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numero 12 - Anno 12 Sabato 23 Marzo 2013

settimanale d’informazione regionale

Voce Devianza giovanile, quel malessere ai giovani che si sente ma non si vede www. mezzoeuro.it

L'esorcista di Crotone, aglio, olio e fatture a pagamento

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Sabato 23 Marzo 2013

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Il legno storto Silvio Berlusconi

Il Cavaliere agiterà la piazza La minaccia dell’escluso Senza l’incarico di governo, fuori dalle più alte scelte istituzionali fino alla Presidenza della Repubblica (vi sarebbe una «occupazione Mezzoeuro militare» di tutte le cariche), il Cavaliere, emarginato, Fondato da Franco Martelli inseguito da imminenti dure sentenze, mastica rabbia, odio, Ediratio vendetta; non tollera di essere messo ai margini, vuole Direttore responsabile Domenico Martelli organizzare in opposizione extraparlamentare tutto il consenso Registrazione ricevuto, e dalla piazza riempita da seguaci trasportati da qui Tribunale di Cosenza n°639 e da lì (vi sarebbero, a Roma, nientemeno che duecentomila del 30/09/1999 militanti) dai vari colonnelli, lanciare un grido di battaglia Redazione e amministrazione assieme alla truppa dei parlamentari, come nel caso via Strada Statale 19 bis, 72 87100 Cosenza della occupazione del Tribunale di Milano in difesa Responsabile settore economia del «perseguitato dalla giustizia». Si vedrà l’esito di queste Oreste Parise intimidazioni rivolte soprattutto a chi ha il maggior peso Progetto e realizzazione grafica delle decisioni (per la formazione del governo e la elezione Maurizio Noto del Capo dello Stato), ma si può fin d’ora prevedere che se telefono 0984.408063 fax 0984.408063 esasperano l’opinione pubblica, se aggravano una situazione e-mail: ediratio@tiscali.it che non ha molte vie di uscite, denotano anche l’esasperazione Stampa di un Capo che cerca rivincite, che pensa di usare la forza Stabilimento tipografico De Rose, Montalto (Cs) che una buona parte del popolo italiano gli ha dato per tenere Diffusione a bada tutti, per soverchiare, per impedire che si faccia quello Media Service di Francesco Arcidiaco che in ogni caso si può fare senza di lui. A giorni vedremo. telefono 0965.644464 fax 0965.630176 Non vi sono “impedimenti” per il Cavaliere che, salvo nelle aule Internet relations N2B Rende dove si celebrano i suoi processi, può trovarsi dovunque Iscritto a: a guidare i manipoli di fedeli serventi che fuori del Parlamento Unione Stampa Periodica Italiana sanno farsi sentire con peana a Silvio e ingiurie in tutte le direzioni per magistrati e comunisti. Per le agitazioni di piazza non mancano le parole d’ordine, le urla di guerra: contro le associazioni mafiose dei magistrati, contro la sinistra n. 12427 che diffonde la “invidia sociale” editore

di Franco Crispini

Il Cavaliere non ha molte armi per sfruttare tutti vantaggi che ha avuto da una rimonta elettorale che è tutta opera sua, delle sue atri di commediante, della sua abilità comunicativa, della conoscenza profonda che ha degli istinti e delle propensioni materiali di un popolo bambinone e scanzonato, per di più non trascura le botte che possono venirgli dalle conclusioni dei processi, e dunque mobilitare un elettorato che si è lasciato ancora una volta abbindolare può essere un modo per indebolire il quadro politico, farlo franare verso un punto in cui tornare al voto elettorale diviene l’unico sbocco possibile. Ovviamente il Cavaliere sull’onda delle pressioni della piazza, con sondaggi che di nuovo lo vedono vincente, vuole giocare la carta finale: spappolare il 10% di Monti, assorbire quella percentuale (minima) di voti che lo distanzia da Bersani, tornare ad essere il primo Partito (sono ovviamente conti senza l’oste, senza Grillo). Rimanere a lungo “escluso” è per il Cavaliere un insopportabile smacco, una vera ferito alla sua fama di invincibile; egli sa che in questo momento non può vincere alcuna battaglia in Parlamento, gli occorre dare un segno visibile della grande quantità di popolo che lo segue, ed è per questo che scendere in piazza, raccogliere applausi,ascoltare l’inno del “Meno male che Silvio c’è”, non solo gli dà l’ebbrezza dell’eterno condottiero, ma lo convince meglio che sta dando la “spallata” necessaria per far crollare quel che gli sbarra la strada. La si potrebbe considerare una vera allucinazione questa, se non si tenesse presente quanta suggestione esercita sulla gente lo spettacolo di una folla osannante che chiede giustizia per il proprio idolo e ne invoca la guida benefica, imprecando contro quanti complottano per sbaragli il passo che lo deve portare ad assicurare un saggio governo per il Paese. Questo tipo di acclamazioni sono, dopo l’espressione del voto elettorale, una altra conferma cercata per rendere più solenne la investitura a portatore di una ineccepibile sovranità popolare in nome della quale non vi possono essere dubbi sulla integrità etica e politica del Cavaliere. Non mancherà certamente il modo di orchestrare la rivolta di piazza nei suoi significati più estrinseci ed immediati: un governo di “concordia nazionale”, un salvacondotto per il Cavaliere, una amnistia. Sicuramente, di contro alla mossa piazzaiola del Duce, vi sarà una qualche altra manifestazione per chiedere l’applicazione della Legge 1957 sulla ineleggibilità che toglierebbe di mezzo, e sarebbe ora, proprio Berlusconi. Un grande tumulto dunque di rabbie e odi ed è difficile stabilire se il Cavaliere dalle pressioni ricattatorie che ne uscirà meglio o peggio di come è combinato ora.


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Sabato 23 Marzo 2013

Cocciutaggine emiliana

Appesi

al segretario Non ha voluto sentire ragione, o forse proprio la ragione gli ha consigliato così fino all’ultimo. Pierluigi va avanti, fino in fondo. Nonostante tutto e probabilmente nonostante lo stesso Napolitano che non è dato sapere se per preservarlo o per preservare la griffe di partito quell’incarico, quest’incarico ricco di incognite e retroscena, non voleva e non vuole darglielo. Ma gli toccava l’esplorazione che lui, il leader emiliano cocciuto e impettito della sua terra, non vuole neanche che si chiami così. Ma di esplorazione si tratta perché Napolitano è stato chiaro, a suo modo. Prima di mandarlo alle Camere vuole su carta e penna lo schemino dei voti certi ed esigibili, come si dice in banca a proposito di un credito da scontare. In assenza di numeri incoraggianti è tutta da verificare la disponibilità del presidente della Repubblica di mandare il leader del Pd ad un voto a sentimento, a casaccio. Alla roulette russa dell’ultimo voto utile per spuntarla, sotto schiaffo di chissà quale ricatto politico incrociato. A questo gioco Napolitano, come è ormai evidente, non ci sta. Anche perché la sottile ma sostanziale differenza che c’è tra un incarico (esplorativo o meno) e una nomina è la seguente: con la nomina (che ora non c’è e che non si sa se arriverà) l’aspirante premier va alle Camere e se viene bocciato rimane comunque per gli affari correnti a capo di un esecutivo tutto da decifrare. Ed è proprio questo che non vuole Napolitano. Per svariate ragioni che vanno da un Parlamento che poi lui non può sciogliere perché nel semestre bianco ad un successore non facilmente individuabile con serenità in un clima da fuggi fuggi parlamentare. In mezzo, in mezzo al cuore del Capo dello Stato, le sorti stesse di un partito che rischierebbe di giocare in malo modo e in fretta tutte le sue fiches di potere senza ricevute di ritorno, senza garanzie. Napolitano in buona sostanza e per la legittima parte politica del suo operato (atteso che quella istituzionale lo ha visto indiscusso protagonista in tutto il settennato) tiene ben custodita la preoccupazione di dover riconsegnare il Paese proprio a quelle forze a cui, lecitamente e con tanto di virgolette, lo aveva “sottratto” nel novembre del 2011. Il progetto Napolitano, che è civico ma anche popolare e democratico e infine ma non per ultimo politico, rischierebbe così di uscire con le ossa rotte se Bersani va a sbattere e porta con sé, contro

Mario Olverio in un recente incontro con Pierluigi Bersani

Bersani a testa bassa nonostante tutto e forse nonostante lo stesso Napolitano. In gioco il destino immediato del Paese ma anche la tenuta di un partito, il Pd appunto, che vive in queste ore scosse importanti di assestamento. Anche in Calabria ovviamente il muro, tutto il Pd (che è poi l’ultimo dei partiti intesi in quanto tali in giro, prima di cedere del tutto le armi a formule sudamericane o marziane del consenso). Questo è l’incubo di Napolitano e si capisce perché è il suo il volto più scuro quando esce dalla stanza con Bersani dopo ore di colloquio. Il leader del Pd no, è stanco ma raggiante. Persino fiero come uno studente prima di un esame che sa di aver studiato. Quella fierezza che confina con la cocciutaggine e che fa parte del bagaglio degli emiliani che, come lui, pompano adrenalina di governo. Da Errani a Migilavacca i consigli che arrivano al leader sono di battaglia e si procede così. Da un lato loro, i tortellini, dall’altro i “giovani turchi” Orfini, Fassina e Orlando e il gioco è fatto. Si va allo scontro ma non sarà gratis. Con l’intifada interna appena sopita dopo il voto (quella con Matteo Renzi per intenderci) tutto il Pd e a tutti i livelli, per non dire del Paese intero ovviamente, sono lì ad attendere notizie. Non fa eccezione, né potrebbe farne, la Calabria. A cominciare da un congresso regionale urlato e pompato sui giornali che diventerebbe risibile se si creassero le condizioni per un immediato ritorno al voto politico nazionale. Con questa legge e con questi uomini e con queste precarietà ci si andrebbe, compreso ovviamente lo stato comatoso e commissariale del Pd di Calabria. E poi gli equilibri, i delicatissimi equilibri interni tutti da definire. Se Bersani sfonda con la sua linea, inutile sottolinearlo, la distribuzione del potere anche in

una regione periferica come la nostra finirebbe per conoscere un percorso tutto sommato prevedibile. Non scontato però, attenzione. Perché Bersani sa per primo che se gli toccherà governare gli toccherà anche contemporaneamente mettere mano, o farla mettere per conto terzi, al partito. Ma fino ad un certo punto però ed è per questo che determinati meccanismo consolidati non salteranno del tutto. Ne uscirebbe rafforzato il commissario D’Attorre, che potrà anche scegliere se uscire di scena ma con modi e tempi a lui non ostili. E ne uscirebbero rafforzati tutti quelli che sotto la sigla del segretario s’erano spesi fin qui a cominciare dal presidente della Provincia di Cosenza Mario Oliverio. Rafforzati non vuol dire certo messi al sicuro, ma in un certo qual modo la strada da seguire anche in Calabria difficilmente sarebbe diversa nella sostanza da quella che si può prefigurare. Al contrario, se Bersani affonda e va a sbattere, lo scenario può cambiare anche decisamente. Al leader correnti ostili e che stanno crescendo gli farebbero pagare subito il prezzo che lui rischia di far pagare al Pd e questo si tradurrebbe, magari subito, in un cambio di marcia e di guida. A cascata si potrebbero aprire scenari al momento inimmaginabili anche in periferia, in Calabria per esempio. Dove sono in corso manovre di consolidamento poco serie nell’area cosiddetta Renzi, una sorta di mezzo piede da una parte e mezzo dall’altra. In altre parole non è avventuroso individuare in queste ore pezzi importanti, e anche meno importanti del partito, che stanno tentando di aprirsi una porticina verso il possibile futuro, verso Renzi. Come dire, ci sono anche io per il prossimo giro del potere. Renziani della prima ora, con annessi figuri decisamente improponibili se non inconsistenti assieme ad altri che invece sostanza ne hanno ma che stanno nell’ombra, e renziani per così dire d’avventura. Pronti ad una nuova avventura, a patto però di farsi trovare già in squadra. Il tutto a 700 chilometri da Renzi che tutto può immaginare tranne che qualcuno in giro stia vendendo per conto suo le sue magliette. Questo, anche questo in un momento così delicato, è il rischio del “gioco Bersani”. O la va o la spacca. Da ministro sembrava uno che non amava giocare a poker. Gli sarà piaciuto strada facendo.

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Teatro Rendano di Cosenza VenerdĂŹ 5 aprile alle ore 21,30


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Sabato 23 Marzo 2013

Per lui il tempo si ferma

Il senatore Gentile nell'ufficio di presidenza del Senato Nell'era in cui le altre griffe spariscono la sua rimane un punto fermo. E non tutti dalle nostre parti, e dalla sua parte, brindano...

Tonino

sempre Tonino Spariscono letteralmente dal firmamento ex segretari di partito, ex ministri. Non c’è più Fini, Di Pietro. Non è entrato Ingroia, l’ex sottosegretario Polillo, tanto per dirne un paio. Per un pelo rimaneva fuori pure Casini ma lui no, lui c’è sempre e c’è sempre di più. Non rischiava la non elezione considerata la posizione occupata in lista ma l’esilio politico sì, visto il clima. Ma niente da fare. Tonino Gentile non conosce curve pericolose nella sua parabola parlamentare all’interno del complesso mondo azzurro berlusconiano. Ritorna al Senato e ci ritorna questa volta con un incarico di assoluto prestigio oltreché di peso. Farà parte dell’ufficio di presidenza, quell’enclave ristretta e ambita che negli ultimi giorni il circo mediatico ha riscoperto nella sua centralità dopo l’assalto dichiarato di Beppe Grillo alle postazioni chiave delle due Camere. In piena era del “conteremo pure le matite” (così Grillo a proposito delle stanze dei bottoni) ecco Tonino Gentile. Un nome, anzi un cognome, per niente nuovo nel palcoscenico della politica di professione. Evidentemente però col partito giusto e le amicizie ancora più giuste a soffiare dietro le sue spalle. Il partito e le amicizie, già. Lui, Gentile, da sempre ci mette i voti anche se stavolta il colore azzurro non è che abbia brillato poi tantissimo in provincia di Cosenza e gli altri, il Pdl e le stanze giuste a Roma, fanno il resto. «Sono grato al presidente Berlusconi e al segretario Alfano, nonché a tutti i colleghi del gruppo per l’onore riservatomi con l’elezione a segretario dell’ufficio di presidenza del Senato. Spero di poter essere all’altezza della fiducia da loro accordatami e posso rassicurare tutti sul fatto che interpreterò questa funzione, cosi com’è accaduto in altri ruoli istituzionali, con il massimo rispetto e senza alcuna partigianeria, nell’interesse esclusivo dell’assemblea e della cittadinanza». Così Tonino Gentile che, come è noto, non è mai stato generoso con la dialettica. Ma tanto basta, e per lui avanza. Certo da ora in poi non poche cose sono destinate a mutare nei rapporti interni al Pdl di Calabria. Alcune sono destinate a consolidarsi, altre a “frenarsi”. Non è sconosciuta ormai a nessuno per esempio la concorrenza interna al centrodestra calabrese che vede proprio contrapporsi da una parte la cordata guidata da Tonino Gentile e dall’altra quella che fa capo al governatore Scopelliti. E se alla conta dei voti il giorno dopo le elezioni era stato ed è a conti fatti que-

Tonino Gentile

st’ultimo a brindare (con tutti i suoi uomini di fiducia eletti in Parlamento) con la nomina nell’ufficio di presidenza del Senato ora è la “squadra” Gentile a festeggiare. Diciamo che non c’è un soccombente tra i due blocchi, per ora. Ne hanno di che rallegrarsi entrambi. Ma i due, Scopelliti e Gentile, godono di una considerazione e di un peso diverso all’interno del vertice nazionale del Pdl. Per brevità di sintesi diciamo che se non crolla o se addirittura si rafforza nell’immediato il peso elettorale diretto di Berlusconi il “nostro” Tonino può dormire sonni più tranquilli. Se viceversa il complesso mondo del centrodestra nazionale prenderà prima o poi strade più alternative, nuove, articolate, allora sarà il governatore a mettere la freccia. Si vedrà, è troppo presto ora per fare previsioni. E a poco serve sottolineare che il giorno dopo la nomina di Gentile è a tarda sera che si registra il commento proprio di Peppe Scopelliti... «È il giusto riconoscimento - ha detto - a chi in questi anni si è contraddistinto per aver lavorato seriamente a palazzo Madama. Un ruolo ottenuto per la sua grande esperienza politica che saprà interpretare con equilibrio e con quella dose di concretezza che ha caratterizzato la sua attività. Sono perciò felice per l’elezione del senatore Gentile. Un dimostrazione della effettiva forza della deputazione parlamentare calabrese. Una deputazione che certamente, ne sono convinto, darà risultati importanti per il nostro territorio». Prima di lui, prima del governatore, era stato il turno di Caridi, assessore regionale alle Attività produttive, neo eletto senatore, il quale ha manifestato - informa una nota dell’Ufficio stampa della Giunta - il proprio compiacimento per l’elezione del senatore Antonio Gentile a segretario dell’Ufficio di presidenza del Senato. «Si tratta - ha detto - di un riconoscimento che gratifica l’intera deputazione calabrese e conferma il ruolo di primo piano che gli esponenti regionali, sapientemente guidati dal coordinatore Scopelliti,

hanno saputo guadagnarsi nel contesto del centrodestra nazionale. Una scelta che testimonia come il senatore Gentile abbia saputo farsi apprezzare nell’arco della sua carriera di parlamentare e Sottosegretario dimostrando quelle capacità di politico sensibile alle esigenze del territorio e, nel contempo, attento alle alte funzioni istituzionali che sono connesse al suo incarico». Secondo l’assessore Caridi «il senatore Gentile fornisce ampie garanzie rispetto alle responsabilità rilevanti alle quali è stato chiamato con la nomina a segretario dell’ufficio di presidenza. Al collega ed amico Gentile, che è stato apprezzato capolista in Calabria ed è vice coordinatore regionale del Pdl, l’assessore Caridi assicura che non mancherà il supporto e la collaborazione degli altri eletti per confermare, in una sede autorevole come l’aula di palazzo Madama, la valenza e le capacità dei parlamentari calabresi eletti nella coalizione che il coordinatore regionale Giuseppe Scopelliti ha portato ad una significativa affermazione». «L’avvenuta elezione del senatore Antonio Gentile quale segretario dell’Ufficio di presidenza del Senato rappresenta un giusto riconoscimento che premia il lavoro da lui svolto in questi anni tra i banchi del parlamento e negli incarichi di Governo ricoperti». Così invece il consigliere regionale del Pdl Salvatore Pacenza, che aggiunge: «Il senatore Gentile in questi anni ha dimostrato di essere attento alle esigenze del Mezzogiorno e della Calabria, cogliendone le criticità ed attuando quei percorsi utili a superare le difficoltà ed aprire prospettive nuove di sviluppo per il territorio. L’esperienza maturata e gli importanti risultati raggiunti nelle diverse legislature - conclude Pacenza - consentiranno al senatore Gentile di svolgere in maniera egregia il suo nuovo incarico, con spirito di servizio, nell’interesse esclusivo del Paese e dei cittadini».

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Scopelliti e lo Scudocrociato (o quello che rimane) di Gino Trematerra I destini s'incrociano a Lamezia e si giurano fedeltà più o meno eterna Così vuole il governatore gli fa gioco

Ci ameremo più di prima Pdl e Udc, vicini e lontani, perfino nel giorno della convocazione delle riunioni per l’analisi del voto. La lunga giornata lametina comincia con la riunione del gruppo regionale del Pdl nel corso della quale il governatore Peppe Scopelliti illustra ai suoi il piano di rilancio dell’azione amministrativa della maggioranza alla guida della Regione più azzurra d’Italia. Con gli occhi puntati, tra l’altro, proprio all’Udc, che all’Hotel Lamezia riuniva il Comitato regionale per leccarsi le ferite dopo la batosta elettorale che spinge lo Scudocrociato sull’orlo della scomparsa. Sembra che, comunque, Peppe abbia rassicurato Trematerra senior: pace e amici, tra Pdl e Udc non cambia nulla, il patto elettorale sarà rispettato. Assenti Aiello, Caridi, Nicolò, Nucera e Caputo, il coordinatore regionale del Pdl - che sabato sarà a Roma nella carovana azzurra allertata dall’ex premier Berlusconi - rassicura i fedelissimi sull’impegno per la convergenza amministrativa che passa prima di tutto da una mancata guerra sui successori di Aiello, Caridi e Stillitani. Scopelliti rimarca prima di tutto il risultato positivo del Pdl. Poi, rimarcata l’esigenza del rilancio dell’azione amministrativa, punta sull’accelerazione della stagione delle riforme, confermando l’alleanza con l’Udc che secondo Scopelliti va anche rafforzata. Il gruppo Pdl in oltre punta all’organizzazione di incontri tematici con assessori e dirigenti sulle varie emergenze. Scopelliti, comunque, non avrebbe parlato di rimpasto, che dovrebbe comunque arrivare dopo Pasqua. Nella prossima settimana Aiello e Caridi, per come concordato con Scopelliti, dovrebbero restituire il mandato di assessori (ma non si dimetterebbero da consiglieri). E le new entry? Ancora in pole position la presidente della Provincia di Catanzaro Wanda Ferro e l’ex sindaco di Reggio Calabria, Demetrio Arena. Ma questo creerebbe un problema perché così gli assessori esterni sarebbero cinque (Stasi, Caligiuri e Mancini) e quindi uno dovrebbe essere sacrificato. Ma chi? I conti non tornano ancora.

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Mezzoeuro Idee per uscire dal pantano

Un Dream team per l’Italia Togliamoci subito quello forte impulso coprolalico per poter riflettere serenamente sulla situazione politica del Paese. Siamo in un momento di merda, in un Paese di merda, in una condizione di merda provocata da una legge elettorale di merda. Ma cantava il compianto Fabrizio De Andrè: dal letame nascono i fiori! E se proprio nel fondo del barile trovassimo la pietra filosofale? Proviamo allora a riflettere sulle cinque parole finali dell’articolo 88 della Costituzione: «Il presidente della Repubblica può, sentiti i loro presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse». Dice proprio così quell’articolo e le cinque parole finali sembrano scritte apposta per affrontare la situazione che si prospetta in questo momento. Ad essere sincero, è un suggerimento sentito una mattina a “Prima pagina”, la trasmissione di Radio3, fatta da un avvocato siciliano. Proviamo, allora, a svolgere il tema. In termini molto chiari questo significa che il presidente della Repubblica potrebbe sciogliere tutte e due le camere oppure la sola Camera dei Deputati o il solo Senato. Cosa impedisce infatti di uscire dal pantano? Siamo nella situazione in cui, una delle due Camere esprime una chiara maggioranza, seppur tirata con le pinze di un premio di maggioranza che nella migliore delle ipotesi si deve considerare discutibile. La composizione del Senato, invece, la stessa legge ci ha regalato tre minoranze che si guardano in cagnesco. Da una parte c’è quella componente che Lucia Annunziata ha qualificato come impresentabile. Una opinione ampiamente condivisa, e rafforzata dalle recenti convulsioni di cui è stata investita con la farsesca occupazione del Tribunale di Milano a difesa di un capo insostituibile e indifendibile per i mille strappi provocati alla Carta costituzionale. A questo bisogna aggiungere, che al di fuori di quel recinto, tutto il resto dell’elettorato ha respinto il nuovo tentativo del Cavaliere di occupare nuovamente il potere. Si è passati dalla condizione in cui una maggioranza relativa lo ha spinto, ad una larga maggioranza costituita dai due terzi e oltre dell’elettorato che lo respinge. Questo è palesemente il motivo che ha trasformato il lupo famelico del “non faremo prigionieri”, nell’agnello sacrificale pronto oggi a qualsiasi compromesso pur di conquistarsi una posizione che garantisca l’immunità a sé stesso, il salvataggio delle sue azienda e la conservazione di un sistema politico mefitico, dove possono sopravvivere solo zanzare anofele, anfibi e coccodrilli. Qualora si lasciasse convincere, il Pd avrebbe decretato la sua fine, poiché non potrebbe realizzare nessuna delle riforme attese da larga parte dell’elettorato e avrebbe definitivamente completato il suo ciclo politico, con la certificazione della sua inutilità. Lo spregiudicato comportamento che ha lacerato il tessuto costituzionale e ha rischiato di lacerare in maniera irreparabile il tessuto sociale, può ampiamente superare la prima obiezione che si potrebbe opporre a quanto si sta per proporre: sarebbe la prima volta che un simile istituto viene concretamente utilizzato. Sono tante le prime volte che abbiamo assistito a strappi costituzionali, questo sarebbe all’apposto la concreta applicazione di un previsione costituzionale, che non ha

La politica è entrata in un "cul de sac" Apparentemente l'unico sbocco possibile è sbattere contro il muro di nuove elezioni con il rischio di farsi ancora più male Ma la Costituzione offre in regalo cinque paroline, che potrebbero fornire la soluzione del rebus... trovato applicazione poiché nella prima fase la legge elettorale favoriva la formazione di maggioranze omogenee nelle due camere, e con il porcellum si è evitato lo stallo solo nel 2008, per la chiara vittoria del centrodestra, ma il sistema è potenzialmente instabile e quel correttivo costituzionale potrebbe sanare questa anomalia in attesa dell’approvazione di una legge elettorale degna di questo nome. Il fronte opposto è occupato da un comico che non è riuscito a svestirsi della maschera indossata sul palcoscenico e rischia di trasformare la sua performance in una tragedia nazionale. La pretesa di volersi rappresentare come un messia dotato di un potere divino conferitogli dall’investitura popolare, togliendo agli eletti dal popolo degli elettori, la guarentigia costituzionale dell’art. art. 67 della carta, secondo il quale «ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Un principio fondamentale a tutela della libertà e della rappresentatività dei membri del Parlamento. La censura dei comportamenti degli eletti deve essere di natura politica: devono essere gli elettori a punire chi ha tradito la fiducia di chi lo ha votato. Proprio l’investitura da parte della direzione dei partiti rende questa legge elettorale inadatta a un paese democratico.

Il Paese non ha bisogno di un governo qualsiasi, di una maggioranza imbalsamata, ma di uno shock riformistico che ridia vitalità alle istituzioni e una spinta alla rinascita del Paese. Vi è grande voglia di partecipazione, il desiderio di vivere un sogno, di realizzare un cambiamento radicale della logica spartitoria che ha caratterizzato questo seconda Repubblica, che si è tradotta in una valanga di voti grillini, che esprimono e incorporano questa voglia di uscire da questo pantano. Il Pd non ha saputo interpretare questa ansia, questa grande forza di un intero popolo che vuole rimettersi in marcia, per costruire una ipotesi di futuro per i propri figli, che ha l’ansia di offrire un contributo al rinnovamento delle istitu-

Da sinistra Beppe Grillo Giorgio Napolitano e Pierluigi Bersani


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Idee per uscire dal pantano presenta un momento rivoluzionario, che non può andare perduto. Se il Messia con il suo Guru, dovessero persistere nel loro atteggiamento di “cupio dissolvi”, in attesa di una rigenerazione elettorale non vi In tale ipotesi, il presidente potrebbe sciogliere il Senato. Il corpo elettorale, per la prima volta si troverebbe a pronunciarsi in una sorta di referendum su un governo, definito in tutti i suoi membri e un preciso programma elettorale.

zioni. Il Pd ha perso, perché si è perso dietro una visione minimalistica, una mancanza di coraggio nel rinnovarsi. Una debole proposta politica, associata a un rinnovamento offuscato dalla riserva indiana garantita ad una parte della casta, una corsa all’occupazione di un potere che si considerava già conquistato. Quel coraggio può mostrarlo ora con una operazione di sano realismo e di sfida riformista. Pierluigi Bersani ha perso la sua battaglia, ma nessuno vuole crocifiggerlo per questo, ma dovrebbe realizzare che non può occupare il podio da vincitore, ma deve necessariamente cedere il passo trasformandosi in un vero leader di partito che cerca una soluzione politica per il Paese. Con questo raggiungerebbe due obiettivi immediati: la separazione della politica dalle istituzioni e la proposta di un “dream team”, un governo costituito politicamente da persone che abbiano un alto profilo istituzionale, con un coraggioso programma di governo, un progetto per la nuova Europa

con il lancio di un nuovo “Piano Marshall” per una politica di crescita che deve essere realizzato a livello europeo. Un segnale importante è costituito dal rifiuto del Parlamento europeo alla decurtazione del bilancio, alla miope visione teutonica di voler uscire dalla crisi con il rigore. Un grande Paese come l’Italia non può essere prigioniero della visione leghista dell’Europa. Un governo così concepito dovrebbe presentarsi alle Camere per verificare se realmente i grillini vogliono giocare allo sfascio. La straordinaria novità di un Parlamento largamente rinnovato, con una significativa presenza di giovani, di donne, di persone non compromesse con il potere, rap-

La soluzione apparentemente semplice presenta molte incognite, la prima delle quali è che non vi è nessuno al momento disposto a discutere di una tale eventualità. In secondo luogo, bisognerebbe che il presidente della Repubblica si assumesse un tale compito, ben sapendo che provocherebbe una fortissima opposizione da parte di chi rischierebbe di essere emarginato politicamente. È del tutto evidente, infatti, che sarebbe un potente aiuto dato al Pd che sarebbe il beneficiario maggiore, poiché avrebbe in mano il pallino del gioco. Bisogna aggiungere, a questo, che l’attuale presidente si trova nel semestre bianco, nel quale gli è preclusa questa possibilità, poiché in questo periodo non ha il potere di sciogliere le Camere. Questo significa che il futuro del Paese si gioca il mese prossimo, con la nomina del nuovo presidente della Repubblica. L’ipotesi prospettata presenta alcune incognite, come detto, ma anche elementi di estremo interesse. Impone a carico di chi volesse intraprendere questa strada una grande responsabilità nella formulazione di una proposta molto qualificata, di un programma molto impegnativo - magari sotto forma di progetti di legge che prefigurino le soluzioni ai problemi più delicati dal conflitto di interessi alla legge elettorale, della difesa di una linea per tutta la legislatura. Agli elettori verrebbe prospettata una soluzione confezionata in tutti i suoi elementi, Da meridionale chiederei un rispetto per il Sud e un ripristino della legalità con l’abolizione della potestà legislativa delle regioni (sarebbe ancora meglio la loro cancellazione dalla Carta costituzionale), che ha provocato una frantumazione dello spirito nazionale, e l’assurda pretesa di voler coniugare i diritti fondamentali, dalla sanità all’istruzione, adattandoli alle specificità territoriali. “Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?”, si chiedeva già Dante nel Purgatorio. Abbiamo scherzato. Si tratta di una ipotesi onirica, ovviamente, destinata a sparire al risveglio. O.P.

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Uomini con i numeri giusti Mezzogiorno da problema a soluzione. Il tema dell’assemblea di Confindustria Calabria, che ha segnato il passaggio di testimone tra Renato Pastore e Natale Mazzuca alla testa dell’organizzazione territoriale degli imprenditori cosentini, è tutto un manifesto programmatico nelle mani del presidente nazionale, Giorgio Squinzi, venuto a dispensare speranza, oltre che dura realtà.

Coma

non irreversibile «Quello del Mezzogiorno è un sistema economico che ha già perso, nel suo complesso, 24 miliardi di Pil dal 2007, oltre 300 mila occupati, ed in cui il saldo tra imprese attive e quelle cessate si è ridotto di oltre 16 mila unità - afferma il presidente di Confindustria Giorgio dal pulpito del Parco degli Enotri a Mendicino -. È come se una regione di medie dimensioni nel giro di qualche anno fosse stata spazzata via dalla carta geografica. A questo sistema economico, già fortemente provato, sta lentamente mancando l’ossigeno. Il raddoppio delle ore di Cassa integrazione nell’ultimo anno nelle regioni del Sud ci racconta il lento ma inesorabile trasferimento di queste difficoltà sulla vita delle imprese e dei lavoratori. Detto questo però - ha proseguito Squinzi - perfino nel terribile 2012, non sono mancati timidi segnali positivi. Ne voglio citare tre, tutti e tre significativi: le esportazioni, cresciute lo scorso anno del 6,7%, soprattutto verso l’area mediterranea, dove il Mezzogiorno è ormai il primo partner commerciale; la propensione all’impresa dei giovani meridionali, se è vero che tra le prime dieci province per nascita di nuove imprese giovanili ce ne sono sei del Sud; l’aumento delle società di capitali pur in presenza di una riduzione del numero totale di imprese, segnale di un tentativo di irrobustimento del tessuto produttivo meridionale».

Il leader di Confindustria Giorgio Squinzi fa tappa a Cosenza. L'ufficialità è fornita dal cambio del testimone tra Pastore e Mazzuca ma l'occasione s'è fatta ghiotta per riflessioni più ampie sullo stato di crisi del Mezzogiorno

«Le decisioni assunte dal Consiglio dei Ministri vanno nella direzione giusta per ridare un pò di fiducia, ma rappresentano un primo passo e vanno finalizzate subito - ha detto ancora ricordando anche il un progetto complessivo redatto da Confindustria per tutto il Paese». «Per noi non esiste - ha detto - una questione Mezzogiorno, ma una questione Paese e vogliamo puntare su tutte le opportunità che ci verranno offerte. Alla guida del prossimo governo - ha poi rimarcato il numero uno di Confindustria - ci vuole qualcuno che abbia il senso dell’economia reale ed operi di conseguenza».

dalla situazione difficile che vive tornando sul ruolo di “pungolo” svolto da Confindustria Calabria e lanciando ancora una volta l’allarme per le difficoltà che le imprese riscontrano nell’accesso al credito, e dalla “nemica burocrazia” che rallenta ogni tipo di prospettiva operativa. La parola è, quindi, passata al past president, Renato Pastore che, con un pò di emozione, ha lodato l’organizzazione confindustriale di Cosenza, «capace di farci raggiungere obiettivi importanti. C’è sempre il problema della burocrazia: e qui la politica dovrebbe intervenire - ha detto ancora Pastore -. Abbiamo ottenuto un buon risultato unendo i Confini confindustriali, e questo grazie anche i 5milioni dati dalla Regione. Il sistema di garanzia e contro garanzia è l’unico modo per tirare fuori i soldi dalle banche. È necessario fare una squadra come è stato fatto in questa provincia e come stiamo facendo con le altre territoriali».

Ad aprire i lavori dell’assemblea pubblica è stato il direttore di Confindustria Cosenza, Rosario Branda. E non poteva che partire dal ringraziamento a Squinzi per la sua presenza lanciando un messaggio chiaro rimbalzato nel corso della serata: il «Mezzogiorno non vuole essere la palla al piede del Paese ma un’opportunità». Dopo i saluti delle istituzione (tra gli altri il vice sindaco di Cosenza Katia Gentile, il presidente della Fondazione Carical Mario Bozzo, il presidente della Camera di Commercio di Cosenza Giuseppe Gaglioti), è toccato al presidente di Confindustria Calabria Giuseppe Speziali salutare Squinzi che - ha detto Speziali - va ringraziato per l’attenzione dimostrata al nostro territorio. Speziali ha chiesto allo Stato un impegno normale (una burocrazia efficiente) per far uscire il Sud e la Calabria

Il neo presidente di Confindustria Cosenza Natale Mazzuca, analizzando la situazione del Sud, ha ricordato che il Mezzogiorno ha enormi potenzialità. «Dispone di risorse naturali e culturali inestimabili, di un patrimonio imprenditoriale apprezzabile, di un bacino di lavoratori giovani e professionalizzati. Per poter mette a frutto le sue potenzialità ha bisogno - ha proseguito - di buone politiche pubbliche». Mazzuca si è soffermato anche sul problema dei pagamenti della Pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, Mazzuca ha detto che la Pubblica amministrazione deve al più presto saldare i debiti. «Il ritardo medio è ormai sopra gli otto mesi con punte di oltre tre anni. Sono più di 70 miliardi i debiti nei confronti del sistema delle imprese. Quello che serve - ha proseguito è definire un piano ef-

fettivo di smaltimento dei debiti pregressi della Pubblica amministrazione per i lavori già eseguiti». Più in generale Mazzuca ha parlato anche della necessità di una vasta e capillare azione di manutenzione del patrimonio edilizio; della riduzione del carico fiscale sul lavoro e sulle imprese; di stimolare la nascita di migliaia di piccole imprese verso produzioni di niccchia, offrendo ancora servizi ancora carenti per il mercato. «Se staremo uniti, ritorneremo ad avere un’Italia e un Mezzogiorno migliori e più forti - ha concluso Mazzuca - Noi ce la metteremo tutta. Con convinzione, entusiasmo e determinazione». Il problema dei problemi, comunque, sembra sia come incidere sul contesto per rilanciare l’economia della Calabria e, soprattutto, le infrastrutture, come evidenzia Gianfranco Viesti, ordinario di Economia applicata all’Universita di Bari. Mirare alle imprese con attenzione senza regalare sussidi lavorando sulla natalità delle imprese, sulle dimensioni e quindi sulla internazionalizzazione, un grande piano di piccole opere per rilanciare l’edilizia e più semplice l’assunzione dei giovani: questi suggerimenti possono bastare. L’assemblea pubblica di Confindustria diventa occasione anche per dare voce alla politica ma senza bagarre. Infatti, il presidente della Provincia di Cosenza, Mario Oliverio, e il governatore Peppe Scopelliti, seduti a pochi passi l’uno dall’altro, non trovano spazio per rintuzzarsi presentandosi stranamente pacificati. «Credo che la così inedita crisi che stiamo vivendo richieda non solo consapevolezza ma uno sforzo per andare oltre le tradizionali risposte - ha detto Oliverio -. Abbiamo bisogno di un progetto che veda l’Europa protagonista che deve confrontarsi con le questioni sociali. C’è bisogno anche di politiche nazionali che mettano in campo le riforme necessarie. Ecco perché spero che si arrivi alla formazione di un governo che dia il la a queste riforme». «Il nostro è un Paese allo sbando - gli fa eco Scopelliti -. Abbiamo delegato il futuro dell’Italia, in questi anni, alle aspirazioni di due - tre persone. Credo che gli appelli per un governo forte e condiviso sia l’unica soluzione possibile». Patto di stabilità troppo stretto, critiche al governo tecnico più politico dei politici, Scopelliti procede toccando le corde degli imprenditori. E poi la politica cede il posto ai giornalisti, cambio di scena sul palco: Squinzi circondato da Filippo Veltri, Paolo Pollichieni, Attilio Sabato, Arcangelo Badolati e Adriano Mollo, non si tira indietro e trova spazio anche per una dichiarazione d’amore all’intelligenza calabrese. Non è poco. Ma.Ri.Ga.

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Sabato 23 Marzo 2013

Ancora e sempre rogne oltre il Campagnano

Il “capolavoro” del sindaco Cavalcanti Il sindaco di Rende Vittorio Cavalcanti ha annunciato in una riunione di gruppo di maggioranza di questa settimana la nomina di 2 nuovi assessori. Si tratta di Luca Pizzini e Pasquale Verre al posto dei dimissionari Alessandro De Rango e Franco Rubino. Dalla riunione di gruppo, alla quale mancavano 5 consiglieri compreso il presidente del consiglio Emilio Chiappetta, si evidenzia il dissenso degli stessi sulla preannunciata scelta ma anche tra i presenti c’erano molte posizioni contrastanti. Nessun consigliere della lista “Insieme per Rende” è stato preso in considerazione pur avendo avuto eletti, la stessa lista, Franco Beltrano autentica macchina da guerra nelle preferenze e Franchino De Rango con oltre 400 voti (ex funzionario del Comune di Rende e con provate capacità amministrative nel Comune di Castrolibero) che hanno avuto un’investitura direttamente dal popolo né sono stati presi in considerazione altri “campioni” di preferenze come Francesco Mirabelli e Mario Tenuta anche loro, non di prima nomina, con diverse esperienze politiche/amministrative per non dire della lista “Rende Riformista”, con giovani eletti e professionalmente preparati, che sicuramente si aspettavano le dovute attenzioni. A ciò va aggiunto il documento del Pd rendese che ha espresso tutta la propria contrarietà sulle scelte anche in considerazione del fatto che al sindaco Cavalcanti avevano fatto pervenire, in precedenza, un altro documento scritto con le indicazioni chiare sulle caratteristiche che i 2 nuovi assessori dovevano avere. Il Pd aveva espresso la volontà, considerate le difficoltà dell’attuale giunta di svolgere anche le funzioni dell’ordinaria amministrazione, di integrare i 2 assessori con persone di esperienza, con provate capacità e di for-

Vittorio Cavalcanti e Sandro Principe Alle loro spalle il Comune di Rende

In un solo colpo il sindaco di Rende riesce a scontentare più o meno tutti quelli della sua stessa maggioranza Non era facile te radicamento sul territorio. Poi c’è il leader rendese Sandro Principe che si è speso molto per tro-

vare una soluzione che raccogliesse le convergenze più ampie possibili sia all’interno del gruppo di maggioranza che dello stesso Pd. Ma niente da fare, la chiusura del cerchio, o la quadra come si dice in questi casi, non è arrivata. La soluzione che si profila non è diciamo così “tonda”. Se si fa una breve analisi sull’accaduto è facile comprendere come il sindaco di Rende Vittorio Cavalcanti abbia realizzato il suo “capolavoro”, raggiungendo un risultato forse anche da lui impensabile. Infatti, in un solo colpo, è riuscito a spaccare il gruppo di maggioranza, a far registrare il totale dissenso del partito e a disattendere le indicazioni di Sandro Principe. Non era per niente facile. Complimenti a lui.

STUDIO MEDICO FAVIN POSTURAL Postura valutazione e trattamento delle malattie cronico degenerative La posturologia, scienza innovativa, inquadra le sindromi algiche, come espressione di uno stress meccanico sulle articolazioni, spesso dovuto a disturbi della mandibola, dei muscoli dell’occhio, del cattivo appoggio dei piedi, stress e cattiva alimentazione La ricerca della causa che genera un dolore necessita della valutazione di questi recettori, che quando si mettono in funzione spostano il nostro equilibrio dandoci la sensazione di essere imperfetti o “storti”; la ricerca attraverso esami di laboratorio e utilizzo di questionario clinico valutativo, che ci indirizzano verso cofattori carenti responsabili di stress biometabolico ne completano l`indagine Le cause si ricercano con l’aiuto di strumenti come: 1) l’esame baropodometrico meccanico e statico 2) la valutazione posturale della colonna vertebrale, delle spalle e del bacino 3) esame baropodometrico dinamico su tapis roulan 4) esame spinometrico 4D x la valutazione della colonna senza raggi x 5) esame della forza muscolare 6) esame impedenziometrico-plicometrico 7) valutazione della composizione corporea La cura del dolore e’ complessa, perche’ bisogna tenere conto anche della componente psicologica. L’utilizzo del plantare neurobiomeccanico, la corretta nutrizione, l’agopuntura, il massaggio, la coppettaazione e moxa delle strutture muscolare, il training autogeno e altro, rappresentano, oggi un valido aiuto nel trattamento di tutte quelle patologie stress correlate, che con il solo intervento delle cure farmacologiche, non migliorano... anzi si crea una dipendenza a circuito chiuso, difficilmente riequilibrabile. Nello studio medico Favin Postural Center e’ possibile effettuare gran parte degli esami strumentali e dei trattamenti menzionati. wwfavinposturalcenter.it Via Dalmazia, 37 Cosenza Tel 098427632


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Sabato 23 Marzo 2013

Vittorie da portare in Porto

Un no a 5 Stelle «Come Movimento 5 Stelle ed in rappresentanza delle istanze degli abitanti della Piana, pur se davanti ad un tavolo tecnico, abbiamo ribadito la nostra contrarietà alla realizzazione del rigassificatore e comunque si è denunciato che non si è minimamente fatta partecipe la popolazione con un referendum, né si è tenuto conto dei pareri negativi che i consigli comunali hanno espresso». Questa la dichiarazione di Franscesco Molinari, senatore del Movimento 5 Stelle, in riferimento alla riunione che si è svolta martedì scorso al ministero dello Sviluppo economico. «Speriamo - ha concluso - che anche questa promessa formale, che sappiamo essere solo uno stop temporaneo, non sia disattesa nei fatti. Aspettiamo di leggere l’atto concessorio per verificare se anche questa volta sono venuti meno alla parola data». Come si ricorderà, lo scorso 19 marzo a Roma, presso il ministero dello Sviluppo economico, si è svolta una riunione tra il sottosegretario con delega all’Energia Claudio De Vincenti, il capo di gabinetto del ministro dello Sviluppo economico, Infrastrutture e Trasporti, Mario Torsello, i dirigenti del dipartimento Energia e un’ampia delegazione di parlamentari del M5S, riguardante il progetto di realizzazione dell’impianto di rigassificazione di Gioia Tauro. All’incontro hanno partecipato anche il sindaco di Gioia Tauro, Renato Bellofiore, e numerosi attivisti del Movimento. Gli intervenuti hanno chiesto chiarimenti agli organi ministeriali in merito allo stato delle procedure dell’infrastruttura, esprimendo la propria preoccupazione per i rischi che potrebbero derivare dalla costruzione dell’impianto, con particolare riferimento ai profili di carattere sismico. I rappresentanti del Mise e del Mit, nel prendere atto di quanto rappresentato, hanno informato i presenti che, come previsto dal decreto autorizzativo del 14 febbraio 2012, nelle ulteriori fasi del procedimento dovranno essere tenute nella massima considerazione tutte le prescrizioni e le cautele finora espresse dalle amministrazioni o enti intervenuti.

Il Movimento di Grillo nettamente contrario alla costruzione del rigassificatore di Gioia Tauro. Il senatore Molinari: il ministero ora conosce le istanze del territorio calabrese. Lo stop temporaneo? Speriamo che anche questa promessa non sia disattesa nei fatti... Tra queste, fondamentale rilevanza verrà data agli esiti della verifica delle prescrizioni dettate dal Consiglio superiore dei lavori pubblici, che sarà chiamato, in ogni caso, a pronunciarsi sulla fattibilità tecnica dell’opera. Il ministero - insieme alle altre amministrazioni interessate - continuerà a verificare con la massima attenzione e trasparenza l’ottemperanza di tutte le prescrizioni. Il Movimento 5 Stelle, pur apprezzando l’impegno del ministero nel sovraintendere l’intero processo autorizzativo, ha comunicato di mantenere la posizione di contrarietà all’intervento, in quanto deleterio per i negativi effetti ambientali e non condiviso dalla comunità che non è stata adeguatamente coinvolta nelle scelte istituzionali. L’esito positivo di tutte queste verifiche, come già previsto dal decreto ministeriale, è condizione indispensabile per l’avvio dei lavori. Dei risultati di tale riunione il ministero ha tempestivamente informato l’Autorità portuale. Movimento 5 Stelle Calabria

“Difendiamo il territorio italiano”

Dalle Alpi alla Sicilia Manifestazione No Alaco I parlamentari calabresi del M5S a Vibo Valentia Sabato 23 marzo i deputati calabresi del Movimento 5 Stelle Sebastiano Barbanti e Paolo Parentela ed il senatore Francesco Molinari saranno presenti alla manifestazione No Alaco a piazza S. Leoluca a Vibo Valentia. Un’altra folta rappresentanza di deputati e senatori del M5S provenienti da tutta Italia sarà presente alla marcia NoTav in Val Di Susa. Questo per ribadire che il Movimento 5 Stelle farà sue tutte le battaglie che difendono il territorio Italiano dalle Alpi alla Sicilia... Non è possibile che i cittadini del Vibonese si vedano negare il diritto all’acqua così come non è giusto che le comunità della Val di Susa si vedano depredare il territorio da folli speculatori. I beni comuni sono dei cittadini, l’acqua è di tutti, il diritto alla tutela del territorio non può essere messo in discussione per beceri mercantilismi. Chi si rende complice di questi scempi deve essere perseguito dalla legge dello Stato e noi ci saremo per portare questo messaggio a chi ha a cuore il proprio territorio: dalla Calabria al Piemonte. I parlamentari del Movimento 5 Stelle

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Sabato 23 Marzo 2013

Lo sparo che non torna

Alessandro Bozzo durante il suo lavoro in redazione

Quel set che

non ha voluto giocare Si è arreso e non doveva, perché aveva tutti i numeri per aspettarsi dalla vita e dal lavoro successi e soddisfazioni. Se ne è andato a modo suo, senza spavalderia ma con un senso di sfida alla morte, sparandosi un colpo con la pistola del tiro a segno. Alessandro Bozzo, 40 anni, una figlia, tanti amici e tanti estimatori per il suo lavoro di giornalista, ha mollato i remi in un momento in cui una ondata più alta delle altre, nelle imboscate che la vita ci tende, lo ha travolto. Ci si chiede attoniti in quale punto si è spezzato il filo del coraggio che ci fa affrontare la vita ogni giorno e abbiamo soltanto risposte parziali, comunque insufficienti a spiegare la disperazione e la tragica fine. La morte di Alessandro non va né spiegata nè indagata ma laicamente accettata perché rispecchia comunque la sua volontà. Possiamo, però, ricordarlo con l’intensità emotiva che discende dall’averlo conosciuto e frequentato. Personalmente voglio ricordarlo quando, appena ventenne, venne a TeleCosenza a chiedermi se poteva fare pratica giornalistica nella Tv che dirigevo. Aveva una faccia da adolescente acerbo, i capelli a taglio lungo, quasi a paggetto, e si era presentato con la biro in mano e un block notes tascabile a quadretti. È la scena che mi resta più impressa nella memoria. L’amicizia e la stima maturarono nel corso del lavoro di squadra nel quale Alessandro seppe subito integrarsi. Aveva il mito del giornalismo, lo amava e ci metteva grande passione. Fui molto facilitato come tutor nell’avviarlo alla professione, non mancando di avvertirlo sui rischi e sugli inganni che comporta. Per chi fa informazione il fatto accaduto è e deve essere uno solo, per tutti. È il commento e l’interpretazione che può cambiare e ognuno tesse il filo che ha, re-

Alessandro Bozzo, il nostro collega Alessandro, ha scelto di non continuare più la partita. Da amante del tennis ha preferito mollare prima di consegnarsi all'avversario Inutile e forse pure perverso indagare sui perché. Più leale sarebbe farne tesoro ognuno nel proprio campo a futura memoria Nei sentimenti come nel lavoro stando nelle regole che distinguono il fatto dall’opinione. Nell’evoluzione del suo lavoro di giornalista Alessandro ha sempre rispettato queste regole. La sua vocazione era per la politica e le sue

controverse vicende, forse perché aveva capito di quanta verità ci fosse bisogno per dipanare gli intrecci, gli intrighi, le falsità, i doppigiochi e i tradimenti espliciti o meno. Tenere sotto controllo i politici, carpirne i “fuori onda”, stargli addosso nei loro ruoli istituzionali, fiutare il punto di incontro della politica con gli affari, col clientelismo e il familismo amorale gli consentiva di esprimere tutto il suo impegno civile e la dignità di una professione a difesa delle regole, dei diritti e dell’interesse generale. Forse non ha tenuto debito conto del rapporto che corre fra la politica e gli editori di giornali. Ora che Alessandro non c’è più e tocchiamo col cuore il vuoto che ha lasciato in chi l’ha conosciuto ed apprezzato, abbiamo anche il dovere di chiederci se dietro il suicidio ci sono comportamenti, violenze morali, compulsioni affettive che possano spiegare l’accaduto. E non per cercare colpevoli che non servono più ad Alessandro, essendosene liberato a modo suo, ma perché ognuno di noi si possa interrogare e correggere nei propri comportamenti rispetto al ruolo che assume nel rapporto con altre persone. Si tratti di sentimenti o di lavoro. Capiremo col tempo quale è stato il passaggio fatale che ha portato Alessandro a mollare. Lui, appassionato di tennis, forse aveva perso un set, nella partita della vita, ed ha rinunciato a giocare il match. Si è lasciato andare. Aveva una faccia pulita e, forse per questo, non poteva essere un vincente. Se ne è andato da professionista del suo lavoro, regalando, non senza ironia, al giornale dove lavorava, cinque giorni di esclusiva con apertura in prima pagina. La sua morte. Antonlivio Perfetti


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Sabato 23 Marzo 2013

Speciale Provincia - L’ora di mettere ordine tra i sacchetti

Emergenza rifiuti summit in Provincia Vertice convocato dal presidente Oliverio con tecnici e sindaci dei Comuni coinvolti L'obiettivo è quello di individuare soluzioni e un percorso comune da sottoporre al commissario regionale «Non abbiamo deleghe in materia - precisa Oliverio Ma non per questo rinunciamo a dare il nostro contributo» Resta confermata per questa mattina mattina, sabato 23 marzo alle ore 10.30, presso la sala degli Specchi della Provincia di Cosenza, la riunione convocata nei giorni scorsi dal presidente Oliverio e dall’assessore provinciale all’Ambiente Aieta sull’emergenza-rifiuti in provincia di Cosenza. All’incontro prenderanno parte, oltre ad Oliverio ed Aieta, anche i tecnici della Provincia, i sinda-

Dalla provincia

ci dei comuni interessati e l’assessore regionale all’Ambiente Francesco Pugliano. L’iniziativa è nata al termine di un incontro svoltosi nei giorni scorsi in Provincia per fare il punto sulla grave situazione emergenziale verificatasi nel Savuto e su gran parte del territorio provinciale. La Provincia di Cosenza, pur non avendo competenze specifiche in materia, anche questa volta si è dichiarata pronta e disponibile a dare il proprio contributo positivo, ad assumere un ruolo di aiuto e di sostegno ai comuni interessati e a favorire il coordinamento degli interventi. «Con la chiusura dell’Ufficio del Commissario, l’obiettivo - si legge in una nota stampa -è quello di chiudere definitivamente una lunga stagione caratterizzata in gran parte da scarico delle responsabilità e sperpero di ingenti risorse pubbliche, per dare finalmente il via ad una nuova fase contrassegnata da operatività e programmazione ed improntata alla massima cooperazione e al coinvolgimento attivo dei comuni e, in particolare, delle Province. Queste ultime, è bene ricordarlo a scanso di equivoci, nella loro qualità di istituzioni sovracomunali dotate di strutture, esperienze e conoscenze del territorio, finora non sono mai state coinvolte e convocate intorno ad un tavolo istituzionale da parte della Regione e del suo presidente, pur essendo in grado di dare il loro necessario contributo per affrontare l’emergenza e per costruire un sistema di smaltimento capace di dare risposte positive ai territori interessati e, anche, di trasformare la gestione dei rifiuti da problema in risorsa».

Il presidente della Provincia di Cosenza Mario Oliverio

L’ora di asfaltare le distanze

Sopralluogo sulla strada di Parenti Il presidente della Provincia di Cosenza Mario Oliverio, accompagnato dal Dirigente provinciale del Settore Viabilità ing. Stefano Aiello, ha effettuato un sopralluogo sulla strada che collega il centro abitato di Parenti con il comprensorio di Bocca di Piazza, il comune di Rogliano e l’autostrada SalernoReggio Calabria. Questa arteria, che in un recente passato è stata interessata da diversi movimenti franosi, a seguito delle abbondanti piogge registrate nei giorni scorsi ha subito una serie di ulteriori movimenti che potrebbero determinare l’isolamento della comunità di Parenti. Per la sistemazione di questa area era stata destinata, nel programma del Ministero dell’Ambiente approvato dal CIPE, una somma di due milioni e cinquecentomila euro e per la realizzazione dell’intervento era stato individuato quale ente attuatore l’Ufficio del Commissario diretto dal dott. Percolla. Ad oggi, però, si registra un gravissimo ritardo nella utilizzazione di queste risorse per la sistemazione di una strada di collegamento che è di fondamentale importanza per la comunità di Parenti e per l’intero comprensorio circostante.

«È davvero grave ed inconcepibile -ha detto Oliverio al termine del sopralluogo effettuato questa mattina su questa area- che a fronte di una situazione di emergenza determinata a seguito dell’alluvione del 2010, ovvero di oltre 3 anni fa, non sia stato ancora definito nemmeno il progetto ed attivate le procedure per la realizzazione del necessario intervento di sistemazione dell’area interessata dalla frana ed attraversata dalla Strada Provinciale che collega il comune di Parenti a quello di Rogliano e a servizi fondamentali come quelli sanitari, scolastici, trasportistici, ecc. L’Ufficio del Commissario, a cui è stato affidato l’intervento, anche per questa vicenda si è mostrato assolutamente inadempiente ed ha gravissime responsabilità che non possono essere ulteriormente taciute o tollerate». «Per quanto ci riguarda - ha aggiunto il Presidente della Provincia di Cosenzamettiamo a disposizione i nostri uffici tecnici per evitare un ulteriore aggravarsi della situazione che potrebbe comportare serissimi disagi per la popolazione di Parenti e per l’intero comprensorio. Dobbiamo aggiungere, però, che siamo nella classica situazione di dover raccogliere l’acqua con il secchio bucato. È necessario, quindi, rompere questa situazione di inerzia per realizzare, in tempi rapidi, l’intervento di sistemazione idrogeologica programmato. Anche di questo problema investiremo immediatamente il Ministero dell’Ambiente perché vengano accertate tutte le responsabilità e individuate tutte le ragioni dei gravi ritardi registrati dalla struttura del Commissario per la realizzazione di un intervento di così vitale importanza per un’intera comunità».


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Sabato 23 Marzo 2013

Speciale Provincia - L’ora di mettere ordine tra i sacchetti

Dalla provincia

Ammortizzatori sociali, bomba ad orologeria Lettera dell'assessore Provinciale al Mercato del lavoro e alla Formazione professionale Giuseppe Giudiceandrea alle autorità politiche nazionali Prendo buona nota della seduta della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome del 13/03/2013 che ha nuovamente affrontato l’emergenza che si sta determinando sul fronte del pagamento degli ammortizzatori sociali in deroga, sia per la fase del 2012 che per il 2013. In particolare, rispetto al 2012, la Conferenza, pur prendendo atto di una prima risposta positiva avvenuta con la messa a disposizione, dopo l’ultimo incontro con il Ministro Fornero del 13 febbraio 2013, di 200 milioni di euro da parte del Governo, ha ribadito che vengano assicurate le risorse necessarie a coprire il fabbisogno dell’intera annualità del 2012, garantendo a tutti i lavoratori, che hanno dovuto ricorrere agli ammortizzatori in deroga, il pagamento del dovuto.

Resta di fondamentale importanza la copertura integrale del fabbisogno 2013, oggi fortemente sottostimato nelle previsioni di bilancio dello Stato. Tale sottostima rischia di bloccare ai primi mesi dell’anno la possibilità autorizzativa da parte delle Regioni, lasciando centinaia di migliaia di lavoratori privi di protezione sociale. Di fatto dal mese di ottobre 2012 i lavoratori in mobilità in deroga non percepiscono l’indennità. Si rivolge pertanto un appello accorato alle Autorità politiche nazionali, affinché sia messo in atto ogni intervento idoneo a garantire l’integrale copertura del 2013 e si arrivi rapidamente ad un accordo per la formazione anche di un governo transitorio per l’approvazione e la liquidazione dei sussidi. Avv. Giuseppe Giudiceandrea assessore al Mercato del Lavoro e alla Formazione Professionale

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Sabato 23 Marzo 2013

Per il magna magna c’è sempre spazio

Aggiungi un posto a “tavola” di Giuseppe Aprile

Ad una valutazione decisamente giusta ed onesta in Calabria un consiglio regionale di venti persone, sarebbe già oltre le proprie esigenze. Un governo fatto dal presidente e cinque assessori altrettanto normale. Se alle ragioni di normale portata si aggiunge l’inefficienza e l’inutilità delle rappresentanze fin’ora espresse, costose in modo sproporzionato e piene di inutilità assai chiaramente in evidenza, con disponibilità di auto e personale a disposizione e rimborsi e guadagni d’ogni sorta fino a costruire un disavanzo generale sia per i costi e sia per il lavoro prodotto, si arriva a capire quanto stia a cuore dei nostri politici la sorte della loro e nostra terra. Recentemente il consiglio regionale s’è prodotto ad una ennesima pessima figura difendendo i numeri in favore della legge vigente in materia di rappresentanze politiche, nel mentre la casa brucia di disavanzi, di costi, di politiche fondate sul proliferare delle clientele ed i loro costi. Tutti i politici, chi più e chi meno, di fronte alla costruzione di posti di potere e di rappresentanze, non hanno fatto come per la difesa o l’aumento di posti di lavoro dentro le fabbriche, negli uffici, nelle scuole, del terziario. Per loro è più importante un posto di consigliere regionale e di senatore o di consigliere provinciale; sicuramente più importante dei posti di lavoro per i lavoratori e per i giovani in cerca di prima occupazione. Un buon politico, interessato al buon andamento delle cose nel proprio territorio, non si attaccherebbe a leggi ingannevoli al fine di garantire un posto di potere in più o un assessorato o, peggio, per incrementare in numero di coloro che prima portano la borsa e poi fanno i dirigenti elettorali al fine di garantire il propri difensori. Vi siete mai domandati a cosa potesse servire un gruppo di consiglieri in più rispetto al bisogno di governo di un territorio come questa regione? Vi siete mai chiesti che bisogno c’è di tanta gente seduta sulle sedie di un organo di rappresentanza e quanto produce? Vi siete mai domandati se una regione di due milioni di abitanti sia diversa da una di uno e mezzo? E perché con due milioni di abitanti servirebbero trenta consiglieri nel mentre per una questione di poche centinaia di abitanti ne servirebbero dieci in più? Il consiglio regionale s’è occupato di questa questione relativamente alla Calabria. Ed è venuta fuori una discussione con in evidenza l’uso della legge e dei numeri non per fare gli interessi della regione ma per garantire dei posti in più laddove non si lavora per fare il bene e l’interesse della popolazione, ma per garantirsi denari e poteri da spendere a favore del proprio partito o del proprio territorio intendendo per territorio gli amici, i parenti, i colleghi, i destinatari di beni sul terreno dei comuni interessi e dei comuni destini di carriera o di fondi per la propria vita. Nei fatti ad ogni riunione del consiglio regionale, vediamo come minimo una percentuale di assenti che desta sicuramente impressione per l’entità unito al fatto che ogni assenza non corrisponde ad una mancanza di alcunchè. Per la Calabria stabilire se servono 20 o 30 o 40 consiglieri non serve attenersi ai dettati di una legge che aiuta i metodi che portano gonfiamenti di numeri a scapito delle tasse che i cittadini de-

In Calabria le poltrone invece che diminuire aumentano È più importante un consigliere, un senatore in più, che fare qualcosa di serio in una regione che sta cadendo a pezzi vono pagare e dello Stato che deve contribuire per mantenere apparati sempre elefantiaci e sempre scollegati al numero degli abitanti che vivono per le loro risorse e non certamente per quanto fanno o non fanno i consiglieri regionali ed i politici approfittatori. Buon senso e buona idea politica dovrebbero consigliere non il massimo, ma il minore numero consentito da una legge che, tra l’altro, non vediamo perché debba essere nazionale e non affidarsi ai bisogni localmente identificabili. Crediamo che la più grande questione italiana è l’elefantiaca congerie di leggi che rendono anche spesso fuori luogo sentenze che invece dovrebbero costituire chiare linee guida, decisioni atte a favorire la qualità della vita, lavoro più positivo per il sistema giudiziario che, invece, dominato da un numero di leggi fuori norma, dove tra l’altro l’una contraddice l’altra e mancano leggi adeguate ai bisogni reali della popolazione ed alle ragioni del suo sviluppo sociale e politico sia proprio il sistema giudiziario e legislativo. I giudici non dispongono di leggi adeguate, chiare, giuste, facilmente applicabili. I gradi di giudizio sono eccessivi e spesso il primo è contraddetto dal secondo e quasi avviene spesso che la Cassazione cancella tutto quello che era stato deciso prima con tanti di leggi, avvocati, giudizi popolari, corti che giudicano in nome del popolo e sbagliano nel nome di non si sa chi. C’è stato un referendum che voleva puniti i giudici che esprimevano responsabilità precise nei giudizi e nonostante il referendum fosse stato vinto dai cittadini con l’ottantadue per cento di consensi, a livello politico s’è trovato modo per insabbiare, come s’è insabbiato il problema del finanziamento pubblico dei partiti politici e tutto quanto non favorisce le case e i poteri forti e contrari agli interessi popolari. La legge elettorale nessuno l’ha promossa e tutti sono andati al voto con il famoso porcellum ed

ora tutti attribuiscono all’avversario la permanenza di questa legge detta iniqua, ma da tutti utilizzata e da tutti nei fatti accettata. Sul terreno dei grandi problemi del territorio, non c’è passo avanti e non c’è segno di progresso e di sviluppo. In Calabria il turismo langue, non decolla, la sanità è sempre nell’occhio del ciclone e le sole cose che sanno fare è il protrarre delle clientele e degli interessi elettorali che si acquisiscono dietro ad ogni strutture che operi nel settore. Come nella forestale dove è acclarato che l’assessore alla forestale è sempre il più votato ed il più osannato. L’aula del consiglio regionale, lunedì scorso, priva come sempre anche di un minimo di attività di controllo e di tesi alternative rispetto alla maggioranza, tranne qualche lodevole dimostrazione di buona volontà di qualche consigliere, ha approvato compatta il tirare a campare su temi di fondo quale quello della rappresentatività dove ogni sforzo era teso a mantenere o a migliorare numericamente le presenza di persone dentro il consiglio dove, ripetiamo, invece di diminuire e porre il problema degli inutili titoli e degli inutili e improduttivi costi, hanno lavorato per aumentare la popolazione e rende senza contrasto la proposta di numeri superiori laddove bisognava, invece, prendere atto della realtà che va sempre più vedendo che tanta gente inutile e costosa non solo non produce alcunché, ma è ostacolo al buon lavoro per le forze positive che vorrebbero far qualcosa di buono, nonostante un sistema che va a rotoli sempre più costantemente e coerentemente. Diciamolo davvero con forza. Dov’è la volontà di governare bene, esattamente, secondo i bisogni della gente? E dove i risultati del buon governo, di quanto si sarebbe fatto per garantire novità e buon governo per questa regione, una delle peggio governate dell’intero paese? Non è il numero delle poltrone a decidere per il meglio, è la qualità della rappresentanza: la quale è tanto più valida, quanto più è vicina alle istanze popolari e lontana dalla criminalità e dagli interessi di parte, di contro agli interessi generali della società che deve avanzare verso nuove prospettive di sviluppo, di civiltà, di buon lavoro e verso una grande riforma del sistema di giustizia che è la sola cosa da fare per sconfiggere mafia, criminalità e cattiva politica. La Calabria deve fare una svolta di cambiamento di trecentosessanta gradi. Occorre mandare a casa la vecchia politica ed i fautori del passato peggiore e dare spazi a gente nuova, a giovani, a persone che non stanno lì per contare i propri affari ed i propri guadagni ed i denari acquisiti, ma stanno disinteressatamente per fare il bene pubblico e l’interesse della popolazione e per rinnovare intera,mente la politica. Occorre gente che si affida alla libertà della critica ed alla libera stampa, non coloro che invece razzolano male e si acquisiscono servigi magari dei mezzi di comunicazione acquisendo servigi da parte di pezzi utili di stampa e tv e costruendo un apparato amichevole di giornalisti e telecamere sistemati in modo spudoratamente clientelare. Se uno fa bene non ha bisogno di giornalisti e mezzi di comunicazione amici. Il bene è diffuso come il male. Il grave è quando uno sa che non fa il bene e vuole fare apparire diversamente da come stanno le cose. In Calabria risultano compromessi gli elementi chiave di una democrazia: la libertà di critica, di pensiero, di informazione, di voto. Non servono le poltrone, serve il buon governo e l’onestà della politica e dei politici.

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Sabato 23 Marzo 2013

Mezzoeuro Tra fame e inappetenza di verità

Si vedono più ufo che veleni di Francesco Cirillo

Oramai le navi dei veleni sono come gli ufo. Da una parte c’è chi ci crede ciecamente e dall’altra chi si ostina a sostenerne la non esistenza. Da una parte i giornali di governo o filo governativi, chiunque sia il governo naturalmente, che si ostinano a confondere le acque sulle inchieste di quei pochi giudici che ci hanno creduto, dall’altra i giornalisti e le associazioni non “embedded” che cercano, inutilmente, di portare a ragionare su una realtà oramai incontrovertibile e che la stessa commissione presieduta dall’onorevole Pecorella in parte ha dovuto riconoscere. In parte sostengo io, in quanto la relazione finale della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti pubblicata sul sito della Camera dei deputati, è una enorme montagna di carte, interrogatori, audizioni, sopralluoghi, che hanno partorito un topolino. Un topolino importante di sicuro, una piccola mollica di pane, che soddisfa in parte la fame di verità che da anni associazioni ambientaliste, familiari delle vittime, popolazioni colpite dal fenomeno, chiedono inutilmente. Se potessi parlare con Grillo, gli direi che qualsiasi compromesso per un qualsiasi governo, varrebbe la pena di farlo, pur di entrare in queste Commissioni parlamentari per aprire archivi, armadi, omissis, interrogatori secretati, tenuti nascosti da decenni. Oggi nel Parlamento ci sono deputati e senatori, ambientalisti e perfettamente puliti, che a capo di una di queste commissioni, farebbero tremare l’Europa intera. Altro che il referendum sull’euro, o gli stipendi da dimezzare ai parlamentari.

Sono pochi i giudici che ci hanno creduto davvero e che hanno provato a far emergere dal fondo rifiuti tossici e radioattivi, eppure c’è ancora chi si ostina a coprire tutto, mentre la società Messina querela a destra e a sinistra che tutte le verità vengano alla luce. Per questo il lavoro della Commissione dovrà segnare un punto di ripartenza dell’ impegno istituzionale e sociale in nome della chiarezza, della verità e della giustizia».

La verità sulle navi dei veleni, sul traffico internazionale dei rifiuti tossici e nucleari che porta all’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, la morte per assassinio di Natale De Grazia, il traffico dei rifiuti che parte dal deposito di scorie nucleari a Rotondella e che porta all’Iraq di Saddam Hussein, il ruolo della ‘ndrangheta e della massoneria in tutti questi traffici, sarebbero una vera bomba nucleare che scoperchierebbe i governi europei dagli Anni ‘90 in poi, i loro servizi segreti, le industrie europee ed i loro industriali e finanziatori, il ruolo avuto da vari faccendieri che tutte le procure italiane che si sono occupate di traffici internazionali, conoscono uno ad uno.

Si aggiunge a Nuccio Barillà, il presidente nazionale della Legambiente Vittorio Cogliati Dezza. «La relazione finale della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, pubblicata conferma quello che Legambiente sostiene da anni: la magistratura non ha avuto sostegni adeguati nelle indagini sui traffici transnazionali di rifiuti tossici e radioattivi, che hanno interessato il mar Mediterraneo tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta. Uno scandalo, quello delle navi dei veleni, in cui viene stigmatizzato dalla stessa Commissione il ruolo dei servizi segreti, inefficaci, negligenti o addirittura condizionati da ragioni inconfessabili». «Le vicende e le indagini riassunte nella Relazione, che passa in rassegna tutte le inchieste e gli episodi più rilevanti, a cominciare dalla morte del capitano Natale De Grazia, fotografano una realtà che non riguarda solo il passato. È importante il riferimento che viene fatto dalla stessa commissione - aggiunge Cogliati Dezza - a indagini recentissime che stanno alzando il velo sui traffici internazionali di rifiuti. Quella che emerge è l’esistenza di modalità e meccanismi illeciti che richiedono una “competenza” accumulata negli anni da trafficanti e organizzazioni criminali».

Dobbiamo quindi ripartire da questo topolino, che dice e non dice, leggere fra le righe, percepire quasi messaggi subliminali fra una frase e l’altra, accontentantosi di quanto è venuto fuori. Lo fa, da grande conoscitore del problema, Nuccio Barillà, da qualche settimana membro della segreteria nazionale della Legambiente ed ambientalista storico della Calabria che dichiara con la sua solita schiettezza e coraggio civico che «le vicende delle navi dei veleni ricostruite dalla Commissione, delineano un quadro complesso e per larghi tratti inquietante, dove silenzi, omissioni, superficialità e complicità si intrecciano, mettendo a nudo un periodo oscuro che ha attraversato la nostra Repubblica. Primo fra tutti la negligenza dei servizi di sicurezza e il ruolo ambiguo di altri pezzi dello Stato. Dunque è il momento

In effetti a leggere bene quanto è scritto nella relazione sulle navi a perdere approvata in data 28 febbraio 2013 (Doc XXIII n. 21) qualcosa ne viene fuori pur se in modo contraddittorio. Per esempio, nella relazione non si non da alcun credito al pentito di mafia Francesco Fonti, morto solo quale mese fa. Ma non spiega come mai Fonti avesse indicato proprio quel punto nel mare di Cetraro dove poi, guarda caso, si trovò la nave Catania affondata durante la prima guerra mondiale. Si dice che Fonti abbia saputo queste cose da un altro personaggio mafioso, ambiguo e misterioso. Tale Guido Garelli, che Fonti conobbe nel carcere di Ivrea. Garelli interrogato dalla procura di Potenza disse che era stato lui la fonte dei racconti di Fonti. Ma Garelli, quindi, di cosa è a conoscenza?

Qualcuno lo ha interrogato a proposito? Così scrive la commissione: «La Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ha avviato una serie di approfondimenti sul fenomeno delle “navi a perdere”. La determinazione ad approfondire questo tema è stata assunta a seguito del rinvenimento di un relitto nel mare antistante la costa di Cetraro ad opera di alcuni pescatori della zona, in conseguenza del quale la procura della Repubblica presso il tribunale di Paola aveva aperto un procedimento penale, ipotizzando originariamente che il relitto potesse identificarsi con una delle navi cariche di rifiuti e dolosamente affondate di cui aveva parlato negli anni precedenti (in particolare, a partire dall’anno 2003) il collaboratore di giustizia Fonti Francesco all’autorità giudiziaria. Il procedimento penale avviato dalla procura di Paola, poi proseguito dalla procura di Catanzaro, si è concluso con un provvedimento di archiviazione. Francesco Fonti, collaboratore di giustizia già appartenente alla ‘ndrangheta calabrese, aveva infatti reso una serie di dichiarazioni relative ai presunti affondamenti di tre navi (la Cunsky, la Voriais Sporiadais e la Yvonne A) ai quali avrebbe partecipato personalmente. Una delle tre navi, secondo il racconto di Fonti, sarebbe stata affondata proprio dinanzi alle coste di Cetraro, nell’anno 1992. L’operazione, finalizzata allo smaltimento illecito di rifiuti tossici, sarebbe stata realizzata dalla ‘ndrangheta calabrese che in quel periodo si occupava, oltre che delle consuete attività illecite quali il traffico degli stupefacenti e l’attività estorsiva, anche del traffico illecito di rifiuti radioattivi (o comunque tossici). A seguito degli accertamenti effettuati dal ministero dell’Ambiente e dalla magistratura si è potuto constatare come effettivamente il relitto antistante le coste di Cetraro non si identificasse con la nave di cui aveva parlato Fonti. Nonostante ciò, la Commissione ha, comunque, ritenuto di approfondire il tema delle “navi a perdere” ossia dell’esistenza di navi affondate in mare cariche di rifiuti tossici e radioattivi, e, più in generale, il fenomeno del traffico di questo genere di rifiuti verso i paesi africani, come la


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Sabato 23 Marzo 2013

Tra fame e inappetenza di verità

Somalia, in quanto tema di grande attualità, rispetto al quale permangono molti aspetti oscuri oltreché di notevolissima rilevanza per la salute e l’ambiente. Nella relazione è stata svolta un’approfondita analisi delle indagini svolte dalla magistratura a partire dall’anno 1994 nel corso delle quali gli investigatori arrivarono a focalizzare l’attenzione in modo particolare su quale dovesse essere stato il carico della motonave affondata dolosamente denominata “Rigel” nonché sulle reali cause e sull’effettivo carico della motonave “Rosso”, spiaggiatasi nel dicembre 1990 sulle coste calabresi». Ma ecco il dubbio colossale da parte della Commissione quando scrive che: Non può ritenersi casuale che diverse indagini, pur avviate in territori distanti tra di loro, in epoche differenti e sotto la direzione di diversi magistrati, siano confluite quasi come se si trattasse di un’unica indagine su un percorso e un binario già noto, ma, da un punto di vista giudiziario, morto. Quello che si vuole sottolineare - continua la relazione - è che gli sforzi investigativi profusi nello svolgimento delle indagini concernenti i traffici internazionali di rifiuti tossici e radioattivi si sono puntualmente arrestati allo stesso punto, ovverossia allorquando si è introdotto il tema Somalia e il tema attinente ai traffici internazionali di armi e rifiuti. Questi ultimi due temi sono risultanti, almeno nelle prime fasi investigative, connessi tra di loro, essendo stato ipotizzato che vi fosse uno scambio tra la fornitura di armi ad opera dei paesi “moderni” e l’accettazione di rifiuti da parte dei paesi meno sviluppati. Ed allora, fatta questa premessa e tenuto conto delle difficoltà che ancora oggi si percepiscono nelle indagini di questo tipo, è possibile ripercorrere le inchieste che venti anni fa hanno avuto la “pretesa” di entrare in un mondo inaccessibile. A ciò deve aggiungersi un dato. Negli Anni novanta vi era terreno fertile per traffici di natura illecita riguardanti i rifiuti in quanto vi era la necessità di adeguare la realtà fattuale alla nuova realtà normativa introdotta dal referendum abrogativo del

1987 che portò alla chiusura delle centrali nucleari nel nostro Paese. Inoltre, la normativa europea, in continua evoluzione in materia ambientale, aveva introdotto ulteriori limiti allo smaltimento di rifiuti radioattivi. Si è registrato uno sforzo da parte della magistratura di venire a capo di una serie di vicende che hanno lasciato intravedere l’esistenza di traffici illeciti di rifiuti tossici interessanti il Mediterraneo e paesi africani. Tuttavia deve essere evidenziato che nessuna di queste indagini ha portato a risultati concreti o soddisfacenti, nonostante il grande impegno profuso dagli investigatori. Il dato che risulta evidente è che la magistratura non è stata adeguatamente supportata per affrontare indagini così complesse sia per l’oggetto sia per l’estensione territoriale, trattandosi di traffici transazionali. Ne è un esempio significativo l’indagine portata avanti dalla procura circondariale di Reggio Calabria, che poteva contare sull’apporto di un gruppo investigativo composto da pochi uomini, seppur qualificati. In proposito, sono chiarificatrici le dichiarazioni rese dal sostituto procuratore Alberto Cisterna nel corso dell’audizione del 9 dicembre 2009 avanti alla Commissione: «L’indagine sostanzialmente mi arriva con questa incompiuta: era necessario recuperare questa motonave. Il procuratore presso la pretura era, al tempo, il dottor Scuderi; ebbi un colloquio con lui e con il dottor Neri, durante il quale chiesi anche le ragioni di questa trasmissione, in quanto si trattava di un fascicolo impegnativo. D’altra parte, la procura distrettuale in quegli anni era impegnata con un centinaio di processi e migliaia di indagati, e dunque arrivava un processo importante. Sono state date alcune spiegazioni. Innanzitutto, si parlò delle difficoltà incontrate nel reperire i fondi e i finanziamenti necessari al ritrovamento della motonave e sostanzialmente - ricordo con precisione questo dato, sebbene siano passati tanti anni, quasi quattordici - si disse che non ci si sentiva tranquilli nello scaricare a Modello 12 (il capitolo delle spese di giustizia a disposizione di ogni procura) una spesa impegnativa pari ad alcuni miliardi delle vecchie lire. Quindi, questa attività

avrebbe comportato una spesa davvero consistente. Dunque, immaginate un piccolo ufficio, con il peso di un’indagine complessa e con l’impegno di una spesa considerevole, in un clima di grande preoccupazione dovuta anche alla morte del comandante De Grazia, che aveva segnato anche psicologicamente i protagonisti di questa vicenda. Lo scenario indubbiamente avvalorava queste preoccupazioni. Ricordo che si temeva di essere in qualche modo sorvegliati o intercettati. Vennero fatte delle bonifiche negli uffici che si trovavano distanti dai nostri proprio per questo motivo. L’attività investigativa svolta per l’accertamento dei fatti di criminalità transnazionale aventi per oggetto lo smaltimento illecito rifiuti radioattivi o comunque tossici si è, quindi, costantemente scontrata con difficoltà insormontabili, nel senso che, per usare una facile metafora, si è dovuta spingere verso i confini conosciuti del diritto, ed è giunta sempre in luoghi posti al di là delle Colonne d’Ercole, dove semplicemente il diritto non esiste. Sembra però che la dedotta “ignoranza ufficiale” dei servizi di sicurezza in ordine a vicende che di per sé appaiono come assai sospette (morte del capitano De Grazia, spiaggiamento della motonave Jolly Rosso) debba necessariamente ascriversi o ad uno svolgimento di tale attività in modo non esauriente o negligente, ovvero a ragioni inconfessabili, non necessariamente illecite. Per concludere appare doveroso sottolineare come recentissime indagini stiano lentamente alzando il velo su una realtà inquietante e drammatica per ciò che concerne i traffici internazionali di rifiuti. Le modalità operative che sono emerse a livello investigativo sono espressione di meccanismi talmente consolidate e radicati che necessariamente affondano le loro radici in epoche precedenti a quello dell’indagine medesima. È verosimile, quindi, che oggi, grazie agli strumenti investigativi a disposizione della Direzione distrettuale antimafia, ai canali informativi favoriti dalla Direzione distrettuale antimafia, sia possibile avvicinarsi ad un mondo, quello del traffico transazionale dei rifiuti tossici, sul quale per troppo tempo non vi sono stati che fondati sospetti e nulla di più». La commissione chiude la sua relazione parlando di «fondati sospetti e nulla di più», dando così il colpo finale a tutto il lavoro fatto dalla commissione stessa. Intanto, la società Messina proprietaria armatrice della motonave Jolly Rosso, in una strenua difesa della propria immagine querela a destra e a manca. Dopo la querela fatta al sottoscritto, finita con un’archiviazione da parte della Procura di Paola che riconobbe il 6 giugno del 2011 il mio diritto di critica nello scrivere l’articolo incriminato dalla società Messina, asserendo che non c’era insomma alcun intento diffamatorio ma solo il dritto a scrivere di dubbi e sospetti sulla vicenda dello spiaggiamento della motonave Rosso sulla spiaggia di Campora San Giovanni. Ecco due nuove querele. Una al presidente Gianfranco Posa presidente del comitato “Natale De Grazia” di Amantea e con lui a Lavinia Bruno giornalista di La7 ed a Francesco Fonti per un video trasmesso, e l’altra più recente a due esponenti di Rifondazione comunista, Lucio Cortese e Francesco Saccomanno per un documento uscito nell’ottobre del 2009 in occasione della manifestazione sulle navi dei veleni ad Amantea. Come dire, chi tocca i fili muore. Una sottile minaccia a non voler far parlare di quanto accadde quella notte del 14 dicembre del 1990 quando la Jolly Rosso spiaggiò ad Amantea. Misteri e dubbi che nella stessa relazione finale firmata dall’onorevole Pecorella e dall’onorevole Bratti permangono.

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Sabato 23 Marzo 2013

Mezzoeuro Un discarica che nessuno si fila

C’è chi riesce ancora a tapparsi il naso

In contrada Cutura a Rende, rifiuti di ogni tipo a 50 metri dalla Calabra Maceri eppure le autorità comunali puzza non ne sentono di Vincenzo Bruno

Una discarica in piena regola, un nugolo di rifiuti di ogni tipo, dai cartoni di 3 mt per 2 a un televisore spaccato a metà con fili scoperti che fuoriescono impazziti. Ma non solo: carcasse di tricicli, ventilatori sventrati, sedili, gomme e tubi di plastica aggrovigliati su se stessi, rilevatori accessoriati di pile colpite da sole, pioggia e neve, materassi usurati e taniche lasciati in bella(o meglio:brutta) vista ai lati della strada. Sembra un mercato dell’usato e invece non c’è da fare molta fatica per subire lo spettacolo d’inciviltà che, in un misto di raccapriccio e disgusto, cresce a ritmo quotidiano in contrada Cutura a Rende, esempio disdicevole che si riproduce disgraziatamente in copie molteplici nella Calabria degli sprechi, della noncuranza per l’ambiente e del suicidio ecologico di massa. Sembra difatti che non importi proprio a nessuno questa piccola discarica a tutti gli effetti abusiva che come un rampicante si è già impossessata della strada e minaccia di farlo riversandosi nel fiume Emoli che scorre nei pressi. Filmati provenienti dal web testimoniano lo spettacolo indecoroso per una cittadina come Rende che predica lo sviluppo urbanistico ragionato negli spazi più visibili e trafficati del circondario. Detti video mostrano come le sponde del fiume siano praticamente disseminate di rifiuti mentre altri affiorano sotto i roveti: durante le vio-

lenti piogge degli ultimi giorni spazzatura, bottigliette, palloni e plastiche varie (addirittura una bombola del gas arrugginita) sono state strappate e scaraventate nelle acque del fiume inquinandolo e in certi punti facendo da ‘tappo’ al corso naturale dello stesso. Se si pensa alla ricerca dell’allineamento verso il verde delle zone residenziali di Commenda, ad esempio, e la vocazione al rispetto per l’ambiente che si cerca con la riduzione della Tarsu e risultati confortanti della raccolta differenziata, fa però specie vedere nascere dal nulla e solidificarsi ammassi indifferenziati non isolati di rifiuti a pochi metri dalla Calabra Maceri. L’ennesimo, turpe paradosso dei nostri tempi che a 50 metri dal sito di stoccaggio e differenziazione ne vede sorgere un altro, informale e trascurato, nel quale si rigenera quella pratica di abbandono illegale che l’azienda multiservizi ha per statuto e tipo di attività l’onere di combattere. Perché nessuno faccia niente ce lo siamo chiesti sin da subito, immaginando la risposta nel fatto che la contrada sorge in una zona poco avvezza alle passeggiate dei rendesi e di quanti si recano nel territorio comunale per svago o lavoro ma di certo altamente transitata in quanto raccordo secondario tra la ss 106 e la zona industriale di Quattromiglia. La discarica in oggetto aumenta di volume, fetore e pericolosità ambientale rapidamente, nell’indifferenza generale e di quella delle autorità competenti. Autorità che a questo punto - allertate a più riprese di questo quadro di degrado - dovrebbero accertare la provenienza di queste abitudini malsane e perché si stiano stratificando nel tempo. Probabilmente duole sapere che molti materiali che compongono le distese di rifiuti sono materiali ingombranti o comunque di riciclaggio che, come dire, richiedono uno sforzo ulteriore da parte del cittadino/utente per lo smaltimento. Parliamo di materassi, televisori, pile e olii usati il cui riciclo prevede particolari procedure o invasi speciali di stoccaggio. Ma parliamo

anche di oggetti di uso diario che, dall’aspetto apparentemente innocuo e che, sempre apparentemente, hanno l’unica colpa di essere da smacco alla necessità di risparmio e dovere di riuso che in tempi di crisi si esige, si ritrovano rei di nascondere metalli o componenti sconosciuti e che, a lungo esposti alle intemperie e sversate nei terreni possono nuocere alla salute più di quanto possa apparire, appunto. I camion della Calabra Maceri sfrecciano veloci eppure è impensabile che nessun amministratore comunale sia all’oscuro di questo scempio. Da una parte, nella homepage comunale, passa il chiaro messaggio di corresponsabilità di cittadino e istituzioni nella raccolta differenziata. È il cittadino che deve munirsi di consapevolezza e senso civico per aiutare e coadiuvare il comune a fondare una cultura del riciclo. Ma non si può soprassedere sui compiti di vigilanza e controllo sul ciclo rifiuti dell’amministrazione che non può non vedere la nascita di una discarica giorno dopo giorno, nel corso di (almeno) 4 lunghi anni. Abbiamo infatti scoperto che i rifiuti hanno interessato l’area almeno dal 2009, quando tra l’immondizia c’erano mobili, una lavatrice e addirittura un fusto e il tettuccio di un’auto. Quante persone sono passate di lì in quattro anni? A cosa è dovuto tutto questo: è la causa di comportamenti sconsiderati continuati o la conseguenza del mancato pagamento ai dipendenti delle multi servizi che si occupano della raccolta nella zona interessata? L’ufficio stampa del Comune da almeno due settimane ha assicurato circa l’immediata presa in consegna della richiesta da parte del settore di competenza, ma a dire la verità l’ammasso di spazzatura giace ancora lì, ogni giorno più vistoso. Sacchetto dopo sacchetto, elettrodomestico dopo l’altro, è nata una discarica che nessuno si fila più e che ora rischia di peggiorare le criticità del letto fluviale. Sito non autorizzato a raccolta di rifiuti solidi urbani e inquinamento dell’alveo del fiume circostante: ci sono tutti i presupposti per intervenire a Cutura. Non è un bel vedere, fidatevi.


Mezzoeuro

Sabato 23 Marzo 2013

Aglio, olio e peperoncino

Le fatture del diavolo Il prete di Crotone che esorcizza il demonio davanti ai fedeli Ovviamente non lo fa gratis Si tratta di capire se è più ingenuo Satana o chi apre il portafogli di Francesco Cirillo

Wanna Marchi la fece proprio grossa truffando poveretti, vendendo loro sale e alghe a chili, facendo credere loro che i loro amori, le loro sfortune, le loro angosce sarebbero passate con un bicchiere d’acqua. Ogni bevuta erano centinaia di euro, e povera gente depressa e sola, vi aveva abboccato credendo di risolvere problemi di amore e di salute. Da regina della televisione, da tele imbonitrice, a vittima essa stessa della televisione attraverso la trasmissione “Striscia la notizia”. Da carnefice a vittima, a carcerata insieme alla figlia. Per sua fortuna, adesso sono entrambe fuori, non senza aver fatto qualche annetto di prigione. Ma di tele imbonitori ancora ce ne sono in circolazione. Non hanno la valenza della Wanna Marchi, ma dalla vendita dei pacchi su Raiuno ai tanti maghi, ciarlatani e lettori di tarocchi, la tv ne è ancora piena, e c’è sempre qualcuno che abbocca. Addirittura lo stesso Berlusconi, altro tele imbonitore famoso, si è preso una denuncia da un militante di Rivoluzione civile, per “abuso della credulità popolare” per aver lanciato elettoralmente attraverso una lettera, giunta a casa di milioni di cittadini italiani, la promessa di restituire l’Imu in caso di vittoria. Molti ci hanno creduto e l’hanno votato. Riguardo alla politica, c’è da dire, però che anche altri l’hanno sparata grossa. Lo stesso Grillo ha sparato la promessa di dare 1.000 euro al mese per tre anni a tutti i disoccupati, esodati, cassa integrati. Nel caso di maghi e venditori vari di prodotti esoterici, due sono gli articoli che potrebbero essere loro applicati. L’art. 643 del Cpp che parla di Circonvenzione di persone incapaci e che dice testualmente: «Chiunque, per procurare a sé o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato d’infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto, che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 206 a euro 2.065». E l’art. 661 del Codice penale che parla espressamente di «abuso della credulità popolare», e cioè viene punito «chiunque, pubblicamente [c.p. 266], cerca con qualsiasi impostura, anche gratuitamente, di abusare della credulità popolare è punito, se dal fatto può derivare un turbamento dell’ordine pubblico, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 1.032» [c.p. 640]. Ma il vero motivo che mi ha portato a parlare di questi articoli di legge e di maghi e fattucchieri è un altro. L’essere venuto a conoscenza di un episodio avvenuto in una chiesa di Crotone qualche giorno fa. Una chiesa presa d’assalto da centinaia di fedeli (fedeli a cosa?) giunti con pullman ed auto da tutta la Calabria. Tutti per assistere alle funzioni di un prete esorcista, Don Michele Vassallo. Il prete vendeva, all’interno della chiesa, dietro chiaramente una “simbolica” offerta, un pacco di sale, dell’acqua e dell’olio. Il prete nella sua omelia ha declamato ai fedeli che bastava che in casa usassero la mistura dell’acqua, del sale e dell’olio benedetto perché le forze malefiche si allontanassero subito e si risolvessero tutti i problemi legati all’amore, alla salute, al lavoro. Il prete esorcista, sembra che all’interno delle centinaia di persone accorse per vederlo e assiepate nella chiesa, avesse individuato due ragazze che, poverette, a dire loro, ogni volta che si fidanzavano, questi sprovveduti di ragazzi, le lasciavano. Il prete esorcista, dopo una benedizione con esorcismo, le tranquillizzava, assicurando loro che dal prossimo fidanzamento non sarebbero state più lasciate. Potenza del sale e dell’olio, altro che Wanna Marchi. Dopo poco è il turno di una donna che non può avere figli. Anche a lei il prete esorcista, dopo una preghiera ed una benedizione con la solita acqua, all’olio e al sale benedetto, viene assicurato che l’anno prossimo ritornerà in chiesa con

un pargoletto. Chissà come ci rimarrà male il suo ginecologo. Di sicuro straccerà la sua laurea e si darà anch’egli all’esorcismo facendo aumentare le nascite. Ma siamo nel 2013 o nel Medioevo? E ci lamentiamo che la gente creda ancora al mago Otelma, che peraltro gira travestito da vescovo, da nuove Wanna Marchi, e da profeti di ogni fede e religione? Se l’abuso della credulità popolare e la circonvenzione d’incapaci valgono per i maghi, perché non deve valere per un prete esorcista che guarisce con il sale la sterilità femminile? E così come Wanna Marchi vendeva le sue alghe abusivamente aggirando il fisco, non è uguale vendere bottiglie di acqua e pacchi di sale senza rilasciare lo scontrino, peraltro in un luogo senza alcuna licenza commerciale di vendita?

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Mezzoeuro Intrecci pericolosi sulle spiagge cipriote

Colazione a Limassol di Oreste Parise

La costruzione della macroregione centro-europea è iniziata qualche anno fa a Limassol. Sembra proprio che la Lega Nord porti sfiga. Dopo aver messo in ginocchio un paese come l’Italia lasciandola con il culo per terra, nel suo poliedrico esercizio di internazionalizzazione è riuscita ad esportare il suo influsso mefitico, come portatore infetto di un terribile germe che rischia di trasformarsi in una pandemia a diffusione planetaria. Dopo l’Italia ecco Cipro, e si spera che lo stesso non debba estendersi anche alla Tanzania, che sembra godere di uno stato di grazia in questo momento. Il buon Roberto Maroni, oggi tronfio governatore lombardo, da ottimo ministro degli Interni, che ha combattuto epiche battaglie contro la ‘ndrangheta, non aveva avuto alcun sentore che il nemico gli era entrato in casa e gli stava rubando le mutande nel comò di casa sua. Quando nel marzo del 2010 Roberto Saviano nel suo primo monologo a “Vieni via con me” di Fabio Fazio aveva denunciato l’infiltrazione della ‘ndrangheta nel Nord, l’ineffabile Ministro aveva preteso un immediato intervento di rettifica, concessogli la settimana successiva. Il titolone della prima pagina de “Il Giornale” del 23 marzo urlava: A Vieni via con me Maroni zittisce Saviano: “Parole offensive, noi arrestiamo i superlatitanti”. «La sua affermazione è ingiusta e offensiva per chi da sempre contrasta l’illegalità», dichiarava Roberto Maroni. Mai dichiarazione fu più improvvida. Solo qualche mese dopo il suo partito fu investito di uno tsunami giudiziario che mise a nudo una realtà allucinante. Nello sforzo di combattere i superlatitanti, si era dimenticato che anche gli incensurati possono combinare qualche guaio. Inconsapevolmente la sua Lega aveva perduto il suo carattere celodurista e si è ritrovata sodomizzata dalla ‘ndrangheta reggina, che aveva avuto la luminosa idea di utilizzare proprio quello che doveva a rigore essere il suo principale avversario nella lavanderia finanziaria dell’organizzazione. Tra i canali utilizzati vi era quello cipriota. Una sorpresa per chi non ha molta dimestichezza con questi giochini finanziari che stanno distruggendo la nostra vita. La grande fortuna del grande Roberto, è stata che nel corso di questa campagna elettorale, la Lega è stata data per morta, e non costituiva più un interessante argomento di discussione. Questo gli ha consentito di far dimenticare non solo

Francesco Belsito

il brutto affaire della contaminazione criminogena, ma ha potuto scansare imbarazzanti approfondimenti su vecchie vicende prodromiche a quelle. Fatti e circostanze che mettevano in luce il suo vero carattere e preannunciavano i disastri successivi. Prima di tentare una breve analisi del caso cipriota, è illuminante accendere una fioca luce su tutti questi inquietanti precedenti finanziari della Lega, poiché danno una chiara indicazione della sua capacità di governo. Non si può dimenticare il piccolo particolare che essa ha avuto un ruolo fondamentale nella determinazione dell’agenda politica nazionale. È ridicolo pensare che la ‘ndrangheta aveva ben chiaro quale fosse il ruolo di Cipro nel decidere la diversificazione dei propri investimenti e la destinazione dei suoi capitali, mentre una delle forze di governo più importanti non aveva alcun sentore di quanto succedeva nell’isola. Nella declinazione della politica europea dei leghisti si è sentito di tutto, dai rutti bossiani, alle invettive di Boso, ma mai che qualcuno abbia fatto cenno alla necessità di una regolamentazione bancaria più incisiva, di porre un argine alla speculazione finanziaria, di un controllo della circolazione monetaria per combattere la grande criminalità organizzata. Il piccolo particolare è che ha avuto la responsabilità del governo di uno degli Stati fondatori dell’Unione europea, che era legittimato a porre la questione nell’agenda europea e tentare un approccio per combattere la crisi un po’ diversa dalla decurtazione degli stipendi e delle pensioni di coloro che vivono a reddito fisso. Il divo Giulio che in occasione delle ultime elezioni ha sciolto definitivamente il nodo della sua appartenenza, è stato il facitore della nostra politica economica e finanziaria, ha dimostrato di possedere una grande capacità analitica ex post, mentre nella concreta azione di governo ha sempre operato in direzione completamente opposta ai principi predicati nei suoi testi sacri. Il bravo Maroni da ministro della giustizia non ha mai sentito la necessità di servirsi di invocare strumenti efficaci per debellare la speculazione finanziaria e impedire alla grande criminalità di trovare canali di investimento dei proventi illecitamente accumulati. Qualche lustro fa, i grandi capi leghisti si avventurarono nella costruzione del favoloso villaggio “Rezidencija Skipper” ad Umago in Croazia, che fu subito soprannominato “il paradiso di Bossi”, un investimento di 10 miliardi di lire che finì miseramente perché la Ceit, la società che raccoglieva i soldi dei possibili acquirenti fallì mettendo a nudo una situazione sconcertante di incroci societari, soldi scomparsi risoltosi in condanne e patteggiamenti dei vari protagonisti di quella edificante vicenda, e l’intervento salvifico del benefattore Silvio, che impedì che la farsa si trasformasse in tragedia politica ottenendo in cambio una solida e inossidabile patto di acciaio per il governo del Paese. Altra storia molto edificante della finanza leghista è quella della Banca Credieuronord, un vicenda finita nelle aule dei tribunali che ha visto coinvolti tanti personaggi influenti della

La strana crisi di una piccola isola mediterranea che fa tremare l'euro. Incontro tra due religioni e due civiltà, ma anche degli affari criminali e dei politici corrotti Nello stato di confusione in cui è piombato il Paese per lo strano risultato elettorale, si è persa memoria di Francesco Belsito e degli investimenti leghisti nell'isola Un filone della saga del Circo Magico che meriterebbe una maggiore attenzione seconda repubblica, e un tentativo di salvataggio da parte della Banca Popolare di Lodi di Fiorani, uno dei golden boys dei furbetti del quartierino. Alla fine tutto è stato coperto da investimento politico che ha creato l’asse di ferro con il Pdl del capo supremo di questa lunga stagione politica dura a morire. «Secondo Rosanna Sapori, ex consigliere comunale leghista e giornalista di Radio Padania Libera, in cambio del salvataggio del Credieuronord da parte di Gianpiero Fiorani, Silvio Berlusconi avrebbe ottenuto la proprietà legale del simbolo del Sole delle Alpi», come si può leggere su Wikipedia. Affari e politica sono stato un perfetto binomio che ha governato l’equilibrio della Seconda repubblica berlusconiana. Non può certo sorprendere, quindi, la decisione del tesoriere leghista di investire a Cipro una parte del patrimonio del partito accumulato con i ricchi rimborsi elettorali, con l’acquisto di quote della “Krispa Enterprise ltd” di Larnaca per 1,2 milioni di euro, e altri quattro milioni e mezzo di euro investiti in titoli di stato della Tanzania.


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Sabato 23 Marzo 2013

Intrecci pericolosi sulle spiagge cipriote

Ma perché proprio a Cipro, e perché questo piccolo Stato è fonte di preoccupazione tanto da far temere una implosione dell’Unione monetaria? La risposta va trovata nei paradossi dell’Unione, nella incapacità (o mancata volontà) di gestire delle situazioni di frontiera, nell’equilibrismo tra una politica di rigore etico-morale e politico-sociale e di tolleranza per comportamenti che creano vantaggi diffusi e generalizzati. L’isola è divisa in due etnie, quella cipriota e quella turca, che convivono divisi su tutto. Da un punto di vista finanziario era un paradiso fiscale nel cuore del Mediterraneo, dove affluivano capitali da ogni parte del mondo, ma soprattutto dall’Europa e dal “continente” ex-sovietivo, con una piccola tassazione (inferiore al 4%) pagata molto volentieri dagli investitori in cambio di una assoluto anonimato e la protezione del tesoro affidato alle banche dell’isola. Questo consentiva un alto tenore di vita ai ciprioti senza alcuna necessità di doversi prendere il fastidio di qualche impiego di nessun tipo. Una economia drogata con un tasso di crescita stratosferico legato unicamente all’afflusso di capitali. Leciti? Pecunia non olet, avrebbe risposto Vespasiano. E tanti sono ancora i Vespasiani tuttora esistenti nel mondo. Il referendum ebbe un esito dicotomico: i ciprioti greci dicono sì a grande maggioranza, i turchi dicono no. La conseguenza salomonica fu che Cipro entra a metà nell’Unione anche monetaria. L’entrata in circolazione dell’euro nell’isola genera un effetto di esplosione degli “investimenti” esteri che possono contare non solo sul regime fiscale favorevole, sulla legislazione bancaria permissiva e in più sulla garanzia di una moneta stabile e che funge da mezzo di pagamento internazionale. La classica quadra bossiana: l’isola diventa un paradiso fiscale superprotetto. Tra le regole di ingaggio, all’Unione naturalmente viene richiesto al governo cipriota di adeguare la sua legislazione finanziaria allo standard europea, senza una esplicita imposizione di abbandonare il suo status di paradiso fiscale. Questo ha portato al recepimento della normativa fiscale europea, e alla firma di 32 convenzioni bilaterali sulla doppia tassazione. Tuttavia, l’economia dell’isola era legata esclusivamente agli

investimenti finanziari internazionali, in particolare dei magnati russi. Per un accordo non scritto, si è tollerato che nell’isola fosse possibile la costituzione di società anonime che avevano lo scopo di interrompere la tracciabilità delle transazioni finanziarie. Si era ricreata per altra via, la possibilità di mantenere la sua natura de facto di paradiso fiscale e finanziario. La strada principale di Nicosia è Makarius Avenue che pullula di banche, società finanziarie, studi di consulenza, tra le quali spicca la Deloitte e Ernst & Young, alcune con banner sul sito dell’Istituto del Commercio Estero del nostro Ministero. Nel 2010 il divo Giulio ha depennato Cipro dalla “black list” dei paesi fiscali, equiparandola a qualsiasi altro Stato europeo, con il paradosso che a Cipro si è reso possibile l’impossibile: effettuare sotto il mantello della legislazione europea operazioni illegali, frutto di attività criminali. Una situazione molto comoda: un piede dentro e un altro fuori, mezza isola in Europa e l’altra metà nell’altro mondo, una moneta forte e un sistema monetario aperto al mondo e senza controllo. Un sistema che ha prodotto un boom economico e una euforia monetaria, poiché tutto sembrava possibile nell’isola del tesoro. Un professionista molto noto agli inquirenti che si sono occupati della vicenda leghista è Paolo Scala, un faccendiere milanese che operava per conto dell’ex tesoriere leghista Francesco Belsito. Secondo quanto emerge dalle intercettazioni telefoniche disposte dalla Procura di Reggio Calabria, opera per conto di numerosi professionisti reggini, poiché era «abilitato a operare su mercati esteri, specializzato nella gestione di articolate operazioni finanziarie portate a termine in territorio cipriota». L’attuale crisi cipriota nasce dalla svolta teutonica della politica di Bruxelles con l’applicazione del rigor mortis alle economie mediterranee. Nella furia iconoclasta di voler interrompere questo circolo vizioso ha imposto delle misure drastiche, ivi compreso un prelievo forzoso dei conti correnti bancari. L’intento non dichiarato era quello di colpire con una modesta tassa i capitali illeciti affluiti nell’isola, quale prezzo della loro “lega-

lizzazione”. Una misura eccezionale per fronteggiare un caso eccezionale, che è stata gestita maldestramente da parte del governo cipriota. Nell’estenderne l’applicazione anche alle piccole somme dei risparmiatori ha creato il panico, ingenerando la paura che questo comportamento potesse diventare uno strumento comune di intervento nella gestione delle crisi. Non è escluso, anzi andreottianamente si deve supporre che questa sia l’ipotesi più probabile, che il governo cipriota abbia voluto artatamente creare il panico tra i risparmiatori per costringere la Commissione europea di rivedere la sua decisione e costringerla a rinegoziare l’intero pacchetto di misure imposte all’isola per una completa europeizzazione finanziaria. Non è tanto la modesta tassa a preoccupare né il governo, né i magnati russi, ma la prospettiva di perdere il suo status di paradiso fiscale, con la conseguente fuga dei capitali. Il governo cipriota, e tutta la popolazione dell’isola, è perfettamente consapevole che questo impone una completa rivisitazione dell’intero sistema economico con la reinvenzione di una economia reale che fino a questo momento era un elemento secondario. Le misure imposte dalla Troika finanziaria (Ue, Bce e Fondo monetario) non prevede alcuna misura di rilancio dell’economia. In conseguenza di ciò, il risanamento si tradurrebbe in un disastro sociale, con la popolazione dell’isola ridotta a un esercito di disoccupati senza alcun mezzo di sostentamento. Il lavoro un fastidioso sistema per vincere la noia, ma senza alcuna implicazione sociale ed economica poiché la ricchezza finanziaria consentiva a tutti un alto tenore di vita senza chiedere nulla in cambio. Questo è anche il motivo per cui, dopo un attimo di disorientamento dei mercati poiché gli operatori non avevano ben chiari ancora i motivi della crisi, il pericolo cipriota è scomparso. Gli stessi magnati russi non sono interessati all’esito della controversia, considerato che il sacrificio loro richiesto non è molto oneroso e possono trovare immediatamente una soluzione per i loro capitali, poiché i paradisi fiscali sono numerosi e ben protetti in varie parti del mondo. Non sarà certo qualche ora di aereo in più per le rare volte che possa essere necessaria una presenza fisica dei titolari, abituati a operare con fiduciari e alle traversate transoceaniche. I grandi investitori internazionali sanno perfettamente che i valori coinvolti non sono tali da poter mettere a repentaglio il sistema finanziario internazionale e scontato qualche convulsione dei mercati fino al raggiungimento di un nuovo equilibrio necessario dopo il ricollocamento dei valori finanziari. La ‘ndrangheta ha mostrato di avere una strabiliante capacità di lettura della evoluzione dei mercati e riesce ad operare nell’ottica di uno scenario globale, riuscendo a cogliere perfettamente e in anticipo rispetto al potere politico. La scelta della via cipriota non era del tutto casuale, ma aveva delle solidi ragioni economiche e finanziarie. Tutto questo non era palese ai grandi soloni leghisti che si sono visti i finanziari in casa ad indagare sui loro soldi senza che si fossero resi conto di quanto gli stava succedendo. Erano troppo occupati a individuare chi si era permesso di ristruttura la villa del loro capo, a sua insaputa. Delinquenti! Ad onor del vero, un anno e mezzo di governo tecnico non ha percepito l’esistenza di questa macroscopica anomalia: si è trovato molto più comodo e facile operare “draculiane” manovre sanguisuga sui piccoli risparmiatori, dipendenti e pensionati piuttosto che occuparsi della speculazione finanziaria internazionale. www.oresteparise.it

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Sabato 23 Marzo 2013

Liquidi, cemento e incognite

Un’altra lunga giornata per gli acquirenti di Parco Romani, per tre giorni in assemblea permanente nella sala concerti di palazzo de Nobili, assetati di risposte per sperare in uno spiraglio di luce in un futuro da troppi anni incerto. Personaggi in cerca di autore in una storia infinita fatta di attese e promesse disattese, con la delusione in agguato e l’unica certezza di aver investito risparmi e il lavoro di una vita che doveva essere diversa anche grazie a quella scommessa chiamata Parco commerciale Romani che oggi è l’ennesima metafora di un Mezzogiorno consumato dalla burocrazia, tra le promesse elettorali e l’impotenza di chi non ha santi in Paradiso.

Una matassa

che non si sbroglia Le ipotesi risolutive al vaglio per ipotizzare la conclusione dei lavori dell’immobile che aspetta di essere inaugurato da quasi un decennio, dopo una giornata, quella di venerdì, cadenzata da incontri come quello con i consiglieri della minoranza che segue la prima parte del confronto (ieri con i colleghi del centrodestra) aumentano rispetto al primo disperato giorno di pacifica occupazione della casa comunale. Abramo ha anche avuto modo di confrontarsi con una ristretta delegazione degli acquirenti rimasti a presidiare le stanze di Palazzo de Nobili lasciando intendere che, comunque, c’è bisogno di un pò di tempo per fare chiarezza all’interno dell’amministrazione ma si è dimostrato chiaramente disponibile a risolvere la vicenda una volta per tutte. In mattinata, i consiglieri della minoranza si sono detti pronti al dialogo con un fine costruttivo, ma sono a caccia di proposte concrete per capire le problematiche reali che insistono su Parco Romani. Una matassa che non si sbroglia con il semplice coinvolgimento dei consiglieri in maniera bipartisan, perché quello che preoccupa è tanto una eventuale responsabilità patrimoniale quanto penale. Non bisogna dimenticare, infatti, che esistono delle indagini giudiziarie in corso e che ci sono delle ingenti somme da “girare” che se realmente dovute dal Comune, o pignorate degli imprenditori interessati, spingerebbero Palazzo de Nobili sull’orlo della crisi finanziaria. C’è da salvaguardare, quindi, anche la Catanzaro servizi, la partecipata coinvolta nella vicenda dell’Ente Fiera come soggetto attuatore, e prima di tutto i suoi lavoratori. Su questo anche la minoranza alla ricerca di una soluzione che tenga in conside-

Il Parco Romani di Catanzaro tra l'inchiesta e gli acquirenti che protestano. Altre giornate di passione agli archivi e altre all'orizzonte

razione il futuro degli acquirenti e dei lavoratori, è stata chiara. Ora si aspettano le proposte maturate dal sindaco, nell’incontro in plenaria di domani pomeriggio quando saranno presenti i consiglieri della maggioranza quanto della minoranza. Ma proprio sull’ente Fiera torna l’attenzione prioritaria per la definizione di una possibile soluzione della vertenza Romani, tanto che il sindaco si sarebbe già recato a Roma per verificare lo stato dell’arte della pratica direttamente al ministero delle Attività produttive. Sul tavolo cinque milioni di euro che metterebbero fine ad ogni controversia finanziaria aperta. Ma resta da chiarire l’aspetto giudiziario tanto che l’ultima parola spetta al consiglio comunale che presto si pronuncerà sulla questione e con la decisione delle assise in mano il sindaco andrà dai magistrati e illustrerà la posizione dell’Ente.

E venerdì si è riflettuto a lungo sulle ragioni scaturenti il debito del Comune rispetto alla ditta titolare della realizzazione di Parco Romani. In principio fu un terreno che non avrebbe dovuto essere espropriato perché era già di proprietà comunale. Se il padre del titolare della ditta Romani che ha costruito l’omonimo Parco commerciale avesse demolito quelle costruzioni abusive che sorgevano sull’alveo del fiume, poi risanato diventando il palcoscenico della costruzione di una ferita di cemento aperta nella città, non si sarebbe parlato di un debito di circa 3 milioni di euro che, invece, deve essere il Comune a dover restituire. Al momento dell’accordo di programma tra Regione e Comune che ha sancito il via libera alla realizzazione del Parco commerciale Romani, arriva l’autorizzazione a costruire anche su circa 1500 metri quadri - che da destinazione agricola diventano edificabili - che i Romani hanno pagato all’amministrazione che, in realtà, li aveva già espropriati nel 1998, per registrarne l’acquisizione al patrimonio sono nel 2005. E, ovviamente, gli acquirenti che hanno iniziato ad investire nella struttura dal 2001 in avanti ne erano completamente ignari perché non essendo registrata l’acquisizione, questa non risultava dalle visure comunali. Un terreno espropriato forse anche ad un prezzo maggiore del dovuto che potrebbe significare restituire all’amministrazione del Parco una cifra sufficiente a ultimare la struttura e quindi a raggiungere il sogno di un taglio del nastro. Che è quello che gli acquirenti agognano, e chiedono. Ma.Ri.Ga

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Sabato 23 Marzo 2013

Se non c’è prevenzione, almeno gli interventi... Il libro che apre il dibattito

Il disastro che ti aspetti

Gestione del territorio

di Beniamino Falvo* e Giovanni Perri**

L’alluvionamento del sito archeologico di Sibari costituisce un fatto eccezionale che si è ripetuto dopo oltre 2500 anni, vale a dire dal 510 a.c., data in cui i crotoniati distrussero la città di Sibari, allagandola con le acque del Crati. Questo fenomeno però sembra aver destato molto interesse tra la pubblica opinione, nella Coldiretti ed altri organismi istituzionali e non altrettanto forte attivo coinvolgimento degli Ordini professionali, quasi fosse un evento ineludibile, tipo un fenomeno sismico e/o di particolare aggressività climatica. Eppure comporta per la nostra economia una ingente spesa per ripulire i reperti archeologici dal fango e riportarli allo stato iniziale. L’inondazione del sito di Sibari è l’ennesimo esempio di cattiva gestione del territorio. Tale aspetto assume una importanza strategica e fondamentale per la economia di una nazione. Ciò ci induce ad una profonda riflessione e ad un attento esame della problematica riguardante la gestione del territorio che interessa da vicino gli aspetti agronomici-forestali e, più in generale, quelli geologici. Esaminando in estrema sintesi gli aspetti agronomici - forestali, è da sottolineare che i professionisi del verde e dell’ambiente sono stati, da sempre, molto attenti alla messa in sicurezza del territorio, in termini di sistemazione delle aree pianeggianti e vallive, con opere di conservazione dei suoli e di regimazione delle acque, oltre che in termini di assetto forestale e territoriale. Gli aspetti di corretta gestione del territorio, infatti, da sempre corredo della cultura agronomica-forestale, trovano conferma nelle linee strategiche del ministero dell’Ambiente riguardante la gestione sostenibile e la messa in sicurezza del territorio in relazione all’adattamento ai cambiamenti climatici. In tale contesto meritano particolare rilievo gli aspetti riguardanti la sicurezza del territorio delle aree pianeggianti e vallive, con interventi di conservazione dei suoli e di regimazione delle acque, oltre che in termini di assetto idro-geologico e forestale. Analoga attenzione meritano i piani di bacino, che prevedono: il contenimento di uso del suolo, la manutenzione dei corsi di acqua, il recupero dei terreni degradati e dismessi con la promozione di attività agricole e misure di riforestazione con specie autoctone, la valorizzazione degli ecosistemi, il ripristino della gestione dei suoli, la manutenzione dei boschi con diradamento e ripulitura ai fini della produzione di biomasse a scopo energetico e della tutela dagli incendi boschivi, il miglioramento della gestione dei boschi ai fini della sicurezza idrogeologica e di più adeguato impatto e resistenza ai cambiamenti climatici, la protezione della biodiversità. Nell’ambito di queste linee di intervento strategiche non vanno mai trascurate quelle riguardati le realtà fluviali ed in particolare del fiume più importante della Calabria che è il fiume Crati. Si tratta della manutenzione dei corsi di acqua attraverso interventi di regimazione idraulica, di ri-

L’inondazione del sito di Sibari era prevedibile, è mancata la manutenzione infatti dei corsi d’acqua e la pulizia degli alvei, questi sono gli aspetti che hanno determinato il disastro calibratura e di pulizia degli alvei. È stato questo ultimo aspetto che ha determinato il sovralluvionamento della piana con il sito archeologico di Sibari. Evidenziando velocemente gli aspetti del problema sotto l’ottica più strettamente geologica è il caso di richiamare il documento del ministero dell’Ambiente, che per l’appunto, prevede la revisione dei Piani di assetto idrogeologico (Pai ), da aggiornare entro il 31/12/2013. In attesa della revisione del Pai è vietato l’uso ai fini residenziali, produttivi o per servizi ed infrastrutture delle zone classificate R 4, che corrispondono alle aree a rischio idrogeologico molto elevato, fino alla adozione di misure di prevenzione. Sempre nello stesso documento sono previsti: un piano annuale di interventi, la previsione di finanziamenti, la introduzione di una assicurazione obbligatoria per la copertura di rischi a carico di beni e strutture di proprietà pubblica e privata. In definitiva si può affermare che la gestione virtuosa del territorio e dell’uso del suolo più in generale si può e si deve attuare con una serie di interventi, di natura idrogeologica ed idraulico-forestale, finalizzati a valorizzare le risorse naturalistiche ed ambientali e per un generale miglioramento della qualità della vita, tematiche che richiedono particolari approfondimenti. *geologo - ** agronomo

Il libro a cura di Domenico Santoro Psc/Psa Nuovi strumenti urbanistici delle edizioni Urbaterr, alla presenza di un’attenta assemblea di tecnici, architetti e ingegneri, ha riacceso il dibattito sui nuovi strumenti della gestione del territorio, i Piani strutturali (Psc). Domenico Santoro ha ridato, come il suo solito, una speranza positiva che gli erigendi Piani strutturali (ex Prg) si facciano e si concludano con un successo tutto determinato sui due elementi veramente innovativi della legge urbanistica calabrese: La partecipazione dei cittadini e la perequazione. È proprio sulla partecipazione dei cittadini Santoro ha posto l’accento sulle modalità di realizzazione delle vere assemblee partecipate dove i cittadini, precedentemente informati sui temi di dibattito, possano esplicare i concetti della democrazia della partecipazione che in associazione, non in alternativa, alla democrazia degli eletti deve governare il territorio. Alla presentazione hanno partecipato anche i coautori del libro come: il geologo Eraldo Rizzuti che facendo gli onori di casa ha parlato inizialmente del rapporto tra le scelte urbanistiche e i rischi territoriali, con particolare riferimento a quelli legati al dissesto idro-geologico. L’agronomo Giovanni Perri ha posto l’accento sul fatto che per la prima volta il territorio agricolo viene pianificato ed ha dato alcuni elementi significativi di come poter realizzare le scelte urbanistiche in un settore strategico quale quello agricolo forestale. M. Cristiano ha messo l’accento sul processo di pianificazione estremamente inadatto al contesto calabrese. Francesco Chirico, anch’egli autore del libro, ha parlato del tema energetico che deve essere presente nelle scelte di sostenibilità. Molti presenti hanno preso la parola: l’architetto Rocco Pancaro e la professoressa Daniela Francini che hanno posto l’accento sugli studi storici veramente essenziali a loro parere e che l’ultima legge ha reso obbligatori attraverso il coinvolgimento di un gruppo di professionisti per l’elaborazione e l’approfondimento, fra l’altro, del quadro conoscitivo. Quest’ultima soluzione è stata ulteriormente illustrata dall’architetto Virgilio Viscido che ha espresso la sua difficoltà a chiudere i propri Psc a causa del cambiamento della legge regionale delle modalità processuali proprio durante la formazione dei Piani stessi. Tali modifiche alterano notevolmente, a parere di Viscido, il gioco delle parti dove i Comuni sono costretti ad inseguire una Regione che da garante del processo è ridiventata il gestore delle scelte dei singoli piani urbanistici. Alla riunione hanno partecipato molti tecnici fra cui tutto il gruppo del Psc di Zumpano (architetto P. Ferrari, architetto M. Alfano, geologo B. Tenuta, agronomo-forestale S. De Franco). Presenti alla manifestazione, fra gli altri, il dirigente all’Urbanistica dell’amministrazione della Provincia di Cosenza C. Donato, il presidente dell’Ordine degli ingegneri Cosenza M. Imbrogno, l’ingegnere E. Carravetta, l’agronomo G. Filippelli e il geologo P. Vercillo. In conclusione, se molti sono stati gli accenti critici sia verso la legge urbanistica e sia verso la Regione, si deve riportare un clima complessivo di fiducia e di ottimismo nella capacità, sia pur con molte difficoltà, di portare a termine i Piani strutturali in corso. mailurbaterr.it

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Sabato 23 Marzo 2013

Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-FNA (Federazione nazionale agricoltura)

Disagio senza precedenti

Strade sbarrate per i giovani Sono un pensionato di Malvito (Valle dell’Esaro) e collaboro con la Fna zonale nella contrada Vaditari dello stesso comune. Vorrei portare a conoscenza le difficoltà e il disagio che vivono i giovani nel nostro territorio, che trovano il coraggio di mettersi in gioco, provare a crearsi un lavoro da soli attraverso la nascita di una piccola impresa. Si trovano immediatamente ad essere tagliati fuori dal microcredito, sul quale c’è un gran parlare e tutti si impegnano per renderlo più accessibile, ma solo a parole. Inoltre, sono costretti a scontrarsi quotidianamente con la burocrazia, le carte, le difficoltà degli uffici competenti. Insomma, si dice che non c’è volontà da parte dei giovani a ricercare o crearsi una occupazione e poi hanno tutte le strade sbarrate. Per questo ci vorrebbe un impegno degli uffici competenti, come le Camere di Commercio, per emanare direttive semplici e procedure snelle. Così come dovrebbero fare la loro parte le Banche, garantendo crediti alle imprese fatte da giovani, anche qui con passaggi semplificati e veloci. Dove sono finiti i prestiti d’onore e, soprattutto, il credito d’imposta che hanno fatto nascere tante imprese anche nella nostra zona? Non si potrebbe tornare a queste leggi e alle procedure che avevano avviato per rilanciare l’imprenditoria giovanile? Per questo mi appello al Governo, alla Regione e alla Provincia perché si facciano carico per le loro competenze di questa problematiche per evitare che i giovani vanno via e lasciano le nostre zone abbandonate. Angelico Angelo, collaboratore Fna - Malvito

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Ed anche quest’anno arriva la dichiarazione dei redditi. Il modello 730, da compilare per dipendenti e pensionati, dovrà essere presentato al Caf entro il 31/05/2013. Ma quali novità presenta quest’anno la dichiarazione? Prima, fra tutte, l’impossibilità di vedersi recapitare il modello Cud Inps/Inpdap a casa. L’istituto, infatti, in un’ottica di risparmio, ha deciso di non inviare a casa di ognuno i modelli Cud; pertanto, i pensionati, ma anche i disoccupati che hanno percepito una qualunque forma di sostegno da parte dell’Inps, si troveranno nella difficoltà di percepire il modello. L’Inps sta divulgano i canali che ogni cittadino può utilizzare per recuperare il modello di certificazione reddituale ma, purtroppo, non tutti sono informatizzati a tal punto da riuscire ad avere il pin ed accedere alla propria area riservata, oppure avere la propria PEC per scaricare il modello! Per i soggetti “non informatizzati”, l’Inps ha attivato il numero verde 800.43.43.20 che è gratuito ma solo da telefono fisso... Ma l’Istituto dimentica che, in linea con la sua esigenza di risparmio, anche molti italiani, sempre per via di problemi economici, hanno disdettato il contratto con la propria compagnia telefonica; ma l’istituto ha pensato anche a questo, istituendo un numero ad hoc per i cellulari, 06.164.164, a pagamento in base al proprio piano tariffario. Insomma... a farne le spese è sempre la povera gente. Per fortuna il Caf Italia, in accordo con il proprio ente di patronato (Epas), è in grado di stampare tutta la modulistica fiscale rilasciata dall’Inps. Primo problema risolto...


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Mezzoeuro

Sabato 23 Marzo 2013

Rubrica a cura dell’Ente di Patronato e di Assistenza sociale Epas-FNA (Federazione nazionale agricoltura)

Bomba sociale pronta a esplodere Aziende che chiudono perché non riescono a recuperare i crediti della pubblica amministrazione, lsu-lpu che si vedono minacciati di revoca dei loro contratti (sia pur precari), le regioni che chiedono al Governo più risorse per la copertura degli ammortizzatori sociali in deroga per il 2013 e per evitare di lasciare centinaia di migliaia di lavoratori privi di protezione sociale, lavoratori forestali mal utilizzati (se non inutilizzati) che continuano ad accumulare ritardi nei pagamenti delle spettanze o vedono mettersi in discussione l’anticipazione delle indennità di cassa integrazione prevista dal Contratto regionale, negozi e attività commerciali che chiudono battenti costretti dalla crisi e dal calo vertiginoso dei consumi (anche quelli alimentari e dei generi di prima necessità), la povertà e l’indigenza che oramai investe il 40% delle famiglie calabresi, anche quelle dei cosiddetti “garantiti” che oggi superano le soglie dell’impoverimento. Questo è il quadro sociale della Calabria. E non possono bastare cure provvisorie, provvedimenti tampone come quello di assicurare i fondi per i lsu-lpu fino a luglio o pagare qualche anticipazione di quote di tredicesima i lavoratori idraulico forestali. Siamo su una polveriera e pare che nessuno se ne accorga e capisca che c’è bisogno di interventi straordinari, che intanto facciano fronte alle emergenze e poi affrontino le questioni strutturali che stanno alla base della debolezza del nostro sistema sociale ed economico, a partire dall’esiguità del sistema produttivo, dal basso indice di capacità dell’export delle nostre produzioni, dall’isolamento fisico ed economico del nostro territorio, che non riesce a fare rete, che non comunica con l’esterno, neanche con le regioni a noi prossime. L’incertezza del quadro politico nazionale uscito dalla ultima consultazione elettorale peggiora il dato complessivo. Senza interlocutori stabili sarà difficile affrontare e risolvere questioni di rilevanza nazionale.

Aziende che chiudono perché non riescono a recuperare crediti della pubblica amministrazione, lsu-lpu che si vedono minacciati di revoca dei loro contratti

Il modello 730/2013

Dichiarazione dei redditi cosa cambia? Altra novità introdotta per il modello 730 riguarda l’esclusione, dall’imponibile Irpef, di quei fabbricati per cui è stata pagata l’Imu. Stesso destino spetta per i redditi dominicali dei terreni agricoli, mentre su quello agrario l’Irpef continuerà ad essere pagata. Ovvio, poi, che ad ogni buona legge si contrappongano tutta una serie di limitazioni. Infatti per l’esclusione dall’Irpef i fabbricati e i terreni non dovranno essere locati. In ogni caso un piccolo cerotto sull’immane ferita lasciata dal pagamento dell’Imu nelle tasche degli italiani; bisognerà vedere poi se il risparmio fiscale dovuto a questa esenzione sia corrispondente all’aggravio di tassazione sopportata, per l’Imu, dagli italiani! Per le spese relative ad interventi di recupero del patrimonio edilizio sostenute dal 26 giugno 2012 al 30 giugno 2013 la detrazione d’imposta è elevata dal 36 al 50 per cento, nel limite di spesa di 96.000 euro. La stessa detrazione è estesa agli interventi necessari alla ricostruzione o al ripristino dell’immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi, se è stato dichiarato lo stato di emergenza. Resta inteso che simili detrazioni sono solo per inca-

Se a questo si aggiunge un’assoluta mancanza di confronto, anzi di dialogo, con le parti sociali, con i soggetti intermedi della società, per fare fronte comune, per trovare soluzioni condivise, per fare, eventualmente, massa critica nei confronti del governo nazionale sulle vertenze di quel livello, allora si ha la percezione evidente di una situazione ingovernabile. I soldi europei non si spendono o, almeno, non adeguatamente per creare quelle condizioni di crescita economica e sociale che stava negli obiettivi primari degli interventi per le aree sottosviluppate o in ritardo di sviluppo, fondi ordinari sono tutti destinati in larghissima parte per la sanità e il sistema dei trasporti. Questo è il quadro, nero, drammatico di una situazione che avrebbe bisogno di progetti seri e duraturi nel tempo. Per questo ci siamo permessi di proporre un piano straordinario di interventi di riassetto idrogeologico e di bonifica del territorio che crei condizioni per nuove opportunità occupazionali, così come crediamo che oggi occorra un Piano straordinario per il lavoro, che utilizzi le risorse europee in materia energetica, ambientale e culturale per far fronte alla carenza di lavoro, alle difficoltà delle famiglie e alla tendenza allo spopolamento del territorio, a partire dalle aree interne. E’ poi così difficile fare queste cose, confrontarsi con le parti sociali, stabilire un tavolo permanente di condivisione e monitoraggio, una cabina di regia come si chiamava una volta, ai tempi della programmazione negoziata? Crediamo di no. Ma bisogna fare in fretta, prima che esploda un conflitto senza governo, che sarà difficilmente gestibile, al quale si dovrà rispondere dando risposte emergenziali, spesso di rinnovo di pratiche e sussidi assistenziali, senza poter affrontare quei dati strutturali che stanno alla base della questione Calabria. Siamo fortemente preoccupati della poca attenzione e preoccupazione di tutti gli altri, della politica di governo e non, delle stesse organizzazioni sociali, a partire dai sindacati. Non sentiamo volare una mosca e non vorremmo che ci si accorga del disagio e della tensione quando sarà troppo tardi e nessuno sarà riconoscibile come classe dirigente in questa regione. Snalv - Sindacato nazionale autonomo lavoratori vertenze sede territoriale di Altomonte

pienza di imposta. E’ come dire... se pago ho lo sconto se sono a credito non recupero niente! Sarà (urrah!) possibile dedurre (dedurre significa togliere dalla base imponibile) dal proprio reddito complessivo, fino all’importo di 1.032,91 euro, le erogazioni liberali in denaro a favore della Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia ed Esarcato per l’Europa meridionale, dell’Ente patrimoniale della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni e della Chiesa apostolica in Italia... Purtroppo, però, credo che molti di noi avranno perso le ricevute delle erogazioni! Ma, novità delle novità, per la prima volta sarà prevista una franchigia per i contributi sanitari obbligatori per l’assistenza erogata nell’ambito del Servizio sanitario nazionale versati con il premio di assicurazione di responsabilità civile per i veicoli che, dunque, diventano deducibili dal reddito complessivo solo per la parte che eccede 40 euro. Considerando che il Ssn sulle polizze auto dovrebbe essere pagato dagli assicurati per supportare gli eventuali interventi sanitari in caso di sinistro... Mi verrebbe da chiedere, vista l’entità della somma raccolta con questo sistema, quanto costa inviare i soccorsi ogni volta che accade un incidente?! In ogni caso, credo che dedurlo dal reddito per intero fosse fiscalmente equo. Mi sembra l’ennesima tassa mascherata da aiuto Statale. Senza approfondire alcun argomento demando la consulenza personalizzata a chiunque voglia rivolgersi alle nostre sedi Caf Italia. Antonella Mancuso

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