Anno 37 - 28 Settembre 2013 - Numero 39
Settimanale indipendente di informazione
euro 0,50
Inseguimento simulato organizzato a Badolato dal Club della tenuta di Pietra Nera, l’unico attivo nel Sud Italia UN CARTELLONE D’ECCEZIONE
RISORGIMENTO ARBERESHE
Con mamma e papà insieme a teatro
Si apre il sipario sulla Storia albanese
di Federica Montanelli
Per il quinto anno a Cosenza scuole e famiglie avranno ingresso ridotto
di Francesco Nigro Imperiale
Pubblicata l’opera di Oreste Parise dalle edizioni Orizzonti Meridionali
II
sabato 28 settembre 2013
Tanti giovani coinvolti Nella cornice della sala consiliare di palazzo Santa Chiara di San Marco Argentano (Cosenza)
Giornata internazionale della pace
Nella straordinaria cornice della sala consiliare di palazzo Santa Chiara di San Marco Argentano (Cosenza) è stata celebrata la Giornata internazionale della Pace. All’iniziativa, moderata da Silvio Rubens Vivone, hanno partecipato: Antonietta Converso, dirigente scolastico; Antonella Nudi, presidente dell’associazione “Dalla terra al sapere” e la poetessa Anna Lauria. Hanno dato, altresì, significativi contributi Paolo Chiaselotti e Angiolino D’Ambrosio con due interventi di spessore e alcuni ragazzi che hanno spiegato le “opere” realizzate per l’occasione. Adriano Ritacco, presidente nazionale della Federazione italiana dei club e centri Unesco e Virginia Mariotti, vicepresidente provinciale del Cif, assenti per impegni, hanno inviato due emozionanti messaggi. Di grande suggestione la lettura, da parte di Maria Bomparola, Francesco Caruso e Pina Algieri, di alcune poesie di autori famosi dedicate alla pace. La poetessa Anna Lauria dopo un intervento sulla pace e il contributo che può dare la poesia in tal senso, ha declamato alcune sue liriche. Infine ha espresso grande soddisfazione per la riuscita della manifestazione e per la presenza dei tanti giovani che hanno onorato la giornata con serietà e partecipazione.
Di grande suggestione la lettura, da parte di Maria Bomparola, Francesco Caruso e Pina Algieri, di alcune poesie di autori famosi dedicate alla pace
sabato 28 settembre 2013
Risorgimento arbereshe Pubblicata l'opera di Oreste Parise nella collana di Storia Contemporanea e con i tipi delle Edizioni Orizzonti Meridionali
Si apre il sipario sulla Storia di Francesco Nigro Imperiale
Nella collana di Storia Contemporanea e con i tipi delle Edizioni Orizzonti Meridionali, è stato pubblicata l’opera di Oreste Parise dal titolo: Il Risorgimento degli arberesh. Il volume gode della prefazione dello Storico Vincenzo Napolillo. Il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, rievocato il 2011, offre all’autore spunti per un profilo storico della migrazione albanese in terra di Calabria. Oreste Parise apre il sipario della storia arberesh proprio sulle prime migrazioni di questo popolo verso le sponde italiche. Riguardo alle Fonti, l’Autore cita Gabriele Barrio e Girolamo Marafioti. Attraverso la Registrazione di Cronologia storica di Lorenzo Giustiniani di Napoli, l’Autore riporta, in numero di sette, le migrazioni albanesi nel Regno di Napoli: la prima sotto Alfonso di Aragona ad opera di Giorgio Castriota, detto Scanderbeg; la seconda sotto Ferdinando, figlio di Alfonso; la terza dopo la morte di Scanderbeg; la quarta sotto l’Imperatore Carlo V; la quinta sotto Filippo V; la Sesta, nel 1744, sotto Carlo di Borbone; la settima sotto Ferdinando IV. Oreste Parise introduce con Scanderbeg, nel 1461, poi commenta sul Despotato dell’Epiro, sugli Stradiotti, sul Reggimento Real Macedone, sui moti albanesi, sulla Rivoluzione Partenopea del 1799 e sui moti del 1844. Inoltre espone un elenco dettagliato di tutti i paesi albanesi del Regno delle Due Sicilie: oltre alle località dei territori di Campobasso, di Catania, di Foggia, di Girgenti, di Lecce, di Palermo, di Potenza e di Teramo, cita per la Provincia di Catanzaro: Amato, Andali, Arietta, Caraffa, Carfizzi, Casalnuovo, Gizzeria, Marcedusa, Pallagoria, S.Nicola dell’Alto, Vena Inferiore, Vena Superiore, Zagaria e Zangarone; mentre per la Provincia di Cosenza cita: Acquaformosa, Castroregio, Cavallerizzo, Cerzeto, Cervicati, Civita, Falconara, Firmo, Frascineto, Lungro, Mongrassano, Mormanno, Plataci, S. Basile, S. Benedetto Ullano, S. Cosmo, S. Demetrio, S. Giacomo, S. Giorgio, S. Lorenzo Bellizzi, S. Martino di Finita, S. Caterina, S. Sofia d’Epiro e Vaccarizzo. L’Autore scarnifica la storia degli arberesh e di Garibaldi, attraverso il coinvolgimento corale del popolo ed il particolare protagonismo di: Pasquale Baffi, Pasquale Scura, Domenico Mauro, Francesco Crispi, Francesco Posteraro e Carmine Franzese. Inoltre addita: i poeti Giulio Varibobba, Gerolamo De Rada e Francescantonio Santoro, l’avvocato Alessandro Marini, Angelo Damis di Lungro, Domenico Damis di S.Demetrio Corone, Gennaro Placco di Civita, Agesilao Milano di S. Benedetto Ullano, Atanasio Dramis di S. Giorgio Albanese, Guglielmo Tocci di S. Cosmo Albanese, Annunziato Capparelli di Acquaformosa, Vincenzo Stratigò di Lungro, Vincenzo Dorsa, i fratelli Vincenzo, Francesco Sprovieri con particolare segnalazione di elevato coraggio femminile arberesh in Matilde Mantile. Parise, sugli alti scopi e sulle aspirazioni del Risorgimento arberesh, così focalizza nella sua opera: «L’Unità è stato un tradimento degli ideali che avevano animato le sommosse e le ribellioni che si sono succedute nel corso dell’Ottocento (…) L’Unità è un bene prezioso che dobbiamo difendere, la conoscenza della tragedia che ha contrassegnato la sua nascita serve per poterla amare e difenderla, perché è stata costruita con un grande tributo di sangue» anche arberesh “gjaku ynë i shprishur”.
Il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia rievocato il 2011, offre all’autore spunti per un profilo storico della migrazione albanese in terra di Calabria
In sintesi, questi i punti nodali della storia risorgimentale arberesh del Parise. C’è un’accurata esposizione di fatti civili e politici, veramente accaduti, diligentemente studiati nelle loro circostanze, nelle loro cause e nei loro effetti, narrati con arte, rigorosa esattezza ed imparzialità. Il processo risorgimentale che portò all’Unificazione nazionale fu caratterizzato dal fallimento dei numerosi tentativi insurrezionali. I moti del ‘20 e del ‘30 avevano dimostrato l’inefficienza delle società segrete; ci fu la crisi del movimento settario di tipo carbonaro le cui cause degli insuccessi furono: a) mancanza di un programma comune; b) fiducia eccessiva nei sovrani; c) assenteismo delle masse popolari; d) mancato collegamento tra i moti; e) illusione dell’appoggio straniero. Nel 1831-1846 la crisi delle società segrete indusse Giuseppe Mazzini a creare la “Giovine Italia”; quindi pure “Pensiero e azione”. Si era infatti verificato il fallimento dei Piani insurrezionali del ‘33 e del ‘34 (cui partecipò Garibaldi) in Piemonte; nel.1844 i fratelli veneziani Emilio e Attilio Bandiera, sbarcati in Calabria per tentare di provocare una rivolta, vennero traditi e fucilati nel Vallone di Rovito a Cosenza); seguì la “tempesta del dubbio”; poi le idee “neoguelfe” di Gioberti, Balbo e D’Azeglio) e la comparsa dei “liberal-radicali”. Intanto la Restaurazione... Nella storia del Risorgimento arberesh e nel racconto dei fatti si evidenzia la relazione, specie riguardanti la vita sociale e civile degli uomini, interessanti lo stato, ed ovviamente gli approfondimenti necessari circa le istituzioni e gli ordinamenti. Gian Battista Vico nella sua “Scienza Nuova” tracciò: «la storia ideale delle leggi eterne sopra le quali corrono i fatti di tutte le nazioni nei loro risorgimenti, progressi, stati, decadenze e fini». La Storia, oltre allo scopo di conservare la memoria della virtù, dell’ingegno e del valore degli uomini che, senza di essa, andrebbero dimenticati, ha quello, comune a tutta la letteratura, di ammaestrare. Essa ha per oggetto di indagare e conoscere la verità per dare ai popoli ed alle nazioni esempi e norme per ipotizzare, con sagacia, sulle cose future. Resta assiomatico, però, che il popolo arberesh, nel coniugare “integrazione” con le italiche genti, ha guardato ai buoni esempi sociologici, di famiglia, di gruppo, di società, di massa, di istituzione, di diritto, di religione e di struttura. Quindi l’aspetto tradizionale della “nuclear family”, vissuta come matrimonio / famiglia coniugale nella convivenza di un uomo e di una donna con la loro prole; l’etnocentrismo ove il gruppo venne sentito alla pari; la delusione sfociata nei moti arberesh per la libertà, per la giustizia sociale e per le condizioni di vita; delusione che portò queste popolazioni arberesh da una situazione di massa latente o amorfa, ad una aperta azione di massa; quindi l’esplosione delle ideologie come sociologia della conoscenza; il costume, le usanze come “folk way” e le norme dell’istituzione più ristrette (dell’uso e del costume); la religione degli arberesh, considerati come “Uniati” (allineati alla Chiesa romana) e, nell’opera del Parise, così definiti da Papàs Demetrio Braile: «Ortodossi è quello che eravamo e cattolici di rito greco, quello che nel corso di 500 anni siamo diventati». Ma potrebbero essere queste, tutte le considerazioni e le prospettive necessarie che, oltre ad una storia del Risorgimento arberesh, potrebbero portare anche verso risultanti di importanti direttrici sociologiche? Resta meritoria comunque l’ardua impresa di Oreste Parise, arberesh di Cerzeto (Cs), di aver scritto la Storia del Risorgimento e della sua gente. D’altra parte, bene affermava Cicerone: «La storia è testimone dei tempi, luce di verità, vita della memoria, maestra della vita, nunzia dell’antichità» (Historia est testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis), sempre nella (sua) considerazione, comunque, che «la salvezza del popolo sia legge suprema» (Salus populi suprema lex est).
III
IV
sabato 28 settembre 2013
Il paradiso è qui Seconda parte La Riviera dei Cedri: fra isole, torri e corsari eco di Pierfrancesco Gr
L’isola fu testimone di lotte e battaglie, incursioni piratesche, assalti, difese disperate, di cui è testimonianza la Torre dell’isola (non è da confondere con la Torre di Dine o Dina di Capo Scalea), di forma quadrangolare e di origine Normanna, che fu utilizzata in epoca Angioina e Borbonica come punto di avvistamento contro le numerose invasioni della costa e da cui si può ammirare lo splendido panorama del golfo e le nidificazioni degli aironi grigi e dei falchi pellegrini, il tutto condito dai versi dei numerosissimi gabbiani reali. Costruita sulla punta occidentale dell’isola (denominata Frontone), a quota 73 metri sul livello del mare, come torre di avvistamento, di comunicazione e di allarme, essa, pare il tassello culminante della corona di fortificazioni di cui si parlava pocanzi; una corona, che pare cingere il Frontone, ovvero la grande Fronte dell’Isola di Dino, ulteriormente nobilitando quella regalità che il creato ha elargito ad essa; una regalità, di cui il Forte edificato sull’Isola doveva essere il perno di difesa primario, in grado di ospitare diversi uomini, i quali, il più delle volte, poterono, comunque, fare ben poco contro i vascelli musulmani che, in più occasioni, nel IX, nel XV e nel XVI secolo d.C., vi fecero tappa nel corso delle loro spedizioni militari nella Penisola e sulla costa calabrese. Fu così nell’estate del 1600, quando il litorale fu preso d’assalto dai Turchi guidati da Amurat Rays, che con il suo esercito di predoni e le sue navi terrorizzava il Meridione d’Italia. Gli aietani, trinceratisi sull’isola, opposero forte resistenza, che però fu vana: dopo giorni di assalto i difensori guidati da Francesco Vitigno furono tutti catturati ed uccisi.
Uno scrigno di tesori veri Nel 1806 l’isola divenne base delle operazioni della flotta anglo borbonica, agli ordini dell’ammiraglio Sidney Smith, che tentava di opporsi alla penetrazione dell’esercito napoleonico in Calabria. Nel 1812, quando Gioacchino Murat eliminò la feudalità, il Demanio reale sottrasse l’isola al Marchese di Aieta, nella cui giurisdizione la stessa ricadeva e la concesse al Comune di Aieta. Caduto Napoleone, con la Restaurazione l’Isola divenne punto strategico del sistema difensivo borbonico, per poi divenire, successivamente alla Spedizione dei Mille, parte del Regno d’Italia, conoscendo direttamente, decenni più tardi, il dramma della I Guerra Mondiale, essendo essa stata teatro di un frangente del conflitto: nei pressi dell’isola, infatti, durante la notte di Santo Stefano del 1917, un sommergibile tedesco affondò il piroscafo inglese “Umballa” che trasportava derrate alimentari. Dopo la tragedia che costò la perdita di molte vite umane, la campana della nave venne donata al Santuario della Madonna della Grotta. Fu fissata sul campanile dopo essere stata ribattezzata “Santa Maria della Vittoria”. Nel 1928 l’isola diventò proprietà del Comune di Praia a Mare, quando lo stesso acquistò l’autonomia. Nel 1956 l’isola venne data in concessione per 99 anni e nel 1962 fu venduta per 50 milioni ad una società facente capo all’avvocato Gianni Agnelli, con il fine di portare allo sviluppo turistico a livello internazionale dell’intero territorio da Fiuzzi a San Nicola Arcella. Era prevista sull’isola un’edificabilità pari allo 0,20, con costruzioni alte 6,90 metri. Fu effettuato lo sminamento dell’isola, e fu costruita una strada di 1.700 metri, collegante il pontile di attracco con la parte alta dell’isola, dove, in seguito sono stati costruiti dei cottages. Nella parte bassa, all’altezza della Grotta del Leone, sorse persino un centro turistico, con dei tucul e un ristorante. Nel frattempo, l’isola, dichiarata “sito di interesse comunitario” fu venduta da Agnelli a un gruppo di imprenditori, che per motivi amministrativi hanno, in seguito, abbandonato il bene a se stesso, compreso il centro turistico, che, una volta chiuso, è restato, fino ad oggi, in completo, imbarazzante degrado. Attualmente, nuove forze imprenditoriali locali hanno, però, intrapreso un difficile processo di valorizzazione e tutela di quest’isola, che è assimilabile ad un traboccante scrigno di tesori naturali, a cominciare dalle grotte e dagli anfratti che la cingono lungo i suoi 3
Lungo la stretta fascia costiera della Calabria tirrenica in provincia di Cosenza, sorgono alcune delle località marine più belle e famose della nostra regione
chilometri di perimetro. Ai piedi degli strapiombi, infatti, sia al di sotto che al di sopra del livello del mare, l’erosione del moto ondoso sulle rocce calcaree ha dato vita a molte grotte, ricche di concrezioni, tra le quali quella del “Monaco”, delle “Sardine”, delle “Cascate”, del “Leone” ed infine la “Grotta Azzurra” che è la più grande. Ma la grotta più interessante dell’isola, sebbene accessibile solo ai subacquei esperti, è la Grotta Gargiulo, che si apre a 18 metri sotto la superficie del mare e si estende nelle profondità dell’isola per alcune decine di metri, completamente sommersa, fatta eccezione per due bolle d’aria. L’accesso a una parte della Grotta è sconsigliabile anche ai subacquei, tranne che a speleosub esperti. Per tutti, c’è, comunque, la possibilità di ammirare le rocce e le grotte “emerse”; al riguardo, il percorso migliore per compiere il periplo dell’isola è quello di seguire la rotta est-nord-ovest e non più tardi delle ore 11,00. La prima grotta che s’incontra è quella detta del “Monaco”, molto piccola e di scarsa importanza, la quale prende il nome da una roccia sovrastante che, a guadarla di profilo, dà l’idea di un mona-
sabato 28 settembre 2013
Il paradiso è qui Azzurra”, lunga 70 metri; certamente la più bella delle grotte, ricorda quella di Capri, pur risultando da essa diversa per le varie componenti che armonicamente si fondono, creando uno spettacolo unico e suggestivo: la profondità di circa 12 metri, la disposizione e l’altezza varia della volta rocciosa non levigata, la posizione della cavità esposta a mezzogiorno con la parte interna orientata verso il levante e leggermente in penombra e gli effetti della luce, sia quella diretta che penetra all’interno della grotta attraverso l’ampia apertura e sia quella indiretta che riverbera dal fondo, sono una delizia per i sensi del visitatore, rapito dai colori dell’acqua, che vanno dal verde azzurro verde rame in contrasto con l’azzurro pastoso e intenso dei bordi interni della grotta. Poco più avanti, a sud-est, infine, dopo aver superato lo sperone roccioso su cui sorge la predetta costruzione un tempo adibita a bar ristorante e dancing a forma di fungo con più peduncoli (alcuni dei quali ormai crollati) e al di sotto dei bianchi “trulli”, tipiche costruzioni di forma ovale e di colore bianco adibite a case vacanza, c’è la “Grotta del Leone” una cavità irregolare, nel cui basso fondale (circa 5 metri) si può pescare il corallo. È così detta per una roccia che, distesa nell’acqua di colore smeraldo, quasi al fondo della grotta, nella penombra dà l’idea di un leone disteso con la testa sollevata.
co in preghiera. Molto suggestiva quando i raggi del sole la illuminano da ponente. A seguire, v’è la “Grotta delle Sardine” così chiamata per le molte sardine che vi si trovano, chiaramente visibili grazie alla limpidezza perenne delle acque. Superato il frontone, ossia la punta occidentale dell’isola, si incontra l’ampia entrata della “Grotta del Frontone”, con i suoi preziosi arabeschi. A una cinquantina di metri da questa si incontra la “Grotta delle Cascate”, così chiamata appunto per il rumore continuo delle acque che cadono. A questa grotta, lunga 60 metri, si accede attraverso una larga frattura inclinata della stratificazione della roccia, con la possibilità di addentrarsi al suo interno su di una piccola imbarcazione per una ventina di metri. La volta, che scende verso sinistra come spiovente di un tetto a una falda, è ricca di piccole e bianche stalattiti. Le acque sono limpidissime e lasciano vedere nitidamente le rocce levigate e arrotondate del fondo, ricoperte da un leggero strato di muschio. Ci si addentra poi a piedi e nel fondo della grotta si possono ammirare sui lati le rocce levigate dall’acqua e sul pavimento numerose conchette di forma diversa, simili ad acquasantiere. Subito dopo, sullo stesso versante sud, vi è l’entrata della “Grotta
Una zona fascinosa oltre che bella compresa tra la cittadina di Paola a sud e il confine calabro-lucano a nord in prossimità della quale sorgono le uniche due isole calabresi, quella di Cirella e quella di Dino
Grazie a un programma di “passeggiate orientate” realizzato per la prima volta dalla Pro loco locale nel 2007 e poi gestito dall’attuale proprietà, è possibile effettuare il percorso turistico anche lungo il percorso terrestre dell’isola, attraverso gli orientatori che portano alla scoperta dei patrimoni ambientali floro-faunistici presenti (di cui si parlerà a breve), ed osservare la torre di origine Normanna, insieme alla stele dedicata alla Madonna della Grotta posta sul punto più alto a est dell’Isola, da cui si ammira il panorama. Oltre a tutto questo, assolutamente interessanti e straordinariamente incantevoli sono, poi, i fondali dell’Isola, ove prospera una foresta di paramuricee; un ambiente che si estende su una piattaforma localizzata all’altezza del Frontone, nell’estremità occidentale, a meno di 30 metri e fino a 50, ospitante una notevole varietà di vita. Esemplari analoghi si trovano nei fondali dell’isola di Medas in Spagna, di Tavolara in Sardegna e Portofino. Sono però esemplari isolati. La particolarità della “Foresta di Dino” consiste nell’insolita colorazione che passa dal colore rosso a quello giallo cromo, con tutta la serie di sfumature intermedie evidenziate sulla matrice rossa centrale. Le colonie di gorgonie arrivano fino a oltre un metro di altezza e si estendono in praterie per alcune centinaia di metri. Copiosamente prezioso è, inoltre, il patrimonio floro-faunistico dell’isola; la fauna comprende molte specie di uccelli migratori, gabbiani che nidificano sulle scoscese falesie e qualche rapace. Completano la popolazione piccoli roditori e diverse specie di rettili. Ben più variegato è l’habitat sommerso. Scendendo nelle profondità ci si imbatte dapprima nelle numerose e allegre castagnole, nella murena, nei polpi e ormai tra i 20/30 metri di profondità dove regna il silenzio e l’oscurità i colori si fanno magicamente più vivi. A queste profondità vivono numerosi esemplari di cernia e ricciola. Ancor più variegata e preziosa è la flora albergante sull’Isola, dove, nel corso del ‘900, sono stati rilevati centinaia di biotipi. Vi crescono il mirtillo, il lentisco, la ginestra, il leccio, il pino. Per gli amanti della botanica è da sottolineare la già citata presenza di macchia mediterranea e leccete nonché varietà rare quali la palma nana (chamaerops humilis - anche chiamata palma di San Pietro), il talittro calabro, il garofano delle rupi (dianthus rupicola) e la primula di Palinuro (primula Palinuri) così chiamata perché fino a poco tempo fa si credeva crescesse solo a Capo Palinuro, nel Salernitano. Tra i vari arbusti che colorano di verde i brulli pendii dell’Isola, spiccano, poi, quelli del mirto: al riguardo, va evidenziato che il “mirto dell’Isola di Dino”, oltre ad essere unico nel suo genere per le sue rare e particolari proprietà, è un’altra importante risorsa per l’Isola e per l’intero comprensorio circostante. Del resto, il mirto è un elemento storico della zona, essendo decantato in numerose leggende legate all’isola: il nome “Dino” dato ad essa sin dall’antichità, è, s’è già sottolineato, presumibilmente derivato dal nome “Aedine”, tempio dedicato alla dea Venere che si presuppone si trovasse sulla sommità dell’isola, dove prosperava, appunto, il mirto, che, infatti, fin dall’antichità è stato consacrato alle divinità dell’eros e della venustà. Nello specifico, la pianta di mirto era considerata sacra a Venere, forse per il candido colore dei suoi fiori, simbolo della verginità, della bellezza, dell’amore puro. Quella bellezza e quell’amore puro che trasudano dalla pietra porosa delle isole e dai profumi del litorale antistante, ed in cui “consta l’essenza dei posti di cui s’è qui favellato, ove un diadema di torri, rocce, mare cinge il frontone fatato, mentre di mirti e cedri l’aroma inebriante e felpato scalda l’umore, nel dare colore, al sogno sol prima sognato”.
V
VI
sabato 28 settembre 2013
Natura incontaminata e suggestiva A Badolato (Cz) organizzata dal "Club calabrese per la caccia alla volpe simulata a cavallo" della tenuta di Pietra Nera, l'unico attivo nel Sud Italia
Caccia alla volpe con la volpe al sicuro Il circolo amministra diversi periodici nobiliari, tra cui il più famoso è la serie aggiornata del “Libro d’oro della nobiltà italiana” la cui periodicità è annuale
Sabato 21 settembre 2013 a Badolato (Cz) ha avuto luogo il tradizionale Open della battuta di caccia alla volpe d’autunno, organizzata dal noto “Club calabrese per la caccia alla volpe simulata a cavallo”, della tenuta di Pietra Nera, l’unico attivo nel Sud Italia. Fondata nel 2006 dai baroni Gallelli di Badolato, che ne sono anche gli attuali proprietari, questa Società equestre-nobiliare, regolamentata da uno statuto notarile, con grande successo organizza battute di caccia alla volpe simulate (dove cioè la preda è rappresentata da un esperto cavaliere, che con una coda di volpe finta legata al braccio funge da selvatico), sulle proprietà di famiglia site a Badolato. Inoltre grazie ai “soci collaboratori del settore araldico”, scelti tra affermati storici e famosi araldisti, il circolo amministra diversi periodici nobiliari, tra cui il più famoso è la serie aggiornata del Libro d’oro della nobiltà italiana, la cui periodicità è annuale. Una passione per il cavallo, che nei Gallelli perdura dal 1658, quando con un don Luca, furono i principali artefici della diffusione del cavallo Andaluso in Calabria, dato che creò le scuderie da riproduzione denominate “cavallerizze”, note per l’importazione di diversi stalloni e fattrici di razza Andalusa dalla Spagna. L’attaccamento a questo nobile animale e agli sport equestri, è quindi sempre stata una costante e fedele tradizione di questa famiglia. È in questo contesto di storia e tradizione, immersi in una natura incontaminata e suggestiva, che il Club organizza divertenti battute di caccia alla volpe simulate a cavallo, all’insegna della passione per questi nobili animali. La tenuta di Pietra Nera dei baroni Gallelli di Badolato, è composta dal Castello, edificato nel 1853 (sede rappresentativa), dal casale (sede sociale), e da altri edifici minori. Grazie proprio alle sue belle ed eleganti strutture immerse nel verde, dal 2008 è divenuta anche la location per matrimoni ed eventi più prestigiosa della regione, non a caso è infatti l’unica location calabrese menzionata nel grande Annuario della nobiltà italiana e nel Libro d’oro della nobiltà italiana -serie aggiornata. L’edizione 2013 è stata vinta dall’ottimo Giuseppe Maiolo, mentre invece il premio sociale Sperone d’oro, quest’anno è stato assegnato allo storico Andrea Borella, editore dell’Annuario della nobiltà italiana. Per info www.caccialavolpe.it
sabato 28 settembre 2013
Storia, musica e poesia Si è tenuto a Dipignano, nella cornice del palazzo Albi Marini, un convegno sull’Ammâšcânte, il gergo dei vecchi quadarari dipignanesi Organizzato dall’Associazione ambientale donne dipignanesi in collaborazione con il Comune di Dipignano e l’assessorato alla Cultura della Provincia di Cosenza, si è tenuto a Dipignano, nella splendida cornice del palazzo Albi Marini, un convegno sull’Ammâšcânte, il gergo dei vecchi quadarari dipignanesi. A guidare il folto pubblico, curioso ed attento, attraverso il passato, sono stati: lo storico Franco Michele Greco, il poeta Franco Araniti, la etnolinguista Marta Maddalon ed il professore John B. Trumper, ordinario di glottologia e linguistica generale all’Unical. L’immagine del quadararo, come dice lo storico, è quella di un «uomo fiero, geloso delle tecniche del mestiere, ricco di iniziative, capace di organizzare il suo lavoro in piena autonomia, attento alla gestione della bottega».
Sotto il cielo di rame A guidare i presenti, lungo i sentieri carsici dell’etimologia e della contaminazione linguistica è stato il professor Trumper, che ha soprattutto evidenziato il ruolo sociale trainante dell’antico mestiere degli Erbari. Uomini talmente capaci nel lavoro da elevare la propria classe quasi fino a quella di borghesia, in un tempo in cui era ancora da giungere l’eco dei cannoni della rivoluzione francese. Ricerche appassionate le sue, e capaci di offrire ai dipignanesi il prezioso tesoro della loro lingua, «la ri-conoscenza di aspetti che appartengono ad un passato non ancora archeologico, ma recuperabile su basi diverse, uno studio delle origini, non un ritorno alle origini». Queste le parole della professoressa Maddalon contenute nell’opera Ammâšcâ, cuore dei lavori del convegno. La prof.ssa ha quindi richiamato alla realtà riguardo l’amaro destino a cui sono spesso destinate le lingue antiche. Allo stesso modo, però, ha offerto speranze per rapporti nuovi con le lingue passate, suggerendo strade non estemporanee e fatte di rispetto e sincerità per ciò che è stato, ma anche di rinascita attraverso forme innovative di utilizzo delle stesse. Dopo un pomeriggio di storia e scienza, proprio tale auspicio sembra essersi realizzato nella notte di musica e magia, impreziosita dai versi del poeta Araniti e dalle note dei Dedalus. Commistione in grado di evocare con potenza dalle nebbie del passato ombre di uomini, voci di viaggiatori, tintinnii di artigiani del metallo. Per i presenti
Ri-conoscere aspetti che appartengono a un passato non ancora archeologico ...uno studio delle origini, e non un ritorno
Il “Falcomatà-Archi” collegato col Quirinale
Banchi reggini sul Colle Nella diretta radio di Rai1, dal Quirinale per la cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico nel Paese, la trasmissione “Baobab. L’albero delle notizie” ha effettuato anche collegamenti con alcune città italiane, tra cui Reggio Calabria. Nello spazio di approfondimento sui discorsi inaugurali del capo dello Stato Giorgio Napolitano e del ministro dell’istruzione Maria Chiara Carrozza, il conduttore di Baobab Francesco Graziani ha chiamato a confrontarsi da Reggio Calabria, il dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo FalcomatàArchi, Serafina Corrado, in studio con lo scrittore e maestro di scuola Marcello D’Orta, e da Torino con Walter Passerini giornalista de La Stampa. La dirigente Serafina Corrado ha così potuto testimoniare come nella sua e in molte altre scuole di Reggio, è forte l’impegno degli insegnanti a sensibilizzare ai temi della legalità, dei valori costituzionali, della non violenza e del dialogo. Come i programmi didattici nelle aule siano effettive finestre aperte sul mondo, di concreta e efficace integrazione degli alunni di origine straniera. Come vi sia profonda convinzione, in particolare nella componente alunni e genitori, che l’istituzione scolastica contribuendo a far crescere una cultura diffusa,fa il bene della democrazia. La dirigente della Falcomatà-Archi ha quindi, testimoniato il duro impatto della scuola reggina con le miopi politiche dei tagli alla scuola a livello nazionale e locale, affrontati soprattutto dalle famiglie con grandi sacrifici, e dalla scuola, attraverso alcune forme di sostegno economico oppure del comodato d’uso gratuito dei libri di testo. E ha auspicato un effettivo cambio di rotta perché Reggio Calabria, ha ricordato la dottoressa Corrado, è una
è così divenuto difficile ricacciare all’oblio volti, parole e gesti, dopo aver immaginato strade, incontri e vicende degli antichi calderai, i “Parlanti” dell’Ammâšcânte, l’idioma iniziatico reso unico da questi lavoratori erranti del rame. Non sono mancati i saluti dell’assessore alla cultura del comune di Dipignano Teresa Pasqua che ha espresso soddisfazione per la riuscita dell’evento, rendendosi disponibile per altri incontri, volti alla riscoperta della nostra storia. Toccante, inoltre, l’intervento della portavoce dell’Associazione. Un sentito ricordo dal cuore femminile scrigno capace di custodire gli aspetti più particolari e speciali delle vicende umane. È proprio a queste donne che i versi inediti del poeta e le note incalzanti della particolare tarantella finale, hanno voluto rendere omaggio. A conclusione della giornata rimane e risuona la metafora del crogiolo dei metalli dei calderai trasmutato nel crogiolo della loro vita, così come bene espresso dal professor Trumper nell’opera Ammâšcâ: «Il crogiolo degli Erbari fonde il metallo, quello della lingua scioglie i vari codici e mette a disposizione del Mastro materia prima per fare un lingua nuova, lucente, duttile e imprevista». Anna Fisico (Aadd)
La sede della Presidenza della Repubblica sul Colle Quirinale a Roma
città emblema di quel sistema scolastico debole, in particolare nelle sue strutture materiali degli edifici antiquati e insicuri, che ha necessità di un effettivo potenziamento da parte delle autorità governative e locali. Infine, la dirigente Corrado ha testimoniato il forte impegno della FalcomatàArchi nel partecipare all’importante processo di innovazione perseguito dalla scuola italiana nel suo complesso, per conseguire moderni standard di apprendimento e di formazione dei ragazzi pari a quelli esistenti in altri paesi dell’Unione europea. Serafina Corrado p. dirigente scolastica
VII
VIII
sabato 28 settembre 2013
Fari accesi sulle bellezze del territorio
L’arte, un parco,
un festival
Il 20 e 21 settembre scorso, presso il Parco storico di Carolei nel Cosentino
di Lucia De Cicco
Il 20 e 21 settembre scorso, presso il Parco storico di Carolei nel Cosentino, frazione di Vadue, l’edizione di “Ninfeo in Art festival”, promossa interamente dall’associazione “Suoni e rumori”, presidente Antonella Persiani e che ha voluto dare spazio alla pittura, fotografia, scultura, lettura e musica live, rilanciare l’attenzione su una delle bellezze del territorio, poco conosciuta, preziosa per rarità architettonica, il Ninfeo del XVIII secolo e quanto gli sta attorno, come la cappella del XVII secolo dedicata alla Madonna del Carmine e Palazzo Civitella della stessa epoca. La leggenda cita che addirittura la storia del Parco risalga al periodo Romano designando il Civitella come antica fortezza; o che addirittura proprio in questo sito, Vadue (che significa “Guado”, dove l’acqua è più bassa) sia morto il Re Alarico. La marchesa Mendoza della Valle che abitava il Palazzo volle fortemente il Ninfeo, una splendida fontana in gran parte ormai ridotta a rudere. Purtroppo l’affresco che ritraeva una donna adagiata tra il colore giallo, rosso, e blu, ottenuto con lapislazzulo, è quasi interamente scomparso, l’acqua continua a scorrere, ma sono nate diverse forme di alghe e di muschi rari nella vasca principale su cui si erge uno zampillo, che fino a poco tempo fa era in funzione, così ha spiegato l’architetto Caterina Gattuso, sullo studio condotto dall’equipe dell’Unical sulla struttura. Presto si potranno effettuare degli interventi di restauro, che tengano conto in futuro la possibile rimozione degli stessi se la conoscenza nel campo dovesse apprendere tecnologie più avanzate. Il sindaco, Franco Greco ha tenuto a precisare che si sta puntando sulla valorizzazione del luogo e così è nata la collaborazione con l’associazione “Suoni e rumori”, che ha proposto il progetto. Con il patrocinio della Provincia di Cosenza, assessorato Corigliano, la manifestazione che parte da Vadue, ha continuato il sindaco, procederà con un itinerario ben preciso da offrire ai cittadini e che si estenderà per tutta la cittadina di Carolei e Pantanolungo, dove esistono tante altre opere di valore storico e artistico.
Promossa interamente dalla associazione “Suoni e rumori”, presidente Antonella Persiani, che ha voluto dare spazio unitamente a pittura, fotografia, scultura, lettura e musica live
La presidente dell’associazione Antonella Persiani ci introduce al significato e al lavoro fatto per l’organizzazione del Festival. «Teniamo molto a seguire i progetti inediti e la nostra associazione diventa così anche sede di percorsi musicali, dove i docenti sono maestri che principalmente seguono progetti di questa natura. L’idea della manifestazione nasce perché crediamo che l’unico modo per valorizzare l’arte sia portarla all’interno di belle strutture come quella del Parco storico. Abbiamo puntato sull’unione di varie forme di arte,
sabato 28 settembre 2013
Fari accesi sulle bellezze del territorio Il ninfeo del Parco storico Sotto, da sinistra: Caterina Gattuso, l’assessore provinciale Corigliano, il sindaco Franco Greco; i Villa Zuk; il pittore Bietes sull'inquinamento; l’assemblea intervenuta
Tra i pittori, Edison Bietes del centro America naturalizzato Italiano da 30 anni, ha rappresentato nelle sue opere l’inquinamento della nostra amata Terra. Tra i protagonisti gli autodidatta di talento come Luca Scarcello e Ester Sergi, e poi da ricordare per le tecnologie, l’installazione tra natura e suono di Dario Della Rossa, Mario Cosentini e Massimo Palermo in cui l’uomo appare un elemento di disturbo che non si conserva poiché creatore di un sistema del tutto in contrasto con la natura. Per la sezione musica, il gruppo di punta, i Villa Zuch, una forma di musica di autore che si tinge a volte delle parole dialettali tra sfumature country, pop e raggae. Abbiamo sentito il cantante e autore dei testi del gruppo Domenico Scarcello. «I brani che proponiamo sono ripresi in molti dal passato anche perché noi tre suoniamo da oltre dieci anni anche se ufficialmente nasciamo nel 2010. Tutti di origine della Presila riteniamo naturale la nostra provenienza e importante al tempo stesso. Un quinto dei testi è in lingua dialettale, perché l’arte nella vita deve mantenersi in modo naturale. I testi dialettali sono orientati alla bellezza della natura cui siamo molto legati. Ci sono brani impegnati a favore della conservazione del Cosmo. Nei testi, tuttavia, non c’è progettazione e tutto accade in modo naturale. Villa Zuk ha derivazione da Villaggio Zucca, che considera l’istinto che è in noi fondamentale per la vita, nel senso di dirigersi in una direzione giusta che piuttosto adagiarsi alla vita comoda del non cambiamento e dimenticandosi di se stessi. Il Video clip del singolo -Tutt’uno- uscirà in ottobre prossimo dell’album -Meno male Robertino- i cui brani rappresentano un tappeto colorato di temi differenti». Nella produzione entra Angelo Sposato dell’associazione Suoni e rumori. Il progetto che è piaciuto, bellissimi testi, porta a una forte amicizia a legarli da subito. Li segue come fonico in live e assieme hanno creato un nucleo di produzione che prevede oltre alla realizzazione del testo, la produzione e la pubblicità. per valorizzare il posto, perché anche se è inserito in un’area urbana cittadina, dista poco da Cosenza, non è conosciuto. Il cast artistico è vario, musicisti, pittori, fotografi, uno sculture scelto per la sua peculiarità che è Pietro Spina, ma ci sono anche degli autodidatta che comunque hanno indole artistica. Una rivalutazione del posto che possa renderlo accessibile a tutti e gratuito. La speranza è che a questa edizione ne possa seguire un’altra e che comunque questo luogo torni a vivere. Un’ iniziativa, che vuole uscire dall’idea che si debbano valorizzare solo le città grandi, mentre un percorso storico non può che valorizzare l’intera cittadina».
Inserite nel Festival anche le presentazioni di due libri: uno, di Gregorio Corigliano, I diari di mio padre della Pellegrini editrice; l’altro, un’anteprima di Franco Laratta, un excursus storico e non solo poetico della vita del sacerdote Domenico Piro di Aprigliano conosciuto come Duonnu Pantu. Entrambi i testi guardano la storia attraverso i personaggi e da un altro punto di vista che va oltre l’apparenza, ma spiegandone anche le implicazioni psicologiche dei protagonisti e il contesto reale in cui vivevano, che non appare nella storia ufficiale.
IX
X
sabato 28 settembre 2013
Catanzaro, concluso il convegno Dibattito al Campus di Germaneto promosso da Giovambattista De Sarro ordinario di Farmacologia e presidente regionale Sidt
Osteoporosi: quali farmaci appropriati? Appropriatezza prescrittiva dei farmaci nel trattamento dell’osteoporosi: è stato questo il tema di un interessante convegno, tenutosi al Campus di Germaneto, promosso da Giovambattista De Sarro, professore ordinario di Farmacologia e presidente regionale Sidt, con il patrocinio dell’Università Magna Graecia e dell’Azienda ospedaliera “Mater Domini”; un nuovo appuntamento tematico, quindi, sulla scia di quelli organizzati da De Sarro lo scorso anno accademico, molto seguiti da centinaia di medici e studenti. Durante il simposio sono state approfondite le terapie farmacologiche e chirurgiche d’uso comune e non, ma soprattutto l’appropriatezza prescrittiva delle stesse. Moderato da Giovambattista De Sarro e Maurizio Iocco, l’incontro è stato aperto, dal punto di vista scientifico, dal professor Francesco Perticone (Unità operativa di malattie cardiovascolari geriatriche del policlinico Mater Domini) che si è soffermato sull’importanza dei processi infiammatori, valutati nella loro completezza, nonché come sviluppo e concausa dell’osteoporosi. A seguire, il professor Giorgio Gasparini (direttore della cattedra di Ortopedia e Traumatologia e della relativa Scuola di Specializzazione) ha messo chiarito alcuni aspetti sull’osteoporosi nelle donne che in media si ammalano 4 volte in più rispetto agli uomini. A tal proposito ha illustrato uno studio prospettico-osservazionale, portato avanti dal suo staff, sulle fratture dell’estremo prossimale del femore condotto sul territorio calabrese. I dati ottenuti hanno mostrato una grande discrepanza fra i dati ufficiali e quelli reali, nettamente più elevati, del problema nel nostro territorio. Successivamente il professor Maurizio Rossini (dirigente medico direttore Unità operativa complessa di Reumatologia del dipartimento di Scienze biomediche e chirurgiche Azienda ospedaliera di Verona) ha illustrato all’attenta platea la differenza tra osteoporosi primaria e secondaria e ha quindi spinto in primis sull’appropriatezza diagnostica della malattia. Riprendendo il discorso di Gasparini, la dottoressa Roberta Malaguarnera (dipartimento di Scienze della Salute, Endocrinologia) si è soffermata sull’utilità del trattamento estrogenico sostitutivo nelle donne in età pre-menopausale. La relatrice ha sottolineato come l’inizio della terapia ormonale sostitutiva (Tos) riduce il rischio di
Con il patrocinio della Università Magna Graecia e dell’Azienda ospedaliera “Mater Domini” sulla scia di quanto organizzato da De Sarro lo scorso anno accademico
insorgenza della malattia. A seguire, il dottor Gaetano Topa (Primario dell’U.o di Ortopedia e Traumatologia dell’azienda ospedaliera Bianchi Melacrino Morelli) ha basato la sua lezione sugli aspetti medico-chirurgici della malattia quando essa si manifesta con fratture vertebrali e sull’appropriatezza dell’eventuale metodica chirurgica utilizzabile. Ad approfondire l’aspetto medico-internista, è stato poi il dottor Luigi Anastasio (direttore Unità operativa medicina interna dell’Asp di Vibo Valentia). «Il medico di medicina interna, più di altri, - ha sostenuto - si trova a contatto con pazienti che presentano molte patologie concomitanti, come la Bpco, il diabete, le malattie cardiovascolari; malattie che sotto alcuni aspetti possono avere radici comuni». Dopo Anastasio, Maurizio Iocco (direttore della Scuola di specializzazione di Medicina fisica e riabilitativa, professore straordinario di Medicina Fisica e Riabilitativa) ha parlato del ruolo del fisiatra e del rapporto che egli deve avere con il paziente affetto da osteoporosi. «Sicuramente - ha detto - l’intervento del fisiatra è fondamentale per un miglioramento dei sintomi, per evitare le cadute e il deterioramento delle fasce muscolari che sostengono lo scheletro». I farmaci di recente o di prossima introduzione, paragonati da tutti i punti di vista a quelli più vecchi e meglio conosciuti, sono stati invece oggetto dell’intervento di Luca Gallelli (professore associato e ricercatore in Farmacologia). In particolare Gallelli ha sottolineato come sia importante la sorveglianza di questi farmaci, ma soprattutto il fatto che nessun farmaco può essere definito totalmente sicuro. Hanno quindi relazionato: Olimpio Galasso (ricercatore di malattie dell’apparato locomotore), che si è soffermato sulle nuove prospettive terapeutiche e chirurgiche delle fratture dell’estremo prossimale dell’omero, e Pietro Gareri (docente a contratto della Scuola di specializzazione in Farmacologia) che ha parlato degli alimenti e integratori che possono ritardare l’inizio della malattia. Infine, la dottoressa Angela Vatrano (dell’U.o. di Oncologia medica dell’Azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio) ha relazionato sugli aspetti oncologici della patologia.
sabato 28 settembre 2013
Melanoma cutaneo DALLA DIAGNOSI PRECOCE ALLE TERAPIE INNOVATIVE
Tutti i riflettori sul male A Reggio Calabria si chiude il 28 settembre il master sul melanoma cutaneo che si colloca all’interno di un programma educazionale promosso dall’Intergruppo Melanoma italiano (Imi) ed è organizzato dal dottor Ignazio Stanganelli, di origini calabresi, direttore della Skin Cancer Unit dell’Ircss Irst istituto tumori Romagna insieme ai colleghi delle principali unità operative della sanità pubblica reggina. Il melanoma è un tumore molto aggressivo che deriva dalla trasformazione maligna dei melanociti (cellule che determinano il colore della pelle). Il melanoma può insorgere su cute apparentemente sana o dalla modificazione di un neo preesistente. Ogni anno nel mondo si registrano circa 100.000 nuovi casi. Nell’area coperta dai Registri tumori italiani, sono stati diagnosticati in media ogni anno 14,3 casi di melanoma cutaneo ogni 100.000 uomini e 13,6 ogni 100.000 donne. In Italia Il melanoma cutaneo ha un’elevata incidenza nella popolazione giovane, infatti, è presente nei primi 3 posti nel sottogruppo di età < 50 anni e oltre il 50% dei casi di melanoma è diagnosticato entro i 59 anni. Negli ultimi decenni l’incremento d’incidenza del melanoma è stato, nella maggior parte dei Paesi occidentali, superiore a quello riscontrato per altre neoplasie, mentre la mortalità è rimasta pressoché invariata in ragione dell’identificazione di melanomi sempre più sottili (diagnosi precoce) e ciò ha permesso un evidente miglioramento della sopravvivenza. Tuttavia poco si è fatto in Italia, e al Sud in particolare, per promuovere campagne di sensibilizzazione e di conoscenza dei fattori eziopatogenetici noti. D’altronde anche la popolazione mostra una certa resistenza a mutare le proprie abitudini di vita. Infatti, la proporzione di popolazione italiana sottoposta a screening per melanoma è passata, soltanto, dal 15% del quinquennio precedente al 25% dell’ultimo quinquennio, di cui solo il 10% nell’area geografica rappresentata da Sud e Isole. Proprio nella nostra area la mortalità è superiore rispetto all’Italia settentrionale. Gli obiettivi principali del Master sono di fornire lo stato dell’arte sulle più avanzate ricerche scientifiche, diagnostiche e terapeutiche riguardanti il melanoma. Il metodo interattivo del corso darà la possibilità di discutere gli argomenti più attuali e controversi direttamente con un panel di docenti d’indiscussa esperienza. La presenza contemporanea di esperti di molte discipline favorirà un approccio multidisciplinare al melanoma nelle sue varie fasi diagnostiche e terapeutiche.
A Reggio Calabria fino al 28 settembre master sul melanoma cutaneo che si colloca all’interno di un programma educazionale promosso dall’Intergrup po Melanoma italiano ed è organizzato dal dottor Stanganelli, di origini calabresi
Tutela della dignità della persona
Castrovillari accoglie i genitori di soggetti autistici Castrovillari sempre più città solidale a tutela della dignità della persona e dei più deboli e bisognosi di percorsi dedicati d’attenzione. Questa mattina il sindaco, Domenico Lo Polito, ha incontrato nel suo studio, al primo piano di palazzo Gallo, una rappresentativa dell’Associazione nazionale genitori di soggetti autistici che, con il Vespa club di Castrovillari, ha fatto, nel capoluogo del Pollino, la XIV tappa, vero e proprio giro di boa in Calabria, del Giro d’Italia in Vespa per sensibilizzare l’opinione pubblica sul delicato problema dell’autismo. La carovana, arrivata il 22 settembre scortata dal Vesca Club di Rossano, da cui proveniva, e da quello di Castrovillari, guidata da Augusto Gaudino, Carlo Morandi, Domenico Gelmi e Giuseppe Bezzon, è stata salutata dal primo cittadino, dal vice ed assessore al Welfare, Carlo Sangineti e dal presidente del Vespa Web locale , Gaetano Bloise che hanno sottolineato la portata e valenza sociale dell’evento. Il tour poi si è mosso alla volta della Puglia e si è fermata prima Castellaneta e poi a Taranto. Il Giro, che ha una durata di 30 giorni, è stato avviato a Biella il 7 settembre scorso e si concluderà a Santhià, in provincia di Vercelli, il 6 di ottobre. Ventotto le tappe, circa 7mila i chilometri con convegni, conferenze, interviste, approfondimenti dedicati sul problema hanno legato l’Italia e la sua sensibilità per questo particolare momento che «ancora una volta - ha affermato il sindaco Lo Polito - vede lo sport e l’associazionismo portatori di valori ed esigenze importanti nonchè di quei diritti fondamentali di cui fa parte anche quello alla salute ed all’assistenza di tutti che non può prescindere dal sostegno e coinvolgimento di ciascuno».
XI
XII
sabato 28 settembre 2013
Riflessione e sperimentazione collettiva
Tra i boschi a rappresentare l’armonia
Ho grande voglia di rannicchiarmi nella sua ombra
Studi d’armonia, cantiere didattico, si è svolto presso il Centro visita Cupone del Parco nazionale della Sila dal 23 al 27 settembre 2013 ed è stato realizzato nell’ambito del progetto Art in progress. Cantieri del contemporaneo, promosso dalla Provincia di Cosenza, la Soprintendenza Bsae della Calabria e il Comune di Marano Principato nel quadro del Por Fesr Calabria 2007/13. Curato dal maestro Alfredo Pirri, un workshop al quale hanno partecipato artisti selezionati che dovranno realizzare dei progetti in forma singola e collettiva. Il seminario ha voluto offrire la possibilità di vivere un tempo di riflessione e sperimentazione collettiva, e al contempo singolare, in un luogo particolarmente suggestivo, quale il Parco nazionale della Sila, in grado di suggerire spunti creativi utili alla realizzazione di opere inedite capaci di rappresentare il concetto di “armonia”. A conclusione del cantiere si terrà presso Palazzo Arnone in Cosenza, sabato 28 settembre 2013, alle ore 11.00, alla presenza degli artisti, una giornata di discusIl soprintendente sione e confronto che vedrà Fabio De Chirico la partecipazione di Alfredo Sopra, Sonia Ferrari Pirri, del presidente dell’ente Alfredo Pirri Parco nazionale della Sila, e i partecipanti Sonia Ferrari e del soprintendente per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici della Calabria, Fabio De Chirico. In occasione dell’evento gli artisti visiteranno la Galleria nazionale di Cosenza. “Studi d’armonia” è realizzato in collaborazione con l’ente Parco nazionale della Sila e con il supporto dell’Ufficio territoriale per la Biodiversità di Cosenza del Corpo forestale dello Stato.
Cantiere didattico, presso il Centro visita Cupone del Parco nazionale della Sila realizzato nell’ambito del progetto Art in progress
Obiettivo primario del Parco nazionale della Sila
Social-media per fare turismo Utilizzare i social-media per fare turismo, è questo un obiettivo primario del Parco nazionale della Sila, sul quale si sta investendo per la valorizzazione delle potenzialità economiche, sociali e culturali del territorio del Parco. Per questo sono stati convocati a Lorica, nella sede amministrativa del Parco, su iniziativa dell’ente Parco e dell’associazione “Calabresi creativi”, tutti coloro che hanno interesse e partecipano alla creazione dell’offerta turistica del territorio del Parco della Sila. Vengono chiamati gli stakeholders della Sila e si apprestano a seguire degli incontri di formazione, sostenuti dal ministero dell’Università e della Ricerca, che lo co-finanzia nell’ambito del programma europeo “Smart cities and communities”. Tutto questo è frutto di un lavoro impostato dall’associazione “Calabresi creativi”, con il supporto del Parco nazionale della Sila, che lancia la prima sperimentazione in Calabria di “Smart Dmo”, un’iniziativa pensata per promuovere un’offerta turistica più intelligente e integrata del territorio cogliendo appieno il ventaglio di opportunità commerciali offerte da Internet. L’obiettivo è quello di creare, attraverso i canali del digitale, una gestione di relazioni flessibile ed efficace tra il Parco nazionale della Sila e gli operatori del mercato del turismo, al fine di posizionare il loro prodotto sul web facendo squadra. L’incontro, presieduto dalla presidente del Parco nazionale della Sila, Sonia Ferrari, e dal presidente dell’associazione “Calabresi creativi”, Domenico Rositano, ha consentito agli esperti di illustrare tale programma, che consente la creazione di servizi turistici ed è per questo che ai partecipanti, a cominciare dalla stessa presidente Sonia Ferrari, sono state consegnate la password e l’username utili per l’accesso alla piattaforma gratuita creata proprio per promuovere al meglio l’offerta turistica locale. Franco Bartucci
sabato 28 settembre 2013
Un cartellone d’eccezione Appuntamenti d’eccezione presentati al Comune di Cosenza
Con mamma e papà a teatro nelli di Federica Monta
Diamo i numeri: per il quinto anno scuole e famiglie potranno tornare a teatro con prezzi accessibili e spettacoli di qualità. L’iniziativa “Famiglie a teatro” ha presentato ufficialmente, ieri, presso il Salone di Rappresentanza del Comune di Cosenza, un cartellone fitto di appuntamenti. Il progetto, ideato dal Centro Rat-Teatro,è riservato a tutte le istituzioni scolastiche e alle famiglie e punta ad avvicinare le nuove generazioni di studenti all’arte della recitazione. L’obiettivo è quello di stimolare occhi e orecchie degli spettatori( di ogni generazione) ed educare alla cultura teatrale. 28 repliche, 2 letture, 18 giorni di mostre: questi i frutti di un impegno sempre mantenuto da parte di un teatro, quello dell’Acquario, che si conferma pietra importante della tradizione culturale calabrese. «Noi siamo fatti di questa città - spiega Antonello Antonante - si deve proteggere il teatro in quanto patrimonio». Il progetto, che ha l’ambizione di presentare un cartellone unico, ha, tra i partner, la Regione Calabria, la Provincia di Cosenza, la Fondazione Carical, l’Ufficio scolastico regionale e quello provinciale e l’Unicef. Un sostegno non indifferente, dunque, che consente di promuovere un’attività di collaborazione sempre maggiore e aperta al più alto numero di partecipanti. «Il teatro è comunicazione anche nella sua realtà non verbale - dichiara Rosaria Succurro, assessore alle Strategie attive per il lavoro e la comunicazione -. Aspiriamo anche al dialogo tra i teatri per aprire una stagione che vada di pari passo con quella tradizionale. Se la forma di linguaggio più complessa riesce a coinvolgere tanti partecipanti significa che si siamo di fronte ad un teatro fatto bene». Vicinanza non solo politica, ma soprattutto culturale anche da parte di Geppino De Rose, assessore alla Scuola, che si dichiara convinto di avere individuato una strada importante: quella che consentirà agli operatori culturali di affrontare le difficoltà. «Teatro dell’Acquario e Scena Verticale - chiarisce - si giocano la partita dell’integrazione e dell’investimento in cultura e innovazione. Realtà come queste portano famiglie e scuole a teatro».
Diamo i numeri: per il quinto anno scuole e famiglie potranno tornare a teatro con prezzi accessibili e spettacoli di qualità
Dello stesso avviso è stata Maria Francesca Corigliano, assessore alla Cultura della Provincia di Cosenza: «Educare alla cultura teatrale diviene quasi un obbligo. Si deve investire in linguaggi ed espressioni culturali. Scuola, famiglia e ragazzi: queste le parole chiave». Anche quest’anno, insomma, i risultati saranno pienamente raggiunti e il teatro sarà nuovamente occasione di riflessione sull’uomo e su ciò che la cultura di massa distrugge.
Gli assessori Maria Francesca Corigliano e Rosaria Succurro Sopra, la locandina dell’evento
IlFamiglie successo confermato nel tempo: a teatro nel 2012... La rassegna “Famiglie a teatro” ha festeggiato, a Cosenza, lo scorso 2012, la sua XVI stagione. Il centro Rat, Teatro dell’Acquario, col patrocinio dell’Unicef e della cooperativa sociale Arca di Noè, ha riunito, presso la sua sede, i piccoli spettatori e le loro famiglie per promuovere, ancora una volta, l’educazione al teatro e premiare i più “assidui” frequentatori con un libro per bambini offerto dalla casa editrice “Coccole e caccole”, di Belvedere Marittimo. Prima della consegna dei libri, i piccoli partecipanti sono diventati attori e protagonisti di suggestivi esercizi teatrali agli occhi del pubblico adulto. Attraverso il loro silenzio e la loro concentrazione ci fanno entrare nel meraviglioso mondo del teatro. Bambini di cinque e sei anni mostrano, con semplicità,di essere abituati, da tempo, ad assaporare, da spettatori e da attori, l’ineguagliabile odore delle tavole del palcoscenico. L’animazione diventa, dunque, teatro non solo per i bambini, ma anche per gli adulti. I piccoli spettatori sorridono quando viene loro detto di avere la grande capacità e l’importante compito di trascinare i più grandi a teatro.
Fin dalla tenera età si dichiarano osservatori attenti ed entusiasti. E commuovono chi, invece, osserva loro quando, senza alcun timore, fanno vedere tutto ciò che hanno appreso. Appaiono divertiti ma concentrati nei loro esercizi di movimento nello spazio, su musica, e di teatro delle ombre. Nei loro occhi si legge la libertà e la voglia di fare; ognuno comunica il proprio mondo di emozioni, la propria capacità espressiva; ognuno ha la sua piccola, grande storia. Significativi la presenza e l’intervento dell’assessore alle Strategie attive per il lavoro e comunicazione, Rosaria Succurro che si è dichiarata entusiasta del momento di teatro vissuto insieme ai bambini: «Il teatro è comunicazione anche nella sua realtà non verbale e va sostenuto affinché possa essere sempre maggiore il numero dei partecipanti». Ilario Giuliano ha ricordato la vicinanza della casa editrice “Coccole e caccole” alle imprese culturali, la ricca realtà creata a livello nazionale e la sua caratteristica peculiare: quella di essere l’unica ad occuparsi di editoria nel sud per ragazzi. Il teatro diventa, dunque, occasione alta per riflettere sull’uomo e per combattere ciò che la cultura di massa distrugge. E realizza, come sempre, i suoi piccoli miracoli facendo tornare bambini tutti noi.
XIII
XIV
sabato 28 settembre 2013
All’insegna del multiculturalismo Presentata a Cosenza la terza edizione del Progetto della Provincia "Incontri… suoni e colori dal mondo"
Poesia e teatro per la Storia Si è tenuta nella sede della Provincia di Cosenza, nella Sala degli Stemmi, la conferenza stampa di presentazione del progetto “Incontri... Suoni e colori dal mondo”, giunto quest’anno alla terza edizione, promosso dall’assessorato provinciale alla Cultura. Il progetto, che intende valorizzare la conoscenza dei popoli attraverso il linguaggio teatrale, musicale e visivo nell’ottica del multiculturalismo, propone per il 2013 una serie di iniziative su questi specifici temi. È stata l’assessore provinciale alla Cultura Maria Francesca Corigliano ad illustrare nel dettaglio alla stampa i vari appuntamenti in calendario. «La terza edizione del Progetto - ha detto l’assessore - è stata pensata prevalentemente per i giovani. Abbiamo scelto il linguaggio della poesia e del teatro per parlare di passato e di attualità. L’incontro con la poetessa siriana Maram al Masri sarà un’occasione per una riflessione sulla complessità della situazione in Siria, mentre con il ricordo del genocidio degli Armeni abbiamo voluto indicare ai giovani il pericolo, insito nell’animo umano, di annientare ogni controllo della coscienza nell’uso della violenza verso l’altro. Infine abbiamo inteso portare all’attenzione dei ragazzi una storia di emigrazione che parte dalla nostra terra per ricordare che l’accoglienza è un dovere per tutti, ma lo è maggiormente per noi Italiani che abbiamo conosciuto la tristezza di questo fenomeno». Nel corso della conferenza stampa è intervenuto anche il sindaco di Cerchiara di Calabria Antonio Carlomagno parlando dello spettacolo teatrale Armenia, memorie di una civiltà per la regia di Simone Toffanin, per l’associazione Alt Art, che propone l’incontro e la presentazione del libro Anime scalze di Maram Masri, è intervenuta la presidente Anna Infante e, infine, Antonio Perricone del Piccolo teatro popolare “Il Coviello” di Amantea per illustrare i contenuti della commedia Halifax Pier 21, Millefiori di speranza. Tranne il primo evento che si svolgerà lunedì 30 settembre presso il Museo Arti e Mestieri in corso Telesio, alle ore 10.00 e alle ore 18.00, le altre rappresentazioni si terranno alle ore 10.00 all’auditorium provinciale “Antonio Guarasci” del liceo classico “Bernardino Telesio”, essendo il progetto rivolto alle scuole superiori della Provincia di Cosenza, con finalità di formazione didattico-educativa.
Una serie di iniziative per valorizzare la conoscenza dei popoli con il linguaggio teatrale, musicale e visivo
Il cinema italiano vince al Festival del Salento
“Quel che resta” Per la prima volta nella storia del Festival internazionale del cinema del Salento vince un film italiano. Quel che resta di Lazlo Barbo lascia un segno tangibile quale miglior film e miglior colonna sonora. «Un tributo che giunge doppio alla Calabria, spiega l'attore protagonista Giacomo Battaglia perchè sia il film che le musiche parlano di questa terra». Le note di Sandro Scialpi, infatti, hanno emozionato e trainato ogni scena facendo si' che l'immagine e quanto narrato assumesse un significato ancora più profondo. Ora dal 3 ottobre il film sarà nelle sale calabresi per poi giungere in tour nelle scuole di questa terra che ha tanto da raccontare. A novembre, un invito speciale a l'Aquila: «Quel che resta» parlerà il linguaggio drammatico a chi il dramma lo ha conosciuto da vicino. Un film che oltre a Giacomo Battaglia vede nel cast attori come Franco Nero, Luca Lionello, Gigi Miseferi, Giancarlo Giannini, Rosa Pianeta, Federica Bianco, Paola Casella e tanti altri. I componenti della giuria non hanno avuto dubbi: Quel che resta è il migliore film e questo sicuramente perchè capace di raccontare la storia vera di un dramma storico come il terremoto del 1908. Quel che resta al pari di un libro aperto trasferisce storia e cultura. Non e', infatti, un film qualunque bensì la riproposizione di uno spaccato di vita che ha segnato la storia della Calabria e non solo.
Il corto che vince in Australia
“Margherita” vola in alto Prosegue il successo di Alessandro Grande e del suo Margerita: il cortometraggio, che ha fatto incetta di premi nei festival di tutto il mondo, ha conquistato anche il nuovissimo continente, andando a vincere il premio “Best pre-production” (migliori musiche, miglior montaggio, miglior color, miglior audio e suono) nella 18a edizione del Canberra Short Film Festival. Scelto tra gli oltre settemila lavori visionati dalla giuria, Margerita è stato insignito di uno dei premi più ricercati, che ora va ad aggiungersi a quelli vinti ai festival Ischia, Visionaria, Corto e Cultura, Festival del cinema d’autore, Alta Langa, e alle selezioni ufficiale di Giffoni, Seul, New York, California, Pakistan, Isola di wight, Mumbai e Budapest. «Essere giunto tra i primi sette classificati era già una grande soddisfazione - ha commentato il regista catanzarese -, ma vincere addirittura un premio così prestigioso è motivo di grandissimo orgoglio».
sabato 28 settembre 2013
XV
Arte e solidarietà All'Istituto penale per minorenni “Malaspina” di Palermo, la serata condotta da Domenico Gareri e Lorena Bianchetti Un evento all’insegna del connubio tra arte e solidarietà per ricordare la figura e l’opera di uno dei Pontefici più amati nella storia della Chiesa e mantenerne vivi i suoi insegnamenti. È stata un’emozionante ottava edizione dell’evento culturale “Nella Memoria di Giovanni Paolo II” quella vissuta sabato 21 settembre scorso presso l’Istituto penale per minorenni “Malaspina” di Palermo. La manifestazione, divenuta format tv ad alto valore socio-culturale ed evangelico trasmesso in Italia e all’estero e prodotto dalla “Life Communication produzioni televisive e grandi eventi”, è stata realizzata in collaborazione con il Ministero della Giustizia-Dipartimento Giustizia Minorile e con il patrocinio della Conferenza episcopale italiana-Ufficio per le comunicazioni sociali, dell’Arcidiocesi e del Comune di Palermo, della Regione Sicilia-Assessorato per la Famiglia, le politiche sociali ed il lavoro e della Camera di Commercio di Catanzaro.
Nella memoria di Giovanni Paolo II A presentare la serata l’ideatore dell’evento, Domenico Gareri, e la giornalista e conduttrice Lorena Bianchetti con la direzione artistica di Giovanni Calabrò e la regia di Ciro D’Aniello. Al centro della manifestazione sono state le persone più amate da Karol Wojtyla, i ragazzi che vivono in situazioni di disagio, diversamente abili e giovani detenuti, che hanno avuto l’opportunità di partecipare da protagonisti attivi ad una serata arricchita da performance artistiche, contributi video e testimonianze di noti personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo e di rappresentanti delle istituzioni. In particolare durante la manifestazione sono stati consegnati i premi “Nella Memoria di Giovanni Paolo II” realizzati dal maestro orafo Michele Affidato ed assegnati dalla giuria qualificata formata dal noto conduttore Rai Daniele Piombi, dall’autore televisivo Stefano Santucci, da don Francesco Cristofaro, teologo spirituale, da Carmelo Cuttitta, vescovo ausiliare di Palermo, e dal costituzionalista Luigi Ventura nel ruolo presidente. Tra gli insigniti hanno portato il proprio saluto sul palco uno degli attori più amati del piccolo schermo, Beppe Fiorello - premiato sul palco dall’arcivescovo di Palermo, Cardinale Paolo Romeo - l’ex campionessa di tennis Mara Santangelo ed il cantautore Ron che ha riproposto dal vivo ai ragazzi dell’Istituto alcune sue canzoni. Intensi e suggestivi sono stati anche i contributi artistici proposti dall’Orchestra giovanile di Laureana di Borrello (Rc), dal Centro studi professionale Arte danza di Catanzaro e dal coro dell’Unione italiana dei ciechi ed ipovedenti di Catanzaro. Il cast artistico è stato arricchito anche dalla presenza di alcune realtà musicali siciliane, come il trio rap One Crew, Gli Archi ensamble e il Gruppo Nuova Aurora; Marco e Alessia dell’oratorio della parrocchia S. Maria della Pace di Satriano (Cz), Saverio Palermo e Massimiliano Gareri e Eleonora Cadeddu, la giovane Annuccia di “Un medico in famiglia” su Raiuno. Un prestigioso attestato di riconoscimento alla manifestazione, che ha ricevuto anche l’attenzione da parte di Papa Francesco, è giunto dalla presenza sul palco del capo Dipartimento Giustizia minorile, Caterina Chinnici, la quale - a margine della consegna della medaglia del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano da parte del vicario del prefetto di Palermo, Maria Teresa Cucinotta, al di-
Ospiti speciali Beppe Fiorello, Ron e Mara Santangelo per un format tv ad alto valore socioculturale ed evangelico trasmesso in Italia e all’estero e realizzato in collaborazione anche con la Camera di Commercio di Catanzaro
rettore dell’Istituto “Malaspina”, Michelangelo Capitano - ha sottolineato l’importanza di una manifestazione che, lanciando un messaggio di notevole significato educativo, si propone quale momento di incontro tra le diverse voci della società civile, del mondo delle istituzioni laiche e religiose e dell’associazionismo. Su questa direzione è stato consegnato un ulteriore riconoscimento a Gloria Ramos, madre di Cristian, giovane con sindrome di down nato a Roma che ha ottenuto la cittadinanza italiana grazie al diretto interessamento del ministro Cancellieri e del Presidente della Repubblica Napolitano. Altrettanti premi sono stati assegnati alla città di Lampedusa - esempio di amore, carità ed accoglienza - e al “Progetto Policoro” che, partendo dal Sud, ha promosso la nascita di oltre 500 esperienze lavorative mettendo in sinergia i diversi uffici delle diocesi con l’associazionismo e le istituzioni pubbliche. Significative sono state anche le testimonianze di Giuseppe Petrucci, presidente dell’Ente nazionale Sordi, Vittorio Cannata, consigliere nazionale dell’Associazione italiana persone down, e Tommaso Daniele, presidente nazionale dell’Unione italiana dei ciechi. Con queste parole l’ideatore Domenico Gareri ha espresso la propria soddisfazione per la riuscita dell’evento: «Grazie al capo del Dipartimento della Giustizia minorile, Caterina Chinnici, ed a tutti i rappresentanti dell’istituzione penitenziaria minorile, al cardinale Paolo Romeo ed a tutta l’asrcidiocesi di Palermo, alla viva partecipazione di artisti, personaggi del mondo dello spettacolo e rappresentanti istituzionali, ed in particolare ai ragazzi dell’istituto “Malaspina”, siamo riusciti a vivere tutti insieme un momento di alto valore sociale e culturale con il diretto coinvolgimento dei giovani dell’Istituto. Un percorso di nuova evangelizzazione attraverso la comunicazione sociale. Lo abbiamo fatto attraverso la televisione nell’intento di rappresentare quello che è il vero significato del servizio pubblico. Infatti, ritengo che questi valori vadano veicolati attraverso il piccolo schermo in grado di raggiungere tutti in modo capillare. Il nostro è stato un piccolo grande gesto che spero abbia contribuito a superare i pregiudizi nei confronti di chi è impegnato a vivere un percorso di rieducazione e di riscatto sociale. Proprio per questi contenuti speriamo di vedere accolta la nostra richiesta di messa in onda dalle reti più seguite del Paese». A tale proposito la “Life communication” comunicherà nelle prossime settimane i dettagli della programmazione della serata. «La cosa più bella che portiamo a casa, dopo mille sacrifici e difficoltà - conclude Gareri - è stato il ringraziamento che i ragazzi del “Malaspina” ci hanno rivolto a fine serata».
Accanto al titolo la consegna della medaglia del Presidente della Repubblica al direttore dell’Istituto “Malaspina”, Michelangelo Capitano Qui sotto, da sinistra don Francesco Cristofaro, Ron e Domenico Gareri A sinistra Bianchetti, Fiorello e Gareri
XVI
sabato 28 settembre 2013
Femminilità e umanità La donna vera del professore, Osvaldo De Rose, presentata presso la Biblioteca nazionale di Cosenza
“Lucia” tra spiritualità e razionale
In una silloge poetica che contiene alcune foto dei quadri che riproducono la “possibile Lucia” del pittore delle Serre cosentine, Marcello La Neve “Lucia” di Marcello La Neve Sopra, Osvaldo De Rose e Marcello La Neve
Venerdì 20 settembre, “Lucia”, la donna vera del professore, Osvaldo De Rose, è stata presentata presso la Biblioteca nazionale del centro storico di Cosenza, in una silloge poetica, che contiene alcune foto dei quadri che riproducono la possibile Lucia del pittore delle serre cosentine, Marcello La Neve. Un successo di pubblico per un libro e una persona, che presto presenterà presso la Provincia un altro lavoro “Il Poeta e la musa” con il settimanale Parola di Vita e il suo direttore don Enzo Gabrieli. Chi è questa “Lucia” descritta dal professore De Rose? Sorridendo mi risponde con un’opera di Pirandello, sono Una, nessuna e centomila. «Ognuna delle donne, se non tutte; ma solo se saranno in grado di raffigurare quelle luci di cui io parlo nel testo. Luce di sentimento: volontà, fede, speranza, preghiera e soprattutto amore cerebrale e spirituale. L’amore dello spirito senza nulla di fisico e di sessuale. L’amore vero e puro che dovrebbe essere rivolto verso qualunque persona, bambino, uomo, giovane, anziano, povero o ricco. Il nome stesso Lucia raffigura quelle cinque luci accennate. La più grande delle luci è ovviamente l’amore, anche se senza la volontà non si potrebbe fare nulla, nessun passo, poi la speranza che non dovrebbe venir meno mai, la fede è il credere in ciò che si fa, la preghiera perché è ovvio che per avere le altre caratteristiche si deve pregare lo Spirito in cui si crede con qualunque nome lo si voglia chiamare». Una religiosità allargata, quella della donna di De Rose. Uno spirito dell’umanità e dell’uomo. Il professor, Osvaldo De Rose, ormai in pensione ha collaborato anche con le università oltre che insegnare in diversi istituti scolastici e ci racconta della causa principale che ha portato a scrivere questo testo, che racchiude pochissime poesie sono in totale solo diciannove. «C’è una causa alla realizzazione del testo, una forte depressione, che lascia nella persona queste luci che ingigantendosi nel tempo ed emanando una luce sempre più forte, sanano e guariscono la persona dalla malattia. È un evento autobiografico, in cui Lucia diventa non una reale donna, ma un insieme di luci. Ovvio è che negli aiuti avuti dalla persona, si mescolano tante altre personalità fatte di amorevolezza, simpatia e di compagnia che hanno restituito la serenità. I protagonisti del testo sono due: chi racconta e la figura di cui si racconta. È stata vista in questa Lucia una serie di aspetti, la donna angelicata, successivamente quella della donna umanizzata e infine una nostalgia per la bellezza, la sensibilità e di tutti quei sentimenti più sinceri e belli che posseggono le donne». Se la si vuole interpretare proprio come donna, ci dice il professore De Rose, è una donna che agisce, della quale ci s’innamora e ci si dispera, molto comune come tutte le donne comuni. Dotata di anima, d’intelligenza, femminilità e umanità, quest’ultima, caratteristica che a volte piace e a volte potrebbe non piacere, perché fatta di capricci e di virtù nascoste che solo il poeta sa scorgere. Una silloge di cui si deve cogliere il segno semantico, di ciò che si vuole dire e significare. Ad un certo punto la strada di “Lucia” si incrocia con quella del pittore Marcello La Neve, dalla spiccata pennellata spirituale, di giochi di ombre caravaggesche di particolari che emergono tridimensionalmente in molte sue opere, ma anche del moderno, dello sperimentare tecniche nuove, contaminarsi di aspetti contemporanei e di volti che incantano, dalle donne del sacro alle donne dalla natura leggera e signorile. «Con il maestro La Neve l’incontro avviene in un concorso letterario organizzato da me, riprende il professore De Rose, amante delle belle arti, mi sono accorto che ha una pennellata finissima e un taglio molto delicato, un colore gentile che dona alle sue figure e che sottolineano la gentilezza del suo interiore. Il mio testo è stato illustrato da tre figure bellissime di donne. In primo piano la donna angelica, poi la donna, all’interno del testo, una trasformazione dal divino all’umano (una sorta di crescita) una bella donna con un ginocchio scoperto che cammina in un prato in fine un nudo di donna, ma molto delicato, con seno e fianco scoperto, quindi la donna completamente umanizzata». Il testo attraverso anche l’immagine, vuole mettere in armonia spirito e fisico. Una Lucia, che è sincerità in qualsiasi cosa che fa così come da cattolico profondamente credente lo è anche il Professore e scrittore, Osvaldo De Rose, che esorta tutti e neppure la chiesa esclusa a perseguire le strade di Dio e non di altri idoli, come il denaro, più che mai attuale nelle parole del Santo Pontefice, soprattutto, nelle sue ultime omelie. LdC
sabato 28 settembre 2013
Il volontariato che cambia IL LIONS CLUB COSENZA HOST INAUGURA IL NUOVO ANNO SOCIALE
Più deboli e più promosse... Alla presenza del governatore del distretto Luigi Buffardi, di autorità, soci e ospiti, intervenuti numerosi, si è svolta, all'Italiana Hotels, la cerimonia d'apertura del cinquantaquattresimo anno sociale del Lions club Cosenza Host. La riunione è stata aperta dal neo presidente Franco Lonetti, il quale ha esposto le linee programmatiche dell'Associazione incentrate sulla solidarietà, sull'impegno civile, sulle interrelazioni umane, sullo sviluppo economico e culturale del territorio. Anche quest'anno - ha sottolineato Lonetti in apertura - "lavoreremo concretamente per armonizzare logica economica e crescita civile, volendo così dare voce e sostanza, in chiave moderna, alla grande attualità degli scopi del lionismo". Obiettivo primario - ha aggiunto il presidente - "sarà quello di porre attenzione - senza con ciò trascurare le iniziative di carattere sociale - ai motivi d'interesse, ai fermenti, alle novità che condizionano la vita di ciascuno di noi, per concorrere a favorire lo sviluppo autopropulsivo delle nostre aree, guardando con particolare attenzione al mondo giovanile e alle problematiche che in esso si registrano". Proprio per favorire questo processo, ha continuato Lonetti, "abbiamo costituito dei "gruppi di lavoro" che dovranno analizzare i vari campi d'intervento e proporre soluzioni con l'obiettivo, appunto, di valorizzare gli elementi di positività presenti nella nostra area urbana". Cosenza, ha sottolineato in particolare il presidente, " è una città viva, dinamica fatta di borghesia, di professioni e però mantiene tutti i segni della crisi economica e le caratteristiche di una delle tante realtà del Mezzogiorno. Pur tuttavia, è' una città viva perché è pervasa da un grande spirito organizzativo della società civile. Non a caso in essa convivono oltre trenta associazioni che garantiscono, con il volontariato e in varie forme, assistenza ai più bisognosi, ma, nello stesso tempo, concorrono a favorire la crescita culturale e sociale della città". Proprio per questo, ha concluso Lonetti, "il Club sarà impegnato quest'anno a proporre alla città iniziative d'eccellenza facendo rete con gli altri Club, con il mondo dell'Associazionismo, della cultura, con il sistema produttivo locale, con le istituzioni, le associazioni di categoria. A trarre le conclusioni il governatore Luigi Buffardi il quale si è soffermato sulla nuova filosofia degli aiuti umanitari, finalizzata a favorire lo sviluppo delle aree più povere secondo la quale "l'escluso" non dovrà più essere considerato un diseredato da aiutare ma un nostro partner con il quale realizzare un Progetto comune per renderlo autonomo, protagonista della sua crescita. Non più inutili contributi a pioggia, dunque - ha concluso Buffardi - ma libertà che libera dalla carità stessa, dalla fame, dall'ingiustizia, in una logica di partenariato globale per la promozione dello sviluppo delle aree più deboli. Lions club Cosenza Host
Presentate dal neo presidente Franco Lonetti le linee programmatiche 2013-2014 per la crescita delle aree sottosviluppate
La Regione lo chiederà all’Accademia di Svezia
Maffia, un Dante per il Nobel alla Letteratura La Regione Calabria è pronta a lanciare la candidatura del poeta e saggista calabrese Dante Maffia al Nobel per la letteratura. Lo si evince dall'ordine del giorno approvato all'unanimità dal Consiglio regionale, che ha fatto propria la proposta avanzata dal vicecapogruppo dell'Udc Gianluca Gallo e sottoscritta anche, a testimonianza di un sostegno diffuso e generalizzato all'iniziativa, dai consiglieri Mario Franchino (Pd), Giuseppe Caputo (Pdl), Domenico Talarico (Idv), Damiano Guagliardi (Fds). Nato a Roseto Capo Spulico nel 1946 da padre cassanese, dopo essersi trasferito e laureato a Roma Maffia si è dedicato all'insegnamento universitario, collaborando con diverse riviste e quotidiani e curando per anni anche la rubrica dei libri per Rai 2. Sterminata è la sua produzione letteraria e poetica, che si compone di decine di opere tradotte in tutte le lingue del mondo. Come poeta fu segnalato, agli esordi, da Aldo Palazzeschi e da Leonardo Sciascia, che con Dario Bellezza lo ha definito "uno dei poeti più felici dell'Italia moderna". Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nel 2004 lo ha insignito di Medaglia d'Oro per i suoi meriti culturali. Adesso per lui potrebbe arrivare il Nobel. "I suoi scritti - sostiene Gallo - testimoniano un costante e indefesso impegno per la divulgazione della cultura in tutta la sua ampiezza e profondità: egli rappresenta il mondo di fermenti e di furori del nostro tempo, ma anche il futuro di un mondo, come quello calabrese, che ha diritto finalmente di uscire dal pantano dei pregiudizi, dell'isolamento e della ingiusta condanna". Per questo, nelle settimane passate, è sorto un comitato, composto da docenti di varie università, rappresentanti delle istituzioni ed esponenti del mondo della cultura e della società civile che si prefigge lo scopo di far entrare lo scrittore rosetano nell'Olimpo della letteratura mondiale. La Regione farà la sua parte, come prevede l'odg approvato in aula, "chiedendo alla prestigiosa Accademia di Svezia la candidatura al Premio Nobel per la letteratura" ed invitando "tutti i Comuni, le associazioni e le fondazioni calabresi a fare altrettanto", impegnandosi al tempo stesso "a divulgare l'iniziativa, attraverso tutte le forme ritenute idonee, affichè le università, le scuole, i comuni, le fondazioni e le associazioni promuovano ogni azione utile al raggiungimento dell'ambito traguardo".
XVII
XVIII
sabato 28 settembre 2013
Nona Giornata del contemporaneo Mostra organizzata dall'Associazione dei Musei d'arte contemporanea italiani
Io sono un’altra Le tre artiste tedesche Sandra Heinz, Edith Urban e Cora Volz elaborano insieme, anche se su registri diversi, i due ruoli femminili contrapposti, spesso degenerati in cliché: Maria l’innocenza, la santa, la spirituale e Marie la sensuale, la voluttuosa, la seduttrice. In questa prospettiva l’uso della frammentarietà nelle loro opere gioca un ruolo importante. In Sandra Heinz i vestiti rappresentano frammenti di una vita, in Edith Urban i testi emergono solo in quanto frammenti e in Cora Volz la frammentazione della figura modellata è presupposto per una nuova ricomposizione delle parti. Il frammento allude a un ‘tutto’ non più presente. Cora Volz sviluppa nelle sue sculture una nuova interezza che rimane però distante, inaccessibile. Comune a Sandra Heinz e Edith Urban è l’assenza della persona, solo i frammenti sono presenti. Edith Urban si affida alla forza evocativa dei frammenti di testo sovrastanti l’immagine astratta, mentre Sandra Heinz evoca con i vestiti stampati o ispessiti questa strana presenza/assenza della persona. Testo critico: Ulrich Meyer-Husmann Maria e Marie rappresentano esempi di un immaginario differenziato della donna, così come si è andato formando attraverso i secoli sia sul piano sociale che storico. Nei dipinti, nella letteratura religiosa e laica, nella drammaturgia, nei libretti operistici e nei mass media di oggi, emergono figure di donna che incarnano ruoli femminili condensando in sé caratteristiche e comportamenti che da una parte sono diventate modelli guida, dall’altra sono degenerate in cliché. Maria e Marie rappresentano quindi solo simbolicamente due ruoli femminili contrapposti: Maria l’innocenza, la santa, la spirituale e Marie la sensuale, la voluttuosa, la seduttrice: io sono un’altra. Cora Volz è scultrice. L’oggetto principale del suo lavoro è la testa. In una prima fase l’artista crea figure femminili in terracotta - busti, ritratti, bassorilievi - molto vicini al modello vivo. I calchi di gesso ottenuti vengono poi ridotti in frammenti e lavorati singolarmente in modo molto specifico con aggiunte di altri materiali. La cosa nuova che ne risulta, grazie ai materiali inseriti, ha un effetto fortemente tattile. Il legame con il ritratto originale della giovane donna persiste ancora, ma l’insieme della scultura o del bassorilievo, con i materiali estranei, crea qualcosa di sovra-individuale. Sandra Heinz invece sceglie raramente la rappresentazione della persona, attinge piuttosto a quello che le persone si lasciano dietro, come vestiti, scarpe, panni, coperte. Nel caso dei vestiti abbandonati l’artista si fa prendere dalla materialità e matericità delle cose: le stampe ottenute da vestiti e biancheria immersi nel colore o evidenziano nelle strutture a filigrana. Nello stesso tempo sono un ricordo della la persona che li indossava. Nel caso dei tessuti colorati e ispessiti dal colore diventati cosi sculture, le persone assenti appaiono in qualche modo ancora presenti. Nella pittura di Edith Urban scopriamo il ruolo particolare della parola, del testo, dei frammenti di testo. Riflessioni, dialoghi, dichia-
Galleria: Vertigo arte di Cosenza Testo critico: Ulrich MeyerHusmann Vernice: sabato 5 ottobre 2013 ore 18:30 Durata della mostra: fino al 26 ottobre 2013 Orario di apertura: da martedì a sabato, ore 17.30 - 19.30 In alto: Sandra Heinz von U. / stampa di tessuto su carta / 2012 A sinistra: Edith Urban What do you think I’d see, if I could walk away from me cosa credi che vedrei se potessi allontanarmi da me / CANDY SAYS, lou reed mixed media su tela /2012 Adestra: Cora Volz Ragazza con treccia / tessuto e polistirolo / 2013
razioni provocatorie ma anche descrittive prese soprattutto da testi letterari vengono iscritti nello strato di colore ancora fluido. In passato l’artista prediligeva uno sfondo monocromatico, mentre adesso lo divide in strisce di colore in cui le parole vengono scritte, ricoperte di colore, lavate via e ancora riscritte. Vengono ripresi pensieri e sentimenti emblematici sempre attuali: il lutto, la speranza, il dolore, la disperazione, l’odio e il desiderio. Spesso sono leggibili solo singole parti del testo, ma proprio tale frammentarietà nella sua indefinitezza lascia allo osservatore lo spazio per una interpretazione personale. Tutte e tre le artiste riflettono ruoli femminili ben lontani dagli stereotipi diffusi dai mass media. In questa prospettiva la frammentarietà nelle loro opere gioca un ruolo importante. In Sandra Heinz i vestiti rappresentano frammenti di una vita, in Edith Urban i testi emergono solo in quanto frammenti e in Cora Volz la frammentazione della figura modellata è presupposto per una nuova ricomposizione delle parti. Il frammento allude in modo nascosto o evidente a un ‘tutto’ non piu presente. Solo una, Cora Volz, rappresenta le donne in modo diretto sviluppando una nuova interezza che tuttavia rimane a noi inaccessibile: è la prospettiva di spalle che crea una distanza e quindi rende le figure inavvicinabili. Comune a Sandra Heinz e Edith Urban è l’assenza della persona , solo i frammenti sono presenti. Edith Urban si affida alla forza evocativa dei frammenti di testo con il loro riferimento esistenziale, mentre Sandra Heinz crea con i vestiti stampati e ispessiti questa presenza stranamente assente delle persone. La Giornata del contemporaneo coinvolge, accanto ai musei associati ad Amaci, musei, gallerie, fondazioni, associazioni, luoghi d’arte pubblici e privati, scuole, accademie, studi d’artista e ogni altra istituzione e realtà che operi nel settore dell’arte contemporanea e che, liberamente e senza alcun costo, scelga di aderire all’iniziativa. L’evento ha registrato, nelle prime otto edizioni, un considerevole incremento del numero degli aderenti.
sabato 28 settembre 2013
Educazione in moto... COMUNE CATANZARO, SCUOLA E SPORT, VERTICE SU PROGETTO CAM
Banchi atletici
Dare continuità all’esperienza formativa avviata da oltre sedici anni attraverso il Progetto Cam (Centro attività motorie) ideato e portato avanti dal professor Rosario Mercurio. È questo l’intendimento degli assessori comunali Stefania Lo Giudice (Pubblica istruzione) e Giampaolo Mungo (Sport), i quali a Catanzaro, hanno presieduto un incontro allo scopo di rimodulare il progetto alle diverse esigenze dei ragazzi, delle scuole che vi aderiscono e del territorio. Presenti al tavolo lo stesso professor Mercurio ed alcuni dirigenti scolastici. Lo Giudice e Mungo hanno sottolineato la piena condivisione del progetto, da parte dell’amministrazione Abramo «che rafforza l’offerta formativa e l’organizzazione dell’insegnamento attraverso l’incentivazione delle ore extracurriculari dedicate allo sport». «Il sindaco Abramo e l’intera amministrazione, sopportati tecnicamente dai rispettivi settori di Palazzo de Nobili diretti da Saverio Molica, intendono - ha detto Lo Giudice - sostenere l’iniziativa convinti che la trasformazione che le nostre città stanno oggi vivendo, nonché l’ incremento del mondo ludico virtuale, hanno comportato una progressiva riduzione del cosiddetto gioco motorio spontaneo, che occorre compensare attraverso uno sviluppo e una diversificazione dell’educazione motoria e sportiva nelle scuole». «Anche l’organizzazione mondiale della Sanità - ha aggiunto Mungo - considera, infatti, l’educazione motoria fondamentale per lo sviluppo della personalità e per il raggiungimento e mantenimento della buona salute». A parere dei due assessori esiste una relazione diretta tra lo sviluppo motorio e lo sviluppo cognitivo e di relazione, particolarmente nell’età della scuola primaria. «L’educazione motoria ha quindi, un ruolo fondamentale nel processo di crescita del bambino e l’attività motoria nella scuola primaria - hanno concluso Lo Giudice e Mungo - deve favorire il completo sviluppo della personalità e la prevenzione dei principali effetti della sedentarietà».
Il sindaco Abramo supportato tecnicamente dai rispettivi settori di Palazzo de Nobili diretti da Saverio Molica, intendono sostenere l’iniziativa convinti che occorre una diversificazione della educazione motoria e sportiva nelle scuole
Domenica a Catanzaro
Trofeo “Pianeta di Siano” Tutela dell’ambiente e promozione dello sport. Le biciclette sul suggestivo sentiero sterrato del giardino botanico “Li Comuni”. Sono gli obiettivi principali del I trofeo “Pineta di Siano”, valido come campionato regionale di mountain bike per la specialità cross country. La manifestazione, organizzata dall’asd “Explorers” in collaborazione con la Federazione ciclistica italiana e l’assessorato allo sport del comune di Catanzaro, si terrà domenica 29 settembre a partire dalle 9,30. I dettagli della prova calabrese delle mountain bike sono stati presentati stamattina, nella sala concerti di palazzo De Nobili, dall’assessore allo sport Giampaolo Mungo, dal presidente degli “Explorers”, Antonio Astorino, dal consigliere regionale della Federazione ciclistica, Lorenzo Procopio, e dal responsabile federale del settore “fuoristrada” Daniele Lo Faro. «Quello di domenica prossima - ha affermato Mungo - sarà un appuntamento importantissimo per tutti gli appassionati della mountain bike, proprio perché è stato scelto come campionato regionale 2013 della categoria cross country. Per l’amministrazione - ha aggiunto - sarà ancora più importante perché è solo la prima tappa di un trofeo che speriamo di poter istituzionalizzare per valorizzare il grande patrimonio ambientale della pineta di Siano con il giusto risalto di sport spettacolari e popolari come la mountain bike. Anche in questo caso siamo riusciti con poche risorse a organizzare un evento non semplice, per il quale e’ stata fondamentale la grande dote di energia messa in atto insieme agli agenti dei Corpi di polizia locale e forestale e agli operatori dell’Afor. Spero - ha concluso - che da domenica prossima i catanzaresi si appassionino ancora di più alle due ruote».
XIX
XX
sabato 28 settembre 2013
Il racconto Seconda parte Il lavoro sindacale va inteso come una scelta di vita, non come un mestiere per vivere
Nella terra di origine a qualsiasi costo di Giuseppe Aprile
Il sindacato è abbastanza pieno di dirigenti e delegati che sono ben lontani dall’aver fatto una lodevole scelta di vita per dedicarsi all’attività di organizzatori dei lavoratori e difendere il loro lavoro e il loro salario. In tanti hanno trovato un modo per una occupazione retribuita e per trarre vantaggi privati. Paolo Giardi, un mio compagno al corso sindacale annuale a San Domenico di Fiesole (Firenze), proveniente dalla repubblica di S.Marino, sentenziava sempre, con particolare furore, contro quelli che non dimostravano vera passione verso il sindacato. Diceva che il lavoro sindacale andava inteso come una scelta di vita, non come un mestiere per vivere e che il comportamento si doveva riferire ad una battaglia sociale che vedeva le questioni dei lavoratori come un valore che si doveva rapportare a scelta politiche cui si doveva fare riferimento, perché nessun problema si poteva porre come fatto di semplice momentaneo sfruttamento in un rapporto che si fermasse tra lavoratore e suo datore di lavoro, che lui chiamava sempre padrone, pur sapendo di esagerare talvolta. E diceva: «il cattivo lavoro, quello che è sfruttamento, quasi sempre, non dipende solo dal fatto che l’impresario pensa al massimo rendimento con il minimo di trattamento economico e normativo. Si tratta, invece, di volere tenere in condizione di sudditanza il lavoratore come base fondamentale perché ognuno si senta in uno stato dove deve sapere che non ha diritti, non ha libertà, non deve diventare mai autonomo e titolare di poteri che non siano solamente quelli di lavorare sodo e di starsene zitto, senza poter nemmeno andare a fare la pipì se non nei casi di estrema necessità. I lavoratori», finiva «sono un anello di una catena dove, al di sopra di tutti, a tirare, c’è sempre un padrone che fa gli interessi propri, protetto dalla politica che è con lui e mai con il lavoratore che produce e suda senza pietà e senza misericordia». Non solo Giardi aveva idee di questo tipo. C’erano tanti altri che consideravano la formazione sindacale come una scuola dove imparare, sapendo che lo sfruttamento operaio e dell’impiegato, del lavoratore sempre dipendente, era un dovere più che un diritto: un obbligo da compiere senza potersi mai lamentare, senza dolersi sapendo che è un privilegiato di fronte a tanti disoccupati di cui nessuno si interessa e dovendo pensare pure che a lui deve interessare solamente di sgobbare e non riposarsi nemmeno perché il riposo interrompeva la produzione. In tanti pensavano che la libertà non poteva venire gradita agli impresari in quanto il lavoratore, se libero ed autonomo di pensare e di agire, avrebbe sempre compromesso quella condizione di sudditanza e di ubbidienza che lo avrebbe reso davvero capace di produrre e basta. Questo contava per i padroni (così venivano chiamati i datori di lavoro, i titolari d’impresa) e questo doveva essere il solo pensiero possibile dei lavoratori nella società dove la piena occupazione non sarebbe mai arrivata perché, senza la disoccupazione, i lavoratori non si sarebbero sottoposti ad ogni forma di sacrificio; non avrebbero mai potuto sapere che il lavoro che poteva finire da un momento all’altro e che ci sarebbero stati subito altri pronti a sostituirli. Peppe ricorda benissimo le idee che circolavano tra gli allievi del corso sindacale. Erano anche le più diverse perché gli organizzatori del corso avevano scelto dei giovani dai più svariati modi di intendere in campo politico. Per delle precise ragioni avevano fatto le loro scelte: per fare aumentare il livello di confronto tra i giovani attraverso le più diverse tendenze politiche che esprimevano, per l’idea di ‘pluralismo che caratterizzava l’ideologia dominante in quella organizzazione; per dimostrare che alla base di tutto c’era la libertà di pensiero come prima logica a presidio di un modo di intendere il sindacato senza ragioni precostituite, sapendo che la so-
I lavoratori sono l’anello di una catena dove, al di sopra di tutti c’è sempre un padrone che fa gli interessi propri, protetto dalla politica
cietà era in evoluzione e perché, in fondo, una società con libertà di pensiero, di parola e di azione, era da difendere e sollecitare dai massimi esponenti del sindacato organizzatore che si distingueva dal sindacato di orientamento comunista proprio perché libero e democratico; almeno così si diceva. Era della Cisl il corso, e questa confederazione sindacale si distingueva da Cgil e Uil perché si riteneva la più libera sia da condizionamenti comunisti, sia da altri tipi di condizionamento nella società che invece era sostanzialmente pluralista. Così, almeno, si diceva; volendo intendere che, in una società giusta, ognuno poteva e doveva avere la sua libertà di pensiero, dovendo costruire una società per tutti, che non escludesse alcuno, dove sarebbero convissuti cattolici e laici, comunisti e socialisti, liberali e persone con altri modi di pensare: tutti legittimi, tutti da accogliere. Non era la discriminante cattolica o laica quello che doveva ritenersi al centro o ragione di scelte. Ogni uomo poteva e doveva avere un suo credo religioso e politico e non doveva mai essere considerato uno che sgobbava, lavorava sodo, al servizio di poteri ad esso estranei. Nella migliore tradizione di organizzazione sindacale del paese, andava ritenuta giusta quella che garantiva la libertà di pensiero dei lavoratori, fermo restando che nel lavoro avevano tutti eguali diritti ed eguali poteri, nel mentre sarebbe stata affidata ai momenti della politica pura la battaglia per confrontarsi sui temi generali che, poi, andavano ad incidere su tutto il fronte della lotta politica. Quella che avrebbe consentito ad ognuno di battersi per il proprio credo e la propria convinzione ideale. Piero Jacobitti, invece, era uno di quelli che maggiormente difendevano le tesi democristiane. Lui voleva differenziarsi da Antonio Antonuzzo, operaio a Milano, metalmeccanico, che era passato dalla vita dei boschi della sua Sicilia, alle miniere del Belgio e poi alle fabbriche di Milano come metalmeccanico, portando con sé il classico risentimento dello sfortunato contadino del Sud senza protezione famigliare, costretto a farsi una vita da solo e senza istruzione, perché i propri genitori non avevano avuto fortuna. Antonuzzo aveva vissuto in grande e indicibile sofferenza e portava con sé il rancore verso tutto quanto aveva determinato la miseria nei paesi
sabato 28 settembre 2013
Il racconto
Primo Maggio a Reggio Calabria Anni '80. Comizio di Giuseppe Aprile
va del luogo di lavoro dove passavano la maggior parte del tempo della propria vita e non avrebbero avuto ragione divisioni politiche o religiose.
del Sud e nella sua Sicilia, lasciando solo la possibilità di emigrare ai poveri cristi di quei paesi, per avere un tozzo di pane, garantirsi il possibile e farsi una vita. Antonuzzo godeva di particolare considerazione da parte di tutti gli allievi del corso perché tutti sapevano delle sue sofferenze e del fatto che era simbolo di tanti giovani del Sud, costretti a lasciare genitori, parenti, amici e tutto l’ambiente in cui erano nati e cresciuti, senza scuola e senza esperienza, per avventurarsi in una vita diversa, tra sconosciuti, in paesi dove li avrebbero considerati stranieri e, magari, terroni, ossia gente senza arte né parte, ma solamente dotati fisicamente per sgobbare e usare il proprio fisico al servizio della fabbrica e del lavoro fuori dal proprio paese. Antonuzzo, per questo, era più lontano dai partiti di potere e di governo e stava con le opposizioni; quelli che si interessavano, per sua convinzione, più direttamente dei lavoratori e degli emigranti. Jacobitti e Antonuzzo erano considerati i due estremi di idee tra i frequentanti. E rappresentavano, per la verità, due esperienze di vita. Jacobitti aveva avuto la fortuna di fare l’impiegato delle poste ed aveva un lavoro nel suo paese. Era di una regione, l’Emilia Romagna, del Nord dove il progresso era ben diverso dal Sud. Molti lo ritenevano uno che aveva ben ragione di non avere motivi di combattere contro il governo e contro i partiti che lo reggevano. Non conosceva, come Antonuzzo, i drammi della fame, dell’emigrazione, dei senza famiglia sin dalla giovane prima età. Scherzosamente erano considerati uno dei settori moderati del sindacati, l’altro di quelli più estremisti, vicini a socialisti e comunisti. La Cisl aveva due grandi branche di pensiero che costituivano tre fondamentali componenti di pensiero. Una faceva capo alla Democrazia cristiana, con la variante che tanti volevano escludere l’appartenenza a questa formazione politica, in quanto volevano favorire l’idea che la politica non dovesse mischiarsi con i partiti. E dicevano che si sentivano di un pensiero politico, che magari praticavano, ma dentro il sindacato rispettavano con assoluta convinzione, come tutti gli altri, liberi e dediti ai problemi di stretta competenza sindacale dove non c’era da dividersi in bianchi o rossi o verdi. Tutti erano lavoratori che vivevano per l’eguaglianza, il rispetto sul lavoro, il diritto al contratto di lavoro e alla difesa della condizione complessi-
Il cattivo lavoro, quasi sempre, non dipende solo dal fatto che l’impresario pensa al massimo rendimento con il minimo di trattamento economico e normativo Si tratta, invece, di volere tenere in condizione di sudditanza il lavoratore
Che la politica partitica dovesse restare fuori dalla nostra organizzazione sindacale, era quanto diceva sempre Mario Di Legge, un operaio del Lazio, che lavorava come alimentarista in un grande struttura commerciale di carni ed altri prodotti simili. Tutti i frequentanti del corso biasimavano alcuni livelli dirigenziali delle confederazioni sindacali dove bazzicavano maggiormente le cosiddette aree di persone poco convinte e talvolta infiltrate dentro il sindacato per indebolirlo; autentiche voci del potere che nulla aveva a che spartire con il mondo sincero dei lavoratori e del lavoro. Si trattava di gente di poca fede, come sentenziava spesso tanta parte dei frequentanti del corso. Quella particolarmente operaia, di giovani particolarmente patiti del sacrificio di una vita da operaio che dalle fatiche di un rapporto dipendente traeva le risorse per vivere sin da giovanissimi, in quanto i loro genitori non avevano avuto adeguate risorse per reggere economicamente la famiglia con il proprio lavoro. Si rilevava la presenza di persone che avendo avuto diverse ragioni di occuparsi del sindacato, comprese quelle strumentali di corrompere gli altri, si erano sapute infiltrare-minime eccezioni, in verità- proprio allo scopo di creare confusione e impedire la formazione di una coscienza sindacale di grande valenza. Si trattava di presenze legate a dirigenti che, forse come in tante buone famiglie, operavano nei territori, sopratutto nelle zone depresse dei paesi nel Sud, sempre vivo per sudditanze e clientelismo politico, che stavano nel sindacato solo per provocare interessi diversi, contrapposti a quelli dei lavoratori e degli operatori sindacali che invece operavano per migliorare e far crescere bene la organizzazione dei lavoratori, in modo libero e democratico. Voglio subito riportare il pensiero di uno dei lavoratori che Peppe ha incontrato nel corso della sua vita sindacale, il giorno in cui entrò in un cantiere edile e si mise a conversare con i lavoratori del luogo. È il discorso di Mimmo Martino, un operaio della Impresa Finocchiaro che costruiva l’ospedale di Reggio Calabria: «Noi siamo sensibili ai nemici del sindacato dentro il sindacato» disse Martino. E, poi: «Si tratta di una malerba. C’è gente che ha capito che il sindacato, organizzando i lavoratori, diventa una grande forza che aggrega e fa anche un po’ di politica. C’è gente furba che ha capito questo e, facendo politica, è entrata fregandosene di noi lavoratori e dei nostri sacrifici viene per fare politica, la sua politica, e presenta discorsi devianti, che di fatto sono contro il sindacato e dice che il sindacato è comunista, strumentalizzato dalle sinistre, voluto per andare contro la Democrazia cristiana. È gente che conosco e che ci porteremo per molto tempo sulla nostra groppa. E di questa gente dobbiamo guardarci perché a loro interessa il voto e il suo interesse, contro quello di noi tutti. Li conosco io e possono elencarli uno per uno, quelli esistenti in questa città, che passano per persone vogliose di aiutarci ma che di fatto sono per loro famigliari o per loro modi di pensare che con questi dei veri lavoratori non hanno niente a che di vedere. Non è facile disfarsi di certa gente perché si sa camuffare bene e c’è che tutti hanno diritto ad entrare nella organizzazione, purtroppo, regolata dalle leggi italiane che, come si sa, spesso sono equivoche e difendono tante forme di illegalità e di ingiustizia vera» finisce Mimmo allontanandosi un po’, perché si avvicinava il capo cantiere che non ci andava per il sottile nel puntualizzare che l’assembla era finita ed ognuno sarebbe dovuto tornare al proprio posto di lavoro. «Fine della ricreazione» diceva il capo, un certo Marletta, siciliano e legato all’impresa da rapporti di totale fiducia. Per lui l’assemblea era divertimento, ricreazione degli operai! Mai che la ritenesse un momento di lavoro e di confronto per affrontare problemi seri di cantiere e della società. continua...
XXI
XXII
asabato 28 settembre 2013
Pillole di fede
Senza dimora ma con nuove frontiere Percorsi formativi diretti agli operatori di Unità di strada e delle Caritas parrocchiali
di Lucia De Cicco
Paolo Pezzana e Liz Gomes Sotto, l’asemblea intervenuta
Un seminario conferenza per percorsi formativi diretti agli operatori di Unità di strada e delle Caritas parrocchiali, pro disagio dei senza dimora. Dal titolo “Percorso formativo per coordinatori, operatori e volontari nell’area della grave marginalità della senza dimora in dialogo con esperienze europee”, si è tenuto presso le aule del Seminario arcivescovile di Rende nei giorni scorsi e con gli interventi di due esperti internazionali: Liz Gomes della Feantsa (the European federation of National organisations working with the homeless) e Paolo Pezzana di Fio.Psd, (Federazione italiana organismi per le persone senza dimora) che proprio di recente collabora in un progetto con il nostro governo a favore della stabilità dell’alloggio dei senza tetto. È emerso nell’evento, di come l’Europa si stia orientando verso un nuovo modo di affrontare il problema del senza tetto, partendo da «l’approccio psico-sociale e comunitario al problema della grave emarginazione» ed esso è patrocinato da Fio.Psd, Caritas diocesana Cosenza-Bisignano, con responsabile Pino Fabiano, Strade di Casa, società cooperativa sociale onlus. I due esperti hanno asserito che è davvero fondamentale comprendere le varie realtà locali, come quelle italiane e tornare a Bruxelles nella Commissione europea, nata attorno al problema, per trasmettere i dati acquisiti. Liz Gomes si occupa da dieci anni di politica sociale e asserisce che nonostante tanti cambiamenti la dimensione di emarginazione ancora non è del tutto risolta. Dallo studio di ventotto Paesi europei si è potuto stilare l’identikit del senza dimora, attraverso il porsi quattro domande principali: Chi è il senza dimora; perché si trova in tale situazione; qual è la diversità dei servizi, che esistono in Europa; quali sono le soluzioni adottate. Nel 2005 è stata definita una tipologia europea, anche se ogni individuo si porta la sua storia dietro ed ha il proprio percorso di come si finisce per strada, essa tuttavia copre diverse realtà, anche necessaria infatti era una sintesi. Si potrebbe definire un compromesso europeo, afferma Liz Gomes dando un definizione più estesa ai senza dimora. In realtà nella definizione del senza dimora, oggi, entrano nuove condizioni sociali, che sono anche coloro a rischio di sfratto, e tutti quelli che non per scelta sono costretti a vivere a carico di qualcun altro, questi sono di certo i meno visibili. In Italia si sono usate tante categorie diverse per definire le persone senza dimora, dice Paolo Pezzana, tra i termini che ancora oggi sono usati, abbiamo il “senza fissa dimora”, termine giuridico, che etichettava i girovaghi e i circensi. Nel tempo questa definizione, continua Pezzana, fu applicata anche alle persone che dormono per strada, ma in realtà la dimora che manca loro è quella non solo fisica ma anche giuridica e sociale e di appartenenza affettiva, identitaria, di cui il soggetto si trova privato del giusto riconoscimento. Oggi si parla di grave emarginazione, che
Conferenza presso le aule del Seminario arcivescovile di Rende con gli interventi dei due esperti Liz Gosme e Paolo Pezzana
definisce gli aspetti sociali della stessa e che sono dati da un lento scivolamento verso la fuori uscita dal sistema sociale primario. Nella nuova definizione del senza dimora rientrano anche coloro, che vivono in condizioni di sovraffollamento, tra cui ci sono persone, soprattutto donne, vittime di violenza che sono costrette a vivere con amici o parenti e sfuggire così alla situazione di pericolo. Si può definire area grigia della precarietà abitativa. L’Italia adotterà il termine allargato della definizione dei senza tetto, presto tratteggiando delle linee guida di cui coordinatore di progetto è lo stesso Paolo Pezzana. Quando si afferma che i senza dimora in Italia sono attorno alle cinquantamila unità è perché non si tiene conto delle nuove categorie, che determinerebbe un numero che andrebbe a quadruplicare quello ufficiale. Ciò che è emerso in sostanza è l’utilità di convertire i rifugi temporanei in veri e propri alloggi per le persone e dargli la possibilità di non sentire l’ansia della temporaneità, addirittura ci sono persone che decidono di condurre una vita fatta di tossicodipendenza e di alcolismo, perché sanno che trovano soccorso e riparo abitativo solo in quella condizione specifica, creando dunque anche una patologia psicologica, che consiste nel non volere curarsi per paura di non trovare alloggio in seguito. Creare certezza abitativa, la dove è già stato attuato il progetto come la Finlandia e i Paesi Bassi, porta alla quasi totale risoluzione del fenomeno e proietta l’individuo in una nuova condizione di aggregazione sociale all’interno della comunità. In realtà non si tratterebbe più di semplici dormitori, come sono in gran parte oggi o case di accoglienza di cura temporanee, ma la persona si troverebbe nella condizione di un serio e stabile punto di riferimento, che lo stabilizzerebbe e rassicurerebbe. Solo adottando questo metodo si può far leva sul Governo e richiedere politiche adeguate e offrire concreta opportunità di lavoro all’interno della nuova rete creata dall’utenza. Dobbiamo, afferma Paolo Pezzana, far riferimento, nei nuovi modi di approcciarci al problema dei senza dimora, a quel nucleo di mistero, per dirlo in termini più vicino al mondo cristiano, che è molto personale e reagisce in modo differente in ognuno di noi e si attiva dal riconoscimento dell’altro, quando entriamo in relazione. Perché si finisce in strada? Le cause sono molteplici e legate anche a problemi psicologici, che possono subentrare prima, ma in qualsiasi momento della vita di un individuo che ha perso la certezza abitativa, dalla malattia alla perdita del lavoro e molte volte nasce anche precedente e affonda in un deficit di capacità relazionale del parlare e del comunicare. Il primo passo e il più importante nella relazione con il senza dimora, consiste in quella relazione di aiuto, che per essere efficace deve stare attenta alle sue criticità, che sono la difficoltà comunicativa e la fatica che essa comporta. Nel corso del dibattito si è fatto riferimento da parte dell’assemblea all’appello lanciato anche da Papa Francesco ai conventi chiusi, che sono in mano agli ordini religiosi, ad aprire ai rifugiati e a coloro che arrivano ed hanno necessità di avere un tetto sulla testa, prima condizione di partenza per poter vivere una vita dignitosa.
sabato 28 settembre 2013
Conoscere il disagio Un'esperienza di rete per istituzione e mondo del volontariato
Preogettare per la famiglia È stato redatto e pubblicato da pochissimi mesi uno studio progetto condotto nei Consultori (servizi sanitari di base) della nostra Provincia, approvato e finanziato dalla Regione Calabria, assessorato ai Servizi sociali per la durata di due anni. A curare il testo, la psicologa e psicoterapeuta, responsabile del “Progetto famiglie in-formazione oltre il disagio”, coordinatrice delle attività psicosociali dei consultori familiari, Serafina Lavigna, con la collaborazione della dottoressa Mariangela Martirani e di Nicola D’Angelo, medico specialista in ostetricia e ginecologia, coordinatore consultori familiari dell’Asp di Cosenza. Un testo dossier dal titolo “Progettare per la famiglia. Un’esperienza lavorativa nei consultori familiari nell’Asp di Cosenza” con la presentazione e introduzione di Granfranco Scarpelli, Asp di Cosenza e Angela Costabile, docente di psicologia dello sviluppo presso l’Università degli studi della Calabria. Un testo che porta a termine il risultato di un progetto, che risale al 2009 e che promuoveva l’ampliamento degli interventi sociali a favore delle famiglie che si riversavano da utenza nei consultori di base, luoghi di assistenza non solo sanitaria ma anche psicologica e sociale nel ciclo della vita di un individuo. Questo progetto ha cercato di mettere a disposizione delle famiglie un più completo ed efficace numero di servizi attraverso il supporto di collaborazioni ed energie che provenissero da altre figure professionali, operatori della struttura del consultorio, ma anche una fitta rete, che tenesse la famiglia in ascolto tra i servizi sociali dei comuni, le associazioni di volontariato le figure professionali del consultorio e che a vario titolo, soprattutto, ciò riguarda il mondo del volontariato, si occupassero di problematiche rivolte alla famiglia e al fanciullo. Le attività dei consultori sono definite con la legge n.405/75, mira a promuovere spazi di ascolto della famiglia, che possano contrastare l’abbandono dei minori, prevenire la violenza domestica, informare gli adolescenti a proposito della sessualità, per sostenere la scelta della maternità e paternità responsabile. Il concetto dello sviluppo della salute dell’individuo è affrontata nel testo mai scissa dal concetto della prevenzione, che appare la cosa più urgente da fare. La realizzazione personale del soggetto, che vive in famiglia e in una comunità consiste nel riconoscimento sociale della sua operatività, quindi è condizione di movimento e di esplorazione del nuovo e del cambiamento.
Redatto e pubblicato da pochissimi mesi uno studio progetto condotto nei consultori della provincia di Cosenza approvato e finanziato dalla Regione Calabria, assessorato ai Servizi sociali per la durata di due anni
Il progetto insegna all’individuo l’accompagnamento in tutte le fasi della sua vita con una rete opportuna, che si possa costruire nel tempo e di cui si possa rendere egli stesso un protagonista. Oggi diventa sempre più difficile dare una definizione definitiva sul fenomeno del disagio e, soprattutto, fornire un identikit preciso del “soggetto debole”. Ogni giorno assistiamo con la crisi economica alla perdita del lavoro, della casa, a cambiamenti comportamentali e repentini nell’individuo sotto pressione, secondo questo lavoro il soggetto è imprevedibile e tanti rischi si possono presentare anche più volte nel corso della vita per cui si è continuamente sotto pressione, maggiormente esposti all’esclusione sociale. Ecco perché il progetto prevedeva una serie di operatori specializzati alternati con le associazioni di volontariato che potessero accompagnare, sostenere, e orientare non il singolo individuo ma tutta la famiglia di appartenenza. Questo progetto dunque dona al sociale un ruolo più che importante, ne riconosce una fondamentale funzione come portatore di grandi potenzialità preventive e terapeutiche e che potrebbe aiutare concretamente ad allontanare il rischio di cittadinanza che crea la vera piaga sociale del Sud oltre al divario con il Nord. I fondi regionali risultano essere al di sopra dell’80% in Trentino e Sardegna e si stanzia invece al 10% in Calabria, così come diverso risulta l’impiego dei già scarsi fondi cui si deve aggiungere la mancata attuazione del progetto di riforma della politiche sociali indicato con la legge328/2000 condizionata negativamente con la riforma federalista del 2001, che va a indebolire l’azione del governo centrale, svantaggio enorme per quelle Regioni, come la nostra, che avrebbero potuto chiedere risorse aggiuntive. Il testo fa notare anche l’importanza della relazione e dei riti che contribuiscono alla formazione di individui non violenti che possano trasmettere “il come si fa” e “il come ci si comporta” e costruendo una identità personale e comunitaria mediatrice. Fare rete dunque non è un qualcosa che si apprende, ma è nell’identità da generazioni. Alcuni dati importanti: la provincia di Cosenza occupa il 2/5 dell’intera superficie regionale. Ci sono 130 anziani ogni 100 giovani e i giovanissimi compongono il 14% della popolazione residente a fronte del 15,3 della Calabria e del 14,1 dell’Italia. Sul territorio dell’Asp cosentina sono insediati 289.450 nuclei familiari con circa 6mila nascite e 38.693 figli adolescenti. Lucia De Cicco
XXIII