Voceaigiovani

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Anno 37 - 8 Giugno 2013 - Numero 23

Settimanale indipendente di informazione

euro 0,50

di Alessandro Cofone

Tempo scaduto. I ragazzi del programma regionale hanno atteso invano. Se la vita è fatta di appuntamenti mancati... UNA RASSEGNA PER LE SCUOLE

FIGURA DI VENERABILITÀ

Arcangela La musica delle Serre esplode Filippelli, nuovo fiore tra i beati sotto il Vesuvio di Pierfrancesco Greco

La Giovane orchestra dell’Ic Cerisano conquista il San Carlo di Napoli

di Lucia De Cicco

La causa di canonizzazione di chi ha conosciuto gli abusi dell’orco


II

sabato 8 giugno 2013

Appuntamenti mancati... I ragazzi del programma regionale con bando pubblico hanno atteso invano

Voucher,

tempo scaduto

ne di Alessandro Cofo

Alla fine è arrivata la tanto temuta scadenza dei contratti per i ragazzi del Programma Voucher 2008. “Arruolati” con bando pubblico che prevedeva una selezione per titoli (conditio sine qua non era il voto di 110/110 a cui si aggiungevano master, iscrizione ad albi professionali, dottorati, corsi di lingua ect.) si sono lasciati trasportare da questo “vento di rinnovamento” che stava investendo la loro amata Calabria. Negli anni si sono distinti per il contributo portato nelle pubbliche amministrazioni locali tanto da meritarsi un contratto di collaborazione prima e un successivo rinnovo poi. Queste occasioni sono sempre state frutto di un continuo dialogo tra loro e le istituzioni competenti. Con il confronto hanno sempre cercato una strada per continuare a lavorare nella loro Calabria e ancora oggi dal confronto cercano un “felice epilogo” alla loro vicenda. Venerdì 31 maggio erano a Reggio Calabria in occasione del Consiglio regionale. Hanno atteso, come previsto dai punti all’ordine del giorno, che venisse affrontata la loro questione, ma così non è stato. Quello di venerdì scorso è stato solo l’ultimo degli “appuntamenti mancati”. È infatti dal consiglio del 16 maggio scorso che la “questione stagisti” viene portata in aula senza ottenere alcuna risposta. Nonostante abbiano sostenuto nel mese di aprile due audizioni, in conferenza dei capigruppo ed in commissione bilancio ricevendo sempre rassicurazioni sulla possibilità di considerare le proposte presentate, non si è avuto ancora alcun provvedimento concreto... alcuna certezza. Da tempo, si sono interfacciati con l’assessore al Lavoro Nazareno Salerno che da subito ha preso a cuore la situazione dei giovani laureati. Molte sono state le rassicurazioni da parte dell’assessore che, anche a Crotone, in occasione della conferenza stampa per il progetto “Antica Kroton”, ha annunciato che è in fase di approvazione il piano che prevede un contratto per altri trenta mesi. Nonostante il periodo storico avverso alla crescita professionale di giovani preparati e capaci, “gli stagisti” sono andati avanti convinti che il loro operato all’interno delle amministrazioni pubbliche fosse il biglietto da visita migliore. Cercano dunque risposte realistiche, sono aperti come sempre al dialogo e al confronto convinti che le isitituzioni regionali terranno fede agli impegni presi; non vogliono credere di non aver gettato al vento cinque anni delle loro vite professionali, vogliono continuare a scommettere su un progetto che hanno sposato appieno nelle finalità e nei valori e che considerano come l’appuntamento più importante della loro vita professionale.

Alla fine è arrivata la tanto temuta scadenza dei contratti per i giovani che ci hanno creduto, che hanno cercato un dialogo con le istituzioni, che lottano per rimanere a lavorare in Calabria Intanto in Consiglio regionale la “questione stagisti” viene portata in aula senza ottenere alcuna risposta

La sede del Consiglio regionale della Calabria

Scienziati sul podio

Unical al top Ancora un importante riconoscimento per l’Università della Calabria. Dopo la recente inclusione del professor Domenico Talia nella “Top italian scientists”, la famosa lista in cui vengono inseriti gli scienziati italiani con il maggiore impatto scientifico al mondo, redatta periodicamente dalla “Virtual italian academy” (www.via-academy.org), s’arricchisce di un altro docente “targato Unical”. Si tratta dell’ordinario di Fisica applicata, Vincenzo Carbone che figura all’84° posto della graduatoria. Con Carbone salgono a 16 gli scienziati dell’Unical inclusi in questa prestigiosa graduatoria che viene costantemente aggiornata grazie ad una serie di calcoli incrociati basati sulle citazioni delle pubblicazioni scientifiche di ciascuno studioso. L’Unical, con quest’ultimo inserimento, migliora la sua quotazione complessiva, pur rimanendo al 44° posto tra gli istituti di ricerca italiani ed al 6° posto tra quelli del Sud Italia. Questa la lista aggiornata dei docenti Unical inclusi nella Top italian scientists http://www.topitalianscientists.org/top_italian_scientists.aspx) Giancarlo Susinno (Fisica) (59° nella classifica Tis); Marco Schioppa (Fisica) 63; Giovanni Crosetti (Fisica) 64; Enrico Tassi (Fisica) 67; Marcella Capua (Fisica) 71; Nicola Leone (Computer sciences) 75 Anna Mastroberardino (Fisica) 78 Ernesto Lamanna (Fisica-Medicina) 78; Nino Russo (Chimica) 79; Enrico Drioli (Chimica) 81; Pierluigi Veltri (Fisica) 82; Gabriele Bartolo (Chimica) 83; Giuseppe Passarino (Genetica) 83: Domenico Talia (Computer Sciences) 84; Giovanni De Munno (Chimica) 84; Vincenzo Carbone (Fisica) 84.


sabato 8 giugno 2013

C’è bisogno di tutti L’appello del direttore generale del Banco alimentare della Calabria Gianni Romeo

Combattiamo insieme contro la povertà Di fronte alla crisi dilagante che colpisce la nostra regione e all’allargarsi progressivo della fascia di povertà non possiamo e non dobbiamo rassegnarci. Per fortuna in questo momento drammatico ci sono in Calabria e, in particolare, in provincia di Cosenza uomini e donne, movimenti, associazioni, parrocchie e gruppi di volontari che non si danno per vinti e che ogni giorno combattono una guerra senza quartiere al fianco dei più poveri, degli emarginati, di quanti hanno perduto il loro posto di lavoro e non riescono ad assicurare ai loro figli e alle loro famiglie nemmeno il sostentamento quotidiano. La Fondazione Banco alimentare, con la rete dei suoi 21 banchi, attualmente riesce ad aiutare oltre 8.000 strutture caritative grazie al lavoro di 1600 volontari. Solo l’anno scorso sono state distribuite, attraverso il supporto di 660 enti socio-assistenziali sparsi in tutta la regione, 4.000 tonnellate di prodotti per un valore commerciale che sfiora i 12 milioni di euro e sono state aiutate complessivamente 130.380 persone che versano in condizioni di estrema povertà. Purtroppo, però, tutto questo non basta. Occorre fare di più. In un contesto così difficile anche le briciole contano. Per questo motivo facciamo appello a tutti coloro che in qualche modo, poco o assai, possono dare il proprio contributo a non tirarsi indietro. Ci rivolgiamo in particolar modo alle aziende agro-alimentari, alle piccole e medie industrie, alla grande ristorazione. Un appello particolare ed accorato rivolgiamo al circuito della Grande Distribuzione: supermercati, ipermercati, catene alimentari. Ancora sono troppo poche le realtà che, in Calabria, mettono a disposizione di una Fondazione come la nostra le loro eccedenze alimentari. Tonnellate di cibo vengono sprecate e portate ogni giorno al macero, mentre potrebbero essere recuperate e riacquistare un altissimo valore umano e sociale. Un invito pressante a non dimenticare quanti soffrono e vivono ai margini della società lo rivolgiamo, infine alle istituzioni: alla Regione, ai Comuni e alle Province affinchè abbandonino definitivamente la retorica e le analisi di circostanza e predispongano misure ed iniziative concrete, mirate ad alleviare le sofferenze di quanti, e sono tanti, in questa nostra terra quotidianamente soffrono e vivono nella solitudine e nella povertà assoluta. Gianni Romeo direttore generale Banco alimentare Calabria

«Per fortuna in questo momento drammatico ci sono in Calabria uomini e donne, movimenti, associazioni, parrocchie e gruppi di volontari che non si danno per vinti»

Entro il 20 giugno le domande per i benefici

Solo con mamma ma non da soli

Entro il 20 giugno si può presentare la domanda per l’assegnamento dei benefici a minori riconosciuti solo dalla madre. Lo ricorda il settore Welfare a proposito dell'avviso pubblico per la concessione di un sostegno economico a favore dei bambini bisognosi privi di un papà biologico che li abbia riconosciuti. L'importo del beneficio economico individuale sarà determinato in base al numero di minori riconosciuti dalle sole madri che avranno prodotto domanda di partecipazione entro la data di scadenza e che siano in possesso dei requisiti richiesti nell'avviso. In ogni caso l'impegno di spesa complessivo è di euro 13.000. Maggiori informazioni sul sito web del Comune, www.comune.cosenza.it, al link "Servizi sociali e Salute - Sostegno ai minori riconosciuti dalla sola madre" o, in home page, nella sezione "in evidenza".

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sabato 8 giugno 2013

La scuola racconta Consegnati nell’istituto “E. Fermi” di Catanzaro i premi del concorso “Un messaggio per Madre Terra”

Sostenibilità per una Terra che ci sostiene «Riceviamo un messaggio positivo perché sono gli studenti delle scuole a trasmettercelo e non perché inviato dall’alto. Ecco perché questo concorso è un’iniziativa lodevole: sono le nuove generazioni a dover fare quella rivoluzione culturale che serve per invertire l’andamento attuale». È questo uno dei passaggi dell’intervento dell’assessore all’Ambiente della Regione Calabria, onorevole Francesco Pugliano, che ha preso parte alla cerimonia di premiazione del concorso dedicato alle scuole “Un messaggio per... Madre Terra: la scuola racconta”, organizzato dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Calabria (Arpacal) nell’auditorium dell’Istituto “E. Fermi” di Catanzaro Lido. Nel portare i saluti ai duecentocinquanta studenti presenti nell’auditorium, accompagnati da docenti e dirigenti scolastici, la dottoressa Sabrina Santagati, direttore generale dell’Arpacal, ha sottolineato come le iniziative di educazione ambientale dell’Agenzia «non si fermino a questo concorso; abbiamo deciso di aprire le porte dei nostri laboratori alle scuole, fornendo loro il nostro know-how tecnico-scientifico per specializzare ulteriormente i ragazzi che stanno frequentando corsi focalizzati sull’ambiente, o realizzando insieme percorsi di alternanza “scuola e lavoro”, ma anche dando la possibilità a tesisti universitari di concludere il loro percorso nei nostri laboratori. La nostra attività quotidiana - ha sottolineato Santagati ci caratterizza sempre più frequentemente come ente di supporto tecnico-scientifico della Regione». Antonio Alvaro, commissario del Parco nazionale dell’Aspromonte, tra gli enti insieme alla Provincia di Reggio Calabria che hanno sostenuto l’iniziativa dell’Arpacal, ha invece rilevato come «le attività di educazione ambientale siano strategiche per i parchi nazionali, che potremmo definire dei veri e propri laboratori all’aperto». Il concorso “Un messaggio per... Madre Terra: la scuola racconta” dell’Arpacal è stato inserito tra le iniziative che il comitato italiano Unesco per il Decennio per l’Educazione allo sviluppo sostenibile (Dess) ha selezionato tra i migliori progetti che riguardano la diffusione dei valori della sostenibilità. Per l’anno scolastico 2012-2013 l’Arpacal, infatti, ha presentato il suo progetto, nel quale era inserito questo concorso dedicato alle scuole, ed è stata tra le poche iniziative calabresi ad essere approvate dal Comitato italiano del Dess - Unesco. Il concorso (aperto dal 30 novembre 2012 al 30 aprile 2013) è stato dedicato a tutti agli alunni frequentanti le scuole primarie e secondarie di I e II grado della Calabria; l’obiettivo è stato quello di stimolare gli studenti, utilizzando differenti linguaggi espressivi, a sviluppare il senso di appartenenza nei confronti del territorio, a riflettere sugli attuali stili di vita, sui comportamenti sostenibili e sulla consapevolezza delle proprie scelte alimentari. Quattro le categorie in gara: poesia, disegno, slogan, progetti. Centosettanta elaborati giudicati, con prevalenza dei disegni ma anche dei progetti applicati. Settantasei scuole aderenti, alcune di esse con più elaborati, per un numero approssimativo di tremila studenti coinvolti. Sono alcuni dei numeri che emergono dall’analisi dei dati conclusivi del concorso “Un messaggio per... Madre Terra: la scuola racconta”, promosso dall’Arpacal. Le scuole elementari, con 75 elaborati, rappresentano la fetta maggiore di classi aderenti al concorso, mentre le scuole medie hanno risposto con 37 elaborati e le superiori con 58. La forma comunicativa preferita dalle scuole elementari è stata il disegno; le medie hanno scelto prevalentemente la poesia e le superiori, anche per la specificità di alcune classi con “preparazione ambientale”, i progetti. Nel corso della cerimonia, ciascuna classe vincitrice non solo ha ricevuto l’attestato ma anche un bonus in denaro da spendere per iniziative formative nel prossimo anno scolastico focalizzate sull’educazione ambientale e lo sviluppo sostenibile.

Cerimonia di premiazione del concorso organizzato dall’Arpacal

Ciò è stato possibile grazie ad un apposito gruppo di lavoro costituito dall’Arpacal, Gruppo di Educazione ambientale (Gea) istituito per realizzare iniziative di educazione ambientale, per parlare con le scuole di ogni ordine e grado, per contribuire a diffondere i valori della tutela e protezione dell’ambiente attraverso iniziative e progetti che passino anche dalle scuole. Ed è stato il Gea, quindi, a proporre l’idea di bandire la prima edizione del concorso “Un messaggio per... Madre Terra: la scuola racconta”. Il Gruppo di Educazione ambientale (Gea) dell’Arpacal è composto da: Nuccia Giordano, Francesco Gionfriddo, Annamaria Grazioso, Antonella Federico, Claudia Morabito, Emilio Cellini, Raffaella Damiano. Nel corso della cerimonia hanno portato il loro saluto, premiando alcune delle classi vincitrici, anche il prefetto di Catanzaro, Antonio Reppucci, ed il direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Francesco Mercurio. «Come in altre occasioni - ha detto Reppucci - vorrei stimolare la vostra coscienza civica perché solo dai nostri comportamenti quotidiani, come la raccolta differenziata ad esempio, riusciremo a difendere il nostro ambiente che, lo ribadisco per l’ennesima volta, non ha nulla da invidiare ad altre realtà settentrionali d’Italia. La Sila - ha detto Reppucci - ha qualcosa di meno delle Dolomiti? Ma per valorizzare questo inestimabile patrimonio ambientale, dobbiamo partire dai piccoli gesti quotidiani». «Iniziare dai quartieri, magari dalle scuole ha invece detto il direttore dell’Ufficio Scolastico regionale, Francesco Mercurio può essere il punto di partenza di iniziative, come ad esempio la raccolta differenziata, che devono invertire la tendenza. Non si può certo parlare di grandi numeri se prima non costruiamo dalle piccole realtà, operativamente ma anche culturalmente; e su questo, lo garantisco - ha concluso Mercurio - le scuole calabresi sono pronte a fare la loro parte».


sabato 8 giugno 2013

La scuola racconta

I ragazzi delle scolaresche presenti, prima di tornare a casa, hanno ricevuto tra i regali della giornata anche confezioni di frutta fresca biologica che la Cof srl di Vibo Valentia, capogruppo della Rti del progetto “Frutta nelle scuole” di Calabria e Sicilia, ha voluto donare per contribuire alla manifestazione.

Accompagnamento per disabili e anziani

In modo diverso ...ma andiamo al mare

Le scuole vincitrici sono: Per la categoria Progetto: per la sezione Scuola primaria, classe 4a A dell’Istituto comprensivo “G. Moscato” Reggio Calabria per la sezione Scuola secondaria 1° grado: classi 1a e 1aB dell’Istituto comprensivo “G. Marconi” di Petilia Policastro Crotone per la sezione Scuola secondaria 2° grado: classi 5a A e 3a dell’Istituto d’Istruzione superiore “A. Righi” di Reggio Calabria. Per la categoria Slogan: per la sezione Scuola primaria: classe 5a A dell’Istituto comprensivo “Alcmeone” di Crotone per la sezione Scuola secondaria 1° grado: classe 3aA dell’Istituto comprensivo di Mongrassano Cosenza per la sezione Scuola secondaria 2° grado: classe 4a C dell’Itis “E. Fermi” di Vibo Valentia. Per la categoria Disegno: per la sezione Scuola primaria: classe 3a A Istituto comprensivo di Cropani Catanzaro per la sezione Scuola secondaria 1° grado: classe 2aD dell’Istituto comprensivo di Roccella Jonica Reggio Calabria per la sezione Scuola secondaria 2° grado: classe 2aB Itt - Corso Biotecnologie sanitarie dell’Itt “Ferrari” di Chiaravalle Catanzaro. Per la categoria Poesia: per la sezione Scuola primaria: classe 3aH dell’Istituto comprensivo “Maggiore Perri Pitagora” di Lamezia Terme Catanzaro per la sezione Scuola secondaria 1° grado: classe 3aF dell’Istituto comprensivo “G. Galilei - G. Pascoli” di Reggio Calabria per la sezione Scuola secondaria 2° grado: classe 2aE Istituto magistrale “Tommaso Gulli” di Reggio Calabria.

Le attività contenute nel progetto “Diversamente a ...mare 2013” riguardano il turismo sostenibile con la fruibilità di spiaggia e mare a soggetti diversamente abili e ad anziani con problemi motori, attraverso un servizio di accompagnamento con l’utilizzo di particolari carrozzine adatte anche ad entrare in acqua. Il servizio è attuato da operatori di cooperative di tipo A che svolgeranno in collaborazione con personale volontario anche attività di sensibilizzazione ed animazione sulle tematiche ambientali, raccolta differenziata e valorizzazione del territorio per il periodo estivo nei mesi di luglio e agosto. La scadenza di presentazione delle manifestazioni d’interesse è fissata per giorno 15 giugno 2013 alle ore 12,00. Maggiori informazioni sul sito del Comune di Lamezia.

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sabato 8 giugno 2013

Calabresi illustri Prima parte Marco Berardi, il brigante calabrese eroico, buono, generoso, innamorato e temerario, difensore degli ultimi

Il Re della Sila che combattè l’Inquisizione rise a cura di Oreste Pa

Se si dovesse scegliere un personaggio emblematico per rappresentare il brigante calabrese, eroico, buono, generoso, innamorato e temerario, la figura di Marco Berardi sarebbe un candidato obbligato. Re della montagna, difensore dei poveri, degli eretici, degli umili sempre vincitore sui suoi nemici, sconfitto alla fine solo dall’ipocondria, dalla delusione del tradimento del suo migliore amico, dalla ingordigia dei numerosi headhunter (cacciatori di taglie) attratti dalla ricca taglia posta sul suo capo dal viceré spagnolo piuttosto che dai suoi ideali di giustizia e libertà. Sognava una repubblica libera dagli spagnoli e dagli ecclesiastici e piuttosto che arrendersi e consegnarsi ad una legge ingiusta e crudele preferì una morte amica, avvelenandosi insieme alla sua fedele compagna. Marco e Giuditta muoiono così stretti l’uno all’altro in un abbraccio che suggella il loro amore che li ha legati negli ideali e negli affetti. La loro storia, come tutte le più belle storie d’amore, è avvolta nel fascino della leggenda, confonde realtà e fantasia. Solo la damnatio memoriæ ha potuto oscurare il fascino di una figura che avrebbe potuto rappresentare un serio pericolo più da morto che da vivo e per questo si è tentato in tutti i modi di ridurlo a un povero diavolo con qualche confusa idea di giustizia sociale. Ecco, ad esempio, come viene descritto da Camillo Minieri Riccio1: «Marco Berardi detto comunemente re Marcone, nacque in un casale di Cosenza e fu famoso capo di banditi. Sotto i suoi ordini avea una masnada di 1500 de’più eletti e temerari assassini e con quelli volle tentare l’acquisto della città di Cotrone. Il duca di Alcalà viceré del reame di Napoli gli spedì contro forte esercito di spagnuoli che fu miseramente massacrato e que’pochi poterono salvare la vita furono presi e venduti a’corsari. Alla fine un nuovo esercito di 2000 fanti e 600 cavalli disperse quell’orda di assassini».2 Quello che appare incomprensibile è il motivo che ha indotto Camillo Minieri Riccio a includere Marco Berardi tra gli “scrittori” del Regno di Napoli, che aveva solo scritto con il sangue la poesia della sua vita avventurosa. Il macabro rituale che fu inscenato per mostrare il trofeo del suo cadavere voleva distruggere il mito con lo scherno e il dileggio delle sue spoglie. Ne hanno riferito Davide Andreotti3, Luigi Accattatis4, Nicola Misasi5, Gustavo Valente6, e tanti altri, che forniscono tutti una versione dei fatti molto simile salvo per qualche particolare di minor rilievo. Nel racconto di Mario Borretti, quando i cadaveri dei due amanti furono ritrovati nella grotta dove si erano tolti la vita, Marco fu «rivestito di grotteschi paludamenti e con una corona di cartone in testa, fu condotto su di un asino in lugubre inefficace spettacolo per le strade di Cosenza, e deposto quindi, con un cartiglio sul petto ed un cerchio di ferro in testa, nel sepolcreto dell’arciconfraternita di S. Caterina dentro la chiesa di S. Francesco d’Assisi»7. Davide Andreotti aggiunge che a perenne memoria della sorte riservata a coloro che osano sfidare il potere regio e quello ecclesiastico egli fu tumulato con la corona di ferro in testa e una pergamena sul petto con la scritta “Marco re de’ Monti” e tra le mani gli fu posto un bastone come uno scettro beffardo, come aggiunge Nicola Misasi. Come in tutte le leggende che si rispettino, anche nel caso di Re Marcone, come era stato chiamato, gran parte della sua epopea è avvolta nella nebbia e le notizie sono contraddittorie. Nulla si sa della sua infanzia se non che i suoi genitori fossero di Mangone, un paese presilano che si erano trasferiti a San Sisto (oggi detto dei Valdesi) dove possedevano un podere. Non è certo se Marco sia nato nell’una o nell’altra località, ma trascorse la sua infanzia tra i valdesi, imparando il provenzale e rimanendo affascinato dalla natura gentile di quei ultramontani trapiantati nel cuore della Calabria che avevano mantenuto nei secoli i loro costumi e un cuore gentile.8 Secondo la ricostruzione di Antonio Perrotta9, la vicenda personale di Marco Berardi è strettamente legata all’eccidio dei valdesi avvenuto nel 1561, quando migliaia di loro furono trucidati barbaramente e il villaggio di San Sisto dato alle fiamme per cancellare ogni

Per circa un anno aveva costituito una sorta di repubblica nell’altopiano Fu tradito dal suo migliore amico; e pur di non consegnarsi agli aguzzini preferì la dolce morte per veleno insieme alla sua fedele compagna Giuditta 1 Storico napoletano, primo bibliotecario della Biblioteca San Giacomo (dal 1865) e poi direttore dell'Archivio di Stato di Napoli dal 1874. Fu uno dei fondatori della Società napoletana di storia patria. Lavorava su una ricca base documentaria e le sue ricostruzioni delle vicende sono molto accurate. 2 C. Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli, 1844. ad vocem. 3 D. Andreotti, Storia dei Cosentini, vol. II, Cosenza, 1869. 4 L. Accattatis, Vocabolario del dialetto calabrese, Cosenza 1963, Rist. Vol.II, pp. 407-408.

loro traccia.10 «Nacque da onesti e laboriosi contadini provenienti da Mangone, vicino Cosenza, abitò nella località Berarda e frequentò con piacere le persone di San Sisto, nonostante parlassero una lingua diversa dalla sua e professassero la religione evangelica», scrive Perrotta.


sabato 8 giugno 2013

VII

Calabresi illustri 5 N. Misasi, Racconti calabresi, Napoli 1892. 6 G. Valente, Dal Viceregno spagnolo all'Unità d'Italia, Rubbettino Soveria, 1992, pp. 212, 213. 7 M. Borretti M, Le strade di Cosenza, in Calabria nobilissima n.4/1948, pp.180 -181; 8 Per infangare la memoria di Berardi si è tentato di confondere la sua figura con quella di Benedetto Mangone, un bandito feroce e violento che "scorreva" la campagna di Eboli. Quando fu catturato fu trascinato per le vie di Napoli su di un carro, mentre il boia gli strappava le carni con una tenaglia, e portato a Piazza Mercato il 17 aprile 1587 e ucciso a colpi di martello tra l'acclamazione della folla. 9 I valdesi a San Sisto, Pellegrini, Cosenza, 2005, p. 85. 10 La maggioranza degli studiosi citati racconta con dovizia di particolari, il ruolo svolto da Marco Berardi durante l'eccidio. Alti autori come F. De Boni (L'inquisizione e i Calabro-Valdesi, Milano, 1864), che pur sono molto rigorsi nella esposizione dei fatti, non lo citano affatto. Sorge il sospetto che possa trattarsi di una ricostruzione romanzata della sua vita, prendendo spunto dal luogo di nascita della sua fedele compagna. Nella ricostruzione assai accurata di Andrea Pasavento (Le Gesta di Re Marco, Il Paese nr. 04/10/1993) non pare si siano dubbi sulla veridicità della sua partecipazione all'insurrezione di San Sisto. Altrettanto convinta è l'opinione di Antonio Perrotta (I valdesi di San Sisto, Guardia, San Vincenzo, Vaccarizzo, Argentina e Piano dei Rossi, Cosenza 2005. Sarebbero stati proprio i tragici avvenimenti cui aveva assistito ad aver provocato la ribellione di Marco Berardi, disgustato dai metodi brutali degli ecclesiastici, e della complicità dei governatori spagnoli. 11 Voltaire, Trattato sulla tolleranza, Parigi, 1763. 12 Queste prescrizioni sono elencate nella lettera del 3 agosto 1561 dell'Arcivescovo di Reggio, Gaspare del Fosso al cardinale Alessandrino, citata in A. Perrotta, I valdesi a S. Sisto, Cosenza, 2002, p. 135. 13 G. Origlia, J. B. Ladvocat - Dizionario storico continente quanto vi ha di più notabile nella storia sacra, profana, antica e moderna d'Italia, Napoli 1756 ad vocem. 14 A. Perrotta, cit. p. 87. 15 E. Arnoni, La Calabria Illustrata, Cosenza, 1875, vol. II p. 270.

Secondo Gustavo Valente «praticando in quel mondo severo e diverso, a contatto con gente discreta che parlava un linguaggio per tanti versi seducente per un giovane, si era, forse, aperto alla religione valdese». Era ancora un bambino quando nel 1545 si apriva il Concilio di Trento, dove si discuteva animatamente sulle azioni da intraprendere per combattere le tesi eretiche di Martin Lutero, e in che modo controbattere le tesi eretiche. Si decise per una risposta sul piano dogmatico, e una dura condanna di tutte le chiese che non riconoscevano il primato del Papa Romano. Per tale scopo si istituì il Tribunale della Santa Inquisizione che doveva giudicare, condannare e curare l’esecuzione delle condanne inflitte agli eretici. Il Concilio sarebbe terminato nel 1563, ma il Tribunale entrò immediatamente in azione, e i valdesi di Calabria fu uno dei primi e terribili esempi dei suoi metodi e della loro crudele efficacia. Nel 1532 i valdesi avevano organizzato un sinodo a Chanforan, per aderire alla Riforma protestante calvinista e furono per primi ad essere perseguitati. Come racconta Voltaire11, nel 1544 gli abitanti di Mérindol e di Cabrières «furono sgozzati come degli animali in fuga, che si spingono in un recinto e si uccidono». Accettarono il loro destino e non si difesero. Fu deciso di creare dei pastori (da loro chiamati Barba) che dovevano organizzare e diffondere il culto nelle colonie valdesi in Calabria, e furono mandati i barba piemontesi Stefano Negrin e Giacomo Bonelli. Successivamente - nel 1560 - fu mandato Gian Luigi Pascale, un uomo molto colto e pio per evangelizzare i paesi abitati dai valdesi. La diffusione del movimento evangelico destò preoccupazione e timori nella curia romana per la paura che essa potesse diffondersi in tutto il Meridione. Servendosi delle informazioni ricevute da alcuni delatori come fra’ Giovanni da Fiumefreddo, l’inquisitore Michele Ghisleri (in seguito diventato papa Pio V), decise di intervenire imponendo un lungo elenco di prescrizioni ai valdesi: obbligo di abiura, divieto di matrimonio tra loro per 25 anni, demolizione delle proprie chiese, obbligo di indossare l’abitello giallo per essere riconosciuti come eretici, di frequentare le cerimonie religiose e numerose altre di natura più strettamente politica come divieto di riunione, dell’uso del provenzale che avevano lo scopo di annientare la loro identità e cancellare la memoria del loro peccato.12 Si instaurò un clima di dura repressione di tutti i comportamenti ribelli tanto da provocare una rivolta che assunse un carattere di sommossa a San Sisto, che aveva trovato anche un capo: Molti miscredenti imbevuti della dottrina di Calvino turbavano lo Stato, e i fuorusciti unitesi a truppe aveano fatto loro capo un cosentino chiamato Marco Berardi, che fattosi chiamare Re Marcone, si usurpò tra’ suoi le Regie insigne, e la Real Podestà. Il Duca d’Alcalà diede a tutte queste cose opportuni e savj ripari.13 Lo stesso è confermato da A. Perrotta secondo il quale gli abitanti «si ribellarono alle imposizioni dell’Inquisizione e che uccisero, persuasi e diretti da Marco Berardi, il Governatore di Montalto, lo spagnolo Barone de Castagnedo».14 Fu proprio l’amore per Giuditta e porsi a capo della rivolta, nella quale egli mostrò delle indiscusse capacità militari e organizzative. Era poco più che ventenne, se si accetta l’ipotesi che fosse nato nel 1538, come afferma Antonio Perrotta. La risposta della Regia Corte, e del Tribunale della Santa Inquisizione fu immediata e terribile, poiché si decise di estirpare definitivamente la razza degli eretici, un genocidio programmato e attuato con una ferocia inaudita. Marco Berardi fu catturato e rinchiuso nelle carceri di Cosenza, in attesa di una esecuzione esemplare, ma riuscì a liberarsi e ritornare tra gli insorti organizzandoli e ponendosi a capo dei ribelli. Fu nuovamente catturato e sottoposto a duri interrogatori nelle Carceri arcivescovili di Cosenza, ma non fu giustiziato perché non era valdese e si voleva dimostrare che il tribunale sapeva essere clemente con quanti decidevano di diventare di buoni cristiani. Ben presto, li indagatori vennero a sapere degli ideali di questo popolo, dell’attaccamento alla sua terra e lo sottoposero a lunghi ed estenuanti colloqui; infine, lo condussero nelle carceri Arcivescovili di Cosenza, ma non fu giustiziato perché italiano, e perché, fiduciosi di un suo cambiamento nei confronti dei valdesi. «Fu imprigionato: tenne duro a’propri convincimenti: fu torturato e designato ad esser arso vivo nella maggior piazza di Cosenza, ma, riuscito a spezzar i cancelli delle prigioni arcivescovili cacciassi ne’ prossimi boschi della Sila».15 continua...

Scene di persecuzioni perpretate dalla Chiesa nel periodo delle inquisizioni

A sinistra, Papa Pio V e uno scorcio di San Sisto, luogo probabile di nascita di Marco Berardi


VIII

sabato 8 giugno 2013

Biodiversità è economia Conclusa nel Centro visite "Cupone" l'XI edizione di Sila officinalis

Risorse genetiche di montagna

Il tema dell'edizione di quest'anno è stato: "Biodiversità è Economia - Conservazione ex situ, in situ e on farm delle risorse genetiche di montagna". Una cinque giorni molto intensa tra escursioni guidate, convegni, seminari tematici, e sessione poster, culminata nell'oramai storico Cento visite Cupone, nel cuore del Parco nazionale della Sila con un convegno tecnico molto articolato e alla presenza di numerose autorità. Si sono ritrovati tutti insieme i firmatari del protocollo d'intesa sull'attuazione del laboratorio “Officina delle idee sostenibili”. Un confronto serrato tra ricercatori, professionisti, enti locali ed imprese, per discutere di paesaggio, biodiversità, aree interne, aree montane, nell'ottica dello sviluppo sostenibile. A moderare la giornata Maurizio Menicucci, giornalista Rai. Sonia Ferrari, presidente dell’ente Paro nazionale, e Michele Ferraiuolo, presidente del Gruppo nicologico, hanno aperto i lavori di questa giornata conclusiva, consapevoli del grande ruolo che questa manifestazione ha assunto negli anni e che trova nell'edizione 2013 il Parco nazionale della Sila quale candidato italiano Mab - Unesco. Lina Pecora, presidente dell'Ordine degli Agronomi e forestali di Cosenza, ha raccontato la storia, il presente ed il futuro di questo evento di prestigio internazionale, grazie alla nutrita presenza di relatori provenienti da tutta

Un confronto serrato tra ricercatori, professionisti, enti locali e imprese per discutere di paesaggio, biodiversità, aree interne, aree montane, nell’ottica dello sviluppo sostenibile

Europa. Il paesaggio, il sistema bosco-legno, le filiere produttive, lo sviluppo sostenibile e la politica agricola comunitaria post 2013 gli argomenti affrontati dai relatori. Michele Laudati, direttore dell'ente Parco nazionale della Sila, Giovanni Aramini e Giuseppe Oliva, dirigenti della Regione Calabria, Giuseppe Bombino, ricercatore Uni-Rc, Maurizio Agostino, di Icea, e il botanico Dimitar Uzunov, hanno affrontato i lavori della mattinata, per poi chiudere con Giovanni Soda, dirigente settore Programmazione Provincia di Cosenza, Antonella Greco Cia di Cosenza, e il presidente di Coldiretti Cosenza Pietro Tarasi. Le conclusioni, affidate a Rosanna Zari, vice presidente Conaf, e Maurizio Nicolai, adg psr Calabria 2007-2013. Tutti insieme, relatori ed organizzatori hanno sapientemente tracciato una strada virtuosa, fornendo spunti sulla quale la biodiversità segna un percorso economicamente valido e sostenibile per il futuro del territorio calabrese. Basti pensare che delle oltre 7.000 specie di piante che l'uomo ha coltivato attraverso i secoli, oggi 150 compongono la dieta della maggioranza della popolazione del mondo. Di queste solo 12 forniscono oltre il 70% dei prodotti alimentari; 4 specie (riso, mais, frumento e patate) costituiscono oltre il 50% dell'approvvigionamento di cibo e 30 colture forniscono il 90% del fabbisogno calorico della popolazione umana. E a partire da queste considerazioni che Sila officinalis ha tracciato una strategia in piena sintonia con la "Strategia nazionale per la biodiversità", ponendosi come strumento di integrazione della esigenze della biodiversità nelle politiche nazionali di settore, e riconoscendo contemporaneamente a tale strategia la necessità di mantenere e rafforzare la conservazione e l'uso sostenibile per il suo valore intrinseco e in quanto elemento essenziale per il benessere umano. Ed è in tale ottica che la biodiversità risponde appieno alla sfida 2011-2020 per la biodiversità. Occorre pertanto integrare appieno la tutela ambientale in tutte le politiche di settore, con la partecipazione attiva a tutti i livelli istituzionali e di tutti i portatori di interesse, in quanto la conservazione e l'uso sostenibile della biodiversità sono un'esigenza primaria per garantire un futuro all'umanità e per mantenere prosperità economica e benessere. Franco Bartucci


sabato 8 giugno 2013

Sogni in testa e maniche su Per le gravi difficoltà economiche del Paese è sempre più difficile, specie per i più giovani riuscire a fare della propria passione un lavoro

Emanuela Magarò e Ida Garofalo Le due architette nella foto in basso sono a lavoro nel corso della ristrutturazione della sede

I volti rosa dell’architettura nelli di Federica Monta

A causa delle gravi difficoltà economiche del Paese e delle famiglie, oggigiorno è sempre più difficile, specie per i più giovani, riuscire a fare della propria passione un lavoro. Occorrono grande coraggio e idee chiare, ottimismo e forza di volontà: qualità che non mancano alla giovane Ida Garofalo, architetto che ha scelto di buttarsi sul mercato, fiduciosa del proprio talento e di quello della compagna di questa avventura, Emanuela Magarò, anche lei architetto, e con alle spalle già diverse e significative esperienze. «Io ed Emanuela abbiamo lavorato per diversi anni nel ramo, come collaboratrici per conto terzi; - ci ha raccontato Ida - i clienti ci hanno sempre apprezzate e questo ha fatto nascere in noi una certa consapevolezza nei nostri mezzi. A un certo punto quindi abbiamo deciso di giocare questa carta, di metterci in gioco». Per farlo, le architette hanno scelto di avviare uno studio tecnico con vetrina, di dedicarsi all’arredamento su misura, ma non soltanto. Inoltre, il sogno, le cui basi per la realizzazione sono già state avviate, è quello di creare una rete di professionisti che sappiano cooperare al fine di soddisfare le esigenze della clientela. «Abbiamo ritenuto necessario avere uno spazio fisico per esporre, per incontrare le persone. Non volevamo restarcene a casa. Abbiamo poi pensato di mettere a punto un sistema di collaborazione con le maestranze locali; - ci svela Garofalo - artigiani, artisti , tecnici, a completa disposizione del cliente, che noi se-

Occorrono coraggio e idee chiare: qualità che non mancano a Ida Garofalo architetto che ha scelto di buttarsi sul mercato insieme alla compagna d’avventura Emanuela Magarò

guiamo sin dall’ideale iniziale, fino alla scelta del complemento d’arredo. I nostri partner li abbiamo ricercati e contattati in base alla professionalità e alle specifiche qualità. Alcuni di loro, e questo ci ha fatto enormemente piacere, ci hanno invece contattato». Non è stato facile, certo, abbandonare certe certezze lavorative nel tentativo di raggiungere una più forte affermazione delle proprie capacità. Non è stato semplice per Ida, laureata con il massimo dei voti presso l’università di Reggio Calabria, né per Emanuela, che si divide tra il lavoro di architetto e quello di madre. Dopo aver conseguito la laurea in architettura presso l’università "La Sapienza" di Roma, Magarò ha collaborato con un ben avviato studio della capitale. A Roma l’architetto ha infatti partecipato attivamente alla ristrutturazione della sede de “Il Riformista”, a Piazza Barberini, e a quella di Palazzo Grazioli, solo per citare qualcuna delle sue esperienze. Quando nel 2006 è rientrata in Calabria ha avviato un suo studio in provincia e operato sul territorio fino all’incontro con l’attuale partner. «La nostra idea di architettura - confessa Ida - corrisponde a quella di una passione che ti occupa a pieno in tutte le tue energie. Arredamento e design sono solo alcune delle facce di questo mestiere, che si occupa a 360 gradi di tutto quanto concerne la vivibilità dell’uomo e della donna. Oltre alle nuove realizzazioni - prosegue - ci occupiamo di ristrutturazione, una pratica oggi fondamentale. Progettiamo, tenendo presente tutte le esigenze del caso, l’allestimento per locali commerciali e per le strutture ricettive in genere. Il cliente è il nostro punto di riferimento, e ci adoperiamo per garantire la qualità sotto ogni aspetto. Anche la scelta dei materiali, dalla forma ai colori, sono il frutto di studi attenti. Così come lo sono anche le progettazioni per i sistemi di illuminazione». La creatura delle giovani architette si chiama IdEm Architects e, ufficialmente, prenderà vita nei prossimi giorni con l’inaugurazione presso la propria sede nel centro città. «È passato un anno - afferma soddisfatta Magarò - da quando abbiamo deciso di avviare questa attività. Quando ci siamo conosciute, nel corso di una collaborazione lavorativa, io e Ida ci siamo piaciute subito. Venivamo da esperienze lavorative differenti e avevamo un bagaglio di abilità che si completavano a vicenda. Abbiamo messo anima e corpo in questo progetto, - prosegue - abbiamo ristrutturato il locale e tra pochi giorni saremo finalmente all’opera».

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sabato 8 giugno 2013

Una rassegna per le scuole La Giovane orchestra dell'Istituto comprensivo di Cerisano conquista il San Carlo di Napoli

La musica delle Serre esplode sotto il Vesuvio eco di Pierfrancesco Gr

«È stato bellissimo... è bellissimo... Grazie... a questi splendidi giovani, a tutti»... un’espressione semplice ma copiosa di significati per raccontare un trionfo assoluto, grandioso, indimenticabile: il trionfo colto, nella mattinata di lunedì, 3 giugno, contestualmente al fiabesco proscenio del Teatro San Carlo di Napoli, dalla Giovane orchestra dell’Istituto comprensivo di Cerisano, la quale, diretta dal suo artefice e primo alfiere, maestro Fabrizio Zecca, ha conquistato il prestigiosissimo Premio San Carlo 2012/2013, rassegna musicale per le scuole, promossa dallo storico Teatro napoletano in collaborazione con Miur - ufficio scolastico regionale per la Campania. Un successo, se possibile, reso ancor più dolce dalla menzione speciale della Giuria, assegnata, quale miglior musicista a Carmine Covello, percussionista della scuola Cerisano, che, seguito nel suo percorso artistico dal maestro Massimo Belmonte, è stato definito dal presidente della Commissione «un assoluto talento». Un successo senza precedenti, insomma, quello conseguito dal giovane e rinomato sodalizio musicale cerisanese, per la verità ormai avvezzo da tempo ad affermazioni di straordinario livello, fatte proprie in tutta Italia, sull’onda di una peculiarità interpretativa puntualmente contrassegnata, presso qualsivoglia ribalta, dalla sopraffina perfezione avvolgente l’esecuzione dei brani compendiati nel sempre più aulico programma proposto dagli studenti cerisanesi; un programma fuori dal comune, spaziante dal repertorio classico a quello più leggero, con una spiccata predilezione per l’universo attinente all’opera lirica, in particolare al melodramma italiano e, ovviamente, a quello che è il suo massimo rappresentante, ovvero Giuseppe Verdi, di cui quest’anno ricorre il bicentenario dalla nascita ed al quale, per l’occasione, la direzione del Teatro San Carlo, la cui storia gloriosa s’intreccia vigorosamente con la leggenda del maestro di Busseto, ha inteso dedicare la rassegna appena conclusa, giunta alla quarta edizione. Un’edizione, quella 2012-13, vertente sul tema “Verdi e il San Carlo”, che ha registrato il record d’istituti partecipanti: 73, provenienti da Lazio, Campania, Puglia, Sicilia e, ovviamente, Calabria, per un totale di circa 4mila studenti di età compresa tra gli 11 e 16 anni che hanno preso parte alle fasi di selezione nei mesi di febbraio e marzo 2013. Nel mese di aprile sono state, poi, 28 le formazioni orchestrali esaminate: di queste solo cinque hanno passato la selezione, solo cinque si sono esibite sul palco centrale del Regio Teatro, di quello che, dal ‘700 in poi, fu la perla della dinastia borbonica, assurgendo, per via delle sue monumentali dimensioni, della sua originale struttura e delle sue ineguagliabili precipuità, fin dai primi anni di vita, a modello per i successivi teatri del continente e a meta irrinunciabile per il gotha della musica europea, che allora annoverava figure come Haydn, Bach, Mozart, per citare solo alcuni dei vati che hanno respirato l’aurea aria e assaporato l’acustica perfetta del Teatro partenopeo; il medesimo, che nel 1817, durante la proficua gestione dell’impresario Domenico Barbaja, lasciò senza fiato, abbagliato, strabiliato Stendhal, il quale, travolto dalla bellezza del San Carlo, così ebbe ad esprimersi: «Non c’è nulla in tutta Europa che non dico si avvicini a questo Teatro ma ne dia la più pallida idea. Gli occhi ne restano abbagliati, l’anima rapita... In un primo momento, quando sono entrato, ho creduto di essere stato trasportato in un palazzo di qualche imperatore d’oriente» (Stendhal, Roma, Napoli e Firenze nel 1817). La stessa impressione, la medesima sindrome, che, probabilmente, al momento di entrare nella grandissima e scintillante sala a ferro di cavallo, creata, a suo tempo, dagli architetti Giovanni Antonio Medrano e Antonio Nicolini, avrà pervaso i maestri e i giovani componenti delle precitate cinque orchestre approdate alla finale di lunedì mattina: Cava dei Tirreni, Pagani, Gaeta, Giarre e Cerisano. Di queste, una sola ha vinto, quella di Cerisano; un’orchestra eccezionale, meritoria di maggiori attenzioni da parte delle nostre istituzioni locali; un’orchestra, anzi, l’or-

Trionfo assoluto per i ragazzi guidati e diretti dal maestro Fabrizio Zecca esibitisi lunedì 3 giugno nel prestigioso proscenio centrale del fiabesco teatro partenopeo in occasione della quarta edizione del Premio San Carlo

chestra, preparata dai maestri Donatella Belmonte, Massimo Belmonte, Maria Rosaria Luchetta, Ilia Marta Falanga, Pascal Ferraro, Paolo Manfredi e diretta da Fabrizio Zecca, che ne cura gli arrangiamenti. Maestri di vita, oltre che di musica, i quali, nel coltivare e valorizzare le passioni e le attitudini dei singoli giovani musicisti componenti l’orchestra, sulla base di valori quali la volontà di migliorarsi, l’impegno nel fare il proprio dovere, l’abnegazione nello studio e la gioia di crescere e stare insieme, sono riusciti a plasmare un collettivo capace di dare, in linea con la solida tradizione musicale cerisanese, avvolgente espressione al piacere di fare grande musica. Fare musica, in effetti, vuol dire elevarsi in una dimensione particolare, unica, totalizzante, dominata da un pensiero, generato dai sensi o dai sensi percepito e tradotto: una dimensione, avente quale essenza l’eleganza della bellezza, lo stile della passione, la raffinatezza della poesia, la libertà di vedere o di disegnare la realtà secondo i canoni della creatività, del virtuosismo, della genialità, della meraviglia in cui trova piena espressione la natura umana. La meraviglia, che si prova nell’interpretare un pensiero muisicale; la meraviglia che quel pensiero riesce a suscitare in chi ascolta; la meraviglia che raggiunge vette apicali allorquando tale pensiero avvolge e riempie non solo gli umani sensi, ma anche luoghi onirici, come certi, pochissimi, teatri, come il San Carlo, appunto, in cui la musica s’è, nei suoi quasi tre secoli di storia, trasfigurata in magia, accarezzando la maestosità delle architetture e lo sfarzo degli ori e degli stucchi, diventando Storia: Storia di bellezza, di passione, di poesia.


sabato 8 giugno 2013

Una rassegna per le scuole L'Orchestra di Cerisano al San Carlo diretta dal maestro Zecca Sotto, i maestri e giovani i componenti dell'orchesta e il maestro Zecca mentre riceve i complimenti del sovraintendente del Teatro S.Carlo

Che meraviglia: la meraviglia che certamente avrà abbracciato le sensazioni più recondite dei ragazzi componenti la Giovane orchestra dell’Istituto comprensivo di Cerisano, e dei suoi maestri, nel calcare, lunedì 3 giugno, il palcoscenico del grandioso Teatro di Napoli; la meraviglia che ha inondato il loro cuore nel fare musica in quel luogo straordinario, nel fare la musica di Verdi, il Cigno di Busseto, nume tutelare della rassegna di quest’anno e grande passione del maestro Zecca, che nel ripercorre la straordinaria esperienza napoletana vissuta insieme ai suoi ragazzi e ai suoi colleghi, palesa tutta l’emozione e la soddisfazione di chi è consapevole di aver compiuto qualcosa di eccezionale, per i suoi allievi, per Cerisano, per l’intero firmamento artistico calabrese. «È stato bellissimo... è bellissimo... Grazie... a questi splendidi giovani, a tutti»... questo il suo sintetico e significativo commento. Sì, deve essere stato veramente bellissimo entrare nel San Carlo splendente, internamente sovrastato dall’immenso dipinto troneggiante sul soffitto; deve essere stato bellissimo salire con i suoi allievi sul palcoscenico e dirigerli sul podio di un teatro oculatamente descritto dal maestro Riccardo Muti come «il più bello del mondo» e da Giovanni Minoli definito, in una delle sue preziose trasmissioni d’approfondimento, «un luogo di elezione, l’orgoglio di Napoli e dell’intera Italia», amato follemente dal sovrano Carlo di Borbone, a tal punto da pretendere che il suo gioiello fosse direttamente collegato al Palazzo Reale, forse per poterlo sentire ancora più suo. Sì, deve essere stato bellissimo, in quella incantata cornice, adornata dal sipario aprico verso l’estasiata Sala, trarre fuori da quella

Il bando di gara prevedeva la realizzazione di un prodotto multimediale su Verdi e sul Teatro di San Carlo... «Professò, la soluzione è sotto i vostri occhi!»: un e-book? e perché no? Così è nata l’dea vincente

Giovane e grande orchestra le note del Preludio del Rigoletto, riadattate in partitura dal direttore medesimo, e sentirle risuonare nel teatro che fu di Verdi, con il pubblico, in silenzio, che ascolta, che si emoziona, che si commuove, salutando con un autentico boato d’entusiasmo l’esibizione dei fantastici giovani artisti cerisanesi del maestro Zecca: esplode l’applauso del teatro intero in ogni ordine di posto, la giuria si entusiasma, si ode una voce che dice «Cerisano»... Sì, è bellissimo!

L’Orchestra di Cerisano vince. Cerisano vince il “Premio San Carlo”. Deve essere stato bellissimo per i ragazzi e i maestri pensare al lavoro e all’impegno di anni, il medesimo che li ha condotti a Napoli; sì, deve essere stato bellissimo per il maestro Zecca volgere lo sguardo della memoria al suo percorso artistico e professionale, agli anni giovanili, al suo maestro, il compianto Mario Greco, di Cerisano, colui che, come ama spesso ripetere Zecca, «mi mise in mano uno strumento» e che, c’è da esserne certi, da eccelso cultore di Verdi qual era, avrà ascoltato compiaciuto, da qualche parte, le sublimi note a cui hanno dato forma i giovani diretti dal suo poliedrico allievo. Sì, per il maestro Zecca deve essere stato bellissimo ringraziare, uno per uno, i suoi collaboratori e i suoi ragazzi, grandi protagonisti di un risultato fuori dall’ordinario; deve essere stato bellissimo per i ragazzi, per tutti, pensare a quello che si è fatto e a come lo si è fatto: con passione, rigore e, soprattutto, amore; amore per la musica, per il bello, trascorrendo intere giornate a provare i brani e le arie da offrire all’affezionato pubblico dell’Orchestra, presente, con in testa i genitori dei ragazzi e i parenti dei maestri, in gran numero anche nella platea, nei cinque ordini di palchi e nel loggione del San Carlo, per conquistare il quale i giovani cerisanesi hanno dovuto non solo raffinare ulteriormente la loro abilità musicale ed interpretativa, ma soprattutto, appropinquarsi, con un certosino lavoro di ricerca, alla figura del grande Verdi; un vero e proprio percorso di conoscenza, quello intrapreso dai giovani di Zecca, i quali, con la supervisione del loro maestro, hanno realizzato un articolato e sorprendente e-book, un libro elettronico, titolato Giuseppe Verdi e il Teatro San Carlo, sfogliando il quale si coglie la natura incommensurabilmente elevata dell’attività incarnata dall’orchestra in questione: un’attività di metodo, forza morale e incredibile interazione simbiotica tra il maestro e i suoi allievi, vero segreto, questo, dei successi passati, presenti e futuri riscossi dal magnifico sodalizio cerisanese. «Il bando di gara - racconta in proposito Zecca - per la partecipazione alle selezioni del “Premio San Carlo” prevede la realizzazione di un prodotto multimediale sul compositore parmense e sul Teatro di San Carlo. Mentre preparavamo il programma musicale per l’audizione, durante una prova d’orchestra, specificatamente dopo l’esecuzione del Preludio del Rigoletto, ci siamo fermati per chiedere agli “orchestrali” cosa ne pensassero, cosa proponessero, quali idee avanzassero per rispondere alla richiesta del bando. Le prime idee ci sembravano un tantino ovvie, abusate: un video, una presentazione Power point, un iper-testo, ci mancava che dicessero un cartellone! Non per essere originali per forza, invitavo i ragazzi a pensare a qualcosa di più divertente, a qualcosa che potesse rappresentare una nuova sfida, oltre a quella del fare musica insieme, d’interpretare partiture che mai avremmo pensato di poter eseguire alle scuole medie». «Professò ho trovato la soluzione, è davanti ai vostri occhi» esclamò una timida “violinista” indicandomi il leggìo. Sul leggìo ripongo il mio ipad, dove “custodisco” i miei arrangiamenti necessari alla concertazione dei brani. «Pensi ad un e-book?» chiesi - e la ragazzina rispose di sì - «Perché no? Aggiudicato»! E ci siamo messi al lavoro! Un lavoro, ornato ed integrato da interessantissimi contributi multimediali, in cui, oltre ad un’accurata biografia di Verdi, è presente un sintetico ma particolareggiato tratteggio afferente al Teatro di San Carlo di Napoli, un olimpo della musica senza eguali, il custode fiero dell’antica e nobile tradizione musicale partenopea; un tempio dell’unico linguaggio universale, qual è la musica, che, «carico della sua storia - ha affermato in una famosa intervista il maestro Riccardo Muti - e pieno della sua bellezza e del suo splendore», è, dopo i recenti lavori di restauro, «ritornato alla luminosità sua originaria». Un luogo che ha gli assoluti crismi dell’unicità, «prima di tutto - osserva Muti -, perché è il più bel Teatro del mondo; secondo, perché ha una delle storie più gloriose, se non la più gloriosa dei teatri italiani e, quindi, dei teatri del mondo, e, terza cosa, perché rappresenta il Teatro più importante di tutto il sud dell’Italia».

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Una rassegna per le scuole Del resto, «il Teatro di San Carlo, già Real Teatro di San Carlo - si legge nel predetto e-book realizzato da Zecca e dai suoi allievi -, è il teatro lirico di Napoli ed è uno dei più famosi e prestigiosi al mondo». È il più antico teatro d’opera in Europa ancora attivo, essendo stato fondato nel 1737. Affacciato su via San Carlo e lateralmente su piazza Trieste e Trento, ricalca l’architettura delle grandi regge borboniche e fu il simbolo di una Napoli che sottolineava il suo status di grande capitale europea. Eretto per volontà di Carlo di Borbone, fu inaugurato il 4 novembre 1737, nel giorno dedicato a San Carlo. La prima opera ad andare in scena fu L’Achille in Sciro, di Domenico Sarro, ma ben presto il prestigio del Teatro crebbe tanto da attirare illustri personalità di fama internazionale. Nel 1751 andò in scena La clemenza di Tito, di Christoph Willibald Gluck ed alcune opere di Bach. Sul finire del Settecento, il San Carlo accolse uno dei più quotati compositori europei ed uno dei più importanti esponenti della scuola musicale napoletana: Domenico Cimarosa. Il Cimarosa debuttò al teatro napoletano nel 1782 con L’eroe cinese. Dal 1815 al 1822 il direttore musicale del Teatro fu Gioacchino Rossini e dopo di lui l’incarico fu affidato a Gaetano Donizetti, direttore artistico fino al 1838. Durante la seconda parte del regno di Ferdinando II, la vita artistica del teatro fu resa particolarmente ostica dalle maglie della censura che tormentarono soprattutto il rapporto con Giuseppe Verdi. La sua collaborazione fu tuttavia molto proficua, con molte opere rappresentate ed alcune prime assolute. Infatti, dopo la messa in scena dell’Oberto Conte di San Bonifacio, nel 1841, nel 1845 Verdi, non senza difficoltà, completò l’opera Alzira per il San Carlo di Napoli. La prima volta del maestro nel sud d’Italia non fu particolarmente entusiasmante se non fosse per i luoghi, che Verdi dimostrò di apprezzare, e per il calore del pubblico, che tributò alla sua opera un discreto successo, anche se l’Alzira non ebbe un avvenire florido. Circa quattro anni dopo il debutto di Alzira, il compositore tornò a Napoli con una delle sue opere più interessanti, Luisa Miller (...), melodramma tragico in tre atti rappresentato al teatro San Carlo di Napoli l’8 dicembre 1849. Per la prima volta in modo netto Giuseppe Verdi abbandonava i riferimenti a fatti storici o a gesta eroiche per orientare il suo teatro verso la sfera privata anticipando l’impostazione della Traviata. Molti anni dopo, nel settembre del 1857, Verdi mise in cantiere un nuovo progetto, molto ambizioso per Napoli, Un ballo in maschera. Il Teatro di San Carlo chiedeva una prima esclusiva e il maestro si recò nella città borbonica nel gennaio del 1858 per risolvere personalmente gli innumerevoli problemi creati della censura. «Sono un vero inferno», scriveva allo scultore Luccardi: «Maledetto il momento in cui ho accettato questo contratto». Alla fine riuscì a vincere una causa con il Teatro, ridicolizzando le banali modifiche richieste dai censori. Ancora una volta il compositore rimase incantato dalla bellezza della natura e dalla mitezza del clima ed anzi si rammaricò di non aver ammirato in eruzione il Vesuvio: «Io non ho mai visto quel signore in furia e pagherei... una sinfonia a vederlo» sospirava Verdi.

La facciata del Teatro San Carlo Sotto, la targa premio ricevuta dal sodalizio cerisanese e la platea al momento dell’esibizione

Oltre al premio assegnato al sodalizio musicale cerisanese, esaltante è risultata anche la menzione speciale riconosciuta dalla giuria a Carmine Covello abile percussionista dello straordinario collettivo

Passarono altri 15 anni prima che Verdi tornasse a Napoli, dove trascorse l’inverno a cavallo degli anni 1872 e 1873 per eseguire un’edizione dell’Aida. A Verdi si deve la costruzione della buca per l’orchestra del Teatro di San Carlo, proprio nel 1872, quando riuscì a convincere la direzione del Teatro, peraltro suggerendo accorgimenti acustici. Durante il soggiorno partenopeo Verdi compose un quartetto per archi assai gradevole di tradizione classica nel filone di Haydn e Beethoven, eseguita in prima assoluta dalle prime parti dell’Orchestra Teatro di San Carlo. Si tratta dell’unica composizione cameristica di Verdi, data in dono nella sua stesura originale al Conservatorio di San Pietro a Majella. Il legame intenso tra il Teatro di San Carlo ed il compositore di Busseto non si è mai interrotto tanto che in questo 2013, anno in cui realizziamo questo scritto, ricorrente il bicentenario della nascita del compositore, il Teatro di San Carlo ha fortemente puntato sul compositore italiano, con varie iniziative dirette a testimoniare la vicinanza tra il maestro e la città di Napoli. (...). «Verdi - ha dichiarato il direttore artistico del Teatro Vincenzo de Vivo - non è solo musica ma è volontà, è cultura per migliorare la qualità della vita di un’Italia che ancora non sembra aver risolto i problemi del suo Risorgimento». Il maestro Verdi, secondo de Vivo, rappresenta «realmente ciò che siamo, un’Italia che desidera guardare verso il futuro con le radici nel passato, un’Italia che non si rassegna e guarda lontano». La ricerca è stata appassionante e gratificante. Conoscere a fondo questo artista ci ha appagato» (Estratto di Fabrizio Zecca & Giovane Orchestra Cerisano. “Giuseppe Verdi e Il Teatro di San Carlo” IC Cerisano, 2013. iBooks). Un appagamento che lunedì mattina, sul palcoscenico del San Carlo è diventata magia: «un’emozione indescrivibile - ha scritto qualcuno dei fortunati che hanno preso parte alla giornata del San Carlo -. Il Teatro più bello del mondo, la città illuminata da uno splendido sole, dai grandi finestroni si scorge il Maschio Angioino. Siamo a Napoli al Teatro di San Carlo sul palcoscenico la Giovane orchestra dell’Istituto comprensivo di Cerisano, sul podio il maestro Fabrizio Zecca... Rigoletto... il boato del Teatro... La vittoria dell’Orchestra di Cerisano». La vittoria della Cerisano più autentica, della Cerisano amante della musica, del bello, della raffinatezza culturale, artistica e valoriale! Il successo di un paese baciato da una vocazione prescindente il tempo e lo spazio... Il trionfo di un’eredità creativa e di un presente vivido che riempie il borgo delle Serre di giusto e nobile orgoglio! «È vero - racconta Maria Greco, giovane cerisanese, residente a Napoli e presente in platea - ... è stata un’emozione fortissima, intensificata dalla suggestione del maestoso Teatro San Carlo! Ancora una volta l’orchestra di Cerisano ha dimostrato la propria eccellenza, conseguendo il prestigioso premio. Da spettatrice diretta della manifestazione, posso dire che è stata un’emozione nell’emozione... un’emozione grandissima, per me, assistere a questo trionfo»! Sì... «È stato bellissimo... è bellissimo... Grazie... a questi splendidi giovani, a tutti»...


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XIII

Per non dimenticare

Un nuovo fiore tra i beati

Arcangela Filippelli, una figura di venerabilità che dia dignità alla donna

di Lucia De Cicco

Una martire calabrese, la giovane Arcangela Filippelli, nata nel secolo diciannovesimo e vittima dell’orco. Una venerabilità, che arriva proprio a ridosso del caso di violenza che ha sconvolto la cittadina di Corigliano, dove due adolescenti, una vittima e l’altro carnefice, sono stati protagonisti di un efferato caso di “femminicidio” (il termine coniato dai media per designare i casi di abusi e omicidi ai danni delle donne). La cerimonia si è svolta nella Cattedrale di Cosenza nei giorni scorsi, il 29 maggio, dove si è chiusa l’inchiesta diocesana per la beatificazione della Serva di Dio Arcangela. La triste vicenda di questa martire, nata nel 1853, inizia il 7 febbraio del 1969, giorno di Carnevale. Lei fu incoraggiata, dalla madre, ad andare a raccogliere legna in un bosco privato con un gruppo di amiche, sorelle di chi poi sarebbe stato il suo assassino, Antonio Provenzano. Con un pretesto, il ragazzo di solo 22 anni, si offrì di aiutare la giovane rimasta in difficoltà per la fascina legata male dallo stesso. Dopo poco allontanate le sorelle, tendò di usarle violenza, ma lei divincolata, invocando il Cielo, gridava che era peccato e che «la Madonna non vuole queste cose». Nella nebbia fitta della montagna, al processo, le sorelle di Antonio, testimoniarono che sia i cittadini che loro avevano sentito le urla strazianti di Arcangela, ma che per timore non si erano avvicinati, ma che l’avevano sentita affermare «morta sì, ma non mi farò mai toccare da te». Fu martirizzata, difendendo la sua purezza, a colpi di scure: prima le furono recisi mani e piedi e poi fu colpita ripetutamente sul corpo. Seguì il processo ad Antonio Provenzano, che fu condannato alla pena di morte ma morì di cancrena, prima che l’esecuzione avesse luogo, il 5 agosto 1872. Il corpo di Arcangela nel tempo fu traslato a Longobardi nella chiesa di San Francesco, con permesso del vescovo di Tropea, ed è venerato da molti ogni anno. Oggi, questa immagine appare di forte attualità, data la situazione femminile in tutto il mondo e non solo in Italia, con un forte richiamo alla dignità della donna. L’arcivescovo di Cosenza, monsignor Salvatore Nunnari ha costituito la causa di canonizzazione il 18 dicembre 2006, a fronte di una petizione d’iniziativa popolare e dei parroci di Longobardi, ottenendo il “nihil obstat” il 23 maggio del 2007 dalla Congregazione delle Cause dei Santi, dopo il parere della Conferenza episcopale calabra il 7 febbraio 2007. L’Inchiesta diocesana è stata avviata l’1 ottobre 2007. Il vescovo ha indirizzato,

Una martire calabrese nata nel XIX secolo e vittima dell’orco. Una venerabilità che arriva proprio a ridosso del caso di violenza che ha sconvolto la città di Corigliano

inoltre, una lettera ai giovani della Chiesa cosentina sulla figura di Arcangela. In questa il padre arcivescovo racconta la storia della Filippelli, che diverrà presto beata a Roma. Un sacrificio, quello di Arcangela, spiega il vescovo durante la celebrazione, che non è vano, se oggi appare di enorme attualità. Il coraggio di andare fino in fondo, lo chiama Nunnari, che ci deve portare non soltanto a indignarsi per ciò che di violento c’è attorno a noi, ma anche a scoprire il vero valore del vivere. Non vivacchiate, scrive Nunnari, e non lasciatevi trasportare dalle mode. «Pensate in grande - questo l’augurio del padre arcivescovo - testimoniando l’ardore, che la stessa Filippelli testimoniò». Alla fine dell’omelia, alla presenza del clero cosentino e dei vescovi di Tropea e di Scalea, Rienzo e Bonanno, si è data lettura della causa di postulazione di presunto martirio e conseguente venerabilità presieduta dal vicario don Enzo Gabrieli, che ha seguito tutto l’iter. Nell’assemblea erano presenti: i discendenti della Filippelli; un pronipote diretto e la commissione di storici, avvocati e medici, che si sono occupati di esaminare il caso. Il postulatore della causa, don Enzo Gabrieli, ha espresso una grande commozione nell’esaminare le carte e gli atti che hanno riguardato questo caso. Una serie anche di fortuite coincidenze, che hanno fatto sì che tutto andasse nel migliore dei modi, come il ritrovamento di importanti documenti, l’importanza di avere un processo con delle testimonianze di eccellenza. La causa si conclude con la lettura dell’iter: il giudice delegato della causa, don Luca Perri; don Bruno Di Domenico, promotore di giustizia; certificate le firme e gli apposti sigilli dal cancelliere don Cosimo de Vincentis, con il notaio nominato dal vescovo, il signor Francesco Reda, si conclude la cerimonia durata due ore, in uno scroscio di applausi e con i saluti del sindaco della città di Longobardi, Giacinto Mannarino, che ha anticipato che nel consiglio comunale in giugno si dedicherà una struttura presso il plesso scolastico, che vuole essere un documento che faccia capire a tutti che questa storia, che sembrerebbe antica, così ha detto Mannarino, spesso è di forte attualità. La figura della Filippelli, oggi appare importante perché immagine che unisce e manifesto inequivocabile della grandezza della stessa.

Arcangela Filippelli Sopra, la lettura della venerabilità da parte di don Enzo Gabrieli davanti al notaio Francesco Reda, il vescovo Nunnari, don Bruno e don Perri


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Con gli occhi sul futuro La Soprintendenza premia gli studenti artisti del Cosentino, preparati e originali

Beni culturali in mani sicure di Francesco Fotia

Lo scorso venerdì, presso la sede della Soprintendenza per i Beni paesaggistici e architettonici di piazza dei Valdesi, sono stati premiati i giovani studenti che hanno preso parte al concorso, bandito dalla stessa soprintendenza, che ha avuto come protagonisti i beni culturali del territorio calabrese. Un’iniziativa interessante, finalizzata ad avvicinare i giovani alla conoscenza delle bellezze del nostro territorio e a far loro capire la fondamentale importanza della conservazione, della preservazione e della restaurazione. Il concorso, suddiviso in due sezioni, ha interessato studenti dei licei artistici e delle scuole d’arte di Cosenza e provincia, le cui opere sono state sottoposte al giudizio, per la proclamazione dei vincitori, della commissione composta dal soprintendente, Luciano Garella, dal presidente dei Lions club di Cosenza Host, Emilio Minasi, e da Luigi Reda, dirigente scolastico. Ad accogliere i giovanissimi partecipanti nella sede di Piazza dei Valdesi sono stati i collaboratori della soprintendenza: Antonio Puntillo, Anna Francesca La Rosa, Vincenzo Facciola, Rosella Chiarello, Lucia Trotta e Gradita Malizia. Gli studenti hanno potuto vedere le loro opere esposte nella sala, osservate con un misto tra curiosità e ammirazione dagli ospiti sopraggiunti. Diverse sono le opere fotografiche, molti i commenti prosaici che richiamano, anche nella lingua, la calabresità. Protetto da una teca fa bellissima figura il plastico della chiesa di Sant’Angelo di Luzzi, progettato e costruito in scala. Particolare, un’opera che non passa inosservata, è la breve storia fumettata che ha come protagonista il castello svevo. A presenziare la cerimonia di premiazione è lo stesso soprintendente, Luciano Garella, che si dice «rincuorato per la partecipazione dei cittadini del futuro». Garella ha poi illustrato le sue impressioni circa i giovani partecipanti: «Mi ha sorpreso la profondità di pensiero profusa da tutti - ha svelato, osservando quanto - l’entusiasmo dei giovani sia più importante di tutto il resto. Voi prenderete il nostro posto nella tutela di queste terre, - ha auspicato il soprintendente che meritano di essere ricordate per l’amichevolezza della gente, per le sue tradizioni e, naturalmente, per le sue bellezze naturali mozzafiato». A ringraziare Garella e ciascuno dei collaboratori è stato il presidente dei Lions club di Cosenza Host, Emilio Minasi, citando il concorso appena concluso come un perfetto esempio di sinergia. Minasi, da membro della commissione che ha valutato i lavori ha osservato che «al di là del valore tecnico ed estetico di ciascuna opera, tutte di ottima qualità, abbiamo tenuto conto dell’attenzione per la narrazione e voluto premiare l’originalità». È giunto poi il momento più atteso dai giovani artisti: quello della proclamazione dei vincitori. Il premio della sezione A - quella dedicata agli studenti delle classi I,II e III - è andato al lavoro delle classi II e III B del Liceo artistico statale di Cosenza, autori di un’accurata opera fotografica. Ad aggiudicarsi il primo premio per la sezione B - dedicata agli studenti frequentanti le classi IV e V - è stato Dario Bernardini, frequentante classe IV sezione A del Liceo artistico cosentino. Il lavoro dello studente è una storia fumettata che ha come protagonista una restauratrice chiamata a “portare agli antichi fasti” le precarie strutture del castello svevo. Nel racconto, ben suddiviso in scene, intervengono anche la componente fantastica e il tema della sicurezza sul lavoro. Una vittoria sicuramente meritata. A meritare sarebbe stato anche lo splendido plastico della chiesa di Sant’Angelo di Luzzi, realizzato - come detto - in scala, e costruito con legno di balsa. Un piccolo capolavoro che non poteva lasciare indifferenti i membri della giuria, che hanno pensato a un’apposita menzione speciale. Un premio che non era previsto nel bando, da destinare alla classe V A del Liceo artistico di Luzzi, rappresentato per l’occasione da tre studenti: Luigi Garritano, Salvatore Crocco e Walter Benvenuto, visibilmente soddisfatti per il riconoscimento, arrivato dopo un lavoro - dicono - lungo otto anni.

Un’iniziativa finalizzata ad avvicinare i giovani alla conoscenza delle bellezze del nostro territorio e a far loro capire la fondamentale importanza di conservare, preservare e restaurare

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Le opere vincitrici saranno ora esposte al pubblico presso la sede della Soprintendenza; inoltre, i vincitori del concorso per la sezione B avranno modo di partecipare a uno stage di tre giorni presso l’ente, con tanto di visita ai cantieri, all’interno dei quali potranno conoscere le tecniche per la conservazione e la restaurazione dei beni del territorio. I vincitori della prima sezione parteciperanno a uno stage di un giorno, all’interno del quale apprendere la mission del-


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Con gli occhi sul futuro

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1 1 - Lo staff dell’iniziativa 2 - Il vincitore Dario Bernardini con alle spalle la sua opera 3 - I vincitori della sezione A 4 - Lo splendido plastico della chiesa di Sant’Angelo 5 - Emilio Minasi e il soprintendente Luciano Garella 6 - Il vincitore ritira il premio tra Antonio Puntillo e Luciano Garella 7 - I giovani rappresentanti della scuola di Luzzi

la soprintendenza e conoscerne le metodologie operative.

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«Siamo molto soddisfatti di aver portato avanti questo progetto che ci ha visti stimolare i giovani verso la scoperta dello splendido territorio che abitano: stabilire questo contatto è parte integrante del nostro lavoro, - ha commentato Antonio Puntillo, direttore dei Servizi educativi - perché il territorio, in tutte le sue sfaccettature, ha tutto da guadagnare da una presa di coscienza e dell’aiuto della comunità». Gli fa eco Anna Francesca La Rosa, della sezione didattica, che ha spiegato con orgoglio: «Divulgare la cultura è la nostra mission; quando i mezzi sono esigui, come credo in tutte le altre attività, ci vuole un maggiore impegno da parte di tutti per raggiungere il traguardo desiderato. Partire dalle scuole è fondamentale perché è da lì che è possibile fare conoscere ai giovani tutti i nostri splendidi tesori, che a volte ignoriamo. La nostra Calabria - ha osservato infine - è come un scrigno pieno di gioielli da far conoscere a tutti. Le nostre terre sono state segnate dalla notevole varietà di popoli che l’hanno abitata, facendo della Calabria una delle culle della civiltà. Questo è il nostro tesoro». Un tesoro da promuovere e difendere. Partire dai più giovani è il giusto modo per assicurare alle nostre terre e ai nostri beni un futuro migliore.

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La fede in mostra Esposizione itinerante organizzata da “Comunione e liberazione” per l'Anno della fede

Vedere per credere “Videro e credettero” è il titolo della mostra itinerante organizzata da Comunione e liberazione per l’anno della fede e che vuole essere uno strumento di catechesi e di missione per arrivare davvero a tutti. La struttura della mostra è costituita da trentadue pannelli ognuno dei quali riporta il testo del curatore arricchito da brani letterari, biblici e da un affascinante apparato iconografico. La mostra, che verrà nelle varie sedi, presentata da guide, che si sono preparate con un corso di formazione, prevede anche dei possibili eventi musicali e teatrali. Si svolgerà dall’1 giugno all’1 settembre di quest’anno e tra le tappe prevede anche l’Unical, le chiese principali della città di Rende di Cosenza, di Mendicino, San Pietro in Guarano, Bisignano, Scigliano, Rogliano, e in estate inoltrata la costa, San Lucido, Paola, e la Sila con San Giovanni in Fiore e Luzzi. È stata preceduta dall’inaugurazione ufficiale del 4 giugno scorso, con il vescovo Nunnari, presso l’auditorium Giovanni Paolo II, nel Seminario di Rende, da una conferenza illustrativa, con il responsabile delle aggregazioni laicali, don Pasquale Traulo, il coordinatore, Carlo Trentacapilli ed Emanuela Belvedere, moderati dal responsabile dell’Ufficio delle Comunicazioni sociali della diocesi, don Enzo Gabrieli, che ha fatto comprendere che ogni opera è stata messa lì per invitare la persona a riflettere partendo proprio dal titolo per finire alla proposta scritta che è posta all’opera. Dando importanza al fatto che Comunione e liberazione, come tanti dei movimenti che sono in diocesi, con 15mila laici associati e tesserati, vivono la fede aderendo al messaggio della Chiesa, battezzati, servono le parrocchie e su invito di Papa Francesco cercano di andare verso le periferie. Dal 12 al 14 giugno, la mostra si troverà all’Università della Calabria presso l’University club, quindi si raggiungerà anche il mondo dell’istruzione e dei giovani futuri professionisti. Emanuela Belvedere ha illustrato il percorso della fede a partire dal cinismo dei nostri giorni, che vive l’uomo moderno, fino a capire che la convivenza con Cristo stesso è importante, così come fecero gli apostoli. Infatti, l’immagine scelta a rappresentare questo cammino è proprio il vecchio e il nuovo, che corrono verso il sepolcro dove è il Risorto, Pietro e Giovanni. Spiegato anche lo scopo della mostra: approfondimento della fede personale, testimonianza della gioia e della bellezza dell’essere Cristiani, che troviamo nella seconda sezione della mostra. La terza sezione, infine, ci narra la bellezza dell’essere toccati e feriti da Cristo e con la vita dei Santi, fino all’ultimo pannello che rappresenta l’immagine di Cristo con la scritta tratta da un discorso di Benedetto XVI: «La porta della fede che introduce la vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi». Le guide che introdurranno alla mostra sono anche semplici battezzati e fedeli non necessariamente appartenenti a movimenti, ma che opportunamente formati, daranno vita alla stessa, che diventa una forma di missione per una città e territorio. Abbiamo chiesto a uno dei responsabili, Carlo Trentacapilli, che cosa ha determinato la scelta delle locazioni. Il vicario per il laicato Traulo ha scelto in base alle foranie, due parrocchie per ogni zona e due parrocchie marine per i mesi estivi, Paola e San Lucido, cercando di fare coincidere anche le feste patronali di modo da fare affluire il maggior numero possibile di fedeli. Perché la scelta dell’immagine del pannello di apertura, che riproduce Giovanni e Pietro? Caratteristica del movimento è che a livello culturale ha sempre unito le due anime della chiesa, la tradizione e la profezia. È stata scelta dal gruppo editoriale Itaca, che è vicino al nostro movimento e si occupa di mostre. La consulta per il laicato, dopo la nostra proposta si è resa disponibile ad accettare la stessa, così anche il padre arcivescovo, si è dimostrato contento di questa iniziativa. Imponente organizzazione che coinvolge quindici parrocchie e tanti laici volontari, che non solo saranno da guida per i ragazzi che visiteranno la mostra, ma anche si occuperanno di montare e smontare la stessa. Saranno coinvolti Azione cattolica, il Rinnovamento, le Acli; un richiamo forte a quell’unità che Papa Francesco molte volte auspica per la Chiesa e il Popolo di Dio. Unico corpo con tanti carismi.

Strumento di catechesi per arrivare davvero a tutti La struttura della mostra è costituita da trentadue pannelli ognuno dei quali riporta il testo del curatore arricchito da brani letterari, biblici e da un affascinante apparato iconografico Carlo Trentacapilli, Emanuela Belvedere e Filippo Salatino Sopra, don Enzo Gabrieli e don Pasquale Traulo seduti tra il curatore e Belvedere

Le altre tappe della mostra: dal 15 al 20 giugno Cosenza, Chiesa di San Domenico, e dal 21 al 27 giugno in Santa Teresa del Bambino Gesù; chiesa di San Pietro in Mendicino, dal 28 giugno al 4 luglio; San Pietro in Guarano, chiesa di Santa Maria di Gerusalemme, dal 5 all'11 luglio; dal 12 al 18 luglio santuario Madonna di Monserrato, Scigliano; dal 19 al 25 luglio Santuario di Sant'Umile, Bisignano; dal 26 luglio all’1 agosto San Lucido, chiesa del Rosario; Paola, dal 2 all'8 agosto al Santuario; chiesa di San Pietro Rogliano, dal 9 al 16 agosto; dal 17 al 23 agosto, chiesa di Santa Lucia a San Giovanni in Fiore; dal 24 al 28 agosto, casa circondariale, tappa questa che, tuttavia, ancora non è confermata, per via dei permessi che la stessa situazione richiede; per finire Luzzi dal 29 agosto all’1 settembre, chiesa dell’Immacolata. Oltre la metà dei fedeli della diocesi quindi saranno coinvolti e raggiunti da questa esperienza. All’inaugurazione della mostra, precedette il convegno "Testimoni uniti nella speranza", moderato da Giulia Gabrieli e sui temi/ambiti delle settimane sociali: vita affettiva con i coniugi Palma la festa, con Adam Ruffolo, animatore di comunità uscente del progetto Policoro, la fragilità con Franco De Maria, dell’associazionismo, tradizione con Nicola Gaudio, di Azione cattolica, immigrati e cittadinanza a cura delle Acli con Salvatore Turano. Illustrato da Filippo Salatino segretario della consulta delle aggregazioni laicali. LdC.


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Emozioni in mostra

Non solo bellezza esteriore Introspective, rassegna d'arte visiva L’International association for Art and psychology - sezione di Bologna, tramite il suo presidente professor Stefano Ferrari, docente di Psicologia dell’arte all’Università di Bologna, organizza nei giorni dal 24-30 giugno 2013, presso la Sala Polifunzionale del Palazzo comunale della Gran Guardia di Verona, una rassegna di Arte visiva intitolata “Introspective”, curata dalla storica e critica dell’arte Carmelita Brunetti, direttrice responsabile della rivista Arte contemporanea news. Il titolo della collettiva è molto significativo e avvia il fruitore verso un percorso interiore personale oltre che al riconoscimento del valore estetico e artistico dell’opera. Trattare un argomento molto delicato come l’auto-rappresentazione del corpo e dell’identità attraverso il medium della fotografia - riferisce la Brunetti - «è non solo un mezzo per registrare il momento dell’atto performativo in cui gli artisti-attori eseguono la scena, ma anche una modalità di riconoscimento delle proprie emozioni. Far dialogare i diversi linguaggi del corpo attraverso l’uso della fotografia, della performance e del video, è il fil rouge che questa rassegna propone. Un percorso visivo inedito perché l’introspezione come traccia del Sé diventa un’occasione di riconoscimento personale di ognuno di noi attraverso l’opera d’arte». Gli artisti chiamati a interpretare questo complesso tema in un’epoca così difficile come l’attuale, sono: Maurizio Cesarini, Mona Lisa Tina, Massimo Festi, Valentina Medda, Emiliano Zucchini. Ognuno di loro esporrà 5 lavori per un totale di 25 opere. Si tratta di cinque autori riconosciuti dalla critica e che si avviano sempre di più a conquistare il favore del pubblico. L’evento è partenariato dalla rivista Arte contemporanea news e patrocinato dalla Scuola di specializzazione in Beni storico-artistici dell’Università di Bologna. Con la collaborazione del Comune di Verona. Inaugurazione il 25 giugno ore 17,00.

Al Palazzo della Gran guardia di Verona a cura di Carmelita Brunetti con la collaborazione di Stefano Ferrari

Dal basso: Looking for love, Doppio tempo, Human Nella foto grande Anamnesi

Premio internazionale Giovani musicisti

“Equivoci” ma vincenti Il coro giovanile polifonico di “Nuova solidarietà equivoci”, è il primo classificato nel prestigioso concorso internazionale giovani musicisti, svoltosi a Paola. Il coro composto da trenta elementi (ragazzi e ragazze) è nato sei anni fa - come enuncia lo statuto - per unire i giovani al connubio musica - solidarietà in un disegno di crescita non solo musicale ma anche spirituale all’interno dell’associazione. “Ricercate - nell’esecuzione e anche nell’aspetto!”, è questa la sintesi della valutazione finale che ha permesso alle ragazze di Equivoci di portare a casa un riconoscimento di elevata portata. Le splendide voci, brillantemente dirette dal maestro Claudio Bagnato, hanno prevalso sulla concorrenza di altrettanto prestigiosi cori, esibendosi in pezzi di alto spessore musicale evidentemente ed efficacemente apprezzati dalla prestigiosa commissione aggiudicatrice. Il Coro Equivoci ritirerà l’ambìto premio sabato 1 giugno nella serata di gala al teatro Rendano di Paola, Cosenza.

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Scrutando il cielo "Leggere la scienza" è stato rivolto ai docenti di discipline scientifiche e umanistiche di scuola secondaria di II grado

Le stelle da Copernico a Newton Monumento a Tycho Brahe e Giovanni Keplero, la coppia che rivoluzionò la scienza

È andato in scena lo spettacolo teatrale: “Scrutando il cielo” liberamente tratto dal libro L’uomo dal naso d’oro di Kitty Ferguson, a cura delle professoresse Natalia Polimeni e Silvana Comi, con la consulenza scientifica della professoressa Angela Misiano. La rappresentazione conclude il progetto: “Leggere la Scienza” messo in atto dal Planetario provinciale Pythagoras - sezione Calabria Società astronomica italiana. La Società astronomica italiana, e con essa il Planetario provinciale di cui ha la responsabilità scientifica, ha tra le sue molteplici attività quelle di formazione rivolte ai docenti e quelle di orientamento rivolte agli allievi. Molte di esse sono svolte in collaborazione con la direzione generale per gli Ordinamenti scolastici e per l’Autonomia scolastica del Miur. La Società astronomica italiana, costituita ente morale dal 1939, è riconosciuta, infatti, dal Miur quale ente qualificato per la formazione dei docenti. Il progetto: “Leggere la scienza” è stato rivolto ai docenti di discipline scientifiche e umanistiche di scuola secondaria di II grado. In numero limitato, sono stati ammessi a partecipare anche allievi del triennio degli Istituti secondari di II grado particolarmente interessati al tema. Il corso è stato caratterizzato da lezioni frontali svolte da docenti di astrofisica, arte, letteratura seguite dallo studio e rielaborazione dei contenuti proposti. All’interno del percorso teorico sono stati attivati i laboratori di arte e recitazione guidati, rispettivamente, dalla professoressa Franca Marrapò e dalle professoresse Natalia Polimeni e Silvana Comi. Queste attività laboratoriali hanno consentito di avvicinare i giovani alla scienza in modo creativo e divertente. I prodotti di questo percorso sono stati la realizzazione di qua-

Teatro Politeama “Siracusa” di Reggio Calabria, si chiude il progetto del Planetario provinciale Pythagoras sezione Calabria Società astronomica italiana

dri creati dagli studenti ispirati alla Scienza e la rappresentazione teatrale “Scrutando il cielo”. Quest’ultima tratta di Tycho Brahe e Giovanni Keplero, la strana coppia che rivoluzionò la scienza. Nel periodo, infatti che va da Copernico a Newton si realizza il passaggio da una scienza ancora pesantemente condizionata dai lasciti del Medioevo alla scienza moderna. Fra coloro che più contribuirono a rendere possibile questo passo ci sono Tycho Brahe, L’uomo dal naso d’oro, e Keplero, il matematico che, fondandosi su uno scarto minimo fra i propri calcoli e le osservazioni di Tycho relativi al pianeta Marte scardinò, con le sue tre leggi, l’astronomia tradizionale ponendo le basi per lo studio di un universo regolato non più dalla geometria, ma dalla fisica. Due personaggi tanto distanti e diversi che hanno saputo coniugare le loro ricerche e hanno in questo modo cambiato il volto dell’astronomia. Con questo spettacolo il Planetario provinciale non ha la presunzione di fare teatro scientifico piuttosto teatro didattico: didattico è qualsiasi teatro che invita il pubblico a riflettere su un problema, a comprendere una situazione, ad adottare un atteggiamento critico a suscitare curiosità attorno a problemi specifici fornendo solo il bandolo di una matassa che si dipanerà, ci si augura, altrove. Con questa prima esperienza di “messa in scena” della Scienza sostenuta dall’assessore provinciale alla Cultura Eduardo Lamberti Castronuovo, sotto cui ricade la gestione del Planetario, si è voluto dare agli studenti un ruolo da protagonisti ed uno spazio “scientifico” in cui far incontrare alunni e docenti di scuole diverse che hanno messo in comune, confrontandosi, esperienze diverse. Gli attori provengono dall’Università Mediterranea, dal Conservatorio “Cilea”, dal liceo classico “Tommaso Campanella”, dal liceo scientifico “Leonardo da Vinci”, dall’Istituto tecnico statale per il settore economico “Raffaele Piria”, dall’Istituto comprensivo “Vittorino da Feltre - Carducci”. Si è pensato di dedicare questo spettacolo alla Città della Scienza di Napoli a cui devolvere il contributo, libero e volontario, che gli spettatori vorranno versare per contribuire alla sua ricostruzione. Un piccolo gesto nella consapevolezza che i giovani si educano al rispetto della legalità ed alla cittadinanza attiva con l’esempio, con gesti concreti e con il loro coinvolgimento attivo.

Si riaccendono gli animi

Rockarbereshe, torna la Peppa Marriti band Dopo un lungo periodo di assenza, la Peppa Marriti band è tornata a far ascoltare le note del suo rockarbëresh lì dove tutto è iniziato, a Santa Sofia d'Epiro. La nota band cosentina, infatti, ha riacceso gli animi dei suoi sostenitori in un concerto che, più che un concerto, è stata una vera e propria festa tra amici. L'occasione è stata quella dei festeggiamenti dell'Ottava di Sant'Atanasio, patrono del piccolo borgo arbëresh che si festeggia il 2 maggio, ed è proprio qui che quei "vecchi amici" si sono voluti rincontrare per condividere un momento di festa e di allegria. "Sentivamo, in un certo senso, l'esigenza di tornare musicalmente a casa - dichiarano dalla band - e di far ascoltare dei brani che sono nati quando molti dei ragazzi che ci seguono erano soltanto dei bambini o alcuni, addirittura, non erano neanche nati. Eppure a distanza di anni le nostre canzoni fanno parte inte-

grante non solo della loro track list sul proprio cellulare o sull'ipod, ma della loro stessa esistenza. Abbiamo un debito di riconoscenza verso di loro". Ad aprire la serata sono stati altri giovani locali con la band "Le Distorsioni", dopodiché spazio agli attesissimi big che in un paio d'ore di concerto hanno infiammato il pubblico presente. L'occasione è stata buona anche per presentare due nuovi pezzi che faranno parte del prossimo album: "Gabbiani e delfini", e un pezzo sul problema dello sfruttamento della prostituzione. Il gruppo, che vede al basso Demetrio Corino, alla voce e chitarra acustica Angelo Conte, alla batteria Nunzio Di Benedetto, alla chitarra Antonio Castrovillari, al violino Pino Murano e Paolo Imbrogno alle tastiere, ha eseguito quale tributo alla festa locale un brano (Bugua) che è stato accompagnato dalla voce di Rita Guido.


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Un messaggio prezioso Catanzaro, il plauso di Wanda Ferro al progetto “Gutenberg” del professor Armando Vitale

Formare coscienze libere Il commissario straordinario della Provincia di Catanzaro, Wanda Ferro, è intervenuta nel corso dell’incontro conclusivo del progetto “Gutenberg”. Nel corso dell’incontro, il presidente del “Gutenberg”, professor Armando Vitale, ha ringraziato Wanda Ferro per il sostegno dato anche quest’anno all’iniziativa e soprattutto per essere riuscita, con il proprio intervento, a superare in tempi brevi le problematiche tecniche e burocratiche che rischiavano di impedire la realizzazione della tensostruttura di piazza Prefettura, che ha ospitato i principali eventi della rassegna dedicata al libro, giunta alla sua XI edizione. Wanda Ferro ha quindi espresso apprezzamento per il progetto Gutenberg, che si è confermato un evento di grande spessore, capace di portare i temi più attuali del dibattito culturale, sociale e letterario anche fuori dal capoluogo, con oltre 50 eventi tenuti in tutta la provincia di Catanzaro e nelle altre province calabresi. «Ho sempre sostenuto questa iniziativa - dice Wanda Ferro - prima da amministratore comunale, poi da presidente della Provincia, perché ritengo che la cultura rappresenti un importante ascensore sociale per la crescita della nostra terra, e il Gutenberg ha dimostrato di sapere avvicinare i giovani alla lettura e di accrescere l’amore per il libro come mezzo di conoscenza, di crescita e di libertà. Dal cuore di una regione come la Calabria viene sprigionato un messaggio di grande valore: una comunità può crescere solo grazie al confronto, al dialogo, alle idee, a quella conoscenza che è la base per una cittadinanza consapevole e per una democrazia compiuta. Perché, come diceva Longanesi, ‘non è la libertà che manca, mancano gli uomini liberi’. La vera sfida, che deve vedere i giovani protagonisti, è quella di formare coscienze libere. Questo messaggio continua a prendere corpo grazie alla felice intuizione e all’impegno instancabile di Dino Vitale e, nel segno della continuità, della dirigente scolastica del liceo classico ‘Galluppi’ Elena De Filippis. Inoltre occorre rimarcare la bella esperienza della piena sinergia tra il liceo scientifico ‘Siciliani’ e il liceo classico ‘Galluppi’, che ha visto lavorare fianco a fianco i docenti e gli studenti dei due istituti. Il “Gutenberg” ha dimostrato una straordinaria vitalità, e la capacità di aprirsi a nuovi temi, a nuove realtà culturali e a nuovi territori. L’idea di portare il “Gutenberg” nel centro storico di Catanzaro ha un grande significato simbolico: quello di una scuola che vuole confrontarsi con il suo territorio, compiendo la sua missione culturale in un confronto serrato con la città e i suoi giovani, i suoi cittadini. In una città che, come tante realtà soprattutto meridionali, soffre la crisi economica e sociale, fare rivivere il centro storico attraverso un evento culturale riveste una grande importanza. È la stessa sfida che, come amministrazione provinciale, abbiamo intrapreso con l’attività del museo di arte contemporanea Marca, che proprio in questi giorni ospita una mostra, “Bookhouse”, dedicata al libro, e con una serie di iniziative culturali che hanno l’obiettivo di fornire sempre nuove occasioni di dibattito e di crescita».

Dal cuore di una regione come la Calabria viene sprigionato un messaggio di grande valore: una comunità può crescere solo grazie al confronto, al dialogo, alle idee, a quella conoscenza che è la base per una cittadinanza consapevole e per una democrazia compiuta

Wanda Ferro

Giovani talenti per la musica

La fisarmonica di Palena a Firenze Sarà il giovane fisarmonicista Giancarlo Palena a rappresentare la Calabria nella selezione nazionale del Concorso “Giovani talenti per la musica Alda Rossi da Rios”, che si svolgerà in settembre in Toscana. Lo ha deciso la commissione esaminatrice, presieduta da Anita Frugiuele, presidente del Soroptimist International club di Cosenza, e composta dal direttore del Conservatorio di Cosenza, Antonella Calvelli, dal direttore di quello di Vibo Antonella Barbarossa e dai maestri Cinzia Dato e Giuliano Mazzoccante, al termine delle esecuzioni che i candidati hanno effettuato nell’aula magna del Conservatorio “Stanislao Giacomantonio” di Cosenza, sede scelta per le selezioni regionali. Al secondo posto ex aequo si sono classificati il pianista Bruno Francesco Leone, 19 anni, di Reggio Calabria, e il violinista Alessandro Acri, anch’egli diciannovenne, di Cosenza. Palena, diciassette anni, è allievo del Conservatorio di Vibo Valentia, e concorrerà così al premio dell’Ottava edizione del Concorso, che consiste in una borsa di studio di 3000 euro per il primo classificato, di 2000 per il secondo e 1000 per il terzo. Il premio “Alda Rossi da Rios” è nato per iniziativa del Soroptimist International d’Italia allo scopo di valorizzare giovani musicisti dotati di qualità artistiche e di capacità tecniche di rilevante spessore, ed è destinato a studiosi della musica, italiani o stranieri, allievi di Conservatori e Istituti musicali presenti sul territorio nazionale, che non abbiano compiuto il ventiduesimo anno di età. Nelle passate edizioni sono stati due le allieve calabresi ad aggiudicarsi un premio, con Ilde Notarianne (saxofono) del Conservatorio cosentino, che nel 2001 si classificò al secondo posto, e Roberta Miseferi, (violino) del Conservatorio di Vibo, che nel 2007 si posizionò al terzo. La selezione nazionale si svolgerà presso il Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze il prossimo 27 settembre.

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Una vita spezzata È stato proiettato ai Giochi del Mare 2013 di Reggio lo spot del film "Giulia una vita spezzata" girato proprio nella città dello Stretto due mesi addietro dal regista Marco Limberti

Figlia della nostra terra Un destino ingiusto ne ha segnato la vita normale mandando in aria i progetti di una famiglia, ma soprattutto il dono più bello che la vita possa darci: la felicità I genitori di Giulia hanno trovato l’energia giusta per continuare la battaglia

«Giulia è figlia della nostra terra. E con lei, lo sono tutti quelli che nella speranza trovano un motivo per alleviare le pieghe della sofferenza. Un destino ingiusto ne ha segnato la vita normale, mandando in aria i progetti di una famiglia, ma soprattutto il dono più bello che la vita possa darci: la felicità. I genitori di Giulia hanno trovato l’energia giusta per continuare una battaglia che va oltre la loro stessa terribile esperienza e che, giorno dopo giorno, li fortifica nel difficile percorso di una condizione che ha stravolto la loro vita, spingendoci a perseguire con forza il raggiungimento del bene comune che è fatto di tante storie e sofferenze individuali». Questo quanto dichiarava l’onorevole Alessandro Nicolò, vice-presidente del Consiglio regionale della Calabria, in occasione della presentazione del progetto del film “Giulia una vita spezzata” prodotto dall’associazione nazionale unalottaxlavita onlus, presso la sala regionale Giuditta Levato in data 10-11-2012. «La Regione promuove la cultura non solo come veicolo di crescita economica e civile, ma anche come strumento di solidarietà concreta. Ci stiamo adoperando affinché quella della piccola Giulia si possa trasformare nel più breve tempo possibile da una vita spezzata ad una vita salvata». Questo invece quando dichiarato dall’assessore regionale alla cultura onorevole Mario Caligiuri all’internazionale del libro di Torino in occasione della presentazione dello spot “Giulia una vita spezzata”. Il promo spot pubblicitario del film che proprio a Torino ha raccolto immensi pareri favorevoli - uno tra i tanti quello di Vittorio Sgarbi - è stato realizzato sotto la regia di Marco Limberti e con la collaborazione sia della regione Calabria che della film commision Calabria. Per la sua prima nazionale tenutasi a Palermo in data 24-05-2013, alla presenza del produce Film commision Calabria Michele Geria, di Giuseppe Agliano, del responsabile di produzione Roberto Barreca e del sindaco di Palermo Leoluca Orlando, si è registrato il tutto esaurito al teatro Don Orione. Nell’occasione ha dichiarato papà Gabriele: "Ora occorre passare ai fatti, occorre racimolare una concreta somma e dare il via al primo ciak. Occorre mettere insieme sinergie pubbliche e private, associazioni no profit e fondazioni , insieme si può. Il promo del film che presto sarà trasmesso in tutte le tv regionali e quindi anche nazionali serve a raccogliere i fondi necessari per realizzare il film “Giulia una vita spezzata” www.giuliamonteraunavitaspezzata.it che poi garantiranno gli innumerevoli viaggi della speranza della piccola calabrese vittima di mala sanità sia in Italia che all’estero. All’appello di papà Gabriele, presidente di Unalottaxlavita onlus, associazione no profit ormai presente in quasi tutte le regioni italiane e quindi di rilievo nazionale con quasi 5900 iscritti, non tardano ad arrivare risposte, risposte concrete come si auspicava lo stesso non più tardi di una settimana orsono a Palermo. È stato infatti ospite, il 6 giugno con inizio l’associazione unalottaxlavita e soprattutto la piccola Giulia e la famiglia Montera, dei Giochi del Mare 2013 che si tengono a Reggio Calabria fino al 9 giugno. È stato proiettato lo spot del film “Giulia una vita spezzata” girato proprio a Reggio Calabria appena due mesi addietro dal regista Marco Limberti e da Calabria Film commission con il patrocinio della Regione Calabria, la collaborazione della provincia di Reggio Calabria e dell’Asi. Fu infatti proprio l’assessore Eduardo Lamberti-Castronuovo a presentare lo spot in provincia a Reggio con la presenza di Giuseppe Agliano e del vice presidente nazionale Asi Tino Scopelliti. Il link del promo dello spot: youtube http://www.youtube.com/watch?v=qugOaIXOykE&feature=youtu.be


sabato 8 giugno 2013

XXI

Mettersi in gioco per gli altri Intervista a Gabriella Coscarella, presidente dell'associazione Xènia

Donna è sinonimo di “Ospitalità”

di Lucia De Cicco

Donna è anche sinonimo di associazionismo per il nostro territorio e sono tante le donne, che si ritrovano a dirigere associazioni a vario titolo, dalla solidarietà alla cultura. Gabriella Coscarella è presidente dell’associazione Xènia, retaggio, il nome, dell’antica Magna Grecia e con il dovere, ci racconta, nella scelta del nome di ricambiare l’ospitalità ricevuta, il nome stesso significa “dono ospitale”. L’associazione è nata proponendo ospitalità a chi vuole contribuire nella crescita della conoscenza e della cultura in generale. L’ultimo convegno, presentato alla Provincia di Cosenza salone degli stemmi, dal titolo “Il pane e la mamma, dalla farina al profumo... di buono” ha registrato la presenza di altre donne dell’associazionismo, Angela Gatto, dell’associazione Convegno di cultura Maria Cristina di Savoia, Cecilia Gioia, di Mammachemamme, Rita Fiordalisi, scrittrice, Valentina Mazzuca biologa e con il reading poetico a cura dell’attrice Rossella Gaudio e con il patrocinio dell’assessorato, Maria Francesca Corigliano. Gabriella Coscarella, di cosa si occupa la sua associazione? Si occupa di promuovere la cultura in ogni ambito della conoscenza e della promozione del territorio, che lo vediamo non gode di ottima salute. Rivolta al curioso, al cittadino che vuole conoscere il mondo della cultura, inteso in modo ampio e generale. I soci collaborano attivamente alla operazione, ma sono invitati tutti a dare il loro contributo. Ci occupiamo di presentazione di libri, favorendo gli autori locali proprio per dare enfasi alla nostra terra con le eccellenze del territorio, ma ci occupiamo anche di altri argomenti, che possono riguardare i giovani. Come le estemporanea di fumetti, il decennale dell’euro, convegni sulla psicoanalisi e impegnati come il contrasto alle mafie in collaborazione, quest’ultimo, con Libera. Quattro anni fruttuosi ed intensi su temi di realtà e del quotidiano. Che cosa l’ha spinta nell’associazionismo? È stata la voglia personale di conoscere, amo molto viaggiare e curiosare. Volevo fare conoscere agli altri cosa mi porta alla ricerca e, a volte, non si conoscono le cose che abbiamo in casa. Quindi, ho

Una associazione che si occupa della promozione della cultura in ogni ambito della conoscenza e del rilancio del territorio, che non gode di ottima salute Rivolta al curioso, al cittadino che vuole conoscere il mondo della cultura, inteso in modo ampio e generale

pensato di avviare l’associazione, per dare spazio a questa prospettiva, nata in maniera semplice. Quanto è difficile per le donne mettersi in gioco? Come donne è più facile l’accesso al mondo dell’associazionismo, siamo coinvolgenti e molteplici nelle dinamiche e negli aspetti. Tuttavia è il territorio a creare difficoltà, perché tende a fare le stesse cose con un’utenza fissa. Noi cerchiamo un coinvolgimento generale, che possa spaziare in ogni ambito e con un pubblico variegato. Come rispondono le Istituzioni nelle varie manifestazioni? Noi essendo un’associazione no profit viviamo di quote associative. Le istituzioni ci offrono i luoghi, soprattutto la Provincia di Cosenza, l’Archivio di Stato, con il quale abbiamo fatto un paio di anni di progettazione e devo dire che lo abbiamo rilanciato, poiché era fruibile solo per la consultazione di documenti. Un progetto con l’Archivio dal titolo “Conosciamo i comuni della Provincia di Cosenza” che è durato un anno, in cui abbiamo invitato Sindaci e comuni, cercando anche una varietà territoriale dal più piccolo al più grande, dalla montagna alla marina. In ambito religioso abbiamo fatto un’escursione nei paesi di lingua Arberesche, con grande attenzione dei Papas sulla tematica, con la visita al museo dell’icona, il quarto per importanza in Europa e le varie chiese di questa realtà. I prossimi passi? L’associazione ha un programma trimestrale. In programmazione un grosso evento di beneficienza cui teniamo tantissimo e che coinvolgerà un pubblico molto giovane. Anche attività che spazia dal canto lirico alla musica impegnata come la classica, escursioni che offrono la possibilità di curiosare nel territorio.

Gabriella Coscarella


XXII

sabato 8 giugno 2013

Narrativa È giusto che un amministratore pubblico sia di assoluta fede circa il rispetto dell'etica sociale e politica di Giuseppe Aprile

La corriera non faceva mai tardi... 247

È giusto che un amministratore pubblico sia di assoluta fede circa il rispetto dell’etica sociale e politica. Nel dubbio deve dimettersi; almeno in attesa di un infallibile giudizio. Cugino Pasquale diceva: «Una volta si aveva paura nell’amministrare la cosa pubblica, il denaro dei cittadini. Si poteva anche sbagliare qualche volta, ma quando uno sbagliava piangeva e si disperava per l’errore. Oggi sbagliano tutti e sempre. Vanno al comune o alla regione proprio con lo scopo di fregare il prossimo. Oggi si vuole diventare amministratori proprio per rubare e imbrogliare gli elettori. Non c’è più ritegno, sono rari i giusti e gli onesti. Come si sono capovolte le cose con questa politica d’oggi! Come siamo diventati?»

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Come maturavano i chicchi di uva alla pergola dell’orto, Franco se li mangiava. Lo zio Vincenzo sbottava sempre. «Non lascia niente questo mangione» diceva. «Per provare l’uva bella matura, dobbiamo chiudere il cancello dell’orto e non fare entrare nessuno» sentenziava.

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La corriera non faceva mai ritardo. Una volta vicina al paese, suonava insistentemente. Per Peppe era un calvario sentirla. Voleva continuare a dormire. Il dovere lo chiamava e, con grande sforzo, si alzava e si preparava a partire. Teneva per molto, ancora, gli occhi chiusi dal sonno.

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Andava a scuola, ogni mattina, con la bicicletta. Sulla strada in terra battuta, quando era piccolo e non c’erano le strade bitumate, soprattutto nella discesa che portava alla marina, andava come il vento. Nei tre chilometri di fortissima discesa, con tre curve pericolosissime e altre due di media entità, premeva i freni due sole volte. Per tutta la vita lo ricorda agli amici. Per vanto.

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A volte andavamo fino alla stazione, alla marina, con la bicicletta, poi proseguivamo prendendo la littorina. Da Locri a S.Ilario era meglio andare con la littorina. Era comoda anche per la coincidenza di orari, facevamo meno fatica che se andassimo in bici. Tra S.Ilario e Locri c’erano otto chilometri di strada. Meglio farne solo metà con la bici -S.Ilario Superiore-S.Ilario marina- e il resto in treno, anche perché la parte tra la stazione di S.Ilario marina e quella di Locri era sempre trafficata e correvano a velocità pericolosa le auto che transitavano sulla nazionale. Si trattava, per noi, sia di fare meno sforzi, sia di guardarci dal pericolo della strada nazionale, un nastro di asfalto non molto largo da lasciarci tranquilli. Erano così più contente le nostre madri che ci raccomandavano di lasciare le biciclette da don Filippo, un amico bottegaio della marina che possedeva un ampio orto come retrobottega, posto proprio appena ci immettevamo sulla nazionale dove non stavamo più al sicuro dal traffico. Lì, da don Filippo, stavano al sicuro, nessuno ce le poteva rubare. E loro, le nostre mamme, ma anche i nostri padri che, per quanto più coraggiosi, erano sempre in ansia per la nostra incolumità, stavano più tranquille.

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Non dimentico mai la fermata che facevo, tornando dalla scuola di Locri, per mangiare le nespole a Cardesi o le more e le arance al

Cugino Pasquale diceva: «Una volta si aveva paura nell’amministrare la cosa pubblica, il denaro dei cittadini Si poteva anche sbagliare qualche volta, ma quando uno sbagliava piangeva e si disperava»

Bollo. Tardavo, pertanto, l’arrivo a casa per una o due ore, ma i miei sapevano di questo mio piacere e non temevano alcunché. Anzi, quando qualcuno domandava quando sarei tornato dalla scuola, dicevano «a seconda se si ferma per la strada a mangiare frutta o per godersi, comunque, la campagna».

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M’incamminai in direzione di quella specie di spuntone di roccia, da dove mi sarebbe apparso tutto il caseggiato di Portigliola con il campanile della sua chiesetta gialla. Erano due le chiesette che ci apparivano, dentro il centro del paese. Una rossa e una gialla. Da grande, non sono mai entrato in quelle chiesette. Le ricordo sempre viste da quel posto, alla stessa stregua. Solita immagine! Non erano altro che quello che da lì apparivano. Il resto non mi ha mai interessato. Luogo di culto? Mbu!...Solo case più grandi, in evidenza per la larghezza delle pareti, del paese ! I campanili indicavano che si trattava chiese.

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Ho sentito guaire due levrieri nel campo di avena alta. Pensavo pure alle serpi che sarebbero potute sgusciare verso di me. Mi allontanai per sicurezza. Aspettai mio padre che nell’intanto aveva sistemato il cavallo e si sarebbe messo al lavoro, non lontano da me. Molti uccelli svolazzavano nella vallata dominata dalla timpa rossa. Erano quelli che mangiavano i fichi, a volte senza lasciarne tanti.

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Quando è morta mia nonna, mia madre piangeva che si sentiva dalla piazza vicina. Io non riuscivo a sentirla e stavo lontano assai. Ero piccolo, non partecipavo al lutto. I ragazzini venivamo lasciati fuori dal lutto, quando moriva uno della famiglia. Proprio per non farci prendere dal dolore e vedere quello spettacolo di pianti e disperazioni, tra una miriade di donne vestite in nero! Da grandi non avremmo dovuto ricordare quello strazio.


sabato 8 giugno 2013

Narrativa

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Non ho mai sentito il bisogno di confessarmi con un prete. Non l’ho mai fatto. Ma io mi sono sempre ritenuto illuminato dalla mia stessa indole. E ho sempre pensato: «Magari ci fosse un Dio! Sono certo che mi apprezzerebbe più di quelli che vanno in chiesa con devozione. La devozione è spesso apparente, falsa. Io, invece, mi sento cristiano più di quelli che si professano tali. Non si deve avere paura del giudizio divino. Bisogna avere paura della propria coscienza. Questo vorrebbe un Dio per come io me lo immagino!».

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Da piccoli avevamo paura delle ombre. Non c’era la luce elettrica nelle strade e nelle case. Si viveva al lume della lumiera ad olio e ogni volta che la si spostava produceva ombre dappertutto. E noi ragazzini avevamo paura. Ci venivano i brividi. Ci siamo cresciuti, tanti, con paure che solo l’età avanzata ci ha consentito di scacciare dalle nostre vite. Io, ancora, se mi avvicino al camposanto del mio paese, rivivo le paure che mi sono portato dietro a vita. In altri paesi passo vicino al cimitero. Non mi fa impressione. Ma quello del mio paese è tale che da solo non ci passo senza brividi, come quando ero piccolo. Dentro di noi c’è come una memoria che prescinde dalla nostra mente. È una sensazione formata da piccoli che non può essere mai più dimenticata. A volte tremo di paura, anche se con la mente penso una qualunque altra cosa.

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Guardando, sul campanile, laddove è la finestra dove pende la campana, mi piace guardare il battaglio che mi dice dei suoni sempre e per tutti eguali, sentiti da cento generazioni. Prima e dopo di noi, la campana resta e il suo suono è una musica misteriosa e invincibile nel tempo.

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Arranca sugli scaloni di casa propria un vecchierello. Penso che una serie di stessi scaloni, della stessa dimensione, che non fossero quelli di casa sua, non li saprebbe superare.

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Fino a quando non diventavano grandi di tantissimi anni, i contadini facevano capitozzare gli ulivi. Sarebbero cresciuti più rigogliosi, fortificati, produttivi. Quante più olive avrebbero fatto!

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Fraternizzava con tanta facilità. Era di buon animo, sorridente e disponibile a belle conversazioni, animava la compagnia e portava allegria, anche se dentro di sé poteva avere ragioni di turbamento, al contrario di tanti che sono musoni e che non vorresti incontrare mai!

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Mia madre era buona. Mi voleva un bene pazzo. Era sempre pensosa del mio destino. Voleva che crescessi bene educato, frequentatore della Chiesa. Su questo punto, però, avvenivano spesso contrasti. Io ho sempre amato la libertà totale e non ho mai riconosciuto autorità che stesse sopra dell’uomo. Era questo l’unico contrasto. Mia madre soffriva un po’, ma si era rassegnata al mio volere. Solo qualche volta, molto rara, si presentavano occasioni per esplodere in attimi di rabbia. Lei era molto credente. Non ci potevo fare niente, però. Qualche volta si lamentava con mio padre. Pensava che mi potesse orientare, ma lui le diceva: «Lascialo stare. È un ragazzo che sa il fatto suo, non si perderà in errori. La sua natura conta più di ogni altra cosa, per lui. E va bene così».

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Le mani di mio nonno Micantoni erano sempre piene di calli. E lui diceva: «Beate le mani callose. Sono simbolo del lavoro e del sacrificio. Io non ho molta stima di chi non ha calli alle mani!».

264 Oggi invece si vuole diventare amministratori proprio per rubare e imbrogliare gli elettori Non c’è più ritegno, sono rari i giusti e gli onesti Come si sono capovolte le cose con questa politica d’oggi

Tre onoranze funebri mi è toccato di svolgere nella qualità di segretario generale del sindacato. Ho voluto onorare di belli e meritati pensieri, tre nostri dirigenti che avevano fatto tanto per servire i lavoratori di questa nostra terra. Antonio Tropeano, Antonio Marcianò e Gennaro Santucci. Sono felice delle parole che ho pronunciato e quando penso di aver potuto lacrimare di fronte alle loro bare, di fronte a tanta gente e alle famiglie costernate da profondo dolore, sento di più il valore della vita e la responsabilità etica dell’uomo. Non ho saputo della morte improvvisa di Mimmo Romeo e mi rammarico di non aver potuto fare altrettanto per lui, parimenti meritevole. Sono tuttora presenti in me, come famigliari scomparsi. Se non c’è questo nella vita, cosa dovrebbe esserci?

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Un fulmine ha stroncato il grande albero ramoso che durava da sempre, nella piazza Garibaldi del paese, di fronte alla mia casa, a pochi mesi dalla tragica morte di mia sorella Rosetta, trafitta da un infarto cardiaco. Nello stesso anno. La natura ha voluto regalarle, trasformato come un mazzo di fiori per la sua tomba, l’albero della sua e nostra vita.

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È arrivato il mio amico Andrea. Un grande artista che mi ascolta. È uno dei pochi che comprendono bene il valore dello stare assieme, senza mai rinchiudersi, come solitamente fanno tanti artisti, nella proverbiale “torre d’avorio” che finisce spesso per limitare il potere creativo, autentica fonte dell’arte.

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Andrea mi ha consegnato tre litografie, prove di autore, da donare come omaggio a tre persone a noi care. Non tutti gli artisti sono così generosi e capiscono l’importanza del farsi leggere e del farsi interpretare.

XXIII



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