Anno 37 - 18 Maggio 2013 - Numero 20
Settimanale indipendente di informazione
euro 0,50
di Francesco Fotia
“Zero zero zero” un libro che parla di cocaina, e non solo, è l’ultima fatica letteraria di Roberto Saviano presentata all’Unical CROCE PORTATA CON AMORE
BISIGNANO DOCET
Francesco, il Papa «venuto dalla fine del mondo»
Banchi eccellenti e formazione di livello europeo
di Franco Bartucci
Umiltà di Giovanni XXIII, apertura di Giovanni Paolo II, coraggio di Paolo VI
di Mario Guido
L’Iis “E. Siciliano” festeggia brillanti risultati alla fine di un anno fecondo
II
sabato 18 maggio 2013
Rifiuti al sole A Celico i cittadini si sono organizzati costituendo il Comitato cittadino unitario contro la discarica
Dell’estate arriva solo la puzza ne di Alessandro Cofo
Torna l’estate. Con le giornate piene di sole tornano purtroppo anche i problemi di sempre. Celico ha paura... paura che il caldo posso aggravare ancora di più il problema della spazzatura che attanaglia il centro cosentino. Negli ultimi giorni, in risposta all’emergenza rifiuti che sta colpendo la cittadina e i paesi limitrofi, dovuta alla sospensione del conferimento nei siti preposti, i cittadini si sono organizzati costituendo il Comitato cittadino unitario contro la discarica. In un comunicato parlano chiaro «Abbiamo letto alcuni articoli che parlavano di una “probabile soluzione” a questa emergenza - dicono nel comunicato - cioè quella di scaricare i rifiuti che oggi ingombrano le nostre strade nella discarica di Celico, gestita dal gruppo Vrenna di Crotone». Il Comitato lotta perché non vuole che venga deturpato il territorio. Nessuno sembra tener conto delle continue richieste dei cittadini che abitano ai piedi della Sila Greca e che credono in un possibile sviluppo naturalistico della Presila. «Noi non vogliamo che la discarica di Celico diventi come quella di San Giovanni in Fiore - continuano nel comunicato - che da impianto di compostaggio è stato trasformato nel tempo con la compiacenza della politica in discarica di tal quale. È evidente che il sistema non funziona». L’emergenza rifiuti in Calabria è un problema che perdura oramai da anni e che, quasi come il coniglio che viene fuori dal cilindro del mago, diventa argomento di discussioni e di promesse in campagna elettorale. Già da diversi anni il territorio di Rovito, e parte del territorio di Celico, Spezzano della Sila e Lappano sono soggetti alle nauseabondi esalazioni che il sito di compostaggio produce durante le lavorazioni per la produzione del composto. Si chiede, dunque, di far costruire una copertura dotata di biofiltri sulla vasche di lavorazione per evitare la fuoriuscita degli olezzi, tutt’ora non realizzata nonostante i numerosi incontri in Prefettura tutti senza successo. Ad unisono concludono dicendo: «È giunto il momento di portare avanti politiche che salvaguardino la salute dei cittadini e dell’ambiente, mirati alla risoluzione definitiva, chiudendo il cerchio ‘naturale’ del ciclo integrato rifiuti. Questo gioco al massacro fondato sull’emergenza perpetua è utile a pochi e dannoso per la maggior parte». Solo dalla discussione e dal confronto possono nascere le giuste soluzioni come la proposta di legge popolare “Rifiuti Zero”, a cui il comune di Rovito ha appena aderito.
La lotta è perché non si vuole che venga deturpato il territorio Nessuno sembra tener conto delle continue richieste dei cittadini che abitano ai piedi della Sila Greca e che credono in un possibile sviluppo naturalistico della Presila
Il Parco nazionale dell’Aspromonte si attrezza
Vigili e Croce rossa più “interi” con più mezzi Un pick up con modulo antincendio destinato ai Vigili del fuoco, un’autoambulanza 4x4 accessoriata e dotata di tutte le strumentazioni utili per il primo intervento donata alla Croce rossa Italia. È la scelta dell’ente Parco nazionale dell’Aspromonte che nel corso di un breve cerimonia, ha consegnato in comodato d’uso gratuito per 25 anni due automezzi, il primo al distaccamento dei Vigili del fuoco volontari di Gambarie ed il secondo al Comitato provinciale di Reggio Calabria della Croce rossa italiana - gruppo volontario di Santo Stefano in Aspromonte. I due mezzi, un pick up di nuova generazione da utilizzare per l’antincendio boschivo (Aib), ed un’autoambulanza 4x4 completa della strumentazione del primo soccorso, saranno destinate all’utilizzo nell’area del Parco nazionale dell’Aspromonte. Alla consegna hanno partecipato il commissario straordinario dell’ente Parco, Antonio Alvaro, il direttore dell’ente, Tommaso Tedesco, il vice dirigente del Comando provinciale dei Vigili del fuoco di Reggio Calabria, Antonino De Benedetto ed il presidente del Comitato provinciale della Croce Rossa, Vincenzo Cotroneo. «È un gesto concreto - ha esordito il commissario Antonio Alvaro - che dimostra la sensibilità dell’ente Parco dell’Aspromonte nei confronti della montagna e di chi vive in montagna. Crediamo fermamente che la tutela della salute sia prioritaria rispetto ad ogni altro obiettivo e la scelta di donare in comodato d’uso due mezzi di ultima generazione ai Vigili del fuoco e alla Croce rossa va in questa direzione, nella consapevolezza che da oggi, l’ente, ha dimostrato ancora più vicinanza ai residenti e ai turisti che scelgono le nostre zone per le loro vacanze. Ogni azione che contribuisce al miglioramento della qualita’ della vita ma anche allo sviluppo del territorio - ha concluso il commissario dell’ente Parco, Antonio Alvaro - deve essere sempre perseguita e noi, anche oggi, dimostriamo di voler metterci tutto l’impegno possibile». Il vice dirigente dei Vigili del fuoco, Antonino De Benedetto ha «ringraziato l’ente Parco per la sensibilità dimostrata», spiegando come «il mezzo consegnato sia tra i più versatili e dalle caratteristiche tecniche perfettamente in linea con i nostri bisogni e con le emergenze che, specie nella stagione estiva, i Vigili del Fuoco devono affrontare all’interno dell’area del Parco dell’Aspromonte. Le dimensioni, inoltre, sono perfette per raggiungere tutte le zone». Il presidente della Croce Rossa, Vincenzo Cotroneo ha ringraziato l’ente Parco per aver donato un’autoambulanza «fondamentale per la tutela della salute dei cittadini di questo ampio territorio e per tutti quei turisti che scelgono le nostre zone per i loro soggiorni. Da parte nostra, - ha aggiunto - continueremo la specializzazione professionale affinché, i nostri splendidi operatori, possano essere sempre più pronti e preparati ad affrontare le situazioni emergenziali con l’unico obiettivo di garantire, fino al possibile, la tutela alla salute».
sabato 18 maggio 2013
III
Una croce portata con amore Jorge Mario Bergoglio, già dalla sua prima apparizione ha conquistato tutti con la sua semplicità
“Venuto dalla fine del mondo”
i di Franco Bartucc
Dal 13 marzo 2013 il mondo ha il suo 266° pontefice di Santa romana Chiesa, il successore di Pietro chiamato da Cristo in persona a reggere le sorti della sua chiesa, a custodire il gregge per difenderlo dagli attacchi del male. Si chiama Jorge Mario Bergoglio, “venuto dalla fine del mondo” (Argentina), per assumere il nome Francesco, in onore di San Francesco d’Assisi, simbolo della povertà e dell’umiltà. È arrivato per succedere a Benedetto XVI, entrato in un tempo preparatorio di preghiera, studio e clausura, seguito con vicinanza di spirito da innumerevoli credenti e fedeli sparsi per il modo; ma già fin dalla sua prima apparizione sul loggione della Basilica di San Pietro, nella sera del 13 marzo, ha conquistato con la semplicità delle parole e gli atteggiamenti semplici e spontanei le piazze e i cuori delle persone dislocate lungo le strade del mondo, facendo scaturire, in ambito giornalistico, giudizi e pensieri alti: umile come Giovanni XXIII, aperto al mondo come Giovanni Paolo II, paladino della giustizia sociale come Leone XIII, testimone di una coraggiosa fede come Paolo VI.
Umile come Giovanni XXIII, aperto al mondo come Giovanni Paolo II, paladino della giustizia sociale come Leone XIII e testimone di una fede coraggiosa come Paolo VI
Questo ci pone nelle condizioni di fare una accurata analisi e meditazione sulle figure dei Papi che si sono succeduti nel tempo ed in particolare nel periodo che comprende le generazioni degli ultimi settant’anni, partendo da Pio XII (1939-1958), difensore di Roma, che si trovò nel pieno della seconda guerra mondiale e l’impegno nel riportare nel mondo la serenità con la ricostruzione delle città e la pacificazione tra gli uomini; mentre toccò a Giovanni XXIII (1958-1963), il Papa buono e della carezza ai bambini, autore dell’enciclica Pacem in terris e costruttore del Concilio Vaticano II, lasciare una testimonianza di grande trasformazione della Chiesa quanto d’incidenza sul carattere e la personalità delle persone portandole ad una presa di coscienza profonda dei problemi di sofferenza e speranza degli uomini spingendoli a credere nel valore della pace e dell’amore. Torna, qui, il ricordo di una personale esperienza giovanile, in qualità di componente dell’azione cattolica cosentina, vissuta in occasione di una udienza concessa ai vari movimenti cattolici ed organizzata nella Basilica di San Pietro, dove scaturirono, a seguito delle sue parole e del candore dello sguardo, L’attuale pontefice Francesco sentimenti di attaccamento e fedeltà ai valo- al secolo Jorge Mario Bergoglio Sopra, mentre attraversa piazza San Pietro ri del cristianesimo e della fede stessa.
Proprio quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario dell’enciclica Pacem in terris, che cade nell’anno della fede proclamato da Benedetto XVI, ed avremo modo di riflettere su questo importante documento e sulla figura del beato Papa Giovanni XXIII. Poi arriva Paolo VI (1963 - 1978) che conclude i lavori del Concilio Vaticano II ed inizia l’era dei grandi viaggi intercontinentali aprendo le porte della Chiesa universale con al seguito i media che ne diffondono l’immagine ed il pensiero apostolico percorrendo le orme di San Paolo in termini di diffusione della fede e di sofferenza cercata per essere anch’egli umile al servizio di Dio e dell’umanità nella sua storia di martirio, vissuta, anche, a seguito dell’uccisione di Aldo Moro. Una figura a noi cara anche per effetto dell’interesse che nutriva verso la neonata Università della Calabria, con le sue specificità di campus, tanto da nominare a vescovo della diocesi di Cosenza Enea Selis, perché desse sostegno all’opera del primo rettore, Beniamino Andreatta, nel disegnare ed impostare un Ateneo moderno ed innovativo previsto dalla legge istitutiva 12 marzo 1968 n. 442, con primo firmatario il presidente del Consiglio, Aldo Moro. Deceduto Paolo VI, per soli 33 giorni il mondo, tra agosto e settembre 1978, ha modo di godere del sorriso, della serenità e della semplicità della parola di Giovanni Paolo I, che conquista ed entusiasma i bambini dando spazio e valore alla loro innocenza e purezza. Una testimonianza breve, ma ricca di significati ed ancora viva nei cuori puri.
La comunicazione e l’evangelizzazione di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI
Scomparso Papa Luciani arriva Giovanni Paolo II (1978-2005), il primo papa straniero dopo 500 anni, che si presenta nella cerimonia d’insediamento con un appello accorato e convinto rivolto ai cittadini del mondo: “Aprite le porte a Cristo”. Un invito ed un appello che rinnova durante il suo mandato papale durato circa 27 anni, al cui interno di tale periodo storico ci piace ricordare i suoi 104 viaggi in direzione dei quattro punti cardinali del mondo, sapendo coinvolgere milioni di giovani attraverso la festa mondiale della gioventù. Né possono essere dimenticati i due viaggi compiuti in Calabria ed in particolare a Cosenza (6 ottobre 1984), dove rivolse parole di grande fiducia e stima nei confronti dei giovani universitari e della Università della Calabria per i suoi meriti scientifici e culturali: «Auspico vivamente che l’Università, fucina del pensiero e del- continua alla pagina seguente l’uomo, gareggi con le altre istituzioni sorelle per contribuire alla promozione culturale di questa diletta regione, offrendo un servizio alla scienza degno della Calabria erudita del pas-
IV
sabato 18 maggio 2013
Una croce portata con amore sato. L’Università di Calabria sia il punto più alto dell’interesse degli amministratori di questo capoluogo, poiché con uno studio serio che avvii ad una professionalità qualificante si crei quella classe dirigente di cui la Calabria ha bisogno per risolvere i suoi problemi». Parole che trovano momenti di sintesi e legami paterni benedicenti in occasione dell’ udienza privata, tenutasi l’8 settembre 2004 nell’auditorium Paolo VI, nel corso della quale si ha modo d’intrattenersi parlandogli: dell’impegno dei giovani universitari del Progetto Magellano, portatori del valore della pace nel vecchio continente europeo; di una ricerca sulla figura del venerabile padre Bernardo Maria Clausi, dell’Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola; del rapporto filiale di amicizia instaurato con il rettore, Pietro Bucci, in occasione del decennale della sua scomparsa. Una bella esperienza emozionante che fa parte degli eventi più importanti dell’Università della Calabria. Da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI (2005-2013) il passo ed il periodo è breve, così i ricordi sono ancora molto vivi, ma ci piace raccontare una esperienza di udienza privata vissuta in Piazza San Pietro nella giornata del 2 maggio 2007, concessa sempre agli universitari del Progetto Magellano. Un incontro nel corso del quale si è parlato: delle specificità del campus universitario di Arcavacata e delle sue prospettive anche in funzione di una sede parrocchiale inserita al suo interno; del ruolo e della funzione svolta dal primo rettore dell’Università della Calabria, Beniamino Andreatta, scomparso nel mese di marzo di quello stesso anno, fortemente legato da un rapporto di amicizia e stima alle figure di Aldo Moro, Paolo VI, monsignor Enea Selis, che seppe garantire, durante il suo mandato, un taglio operativo di modernità ed innovazione in campo nazionale ed internazionale. E’ ancora vivo il ricordo delle sue parole di incoraggiamento nel proseguire l’opera di promozione e di sviluppo dell’Ateneo nel realizzare una comunità viva secondo un profondo spirito cristiano di servizio. Né si possono dimenticare il suo sguardo ed il suo sorriso, così il tocco di carezza sulla mano a dire: «Siamo con voi tutti nelle vostre speranze e fatiche quotidiane di lavoro ed impegno sociale e culturale».
La Parola e l’esempio di Papa Francesco Adesso siamo tutti di fronte a Papa Francesco che ci stupisce per la sua semplicità e letizia e giornalmente ci manda i suoi messaggi di meditazione aperti ad una imitazione personale e divulgativa: «Occorre percorrere un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi»; «Non cediamo mai al pessimismo, a quell’amarezza che il diavolo ci offre ogni giorno; non cediamo al pessimismo e allo scoraggiamento»; «La vecchiaia è la sede della sapienza della vita. Doniamo ai giovani la sapienza della vita»; «Un pò di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto»; «Dio mai si stanca di perdonarci. Ci stanchiamo di chiedere perdono. Lui mai si stanca di perdonare, ma noi, a volte, ci stanchiamo di chiedere perdono»; «Lavorate per edificare la pace! Ma non vi è vera pace senza verità! Non vi può essere pace vera se ciascuno è la misura di se stesso, se ciascuno può rivendicare sempre e solo il proprio diritto, senza curarsi allo stesso tempo del bene degli altri, di tutti, a partire dalla natura che accomuna ogni essere umano su questa terra»; «Non si possono, infatti, costruire ponti tra gli uomini, dimenticando Dio»; «Lottare contro la povertà sia materiale, sia spirituale; edificare la pace e costruire ponti»; «Sarà un cammino difficile se non impariamo sempre più ad amare questa nostra terra»; «Bisogna custodire questo nostro ambiente, che troppo spesso non usiamo per il bene, ma sfruttiamo avidamente a danno l’uno dell’altro»; «Vivere la Settimana Santa seguendo Gesù vuol dire imparare ad uscire da noi stessi per andare incontro agli altri, per andare verso le periferie dell’esistenza, muoverci noi per primi verso i nostri fratelli e le nostre sorelle, soprattutto quelli più lontani, quelli che sono dimenticati, quelli che hanno più bisogno di comprensione, di consolazione, di aiuto. C’è tanto bisogno di portare la presenza viva di Gesù misericordioso e ricco di amore!»; «I cristiani devono rispondere al male con il bene, prendendo su di sé la Croce, come Gesù»; «Cristo ha vinto il male in modo pieno e definitivo, ma spetta a noi, agli uomini di ogni tempo, accogliere questa vittoria nella nostra vita e nelle realtà concrete della storia e della società»; «Il Battesimo che ci fa figli di Dio, l’Eucaristia che ci unisce a Cristo, devono diventare vita, tradursi cioè in atteggiamenti, comportamenti, gesti, scelte. Tutto passa attraverso il cuore umano»; «Sentiamo la gioia di essere cristiani! Cerchiamo il coraggio di “uscire” per portare questa gioia e questa luce in tutti i luoghi della nostra vita!»; «Nei Vangeli le donne hanno un ruolo primario, fondamentale. Sono le donne le prime testimoni. Le prime testimoni della Risurrezione sono le donne. E questo è bello. Per Dio conta il cuore»; «La fede si professa con la boc-
Ora siamo tutti davanti a Papa Francesco che ci stupisce ogni giorno con le sue parole e soprattutto con i suoi gesti pieni d’amore verso i bisognosi
Ancora Papa Francesco e i suoi predecessori Benedetto XVI e Giovanni Paolo II
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Una croce portata con amore ca e con il cuore, con la parola e con l’amore»; «Il Signore è vivo e cammina a fianco a noi nella vita. Siate ancorati e portate avanti la speranza. Con Gesù dare speranza a questo mondo un pò invecchiato per le guerre, per il male, per il peccato»; «Dio sempre è fedele; Dio sempre è fedele con noi»; «Gesù è il nostro avvocato, ci difende sempre, ci difende dalle insidie del diavolo, ci difende da noi stessi, dai nostri peccati! Non abbiamo paura di andare da Lui a chiedere perdono, a chiedere benedizione, a chiedere misericordia! Lui ci perdona sempre, è il nostro avvocato: ci difende sempre!»; «Nella nostra vita non siamo mai soli: abbiamo questo avvocato che ci attende, che ci difende. Non siamo mai soli: il Signore crocifisso è risorto e ci guida»; «Quando una persona conosce veramente Gesù Cristo e crede in Lui, sperimenta la sua presenza nella vita e la forza della sua Risurrezione, e non può fare a meno di comunicare questa esperienza. E se questa persona incontra incomprensioni o avversità, si comporta come Gesù nella sua Passione: risponde con l’amore e con la forza della verità»; «Anche noi dobbiamo avere chiaro, nella nostra vita cristiana, che l’entrare nella gloria di Dio esige la fedeltà quotidiana alla sua volontà, anche quando richiede sacrificio, richiede alle volte di cambiare i nostri programmi»; «La giovinezza bisogna metterla in gioco per i grandi ideali»; «Le vocazioni nascono nella preghiera e dalla preghiera; e solo nella preghiera possono perseverare e portare frutto»; «La vita dei cristiani addormentati è una vita triste, non è una vita felice. Il cristiano dev’essere felice, la gioia di Gesù. Non addormentarci!»; «In questo tempo di crisi, oggi, è importante non chiudersi in se stessi, sotterrando il proprio talento, le proprie ricchezze spirituali, intellettuali, materiali, tutto quello che il Signore ci ha dato, ma aprirsi, essere solidali, essere attenti all’altro»; «Non sotterrate i talenti! Scommettete su ideali grandi, quegli ideali che allargano il cuore, quegli ideali di servizio che renderanno fecondi i vostri talenti. La vita non ci è data perché la conserviamo gelosamente per noi stessi, ma ci è data perché la doniamo. Cari giovani, abbiate un animo grande! Non abbiate paura di sognare cose grandi!».
Ilperruolo e la funzione dell’informazione la diffusione della Parola e della Verità Un pensiero viene pure rivolto agli operatori del mondo dell’informazione, ai quali ricorda: «Il ruolo dei mass-media è andato sempre crescendo in questi ultimi tempi, tanto che esso è diventato indispensabile per narrare al mondo gli eventi della storia contemporanea. Voi avete la capacità di raccogliere ed esprimere le attese e le esigenze del nostro tempo, di offrire gli elementi per una lettura della realtà. Il vostro lavoro necessita di studio, di sensibilità, di esperienza, come tante altre professioni, ma comporta una particolare attenzione nei confronti della verità, della bontà e della bellezza; e questo ci rende particolarmente vicini, perché la Chiesa esiste per comunicare proprio questo: la Verità, la Bontà e la Bellezza “in persona”. Dovrebbe apparire chiaramente che siamo chiamati tutti non a comunicare noi stessi, ma questa triade esistenziale che conformano verità, bontà e bellezza».
«Rimanete saldi nel cammino della fede con la ferma speranza nel Signore... Andate contro corrente e Lui ci darà questo coraggio»
Tutto questo vuole essere appunto, attraverso il racconto di settant’anni di storia che tiene conto dei ricordi ed esperienze personali legate alle figure dei nostri Papi che si sono succeduti da Pio XII a Papa Francesco, un contributo al cammino di verità, bontà e bellezza, che spetta a ciascuno di noi, essere umano di questo mondo, assumerne il senso di responsabilità condividendone lo spirito realizzativo in modo da superare gli ostacoli, i freni e le contraddizioni derivanti da una metodologia di vita politica e sociale di grande confusione e speculazione da superare al più presto. Sullo sfondo c’è un cielo nuovo e una terra nuova e poi la Città santa, come dice Papa Francesco con l’invito ad abbandonarsi all’azione dello Spirito Santo capace di cambiamenti: «Lo Spirito Santo ci trasforma veramente e vuole trasformare, anche attraverso di noi, il mondo in cui viviamo. Apriamo la porta allo Spirito, facciamoci guidare da Lui, lasciamo che l’azione continua di Dio ci renda uomini e donne nuovi, animati dall’amore di Dio, che lo Spirito Santo ci dona!». Ed ancora: «Rimanete saldi nel cammino della fede con la ferma speranza nel Signore»; e rivolto ai giovani e non solo il messaggio si fa più forte: «Rimanete saldi nel cammino della fede con la ferma speranza nel Signore... Andare controcorrente, questo fa bene al cuore, ma ci vuole il coraggio per andare controcorrente e Lui ci dà questo coraggio!» Infine troviamo ciò che più ci appartiene e ci dovrà spingere ad essere fautori di bellezza, bontà e verità: «Scommettete sui grandi ideali, sulle cose grandi. Noi cristiani non siamo scelti dal Signore per fare cosine piccole, andate sempre al di là, verso le cose grandi. Giocate la vita per grandi ideali». C’è abbastanza per sentirsi coinvolti ed iniziare questo nuovo cammino che ci dovrà portare ad essere uomini e donne nuove per un modo nuovo.
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Narratore al Cubo Lo scrittore all’Unical: per lui tre domande e standing ovation
Farine per chi ha le mani in pasta di Francesco Fotia
Non c’è che dire: Roberto Saviano, giornalista, conduttore e scrittore, è senza ombra di dubbio un narratore eccezionale. Uno di quelli in grado di calamitare la curiosità e l’attenzione di chi lo ascolta. Uno di quelli che esercita il suo fascino anche su coloro - pochi in verità - che non lo idolatrano. Se ne è avuta conferma anche martedì, nel corso dell’incontro organizzato presso l’aula magna dell’Unical, in occasione della presentazione dell’ultima fatica letteraria di Saviano: Zero Zero Zero, edito da Feltrinelli; un titolo che rimanda alla farina per un libro che parla di cocaina, e non solo. Quando Saviano arriva in Aula magna il pubblico, fatto di studenti e professori, ha già preso posto. Al suo ingresso, salutato, trionfante, dall’Inno alla Gioia, Roberto, che per la prima volta ha parlato in una università del Meridione, ha ricevuto una lunga standing ovation dei presenti, prima di essere introdotto da Raffaele Perrelli, direttore del Dipartimento di Studi umanistici, e dal professore Nuccio Ordine, studioso di Giordano Bruno.
Accanto al titolo la copertina del libro e un momento della presentazione In basso al centro il ponte Bucci dell’Unical
Roberto Saviano
A dare il la all’intervento dello scrittore sono tre domande, lette da altrettanti studenti: una sorta di prologo non casualmente congeniale a quello che sarà poi il suo lungo racconto. Un racconto affascinante, serrato, in cui la cocaina è lo sfondo, un mezzo che lo scrittore utilizza per raccontare aneddoti, spiegare il meccanismo che permette alle mafie di proteggersi e perpetuarsi, e, soprattutto, di analizzare le tecniche di comunicazione che permettono ai malavitosi di costruire un proprio codice e al mito della mafia di mantenersi. Per farlo, Saviano prende ad esempio, inizialmente, il Cinema: «Il termine padrino non era usato nella mafia siciliana prima dell’omonima pellicola spiega - e vestire come Michael Corleone non era simbolo di appartenenza a una cosca. Con questo non voglio dire che il cinema crei il mito mafioso, ma le cosche possono prendere spunto per codificare e veicolare i propri messaggi. Gli uomini di mafia, da qualunque territorio provengano, hanno atteggiamenti, sguardi, modi di parlare, assolutamente costruiti». La comunicazione, spiega l’autore di Gomorra, è indispensabile per gli uomini delle cosche, che di volta in volta, ne fanno un uso differente. Attraverso la creazione del proprio mito si assicurano una presa sui più giovani, che a loro volta, quando affiliati, eserciteranno fascino sui propri coetanei. La comunicazione è l’arma con la quale raccontare che la vita è piena di persone che ti vogliono fregare, e quindi se lo fai tu per prima sei giustificabile, «sei il più figo, sei più bravo degli altri e se ti denunciano è solo per invidia» continua Saviano. «Il mito della mafia è profondamente falso - assicura - perché lontano dalla realtà: gli uomini di camorra, di ‘ndrangheta, hanno tutto ma non possono godersi niente. Non vivranno nelle lussuose case che hanno fatto edificare, non visiteranno le strutture sulle quali gua-
Presentazione della sua ultima fatica letteraria: “Zero Zero Zero”, edito da Feltrinelli; un titolo che rimanda alla farina per un libro che parla di cocaina, e non solo
dagneranno. Basti vedere gli arresti degli ultimi anni, - osserva - tutti avvenuti all’interno di bunker». Ma la comunicazione è qualcosa di fondamentale anche nel regolamento dei rapporti di forza tra fazioni opposte: «Tendenzialmente la ‘ndrangheta rifugge l’attenzione, gli da fastidio, ma ci sono occasioni, come nella strage di Duisburg, in cui il messaggio interno, e cioè l’agguato spettacolare e l’eliminazione fisica dell’avversario, è più importante dei rapporti di comunicazione con l’esterno. Stessa cosa - sottolinea Saviano - accade quando scoppiano le faide nel Napoletano». La comunicazione, anche quella involontaria, spiega lo scrittore, è inoltre fondamentale quando si tratta di “passare” lo scettro del potere: «Nella scelta del successore del “Tiradritto”, il predestinato venne scavalcato dalle cosche perché gli piaceva parlare molto, sfoggiare belle auto, circondarsi di donne. Un uomo del genere, con una disponibilità di potere illimitato e un esercito a disposizione avrebbe potuto arrecare più danni che benefici alle organizzazioni». A proposito del
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Narratore al Cubo
Tiradritto, Saviano ricorda ancora come suo nipote, il calciatore Giuseppe Sculli «stimolato dalle domande dei cronisti, non abbia mai nascosto l’orgoglio per la sua discendenza: un altro segnale che testimonia il peso, tuttora immutato, di quella famiglia». Il giornalista napoletano si è poi concentrato più dettagliatamente sul tema fondamentale di Zero Zero Zero, la cocaina, probabilmente il business più grosso di sempre. «Chi ha investito 1.000 euro in azioni Apple, all’apice del suo successo, in un anno - svela Saviano - ha guadagnato 600 euro netti: una sorta di miracolo economico. Se investi 1.000 euro in cocaina, invece, puoi guadagnarne 180.000 in un anno». Ecco il dato che parla da solo, e che basta a spiegare lo strapotere economico di cui gode chi ha messo mano su questo mercato. «I primi a farlo sono stati gli uomini di ‘ndrangheta, - spiega Saviano “abili” a investire negli anni 80 in una droga che le altre cosche avevano bollato come “di nicchia”. Ma non è stato così: il boom della cocaina è tale che chiunque di noi, almeno una volta nella vita, ha
avuto a che fare, coscientemente o no, con qualcuno che ha assunto della cocaina. E’ il business più grande al mondo: più redditizio dell’oro, e, a differenza dello stesso oro o del petrolio, è facile da smerciare. Le cosche - continua - hanno incominciato dai sequestri per avere il capitale da investire in cocaina. Dopodiché hanno investito il ricavato nella betoniere, che hanno portato ai palazzi, che a loro volta portano voti, e quindi appalti». Un circolo vizioso che potrebbe essere interrotto legalizzando le droghe, sostiene Saviano, perché sarebbe un colpo durissimo per le economie delle organizzazioni, pur riconoscendo un «forte problema morale». Bisogna inoltre decostruire il mito mafioso, credere nella meritocrazia e nella “educazione alla felicità”: lo stato d’animo che sconfiggerebbe quella cultura di morte, di diffidenza, nella quale crescono e si espandono le cosche. Un messaggio, questo, che chiude con un barlume di speranza e di ottimismo un intervento lungo circa un’ora e mezza, al termine del quale Saviano si dedicherà a firmare le copie del libro, centocinquanta circa, acquistate dagli studenti nel corso del pomeriggio.
Una lunga e affascinante lezione sulla comunicazione e le dinamiche che regolano le mafie
Tutti contenti? No. All’esterno dell’auditorium, infatti, un gruppo di giovani dei collettivi ha montato intanto una protesta contro lo scrittore, reo di non aver accettato un “vero incontro” con gli studenti, e di non aver quindi risposto alle loro domande. A Saviano è stata contestata la presunta aderenza alla “causa sionista”, ricordando lo scontro a distanza che lo stesso autore, seppur indirettamente, ebbe con l’attivista filo-palestinese Vittorio Arrigoni, ucciso a Gaza nel 2011. Ma non solo: c’è chi vorrebbe spiegazioni riguardo il contatto che lo scrittore avrebbe avuto con la madre di Peppino Impastato; contatti smentiti pubblicamente dal fratello dell’icona dell’antimafia. E c’è chi, ancora, semplicemente vorrebbe domandare a Saviano che cosa ne pensi dell’attuale situazione politica in Italia. Chi si aspettava una risposta è rimasto deluso. Altrettanto non si può dire di quegli studenti, di quei fan, che hanno atteso la firma del proprio beniamino sul volume appena acquistato, e che uscendo hanno mostrato sorrisi orgogliosi ed emozionati. Questi, di sicuro, ritorneranno soddisfatti alle loro case. Resta però un po’ di rammarico per il mancato dibattito che sarebbe stato sicuramente occasione di confronto costruttivo per chi non ama lo scrittore, per i suoi lettori e, forse, per lo stesso Saviano.
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Calabresi illustri
Con la fine del brigantaggio,svanisce il sogno di libertà inseguito dai contadini meridionali
Posteraro e la vittoria della borghesia agraria rise a cura di Oreste Pa
Il 26 dicembre del 1864 in un violento scontro a fuoco viene annientata la banda La Valle-Bellusci. La comitiva La Valle-Bellusci nel 1864, come venivano chiamate le bande armate che scorrevano la campagna nel primo decennio postunitario era il residuato di una banda molto più grande ed organizzata, composta da centinaia di persone che facevano riferimento alla carismatica figura brigante-eroe di Carmine Franzese. Quando questi, nel 1862, viene ucciso in uno scontro a fuoco con la gendarmeria essa si divide in molti tronconi, la maggior parte dei quali viene sterminata dalle truppe del maggiore Pietro Fumel che aveva il suo quartiere generale a Fagnano Castello. Le sue azioni sono micidiali, poiché ha libertà di agire senza rispettare alcuna regola, né legge. E di questa facoltà ne fa uso ed abuso, fucilando sul posto le persone sospette con un processo sommario postumo per dimostrare la loro colpevolezza e la giustezza della pena inflitta. Si lavava la coscienza per i posteri ai quali sottoponeva il giudizio sul suo operato. Per una azione più efficace nella Prefettura di Cosenza era stato sottoscritto un patto con i grandi proprietari terrieri, i quali si obbligavano a organizzare delle truppe armate, al soldo del governo sabaudo, per debellare il brigantaggio. In cambio gli veniva offerta una disponibilità a definire le numerose cause di legittimazione dei terreni derivanti dalla divisione dei feudi, delle usurpazioni effettuate nel corso di tutto l’Ottocento e degli acquisti di proprietà da contadini in difficoltà i quali si vedevano spesso costretti a cedere i propri “tenimenti” per coprire i debiti che erano costretti a contrarre per la loro stessa sopravvivenza. Nell’area a nord-ovest di Cosenza si era formata come altrove la classe di nuovi borghesi agrari che aspiravano a inserirsi nei gangli vitali del potere politico ed economico, e ottenere un riconoscimento del loro status: i Sarri a Mongrassano, i Posteraro a Cavallerizzo, i Mayerà, Andreotti a Cerzeto, i Tocci e Sarro a San Giacomo, i Baviea a Torano e via dicendo. L’avvento del nuovo stato unitario, al quale aderirono con entusiasmo attratti dalla distruzione del vecchio ordine politico-amministrativo e dal ruolo che avrebbero potuto occupare nel nuovo mondo che si andava formando. Qualche anno più tardi, le quotizzazioni di terre con la distribuzione di fazzoletti di terra ai contadini, e la conclusione di quasi tutti i processi in corso sulla legittimazione delle proprietà terriere portò alla cristallizzazione del nuovo ordine sociale con la definitiva vittoria della borghesia agraria. Lo scontro che si verifica nelle campagne di Mongrassano ha un valore simbolico. Si fronteggiano i nuovi proprietari Vincenzo Sarri e Francesco Posteraro con i diseredati di sempre, un po’ banditi e un po’ eroi che non si erano ancora rassegnati al nuovo regime. La Comitiva, o quel che resta, viene quasi annientata. Resta solo qualche individuo isolato a combattere una battaglia ormai persa. Francesco Posteraro, responsabile della Guardia nazionale di Cerzeto, muore poco tempo dopo quello scontro al quale aveva partecipato suo figlio Luciano. Nel discorso commemorativo tenuto dal suo amico Teodoro Toscano si ricordano i suoi trascorsi “rivoluzionari”, che non trovano conferme negli atti. Il suo nome non appare tra gli insorti del 1837, del 1844, del 1848. Partecipa alla sottoscrizione a sostegno dell’impresa garibaldina e forse si arruola quando ormai la partita era chiusa.
Il giorno 26 dicembre del 1864 in un violento scontro a fuoco a Mongrassano viene annientata la banda La Valle-Bellusci. Si fronteggiano i nuovi proprietari Vincenzo Sarri e Posteraro contro i banditi di sempre che non si rassegano al regime
Relazione gendarmeria di Mongrassano per la cattura banda Lavalle Mongrassano, ventisei dicembre mille ottocento sessanta quattro Innanzi al sottoscritto delegato di Pubblica Sicurezza si sono costituiti i signori Sarri Vincenzo, Luciano Postiraro, Pasquale, Domenico, Agostino e Nicola Fratelli Postirato fu Demetrio da Cavallarizzo, Francesco, Luigi Fratelli Argondizzo di Angelo, Diomede ed Angelo Argondizzo di Bruno, Teodoro Zuccarelli di Tommaso, e Francesco Lecce fu Angelo tutti di Mongrassano, Antonio Figlia di Pietrangelo e Michele Madotto ambi di Cavallerizzo ed hanno dietro analoga interpellanza deposto quanto appresso. Noi tutti tredici, siamo alla dipendenza del nominato signor Vincenzo Sarri i primi quattro sopra ricordati in quali di massari, e foresi e gli altri in qualità di guardiani ci siamo sino dal dal dieci corrente dicembre risoluti di distruggere la comitiva Pinnola e Bellusci dietro preciso ordine del nostro padrone Sarri Vincenzo, d’accordo col signor Luciano Postiraro e fratelli col delegato di Pubblica Sicurezza e col tenente del 12.mo Reggimento Sig. Federico Ravaglia stanziato in Mongrassano. Dal giorno dieci noi non abbiamo tralasciato un istante di perlustrare ed impostare si nella montagna che nel Vallo e nei luoghi soliti ad essere bazzicati dai briganti raddoppiando dal giorno indicato l’usata nostra energia facendo uso dell’indispensabile mezzo di novelle e spie: di fatti non andò guari che si riuscì di uccidere uno della comitiva nomato Lento Giovanni, il giorno venti di detto mese nelal località detta Serraspina, fatto che risulta dall’inoltrati verbali.
sabato 18 maggio 2013
IX
Calabresi illustri Mongrassano, ieri Qui, come nelle campagne di altri paesi, si sono combattute battaglie tra nuovi proprietari e briganti
portando con loro arrestato e disarmato altro brigante La Croce Salomone Esposito che ebbe ad ottenere dopo un ben vivo agone sostenuto a corpo a corpo con Raffaele Argondizzo e l’altro il brigante Tavolaro Angelo se ne fuggiva ma che veniva però arrestato da Salvatore Ricioppo guardiano del Signor Guzzolini di Cervicati. Sono quindi assicurati tutti i componenti la comitiva Pinnola e Bellusci e così si è restituita la tranquillità in queste contrade. Siccome il conflitto e l’ostinata resistenza opposta dai briganti durava circa due ore, si sparve la voce del fatto e furono solleciti quindi ad accorrere sul luogo il Distaccamento di truppa comandato dal Sergente Federico Ravaglia, il quale divisa la sua forza in due sezioni perlustrava le boscaglie sottoposte a Sammarco e Mongrassano, ed il delegato di Polizia de Reali Carabinieri di Sammarco e Cerzeto non che un bel numero di militi della Guardia Nazionale di Sammarco, ma nell’ora che queste forze giungevano i briganti trovavansi già da noi disarmati ed assicurati. In compagnia del ricordato delegato e del Signor tenente Ravaglia poi portati i briganti quindi ben custoditi per poi riunirli ai nominati tenente e delegato e del Signor Luciano Postiraro tradurli a disposizione del Regio Tribunale Militare di Guerra in Cosenza. In onore del vero confermiamo che hanno coadiuvato le nostre operazioni gli altri individui Bruno Argondizzo e Tommaso e Luigi fratelli Zuccarelli. Il presente verbale venne redatti in cinque originali per essere rimesso il primo al tribunale Militare di Guerra, il secondo a Sig. Prefetto della Provincia, il terzo al Sig. Colonnello Brigadiere Comandante le truppe attive della Calabria Citra, il quarto al Sig. Vincenzo Sarri come principale cooperatore, il quinto al Sig. Postiraro Luciano come cooperatore e capo squadra. Datane precedente lettura venne colla firma dei principali intervenuti confermato.
Francesco Posteraro Francesco Posteraro nacque a Cavallerizzo rione di Cerzeto il dì 6
Non a dirsi come si era inferocita la Comitiva Bellusci e Pinnola per l’uccisione d’uno dei suoi componenti la quale per vendicarsi tentava di distruggere ed animali ed averi nostri. Ma noi intrepidi e costanti non abbiamo tralasciato di attendere al nostro scopo. Di fatti questa notte trovandoci nella località detta Favata, e Princivalle, poiché il Dig. Luciano Postiraro e fratelli si trovavano in paese per avere altre notizie dalle spie, verso le ore otto antimeridiane ci siamo divisi in due spezzoni, la prima incaricata della perlustrazione della contrada Princivalle e l’altra per il fondo di Santa Maria di proprietà del Sig. De Pietro Vincenzo. Nel mentre il guardiano Francesco Argondizzo osservava delle tracce di scarpe ferrate chiamava i coloni del ricordato sig. De Pietro, Giuseppe Morelli fu Francesco e Nicola Lanella onde di sapere schiarimenti a chi tali tracce potessero appartenere: ma questi asserirono essere le tracce della pedata del figlio di Nicola Lanella. In questo punto si sentono due colpi di fucile, e l’Argondizzo ebbe ragione di credere che era la sezione in Princivalle che aveva attaccato il fuoco coi briganti, ma nel mentre stava in sul guardavoi li fischiò all’orecchio una palla che credette essere uscita dalla casetta vicina di proprietà del sig. De Pietro ed abitata dai ricordati Giuseppe Morelli e Nicola Lanella. Quindi fece egli e tutta la sua sezione fuoco contro di essi ove si accertò che ivi trovavansi ben cinque briganti i quali investiti da un vivo fuoco opponevano ostinata resistenza per be due ore; ma vedendo i briganti avere la suddetta sezione fatti i preparativi per attaccar fuoco alla casetta cessarono dall’ostinata resistena e quindi disarmati ed arrestati tutti cinque furono. Alle esplosioni dei nostri fucili e dei briganti la sezione nostra che si trovava allora sulle alture di Favata si riuniva all’altra sezione
È nota la sua dedizione per la festa del Corpus che faceva celebrare a proprie spese e per quella di San Francesco di Paola cui dedicava un quadro e un altare
novembre del 1799 da ragguardevole e distinta famiglia del paese. I suoi genitori furono Costantino e Rachele Petta. Aver per cuna morbido letto cinto di seriche cortine fra l’agitarsi d’un aere profumata di essenze peregrine o posare il corpo tenerello in luridi cenci ne’ trivi, non è condizione che si rapporti a virtù o demerito dell’uomo. La differenza di questi due stati non ha vita che nelle illusioni di un mondo che abbaglia. Essa sparisce non appena si rifletta che per tutti indistintamente il primo grido nel venire sulla terra è grido di lamento, e l’ultima voce del cuore è il sospiro che si manda alla fuggente luce. (...) Nato dunque in distinta condizione il Posteraro, dovea riceverne per conseguenza una educazione corrispondente. Ed in fatti, sin dai primi anni mostrò come approfittasse delle cure che veniagli prestate dai pietosi genitori, facendosi ammirare fra i teneri compagni nello adempimento de’ suoi doveri religiosi e filiali. Di sette anni affidato alle cure dell’ottimo Baldasarre Bellusci in Mongrassano, proseguivagli costui la tenera educazione morale e letteraria, continuatagli poscia per altri due anni dal Bloise, altro illustre cittadino, in Malvito. Compiva di seguito gli studi dell’umanità e delle scienze, parte nel Collegio Italo-greco di S. Adriano (1814-1815) e parte in Cosenza (1818 e 1819). Obbligato dalle condizioni della famiglia, abbandonava il pensiero di dedicarsi agli studi di medicina, com’era suo desiderio, nella quale certo avrebbe riportato condegni frutti se avesse potuto coltivarla ed esercitarla. (...) Sposato da prima nel 1821 alla signora Mariantonia Masci da S. Sofia, e in seguito nel 1827 per la morte di questa prima moglie passato in seconde nozze con la signora Giovannina de Pietro da S. Marco, era tale l’esempio di fedeltà e dignità maritale che pochi simili possiamo ricordare tra noi. E diventando padre di ben undici figli tutti possono possono contestarlo quali siano state le sue cure per la loro educazione e quali precetti severi e nobili ispirava ai medesimi nella prima e più feconda scuola della famiglia. (...) Vi è nota d’altronde la sua devozione particolare per la festa del Corpus, che facea celebrare a proprie spese, e per l’altra di S. Francesco di Paola cui dedicava già e un quadro e un altare.
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sabato 18 maggio 2013
Calabresi illustri
Lo spietato maggiore Pietro Fumel Sotto, cimeli in un museo garibaldino
Ispirato da questi sentimenti, connaturati ad ogni anima ben nata e generosa, Francesco Posteraro fin dai primi anni della gioventù li vagheggiava ne’ moti più caldi del cuore e sempre col pensiero di metterli in atto appena chele circostanze lo avessero suggerito. E già voi lo sentiste consociato a quella scuola politica segreta, che dopo l’anno 1815, tanto fatale alla libertà dei popoli, ne preparava il riscatto nostro mal riuscito nel 1820. E lo sentiste poscia compromesso nell’attuazione di quel funesto disegno del dì15 marzo 1844, allorché a Cosenza da un pugno de’ nostri albanesi ivi irrompenti davasi il primo segnale fra noi delel future libertà italiane. E lo vedeste ancora nel 1848 fra i primi patrioti di questo circondario, tutto intento ad educare questa popolazione ai santi doveri della patria e ai nostri diritti e spingerli su i campi della difesa in Paola, dove egli ad esempio degli altri, perché malconcio nella salute mandò a rappresentarlo il figlio primogenito Ercole. Le conseguenze di essi fatti furono latitanza, carcere, sorveglianza e sevizie della polizia borbonica, alla quale perché più non inveisse contro di lui dovette sciogliere il suo tributo di D. 2000 dopo gli avvenimenti del 1844. Ma non ostante queste sofferenze e questi danni del suo patrimonio, non ostante l’età bastantemente inoltrata, nel 1860 allorchè l’eroe del popolo italiano, compiuti i miracoli della Sicilia si spingeva sul continente al compimento de’ nostri destini, Francesco non mancò di rispondere fra i primi all’appello della patria. Ed allora, non egli solo, ma con al fianco i suoi figli Ercole e Luciano, imbrandiva le armi benedette dal cielo, ed eccolo nella colonna del Sarri marciare dietro i passi di Garibaldi ed eseguire la sua parte da voloroso in quel periodo eroico della patria. Grande fu il numero di cittadini accorsi allora tra le fila de’ soldati del popolo e non pochi fra essi lasciarono degna fama di se per gli atti di valore e di abnegazione. Ma fra questi io veggo con orgoglio oltremodo distinguersi il defunto compaesano, il quale non contento dei sacrifici che impone la vita del soldato, non de’ pericolli che si affrontano innanzi al nemico che combatte, crede che una retribuzione qualunque a tali sacrifici e a tali pericoli non faccia che offuscare il sereno della fronte e sbiadire la lu-
ce della gloria che incorona l’opera del difensore della patria. In conseguenza rinunzia generosamente allo stipendio annesso al suo grado di Maggiore, esempio rarissimo in questo secolo di un positivismo che degrada, e seguito nel tempo stesso dal suo figlio Luciano che occupava il grado di Luogotenente. É si ferma a questo unico fatto. Modesto non meno che generoso, offerto una volta il sangue alla patria e raccolti gli allori della vittoria, lascia agli altri mendicare o ambire le cure de’ pubblici uffici e gli onori della pace che la patria dispensa, non chiedendoli egli né desiderandoli in tempo che egli era facile averne e quando già confusi vittime e carnefici, eroi e furfanti, infelici e fortunati di ogni stagione, tutti in massa compatta si raggranellavano e irrompevano per le scale de’ Ministeri sotto il fascino e l’usbergo dell’eroica camicia. Ritiratosi perciò nella pace del domestico focolare, qui egli intendeva a ricrear l’animo nel contemplare il graduato svolgimento de’ destini del paese, pronto però a coadiuvarlo ancora e sempre ogni qualvolta la sua opera ne fosse richiesta. Infatti, è alla influenza sua ed attività del figlio Luciano che si deve la presentazione avvenuta l’anno scorso della fiera banda Lavalle, onde ne meritavano condegni elogi dal Ministro dell’Interno. E se ci è permesso in questo punto ritornare col pensiero al passato, nel 1849 a vivamente perseguitare la banda di Sartano di circa 60 individui che infestava queste contrade, obbligandoli a presentarsi e costituirsi sotto l’impero della giustizia. Ma, o signori, questo uomo orgoglio del paese, ha compiuto finalmente la missione propria quaggiù. I sessantacinque suoi anni non sono la gioventù dell’uomo, ma neppur la vecchiaia, il tempo del riposo. (Estratto dall’elogio funebre di Teodoro Toscano)
sabato 18 maggio 2013
Formazione culturale di livello europeo L’Iis “Enzo Siciliano” di Bisignano festeggia brillanti risultati
Banchi eccellenti di Mario Guido
Una scuola che merita l’appellativo di eccellenza per i risultati raggiunti non soltanto in questo anno scolastico, bensì per essere sempre cresciuto, sin dalla sua istituzione, divenendo il polo di attrazione per una formazione culturale di livello europeo di tanti giovani che appartengono al vasto comprensorio della Valle del Crati. Proseguendo nell’attività didattica e di formazione di livello europeo che ha, da sempre, contraddistinto l’Iis “E. Siciliano” che comprende l’Itis, il Liceo scientifico di Bisignano e il Liceo classico di Luzzi, anche l’anno scolastico che sta avviandosi alla conclusione è stato ricco di ottimi risultati e di successi invidiabili. Nel corso di un’apposita manifestazione che, presieduta dal professor Giuseppe De Rosa, nella sua qualità di dirigente scolastico, si è svolta nell’Aula magna dell’edificio, alla presenza dei rappresentanti dell’amministrazione comunale, degli organi di stampa e della televisione e con la straordinaria partecipazione dell’ordinario di Fisica, Riccardo Barbieri, è stato fatto il bilancio di un anno particolarmente ricco di riconoscimenti e di premi ottenuti dagli alunni della varie classi nelle molteplici iniziative ed attività svolte negli ultimi otto mesi. In particolare è stato osservato che i riconoscimenti ed i premi ricevuti dagli studenti dimostrano non solo l’alto livello della prestazione docente e dell’impegno discente, ma soprattutto il fatto che le “buone scuole” sono presenti non solo nel capoluogo di provincia, bensì sono dislocate in molte realtà periferiche, anche se spesso queste restano nell’ombra. Tra i numerosi riconoscimenti il più prestigioso è il premio “Rocco Chinnici” attribuito agli alunni per la migliore interpretazione teatrale, e la selezione alla finale nazionale del premio “Giorgio Gaber” sulle migliori rappresentazioni teatrali della scuola che si terrà in questi giorni a Grosseto. Altri importanti riconoscimenti riguardano le medaglie ricevute per le Olimpiadi di matematica e per la partecipazione a quella di Letteratura italiana e di poesia. Tra le varie iniziative culturali realizzate spiccano gli “Incontri con l’autore” che, in prima persona, hanno tentato di trasmettere agli studenti la passione per la scrittura. Particolare risonanza hanno avu-
Un anno scolastico in particolar modo fecondo che si avvia alla conclusione
to gli incontri con i giornalisti, Arcangelo Badolato, Attilio Sabato, Franco Corbelli e Massimo Maneggio. Intensi ed interessanti sono stati gli scambi culturali con l’Unical, in particolare con il Dipartimento di Fisica e quelli con altri Atenei come con quello di Sant’Anna di Pisa. Di particolare rilievo gli incontri con autorevoli rappresentanti della magistratura su temi di grande attualità, a partire da quello tenuto presso il Liceo classico di Luzzi su “Cittadinanza attiva e legalità” che ha visto la presenza del magistrato Eugenio Facciolla; a seguire con l’altro più recente, sullo stesso tema, ma con particolare riguardo a “I problemi dei giovani - La devianza minorile - Il ruolo delle istituzioni e della comunità educativa”. Dopo l’introduzione del dirigente scolastico, Giuseppe De Rosa, hanno portato i saluti delle Pubbliche istituzioni, Tedesco Manfredi, sindaco di Luzzi; Damiano Grispo, vice sindaco ed assessore alla Cultura del Comune di Bisignano, l’ispettore di Pubblica sicurezza di Paola, Pino Scaccia.
Il dirigente scolastico Giuseppe De Rosa Sopra, l'Iis “E. Siciliano” Nelle altre foto, l'uditorio studentesco durante il Convegno sulla legalità; il tavolo della presidenza con, da sinistra, Grispo, Liguori, De Rosa, Manfredi e Scaccia
Ha svolto la relazione sul tema Alberto Liguori, magistrato componente il Consiglio superiore della magistratura che ha illustrato con grande professionalità la vasta problematica, suscitando notevole interesse nell’uditorio studentesco che non ha mancato di manifestare il proprio consenso con crescenti applausi.
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Le strade infinite Le immagini più significative della Natività di Betlemme attraverso i Vangeli apocrifi
Salvatore Schirone è l’autore di un libro che attraversa le due immagini più significative della natività, e che nessun Vangelo riporta, se non in modo indiretto alla presenza degli oggetti che queste due immagini possono fare riferimento, la mangiatoia, la stalla. Esse sono infatti il bue e l’asinello nella natività. Il titolo del libro che è stato scritto a due mani con Rosario Scognamiglio è Ti rivelerai tra due animali. L’asino e il bue nella tradizione cristiana, edito Levante, Bari. Il riferimento biblico della presenza di due animali è già nel titolo, e con arguzia i due autori rimarcano tutti i riferimenti, non solo ai testi ufficiali, ma anche apocrifi, che riportano l’immagine dei due animali. Abbiamo incontrato Salvatore Schirone che è un terziario Carmelitano, scrittore e giornalista.
Salvatore Schirone
Nei testi sacri troviamo riferimenti canonici alle due immagini del bue e l’asinello? L’unico riferimento canonico è la mangiatoia, che in Luca diventa: “Maria adagiò il Bambino in una mangiatoia”. Tuttavia essa rimarca in altre parti del Vangelo la presenza di un bue e di un asino e che troviamo anche nelle parole di Cristo riportate nei Vangeli apocrifi. Questi Vangeli presumono la presenza di un bue e di un asino, un simbolismo che parla di due bestie, una pura e l’altra impura (l’asino e il bue appunto) e che in Gesù trovano l’armonia dell’unità. Ci sono riferimenti alle altre religioni in cui il bue è presente come bestia sacra? Queste sono considerazioni, che noi possiamo fare a posteriori, il mondo biblico è estraneo alle altre forme di religione. Come si connettono queste immagini con il richiamo continuo all’idolatria che c’è nei testi sacri? L’idolatria nel testo sacro è condannata. La bibbia è critica verso le forme di rappresentazione idolatra. Il bue è l’asino, dunque, appaiono solo come simboli di alcune virtù. Il bue è un animale fedele e sacro, diciamo anche rappresenta il popolo di Israele che viene assoggettato. Mentre l’asino, animale impuro, secondo il Levitico, rappresenta gli altri popoli, i cosiddetti gentili. Ed ecco il perché sono accostati sempre dai Padri della Chiesa, poiché rappresentano Israele e tutti gli altri popoli. Tra i Vangeli apocrifi, quale mostra un’attinenza con gli originali? Lo pseudo Vangelo di Matteo segue il Vangelo canonico di Matteo. Anche se scritto qualche secolo dopo cerca sempre di continuare quel tipo di lettura che Matteo fece secoli prima. Matteo rilegge il vecchio testamento alla luce di Cristo Gesù e mostra di come le antiche profezie si sono realizzate in Lui, soprattutto, nella parte iniziale, di Gesù Bambino e dell’infanzia e va a sviluppare maggiormente i simbolismi, che si ritrovano nell’antico testamento. Una storia, che racconta una dimensione teologica. Perché questa ricerca attorno ai simbolismi del vecchio testamento e del nuovo? Io sono un cultore dei Padri della Chiesa, per cui mi sono sempre interessato alla lettura che Essi hanno fatto della scrittura e che spesso l’epoca moderna e la lettura storico-critica sostituisce alla lettura spirituale, che ne hanno dato i Padri. Mi sono sempre occupato di rileggere la tradizione. Ho lavorato su questi elementi critici per vedere come sono stati riletti dai Padri. Oggi se riprendiamo in mano la nascita di Gesù, la lettura storica-critica moderna ci dice che essa non è altro che un racconto, che non ha fondamento storico di come si siano svolti i fatti. I Padri però sono andati ad analizzare gli elementi simbolici, mostrando una lettura della storia, che va sviluppata in senso critico. Mentre la lettura moderna rende sterile riducendo all’osso la storia e lascia questi particolari a interpretazioni spiritualistiche. La lettura dei Padri ha sempre un fondamento teologico e non può essere così eliminata superficialmente. Perché la mangiatoia diventa il simbolo del sepolcro? Il bambino è messo in fasce nella mangiatoia, anticipa la morte e la sepoltura di Gesù e del Mistero Pasquale. La mangiatoria nel Vangelo di Luca, in cui è raccontata l’infanzia di Gesù, è tutta nell’attesa della Pasqua con il riferimento alla morte e alla Resurrezione (il bambino che nasce). Lucia De Cicco
Precarietà tra un bue e un asinello Salvatore Schirone è l’autore del libro che è stato scritto a due mani con Rosario Scognamiglio dal titolo “Ti rivelerai tra due animali. L’asino e il bue nella tradizione cristiana” edito Levante, Bari
Nella città di Sant’Umile
I seguaci di Budda A Bisignano, la città di Sant’Umile ci sono anche i seguaci di Budda che sono certi di giungere all’appagamento di tutti i loro bisogni e a trovare la felicità in questo mondo praticando assiduamente il buddismo e seguendo l’insegnamento di Nichiren Daishonin. Per ora si tratta di un piccolo gruppo che settimanalmente si ritrova a pregare in una piccola stanza, di fronte ad una pergamena in carta di riso, “Go-hon zon”, l’oggetto di culto, che riproduce segni alfabetici in sanscrito, antichissima lingua che fa parte del gruppo indoeuropeo delle lingue universali. I seguaci di questa religione che è riconosciuta in Italia attraverso l’Istituto buddista italiano Soka Gakkai, sono alla ricerca della felicità che, per come recita un vecchio adagio, “non è di questo mondo”, ma questi “mistici” sono convinti di riuscire a trovarla in loro stessi. In tempi come quelli che stiamo vivendo, pieni di difficoltà di ogni genere, di stress, di violenza, di ingiustizie, di penuria economica e civile, praticare una filosofia che ti aiuta a trovare dentro te stesso il rimedio a tutto, è veramente una fortuna! Ed è a ciò che mirano questi amici che racchiudono in una sola magica parola “buddità” il senso della loro pratica religiosa. In sostanza il gruppo dei seguaci della dottrina di Budda di Bisignano, come tanti altri loro simili sparsi nel territorio calabrese e altrove, praticano questo rito ripetendo, come in una nenia sonora, la frase: “Nam-myoho-renge-kyo”. Chi ha la possibilità di ascoltare la loro preghiera ha la sensazione di trovarsi in un tempio orientale dove i bonzi declamano le loro nenie, accompagnandole col tintinnio tipico delle loro piccole campane metalliche. Da come parlano e da come descrivono le loro esperienze, questi buddisti di casa nostra, sembrano veramente convinti di avere il proprio destino nelle loro mani. Essi dicono che il “destino” lo creiamo noi stessi ponendo continuamente “cause” che prima o poi tornano sotto forma di “effetti”, quel che il buddismo chiama “karma”. Questo significa che la soluzione a tutti i problemi è già pronta dentro di noi. I seguaci di questa dottrina non disdegnano le altre, tanto meno quella cattolica e non hanno nessuna difficoltà a recarsi in chiesa o ad avere rapporti e scambi culturali con le organizzazioni cattoliche. A Bisignano, infatti, nel recente passato, i seguaci della Soka Gakkai hanno organizzato, in collaborazione con altre organizzazioni religiose, iniziative di carattere culturale come mostre e rassegne su temi di grande attualità che hanno suscitato notevole interesse. Mario Guido
sabato 18 maggio 2013
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I racconti di un amico I vincitori del concorso letterario in memoria di Romano Marino
nelli di Federica Monta
Si è svolta nel pomeriggio di venerdì 10 maggio a Cosenza la cerimonia di premiazione per il concorso letterario “Diamo vita alle parole (i racconti di un amico)”, organizzato dall’associazione culturale “Romano Marino” e patrocinato dall’assessorato Giovani e Futuro del Comune di Cosenza. L’associazione porta il nome di un giovane cosentino scomparso nel 2010 a causa di una rarissima malattia, la Sindrome da attivazione macrofagica, e con questo concorso ha voluto rivolgersi ai giovani cosentini frequentanti la terza media, per diffondere informazioni sulla patologia che ha portato via Marino; «patologia - spiega Maria Donata Giardini, presidentessa dell’associazione e madre di Romano, - che se riconosciuta e curata nei tempi giusti, non sarebbe stata fatale. Al tempo stesso, l’associazione ha cercato di stimolare il talento dei giovanissimi, di raccoglierne le richieste insite negli scritti e per sensibilizzare l’opinione pubblica, specie i più giovani, su questa malattia. Il concorso infatti ha richiesto agli studenti l’elaborazione di un testo inedito che avesse per protagonista un ragazzo, di nome Romano, che ama la musica; a corredo del racconto, bisognava allegare una ricerca sulla Sindrome da attivazione macrofagica».
Diamo vita alle parole A presentare la cerimonia, presso il ridotto del Teatro “A.Rendano”, è stata l’attrice Francesca Scrivano, affiancata da Dario, uno studente del liceo classico “B. Telesio”, che nel corso della premiazione ha letto alcuni estratti dai racconti vincitori. A individuare i racconti vincenti è stata una giuria, presieduta da Emanuele Ruvio, amministratore Keystore one di Cosenza, composta da professionisti provenienti da diversi campi: Stefania Bosco, storico dell’arte del Ministero per i Beni e le Attività culturali; Palma Fanello, dirigente medico dell’Asp di Cosenza; Francesca Florio, grafologa; Antonella Giacoia, docente del liceo classico Telesio; Paola Rizzuto, presidente della sezione cosentina della Lega italiana per i diritti dell’uomo; la psicologa Alessandra Santelli e l’avvocato Maria Vaccaro. Inoltre, membri della giuria sono stati Cesare Marino, padre di Romano, e la stessa Giardini. La premiazione si è svolta con la lettura di alcuni brani tratti dai racconti vincenti; uno svolgimento che ha permesso agli studenti in gara di riconoscersi nell’autore del testo prima di essere ufficialmente proclamato vincitore. Il premio per la “Migliore ricerca” sulla Sindrome da attivazione macrofagica è andato ad Alessandra, meritevole, secondo la giuria di «aver saputo coniugare e unire le varie voci, trovate in rete, fornendo un esempio di ricerca logica e bene organizzata». Il terzo posto, per la sezione “Miglior racconto”, è andato a Mario, grazie a «un testo che mostra con straordinaria compostezza e semplicità il percorso possibile, e perciò imitabile che conduce dalla disattenzione e superficialità del commento [...] alla vergogna e alla consapevolezza fino a quell’atto rivoluzionario del chiedere scusa». Si è classificata seconda Martina, «per aver reso vivo agli occhi dei lettori cosa rappresenti quel misterioso e stupefacente universo della musica in una giovane coscienza [...] le note di Romano, ritornano così, attraverso questo racconto, in tutta la loro leggerezza e il loro peso. Lievi come il sorriso [...] gravi come la coscienza della possibile disattesa che il mondo adulto riserva a tale slancio». Vince il concorso il racconto di Laura, «per aver interpretato, con intensità e sensibilità [...] il dolore, la vergogna, la paura e l’ombra che segnano i percorsi anche di giovani vite e avere offerto questo bilancio a una nuova speranza, ad una nuova forma di rinascita. Per avere compreso come la vita e la testimonianza di Romano Marino possano ancora operare come modello di caduta e di risalita, restituendo così un orizzonte di senso alla sua prematura scomparsa...». Alla giovane vincitrice è andato in premio un i-Mac 21 pollici, ge-
A presentare la cerimonia è stata l’attrice Francesca Scrivano, affiancata da Dario, uno studente del liceo classico “Telesio” che nel corso della premiazione ha letto alcuni estratti dai racconti che hanno vinto
nerosamente offerto dal presidente della giuria. Al secondo e terzo classificato sono andati, seppur non previsti nel bando ufficiale, due i-Pad mini, contenenti, all’interno, alcune registrazioni di Romano. Alla vincitrice del premio per la “Migliore ricerca”, anche questo inizialmente non previsto, è andato un altoparlante per cellulari. L’appuntamento con l’associazione è per il 26 giugno, con la quarta edizione del Concert for Romano. Il logo dell’associazione Sopra, Maria Donata Giardini mamma di Romano e presidentessa dell’associazione
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sabato 18 maggio 2013
Premio Tropea Settima edizione, ecco i libri indicati dal comitato tecnico-scientifico
Scrittori sotto la lente Saranno 13 i libri che si contenderanno l’accesso alla terna dei finalisti del Premio Letterario Nazionale Tropea, giunto alla sua settima edizione e il cui svolgimento rappresenta il fiore all’occhiello del TropeaFestival Leggere&Scrivere, che si svolgerà dal 24 al 29 settembre prossimi. Il comitato tecnico-scientifico, presieduto da Isabella Bossi Fedrigotti è al lavoro per valutare i titoli da cui verranno fuori i finalisti, che saranno ufficializzati domenica 26 maggio durante un incontro pubblico presso il Museo Diocesano di Tropea. Nella sua già significativa storia, il Premio Tropea può vantare un palmarès di assoluto valore, rilanciato lo scorso dicembre dalla vittoria di Mimmo Gangemi nella vibrante saga de “La signora di Ellis Island”, pubblicato da Einaudi. Evento culturale di alto profilo, innovativo nella sua capacità di coniugare tradizione ed innovazione, (è stato il primo premio in Italia ad adottare il formato ebook), il “Tropea” ha provato la validità della sua formula segnalando all’attenzione del grande pubblico numerosi autori e romanzi di qualità, capaci di travalicare anche i confini nazionali o di innalzarsi al rango di veri e propri casi letterari come è avvenuto per Roberto Saviano, indimenticabile vincitore della primissima edizione, o ancora per Carmine Abate, che proprio da qui ha trovato lo slancio per affermarsi al “Campiello”. Merito del gran lavoro compiuto negli anni dall’Accademia degli Affaticati, promotrice del Premio, e del suo presidente Pasqualino Pandullo. La Cerimonia finale di Premiazione è un appuntamento che rappresenta ormai da anni l’occasione per un incontro di cartello e reale fermento culturale, oltre che di spettacolo e di mondanità, alla presenza di alte cariche istituzionali oltre che di importanti personalità del mondo della cultura e del giornalismo. Anche quest’anno i titoli in selezione portano la vivida intelligenza di autori del calibro di Maurizio De Giovanni, Edoardo Albinati, Stefano Zecchi, Antonio Moresco e Benedetta Palmieri, solo per citare qualcuno dei nomi tratti dalla rosa in selezione. La modalità di scelta della terna finalista è tra l’altro una delle peculiarità più rilevanti (e trasparenti) del Premio Tropea: avverrà infatti in una seduta pubblica durante la quale è possibile partecipare assistendo allo scrutinio dei voti in presa diretta. Una volta selezionati i tre libri, avrà inizio il coinvolgimento della giuria popolare, composta questa da giovani studenti tropeani e membri dell’ “Accademia degli Affaticati”, voti che si andranno a sommare a quelli dei 409 Sindaci dei comuni calabresi chiamati a decretare quale delle tre opere si affermerà durante la finalissima del prossimo settembre. Oggi il “Tropea” è ritenuto uno tra i più importanti premi letterari nel panorama editoriale italiano, rafforzando più che mai il suo im-
Evento culturale innovativo che sa coniugare tradizione e innovazione Ha provato la validità della sua formula segnalando all’attenzione del grande pubblico numerosi autori e romanzi di qualità capaci di travalicare anche i confini nazionali
pegno nella sua natura partecipata, oltre che nel suo originario compito culturale. Nato come riconoscimento per promuovere il piacere per la lettura in una Calabria che legge ancora poco, ha poi stabilito un saldo legame con il territorio, offrendo così un sostegno concreto non solo alla promozione e alla diffusione del libro, secondo l’invito formulato dall’Assessore alla Cultura Mario Caligiuri che ha colto gli intenti del Presidente Giuseppe Scopelliti, ma anche ai processi di sviluppo civile ed economico oltre che di rafforzamento della legalità nell’intera regione. Questo l’elenco completo con l’indicazione della casa editrice e dei titoli\autori scelti: Einaudi Maurizio De Giovanni, Vipera, Einaudi, 2012 Falco Editore Lina Furfaro, Giuditta Levato, La contadina di Calabricata, Falco Editore, 2012 Feltrinelli Benedetta Palmieri, I funeracconti, Feltrinelli, 2011 Laurana Paolo Grugni, La geografia delle piogge, Laurana, 2012 Mondadori Edoardo Albinati, Vita e morte di un ingegnere, Mondadori, 2012 Stefano Zecchi, Dopo l’infinito cosa c’è, papà? Fare il padre navigando..., Mondadori, 2012 Antonio Moresco, La Lucina, Mondadori, 2013 Daria Bignardi, L’acustica perfetta, Mondadori, 2012 Pellegrini Sergio Aquino, Giustizia islamica, Pellegrini, 2012 Ponte delle Grazie Philippe Claudel, Profumi, inventario sentimentale degli odori di una vita, Ponte delle Grazie, 2013 Quodlibet Vito Teti, Il Patriota e la maestra. La misconosciuta storia d’amore e ribellione di Antonio Garcèa e Giovanna Bertòla ai tempi del Risorgimento, Quodlibet, 2012 Rizzoli Catena Fiorello, Dacci oggi il nostro pane quotidiano, Rizzoli, 2013 Tgbook Maria Concetta Preta, Il segreto della ninfa Scrimbia, Tgbook, 2012 Per tutte le altre info sul Premio: www.premioletterariotropea.org Contatto Facebook: Premio Letterario Tropea Contatto Twitter: @premio_tropea
sabato 18 maggio 2013
Passi di successo Molti giovani provenienti dal Sud Italia hanno partecipato alla manifestazione organizzata dal Csen a Lamezia
Cose di danza
L’11 giugno a Castiglione Cosentino
Stasera che sera Talent fest
Molti giovani atleti provenienti dal Sud Italia hanno partecipato al concorso nazionale “Cose di danza”. I giovani partecipanti hanno gareggiato, nella manifestazione organizzata dal Csen, presso il palazzetto dello sport di Lamezia Terme (Cz) sotto gli occhi di una giuria di tutto prestigio composta da Desirèe Fedeli-Sara SalvatoreIlaria Ibrisevic-Vito Bisceglie e Matilde Brandi. A rappresentare il capoluogo di regione la scuola di danza “Nuova Ariadne” che ha visto gareggiare i propri atleti nella Modern lazz under 10 con le allieve: Irene Scozzafava, Ilaria Turrà, Martina Rotella, Laura Alimondi, Giordana Miceli. A salire sul gradino più alto con il primo posto assoluto e il riconoscimento aggiuntivo da parte del Maestro Bisceglie le due allieve Irene Scozzafava e Giordana Miceli che hanno avuto il conferimento di una borsa di studio per il mese di luglio per un corso di danza con docenti internazionali. Per la categoria modern jazz over 17 gli allievi: Francesco Dolce, Maria Cristina Casaccio, Noemi Faustini, Sofia Funaro, Lara Bubba, Serena Polerà, Aurelia Celia, Clelia Tarantino, Jessica Startari e Giulia Guerrieri hanno ottenuto un ottimo secondo posto, in una delle categorie più competitive che hanno visto la presenza in gara di molti professionisti del settore. La categoria modern jazz under 14 assolo ha visto la partecipazione di Sofia Funaro, giunta terza, e Aurelia Celia giunta seconda, giovani allieve della scuola catanzarese che erano alla loro prima esperienza da soliste in competizioni nazionali. Ha conquistato il secondo posto per la categoria modern jazz over 17 assolo la giovane Giulia Guerrieri che è arrivata ad un soffio dalla vittoria stappando numerosi applausi al pubblico della manifestazione. Serena Polerà e Maria Cristina Casaccio hanno raggiunto il terzo posto per la categoria modern jazz over 17 Passo a due. In conclusione per la categoria hip hop over 17 assolo Noemi Faustini è arrivata terza gareggiando contro alcuni professionisti del settore ed essendo unica donna in un genere appannaggio esclusivo degli uomini. Tutte le coreografie sono state curate dalla professoressa Maria Concetta Faustini, con la direzione artistica di Grazia Faustini.
A salire sul gradino più alto le due allieve Irene Scozzafava e Giordana Miceli che hanno avuto il conferimento di una borsa di studio per il mese di luglio per un corso con docenti internazionali
Ritorna a Castiglione Cosentino lo show dei talenti... “stasera che sera talent fest”, seconda edizione, organizzato dalla Talent group. Giorno 11 giugno si terranno in piazza della Concordia le semifinali di quello che si preannuncia un grande successo. Trentacinque concorrenti provenienti da tutto il Sud Italia si sfideranno a colpi di note per aggiudicarsi un posto nella finale del 21 giugno sempre a Castiglione Cosentino piazza della Concordia. La data del 21 giugno sarà uno show nello show...oltre alla gara canora presentata da Deborah Rocco da Radio Sound e Simone Di Pasquale ballerino professionista da Ballando con le Stelle, ci sarà l’intrattenimento del cabaret, la moda, la danza a cura dei ballerini di domenica in “art show dance academy” di Giuseppe e Mafalda Ferraro. Special guest dell’evento da Centovetrine, le 3 Rose di Eva, Che dio ci aiuti...Luca Capuano il tutto condito da fuochi pirotecnicie tanto divertimento. Start ore 21, ingresso libero
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Il realismo magico dei suoi racconti A Capri V edizione degli incontri culturali promossi dall’associazione “Le Muse arte” di Cosenza
La serata omaggio alla musica napoletana Nella foto, musicisti relatori e presidenti associazione Le Muse, Centro “Cerio” e Rotary club Capri
Sulle tracce di Corrado Alvaro La V edizione degli incontri culturali promossi a Capri dall’associazione culturale “Le Muse arte” di Cosenza, diretta dalla attiva ed infaticabile dottoressa Myriam Peluso, in collaborazione con il Centro Caprense Ignazio Cerio e con il supporto del Rotary Club dell’isola, si è svolta sotto i migliori auspici nei giorni 26 e 27 aprile. Al seminario, dedicato allo scrittore calabrese Corrado Alvaro, di cui sono stati tracciati gli aspetti poetici, letterari e giornalistici, hanno partecipato con i loro interventi il giornalista Luciano Garofano, il professore Gerardo Gallo e lo scrittore Coriolano Martirano. Dopo i saluti della dottoressa Peluso sono intervenuti il presidente del Centro Cerio, Filippo Barattolo e il vicesindaco di Capri, Marino Lembo. Il primo ha sottolineato l’importanza della continuità dei rapporti culturali tra il Centro e l’associazione cosentina, il secondo ha molto elogiato l’alacre attività dell’associazione, che in pochi anni è riuscita a distinguersi nel panorama nazionale e associativo per la sua fervida attività culturale e la promozione del territorio calabrese.
La serata convegno su Corrado Alvaro I relatori Gerardo Gallo, Luciano Garfano, Coriolano Martirano, Myriam Peluso A destra, Filippo Barattolo, presidente centro “Ignazio Cerio”
Il seminario si è aperto con la prima relazione del giornalista Luciano Garofano che ha ricordato l’impegno giornalistico dello scrittore Corrado Alvaro, figura tra le più importanti della letteratura italiana del Novecento. Garofano ha messo in evidenza la collaborazione di Alvaro con diversi quotidiani e periodici di livello nazionale, attraverso i suoi reportage dalla Turchia e dalla Russia sovietica e con gli elzeviri, caratterizzati da un originale stile letterario. Egli ha riferito un giudizio di Giuseppe Rando dell’Università di Messina, secondo cui gli articoli di Alvaro hanno avuto una forte influenza sulle sue opere letterarie e la sua produzione novellistica. Ciò tenendo ben presente la differenza che passa tra la pagina di un romanzo e la scrittura di un articolo, come bene sottolineato dal critico letterario Walter Pedullà, anch’egli calabrese. Con dovizia di particolari, Garofano ha ricordato l’attività giornalistica di Alvaro durante e dopo il fascismo, svolta nelle redazioni dei maggiori quotidiani italiani, dal Resto del Carlino di Bologna, sui cui apparvero i suoi primi racconti, al Corriere della Sera di Luigi Albertini, da cui per incomprensioni sorte durante la collaborazione si licenziò, divenendo corrispondente da Parigi per il Mondo, e poi alla Stampa di Torino. Alvaro, per aver aderito al Manifesto degli intellettuali antifascisti subì varie ritorsioni morali e materiali, che lo gettarono nello sconfor-
Sono stati tracciati gli aspetti poetici, letterari e giornalistici dello scrittore calabrese
to per l’aperta e diretta opposizione di Mussolini, che temendo l’ostilità dello scrittore e ritenendolo erroneamente una spia, finì con l’emarginarlo. Garofano ha riferito dell’amicizia tra il medico e botanico Edwin Cerio e Corrado Alvaro, il quale più volte fu ospitato a Capri; i due ebbero un’interessante corrispondenza epistolare. Gerardo Gallo si è soffermato invece sull’opera letteraria dello scrittore di San Luca, che con il paese natale mantenne un distaccato rapporto, più geografico che sentimentale, sublimato però nei suoi racconti e nelle sue poesie. San Luca, luogo del dolore, dell’ingiustizia e della violenza che strazia, ma anche luogo mitologico, in cui si espresse e trovò forma il realismo magico della sua poetica. Gallo infine ha sottolineato come Alvaro sia stato considerato dalla critica non sempre nel modo giusto: se Michele Prisco colse la grandezza dello scrittore, Giuseppe De Robertis ebbe dubbi sulla qualità del narratore, fino a Croce che lo ignorò, con grave disappunto di Alvaro. Lo scrittore Coriolano Martirano ha presentato il suo ultimo libro, Il Luogo delle anime, in cui tra immaginazione e verosimiglianza, l’autore ipotizza che nella Sila (la selva oscura richiamata da Dante nella prima terzina della Commedia) vi sia il luogo delle anime in pena, che attendono di essere condannate o redente. Nell’ambito dell’evento, dal 20 al 29 aprile si è tenuta in una sala del Centro Cerio una collettiva d’arte con esposizione di opere delle pittrici isolane Patrizia Costante e Tiziana Ferraro e di altri noti artisti. Sono state oggetto di ammirazione anche le creazioni del maestro orafo Domenico Tordo di Cosenza. La manifestazione è stata allietata nella serata da un concerto di musica napoletana che ha visto all’opera il soprano Sabrina De Rose, la pianista Annalisa D’Astoli e la voce recitante di Ciccio De Rose. Nell’occasione si è istituito un gemellaggio tra il Rotary club di Cosenza, rappresentato da Coriolano Martirano e quello di Capri, nella persona del presidente Antonino Moccia, al quale è stata consegnata a cura delle associazioni Le Muse Arte e Calabria nel Cuore, una targa realizzata dall’artista Tordo, in segno di riconoscimento per la fattiva collaborazione che il Rotary ha svolto con le due associazioni.
sabato 18 maggio 2013
Talento infrangibile Da sabato 8 giugno il Castello normanno di Santa Severina (Kr) ospiterà una significativa collezione del maestro del vetro Silvio Vigliaturo
Il Giudizio universale trasparente
Vigliaturo al Salone internazionale del libro
Schegge di vetro anche tra le pagine di Torino
A partire da sabato 8 giugno 2013, la suggestiva sede del Castello Normanno di Santa Severina (Crotone), risalente all’XI secolo d.C., ospiterà una significativa collezione di opere dell’artista e maestro del vetro Silvio Vigliaturo. La mostra, a cura di Boris Brollo, promossa dal Comune e dal Rotary Club di Santa Severina, in occasione del suo decennale, è composta di venti lavori rappresentativi della produzione più recente di Vigliaturo, tra sculture, dipinti e una video-narrazione. Sono le grandi dimensioni a farla da padrone, in un’ottica di interazione con gli spazi imponenti e massicci della rocca di origine medievale voluta dal normanno Roberto il Guiscardo, che, nel 1075, conquistò il borgo di origine greco-bizantina di Santa Severina, ad oggi uno dei più belli d’Italia. Le sale del Piano Nobile del Castello ospitano una serie di tredici sculture di oltre due metri di altezza, che sono altrettante esemplificazioni di alcuni dei temi più cari all’artista: dalle figure eroiche, mitologiche e bibliche, ai Musicisti, sino agli Amanti. All’ingresso trovano spazio due Amazzoni con gli scudi in vetro e acciaio posati a terra. Si tratta di un omaggio che l’artista rende alla donna e alla sua forza, ritraendola in un momento di riposo ed esaltandone la femminilità attraverso la trasparenza del vetro che accende la lucentezza dei colori. Volgendo lo sguardo alternativamente nelle due direzioni opposte del percorso espositivo, il visitatore si trova posizionato su di una linea immaginaria che collega i personaggi totemici di Adamo ed Eva, situati ai lati opposti del Castello, ma sempre presenti l’uno nello sguardo dell’altra. Negli spazi che ospitano il Museo Archeologico trovano la loro sede altre tre sculture in vetro in cui riverberano le tematiche della donna-guerriero, questa volta personificata dalla Camilla del poema virgiliano, e degli Amanti. Infine, il percorso della mostra, che si giustappone a quello della visita del Castello che la ospita, trova il suo termine nella video-narrazione e nei tre dipinti di grandi dimensioni alloggiati nelle ex-scuderie. Il vorticoso e drammatico Giudizio Universale, che da il titolo alla mostra, un marasma di corpi che si fondono in macchie rosse, bianche e nere, offre il perfetto contrappunto alla vivacità cromatica e alle forme sinuose e trasparenti tipiche dell’arte scultorea di Silvio Vigliaturo. Silvio Vigliaturo Giudizio universale trasparente Luogo: Castello di Santa Severina Piazza Campo, 88832, Santa Severina (Kr) Curatore: Boris Brollo Periodo: dall’8 giugno all’8 settembre 2013 Orari: tutti i giorni, dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 20 Info: Ufficio stampa Maca Tel. 0119422568 info@silviovigliaturo.it; info@museomaca.it www.silviovigliaturo.it; www.museomaca.it
La mostra a cura di Boris Brollo promossa dal Comune e dal Rotary club di Santa Severina in occasione del suo decennale è composta di venti lavori rappresentativi della produzione più recente dell’artista tra sculture dipinti e una video narrazione
Silvio Vigliaturo, artista e maestro del vetro di fama internazionale, reduce dalla recente partecipazione alla mostra Contermporary glass art dell’Orlando Museum of art, celebrativa dei primi cinquant’anni del movimento Studio glass, e prossimo protagonista del Padiglione Tibet, prestigioso evento a latere della Biennale di Venezia, nonché della personale Giudizio universale trasparente - di cui si parla più ampiamente nell’articolo di apertura -, sarà presente, fino al 20 maggio, all’interno degli spazi del Salone del libro di Torino con due sculture in vetro di grandi dimensioni, distintive di uno stile unico caratterizzato dalla seducente flessuosità delle forme e dalla vibrante lucentezza dei colori. Le imponenti opere monolitiche trovano spazio in due luoghi distinti che rappresentano per l’artista altrettanti legami vitali, mettendone a nudo la doppia natura di italiano contemporaneamente del Sud e del Nord. Nato ad Acri, in provincia di Cosenza, Vigliaturo si è presto trasferito con la famiglia a Chieri, città alle porte del capoluogo piemontese dove tutt’ora vive e lavora nella sua bottega artistica situata di fronte al suggestivo Duomo gotico. L’artista, a cui, nel 2006, la città di Acri ha voluto dedicare un museo, il Maca, che ospita una collezione permanente di oltre duecento sue opere, tra dipinti e sculture, riveste simbolicamente i panni del collegamento tra il Piemonte e la Calabria, Regione ospite della XXVI edizione del Salone internazionale del libro. Proprio nello Stand Calabria trova spazio l’opera “Musica nuova per la Calabria”, un augurio e un’esortazione che l’artista rivolge alla sua terra natia perché essa continui sul sentiero del cambiamento e del rinnovamento culturale e sociale intrapreso negli ultimi anni e di cui il Maca (Museo arte contemporanea Acri) è tra i protagonisti più vitali, con il suo fitto programma di eventi di promozione artistica e territoriale e di mostre dedicate ai grandi maestri dell’arte del XX e del XXI secolo. L’anima piemontese di Vigliaturo è invece incarnata nel monolito Torre di Babele, in cui una serie di volti si sovrappongono l’uno all’altro, in un susseguirsi e mescolarsi di colori e nature che danno vita tanto a ogni singolo uomo quanto all’umanità intera. L’opera trova spazio all’interno dello stand della nota casa editrice canavesana Priuli & Verlucca, fortemente legata al territorio regionale, che, nel 2006, ha pubblicato un’ampia e curata monografia dell’artista, con testi, tra gli altri, dei critici d’arte Paolo Levi, Luca Beatrice, Andrew Brewerton e Rosa Barovier Mentasti. L’arte del vetro Silvio Vigliaturo al XXVI Salone internazionale del libro di Torino Musica nuova per la Calabria, presso Stand Calabria, padiglione 1 Torre di Babele, presso Priuli & Verlucca, stand L52-R134, padiglione 2-3.
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Il racconto Prima parte
Si raccoglievano i covoni di grano sciolti in mezzo all’aia che era uno spiazzo di terra bianca
Una allegra scampagnata di Giuseppe Aprile
Non si tratta della Pasquetta che facevamo andando in campagna il giorno dopo la Pasqua, per la ricorrenza tradizionale della festa della Resurrezione, e portando con noi ragazzi di paese, molto mangiare ed attrezzi da gioco quali la palla, i tamburelli, i cerchi con le racchette a punta. Parlo, invece, di quel giorno d’estate di moltissimi anni fa, circa trenta addietro, quando insieme alla zia Teresina, a suo marito, lo zio Peppinuzzo, a Don Carlo Chianese con la moglie Rosina e la figlia Tita, con mia sorella, mia madre e mio padre, abbiamo deciso di andare all’aia di don Carlo per rivivere il giorno quando si lavoravano i covoni di grano indurito dal sole e sciolti nel mezzo dell’aia facendo passare su di essi il peso della pietra tirata dai buoi che li riduceva a paglia, frantumando le spighe che si dividevano dai loro chicchi. Questi sarebbero stati raccolti in sacchi e portati nel granaio. A tempo debito portati al mulino; una volta portati al mulino con l’asino dello zio, sarebbero diventati la bianca farina per il pane, i biscotti, le pizze, i biscottini per il latte. Io, ragazzino, salivo sulla pietra e guidavo i buoi che la tiravano sotto la guida di mio padre o, comunque, di uno degli uomini presenti che governavano tutte le operazioni di lavoro. Raccoglievano i covoni di grano sciolti in mezzo all’aia che era uno spiazzo di terra bianca ricavata su un dirupo trasformato in largo piano, predisponevano i buoi, a volte anche il solo cavallo - l’asino non era molto adatto - perché girassero sull’aia portandosi dietro la pietra levigata che fracassava i covoni di grano riducendoli in paglia per poi levarla in alto, con il tridente che esponendo tutto al vento che tirava leggero, divideva la paglia dal grano che cadeva per terra al centro dell’aia dove veniva infine raccolto con un’apposita pala di legno nel mentre in un lato indicato dopo avere verificato per dove spirasse il vento, portata appunto dal vento di cui si studiava sin dal mattino la direzione, si ammassava la paglia formando una duna su cui continuavamo il nostro gioco saltellando e immergendoci in essa. Ci piaceva tanto il lavoro nell’aia al punto che tante volte, durante l’anno, tornavamo a gustare lo stare su di essa portandoci il mangiare composto da pasta asciutta, polpette di patate sparse di buon formaggio, pomodori ripieni, pane fatto al forno, olive di giara, vino delle vigne che allora facevano tutti i contadini in modo da servire per tutto l’anno riempiendo solitamente due botti di duecento litri per una. Quel giorno, ricordo, tutti ci siamo recati a passeggio verso il luogo dell’aia il cui padrone era don Carlo Chianese. Non distava molto dal paese e per tutto l’anno costituiva l’orto dove si coltivavano tutti gli ortaggi che servivano per la famiglia e per tanti parenti ed amici, vista l’abbondanza del raccolto. Era un vero e proprio divertimento andarci assieme, chiacchierare, fare belle risate al racconto di tanti avvenimenti che erano capitati nell’arco degli anni passati. Non tutti sapevamo in abbondanza, di quei racconti. Non tutti sapevano cogliere l’ironico, il farsesco o il drammatico dei fatti avvenuti. Chi ne sapeva di più passava per persona maggiorante intelligente e versatile. Mia sorella era una delle risorse migliori nel trattenere la comitiva in racconti caratteristici. Don Carlo diceva: «Meno male che c’è Rosetta che ci racconta. Io, in verità, non tanto ci faccio caso alle cose che avvengono. Fosse per me, neanche i fatti eclatanti rileverei. Rosetta sa, capisce a volo le cose, le registra nella mente ed è diventata la nostra narratrice. D’altro canto era una delle migliori a scuola, peccato che i suoi genitori non abbiano insistito a mandarla per prendersi il diploma e fare la maestra. Ci intrattiene a meraviglia!. Anche Tita sa, ma noi, gli anziani genitori, pur sapendo non avremmo la curiosità del narrare. Tanto, ci capitano di tutti i colori e tutto, per noi, è diventato normale, cosa quotidiana, abitudine generale». Aveva ragione don Carlo che aveva una particolare stima per coloro che sapevano e dicevano di storie paesane. In tutto il paese si faceva distinzione tra chi aveva l’abitudine di ritenere tutto banalità ovvietà, senza significato, ogni cosa che avveniva e coloro che, invece, sembravano dotate particolarmente di acume critico e dicevano sempre, raccontavano, ricordavano storie di
Ci eravamo dati appuntamento in mattinata, pronti per procedere verso il luogo prescelto
paesani e vicende; erano come in più larga esperienza, gli scrittori, Per tutti avvengono gli avvenimenti, pochi traggono motivi di racconto; alcuni da un episodio di vita, fanno composizioni da teatro. Quell’anno, lo ricordo come fosse ieri, la gita è stata tale che non l’ho più dimenticata. Proprio perché improvvisa, o forse perché la circostanza ci ha trovati particolarmente disponibili ad essere tutti insieme, o perché ci poteva essere stato un particolare momento di vita per alcuni o tutti noi, fatto sta che decidemmo una gita decisamente bella, da non dimenticare. Ci eravamo dati appuntamento in mattinata, tolte le primissime ore che ognuna delle nostre famiglie avrebbe dedicato per preparare roba da mangiare, chi una cosa e chi un’altra, e immediatamente pronti per partire, procedere verso il luogo prescelto dove avremmo rivissuto tutto il cerimoniale di una gita tra amici e la giornata dell’aia, meravigliosa e bella perché si trattava di un rito dove gli uo-
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Il racconto
mini svolgevano il maggiore lavoro pesante che riguardava la predisposizione dell’aia, degli animali, del levare in alto il grano con il tridente, di tutto quanto sarebbe servito per la separazione del grano dalla paglia, compreso il trasporto del grano pulito. I figli a divertire la comitiva con gioiosi momenti di racconti, di giochi, di passatempi che facevano godere per tutta la giornata la comitiva. Ed era, il tutto, una giornata meravigliosa per le nostre famiglie. Nel paese tutte le famiglie, le comitive di amici, facevano delle gite in campagna un loro preciso momento di gioia e di divertimento. Anche i maestri di scuola organizzavano le gite scolastiche in campagna. Era la festa dei ragazzi quando veniva annunciata la gita e tutti si predisponevano a divertirsi una volta arrivati al campo predisposto. Si andava a squadra, in fila per due, cantando, ridendo, proseguendo con grande cautela e molta allegria. I maestri ci guidavano, coglievano occasione per educarci, per guidare le nostre passioni di gitanti.
Si andava a squadra, in fila per due, cantando e ridendo in totale spensieratezza e allegria
Le campagne circostanti al paese erano spesso mete per le gite. E si distinguevano per le loro caratteristiche. Erano nominate perché avevano caratteristiche specifiche. C’era la Mante che era una collina dalla cui sommità si godeva un panorama di grandi dimensioni. Si apriva come un balcone su uno spiazzo di largo che comprendeva la marina e l’orizzonte che andava da punta Stilo e capo Bruzzano, con la visione dello specchio di mare immenso e incantevole che comprendeva tutto il litorale ionico. Si guardava e si ricordava sempre che quello era il luogo dove si era svolta, nell’antichità, tutta una attività di vita, di scorribande guerresche, di commercio, di vita marinara che aveva visto protagonisti i greci sbarcati in Calabria, nella zona oggi denominata Locride, dove avevano costruito la famosa metropoli col nome di Locri che i greci stessi avevano abitato per secoli lasciando tracce che oggi costituiscono i famosi scavi archeologici con resti che riguardano il famoso teatro greco-romano, il tempio di Persefone, le mura della città, i Dioscuri e tanti reperti che oggi sono in varie parti del mondo e molti restano custoditi nel museo appositamente costruito presso gli scavi di Centocamere e zone circonvicine, lungo la zona pianeggiante che rasenta la spiaggia del mare. D’inverno, sulla Mante, quando pioveva ci salivamo a costruivamo i pupazzi e le torri di neve. Bella è la zona Petti e tutti ricordano la poesia intitolata “Mio dolce colle Petti” che era stata composta dal bravissimo poeta, il cavaliere Attisani che in ogni circostanza recitava a ricordo della sua vita e del suo vigneto in detta contrada. Il cavaliere Attisani, io lo ricordo, era un uomo grassotto e di media altezza, appartenente ad una delle famiglie benestanti, che amava recitare poesie, sapeva parlare bene, aveva l’attitudine a costruire le onoranze funebri ad ogni conclusione di corteo verso il camposanto per accompagnare un morto. Proprio davanti allo spiazzo del cimitero, prima di fare entrare il feretro nella cappella dove il prete avrebbe portato l’estrema benedizione, il cavaliere Attisani si produceva in una onoranza fatta di adeguate parole che gli consentivano di celebrare il meglio della vita del personaggio ora diventato cadavere per “volontà del padre eterno”, come diceva, augurandogli un posto in paradiso, viste le buone opere che aveva fatto in vita, a favore di tutti i bisognosi e gli amici che a lui si erano rivolte. Meravigliosa era la veduta dalla montagna alla cui sommità era costruito il castello di Condojanni. Sicuramente la migliore visione di tutto il circondario del paese. Apprezzate erano pure le tante contrade che, pur non avendo panorami di rilievo di fronte, avevano ragioni non meno interessanti per venire, appunto, apprezzate. La contrada Rosa era bella perché molto abitata da contadini ed aveva grandi querce che producevano meravigliose zone d’ombra e frescura estiva. Era piena di case per cui una volta arrivati si aveva la sorpresa di visite di tanti amici che abitavano nelle vicinanze e spesso si univano arricchendo la compagnia di tante ragioni. Moravito aveva grandi vigneti e un casetta dove frequentavano i fratelli Capogreco, tenendola particolarmente pulita e circondata di fiori di ogni specie e colori vivi,che la adornavano per tutto l’anno. Verso Ciminà c’erano tanti bei luoghi di collina dalla cui sommità si godeva il panorama di Portigliola con il letto ghiaioso dell’omonima fiumara e, poi, il degradare delle colline verso il mare che costituivano una parete di oliveti con sparse querce e alberi di frutta. Verso Ciminà compariva a tratti il famoso Tre Pizzi: una montagna caratteristica perché formata da tre vette, a mò di torre, famose perchè in nessun altro posto si sarebbe trovata una composizione a torri, in quella maniera, delle colline. Si vedeva da quasi tutto il litorale jonico, il Tre Pizzi. Molto noti, belli a vedersi e molto lontane se non solo per gli abitanti di Ciminà, il paese posto ai suoi piedi. La contrada Luchina era caratteristica perché frequentata abitudinariamente da persone che in quei pressi avevano orti e giardini, uliveti e frutteti ed era meta di persone che non si curavano tanto del paesaggio, quanto dei contenuti della gita. Buoni pasti, belle conversazioni, buon vino, belle amicizie di lunghe tradizioni, comitive di sperimentata valenza. Tanti e tanti altri luoghi venivano spesso ricordati per caratteristiche che avevano e che costituivano attrazione per tante comitive. In maggiore consistenza erano luoghi dove i convenuti avevano ragioni abitudinarie di starci; magari perché vicini di terreni di proprietà loro e dei propri avi. La cosa consentiva il mantenimento di amicizie tra famiglie di antiche e indimenticabili abitudini. Lì si incontravano i propri genitori, i propri nonni, appartenenti a diverse generazioni e si raccontavano del passato delle loro famiglie e si mantenevano gli stessi gusti in materia di cibi preparati che si ritenevano da propagandare per le future generazioni. continua...
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sabato 18 maggio 2013
Le sue origini all’inizio del XX secolo Intervista allo scrittore Coriolano Martirano, che fa parte dell’organizzazione da circa 50 anni
A proposito di Rotary La notizia a dir poco strana e stravagante riportata dalla stampa quotidiana merita alcune considerazioni. Per avere precise notizie sul Rotary che è presente in tutto il mondo, abbiamo intervistato lo scrittore Coriolano Martirano che per fare parte di questa organizzazione da circa 50 anni, per esserne stato presidente nel club di Cosenza e per averne ricoperto la carica di governatore del 210° distretto comprendente la Calabria, la Lucania, la Campania e la Puglia ed ancora di più per essere l’autore di Filosofia rotariana, è il punto di riferimento, non solo locale, di quanti aderiscono alla organizzazione fondata all’inizio del XX secolo da Paul Harris. Di Rotary ne parliamo con Martirano nel suo studio al secondo piano del palazzo di famiglia nell’antica piazza dello Spirito Santo. Il Rotary cos’è? Forse è più opportuno dire quello che non è. E ciò maggiormente per smentire alcuni luoghi comuni. Quali? Prima di tutto quello che stravolge il Rotary come la mano operativa degli incappucciati del libero pensiero. Tant’e’ che le riunioni settimanali, come detta lo statuto, avvengono sempre in un albergo che è come dire senza alcuna segretezza e sotto gli occhi di tutti. Vale la pena sottolineare che la composizione dei club è riscontrabile negli annuari dove gli iscritti sono elencati con nome e cognome e nome della moglie, con la professione nella quale operano e soprattutto con il domicilio di casa e di ufficio. Un altro luogo comune? Quello di essere una cellula operativa antireligiosa e soprattutto anticlericale. Per annullare questo luogo comune è, tra gli altri argomenti, quello di avere conferito a sua santità il Pontefice di Santa romana Chiesa la massima onorificenza rotariana. Cito il particolare che con mano precisa Sua santità ha baciato la onorificenza e l’ha appuntata sul sacro manto. È necessario sottolineare che i rotariani sono profondamente convinti che la vera libertà non è tanto quella del pensiero quanto quella della fede in Dio e nella Chiesa che han dato e danno all’uomo la scelta tra il bene ed il male. Maggiore libertà di questa è difficile trovarla. A Cosenza quando è stato fondato il Rotary? Nel 1949. Fondato da Paul Harris, nasce in America nel 1905. Sbarca in Europa nel 1919 ed in Calabria per la prima volta a Cosenza alla fine degli Anni ‘40. Allo stato delle cose, Cosenza ha ben tre club: Cosenza, Cosenza Nord e Cosenza Telesio; in provincia è tra l’altro presente a Rende, nella Valle del Savuto, a Castrovillari, a Paola, ad Acri, ad Amantea, a Rossano, a Corigliano, a Trebisacce, a San Marco e a San Giovanni in Fiore. Come funziona un club? E, per essere più chiari, quali sono gli scopi del Rotary e quali gli obiettivi dei rotariani? Prima di tutto una precisazione. Il Rotary non è, non vuole e non deve essere una istituzione caritatevole. In questo campo sono attive organizzazioni della massima importanza. Ma il Rotary non è attivo per le piccole elemosine. In altre parole la vera funzione di un Rotary non è quella di racimolare fondi per finanziare tanto per fare un esempio, un restauro di un quadro... Per restare nella metafora: se quel quadro va in malora, il Rotary che fa? La risposta va al passato. Che cosa non ha fatto? Non ha collaborato alla formazione di quella onestà che impone precisi doveri a chi di competenza. Il Rotary agisce direttamente e pone come suo obiettivo e quindi come suo dovere e ne legittima la sua presenza nella società, non quello di finanziare il restauro di quell’ipotetico quadro bensì quello di formare la coscienza di chi è preposto a quel compito chiamato ad agire conseguentemente. Sempre per restare nella metafora: se quel quadro ha bisogno di un restauro sarebbe più facile e diventerebbe più concreto un pronto
È stato presidente nel club di Cosenza e ha ricoperto la carica di governatore del 210° distretto Autore di “Filosofia rotariana”
intervento del Rotary? oppure no? Decisamente no. Sarebbe più facile aprire la borsa e firmare un assegno, ma sarebbe una cattiva azione. In che senso? Nel senso che il Rotary diventerebbe complice della inefficienza della istituzioni preposte. Quindi... Quindi? So benissimo che fa più impressione nella pubblica opinione fare la colletta e finanziare il restauro. So altrettanto bene che è più difficile, ma è più esaltante, agire sulla coscienza di chi è preposto a quel compito. Una azione difficile ma necessaria ed esaltante. Per cui il Rotary vero non è quello che organizza una festa da ballo, raccoglie i fondi e poi li destina, che dire? per scavare un pozzo che risolva il problema dell’acqua in una sperduta regione dell’Africa. Il Rotary è nato, vive, ed avrà vita, solo se contribuirà a creare una classe dirigente che quel pozzo lo crei come diritto della gente e non come il residuo di una beneficienza. Una specie di apostolato? Non scomodiamo le parole grosse. Ma diciamo soltanto che il rotariano sa, o dovrebbe sapere che la sua adesione è un impegno quindi diventare rotariano non è un premio elitario, non equivale ad una comoda salita in un ascensore che porta in alto, non è, per dirla in una, una comodità che facilita la vita ma è un impegno a disposizione di un mondo che magari non conosciamo ma che certamente esiste e che ha bisogno di uno stimolo per essere se stesso.
sabato 18 maggio 2013
Pillole di fede Festival della Comunicazione nel 2015 nella città dei Bruzi
I giorni del linguaggio di Lucia De Cicco
La Settimana della comunicazione si è aperta l’11 maggio scorso e si è conclusa il 14 maggio, presso la libreria San Paolo di Cosenza, in collaborazione con la Diocesi cosentina e del settimanale Parola di Vita con l’annuncio dell’attuazione, nel 2015, del Festival della comunicazione, già aperto in altre parti d’Italia dalla famiglia Paolina. Una settimana intensa, che si è misurata con diversi istituti scolastici della città e delle cittadine vicine con classi di primo e secondo grado, ma anche con la scuola paritaria “Minni l’oasi dei bimbi” di Cosenza. In diffusione su i mezzi di comunicazione, radio e tv locali, e il servizio d’informazione nazionale e in collaborazione dell’assessorato alla Comunicazione del Comune di Cosenza. Dalle parole di don Enzo Gabrieli, direttore del settimanale Parola di Vita e direttore dell’ufficio comunicazioni sociali della Diocesi cosentina, ma anche di suor Cristina Beffa, la responsabile nazionale del Festival della comunicazione, il Vangelo si porta attraverso un seme lanciato, senza volere essere presuntuosi e professori nel farlo, attraverso la via del linguaggio, che sia chiara e diretta, della conoscenza, necessario è rendere visibile il messaggio, della solidarietà, si entra con cautela e aspettando i tempi dell’altro e dell’aggregazione, facendo sentire che il messaggio ha un contenuto in una persona e non in un’idea astratta, ma che è Cristo. Fattori questi che lasciano al territorio la possibilità di esprimere la loro antropologia, con l’emersione delle proprie caratteristiche culturali, sociali, religiose e in collaborazione dell’ufficio comunicazioni sociali della Cei e delle realtà sacerdotali del territorio. Rientra nella Settimana della comunicazione anche la Giornata della comunicazione sociale, che coincide con la domenica dell’Ascensione di Cristo. Giornata che presuppone la maturazione della fede, dall’accettazione e interiorizzazione del messaggio Cristiano e porta all’evangelizzazione. Riportiamo la testimonianza rilasciata al settimanale da suor Cristina Beffa.
«Cosenza risponde sempre con entusiasmo a questi eventi» afferma suor Cristina Beffa responsabile nazionale del Festival
Suor Cristina Beffa
Quando è importante, suor Cristina, la comunicazione per i Paolini? È la missione che abbiamo nella Chiesa cattolica e siamo sorti per evangelizzare e oggi, anche, attraverso i mezzi di comunicazione più celeri ed efficaci. Andiamo a incontrare le persone, là, dove esse si trovano e non ci accontentiamo del pulpito e del tempio. La comunicazione, oggi, è un fatto che ha valore nell’informatica, ed è nostra intenzione entrare nel mondo digitale anche con il messaggio evangelico. Il libro rimane tuttavia importante per la vostra formazione? È ancora fondamentale per noi Paolini per la riflessione che attraverso il libro passa ed è sempre un momento di approfondimento che il social network e il web non offrono. Il mondo digitale è una piattaforma, che ci mette subito in contatto con la notizia, ma poi si deve ricorrere sempre agli articoli che ci danno un forte contenuto di approfondimento. Rimane importante anche per i giovani, nel mio incontro con alcuni ragazzi delle classi secondarie di primo grado, in questa settimana, una sessantina di giovani, ho notato che quasi si vantavano di non leggere, questo è un grande dispiacere, e spero che lo abbiano fatto solo per scherzare. È indispensabile per un loro futuro, di adulti impegnati e responsabili che abbiano idee chiare sulle scelte civili che una società comporta e che dunque debbano per forza di cose approfondire le loro ricerche che passano attraverso i libri. Come ha risposto Cosenza all’idea di un Festival proprio qui nella città? È una città con una Diocesi sempre molto attenta alla settimana delle comunicazioni, che prende iniziative attraverso l’ufficio delle comunicazioni sociali, affinché si possa realizzare un qualcosa. A Cosenza però si vuole portare anche il Festival che è un evento più ambio rispetto alla sola settimana e che possa coinvolgere tutte le strutture cittadine. È importante il supporto dell’amministrazione comunale della città, poiché il Festival ha necessità di locazioni adatte, dalle piazze ai teatri, alle sale cinematografiche. Di certo richiederà finanziamenti, poiché, un Festival ha dei costi, ma tuttavia avere agevolazioni come i permessi di locazione degli eventi è già importante.
XXI
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sabato 18 maggio 2013
Una vita per gli ideali di libertà Il ricordo di Maria Bonadies da parte del sindaco di Castrovillari Domenico Lo Polito
Semplicità umana indimenticabile È impossibile dimenticare la vita e le capacità della compagna Maria Bonadies, la centenaria figlia di Castrovillari che, all’onorevole età di 100 anni e passa, si è spenta serenamente nella sua abitazione. Una donna indimenticabile per il suo grande impegno nel sociale, come comunista e come cittadina, appassionata agli ideali di libertà, democrazia e solidarietà, arricchiti da una semplicità umana che l’ha sempre caratterizzata, rendendola anche unica, negli Anni ‘50, inizialmente nelle lotte per rivendicare le terre ai latifondisti e poi come una delle prime donne a rappresentare la città in consiglio comunale. Una testimonianza femminile importante, che questa amministrazione e la città vogliono ricordare per sottolineare anche il grande senso di responsabilità che l’ha accompagnata nel mai perdere di vista il bisogno, il disagio e la sofferenza di chi era più debole, a partire da quel rispetto per la dignità umana per il quale ha sempre combattuto, connotandola come un esempio da seguire. È con questi sentimenti che a nome e per conto della comunità castrovillarese sono vicino ai suoi familiari, consapevole, più che mai, che persone di questo tipo sono un valore per la storia democratica del capoluogo del Pollino e per quella crescita che vogliamo costruire.
Una testimonianza femminile importante, che questa amministrazione e la città vogliono ricordare per sottolineare anche il grande senso di responsabilità che l’ha accompagnata nel mai perdere di vista il bisogno, il disagio e la sofferenza di chi era più debole, a partire da quel rispetto Maria per la dignità umana per cui Bonadies ha sempre combattuto
Domenico Lo Polito, sindaco di Castrovillari
Una buona notizia dalla Fondazione Tommaso Campanella
Nuova arma contro i tumori della testa e del collo In tempi in cui la sanità calabrese balza troppo spesso all’attenzione mediatica nazionale per notizie negative, capita di imbattersi in realtà che ci lasciano ancora credere nelle capacità assistenziali delle strutture ospedaliere della nostra regione. Questo è ancor più importante quando, protagonista di una buona notizia, è proprio uno staff medico della Fondazione per la cura dei tumori “Tommaso Campanella”, il noto Polo oncologico, insomma, che negli ultimi mesi è stato ed è ancora al centro di un grande dibattito politico e sociale. Nell’incertezza politica ed amministrativa, infatti, la ricerca oncologica avanza, seppur a piccoli passi, avvalendosi di contributi mutuati da diverse discipline che negli ultimi anni si intersecano con la pratica clinica: dalla fisica alla biologia molecolare, dalle nanotecnologie alla robotica. Recentemente è stata sviluppata una innovativa procedura di trattamento, l’elettrochemioterapia, che rappresenta una nuova arma a disposizione del medico per sconfiggere il cancro quando la chirurgia, la chemioterapia e la radioterapia hanno ormai fallito. Insomma, una concreta e ultima speranza per tanti pazienti che quotidianamente si rivolgono alle strutture pubbliche per ottenere risposte ai loro bisogni di salute. Già in uso presso la Fondazione Tommaso Campanella per il trattamento dei tumori della mammella e della pelle, l’elettrochemioterapia è ora disponibile anche per il trattamento dei tumori del distretto testa-collo, grazie al contributo dell’Unità Operativa di Otorinolaringoiatria diretta dalla prof.ssa Eugenia Allegra. L’esperienza acquisita dall’equipe di Otorinolaringoiatria, attraverso la collaborazione con altri centri italiani e la disponibilità di una strumentazione specialistica di ultima generazione, rappresentano una grande opportunità per i pazienti calabresi di ricevere in loco terapie antitumorali all’avanguardia evitando gli inutili e costosi “viaggi delEugenia la speranza”. Quei “viaggi” a cui molti hanno fatto sempre riferimento. Allegra «La tecnica innovativa - spiega la prof.ssa Allegra - si basa sulla infusione di un farmaco citotossico che, previa stimolazione elettrica del tessuto tumorale, è in grado di penetrare all’interno delle cellule, in misura 8000 volte superiore alla norma. Ciò avviene grazie alla “dilatazione” dei pori presenti sulla membrana cellulare, sollecitati dalla elettrostimolazione». I vantaggi sono diversi: il trattamento si può effettuare in regime di Day Surgery e consente il più delle volte di tornare a casa in tempi brevi; non preclude ulteriori trattamenti ed è privo di effetti collaterali, migliora la qualità di vita del paziente. «In considerazione dei successi ottenuti - aggiunge la prof.ssa Allegra - le indicazioni si vanno sempre più ampliando e ci auguriamo di poter estendere questa metodologia ad una più estesa tipologia di neoplasie del distretto testa-collo». Per una valutazione clinica ORL ci si può rivolgere ai numeri 0961/3647323-4 dal lunedì al venerdì, dalle ore 8 alle 13. La Fondazione Campanella continua, insomma, a far parlare di sé. Questa volta, per fortuna, in senso positivo a livello nazionale. Vincenzo Ursini
sabato 18 maggio 2013
XXIII
1° trofeo Kenshin bobo Centro-Sud
Piccole leve crescono
Intervista al maestro Angelo Antonio Torre, consigliere nazionale Fikta a cura etti di Carmelita Brun
La prima manifestazione di karate-do dedicata ai piccoli dai 6 ai 14 anni di tutto il Sud, si è svolta il 12 maggio a Barletta, presso il Paladisfida. Fra le altre regioni meridionali la partecipazione della Calabria è stata un’ottima riuscita nelle gare competitive con gli altri atleti. Portano a casa la vittoria le 14 piccole leve del maestro Domenico Francomano (palestra di Francavilla Marittima) classificandosi con 6 medaglie d’oro: Francesco Rago, Francesco Rago del 2002, Mattia Pagano, Simone Luparelli, Sindey Minervini, Nicola Pesce; 2 medaglie d’argento: Leonardo Minervini, LorenzoPesce; 2 medaglie di bronzo: Maria Amoroso, Miriam Gugliotti; altri posti pari merito vanno a Simone Bloise, Vincenzo Corsino,Giuseppe Rago, Salvatore Massa. Hanno dato soddisfazione anche gli allievi del maestro Antonio Ruscelli dell’Asd Center karate-do di Cassano allo Ionio conquistando una medaglia d’argento con Alessio Cosentino, due posti Katia Ruscelli e Melania Adduci. Per sapere di più sulla situazione attuale del karate nel Sud e sull’importanza di un’attività formativa disciplinante come questa incontro, dopo le gare, per un’intervista il maestroAngelo Antonio Torre, consigliere federale della Fikta (Federazione italiana karate tradizionale e discipline affini). Cosa pensa di questa prima manifestazione? Oggi è stata la prima manifestazione pilota di altre che ne seguiranno, non nego che ci sono state delle difficoltà iniziali soprattutto al momento della stesura dei tabelloni di gara, ma grazie ai responsabili nazionale del maestro Campini e degli arbitri nazionali maestro Giorgio Gazch siamo riusciti a fare un buon evento. Questa gara ha inoltre un regolamento differente dalle gare che normalmente siamo abituati a fare e pertanto abbiamo dovuto sistemare anche questo aspetto.
Questa di Barletta è la prima manifestazione di karate-do dedicata ai piccoli dai 6 ai 14 anni La Calabria ha fatto la sua bella figura
Gli arbitri con il maestro Francomano Sotto, la mascotte della manifestazione
Come si sono comportati gli arbitri? Gli arbitri sono stati tutti molto attenti, il livello tecnico degli arbitri del CentroSud è molto cresciuto, sono molto migliorati. Aggiungo, inoltre, che la presenza in Calabria del maestro Vignoli e Beppe Perlati ha contribuito ad elevare il livello tecnico e arbitrario. Il Sud rispetto al Nord è meno attento all’attività del karate; pensa che in futuro la situazione cambierà? Alcune regioni come la Puglia sono notoriamente avanzate nell’atletica perché abbiamo atleti di livello mondiale. Riguardo le altre regioni del Sud Italia vediamo che si stanno via via livellando alle altre realtà meridionali. Un buon esempio è la Calabria. E di questo dobbiamo rendere merito alla Federazione e al maestro giapponese Hiroshi Shirai, presidente della Federazione nazionale Fikta, che ha avuto la lungimiranza nel dare spazio all’attività nel Centro-Sud d’Italia con l’invenzione del campionato Centro Sud d’Italia con la prima edizione a Corigliano, ospitata dalla regione Calabria e della Coppa shotokan Centro/Sud. La federazione insieme al maestro Shirai hanno voluto migliorare l’attività nel Sud che penalizzata dalle distanze territoriali va avanti con difficoltà e che vedeva tanti atleti meritevoli non riuscire a conquistare grandi risultati per questo motivo. Basti pensare che un atleta della Lombardia va a Bologna in due ore noi della Puglia ne impieghiamo il doppio. Sono stato tanti anni responsabile della Puglia e quindi conosco molto bene le difficoltà per non parlare delle difficoltà della Calabria e della Sicilia con lo stretto da attraversare... Le piccole leve meridionali come le vede? Saranno il nostro futuro più luminoso? Sì, credo che loro siano la nostra speranza e i genitori sono davvero ammirevoli, un grosso ringraziamento va a loro. Speriamo che ci sia una buona attenzione anche da parte degli organi di stampa come Lei che si rende disponibile. Che si interessino sempre di più a questa attività anche gli enti pubblici e gli sponsor supportandoci.