Voce ai giovani

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Anno 37 - 23 Febbraio 2013 - Numero 8

Settimanale indipendente di informazione

euro 0,50

Nella 6a Giornata nazionale del Braille, per la libertà della dignità tra mille ostacoli, nel “firmamento dei magici puntini” NOTE PER SOGNARE

UNA VITA SPEZZATA

Le mani di Allevi sulla città di Cosenza

Abbraccio ideale per non dimenticare

di Francesco Fotia

Il più amato compositore classico contemporaneo arriva al Rendano

di Federica Montanelli

Aperte le iscrizioni all’associazione culturale “Romano Marino”


II

sabato 23 febbraio 2013

Col sogno di diventare importanti

La Calabria presentata all’ultima edizione della Borsa internazionale del turismo di Milano

Una vetrina che va oltre il vetro Far sì che la Calabria diventi una delle principali destinazioni turistiche internazionali è l’obiettivo della comunicazione e della promozione presentata dalla Master Group di Gioia Tauro (Rc) all’ultima edizione della Borsa internazionale del turismo di Milano. Nella sua proposta ai principali tour operator nazionali e internazionali presenti alla rassegna di promozione turistica, oltre a richiamare l’attenzione su alcune novità imprenditoriali calabresi riferite alle strutture di accoglienza presenti sul territorio, la struttura diretta dal general manager Lino Cangemi, attraverso una politica di sostenibilità unita all’innovazione dei servizi di qualità delle destinazioni proposte, ha saputo attrarre l’attenzione degli operatori del settore sulle bellezze naturalistiche della regione Calabria. In occasione della Bit, al mercato di riferimento italiano, la Master Group ha proposto il nuovissimo catalogo Calabria 2013: un prodotto molto apprezzato dalle agenzie di viaggio del Nord Italia, viste le numerose affiliazioni registrate al termine dei vari incontri programmati. Per quanto riguarda il mercato straniero, la struttura di Gioia Tauro ha proposto agli operatori del settore giunti a Milano un catalogo di promozione della Calabria in lingua russa e un catalogo cosiddetto city break dove, oltre alle storiche destinazioni italiane come Roma, Firenze, Venezia, Milano e Napoli, è stata aggiunta la città di Reggio Calabria. Molto positivo il bilancio tracciato al termine dei numerosi incontri: sono state incrementate, infatti, le cooperazioni di incoming con la stipula di interessanti collaborazioni con i mercati slovacchi, cechi, russi, polacchi e olandesi; inoltre, sono state concluse delle particolari operazioni turistiche, intensificando i circuiti di trekking in Aspromonte e in Sila con la polacca Wloskie Podroze. «Vista l’esperienza e i dati raccolti nelle nostre sedi di Pomezia (Roma) e Moncalieri (Torino), ormai è divenuto sempre più evidente - ha affermato Cangemi alla chiusura dell’edizione 2013 della Bit di Milano - come il sostegno e lo sviluppo del turismo richiedono un forte impegno comune, volto a coinvolgere e coordinare le forze di soggetti privati e istituzionali, chiamati ad

Un momento delle trattative con i tour operator internazionali Sopra, una veduta notturna e una diurna di due delle meravigliose località calabresi

Il patrimonio turistico richiede impegno e coesione

operare in sinergia tra loro. Si tratta di un processo laborioso ed articolato, ma assolutamente irrinunciabile. Ai nostri rappresentanti locali e a quanti dirigono il settore della promozione turistica della nostra regione, rammentiamo che le attività e i prodotti turistici non possono e non dovrebbero essere delocalizzati, perché lo sviluppo turistico deve rimanere sempre un patrimonio del territorio su cui questo viene generato: unica e riconosciuta modalità da attuare per determinare delle condizioni stabili di sviluppo economico, sociale e culturale, di cui necessita fortemente la nostra regione».


sabato 23 febbraio 2013

I bisogni della società post-moderna Il 16 e 17 marzo uomini e idee uniti per imprimere una svolta decisa alle sorti di questa regione e della nazione tutta

Il raduno degli eretici Il secondo “Raduno delle imprese eretiche” è ormai prossimo. Anche quest’anno l’obiettivo sarà quello di mettere insieme, per due giorni, sabato 16 e domenica 17 marzo, uomini e idee che possano imprimere una svolta decisa alle sorti di questa regione e della nazione tutta. L’iniziativa nasce dalla consapevolezza del bisogno, da parte della società post-moderna, di eretici, ovvero di persone che hanno messo la sfida dinnanzi ai loro occhi ed hanno affrontato la vita con eresia, scegliendo una strada differente, sfatando luoghi comuni, andando laddove altri credevano fosse impossibile andare. «Gli imprenditori eretici - afferma Nuccio Cantelmi presidente dell’associazione Ereticamente - non sono solamente titolari di aziende o di attività commerciali. Sono uomini che hanno tracciato un cammino ed hanno intrapreso una sfida, in un senso non convenzionale ed innovativo. Sono questi uomini che possono insegnarci il rispetto delle tradizioni, la forza del legame solidale, la gioia del dono e della condivisione, l’amore per la terra e per i suoi frutti naturali, la bellezza del paesaggio, il sapore del genuino, la passione incondizionata». Oggi c’è bisogno di eretici per uscire da una crisi che appare senza fine, per sconvolgere il modo comune di pensare e di agire, per remare controcorrente ed inventare nuove strade mai prima battute o dimenticate da troppo tempo per essere ripercorse. Ma che cos’è un’impresa eretica? Un’impresa eretica è un’impresa (intesa non solo come attività economica, ma come risultato dell’azione dei singoli) responsabile, che adotta i valori dell’etica hacker: la passione per ciò che si fa la libertà di pensiero e di informazione la responsabilità sociale e individuale l’apertura agli altri e la condivisione il valore sociale delle proprie azioni l’attività e la ricerca da contrapporre alla passività e all’assistenzialismo la creatività come motore del cambiamento Un’impresa eretica inoltre: non basa sui finanziamenti pubblici la sua principale fonte di finanziamento è espressione del territorio e ne asseconda la vocazione ha un saldo, tra consumo di risorse e creazione di valore, positivo non persegue, quale unico misuratore del successo, la logica stringente del profitto ha dimensioni proporzionate alla propria capacità di mantenere inalterate qualità e caratteristiche dell’attività intesse relazioni ed è aperta a contributi esterni alla struttura organizzativa persegue, tra i suoi obiettivi, la crescita professionale e umana dei propri collaboratori è eco-sostenibile e solidale. Qual è l’obiettivo? Due giorni per confrontarsi e raccontare la propria sfida, per conoscersi e gettare le basi di future trame. In questo tempo di vittimismo e assistenzialismo c’è bisogno di portare sotto i riflettori buoni esempi. Noi riteniamo che l’impresa, umana ed aziendale, risponda pienamente a queste caratteristiche. La condivisione e l’orizzontalità tra tutti i partecipanti porterà a tessere nuove relazioni, ad intrecciare esperienze e delineare nuovi orizzonti. «Il raduno - afferma Massimiliano Capalbo, presidente di Orme nel Parco e ideatore insieme con Nuccio Cantelmi del Raduno - servirà a dare nuova linfa a coloro che vivono ogni giorno in prima linea seguendo la strada impervia della legalità e della sana imprenditoria e, ciò nonostante, difendendo valori eretici come quelli sopra descritti. C’è bisogno di coesione e di confronto da opporre al silenzio delle istituzioni ed alla solitudine di chi intraprende un percorso differente. C’è bisogno di buoni esempi da divulgare e portare all’attenzione dei giovani per accendere nei loro cuori la voglia della sfida. C’è bisogno di sognare nuove frontiere e di spostare in là quelle attuali». Sabato 16 e domenica 17 marzo presso il Villaggio Mancuso, nel-

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Imprenditori eretici afferma Nuccio Cantelmi presidente della associazione Ereticamente - non sono solamente titolari di aziende o di attività commerciali Sono uomini che hanno tracciato un cammino ed hanno intrapreso una sfida, in un senso non convenzionale e innovativo

la Sila catanzarese, si ritroveranno i moderni eretici, per ascoltare le testimonianze di uomini e donne che hanno lanciato la propria sfida, per conoscere imprese solitarie ed esempi di condivisione. Questi “produttori di valore sociale” disegneranno nuove vie e tracceranno nuovi percorsi da seguire come esempio per il futuro della nostra regione. L’augurio è quello di riuscire a far sì che il “Raduno delle imprese eretiche” non sia solo un momento di incontro ma sappia accendere quella fiamma che muove verso il cambiamento che è già presente nel nostro territorio sotto forma di tante scintille isolate che non riescono, però, ad assumere la forma di un incendio capace di bruciare il passato della mediocrità, del vittimismo e della corruttela. La prima giornata sarà suddivisa in quattro sessioni, gli imprenditori eretici verranno ripartiti in quattro categorie, quelli animati da passione, quelli che assecondano la vocazione del territorio, quelli che hanno scelto di condividere idee e conoscenze e, infine, quelli che hanno scelto la strada più difficile, più impervia. Il primo tema è quello della passione, in questo filone troviamo buoni esempi di eresia nelle amministrazioni pubbliche, al di là di ciò che normalmente si può pensare. Saranno presenti il dirigente settore programmazione e internazionalizzazione della Provincia di Cosenza, Giovanni Soda, insieme col Financial manager della Regione Calabria dell’unità organizzativa di progetto “Relazioni internazionali, politiche euro-mediterranee”, Nicola Mayerà, che racconteranno del successo riscosso dal progetto “Destination mountain”, sottoprogetto del miniprogramma “Robinwood Plus” del programma comunitario Interreg iv C, nato con l’intento di promuovere lo sviluppo socio-economico delle aree rurali, attraverso una pianificazione forestale partecipata e una gestione sostenibile delle foreste. Il progetto ha visto coinvolti “Orme nel Parco” in qualità di stakeholder principale, la Provincia di Cosenza in qualità di capofila con il Parco nazionale della Sila, il Metsahallitus Natural Heritage Services (Finlandia) con la riserva naturale di Paliakka, il comune di Dealu (Romania) con la riserva naturale biogenetica di Ivò Wildlife Park in Harghita Mountains, il Comune di Reggio Calabria con il Parco nazionale dell’Aspromonte. Ci sarà, inoltre, il sindaco di Marzi (Cs), Rodolfo Aiello, che racconterà il progetto delle Casette dell’acqua che ha realizzato nel suo comune a beneficio (in termini di salute e di riduzione dei rifiuti) di tutti gli abitanti del comprensorio. Infine avremo “Coessenza”, un’associazione cosentina che coniuga un costante lavoro sul territorio per sostenere le diversità culturali e tradurle in una dialettica di conoscenza e comprensione con una attività editoriale sempre molto ricercata e controtendenza. La scelta di pubblicare esclusivamente nei termini della licenza creative commons, infatti, è una sfida ai colossi del settore perché consente a chiunque di avere libero accesso alla conoscenza senza limiti e nella piena legalità.

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sabato 23 febbraio 2013

Quello che la gente non vuol vedere Sesta giornata nazionale del Braille: la libertà della dignità tra gli ostacoli della società dell’immagine

Il firmamento dei magici puntini mmo di Annamaria Palu

presidente regionale Uici Calabria

La Giornata nazionale del Braille, la sesta dalla data istitutiva tramite la legge n.126 del 3 agosto 2007, costituisce un’occasione per catturare l’attenzione sul percorso compiuto nella sfera dell’integrazione, per i ciechi e gli ipovedenti. Diversamente da quanto si possa immaginare, integrarsi, o meglio, cogliere tutte le opportunità e, quindi, sentirsi liberi di esprimersi nel movimento fisico e mentale la naturale umanità del menage giornaliero, è cosa ardua, difficilmente alla portata di chi non ha il senso della vista, o di chi è minorato a causa di una delle tante patologie o malattie dell’occhio. Nello specifico, i tanti orpelli punteggianti la nostra dimensione ordinaria rappresentano gli ostacoli che la società dell’immagine impone a chi il mondo può solo ascoltarlo e percepirlo unicamente col tatto: un grande lavoro di trasformazione, di adattamento, di rimodulazione è, quindi, necessario ai fini della semplificazione di immagini e parole. Al riguardo, gli ausili e i percorsi facilitati sono obbligatori a scuola, ma fuori, nel mondo quotidiano, c’è poca attenzione nei confronti di chi vuole vivere, da non vedente, una dignitosa quotidianità. Certo, il genio di Braille ci ha consentito di essere autonomi nell’apprendimento del sapere e della conoscenza formale, la magia dei puntini ci ha resi consapevoli della nostra intelligenza, e la loro stampa oggi ci consente di fruire di tutti i testi, ma ciò non basta per sentirci sicuri e consapevoli della nostra libertà, che è poi la libertà dal buio, quel buio causante sofferenza per coloro i quali si trovano impossibilitati a superare la tenebra in cui affonda le sue radici la barriera dell’indifferenza; la medesima barriera che l’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti, intende non solo superare, bensì abbattere, donando prospettive nuove a coloro i quali, per troppo tempo, sono stati prigionieri di un vizio sensoriale e di un vizio sociale, ovvero ostaggi dei loro occhi egri e di una società malata. Attraverso l’associazione operiamo quotidianamente per mediare e lenire quel disagio e quel silenzioso conflitto, quella strisciante tenzone opponente i ciechi e gli ipovedenti alla cosiddetta “normalità”, sempre inseguita e spesso vagamente agognata.

Basterebbe, per garantire una buona qualità di vita, che il cieco o l’ipovedente potesse fruire di poche cose essenziali, rispetto alla sua alterità; poche cose, ma apicalmente rilevanti, quali la conoscenza del metodo di scrittura e lettura braille, indispensabile, come già argomentato, per sviluppare competenze e abilità intellettivo-culturali, una buona autonomia nell’orientamento e la mobilità, città con poche barriere architettoniche, una tecnologia assistiva più diffusa. Poche cose, insomma, la cui efficacia potrà trovare effettiva esplicazione solo nel superamento del pregiudizio; condizione, questa, prodromica affinché le condizioni di pari opportunità, che in Braille e nel suo sistema di letto-scrittura hanno trovato il suo più luminoso alfiere, possano concretamente aprirsi alla completa fruizione del minorato della vista. In questo senso, l’Uici Calabria, recentemente, ha dibattuto con autorevoli esperti del settore, nel corso del simposio “Comunicare oltre il buio, come informare per integrare ed includere”, afferentemente al sistema Braille, fondamentale strumento di sapere e conoscenza, e, quindi, di emancipazione, anzi, di libertà per una categoria di persone ancora considerate, attraverso l’opaco filtro del pregiudizio e della subcultura, limitate o, secondo un inesatto gergo dominante, handicappate. No! Noi non accettiamo questo! Noi abbiamo un sogno: il sogno di vivere appieno tutti i più semplici e unici, e perciò, magici, attimi dell’esistenza. Un sogno, questo, che ha contrassegnato l’esistenza di Louis Braille che, come ha con passione illustrato Giuseppe

Un’occasione per catturare l’attenzione sul percorso compiuto nella sfera della integrazione per ciechi e ipovedenti


sabato 23 febbraio 2013

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Quello che la gente non vuol vedere

Terranova, vicepresidente nazionale dell’Uici, in occasione del summenzionato convegno, «per noi ciechi è una personalità, una guida, un maestro; è colui il quale ci ha liberati, con il suo genio e la magia dei suoi puntini, dalle catene e dal condizionamento delle tenebre, collocandoci in una dimensione umana di pari dignità sociale e giuridica. Una personalità, quella di Braille, a cui è strettamente legata l’attività dell’Uici, che cominciò la sua azione puntando sull’istruzione, sulla cultura, trovando nell’insegnamento di Braille il fattore precipuamente rilevante del riconoscimento legislativo ai nostri diritti di persone libere. Partendo dalla cultura, abbiamo dunque conquistato, successivamente, gli altri diritti, che sono poi i diritti di vivere, di approfondire le nostre conoscenze direttamente, senza l’ausilio di altri strumenti, i quali, pur agevolando diverse nostre attività, non potranno mai sostituire il braille, la sua capacità di farci entrare in comunione con un testo, con un poesia, con la bellezza dell’ingegno e dei sentimenti umani».

Diversamente da quanto si possa immaginare sentirsi liberi nel movimento fisico e mentale è cosa ardua

Il Braille come strada verso un’integrazione sostanziale, dunque; Braille, che anche nella nostra regione sarà degnamente celebrato nella giornata di domani, con una serie di iniziative che vedranno impegnate le varie sedi provinciali. In particolare, a Cosenza si svolgerà una conferenza stampa, mentre il consueto convegno a tema, organizzato annualmente (che, nell’occasione sarà incentrato attorno alla figura di Vincenzo Federici, pioniere calabrese del sentire Patriottico) verrà posticipato, a causa delle impellenti elezioni politiche, al 21 di marzo, presso la Biblioteca nazionale di Cosenza. Nella provincia di Vibo Valentia, invece, le iniziative avranno luogo a Filadelfia, ove l’Uici sarà ospite di un liceo scientifico. Qui, accompagnati da alcuni dirigenti, i rappresentanti provinciali dell’Unione incontreranno una quarta ed una quinta classe, ai quali si illustrerà o il valore del sistema di lettura e scrittura Braille e di tutti i mezzi ed i metodi utilizzati dai ciechi e dagli ipovedenti per comunicare. Approfittando anche della presenza degli insegnati, ci si soffermerà sul problema dell’integrazione scolastica nei suoi diversi aspetti. Per quanto riguarda Reggio Calabria, la locale sezione provinciale dell’Uici ha già organizzato per il 21 febbraio un incontro-dibattito sulla figura di Louis Braille e sul suo sistema di scrittura, alla presenza del presidente e di alcuni assessori dell’ente, con la presenza di un rappresentante del Provveditorato e della Biblioteca comunale di Reggio Calabria, dirigenti scolastici e studenti frequentanti gli istituti di scuola media superiore. Iniziative analoghe si sono avute a Catanzaro, ove la sezione provinciale ha promosso un incontro sul tema “Il destino è scritto in braille sulla superficie del sole”, e a Crotone. Momenti importanti, utili per riflettere sul ruolo fondamentale che i magici puntini di Braille rivestono nella vita di chi non ha la fortuna di godere direttamente della vista del creato e anche di coloro i quali, da vedenti, intendono relazionarsi, con maggiore consapevolezza, verso questo mondo, condividendono il metodo Braille. Punti di luce, illuminanti, alla stregua di stelle, più delle stelle, il firmamento interiore di chi non vede; stelle bellissime, come quelle luccicanti negli spazi siderali delle notti d’estate; spazi senza luce, resi magici dal luccichio stellare, da quei puntini astrali che rendono infinitamente affascinante e dolce, nella volta celeste, il buio circostante, facendo, nel contempo, sentire la vita di chi guarda parte, seppur piccola, della grandezza universale. Stelle bellissime, punti magici, puntini di luce, proprio come quelli di Braille, che addolciscono l’oscurità di chi non vede, la nostra oscurità, perchè ci rendono partecipi dell’esistente, facendoci sentire parte, certamente non piccola, della grande famiglia umana, ove ognuno di noi ha il suo ruolo, la sua dignità, la sua vita, la sua buona stella.

Busto di Louis Braille


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sabato 23 febbraio 2013

Luci spente in tutta Italia Wwf sfida il mondo per salvare il pianeta

L’ora della Terra Può una sfida cambiare il mondo? Per il Wwf sì, se coinvolge l’intera comunità globale in concrete azioni di sostenibilità e la posta in gioco è la salvezza della vita sul pianeta. In occasione dell’Ora della Terra, la più grande mobilitazione globale per fermare il cambiamento climatico che torna sabato 23 marzo dopo aver coinvolto l’anno scorso oltre 2 miliardi di persone in 7000 città e 152 Paesi in un suggestivo giro del mondo a luci spente, il Wwf lancia anche in Italia “I will if you will, Io farò se tu farai”: la piattaforma globale che vede celebrities - in Italia tagliano il nastro Lillo&Greg - cittadini, ma anche istituzioni e imprese sfidare il mondo a intraprendere azioni sostenibili e ridurre la propria impronta sul pianeta. Mentre alle città “amiche del clima” è dedicato lo speciale City challenge, che vede Forlì e la Provincia di Siena tra le 17 finaliste internazionali in lizza per diventare capitale Earth hour 2013 in virtù dei loro Piani per il clima e l’energia: da oggi televoto “People’s choice” aperto a tutti sul sito del Wwf e via Instagram #peopleschoice, mentre la proclamazione ufficiale dei vincitori avverrà il 19 marzo a Malmö, in Svezia. Inizia così, dall’attivazione di azioni concrete di sostenibilità ai vari livelli delle nostre società, la maratona di avvicinamento all’Ora della Terra, che nelle prossime settimane coinvolgerà i cittadini di tutto il mondo in una fitta serie di iniziative speciali per marcare l’urgenza di cambiare le cose. È infatti ormai chiaro che il cambiamento climatico - una delle più gravi crisi globali che il mondo si trova ad affrontare, che nel 2012 ha visto la riduzione massima della banchisa artica estiva, che ha contribuito alle drammatiche siccità, alluvioni e fenomeni meteorologici estremi che stanno devastando il pianeta e che promette di trasformare il 2013 in uno degli anni più caldi di sempre (guarda la scheda) - sta minacciando in modo sempre più rapido e violento ecosistemi, specie e la vita di milioni di persone. Ed è dovuto principalmente alle attività umane, con emissioni globali in costante aumento e la concentrazione di CO2 nell’atmosfera che nel gennaio 2013 ha raggiunto la cifra record di 395 parti per milione. Un allarme oggi condiviso non solo dagli ambientalisti ma anche da autorevoli scienziati e organismi internazionali come la Banca mondiale, l’Agenzia internazionale per l’energia, il World economic forum e non ultimo il presidente americano Barack Obama, che ha posto la lotta al riscaldamento globale tra le priorità del suo secondo mandato. «Il cambiamento climatico incalza più rapidamente di quanto gli scienziati avessero previsto e le azioni dei governi sono troppo lente per fermare un rischio che mette a repentaglio la natura e la stessa civiltà umana - ha detto Mariagrazia Midulla, responsabile clima e energia del Wwf Italia - Earth Hour è un’occasione unica per dare voce e mobilitare l’intera comunità globale, perché tutti facciano la propria parte e per pretendere che i governi assumano la crisi del clima come priorità assoluta, prima che sia troppo tardi. Dobbiamo passare a un mondo nuovo decarbonizzato, basato su risparmio, efficienza e rinnovabili. Cittadini, città, imprese ne saranno parte attiva e la loro voce potrà spostare la politica mondiale. Con migliaia di sfide lanciate da ogni continente, diamo l’esempio di come si possa agire, in concreto e ogni giorno, per dare un futuro alla vita sul pianeta». Intanto iniziano ad arrivare le adesioni all’evento con decine di Comuni italiani - tra cui la prima volta di Assisi - e monumenti simbolo come la Mole Antonelliana, il Teatro alla Scala di Milano, piazza del Plebiscito a Napoli, piazza Maggiore a Bologna, palazzo Vecchio Ponte Vecchio e palazzo Sacrati Strozzi a Firenze, le mura di Lucca, la Fontana Maggiore di Perugia, la Torre dell’Elefante di Cagliari, la statua di Garibaldi a Trapani, i ponti di Calatrava a Reggio Emilia, mentre il piccolo comune di Cenate di Sotto (BG) spegne tutte le luci del centro per 10 minuti. Le adesioni sono aperte su www.wwf.it/oradellaterra per tutti i cittadini, le istituzioni e le imprese che vogliono far parte e promuovere la più grande mobilitazione per il pianeta, anche sui social!

Contro il cambiamento climatico fuori controllo celebrities, cittadini, istituzioni e imprese si sfidano a rendere il mondo sostenibile nella più grande mobilitazione globale per il pianeta

Le prime video-sfide italiane Da Lillo&Greg ai cittadini... Per stimolare la transizione verso un futuro più sostenibile attraverso un espediente divertente e partecipato, il Wwf ha ideato la piattaforma “I will if you will, Io farò se tu farai” che l’anno scorso ha lanciato circa 10.000 sfide di sostenibilità coinvolgendo più di 4,6 milioni di persone, tra cui celebrities come l’attrice Isabel Lucas o la top model Miranda Kerr, per stimolare cambiamenti nelle proprie abitudini quotidiane (come l’uso della bici o la riduzione di sprechi e consumi) ma anche ottenere importanti successi per l’ambiente, come la nuova legge sulla protezione dei mari in Russia. In Italia a tagliare il nastro delle sfide - che partono dai tre grandi ambiti del-


sabato 23 febbraio 2013

Luci spente in tutta Italia

City challenge: Forlì e Provincia di Siena in finale, via al televoto on-line Una sfida del tutto speciale il Wwf ha voluto dedicarla alle città, responsabili di oltre il 70% delle emissioni climalteranti globali e proprio per questo attrici indispensabili per realizzare il cambiamento. Nell’edizione Earth Hour 2012, il Wwf ha lanciato il City challenge, concorso internazionale per premiare i migliori Piani e programmi per il clima e l’energia che possono avviare azioni innovative sul fronte del cambiamento climatico. Il concorso ha coinvolto Canada, India, Norvegia, Svezia, Usa e Italia. E oggi il Comune di Forlì e la Provincia di Siena sono tra i 17 finalisti in lizza per diventare capitale Earth hour 2013, scelte tra le 66 città candidate dalla giuria di esperti internazionali tra cui Christiana Figueres, segretario esecutivo Unfccc, Pietro Laureano, consulente Unesco, esponenti del Wwf internazionale, di Iclei e della società di consulenza accenture. Ora tocca alla giuria popolare globale: tutti invitati a esprimere la propria preferenza attraverso il “People’s choice” sul sito del Wwf o caricando le foto delle città preferita su Instagram peopleschoice. La proclamazione ufficiale dei vincitori e la menzione speciale del People choice saranno il 19 marzo a Malmö, in Svezia. Le città finaliste sono Colwood, Surrey, Vancouver (Canada), Cochin, Coimbatore, Delhi (India), Forlì e Provincia di Siena (Italia), Arendal, Oslo, Stavanger (Norvegia), Malmö, Stoccolma, Uppsala (Norvegia), Chicago, Cincinnati, San Francisco (Usa). In particolare Forlì è stata scelta per il Piano clima impostato sugli obiettivi 20-20-20, accompagnato da azioni concrete come l’istallazione di impianti fotovoltaici, la raccolta “porta a porta” dei rifiuti, la promozione del riutilizzo per alcune categorie merceologiche, come i pannolini lavabili, misure di mobilità sostenibile come il bike sharing e numerose campagne informative partecipate. Mentre la Provincia di Siena è stata selezionata per il progetto “Siena Carbon Free 2015” che mira a renderla la prima provincia a emissioni zero sulla base di bilanci energetici certificati ed attraverso misure concrete come l’efficientamento di 90.000 caldaie, la concessione di finanziamenti per l’installazione di piccoli impianti fotovoltaici distribuiti sul territorio più 4 impianti in discariche dismesse, oltre a un importante coinvolgimento dell’Università e degli attori economici e turistici, misurando in cinque anni la riduzione di oltre 200.000 tonnellate annue di CO2 prodotta. Il Wwf sarà naturalmente all’opera per valutare se le azioni concrete effettivamente intraprese dagli enti selezionati saranno adeguate a perseguire gli ambiziosi obiettivi dichiarati.

Soci paperfree In perfetto stile “Earth Hour”, il Wwf promuove l’iscrizione “pa-

l’energia, della mobilità e dell’alimentazione sostenibili - sono i comici Lillo&Greg che hanno promesso di esibirsi in esilaranti performance teatrali se i fan accetteranno la loro sfida, mentre tra le prime arrivate dai cittadini ci sono i climbers che scaleranno le falesie di Sperlonga se 500 persone andranno al lavoro con i mezzi pubblici, i surfisti di Way4Sport che puliranno la spiaggia se 100 condivideranno l’auto per andare a fare surf, il garden designer che darà consulenze gratuite via Skype se 1000 persone coltiveranno un orto urbano, gli studenti Aiesec che organizzeranno un flash mob canoro se 100 persone andranno in bici al lavoro. Ma è solo l’inizio... per lanciare la propria sfida o accettare una delle sfide 2013 promosse in tutto il mondo basta andare su www.wwf.it/oradellaterra.

Guarda il video di Lillo&Greg e le prime sfide dei cittadini Forlì e Provincia di Siena finaliste al City challenge

perfree” interamente digitale, per tutti quelli che amano condividere, chattare e twittare il proprio amore per la natura. Un’iscrizione senza carta, senza costi di spedizione, con meno impatto sull’ambiente e più risorse per il lavoro sul campo. Il socio paperfree riceve tessera e rivista per i soci in formato digitale, oltre a news in tempo reale, app, contenuti speciali e abbonamenti digitali ad alcune riviste partner, da leggere su web, smartphone e tablet. Tutte le info su www.wwf.it/paperfree

IIlpartner Wwf sta coinvolgendo i Comuni di tutta Italia grazie alla collaborazione di Alpine Pearls, associazione borghi autentici d’Italia, Associazione comuni virtuosi e coordinamento Agende 21 locali. E quest’anno anche Agesci, l’associazione delle guide e scuote cattolici italiani, e Aiesec, l’organizzazione di studenti universitari più grande al mondo che si occupa di mobilità internazionale giovanile, saranno al fianco del Wwf per coinvolgere i giovani nelle sfide globali per il pianeta.

Al via la maratona di avvicinamento all’Ora di buio planetaria E sabato 23 marzo alle 20.30 luci spente in tutta Italia! Città, cittadini, istituzioni, imprese aderite su www.wwf.it/oradellaterra

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sabato 23 febbraio 2013

Un nome importato Una terra indicata nel corso della Storia con vari nomi, ma «naturalmente la più antica d’Italia» dice il Barrio

Calabria, regione unitaria nella diversità rise a cura di Oreste Pa

Ma dove abita chi abita in Calabria? Potrebbe sembrare una domanda senza senso, lapalissiana, che provoca una risposta ovvia: in Calabria. La regione ha dei confini naturali, circondata com’è dal mare da tre lati e con il massiccio del Pollino che la separa dal resto della penisola italiana. Una regione che ha provocato amori esagerati che si sono tradotti in elogi sperticati. Ecco come ad esempio si esprime il Marafioti in: «Onde per dar principio all’opera, sia di mestiero sapere, che è la Calabria una delle più belle provintie, quali fossero in tutta Europa, cinta nel sinistro lato dal mare d’Occidente, e nel destro dal mare d’Oriente, congionta a due provintie principalissime del regno di Napoli, cioè Basilicata, et anticamente Puglia, e da rimpetto verso il mezzogiorno ha l’isola di Sicilia, qual’è divisa dalla Calabria, per un canale di mare, detto il Faro, dove si congionge il mare d’Occidente col mare d’Oriente, e l’istesso Faro, è quello che fa cingere la Calabria da dui mari». Tuttavia, chi tentasse di ricercare notizie della regione nei testi classici, come ad esempio tentare di ricostruire l’itinerario di Ulisse al suo ritorno dalla Guerra di Troia, e identificare i luoghi della regione toccati dall’eroe omerico si troverebbe in serie difficoltà. Gabriele Barrio, che fu il primo a dedicare un intero libro alla regione, si dilunga per più capitoli per elencare i vari nomi che ha avuto nel corso dei secoli e le vicende che hanno portato tante volte a cambiarlo. E se la prende molto alla lontana. «La Calabria è, naturalmente la più antica di tutte le regioni d’Italia», scrive il Barrio, «abitata fin dal diluvio, da Aschenaz, o Aschenez, o Ascenez, pronipote di Noè. Infatti, dopo il diluvio universale, avendo Gomer, primo dei figli di Jafet, figlio di Noè, fatto stabilire i Galati in Asia, mandò il figlio maggiore Aschenaz in Italia perché vi abitasse e diffondesse il genere umano. Navigando con la sua famiglia dall’Asia, essendo giunto lì dove ora sorge Reggio, e perché per primo si era offerto, e perché preso dall’amenità del luogo ... vi pose la prima dimora e fondò una città, che dal suo nome chiamò Aschenaz e Achenazei i suoi abitanti. ... I Greci chiamaro Reggini gli Ascheni». Una ricostruzione molto fantasiosa che si ritrova in tante altre leggende legate a miti greci e leggende sugli eroi omerici che sono venuti a colonizzare la regione. «La Calabria fu indicata con vari nomi», prosegue Barrio, «infatti, dapprima detta dagli abitanti greci e dai confinanti Auxonia, dal verbo greco auxo, cioè augeo, far crescere, perché ivi sempre l’abbondanza di ogni cosa è accresciuta; fu detta anche dai Greci di levante Esperia, poiché sottoposta ad Espero, cioè al tramonto. Quindi fu detta Enotria, dall’arcade Enotro, di poi Italia, da Italo della stirpe di Enotro, nato e regnante in Calabria. ... Una parte dell’Enotria fu detta Peucezia da Peucezio, fratello di Enotro». Interessante è il percorso del termine Italia che oggi denota l’intera Penisola, secondo la ricostruzione fantasiosa di Gabriele Barrio che precisa quanto aveva affermato qualche riga prima. «Durante l’età di Ercole, o poco prima, la Calabria fu detta Italia da un tale Italo, della stirpe di Enotro, re di quella regione, o, secondo altri, dai buoi. Di qui fu detta Morgete, figlio di Italo. Successivamente la parte vicino a Reggio fu detta Sicilia. La parte intorno a Petelia e Crotone fu chiamata Chonia e Japigia e Salentia. I greci, dall’abbondanza e bontà dei prodotti la chiamarono Calabria, come gli antichi Auxena; quindi Magna Grecia dalle grandi città o dal veramente grande numero di eruditi di ogni genere di scienza. In ultimo, una zona intorno a Sibari fu detta Lucania, poiché la occupavano i Lucani». «Poi col passare del tempo, una piccola parte della Calabria, volta ad occidente e settentrione, fu detta Brettia; in ultimo, come Plinio tramanda, una minima parte di essa, intorno a Turii, fu detta Lucania.

L’antica denominazione “Calabria” denotava la penisola salentina fino a quando non fu conquistata dai Longobardi nel IX secolo I Bizantini piuttosto che riconoscere la perdita di quella importante provincia ne trasferirono il nome alla terra dei Brutii

Questi lucani, come alcuni vogliono, in seguito furono detti Brettii». Fin qui il Barrio, che non dà alcuna spiegazione del perché alla fine di tutti questi cambiamenti la regione ha preso il nome attuale. La spiegazione generalmente accettata per tutto il Medioevo è legata alla sua feracità del suolo. Leandro Alberti nella sua Descrittione di tutta Italia (1550) così scrive: «Per avventura potrebbe esser stato nominato questo paese de’ Brutii, con parte della Magna Grecia (come ho scritto) Calabria, dalla grand’abbondanza delle buone e necessarie cose, per il vivere de’mortali, che produce. Imperochè calos in greco, in latino significa buono; et rheo, fluo, overo Bryo, che vuol dire emanare, o scaturire, come dicessimo, che quivi nascono, e scaturiscono tutt’i beni. Il che conferma Pietro Razzano. In vero in questo fertilissimo Paese, anzi felice, nascono quasi tutte le cose, non solamente necessarie, per il vivere de’mortali, ma etiandio per le delizie, e piaceri d’essi: E perché ho detto, comprendersi sotto il nome di Calabria ne’ tempi moderni, parte della Magna Grecia, voglio addunque descrivere le lodi di detto Paese, quanto però appartiene a quello si contiene sotto detto nome. Egli è questo Paese quasi tutto pieno di monti, e di belli e fruttiferi colli, e di vaghe valli. Quindi si cava grano, orzo, et altre biade, con vino d’ogni condizione, cioè austero, e d’altre maniere: oglio, fichi, et altre saporite frutte. Zucchero, mele, cera, sale di miniera, e d’acqua marina; oro, argento, lino, bambaggio, e zaffrana, con altre simili cose. Etiamdio se ne trae tanta seta, che si cava dal resto d’Italia (sono comparativamente) la si possa ragguagliare ad essa. Quivi nasce il lino, canape, e dal cielo casca la manna; cosa veramente rara. Veggonsi appresso il sito di ciascuno di detti mari, e similmente ne’ Mediterranei, belli giardini pieni di cetroni, aranci, e limoni di più sorte. Ritrovansi utili fiumi; dilettevoli colli dell’Appennino, e folti boschi di altissime ilici. Non vi mancano le fertili valli, producevoli di frumenti, e d’altre biade, come dissi». Neanche Leandro Alberti, fornisce una spiegazione convincente. Il Compendium of ancient geography (vol. 1, pag. 175) di Monsieur Jean Baptiste Bourguignon d’Anville nella traduzione di John Horsley fornisce notizie più convincenti, sebbene ancora non sufficienti a risolvere la questione. In primo luogo, la Calabria antica è ben lontana da quella attuale, poiché denotava la penisola salentina fino a Bari e Taranto, comprendendovi gran parte della Lucania. «Secondo la suddivisione augustea, l’Italia era divisa in undici re-


sabato 23 febbraio 2013

Un nome importato

Nicola Leoni (Della Magna Grecia e delle Tre Calabrie, ricerche etnografiche, etimologiche, topografiche, politiche, morali, biografiche, letterarie gnomologiche, numismatiche, statistiche, itinerarie, Napoli, 1844) fornisce una possibile chiave di lettura, che trova numerose conferme negli storici bizantini. «E omai è tempo», scrive il Leoni, «chè ben ci siam dilungati, determinar quando la prima volta si udì sotto il bruzio cielo il nome di Calabria, e diffinirlo. Rotti, e dati in fuga i suoi eserciti da Grimoaldo quando Costanzo imperator dell’Oriente venne in Benevento, si perderono da lui in egual tempo, Gallipoli infuori, ed Otranto, tutti i luoghi dell’antica Calabria mediterranea, e marittima, Taranto, Brindisi, Otranto, Gallipoli fino a Bari. E potea non dolersi l’imperator di Oriente, che dalla lunga seguela de’suoi titoli fosse cancellato quello di Calabria? Eppure non in tutto ne avea perduto l’impero, rimanea ancor Gallipoli e Otranto. Da ciò volendo ancor ritener questo antico titolo, lo trasportò sotto il bruzio cielo. Ma Taranto sede dei Pretori dell’antica Calabria caduta sotto il dominio del ducato di Benevento, i Greci trasportando questa sede a Reggio, avvenne che al Bruzio fu donata la denominazione di Calabria, che si estese poscia ancor nella Lucania. I Longobardi non meno appellarono Calabria tutti que’ luoghi, cui distendeano il dominio nel Bruzio, que’ che da Taranto sino a Brindisi aveano tolti a’Greci nell’antica Calabria denominarono Puglia. E donde tale denominazione? Tutto è pieno d’incertezza; né io saprei piegarmi ad ipotesi mal sicure, e sempre contraddette. Intanto altri ne vede l’etimologia nel greco idioma, da καλοσ, bello-buono, e Βρυω, scorrere, dall’ubertosità di ogni cosa necessaria alla vita. Mazzocchi la deriva da Calab, e Calba, cui da il significato di pece, e di resina, ciò da’boschi bruzi, ne’quali si fabbricava sì l’una, che l’altra. Altri rigettando questa etimologia danno all’ebreo caleb il significato di latte, a ragione degli ottimi pascoli, e de’numerosi armenti, di che sono ubertose le nostre contrade». gioni, la seconda delle quali era costituita dal Sannio, che includeva gli Irpini, e si estendeva fino all’Apulia e l’antica Calabria, fino al promontorio della Iapigia. La terza regione comprendeva la Lucania e il paese dei Bruzi», scrive il D’Anville. «La Iapigia, tra gli scrittori greci, non è compresa entro gli stessi confini della Messapia; si estende all’altra parte chiamata Apulia. Questa area nello stesso tempo è il paese degli antichi Calabri, lontano da quello che in epoca posteriore prese il nome di Calabria. I Salentini sembrano essere un altro popolo che abitava l’antica Calabria. Tarentum, o Taras secondo i greci, è Taranto, che venne occupata dai Lacedemoni, e costituì il pretesto della venuta di Pirro in Italia... Sulle rive di questo golfo, Metapontum, dove Pitagora insegnava la sua dottrina, Heraclea e Sybaris, hanno lasciato poche o nessuna traccia: la prima era vicina a Tarentum, la seconda tra i due fiumi Aciris e Siris, e la terza tra un fiume che aveva lo stesso nome della città e un altro chiamato Crathis. I Sibariti erano un popolo molto condannato per la licenziosità dei suoi modi: è la loro città fu distrutta dai Crotoniati, altri greci, tra i quali vi era Erodoto lo storico, e successivamente fu ricostruito prendendo il nome di Thurii, che mantenne fino a quando non scomparve. Quella che oggi è chiamata Calabria, a sud dell’antica Lucania, era occupata dai Brutii. Il Crathis e il Noethus, oggi Crati e Neto, erano i fiumi principali. Una vasta foresta, che produceva trementina, era chiamata Brutia Sila; e negli Appennini permane ancora il nome Sila. La localizzazione della città che portava il nome di Pandosia, non è è stata ancora trovata; ma Roscianum e Consentia sono in tutta evidenza Rossano e Cosenza. Petilia, costruita da Filottete dopo il suo ritorno dalla guerra di Troia, ha preso il nome di Strongoli. Croton, che era una grande città, ha preso il nome di Crotone. Il vicino promontorio dove termina il Golfo di Taranto, chiamato Lacinum, è chiamato Cabo della Colonna (Capo Colonna), dalle rovine di un tempio di Giunone che sono ancora presenti. Ci soffermiamo su alcuni scogli che si trovano al largo di questo capo, perché tra gli altri nomi co’i quali sono conosciuti nell’antichità appare quello di Isola di Calypso. Da un lato della parte più stretta del continente tra i due golfi, Scylacium si trasforma in Squillace; e sull’altro versante Hipponium, che portava anche il nome di Vibo, si ritrova in quello di Bivona, Troepea e Nicotera sono rimasti letteralmente gli stessi». Quello che risulta ancora oscuro e il D’Anville non spiega è la ragione per cui il nome di Calabria si trasferisce dalla penisola salentina al territorio attuale.

La Calabria ai tempi di Roma Sotto, Capo Colonna

Secondo quanto asserisce Nicola Leoni, l’attuale nome della Calabria è frutto di un bizantismo prodotto dalla vanità dell’Imperatore d’Oriente di mantenere il titolo di Re di Calabria, anche quando aveva ormai perso quella regione perché occupata dai Longobardi. L’uso del plurale Calabrie nasce dalla necessità di includere nello stesso termine tanto la Calabria settentrionale (Terra d’Otranto) che la regione Bruzia. Un plurale nato per caso che però esprimeva molto bene le diversità di una regione ben definita da un punto di vista geografico, per i suoi confini naturali, ma che presentava una grande diseguaglianza storico-linguistica ed economico-sociale. La genialità di Gabriele Barrio è riuscita a dare unitarietà a una regione che è una somma di tante diversità.

La Calabria al tempo dei Romani(da Wikipedia) La Regio II è denominata Apulia et Calabria si estendeva dai muntibus Calabri (l’attuale zona che comprende Murgia, Valle d’Itria e Salento) e al territorio dei Daunii e Peucetii unito col nome di Apulia. La regione comprendeva anche il Sannio irpino (Hirpinia). La Regio III Lucania et Bruttii, la terza delle Regioni dell’Italia augustea, confinava ad est ed a nord con la Regio II Apulia et Calabria, a nord-ovest con la Regio I Latium et Campania, mentre a sud era racchiusa tra Mar Ionio e Tirreno e si spingeva fino al Fretum Siculum (lo stretto di Messina). Geograficamente, il confine orientale era individuato nel corso del fiume Bradano (l’antico Bradanus) che scorre poco ad ovest dell’odierna Matera (Mateola), quello nord-occidentale dal corso inferiore del Sele (Silarus). La Regio III comprendeva quindi tutta l’attuale Calabria abitata dai Bruttii e dai Greci, l’odierna Basilicata con l’esclusione del Melfese che era sannita e della Valle del Bradano che apparteneva all’Apulia, tutto il Cilento ed il Vallo di Diano nella provincia di Salerno meridionale, tutte queste zone erano abitate dai Lucani. Sulla sponda tirrenica il confine territoriale tra le due popolazioni era segnato dal fiume Lao (Laus) e dallo spartiacque del Pollino. Non si hanno informazioni certe per il versante ionico, ma è probabile che doveva trovarsi tra le vecchie colonie greche di Metaponto a nord, e di Sibari a sud. Entrambe le popolazioni erano di ceppo Osco.

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sabato 23 febbario 2013

Combattenti d’esportazione Prima parte Prima contro i Moti di indipendenza in Italia, poi nella Guerra di secessione americana: storie dimenticate di coraggio, sangue e sconfitte

Ex militi borbonici da un Sud all’altro eco di Pierfrancesco Gr

La storia che raccontiamo questa settimana è una storia di speranze e sconfitte, di illusioni e frustrazioni, di infelice coraggio, di fittizie libertà, diuturnamente inseguite ma mai abbracciate, e di plumbee catene, strangolanti arcaiche utopie; una storia di esistenze giovani, sfruttate e grame, votate alla difesa di interessi elitari, insiti in istituzioni anacronistiche, e di sangue versato copiosamente per i fantasmi subculturali dominanti un mondo ormai crepuscolare e caduco; è una storia di uomini trovatisi a calcare il palcoscenico delle umane vicende dalla parte sbagliata, sempre, tenacemente dalla parte sbagliata; è una storia di soldati perennemente in guerra, con loro stessi, prima ancora che con nemici, vecchi e nuovi, avvezzi alla vittoria; è una storia di italiani, di italiani meridionali prigionieri: prigionieri, soprattutto, del loro destino, piagato dalle asprezze di una terra bellissima, ma sovente cattiva; particolarmente cattiva al tempo in cui si svolsero le vicende che stiamo per raccontarvi sommariamente; cattiva, soprattutto, per gli uomini che popolano questa storia, ovvero la storia dei soldati borbonici che, nel 1861, all’indomani della disfatta subita ad opera delle Camicie rosse di Garibaldi e della conseguente dissoluzione del Regno delle due Sicilie, si trovarono a combattere per un altro Sud, oltre l’Atlantico, quello staccatosi dagli Stati Uniti d’America, successivamente all’elezione del repubblicano Abraham Lincoln, alfiere di un orientamento economico, sociale e morale avente come orizzonte i valori della moderna società industriale; un orientamento decisamente prevalente nel Nord e, ovviamente, incompatibile con l’impostazione agricola, fondata sull’iniquo istituto dello schiavismo, degli Stati del Sud, riunitisi, sotto la presidenza del democratico Jefferson Davis, in un’entità statuale, che, nel febbraio del 1861, assunse il nome di Stati Confederati d’America. Un Sud che, benché dissimile, riguardo a tanti e basilari presupposti economico-ideali, dalla monarchia di Francesco II, aveva in sé quel carattere tradizionale, radicalmente vincolato alla difesa identitaria endogena e pertinacemente idiosincratico alla filosofie economicoesistenziali ed alla cultura sociale progressista veicolate dalla modernità, tale da apparire ai logori, inermi e confusi soldati sconfitti a Milazzo, sul Volturno, a Gaeta, a Civitella del Tronto (tanto per citare alcune delle battaglie che portarono i Mille dell’Eroe dei due Mondi, unitamente, successivamente, all’Esercito sabaudo, ad annientare l’ “Esercito di Franceschiello”) una nuova Patria, una possibilità di riscatto, un nuovo inizio, anche se, come vedremo, l’arrivo in America degli ex soldati borbonici ed il loro contestuale arruolamento nell’Esercito confederato, in larga parte non ebbe i crismi propri della pienamente libera volontà, quanto, soprattutto, quelli dell’opportunità, sia da parte dei vincitori, sia da parte degli sconfitti: se, infatti, da una parte, Garibaldi, prima, e i piemontesi, poi,

Nel 1861, all’indomani della disfatta subìta ad opera delle Camicie rosse di Garibaldi, tantissimi reduci del disciolto Esercito del Regno delle due Sicilie

si trovarono a combattere per un altro Sud, quello Confederato, oltre l’Atlantico Dove proseguirono la loro disperata guerra

avevano la necessità di sfoltire la grande massa di prigionieri borbonici, dall’altra, per questi ultimi (anche per coloro i quali erano emotivamente poco sensibili al “fascino romantico e decadente dell’altro sud”), il trasferimento in America e il servizio nell’Esercito sudista, appariva una soluzione accettabile, a fronte, soprattutto, di prospettive alternative aventi come sfondo o il rinnegamento, al cospetto dei nuovi governati sabaudi, di granitici, per quanto, ai nostri occhi, difficilmente comprensibili, riferimenti ideali (opzione, questa, inaccettabile per uomini cresciuti nel culto del re e della fedeltà ad esso) o, peggio ancora, il buio umido di una cella in qualche campo di prigionia piemontese. Circostanze, eventualità, timori, speranze e frustrazioni, che, dal 1861, in poi, crearono le condizioni affinché le egri storie individuali degli sconfitti del meridione d’Italia si intrecciassero con gli avvenimenti che videro l’ascesa e la caduta dell’utopia vetusta animante il meridione d’America. Proprio in quell’anno, nel 1861, le due vicende storiche afferenti al definitivo tramonto dell’epoca borbonica nel sud italiano e alle prime deflagrazioni della tempesta di fuoco e sangue che nel giro di quattro anni avrebbe travolto gli Stati del sud Confederato, si sfiorarono temporalmente: il 20 marzo 1861, ovvero tre giorni dopo la proclamazione di Vittorio Emanuele II quale Re d’Italia, cadde, piegata dalle cannonate dell’Esercito piemontese, Civitella del Tronto, l’ultima fortezza borbonica; poco meno di un mese dopo, il 13 aprile, a Charleston, nella lontana Carolina del Sud, un colpo di mortaio esploso da una postazione confederata contro la guarnigione unionista di Fort Sumter segnò l’inizio della Guerra di Secessione americana. Una guerra su cui vale la pena di aprire una corposa parentesi, nel nostro racconto, al fine di contestualizzare meglio le cruente vicende che videro coinvolti tanti soldati meridionali, e italiani in genere; le ragioni della guerra civile americana sono com-


sabato 23 febbraio 2013

Combattenti d’esportazione Cattura di soldati borbonici durante la Spedizione dei Mille Una gran parte di essi furono poi imbarcati per l'America dove combatterono nell'esercito Confederato Nella pagina accanto unità sudista a Pickdett's Charge 3 luglio 1863

plesse e furono oggetto di dibattito sin dall’inizio della guerra, un dibattito, ulteriormente complicato dall’intento revisionista di taluni scrittori volto a sminuire il ruolo svolto dallo schiavismo nelle motivazioni della secessione. In ogni caso, in linea con le più autorevoli analisi storiografiche, si può tranquillamente affermare che le origini della Guerra di secessione americana risultano legate, come già accennato, ai diversi e configgenti sistemi economici e doganali dominanti nella società americana del tempo, con gli Stati del Sud, agricoli e latifondisti, favorevoli al libero commercio, e quelli del Nord, industriali, fautori di tariffe protezionistiche. Su questa base si inserì la disputa tra il Nord abolizionista (in buona parte, per ragioni economiche, prima ancora che etico-morali) e il Sud schiavista, che sfociò nella guerra a seguito dell’elezione a presidente di Lincoln (1860), favorevole a una graduale abolizione della schiavitù. La questione della schiavitù riguardava non solo i diritti degli schiavi (anche se gli abolizionisti avevano sollevato la questione) ma anche il fatto che la schiavitù risultava un male anacronistico incompatibile con i valori americani o con un sistema economico redditizio protetto dalla Costituzione. In ogni caso, stante la delicata situazione caratterizzante gli Stati del Sud, per le cui oziose e gaudenti classi dirigenti il mantenimento e la crescita dello schiavismo costituiva il vero fulcro del sistema economico-sociale su cui si fondava la loro prosperità (e, quindi, una condizione assolutamente non negoziabile), la strategia del movimento anti-schiavitù, che aveva le proprie radici nella Dichiarazione d’Indipendenza, era quella di fermarne l’espansione e portare così il fenomeno su un percorso di graduale estinzione. Era, questa, in effetti, l’idea del partito repubblicano, che, nel novembre 1860 riuscì a far eleggere, per la prima volta un suo membro, Abraham Lincoln, alla carica di Presidente degli Stati Uniti. Un’elezione, che, in breve tempo, fece precipitare gli eventi: nel dicembre 1860 undici Stati sudisti si staccarono da Washington, per unirsi in una Confederazione con una propria capitale, Richmond, in Virginia e con un proprio presidente, Jefferson Davis. Nell’aprile 1861, un mese dopo che Lincoln aveva assunto la presidenza, scoppiò la guerra civile, che fu il più lungo e sanguinoso conflitto verificatosi tra le guerre napoleoniche e la I Guerra Mondiale. La guerra civile americana ebbe un carattere anzi già preludente a quest’ultima, sia per le enormi masse mobilitate dall’una e dall’altra parte e per l’impiego di moderni mezzi tecnici, sia per il grande numero di perdite umane e l’accanimento con cui furono condotte le operazioni. Nel corso del conflitto le armate sudiste opposero una straordinaria resistenza, riportando notevoli vittorie iniziali, grazie ai talenti del generale Lee, che ne comandava l’esercito, ed alla mancanza del nord di un’adeguata preparazione e di solide tradizioni militari, ele-

A Lincoln e all’Unione, però, per le idee antischiaviste, andavano le simpatie di mazziniani, garibaldini, e degli altri democratici d’Europa

menti, questi, tipizzanti la conservatrice società del sud. Più volte, perciò, le forze nordiste, che tentarono di raggiungere la capitale sudista Richmond, nella Virginia, furono sanguinosamente battute. Ma l’indomita decisione di Lincoln di salvare l’Unione dallo sfacelo e la superiorità industriale del nord contennero i successi militari sudisti. La confederazione inoltre, scarseggiando di industrie, era costretta a dipendere dall’estero per i propri rifornimenti. Molta importanza venne quindi ad avere per ambedue i belligeranti l’atteggiamento dell’Europa. Le simpatie delle corti reazionarie d’Europa, che mai avevano nascosto la loro avversione alla democrazia repubblicana degli Stati Uniti, andavano logicamente al Sud aristocratico e schiavista. La medesima simpatia, c’è da credere, che, intimamente doveva fare capolino nell’animo di gran parte dei superstiti dello sconfitto e disciolto Esercito borbonico, i quali, dopo aver subito la distruzione del loro piccolo tradizionale mondo e la lacerazione del bianco vessillo dei Borbone, per mano di eserciti aventi, ai loro ottenebrati occhi, le fattezze degli invasori, guardavano con favore verso la Confederazione sudista, che presentava la propria lotta come una difesa del diritto degli Stati americani meridionali a rendersi indipendenti dall’Unione e del libero scambio contro il protezionismo industriale del Nord. Guadagnava perciò anche il favore del governo inglese, interessato a procurare alle proprie industrie un importante mercato e ad assicurare loro cotone a buon prezzo, frutto dello sfruttamento schiavista nelle piantagioni confederate. Una questione, quella della schiavitù, che, è bene chiarire, contestualmente alle vicende della Guerra di secessione, fu decisiva nella decisione del ribelle governo confederato di addivenire alla secessione e di attaccare le forze unioniste. Del resto, sebbene non tutti i sudisti lottassero per preservare la schiavitù, la maggior parte degli ufficiali e oltre un terzo della truppa dell’Esercito di Lee aveva interessi legati alla schiavitù. Per i nordisti, invece, la motivazione principale era principalmente quella di preservare l’Unione, non di abolire la schiavitù. Il 22 luglio 1861, la Casa Bianca promulgò, in proposito, la “Crittenden resolution” affermando che l’obiettivo della guerra era il mantenimento dell’Unione (non la sovversione antischiavista). Addirittura, un anno prima Lincoln era diventato presidente sulla base di una piattaforma che riconosceva a ogni stato dell’Unione il diritto di controllare le sue istituzioni interne, schiavismo compreso. Le cose sarebbero cambiate gradualmente. Infatti, anche se per Abraham Lincoln la salvezza dell’Unione era l’obiettivo centrale della guerra, intimamente vide sempre la schiavitù come una questione cruciale, facendone un ulteriore obiettivo finale, promulgando, prima, il Proclama d’emancipazione (1862), con cui decretò la liberazione di tutti gli schiavi dai territori degli Stati Confederati d’America a partire dal 1º gennaio 1863, e, successivamente, perseguendo con determinazione l’approvazione, da parte del Congresso, del XIII emendamento alla Costituzione (1865), che, abolendo ufficialmente la schiavitù in tutti gli Stati Uniti, coronò la legislazione abolizionista. A tanti osservatori straneri, quindi, la guerra, ancor prima dell’approvazione formale dei summenzionati atti, apparve assumere la foggia di una lotta per la democrazia contro lo schiavismo latifondista. A Lincoln e all’Unione, perciò andavano le simpatie entusiastiche dei mazziniani, dei garibaldini, e degli altri democratici d’Europa, il cui fermo atteggiamento impediva ai propri governanti di tradurre in intervento le loro simpatie per la Confederazione. A riprova dell’afflato ideale legante i movimenti democratici alla causa unionista, basti considerare i tanti garibaldini che combatterono nelle fila dell’Esercito unionista, come i soldati del 39th New York volunteer infantry regiment, denominato “Garibaldi guard”, che imbracciarono le armi a fianco dei primi afroamericani liberati, pagando un altissimo tributo di sangue (il reggimento garibaldino perse, durante la Guerra di secessione, 9 ufficiali e 269 soldati, in azione, tra i feriti, ma soprattutto a causa delle malattie e delle infezioni; impegnati in tante battaglie cruciali, un gran numero di essi finirono prigionieri e sono oggi ricordati da un monumento a Gettysburg, che ha dato lustro alle imprese del Trentanovesimo) o ufficiali come il siciliano Enrico Fardella che, dopo aver partecipato alla liberazione del sud Italia a capo di una brigata dell’Esercito meridionale, a fianco di Garibaldi, si trasferì in America e organizzò un corpo di fanteria di volontari.

...continua

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sabato 23 febbraio 2013

Importante agire prima che sia troppo Convegno a Castrolibero sulla diagnosi precoce dei tumori femminili

La prevenzione e i suoi primi 40 anni Si è tenuto nei giorni scorsi, presso la sala delle associazioni di Castrolibero, il convegno dibattito con la cittadinanza “Diagnosi precoce dei tumori femminili” patrocinato dall’amministrazione comunale (era presente l’assessore Sabrina Pacenza), dall’associazione Centro italiano femminile di Castrolibero, dalla Lega italiana lotta tumori e dall’Asp di Cosenza. Determinanti le testimonianze e gli interventi della dottoressa Maria Grazia Pagliuso per la prevenzione nei tumori dell’utero e il dottor Antonio Salamanca per la prevenzione nei tumori della mammella. La Pagliuso, ginecologa e collaboratore della lega tumori, ci ha portato per mano nella diagnosi precoce dei tumori femminili dell’apparato genitale. «La prevenzione è l’unica arma per aggredire il tumore. La Lega italiana, afferma la dottoressa Pagliuso, è presente su tutto il territorio provin-

Evento patrocinato dall’amministrazione comunale, dall’associazione Centro italiano femminile di Castrolibero, dalla Lega italiana lotta tumori e dall’Asp di Cosenza

ciale. Il discorso rimane sempre di fare prevenzione, combattere, il tumore è sotto questo profilo». Castrolibero è un comune attento al discorso di prevenzione tumori, pubblicizzato da sempre dall’amministrazione comunale, collaborando con l’Asp, che lavora maggiormente con i consultori familiari, ma con i fondi regionali e dei soci le associazioni private possono sopravvivere ed essere un valido supporto territoriale, come appunto la Lega. L’assessore Pacenza si è dichiarata soddisfatta dell’iniziativa e affermato che anche il privato può essere un ottimo aiuto per colmare i vuoti del pubblico e arrivare davvero a tutti. La presidente del Cif di Castrolibero, Alba Caira ha dichiarato che le iniziative di carattere sociale e di solidarietà che sono programmate dall’associazione comprendono anche una lotta alla prevenzione per la promozione della salute della donna. «Con la Lega tumori, dice la dottoressa Caira, contiamo di collaborare anche oltre nel campo della nutrizione, perché prevenzione è anche una corretta alimentazione». Il dottor Salamanca, medico radiologo, direttore del Centro “Walter Marino”, si occupa di tumori femminili del seno. «Statisticamente, ci dice Salamanca, sono diminuiti i casi di tumori al seno, nel nostro centro, perché chi viene è solo per fare prevenzione. Il consiglio che posso dare alle donne è di fare prevenzione prima dei quarant’anni, l’età è scesa e l’incidenza dei tumori è anche nelle giovani, sotto i trent’anni, probabilmente sta virando verso fasce di età che meno erano a rischio prima. Il picco maggiore di incidenza dei tumori al seno rimane fissato, tuttavia, alla menopausa». Salamanca collabora con la Lega tumori da circa vent’anni. Al convegno dopo le relazioni sono seguite testimonianze e un dibattitto aperto ai presenti. «Spesso noi donne, mamme, mogli, fidanzate non abbiamo tempo per noi! Ha dichiarato, l’assessore Pacenza e abbiamo tempo per tutto e tutti ma non per la nostra salute. Troviamolo questo tempo, troviamolo per informarci, per capire, per conoscere, poi soprattutto per intervenire e prevenire. Perché le persone che ci stanno vicine hanno bisogno di noi per sempre diamo il buon esempio sempre». L.D.C.


sabato 23 febbraio 2013

Note che promettono di far sognare

Le mani di Allevi su Cosenza

Il più amato compositore classico contemporaneo arriva al teatro Rendano il 6 marzo

di Francesco Fotia

Giovanni Allevi porta la sua musica a Cosenza, mercoledì 6 marzo. A ospitare l’artista marchigiano, il più amato compositore “classico contemporaneo” (il virgolettato è suo), non poteva che essere il nostro Teatro di tradizione, l’Alfonso Rendano. Allevi arriva in Calabria per una tappa del Sunrise tour, la serie di concerti che presentano “Sunrise”, settimo disco della sua prestigiosa carriera, rilasciato nell’autunno dello scorso anno. Per l’occasione, ad accompagnare il maestro sarà L’Orchestra sinfonica italiana, chiamata a eseguire gli arrangiamenti partoriti dall’estro di questo rivoluzionario costruttore di musica, che dagli albori della sua ascesa al grande pubblico ha sempre inteso ammodernare la musica classica, non senza scontrarsi con una certa dose delle solite critiche che, inevitabilmente, vengono mosse a chi ha il coraggio di intraprendere nuove strade. Se ne sarà fatta una ragione Allevi, visto che i suoi estimatori, ormai sparsi in tutto il mondo, sono decisamente superiori ai, pochi, detrattori. Da una di queste polemiche (o almeno in parte, se così possiamo dire), prende vita Sunrise che, come spiega il compositore, è un album di rinascita, frutto, come indica il titolo (l’alba), dell’arrivo di uno spiraglio di luce (creativa) dopo il buio (dovuto a un periodo di difficoltà). La luce è, in questo caso, insieme la speranza che l’artista “vuole regalare” agli ascoltatori e la vena creativa ritrovata dopo un blocco causato, anche e soprattutto, dalle feroci critiche destinategli dal noto violinista Uto Ughi nel 2009. «Ma ora sono un Giovanni felice - ha ripetuto in più frangenti Allevi - e credo che quest’ultimo lavoro lasci trasparire il mio stato d’animo. Ora voglio solo che queste note siano vicine al cuore della gente, che siano di incoraggiamento a superare i momenti di buio, per ritrovare quella luce che è dentro ognuno di noi». L’album è uscito a due anni di distanza da “Alien”, per pianoforte solo, e segue “Evolution”, del 2008, già pensato come contenitore di brani per orchestra sinfonica. Sunrise è stato registrato al Teatro

In Calabria per una tappa del Sunrise tour Lo accompagnerà l’Orchestra sinfonica italiana

Il Teatro Rendano di Cosenza A destra, la copertina di “Sunrise” In apertura Giovanni Allevi

Carlo Felice di Genova, e ha richiesto il lavoro di una mole impressionante di artisti: oltre sessanta professori d’orchestra dello stesso teatro. Al violino, Allevi ha scelto di destinare la maestria di Mariusz Patyra, giovanissimo artista polacco, già vincitore del Premio Paganini. Al Teatro Rendano andrà quindi in scena un concerto grandioso: un’esplosione di gioia che promette di far sognare la fantasia di donne e uomini di ogni età. La grandezza di Allevi, in fondo, è proprio questa: il compositore ha trovato un amalgama perfetta, e del tutto personale, tra evidenti richiami classici e strutture pop, che facilitano all’ascoltatore la fruizione e l’assimilazione della sua musica. Venature pop su richiami ai grandi maestri settecenteschi e ottocenteschi che, come noto, hanno fidelizzato un pubblico di giovani e giovanissimi e mosso critiche, quasi come per riflesso, dai musicisti più “conservatori”. A nostro avviso, la realtà è che il fenomeno Allevi, per essere apprezzato come merita, vada inserito in un contesto discografico moderno che non contempla più - e questo è certamente un male - le grandi Sonate o le Opere da Camera. Il pubblico ha trovato in lui il nuovo che avanza perché Allevi ha avuto l’intelligenza artistica di non rinnegare i suoi diplomi al conservatorio (come qualcuno ha voluto affermare) ma di agganciarli, con tutto il carico di passioni che ne deriva (Bach e Beethoven), a un mercato che raramente è stato in grado di offrire un vero “nuovo”: musica orecchiabile ma affatto scontata imbevuta in note ora gioiose ora malinconiche in grado di toccare, anche nell’arco di pochi secondi, tutte le corde dell’animo umano. Una qualità che non ha rapporti diretti con nessun genere, tempo né, grazie a Dio, abilità tecnica. Giovanni Allevi ci aspetta quindi, con la sua musica e la “sua” orchestra, al Rendano (per info www.inprimafila.net): il Sunrise Tour promette di regalare una notte di rara emozione. Con buona pace dei suoi più dotti detrattori.

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sabato 23 febbraio 2013

Una vita spezzata

Abbraccio ideale per non dimenticare

Associazione Romano Marino, aperte le iscrizioni. Tante le iniziative in programma. Ce ne parla la presidentessa Sono aperte le iscrizioni all’associazione culturale “Romano Marino”, che prende il nome dal giovanissimo cosentino che tre anni fa ha perso la vita per una rara o misconosciuta malattia autoimmune del sangue. «Tesserarsi, e quindi prendere attivamente parte all’organizzazione e alla vita dell’associazione, è un modo per condividere con noi il ricordo di Romano - spiega Maria Donata Giardini, presidentessa dell’associazione e madre del giovane. Celebrare la memoria di mio figlio insieme all’associazione che ne porta il nome - continua - significa dedicare parte del proprio tempo ai giovani, all’arte e al rapporto genitori-figli». Questi, quindi, gli obbiettivi dell’associazione “Romano Marino”, che nelle sue attività da ampio spazio e importanza all’arte e alla musica, viscerale passione del ragazzo, chitarrista provetto. Passione celebrata nell’annuale “Concert for Romano”, che lo scorso giugno ha raggiunto la III edizione, in una serata che ha voluto mettere al centro, insieme alla musica, anche il rapporto genitori-figli, sintetizzato con la lettura di un passo dal libro “Ciao, Caterina. Lettera sulla soglia” ad opera di Tiziana Iaquinta, autrice dello stesso volume. L’abbraccio ideale tra chi amava Romano ha spinto l’associazione a perseguire nei suoi eventi: «È in corso - racconta Maria Donata Giardini - con il patrocinio dell’assessorato Giovani e Futuro del Comune di Cosenza un concorso, con scadenza a marzo p.v., rivolto ai ragazzi di terza media. Dovranno scrivere un elaborato di fantasia, con protagonista un ragazzo di nome Romano che ama la musica. Il racconto dovrà essere corredato da una breve ricerca sulla Sindrome da Attivazione Macrofagica (Mas), la malattia che ha stroncato la vita terrena di Romano. Una giuria qualificata deciderà il vincitore, cui andrà in premio un i-Mac 21, generosamente offerto dal Keystore One di Cosenza. Il 2 marzo - inoltre - saremo “ospiti” nel corso del IX convegno della Fondazione Lilli Funaro. Il nostro apporto all’evento ruoterà attorno all’Istiocitosi, il gruppo di malattie che racchiude quella di cui ha sofferto Romano».

L’iniziativa prende il nome dal giovane cosentino che perse la vita tre anni fa per una malattia misconosciuta autoimmune del sangue

In alto, un momento del III concert A sinistra, il pubblico del teatro dell'Acquario

Veicolare il tempo libero dei giovani e indirizzarli ad attività culturali, diffondere informative sulla malattia che ha colpito Romano, e sensibilizzare quindi l’opinione pubblica e le istituzioni. A queste linee guida l’associazione unisce un ultimo, ma fondamentale, punto: l’ascolto dei giovani e l’attenzione al rapporto che questi hanno con il mondo degli “adulti”. Secondo Maria Donata Giardini «bisogna pensare a loro e al linguaggio con il quale esprimono le proprie emozioni e i propri disagi, perché i giovani non sempre comunicano in modo diretto». Proprio in questo senso, nell’attesa del quarto Concert for Romano, previsto a giugno, l’associazione ha proposto l’intitolazione di una strada dedicata al giovane: «A dicembre - spiega la presidentessa - abbiamo consegnato mille firme a testimonianza di questa comune volontà di un gruppo di persone. Abbiamo pensato a una strada dell’isola pedonale, che vorremmo denominare “Via della Gioventù Romano Marino”. Farla nascere - prosegue - significherebbe impregnare il gesto di molteplici significati, tutti di elevato spessore e fissarli indelebilmente nella memoria della comunità cittadina. È uno spazio cui pensiamo come ad un luogo a misura di giovane che aggiunga un ulteriore tassello al costante percorso di sviluppo collettivo. Un luogo - conclude - che ci ricordi quanto importanti siano i giovani, tesoro da custodire, valorizzare e mai abbandonare». Il “Concert for Romano”, simbolo dell’Associazione. Il terzo Concert for Romano è andato in scena l’1giugno 2012. Si sono esibiti gli “Sugar for your lips”, gli “Snap shot”, i “Broken orange”, gli “Eternal stone” e il chitarrista Massimo Garritano. Le band protagoniste della serata erano composte da amici di Romano, nel cui ricordo sono ruotate tutte le performance. Tra le testimonianze di chi lo ha conosciuto, letture di versi di canzoni a lui dedicate, e la splendida lettera di Paolo (che abbiamo pubblicato integralmente in mezzoeuro del 9 giugno), artisti e membri dell’associazione hanno regalato al pubblico una serata di commemorazione e crescita che speriamo possa avere numerosi seguiti.


sabato 23 febbraio 2013

Occasione per visitare luoghi incantevoli Sabato 23 febbraio si terrà in Sila la seconda edizione della ciaspolata

Sulle orme dei lupi La partenza è prevista alle 15,00 nel Piazzale funivia nella località Cavaliere a Lorica; l’arrivo sulla cima più alta dell’altopiano, monte Botte Donato Sabato 23 febbraio si terrà la seconda edizione della ciaspolata “Sulle orme dei lupi”, organizzata dall’associazione “Maria Tarsitano” con la collaborazione del Parco nazionale della Sila, la Provincia di Cosenza, l’Arssa Calabria, la Scuola italiana sci di Lorica, l’associazione culturale “La città del sole” e Sila notizie tv. La partenza è prevista alle 15.00 nel piazzale Funivia nella località cavaliere a Lorica e l’arrivo sulla cima più alta dell’altopiano silano, Monte Botte Donato. La ciaspolata sarà l’occasione per visitare luoghi suggestivi del Parco della Sila e per trascorrere un pomeriggio all’insegna del divertimento ed a contatto con la natura. Musica, a cura della band “Svapurati folk”, danza ed uno spettacolo teatrale organizzato dalla compagnia teatrale “Parco Tommaso Campanella” accompagneranno i partecipanti in questa divertente avventura fra i boschi della Sila. Educazione ambientale e sviluppo sostenibile dei luoghi saranno gli argomenti affrontati dal cantastorie in un proscenio a cavallo dei secoli Ottocento e Novecento. Lungo il sentiero, la pièce teatrale “Attia Lupu” tratterà il tema del brigantaggio silano e dei lupari, fra musica, balli e lupercali briganteschi. La prima edizione di questa ciaspolata ha registrato lo scorso anno un importante successo, registrando la presenza di circa 100 partecipanti e già ne sono previsti altrettanti quest’anno. Informazioni sulla ciaspolata e la cena che concluderà questa divertente giornata, per le quali è necessaria la prenotazione, sono reperibili su assmariatarsitano.wix.com.

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sabato 23 febbraio 2013

Concorso di fotogiornalismo Progetto del Bluocean’s workshop edizione 2013 patrocinato dal National geographic Italia

Mettere a fuoco il proprio talento

Il Bluocean’s workshop edizione 2013 dal titolo “Obiettivo reporter. Metti a fuoco il tuo talento”, patrocinato da National geographic Italia, si propone quale primo e completo corso di fotogiornalismo prodotto con le prestigiose firme di National Geographic. Da maggio a settembre, i quattro moduli, che interesseranno lavori d’aula e di reportage “sul campo”, fino al corso di editing, consentiranno un percorso culturale e didattico dello studio della fotografia innovativo e di assoluto prestigio nel panorama nazionale. Bluocean insieme ai professionisti di National geographic (photoreporter e photoeditor) Sergio Ramazzotti, Alessandro Gandolfi, Giancarlo Ceraudo e Marco Pinna, darà vita ad un mix di pratica e teoria per comprendere il modus operandi che si cela dietro un reportage fotografico. All’insegna della formazione e della ricerca fotografica e di photoediting, i moduli d’aula che avranno sede a Reggio Calabria, e i due appuntamenti di reportage sul campo in puro “stile” National Geographic che interesseranno la Sicilia Occidentale e l’Area dello Stretto, rendono completo un programma che consente di condividere oltre 12 ore di lavoro giornaliero con le più titolate firme della fotografia italiana. Aperto a professionisti e appassionati della fotografia, il Bluocean’s Workshop 2013, quale corso di fotogiornalismo, costituisce una solida base per intraprendere la carriera del reporter, e per impadronirsi di nuove competenze utili a sviluppare una propria ricerca visiva. Come trovare la notizia, come svilupparla, come realizzare tecnicamente le immagini, come editare il lavoro e come cercare di commercializzarlo o finalizzarlo in una pubblicazione o in una mostra. 10 giorni di lezioni in aula (riflessione teorica e analisi delle immagini) - 80 intense ore di shooting sul campo... Metti a fuoco il tuo talento! A seguire i quattro moduli che si svolgeranno nel periodo compreso tra maggio e settembre 2013: Modulo 1 - Formazione d’aula Come nasce e si costruisce un reportage “Il punto di vista del Photoreporter” con Sergio Ramazzotti, Reggio Calabria dal 3 al 5 maggio 2013. Modulo 2 - Shooting sul campo “Trapani: terra di confine, sintesi del Mediterraneo” con Alessandro Gandolfi, Base operativa Trapani dal 4 al 9 giugno 2013. Modulo 3 - Shooting sul campo “Reggio e l’Area dello Stretto: mito e suggestioni di una bellezza rivelata” con Giancarlo Ceraudo, Base operativa Reggio Calabria dal 9 al 14 luglio 2013. Modulo 4 - Formazione d’aula Dalle foto al racconto, dal portfolio alla professione “Il punto di vista del Photoeditor” con Marco Pinna, Reggio Calabria dal 20 al 22 settembre 2013. Informazioni e programmi dettagliati possono essere richiesti a: info@bluocean.it Ogni corso è aperto a professionisti e amanti della fotografia per un massimo di 12 unità. Le iscrizioni si effettuano fino ad esaurimento dei posti disponibili A seguire una breve presentazione dei master: Sergio Ramazzotti Autore di centinaia di reportage apparsi sulle principali testate del mondo. Le sue fotografie sono state esposte in numerose mostre personali in Italia e all’estero. Nel 1996 ha pubblicato il bestseller Vado verso il capo (Feltrinelli), cronaca di una traversata di tredici-

All’insegna della formazione e della ricerca fotografica e di photoediting i moduli d’aula che avranno sede a Reggio Calabria Due appuntamenti di reportage sul campo in puro stile National geographic che interesseranno Sicilia occidentale e l’area dello Stretto

mila chilometri compiuta con i mezzi pubblici da Algeri a Città del Capo, adottato come libro di testo del corso di Sociologia del turismo all’Università Iulm di Milano. Con Feltrinelli ha pubblicato anche Carne verde (1999) e La birra di Shaoshan(2002). Nel 2003 è uscito Liberi di morire (Piemme), ambientato in Iraq durante l’ultima guerra. Nel 2005 è uscito il romanzo Tre ore all’alba (DeAgostini), ambientato fra l’Italia e l’Iraq. Nel 2006 ha pubblicato con Feltrinelli Afrozapping-Breve guida all’Africa per uomini bianchi, un libro di racconti africani frutto delle sue esperienze di viaggio nel Continente Nero. Nel 2008 ha pubblicato per Éditions du Chêne di Parigi e Thames & Hudson di Londra i due volumi fotografici Inde e Chine, e nel 2010 il volume fotografico Afghanistan 2.0 per Leonardo International. Tra il 2008 e il 2011 è stato protagonista della serie di documentari sul fotogiornalismo Lauren Verslaat prodotti dalla tv privata olandese Veronica, e del documentario in otto puntate Buongiorno Afghanistan prodotto da Sky Italia. Ha vinto il premio fotografico International Photography Awards di Los Angeles nel 2005, e due volte (2005 e 2010) il premio di giornalismo “Enzo Baldoni” della Provincia di Milano. Alessandro Gandolfi Assiduo collaboratore di National geographic, è un apprezzato giornalista e reporter nel panorama internazionale. I suoi lavori sono apparsi su diversi giornali e riviste, fra i quali Die Zeit, The Sunday Times Magazine, Le Monde, VSD, Marie Claire, Mare, National Geographic Italia, L’Espresso, Il Venerdì, Sette, Corriere della Sera, Sportweek, Qui Touring, Meridiani, Airone, La Repubblica delle Donne. Le sue immagini sono state esposte in mostre personali e collettive, ha tenuto workshop fotografici e ha fatto parte di diverse giurie fotografiche (2010 Polaris Photo Contest, 2010 NGO World Videos Milano Film Festival, EDT Photo Contest 2008). E’ membro del comitato del Festival Colorno Photo Life (Parma) e vincitore di alcuni premi tra i quali: “One Life Photography project - Top 100 Photographer” (2011), “International Aperture Awards, Bronze Award” (2010), “National Geographic, February Best Edit Award” (2010) e “National Geographic, September Best Edit Award”(2011). http://www.alessandrogandolfi.com/ Giancarlo Ceraudo Assiduo collaboratore di National geographic, è un fotogiornalista che vive tra Roma e Buenos Aires. Da dieci anni documenta le problematiche socio-culturali, ambientali e sanitarie e questioni relative alla tutela dei diritti umani, focalizzando la sua attenzione sull’America Latina. Lavora per riviste italiane e straniere, quali D La Repubblica delle Donne, Internazionale, El Pais, National Geographic e L’Espresso. Le sue immagini sono parte della collezione permanente del MAXXI (Museo Nazionale delle Arti del 21 ° secolo, Roma) e sono state esposte in Italia, Europa e Stati Uniti. Altre pubblicazioni sono: Frontiera Sud (Fandango Editore, 2004), Made in Italia (Trolley Books, 2005). http://www.giancarloceraudo.com Marco Pinna Redattore di National geographic Italia dal 1998, Marco Pinna è un giornalista che svolge il compito di photoeditor e ricercatore iconografico per il magazine italiano e per il suo sito web, mantenendo inoltre i rapporti con i fotografi e le agenzie fotografiche. Sempre attivo e presente sulla scena del fotogiornalismo e della fotografia in generale, ha partecipato a numerose giurie di premi fotografici e letture portfolio per manifestazioni nazionali e internazionali, tiene corsi di photoediting e fotogiornalismo in qualità di docente, cura mostre di fotografia, svolge lavoro di consulenza per fotografi professionisti e ha realizzato libri fotografici in qualità di photoeditor e curatore. Scrive spesso su temi legati alla fotografia ed è titolare del blog di fotografia “Fuori fuoco” sul sito nationalgeographic.it. Da sempre, ha un occhio di riguardo particolare nei confronti dei fotografi emergenti.


sabato 23 febbraio 2013

XVII

Proposte formative

La scuola si presenta

Una giornata aperta al territorio davvero speciale quella offerta dall’Itis “Enrico Fermi”, Ipsia “Luigi De Seta” di Fuscaldo o di Pileria Pellegrin

Una giornata aperta al territorio davvero speciale dunque quella offerta lo scorso 17 febbraio, dall’Istituto d’istruzione superiore - Itis “Enrico Fermi”, Ipsia “Luigi De Seta” di Fuscaldo, diretto dal professor Giorgio Clarizio. L’evento ha avuto l’obiettivo di presentare i diversi indirizzi dell’istituto - Elettronica ed elettrotecnica, Informatica e telecomunicazioni, Meccanica, Meccatronica ed energia, Grafica e comunicazioni, Tecnico delle industrie elettroniche, Tecnico abbigliamento e moda, ed il corso serale di Elettronica e telecomunicazioni - offrendo ai genitori l’opportunità di scegliere attraverso la presa di contatto diretta con esperienze di laboratorio e momenti di spettacolo. L’idea di presentare all’esterno professionalità, creatività e talento oltre che competenza ha ispirato l’organizzazione e la realizzazione, da parte di studenti e docenti dell’istituto fuscaldese di tre precedenti rappresentazioni di spettacolo e sfilata di moda svoltesi a Scalea, Amantea e Paola. Essere presenti ed aperti al territorio ha consentito e consente all’istituto di disseminare la propria proposta formativa. Una “open day” d’eccezione in cui si sono alternati momenti di danza, canto, e sfilate di moda, e la presa di contatto diretta con esperienze di laboratorio attive alternate a momenti di illustrazione del Pof. Un’occasione in cui tutti i laboratori - Informatica formazione a distanza ed e-learning, Elettronica, Telecomunicazioni, Elettronica e macchine elettriche, Meccanica, Meccatronica ed energia, Fisica, Chimica, Abbigliamento e Moda - sono stati aperti al pubblico per assistere ad esperimenti e visionarne attrezzature e strumentazioni. Tra le iniziative più apprezzate dai numerosi presenti lo spettacolo musicale di grande impatto e con una forte valenza sociale sottolineata dall’integrazione interculturale tra gli studenti italiani ed il cospicuo numero di studenti egiziani che frequentano l’istituto d’istruzione superiore, un esempio pragmatico ed efficace di educazione al rispetto ed alla tolleranza; e la sognante sfilata di moda proposta dalle allieve del triennio della sezione moda dell’Ipsia “Luigi De Seta”, una collezione fresca come rugiada del mattino, vera dimostrazione di eleganza. Sono stati i toni freddi a dominare con tutte le nuance del nero e del blu che si sciolgono nel glicine, nell’acquamarina, nel verde, nel cipria, nelle lievi sfumature del giglio d’acqua e dei petali di ciclamino dal riflesso cangiante e nei toni madreperlati ed iridescenti. I colori delicatissimi e pastelli si traducono in altrettante delicatissime forme che accarezzano i corpi: i tessuti morbidi e i tagli scivolati si trasformano in abiti dalle linee pulite. Vestiti che si calibrano su varie lunghezze ma tutti estremamente eleganti che ricordano grazia e armonia sia se arrivano al ginocchio, sia se toccano le caviglie.

L’evento ha avuto l’obiettivo di presentare i diversi indirizzi dell’istituto dando ai genitori l’opportunità di scegliere; attraverso la presa di contatto diretta con esperienze di laboratorio e momenti di spettacolo

Le precedenti manifestazioni openday a Cosenza, Scalea e Amantea

Una moda al chiaro di luna estremamente romantica e scintillante per la sera, quando gli abiti dalla siluettes definita si arricchiscono di mille cristalli e di bagliori argentei. Illuminata da un raggio di sole, ecco nascere una nuova donna: con abiti-carezza da indossare col soffio luminoso dell’estate, e che hanno il profumo della pelle al sole, su una dolce scia di note orientali. Abiti di un magnetismo elettrico avvolgente. Un connubio di freschezza e passione. Vibranti come ali di farfalla, fluttuanti come petali di fiori esotici: le ruches avvolgono con le loro spire, ed a ogni passo regalano un movimento, ad ogni gesto donano una fluidità femminile. Delicati ma scultorei, macro o micro, volant e balze giocano nell’aria con divertimento e gioia. Gioiosi, euforici, insolenti denotano con un tocco di originalità e un pizzico di vita qualsiasi quotidianità... Un caleidoscopio di emozioni dolci, frementi, frizzanti. Un’evasione dal solito alla scoperta del piacere di una nuova bellezza, briosa ed originale. Gli abiti colgono l’essenza di una donna dinamica sempre in movimento. Delicati e soavi sottolineano l’anima vivace e calda, di una donna teneramente mediterranea.


XVIII

sabato 23 febbraio 2013

Il racconto D’estate la piazza era molto polverosa, le persone che passavano si coprivano il muso...

Il paese che non c’è più di Giuseppe Aprile

Ce l’ho presente com’era combinata l’esattoria del paese, nella piazza Garibaldi. Al lato opposto a quello dell’entrata di casa mia, con una porta al culmine di cinque gradini di pietra levigata, un piano interno a unico vano di notevole larghezza, in fondo due tavoli messi l’uno accanto all’altro e sopra carte e cartelle, documenti vari, timbri e penne con calamaio, matite per l’occorrenza e sedie sparse, con due di spalla che consentivano a chi arrivava di sedersi di fronte all’esattore ed altre accostate alle pareti laterali per ospitare le gente che arrivava e doveva aspettare il proprio turno. La piazza era in terra battuta e la polvere proprio in quel luogo, al lento soffiare del vento, produceva un mulinello che faceva girare al centro un nugolo di fogliame e rametti caduti dagli alberi; in tutto cinque posti, quattro della stessa specie in fila da un lato ed uno, diverso e più grande, di rimpetto, al lato opposto e vicino al garage di Vitale. D’estate era molto polverosa la piazza. Ricordo che le persone che vi passavano si piegavano all’indietro e si coprivano il muso con il bavero della camicia per evitare la polvere nello stomaco. D’inverno era tutta un’altra cosa. Un camminare tra invasi e rigagnoli di acqua piovana, persone sotto l’ombrello e ragazzi che sciamavano, giocando spensieratamente. In quello spazio, largo non più di cinquecento metri quadri, che consideravamo piazza del paese, anche se altri luoghi simili vi erano in altre parti, che somigliavano ad un piazzale, si snodava la via del paese con le sue attività più caratteristiche e utili. Lì, ogni tanto, si teneva il mercato, si svolgeva la festa del patrono con il palco, si ballava il cavalluccio del fochista Minasi, si teneva la fiera con in vendita arnesi di campagna, noccioline americane, castagne bollite, infornate, crude o abbrustolite in una padella appositamente piena di buchi, ed altri dolciumi tra cui “gli zulli” delle Serre o oggetti vari di ambulanti che venivano da Bovalino per vendere in entrambe le giornate in cui si svolgeva la festa di S.Ilario. Nella piazza arrivavano i camion dei rivenditori di terraglie, ceramiche, piatti, vetri, stoffe, vestiti, scarpe, minutaglie varie. Quasi tutte le domeniche la piazza si riempiva di venditori che rendevano festose le giornate e richiamavano quasi tutti sia per le forniture di casa, sia per passare una giornata diversa e godere di una qualche cosa che trasformasse la monotonia della vita paesana tra paesani. Altri momenti diversi erano quando arrivavano le compagnie teatrali siciliane che si trattenevano per tante serate utilizzando il garage di Oreste come sala per le loro rappresentazioni. A proposito di compagnie teatrali siciliane, ricordo che erano sempre dotate di una o due belle signorine che a quei tempi facevano innamorare i giovanotti del paese. Si trattava di figlie del gestore della compagnia che sapeva di tutto e di più. Era esperto in problematiche sociali per cui riusciva a intrattenere per ore parlando di sue esperienze di vita e affascinando tanta gente che solo in occasioni simili aveva la fortuna di allargare la propria mente a conoscenze diverse da quelle stantie della vita paesana. Era fortuna di queste la venuta di qualche paesano proveniente dalle lontane terre d’America dove avevano avuto occasione di vivere di cotte e di crude e tante esperienze caratteristiche che narravano fatti di quei luoghi, destini di vita di quella gente, stranezze e vicende di vario tipo dove i protagonisti erano persone e famiglie che erano tutta un’altra cosa rispetto ai paesani con i quali si viveva e si parlava sempre delle stesse cose. Le scenette alla fontana dove un contrasto per accaparrarsi il posto, segnato dalla disposizione delle proprie brocche che spesso venivano furbescamente spostate da chi si riteneva più dotato di esperienza e di intelligenza,o si riteneva in condizione per esprimere prepotenza, era occasione di bisticci, a volte anche di rilievo e di ingiurie o addirittura di botte. Ed un bisticcio alla fontana diventava un cinema perché si sapeva sapientemente narrare in ogni angolo della strada dove si incontravano persone occasionalmente e si formavano gruppetti, oppure nelle case al braciere durante le serate in-

Lì ogni tanto si teneva il mercato, si svolgeva la festa del patrono con il palco, si teneva la fiera che vendeva arnesi di campagna vernali. Di un episodio rilevante che poteva essere uno scambio di ingiurie o di botte vere e proprie, o di semplici rimbrotti e voce eccessivamente alterata, si ricavava un favoleggiare per mesi e mesi, dove all’avvenimento nudo e crudo, per come era stato vissuto, si aggiungeva la fantasia per arricchirlo, colorarlo, renderlo da un episodio di cronaca a fatto favoleggiato, a narrazione tragicomica, sempre tendente a incuriosire, a rendere di forte interesse le conversazioni. Una volta non c’era cinema, non radio, non altro divertimento che non fosse l’occasionale incontrarsi tra persone e raccontare, dire dell’uno e dell’altro senza rispetto alcuno; dove la ragione del narrare era il colorire i fatti, senza preoccuparsi di dire il vero o magari di inventare meriti o rovinare la reputazione del soggetto tirato in ballo. Molto spesso per tramutare il fatto in una grande farsa utile a incuriosire, e comunque a interessare e fare i capannelli tra più amici e più persone, non si badava esagerare i fatti comportava discreditare i protagonisti, fossero singole persone o il contesto dentro sui si erano mossi. L’importante era che in quel momento l’improvvisata compagnia di divertiva ad ascoltare fatti che erano sempre una sorta di composizione teatrale, come si fa oggi con le telecamere. Da qui i futuri compositori di film, gli organizzatori di teatro, i registi. Cinema e teatro nascono dalla strada, dalle case antiche dentro cui si consumavano favolosi scenari di vita, matrimoni ricchi di sorprese e di stranezze in cronaca, e nelle vie pubbliche dove era possibile imbattersi in ragazzi che passavano dal semplice bisticcio di parole a guerre tra singoli e clan. Per ragioni di piccola entità, solitamente, perché in fatti gravi molto raramente si aveva motivo di imbattersi tanto era la collera derivante da una offesa recata all’altro o all’altra su questioni dove l’istinto, che dominava il cuore della gente di allora, non tollerava moderazioni o linguaggi accomodanti. Una volta ho sentito un uomo che, avvicinandosi dall’altra parte della strada su cui camminava, si accostò a un suo conoscente e gli chiese scusa per le sgarbatezze che gli aveva rivolto alcune sere prima quando, sotto l’effetto del solito vino bevuto alla bottega di Pasquale, lo aveva apostrofato con epiteti stupidi, senza senso, come se avesse avuto a che fare con un imbecille qualunque nel mentre si trattava di un professore di scuola, quello presso cui era andato a scuola, magari, anche suo figlio. Finita la sbornia del vino


sabato 23 febbraio 2013

Il racconto

Paesaggio antico disegno di Anna Wrobel Zucco

uno di quelli che tagliando ogni giorno carne da vendere, a furia di avere sempre coltelli per le mani, finisce che prendono confidenza con le lame e non ci vuole niente che le adoperino. Statti zitto che fra poco gli passerà la rabbia. Dopo che s’è un pò sfogato. Speriamo che non si incontri con qualcuno dei tuoi in questo momento!». E stetti lì, zitto, zitto, dietro la porta di Maruzza, ma sembrava che il conto non fosse mio. Avrei voluto uscire, come se quello gridasse per altri ma Maruzza che sapeva, che conosceva bene quel tipo e sapeva pure che i macellai coincidevano spesso nella fantasia popolare con i primitivi mafiosi del paese, mi trattenne e non mi fece uscire fino a quando non si assicurò che quello si era calmato e, magari, se n’era andato verso casa. Ricordo che solo pochi giorni dopo feci di tutto per incontrare quel mio amico. Compagno, tra l’altro, di tutta la nostra comune infanzia e ci siamo fatti una bella risata per quello che era avvenuto tra noi. Mi disse: «Noi non ci siamo fatti niente, ma non mi ero accorto che mi ero sporcato con feci di gallina che stavano per terra quando sono caduto. Mio padre s’è accorto una volta arrivato a casa e mi ha domandato cosa mi fosse accaduto. Pensando che ritenesse normale un bisticcio tra ragazzi, gli dissi la verità». «Apriti cielo! Non l’ho potuto trattenere più. Ho dovuto accettare la sua collera e tutto quel casino che ha fatto dopo, nella strada, ribellando il paese con noi che, a parte questo inconveniente dello scivolone, non ci eravamo fatti nulla di male. Sapevo che era stata una lite passeggera, che saremmo tornati come prima, magari dimentichi di quei minuti che avevamo passato con un fare che assomigliava ad un vero e proprio scherzo; ad uno dei soliti che ci capita di fare davvero. Per questo non voglio avere molto a che fare con i nostri genitori. Tra noi ragazzi ci capiamo, loro invece, cercano il modo di far vedere quanto bene ci vogliono, e magari fanno guai!». Ciccio Marano sta sempre in disparte quando sente odore di bisticci. Ha sempre paura. Non ricordo mai di avere bisticciato seriamente con qualcuno dei nostri compagni. Il suo fare è scappare via ad ogni apparire di parole grosse tendente ad un possibile imminente bisticcio. Se due bisticciano, hanno voglia di sperare che Ciccio si intrometta per fare la pace! Lo prende sempre il panico e scappa via. Quando ti accorgi, ti rendi conto che lui ha già fatto mille passi per andarsene via. E meno male che la pace arriva da sola. Perché mai ci sono ragioni di rabbia vera o di veleno. Bisticciavamo per stupidaggini nel gioco o per cosette di insignificante entità. Ma Ciccio aveva terrore delle botte e delle parole grosse. Scappava!

e tornato nella normalità, sentì il bisogno si scusarsi e quello rispose: «Non preoccupatevi Girolamo. Non ci penso neppure. Ho dimenticato tutto. Si capisce che in questo nostro paese capita che uno beve un goccio di vino in più e a tutti può capitare di fare degli sgarbi e di dire una una parola in più. Ci capiamo, ci scusiamo a vicenda, è come se nulla fosse accaduto. Comunque, mi fa piacere che ci abbiate tenuto a chiarire tra di noi. Solo questo è bello. Per il resto, nessuna offesa, solo normalità della nostra vita. State tranquillo, amici come prima e meglio di prima. Per carità! Siete sempre stato un galantuomo e sempre lo sarete. Non è che una parola rovina la reputazione di gente per bene come noi». Finì tutto in un proseguire di conversazione ed in un appuntamento per il dopo, nella stessa giornata o per la giornata successiva, comunque sempre in bella amicizia e reciproca stima. Una volta a me è capitata una che merita citazione perché sembra una barzelletta della natura. Bisticciai con un mio compagno che era figlio di uno che lo chiamavano “cacato delle galline”. Infatti si diceva in giro che la mamma lo richiamava sempre perché si metteva vicino al pollaio e sempre si sporcava, tanto è vero che un giorno, arrabbiata, gli disse: Mi sembri il cacato delle galline. Bisticciammo seriamente, tra l’altro ci volevamo bene, ma si sa che basta un nonnulla per far venire una incomprensione con conseguente litigata. Magari poi passa, nell’arco di due o tre giorni, e si ritorna come prima. Ma quella volta la cosa fu un pochino più curiosa e di più lunga durata. Perché? Forse perché le botte che ci siamo date fossero state più dure? Niente di questo; che nemmeno botte ci siamo date. Ci sono stati degli spintoni e lui, scivolando, cadde per terra. Guarda caso, su escrementi di polli. Proprio lui che aveva la caratteristica che suo padre veniva spesso indicato, più che per nome normale, come il “cacato delle galline”. Ovviamente la cosa sembrò tanto assurda che ne risentì sia lui che suo padre, tanto che per poco non pretesero di venire a bastonarmi. Ero ragazzino ed ebbi l’occasione di assistere alla rabbia di quell’uomo, mentre gridava per la via: «Lo faccio nero di calci. Lo insanguino. Faccio che i suoi vengano a prenderlo con le lenzuola!». Maruzza si preoccupò e, vendendomi avvicinare incredulo e ignaro che parlavano di me, mi diede una spinta e mi fece entrare nella sua casa per protezione. «Stai zitto, nasconditi qui che quello ti ammazza sul serio. Quello lo ingiuriano “cacato delle galline” ma è il macellaio del paese. Ed

Un mondo povero, ma anche tanto ricco di valori che a pensarci ora il cuore si riempie di emozioni

Anche la strada, il corso Garibaldi, come lo chiamavamo immaginandolo come il corso dei grandi paesi di marina, era in terra battuta. Aveva ai lati le cunette quasi sempre rotte e con l’acqua che, quando pioveva, fuoriusciva e aiutava il formarsi dei rigagnoli lungo la via che era in leggera discesa, giù, fino all’entrata del paese che coincideva con la curva del Mulino e il frantoio dei fratelli Palmisani. Usavamo il fondo delle cunette, che erano avvallamenti di scarsa profondità, per scorrere con il nostro carretto. Una rettangolo di tavola con ai lati le quattro ruote fatteci dal falegname e, per i migliori, i più esperti ed arditi, uno sterzo che si ricavava con un congegno applicato alla parte davanti che finiva a punta, dove si attaccava una bacchetta di legno che fungeva appunto da sterzo potendo girare su se stessa a seconda della linea che volevamo prendesse. Chi ci incontrava ci diceva: «Avete comprato la macchina? Siete ora motorizzati! Se avete guasti, andate all’officina di mastro Mimmo». Mastro Mimmo non aveva officina, nel paese. Aveva solo qualche pinza, la tenaglia, poche chiavi inglesi di diverse misure, improvvisati arnesi per poter aprire un cofano di auto, per riparare una ruota, per qualche lavoretto da poco, dove davvero non serviva una officina attrezzata. Perché qualche officina attrezzata c’era solo nella vicina Locri, città per noi fornitrice di tutto. Sto parlando di un mondo povero, minimo, di quattro cose minute, di poche sceneggiate paesane ma ricche tanto che a pensarci la mente ed il cuore si riempiono di gioia ancora oggi che restiamo legati ai nostri genitori, alla gente che non c’è più e che tanto abbiamo amato senza mai altro che piacere di stare assieme e di costituire una meravigliosa vita in comune. Tra affetti e piaceri, sconfiggendo ogni forma di rancore da cui sempre venivamo fuori anche se, qualche volta tra parenti specialmente, si stava nemici troppo a lungo: senza parlarsi ma mai odiandosi.

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sabato 23 febbraio 2013

Opere inedite in gara Prima edizione del Premio letterario “Città di Tiriolo”

Appuntamento con la cultura

Incontro con l’autore

Nella foto Antonio Montuoro Giuseppe Lucente Angelo Colacino e Domenico Montuoro

Penne sulla griglia di partenza Al via la prima edizione del premio letterario “Città di Tiriolo”. Organizzato dall’associazione culturale “Teura” presieduta da Antonio Montuoro che ha recepito e condiviso una proposta dell’Accademia dei Bronzi e delle Edizioni Ursini, con il patrocinio della locale amministrazione comunale, assessorato alla cultura, il premio è riservato a monografie inedite su storie di paesi e personaggi calabresi di ogni epoca. Una sezione speciale è dedicata alla memoria del professor Giuseppe Guzzo (Capodistria 11.6.1937 - Catanzaro 18.6.2006). A tale sezione possono partecipare i laureati in lettere, psicologia, sociologia, teologia, con opere inedite (anche tesi di laurea), di carattere socio-psico-pedagogico o teologico. Su proposta dell’assessore alla cultura e alla pubblica istruzione, Angelo Colacino, un ulteriore premio speciale sarà assegnato alla classe della scuola secondaria di 1° che presenterà la migliore ricerca sulla storia o le tradizioni popolari del territorio. La partecipazione al concorso è gratuita ed aperta ad autori, anche sconosciuti, di qualsiasi regione o nazionalità, purché i lavori siano in lingua italiana e non superiori a 180 cartelle, foto incluse. Gli elaborati, firmati e corredati di esatto indirizzo dell’autore, dovranno pervenire in triplice copia cartacea, entro il 31 marzo 2013, con plico raccomandato, all’Associazione “Teura”, Viale Pitagora, 16, 88050 Tiriolo. Ciascun partecipante deve inoltre accludere il file, in formato Word (non Pdf), dell’opera presentata. La premiazione si terrà a Tiriolo il 22 giugno. La giuria, presieduta dal professore Vito Teti, Direttore del Dipartimento di Filologia all’Università della Calabria, è composta da Giuseppe Lucente, sindaco della città; Antonio Montuoro, presidente dell’Associazione “Teura”, Teobaldo Guzzo, dirigente scolastico e giornalista; Amalia Grande, docente del Liceo “Fermi” di Catanzaro; Caterina Puccio, presidente della Pro Loco; Domenico Colacino, ingegnere; Vincenzo Ursini, presidente dell’Accademia dei Bronzi. L’opera che si classificherà al primo posto sarà pubblicata gratuitamente dalle Edizioni Ursini. Altri premi, consistenti in targhe di argento e attestati di merito, saranno assegnati a cinque autori finalisti.

Organizzato dalla associazione culturale “Teura” presieduta da Antonio Montuoro che ha recepito e condiviso una proposta della Accademia dei Bronzi e delle Edizioni Ursini

II successo annunciato ha reso più interessante l’appuntamento culturale che hanno avuto gli studenti di alcune classi del biennio e del triennio dell’Istituto tecnico commerciale e per Geometri “Pizzini” di Paola (Cs), protagonisti della trentottesima edizione del progetto di tradizione “Incontro con l’autore”. Libro prescelto, “Stagioni” di Jole Monaco, scrittrice di acuta sensibilità che, nell’ambito della predetta scuola, è docente di Lingua e Letteratura Inglese da oltre un decennio. Per tale motivazione il fermento creatosi intorno a lei è stato caratterizzato, da parte di tutte le componenti scolastiche, da un’intensa partecipazione, originata anche da una matrice emotiva profonda quanto autentica. Tantissime le letture critiche in biblioteca che hanno preceduto l’atteso incontro, tenutosi nell’Aula Magna alla presenza di Giancarlo Florio, dirigente scolastico; di Antonietta Cozza, rappresentante editoriale Lpe; di Maria Pia Serranò, esponente dell’amministrazione comunale di Paola; di Don Pietro De Luca, giornalista pubblicista. Momento, questo, di riflessione e di commento esteso alla stesura del libro “Stagioni”, su cui hanno lavoraJole to moltissimo ì ragazzi coinvolti nel Monaco progetto, con la realizzazione di cartelloni ed, in particolar modo, gli studenti della II A Igea che si sono cimentati nella produzione di una video-clip della durata di dodici minuti, molto apprezzata per l’adiacenza al testo, le immagini e le musiche selezionate. Dal tavolo dei lavori sono partite tante critiche positive alla tessitura di questa prima esperienza letteraria della Monaco che ha sapientemente lavorato sui quattro segmenti dell’esistenza: adolescenza, prima giovinezza, seconda giovinezza, maturità. I relatori sì sono soffermati sui contenuti di “Stagioni” quali, il senso esaltante dei sogni, la sperimentazione emotiva dei sentimenti, l’inquietudine della delusione, l’esplosione vitale della memoria in terza età. Motivazione letteraria, questa, che ha fatto emergere quanto la scrittrice sia stata presa dalla conoscenza dei rapporti umani, in genere, e, soprattutto dalle relazioni che scaturiscono con l’altro sesso, nella finalità di consegnare ai suoi giovani lettori riflessioni ad hoc sui processi di crescita della personalità. II tutto, nella prospettiva di verificare, attraverso il flusso di coscienza dei personaggi del libro, l’evoluzione di carattere e di temperamento nonché il senso di maturità della vita, in genere. Stagioni Trama: Sabrina, Vicky, Elena e Vittoria. Quattro donne di età diversa che rappresentano il variegato mondo femminile. Grazie all’analisi di ricordi, emozioni e sentimenti, e all’alternanza di momenti di confronto, con altri di crescita e maturazione, esse vivono la stessa giornata mostrando, dal di dentro, come una medesima vicenda possa avere risvolti e aspettative diverse, e racchiudere in sé i quattro volti di un’unica storia.


sabato 23 febbraio 2013

Musica a colori Grande successo per il maestro di Celico Luigi Greco e le sue opere in mostra a Lissone

Quando il pennello cattura le emozioni o di Pileria Pellegrin

Importante consenso di pubblico e critica per il maestro Luigi Greco le cui opere sono state nelle scorse settimane in mostra a Lissone nell’ambito della rassegna “Pittura e Musica”. Il maestro Greco che per l’occasione ha realizzato alcuni emblematici quanto rappresentativi dipinti di Verdi, si è detto davvero molto emozionato per l’accoglienza riservatagli e l’attenzione dimostrata verso i suoi dipinti. La montagna è materia prima delle opere di Luigi Greco, le vette e i paesaggi richiamano la bellezza della natura, oltre ad evocare la storia, la tradizione della terra di Calabria. La mostra di Lissone è stata l’occasione per unire due espressioni differenti dello stesso linguaggio: quello dell’arte. In una sorta di laboratorio sperimentale di “musica a colori” in cui avviene la fusione delle percezioni tra la pittura e la musica attraverso l’associazione del suono a vibrazioni cromatiche specifiche. La rassegna dell’artista è stata di un coinvolgente impatto scenico anche la sezione dedicata al brigantaggio ha destato profondo interesse per un fenomeno storico tipicamente meridionale e sconosciuto al nord. Per l’artista di Celico pittura e vita si integrano a vicenda, come fatto espressivo, poiché nella loro essenza l’una trae necessariamente origine dall’altra: il colore integra il disegno nell’intento di conferire una maggiore tensione alla struttura del dipinto, la luce, impregnando il colore medesimo e penetrando in tal modo nell’organismo pittorico diviene motore e ritmo dell’opera nella sua globalità. Per questo le sensazioni, gli stati d’animo, le emozioni che l’uomo vive vengono catturate dall’artista che le elabora e le materializza nel quadro, dando corpo alla propria personalizzazione della realtà. In un soffio di luci ed ombre la pittura di Luigi Greco mostra i suoi luoghi ideali, perfettamente in sé raccolti e conclusi, per mettervi a dimora immagini rigorose, ogni superficie dei dipinti stilla colore e luce. Un mondo di immagini fatto non solo di contemplazione estatica, ma che vive solo quando se ne sia udita intera la musica traboccante di suoni dolci, ma anche di spasmi, di urla, talvolta lancinanti. Una musica spesso fuori spartito. Un mondo dove il concetto di suono, colore, immagine, trovano loro compiutezza nel far “vedere la musica”, in un linguaggio che è quello del “silenzio dei colori”.

Memorial day dedicato al maestro Gianluca Materazzo

La montagna è materia prima delle sue opere Le vette e i paesaggi richiamano la bellezza della natura oltre a evocare storia e tradizione della terra di Calabria

“Recicantando” In occasione della prima edizione della rassegna didattica di canto e teatro “Recicantando”, il 9 marzo dalle ore 10:00 del mattino a mezzanotte, si svolgerà il memorial day, una giornata di musica interamente dedicata a Gianluca Materazzo. Per ricordare un amico, un grande musicista, ma soprattutto un ragazzo allegro, generoso e pieno di vita, i ragazzi della Scuola di canto Bequadro hanno fortemente voluto che la rassegna fosse dedicata al grande Gianluca Materazzo, scomparso ad agosto scorso a causa di un incidente stradale, ma rimasto impresso nel cuore e nei ricordi di tutti i suoi amici. Una giovane vita, la sua, fatta di passioni, emozioni, valori bellissimi che vuole continuare a esistere attraverso tutte le persone che lo hanno amato con piccoli gesti, come questo di ricordarlo attraverso la musica che era per lui un grande amore. L’idea è stata immediatamente accolta dal maestro egidio ventura, presidente dell’associazione Bequadro e da Tiziana De Matteo, la docente di canto, che hanno pensato non solo di dedicare la rassegna a Gianluca, ma di inserire all’interno della stessa una giornata di musica, dove tutti gli amici potessero ricordare Gianluca e la sua grande gioia di vivere. Al chiostro San Domenico dalle 10 del mattino si alterneranno vari concerti dalle formazioni musicali a lui dedicate.

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sabato 23 febbraio 2013

Pillole di fede A Casole Bruzio il 16 febbraio protagonisti due libri, “Cantod’amore” e “Una finestra nel tempo”

Poesia e passione di Lucia De Cicco

Il poeta Pasquale Coscarelli Sopra, il gruppo dell’associazione Prometeo alla presentazione dei libri

Un incontro di poesia e passione, quello che si è svolto a Casole Bruzio, in provincia di Cosenza, lo scorso 16 febbraio e che ha avuto come protagonisti due libri, uno di poesia religiosa e non solo, “Canto d’amore”, edito da Aletti e “Una finestra nel tempo”, edito dal Comune di Castrolibero che ne ha tutti i diritti e sta programmando probabilmente una seconda ristampa, di Francesco Plastina. Evento organizzato dal poeta Giuseppe Salvatore e dall’associazione Prometeo 88 e tenutosi presso la sala consiliare del Comune della città. Erano tra i relatori don Franco Greco, parroco di Casole Bruzio e Trenta (che ha fatto degli importanti riferimenti alla fede in questo anno che la ripercorre, a San Paolo e alla sua ricerca di una fede rinnovata, che guarda al mondo con occhi nuovi); il professore Salvatore Iazzolino, socio della Società di linguistica italiana (con uno sguardo di attenzione alla realtà che ci circonda e alla vivacità del pensiero di un autore che è attraversato sempre dall’amore per il suo territorio che, dice, è pari a quello di un amministratore illuminato che cerca di fare cultura per il territorio gettando dei semi). La professoressa Graziella Caputo, che è poeta e che ha espresso parole di affetto e di stima per entrambi gli autori (mettendo in evidenza come i testi invitino ad un atteggiamento di vita e di pensiero meno distratto e fugace sulle cose: soprattutto il “Canto d’amore” ci invita a potenziare le scelte e i comportamenti conformandoli ad una condotta piena e responsabile per costruire tutti un mondo più corretto).

Evento organizzato dal poeta Giuseppe Salvatore e dalla associazione Prometeo 88 e tenutosi presso la sala consiliare del Comune

Intermezzi del violino Emanuele Bilotto e letture dell’attrice, Giulia Carmela Montalto, con la moderazione di Emiliano De Luca; fotografia di Maria Imbrogno. A relazionare sul testo di Plastina, anche il poeta e attore Pasquale Coscarelli; un testo, come lo stesso autore ha detto, che ha visto il suo essere amico al paese di Castrolibero, approcciandosi ai documenti con un fare che nel tempo ha volutamente lasciato i pregiudizi di chi non vivendo la storia del suo territorio, difficilmente ne comprende il risultato dei nostri giorni. Pasquale Coscarelli, poeta e scrittore, è un membro di Rinnovamento nello Spirito. «Mi sono avvicinato a questo movimento per un bisogno mio di ricerca della fede; capita nella vita di un giovane di avere dei dubbi e porsi nella difficoltà di continuare a credere anche all’istituzione Chiesa. Forse era necessario dovere affrontare una crisi per potere comprendere il mio posto. Ho scoperto un Gesù che è amore ed è lui che mi fa dire e fare ciò che dico e faccio ogni giorno. La lettura di domenica scorsa diceva che si salva chi professa il Signore e per me Gesù è il centro di tutto». Tempo fa, in un convegno dedicato ai giovani, il relatore che era un anziano sacerdote disse alcune parole che lo fecero nuovamente riavvicinare alla Chiesa. Oggi si dedica alla vita del movimento con assiduità non tralasciando l’organizzazione e la liturgia della preghiera. «La mia figura di riferimento nella vita di crescita, nel momento del passaggio alla vita attiva dentro al gruppo e che avviene con una preghiera particolare nel percorso di seminario di vita nuova, è quella di Geremia e la figura di San Paolo, che è stato apostolo delle genti. Di queste figure, la prima, più introspettiva della forgiatura nel grembo materno, mi mette in rapporto con il divino; l’altra, quella di San Paolo, che stava a contatto con le genti capace di vivere un Vangelo attivo in mezzo ad esse». Fa parte del movimento Forze del Sud, diffuso sul territorio provinciale prestandovi attenzione e promuovendolo, strettamente legato alla realtà di riferimento. Anche il testo in questione di Plastina potrebbe essere uno strumento valido di promozione e conoscenza di un territorio? «Francesco Plastina ha scritto un libro importante di portata storica per il posto, la storia politica, un lavoro fatto di sentimenti ma anche di ricerca, che può diventare un patrimonio per tutti. Appartenenza diffusa che potrebbe essere la storia di tutti i paesi, che supera e va oltre il territorio. Ed ciò che ci rende cittadini del mondo: riscoprire il senso alto e nuovo di appartenenza al luogo». Scrive poesie a verso libero con la ricercatezza di qualche parola.


sabato 23 febbraio 2013

Note che non riempiono le poltrone

I Baustelle fermano il tempo all’Unical

Il gruppo apre ArTau. Successo per i musicisti toscani Con la data zero del Fantasma tour si è aperta lunedì 18 febbraio, “ArTau”, la stagione 2013 dell’Auditorium Unical, organizzata dal Cams (Centro Arti Musica e Spettacolo) con il sostegno della fondazione Carical. Una partenza che ha visto sul palco del teatro dell’Università della Calabria i Baustelle, impegnati in un percorso che li porterà a esibirsi in diverse città italiane accompagnati da un’orchestra sinfonica (l’Ensamble simphony orchestra, diretta dal maestro Enrico Gabrielli). La band toscana è stata accolta da un’affollatissima platea. Seduti tra le poltrone rosse del teatro non solo studenti e giovanissimi, ma anche fan di vecchia data, venuti da tutta la Calabria, oltre che da fuori regione. I Baustelle non li hanno delusi. Per un’ora e mezza hanno fermato il tempo, proponendo soprattutto brani del nuovo album (Fantasma, uscito lo scorso 29 gennaio), ma regalando pure qualche pezzo ormai entrato nella memoria collettiva di chi li segue e ama da anni. E così se l’auditorium canta insieme a Bianconi, Bastreghi e Brasini, Charlie fa surf, Il Corvo Joe, La guerra è finita, ascolta poi incantato e rapito i brani di Fantasma, che disegnano un viaggio tematico attraverso il tempo e le sue multiformi declinazioni. Il Futuro, Cristina, Maya colpisce ancora, La morte (Non esiste più), solo per citarne qualcuno, risuonano nel meraviglioso e catturante accordo tra momenti rock e partiture sinfoniche. Dopo avere ospitato l’attesissimo ritorno dei Baustelle, la programmazione di “ArtAu - arti assolutamente urgenti” prosegue con un altro appuntamento dedicato alla musica. Il primo marzo alle 20.30 sarà la volta della fisarmonica jazz di Richard Galliano.

Mosaico di creatività

Cultura in progress

La data zero del Fantasma tour

Prende il via la IV edizione di Un augurio ad arte, progetto artistico-culturale intitolato Hic et Nunc, un segno d’artista, promosso e organizzato dal Centro per l’arte contemporanea Open Space di Catanzaro e con il contributo delle Cattedre di Tecniche e tecnologie della pittura, Pittura, e Storia dell’arte contemporanea dell’Accademia di Belle Arti di Catanzaro. Sono stati invitati in questa edizione quarantacinque noti artisti del panorama artistico nazionale e internazionale, appartenenti a generazioni, geografie, formazione e linguaggi visivi diversi: Yo Akao, Getulio Alviani, Salvatore Anelli, Caterina Arcuri, Paola Babini, Cesare Berlingeri, Danilo Bucchi, Stefano Cagol, Miki Carone, Angelo Casciello, Lucilla Catania, Pietro Coletta, Mario Cresci, Fernando De Filippi, Lucio Del Pezzo, Danilo De Mitri, Giulio De Mitri, Teo De Palma, Marcello Di Donato, Luigi Filograno, Andrea Fogli, Raffaella Formenti, Michele Giangrande, Sandra Hauser, Iginio Iurilli, Luigi Mainolfi, Alfredo Maiorino, Marianna Masciolini, Franco Menolascina, Albano Morandi, Gianluca Murasecchi, Luigi Ontani, Antonio Paradiso, Luca Maria Patella, Francesco Patriarca, Mimma Pisani, Valeria Sanguini, Maurizio Savini, Giuseppe Silos Labini, Giuseppe Spagnulo, Donatella Spaziani, Mauro Staccioli, Giuseppe Teofilo, Silvano Tessarollo, Antonio Violetta. Il progetto-mostra si avvale del supporto critico di Paolo Aita, Simona Caramia e Graziano Menolascina. Un Augurio ad Arte è un progetto culturale e pedagogico in progress, una modalità di relazione che convoglia idee e riflessioni, un “ponte” che unisce passato e presente, una proficua e ricca associazione di idee tra arte e società civile per un auspicabile cambiamento. Un dialogo costruttivo e trasversale per un futuro migliore. Un complesso e significativo “mosaico” di creatività - una piccola icona di legno (fornita all’artista dall’organizzazione) a supporto del proprio fare - per manifestare e testimoniare qui ed ora un particolare “augurio ad arte”: un frammento di vitalità, un segno d’artista per un propositivo 2013. Mercoledì 20 febbraio 2013 nel Centro per l’arte contemporanea Open Space di Catanzaro è stata presentata la mostra-evento dai critici Paolo Aita, Simona Caramia e Graziano Menolascina. A inaugurare l’evento il direttore dell’Accademia di Belle Arti Anna Russo. Successivamente ci sono stati, a cura di un gruppo di studenti della locale Accademia, una performance e la lettura di alcuni pensieri e/o riflessioni sul tema hic et nunc, redatti per l’occasione dai noti studiosi di arte contemporanea: Renato Barilli, Giorgio Bonomi, Luigi Paolo Finizio, Janus, Angela Sanna. La mostra-progetto resterà aperta fino al 15 marzo nei seguenti giorni ed orari: martedì, mercoledì e venerdì dalle ore 17.00 alle ore 20.00 e per appuntamento. Ingresso libero.

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