Anno 37 - 20 Aprile 2013 - Numero 16
Settimanale indipendente di informazione
euro 0,50
di Lucia De Cicco
Intervista inedita fatta tre anni fa ad Amedeo Ricucci giornalista rapito in Siria. Parole più che mai attuali IL FUTURO È ADESSO
NON DIMENTICARE
Scuola e lavoro, manager fra i banchi
Ferramonti di Tarsia fra passato presente e futuro
di Federica Montanelli
L’obiettivo è guidare gli studenti verso molteplici sbocchi aziendali
Le basi giuste per delineare un panorama collettivo e pluralista
II
sabato 20 aprile 2013
Anni di volontariato alle spalle Adriano Ritacco, cosentino, si appresta a guidare quest’organismo con la passione già dimostrata nel precedente incarico di tesoriere nazionale
Unesco Italia un calabrese al timone di Lucia De Cicco
È un calabrese, di fresca nomina, il presidente nazionale della Federazione italiana dei club e centri Unesco, Adriano Ritacco, quarantatreenne cosentino. È stato eletto a Firenze, nel corso di un’assise che ha visto la partecipazione di rappresentanti della famiglia dell’Unesco e provenienti da ogni parte d’Italia. Si appresta a guidare quest’organismo con la passione, già, dimostrata nel precedente incarico di tesoriere nazionale. Lo abbiamo raggiunto per farci raccontare l’emozione della nomina, e i primi passi che muoverà in questo nuovo incarico, firmato Unesco. Lei si è occupato, nella funzione di presidente del club Unesco di San Marco Argentano, nel Cosentino, di varie iniziative, tra cui la giornata Mondiale della libertà di stampa e la giornata Internazionale della gioventù... La libertà di stampa è importante così come in Italia e in altri posti del mondo come la Cina ad esempio, perché comunicare è determinante per la persona e deve prevalere in una società civile. La giornata della Gioventù, invece, è necessaria alla realizzazione dei desideri dei giovani. Loro deve essere mostrata l’importanza dell’etica civile, sociale ed economica. Va investito sul loro futuro e educati alla pace. Lo sappiamo le guerre nascono nella mente degli uomini ed è nella mente umana che va innescata la scintilla della pace. Lo strumento più efficace rimane la scuola, indispensabile è stimolare l’insegnante a favorire lo sviluppo civico nella mente dello studente. L’apprendimento si deve svolgere per tutto il corso della vita e dei giovani ecco che per l’Unesco è importante la loro formazione. Ha condotto altre iniziative nella sua presidenza nella città di San Marco? Un’altra iniziativa importante è stata quella sul “500
«Questo è un privilegio per me Il primo passo da fare riguarderà il Paese e sicuramente la Calabria non ne resterà fuori, ne parlerò sempre in maniera positiva e noi calabresi stessi dobbiamo cominciare ad essere più ottimisti»
Adriano Ritacco
calabrese”, che ha voluto dare lustro ai grandi personaggi della nostra terra. Con questo evento si è dato il via a una serie di convegni sul tema, molto partecipati dalla cittadinanza. Qual è stata la sua commozione al momento della nomina? Una grande responsabilità, ma anche una grande soddisfazione, perché è anche un privilegio. Sono commosso non tanto del fatto che un calabrese possa fare ciò, quanto piuttosto è, la Calabria a essere visibile per fare fruttare nel modo migliore, per i prossimi tempi a venire, le sue risorse. Proprio della Calabria, ci saranno novità per essa derivante dalla sua nomina? Il passo da fare riguarderà tutta l’Italia e starà al nostro territorio beneficiare di questi movimenti, che vi saranno. Devo concentrarmi su tutto il territorio nazionale e di certo la Calabria non ne sarà fuori. Parlarne in maniera positiva sarà un passo decisivo e noi stessi calabresi dobbiamo cominciare a pensarLa in modo propositivo. L’augurio non deve essere diretto a me, perché gli uomini passano, ma alla nostra terra, che ha un’opportunità di dimostrare che c’è, con le cose positività, che sono straordinariamente belle e in pochi conoscono. Come organizzerà il suo lavoro in Calabria? Certo è che da soli non si fa nulla. Sarà costituita una commissione di esperti, che toccherà vari aspetti: comunicazione, scienza, cultura. L’Unesco tocca tanti ambiti anche l’educazione. La commissione Calabrese dovrà dare risposta a questi temi. Per l’educazione saremo incentrati sulla sua qualità, per la scienza si adotteranno delle commissioni specifiche con esperti, che collaboreranno con centri di ricerca, le Università, i rappresentanti istituzionali. La comunicazione avrà come base il favorire la libera circolazione delle idee, dell’immagine e crescita della persona. Il suo percorso nell’Unesco come accade, per caso o per attitudine personale? I principi che lo reggono rispondono alla mia etica personale, fatta di anni di volontariato. L’Unesco è un’organizzazione che nel volontariato è forte e abbraccia l’etica globale ed ha costituito per me una calamita naturale.
sabato 20 aprile 2013
In campo per i giovani
Adolescenza da ascoltare
“Diamo vita alle parole”, presentato il corso dell’associazione “Romano Marino”
di Francesco Fotia
Come sapranno i più fedeli lettori di questo settimanale, abbiamo qui dedicato meritato spazio all’associazione Romano Marino, che porta il nome del ragazzo cosentino che nel 2009, a soli tredici anni, è scomparso a causa di una rara malattia: la sindrome da Attivazione Macrofagica. Numerose sono le iniziative che l’associazione ha promosso, nei suoi tre anni di vita, in favore degli adolescenti: dall’attenzione ai loro bisogni alle modalità comunicative. Tra queste, come anticipato nell’ultimo numero, un concorso, dal titolo “Diamo vita alle parole”, destinato agli studenti delle terze medie cosentine. Gli alunni che hanno partecipato hanno dovuto cimentarsi con un elaborato che avesse per protagonista un ragazzo di nome Romano, amante della musica, e attraverso una storia di fantasia farne emergere l’assoluto amore per la vita. A corredo dell’elaborato, inoltre, è stato chiesto ai partecipanti di presentare una ricerca propria sulla sindrome da Attivazione Macrofagica. Mercoledì, presso la Casa delle Culture, una conferenza stampa ha riassunto il significato del concorso, soffermandosi sull’esito degli scritti. È stata Alessandra De Rosa, assessore alla solidarietà e coesione sociale dell’amministrazione cosentina, ad aprire la conferenza, manifestando la propria vicinanza ai genitori di Romano, Cesare e Maria Donata Giardini, presidente dell’associazione. «Nel corso di questi due anni di impegno politico - ha affermato De Rosa, ricordando anche gli anni del volontariato - ho potuto constatare che la crisi che ci sta accompagnando non è solo economica, ma anche sociale e valoriale. Come assessore sono quindi al fianco dell’associazione, che dalla sua nascita si spende verso una valorizzazione dei valori del vivere». Ha preso successivamente la parola Emanuele Ruvio, presidente della giuria e amministratore del Keystore One di Cosenza, che ha generosamente offerto un i-Mac 21 da dare in premio al vincitore del concorso. «Ho conosciuto Donata su Facebook - ha svelato - e sono rimasto colpito dalla sua determinazione: voleva intitolare una strada, che provocatoriamente avevo proposto di dedicare a Steve Jobs, a un ragazzo morto a causa di una rara malattia. Ero assolutamente d’accordo e sono orgoglioso di aver potuto dare un contributo alle iniziative dell’associazione». Della sensibilizzazione verso la malattia ha parlato Palma Fanello, dirigente Asp, che ha spiegato quanto difficile sia stato per dei ragazzi, naturalmente privi di basi mediche, effettuare una ricerca sulla sindrome da attivazione macrofagica avvalendosi del solo supporto di internet. Un lavoro che è servito comunque, ha spiegato, ad accendere un lumicino di conoscenza e di attenzione da parte dei ragazzi. Maria Rosaria Vaccaro, avvocatessa e membro della giuria, e Francesca Florio, grafologa, hanno concentrato i loro interventi sull’importanza di destinare spazi, temporali e fisici, agli adolescenti. Ha parlato del «non vissuto come sprono per coloro i quali hanno il dovere di vivere la vita felicemente» l’avvocatessa Vaccaro, ammonendo sulla necessità di “stare vicini ai giovani”.
Numerose sono le iniziative promosse nei suoi tre anni di vita in favore dei ragazzi: dalla attenzione ai loro bisogni alle modalità comunicative. Tra queste un concorso per gli studenti delle terze medie cosentine
Dall’alto: Vaccaro, Fanello e De Rosa; Maria Donata Giardini; Alessandra Santelli
Alessandra Santelli, psicologa e membro della giuria, nel suo intervento ha osservato la forza d’animo di una madre che ha elaborato il più terribile dei lutti creando un contenitore sano per tutti i figli della sua città. A concludere la conferenza è stata proprio Maria Giardini, che ha ringraziato le scuole che hanno permesso la partecipazione dei propri studenti:«sono arrivati circa 100 elaborati e il contenuto è stato spesso molto emozionante; - ha svelato - per la stesura della traccia ci siamo affidati alla pedagogista Tiziana Iaquinta. Il vincitore sarà proclamato il 10 maggio».
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sabato 20 aprile 2013
Mano nella mano contro il male Campagna di sensibilizzazione avviata da qualche giorno all’Università “Magna Graecia” di Catanzaro
Solo uniti si vince l’Hiv
Sei associazioni in campo (Comunità di Sant’Egidio, Fuci Catanzaro, Sism Catanzaro, Fidapa Catanzaro-Commissione Young, Universo minori e Tribunale per la tutela dei diritti dei cittadini e dei malati A.ge.v-mcl di Catanzaro ) per la “Giornata in memoria delle vittime dell’Aids” in agenda lunedì 6 maggio, ore 16.00, presso l’aula Magna dell’ edificio delle Bioscienze del campus Salvatore Venuta. Si discuterà di Aids, prevenzione, cause, dati epidemiologici ma soprattutto di un programma importante mondiale: Dream. Dream, progetto benefico della comunità di Sant’Egidio, movimento di laici a cui aderiscono più di 60.000 persone nel mondo, lotta da anni contro l’Aids in diversi paesi africani unendo prevenzione e terapia e fornendo gratuitamente le cure antiretrovirali con una particolare attenzione alle donne in gravidanza. Non solo test Hiv ma la stessa qualità di cura offerta nel nord ricco del mondo, per impedire la trasmissione del virus da madre in figlio. Prestigiosi ospiti e protagonisti della kermesse saranno: uno tra gli ideatori del programma Dream - Michelangelo Bartolo, Tullio Barni - professore ordinario di Anatomia umana presso l’Università Magna Graecia di Catanzaro e Carlo Torti - direttore dell’Unità operativa di malattie infettive del policlinico “Mater Domini” di Catanzaro. Contenitore dell’evento sarà la presentazione del romanzo autobiografico di Bartolo: «La nostra Africa. Cronache di viaggio di un medico euroafricano» e la presentazione ufficiale della nascente “Comunità di Sant’Egidio, sezione Catanzaro”. Modererà Enzo Amoruso, da anni funzionario presso le “Librerie Paoline” di Catanzaro. Questa manifestazione rientrerà, inoltre, nel programma nazionale della Settimana della comunicazione (5-12 maggio 2013). Per il presidente della Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana), Sebastian Ciancio, tra i principali promotori dell’evento: "il contrasto all’Aids è una sfida globale davanti alla quale non ci si può tirare indietro. È importante aumentare la sensibilità di tutti su questo tema e non abbassare la guardia. Per fare questo è necessario continuare ad intensificare il lavoro di informazione e prevenzione. La nostra campagna di comunicazione per la lotta contro l’Aids si protrarrà per tutto il mese di aprile e la prima settimana di maggio. Ringrazio tutti gli amici e le amiche che hanno già accolto il mio invito, promuovendo nel proprio ambito associativo l’iniziativa». Tante quindi le associazioni che parteciperanno alla manifestazione. «La Fidapa - commissione Young ha deciso di aderire all’iniziativa con estrema consapevolezza - sostiene la referente cittadina Donatella Soluri - in quanto il virus dell’Hiv è una minaccia seria in particolare per le donne e di conseguenza per i bambini. La giornata di sen-
Sei le associazioni in campo per la “Giornata in memoria delle vittime dell’Aids” in agenda lunedì 6 maggio presso l’Aula magna dell’edificio delle Bioscienze del campus “Salvatore Venuta”
sibilizzazione consentirà di avviare una riflessione adeguata rispetto a questo delicatissimo tema e di ribadire l’importanza della prevenzione del virus». Contenuto sposato in pieno anche dall’associazione “Universo minori” che aderirà all’evento e alla presentazione del romanzo - La nostra Africa. Cronache di viaggio di un medico euroafricano «con l’obiettivo di abolire la sentenza di morte che spesso accompagna la diagnosi dell’Aids - come riporta la presidente Rita Tulelli. Siamo fortemente convinti che tutti i bambini ed i giovani hanno diritto di accesso all’ identificazione preventiva ed alla valutazione dei propri bisogni principali ed alle cure mediche (mentali, fisiche e relative allo sviluppo) basate su un metodo che sia adatto, olistico, integrato e multidisciplinare,confacente ai bisogni ed ai migliori interessi del singolo bambino e delle proprie condizioni specifiche. Un bambino contagiato o avente contratto l’Hiv/Aids deve beneficiare di tutti i diritti descritti nella Crc, in particolare rispetto all’ educazione,alle cure mediche ed ai servizi sociali. Tutti, organizzazioni e singoli individui che lavorano per/ con i bambini contagiati o aventi contratto l’Hiv / Aids, dovrebbero dare attuazione alle raccomandazioni del Comitato sui diritti del fanciullo nel suo commento generale n. 4 sull’Hiv /Aids ed i diritti del bambino(2003)». «Anche il tribunale A.ge.V.-Mcl di Catanzaro - sottolinea la presidente Wanda Quattrone - aderisce all’ iniziativa promossa dalla Comunità di Sant’Egidio perchè si riconosce solidale nei bisogni e negli stenti dei malati del Sud, del mondo ed in particolare di coloro che sono vittime dell’Aids, piaga che dilania tutt’oggi intere popolazioni. Con la sua presenza vorrebbe sensibilizzare l’opinione pubblica anche sull’importanza del dialogo e della centralità dei diritti umani e della dignità della persona». Infine Attilio Morrone, segretario del Sism (segretariato italiano studenti in medicina) di Catanzaro benedice l’iniziativa ricordando che: «il Sism non è nuovo a campagne di sensibilizzazione e prevenzione all’interno dell’Università Magna Graecia. In materia di Aids si è resa protagonista nei mesi scorsi, durante la settimana mondiale contro l’Hiv, di seminari, banchetti informativi e raccolta fondi devoluti alla ricerca ed in particolare all’Unità operativa di malattie infettive del policlinico Universitario di Catanzaro». Testimonial della campagna saranno gli attori Antonio Belsito e Luana Posella della compagnia “TeatroStudio’99”, i quali hanno scelto di offrire la loro collaborazione gratuitamente. Link evento: https://www.facebook.com/events/148525398654070/
sabato 20 aprile 2013
Pennelli solidali Il Castello aragonese dal 30 aprile al 7 maggio sarà una delle tappe importanti della Maratona d’arte
Emergency sul campo da sempre
La pratica quotidiana dei diritti
Castrovillari per Telethon «Con la personale di Rosa Alba Galeandro, il castello aragonese di Castrovillari, dal 30 aprile al 7 maggio, sarà una delle tappe importanti della maratona d’arte per Telethon, inaugurata il 12 dicembre 2012 all’ interno del Premio internazionale Arte&Stile, durante il quale artisti e fashion stylist italiani e stranieri hanno esposto i loro capolavori per aiutare la ricerca sulle malattie genetiche rare». La mostra, che verrà inaugurata il 30 aprile alle ore 19, alla presenza anche di autorità della Provincia di Cosenza e della Regione Calabria, vedrà la partecipazione al “taglio del nastro” del critico Angela Aquilini, titolare di Forum&Gallery, nonché ideatrice ed organizzatrice della Maratona d’arte per Telethon. Lo hanno reso noto gli organizzazzatori dell’iniziativa «alla quale affermano il sindaco, Domenico Lo Polito, il vice sindaco ed assessore al Welfare, Carlo Sangineti, ed il consigliere Lucio Rende con delega alla Cultura - la città, come è suo costume, risponderà per quanto possibile e nel migliore dei modi, ribadendo il suo impegno per la solidarietà e la ricerca, a tutela della salute e dignità umana per cui oggi, sempre più, c’è bisogno di condivisione e coraggio, i quali non possono che muoversi dalla coscienza del valore della persona, di ogni persona, bisognosa di assistenza ai migliori livelli tecnici, con la ricerca, e che scaturiscono da una cultura di valorizzazione di ogni persona e sostegno delle opere nate in ambito sociale che già svolgono un reale servizio ed hanno bisogno di questi sostegni e condivisioni». «Tra i partecipanti, alla rassegna d’arte contemporanea, proprio la Galeandro - ricordano i proponitori - ha raccolto molti favori da parte della critica e del pubblico. Obiettivo, poi, della manifestazione è mettere in risalto l’importanza delle figure dell’artista e del ricercatore scientifico all’interno di ogni società civile che ha il dovere di sostenere entrambi per uno scambio fondamentale a partire da quel diritto della persona ad essere ed esprimersi». «L’impegno costante della Galeandro nel proporre la sua produzione artistica, sempre arricchita di nuovi messaggi e contenuti espressivi, grazie alla sua spiccata sensibilità verso il mondo che la circonda- viene spiegato dai rappresentanti delle associazioni culturali coinvolte - , hanno sollecitato la “Sifeum”, il “Cif” di Castrovillari e la “Mystica Calabria” a condividere e sostenere questa nobile iniziativa, patrocinata dall’Amministrazione comunale della città di Castrovillari, nella persona del sindaco Domenico Lo Polito, del Vice sindaco Carlo Sangineti e del consigliere comunale con delega alla Cultura, Lucio Rende». «L’amore per il territorio, il desiderio di tutelare e valorizzarne le eccellenze in termini di arte e cultura, la volontà e l’impegno di costituire una vera e propria rete per condividere interessi per il bene comune, hanno determinato - sostengono, concludendo gli organizzatori - la collaborazione tra associazioni e istituzioni per questo evento di sensibilizzazione e raccolta fondi attraverso la personale della Galeandro, la quale devolverà una parte del ricavato dalla vendita delle sue opere a sostegno di Telethon».
Tante le associazioni e istituzioni per questo evento di sensibilizzazione e raccolta fondi attraverso la personale della Galeandro, la quale devolverà una parte del ricavato dalla vendita delle sue opere
Rendersi disponibili nei confronti di tutte le persone che, per vari motivi, non possono accedere alle cure essenziali; questo è, in sintesi, l’obiettivo che vede da mesi Emergency impegnata nelle zone della Piana di Gioia Tauro. Infatti, grazie al protocollo d’intesa stipulato per il secondo anno consecutivo con l’Asp, l’associazione umanitaria fondata da Gino Strada ha offerto gratuitamente assistenza sanitaria agli stranieri stagionali impegnati nella raccolta di mandarini e arance. Emergency continua così a operare attivamente nelle realtà italiane più disagiate dal punto di vista sanitario; tra questi territori c’è anche la Calabria in cui, a tre anni di distanza dai fatti di Rosarno, continua a essere presente una “emergenza migranti”: migliaia di ragazzi si trovano in condizioni molto precarie senza alcun tipo di assistenza. Così, nelle zone in cui i pazienti non possono raggiungere la struttura sanitaria, è la struttura sanitaria che raggiunge i pazienti. Il Polibus - così si chiama la struttura mobile di Emergency - ha tutte le caratteristiche di un normale ambulatorio: la reception, la sala d’attesa, l’ambulatorio per le visite e la sala per l’ecografia. Un mezzo di soccorso fortemente innovativo in cui opera uno staff composto da un medico, un infermiere e due mediatori culturali. Il polibus è operativo dal lunedì al venerdì dalle ore 16.00 alle 22 circa, in concomitanza con la conclusione delle attività lavorative dei braccianti; il personale visita al giorno in media quaranta pazienti, provenienti da paesi dell’Africa occidentale e dell’Europa dell’est, riscontrando patologie muscolo-scheletriche, gastriti e bronchiti, principalmente causate dalle condizioni igienico-abitative scarsissime e dalle condizioni di lavoro, che vedono questi ragazzi impegnati anche 14-16 ore al giorno. Spesso, inoltre, accanto al malessere fisico, c’è anche un disagio psicologico, derivato dalle difficoltà di integrazione, motivo per cui è fondamentale il ruolo ricoperto dal mediatore. Il progetto del Polibus rientra all’interno del “Programma Italia”, ovvero del servizio di assistenza sanitaria offerto a migranti, stranieri e alle fasce più svantaggiate della popolazione italiana che vede Emergency operare attivamente nel nostro paese da diversi anni. Il programma è stato avviato nel 2006 con l’apertura di un primo Poliambulatorio a Palermo e di un secondo a Marghera nel 2010 che offrono assistenza di base e specialistica. Nel 2011 sono diventati operativi due polibus. Lo scorso dicembre è stato aperto a Sassari uno Sportello di orientamento socio-sanitario e nei prossimi mesi Emergency aprirà altri due poliambulatori: uno in Calabria, esattamente a Polistena, in collaborazione con Don Pino De Masi e l’associazione Libera, e uno a Napoli. Queste e tutte le altre attività di Emergency sono possibili grazie alle donazioni dei privati che hanno consentito di curare, bene e gratis, più di 5 milioni di pazienti in quasi 19 anni di attività. Chiunque desideri contribuire alle attività di Emergency ha a disposizione, in questo periodo, due ulteriori strumenti: il numero 45505 (attivo fino al 28 aprile, con cui donare 2 euro inviando un sms oppure 2 o 5 euro chiamando da rete fissa) e il codice fiscale 971 471 101 55, da indicare nel riquadro “Sostegno del volontariato...” per devolvere il cinque per mille della propria dichiarazione dei redditi. Sul territorio reggino è, infine, attivo un gruppo di volontari, impegnato in attività di sensibilizzazione e di raccolta fondi; chiunque desideri ricevere maggiori informazioni sull’associazione può contattare i ragazzi del gruppo inviando un’email all’indirizzo emergencyreggiocalabria@gmail.com LA SALUTE È UN DIRITTO: SOSTIENI EMERGENCY CON UNA DONAZIONE AL NUMERO 45505 http://www.emergency.it/45505-sms-solidale/index.html
Gruppo volontari Reggio Calabria
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sabato 20 aprile 2013
Il futuro è adesso Scuola e lavoro, studenti dell’Istituto “Guarasci” di Rogliano alle prime esperienze aziendali
Manager fra i banchi nelli di Federica Monta
Sono giorni speciali quelli che gli alunni della III e della IV classe dell’Istituto IIS Antonio Guarasci di Rogliano stanno vivendo. Un ente, il Guarasci, in grado di guidare gli studenti iscritti verso molteplici sbocchi aziendali; proprio per questo, i dirigenti hanno pensato a un percorso che fosse in grado di dare le prime nozioni di marketing, pubblicità e comunicazione ai propri ragazzi. È nato così il progetto “Alternanza scuola-lavoro”, concepito e programmato dal dirigente scolastico Mariarosa De Rosa, dalla collaboratore Vicario Tecnico Economico Antonella Bozzo e dalle professoresse Rosa Maria Falcone e Maria Grazia Salvino. I giovanissimi stanno avendo l’opportunità di operare all’interno dell’agenzia di stampa e comunicazione Adt Group Press Editori al fine da ideare, realizzare e stampare materiale promozionale riguardo il proprio istituto, da distribuire presso scuole medie e piazze dell’hinterland roglianese. Lo scopo finale è “vendere” la scuola, propagandarla, inquadrando e mettendo in luce i suoi punti d’eccellenza e d’attrattiva per le generazioni che si stanno per affacciare sul mondo degli istituti superiori. Gli studenti sono stati divisi in gruppi e destinati alle diverse mansioni utili alla realizzazione del progetto: ufficio comunicazione e marketing, realizzazione grafica, centro stampa e segreteria organizzativa. Dalla giornata di lunedì, la sede dell’Adt è stata invasa quindi da adolescenti tanto entusiasti quanto disciplinati, che con dedizione hanno prima ascoltato le lezioni teoriche e programmatiche tenute dal gruppo di lavoro dell’Adt, poi messo in pratica quanto appreso. Numerose le telefonate che dall’ufficio marketing sono arrivate ai docenti dell’istituto che, intervistati, hanno fornito informazioni dettagliate sui progetti che sono stati realizzati al Guarasci e su quelli che verranno: viaggi-studio, giornalino scolastico, progetto “cisco” e numerosi altri. Parte degli studenti si è dedicata all’accurata descrizione dell’edificio scolastico, delle materie studiate e delle metodologie dell’insegnamento, altri hanno spiegato dettagliatamente i programmi che regolano gli esercizi pratici in materia di informatica, chimica ed educazione fisica, non tralasciando di menzionare l’importanza di avere avuto a disposizione aule ammodernate e un palestra ristrutturata e inaugurata recentemente. Gli studenti addetti alla comunicazione si sono poi dedicati alla realizzazione di interviste tenute a scuola, nelle quali i dirigenti e i professori più immediatamente coinvolti nei progetti scolastici, ne hanno spiegato il valore pedagogico. Altri approfondimenti sono stati dedicati a quegli alunni che hanno partecipato ai viaggi-studio (anche all’estero), che hanno raccontato la propria esperienza diretta. Tutto questo mentre davanti ai computer dell’agenzia altri giovanissimi dibattevano, e proponevano, sulle idee che daranno poi vita al nuovo brand della scuola, che le conferirà una chiara identificazione, e assistevano, non avidi di domande, alla creazione computerizzata dell’abile e paziente grafico, occupato nel dare forma in pixel alle proposte che gli. Nel frattempo, un terzo gruppo è stato indirizzato alla conoscenza degli strumenti di stampa, numerosi e ciascuno con le specifiche diversità, supportati dagli addetti ai lavori, che hanno spiegato la differenza che corre tra le varie tipologie di stampa, e tra i corrispondenti macchinari. Ma dove, e a chi, distribuire il materiale che sarà pronto nella prossima settimana? C’hanno pensato i ragazzi addetti alla segreteria organizzativa, che con pazienza e caparbio entusiasmo hanno individuato e contattato gli enti e le figure che potranno dar loro una mano, ospitando un evento finalizzato alla divulgazione del materiale informativo e realizzata un breve clip, all’interno dell’agenzia, nella quale a parlare sono i propri compagni di classe, che descrivono il contenuto del lavoro appena svolto. Tutte le attività hanno incontrato il favore degli alunni, contentissimi di abbandonare per qualche ora le lezioni per vestire i panni “dei grandi”: l’interpretazione, non c’è che dire, è stata assolutamente convincente e il risultato di ottima qualità. Al termine dell’esperienza presso l’Adt, il progetto Alternanza ScuolaLavoro si concluderà a Ravenna, dove gli studenti si recheranno per visitare un’agenzia di comunicazione.
Nelle due foto qui sopra: il gruppo "grafica" e il gruppo marketing e comunicazione Nella pagina a destra 1. le ragazze della segreteria organizzativa 2. prime nozioni per la stampa 3. alla scoperta del centro stampa 4. la segreteria crea un suo database 5. riunione sulla scelta del brand
L’obiettivo è guidare gli studenti verso molteplici sbocchi aziendali Proprio per questo i dirigenti hanno pensato a un percorso che fosse in grado di dare le prime nozioni di marketing pubblicità e comunicazione ai propri ragazzi
sabato 20 aprile 2013
Il futuro è adesso
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sabato 20 aprile 2013
Vaticano chiama Calabria Quarta parte
La lunga storia dei papi venuti dalla “nostra” terra
Dalla Calabria al Soglio di Pietro eco di Pierfrancesco Gr
A margine di questa lunga cavalcata nella grande storia dei Papi calabresi, appare doveroso fare menzione di un personaggio particolare, che ha avuto un ruolo particolare, anzi, scomodo nella storia della Chiesa, concludendo in modo tragico la sua spericolata e sfortunata parabola umana ed ecclesiastica; stiamo parlando di Giovanni Filagato, un vescovo italiano, calabrese, che ascese al soglio pontificio, ma che, secondo i canoni della Chiesa, non fu Papa. Ad egli, infatti, la Chiesa riconosce solo il titolo di Vescovo, mentre la Storia lo identifica con un altro appellativo: antipapa, ovvero, colui che è eletto papa non canonicamente ed è quindi competitore del vero e legittimo papa, del quale usurpa l’autorità. Ebbene,
Giovanni Filagato da Rossano ebbe tali caratteristiche, fu un antipapa, dal 997 al 998, passato alla
L’antipapa Giovanni XVI (pontefice dal 997 al 998) Sopra, l’altare centrale nella basilica di San Pietro
Storia col nome di Giovanni XVI. Nato a Rossano, nel territorio bizantino della penisola italiana, di origine greca (il cognome Philàgathos è tipicamente greco), fu cappellano di Teofano, la consorte dell’imperatore Ottone II che era giunta da Costantinopoli. In due occasioni Giovanni svolse le funzioni di cancelliere imperiale per Ottone II, nel 980-982 quando fu nominato abate di Nonantola nel 991-992. Durante i suoi viaggi in Italia fu nominato nel 987 tutore del figlio dell’imperatore Ottone, che aveva al tempo solo sette anni. Su suggerimento dell’imperatrice fu poi nel 989 nominato abusivamente vescovo di Piacenza, città a cui donò le reliquie di San Cipriano e Santa Giustina. Successivamente fu inviato a Costantinopoli per accompagnare una principessa bizantina per il giovane Ottone. Dopo la morte dell’imperatore, il figlio Ottone III venne in aiuto di papa Giovanni XV nel 996, per sedare la ribellione di una fazione guidata dall’aristocratico romano Giovanni Crescenzi II, detto “il Nomentano”, figlio di Crescenzio II (†984) e fratello di Crescenzio III (†1020). Ottone si fermò a Pavia per essere acclamato re d’Italia e non riuscì a raggiungere Roma prima della morte del papa. Una volta a Roma, Ottone organizzò l’elezione del cugino Bruno di Carinzia come Papa Gregorio V ed il nuovo papa incoronò Ottone imperatore il 21 maggio 996. Il giorno seguente, in occasione di una solenne assemblea sinodale dei prelati giunti al seguito di Ottone e di tutto il clero romano, fu sancito, tra l’altro, un decreto di esilio per Crescenzio Nomentano, reo di gravi reati nei confronti del papa defunto, ma il nuovo pontefice, forse per ingraziarsi il favore dei proceres romani, diffidenti e timorosi nei riguardi della nuova e rafforzata egemonia germanica che si andava profilando sulla città, commise la leggerezza politica di concedergli la grazia. Fu un errore che si rivelò fatale. Infatti, ripartito l’imperatore per la Germania verso la fine dell’estate, Crescenzio, tradendo il giuramento appena fatto a Ottone, a seguito di una rivolta da lui capeggiata (26 settembre) si reinsediò nella pienezza dei suoi poteri e costrinse Gregorio V a una fuga precipitosa verso il Norditalia dove, nel sicuro asilo di Pavia, avrebbe trascorso i mesi successivi. Nell’antica capitale del Regnum, nel febbraio 997, il pontefice, confidando nel prossimo intervento dell’imperatore, presiedette un sinodo in cui, tra le altre importanti questioni trattate, fu promulgato l’anatema contro Crescenzio. Fu probabilmente anche per ingraziarsi (ovvero pensando di rinsaldare) i favori presunti o forse promessi da Costantinopoli che Crescenzio, intorno al mese di febbraio del 997, probabilmente in accordo con il summenzionato ambasciatore bizantino Leone (testimone di quelle vicende e sostenitore di una scelta che da lì a poco dopo avrebbe sconfessato rivelando una viscerale antipatia e un’avversione quantomeno sospetta per il proprio candidato ormai sconfitto), convinse (ovvero, secondo la
Diverse sono state, soprattutto nei primi secoli dell’era cristiana, le personalità calabresi ascese alla funzione di Romano pontefice Alla luce delle fonti, tra esse confrontate, possiamo, con poche incertezze, ritenere che i calabresi investiti, quali successori di Pietro, del ruolo di Guida della Chiesa universale siano stati almeno dieci in duemila secoli di storia
voce isolata di qualche seriore cronista, costrinse) il Filagato, in quel momento rientrato a Roma, a lasciarsi insediare sul trono papale, di fatto vacante per l’assenza dell’esule Gregorio V. Si è molto discusso sulle ragioni che spinsero il Filagato a compiere un passo così azzardato, che implicava oltretutto il tradimento della fiducia di un sovrano e con lui di una dinastia grazie alla quale aveva potuto godere di inopinati favori per più di due decenni. Sembra da escludere l’ipotesi poco credibile e in ogni caso indimostrabile secondo cui il Filagato, forse risentitosi per la nomina in sua assenza di Bruno di Carinzia, la cui linea d’azione papale lasciava nel frattempo trapelare più di un segno di tensione con il cugino, poteva pensare in questo modo di cattivarsi nonostante tutto le simpatie di Ottone III. Altrettanto improbabile, pur conservando una parvenza di verosimiglianza nell’inserzione implicita di quella scelta nel quadro delle complesse relazioni diplomatiche tra i due Imperi e dell’ovvio atteggiamento filobizantino di Giovanni, appare l’affermazione del cronista milanese Arnolfo, secondo cui il Filagato «Romani decus imperii astute in Grecos transfere temptasset» (ed. Zey, p. 133; ed. Scaravelli, p. 70). Si è discusso, inoltre, di un eventuale significato tecnico dell’espressione del cronista Giovanni Diacono (p. 154), secondo la quale il Filagato non temette di occupare la sede apostolica «contra imperiale decretum»: ma è oggettivamente impossibile stabilire se qui il quasi coevo cronista si riferisse, come sembra in ogni caso poco probabile, alle note prescrizioni sulla procedura di conferma imperiale dei pontefici previste dal privilegium ottoniano del 962 o intendesse alludere a un esplicito e specifico pronunciamento di Ottone III direttamente sollecitato dal Filagato alla ratifica di una propria eventuale candidatura al soglio papale. L’ipotesi meno lontana dal vero sembra dunque essere quella che sottolinei la convergenza oggettiva tra le ambizioni comunque motivate del Filagato e, soprattutto, l’interesse e la speranza di Crescenzio di poter ottenere con quella mossa un’ulteriore garanzia all’indispensabile quanto improbabile sostegno di Bisanzio, o forse, addirittura - pensando che la nomina papale dell’antico padrino non dovesse in fondo dispiacere al figlioccio Ottone -, di avviare le premesse a una politica di equilibrio mediterraneo tra i due imperi, politica di cui egli, con il nuovo pontefice, poteva farsi in qualche modo garante. Forse già alla fine di quel mese giunse, prevedibile, la scomunica di Gregorio V, forte dell’appoggio di quasi tutto l’episcopato italico, tedesco e francese. Di lì a qualche tempo (7 luglio), scontata la deposizione di Giovanni, il papa avrebbe concesso al metropolita Giovanni di Ravenna la facoltà di spogliare dell’indebito titolo arcivescovile la sede piacentina e ricollocarla sotto la legittima giurisdizione ravennate. L’imperatore, come sembra di poter dedurre dai successivi eventi, prese sin da subito posizione a favore di Gregorio V, tant’è che già dall’estate seguente si hanno validi indizi di un tentativo da parte di Giovanni di rendere nota la propria disponibilità a trattare e forse a desistere dall’usurpazione stessa. In particolare, da una breve lettera attribuibile al vescovo imperiale Willigis di Magonza oppure al cancelliere per l’Italia Eriberto, indirizzata nel luglio-agosto 997 a Gerberto di Reims, futuro papa con il nome di Silvestro II, e conservatasi nella raccolta epistolare di quest’ultimo, sappiamo che l’e-
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Vaticano chiama Calabria
sercito di Ottone non aveva ancora deciso se dirigersi più a Nord, per combattere le «Scytharum gentes» ovvero verso l’Italia, per sottomettere la ribellione di Crescenzio e di G., che sembrava disposto a sottomettersi. Una scelta verso cui tentò di piegarlo anche un appello accorato del concittadino e antico maestro Nilo di Grottaferrata, e alla quale in ogni caso dovette inclinarlo l’inevitabile presa d’atto del suo isolamento e della fragilità della sua posizione; fragilità che viene pure indirettamente attestata dalla totale assenza di una superstite produzione documentaria relativa alla sua presenza in sordina a Roma, malgrado l’interessato appoggio delle forze locali legate a Crescenzio Nomentano. Un’assenza documentaria che non sembra comunque nemmeno parzialmente giustificabile per la scontata damnatio memoriae curiale seguita alle vicende della sua drammatica destituzione. L’unica sia pur labile traccia della parentesi papale di Giovanni è legata all’inventio da lui promossa, “in basilica S. Rufinae”, delle reliquie di Santa Giustina d’Antiochia, una martire di età dioclezianea contitolare da qualche tempo della diocesi piacentina, ritrovamento di cui testimonianza indiretta viene fornita dal racconto della Translatio (Bibliotheca hagiographica Latina, n. 2054), un paludato testo liturgico redatto negli anni immediatamente seguenti, e che tradisce, nei toni e nel linguaggio, una forte simpatia per la figura di Giovanni XVI. Vi si narra di un drappello di piacentini che si reca a Roma, presso il Filagato imprigionato ma ancor detentore del prezioso scrigno, per chiederglielo in dono. Va sottolineato il fatto che la delegazione piacentina incontrò l’antipapa soltanto dopo la sua destituzione e durante la successiva prigionia, e perciò non prima del marzo-aprile del 998: i colloqui avvenuti con l’ex arcivescovo, qui tuttavia presentato come ancor sofferente per le torture subite e ridotto a una truce maschera deforme, sembrerebbero pertanto documentare la possibilità che le sue mutilazioni siano state meno gravi di quanto non appaia, come vedremo, da altre fonti coeve, se non altro perché la lingua non poteva essergli stata tagliata, come del resto si evince anche dalla sobria ma precisa testimonianza di Rodolfo il Glabro (pp. 30 s.), e poi da quella più polemica di Arnolfo (ed. Zey, p. 135; ed. Scaravelli, p. 72). L’esercito di Ottone III, pronto a muovere verso Roma, si radunò lentamente a Pavia tra il Natale 997 e le prime settimane del 998. Verso la metà di febbraio un’imponente armata che raccoglieva forze da tutte le province germaniche e con a capo, fiancheggianti il sovrano e il legittimo pontefice, alcuni tra i più valenti e prestigiosi principi dell’Impero, mosse da Ravenna verso una Roma quasi deserta, che facilmente cadde, dopo qualche scaramuccia, il 20 di quel mese. Poco prima, infatti, informato dell’imminente arrivo e temendo la prevedibile rappresaglia dell’imperatore, Giovanni aveva trovato rifugio in una torre fortificata della Campania romana, Torre Astura, da dove, disperando di quel soccorso che nessuna parte poteva più offrigli, tentò probabilmente di fuggire verso il Suditalia o addirittura verso Bisanzio, mentre Crescenzio Nomentano si asserragliava in Castel Sant’Angelo, dove per quasi due mesi, prima di capitolare e di venire infine crudelmente giustiziato, avrebbe offerto una fiera e tenace resistenza agli assalti delle macchine da guerra delle truppe tedesche. Giovanni venne catturato agevolmente da un gruppo di armati, al comando del conte Bertoldo di Brisgovia, i quali - come suggerisce, unica tra le fonti a nostra disposizione, l’an-
Papi per larghissima parte degni, che non furono mere ombre sul trono di Pietro; guide il più delle volte solide, che seppero fronteggiare cruciali avversità in tempi difficili; pastori sovente coraggiosi, che seppero custodire nel servizio il popolo cristiano, anche a costo della vita
nalista sassone di Quedlinburg - temendo che se l’avessero consegnato illeso all’imperatore questi l’avrebbe lasciato impunito, lo mutilarono orribilmente secondo un macabro rituale, tagliandogli il naso, le orecchie e cavandogli gli occhi, amputandogli, forse, anche le mani e la lingua, per poi farlo prigioniero in un monastero romano. A partire da questo momento non è agevole stabilire una cronologia dettagliata e un ordine rigoroso di successione degli eventi che seguirono. Probabilmente tra la fine di marzo e gli inizi di aprile successivo il Filagato venne tratto fuori dalla sua prigione, rivestito sommariamente degli abiti e delle insegne papali e, sottoposto a un formale processo di destituzione voluto, forse, da Gregorio V, fu ritualmente spogliato dei paramenti sacerdotali. Poi - benché tutto questo, stando ad alcune fonti, potesse anche svolgersi immediatamente a ridosso della cattura - il mutilo prigioniero, per sommo di umiliazione, venne posto a cavalcioni di un asino con il capo rivolto all’indietro e con la coda in mano, rivestito di un ridicolo copricapo (forse un otre o un tubo di canapa o di lino del tipo di quelli utilizzati allora per le piccole condutture dell’acqua di scarico, e qui grottesca parodia della mitra indossata dai papi nelle solenni cerimonie di intronizzazione) e portato in processione infamante e derisoria (forse ispirata all’antico rituale romano della Cornomania) per quelle vie di Roma che l’avrebbero ricondotto per sempre nel monastero dove trascorse i suoi ultimi anni. Vi è più di una traccia successiva di segni palesi di rammarico e forse anche di pentimento personale di Ottone III per l’operato dei suoi uomini in quei frangenti. È nota, per esempio, la richiesta di perdono da lui più volte avanzata a Nilo di Grottaferrata che, saputo dell’orribile supplizio riservato al Filagato, tra la fine di marzo e i primi di aprile 998 venne a Roma per intercedere a favore dell’antico discepolo e per chiedere al sovrano e a papa Gregorio V di consegnarglielo, cosa che entrambi rifiutarono offrendogli come contropartita il monastero romano di S. Anastasio alle Tre Fontane. Ma Nilo, pur accettando quell’offerta, dopo aver saputo del trattamento infamante riservato al Filagato a seguito della rituale destituzione, pronunciò una sinistra profezia di morte contro i due cugini. È però ben difficile, come più volte si è stati tentati di fare, non attribuire al sovrano una qualche responsabilità oggettiva se non diretta per quegli orribili eventi del febbraio 998. Più delicata, anche se in apparenza più ovvia, sembra invece una valutazione obiettiva e serena delle pur innegabili responsabilità di Gregorio V, uomo di cui le fonti coeve evidenziano la fermezza, l’inflessibilità e la durezza nell’operato, e che, nella fattispecie, tendono a dare come dovuta e scontata, quando non meritoria e opportuna, l’azione repressiva di ritorsione ai danni del Filagato. L’unica esecrazione del suo operato in quei frangenti proviene da una fonte, come il Bios agiografico di s. Nilo, che è evidentemente troppo interessata a rimarcarne la spietatezza. Nonostante sia stata più volte richiamata una notizia contenuta all’anno 1013 negli Annales necrologici Fuldenses, secondo cui «Graecus Iohannes viam universae carnis ingressus est» (p. 210), è poco verosimile che quell’affermazione si riferisse al Filagato, che dovette più probabilmente chiudere i suoi giorni nell’ignoto monastero romano della sua prigionia, un 26 di agosto - come attesta il catalogo-necrologio degli abati di Nonantola, agli inizi dell’XI secolo - da collocare, forse, in quell’anno 1001 (sotto Silvestro II) a cui sembra in ogni caso da riferirsi l’ultima menzione relativa a lui ancor vivente a Roma. È ignoto anche il luogo della sepoltura di questo tanto avventato, quanto sfortunato figlio di Calabria, annientato dalla deleteria combinazione di umana debolezza, estrinsecantesi sovente nel germe dell’ambizione, e torbidi interessi politici, i medesimi che per tanti secoli hanno reso ibrido e poco salubre il cammino di Santa Romana Chiesa.Fortunatamente i tempi cambiano, così come la Chiesa, a volte sorprendentemente, come abbiamo avuto modo di verificare in queste settimane.
Cambiamenti in cui intravedere la somma funzione di questa istituzione millenaria, che nella Calabria ha sempre trovato energie vigorose, manifestatesi non solo nella individuale rilevanza dei suoi Papi, ma soprattutto in tante personalità, anche laiche, che, in strada, così come nelle Chiese, nelle nunziature, nei palazzi del potere hanno saputo onorare al meglio il ruolo, il Servizio della Chiesa verso il mondo, verso “i poveri, i più piccoli”. Quel Servizio che, come esplicitato da Papa Francesco è l’unico programma, l’unico strumento di governo di un Pontefice, unico obiettivo di ogni cristiano, unica essenza della Chiesa universale, di cui la Calabria continuerà ad essere un tassello spiritualmente vivido e umanamente vitale. Sulle orme di Pietro, sull’esempio, aulicamente semplice e fresco, di Francesco.
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Calabresi illustri Seconda parte Alfonso degli Alimena, nato da Fabio e da Camilla Rossi, diventa il primo barone della famiglia
L’ultimo Marchese di San Martino rise a cura di Oreste Pa
In Giustiniani, Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, vol.VIII, Napoli 1804 si legge. «San Martino, terra di Calabria citeriore, in diocesi di Bisignano, distante da Cosenza miglia 20. È in luogo montuoso, ove respirasi buon’aria. Gli abitanti al numero di 1100 sono di origine albanese, e tutti trovansi addetti alla coltura del territorio. Nel 1545 fu tassata per fuochi 69, del 1561 per 98, nel 1595 per 55, nel 1648 per 69, e nel 1669 per 60. Un tempo fu casale di Sammarco. Si possiede dalla famiglia Alimena con titolo di marchesato». Il feudo era pervenuto agli Alimena dalla famiglia Rossi che l’aveva acquisito fin dall’anno 1502 per concessione del Principe di Bisignano, Bernardino Sanseverino, a Francesco Rossi con tutte le giurisdizioni «a riserba solo della criminale, e delle prime, e seconde appellazioni», che il concedente aveva ritenute per sé. L’estensione e i limiti del feudo di S. Martino venivano così delineati: «incipiendo dalla giunture dei fiumi di Ferolito, e di Finita nel tenimento di detta terra della Regina e per lo detto fiume di Ferolito in su sino al ponte di Lattarico e di là per lo fiume in su delle rupe fere per diritto al monte Cozzopilato, e di là fere alla serra per dritto allo Scupone, e dallo Scupone alle Porticelle, e fere alla crista dove confina col tenimento di Fuscaldo e per l’istessa crista fere al fiume di Finita e per lo fiume a bascio fere al ponte del mulino di Turano e di là a bascio fiume fiume alle giunture delli detti fiumi dove incomincia il primo confine». (Nardi, op. cit. Vol. II pag. 432). Nella lotta tra tra Luigi XII e Ferdinando il Cattolico, il Rossi e il Sanseverino dovevano essere stati dalla parte francese, giacchè si legge, in una delle memorie predette, che la terra di S. Martino essendo «per la fellonia del detto Rossi in occasione della guerra con la Francia (alla quale aderir vollero il Rossi e lo stesso Principe di Bisignano) decaduta alla Regia Corte, il Re Ferdinando il Cattolico la concedè a Carlo Papa, “pro se, et suis heredibus ex corpore”. (Gli aragonesi regnarono nel Regno di Napoli dal 1442 (con Alfonso il Magnanimo), fino al 1514 quando iniziò il periodo vicereale spagnolo». Dal suddetto Carlo era pervenuta per successione a Ottavio Rossi e quindi alla sua unica figlia Camilla andata sposa di Fabio Alimena. La più importante fonte sulla famiglia Alimena è Filadelfo Munos (Teatro genologico, vol. I,pag. 45). «Annovera Flaminio Rossi nel suo Teatro d’Europa e d’Italia la famiglia Alimena fra le più antiche, e nobili della città di Cosenza, e Mont’Alto delle Provincie Napolitane, e vuole ch’ella da Greci derivasse, e ‘l progenitor primieramente di lei in Cosenza (dice egli) che fosse stato un certo Eustachio cavalier Greco figlio d’Alimena Balia dell’Imperatore Basilio secondo figlio di Romano, col quale ella non puoco prevalse, e fu cagion ch’Eustachio venisse in Italia con carico d’Essarco de le predette Provincie, ma costui prendendo per stanza la città di Cosenza capo della Calabria citra, edificò ivi vicino una Terra, che dal materno nome la chiamò Alimena, e al diede con imperial licenza a Filippo suo figlio dopo il ritorno ch’ei fece in Grecia, i successori del quale poi presero per cognome il nome della loro Terra, cioè degli Alimena». Le stesse notizie sono riportate da Giovanni Fiore e più recentemente da Luigi Palmieri. D’Engenio Caracciolo e Ottavio Beltrano, indicano gli Alimena come una delle nobili famiglie di Montalto, che detennero il feudo di San Martino. Alfonso Alimena, nato da Fabio e da Camilla Rossi diventa il primo barone della famiglia, avendolo ereditato dalla madre. Un nome che ricorre spesso nella genealogia del feudo. L’acquisizione del feudo diede origine a interminabili controversie e accese rivalità tra le due famiglie, i Rossi e gli Alimena. Un segno dei rapporti acrimoniosi tra i vari rami della famiglia si ha in Montalto nella lapide policroma murata nella parete della Chiesa di S. Francesco. (Vedi Carlo Nardi, vol. II pag. 432) Venne fatta scalpellare, si dice, dagli Alimena di S. Martino la dicitura di una riga, quella che ricordava i titoli nobiliari del defunto Gerolamo Alimena, e che si ritenevano a lui attribuiti indebitamente dal figlio Domenico, ma costui, cavaliere di Malta, se ricordava che suo padre (del ramo di Diego) era dei “baroni” di S. Martino, indicava un’appartenenza esatta.
Ereditò il titolo nobiliare dalla madre, un nome che ricorre spesso nella genealogia del feudo
Un albarano (ricevuta di pagamento di un atto notarile) stipulato nel 1587, ratificato alla presenza del Governatore di Montalto D. Scipione Lattosa, sembra sancire la fine di ogni controversia e la stipula di una pace duratura tra le due famiglie. Ma questo non provocava la definitiva chiusura della turbolenze giudiziarie relative al feudo. Ricostruire la vicenda non è un compito agevole. Mancano, infatti, molte tessere del mosaico, e sarebbe necessario setacciare i registri notarili per trovare gli eventuali atti necessari per una piena comprensione della vicenda. È sufficiente riportare gli elementi ricostruiti da Carlo Nardi dove compaiono diversi protagonisti, come i Pignatelli come signori dei feudi di S. Martino, S. Benedetto e di Regina, il cui ruolo non è molto chiaro. Probabilmente lli avevano acquistato trovandosi poi coinvolti in una situazione debitoria disastrosa e costretti a cederli dietro pressione dei creditori. A rendere più intricata la vicenda è la scissione delle giurisdizioni tra civile e criminale che sono oggetto di separate contrattazioni. Negli atti non è sempre chiaro l’oggetto esatto della cessione, e i dubbi interpretativi consentono la riassunzione della controversia giudiziaria. A complicarne la comprensione, vi è la ricorrenza dei nomi; le omonimie non sono accompagnate da specificazioni anagrafiche (data di nascita, paternità e maternità) e questo rende dubbia l’esatta identificazione dei personaggi. Vi sono poi grandi salti tra una data e l’altra, che rende quasi impossibile una ricostruzione logica degli eventi in in un contesto cronologico preciso. Solo la legge di eversione della feudalità emanata da Gioacchino Murat nel 1806, porrà definitivamente fine alla lunga lite per la sparizione dell’oggetto da contendere, poiché i feudi sono aboliti insieme con tutti i diritti fiscali, giudiziari e tutti gli usi e gli abusi in esso vigenti. Ecco le notizie che si desumono dal Nardi. Fino all’anno 1620 la giurisdizione civile e criminale era stata posseduta da diversi padroni; quella civile da Carlo Papa e suoi successori, quella criminale dai Principi di Bisignano. Nel 1577 però, dal Principe di Bisignano Bernardino Sanseverino era stata venduta, colla terra della Regina e la giurisdizione criminale di S. Benedetto, a Pietro Paolo Cavalcanti di Cosenza, dal quale, nel 1592, “furono la «eina e ‘l criminale d’amendue le dette Terre vendute ad Ottavio Pignatelli». Costui, nel 1620, vendé la giurisdizione criminale della Terra di San Martino, col patto di ricompera quandocumque per ducati 2650, a Francesco Todesco di Montalto, che però aveva comperato per Ottavio Rossi, al quale l’aveva perciò retroceduta. Il Rossi era così divenuto signore della giurisdizione civile e criminale e la sua signoria era continuata «senza verun turbamento fin all’anno 163». Era avvenuto che, dedottosi nel Sacro Consiglio ad istanza dei creditori il patrimonio dei due obbligati in solido Mario e Ottavio Pignatelli, baroni della Regina, di S. Benedetto e di S. Martino, si era proceduto alla vendita sub hasta della terra della Regina e dei casali di S. Martino e S. Benedetto senza farsi menzione che era stata venduta la giurisdizione criminale. Il Principe di Tarsia, D. Ferdinando Spinelli, che si era reso aggiudicatario della vendita all’asta per 43mila, «avendo ottenute le provvisioni per capienda possessione, prese de facto il possesso non me-
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Calabresi illustri «Ricevute cosi le chiave del Palazzo Baronale che delli carceri e doppo di aver destinato il luogotenente per mancanza del Governatore il di lui consultore Dottor D. Antonio Dramis», si legge nel documento, «i medesimi immediatamente hanno incominciato ad esercitare atti giurisdizionali e passato nella Chiesa Matrice esso D. Gregorio sedutosi nella sede sita nel medesimo luogo dell’altri antecessori alla presenza delli Mag.ci del governo attuali, de’ sudetti testimoni e di quasi tutta questa popolazione, si è cantato il Te Deum, e ciò pratticato son passato a far emanare banno per tutti li luoghi soliti e consueti così di questa su riferita terra che del villagio di S. Maria delle Grotte tenimento della stessa per essere riconosciuto per assoluto padrone, e per esso la suriferita Mag.ca D. Laura Sambiasi». Nello stesso atto vengono minuziosamente elencati i diritti detenuti nel feudo: «casalinaggi e galine, ove a giornata, mastrodattia, doana, jus della zecca, portolania e montagna, il donativo di Pasqua e Natale, jus pali per la carcerazione di ogni bove dannificante, jus scanaggi, affitto del molino federatico in grano ed orzo tomolo dell’uno e mezzo dall’altro a paro di bovi, decima dell’animali minuti col giornale e giornale di cascio, con aversi di tutti i corpi di sopra descritti, ed intiero stato».
Diritti e abusi feudali Ogni feudo aveva i suoi particolari gravami, che spesso prevedeno della Terra della Reina, che ancora della giurisdizione criminale di S. Martino, niun conto facendo della ragione di chi attualmente e con legittimo titolo la possedea. Contro l’usurpazione della giurisdizione criminale e l’arrogante modo di esercitarla, Ottavio Rossi era ricorso, contro lo Spinelli, al Sacro Consiglio. Nella causa erano intervenuti i creditori dei Pignatelli (evidentemente a loro premeva avere un altro cespite donde trarre la soddisfazione dei loro crediti) a sostenere che, nell’acquisto del Principe di Tarsia, era escluso quello della giurisdizione criminale di S. Martino, e che ad essi, quali creditori, in effetto era rimasto il “jus” della ricompera in vigor del patto di retrocedere quandocumque, apposto nell’istrumento della vendita, e poiché nella offerta fatta dal Principe per la compera della Reina niuna parola si leggeva intorno al suddetto jus della ricompera, ... faceano istanza procedersi alla vendita dello stesso». Il Sacro Consiglio il 18 marzo del 1641 ordinava: «Possessio jurisdictionis criminalis Sanctii Martini restituatur Baroni Octavio Russo et nihilominus procedatur ad venditionem juris luendi praedictae jurisdictionis criminalis, et de deposito facto per Illustrem Principem Tarsiae liberentur eidem ducati 2.650». Dopo la morte di Ottavio Rossi, tuttavia, il barone Alfonso Alimena di San Martino (omonimo del nonno) riprese ancora una volta la lite contro il Principe di Tarsia che pretendeva nuovamente di esercitare la giurisdizione criminale nel feudo. Questo Alfonso, sposò Maria Leuzzi e ne ebbe molti figli. Il suo primogenito Francesco ebbe, da Vittoria Caivano, Pietro Paolo, che da barone avanzò a marchese di S. Martino per motu proprio di Carlo VI d’Austria (datato da Vienna 20 marzo 1730, poiché per un breve periodo dal 1707 al 1734 il Regno di Napoli passò sotto il dominio degli Asburgo austriaci e divenne una provincia dell’Impero Austro-Ungarico). Il Marchese Pietro Paolo continuò la controversia giudiziaria a Napoli innanzi alla Regia Camera di S. Chiara con gli Spinelli principi di Tarsia, che si chiuse con sentenza del 26 aprile 1740, per la quale il Principe di Tarsia fu obbligato a vendere detto diritto agli Alimena «con tutti l’altri iussi e rendite che nella medesima terra egli possedeva». Con susseguente decreto del 10 dicembre «si diedero le provvidenze sopra tutti li punti controversi». Fu ordinato che il prezzo della giurisdizione criminale delle prime, seconde e terze cause e della giurisdizione civile dei primi e secondi appelli, che erano “quasi” posseduti dal Principe di Tarsia nel feudo di S. Martino, rimaneva liquidato in ducati 1575, pagati i quali il Marchese poteva esercitare le predette giurisdizioni. Fin qui il Nardi. La questione continuò anche in seguito. Come risulta da un atto del notaio Michele Franzese di Cerzeto del maggio 1792, il Marchese di San Martino, Giacomo Alimena, e sua madre Donna Laura Sambiase, nominano procuratore del feudo Don Gregorio Sambiase, immettendolo nel possesso. Nell’atto viene descritto vivacemente l’arrivo del nuovo padrone, tra “Te deum” di tripudio e le chiamate del banditore in ogni più remota contrada per annunciarne l’arrivo, come avviene nelle favole. Il tutto è preceduto da un lungo preambolo in cui si chiariscono la legittimità dei titoli posseduti dal nuovo barone.
Convento dei Domenicani a Firmo (Cs) uno dei simboli del feudalesimo
Tra i vari rami della famiglia (RossiAlimena) ci furono varie controversie,s e ne può trovare prova a Montalto nella lapide policroma murata nella parete della chiesa di San Francesco
vano una corresponsione in natura o prestazione di vario genere (lavori domestici o agricoli, servizi di custodia o di prestazioni varie chiamate angarie o parangarie), per sopperire alla quasi completa assenza di denaro. Il censimento fattone da Davide Winspeare in un volume ne elenca centinaia. Tra i più strani si ricordano lo “jus spicacii” (prestazione dovuta per la raccolta di spinaci selvatici) o lo “jus umbrae”, prestazione per usufruire dell’ombra di ogni albero del barone! Alcuni erano particolarmente odiosi come ad esempio il diritto delle spighe, cioè di pretendere persino dalle spigolatrici una porzione delle spighe raccolte, sectis segetibus. Si potrebbe definire una tassa sulla miseria. Quelli ricordati nell’atto sono i più importanti vigenti nel feudo di San Martino. Il casalinaggio viene definito dal Winspeare come la prestazione dovuta per i suoli delle abitazioni, delle capanne e de’ tuguri. Il diritto di “galline” assume varie forme, il Winspeare ne elenca alcune: diritto di prendere per forza e di ammazzare le galline da parte del barone per suo uso personale, donativo di una gallina per ogni nuovo edificio costruito (anche una misera pagliaia); al barone erano anche dovute per ogni festa più importante (Natale, Pasqua, Santo Patrono ecc.) Ove a giornata era obbligo di fornire un numero di uova giornaliero al Marchese ripartito tra tutti gli abitanti del villaggio, con la tenuta di una meticolosa contabilità. Mastrodattia è la prestazione (in denaro o in prestazione lavorativa) dovuta per la redazione dei documenti del feudo (il mastrodatto è colui che redige i documenti di qualsiasi genere). Lo jus della zecca era una prestazione dovuta a tale titolo, benché i feudatari non avessero il diritto di conio (abuso dei diritti di zecca, o usurpazione della zecca come si esprime il Winspeare). La portolania e la montagna, diritti che il Marchese esige per la difesa del casale e la fruizione degli usi civici nel bosco demaniale. Lo jus pali era la prestazione dovuta per la costruzione di palizzate, recinti o ricoveri per gli animali che potevano essere nocivi all’agricoltura (come capre o tori o “bove dannificante”, che lasciato libero poteva arrecare danni alle colture). Per gli animali indomiti (selvaggi, non addomesticati) era dovuto mezzo tomolo di grano per ogni animale indomito e animali dannificanti, e prestazione per l’affitto della casa ove si tengono rinchiusi. Lo jus scanaggi, era la prestazione dovuta per la macellazione degli animali (pecore, capre, maiali, buoi), e la proibizione di aprire “chianche” (macellerie). Gli abitanti del feudo avevano l’obbligo di servirsi del molino federatico in grano, e pagare la tassa di macinazione (jus moliendi). Era inoltre dovuto un tomolo e mezzo di orzo l’anno per ogni paio di buoi posseduto e la decima dell’animali minuti (come galline, conigli, tacchini, colombe e gli altri animali di cortile), ciò significava che il Marchese era proprietario di un capo di ciascuna specie di animale ogni dieci da chiunque posseduti. Per consentire un esatto adempimento dei numerosi obblighi dei feudatari, è prevista la tenuta del giornale e giornale di cascio. Oltre a quelle elencate nell’istromento citato, vi erano numerose altre prestazioni come la “gabella del fogliame” o la “prestazione sulle foglie” legate all’allevamento del baco di seta che era molto diffuso nel feudo, censite diligentemente dal Winspeare il diritto del Marchese di appropriarsi del frutto dei gelsi piantati nelle terre feudali.
XI
XII
sabato 20 aprile 2013
Non dimenticare pensando al futuro
Ferramonti fra passato, presente e futuro
Il 23 e il 24 aprile, convegno internazionale di studi all’Unical
Motivazioni dell’evento Il campo di Ferramonti di Tarsia, ubicato pochi chilometri a nord di Cosenza, in Calabria, fu uno dei siti di prigionia e di internamento più importanti realizzati dal regime fascista di Mussolini. Sorto come luogo di confino e ufficialmente aperto nel giugno 1940, in seguito all’entrata in guerra del paese, ospitò al suo interno alcune migliaia di prigionieri, per lo più ebrei stranieri e, insieme, diverse centinaia fra detenuti politici, apolidi, slavi, greci e cinesi. Il campo, formalmente liberato il 14 settembre 1943 dalle truppe inglesi, continuò a funzionare nei mesi successivi, anche se naturalmente le condizioni di vita degli internati migliorarono in modo sensibile. La chiusura ufficiale cadde l’11 dicembre 1945. L’evento si collega al secondo incontro dei partecipanti al progetto Ecosmeg (European cosmopolitanism and sites of memory through generations). Il progetto Ecosmeg, che rientra nel programma Europe for citizens - Active remembrance della commissione Ue Eacea, vede come Università capofila l’Alma mater studiorum Università di Bologna, responsabile Maura de Bernart, con le Università della Calabria e di Teramo in Italia, di Zagabria in Croazia e di Tirana, Marin Barleti in Albania. L’evento specifico, organizzato congiuntamente dall’Università della Calabria e dal Museo della Memoria Ferramonti di Tarsia, con il sostegno dello Spi Cgil Calabria, si svolge in collaborazione con la Rete universitaria per il Giorno della Memoria, la Provincia di Cosenza, l’ufficio scolastico regionale per la Calabria, la Fondazione Italia - Israele per la Cultura e le Arti, la società Dante Alighieri - I Parchi letterari e la casa editrice Rubbettino in qualità di media partner. Diversi gli obiettivi. Da un lato pare importante fare il punto sul piano storico, in forza di recenti contributi, di nuovi metodi di approccio e dell’incontro-confronto tra studiosi di esperienza acquisita e altri che invece appartengono alle generazioni più giovani. Pari rilievo gode poi l’allargamento del piano disciplinare, grazie al concorso di ricercatori che fanno capo, tra l’altro, ai mondi delle scienze sociali, dell’archeologia, delle arti e della letteratura. Anche alla luce di quanto si è sperimentato altrove, sembrano queste le basi giuste per delineare un panorama realmente collettivo e pluralista di Ferramonti, ancor più necessario di fronte all’ormai acquisito status istituzionale dell’ex campo in qualità di Museo della Memoria. Ferramonti dunque pensato nell’ottica di un bene culturale dell’umanità, in una prospettiva in grado di coinvolgere, anche grazie al progetto Ecosmeg, i paesi dell’area europea e quelli che a suo tempo costituirono il rifugio degli ex internati, dal Canada alle nazioni dell’America del Sud, dagli Stati Uniti a Israele.
Le basi giuste per delineare un panorama collettivo e pluralista dell’ex campo di internamento fascista
Pausa per il pranzo 14.30-16.30 Sessioni multiple e parallele Aula Magna Sessione 4 - Riunione del progetto Ecosmeg Moderano: Paolo Coen e Maura de Bernart Interventi programmati di Fausta Gallo, Dorian Jano, Simone Misiani, Hrvoje Spehar, contributi al dibattito di Cesira Bellucci, Alessandro Bozzetti, Alessandra Carelli, Massimo Fortunato, Antonella La Robina Sessione 5 - Storia e scienze sociali - Sala stampa dell’Aula Magna Moderano: Tiziana Noce e Antonella Salomoni Martina Ravagnan, I campi Displaced Persons per profughi ebrei stranieri in Italia Olimpia Affuso, I luoghi della memoria e la trasmissione intergenerazionale del passato traumatico Adele Valeria Messina, Paul Neurath: da prigioniero politico a scienziato sociale Cubo 0, Aula convegni Sessione 6 - Arti Modera: Paul Paolicelli, con Sara Filice Stanislao Pugliese, Primo Levi, Answering Auschwitz. Primo Levi’s Science and Humanism as Antifascism Claudio Gaetani, Per una memoria attiva: un percorso tra etica ed estetica nel cinema della Shoah Raffaele Pellegrino, La musica al servizio del III Reich. Riflessioni storiche, filosofiche e musicologiche
Programma delle attività 23 aprile
24 aprile
Cosenza, Palazzo della Provincia, Sala degli Specchi 15.00-18.00 Indirizzi di saluto Francesco Panebianco, presidente della Fondazione Museo della Memoria Ferramonti di Tarsia Michele Gravano, segretario generale della Cgil Calabria Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza Gerardo Maria Oliverio, presidente della Provincia di Cosenza Leone Paserman, presidente della Fondazione Museo della Shoah di Roma, Ricordi di Ferramonti. A seguire: interventi e domande dei partecipanti Ecosmeg Paolo Coen e Antonella Salomoni, Le ragioni del convegno Maura de Bernart, Ferramonti nel progetto Ecosmeg Simonetta della Seta, Ferramonti e l’Associazione Italia-Israele: le prospettive di sviluppo Consegna del “Premio Ferramonti - I edizione”, conferito dallo Spi Cgil Calabria, a cura di Vladimiro Sacco, con la partecipazione di Stanislao Pugliese Cosenza, Piazza Vittoria, Sede della Cgil Calabria 18.00-19.00 Apertura della mostra d’arte Echi dal Ghetto: revisited, a cura di Alessandra Carelli Università della Calabria, Aula Magna 9.30-10.15 Sessione plenaria Indirizzo di saluto Giovanni Latorre, magnifico rettore Unical Donatella Di Cesare, Lezione introduttiva - Luoghi della memoria - spazi del tempo. Il ricordo contro la negazione 10.30-12.30 Sessioni multiple e parallele Aula Magna Sessione 1 - Pedagogia e didattica. Moderano: Giuseppe Spadafora e Angela Riggio
Sandra Renzi, La condizione dell’infanzia a Ferramonti: cosa dovremmo sapere e perché Anna Melacrinis, Il valore della Memoria Rosellina Capalbo, Il Nazismo e la Shoah: il caso Ferramonti Rosanna Magnifico, Per non dimenticare Patrizia Marino, Dal sud Europa per non dimenticare un campo del duce Sala stampa dell’Aula Magna Sessione 2 - Storia Modera: Vittorio Beonio Brocchieri Tommaso Dell’Era, Il campo di Kavajë nelle nuove fonti archivistiche albanesi, italiane e serbe e le sue relazioni con Ferramonti Giuseppe Ferraro, Non solo ebrei: il caso etiopico (1937-1943) Fausta Gallo e Simone Misiani, Ferramonti: la memoria, il racconto, i testimoni. Alcuni nodi problematici Samuela Marconcini, Categoria A4bis: gli ebrei stranieri internati in Italia (1940-1943) alla luce del fondo omonimo conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma Cubo 0 - Aula Seminari Sessione 3 - Arti Modera: Paolo Coen Paolo Carafa, Per un’archeologia della Shoah: paesaggi della Memoria a Ferramonti Lorenzo Canova, Bruno Canova e l’arte della Shoah Cristiana Coscarella, Architettura e Shoah Giusy Meister, La rappresentazione della Memoria nel lavoro di alcuni giovani artisti israeliani, da Boaz Arad a Meital Katz Minerbo
16.30 - 17.15 Aula Magna Sessione plenaria Sintesi delle sessioni e discussione Museo della Memoria, Ferramonti di Tarsia 18.00-18.30 Apertura della mostra Ricordare - Tributo a Bruno Canova in memoria della Shoah. Opere di Bruno Canova e Vito Miroballi, a cura e con introduzione di Lorenzo Canova 18.45-19.45 Proiezione del film Il cielo come destino. Ritratto di Enzo Sereni, scritto e diretto da Vittorio Pavoncello 25 aprile
Museo della Memoria, Ferramonti di Tarsia 9.30-12.30 Deposizione di una corona d’alloro al Monumento dedicato agli ex internati Saluti delle autorità Antonio F. Scaglione, sindaco di Tarsia Interventi di Demetrio Guzzardi, Antonio Coscarelli, Francesco Folino, Teresa Ciliberti, Francesco Panebianco Tavola rotonda, Ferramonti oggi, nell’arte e nella cultura, moderano: Paul Paolicelli e Paolo Coen; partecipano Sergio Barletta, Carlo Fanelli, Stanislao de Marsanich, Claudio Gaetani e Giusy Meister, con letture di Imma Guarasci tratte dal libro Un combattente per la libertà d’Italia, di Antonio e Salvatore Coscarelli, Cosenza, Editoriale Progetto 2000, 2013 On.le Cécile Kyenge Grispino, Conclusioni
sabato 20 aprile 2013
XIII
Lezione di giornalismo Intervista inedita fatta tre anni fa ad Amedeo Ricucci, giornalista rapito in Siria. Parole più che mai attuali
Inviato di guerra, tra paura e passione di Lucia De Cicco
«Dietro un inviato di guerra c’è sopportazione e passione. Credo in quest’ambito del giornalismo, in sostanza mi occupo solo di guerra e lo faccio per un’area abbastanza estesa, perché comprende il nord Africa, l’Afghanistan, l’area exSovietica, il Medio Oriente. Lavoro in queste aree, documentandole e seguo cosa succede in questi luoghi, cosa che oggi è aiutata anche dal Web. Un giornalista di guerra si avvale dei contatti di persone, che lavorano sul posto. Un reportage non lo fa solo il giornalista, ma anche il cameramen, l’interprete, e le altre persone che aiutano a cercare le varie situazioni, che possono rendere l’idea di ciò che succede. Caratteristiche per le quali un giornalista di guerra ha scelto questo lavoro e non un altro». Questo è quanto affermava Amedeo Ricucci qualche anno fa a Cetraro, ospite d’ onore in un convegno pro immigrati. Di seguito l’intervista rilasciata. Il mestiere dell’Inviato di Guerra... La figura dell’inviato non esiste più, è stata abolita per contratto sindacale. Gli inviati sono, adesso, a tempo, non c’è più la qualifica speciale. Essa corrispondeva a un periodo in cui era determinante il fatto che ci fossero dei giornalisti sul posto per i vari avvenimenti internazionali e di cronaca. Perché proprio giornalista di guerra? Perché occupandomi di Esteri ed essendo specializzato in relazioni internazionali vuol dire spesso e volentieri guerra. Una specializzazione forzata quella che si viene a determinare. Poi si coltiva con gli studi e ci si appassiona a girare il mondo adattandosi a situazioni non certo agevoli, ma, appunto, la molla è la passione. Penso, però, che vi sia passione anche nell’inviato di calcio o di moda. In questo mestiere si è tutelati con le scorte... e quali sono i rischi? No, scorte no. I rischi sono tutti i giorni, così come tutti i giorni c’è la paura. A chi dice che fa l’inviato di guerra e non ha paura, a chi vanta il presunto coraggio degli inviati di guerra, dico: non sa di cosa parla. Io ho paura come hanno paura tutti sotto le bombe, in un conflitto a fuoco. La paura, però, in un giornalista che fa questo mestiere va controllata, altrimenti si rischia di fare passi falsi. Si dice sempre che se un giornalista rischia molto e ci lascia la pelle, poi non ha la notizia da portare a casa. Questo mestiere non è fatto di gesti
«Io ho paura come tutti sotto le bombe La paura, però, in un giornalista che fa questo mestiere va controllata, altrimenti si rischia di fare passi falsi»
eroici, ma di attenzioni quotidiane. Facendo questo lavoro capitano situazioni in cui muore il collega accanto, ma, purtroppo, penso che possa succedere anche agli operai che salgono sulle impalcature e ci sono spesso delle morti. Ragazzo del Sud... deve essere stato difficile intraprendere la carriera giornalistica? Non credo conti il luogo di nascita. L’essere nato al Sud dona la capacità di adattarsi a situazioni varie, che si trovano per il mondo. Per fare questo mestiere serve l’adattamento da un albergo a cinque stelle a una catapecchia, dove, ci sono topi e scarafaggi. Si passa da 58°C dell’Iraq a -36°C della Siberia. Se non ti adatti, non vi ritorni. Che cosa consiglierebbe a un giovane giornalista che vuole fare questo mestiere? Io non consiglio ai giovani di fare l’inviato di guerra, nel senso che deve essere una cosa che si ha dentro e, difficilmente, si impara. Ai giovani consiglio di studiare, per evitare l’abbassamento dei livelli di preparazione nelle nuove leve giornalistiche. Come in tutti i mestieri a scuola s’impara sempre di meno e, invece, il mondo di oggi necessita di sempre nuove conoscenze. Non basta avere una laurea, si deve apprender di più, e solo la conoscenza permettere di affrontare la sfida che la rivoluzione tecnologica impone. Internet si deve sapere usare, non vuol dire solo chattare e fare vedere le foto agli amici, serve la capacità per fare bene questo Amedeo Ricucci mestiere di essere dispofotografato al tempo dell’intervista sti a fare sacrifici. Se ci si a Cetraro e, in alto, durante vorrà occupare di relauna sua missione zioni internazionali e di guerra, non si deve pensare che fare l’inviato sia sfoggiare le proprie pashmine davanti lo schermo. Riuscire nella vita vuol dire fare gavetta, sacrificarsi. I ragazzi sono pronti alle carriere facili, forse perché in alcuni settori è possibile: la mania delle raccomandazioni ha invaso tutto. Io sono uno di quelli che si sono fatti da soli; e lo raccomando a chi ha doti, costanza e passione e si va avanti.
XIV
sabato 20 aprile 2013
Tra i banchi del Senato La scuola di Cerisano fa visita a Palazzo Madama
Metti un giorno da politici... politici
La “delegazione” cerisanese (foto Matteo Pio Manna)
Roma, riserva sempre una grande attrazione su chi poco la conosce o non la conosce affatto. L’arte e la bellezza si legano anche perfettamente con il fascino della politica che si svolge nei suoi palazzi del potere. La scuola di Cerisano fa visita a palazzo Madama, sede del Senato, anfiteatro delle grandi decisioni politiche. Il divieto di ripresa e di fotografia rende il tutto più prestigioso e austero. Il capo della sicurezza seduto tra i banchi osserva un gruppo di ragazzini di quinta primaria e secondaria di primo grado, che con lo sguardo meravigliato siedono come meglio desiderano tra le file dei vari partiti. Matteo, Francesco, Mario Alessandro e Andrea sulle sedie dei Grillini, Fatima, Davide, Fabrizia, Chiara sulle sedie del Pdl, le secondarie di 1° grado e i professori nelle file del Pd. Bocche meravigliate, a scorgere la vastità del luogo, in cui il rosso- oro domina, in Tv appare davvero piccolo, con le sue inquadrature dall’alto, luogo riservato alla stampa, un tempo agli ambasciatori. Colpisce da subito il cambio della guardia all’entrata di palazzo Madama, due militari arrivano e uno di essi occupa il posto dell’uomo, che muove solo gli occhi con la sua arma tra le braccia, a mo’ di creatura. Si entra e ci sono i rulli, su cui posare borse ed effetti personali per il controllo di routine e le porte con segnale al passaggio. Qualcuno suona, ma la colpa è solo di qualche macchina fotografica, molto sensibile. Il palazzo che si trova nel borgo più antico di Roma è a un passo da piazza Navona e fu nel ‘700 uno dei palazzi dello Stato pontificio, acquistato da Benedetto XIV, si trova in corso Rinascimento. Ci facciamo raccontare l’impressione su palazzo del Senato da qualche studente, in particolare da Mario e Matteo di quinta elementare (maestra Maria Teresa e Graziella), Matteo è portavoce per il nostro giornale. «C’era molto spazio e la stanza che mi ha colpito di più è la “stanza dello Struzzo” che è la sala della Madama. C’erano delle tele, quattro gli affreschi totali e numerati, due in particolare la 123 e l’altra 552, mi sono piaciute: una era Gesù con i discepoli di Emmaus e l’altra Alessandro Magno. La Madama (era Margherita d’Austria, che diede il nome al palazzo, poiché in seconde nozze con Ottavio Farnese vi soggiornò per lungo tempo, segnando il passaggio del palazzo dall’influenza Francese a quella Austriaca) era una nobil donna dell’epoca e lo struzzo è simbolo dell’ influenza austriaca, poiché le parole Austria e struzzo nella lingua originaria erano molto simili. Mi ha colpito lo scricchiolio del pavimento che era in legno di 142 anni fa e anche nella Camera vi era, ma oggi c’è la moquette».
Il capo della sicurezza seduto tra i banchi osserva un gruppo di ragazzini di quinta primaria e secondaria di primo grado, che con lo sguardo meravigliato siedono come meglio desiderano tra le file dei vari partiti
«Mi sono seduto nella seconda fila, parte centrale vicino l’ingresso e ci sono dei computer stenografi con venti tasti totali ciascuno, e tutto arriva ai mezzi di comunicazione tramite il web. Al centro dell’aula, che un tempo era il parcheggio delle carrozze della famiglia Medici, sono posti un tavolo con quattro sedie per registrate il tutto. Da non credere che ogni banco non era un banco normale, ma una poltrona grande, diciamo un posto e mezzo, con targhetta per apporre i nomi, per il momento solo quello dei senatori a vita. Davanti ogni poltrona c’era un tavolino che si apriva con un dispositivo di microfono e tasto per la votazione». E dalle nuove elezioni cosa è successo nella sala dei bottoni? «Succede che ci sono state poche riunioni solo una decina, ma ancora il Governo non c’è e una di queste doveva esserci nel pomeriggio». Una curiosità, che ci riferisce Matteo è che il colore della sala è variato nel tempo, dal passaggio dalla monarchia alla Repubblica, dall’azzurro al rosso-oro. C’è uno schermo proiettore dell’assemblea che descrive come hanno votato i Senatori, con l’accensione delle lucette gialle. Nell’aula una serie di tavoli con la seduta degli uomini più importanti d’Italia e dall’espressione dei bambini, dal più piccolo al più grande con al centro una poltrona gigante, dove si siede il “padrone” della Camera. I bambini accompagnati da una guida, che ha narrato loro la storia del Senato, dall’origine ad oggi, hanno incontrato, lungo il percorso, uno dei senatori, Maurizio Gasparri, che li ha salutati con la mano, mentre era impegnato al telefono. E all’esterno il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. All’interno del palazzo è posto anche un giardino con una statua donata da un’artista siciliano, raffigurante la Madama e una fontana e in ogni stanza il contrasto con la tradizione e l’epoca la faceva un tablet posto su un ambone, per l’informazione digitale. In una delle stanze il busto di Garibaldi, con accanto quello di Benito Mussolini e la lupa con Romolo e Remo in bronzo. Altra curiosità, una tela con un errore compiuto dall’artista, che riproduce il vecchio Senato in chiave moderna a pianta circolare e non con la classica destra e sinistra, nuovo simbolo della circolarità e della democrazia degli opposti. E poi il racconto di tanta storia del diritto, su come si diventa senatori, per elezioni, per meriti culturali, e a vita come il caso dei presidenti della Repubblica. Altra curiosità un balcone grandissimo della stanza delle finanze, su cui avveniva nel passato l’estrazione del lotto. Ldc.
sabato 20 aprile 2013
Il meglio in vetrina
Il grande patrimonio calabrese Il 23 aprile in occasione della Giornata mondiale del libro al Palazzo Arnone di Cosenza incontriamo i “percorsi” di Mario Vicino
Martedì 23 aprile 2013, alle ore 10.00, a Cosenza, palazzo Arnone, sede della Soprintendenza per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici della Calabria e della Galleria nazionale di Cosenza, si terrà, in occasione della Giornata mondiale del libro e del Diritto d’autore, un incontro con Mario Vicino, autore del volume Arte in Calabria
Tre inaugurazioni in un giorno al Maca di Acri
La festa del contemporaneo Sabato 20 aprile 2013, a partire dalle ore 17:30, al Maca (Museo arte contemporanea Acri) verranno presentati tre nuovi progetti espositivi che, oltre ad arricchire ulteriormente il curriculum di mostre del museo ai piedi della Sila - se ne contano 20 dal 2007 a oggi -, intende supplire alla mancata istituzione, per il 2013, dell’annuale Settimana della cultura del Mibac. Si tratta di una vera e propria festa dell’arte contemporanea made in Calabria, dato che tutti i protagonisti della giornata sono originari della regione. Le sale del Piano Nobile di palazzo Sanseverino-Falcone, sede del Maca, ospiteranno, a partire da sabato 20 aprile e fino a domenica 16 giugno p.v., la personale del pittore Pino Chimenti, che rientra nell’ambito del progetto Bancartis, promosso da Bcc Mediocrati, attraverso cui, annualmente, l’istituzione bancaria e il museo di Acri collaborano per promuovere la cultura e l’arte sul territorio. «Attraverso i microcosmi pittorici di Chimenti - spiega Boris Brollo, curatore della mostra -, fatti di miti personali e personaggi ludici e surreali, si intravede un moderno maestro del racconto di questa terra calabra appartenuta a una grande storia e le cui radici trasudano ancora di questo passato glorioso».
- Storia opere percorsi (editrice Libreria “Aurora”). Interverranno all’iniziativa, moderata dallo scrivente: Fabio De Chirico, soprintendente Bsae della Calabria; Adriano Ritacco, presidente nazionale della Federazione italiana dei club e centri Unesco; Rosanna Caputo, storico d’arte in servizio presso la Soprintendenza Bsae della Calabria; Rita Fiordalisi e Adele Bonofiglio, funzionari Mibac. L’opera di Mario Vicino ripercorre, in maniera approfondita, il rilevante patrimonio storico-artistico calabrese. Trovano, infatti, spazio nel lavoro di Vicino l’abbazia della Sambucina, la cattolica di Stilo, il San Ladislao di Simone Martini, l’Immacolata di Pietro Negroni, il polittico del Vivarini, il San Sebastiano di Mattia Preti e tantissime altre testimonianze d’arte che connotano mirabilmente la nostra regione. Silvio Rubens Vivone
La Sala Estemporanea ospiterà, invece, l’installazione Esseri trasparenti dell’artista e maestro del vetro Silvio Vigliaturo, di cui il Maca ospita una collezione permanente di oltre duecento opere, tra dipinti e sculture. L’opera, realizzata appositamente per essere esposta al museo di Acri, è composta di tre sezioni poste in stretta relazione una con l’altra, ognuna frutto di una distinta modalità espressiva. Pittura, scultura in vetro e video-arte danno vita a un ricco dialogo sulla trasparenza, che l’artista intende come valore universale e imprescindibile per gli uomini contemporanei, esortando gli spettatori a farsene portatori. Nelle undici sale che ospitano la collezione permanente delle opere di Vigliaturo, troveranno posto i lavori dei dodici giovani artisti calabresi vincitori del progetto Young at art, promosso dal Maca in collaborazione con l’associazione Oesum Led Icima. Anna Capolupo, Maurizio Cariati, Salvatore Colloridi, Marco Colonna, Giovanni Fava, Giuseppe Guerrisi, Salvatore Insana, Giulio Manglaviti, Domenico Mendicino, Mirella Nania, Gregorio Paone e Giusy Pirrotta, esponenti dell’intera gamma di modalità espressive dell’arte contemporanea (dalla pittura, alla video-arte, passando per la scultura, l’installazione, la fotografia e il collage digitale), «restituiscono alla perfezione quella diversità di prodotti che è l’indizio principale della ricchezza della Calabria artistica - commentano i curatori Massimo Garofalo e Andrea Rodi -, che sta finalmente cominciando a credere in se stessa e nelle proprie potenzialità. Dodici giovani talenti per dodici linguaggi nuovi che raccontano della freschezza di un territorio in rinascita».
XV
XVI
sabato 20 aprile 2013
L’onda della musica Il 13 luglio David Knopfler in concerto a Reggio Calabria
Note internazionali sullo Stretto Dopo il grande successo del concerto pasquale dei Negrita al Teatro Cilea, “Fatti di Musica Radio Juke Box 2013”, la ventisettesima edizione della rassegna del miglior live d’autore ideata e organizzata da Ruggero Pegna tornerà a Reggio Calabria con un altro prestigioso appuntamento internazionale. Sabato 13 luglio, con inizio alle 21.30, nella magica cornice dell’Arena dello Stretto, unica al mondo, “Fatti di Musica” presenterà il concerto di David Knopfler con la sua band: Martin Ditcham, batteria, Pete Shaw, basso, Harry Bogdanovs, chitarre. Il cofondatore e componente del celeberrimo gruppo dei Dire Straits arriverà in Italia a luglio per pochi attesissimi concerti del suo “Electric Guitar Tour”, in contemporanea con il fratello maggiore Mark, che suonò nel palasport reggino nel giugno del 2005. Per una bella coincidenza i due ex Dire Straits suoneranno nel nostro Paese negli stessi giorni, regalando ai tantissimi fan italiani le intramontabili perle che resero la band amata in tutto il mondo. David Knopfler, cantante e chitarrista, fondò i Dire Straits insieme al fratello nel 1977, incidendo con loro brani leggendari della storia del rock, come “Sultans of swing”, “Water of love”, “Where do you think you’re going?”, “Communique’”, “Lady Writer” e molti altri, fino a parte della registrazione di “Making Movies”. Da solista ha poi inciso ben dieci album, dal primo “Release” a “Song to the Siren”. Più rari rispetto a quelli del fratello Mark, i tour internazionali di David Knopfler sono degli autentici imperdibili eventi per chi ama ancora i suoni della celeberrima band, ma anche per chi vuole scoprire i diversi percorsi da solista dei due ex ragazzi di Glasgow. La prevendita dei biglietti (prezzo unico euro 26,50, compreso diritti di prevendita) è partita giovedì 18 aprile in tutti i punti abituali e Ticketone (online al sito www.ruggeropegna.it). «Sarà un concerto speciale - ha detto Ruggero Pegna annunciando l’evento - anche per la particolare atmosfera che si creerà con lo sfondo impareggiabile dello Stretto e della Sicilia. Penso che chi ama ancora i Dire Straits vivrà una serata piena di emozioni! Ringrazio - ha concluso Pegna - gli uffici comunali competenti e i commissari per la disponibilità della struttura, sperando che presto si risolva anche il problema dei crediti pregressi della mia società relativi ai noti spettacoli non pagati dall’amministrazione Raffa».
Cantante e chitarrista fondò i Dire straits insieme al fratello nel 1977, incidendo brani leggendari della storia del rock
Per informazioni sull’evento sono disponibili la segreteria della Show Net (tel. 0968441888) e il sito ufficiale www.ruggeropegna.it
Arriva Mariella Nava
Al via il concorso del festival “Trame di Lamezia”
Sanremo sì, Sanremo no
Dateci una mano
Lunedì 29 aprile ore 21 presso il teatro Officina delle Arti di Cosenza, sarà presentato l’ultimo lavoro di Mariella Nava “Sanremo sì, Sanremo no”.. un disco (il suo 15esimo) che raccoglie la gran parte dei successi che riletti e ricantati si attualizzano con nuove sonorità nel rispetto delle versioni originali. La formula sarà quella dello show case .. quindi circa 50 minuti acustici dove oltre la voce ed il piano di Mariella si uniranno al banchetto delle note del contrabbasso di Sasà Calabrese e la fisarmonica di Salvatore Cauteruccio .. 50 minuti di parole, racconti di vita e musica .. ci farebbe piacere avervi per farvi capire il valore di questa cantautrice che con la sua arte, la sua umiltà, il suo senso del “dovere” verso la musica ha scritto pentagrammi importanti per la nostra melodia...
Al via il concorso “dateci una mano” ideato da Guido Scarabottolo per la terza edizione di Trame Festival che chiede una mano a tutti gli studenti delle accademie d’arte calabresi.I partecipanti dovranno realizzare una mano reinterpretando liberamente il marchio della manifestazione e cercando di conservare un legame con l’originale e vanno consegnati entro il 10 maggio 2013. I lavori selezionati saranno oggetto di una mostra a Lamezia, durante il festival, e verranno pubblicati sul sito ufficiale e a giudizio insindacabile degli organizzatori, alcune delle opere selezionate potranno essere utilizzate negli stampati ufficiali e sul sito del festival. La giuria sarà composta da Silvia Barbagallo e Maria Teresa Morano della Fondazione Trame e dallo stesso ideatore, il grafico Guido Scarabottolo che ha tenuto nella scorsa edizione, il laboratorio Trame di segni, mentre quest’anno terrà nuovamente un altro laboratorio sul tema. Il concorso, oltre a mettere in moto la nuova edizione del Festival, prevista dal 19 al 23 Giugno, vuole essere uno di quei segnali che il festival rivolge ai giovani. «Quando l’anno scorso, sono stato a Lamezia in occasione di Trame due, una delle cose che mi ha colpito di più è stata l’entusiasmo di tanti giovani volontari - dichiara Scarabottolo-così ho cercato di capire come rendere il mio lavoro, che, in parole povere, è quello di fornire una immagine grafica al Festival, meno personale e più partecipato. Dateci una mano - continua il grafico- è il primo assaggio e avrà tutti i difetti dei tentativi iniziali, ma potrà darci indicazioni su come proseguire e credo che già nei giorni del festival, il laboratorio che vorrei tenere potrà essere focalizzato sugli sviluppi dell’iniziativa».
sabato 20 aprile 2013
Princeps pastorum Queste le prime umili parole proferite da Jorge Maria Bergoglio il 13 marzo dal balcone vaticano all’ “Habemus papam Franciscum”
a di Maria Spadafor
“Pregate per me!”, queste le prime parole umili proferite la sera del 13 marzo dal balcone vaticano all’Habemus papam Franciscum.. A queste parole, poi il roboante scrosciare di applausi, quindi tutta un’esplosione popolare, improvvisa, di affetto e di emozione per una figura di uomo mite: Jorge Mario Bergoglio. In una successiva occasione, l’uomo-Papa disse: «Io amo l’odore delle pecore!». Per queste sue parole ognuno riconosce in lui la figura del Buon Pastore. Ed è proprio in questa tipologia di uomo che si avverte il calore buono del carisma. Certo la Chiesa è stata e sarà sempre “agricoltura” di Dio, dove la potestà in essa non è dominare ma servire. Brilla, allora, la pagina biblica del pastore. In Ezechiele, in Luca. Ed è proprio attraverso questa pagina che splende la figura di uomopastore che ama come Jorge Mario Bergoglio, il gregge ove non c’è dominio, come al contrario ci fu in quello di un dominatore di popoli secondo Omero e Senofonte. Deve brillare, invece, l’umiltà perché essa è l’unica volontà di Dio; quella arcana volontà divina con i suoi grandi ed incommensurabili progetti, come quello che ha fatto di un umile, povero, figlio di ferrovieri, il suo Pietro-Papa Francesco. Allora ti viene di riflettere sulla Chiesa come pienezza di bontà; Chiesa che ritieni segno di una direttrice unica; solo così ti sembra di riconoscere la pericope: Chiesa pleroma del Cristo redento! Non solo, ma all’odierno sipario della violenza, degli omicidi, diventa, allora, tanto significativa la gloria di Dio, che (dopo due millenni di pontificato) irradia il nome sublime unico, straordinario della povertà: quel nome eccezionale dell’uomo nudo, mite ed amorevole verso i semplici: Francesco il santo di Assisi. Avrà influenzato senz’altro tale scelta anche il gesuita santo, Francesco Saverio. Sarebbe, però, un grande disegno di Dio quello che Papa Francesco possa considerare anche nella sfera dell’umiltà, della povertà e della carità luminosa di Dio, il nostro grande eremita, taumaturgo, nonché patrono di Calabria, San Francesco di Paola, il nostro santo che si è elevato alla gloria dell’altare con i suoi tanti miracoli … È proprio perché il nome Francesco per la Calabria, per la sua gente calabresi, per la sua chiesa, ricorda l’uomo della carità eccelsa, che la fede allora diventa coralità-devozione: che si fa direttrice di cuori ed azimuth di Cristo! Il nostro auspicio, comunque, è che il cammino di papa Francesco prosegua, come ha dimostrato con il suo carisma, sotto l’egida dei santi: Francesco d’Assisi, Francesco Saverio e Francesco di Paola; è che non dimentichi “il clamore dei miseri”, dei sofferenti, dei malati e dei piccoli. Allora ben vengano i versi del poeta Francesco Nigro Imperiale, che con la sua lirica così tanto enuclea sull’umile pastorale figura di Papa Francesco. ...Alguien que no Esperaba... le diò un Nombre! ...Ed ecco FRANCESCO! ...ora sei fra noi ! Sei il Nostro assetato di Preghiera;... ...e Sei già Luce! Sei Speranza! SEI IL BENVENUTO NOSTRO BUON PASTORE, che Ama,... Ama "l’odore delle Pecore!"... ...Tu hai gli occhi di cielo!... ...E PER ME,... PER NOI,... PER IL MONDO SEI El Angel Bueno;... Mi Voz../Mi Corazòn;… Esencia de DIOS !
...El mismo Francisco ! ...Ahora tù eres de nosotros ! Tù eres nuestro Sediento de oraciòn;... ...Y tù eres ya Luz ! Tù eres Esperanza ! Tù eres Bienvenida Nuestro Bueno Pastor, que ama,..ama "el olor de las ovejas ! " ...Tù tienes los ojos de cielo !... ....Y para Mi,... Para Nosotros,... Para el Mundo tù eres El Angel Bueno ;... Mi voz / Mi Corazòn;... Esencia de Dios!
Il suo nome per la Calabria, per la sua gente, per la sua Chiesa, ricorda l’uomo della carità eccelsa La fede allora diventa coralitàdevozione Allora ben vengano i versi del poeta Francesco Nigro Imperiale
Pregate per me
Papa Francesco I
A Isola Capo Rizzuto la reliquia di Giovanni Paolo II
Totus tuus Due giornate intense di preghiera, meditazioni e incontro di tutta la comunità parrocchiale di Isola Capo Rizzuto, sono state vissute alla presenza della reliquia del beato Giovanni Paolo II, giunta in paese da Vibo Valentia. «Una “peregrinatio” speciale, - spiega un comunicato stampa delle Misericordie - voluta dall’Unitalsi nazionale in questo anno di celebrazione dei 110 anni di fondazione dell’associazione che, partita dal Lazio, si estenderà a tutte le sezioni e le sottosezioni dell’intero territorio italiano. L’evento va a collocarsi fortuitamente anche nell’Anno della fede, promosso da Papa Benedetto XVI, divenendo occasione propizia per rivedere la nostra identità cristiana alla luce degli insegnamenti del beato Giovanni Paolo II, un pontefice molto amato e conosciuto da tutti, per aver mutato fortemente le sorti dell’umanità, attraverso gesti, encicliche e moniti che rimarranno indelebili, nella memoria storica». La reliquia, consiPapa Giovanni Paolo II stente in un pezzetto di stoffa intriso di sangue del talare indossato dal papa il giorno del suo attentato in Piazza San Pietro il 13 maggio 1981 (anniversario della prima apparizione della Madonna di Fatima), è contenuta in una teca accanto ad una piccola statua donata da una suora polacca e benedetta dallo stesso Giovanni Paolo II, prima di morire, che esprime in maniera davvero eloquente il motto che questo papa ha scelto per il suo pontificato: Totus tuus. Essa rappresenta la figura di una madonnina che sorregge il papa in un abbraccio avvolgente, a significare l’intervento miracoloso che lo stesso papa ha attribuito alla Madonna, salvandolo da quell’attentato, ma anche l’affidamento totale del suo pontificato alla Vergine di cui era innamoratissimo.
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sabato 20 aprile 2013
Narrativa Ancora una volta per parlare di noi e di politica...
Per le strade del paese di Giuseppe Aprile
Ieri sera ho passeggiato per le strade del mio paese, come una volta, quando ero ragazzo in formazione ed in cerca di saperi, con il mio solito amico professore Capogreco e ci siamo riferiti alle vecchie discussioni che facevamo sulla politica locale e nazionale. Ho riscontrato le differenze tra quando avevamo solo dirette esperienze di vita locale e a quelle nazionali pensavamo tenendo conto delle notizie che ci venivano dai mezzi di comunicazione, sicuramente scarse rispetto ad ora; ed alle nostre capacità di capire, dando sembianze alle cose, tenendo conto da una parte delle nostre culture influenzate decisamente dai libri che leggevamo e dall’altra da una visione che rispecchiava quanto si andava a sapere dallo stare con interesse e abnegazione a tutto quanto ci poteva aiutare a capire, farci la nostra idea, partecipare alle cose della politica e della cultura. Mi colpiva la certezza delle differenze, dovute all’età di entrambi, e soprattutto alle conoscenze che oramai avevamo in formazione vivendo fuori paese, io a Reggio Calabria e lui a Siderno, sempre sotto l’influenza dei nuovi ambienti e delle nuove esperienze che la vita ci consentiva di fare, una volta usciti da decenni di ristrettezze ambientali di un paese che per tanti anni ci aveva tenuto in ostaggio di cose che pensavamo definitive. Ed invece, ora, ci troviamo con un mondo nuovo di esperienze perché la vita e le nostre tendenze lavorative e culturali ci hanno portato dove mai avremmo creduto di arrivare. Non sapevamo, almeno io in modo particolare, che un giorno saremmo passati da conoscenze scaturite da esperienze di vita locali, ad un modo di vedere e di pensare che il nuovo mondo del nostro domani, ci avrebbe assicurato e, per certi versi, consentito ed imposto. Alla luce del nostro nuovo orizzonte culturale, abbiamo dedicato del tempo ai sempre tormentati discorsi sulla vita del paese; per le quali risultano sempre elementi di valutazione che puntano a capire del perché di allora, delle condizioni della nostra giovinezza e del perché di una condizione fatta di poteri che pensavamo invincibili, di ristrettezze sociali dovute al dominio politico di un invadente personaggio che sottometteva i nostri genitori, la loro generazione e noi stessi che avevamo, rispetto ad essi, la tendenza al superamento storico di una fase di vita che comunque a noi appariva battibile e contro la quale abbiamo speso importanti nostri sentimenti e tanta parte delle nostre giornate. Tra noi, i nostri genitori e tutta la loro generazione, c’era questa differenza sostanziale. Loro pensavano alla quotidianità senza immaginare l’evoluzione della società e della politica. Per loro quello che era non si prestava a cambiamenti e rientrava in una normalità di vita a cui si restava assuefatti come a cosa di sempre. E il compito loro era di rispettare le cose, vivere il resto della vita e l’intimità famigliare e sociale magari lasciando la politica come fatto estraneo, non del tutto necessariamente da intendere come momento senza possibili o comunque necessarie modifiche. In verità, era anche vero che la vita noi giovani la intendevamo in una maniera e i nostri padri in un’altra. Forse perché andavamo alle scuole superiori ed avevamo, anche agli occhi dei nostri genitori, il compito di puntare ad una vita futura diversa, nel mentre loro sgobbavano sulla terra, in campagna, e affrontavano la normalità della vita in paese che era fatta di pensieri e di fatti legati solamente alle cose evidenti. Noi, diversamente dai nostri genitori, non avevamo per nulla il peso della quotidianità e con assoluta tranquillità non ci ponevamo problemi a cui, invece, pensavano loro, avendo in noi figli coloro che avrebbero avuto altri ruoli rispetto al loro ed altri fini per una vita migliore. Loro lavoravano, noi studiavamo; almeno noi figli che esprimevamo qualche tendenza al sapere, alla scuola. I figli eravamo una speranza per il futuro, ovviamente. Anche quelli che continuavano a fare i lavori perpetuando la tradizione dei genitori. Perché mai s’è pensato alla possibile fine del lavoro e della vita di sempre; che si protraeva da generazioni la cui caratteristica e la cui origine si perdeva nella notte dei tempi passati. Nel futuro, in paese, ci sarebbero stati più professionisti, professori, geometri, avvocati, medici, ingegneri; meno zappatori, potatori, falegnami, fabbri, contadini vari, gente da piccone e pala. Il lavoro sarebbe diventato meno massacrante di come
I nostri genitori pensavano alla quotidianità, a noi figli invece spettava il compito di pensare al futuro
era stato per i nostri genitori e più produttivo anche di qualche lira per vivere meglio. Questo si percepiva bene assieme al fatto che tanti cambiavano vita rispetto ai genitori: non avrebbero mai dovuto zappare la terra e si sarebbero dedicati alla vita di scuola o di ufficio o, al massimo, si sarebbero arruolati nei carabinieri se in possesso della licenza media, acquisita per potere aspirare ai gradi superiori con il tempo. Appena sul corso e verso la fine del paese, laddove cominciava a vedersi la curva di Cresima e per Condojanni, dove avremmo potuto anche alzare la voce senza disturbare alcuno, il discorso divenne molto più impegnato di come si poteva prima immaginare. Perché, lui per un verso, io per l’altro, eravamo agguerriti per andare oltre quanto riuscivamo a sfiorare da giovanissimi. Le conoscenze nuove, l’esperienza acquisita, i nostri percorsi culturali e sociali oramai avevano acquisito maggiormente i crismi della maturazione e degli approfondimenti per cui la voce usciva più convinta e più decisa fino al punto che, una volta l’uno, una volta l’altro, esageravamo nell’alzarla, convinti di una grande ragione che esprimevamo per cui non si accettavano limiti nel discutere ad alta voce e con convincimento profondo e determinato. Quali, in sostanza, i termini del colloquio? In linea di massima si evidenziava una comune linea di tendenza politica. Oggi la sinistra va ritenuta inesistente per me, ancora presente per lui. Con un finale in comune. Che la sinistra esiste per tutti come valore storico e non più come punto ideologico, che non vive più ancora, sicuramente nei
sabato 20 aprile 2013
Narrativa Dipinto di Antonio Capogreco (olio su tela)
titi politici e culturali, oramai hanno fatto il loro tempo e non è per nulla scandaloso doverli ritenere negativi come forze in grado di influenzarci. Non solo nel senso che lasciano le lancette del nostro tempo ferme, in modo da costituire autentico ostacolo al procedere in fatti innovativi e di pensiero adeguato alle maturazioni dell’oggi, ma anche perché rischiamo di subire limiti laddove serve capire al meglio questa fase e la nuova cultura politica presente. In questo senso io ho sostenuto la tesi che non deve riguardarci la negazione dell’esistenza di una sinistra nelle discussioni e nei dibattiti politici della contemporaneità, anche laddove il discorso cade in termini di storia vera, ma addirittura negare ci si libera di restare nelle folte logiche che nel passato hanno troppo sintetizzato le cose in termini di destra e sinistra anche laddove si doveva capire che la cultura è ampiezza di idee e che la storia non poteva e non doveva negare la filosofia ed il tempo. Oggi vale tutta la storia del pensiero umano e politico su cui abbiamo sofferto e lavorato tanto con mente e corpo per le fasi politiche che ci hanno visti protagonisti. C’è che l’innovazione, oggi richiede, non tanto per il nostro originale pensiero, quanto per quel che sta avvenendo storicamente nella discussione politica che fa vedere chiaramente come le passate logiche delle teorie comuniste, socialista ed anche capitalistiche e liberali, oggi vanno viste liberando senza incertezza la mente dalle pastoie delle logiche antiche. Sopratutto in politica, quindi, si tratta di vedere le cose con mentalità nuova e, comunque, sapendo che non c’è cultura, sapere, capacità critica se non si ha coscienza che la vera cultura è libertà, la vera filosofia d’oggi è conoscenza senza remore, non ci si può accostare ad un qualsiasi problema se la nostra mente resta incastrata da idee del passato che non vanno buttate via, ma devono costituire ragione di orientamento e di confronto sapendo che, nell’orizzonte politico e culturale di oggi e di domani, nulla resta immutabile e tutto va rapportato alle risultanze sia sul piano delle ricerche scientifiche, sia sul piano delle nuove conquiste del pensiero e del lavoro. Con pensiero rivolto alle grandi idee e alla grande esperienza che ci vede assolutamente impegnati con costanza e senza incertezze o cedimenti, appare sempre attuale la critica rivolta al luogo del nostro operare dove addirittura, nonostante innovazioni e nuove cose, la vita è peggiorata tanto che qualche volta ci è venuto di dire “si stava meglio quando si stava peggio”. Che non sia vero che tante volte quello che appare innovazione, nei fatti è un cattivo modo di vedere che richiede più attenzione e più scrupolosità di analisi? Non va assolutamente escluso. Anche il sapere ha tanto di relativo. Comunque, di verità storica, non assoluta per sempre si deve riferire sempre perché i discorsi non siano convenevoli e formalità senza costrutto.
termini del passato, ma nei fatti perché sinistra oggi vuol dire stare dalla parte dei lavoratori, degli sfruttati, dei poveri, dei non protetti, della gente comune, di chi vive del proprio lavoro e basta, della società che vive senza privilegi e senza prevaricazioni come quella del forte sul debole, del ricco sul povero. Camminavamo sull’onda dell’idea che, mentre una volta esisteva una grande organizzazione di partiti che identificavano la loro tesi sulla difesa dei lavoratori e del lavoro, di contro ai capitalisti, oggi esiste egualmente una diversificazione nel corpo sociale. Però, ideologicamente, le cose sono stravolte dalla caduta delle ideologie e da quanto è avvenuto di nuovo nel corpo delle idee politiche che sono diventate un valore quasi in disuso, a vantaggio di opinioni individuali, di organizzazioni che, per essere innovative, amano definirsi lontane dalle ideologie, ovviamente sbagliando, sia a parere mio che a quello del prof, Capogreco in quanto l’eguaglianza non è certo un valore affermato. Oggi le differenze non solo non si sono ridotte ma, in tantissimi casi, sono diventate di maggiore consistenza. Tanto è vero che in molti affermano che i dislivelli sociali sono aumentati, le differenze sono più gravi che mai, ricchi e poveri sembra siano destinati a mantenersi nel futuro per la condizione che hanno acquisito, sembra, definitivamente. Ho notato che il professore Capogreco, con insistenza che mi parve eccessiva, non demordeva circa la necessità di prendere atto che tante cose che nel passato hanno costituito baluardi per i nostri dibat-
Era il tempo delle scuole medie, ci affacciavamo al mondo, una giovinezza che ci sembrava eterna
Il professore Capogreco ha asserito, avendo ragione, che il ritrovarsi nei luoghi di sempre, della giovinezza e nel proprio ambiente dove si è maturato il meglio di noi ai tempi della formazione e delle prime conoscenze, è fatto di rilevanza assoluta. È bello e giusto, stimolante per ogni forma di attualità crescente del pensiero. La strada della zona che porta verso Condojanni, laddove ci si trova di fronte la meravigliosa parete della collina “Mante”, come uno schermo televisivo ma fatto di bellezza naturale, dei verdi cespugli di felci e virgulti di querce in crescita, arbusti di piante selvatiche e dove cresce l’asparago e tutto si presenta come una parete sempreverde di ulivi e grandi querce che un tempo davano la ghianda per i maiali, e che ora nessuno calcola più perché è finito un tempo prezioso e ricco di gente e di umanità e di lavoro, è la sede dei nostri ricordi giovanili; di interminabili discussioni sulla politica paesana, sulle teorie del marxismo allora dominante, sui valori ed i significati della letteratura emergente dei Verga, Manzoni, Pascoli, Carducci ed Alvaro. Era il tempo delle nostre scuole medie, dei nostri affacci al resto del mondo e della vita. E il fermarsi per tornare indietro, quasi istintivamente, laddove era la zona del cimitero con i suoi cipressi alti e sfilati verso il cielo ma sembianze di morte, s’è rivelata il simbolo che segna la fine della vita e del nostro dire. Era il limite delle nostre aspirazioni, il fermarsi di tutto perché infine, un giorno, il tempo ci avrebbe accomunato ai nostri avi, già sepolti nella terra del camposanto; anche se, per il momento, il nostro pensiero a tutto andava tranne al pensare che anche noi finiremo nella terra e nel nulla, solo ossa. La vita e la morte sembravano separati: quelli morti, noi vivi. E tutto sarebbe durato così. Giovinezze eterne e morti a noi estranee. Oggi si continua a parlare, riflettere e a considerare che tutto finisce, ma tutto diventa eterno nell’evolversi delle generazioni future.
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sabato 20 aprile 2013
Versi in campo La giornalista sportiva Rosanna Marani si aggiudica la seconda edizione del concorso
Il Premio Merini allo sport
Rosanna Marani Sopra, Alda Merini
Con la lirica dal titolo “Veglia”, Rosanna Marani, di Milano, prima giornalista donna sportiva italiana, si è aggiudicata la seconda edizione del Premio “Alda Merini” di Poesia, promosso e organizzato dall’Accademia dei Bronzi e dalle Edizioni Ursini, con l’adesione della Camera di Commercio di Catanzaro. Gli altri cinque finalisti, considerati tutti ex-aequo, sono Michele Belsanti di Roma, con la lirica “Non è eterno il dolore”; Maria Pompea Carrabba di Termoli, con “Siede la Regina alla destra del Re”; Vanes Ferlini di Imola, con “Tu sconosciuto: ad un donatore”; Maria Teresa Infante di San Severo (Foggia), con “Voglio sentire” e Giovanni Pistoia di Corigliano Calabro, con “Le parole che ascolto”. A tutti sarà assegnata un’artistica targa di argento realizzata per l’occasione dal noto orafo crotonese Michele Affidato. Ricordiamo che nel corso della manifestazione programmata per sabato 20 aprile, alle ore 11, nella Sala delle Culture della Provincia di Catanzaro, saranno consegnate anche due medaglie del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: la prima, alla carriera, è stata assegnata al giornalista Vincenzo De Virgilio; la seconda all’artista Pasquale Macrì, autore dell’opera “Alda Merini, i giorni della gioia” utilizzata dall’Accademia dei Bronzi per illustrare la copertina dell’antologia “Mille voci per Alda” realizzato con le migliori liriche partecipanti al concorso. Due premi speciali, non a concorso, andranno invece al dottor Francesco Calabrò, ufficiale medico nelle missioni di pace, e a Maria Pia Furina, odontoiatra con la passione della poesia, per l’opera “Come le mie mani”. Oltre ai suddetti premi saranno assegnate targhe di merito a numerosi altri poeti provenienti da tutta Italia. Le poesie premiate saranno lette da Adele Fulciniti che sarà accompagnata dal chitarrista Tony Samà. A fine manifestazione si esi-
Con la lirica dal titolo “Veglia”, alla prima giornalista donna sportiva italiana il Premio di poesia promosso e organizzato dalla Accademia dei Bronzi e dalle Edizioni Ursini
biranno i fratelli Andrea e Alessio Bressi e il cantante Michele Tosi. «Il premio Merini - afferma Vincenzo Ursini - ha ottenuto un successo strepitoso. Abbiamo tante di quelle richieste da non poterne più accoglierne altre. Una manifestazione, insomma, che sarà ricordata non solo come la prima in Italia per numero di adesioni, ma anche perché siamo stati costretti a dire di no a centinaia di persone che intendevano essere presenti alla premiazione. Tutto questo senza aver avuto un solo euro da parte delle istituzioni».
Chi è Rosanna Marani Rosanna Marani scrive poesie da qualche anno. Ha esordito nel giornalismo alla Gazzetta dello Sport il 18 novembre del 1973, con un’intervista esclusiva a Gianni Rivera in silenzio stampa da 6 mesi. Ha collaborato quindi con Il Giornale d’Italia e il Resto del Carlino sotto la guida di Gualtiero Vecchietti e di Italo Cucci. È stata la prima donna a diventare giornalista professionista sportiva nel 1976 ed è stata anche la prima giornalista a condurre una trasmissione sportiva in TV. Successivamente, la sua carriera si è sviluppata interamente in televisione. Per Telemilano, la prima rete televisiva Fininvest, è stata inviata dei notiziari, di Buongiorno Italia, di Wiva le donne, di Record, di Superflash e de Gli speciali. Per la Rai ha lavorato in: Giorni d’Europa, 7 Giorni al Parlamento, È quasi goal, Il processo del lunedì, Tv7, TG3 Telesogni. Tra le interviste realizzate, quella trasmessa dal Tg1 delle 13 a Rosa Bossi, madre di Silvio Berlusconi: l’unica intervista esistente. Durante un breve periodo a Telemontecarlo è stata inviata di Sport Show, del Tg e di Mondocalcio. Negli anni novanta, Roberto Tumbarello la chiama ad Odeon Tv per la rubrica “I Cavoli a merenda” all’interno della trasmissione Forza Italia, condotta dal giovane Fabio Fazio. A Telelombardia, negli anni novanta, partecipa a Novantesimo donna, programma condotto da Eliana Jotta, con una rubrica fissa in cui assegna voti di merito e demerito ai calciatori, bacchettando i comportamenti meno sportivi. Lavora quindi a Telenova come inviata di Fax 13, e ad Antenna 3: è inviata di Marinasumagol, Non solo bici, Antenna tredici, Visti a San Siro, Speciali cronaca e politica, nella quale intervista i politici tifosi. Tra non molto uscirà un suo primo dvd con 12 poesie da lei recitate, con sottofondo musicale della band “Diapason”, di Roma, le cui registrazioni si sono concluse proprio nei giorni scorsi.
sabato 20 aprile 2013
Pochi minuti per dire basta Un concorso promosso dall’assessorato alla Cultura della Provincia di Cosenza e dal Circolo della stampa “Maria Rosaria Sessa”
Ragazzi in campo contro la violenza sulle donne La violenza sulle donne ed in particolare sul fenomeno del “femminicidio” è oggetto di riflessione, già da qualche giorno, negli istituti scolastici superiori della Provincia di Cosenza per adempiere ad un progetto concorso predisposto dall’assessorato alla Cultura dell’amministrazione provinciale di Cosenza in collaborazione con il Circolo della stampa “Maria Rosaria Sessa”. Si sta parlando della seconda edizione del premio giornalistico “Maria Rosaria Sessa”, per il quale, sia l’assessore alla Cultura, Maria Francesca Corigliano, che il Circolo della Stampa di Cosenza, con presidente il giornalista Gregorio Corigliano, hanno investito in quanto strumento di crescita culturale e stimolo per il mondo giovanile nel cercare le forme migliori di lotta avverso il fenomeno della violenza sulle donne che rappresenta una condizione di inciviltà e arretratezza etica e morale. Il concorso prevede la realizzazione di uno spot tv della durata di un minuto per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della violenza sulle donne ed in particolare sul fenomeno del “femminicidio”, che gli studenti dovranno pensare di realizzare utilizzando le attrezzature in dotazione alla scuola o a livello personale. Ogni scuola partecipante potrà presentare massimo tre progetti ed ogni elaborato dovrà coinvolgere almeno quattro studenti fino ad un massimo di dieci portando nella scuola, comunque, un dibattito aperto mirato a scegliere le idee migliori come tradurle poi in immagini, testo e colonna sonora ad effetto, tenendo conto che gli spot migliori verranno inseriti negli spazi d’informazione televisiva. Le scuole superiori che intendono partecipare al concorso dovranno far pervenire entro il 10 maggio 2013, per mezzo raccomandata a/r, lo spot prodotto, in triplice copia dvd, assieme al materiale cartaceo delle schede progettuali, con la dicitura “Premio Maria Rosaria Sessa”, presso la sede della Provincia - Assessorato alla Cultura e Pubblica Istruzione - Viale Crati Contrada Vaglio Lise - 87100 Cosenza, o consegnare a mano entro le ore 12,00 del giorno di scadenza fissato. La valutazione dei lavori presentati sarà a cura di una apposita commissione giudicatrice composta dal presidente del Circolo della stampa “Maria Rosaria Sessa” o suo delegato, dall’assessore alla Cultura, Politiche giovanili e Pari opportunità della Provincia di Cosenza o suo delegato, da un rappresentante per ogni televisione privata che si impegna a trasmettere lo spot vincitore del premio. La giuria si riserva inoltre il diritto di assegnare dei premi speciali: “migliori riprese”, “migliore idea”, “migliore messaggio”. Il bando può essere consultato sul sito della Provincia di Cosenza www.provincia.cs.it e sul sito del Circolo della stampa www.giornalisticosentini.it. Tutte le scuole interessate al progetto debbono comunicare la loro partecipazione segnalando il nome del referente utilizzando i seguenti indirizzi e-mail: info@giornalisticosentini.it e ggiardini@provincia.cs.it o a mezzo fax al n. 0984/814570.
L’iniziativa prevede la realizzazione di uno spot tv per sensibilizzare l’opinione pubblica, che gli studenti dovranno realizzare utilizzando le attrezzature in dotazione alla scuola
Grasso a Reggio per i riconoscimenti
Gerbera Gialla per la giustizia Alla presenza del presidente del Senato Piero Grasso, il 3 maggio, a Reggio Calabria, il coordinamento nazionale antimafia “Riferimenti”, conferirà i premi “Gerbera Gialla 2013”. «Per la Giustizia - spiega una nota - i riconoscimenti andranno : per la Campania ai magistrati Franco Roberti procuratore della Repubblica di Salerno; Federico Cafiero De Raho procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, già sostituto della Dda di Napoli; Giandomenico Lepore già procuratore della Repubblica di Napoli, al quale invece, andrà la “Gerbera Gialla” alla carriera. Per la Calabria saranno premiati il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, il procuratore della Repubblica di Catanzaro Vincenzo Lombardi e il sostituto procuratore generale di Catanzaro Marisa Manzini. Altri riconoscimenti andranno al direttore della Dia Arturo De Felice e al questore di Reggio Calabria Guido Longo . Per il giornalismo a Giovanni Tizian, Roberto Galullo e Enrico Fierro. Per l’impegno civile nella lotta alla criminalità organizzata al testimone di Giustizia Gaetano Caminiti; alla Compagnia MagicaMenteMusical di Pompei (NA); al maestro Maurizio Managò per la Sua “Musica antimafia”. I premi “Gerbera Gialla” - si legge nel comunicato istituiti nel 2002 alla morte del giudice Antonino Caponnetto, fondatore del coordinamento nazionale Antimafia “Riferimenti”, vengono destinati a personalità distintesi particolarmente nella lotta alla criminalità organizzata; in particolar modo quelli alla Giustizia, a magistrati che come Caponnetto hanno contribuito alla storia dell’antimafia del nostro Paese».
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sabato 20 aprile 2013
Pillole di fede A Cosenza nel temporary shop di Maria Raffaella Morimanno
La passione trasparente ma non fragile di Lucia De Cicco
Le giornate primaverili invitano a vivere la città con più calma, tra una presentazione e l’altra, che si tiene nel centro storico di Cosenza, incuriosisce l’evento del temporary shop, che, da qualche tempo, la città bruzia ha attivato per rianimare il centro storico. Proprio a fianco della Casa delle culture di Cosenza è posto, sulla sua sinistra, un piccolo negozio di arte vetraria e monili artigiani. Al suo interno una giovane donna, Maria Raffaella Morimanno, nel suo laboratorio artigianale, che parla con alcuni collaboratori, mentre lavora ai suoi gioielli. Tra questi amici, un attore di teatro, figlio d’arte, Francesco Bossio, di padre Attilio, che tutti ricorderanno per il suo “Il Barbone” andato in scena, anni orsono, nella nostra città. Egli terrà nel retro del negozio una serie d’incontri laboratorio di arte teatrale. Ritornando a Maria Raffaella, scorgiamo nella sua bottega, in corso Telesio, alcune opere in vetro che ripercorrono temi religiosi e sulla pace e che ci dice essere opera del fratello Luigi con cui ha attivato questa collaborazione. Il temporary shop di Maria Raffaella ha un contratto fino a maggio, rinnovabile. Maria Raffaella compie i suoi studi in grafica editoriale presso l’università di Urbino e vive per diciassette anni a Perugia, dove lavora e si sposa e dove inizia anche il suo calvario con una malattia che ancora oggi la affligge: il lupus erimatoso, malattia reumatica infiammatoria cronica. «Ho vissuto tanti anni a Perugia, ma adesso era arrivato il momento di tornare a casa. Ho trasferito lo studio grafico, che si trova in centro città e il negozio, che prende l’altra parte dei miei sogni, la passione di creare gioielli. Una passione che nel tempo è diventata una vera attività». Di origine di Aprigliano, nella Presila, ci narra del pilastro della sua vita, che è caratterizzata da una madre molto credente e dalla fede incrollabile in Dio, cui si aggrappa, soprattutto, adesso che è affetta da malattia invalidante. «Ho un trascorso forte di attivismo nell’Azione cattolica ed ho vissuto anni intensi nei vari campi esti-
Esprimere la religiosità attraverso vetri preziosi «Ho vissuto tanti anni a Perugia, ma adesso era arrivato il momento di tornare a casa Col sogno di creare gioielli, un sogno che nel tempo è diventato una vera attività»
Maria Raffaella Morimanno nella sua bottega con l’amico attore Francesco Bossio
vi, che si organizzavano nelle parrocchie tra Loreto e Sant’Aniello, io le frequentavo entrambe. La mia vita era chiesa e famiglia, cresciuta così con valori sani e sono fra l’altro l’unica nella mia famiglia ad avere avuto tutti i sacramenti oltre la mia mamma. Lei è la mia figura di santità, con la sua semplicità ci ha insegnato tutto ciò che si deve sapere della vita attraverso la fede. La fede e la speranza, sono gli strumenti attraverso cui le cose possono cambiare, un sorriso anche nei momenti più difficili che allevia le cadute, che sono tante nella vita. La vita stessa ti porta a cadere, tra le sconfitte alternate alle vittorie. Nella mia capacità di disegnare passai anni bellissimi nel movimento, ricordo questa grafica applicata alla catechesi. L’esperienza più forte, tuttavia, fu quella che vissi nel 1987 a Medjugorje, fu la prima volta che andavo in un viaggio da sola e fu molto bella e intensa come esperienza». Il suo problema di salute lo affronta giornalmente con coraggio e determinazione, esso si è scatenato nei primissimi anni di matrimonio e i farmaci non le hanno mai permesso di pensare ad una gravidanza. Tuttavia, la malattia non le impedisce di continuare a vivere una vita normale. «Perché privarsi e angustiarsi, quando c’è tutto il resto della vita, anche se poco è il tempo rimasto da vivere, non importa, si deve vivere in pienezza di fede e speranza ed è ciò che mi suggerisce il mio terapeuta. Egli afferma che io sono stata molto fortunata, perché attraverso questa malattia ho conosciuto il vero senso della vita. Quando me lo disse, la prima volta, non ne compresi il messaggio, solo con la riflessione e il tempo mi è stato possibile comprendere il senso di quella affermazione. Quando la persona soffre o ha un disagio, che può essere una malattia o un handicap ha una vicinanza marcata del capire il senso della vita. La vita offre sempre sfide, questa è una di quelle, che ti deve portare a pensare che si può fare, si può guarire». La speranza così come la vive Raffaela è la stessa che è nel manifesto del nuovo Papa, Francesco sul pessimismo. «Io ho fatta mia questa stilla di speranza e di fede, che si era un poco persa e che proviene dal Papa, perché quando si affronta la vita con il dispiacere, tutto diventa più penoso e pessimista. Questo Papa ha tolto quella polvere che era sul discorso speranza e ha dato la possibilità di ritornare a credere fermamente come io credo che Dio è sempre vicino a noi e non ci abbandona mai». Raffaella ci colpisce per la sua certezza nel ripetere «sempre vicino a noi» tre volte, e così fa anche con «Egli non ci abbandona mai».
sabato 20 aprile 2013
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Ubbidienza e amore, le sue regole di vita
Sant’Umile e i bambini di Mario Guido
Un evento culturale e religioso di particolare significato è stata la presentazione del libro “Sant’Umile e i bambini” di Umile Sireno che ha avuto luogo nella mistica cornice del chiostro duecentesco del Santuario di Sant’Umile, sulla collina Riforma di Bisignano, alla presenza di uno scelto pubblico di invitati, di studiosi, uomini di cultura, religiosi, rappresentanti delle pubbliche istituzioni e appassionati devoti di Sant’Umile, il secondo santo della Calabria dei tempi moderni dopo San Francesco di Paola. Dopo l’introduzione di padre Francesco Bramuglia che ha coordinato ed organizzato l’evento, ha rivolto il suo saluto di benvenuto il ministro Provinciale Ofm della Calabria, padre Francesco Lanzillotta che ha ringraziato sentitamente l’autore del libro che certamente contribuirà alla diffusione della conoscenza di questo santo calabrese il cui messaggio di umiltà e semplicità è di una palpitante attualità. Al saluto del ministro provinciale è seguito quello di Damiano Grispo, vice sindaco e assessore alla Cultura del comune di Bisignano che ha messo in evidenza il pregio del libro “Sant’Umile e i bambini” «che sarà posto al centro di un più vasto progetto culturale che l’amministrazione comunale intende realizzare nel prossimo futuro». Anche Nicola Paldino, presidente della Bcc Mediocrati, sponsor ufficiale della pubblicazione, ha riconfermato l’impegno costante della Banca di Credito Cooperativo verso i bisogni e le necessità del Santuario di Sant’Umile che deve diventare, sempre di più, un faro di luce spirituale per l’intera Calabria. Da parte sua Mimmo Bevacqua, nella sua qualità di vice presidente dell’amministrazione provinciale di Cosenza, recando il saluto anche a nome del presidente Mario Oliverio, ha avuto parole di elogio per l’opera di Umile Sireno che attraverso le pagine del libro ha inteso affidare il messaggio di cultura e di fede emanato dalla figura dell’umile fraticello francescano, giunto agli onori dell’altare, ai bambini di una scolaresca ed alla loro maestra. Il vice presidente Bevacqua ha concluso dicendo che il nuovo libro su Sant’Umile è un’opera che merita di essere diffuso nelle istituzioni scolastiche e culturali dell’intera Provincia. Sui contenuti e sulle peculiarità dell’opera hanno parlato Raffaella De Luca, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo “G. Pucciano” di Bisignano; Giuseppe Falcone, già componente delle Sezioni Unite Civili di Cassazione e padre Eugenio Clemenza, già guardiano del Santuario di Sant’Umile. Nei qualificati interventi i contenuti del libro sono stati esaminati ed analizzati sotto molteplici aspetti. Sono stati approfonditi i messaggi di fede e di speranza che la figura di Sant’Umile e l’esempio della sua vita così mirabilmente tratteggiati nelle pagine del libro, offrono al lettore. Anche la personalità del nuovo papa Francesco con la sua semplicità e umiltà è stata avvicinata a quella del Santo di Bisignano che dell’umiltà, dell’assoluta ubbidienza e dell’amore per il prossimo più povero aveva fatto la sua regola di vita. Sono stati così messi in evidenza anche gli aspetti filosofici e didattici che affiorano nel contenuto del libro che, con molta probabilità, è destinato ad entrare nelle biblioteche scolastiche. Umile Sireno, già docente e dirigente scolastico, autore di altri libri rivolti ai più piccoli, nel rivolgere il suo caloroso ringraziamento a tutti gli intervenuti, ha illustrato con palese commozione, le motivazioni sentimentali, affettive e spirituali che lo hanno portato a scrivere il libro che vuole essere un sentito omaggio al figlio più grande della comunità bisignanese il cui messaggio di vita e di santità merita di essere conosciuto in tutto il mondo.
Nuovo libro di Umile Sireno prsentato nella mistica cornice
Sono stati approfonditi i messaggi di fede e di speranza che la figura del santo e l’esempio della sua vita così mirabilmente tratteggiati nelle pagine del libro offrono al lettore
del chiostro del santuario di Bisignano La copertina del libro Sopra, da sinistra: padre Francesco Lanzillotta, ministro provinciale dei Frati minori di Calabria; padre Eugenio Clemenzagià, padre guardiano del Santuario; Raffaella De Luca, dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo “G. Pucciano” di Bisignano; Umile Sireno, già dirigente scolastico autore del libro
Il 13 maggio Crotone in festa
Giornata internazionale della famiglia Si terrà il 13 maggio prossimo presso il Parco Pitagora il concerto che l’amministrazione comunale intende proporre alla cittadinanza in occasione di due eventi particolarmente significativi: la festa della mamma e la giornata internazionale della famiglia. Il 13 maggio cade appunto tra queste due importanti ricorrenze e l’assessore alla Pubblica istruzione Anna Curatola ha inteso promuovere l’iniziativa che, a partire da quest’anno, possa in futuro essere istituzionalizzata e ricordare periodicamente questi due importanti avvenimenti. L’assessore Curatola ha coinvolto in questo percorso tutte le scuole cittadine che contribuiranno alla realizzazione dell’evento con le orchestre formate dai piccoli musicisti di ciascun istituto. Nel complesso del Parco Pitagora, luogo simbolo perché recuperato alla fruibilità dei cittadini dall’amministrazione comunale, si esibiranno i giovani talenti delle scuole “Giovanni XXIII”, “Alcmeone”, “Rosmini”, “Alfieri”, “Cutuli”, “Ist. Comp. Papanice”, “Don Milani” e del liceo musicale “Vincenzo Scaramuzza” opportunamente coordinati dai professori che anticiperanno l’esibizione delle singole orchestre con una performance che li vedrà tutti insieme coinvolti. «Si tratta di una proposta innovativa che intendiamo istituzionalizzare sia per sottolineare il valore della famiglia in occasione della giornata internazionale ad essa dedicata sia per valorizzare il talento dei ragazzi ed il lavoro che i singoli istituti compiono per la loro fromazione» dichiara l’assessore alla Pubblica istruzione Anna Curatola. «Interpretando anche il pensiero degli insegnati, dei dirigenti scolastici, degli alunni e della comunità, particolarmente colpita dall’evento, di intesa con il sindaco intendiamo dedicare la giornata del prossimo maggio al professor Pantaleone Megna, un valente insegnante recentemente scomparso in un tragico incidente stradale» aggiunge l’assessore Anna Curatola. Il professore Megna in queste settimane stava collaborando con l’amministrazione comunale alla realizzazione di questo importante appuntamento.