Anno 37 - 1 Giugno 2013 - Numero 22
Settimanale indipendente di informazione
euro 0,50
di women unical e Anna Laura Orrico
In casi come quelli di Fabiana va rispettato il dolore familiare Ma nel degrado, c’è una Calabria che sa costruire dignità BANCO ALIMENTARE
PAGINE DI STORIA
Attenzione La Calabria perché anche inedita bizantina le briciole contano e normanna di Gianni Romeo
Istat: povertà in Italia, Mezzogiorno e Calabria a livelli allarmanti
di Maria Malagrinò
Mormanno, Morano e Saracena nei secoli XV-XVII nel libro di Russo
II
sabato 1 giugno 2013
Una mano per portare il pancione Un’associazione nata per fare conoscere alle future mamme i cambiamenti che comporta una gravidanza, sostenute da una equipe di professionisti
Mamma che mamme! poiché il primo gruppo ha già terminato, mancano solo gli esami finali. Poi verranno inserite in un registro della Provincia, settore formazione, cui i genitori potranno attingere se necessitano di una figura professionale formata. Quindi avremo un profilo professionale specifico e qualificato. Il fiore all’occhiello della nostra associazione è la rete. Siamo riuscite ad entrare nella casa circondariale femminile di Castrovillari. Dove insegniamo alle detenute a realizzare dei piccoli manufatti all’uncinetto (bomboniere solidali e copertine) che saranno venduti per avere degli introiti da spedire alle proprie famiglie in difficoltà. Come è nata questa associazione? Dalle nostre personali esigenze di mamme. Siamo cinque mamme, con una tribù di figli e siamo tutte professioniste. La necessità, lo sappiamo, che hanno le mamme è quella di trovare spazi e tempi per sé. L’idea nasce in particolare dalla mia seconda gravidanza, che ha avuto un decorso difficile. Il piccolo ha avuto delle difficoltà, che con il tempo sono rientrate, ma ho voluto, tuttavia, trasformare questo dolore in qualcosa di utile e che potesse essere spendibile per tutte le altre mamme. L’associazione ha una presidente, io, una vicepresidente, anche lei psicoterapeuta, un’assistente sociale, un’amministrativa e una couseling. di Lucia De Cicco
La fine di maggio non è solo il mese in cui si chiude il mese delle rose, ma è la fine del mese dedicato alla madre per eccellenza, la Celeste, ma è anche il mese delle mamme, quelle mamme che quotidianamente, si barcamenano in tante difficoltà, tra lavoro e famiglia e che sono sempre presenti nella vita di tutti coloro che amano. Ed è anche il compleanno dell’associazione ad esse dedicata “Mammachemamme” di Cecilia Gioia, che presso il Caffè letterario a Cosenza il 31 maggio ha festeggiato un appetitoso compleanno. L’associazione nata per fare conoscere tutte quelle possibilità che hanno le mamme di comprendere i movimenti, che una gravidanza e quei cambiamenti, che la nascita procura nella vita di una persona, sono sostenute da una equipe di professionisti. Gioia ha militato nel Rinnovamento per lo Spirito santo ed è figlia di un diacono. È psicoterapeuta e l’abbiamo incontrata nei giorni scorsi alla Provincia di Cosenza per il convegno “Il pane e la mamma, dalla farina al profumo di... buono” evento promosso dall’associazione culturale Xenia, di Gabriella Coscarella. Cecilia Gioia. Quali sono le difficoltà che hanno le mamme oggi? Vanno dalle grandi, che sono l’allattamento alle quotidiane, come l’educazione dei bambini. Il territorio è vasto Cosenza e dintorni e abbiamo applicato ad esso vari progetti di sostegno alla nuova condizione di mamma per una donna. Quali sono i progetti che l’associazione porta avanti? Mamma-fit, la ginnastica con il passeggino. Le mamme si recano al campo scuola, dove si possono legittimare un poco di tempo per loro. C’è anche quello delle assistenti domiciliari all’infanzia e che con il settore formazione della Provincia e con l’Unical sarà possibile, tramite la nostra associazione, l’istruzione di ragazze che si preparano a diventare babysitter qualificate con un corso di 450ore. Il corso riparte in ottobre,
Cecilia Gioia psicoterapeuta ne è la presidente L’abbiamo incontrata per il convegno “Il pane e la mamma dalla farina al profumo di... buono” evento promosso dalla associazione culturale Xenia di Gabriella Coscarella
Perché oggi le donne non hanno più bambini? Le mamme sono sole. C’è un detto che afferma che per aiutare a crescere un bambino è necessario un intero villaggio. Le mamme sono sole di base, oggi. I rapporti sono basati su relazioni di lavoro e, soprattutto, perché le mamme non chiedono nelle difficoltà. La mamma non si legittima nel chiedere, perché vuol dire riconoscere ad una società che non si è capaci di farcela da sole. Paradossalmente questo è un diritto e noi donne non lo esercitiamo. Da una parte c’è poca offerta e dall’altra però c’è anche poca domanda. Se si mettessero insieme domanda e offerta, le cose potrebbero funzionare meglio.
Cecilia Gioia
sabato 1 giugno 2013
Women’s studies “Milly Villa” In casi come quelli di Fabiana Luzzi crediamo sia necessario rispettare il dolore di una famiglia Non possiamo tacere Movimenti civili
C’è una Calabria che sa costruire dignità Fabiana Luzzi
Assassino è chi uccide. Ovunque L’omicidio di Fabiana Luzzi ci interroga e ci fa riflettere. Crediamo che in questi casi sia necessario rispettare il dolore di una famiglia e di una comunità. Come Centro di Women’s Studies “Milly Villa” non possiamo tuttavia tacere rispetto alla costruzione e alla (ri) produzione del discorso pubblico a cui stiamo assistendo in queste ore. Non possiamo dare spazio alla costruzione del discorso mediatico che possa anche solo minimamente legittimare una posizione o rafforzare stereotipi e pregiudizi. C’è sempre un pericolo nascosto quando si esprime un giudizio o un’opinione che diventa pubblica: il pericolo del non approfondimento, della rinuncia a conoscere. Il pericolo è quello dell’inerzia o della frettolosità che fa irrigidire la definizione della realtà, investita emozionalmente da chi la esprime, in puro pregiudizio. L’omicidio di una donna è tale ovunque accada: non è il luogo a stabilire naturali predisposizioni. Non è biologia, né cultura naturalizzata. È violenza, e la violenza non conosce appartenenze territoriali o regionali. Assassini lo si diventa quando si uccide. È per questo che come Centro sottolineiamo il pericolo nascosto all’interno di ogni stereotipo che diventa pregiudizio: il pericolo di un razzismo che nasconde la realtà e che non permette di leggerla nelle sue tante dimensioni. Riteniamo indispensabile ripensare alle categorie attraverso le quali leggiamo la violenza di genere, attraverso cui proviamo a comprendere i cambiamenti nelle relazioni, nelle dinamiche di potere, di riconoscimento, di costruzione di una idea di relazione affettiva come possesso e dominio. Essere situate in una terra come la Calabria significa anche decostruire un immaginario legato alle donne del sud, agli uomini del sud, alle dinamiche tra i generi. A Sud, ma non solo. Significa decostruire concetti come quelli di emancipazione, per approfondire le diverse forse di dominio da cui liberarsi, ed uscire dalla logica che ci rende libere o oppresse nelle rispettive scelte di partire o restare. Significa decostruire quella visione ricorrente (a cui sembra che due ‘importanti’ giornali nazionali siano ormai affezionati) che tende a svalutare e razzizzare i sud - e la Calabria in particolare - confinandoli in una costruzione discorsiva che li vuole immobili, depauperati, senza storia, stretti dalla morsa del patriarcato. Significa, per lo stesso motivo, anche sfuggire ai discorsi che si arroccano intorno a una ‘presunta’ identità ferita, a una ‘calabresità’ offesa e da difendere: anche in questo caso il rischio è quello di ‘naturalizzare’ la Calabria, annullare le criticità, i chiaroscuri, la forza di un paradigma eterosessista declinato al maschile. Come Centro di Women’s Studies dell’Università della Calabria speriamo che da questa orrenda vicenda si possa avviare una riflessione seria a partire dal linguaggio utilizzato dai media: parlare non di amore, di gelosia, di passione, ma di violenza, rabbia, calcolo e orrore. Speriamo che da qui si possa rimettere al centro la vita delle donne, la dignità delle persone, a partire dall’individuazione di nuove prospettive di analisi, dalla proposta di percorsi formativi ed educativi, dal sostegno ai centri Antiviolenza, rafforzando ciò che esiste e resiste, spesso a fatica. Rinnoviamo la nostra vicinanza alla famiglia di Fabiana, e a tutte le vittime di femminicidio. www.women-unical.it
L’omicidio di una donna è tale ovunque accada: non è il luogo a stabilire naturali predisposizioni Non è biologia né cultura È violenza, che non conosce appartenenze territoriali Assassino lo si diventa quando si uccide e non è il territorio a far diventare una brutalità più o meno grave
Anna Laura Orrico presidente associazione “Io resto in Calabria”
“Io resto in Calabria” perché la sfida oggi è cambiare e migliorare ciò che non va bene con i fatti e non solo con le denunce. Dopo aver letto le parole di Domenico Naso nell’articolo dal titolo “Calabria, la donna non vale nulla” pubblicato sul blog de Il Fatto Quotidiano e di Francesca Chaouqui nell’articolo pubblicato sul blog de Il Corriere della Sera, dal titolo “Sono nata nella terra dove è stata uccisa Fabiana: io sono scappata, lei non c’è riuscita”, 30 anni, calabrese fuggita dalla propria terra per diventare manager in Ernest&Young, e dopo aver letto i commenti sui social network di tante donne e uomini calabresi indignati da queste descrizioni della Calabria come fossimo rimasti al Medioevo, si è levato dentro la mia anima un moto spontaneo per raccontare una Calabria che certamente ha tanti problemi, ma questi non sono diversi a seconda che tu sia uomo o donna. Ho 32 anni e sono presidente di un movimento di passione civile e impegno sociale che si chiama “Io resto in Calabria” e mi occupo di responsabilità sociale d’impresa all’interno di un gruppo di aziende calabresi. Sono nata, cresciuta e mi sono formata fino alla fine del percorso universitario in Calabria, ho fatto diverse esperienze all’estero e ho deciso di realizzare i miei sogni in Calabria. I miei genitori mi hanno insegnato che l’onestà e il rispetto per le persone sono valori premianti, che ambire alla realizzazione dei miei sogni fosse un diritto che avrei dovuto conquistare lavorando duramente, con passione e determinazione. La mia famiglia mi ha trasmesso il desiderio di agire se qualcosa nel mondo che mi circonda non mi fosse piaciuto, mi hanno insegnato a lottare per la mia libertà personale e per una società più giusta. La Calabria è una regione con molti problemi: dalle vessazioni della ‘ndrangheta, alla violenza di una politica corrotta che nulla vuole migliorare se non le proprie tasche, la disoccupazione crescente, le infrastrutture carenti, i problemi ambientali e un tessuto sociale a macchia di leopardo che poco riesce a cooperare per il bene comune, ma è anche una regione che sta provando a migliorarsi, che si sta ribellando attraverso la presa di coscienza dei problemi e la determinazione nell’affrontarli. Per tutte queste ragioni, quelle positive e quelle negative, io ho scelto di restare in Calabria e come me tanti altri giovani, ed altri ancora che stanno ritornando perché in questo momento di crisi morale, prima ancora che economica, si possono aprire quei passaggi verso il vero cambiamento, si può generare la speranza che crollato un sistema si possa costruire un modello sociale ed economico migliore. Il problema della violenza sulle donne non è un problema calabrese, è un problema italiano come lo è il fenomeno della ‘ndrangheta. La rabbia per essere fuggiti dalla Calabria non potrà ancora per molto tempo trasformarsi nella giustificazione del “raccontare sempre e soltanto le negatitivà e i problemi di questa regione”, la scusa della frustrazione di chi è andato via non basta più a giustificare il continuo lavoro di denigrazione verso la Calabria che deve per forza essere il buco nero dell’Italia, il tubo di scarico per vomitare tutto ciò che non va in questo Paese e rinchiuderlo in un posto che tanto non vale la pena di salvare perchè fatto di gente condannata a non poter dimostrare di valere qualcosa, di valere l’opportunità del cambiamento. Io resto in Calabria perché la sfida non è andare via per realizzare i propri sogni, la vera sfida è restare credendo e agendo con determinazione per costruire con dingità e orgoglio la propria vita in Calabria, per migliorare la Calabria... come calabrese e come italiano... perché alla fine dei conti sulle nostre carte di identità e i nostri passaporti non compare se siamo calabresi o lombardi, c’è scritto solo e soltanto che siamo tutti italiani.
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sabato 1 giugno 2013
Banchi per mano
Università nel sociale L’Unical al centro di una serie di iniziative internazionali che vedranno presenti studenti, studiosi e docenti provenienti da otto Paesi, intra ed extra Ue Fino a tutta la prima settimana di giugno, l’Università della Calabria sarà al centro di una serie di iniziative internazionali che, nell’ambito del Servizio Sociale (l’attività professionale e la disciplina scientifica di pertinenza degli assistenti sociali), vedranno presenti studenti, studiosi e docenti provenienti da otto paesi, intra ed extra Eu, impegnati nella realizzazione di una serie di progetti di didattica, disseminazione e ricerca rivolti alla comunità accademica e al territorio calabrese. Tali eventi, realizzati nell’ambito delle attività del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Unical e, riferendosi al tema delle politiche e dei servizi sociali, appaiono di grande interesse nell’attuale fase di profonda crisi economica. Fino a venerdì 7 giugno, presso il sopracitato Dipartimento di Scienze politiche e sociali sono previsti una serie di incontri inerenti i progetti di ricerca Irses-Marie Curie “The implications of neoliberal policy and management on social work and vulnerable populations” (triennio 2012-2015) e “Civil engagement in social work: developing global models” (triennio 2013-2016), finanziati dall’Unione europea per la prima volta nel campo del sociale e che vedono l’Unical quale unica università italiana partecipante. Per il primo dei due progetti, giunto alla fase intermedia, la Commissione europea ha assegnato un importo di euro 220.000 con l’obiettivo di esplorare le conseguenze delle politiche sociali di impronta neoliberista sulle professioni sociali e sulle fasce di popolazione più vulnerabile. Questo progetto rientra nell’ambito delle “Azioni Marie Curie”, settimo programma quadro di scambio di personale di ricerca in ambito internazionale. Le altre università coinvolte nelle due ricerche sopra menzionate sono: la Coventry University (Uk) (coordinatore), la Laurea-ammattikorkeakoulu oy (Finlandia), l’University of Alicante (Spagna), lo Iscte-Instituto universitário de Lisboa (Iscte-Iul) (Portogallo), la Kocaeli university (Turkey), l’Espírito Santo Federal university (Brazil), il St. Petersburg State university (Russia), la Chennai Loyola
Tutti impegnati nella realizzazione di una serie di progetti di didattica, disseminazione e ricerca rivolti alla comunità accademica e al territorio calabrese
college (India), il Sun Yat-sen university (China) e la Stellenbosch university (Sud Africa). La presenza di tanti studiosi stranieri, consentirà di organizzare una serie di iniziative aperte al pubblico nella giornata del 3 giugno. In particolare, vanno ricordati i seminari internazionali “Il Servizio sociale tra logiche di mercato e nuove vulnerabilità. Comprensione e azione tra locale e globale” (Aula Caldora Unical, orario: 9.30 13.30) e “Making the invisible visible. Reflecting on vulnerability, policy and social work” (Sala stampa; orario: 15.00 - 18.00). A ulteriore testimonianza della centralità assunta dall’Unical nel panorama nazionale e internazionale della formazione al servizio sociale (l’Unical da più di un decennio ha attivato una laurea triennale e una laurea magistrale per formare qualificati assistenti sociali), va ricordata la riunione dell’Aidoss (Associazione italiana dei docenti di servizio sociale), che ha avuto luogo nell’Ateneo di Arcavacata il 24 maggio, e 25 maggio. In tale ambito e in collaborazione con l’Ordine professionale degli Assistenti sociali della Calabria, è stato organizzato il seminario “Le parole del servizio sociale” (aula magna Unical; orario 9.30 - 13.30). La foto si riferisce alla riunione d’inizio della ricerca sopramenzionata svoltasi un anno fa in Inghilterra. I ricercatori, che hanno partecipato a tale primo incontro e che - insieme ad altri colleghi si stanno ritrovando in Calabria, sono (dal basso a sinistra): Francis Adaikalam, Loyola College (India); Gary Spolander, Coventry University (Regno Unito); Irina Pervova, Università statale di San Pietroburgo (Russia); Linda Martin, Coventry University (Regno Unito); Päivi Marjanen, Laurea University (Finlandia); Lambert Engelbrecht, Università di Stellenbosch (Sud Africa); Marianne Strydom, Università di Stellenbosch (Sud Africa); Petri Tani, Laurea University (Finlandia); Alessandro Sicora, Università della Calabria (Italia).
sabato 1 giugno 2013
Di corsa verso la solidarietà Intervista ad Angela Aquilini, organizzatrice di Telethon a Castrovillari
Maratona d’arte Angela Aquilini
di Lucia De Cicco
Angela Aquilini è nata a Roma e da circa dieci anni svolge a tempo pieno l’attività di critico d’arte, ideatrice ed organizzatrice di eventi culturali attraverso la Forum&Gallery un blog inserito nella rete. Avendo iniziato il suo percorso professionale nel campo della comunicazione, insegnando lingua italiana e storia dell’arte, a utenti stranieri, per oltre venti anni, ha concentrato il suo interesse sul rapporto tra arte e mass-media. La maratona Telethon e la tappa calabrese. Quale è stata l’accoglienza riservata dal territorio di Castrovillari? L’idea di una maratona d’arte per Telethon affonda le sue radici nella mia vita di studentessa, quando, in estate, lavoravo, attraverso la “Leonarda Vaccari” di Roma, all’Istituto Luce sul mare, sulla riviera romagnola, dove ho conosciuto persone affetti da distrofia muscolare. L’attuale professione mi consente di promuovere eventi in cui può essere messo in risalto il ruolo dell’artista e del ricercatore scientifico, che, anche se in campi diametralmente opposti, esprimono le forme più alte del pensiero. La tappa calabrese è stata quella che, finora, ha riservato l’accoglienza più partecipata grazie all’efficiente ufficio stampa messo in campo dal Comune di Castrovillari sapientemente gestito dalle dottoresse Ines Ferrante e Rosalia Vigna. Perché una tappa calabrese? da chi è stata proposta? Lo scorso dicembre, all’inaugurazione all’interno del premio Arte&Stile, la pittrice Rosa Alba Galeandro ha detto che avrebbe dedicato una mostra personale alla maratona d’arte per Telethon. La sua sensibilità, tenacia e uno spiccato talento artistico sono riusciti a coinvolgere l’intera comunità castrovillarese. E il perché della scelta di un’artista quale Rosa Galeandro? Nell’agosto del 2010 ho scritto una recensione al programma televisivo “La Giostra sul Due”, sponsorizzato dalla Regione Calabria, in cui ho utilizzato la foto di un’opera della Galeandro, “Calabria vissuta”, che avevo visto in una nota rivista d’arte. All’epoca non conoscevo l’artista di persona, ma l’energia, che emanava quell’opera, anche attraverso una foto, era, a mio parere, molto più eloquente di tante critiche sensazionalistiche circolate su quel programma, che, pur utilizzando un linguaggio televisivo a detta di molti banale, parlava anche del patrimonio artistico e culturale calabrese. L’arte. Cosa manca oggi a questo settore creativo? soprattutto, cosa potrebbe migliorare in questo campo?
«L’idea affonda le sue radici nella mia vita di studentessa quando in estate lavoravo attraverso la “Leonarda Vaccari” di Roma all’Istituto Luce sul mare, sulla riviera romagnola, dove ho conosciuto persone affette da distrofia»
Operatori di mercato e collezionisti hanno soltanto l’imbarazzo della scelta per documentarsi e aggiornarsi sull’arte del nostro tempo. Cataloghi, riviste specializzate e siti web ce ne sono per tutti i gusti ed esigenze. Far uscire la comunicazione sull’arte dall’ambito del settore e imporsi come notizia su quotidiani, riviste e programmi televisivi sarebbe un tributo dovuto ai tanti artisti che, nonostante il momento storico, continuano a lavorare. Come nasce il suo percorso e l’interesse anche per la riscoperta delle tradizioni popolari? Ho studiato lingue e letterature straniere moderne. Mi sono voluta specializzare nell’insegnamento della lingua italiana per utenti stranieri, perché, da una prima fascinazione verso altre culture, ho sentito la necessità di conoscere meglio il luogo dove sono nata. L’approfondimento delle tradizioni popolari italiane è stata la naturale conseguenza e, direi, quasi necessità, per colmare la curiosità delle migliaia di studenti, provenienti da ogni parte del mondo, con i quali mi sono confrontata in venti anni d’insegnamento. Farà altri passi nel nostro territorio? Se sì, possiamo avere delle anticipazioni? Trebisacce, dove la pittrice Cinzia Aino sta sensibilizzando gli artisti locali, dovrebbe essere un’altra tappa calabrese.
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sabato 1 Giugno 2013
Caduta nella rete del sociale In 10 anni più che raddoppiata la presenza delle associazioni nella nostra regione
Calabria no-profit In Calabria negli ultimi 10 anni la densità di istituzioni no profit è più che raddoppiata (+110%), con Catanzaro provincia più virtuosa e Crotone ultima. A rilevare il dato è una ricerca realizzata da Das assicurazioni, compagnia del gruppo Generali specializzata nella tutela legale, in occasione del lancio della polizza Difesa associazione, che offre la tutela legale ai membri del consiglio direttivo e agli iscritti delle associazioni sportive e di volontariato. Il capoluogo di regione, è anche la provincia della Calabria più virtuosa per concentrazione di istituzioni no-profit: una ogni 134 abitanti, che la collocano al 72° posto nella classifica nazionale. Reggio Calabria, con un’associazione senza scopo di lucro ogni 138 abitanti è seconda nella Regione e 78esima a livello nazionale. Situazione analoga a Vibo Valentia (94° posto Italia) e Cosenza (97° posto Italia), che hanno una densità di associazioni no-profit rispettivamente di 1 ogni 154 e 1 ogni 156 abitanti. La provincia meno virtuosa nella Regione risulta Crotone nella quale Das ha rilevato una concentrazione di associazioni sportive e di volontariato di una ogni 168 abitanti (102° posto Italia). Mediamente la Calabria può contare un’istituzione no-profit ogni 147 abitanti che la relegano al terz’ultimo posto nel nostro Paese. «La nostra polizza, dedicata al mondo del no-profit - afferma Roberto Grasso, direttore generale e amministratore di Das Italia - vuole essere un contributo a quella rete solidale e sociale che sostiene le fondamenta del nostro Paese. Avvicinandoci a questa realtà ci siamo resi conto che tutte le persone impegnate in quest’ambito, oltre al tempo che impiegano, spesso senza fini di lucro, rischiano in prima persona di trovarsi coinvolte in questioni di natura legale». A livello nazionale siamo passati da un rapporto di 1 organismo ogni 242 abitanti del 2001 a una densità di 1 ogni 132 del 2011, per un totale di oltre 451mila istituzioni no-profit. Negli ultimi 10 anni il no-profit è diventato appannaggio delle regioni dell’arco alpino, con in testa la Valle d’Aosta (1/68 nel 2011), il Trentino-Alto Adige (1/75 nel 2011) e il Friuli Venezia Giulia (1/95 abitanti nel 2011). Confermano la loro vocazione al sociale le regioni del centro: Umbria (1 ogni 98 abitanti nel 2011) Marche (1 ogni 104 nel 2011) e Toscana (1/109 - 2011). La regione meridionale con la maggiore densità di istituzioni no-profit è la Basilicata (1 ogni 122 abitanti nel 2011). Dieci anni fa la Lombardia era la regione migliore con una densità di 1 associazione sportiva o no-profit ogni 95 abitanti, salita a 1/153 nel 2011 con un peggioramento del 37%. Precedono di poco la Lombardia, Calabria (1/147 abitanti), Sicilia (1/144) e Lazio che rispecchia in pieno la media nazionale. La Campania è, secondo le elaborazioni di Das, la regione italiana con la più bassa densità di associazioni no profit, nel 2011 si contava un’istituzione ogni 201 abitanti, ma rispetto al 2001 la situazione è migliorata notevolmente (1/438). Con un premio annuale minimo di 200 euro, Difesa Associazione consente di scegliere la copertura che meglio risponde alle esigenze dell’organizzazione, permettendo di assicurare solo il presidente e gli altri membri del consiglio direttivo; o di comprendere anche i dirigenti e il personale dipendente e in staff, o ancora di estendere la copertura a tutti gli iscritti/associati. In particolare la polizza garantisce un qualificato servizio di consulenza e assistenza legale, con il rimborso delle relative spese, per questioni legali in ambito civile, penale o amministrativo che possano accadere nello svolgimento della vita associativa. Il premio annuo è sempre determinato in base al numero di iscritti all’associazione e varia in funzione delle figure assicurate. Il massimale base è di 16 mila euro per sinistro, illimitato per anno, e può essere elevato fino a 31 mila euro per sinistro. La polizza, ad esempio, tutela il presidente di un’associazione sportiva sottoposto a procedimento penale in seguito all’infortunio di un allievo iscritto oppure può tutelare un giocatore iscritto a una società sportiva (e assicurato) che durante l’attività causa involontariamente una lesione a un avversario o a uno spettatore e si deve difendere in sede penale per lesioni causate a terzi. Difesa associazione interviene anche quando l’organizzazione o un suo iscritto subisce un danno causato da terzi e vuole far valere le proprie ragioni per ottenere un equo risarcimento. La copertura offre inoltre a tutti gli assicurati un servizio di consulenza legale telefonica, tramite numero verde, per risolvere i propri dubbi di natura legale, nell’ambito delle garanzie in copertura, confrontandosi con un legale esperto.
Catanzaro provincia più virtuosa e Crotone ultima Il capoluogo di regione è al 72° posto nella classifica nazionale
L’iniziativa della Provincia di Catanzaro
Concluse work experience per disabili Con la consegna degli attestati di qualifica professionale da parte della Cooperativa sociale Zarapoti, si sono concluse le attività di Work experience a favore di disabili visivi e uditivi promosse dal settore Lavoro, Formazione professionale e Politiche sociali dell'amministrazione provinciale di Catanzaro. Tali attività rientrano nella politica di gestione dei Fondi Por 2007-2013 Asse III Inclusione sociale - obiettivo operativo G.1, che ha determinato una fattiva collaborazione tra la Regione Calabria, che ne ha curato l'aspetto programmatico redigendo la pubblicazione dell'avviso pubblico e le Province calabresi cui lo stesso avviso demandava le attività di valutazione dei progetti, l'attività di monitoraggio e di controllo e la gestione amministrativa di erogazione dei finanziamenti concessi. In fase di valutazione delle Work experience per disabili visivi ed uditivi, l'amministrazione provinciale di Catanzaro ha approvato ed ammesso a finanziamento quattro progetti per un importo complessivo di spesa pari ad euro 900.000,00, approvando attività per 60 beneficiari finali di cui 15 ipovedenti e non vedenti e 45 non udenti. Secondo le linee guida definite dall'avviso pubblico, ogni progetto ha previsto un percorso formativo finalizzato al rilascio di un attestato di qualifica professionale della durata di almeno 400 ore. A completamento della formazione è stata prevista un'attività di stage in azienda attinente alla qualifica acquisita. Numerose sono state le aziende private e pubbliche che hanno accolto i tirocinanti, coinvolgendoli fattivamente e fornendo loro utili strumenti per poter spendere nel mercato del lavoro la professionalità acquisita. Oltre alle work experience per disabili visivi ed uditivi, l'Asse III ha visto l'impegno fattivo dell'amministrazione provinciale di Catanzaro per l'attivazione e la gestione delle work experience per disabili psichici, che hanno coinvolto 110 aziende e 131 tirocinanti su un totale di dodici progetti approvati, e l'erogazione di voucher formativi per i nuclei familiari poveri e quasi poveri. "Tali iniziative - spiega il commissario straordinario della Provincia di Catanzaro, Wanda Ferro - portate avanti grazie anche al grande lavoro e alla capacità di programmazione e di utilizzo dei fondi comunitari dimostrata dal Settore Lavoro, finora egregiamente diretto da Filippo Pietropaolo, evidenziano che per agire in modo propositivo nei confronti di persone che vivono un disagio bisogna implementare attività che non si fermino ad iniziative di inserimento occupazionale in senso stretto ma che riescano a stimolare, attivare e sostenere processi di empowerment sociale capaci di gestire forme di capitale sociale presenti sul territorio, garantendo attività di inclusione sociale senza le quali non è possibile alcuno sviluppo di motivazioni e sentimenti di autostima ed identificazione sociale".
sabato 1 giugno 2013
L’appello del Banco alimentare Le stime Istat sull’allargamento delle fasce di povertà in Italia, Mezzogiorno e Calabria sono allarmanti
Anche le briciole contano di Gianni Romeo
direttore generale Banco alimentare della Calabria
Le stime dell’Istat sull’allargamento progressivo delle fasce di povertà in Italia, nel Mezzogiorno e in Calabria, che trovano ogni giorno riscontro sistematico e puntuale sulle prime pagine dei quotidiani locali, mi spingono a fare alcune riflessioni. La prima consiste nel fatto che non vogliamo rassegnarci a tale situazione. Non vorremmo, cioè, che dal lettore più accanito all’uomo della strada, ci si abitui a queste notizie pensando, erroneamente: “tanto è così e noi non possiamo farci niente”. La seconda considerazione riguarda il fatto che anche nei peggiori momenti di crisi emergono fatti e aspetti positivi. C’è, infatti, chi in momenti come questi non si rassegna e che, anzi, è spronato a fare di più, in una battaglia che non richiede alcun risparmio di forze. La Fondazione Banco Alimentare, per esempio, non si è mai rassegnata: con la rete dei suoi 21 banchi attualmente offre aiuto ad oltre 8.000 strutture caritative grazie al lavoro di 1600 volontari. Tra questi c’è il Banco Alimentare della Calabria che, solo l’anno scorso, ha distribuito, attraverso l’aiuto di 660 enti socio-assistenziali sparsi in tutta la regione, 4.000 tonnellate di prodotti, attraverso 660 enti socio-assistenziali per un valore commerciale che sfiora i 12 milioni di euro, portando aiuto a 130.380 persone che versano in condizioni di estrema povertà. Dobbiamo ammettere, però, che tutto questo non è affatto sufficiente, che non si riesce a star dietro alle richieste ogni giorno crescenti e quello che si raccoglie ormai non basta. Occorre fare di più, insomma. In un nostro spot diciamo che “anche le briciole contano”. Da questo punto di vista vogliamo lanciare un appello a tutti coloro che in qualche modo, poco o tanto, sono in grado di dare un contributo: alle aziende agro-alimentari, alle piccole e medie industrie, alla grande ristorazione, soprattutto al circuito della Grande Distribuzione.
In questo momento così difficile per il nostro popolo occorre buttare il cuore oltre l’ostacolo, usare ogni inventiva pur di raggiungere l’obiettivo
Da un’ indagine realizzata in Italia dal Politecnico di Milano con la Fondazione per la Sussidiarietà in collaborazione con la Nielsen dal titolo significativo “Dar da mangiare agli affamati. Le eccedenze alimentari come opportunità” emerge che gli sprechi sono quantizzabili in 5.500 milioni di tonnellate per un valore di oltre 12 milioni di euro, una massa enorme di cibo di cui una buona parte potrebbe essere recuperata e riacquistare così un alto valore sociale riducendo, anche, la quota di inquinamento ambientale. Il che non sarebbe poco. Ringrazio di cuore quelle realtà, soprattutto della grande distribuzione, che danno i loro prodotti e che, purtroppo, in Calabria sono ancora troppo poche. In questo momento così difficile per il nostro popolo, occorre buttare il cuore oltre l’ostacolo, usare ogni inventiva pur di raggiungere l’obiettivo. Ringrazio, pertanto, anche i nostri amici del Banco della Lombardia che ogni mese inviano al Banco della Calabria un tir di prodotti che loro ricevono dalle aziende lombarde, esempio concreto di solidarietà e di vera sussidiarietà. La terza e ultima considerazione la voglio dedicare alle istituzioni locali, ai Comuni e alle Province in particolare, sollecitandole a non sottovalutare tali problematiche. Chiediamo che su queste questioni si apra in Regione un tavolo di lavoro che riconosca il lavoro che il Banco sta portando avanti con le altre associazioni da oltre 15 anni nella prospettiva di sollecitare politiche sociali più aderenti ai veri bisogni della gente attraverso il varo di iniziative mirate nei confronti delle vecchie e nuove povertà. In una situazione eccezionale occorrono misure eccezionali. Devo in questa sede spezzare una lancia a favore del Governatore Scopelliti e dell’ex Assessore alle Politiche Sociali Stlillitani per il congruo contributo deliberato a favore del Banco per il 2012 e per l’annuncio fatto ultimamente di stanziamento di fondi a contrasto della povertà. Mi auguro che si trovino adeguate ed efficaci modalità d’intervento e che non rimangano, come già in passato, solo annunci di buone intenzioni.
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sabato 1 giugno 2013
Calabresi illustri Anna Maria Edvige Pittarelli, un caso umano e letterario
La poetessa pinzochera rise a cura di Oreste Pa
È mai esistita Anna Maria Edvige Pittarelli? Se si consulta il sito di Francica, un ameno paese del Vibonese, viene sicuramente annoverata tra gli illustri personaggi locali. Tuttavia Benedetto Croce, il quale ha studiato attentamente le sue opere sostiene che si tratta di un personaggio fittizio, sotto il cui nome si nasconde un letterato del Settecento che non ha voluto svelare la sua identità. Tanto rumore per nulla, direbbe Shakespeare, perché si parla di un personaggio che ha lasciato un canzoniere di 131 sonetti, 61 madrigali, 11 elegìe, due canzoni e dei frammenti di carmi. Niente di rivoluzionario, o di compromettente, non vi sono pruderie da nascondere, polemiche accese nei confronti di influente personaggi dell’epoca, né è possibile rinvenire qualche scabrosa vicenda personale che debba essere tenuta nascosta. Niente che possa giustificare questa voglia di anonimato. L’unica remora poteva essere costituita dalla sua condizione religiosa. Secondo quanto viene riportato essa sarebbe stata una pinzochera o bizzoca, vale a dire una monaca di casa, vestita con abiti monacali, ma dimorante in casa. La sua vita mondana che la portò tra varie corti principesche, i sentimenti amorosi e i risentimenti nei confronti dei trattamenti ricevuti non si addicevano al suo stato. Secondo quanto era in uso tra le famiglie nobili dove vigeva il regime di maggiorascato, solo il primogenito era l’erede universale del patrimonio, mentre gli altri non avevano diritto se non a una dote. Per evitare controversie, le donne di famiglia erano così destinate a diventare religiose, per imposizione familiare a prescindere dalla vocazione personale. Non si può escludere che la Edvige, o chiunque si nasconda dietro questo nome, sia stata costretta allo stato monacale, considerato che nel Cinquecento i Pittarelli erano una famiglia nobile di Francica. La figura di Edvige Pittarelli è collocata due secoli prima dell’anonimo scrittore vibonese e viene costruita, secondo quanto afferma Benedetto Croce, agli inizi dell’Ottocento quando furono trovati dei manoscritti, parte in latino e parte in italiano, negli archivi comunali di Francica e Vito Capialbi fu incaricato di studiarle e valutare il valore dell’opera e ricostruire l’identità dell’ignoto autore. Questi era uno studioso molto stimato e si dedicò con passione alla valutazione del manoscritto, soprattutto quando arguì che doveva trattarsi di una poetessa, un evento eccezionale per quell’epoca. Vito Capialbi ne delineò la figura che apparve nella raccolta Biografia degli uomini illustri del regno di Napoli di Domenico Martuscelli edita a Napoli nel 1818. Nello stesso anno se ne dà notizia nel terzo volume della Regia Deputazione napoletana di storia patria, Archivio storico per le province napoletane, Presso gli editori Detken & Rocholl e F. Giannini, nel quale si legge: «Verso la fine del secolo XVI in questa terra di Calabria una pinzochera dell’ordine di San Domenico per nome Anna Maria Edvige Pittarelli istituì una Accademia, che disse degli Imperfetti, ed essa volle chiamarsi Pandora Milonia. Costei buona poetessa o letterata, alla venuta dell’imperatore Carlo V nel regno di Napoli, fece nobile comparsa di sé nelle splendide corti de’ principi di Salerno e Bisignano, in cui trovossi. Due volumi Mss poesie italiane e latine della Pittarelli si possedevano dal conte Vito Capialbi. Colla morte della Pittarelli avvenuta dopo il 1554, l’Accademia si estinse». Luigi Accattatis ne fa menzione parlando di Antonia Pittarelli «...valente poetessa montelionese derivò da illustre prosapia di Francica, come appare dalla genealogia che ne scrisse Fabio de Lauro: vi appartenne eziandio Anna Maria Edvige Pittarelli, monaca domenicana fiorita fino alla metà del secolo XVI, autrice di moltissime elucubrazioni latine ed ita-
Secondo quanto viene riportato sarebbe stata una monaca di casa, vestita con abiti monacali, ma dimorante in casa
liane, amica di Bernardo Tasso, chiamata in corte del Principe di Salerno, e poscia in quella del principe di Bisignano». Di questa Accademia non si ha alcuna altra notizia, né è possibile ricostruire la vita della Pittarelli, che sarebbe nata a Francica intorno al 1485 e ivi morta verso il 1556. «Le molte, e varie ricerche, istituite per acquistar notizie intorno alla vita e agli scritti di questa illustre donna, riusciron quas’infruttuose, e vane. Imperciocché nella sua padria, che fu Francica, terra di Calabria Ulteriore, appena è noto il di lei nome, e per le vicende fisiche, e politiche, cui andaron mia sempre soggette le Calabrie, i libri battesimali, e le pubbliche schede notariali di quella stagione son tutte miseramente perdute. Nella penuria adunque di circostanziate memorie delle gesta di Edvige, noi riferiremo quanto abbiam raccolto da un voluminoso Ms in alcune sue poesie latine, ed italiane, che nella domestica libreria gelosamente conserviamo», scrive il Capialbi, il quale aggiunge queste ulteriori notizie. Ed in un sonetto ringrazia Fabio di Lauro, che aveva descritto la genealogia de’ Pittarelli. «Il genitore di Edvige si appellò Roselio, uomo di armi, che in prime nozze si era accasato con Diana Sorbilli, sorella germana di Monsignor Antonio Sorbilli Vescovo di Mileto. Colla seconda moglie, della quale ignoriamo il nome, Roselio procreò la donna, di cui scriviamo. Ella sebbene allevata, ed educata nella patria, e da bizzoca vestito avesse l’abito di S. Domenico, pure istruita si dimostra nell’amena letteratura, nella filosofia, e nelle lingue; e ne’ suoi carmi, che ci rimangono vi si traspira facilità di rima, purità di linguaggio, e con varietà d’idee, sceltezza di pensieri. Molte altre poesie, all’infuori delle contenute nel nostro mss aveva certamente composte la nostr’Anna Maria, che in momento disgusto donò alle fiamme, azione della quale ne pianse il pentimento con un sonetto, indiritto ad Albio Marzano. D’esserle stato precettore un tal Godano cel fa conoscere il di lei nipote Vincenzo in quell’epigramma, che compose pella morte della zia. Crediamo poter fissare l’epoca del nascimento di Edvige negli ultimi decenni del secolo XV dal riflettere che la prima moglie di Roselio suo geni-
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Calabresi illustri tore, fu sorella di Monsignor Sorbilli trapassato nell’anno 1464. In alcuni carmi Edvige canta la lodi del cardinal della Valle, assunto alla porpora nel 1517, che dalla Chiesa di Cotrone era stato trasferito alla Cattedra Miletese nel 1508, e la rinunziò nel 1523: encomia Monsignor Quinzio de Rusticis che fu Vescovo della medesima Chiesa dal 1525 al 1336: parla, della strage de’ francesi avvenuta in Francica, secondo il Barrio il 1506, delle imprese dell’illustre Consalvo di Cordova, detto il gran capitano, della Correria di Camillo Pignatelli, figlio del Duca di Montelione, allor Viceré in Sicilia, contro i francesi, e della di lui morte succeduta nel 1520, della coronazione di Carlo V celebrata in Bologna a’ 24 febbraro 1530 e della concessione dell’isola di Malta ai cavalieri di Rodi. La nostra poetessa venne chiamata in corte del Principe di Salerno, e non è improbabile che si fosse trovata insieme con Bernardo Tasso, e con quegl’insigni letterati, e nobili artisti, che rendevano tanto fastosa, e brillante la casa del magnanimo, e valoroso Sanseverino. Edvige in una epistola a Muzio Godano dopo avergli descritto il viaggio gli soggiunse in tali termini l’urban accoglienza. Hinc nos turba trahit, quo Princeps laetur, et uxor Excipit in magnos officiosa lares. Hic mihi parva quies, animoque expellere curas fas, quique abfuerit, jam supor ante redit. Da Salerno passò la nostra donna in corte del Principe di Bisignano, che allora altresì possedeva il contado di Mileto, ove sempre ben veduta, ed accetta per più di un triennio perdurò. Ma dobbiamo confessare la Pittarelli non essere stata pienamente soddisfatta di quella dimora; poicché scrivendo ad sopraccennato Muzio Godano si lagna della sua situazione, ed in questi accenni prorompe: Iam nec vita placet,suntque infensissima nunc quae delicium nostri carmina cordis erant. La Pittarelli impiegò spesso la lira in lode della splendida, ed illustre famiglia Sanseverino, della quale veniva altronde protetta e favoreggiata. Ella fu certamente del seguito del suddetto Principe di Bisignano per tutto il tempo che l’Imperator Carlo V dimorò in regno. Nelle di costei poesie si descrivono la venuta di quel Monarca, e i magnifici ricevimenti da’ Sanseverineschi, le giostre, e le feste celebrate nella Capitale nel tempo della dimora dell’Imperatore, le grazie, le decorazioni, e gli onori da costui dispensate a varij signori, e segnatamente a Pietro Antonio Sanseverino Principe di Bisignano tali, e quali ci vengono narrate dal Rosso, e dal Summonte, e l’eroiche gesta, le virtù, e la dipartita della M.S. Tutte queste cose sono pennelleggiate con dettaglio tanto circostanziato, e preciso che ben dimostrano l’autrice essere stata presente agli avvenimenti, che narra. Fra le rime della Pignatelli vi sono un’epistola in esametri, e pentametri dirett’a Gabriele Barrio ne’ primi anni della di costui dimora in Roma, colla quale lo anima a continuare gli studj e lo conforta». La frequentazione del salotto letterario dei Sanseverino era molto ambita, per i privilegi che accordava e vi era un clima di invidia e sospetto. Sembra che Gabriele Barrio sia stato avvelenato da qualcuno invidioso del suo successo e del favore di cui godeva presso la Principessa Erina, la vera anima del composito gruppo di illustri ospiti. I fatti e i particolari raccontati da Vito Capialbi sembrerebbero dimostrare la
Nonostante l’autorità e l’autorevolezza di Benedetto Croce qualche dubbio sull’esistenza della nostra poetessa permane
Gabriele Barrio Sotto, palazzo Sanseverino a Bisignano Sopra, Francica
Quello che è certo è che resta la raccolta di poesie che hanno una certa dignità letteraria e raccontano eventi verosimili
verosimiglianza della vita di Edvige. In particolare risaltano in questo racconto le figure di Erina Castriota, di sua sorella Maria e di Gabriele Barrio, legate alla corte principesca dei Sanseverino a Bisignano. In particolare a quest’ultimo dedica dei sonetti in lode, senza riceverne in cambio neanche un rigo di menzione nel suo volume De antiquitate et situ Calabriae, edito a Roma nel 1571, quasi due decenni dopo la presumibile morte della poetessa che aveva dedicato a Donna Erina Castriota. Questa “dimenticanza” costituisce uno degli indizi per corroborare la tesi dell’inesistenza di Edvige. Erina era la figlia di Ferdinando II della famiglia Castriota, duca di San Pietro in Galatina, che aveva sposato in seconde nozze Pietro Antonio Sanseverino, principe di Bisignano. Insieme a lei viveva la sorella, «la qual Donna Maria, oltre l’esser dottissima nella lingua Greca, et latina, et in molte rare scientie, è poi degna d’illustre memoria per la santità della vita sua, che essendo lungamente stata desiderata, et domandata in matrimonio da grandissimi signori, non ha mai voluto accettarne alcuno, dicendo sempre, che ella era già maritata, o più tosto dedicata per serva umilissima al supremo signor del mondo. La onde è vivuta sempre, et vive in virginità, non in monasterio, ma nella casa della detta sua nepote...», come scriveva Girolamo Ruscelli. Un’altra bizzoca, dottissima che animava il salotto letterario dei Sanseverino a Bisignano, il cui rapporto con la Edvige doveva essere quanto meno problematico se non dichiaratamente conflittuale. Il salotto dei Sanseverino si ispirava al modello letterario del Canzoniere di Petrarca, e la stessa Erina aveva idealizzato la figura del marito, morto con una febbre improvvisa in un viaggio da Madrid, dove si era recato alla Corte Imperiale, a Parigi per incontrare la sposa del re. «Percioché fra quei Personaggi principali, che il Re Filippo con tanto splendore mandò in Francia a far riverentia alla Regina Isabella, sua nuova sposa, fu uno il detto Principe di Bisignano. Il quale fra pochi giorni, soprapreso da una gran febre, se ne passò a miglior vita, con molto dispiacere, come ragionevolmente si deve credere di tutti i buoni di Christianità». scrive Ruscelli. Alla morte del marito resse da sola il principato, per la tenera età del figlio Nicolò. Donna di una bellezza straordinaria, dama raffinata e amministratrice energica e risoluta, era anche molto lodata per le sue qualità umane. «Udendosi poi all’incontro essere stata continuamente larghissima nel vestir povere donne, nel maritarle, et dotarle per ordinario ogn’anno quattro, et per estraordinario tante, quante ne sapea, o intendeva esser bisognose per la fortuna, et meritevoli per l’onestà, et bontà della vita loro. Et così parimenti in far nobilissimi ornamenti di Chiese, restauration di loro fabriche, con farne ancora delle nuove, sì come è molto celebrata, sotto nome di Santa Maria di Colorito nel territorio di Murano in Calabria. Et degna di gloriosa memoria a santa, non dico confusione, ma correttione et generoso risvegliamento di molt’altri principi, o principesse, o signori grandi, mi par che debbia essere quella magnanima, et piissima operatione di questa Signora, ch’ogn’anno nel giorno di San Nicolò nella città di Cassano fa raunar più di due mila poveri di quello, et d’altri paesi, ai quali ella stessa con le proprie mani da a mangiare con tanto onore, et splendidezza, come se fossero nobilissimi personaggi, et a tutti partendosi fa donare onestissime, et copiose elemosine in denari. Et in quel medesimo giorno marita quattro povere donne, et oltre alla dote in denari, dona a ciascuna d’esse delle vesti di essa Signora propria. Et finalmente così in vita del marito, come doppo morto, non par che si sia veduta mai aver maggior dilettatione, o contentezze, che il servitio di Dio, et ancor che si sia mostrata sempre lontana da ogni ipocrisia, et superstitione, o alterezza, conversando domesticamente, et benignamente con chi conviene, et vivendo da vera signora, tuttavia non si è mai veduta aver conversatione stretta con altra persona oltre al marito, che con Donna Maria, sorella carnale, et unica del Duca di San Pietro, suo padre». Nonostante l’autorità e l’autorevolezza di Benedetto Croce qualche dubbio sull’esistenza della nostra poetessa permane. Quello che è certo è che resta la raccolta di poesie che hanno una dignità letteraria e raccontano eventi verosimili ben conosciuti da chi scrive per una conoscenza diretto o per un attento studio. Sembra che sia accertato che si tratti comunque di una figura femminile, e merita un posto nella letteratura della sua epoca (ma quale il Cinquecento o il Settecento?). Così come sembra plausibile l’ipotesi che abbia voluto nascondere il volto (e l’identità) per non entrare in contraddizione con il personaggio che gli era stato imposto di vivere, ma dal quale non poteva allontanarsi senza destare grande scandalo.
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Luoghi e personaggi Un filo d’arte che va da Cerisano a Marzi, passando per Cosenza
Enrico Salfi il romantico della pittura eco di Pierfrancesco Gr
In provincia di Cosenza, nella Valle del Savuto, su un’altura di circa 500 metri vicino al territorio di Rogliano, con cui confina, sorge un borgo, arroccato sul colle e distribuito, secondo una diffusa tradizione del passato, in due nuclei abitativi: stiamo parlando di Marzi, una cittadina divisa in due settori, quello inferiore, detto “Marzi sottani”, e quello superiore, detto “Marzi soprani”. Un tempo, infatti, la parte superiore di un territorio spettava ai feudatari ed ai proprietari delle terre lavorate dai contadini, collocati invece in casupole meno accoglienti nella parte inferiore. Secondo la gran parte degli studiosi locali, le origini di Marzi risalgono al 984 d.C., data in cui si formarono i Casali del Manco, di cui Marzi ne faceva parte. Questi casali nacquero in seguito all’insediamento dei profughi casentini, fuggiti dalla città invasa dai Saraceni. Sotto il regno del normanno Ruggero II, il territorio dei Casali fu diviso in 21 Baglive: tra esse la Bagliva di Rogliano cui apparteneva Marzi. Il termine “Casale” deriverebbe dal latino casa rustica, ma molti ritengono che abbia il significato di case rurali senza mure di cinta, “del manco” perché Marzi è posto sulla riva sinistra del fiume Crati. Le successive vicende storiche portarono alla decadenza storica e sociale dei casali: nel 1642 furono acquistati dal marchese Vincenzo Salvati, granduca di Toscana e con ciò i casali passarono dal demanio Regio al demanio feudale, fino al 1647 quando il Vicerè reintegrò i casali nel demanio regio. Secondo altri storici, tra cui il Vincenzo Padula, l’origine di marzi è da collegare ai Marsi o Li Marsi che erano un nucleo di un popolo del Sannio provenienti dalle alture situate intorno al lago Fucino e che si stabilirono nel territorio dell’attuale marzi perché molto simili ai luoghi della loro provenienza: secondo questa ipotesi la Marzi di allora (siamo intorno al 700 a.C.) si affacciava sul lago Amarella. I Marsi sanniti si sarebbero spinti presso questi luoghi in cerca di un’ antica divinità (forse Pandina o Ecate, la Dea triforme) il cui tempio era situato, presumibilmente, nei pressi del torrente Lara. Alla Dea venivano offerti sacrifici umani, spesso adolescenti con lo scopo di propiziarsi favori, vittorie e beni. Ciò troverebbe conferma nel fatto che alcune contrade portano il nome di “Chianufante” o “Pardina”. I Marsi sanniti avrebbero dunque chiamato con il loro stesso nome il territorio in cui si sarebbero insediati. Probabilmente il piccolo villaggio di Marzi che doveva sorgere sulla collina posta ad est dell’attuale ubicazione del centro storico, venne distrutto da un violento terremoto intorno al 1148. Qualunque sia l’origine di Marzi, il 3 giugno 1745 a sèguito della dichiarazione di Rogliano a città Regia, Marzi passò dalla giurisdizione di Cosenza a quella di Rogliano. Fino al 1805 fu luogo di Rogliano, però diversi descrittori di luoghi dei secoli scorsi lo citano come luogo a se e tra i pochissimi paesi della Calabria Citra o Citeriore, a vantare un discreto sviluppo economico e commerciale. Di fatti tra il 700 e la fine del secolo scorso si annoverano fabbrichette per la concia dei pelli (famosa quella dei fratelli Pontieri) fatta con macchine “a cortella”, tintorie, panifici e laboratori per la lavorazione della pietra. Nel 1806 ottenne l’autonomia amministrativa e fu staccata da Rogliano, e nel 1807 in seguito all’ordinamento amministrativo dato dai francesi alla Calabria, Marzi diventò comune autonomo. Vi fu un periodo compreso tra il 1928 e il 1937 in cui Marzi ritornò frazione di Rogliano, a causa della soppressione dei comuni al di sotto dei duemila abitanti, voluta del regime fascista. Nell’anno 1811 vi fu un successivo riordino che istituì i comuni circondari e con decreto datato 4 maggio dello stesso anno a Marzi fu assegnato come frazione l’abitato di Belsito. Quest’ultimo in sèguito alla Restaurazione borbonica del 1815 ritornò comune autonomo. Marzi diede un contributo notevole al Risorgimento italiano, con parecchi uomini illustri, come pure cittadini comuni, che subirono condanne in processi tra il 1850 e il 1860.
L’artista cosentino diventò famoso come “il pittore di scene pompeiane”, possente filone artistico che assieme all’orientalismo segnò un momento importante della pittura napoletana del secondo Ottocento
Tante, insomma, le vicende consumatesi in questa cittadina, nobilitata da un affascinante centro storico, che ha come fulcro la chiesa parrocchiale, dedicata a Santa Barbara. Sorgente nel cuore del nucleo urbano inferiore del paese, quello storicamente abitato dal popolo, la chiesa presenta una facciata a capanna piuttosto sobria, con un portale ad arco a tutto sesto lavorato in pietra dagli scalpellini locali così come il rosone circolare sopra di esso e le decorazioni poste sotto al timpano triangolare collocato alla sommità della parte anteriore. Il pro-
Veduta di Marzi Sopra, l’opera di Salfi Venditore di anfore in Pompei
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Luoghi e personaggi entrambi impreziositi da dipinti raffiguranti il Santo realizzati rispettivamente dal Manzini e da già citato Salfi, il quale per questa chiesa realizzò San Paolo, San Pietro, Santa Barbara. Un artista, il Salfi, di estrema rilevanza, ma ancora poco celebrato. Una lacuna da colmare, se si pensa che stiamo parlando di uno dei più grandi interpreti della pittura romantica meridionale. Salfi divenne famoso come “il pittore di scene pompeiane”, possente filone artistico, che, assieme all’orientalismo, segnò un momento importante della pittura napoletana del secondo Ottocento. Durante i suoi studi a Napoli diventò l’allievo preferito di Domenico Morelli, che gli trasmise la sua vena artistica. Tornato a Cosenza aprì uno studio nel centro storico. Nel frattempo diventò famoso anche all’estero e iniziò a partecipare a molte esposizioni affermandosi come ritrattista. Oltre che pittore, allievo tra l’altro di Domenico Morelli caposcuola della pittura napoletana ottocentesca, Salfi si distinse anche per la sua attività di compositore e poeta; fu un abile restauratore e un profondo conoscitore degli scavi di Pompei di cui compilò una piccola guida illustrata con ventisette disegni eseguiti a punta di penna.
spiciente sagrato è uno dei luoghi di ritrovo più importanti di Marzi, specie in occasione delle festività religiose. Malgrado l’apparenza, la chiesa di Santa Barbara non ha tre navate, ma solo una: alla destra dell’osservatore si erge infatti il campanile a base quadrata ed alla sinistra vi è una sezione della struttura adibita a canonica. All’interno troverete la Cappella di Santa Rosa, con un bell’altare in legno intagliato e gli affreschi di Enrico Salfi, l’altare di San Vincenzo e quello di San Francesco di Paola,
Durante i suoi studi a Napoli diventò l’allievo preferito di Domenico Morelli, che gli trasmise la sua vena artistica Le sue opere si possono ammirare in palazzi e chiese rinomate non solo della nostra regione
«Salfi - ha spiegato Tonino Sicoli, in un suo scritto incentrato sulla figura del pittore - era nato a Cosenza (...) da una famiglia di umanisti, letterati e musicisti. Dopo aver intrapreso gli studi classici assieme al fratello maggiore Eugenio, diventato poi un apprezzato tenore lirico, nel 1876 si era trasferito a Napoli per frequentare l’Istituto Regio di Belle Arti». «Nel 1876 a Napoli, anno che aveva visto spegnersi il capofila della Scuola di Posillipo, Giacinto Gigante - ha scritto, invece, Enzo Le Pera -, e che adesso viveva la rivalità pittorica tra gli studi veristici di Filippo Palizzi e la fantastica immaginazione di Domenico Morelli, giunse il Cosentino Enrico Salfi per frequentare il locale Istituto di Belle Arti (‘76/’79). Era nato, Enrico Salfi, un artista che, per il posto che occupa nella storia dell’arte calabrese, non merita certo di rimanere ancora nell’ombra, il 26 novembre 1857, a Cosenza, città in cui compì gli studi ginnasiali. Arrivato nel capoluogo partenopeo, palestra degli ingegni meridionali e centro internazionale per la cultura artistica, per la prosecuzione degli studi, il giovane ebbe come maestri il Calabrese Angelo Mazzia e Giuseppe Bellisario per il disegno, Vincenzo Marinelli e Federico Maldarelli per lo studio dei frammenti, Raffaele Postiglione per la statuaria e il celebre Domenico Morelli per la pittura. Del Morelli ben presto divenne l’allievo preferito, avendo il Maestro rinvenuto in lui doti non comuni di fantasia e di talento pittorico. A Napoli rimase fino all’età di 36/37 anni, contraendo numerose amicizie nell’ambiente artistico e letterario e conoscendo e frequentando i maggiori pittori del tempo, Filippo Palizzi, Michele Cammarano, Gioacchino Toma, Vincenzo Volpe, Giuseppe Casciaro, Attilio Pratella, con la gran parte dei quali espose in numerose manifestazioni. Intorno agli anni ‘93/’94 fece ritorno a Cosenza, restaurò la propria villa in stile pompeiano ove aprì studio e partecipò assiduamente alla vita pubblica, ricoprendo importanti cariche ufficiali (ispettore dei Monumenti e Scavi; membro della commissione dei Monumenti d’arte e d’antichità; curatore e riordinatore del Museo civico). Enrico Salfi fu buon seguace di Domenico Morelli, da cui rimase profondamente influenzato. Dopo un periodo di imitazione del Maestro (di questa fase l’opera Figura di profeta), come accade a tutti i grandi artisti (e bisogna sottolineare che Salfi fu artista valoroso e completo per la qualità e il valore delle opere prodotte, per il rilievo nazionale e internazionale di cui godette ai suoi tempi), se ne distaccò mostrando un’impronta personale e geniale. Così come il Cammarano fu il pittore delle battaglie, Salfi fu il pittore delle scene pompeiane, filone artistico primario della pittura partenopea del secondo Ottocento». Nello specifico, ha scritto Tonino Sicoli, «l’ambientazione esotica e quella nella Roma antica erano per tanti artisti del periodo un espediente per rendere il realismo distante nello spazio e nel tempo. Si tratta diunmodo, di derivazione romantica, di “viaggiare” alla volta di civiltà lontane, misteriose e intriganti. Il mondo islamico, i paesi del Mediterraneo o dell’Oriente, visitati direttamente o solamente sognati, sono luoghi “altri” e distanti dove dislocare azioni e personaggi della quotidianità; l’ambientazione greco-romana, anch’essa figlia del classicismo e del culto romantico della storia, permette, invece, di ritrarre gli aspetti della vita di allora come se fossero in un “altrove” mitico. Sugli sviluppi di questa pittura di ambientazione romana un grande influsso è esercitato dal “Bagno pompeiano” (1861) di Domenico Morelli, opera egregia di grande sensualità. Come Morelli, Giuseppe Sciuti, Cesare Maccari, anche Salfi manifesta un gusto per lo stile pompeiano; la vita di tutti i giorni a Pompei è descritta con vivo realismo e trasporto emotivo, attraverso scenette di ordinario racconto. La pittura storica assume nell’artista cosentino i tratti di una storia giornaliera, fatta di “piccoli” av-
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Luoghi e personaggi venimenti, colti nelle strade di una città romana, che rivive nell’immaginario stimolato dai ritrovamenti archeologici di Ercolano e Pompei. Si tratta di rappresentazioni dell’antichità, che assumono i toni della semplicità popolare piuttosto che l’esemplarità di personaggi eminenti». «Vivida espressione di tale orientamento è l’opera Venditore di Anfore in Pompei, dipinta da Salfi proprio in questo periodo. Oltre allo stile pompeiano, il Salfi trattò anche il soggetto religioso (dipinse parecchie Madonne, nel raffigurare le quali «ha seguito con sano criterio» il grande Maestro Domenico Morelli) e biblico e, talvolta, il paesaggio. Si affermò moltissimo come eccellente ritrattista, sopratutto nel periodo “cosentino”, e per la perfezione tecnica e per la notevole somiglianza del dipinto al personaggio. Basti pensare ai Ritratti di Luigi Mascaro, Mariano Campagna, Francesco Marini Serra, Luigi Trocini, Donato Campagna, e di tanti altri personaggi della borghesia cosentina del tempo. Bisogna anche ricordare che Salfi fu l’autore del “plafond” del Teatro Comunale Rendano di Cosenza (al tempo detto Teatro Massimo) sulla Allegoria delle arti, opera successivamente distrutta dai bombardamenti (il bozzetto è conservato in casa Salfi) e del grande quadro I figli di Bruto, un tempo nella sala dell’ex Consiglio del Municipio di Cosenza: la tela, che gli venne commissionata dall’allora sindaco della città, cav. Giuseppe Campagna, portava la data 1899 e fu lodata dal celebre compositore Camillo Boito durante una visita a Cosenza». Della composizione dipinta nel “Rendano” rimane, invece, la descrizione di un giornale dell’epoca fatta in occasione dell’inaugurazione del Teatro avvenuta con l’Aida di Giuseppe Verdi: «La composizione comprende tre gruppi che, con sorprendente efficacia, riproducono l’allegoria delle arti sceniche. II gruppo principale raffigura la musica nelle sue varie gradazioni: la popolare rappresentata dalla figura che suona i cembali, la buffa da quella che suona il doppio flauto, la seria, rappresentata da quella con la tromba. (...) Il quadro meraviglioso, animato da fervida immaginazione, delineato da calda mano, è un vero tesoro d’arte. Grande pregio dell’opera è la varietà e l’equilibrio nella composizione delle figure; effetto difficilissimo ad ottenersi data la molteplicità delle figure» (Il Giornale di Calabria, novembre 1909). Dipinse anche opere sacre, per alcune chiese calabresi, tra cui, oltre alle già citate immagini create per la chiesa parrocchiale di Marzi, è opportuno menzionare quelle realizzate a Cerisano nel 1884, presso la chiesa di San Domenico, ove si può ammirare la Madonna del Rosario tra San Domenico e Santa Caterina, e all’interno della chiesa del Carmine, ove, in prossimità dell’altare risplende un immagine di San Pietro, opera pregevolissima e unanimemente apprezzata nel corso dei decenni, all’epoca commissionata da Pietro Greco; un dipinto, questo, che, impreziosito da una cornice in stucco, frutto dell’abilità del bravissimo stuccatore cerisanese Giovanni Ruffolo, «presenta - ha scritto lo studioso calabrese Luigi Bilotto - stilemi tipicamente morelliani. Il Santo è assorto, con lo sguardo al cielo e solo una piccola chiave è inserita come suo attributo». Rilevanti sono anche altre realizzazioni a carattere sacro, quali, a Parenti, un dipinto elaborato nella cappella di San Pasquale della chiesa parrocchiale.
Oltre che pittore Enrico Salfi fu anche compositore (si conosce una serenata, Dal Mare, di cui scrisse parole e musica) e poeta e pubblicò un volume di versi dal titolo Lyrica pompeiana, Cosenza 1888, Tipografia municipale di F. Principe, opera che riscosse il plauso di molti letterati, tra cui Enrico Panzacchi, sul suo periodico Lettere ed arti, e Mario Rapisardi, lettera del 2/3/’87. Fu un abile restauratore e un profondo conoscitore degli scavi di Pompei (di cui restaurò la casa detta di Cave canem); compilò inoltre una Piccola guida di Pompei (Effesette, Cosenza, 1990), il cui manoscritto originale è illustrato da 27 eccellenti disegni a punta di penna. Del periodo napoletano sono i due Plastici del poeta tragico (Pompei, Casa del Poeta tragico), uno dei quali fu in mostra a Parigi, Petit Palais, nel 1977. Partecipò a numerose esposizioni in Italia e all’estero: Promotrice Napoletana, 1880, con Alla fontana; 1881, con Al passeggio; 1882 con Lydia, opere disperse; 1884, con Licet, Napoli, Amministrazione provinciale; 1885, Le Maghe (o Le Streghe); 1890, con In attesa della sposa e altri soggetti di ispirazione classica; Mostra di Bruxelles, 1881, con la riproposta di Lydia; Esposizione di Roma, 1883, ancora con Licet, e Venditore di anfore a Pompei, Milano, Galleria d’Arte Moderna; 1886, nuovamente con Le Maghe; 1887, con Parassiti postulanti, La lettiga, Nozze pompeiane (o Alle nozze); 1911, con Il Giuda; Mostra di Torino, 1884, ancora con Le Maghe; 1898, con La Sacra Famiglia e Sul Golgota; Mostra di Venezia, 1887; Mostra di Genova, 1904, con Satana vinto; Biennali d’Arte calabresi di Reggio Calabria: 1920; 1922, con In attesa della sposa, acquistato dalla Real Casa; 1924; 1926, col Cantico dei cantici, Reggio Calabria, Biblioteca comunale; 1931, con L’ebreo errante, Cosenza, collezione privata. Morì a Cosenza il 14 gennaio 1935, lasciando due figli: Mario, anatomista, e Francesco Saverio, esimio compositore e direttore d’orchestra, ennesima manifestazione di quella vocazione che nella Città dei Bruzi ha sovente trovato accogliente e fervida culla: la culla di un filo d’arte avvolgente l’hiterland cosentino, legandolo all’anima nobile della cultura universale.
La chiesa parrocchiale di Santa Barbara a Marzi Sopra, San Pietro (1884), chiesa del Carmine di Cerisano e Santa Barbara (anni 20 del '900)
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Sfogliando sfogliando
Cosenza non ha perso il gusto di leggere
Torna la Feltrinelli in città dopo più di trenta anni dal primo esperimento nelli di Federica Monta
Un ritorno inaspettato quello della Feltrinelli. Ancora più inaspettato se si pensa che nessuno avrebbe mai immaginato che il megastore aprisse, dopo trent’anni dal primo ed unico esperimento, nel cuore di Cosenza. La Feltrinelli ha aperto le porte alla città bruzia lungo una delle sue principali posizioni strategiche, corso Mazzini. Lo scorso 21 maggio, giorno dell’inaugurazione, la libreria è stata letteralmente presa d’assalto dai cosentini. Un po’ per la curiosità dell’ evento, un po’ perché all’interno del megastore si aggirava il principale motore della libreria: Inge Feltrinelli, moglie del noto fondatore Giangiacomo. Lo staff, rigorosamente cosentino - fatta eccezione per la direzione affidata a Claudia Lanaia - ha seguito le tappe di un allestimento unico sul territorio, date le dimensioni, contribuendo, così, fin dal principio alla convincente “confezione” culturale proposta all’inaugurazione. Il prestigioso marchio torna, dunque, a testa alta e, soprattutto, su due piani (su una superficie di 400 mq): letteratura e narrativa accolgono la clientela al piano terra, tempo libero, storia, attualità, musica, cinema e “kids”occupano il primo piano. Il tutto naturalmente accompagnato dal quel colore, il rosso, che contraddistingue da sempre il marchio. La foto di trent’anni fa non c’è più, ma il successo dei primi giorni rivela quanto Cosenza non abbia, forse, del tutto perduto la sua passione per i libri. Cosenza, dicevamo, la sua Feltrinelli l’aveva avuta negli Anni ‘70. Non avrebbe potuto non averla, forse, negli anni della rivoluzione culturale, dei movimenti, della contestazione e della lotta politica, che videro una città vivace ed effervescente. La Feltrinelli era su corso Telesio allora, in un locale su due piani: lì si potevano trovare titoli irreperibili nelle normali librerie. C’erano, ad esempio, i testi pubblicati da Savelli, la casa editrice della sinistra extraparlamentare che proprio negli anni in cui la Feltrinelli apriva a Cosenza diede una scossa al mercato editoriale con Porci con le ali. Libreria militante, come l’aveva concepita Giangiacomo, che professava anche
Grande l’accoglienza da parte dei cosentini Una nota positiva che fa capire quanto sia grande il desiderio di leggere, esplorare, scoprire, pagina dopo pagina...
la democratizzazione della cultura. È un tratto distintivo, quello della Feltrinelli, che fa indubbiamente notizia. Specie se si pensa che il proprio successo segnerà, invece, la fine di un ‘epoca per le concorrenti.
Un po’ di storia Giangiacomo Feltrinelli fonda la casa editrice Feltrinelli a Milano nel
1954 sulle ceneri della Cooperativa del Libro popolare di cui Giangiacomo decide di mantenere la collana Universale economica. Feltrinelli, convinto della necessità e della possibilità di «cambiare il mondo con i libri, combattere le ingiustizie con i libri» ha come collaboratori importanti personaggi del mondo editoriale come Luciano Bianciardi, Gian Piero Brega, Renata Cambiaghi, Luigi Demoz, Valerio Riva e Albe Steiner. La casa editrice inizia da subito a far conoscere il suo grande talento e la sua voglia di aprire gli orizzonti della cultura italiana. Vengono pubblicati autori di grande fama internazionale, ancora mai sbarcati in Italia, come Miller e Pasternak, e pubblicate opere come Il dottor Zivago e il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Col trascorrere del tempo, e grazie alla grande risposta di pubblico, la casa editrice si arricchisce di biblioteche e librerie. Diventerà una delle case editrici più importanti d’Italia e ancora oggi detiene un ruolo di colosso dell’editoria.
Giangiacomo Feltrinelli
XIV
sabato 1 giugno 2013
La poesia fa passi avanti Antologia che raccoglie le migliori liriche partecipanti al Premio Merini
Mille voci per Alda
Non poche, e significative, sono state le definizioni date alla poesia di Alda Merini, quasi a voler dimostrare come nei suoi versi ci sia il fuoco che crepita e che consente di gridare e di giocare con le parole, con le inquietudini, con la sua ricerca di armonia interiore e di fede. Una cosa è certa, lo era e lo è ancora oggi: la voce di Alda Merini sta cavalcando la storia poetica italiana nel segno di un’autenticità espressiva in grado di catturare a sé l’attenzione non soltanto dei critici più accreditati a livello internazionale, ma anche, e soprattutto, quella dei poeti emergenti e di quanti stanno avvicinandosi alla poesia, al piacere di elaborare in versi i propri sentimenti, le proprie gioie, le delusioni, i giochi anche pericolosi che l’attuale società ci offre e ci propina nostro malgrado. Ecco così che, allo scopo di far conoscere e valorizzare le voci della poesia moderna, l’Accademia dei Bronzi, in collaborazione con le Edizioni Ursini di Catanzaro, ha promosso e portato a termine la pubblicazione dell’antologia “Mille voci per Alda”, realizzata con le migliori liriche partecipanti alla seconda edizione del concorso dedicato alla poetessa dei Navigli. I temi trattati sono diversi, com’è logico, anche se l’eco e il richiamo dell’amore hanno avuto la meglio. Ma ciò che emerge, in questa raccolta, in maniera indiscutibile, è la ricerca di un modus scritturale personalizzante, tale cioè da risultare unico e da costringere il lettore a ritornare più volte sui versi e sulle espressioni usate, sulle metafore, sui guizzi ascensionali in direzione dell’azzurro, di quell’azzurro che naviga in ognuno di noi e che il poeta, se è veramente tale, riesce a captare a piene mani. Un altro dato importante, importantissimo, è il sensibile aumento delle voci poetiche al femminile, fatto del resto già unanimamente considerato di assoluta freschezza e foriero di non poche preziosità contenutistiche. Le donne, insomma, sono entrate pienamente in sintonia con i temi trattati da Alda Merini ed hanno proposto opere di buona qualità, alcune delle quali di grande impatto sociale. La poesia, quindi, si sta vestendo di rosa, ed è un rosa davvero coinvolgente per la molteplicità degli argomenti che vengono messi in circolo, per la sincerità dei contenuti, per la felice intuizione degli stati d’animo altrui, per l’accostamento dell’io ai problemi di una quotidianità sempre meno gratificante. Come a dire che nell’antologia “Mille voci per Alda”, pubblicata in elegante veste grafica, le donne hanno in comune il piacere di confrontarsi, di stuzzicare il lettore, di contribuire in qualche modo a fare amare la poesia, alla sua divulgazione anche al di fuori del ristretto ambito dei concorsi letterari, degli addetti ai lavori e di quanti scrivono versi. Con questo volume, inserito dalle edizioni Ursini nella collana “I libri dell’Elefantino”, la poesia farà certamente un altro notevolissimo passo in avanti in termini di diffusione e qualità.
L’Accademia dei Bronzi, in collaborazione con le Edizioni Ursini di Catanzaro ha promosso e portato a termine la pubblicazione dell’opera realizzata con le migliori liriche partecipanti alla seconda edizione del concorso dedicato alla poetessa dei Navigli
Il nuovo libro di Luigi Mariano Guzzo
Luigino racconta la Costituzione
Spiegare la Costituzione come se fosse un sogno, perché il sogno ha la carica della progettualità e la Costituzione ogni giorno deve essere riscoperta, amata e attuata. È questa l’idea che sta dietro la pubblicazione di Luigino racconta la Costituzione, il nuovo libro scritto dal giovane giornalista Luigi Mariano Guzzo per la collana “Corrisi” curata dalla casa editrice catanzarese La Rondine Edizioni e che ha conquistato l’attenzione del pubblico presso lo stand allestito al Salone internazionale del Libro di Torino. Il libro, arricchito dalle illustrazioni di Vesdan, nasce da un’idea dell’editore Gianluca Lucia da cui Guzzo è rimasto letteralmente travolto: «Quando Lucia mi ha chiesto di scrivere un libro per bambini sulla Costituzione - racconta l’autore - sono stato felice di accettare la sfida, io che sono giornalista e studente della facoltà di Giurisprudenza. Ho cercato di raccontare ai più piccoli, tramite efficaci esempi, quelli che sono i valori positivi che stanno alla base del nostro vivere comune come il lavoro, l’eguaglianza, la solidarietà, la cura ambientale, il rispetto delle altre culture religiose. Perché la Costituzione è uno scrigno che conserva i nostri sogni, un pò come le stelle, e basta seguirle per trovare la strada giusta». Ad accompagnare i piccoli lettori nel viaggio alla scoperta della Costituzione italiana è “Luigino” in omaggio alla figura di Luigi Einaudi, membro dell’Assemblea costituente e secondo presidente della Repubblica italiana. Guzzo all’interno del volume rivolge un ringraziamento particolare anche a Martin Luther King che «con il suo I have a dream (Io ho un sogno) ha insegnato che non ci sono differenze tra persone che hanno la pelle nera e persone che hanno la pelle bianca»; e a don Lorenzo Milani che «con il suo I care (Mi sta a cuore) ha fatto capire che non ci sono differenze tra bambini poveri e bambini ricchi perché tutti hanno il diritto di andare a scuola e studiare». Luigino racconta la Costituzione è arricchito, inoltre, da un breve commento di Luigi Ventura, ordinario di Diritto costituzionale: «La Costituzione italiana - scrive il docente - è la tavola dei valori fondamentali dello Stato. Sin dalle scuole dell’infanzia e primaria bisognerebbe stimolare i bambini a imparare i primi 21 articoli delle Costituzione - e dico 21, non tutti - per fare di loro degli autentici “cittadini in erba”. Il mio non è un messaggio di propaganda, non è un messaggio di parte, non è un messaggio politico: è il messaggio insito nella Carta fondativa della nostra Repubblica». Gianluca Lucia, direttore editoriale di “La Rondine”, sintetizza così l’idea progettuale legata alla nuova uscita della collana Sorrisi: «La nostra casa editrice - afferma - ha voluto puntare fortemente su questa nuova scommessa editoriale dedicata ai più piccoli che contribuisce ad allargare l’offerta verso il target di lettori di età compresa tra i 4 ed i 9 anni attraverso storie dal forte impatto educativo capaci di stimolare l’interazione tra genitori e figli con uno stile leggero e accattivante. Grazie alla magia della lettura è possibile, infatti, riscoprire il potere dell’immaginazione ed offrire risposte creative ai dubbi dei più piccoli».
sabato 1 giugno 2013
Bellezze e menti fresche Giovani artisti cosentini a lavoro per la conservazione del territorio
Ragazzi, la cultura è vicina di Francesco Fotia
Sono stati conferiti ieri i premi per i vincitori del concorso organizzato dalla Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici per le Province di Cosenza, Catanzaro e Crotone. Il progetto, alla sua prima edizione, ha riguardato gli studenti dei licei artistici ed Istituti d’Arte della Provincia di Cosenza, e ha visto la partecipazione, tra gli altri, del Liceo artistico statale di Cosenza “G. Tommasi” e dell’Istituto statale d’arte di Luzzi. Ai giovani che hanno aderito all’iniziativa è stato chiesto di sviluppare un’opera che avesse come soggetto un tema relativo ai Beni culturali: disegni, storie e narrazioni, anche a fumetti, o lavori fotografici. «L’obiettivo del bando - ha spiegato Antonio Puntillo, direttore dei Servizi Educativi è avvicinare i giovanissimi alla cultura e alle bellezze del territorio in cui vivono. Bellezze troppo spesso abbandonate a se stesse, e che se venissero valorizzate come meritano apporterebbero dei vantaggi, concreti e sotto diversi aspetti, per tutta la cittadinanza. Il concorso - ha proseguito - ha puntato a mettere in luce soprattutto la necessità di preservare il centro storico e recuperare alcune delle zone della città». Il concorso, per ovvie ragioni, è stato suddiviso in due sezioni: la prima destinata agli studenti frequentanti le prime tre classi, la seconda aperta agli iscritti del quarto e del quinto anno. Sono stati una decina i lavori fatti pervenire alla Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici: «Ci sono arrivati lavori realizzati con le più diverse tecniche e differenti materiali, - ha osservato Puntillo - tra questi ci sono anche sculture. Un’opera che mi ha particolarmente colpito è stata un plastico che ritrae la chiesa di Sant’Angelo di Luzzi, realizzato in scala naturalmente, e costruito con il legno di balsa. Nel complesso, ci ha positivamente sorpreso la qualità delle opere che gli studenti sono riusciti a produrre; qualità che fa onore al loro talento, alla fantasia, e alle intelligenze didattiche di chi sta formando questi giovani». La sede della Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici di Cosenza Accanto al titolo la locandina dell’evento
Il progetto ha riguardato gli studenti dei licei artistici e istituti d’arte della Provincia di Cosenza e ha visto la partecipazione, tra gli altri, del Liceo artistico di Cosenza “Tommasi” e dell’Istituto d’arte Luzzi
Le opere vincitrici saranno esposte nella sede della Soprintendenza, a Palazzo dei Valdesi, la stessa che ha ospitato la cerimonia di premiazione. Alla classe vincitrice della prima sezione è stata consegnata una targa ricordo e offerta l’opportunità di fare uno stage della durata di un giorno presso la sede della Soprintendenza, all’interno della quale saranno loro illustrate le metodologie lavorative dell’ente e gli obiettivi fondamentali che persegue. Alla classe vincitrice della seconda sezione è stata consegnata la medesima targa ricordo, e offerta la possibilità di tenere uno stage della durata di tre giorni presso la sede, con la preziosa opportunità di visitare i monumenti più significativi della città e visionare le fasi di restauro conservativo in alcuni dei cantieri della città. Avranno così modo di vedere e imparare concretamente le modalità di lavoro dell’ente e di ricevere, al termine dello stage, un attestato di partecipazione. È stata donata a tutti i partecipanti al concorso una pubblicazione a cura dei servizi educativi. Inoltre, le opere proclamate vincitrici saranno esposte al pubblico nella sede della Soprintendenza. A selezionare quelle vincenti è stata un’apposita commissione composta dal Soprintendente, Luciano Garella, dal presidente dei Lions Club di Cosenza Host, Emilio Minasi, e da Luigi Reda, dirigente scolastico. Con Antonio Puntillo, hanno collaborato, per la buona riuscita del concorso, Rosella Chiarello, Anna La Rosa, Gradita Malizia, Lucia Trotta e Vincenzo Facciolla.
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sabato 1 giugno 2013
Finalissima il 29 settembre Settima edizione del Premio letterario Tropea. Ecco la terna finalista
Pagine in gara
Saranno Benedetta Palmieri (I funeracconti ed. Feltrinelli), Vito Teti (Il patriota e la maestra ed.Quodlibet) ed Edoardo Albinati (Vita e morte di un ingegnere ed. Mondadori), i tre finalisti della settima edizione del Premio letterario nazionale Tropea. Questo il responso dello scrutinio pubblico, annunciato come da tradizione da Maria Faragò presso il Museo diocesano, emerso dal voto espresso dal comitato tecnico-scientifico, presieduto dalla giornalista e scrittrice Isabella Bossi Fedrigotti. Tre storie totalmente opposte concorrono quindi nella determinazione dell’ennesima terna di qualità che porterà lustro alla finalissima del prossimo 29 settembre, con il Premio che andrà a confluire nel più ampio bacino del Tropeafestival Leggere & scrivere, quest’anno alla sua seconda edizione. La Palmieri con i suoi ben poco ortodossi Funeracconti impersona uno stile realmente originale con una narrazione vivida e creativa, Teti invece ha conferito un taglio storico/antropologico ad una romantica storia d’amore dai forti contenuti sociali, Albinati infine ha scritto un romanzo duro nel ricordo di un padre apparentemente anaffettivo che poi stempera la sua crudeltà nella dolcezza del ricordo. Alla cerimonia condotta con savoir-faire ed affabilità da Pasqualino Pandullo, erano presenti Mario Caligiuri, assessore alla Cultura della Regione Calabria, Dalila Nesci e Lucio Ruffa, assessore alla Cultura del comune di Tropea, che hanno fatto quadrato sulla necessità di fare rete e creare valore in un settore che rappresenta l’ennesimo bivio mancato per la definitiva valorizzazione di un territorio che mantiene nonostante tutto, delle potenzialità incomparabili. E se Ruffa ha assicurato il massimo appoggio da parte della locale amministrazione, Caligiuri partendo dalla recente ottima esperienza del Salone internazionale del libro di Torino, dove la Calabria era la regione ospite, ha puntato il dito sul valore strategico del Tropeafestival Leggere & scrivere per potenziare la scia di positività ed impegno a favore dell’aumento del numero dei lettori, chiesto dal presidente Regionale Scopelliti. Vibrante anche l’intervento di Nesci, che con un filo di emozione ha ricordato il suo impegno a favore della manifestazione, (è stata presente fin dall’inizio nello staff organizzativo), prima del suo prestigioso incarico parlamentare che sta sviluppando con grande impegno e dedizione. "Il Tropeafestival - ha ribadito - rappresenta il volto di quella Calabria libera e fiera che lotta contro tutte le mafie, affermando orgogliosamente il proprio valore".
Benedetta Palmieri (I funeracconti) Vito Teti (Il patriota e la maestra) Edoardo Albinati (Vita e morte di un ingegnere)
Nella foto centrale Giuseppe Meligrana, Pasqualino Pandullo e Isabella Bossi Fedrigotti Nei riquadri Giuliano Viggini, Melania Salazar e Mario Caligiuri con Bossi
Con la terna dei finalisti pronta, avrà ora inizio il coinvolgimento della giuria popolare, composta questa da 41 fra giovani studenti tropeani e membri dell’Accademia degli Affaticati, voti che si andranno a sommare a quelli dei 409 Sindaci dei comuni calabresi (assistiti dall’Asmenet Calabria, rappresentato in sala da Gennaro Tarallo), chiamati a decretare il vincitore assoluto durante la finalissima del prossimo 29 settembre, al culmine della seconda edizione del Tropeafestival Leggere & scrivere (soggetto capofila Sistema bibliotecario vibonese, diretto da Gilberto Floriani). Questo il dettaglio analitico dello scrutinio: 1) Benedetta Palmieri, I funeracconti, Feltrinelli, 2011 (5 voti) 2) Vito Teti, Il Patriota e la maestra. La misconosciuta storia d’amore e ribellione di Antonio Garcèa e Giovanna Bertòla ai tempi del Risorgimento, Quodlibet, 2012 (4 voti) 3) Edoardo Albinati, Vita e morte di un ingegnere, Mondadori, 2012 (3 voti) Maurizio De Giovanni, Vipera, Einaudi, 2012 (3 voti) A seguito di ulteriore votazione per spezzare il punteggio ex equo, Albinati ha prevalso su De Giovanni con il punteggio di 6 a 3. 4) Philippe Claudel, Profumi, inventario sentimentale degli odori di una vita, Ponte delle Grazie, 2013 (2 voti) 5) Daria Bignardi, L’acustica perfetta, Mondadori, 2012 (1 voto) 6) Lina Furfaro, Giuditta Levato, La contadina di Calabricata, Falco Editore, 2012 (0 voti) Antonio Moresco, La Lucina, Mondadori, 2013 (0 voti) Paolo Grugni, La geografia delle piogge, Laurana, 2012 (0 voti) Sergio Aquino, Giustizia islamica, Pellegrini, 2012 (0 voti) Catena Fiorello, Dacci oggi il nostro pane quotidiano, Rizzoli, 2013 (0 voti) Maria Concetta Preta, Il segreto della ninfa Scrimbia, Tgbook, 2012 (0 voti) Stefano Zecchi, Dopo l’infinito cosa c’è, papà? Fare il padre navigando... Mondadori, 2012 (0 voti) Hanno espresso preferenze: Isabella Bossi Fedrigotti, Pasqualino Pandullo, Gilberto Floriani, Giuliano Viggini, Francesco Kostner, Melania Salazar, Lino Daniele, Giuseppe Meligrana ed Alfredo Focà.
sabato 1 giugno 2013
Medaglia in tasca
Mosse vincenti per la Calabria
Campionati italiani assoluti di karate tradizionale al Palaborsani di Castellanza, Varese Manifestazione in allestimento a cura etti rm di Ca elita Brun
Ancora successo per la Calabria ionica, nelle gare di competizioni di karate tradizionale; tanta soddisfazione anche da parte del presidente del Consiglio regionale Fikta Domenico Francomano per i risultati dei Campionati italiani assoluti, svolti il 25 e 26 maggio 2013, al Palaborsani di Castellanza, in provincia di Varese. Dopo i risultati ottenuti ai Campionati italiani Centro-Sud, nel mese di marzo scorso, ad Agropoli (Sa) con gli atleti: Alessandro Tassoni, Michele Agrelli, Kevin Ruscelli, Francesco Stabile, Alessio Passarelli e Albino Petracca, oggi si sono portati a casa, ancora una volta, una medaglia di bronzo e un terzo posto grazie alla buona prestazione del giovane atleta cassanese Kevin Ruscelli, allievo del maestro Antonio Ruscelli, già campione nazionale, e una ventina di medaglie nazionali in tasca. Alla manifestazione hanno partecipato i vincitori delle selezioni regionali di tutta Italia che non hanno deluso le aspettative di una gara così importante come questa che si attesta sempre di più come uno sport formativo e educativo non solo per i giovani, ma anche per gli adulti che amano sentirsi in armonia con il corpo e la mente.
Sul podio Alessandro Tassoni, Michele Agrelli, Kevin Ruscelli, Francesco Stabile, Alessio Passarelli e Albino Petracca
Boxe sotto le stelle di Reggio In fase di allestimento a Reggio Calabria le “stelle sotto le stelle”: sabato 8 giugno, si terrà la manifestazione “Boxe sotto le stelle”, riunione interregionale di pugilato dilettanti. Gli incontri vedranno impegnati 12 pugili dell'Amaranto boxe - selezionati dal maestro Peppe Fedele - che saranno opposti ad una formazione composta da pugili siciliani e lucani. L'evento fa parte della più vasta manifestazione Summer boxe ideata dal promoter Carmelo Regolo (direttore sportivo dell'Amaranto boxe e già presidente regionale e provinciale della Fpi - Federazione pugilistica italiana, nonché componente dell'Asi - Associazioni sportive sociali italiane ex Alleanza sportiva italiana). La tappa reggina - prima della serie - è organizzata dall'Amaranto boxe Rc e dalla Shanti Vibo, di concerto con la palestra Techno fitness e con il supporto dell'Asi. Tra i pugili dell’Amaranto boxe, il più esperto è Angelo Trimboli, elite 1a serie, due volte vice campione italiano, già componente la Nazionale, che gareggerà nella categoria supermassimi kg+91: è alto 1 metro e 90 per 125 kg di peso; a seguire Mario Argento, pugile dotato di una tecnica sopraffina, messinese tesserato con l'Amaranto boxe, pugile elite 1a serie - categoria pesi medi, 1.83 per 75 kg, vice campione nazionale universitario 2012, campione interregionale nel 2010. Un altro pugile molto esperto è Antonino Vazzana, peso medio, 75 kg, pugile coriaceo, molto aggressivo e combattivo; un ulteriore pugile molto bravo tecnicamente è l'ucraino - da qualche mese cittadino italiano - Stanistlav Bragutsa, youth, 64 kg reduce da un brillantissimo secondo posto al Torneo Italia e che dopo 5 anni finalmente coronerà il suo sogno di poter partecipare ai Campionati italiani); quindi salirà sul ring il forte picchiatore - imbattuto - Filippo Corello, peso medio, che unitamente al peso massimo Lorenzo Sisinni si allenano presso la Shanti Vibo sotto l'occhio vigile del tecnico Aldo Facciolo. Interessante il match del peso supermassimo Rocco Calabrò,128 kg, che dopo il terzo posto ottenuto lo scorso anno ai Campionati youth, esordirà nella categoria elite 2a serie; altro pugile che esordirà con la casacca dell'Amaranto boxe è il messinese Santi Ursi, che assieme a Mario Argento si allena a Messina ed entrambi sono seguiti dal tecnico Leopoldo Centorrino. A seguire sarà il turno di Emanuele Manglaviti, alla ricerca del suo primo successo. Altro atleta che indosserà per la prima volta i colori dell'Amaranto boxe è il giovanissimo cosentino Giuseppe Osnato 48 kg - cresciuto nelle file della Kickboxing Cosenza del maestro Raffaele De Stefano; e per finire ci sarà l'esordio di due pesi leggeri, molto bravi tecnicamente: Francesco Arena e Simone Fazzello. Il prossimo evento del Summer boxe è programmato a Vibo Valentia (Centro commerciale Vibocenter) il prossimo 30 giugno per l'organizzazione dell'Amaranto boxe e della Shanti Vibo di Aldo e Renato Facciolo.
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sabato 1 giugno 2013
Pagine di Storia Mormanno, Morano e Saracena nei secoli XV-XVII nel libro di Giuseppe Russo
La Calabria inedita bizantina e normanna ò di Maria Malagrin
La delegazione castrovillarese dell'Associazione italiana di cultura classica (Aicc) ha organizzato e svolto, lunedì 20 maggio, presso il Protoconvento francescano, un incontro sulla storia medievale della Calabria settentrionale, in occasione della pubblicazione, da parte dell'Aicc di Castrovillari, dell'ultimo lavoro del giovane studioso e ricercatore castrovillarese Giuseppe Russo Storia e fonti scritte: Mormanno, Morano e Saracena nei secoli XV-XVII. I documenti inediti degli archivi parrocchiali. Sono intervenuti Filippo Burgarella, ordinario del gruppo di Lingua e Letteratura greca presso l'Unical, e Vera von Falkenhausen, ordinario di Storia bizantina presso l'Università Tor Vergata di Roma nonché direttore dell'Archivio storico per la Calabria e la Lucania. L'evento è stato patrocinato dall'amministrazione comunale di Castrovillari rappresentata da Lucio Rende, delegato alla Cultura, che ha dichiarato, con schiettezza, che il patrocinio si è limitato alla concessione della sala. Il presidente della delegazione, Leonardo Di Vasto, che ha curato la prefazione al libro di Russo con un saggio linguistico sui toponimi registrati nei documenti, ha sottolineato le competenze paleografiche e lodevole dedizione alla ricerca di Russo. Ha ringraziato, poi, i due illustri ospiti: Burgarella, che mancava a Castrovillari dal 1° febbraio 1999 quando, insieme con André Guillou, parlò delle otto pergamene greche provenienti dall'archivio del santuario della Madonna del Castello, e Vera von Falkenhausen, per la prima volta a Castrovillari, ricordando in particolar modo le sue ricerche sul notariato greco in Italia meridionale e in Sicilia e l'edizione di documenti greci bizantini e post-bizantini d'Italia e di Sicilia. Da ultimo, ha ringraziato l'amministrazione comunale che da sempre incoraggia le iniziative dell'Aicc e ha sottolineato la necessità di curare e tutelare i preziosi documenti antichi presenti a Castrovillari al fine di renderli fruibili a tutti. Ha preso quindi la parola Lucio Rende che, dopo aver portato i saluti dell'amministrazione comunale ed essersi complimentato con Russo in quanto, non solo studioso di apprezzabile valore, ma anche persona garbata e modesta, e aver sottolineato il grande contributo che l'associazione dà alla cittadinanza in termini di alta cultura, si è detto disponibile ad impegnarsi nella conservazione, tutela e fruizione dei beni collettivi.
L’ennesima iniziativa dell’Aicc di Castrovillari Il testo tratta di documenti inediti rinvenuti negli archivi parrocchiali sta area della Sibaritide sorsero la Cassano longobarda e la Rossano bizantina.
Ifurono Bizantini i grandi artefici della Calabria del VII-VIII secolo, da un lato soggetta ai Longobardi dall'altro ai Bizantini. Il X secolo rappresentò il momento massimo dell'espansione dell'impero bizantino quando il territorio del Mercurion, contiguo a quello di Castrovillari, divenne uno dei maggiori centri del misticismo dell'Italia meridionale e della Sicilia. In tale periodo, vissero o studiarono, presso i monasteri locali, un gran numero di personalità che saranno venerate come santi dalla chiesa, tra cui San Nilo da Rossano. Successivamente, con la conquista normanna e la conseguente espansione del rito romano, iniziò la decadenza che porterà i monasteri di rito greco ad essere assoggettati ad abbazie latine. Il monachesimo greco fu protagonista di una perpetuazione della cultura, ovviamente per la maggior parte religiosa, e questo perché il sistema scrittorio bizantino era molto semplice: era sufficiente un monaco che sapesse leggere e scrivere, un calamo e dell'inchiostro e si diveniva editori. I monaci, inol-
Si è entrati, quindi, nel vivo della serata con la relazione “La Calabria bizantina tra VI e XI secolo” di Filippo Burgarella che, dopo aver detto che Russo merita la gratificazione di una sistemazione lavorativa adeguata alle sue competenze, ha affermato che l'Impero bizantino impose la sua dominazione in Calabria fin dal VI secolo, cioè da Giustiniano (527-565), e ancora oggi si fa sentire il suo peso nel nome stesso della regione. Sotto il nome di "Ducato di Calabria", infatti, si indicava dapprima il sistema amministrativo che unificava i possedimenti della penisola salentina a quelli della Calabria (seconda metà del VII secolo), poi tale toponimo slittò dalla penisola salentina alla sola Calabria. I Bizantini occuparono anche territori del Nord Italia, ma la loro dominazione si assestò nell'Italia meridionale, soprattutto in Calabria, che fu provincia dell'Impero bizantino dal 536 al 1058-1059. Il territorio castrovillarese divenne, dopo la morte di Giustiniano, un'area di frontiera a causa della grande espansione longobarda, la cui estrema propaggine meridionale era costituita dal Ducato di Benevento. Secondo Burgarella, l'espansione del territorio di tale Ducato in Calabria fu dovuto sia alla conquista longobarda, sia all'adesione spontanea di una popolazione di rustici e di pastori transumanti, debolmente o per nulla romanizzata, dedita alle armi e, quindi, utilizzata dai latifondisti come esercito per difendere i propri interessi, che preferì sottomettersi ai Longobardi perché avevano destrutturato il latifondismo. In tale situazione nacque una Calabria longobarda, coincidente con la provincia di Cosenza, e una bizantina, a sud di Cosenza. Da que-
Filippo Burgarella e Vera von Falkenhausen rispettivamente secondo e terza da sinistra Le foto sono di Franco Iacoviello
sabato 1 giugno 2013
Pagine di Storia Normanni i loro possibili liberatori. La transizione dal dominio bizantino a quello normanno non avvenne "con dolcezza" perché si assistette ad un massiccio cambiamento della distribuzione dei comandi e delle terre.
La conquista normanna modificò totalmente l'assetto regionale con l'introduzione dell'organizzazione feudale e l'immissione di nuclei di monaci benedettini, certosini o di altri ordini religiosi, ai quali fu affidato sia il compito di ristrutturazione economico-agricola del territorio sia quello di assorbimento dell'elemento monastico greco, nel quadro più generale della riconversione del paese al rito romano, attuata in accordo con il Papato, mediante l'affidamento delle maggiori diocesi al clero di origine latina. Solo alcune diocesi, sul versante ionico, continuavano ad essere affidate a vescovi greci, ma sempre sotto l'autorità romana. Inoltre, la mancanza di personale adatto ad amministrare o analfabeta fu palese nella Calabria greca perciò rimaneva in servizio la precedente amministrazione bizantina. Per la Calabria, dunque, la lingua amministrativa rimaneva il greco come anche per i signori feudali. In ultima analisi, per quanto riguarda le vicende monastiche, con la conquista normanna si ebbe la giurisdizione romana, tuttavia per molto tempo, dal Duecento al Trecento, rimase il rito greco. I duchi e i conti normanni avevano fondato abbazie normanne, ma erano una minoranza rispetto ai monasteri greci che, invece, fiorivano. Era consuetudine che un personaggio abbiente fondasse un monastero nelle proprie terre o che in un casato nobile ci fosse un abate. Nell'agiografia greca d'età normanna si raccontano episodi di violenta opposizione da parte dei normanni contro i religiosi greci. Per la nobiltà feudale normanna infatti i greci rimanevano cittadini di serie B. tre, si occupavano anche della messa a coltura di terre come si ricava dal placito cassinese. Buona parte delle città calabresi nacquero in età bizantina e sorsero intorno a monasteri. La civiltà di Bisanzio, quindi, tra X-XI secolo aveva guadagnato l'Italia meridionale. Lo scisma d'Oriente del 1054 nacque da un tentativo dell'Impero bizantino di distruggere i normanni alleandosi con la chiesa, ma fallì, mentre riuscì la scissione dei bizantini dai normanni, questi ultimi grandi favoriti della sede pontificia. I normanni si fecero ostili ai bizantini fino ad estrometterli dal territorio. Subito dopo, è intervenuta Vera von Falkenhausen che, dopo aver ringraziato l'associazione della calorosa accoglienza, ha parlato della transizione dal dominio bizantino a quello normanno riallacciandosi all'intervento di Burgarella. In Italia meridionale, gli Arabi, dopo la conquista della Sicilia (896), sottoposero a razzie e a saccheggi le coste calabre determinando la fuga di molti greci verso la Puglia e la Campania. La difesa dei Bizantini fu occasionale, priva di effetti duraturi e, per questo, i calabresi non mostravano lealtà ai Bizantini mentre vedevano nei
Intervenuti due illustri ospiti: Filippo Burgarella ordinario del gruppo di Lingua e Letteratura greca presso l’Unical e Vera von Falkenhausen ordinario di Storia bizantina presso l’Università Tor Vergata di Roma nonché direttore dell’Archivio storico per la Calabria e la Lucania
La latinizzazione in Calabria si ebbe con la fondazione del Regno normanno nel 1130 sotto Ruggero II di Altavilla che riunificò i due domini normanni nella corona del Regno di Sicilia, ponendo la sua capitale a Palermo. Questo fenomeno fu determinato dalla conquista di Costantinopoli nel 1204, quando la chiesa latina era diventata meno tollerante nei confronti di quella greca, e dalla necessità, una volta nate le Università, per i funzionari e i chierici che ambivano ad un'istruzione superiore di latinizzarsi, perciò il greco divenne la lingua del ceto contadino, la lingua casalinga. Dopo l'ampia trattazione della Falkenhausen, è intervenuto l'autore del libro, Giuseppe Russo, precisando che in Storia e fonti scritte: Mormanno, Morano e Saracena nei secoli XV- XVII. I documenti inediti degli archivi parrocchiali ha preso in considerazione contratti notarili relativi a compravendite, procure, testamenti e carte dotali, bolle pontificie e vescovili, ma non fonti iconografiche o artistiche in genere. Il lavoro, oltre alla pubblicazione dei documenti pergamenacei conservati negli archivi parrocchiali di Mormanno, Morano e Saracena, è stato corredato dalla raccolta di notizie, prevalentemente di età basso-medioevale. Russo ha esaminato con precisione scientifica alcuni documenti dei singoli archivi parrocchiali. Iniziando dalle pergamene ritrovate nell'archivio della parrocchia di Santa Maria del Colle a Mormanno, ricorda il documento più antico tra quelli ivi rinvenuti ovvero una membrana del 1422, relativa ad un instrumentum venditionis rogato a Mormanno dal notaio Giovanni Mezo. Una incongruenza rilevata da Russo è l'assegnazione della chiesa di San Michele a Mormanno mentre essa si trovava nel territorio di Favale. Infatti, la donazione fu fatta da Guglielmo signore di Favale, centro lucano con cui fino al 1873 si indicava l'attuale Valsinni. Un documento interessante è la donazione della terra di Mormanno fatta da Ugo di Chiaramonte e sua moglie Giumarca all'episcopato di Cassano ed al suo vescovo di Sasso. Russo richiama l'attenzione sulle sottoscrizioni dei contratti che testimoniano l'alto grado di acculturazione della popolazione locale. Sono esaminate, poi, le pergamene reperite a Santa Maria Maddalena e a San Pietro, a Morano, e quelle di Santa Maria el Gamio e di San Leone, a Saracena. Il giovane studioso ha stimolato, con la sua puntuale relazione, la curiosità dell'uditorio a leggere il suo ottimo libro per scoprire qualcosa di più del nostro passato. È stata davvero una serata connotata da interventi di alto livello scientifico, immuni da qualsiasi concessione all'intrattenimento culturale purtroppo largamente diffuso. L'Aicc è stata davvero onorata di aver avuto due illustri medievisti quali Falkenhausen e Burgarella, ai quali è stata lieta di donare la riproduzione dello statere incuso d'argento di Sibari realizzato, a Firenze, con competenza e con gusto, dal giovane orafo castrovillarese Francesco Scriva.
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sabato 1 giugno 2013
Narrativa Caratteri, aforismi, minitesti
La famiglia, come cibo quando hai fame di Giuseppe Aprile
218 Forse sei tu, o morte... sonno senza sogno, senza risveglio! 219 La famiglia è tanto, forse tutto per il calabrese. Il calabrese è un uomo con i suoi valori sicuramente universali, primo fra tutti il sentimento ed il senso della donna con le sue funzioni insostituibili di madre, figlia, angelo della casa, compagna essenziale, insostituibile. L’uomo fa della donna la sua potenza di amore.
220 I figli sono sangue e continuità della famiglia. La potenzia-
le primaria cellula dell’amore sono l’uomo, la donna, i figli. La famiglia.
221 Oltre la famiglia autentica, ci possono essere solo forzature da verificare, poi per forza da correggere.
222 Il bello, il cattivo, il dubbio tempo non si mettono in gra-
duatoria per bellezza o calamità. Sono tutti valori celestiali. Su questo si misura la civiltà degli esseri umani.
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Preparare ad una gita vuol dire mettersi pronti verso il luogo da raggiungere. La gita può essere come l’antibiotico quando fa male la testa o il dente.
224 Si va a squadra, in fila per due, cantando e ridendo in grande spensieratezza, nelle gite scolastiche. Esse resteranno indelebili per il resto della nostra vita futura.
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La vecchierella, zia donna Mariarosa, passa le giornate seduta sulla solita sedia: d’inverno accanto al braciere o al focolare; all’ombra, sullo scalone della sua casa, d’estate. È contenta del suo vivere ancora nei ricordi della gioventù che sono come un film. Gode nel vederselo in ogni minuto.
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I sacrifici cono come il concime della propria crescita. Senza di essi non si saprebbe vivere.
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Ogni persona vive dentro le mura delle proprie conoscenze e delle proprie cose. I più si sforzano di allargare ulteriormente l’orizzonte del proprio mondo. In questo sforzo sta la propria giovinezza che dura per sempre.
228 Ho incontrato casualmente il contadino che a suo tempo parlo di anni che non si ricordano più nitidamente - ha dato i semi di piselli perché mio padre ne producesse tanti e così buoni da restare impressi nel mio sbiadito ricordo. Era un vicino di campagna. Vive ancora ricordandomi sempre mio padre e i momenti che passava con lui, in compagnia piacevole, sotto gli ulivi di Sannicola. Mi piace tanto ora sentirlo. Lo intrattengo con domande perchè voglio sapere della loro compagnia ed anche di tutte le altre cose belle che conosce di mio padre. Penso che sia di tutti immergersi nei ricordi dei propri affetti con i racconti dei conoscenti.
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Il primo albero ad apparire, nell’immettemi nel podere di Sannicola, è un ulivo che solitamente si presenta come quello che più si carica di ulivi a tempo dovuto. È sempre stato rigoglioso. È come la porta d’ingresso di un luogo a me troppo caro. Prima penso a quell’ulivo, poi al resto di quella campagna.
230 Tengo le carte del mio studio con molto disordine. È il mio
ordine.
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Ogni volta che esco da casa è come se uscissi per la prima volta. Ogni volta che rientro, è come se rientrassi per la prima volta.
232 Quando sono fuori casa, anche per poco, telefono ogni mo-
mento a Bianca. Lei è sempre, fisicamente e spiritualmente, come il cibo quando hai insopportabile fame.
233 Ricordo spesso il lucertolone che appariva tra le caselle nel-
l’orto di mio padre, sui solchi tra piante di pepi, melanzane e pomodori. Compariva raramente e tante volte. Ricordo come se fosse sempre il solito con la testa grossa, il verde sgargiante del corpo, gli occhi che sembravano sempre a me rivolti, con la tendenza a saltarmi addosso. Era l’effetto della descrizione che mi faceva mio padre, timoroso che lo provocassi fino ad essere assaltato. Non era velenoso, ma era bene evitarlo. I figlioli avevamo paura. Vedendolo ci spaventavano. Eravamo abituati a vedere le sempre presenti e numerose lucertole, piccole, di verde smorzato, innocue tanto che sembravano addomesticate. Con esse ci giocavamo, invece, gioiosi e contente di prenderle con le canne di felci sistemate a cappio.
Il calabrese è un uomo con i suoi valori 234 È sbagliato parlare di letteratura calabrese o piemontese o sicuramente lombarda o siciliana o meridionale. Esistono gli scrittori nati in Calabria, in Piemonte, in Lombardia, in Sicilia, nel Sud. La letterauniversali, tura è riconoscimento di valori universali, non locali. L’arte è universale, compresa quella dello scrivere e del narrare. primo 235 Una volta abbiamo scoperto due serpi nere attorcigliarsi sul fra tutti tetto di una casa sottostante alla strada principale che costituiva parte finale del corso del paese, prima della curva del mulino. Era una il sentimento casa con un grande tetto di tegole. Ospitava l’asilo. Abbiamo pensato tutti che facevano all’amore, come gli uomini e le donne.. Ciccio ed il senso diceva: «Non lo sapevate che anche gli animali fanno l’amore? Lasciatele stare. Vorreste voi essere disturbati in una situazione sidella donna... mile?». Fotografando qua e là
Il Parco perduto di Vadue Riapre, ma solo per attività mondane, il Parco storico di Vadue, una perla di storia del nostro territorio alle porte di Cosenza. In questo posto magico si nasconde fra i cespugli e la vegetazione fiorente il “Ninfeo” del XVIII secolo dove il gorgoglio delle acque lo rende un posto magico, insieme ad un'antica chiesetta dedicata alla Madonna del Carmine del XVII secolo e al Palazzo Civitella dello stesso periodo. In questi posti si narra la presenza del grande condottiero Re Alarico e della sua sepoltura; punto nevralgico del commercio di un tempo dove le merci, per arrivare nella città bruzia arrivando dal mare, dovevano attraversare la dogana. Posti sicuramente da riqualificare e far conoscere alle nuove generazioni e, perché no, anche alle vecchie, a volte ignare di avere dei pezzi così importanti di storia in casa propria. Servizio e foto di Ernesto Manna
sabato 1 giugno 2013
Narrativa
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«Quello che una volta era tutto nella vita, oggi non si calcola più. E domani si vivrà in un altro mondo e con altri modi...» dice mastro Stefano Berlingeri. Gli altri acconsentono quasi tutti.
237 Lui era una eccezione, la sua ricchezza non aveva nulla di
ereditario e soprattutto non aveva nulla di normale. Con i soldi che aveva a disposizione curava i rapporti con tanti poveri cristi che non avevano da mangiare e che però erano utili ai fini elettorali.
238 Ha idee ferme allo stato primitivo, privo di qualsia-
si forma di disponibilità educativa. Per lui niente sfumature e niente diplomazia..
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Ti deve sempre rispondere, contraddire. Anche a me che sono, da una vita, professore di filosofia, manca di rispetto. Mi tiene testa e parla come se parlasse con uno a lui eguale. Sono tante le persone umili, in grado di capire che il colloquio è un fatto educativo e che non tutti sanno le stesse cose e che ogni cosa non sempre deve avere il suo contrario quando si parla.
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Un contadino amava considerarsi sapiente e capace quando sosteneva che si dovesse scegliere fra il proprio cuore e la propria tasca.
241 La vera bellezza resiste alle rughe che compaiono nell’a-
vanzare degli anni. La vera bellezza non va via mai. Il tempo non le è mai nemico. C’è nella persona che si ama una qualche cosa che te la rende sempre giovane, sempre eguale, sempre bella. E questo non è un fatto di conforto. È il vero che domina ogni altro assunto.
La chiesa del Carmine riflessa nelle vasche antistanti il complesso A sinistra il ninfeo A destra il Palazzo Civitella
A 56 anni dovette decidere di andare all’estero per guadagnare da vivere per tutta la famiglia Ero cosciente di quanto stavo perdendo
242 Nella barberia di Peppinuzzo si suonavano sempre chitarra e mandolino. Era per trascorrere il tempo tra un cliente e l’altro nel paese dove la gente scarseggiava. Nei ritagli di tempo, Peppinuzzo occhieggiava qualche bella ragazza e si lasciava perdere in qualche massima d’occorrenza. Trascorreva così la sua giornata tra lavoro e tempo libero. Una vita intera, sempre così.
243 Ogni mattina, uscendo in piazza e guardando dall’inizio del
corso Garibaldi, si presentava ai miei occhi il monumentale Treppizzi di Ciminà. Tutti lo ammiravamo e pensavamo all’inverno, quando si riempiva di neve. Ci sembrava di toccarlo con le mani, tanto pareva vicino. Era anche la vista decisamente sana. Ora ci sembra tanto lontano perché gli occhi non sono più dello stesso vigore.
244 Con il passare degli anni, si pensa di più al domani, non me-
no. Ci si sente giovani e soprattutto sempre più lontani dalla fine. Anche la vecchiaia ha la sua misteriosa felicità. Pensi, infine, che vivi come se fossi eterno. L’importante è lo stare in amore con la natura.
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Con mio cognato Pepè, sulla sua cinquecento, ho accompagnato mio padre dal paese fino a Reggio, da dove partivano i traghetti per Messina. Lì avrebbe preso la grande nave “La Marconi” per raggiungere l’Australia e cominciare il lavoro. A cinquantasei anni suonati, aveva dovuto decidere di andare all’estero per guadagnare da vivere per tutta la famiglia. Ero cosciente di quanto stavo perdendo. Le lacrime per la sua partenza, non sono finite a distanza di oltre cinquant’anni, Me le sento addosso e mi accompagnano per sempre. Sono una pietra miliare dei miei sentimenti di figlio, legato con affetto al proprio genitore che sospendeva il suo rapporto con noi, col cuore dolorante, e dicendomi: «Vado, guadagno qualcosa e torno, staremo meglio e questi giorni di lontananza e di sacrificio saranno dimenticati. Facciamoci reciprocamente coraggio!».
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È impressionante che facciano lezioni di antimafia i maggiori politici colpevoli di essersi fatti eleggere e proteggere, prima dalla ndrangheta più organizzata tanto da aver determinato il potere della nuova formula associativa che si chiama criminalità politica, che prima o poi deve entrare nel vocabolario del codice penale in modo specifico e puntuale, dopo proteggere da una legislazione atipica, farraginosa, inapplicabile, protettrice della illegalità e del sistema giudiziario italiano che credo sia il peggiore possibile ed immaginabile. È sconfortante che i colpiti giustamente dalla legge per lo scioglimento per mafia di interi consigli comunali, vadano in giro per l’Italia a dare lezioni sul tema inventando teorie che sono solo quello che ad essi conviene, in un sistema che nega la chiara idea che tanti amministratori comunali, provinciali e regionali, colpiti di collusione con la mafia, dovrebbero solo scompartire dalla scena politica. E venire restituiti alla loro vita privata.
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sabato 1 giugno 2013
Pillole di fede Pro India per la missione di accoglienza per donne, al teatro Rendano di Cosenza
Note per la carità
di Lucia De Cicco
Si è tenuto presso il teatro Rendano di Cosenza, nella giornata del 25 maggio scorso, un concerto di beneficenza “Concerto per la Carità” pro india per la missione case di accoglienza per donne, promosso dall’Ordine delle Suore della divina Provvidenza di don Luigi Guanella di Cosenza. Don Luigi Guanella è stato canonizzato nell’ottobre del 2011, in piazza san Pietro, alla presenza delle sue figlie e figli di ordine e di spiritualità, che sono missionari di ordine e laici dell’opera Guanelliana, in tutto il mondo, e raccolti sotto la sua guida. Organizzato da Vincenzo Capocasale, volontario della casa cosentina delle suore Guanelliane, si occupa della cura dei ragazzi, che sono accolti nella struttura. Lo stesso ci riferisce che l’evento di beneficienza, oltre alla raccolta, ha come obiettivo far conoscere quali sono le Onlus, che gravitano attorno al mondo Guanelliano, del territorio e non solo. Negli ultimi tempi la fondazione della onlus “Luce della Provvidenza”, che porta avanti una serie di spettacoli il cui ricavato andrà a beneficiare l’India, e in questo caso a Deli, una casa di accoglienza per donne vedove. Una serie di concerti che partono proprio da Cosenza, l’altro a Roma, presso la basilica di San Pancrazio a Monteverde e che vede la presenza di un’altra casa dell’Ordine delle suore Guanelliane; seguiranno Milano e Como. Perché avete scelto il teatro Rendano e non le sale parrocchiali? «Perché garantisce una location ideale e che permette a tutti di raggiungere il concerto con facilità e allargare la possibilità di intervenire a quante più persone». Alla serata ha preso parte l’assessore alla Solidarietà del comune di Cosenza, Alessandra De Rosa, il responsabile per il clero di Cosenza, don Salvatore Bartucci, e altri rappresentanti delle istituzioni, oltre che tutte le rappresentanze dell’Ordine Guanelleiano del territorio del cosentino. Don Salvatore Bartucci ha espresso parole che si possono riscontrare nella Parola e nel Vangelo in particolare, cui questo Santo attinse sempre. Un esempio che guida nella vita e che invita a scrivere e tracciare le nuove linee di un Vangelo che deve essere il nostro, come lo definisce Bartucci, il quinto Vangelo. In cui scriveremo il nostro percorso e missione come annunciatori del messaggio di Resurrezione di Cristo Gesù, ispiratore di un Amore grande e infinito come Colui che ha dato la vita, il tut-
Promosso dall’Ordine delle suore della Divina Provvidenza di don Luigi Guanella
to e se stesso. Tanti i riferimenti alla missione di Papa Francesco, che lo stesso Bartucci definisce una sorpresa giornaliera, un continuo rapporto con i poveri e nello stesso tempo un messaggio sovversivo. Aggiunge, in fondo questo è essere un vero Cristiano: andare contro corrente e guardare verso quelle persone, che sono rassegnate, sollevandole. Presente anche l’economo generale delle Guanelliane, suor Rosa Presotto, che ha portato i saluti della madre generale dell’Ordine, che ha spiegato il perché della titolazione della onlus. «Il perché è da ricercare nella stessa opera di don Guanella che da semplice sacerdote, con fede ha saputo creare dal nulla tutta questa pia opera, che dalla luce del bisognoso che aveva di fronte è iniziata e il tutto andando avanti nelle difficoltà giornaliere e straordinarie». Il concerto è stato tenuto dal maestro Francesco Perri, pianista e critico musicale con all’attivo concerti in Italia e all’estero e una Via Crucis di fresca incisione, rappresentata nel suo territorio di appartenenza, Dipignano. Il tenore Federico Veltri, vincitore di numerosi concorsi nazionali, e partecipazioni a concorsi internazionali, premiato dalla commissione Cultura del Comune di Cosenza, “Nemo propheta in patria”. Alessandro Acri, violinista, diplomato con lode al conservatorio di Cosenza, vince il “Premio Stilo” nel 2008, finalista nel concorso internazionale “Quintieri”, riceve il plauso e il premio del pubblico, tante le affermazioni nazionali e territoriali.
sabato 1 giugno 2013
Attenzione alle fregature Negozi che invogliano i cittadini a cedere oggetti preziosi, dichiara Pietro Vitelli, responsabile Altronconsumo Regione Calabria, senza però il rispetto di una quotazione aggiornata
Non è tutto oro quello che luccica
App store disponibile sui social media
L’Esercito naviga Altroconsumo Calabria a seguito di numerose segnalazioni pervenute da più parti dal territorio calabrese, quasi tutti anonimi, e quasi tutte, accomunati della perduranza della crisi economica che costringe le famiglie calabresi a disfarsi, per sopravvivere alla quotidianità , delle cose più care, come ad esempio gli oggetti di oro che sono il corredo di valore che ogni famiglia calabrese possiede o ha ereditato per tradizione storico culturale dai propri congiunti. Non si contano i negozi che a carattere cubitale invogliano i cittadini calabresi a cedere gli oggetti di oro, dichiara Pietro Vitelli, responsabile Altronconsumo Regione Calabria, senza però il rispetto di una quotazione costantemente aggiornata del metallo prezioso. Infatti, continua Vitelli, può capitare che per lo stesso tipo di bracciale un negozio offre 250 euro; un altro 360 euro con una differenza di ben 110 euro. In realtà avremmo dovuto intascare tra i 330 e i 340 (calcoli basati sul prezzo dell’oro fissato in Borsa). Invece, circa un quarto dei negozi offre meno di 300 euro (in alcune città calabresi addirittura la metà dei negozi). Per quanto riguarda trasparenza e informazioni, la situazione è pessima in Calabria: solo pochi negozi nelle città di Cosenza, Catanzaro, Reggio Calabria, Crotone e Vibo Valentia espongono il cartello con prezzi di acquisto; la pesatura non sempre viene fatta sotto gli occhi del cliente né viene riferito il prezzo al grammo. Insomma, se non fai domande, la comunicazione del negoziante rischia di limitarsi alla sola dichiarazione del prezzo. Il consiglio, fondamentale , conclude Pietro Vitelliè quello di girare più negozi prima di concludere l’affare. Ecco alcuni consigli per evitare brutte sorprese nei negozi Compro oro: - Verifica il peso. Prima di andare in negozio, misura (al grammo) il peso dell’oggetto che vuoi vendere. Eviterai raggiri legati all’uso di bilance truccate. - Controlla la quotazione. Verifica che il prezzo dell’oro che ti è stato comunicato sia quello reale della giornata, controllando le quotazioni che trovi su giornali o internet. - Confronta le offerte. Non fermarti al primo, ma verifica le offerte girando per più negozi. - Fatti pagare in modo trasparente. La normativa antiriciclaggio prevede che, per i pagamenti di importo superiore a 1.000 (mille) euro, non si usino contanti, ma assegno o bonifico. In caso di controlli, saresti punito con una multa salata. - Chiedi la ricevuta. Associazione indipendente consumatori
Per quanto riguarda trasparenza e informazioni la situazione è pessima in Calabria: in pochi nelle città capoluogo espongono il cartello con prezzi di acquisto
«Chi vuole essere aggiornato su cosa fa l’Esercito italiano, sulle missioni internazionali e le operazioni in Italia, le attività in primo piano, lo sport ed i concorsi ora non dovrà far altro che scaricare sul suo tablet o smartphone l’applicazione News EI. L’app, già presente negli App store, consente di navigare tra le notizie delle missioni, conoscere le modalità dei concorsi per entrare a far parte dell’Esercito e conoscere le attività della Forza armata e dei suoi atleti». Lo si legge in un comunicato diffuso dal Comando militare Esercito Calabria. «I dati - è scritto - vengono aggiornati automaticamente, ogni volta che viene inserita sul portale una nuova notizia. L’applicazione mostra per ogni sezione le ultime 50 notizie ed avvisa l’utente, tramite un apposito messaggio, in caso di novità. Ogni notizia può essere salvata nella sezione "Preferiti", permettendo la visualizzazione della stessa anche in modalità Offline. Ogni notizia può essere visualizzata nel dettaglio (comprese le immagini, se presenti). L’utente, inoltre, può postare il link della notizia sul proprio profilo di Facebook e di Twitter, oppure segnalarlo tramite email. Infine, l’applicazione permette, qualora fosse presente un link all’interno della notizia, la navigazione tramite un mini browser interno. NewsEI è disponibile nell’App store italiano ed è compatibile con iPhone 3GS, iPhone 4, iPhone 4S, iPhone 5, iPod Touch (terza generazione), iPod touch (4a generazione), iPod touch (5a generazione) e iPad. Richiede l’iOS 6.0 o successive. Questa app - prosegue il comunicato - è ottimizzata per iPhone 5. Le dimensioni dell’applicazione sono di 9.1 MB. L’App esiste anche in versione Android, già disponibile su Google Play Store della dimensione di 1MB, è installabile su Android 4.0 e superiori. L’Esercito Italiano, con il lancio di questa app dopo Facebook, Twitter e Youtube conferma la sua costante attenzione verso la comunicazione ed interazione con il mondo dei social media».
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