parlava e di un’anziana coppia costretta a fingersi in disaccordo per mostrare alla figlia gelosissima del marito di come può essere dannoso litigare continuamente e di come possa essere contagioso a livello di conoscenze, creando equivoci continui. Una commedia ridotta in due atti dal rifacimento di Eduardo De Filippo, già nel 1970, l’ultima volta, che andò in scena a Roma. I laboratori teatrali si trovano presso la scuola titolata all’attore di teatro Attilio Bossio, naturalizzato romano, ma del Cosentino di nascita e di origine e sono tenuti dal figlio Francesco Bossio, presso corso Telesio nel centro storico cosentino. Perché di questa scuola? Perché l’ho voluta titolare a mio padre in quanto mi sembrava giusto e non solo perché era mio padre, ma, soprattutto, perché ebbe un grande coraggio nella vita partendo con la sua valigia di cartone, proprio da qui, per cercare di sfondare nel mondo artistico romano. I laboratori sono partiti bene e auspico di portare in scena almeno due spettacoli l’anno. Uno spettacolo, Cani e gatti, che nasce in collaborazione dell’Università della terza età... Nata quest’anno con l’incontro con Carmine Arcuri. Degli allievi
In scena “Cani e gatti” di Eduardo Scarpetta Un tema attuale che ha lasciato, nelle parole di Papa Francesco, la necessità di ritrovare la pace a livello minimo della società e, soprattutto nelle aggregazioni laicali e nella famiglia
bravissimi e con i quali continuo a condurre i laboratori sperando che si aggiungano altre persone in futuro. Questi novelli attori hanno una grande energia, che è dirompente alcune volte e i laboratori ti permettono di entrare in contatto con persone, esperienze e vissuto, arricchenti. Il teatro come tutte le arti serve all’integrazione e all’apertura. Ci descrivi Attilio Bossio? Attilio Bossio fin da giovane voleva fare l’attore. Giovanissimo è partito dalla Calabria aspettandosi chissà cosa da Roma. Si scontrò con una realtà diversa da quella locale, tante le difficoltà. Oggi a differenza di 60 anni fa, ci si vanta di fare una certa gavetta. Una gavetta diversa da quella che faceva un aspirante artista di qualche anno fa. Attilio Bossio, infatti, si è trovato a vivere per strada, patendo la fame. Lui raccontava tutto questo con il sorriso, diceva sempre che se fosse rinato lo avrebbe rifatto. La fortuna è arrivata a un certo momento, attraverso la sua attività che era quella di cantare nei ristoranti, facendo il cosiddetto posteggiatore. Venne scoperto dal direttore generale della Rai, che gli fece fare delle attività radiofoniche, poi ha conosciuto Domenico Modugno, il quale, non solo la voce, ma soprattutto il lato umano ne seppe valorizzare. Incomincia così la sua carriera teatrale, e la sua prima esperienza con il “Rinaldo in campo” con Garinei e Giovannini e tanti altri nomi importanti. Il teatro, ormai anziano, diventa, a fine carriera, sociale. Nelle strutture di igiene mentali, riesce a mettere su un gruppo affiatato, per il suo “Il Barbone”, una commedia. Muore per ictus nel 2009 e così esce di scena. Hai scelto di compiere gli studi in Calabria e di vivere anche questa realtà pur se nato a Roma... Mi sono diplomato in pianoforte a Vibo Valentia, nell’ottobre del 1998. La Calabria è la terra di origine di mio padre e penso che dovrebbe osare di più, maggiore sfida, coraggio. Il pubblico cosentino ama il teatro, ma ha necessità di proposte interessanti e brillanti. Questo non è un periodo facile, c’è crisi e mi sono accorto che le persone hanno necessità di recarsi in un luogo e non pensare per qualche ora a ciò che le stringe attorno e sorride se è possibile. Tornare a casa ed affrontare i problemi magari con più energia. Secondo la mia opinione si deve superare anche l’idea di un teatro un poco di nicchia e troppo impegnato.
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sabato 25 maggio 2013
Analisi linguistiche Il professor Giuseppe Mastromarco, ordinario di Lettere e filosofia all’Università di Bari, evidenzia l’incompatibilità di alcuni termini greci con i modi di dire della nostra lingua e propone adattamenti Un’altra lodevole iniziativa dell’Associazione italiana di cultura classica di Castrovillari
Per comprendere Aristofane a teatro rile di Maria Lucilla Ap
Nella cornice del Protoconvento francescano di Castrovillari, il 15 maggio, si è svolto l’incontro con Giuseppe Mastromarco, ordinario di Letteratura greca nella Facoltà di Lettere e Filosofia Università di Bari, sul tema “Dal testo alla scena: tradurre Aristofane per il teatro”. L’iniziativa, promossa dalla delegazione castrovillarese dell’Aicc, Associazione italiana di cultura classica, ha visto la partecipazione di un pubblico composto da studenti del Liceo classico “G. Garibaldi”, del Liceo scientifico “E. Mattei”, dell’Istituto comprensivo n. 3 “E. De Nicola” di Castrovillari, nonché da docenti ed estimatori del mondo classico. L’associazione promuove, da 25 anni, iniziative di alto valore culturale volte a sensibilizzare i cittadini e, in particolare, i giovani, su tematiche letterarie, storiche, giuridiche e artistiche. Di Vasto, presidente della delegazione castrovillarese, nel presentare l’ospite ha ricordato alcuni dei suoi numerosi saggi: Il pubblico di Eronda, poeta del III secolo a.C., autore di mimiambi (mimi e giambi), tradotto in inglese nel 1984 (The public of Herondas): poeta caro a Pascoli; Comici greci minori, nel Dizionario degli scrittori greci e latini della Marzorati; Storia del teatro greco, opera scritta in collaborazione con Piero Totaro, fondamentale per capire come si svolgeva il teatro ad Atene; Introduzione a Aristofane, 1994. La fatica più impegnativa è, senz’altro, l’edizione delle commedie di Aristofane, in due volumi della Utet (1983 e 2006: il secondo insieme con Piero Totaro). La relazione di Mastromarco ha messo in luce le problematiche metodologiche di una traduzione destinata alla rappresentazione teatrale. Il relatore ha, infatti, analizzato alcuni passi tratti dalle commedie di Aristofane sottolineando le difficoltà, ben evidenziate dagli studiosi di linguistica, nel ricodificare in lingua italiana un testo antico lontano da noi cronologicamente e culturalmente. Se la traduzione è corredata da note di commento sarà più fruibile da chi legge, ma per i testi che devono essere messi in scena, ha spiegato il
Scoprire quanto sia meglio che gli Odomanti siano “incavolati” piuttosto che “rimpinzati d’agli”; o che sia preferibile “lanciar piselli” tra gli spettatori piuttosto che orzo...
Busto di Aristofane A destra rappresentazione teatrale della Pace, del commediografo greco
relatore, occorre una traduzione autonoma, “adattata”, che renda chiaro il significato, senza l’ausilio di note esegetiche. Le commedie di Aristofane riflettono la vita del popolo ateniese del V secolo a.C. con la sua trama fittissima di eventi. I testi, dunque, se tradotti alla lettera risulterebbero, in alcuni punti, incomprensibili. La lingua di Aristofane è, infatti, ricca di immagini metaforiche, che testimoniano il profondo legame dell’autore con la polis contemporanea. Nel Prologo degli Acarnesi, la prima delle 11 commedie di Aristofane conservate per intero, ai vv. 163b -166, il protagonista Diceopoli, che vuole riportare ad ogni costo la pace nel demo di Acarne, rivolgendosi a Teoro dice: «Povero me! Sono finito: gli Odomanti mi rubano gli agli. Mettete giù gli agli» e Teoro risponde: «Sventurato, sta attento, non avvicinarti a costoro: si sono rimpinzati di agli». Il significato letterale del verbo eskodisménois (“rimpinzarsi d’agli”) non rende il senso metaforico dato da Aristofane, che voleva dire “essere irritati”, e quindi Mastromarco propone di sostituire “gli agli” con “i cavoli”, mantenendo il gioco linguistico, e rendendo il verbo con l’espressione più comprensibile a un pubblico moderno: “si sono incavolati”. Lo studioso ha fatto ancora un altro esempio tratto dagli Uccelli (vv. 766-768). Il capo del primo semicoro parlando con il coro attacca il figlio di Pisia dicendo: «E se quel traditore del figlio di Pisia vuole aprire le porte ai banditi, si faccia pernice, degno pulcino di suo padre: ché presso di noi non c’è nulla di male a fuggir via come una pernice» (ekperdikísai). Oggi una versione del genere resterebbe incomprensibile se non debitamente spiegata: la pernice per gli antichi era, infatti, un animale astuto che, accorgendosi del cacciatore che prendeva di mira il nido dei suoi cuccioli, fingeva di avere difficoltà nei movimenti per trarre in inganno il cacciatore e dare il tempo ai piccoli di scappare, e ad essa stessa, poi, di darsela a gambe. La traduzione proposta è, pertanto, “squagliarsela”, anche qui mantenendo il gioco linguistico con uno scambio di termini: la “quaglia” al posto della “pernice”. Il professore ha poi fatto riferimento alle metafore sessuali presenti numerose nelle commedie aristofanee. Il linguaggio osceno assume un ruolo importante nel poeta ateniese, che si ispira alla lingua di Archiloco e Ipponatte, autori greci di giambi. Nella commedia Pace, vv. 960b- 967a, il contadino attico Trigeo esce di casa per compiere un rito sacrificale e porta con sé coltello, canestro e chicchi d’orzo. Prima
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Analisi linguistiche
Altro brano esaminato è stato quello riguardante l’opera gli Acarnesi, vv. 687-688, dove il Corifeo attacca gli avvocati giovani che trascinano un vecchio e lo fanno a pezzi con le loro parole: «E poi trascina uno di noi in tribunale e lo interroga tendendogli trappole di parole; e quello, che ha l’età di Titono, è fatto a pezzi, sbattuto dalla testa ai piedi». Essere un “Titono” significava essere vecchissimo, oggi, però, sarebbe più comprensibile dire avere l’età di Matusalemme, il patriarca biblico che morì a 969 anni. Queste puntuali analisi linguistiche e suggestivi commenti sono stati recepiti con partecipe entusiasmo dagli studenti, i quali, alla fine, hanno posto al docente stimolanti quesiti, non solo relativi ai versi esaminati ma anche riguardanti la poetica e il mondo di Aristofane. Le foto del convegno sono di Franco Iacoviello
di sacrificare la pecora la asperge con acqua lustrale e rivolto al servo dice: «E tu dammi dell’orzo; lavati le mani con l’acqua lustrale, poi passami la vaschetta, e lancia l’orzo tra gli spettatori». Il servo risponde: «Ecco fatto» e Trigeo: «Già fatto?» Il servo replica: «Sì, per Ermete: tra gli spettatori non c’è uno che non abbia... l’orzo». Trigeo: «Ma le donne non l’hanno preso». Il servo risponde: «Stasera, ci penseranno i mariti a darglielo... l’orzo». Anche in questo caso una traduzione meccanica risulterebbe priva della comicità dell’epoca; il termine krithé, infatti, che significa orzo, richiama anche il membro virile, ma in italiano l’orzo non è attestato come metafora sessuale, quindi sarebbe meglio utilizzare il nome di un altro vegetale, il pisello. Aristofane fa anche uso di espressioni proverbiali che si capiscono solo se inserite nel contesto del tempo; una traduzione per il teatro deve necessariamente essere adattata.
L’incontro si è concluso con il saluto dell’amministrazione comunale nella persona di Lucio Rende, delegato alla Cultura, che ha esternato all’associazione il suo compiacimento per questa iniziativa e per le tante altre, tutte di alta caratura scientifica, attuate senza alcun contributo finanziario da parte dell’amministrazione, che si limita a concedere, di volta in volta, ha detto l’amministratore, l’ospitalità nel Protoconvento; inoltre, ha espresso a Mastromarco la sua gratitudine per la sua prestigiosa presenza, della quale la città di Castrovillari si sente onorata, e, last but not least, per la relazione davvero interessante sui tanti problemi lessicali e, in genere, espressivi che una traduzione pone e impone all’interprete. L’associazione ha, infine, omaggiato Mastromarco con lo statere incuso d’argento di Sibari, riprodotto, a Firenze, con competenza e finezza, dal giovane orafo castrovillarese Francesco Scriva, raffigurante, come si sa, il toro retrospiciente (con la sigla iniziale sy nell’esergo), emblema della potente colonia greca.
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Appuntamento prezioso Gerardo Sacco, 50 anni di arte orafa nel mondo
Biblioteca nazionale di Cosenza
Il paesaggio italiano nella Divina Commedia
Una vita luccicante Sabato 1 giugno a partire dalle ore 18, il Maca (Museo arte contemporanea Acri) ospiterà un incontro dedicato al maestro orafo Gerardo Sacco (Crotone, 1940) per celebrare i primi cinquant’anni della sua attività, ripercorrendone l’evoluzione e le tappe salienti: dall’esordio come ragazzo di bottega, all’esperienza di perfezionamento nella lavorazione dell’oro a Valenza
Il pendente con la riproduzione della moneta di Cosenza recto, oro, diamanti bianchi e diamanti Fancy brown
Po, fino alla nascita della sua prima bottegalaboratorio, nel 1969, e ai numerosi premi e riconoscimenti nazionali e internazionali che si sono susseguiti fino a oggi. Un percorso contraddistinto da un’intensa passione e un’acuta creatività che hanno portato Sacco ad essere l’orafo calabrese più noto al mondo. «Fu seguendo un artigiano del luogo che iniziò la mia avventura fantastica - racconta il Maestro orafo dei suoi esordi -. Mi prese con sé a lavorare e ad apprendere i segreti della materia, così la mia vita cambiò. Non mi sembrava vero. Mi trasferì a Valenza a ventidue anni con il cuore gonfio di speranze, fino ad allora chiuse nel cassetto, e lì lavorai sodo per raffinare la mia passione. Con i soldi del salario guadagnati in fabbrica, riuscivo a pagarmi i corsi serali presso l’Istituto Cellini; incastonavo ogni gemma con cura, cesellavo l’oro, l’argento e con essi parte della mia anima». Oltre che nel Complesso del Vittoriano, a Roma e all’interno dei Musei Vaticani, le creazioni di Gerardo Sacco hanno trovato spazio in numerosi grandi eventi organizzati da diversi Istituti Italiani di Cultura all’Estero, come quelli di Bruxelles, Lisbona, Copenaghen e Madrid. I suoi gioielli hanno esaltato il glamour femminile di grandi star in svariate produzioni cinematografiche, teatrali e televisive, da Liz Taylor a Isabella Rossellini, da Monica Bellucci a Elena Sofia Ricci. All’incontro del Maca prenderanno parte, oltre al maestro Gerardo Sacco, Ottavio Cavalcanti, antropologo e docente universitario presso l’Università della Calabria, e Silvio Vigliaturo, direttore artistico del Maca. L’evento sarà arricchito dalla presenza in esposizione di dodici gioielli realizzati dal maestro.
Sabato 1 giugno a partire dalle ore 18 il Maca di Acri ospiterà un incontro dedicato al maestro crotonese, ripercorrendone l’evoluzione e le tappe salienti della sua carriera
Si è aperta con una mostra-convegno l’evento organizzato dal comitato di Cosenza della “Società Dante Alighieri” dal titolo “Il paesaggio italiano nella Divina commedia”, presso la Biblioteca nazionale di Cosenza. La mostra fotografica sarà visitabile presso la Biblioteca nazionale di Cosenza sino al prossimo 15 giugno. «Questa preziosa rassegna - si legge nella nota di presentazione della presidente Maria Cristina Parise - presenta l’inedito matrimonio artistico tra fotografia e letteratura, con i versi danteschi pronti a far rivestire al visitatore gli abiti dell’osservatore dell’opera fotografica e viceversa, in quello che si rivela uno scambio perfetto tra diverse capacità espressive. Da non sottovalutare, infine, la valenza didattica dell’esposizione, che regala soprattutto al mondo giovanile la possibilità di accostarsi in modo diverso al Sommo Poeta, così meno vincolato ad un universo scolastico fin troppo formale. Gli studenti, infatti, potranno così confrontare un’immaginazione utopistica dei luoghi danteschi con l’evidenza impressa nelle fotografie, oltre a toccare con mano l’inestimabile ricchezza del patrimonio culturale italiano: quello che i più grandi pittori, poeti, scrittori e artisti di sempre hanno amato e voluto raccontare nelle loro opere». Aggiunge l’ambasciatore Bruno Bottai, presidente della “Società Dante Alighieri”: «Siamo grati al professor Sisinni per aver voluto riproporre questo suo interessante lavoro dopo le importanti occasioni dell’80° Congresso internazionale della “Dante” e del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia, in quanto questa rassegna fotografica testimonia l’interesse sempre crescente per la tematica dantesca, soprattutto nei confronti di un mondo giovanile che necessita di un approccio meno formale, più diretto e coinvolgente, proprio come quello presentato dall’unione tra fotografia e letteratura, tra i versi del poema e le immagini dei luoghi citati. Auspico fortemente che la mostra possa costituire anche per la gente di Calabria uno strumento utile per risvegliare la coscienza culturale del nostro Paese in ambito di tutela e valorizzazione di un patrimonio artistico inestimabile, che ancora oggi rappresenta una fonte preziosa di ricchezza non solo immateriale ma anche e soprattutto economica». Da sottolineare che Francesco Sisinni nel 1974 , sotto il quarto Governo Moro, collaborò con l’allora ministro Giovanni Spadolini alla creazione del Ministero per i Beni culturali e ambientali, ministero in cui rivestì la carica di primo segretario generale del Consiglio nazionale e di direttore generale alle Antichità per circa vent’anni.
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XVII
L’emozione è di scena Al teatro Rendano di Cosenza si è conclusa la quarta edizione del Premio “Stefano Valentini”
Passi indimenticabili
Se il successo di un evento potesse essere misurato dagli applausi, dalla commozione del pubblico e dalla partecipazione emotiva degli artisti, allora la quarta edizione del premio dedicato alla memoria di Stefano Valentini ha superato le più rosee aspettative. Il teatro Alfonso Rendano, dall’alto della sua storia e del suo prestigio, si è aperto alla presenza di giovani appassionati della danza, di coloro che inseguono un sogno difficile e complesso dove la fatica ed il sudore vanno di pari passo con lo studio e l’abnegazione. La sapiente direzione artistica di Joseph Fontano, uno dei geni indiscussi del panorama nazionale ed internazionale della danza contemporanea, ha saputo mettere insieme giovani speranze ed affermati professionisti, abbinando momenti di formazione e approfondimento culturale di altissimo livello. Non sono mancati, infatti, i masterclass di classico e moderno e le presentazioni dei libri da parte di Sara Zuccheri e Maria Francesca Garritano. Ma il Premio non è stato soltanto danza, intesa come espressione del corpo e della mente, come fluidità di movimento ed armoniosità del corpo. È stato anche il luogo deputato ad invertire la triste tendenza che da qualche tempo si verifica in Italia: le compagnie infatti riescono a trovare sempre meno spazio e la chiusura del MaggioDanza di Firenze testimonia un malessere diffuso a livello nazionale. «Purtroppo ci troviamo di fronte al fatto - ha spiegato con rammarico Francesco Ventriglia, oramai ex direttore del teatro fiorentino - che l’Italia forma e costruisce talenti che poi per affermarsi sono costretti a lavorare nelle altre nazioni del mondo. È giunto il momento di invertire questa tendenza, partendo dal concetto che anche la cultura può generare profitto». Lo stesso pensiero è stato espresso da Joseph Fontano che ha invitato il pubblico presente «a sostenere i movimenti e gli esponenti politici che decidono di investire in cultura».
Sono trascorsi vent’anni dalla scomparsa di Stefano ma la sua maestria e i suoi insegnamenti continuano a restare ben impressi nella mente di chi lo ha conosciuto e dei tanti ragazzi che oggi studiano il suo modo di fare danza
I genitori di Stefano Qui sotto Joseph Fontano e Maria Francesca Garritano A sinistra Francesco Ventriglia e di nuovo Joseph Fontano In alto, un momento dello spettacolo
Tornando allo spettacolo, le emozioni si sono succedute in maniera serrata e continua. Le esibizioni che hanno visto protagonisti danzatori provenienti da ogni regione d’Italia hanno appagato il pubblico per qualità, ricercatezza e movimento. «La luce dell’umiltà che ci ha lasciato Stefano Valentini - ha sottolineato lo stesso Fontano - continua a brillare, riunendo e avvicinando mondi artistici lontani che per una volta si legano nel nome dell’arte e dell’eleganza. Ogni anno, infatti, la Wda Europe che cura i diversi aspetti dello spettacolo, s’impegna nel far conoscere delle realtà di danza che hanno poca visibilità. Sono trascorsi venti anni dalla scomparsa di Stefano, ma la sua maestria ed i suoi insegnamenti continuano a restare ben impressi nella mente di chi lo ha conosciuto e dei tanti ragazzi che oggi studiano il suo modo di fare danza». I genitori di Stefano presenti in platea hanno seguito passo dopo passo l’evolversi dello spettacolo, cogliendo negli occhi di questi giovani protagonisti della danza la stessa luce che animava lo spirito del proprio figlio: una ragione in più per fare in modo che il premio Stefano Valentini possa trovare dimora fissa sul palcoscenico del Rendano. Prima della conclusione della manifestazione Francesco Ventriglia ha ricevuto il premio Stefano Valentini. «La consegna del premio a Francesco Ventriglia - ha sottolineato Fontano - prosegue un percorso iniziato nelle precedenti edizioni, dando merito a quei personaggi che hanno esportato la danza italiana nel mondo. Nella prima edizione il premio è stato attribuito a Luca Di Paolo, per il suo collage di danza per l’Unesco; nella seconda edizione è stata la volta di Luciana Savignano, prima ballerina della Scala negli anni Settanta; mentre lo scorso anno il riconoscimento è stato attribuito ad Ambra Vallo, prima ballerina dell’English National Ballet, dove fu scelta da Rudolf Nureyev per il ruolo di Giulietta».
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Fresche note Un concerto per inaugurare l’Orchestra sinfonica giovanile della Calabria
Musica sul territorio
Alla presenza di numerosi autorità civili e religiose tra cui il sindaco di Gioia Tauro Renato Bellofiore, il vescovo della diocesi di Oppido-Palmi, monsignor Francesco Milito, il parroco del Duomo di Gioia Tauro, don Francesco Laruffa e don Elvio Nucera, si è tenuto il concerto inaugurale dell’Orchestra sinfonica giovanile della Calabria. L’ensemble, nato all’interno dell’associazione culturale musicale di Gioia Tauro “Musica insieme” presieduta da Caterina Genovese, si avvale della partecipazione di più di 60 fra giovani e giovanissimi provenienti da diverse province della nostra regione. L’Orchestra sinfonica giovanile della Calabria, nata come Orchestra sinfonica giovanile della Piana nel 2010 all’interno dell’associazione “Musica insieme” di Gioia Tauro, si è presentata ufficialmente in occasione di questo evento con la nuova denominazione, ipotesi realizzata dal direttivo dell’associazione (Caterina Genovese, presidente; Prota Stefania, vice presidente; Raffaele Crea, tesoriere; Maria Raco consigliere e Fulvio Pinto segretario) considerata la eterogenea provenienza geografica dei suoi componenti. Sono oramai diversi anni che l’associazione promuove l’ensemble sul territorio riscuotendo ovunque successo di pubblico e di critica. Ultimo riconoscimento acquisito il primo premio con 96 punti su 100 al Concorso europeo della musica recentemente svoltosi a Filadelfia (Vv). Nell’arco della serata numerosi gli autori proposti: Beethoven, Bach, Mozart, Franck, mentre le note del tango di Piazzola, solista Giuseppe Taverna, hanno concluso il programma musicale della serata. A far da cornice alle performance orchestrali promosse dai ragazzi due ensemble corali: il coro “Gaudium et spes” ed il coro polifonico “Symphonia” - Istituto musicale “S. Guzzi” di Lamezia Terme. Il coro “Gaudium et spes”, composto da circa 40 elementi tra soprani, contralti, tenori e bassi, è nato alla fine dello scorso anno sempre all’interno dell’associazione diretta dalla professoressa Genovese. Si avvale della preparazione didattica dei maestri Eleonora Genovesi e Bartolomeo Piromalli ed ha un repertorio che comprende brani per coro, per coro ed orchestra e per soli, coro e orchestra. Solista è il tenore Giuseppe Arena. Il coro polifonico “Symphonia” - Istituto musicale “S. Guzzi” di Lamezia Terme, compagine corale nata all’interno di Ama Calabria ha al suo attivo numerose manifestazioni e riconoscimenti, tra cui un premio “Migliore esecuzione” all’interno del XII Concorso di
Numerosi gli autori proposti: Beethoven, Bach, Mozart, Franck, mentre le note del tango di Piazzola, solista Giuseppe Taverna, hanno concluso il programma musicale della serata
composizione di canti natalizi in vernacolo calabrese (Occ - Feniarco, Nicotera 2008). Ha un repertorio molto vasto ed articolato che prevede anche brani di autori contemporanei, alcuni dei quali eseguiti in prima assoluta. Sovente è chiamato a ricoprire il ruolo di coro guida in corsi autorizzati dal Miur inerenti l’ambitus vocale. L’evento è stato diretto dal maestro Ferruccio Messinese: numerosi i percorsi accademici compiuti nonché i premi ed i riconoscimenti assegnati. Ha guidato numerosi ensemble e suoi arrangiamenti sono stati proposti anche da rinomati complessi come la Banda musicale della Polizia di Stato e trasmessi dalle reti Rai. In ambito didattico ha collaborato in qualità di tutor con i Conservatori di Vibo Valentia e Reggio Calabria e tiene regolarmente corsi di formazione e perfezionamento musicale autorizzati e riconosciuti dal Miur relativi agli ambiti della composizione, dell’arrangiamento, dell’orchestrazione, della direzione e del jazz. L’organigramma dell’orchestra prevede anche la presenza dei responsabili di sezioni che, con il loro impegno didattico fanno si che la preparazione dei ragazzi sia sempre pronta ed efficace per affrontare i brani in repertorio: Maria Raco (responsabile flauti), Giuseppe Mimmo Rotella (oboi), Antonio Baccaglini (corni), Caterina Genovese (violini e viole), Stefania Prota (violoncelli). Collaborano inoltre con l’orchestra anche i docenti Angelo Avati (clarinetto), Emmanuele Saccà (fagotto), Andrea Lombardo (tromba), Domenico Bruno e Francesco Serratore (tromboni), Salvatore Schipilliti (contrabbasso) Giovanni Bonasorte (corno). I prossimi impegni vedranno l’orchestra impegnata in numerosi Concorsi nazionali ed internazionali di musica nonché in un concerto che si terrà nella città di Andria l’ultimo sabato del mese di maggio. La serata è stata l’occasione per conferire delle cariche importanti all’interno dell’associazione. Infatti in coda alle esecuzioni il presidente ha consegnato al vescovo Francesco Milito la pergamena e la tessera di Presidente onorario, mentre al sindaco della città di Gioia Tauro ed al parroco del Duomo è stata consegnata la pergamena e la tessera di socio onorario. Un momento intenso conclusosi con un omaggio a Piazzola ed una promessa di impegno strappata al vescovo, ossia portare i ragazzi ad eseguire il tango del più celebre bandoneonista del mondo al cospetto di Sua santità Papa Francesco.
sabato 25 maggio 2013
Il racconto Seconda parte Prima di sedersi per terra per mangiare quanto portato da casa, si faceva un giro in campagna
Una allegra scampagnata di Giuseppe Aprile
Prima di sedersi per terra, dopo avere predisposto la tovaglia su cui posare quanto era stato portato da ogni casa, ci si dava ad un poco di visita per la campagna. E si notavano le piante che crescevano, si contavano i frutti che venivano prodotti, si faceva riferimento a quanto mancava e che sempre pensavano di fare e non facevano mai. Zio Peppinuzzo diceva sempre che la cosa migliore da fare in campagna è piantare piante in modo tale che nulla potesse mancare nell’arco dell’anno. Don Carlo si lamentava per quanto mancava pur programmando sempre di intervenire e predisporre. La sua terra aveva begli ulivi, piante di mele e di pere, ma mancava di una pergola per l’uva da mangiare a tavola mentre mentre viti di vino ne aveva solamente poche che erano rimaste da un vecchio vigneto che gli aveva lasciato suo madre e si mantenevano, grazie alla natura, invecchiando ma facendo sempre uva in abbondanza. «Perché» diceva, «le piante più vecchie sono e meglio fruttificano. Sia come vite, sia come alberi di mele e pere, in modo particolare, la vecchiezza è sinonimo di migliore fruttificazione. Hanno migliore sapore i frutti delle piante vecchie; magari che fossero quasi mezzo indurite». E continuava: «Tante piante vecchie io non le voglio potare, Le lascio come sono e intervengo con la scure solamente quando compariscono parti del tutto tendenti ad indurirsi definitivamente, Se no, finchè posso, lascio sempre che crescano e si mantengano secondo l’originaria predisposizione. Ho paura di rinnovarle troppo. Se le ho rinnovate qualche volta, è successo che magari hanno prodotto di più, ma la qualità scadeva. A volte è meglio contentarsi di poco frutto, ma che sia genuino e di una pianta le cui radici il tempo ha reso durevole, allo stato naturale; il più naturale possibile e si sa che la potatura ringiovanisce, ma fa cambiare in tanto». Era la filosofia campagnola di Don Carlo che in questa materia non accettava suggerimenti. «Dove si imparano le novità su queste cose? Non certamente a scuola!» diceva. E finiva: «Io mi regolo da solo e faccio come penso io, come ritengo di capire meglio e come al meglio rispetto la natura. Ripeto, la pianta più vecchia è, e meglio è». Mio padre si riteneva pure esperto in fatto di alberatura. Diceva spesso che sapendo la limitatezza della vita, aveva approfittato di suo padre in vita, per farsi dire quanto era nelle sue possibilità in fatto di esperienza per tutto quanto v’è in campagna. Coltivava l’orto secondo sue conoscenze antiche, potava gli alberi secondo il tempo che spesso era in contraddizione tra lo stato dell’albero e gli anni che passavano tra una potatura e l’altra. Diceva: «Volete sapere una cosa? Solitamente quando un albero presenta rami che tendono ad indurirsi, si tagliano e si pensa che tutto proceda bene. Invece è un errore. Io, se non passano un certo numero di anni, pure se compariscono rami secchi, non metto in mezzo la scure. A volte è giusto che non all’inizio di un indurimento parziale di albero si può intervenire, ma dopo che un ramo è secco in modo irrecuperabile. Bisogna saperla usare la scure nel campo della potatura. La potatura è una vera scienza. Non la scienza della scuola, ma la scienza vera, che matura con la vita e viene costruita dall’intelligenza del contadino», diceva. E proseguiva: «Voi pensate che seguire l’invecchiamento di un albero sia semplice? Ed invece è una delle cose più difficili da seguire. Vi siete mai chiesti perché in alcune campagne vivono alberi centenari che in altri posti si sono seccati tanto che ora non re-
Lavoro nei campi disegno di Annalisa Sarnè
sta più, di esse, alcuna traccia? Avete mai visto restare solamente dei tronchi induriti di piante che una volta erano verdi e producevano a meraviglia? E’ tutta una questione di capacità di cura e di seguire il corso dell’invecchiamento di un albero con interventi specifici e secondo bisogni naturali dell’albero. Me lo ha insegnato la buonanima mio padre. Ecco perché a Sannicola ancora ho delle piante che sono di allora; piante mai ripiantate e che ancora danno frutti. Ho un pero di quelli che producevano i famosi “Verginelli”, dolcissimi. E’ mezzo duro oramai, ma dà ancora un paio di chili all’anno, almeno. Di quelle pere non ci sono più. No si trovano più sicuramente al mercato! E c’è pure qualche rimasuglio di pianta di fico che ogni hanno ne fa pochi frutti, ma di quelli antichi. La mia terra di Sannicola è stata troppo abbandonata, ma ancora consente di farci provare frutti antichi, di quelli di una volta, di quanto la terra non era inquinata dai concimi industriali e chimici. Di quando l’unico concime esistente era la defecazione degli animali; naturale, efficace, ora cosa rara perché non ci sono più asini, non più ,maiali, non più pecore se non qualche rarissimo gregge che pascola in zone assai ridotte e lontane; magari in montagna. Non c’è più la vita di campagna come una volta. I maiali non si crescono più con la ghianda, il brodo genuino delle nostre antiche cucine a legna, quelle grandi zucche, le bianche e la spagnole, che coltivavamo noi stessi sulla base delle nostre tradizioni di campagna, e la ghianda che era per il maiale come la carne e il pane sono per noi: il cibo principale. Per questo non ci sono più salsiccia e soppressate del sapore di quelle di una volta e nemmeno le frittole con tanto di bel grasso si vedono più in giro». Sembra assurdo, ma il parlare, la conversazione di una volta, tra amici e vicini di casa, nelle piazze e ai tavolini della bottega, costituivano immense e interminabili confronti e scambi di saperi, contenente grande e meraviglioso sapere. Era scuola vera; di vita. Non scuola tra banchi e maestri fatti dai libri, ma scuola vera di sempre, anche di quando il libro unico esistente era un campo di grano, una landa, un uliveto, il taglio della zappa del contadino, la vita tra alberi sopra cui si abbatteva la scura del potatore, la vicinanza del gregge, dell’asino, delle mucche. Il via vai delle comari, dei contadini che dal paese fino all’arrivo in campagna parlavano, dicevano, scambiavano quattro parole. Ma erano assolutamente parole, non vuotagini da libro letto pensando di avere capito ma senza, invece, aver capito alcunché.
Mio padre coltivava l’orto secondo sue conoscenze antiche...
«La forza dell’uomo» mi disse un giorno mio padre, da quel coltivatore di terra che era e dal mestiere di commerciante di olio che passava la sua vita con gli umili Ntonuzzu Mittica e Mimìì Chianese nel comune mestiere di commercianti di olio con l’uso del carrozzino e del cavallo e di semplici coltivatori diretti, vale a dire della propria poca terra, e con gli amici che il paese gli offriva «è nella sua caparbietà, nel suo sapere dovuto alla lezione data dalla sofferenza, dai sacrifici, dal suo sapere essere invincibile nella sua indomabile capacità di leggere e capire la natura tutta, ricca di perché e di soluzioni, nella sua capacità di distinguere tra maschera e personaggio, nella sua capacità di sentirsi debole e limitato senza la sua donna, senza il lusso dei suoi occhi che parlano e vanno capiti, dal suo pazzo amore per tutta la natura cui dev’essere sempre legato e grato del suo abbraccio sempre amico». «Dite chiaramente. Micuzzo» gli fece Mimì Chianese interrompendolo: «Non è proprio questo il vero calabrese?».
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Il racconto
Sul mare dello Stretto le nubi calanti, ora oscure ombre interrotte da forme penetranti di bianco solare, di altrove giorno, disegnano forme indecifrabili che danno il senso della non interpretabile immensità del creato. Chi e cosa oltre quelle nuvole ed il sole che irradia quei raggi: il limite del pensiero dell’uomo? Forse i termini del conoscere legato alle tracce della storia e incapaci di mistero? Si vada oltre, senza scoramenti e senza paura dell’ignoto. E dove si arriva, si arriva, se un arrivo c’è, e non è, come penso spesso, mancanza totale di confine. Con questo scenario di visioni e memorie, vado col pensiero alla natura vista con gli occhi della mia prima giovinezza. Mi avvince l’immensità di una visione quotidiana che sfida lo sforzo conoscitivo dell’umano potere, in questa serata di ricordi senza fine, che mi straziano l’animo travolto da un’attualità di disorientamenti e di abissali labirinti dentro cui muoiono speranze nate dal bisogno di stare con i piedi per terra. Vedo però che la terra trema, mi sfugge nel sogno di un futuro offuscato da mille pensieri, speranze senza mordente, opachi scenari di favole antiche che prima erano sane e vive, ora sono diventate disastrose sintesi di attività che fanno rasentare la vita reale nella favola e il cammino nel navigare su acque malsane. E’ così che arriva uno dei meravigliosi momenti in cui riesco a dimenticare tutto il tormentoso oggi, e torno con la mente scevra da tensioni tra la psicosi del dubbio e la ricerca di un vero, dentro cui i giorni tornano normali... Don Carlo Chianese ripropone il suo orto come meta del nostro vivere quotidiano senza le morbose tensioni della quotidianità d’oggi, vinta da fatti drammaticamente equivoci. L’orto di don Carlo si apre al mio pensiero e riporta immagini della mia fanciullezza mai dimenticata. Mia madre era assai beata del rapporto tra le due famiglie: la sua e quella di don Carlo. Si trattava di due famiglie i cui uomini, i capifamiglia di allora, mio padre e don Carlo, avevano abitudini comuni, affetti che univano da generazioni lontane, comunità d’intenti e di quotidianità che consentivano lo svolgersi dei fatti più caratteristici della vita che in famiglia si solevano sviluppare. Allora si gioiva per poco. Non c’erano le mortificazioni d’oggi e i disorientamenti della quotidianità di questi nostri tempi che sembrano figli di un disastro. Mia sorella Rosetta e Tita, la figlia di don Carlo e di Rosina, stavano assieme quasi per tutto il giorno. Si radunavano presso la maistra Maria e lavoravano la tela tesa dentro il cerchietto ricamando vasi di fiori, cieli con stelle, case di campagna, angeli con le ali, venerate madonne, semplici rondini in volo. Le compagne erano sempre quasi in tente a stare assieme e rallegrarsi senza altro che la gioia del momento. Ma quel giorno, la scampagnata all’orto di don Carlo si presentò come al solito degli altri anni passati: pesata del grano, mangiare per terra, seduti, bottiglie di vino, la zia Teresina, lo zio Peppinuzzo, mio padre, mia madre, don Carlo, la moglie Rosina; mia sorella e Tita, più in là. In uno spiazzo a ruminare erba e biada, l’asino dello zio Peppinuzzo ed il cavallo di mio padre, a riposo all’ora del mangiare. Mia zia ricordava come negli altri anni il giorno si presentava bello, soleggiato, ricco di sorrisi e racconti. «Ci auguriamo che per tanti e tanti anni ancora possiamo divertirci così, come quest’anno. Il nostro lavoro non è massacrante. È fatto più di gioia che di fatica, più di piacere che di mestizie. Quando siamo tra noi, io passo il momento più bello della mia vita. Anche altri amici ci fa piacere avere a volte vicini. Ma questa comitiva io la sento come familiare, come fosse fatta solo di persone legate da rapporti consanguinei. Siamo tutti fratelli, sorelle, amici, una famiglia, insomma» diceva, distribuendo piatti pieni e bicchieri di vino per i maschi. Solitamente le donne bevono poco vino; molto poco. Il vino è più per gli uomini. Le donne bevono di più gassose e aranciate. Tita e mia sorella ogni tanto si alzavano e si mettevano a giocare
Don carlo Chianese ripropone il suo orto come meta del nostro vivere quotidiano senza le morbose tensioni di tutti i giorni
nelle vicinanze. Gli altri le pregavano di starsene sedute, con tutti, perché all’ora di mangiare non si gioca. «Non le lasciate giocare!» diceva divertito lo zio Peppinuzzo. «Se non giocano ora, quando volete che giochino? Noi non giocavamo, una volta, quando i nostri genitori erano come siamo noi oggi, anziani, dediti al lavoro come primi responsabili? Si sa com’è. I grandi, i genitori hanno il peso del lavoro ed i ragazzi vengono per divertirsi, per fare compagnia. Farci godere della loro bella presenza, fare parte della compagnia. Poi, si sa, il lavoro vero e proprio lo facciamo noi grandi. Verrà dopo il tempo in cui loro lavoreranno e i loro futuri figli faranno quello che oggi fanno loro. La vita è un ciclo. Ricordo quando ero ragazzino io. Mio padre, mia mamma, i loro amici al lavoro e noi a divertirci! I grandi lavorano e i figli si divertono. È il ciclo della vita» concludeva lo zio Peppinuzzo. La zia Teresina ricordava le abitudini dei suoi genitori con grande veemenza. E diceva dell’educazione che impartiva sua madre a tutti i figli, vantando i suoi metodi educativi. «Mia madre era più severa di mio padre» sosteneva. «Guai a non fare quello che lei comandava. Non lo faceva per male, lo faceva per il bene, perché ci teneva a noi, ci voleva crescere bene educati e non risparmiava rimproveri; a volte dava anche qualche buona ed efficace sberla». «Se è per questo, ricordo che mia mamma un giorno mi dette delle botte che non dimenticherò mai. Mi sono servite fino al punto che da quel giorno in poi, io divenni più ubbidiente, non mi feci mai più rimproverare di nulla; da allora, bastava che mi guardasse negli occhi ed io capivo se stavo per cadere in errore e cambiavo idea, faceva altro, mi raddrizzavo il pensiero e non sbagliavo. Io sono sicura che i genitori devono educare senza eccessive benevolenze verso i figli. Quando ci vogliono i rimproveri e le botte, non si devono risparmiare. Meglio piangere un giorno che sbagliare per una vita» diceva convinta Teresina di don Carlo. A proposito, intervenne il marito, vi voglio raccontare come mio fratello ha educato i propri figli, Vincenzo e Ciccio che poi sono diventati ragazzi d’oro e studiosi. «Non volevano andare a scuola. Ci andavano a malincuore ed i professori si lamentavano sempre perché si dimostravano disinteressati, svogliati, per nulla diligenti. Portavano sempre a casa le pagelle con voti scarsi e qualche volta le nascondevano a mio fratello. Si sa, noi genitori siamo portati al lavoro, a trovare il pane per la famiglia e tante volte non pensiamo a tante cose che poi si rivelano essen-
sabato 25 maggio 2013
Il racconto
Alla base di tutto resta il dato che in ogni epoca abbiamo una certa gioventù, una certa vecchiezza, una determinata vita. Un uomo non è tale per grazia ricevuta e basta. E’ civile, grande, piccolo, colto, ignorante, intelligente, cretino, progredito, progressista, lavoratore, sfaticato, vagabondo, giusto, educato, formato, in cerca di affermazione, teso a maturare, adatto in modo più o meno intenso a una determinata forma di vita. Si tiene sempre conto che la gente si comporta diversamente con la diversità dei tempi ed i giovani sono trattati più o meno duramente dai genitori, in funzione del loro futuro, secondo come si pensa alla società e al loro futuro in famiglia. E in ogni epoca abbiamo degli esseri umani diversi, secondo le situazioni del mondo in cui vivono. Nell’antichità avevamo l’uomo operaio, artigiano, zappatore, coltivatore. In altre epoche abbiamo avuto il cacciatore, colui che procedeva a piedi e scalzo, quello che usava pala e piccone, che si guadagnava il mangiare pescando, cacciando, tentando di trarre dal mondo a lui vicino quanto necessitava per la sua sopravvivenza con fatica, usando il proprio corpo, in un rapporto fisico e materiale con il caldo, il freddo, il mare ed i monti, la fiumara e il burrone, la neve, le stagioni, la fatica fisica o quella mentale. Sempre per lo più da isolato. Io ascoltavo, sentivo, facevo le mie considerazioni e spesso mi soffermavo a meditare come cambia il senso dell’essere genitori, figli, appartenenti al nucleo famigliare dentro cui i compiti sono diversi in rapporto ai tempi e ai modi di intendere la famiglia e la società.
ziali. Mio fratello si fidava molto dei suoi figli, quando venne a sapere che a scuola andavano molto male. Un giorno, un professore lo mandò a chiamare e gli disse che, se non avessero cambiato testa, li avrebbe bocciati e avrebbero perso l’anno. Mio fratello s’è imbestialito e sapete che cosa fece? Andò a Locri, e si appostò vicino alla scuola per vedere se i suoi figli entrassero insieme agli altri, perché il professore lo aveva avvisato che si assentavano spesso. Quando vide che Vincenzo e Ciccio non erano entrati e si avviavano verso le strade di Locri, li acchiappò e con la cintura di pelle gliene diede tante che li fece piangere e chiedere perdono e che ricorderanno per tutta la vita. Ma quelle botte e quei suoi rimproveri sono serviti fino al punto che da quel momento hanno cambiato testa, hanno studiato sempre e, non vi dico che sono diventati delle cime, ma sicuramente non hanno perso più anni di scuola, i professori non si sono lamentati più, loro si sono diplomati ed oggi sono dei bravi professionisti che si guadagnano il pane onestamente. Vedete che vuol dire amare davvero i figli? I figli si amano educandoli ad ogni costo e quando le legnate ci vogliono, non vanno risparmiate mai. Da grandi, quando capiranno, si renderanno conto del bene vero dei genitori». Io ascoltavo tutto e facevo, dentro di me, le dovute considerazioni. Certo che in questo mondo è sempre una questione di educazione, modi di pensare, di come vedere crescere l’uomo, di come vedere procedere il trattamento delle situazioni che vedono sempre al centro di ogni cosa il passare degli anni per la vita umana, quando non si rinuncia mai alla verifica di com’è l’uomo, di come procede la sua vita. Ed è come se va sempre messa in discussione la significazione della presenza dell’uomo nella società che richiede forme più o meno efficaci di formazione e di sviluppo della propria condizione in rapporto con la società in cui si volge la vita. Diventa curioso dover constatare come non ci sia un modo di essere dell’uomo che prescinda dalla sua crescita e da come esso sia. Si pensa sempre alla sua bravura, al suo credo, a come si rapporta con i suoi simili. E’ chiaro che si sia sempre alla ricerca di verificare il rapporto uomo natura, uomo suoi simili, uomo nei vari tempi. Ed è anche curioso verificare sempre che ci siano diversi modi di vedere gli esseri umani, più o meno educati, più o meno colti, più o meno definiti nella loro condizione rispetto a comportamenti che attengono alla capacità di capire, di produrre, di farsi amare e stimare, o odiare, e quindi in rapporto difficile col resto del mondo.
Quello che una volta era tutto nella vita oggi non si calcola più E domani si vivrà in un altro mondo e con altri modi...
«È tutto in evoluzione» dicevo tra me. Niente di stabile, niente di eguale e per sempre. Del resto, basta vedere come si viveva e come si vive oggi, a distanza anche di tempi che appartengono alla nostra diretta esperienza. Oggi guardo le cose e vedo che le aree urbane non sono più come una volta, si modifica con la diversificazione degli interessi dell’uomo, il suo dipendere da determinati valori, i cambiamenti di gusti, di attività mentale, intellettuale. E vedo che c’è chi ama leggere e chi questo lo ritiene un fatto superfluo o secondario. Una volta si zappava di più. Oggi si scansa il fatto che richiede fatica, si vive di più soddisfacendo fatti mentali rispetto a quelli fisici e materiali. Ieri si amava la gita in campagna, la compagnia nelle strade, nei campi, nelle vie del paese, nella piazze. Conversare aveva un grande affetto. C’erano certi tipi di conoscenza, di invenzioni, di credenze. In altri tempi, quello che oggi conta, non serviva a nulla. Non si va più in gita con amici in campagna. Oggi la gita è all’estero, nei paesi lontani, per vedere i monumenti, le opere d’arte, i paesaggi di alto valore e non ci si accontenta di un bel prato verde e di fiori; si vuole la visita ai luoghi di cui si sente parlare e di cui si legge nei libri. Si pensa di visitare i lontani paesi d’oltre oceano per scopi di conoscenza, di educazione oltre che di relax. E si ritiene un fatto di grande formazione sociale e culturale la visita e le conoscenze che derivano dall’andare fuori nazione o nelle zone che i nuovi mezzi di informazione e di comunicazione consentono. Si fa quello che viene chiamato turismo. Altro che la scampagnata tra famiglie vicine e paesane, della stessa ruga, della stessa tradizione! Quello che una volta era tutto nella vita, oggi non si calcola più. Nuove condizioni e nuove relazioni sociali e culturali hanno stravolto i termini del vivere sociale e chissà anche quanto, in futuro, cambierà. Quasi sicuramente, di quanto oggi è essenziale, domani non servirà più. E si vivrà in un altro mondo e con altri modi. «Chi vivrà vedrà» si dice comunemente oramai. Ora è un’altra cosa ed un altro diverso mondo. Quello della mia infanzia non c’è più...
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sabato 25 maggio 2013
Pillole di fede Un nuovo modo di servire il Paese. La testimonianza di Sonia Graziano, “casco bianco” in Sierra Leone
La pace è disarmata
di Lucia De Cicco
Sonia Graziano Sopra, da sinistra Fabiano, Altomare Cipriani
Una giornata, la prima nel Cosentino, dedicata all’attività del servizio civile e tenutasi il 18 maggio, presso la parrocchia Madonna di Loreto, nel centro della città bruzia, dal titolo “Beati gli operatori di pace. La pace è disarmata”. Voluta dalla parrocchia, sacerdote don Michele Fortino e dalla Caritas diocesana, con Pino Fabiano, che ha attraversato con video e testimonianze il variegato mondo del servizio civile. Erano presenti oltre le associazioni del territorio con i giovani che hanno fatto l’esperienza del servizio, dentro la città e anche all’estero, Diego Cipriani, responsabile ufficio Servizio civile della Caritas nazionale e Vincenzo Altomare di “Sentiero nonviolento”. Una giornata che ha ripercorso il ruolo storico, da cui nacque il servizio civile, dai cosiddetti obiettori di coscienza alla nascita di una nuova concezione dell’essere cittadino e attivo e di servire e difendere la Patria in modo propositivo, non offensivo. Il servizio civile, che è nato dal primo movimento di obiettori di coscienza, è costituito nel 2001. Da allora con i tagli alle risorse economiche ha risentito, come altri settori, del calo di partecipazione giovanile. Dai 300mila posti del 2001 al non bando del 2012. Tuttavia, il volontariato, che poi lo affianca negli anni successivi al primo, in cui si fa l’esperienza è notevole. I giovani imparano, che si fa rete, che la relazione è importante quanto almeno l’essere retribuiti, anzi di più. Non a caso la giornata si è tenuta a ridosso della ricorrenza della Pentecoste, che chiude il ciclo pasquale e che mette in risalto la relazione che esiste tra le tre figure della Santa Trinità e di come i doni (Spirito Santo) che è, soprattutto, nei giovani, sono il diretto risultato della fede (il Padre) dell’umanizzazione e associazione con il prossimo (il Figlio). A dare una forte testimonianza di grande sopportazione, perché in
A Cosenza un evento che ha attraversato con video e testimonianze il mondo del servizio civile, costituito nel 2011, che ha avuto un calo delle adesioni giovanili a causa dei tagli alle risorse economiche
territori di guerra, le difficoltà, sono di vario tipo, dal pericolo in se stesso, al disagio abitativo e d’igiene, quella di Sonia Graziano, casco bianco in Serra Leone, in servizio civile, per un anno, con Caritas italiana. Che cosa è un casco bianco, se non qualcuno, che affronta il tema della pace con un altro concetto della difesa della Patria, che è quello della cooperazione internazionale. Laureata in giurisprudenza, con un approccio importante al diritto internazionale, aveva da sempre pensato d’intraprendere la carriera internazionale. «Volevo interessarmi, dalla mia formazione giuridica, ci dice Sonia, e vedere se era possibile mettermi alla prova in qualcosa di così difficile e mi sono avvicinata al progetto alla legalità, lavorare sul tema dei diritti umani, in quel contesto. I diritti, che per noi sono scontati, lì non lo sono affatto, risultato di una conquista molto difficoltosa da ottenere. Servono molti strumenti concreti per affrontare la vita, dalla sanità, alla legalità, al vivere quotidiano, nulla è semplice. Parlare, dunque, di educazione, in questi ambienti, può sembrare molto astratto. Sensibilizzare è fondamentale, per fare comprendere che lo sviluppo passa attraverso l’educazione e la conoscenza e che gli effetti di questo processo sono duraturi e permanenti sul futuro». Un’esperienza importante, quella fatta da Sonia, poiché si è svolta in uno dei paesi più poveri al mondo per reddito e più sfruttato per risorse del sottosuolo. Variegato per fede religiosa, i matrimoni inter-religiosi sono frequenti. Un basso grado d’istruzione con l’abbondono prematuro delle ragazze, che hanno un tasso di gravidanza preadolescenziale alto, già tra i dieci e i dodici anni di vita. Con elevata mortalità al parto, che non rappresenta un caso eccezionale, quanto piuttosto una frequenza notevole, sia per mancanza di strutture mediche e d’assistenza, che per cultura. Si preferisce recarsi dallo stregone del villaggio, ecco perché educare, diventa fortemente necessario. Nella giornata, però, le testimonianze, che sono pervenute dagli operatori del servizio civile, sono state quelle svolte in un anno sul territorio, con i disabili, i bambini rom, i ragazzi con difficoltà scolastica e di integrazione sociale. Per citarne solo qualcuno le associazioni coinvolte, “Con Paola”, di Marano Principato, “Stella cometa”, “San Pancrazio”, “Goel” di Fuscaldo, “la Spiga”, il “Moci”. Si è ricordata una figura importante della santità della Chiesa, che è San Massimiliano di Tebessa, martire e obiettore di coscienza.
sabato 25 maggio 2013
Tesori inestimabili
L’arte barocca qui è di casa
Progetto Arcus spa per l’oratorio San Domenico di Cosenza Presentato a palazzo Arnone, il progetto Arcus spa che andrà a portare interventi di restauro su parte dell’oratorio dell’arciconfraternita del Rosario, annessa al complesso monumentale di San Domenico di Cosenza. Presenti il sindaco di città, Mario Occhiuto, Fabio De Chirico, soprintendente per i Beni storici, artistici e etnoantropologici della Calabria; ha condotto la giornalista Iole Perito; rappresentante del vescovo dell’arcidiocesi cosentina, don Salvatore Fuscaldo. De Chirico ha auspicato un buon lavoro aggiungendo che quando le risorse si mettono assieme, amministrazione e Sopraintendenza, le cose non possono che funzionare, poiché il progetto è molto complesso e dettagliato e il programma di interventi che però andrà per il momento l’abside è curato minuziosamente da Arcus. L’esclusione momentanea dal progetto di una parte dell’oratorio è parte di una riduzione del finanziato richiesto, infatti solo per la metà dell’importo, che era di 900mila euro ne sono arrivati 500mila. Questo oratorio, dalle parole di presentazione della Perito è molto espressivo dell’arte barocca, sorto fin dal Cinquecento, ebbe altri interventi fino al Settecento. Obiettivo dare slancio al centro storico, partendo proprio da questi punti di eccellenza, ciò anche dalle parole del sindaco Occhiuto, valore artistico, che necessità di centralità nella conservazione del patrimonio culturale della città. Importante monumento a sentire De Chirico, perché una tra le più alte espressioni in tutta la Calabria, dell’arte classica. Concentrazione di arte, dagli intagli lignei, agli stucchi, alle tele. Il progetto è nato già con la vecchia amministrazione nel 2009 in cui la Sopraintendenza si è andata a inserire con il progetto Arcus spa. Il restauro dell’oratorio del Rosario, unico intervento Arcus approvato nel nostro territorio, va a aumentare il disegno che anche l’amministrazione comunale di Cosenza sta portando avanti finanziando molti progetti diretti al recupero dei beni culturali. Progetti per milioni di euro che vedranno la restituzione alla città di un grande patrimonio architettonico e che l’amministrazione porta avanti collaborando sempre con la Sopraintendenza. Sono stati stanziati, ad esempio, 800mila euro per la cura dell’illuminazione del centro storico. Don Salvatore Fuscaldo portando i saluti del padre arcivescovo della città, ha auspicato che si possa trattare di un forte richiamo per la gente e che si possa tornare a vivere i luoghi di culto nella loro integrale bellezza. Lucia De Cicco
Presentato a Palazzo Arnone il progetto che andrà a portare interventi di restauro su parte del complesso monumentale
Nuovo successo per l’Accademia di Belle arti
Catanzaro è premiata con “Shopping bag art” Nuovo successo per l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro. Questa volta il prestigio dell’istituzione del capoluogo è stato ribadito, a Roma, da Maria Teresa Sorbara, allieva della Scuola di scultura, che si è aggiudicata il Primo premio al concorso “Shopping bag art 2013”, (Sezione allievi delle accademie di belle arti). L’iniziativa, giunta quest’anno alla sua settima edizione e dedicata a Flora Mastroianni, è promossa dall’Associazione culturale internazionale “Diletta Vittoria”, che fa capo alla storica Galleria Vittoria di Via Margutta, con il patrocinio dell’Accademia di Belle arti di Roma, ed è rivolta ad artisti di ogni orientamento espressivo chiamati ad esprimere il proprio estro servendosi di un oggetto di uso quotidiano: la shopping bag. Il successo della Sorbara (nata a Vibo Valentia nel 1979, e residente nel catanzarese) è emerso dal verdetto di una giuria autorevole, composta da critici, artisti e galleristi, presieduta da Gerardo Lo Russo, direttore dell’Accademia di Belle arti di Roma. «Ho appena saputo del premio e sono tanto sorpresa quanto soddisfatta», afferma sorridente Maria Teresa, la vincitrice del concorso. «Lo spirito dell’iniziativa è all’insegna di una sensibilità ambientale, problema assolutamente centrale anche nel mio lavoro, per questo - conclude la giovane artista - sono doppiamente contenta di questo riconoscimento».
Nella foto, l’oratorio dell’arciconfraternita della Madonna del Rosario In primo piano nel montaggio don Salvatore Fuscaldo, Mario Occhiuto Fabio De Chirico Jole Perito
Viva soddisfazione per l’ennesimo successo raccolto dai suoi allievi si legge anche nello sguardo del direttore dell’Accademia di Catanzaro, Anna Russo: «Un’altra grande soddisfazione - afferma - per l’Accademia, ma anche per la città e la regione. Quando ci si misura con le altre istituzioni è sempre un banco di prova importante. Riscontri come questo sono per noi la pubblicità più onesta ed efficace per continuare a crescere». Tutte le opere che hanno preso parte al concorso sono state esposte nei giorni scorsi presso la Galleria Vittoria di via Margutta, a Roma.
XXIII
Mezzoeuro
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