Voce ai giovani

Page 1

Anno 37 - 4 Maggio 2013 - Numero 18

Settimanale indipendente di informazione

euro 0,50

Studi sulla longevità da parte del professor Passarino dell’Unical sono stati trattati dalla prestigiosa rivista scientifica CIBI SOLO PER NOI...

ANIMALI CHE SALVANO LA VITA

Il maiale calabrese non varca più l’Oceano

Pet therapy per la scuola, il medico a quattro zampe

di Giorgio Durante

Patologia vescicolare suina per nduje e soppressate: gli Usa le respingono

Progetto pilota rivolto agli istituti della provincia di Reggio Calabria


II

sabato 4 maggio 2013

Passi da gigante Gli studi sulla longevità da parte del team del professor Passarino dell’Unical sono stati ampiamente trattati nel numero di maggio della prestigiosa rivista

Sotto la lente del National geographic È tra le ricerche scientifiche più suggestive, di maggiore appeal mediatico. Non c’è “bosone” o “materia oscura” che tenga: l’immaginario collettivo, dalla notte dei tempi, viene esaltato dal sogno d’ingannare la morte quanto più è possibile. Ogni scoperta su questo argomento compie il giro del mondo, rimbalzando, in men che non si dica, in ogni sito web o social network. Accanto alle frequenti “bufale”, che provano a sfruttare il “frame” sui media che l’argomento possiede, ci sono alcune conquiste scientifiche serie che aiutano a decifrare i tasselli di un puzzle pressoché infinito. Una di queste ricerche “doc” - capace cioè di entrare a pieno titolo nella letteratura scientifica mondiale sulla materia - vede protagonista il team guidato dall’Ordinario di genetica dell’Università della Calabria, Giuseppe Passarino (recentemente incluso nella “Top italian scientists”, la lista in cui vengono inseriti gli scienziati italiani con il maggiore impatto scientifico al mondo) ed è stata “certificata” dal National Geographic. Il numero di maggio della edizione italiana della prestigiosa rivista scientifica, dedica un ampio reportage, dal titolo “Al di là dei cento”, agli studi sulla longevità effettuati dal prof. Passarino. All’articolo viene addirittura dedicata la copertina del mensile dove, accanto all’immagine di una neonata, campeggia il titolo “Questa bambina vivrà fino a 120 anni”. Certamente un riconoscimento prestigioso per l’UniCal ma anche per l’intera Calabria che, questa volta, si trova in “prima pagina” non per un accadimento tragico, ma per un fatto positivo legato al valore della ricerca scientifica che produce. Ma vediamo di capire cosa ha incuriosito il National geographic degli studi “made in Calabria” del team di Passarino. La particolarità della ricerca calabrese risiede nell’intuizione, avuta diversi anni fa, d’aver “imbroccato” quello che oggi viene considerato il canale d’indagine più promettente per questa materia: studiare la longevità ricorrendo alla genotica, alla ricerca molecolare e soprattutto all’analisi dei dati raccolti in diverse piccole comunità. Pare infatti questa la “direttiva” scientifica vincente per svelare i segreti di un farmaco che permetterà, magari ai nostri figli, di superare molto agevolmente la soglia dei cento anni. Ricerca, inoltre, che ridimensiona fortemente il valore scientifico di alcune convinzione - come quella della longevità legata ad una dieta ipocalorica - che pure negli anni scorsi grande successo hanno riscosso. Dopo questo lungo “lead”, l’articolo del National geographic Italia, a firma di Stephen S. Hall, fa una esauriente panoramica sui principali studi internazionali sugli indizi genetici di longevità per concludere nuovamente con la ricerca del prof. Passarino. Viene, infatti, dettagliatamente illustrato il lavoro enorme fatto all’Unical fin dal 1994, quando si sono iniziati ad esaminare i dati di ben 409 comuni calabresi comparando le storie delle famiglie e i dati fisiologici relativi alla vulnerabilità delle

Con ricorso a genotica, ricerca molecolare e analisi dei dati raccolti in diverse piccole comunità Pare infatti questa la “direttiva” scientifica vincente per svelare i segreti di un farmaco che permetterà, magari ai nostri figli, di superare agevolmente la soglia dei cento anni

malattie degli individui. I ricercatori dell’Unical hanno dimostrato, dati alla mano, che la longevità dei parenti prossimi dei soggetti più che nonagenari è risultata superiore a quella della media. Ma il dato inatteso è che i fattori genetici chiamati in causa sembrano favorire soprattutto gli uomini. Ma non è tutto. Nei laboratori dell’Unical è stato scoperto che gli ultra novantenni posseggono un allele (una variante di sequenza di un gene) che svolge un ruolo importante nella digestione e nelle preferenze alimentari ed anche una serie di fattori che influenzano la longevità: la risposta allo stress, il metabolismo dei nutrienti, la gestione e l’utilizzo dell’energia. Una ricerca imponente che sta dando straordinari risultati. Certo siamo ancora lontani dall’ aver trovato il mitico “elisir di lunga vita”, ma in questa direzione, grazie alla ricerca fatta all’Unical, un passo importante è stato compiuto.


sabato 4 maggio 2013

Accoglienza non solo sulla carta Immigrati, a Crotone presentato un libro dal titolo “Richiedenti asilo”

Come un caldo abbraccio «Il Centro d’accoglienza di S.Anna, dovrebbe diventare punto di riferimento nazionale, per il perfezionamento degli altri centri per immigrati d’Europa». Con queste parole il vice prefetto vicario di Crotone, Rosalba Scialba, ha concluso i lavori della tavola rotonda “Esperienze umane e professionali nel Centro d’accoglienza di S.Anna”, che si è svolta a Crotone presso la sede di Confindustria per la presentazione del volume “Richiedenti asilo”. Un libro edito dalla Misericordia di Isola Capo Rizzuto, frutto dello studio e dell’esperienza acquisita dagli operatori di Misericordia che hanno voluto testimoniare la loro straordinaria attività professionale e morale nel Centro d’accoglienza più grande d’Europa. «Io non parlerei di centro d’accoglienza - ha continuato il vice prefetto - ma di centro educazionale, di inserimento e soprattutto culturale, dove gli immigrati vengono preparati alla vita quotidiana di cittadini». «Il diritto di protezione internazionale - ha detto invece Fabrizio Gallo, presidente della commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Crotone - è il caposaldo della civiltà occidentale. Quello che viene fatto nel Centro d’accoglienza di S.Anna va oltre il dare risposte in tempi brevi sulla concessione o meno delle richieste di asilo. Ogni giorno decine di giovani professionisti si preoccupano di creare le condizioni ottimali per una serena vivibilità dell’ospite e su questo punto bisogna fare un plauso a quanti quotidianamente con grande umanità hanno trasformato una situazione inizialmente emergenziale in un modello gestionale specialistico di servizi alla persona». D’accordo il dirigente dell’ufficio immigrazione della Questura di Crotone, Maria Antonia Spartà, la quale ha evidenziato gli ottimi rapporti di collaborazione che ormai da anni le forze dell’ordine hanno intrapreso con la Misericordia anche nella gestione di questioni di ordine pubblico: «Non ho mai riscontrato problemi con nessun operatore della Misericordia, neanche in merito agli orari lavorativi particolari che a volte si hanno nel Centro. Credo che per le figure che si sono professionalizzate in questi anni e per le buone prassi messe in atto, la struttura di Crotone dovrebbe rappresentare un modello capillare per tutti i centri italiani». Un plauso ai giovani professionisti del Centro è stato fatto anche da don Edoardo Scordio, il quale ha ben sottolineato che «Il Cda-Cara di S.Anna non è una fabbrica di immigrati, ma una comunità armoniosa dove si crea la cultura della conoscenza, attraverso il dialogo». Dello stesso parere anche Giuseppe Perpiglia, presidente del Csv Aurora che ha dato un contributo economico al progetto, il quale ha evidenziato: «Il volontariato non è solo emergenza, ma una risorsa di crescita morale e anche economica se come nel caso della Misericordia, riesce a dare lavoro a decine di persone». Ringraziamenti anche da parte di Leonardo Sacco, governatore della Misericordia di Isola, a tutti gli attori protagonisti della gestione del Centro: dalle forze dell’ordine, ai tanti professionisti che quotidianamente mandano avanti la struttura. A moderare gli interventi l’avvocato Pasquale Ribecco, curatore del volume con l’avvocato Francesco Vizza. «Se dovessi sintetizzare con una frase questo libro - ha detto Ribecco - direi che è la storia di un dialogo filologia e non misologia, confronto continuo, costante tra operatori e stranieri tra questi e le altre istituzioni e organizzazioni presenti nel Centro, tra gli ospiti stessi. La cosa bella è che dietro tutto il lavoro che viene portato quotidianamente avanti ci sono tanti giovani professionisti di questa terra, di questa provincia. Credo fermamente che anche l’esperienza professionale del Centro, possa in un certo senso contribuire il riscatto di questa terra, perchè ci obbliga ad ascoltare, prima di parlare, a conoscere prima di giudicare». «Questo libro - ha detto infine Vizza - non ha l’ambizione di voler insegnare qualcosa a qualcuno. Con questa pubblicazione insieme con gli operatori si è voluto mostrare all’esterno ciò che ogni giorno in quel “rifugio” si fa, un luogo dove decine di persone si muovono, ognuno con un compito diverso e ben preciso, ma con un unico scopo: ridare un’identità ha chi l’ha persa». Presenti all’iniziativa anche il capitano del comando provinciale di Crotone della Guardia di Finanza, Antonio De Biase e il Tenente Marco Currao, del nucleo operativo e radiomobile della compagnia carabinieri di Crotone.

Volume edito dalla Misericordia di Isola Capo Rizzuto frutto della esperienza acquisita dagli operatori del gruppo che hanno voluto testimoniare la loro attività professionale e morale nel Centro d’accoglienza più grande d’Europa

Sostegno per chi non ha il papà

Benefici per i belli (solo) di mamma Entro il 20 giugno la domanda per benefici a minori riconosciuti solo dalla madre. L’amministrazione comunale di Cosenza anche quest’anno non farà mancare il sostegno economico a favore dei minori bisognosi riconosciuti solo dalla madre. Il settore Welfare ha pubblicato il relativo avviso pubblico perché le persone interessate possano presentare le richieste intese ad ottenere il contributo per l’anno 2012. A fronte di un impegno di spesa complessivo di 13.000 euro, l’importo del beneficio economico individuale sarà determinato in base al numero di minori riconosciuti dalle sole madri che avranno prodotto domanda di partecipazione entro il 20 giugno 2013 e che siano in possesso dei requisiti richiesti nell’avviso. Maggiori ragguagli sul sito web del comune www.comune.cosenza.it, al link “Servizi sociali e salute - Sostegno ai minori riconosciuti dalla sola madre”.

Tempo fino al 10 maggio

Domande per nomina giudici onorari minorili Riaperti i termini di presentazione delle domande per la nomina o la conferma a Giudice onorario della Sezione per i minorenni della Corte di Appello per il triennio 2014-2016, per la copertura di n.12 posti equamente divisi tra esperti di sesso maschile e femminile. Ne dà notizia il presidente della Corte d’Appello di Catanzaro. Il nuovo termine è fissato al 10 maggio prossimo. Ogni ulteriore notizia relativa al bando può essere reperita sul sito del Csm (www.csm.it).

III


IV

sabato 4 maggio 2013

Dagli archivi parrocchiali L’importanza di risalire alla fonte storica in un periodo di informazione superficiale

La storia medievale della Calabria Citeriore ò di Maria Malagrin

Il volume Storia e fonti scritte: Mormanno, Morano e Saracena nei secoli XV-XVII. I documenti inediti degli archivi parrocchiali (Isbn 978-88-908446-1-4, pp.460, euro 20,00), èdito dell’Associazione italiana di cultura classica, delegazione di Castrovillari, che non è nuova a questi interventi editoriali - infatti, nel 2010, ha pubblicato dello stesso autore Il cartulario di Carlo Maria L’Occaso. Documenti e regesti per la storia di Castrovillari (1100-1561), nel 2000; il volume di Filippo Burgarella e André Guillou, Castrovillari nei documenti greci del Medioevo, nel 1996; gli Atti del Convegno di Studi, svoltosi a Castrovillari, su “La Calabria classica e bizantina” -, è l’ennesimo prezioso lavoro del noto studioso castrovillarese Giuseppe Russo, il quale, grazie alle sue notevoli competenze paleografiche e alle sue attente ricerche, ha pubblicato e commentato con rigore scientifico le più antiche pergamene (quarantaquattro, per la precisione) conservate negli archivi parrocchiali di alcune chiese di Mormanno, Morano Calabro e Saracena, comprese tra gli inizi del XV e la fine del XVII secolo. Si tratta prevalentemente di contratti notarili relativi a compravendite, procure, testamenti e carte dotali, nonché di bolle pontificie e vescovili, di cui l’autore fornisce tredici riproduzioni più cinque sigilli, di uno dei quali ne rimane solo un frammento, e una bolla plumbea (capitolo Tavole). Il lavoro, prefato da Leonardo Di Vasto, che dirige la delegazione castrovillarese dell’Aicc, con un saggio linguistico sui toponimi registrati nei documenti, mettendo in luce che agiotoponimi come San Luca, San Brancato, San Costantino, attestano la persistenza, nella Calabria settentrionale, di culti religiosi bizantini, è corredato da numerose e dettagliate note storiche, diplomatiche e prosopografiche ed inquadrato in un contesto più ampio ed articolato delle vicende del Mezzogiorno tra tardo Medioevo e prima età moderna. In particolare, il volume si articola nei seguenti capitoli: Toponimi in documenti calabresi dei secoli XV-XVII di Leonardo Di Vasto; Introduzione; I documenti per la storia di Mormanno (secc. XI-XV); L’archivio della chiesa di Santa Maria del Colle di Mormanno; I regesti delle pergamene di Santa Maria del Colle di Mormanno (secc. XV-XVI); I regesti delle pergamene dei secc. XVI-XVII dell’archivio di Santa Maria del Colle; I documenti per la storia di Morano (secc. XII-XVI); I regesti delle pergamene di Santa Maria Maddalena e San Pietro di Morano Calabro (secc. XV-XVII); I documenti per la storia di Saracena (secc. XI-XVII); I regesti delle pergamene di Santa Maria del Gamio e San Leone di Saracena (secc. XVI-XVII); Note di cronologia dei documenti; Criteri di edizione; Le pergamene di Santa Maria del Colle di Mormanno; Le pergamene di Santa Maria Maddalena di Morano; Le pergamene di San Pietro di Morano; Appendice ai documenti di Morano; Le pergamene di Santa Maria del Gamio di Saracena; Le pergamene di San Leone di Saracena; Fonti manoscritte; Bibliografia; Tavole; Indice dei nomi; Indice dei luoghi.

Nuovo lavoro di Giuseppe Russo, “Storia e fonti scritte: Mormanno, Morano e Saracena nei secoli XV-XVII” edito dalla Associazione italiana di cultura classica delegazione Castrovillari

L’edizione critica di tali documenti pergamenacei rappresenta un momento significativo per la vita culturale delle comunità e per l’adeguata conoscenza della microstoria sociale, economica e religiosa della Calabria a causa dell’esiguità delle fonti scritte nella suddetta area, particolarmente di età medioevale. In un’epoca caratterizzata dalla superficialità, dall’informazione facilmente reperibile, Russo sottolinea con il suo lavoro l’importanza di risalire alla fonte storica, di non accontentarsi di ciò che si legge supinamente sui libri. Ricorda alle giovani generazioni che la storia che apprendono a scuola è frutto di attente e scrupolose ricerche. Leggendo il libro, l’autore ci permette di entrare nelle piccole stanze, buie e polverose, degli archivi parrocchiali, scrigni di immenso valore culturale, ci fa quasi toccare con mano quelle pergamene, a volte in cattivo stato di conservazione, e avvertire l’emozione di scoprire notizie fondamentali per il recupero del nostro passato. Nella speranza che le istituzioni possano prestare sempre maggiore attenzione a questa tipologia di studi, poiché senza la storia un popolo non ha identità, non si può non esprimere gratitudine a Giuseppe Russo per il suo encomiabile lavoro, nonché apprezzamento, per tale attività, nei confronti della Delegazione Aicc di Castrovillari, che, con la pubblicazione di tali lavori importanti, si fa carico del recupero del processo storico, antico e medievale, vissuto dalle popolazioni del territorio, promuovendone, in tal modo la conoscenza.


sabato 4 maggio 2013

V

La Storia che ci riguarda Operarono durante il Basso Medioevo nel Regno di Napoli

Gli stradiotti, mercenari degli eserciti europei rise a cura di Oreste Pa

Il despotato dell’Epiro Per raccontare l’epopea delle colonie albanesi in Italia, è opportuno cominciare qualche anno prima del loro insediamento nel Regno di Napoli e della Sicilia, ritornare indietro alla quarta Crociata proclamata dal Papa Innocenzo III nel 1202. I Crociati piuttosto che combattere gli infedeli, nel 1204 finirono per saccheggiare Costantinopoli provocandone un declino irreversibile che ne avrebbe successivamente determinato la caduta in mano ai turchi. Il primo sacco di Costantinopoli è opera dei fratelli cristiani accorsi in Oriente per liberare i luoghi santi, ma profanarono Santa Sofia e ne depredarono i tesori. Tre secoli dopo i turchi avrebbero completato il saccheggio, ma almeno essi hanno dato nuova vita alla città ormai in declino proprio per l’opera distruttiva dei crociati. Quello che conta ai nostri fini è che l’Impero bizantino fu diviso in vari stati "latini", sulla base di quanto fissato in un documento conosciuto come "Partitio terrarum imperii Romaniae". Uno di questi fu il Despotato di Epiro, uno stato che mantenne una certa indipendenza fino alla sua definitiva caduta in mano ai turchi nel 1479, dieci anni dopo la morte, causata dalla malaria, di Scanderbeg, avvenuta nel gennaio del 1468. Il Despotato epirota non ebbe sovrani albanesi e i suoi confini non coincidevano con il territorio da essi abitato poiché si estendeva fino all’isola di Corfù e a gran parte della Grecia settentrionale. Ma non vi è dubbio che, nei suoi confini, gli albanesi fossero in maggioranza. A dispetto del nome, il despota non assomigliava affatto a una monarca assoluto, poiché era costretto a convivere con numerosi baroni locali e condividere con essi il potere, in una struttura statale di tipo feudale. Molti di questi signorotti erano albanesi che ebbero l’opportunità di tessere legami familiari e di amicizia con le grandi famiglie greche e bizantine, acquisendo un grande prestigio. Un esempio è costituito dalla famiglia Castriota. Giovanni, figlio di Giorgio Scanderbeg, sposò Irene Paleologo, ultima discendente degli imperatori di Bisanzio, diventando erede legittimo al trono ormai perduto per sempre, ma che gli attribuiva tuttavia una posizione di sicuro prestigio nella aristocrazia europea. Il nome di Irene fu imposto alla nipote, figlia di Ferrante Castriota, che andò sposa al principe di Bisignano Pietrantonio Sanseverino. Il despotato, con capitale Arta, fu retto prima dalla famiglia Angelo, che vi regnò per più di un secolo. Michele VIII nel 1267 riuscì a restaurare l’impero in Costantinopoli, ma fu costretto a riconoscere la sovranità di Carlo d’Angiò sull’Epiro. Tra alterne vicende il despotato cadde sotto l’influenza italiana e del Re di Napoli. Agli Angelo succedette prima la famiglia Orsini, che si riavvicinò a Bisanzio, poi passò ai Buondelmonti e infine dal 1411 fino alla fine, fu retto dalla famiglia Tocco.

Gli stradiotti Il despotato epirota dovette difendere la propria indipendenza in numerosi conflitti con i bizantini, gli slavi, i bulgari e, naturalmente i turchi. Ogni signorotto aveva il proprio esercito e i soldati epiroti erano molto conosciuti per il loro valore militare. Si fecero la fama di guerrieri indomiti e coraggiosi, particolarmente bravi nella cavalleria. «Armati alla leggera, gli stradiotti (dal greco stratiotes ‘soldato’) erano cavalieri mercenari, veloci negli assalti, efficaci nelle scorrerie e perciò apprezzati da chi li ingaggiava», scrive Francesco Bruni.

Per gli albanesi minacciati prima nella propria terra e cacciati poi dai turchi, la carriera militare era una delle poche strade per attraversare quel difficile momento. Si insediarono in gran numero in Italia e prepararono il successivo grande esodo che si verificò dopo la morte del loro eroe Scanderbeg

Uno stradiotto

Erano dei mercenari un po’ strani, che usavano portare con loro mogli e figli. Nell’arte militare non cercavano solo l’avventura, ma un dignitoso modo di vivere, che gli era impedito dalla stato della loro terra, che era caduta in mano ai turchi. Questi non lasciavano alcuna alternativa alla conversione all’islamismo e alla sottomissione al potere della Sacra Porta. L’asperità dei luoghi consentiva una resistenza alla completa assimilazione, e quelli che rimasero non furono mai completamente turchizzati. Conservarono lingua, usi e costumi e persino il loro islamismo era più un conversione di superficie, mentre nel loro profondo mantennero un legame con l’antica loro religione. L’attuale Albania è una comunità per gran parte islamica, ma senza alcun fanatismo o integralismo religioso. Il lungo dominio turco non è riuscito a far penetrare nella coscienza popolare. Il loro valore attirò l’attenzione della Serenissima Repubblica di Venezia, che reclutò truppe mercenarie costituendo un reggimento conosciuto con il nome di Stradiotti, che ben presto divennero famosi in tutta Europa. Venivano chiamati anche cappelletti («sono il medesimo i cappelletti che gli stradiotti», afferma Guicciardini), per il piccolo copricapo rosso che usavano. Erano noti e apprezzati perché formavano una cavalleria leggera, molto mobile che operava con blitz improvvisi molto devastanti. Avevano la fama di non lasciare prigionieri: mozzavano la testa ai loro nemici e chiedevano un ducato per ognuna. «Des Estradiotz tuèrent ung gentilhomme appelle Le Beuf et luy coupperent la teste qu’ilz pendirent à la bannerolle d’une lance, et la portèrent à leur providadour pour en avoir ung ducat Stradiotz sont gens comme continua alla pagina seguente Genetaires1: l, vestuz à pied et à cheval comme les Turcs, sauf la teste, où ilz ne portent ceste toille qu’ilz appellent tolibam et sont dures gens et couchent dehors tout l’an et leurs chevaulx. Hzestoient tous Grecs, tous venus des places que Vénitiens y ont, les ungs de Napples de Romanie,


VI

sabato 4 maggio 2013

La Storia che ci riguarda en la Morée’-1, aultres d’Albanye, devers Duras et sont leurs chevaulx bons et tous chevaulx turcs. Les Veniciens s’en servent fort et si lient. Je les avoys tous veuz descendre à Venise et faire leur monstre en une ysle où est l’abbaye de Sainct Nycolas 4, et estoient bien quinze cens. Hz sont vaillans hommes et qui fort travaillent ung ost». (Philippe de Comines, Mèmoires) 2. «I servizi dagli Stradiotti renduti alla Repubblica se non contribuirono integralmente a costituirla forte qual’era divenuta da primeggiare in Italia, e stare a fronte dei più potenti Stati di allora, certo furono essi che delle Tenete armate incussero il maggior timore», scrive il Tajani. Gli stradiotti per circa l’80% erano albanesi delle province meridionali, il rimanente greci e una piccolissima minoranza di origine slava. Essi formavano un reggimento di soldati di ventura che si pose al servizio dei sovrani europei, Francia, Inghilterra Spagna. In Francia Luigi XII nel 1497 reclutò 2000 "estradiots" e "argoulets". In Inghilterra furono utilizzati da Enrico VIII. Molti dei capitani erano greci molto famosi e spesso appartenevano a nobili famiglie come quella dei Palaiologi e dei Comneni. Tra i capitani albanesi si ricordano Mercurio Bua (1478-1542), conte di Aquino e Roccasecca, famoso condottiero dell’esercito veneziano e Giorgio Basta (1544-1607), conte di Huszt, generale dell’impero austriaco nominato governatore della Transilvania con il compito di restaurare il cristianesimo. Di interesse per la nostra storia è il loro impiego da parte del

"Grande Capitano" Gonzalo Fernandez de Cordoba, mandato in Italia da Ferdinando II di Aragona, detto il Cattolico per aiutare il re di Napoli contro l’invasione francese. Il "Grande Capitano" Gonzalo aveva in Calabria 200 cavalieri scelti di "estradiotes griegos". In seguito gli albanesi furono chiamati da Alfonso I d’Aragona per combattere i rivali angioini e furono poi utilizzati nella lotta contro i feudatari nella cosiddetta rivolta di Centelles. A questo esercito mercenario si deve la formazione dei primi insediamenti albanesi in Italia ben prima della grande migrazione del XV secolo. Secondo quanto scrive il Tajani, alla morte del sultano Amurat avvenuta nel 1390, «una prima turba di dieci famiglie guidate da un Mico Dragowik, men che sessanta individui si rifugiò nel villaggio di Peroi su i confini veneti, là in appartati casolari, stabilivansi», scrive Tajani. Presumibilmente si riferisce a Demetrio Reres. Prosegue, infatti, il Tajani; «Tre poderose squadre comandate da Demetrio Reres e dai suoi figli Giorgio e Basilio, militarono per lungo tempo al servizio di Alfonso di Aragona. Per i servigi renduti Demetrio fu nominato governatore della Provincia di Reggio. Ebbe anche in donazione diversi feudi abbandonati. Un buon numero di commilitoni finito il bisogno delle armi fermaronsi nella provincia di Catanzaro presaghi dei tristi giorni all’Albania riservati. Per opera di costoro collo scorrere del tempo vi sorsero nuovi paesi, altri disabitati ripopolaronsi. Dapprima se ne contarono sette denominati Andalo, Amato, Arietta, Carafa, Casalnuovo, Vena e Zangarone; indi gli altri Palagoria, San Nicola dell’Alto, Carfizzi e Gizzeria». Secondo il Leh, nel 1448 «Alfonso I di Aragona, detto il Magnifico, e che aveva riunito in un solo i Regni di Napoli e di Sicilia, qual conquistatore del primo sopra Renato D’Angiò, infortunato erede di Giovanna II, e qual successore, nel secondo, di Giovanni I suo padre, re di Castiglia, spedì da Gaeta un suo Real Diploma in favore di Demetrio Reres padre, e di Giorgio e Basilio suoi figli, tutti albanesi, i quali ad istigazione di quel principe, investirono con valorose genti di lor nazione le provincie della Calabria inferiore, che si opponevano colle armi ai trionfi del conquistatore. Le sottomisero al potere del felice Regnante; ed ottennero in guiderdone, Demetrio il comando del territorio debellato; Giorgio e Basilio il titolo di colonnelli delle truppe albanesi, rimaste al servigio di Napoli, ed ai soldati, ascensi, donativi e lodi».

Battaglia di Fornovo 6 luglio 1495 Sotto, la battaglia di Bergognone

cosentina, dappoiché il calabro taumaturgo San Francesco da Paola nelle sue lettere narra un’aggressione da cinque albanesi perpetrata sulle alture di Montalto ai servi della famiglia Alimena partiti da Cosenza con dei muli carichi di vitto e del denaro pel fondatore dell’ordine dei Minimi (1446-1448)» (Tajani, pag. 6). Ecco quanto scrive il Tajani. «Quando la Repubblica si collegò con Ussul Cassan re di Persia per combattere i Turchi nei mari di Asia

Nel 1461 lo stesso Giorgio Castriota venne in aiuto degli aragonesi e in cambio ebbe dapprima il feudo di San Giovanni Rotondo poi scambiato con quello di Galatina. Dopo aver sconfitto l’esercito baronale fu costretto a ritornare precipitosamente in Epiro per la nuova invasione dei turchi. L’esodo più numeroso e significativo avvenne alla fine del XV secolo a seguito della definitiva conquista turca dell’Epiro, avvenuto nel 1466. «È facile che alcuni disertori di quelle squadre prima di assodarsi nel catanzarese scorazzassero per i mondi della contigua provincia

(1472) “gli Stradiotti, dice il Sismondi, cominciavano allora a formare una parte essenziale degli eserciti veneti, perciocchè avevano costretti i Greci a riprendere le abitudini guerriere. Erano questi


sabato 4 maggio 2013

La Storia che ci riguarda batterono, gli Stradiotti inseguironli fino ad Asti, ed avvenne la ritirata di Carlo VIII dall’Italia». (Tajani)

Stradiotti cavalieri di lievi armature, non d’altro muniti che di scudi, di lancia, e di spada, invece di corazza essi portavano le vesti foderate con molta e compatta bambagia per ammorzare i colpi nemici; velocissimi erano i loro cavalli e reggevano al corso lunghissimo tempo. Il vigore del cavalli fece presto conoscere il merito della nuova milizia, la quale dimostrossi pregevole anche per parte dei cavalieri. Fra gli Stradiotti quelli della Morea, e fra questi quelli del circondario di Napoli, furono i più pregiati, e presero il nome dal vocabolo greco che significa soldati”. Gli stradiotti presero parte, come mercenari, a molte delle più importanti battaglie che si combatterono sulla scena europea. Viene ricordato il loro comportamento poco onorevole tenuto nella battaglia di Fornovo, quando militavano sotto la bandiera della Serenissima, e piuttosto che combattere i francesi preferirono dedicarsi all’accaparramento del ricco bottino che essi trasportavano. Militavano nella Repubblica veneta circa duemila stradiotti. Questa battaglia fu combattuta il dì 6 luglio 1495 in Fornovo, piccolo borgo alle falde degli appennini presso al fiume Taro nel Ducato di Parma. Così nel tempo istesso che i partiggiani del re Carlo promettevano di sollevare l’Albania, un corpo di Albanesi contro di lui combatteva. I Francesi già soccombevano a fronte dello oste collegata, e di maggior numero “erano pure in tal qual modo atterriti vedendo l’armatura e l’inusitata maniera di combattere degli Stradiotti”, come si esprime il Tajani. Ma quando costoro potevano far decidere la sorte della guerra in quella vece la compromisero, imperciocchè “gli Stradiotti mandati ad assaltare i carriaggi dei Francesi, dice il Guicciardini, cominciato senza difficoltà a mettersi in preda (e attendendo a condurre chi muli, chi cavalli, chi altri arnesi di là del fiume) non solo quell’altra parte degli Stradiotti che era destinata a percuotere i Francesi per fianco, ma quelli ancora che già erano entrati nel fatto d’armi vedendo i compagni suoi ritornarsene negli alloggiamenti carichi di spoglie, incitati dalla cupidità del guadagno si voltarono a rubare i carriaggi. L’esempio dei quali seguitando i cavalli e i fanti uscivano per la medesima ragione a schiere dalla battaglia(1)”. Rimasta indecisa la vittoria i francesi poco dopo se la

Note 1 Du mot genêt, espèce de cheval d’Espagne, de petite taille et de sam; arabe. Les Espagnols nommaient genetaires les cavaliers turcs ou maures. «Ces extradeurs, écrit Molinet, estoient moult estranges, fort barbuz, sans armures et sans chausses, ayant une targette en une main et une demy lance en l’aultre» (V, 41, cit. p. Dupont, Mémoires, II, -455). 2 Degli Stradiotti uccisero un gentiluomo chiamato Le Boeuf e gli tagliarono la testa che appesero a una banderuola della lancia che portarono al loro Provveditore per averne un ducato. Gli Stradiotti sono gente come i Genetari: vestiti a piedi e a cavallo come i turchi, fatta eccezione per la testa, dove non portano quella specie di copricapo detto turbante, e sono gente dura e dormono all’aperto tutto l’anno con i loro cavalli. Sono tutti greci, tutti venuti dai luoghi che vi possiedono i Veneziani, gli uni da Napoli di Romania, nella Morea, gli altri d’Albania, dalle parti di Durazzo: essi e i loro cavalli sono buoni e i cavalli tutti turchi. I Veneziani se ne servono molto e vi sono molto legati. Li ho visti scendere a Venezia e dimorare in una isola dove vi è l’abbazia di San Nicola, una quindicina d’anni fa. Sono uomini valorosi avvezzi alle fatiche.

La presenza degli Stradiotti nel regno di Napoli è documentata per tutto il periodo vicereale. Scrive il Leh: «Infatti si vada nella Chiesa Greca di San Pietro e Paolo di quella capitale,e vi si troverà esistente una lapide, in cui è incisa la seguente sentenza “Qui riposano i due capitani di una compagnia, ordinaria in questo regno, di trecento cavalli, nominati Stradioti, concessa dalla Real Corona di Spagna alla casa dei detti capitani Albanesi nell’anno 1608”». Essi sono anche ricordati per un episodio avvenuto durante la sommossa popolare capeggiata da Masaniello. «Nel 1647 addì 7 di luglio, regnando in Ispagna Filippo IV, ventottesimo Re di Napoli, e quivi essendone suo Vicerè D. Rodrigo Pons de Leon, Duca d’Arcos, avvenne, com’è noto, la famosa sollevazione popolare, che prese nome di Rivolta, o Congiura di Masaniello. Il popolo sommosso assaltò il viceré nel suo palagio, che mise a sacco, ed a ruba. Il viceré appena ebbe il tempo di ricovrarsi nel vicino convento di San Luigi. Or sarebbe stato anche là trucidato se, al dir del Conte Maiolino Bisaccione, gentiluomo di Camera del Re Cristianesimo, nella sua storia delle guerre civili, l’imperterrito coraggio, e ‘l sorprendente valore di un Capitano albanese non avessero impedito ai facinorosi di penetrarvi. Egli piantatosi, qual marmoreo pilastro, sulla gradinata, che precedeva il Convento, con in mano la spada nuda, e sfolgorante, vi tenne fermo, e benché ferito, ne sbaragliò la folla, rese inaccessibile il sacro asilo, e riscorre infine somme grazie dal salvato viceré, immensa gloria, ed onore dal pubblico intero». Scrive il Pappas: «Uno studioso greco ha stimato che il numero di stradiotti albanesi e greci che si stabilì nei territori veneziani raggiungeva il numero di 4500 uomini e con le loro famiglie ammontavano a circa 15.000. Se si include quelli stabilitisi nel Sud dell’Italia e in Sicilia, il loro numero raggiunge circa 25.000». Sono numeri che non appaiono molto rilevanti. Tuttavia se confrontati con la popolazione del Regno di Napoli nel 1400-1500 e considerato che riguardavano una fascia di popolazione molto mobile, con una professione che garantiva un discreto gruzzolo di denaro e i numerosi incroci con nobili e illustri famiglie italiane è sicuramente ragguardevole. La presenza degli Stradiotti preparò il grande esodo che iniziò dalla fine del Quattrocento e si protrasse in ondate successive fino alla fine del Seicento. Gli assicurò inoltre gli appoggi e la copertura che consentì alle comunità degli immigrati "greci" di inserirsi nella società ed acquisire uno status di cittadini ordinari. Un cenno particolare merita la famiglia dei Lazî, che diede un grande benemerito della comunità arberesh. Ecco cosa scrive Francesco Tajani. La famiglia di un Michele dei Lazi (o dei Laçî), appartenente ad una tribù di Clementi, venne in Italia a trovare migliore soggiorno. Il primo figliuol suo Giorgio nel 1575 era al servizio di Roberto Malatesta Signore di Rimini da primo Scudiere. Il secondo Filippo detto "l’albanese" fu capitano delle truppe di Giorgio Castriota Scanderbeg, si trasferì a Urbino dopo la morte dell’eroe, nel 1468 e militò fra gli stradiotti della Repubblica veneta. Egli e suo fratello Andrea furono ammessi alla cittadinanza di Urbino nel 1491. Uno Altobello primogenito di Giorgio in ricordo della propria origine assunse il cognome di Albani. Indi la famiglia si divise in duo rami, entrambi diedero Cardinali, uno fu ascritto alla nobiltà di Urbino, l’altro a quella di Bergamo. Dal primo uscì un Papa Clemente XI cosi la famiglia prese nome da salire al principato di Soriano. Si deve all’opera del Papa Clemente XI degli Albani l’istituzione del Collegio Corsini a San Benedetto Ullano (successivamente divenuto Collegio Sant’Adriano di San Demetrio Corone). La bolla pontificia fu emanata, in verità, da Clemente XII, suo successore dopo la parentesi del pontificato di Innocenzo XIII.

VII


VIII

sabato 4 maggio 2013

Banchi all’avanguardia L’alternanza scuola-lavoro dell’Iis “Guarasci”

Quando le scuole entrano nelle imprese nelli di Federica Montatia Fo o sc ce an Fr e

È stato presentato nel corso dell’apposita conferenza stampa presso l’istituto “Guarasci” di Rogliano, martedì alle ore 11:00, l’esito del progetto Alternanza scuola-lavoro che gli studenti hanno sostenuto nell’agenzia giornalistica e di stampa Adt group. Presenti all’evento, gli alunni delle classi III e IV dell’Itc, protagonisti del percorso, i compagni degli altri anni e un gruppo di giovanissimi studenti di III media, che tra qualche mese entreranno nel mondo degli istituti tecnici e dei licei. A moderare la conferenza stampa è stata la professoressa Antonella Bozzo, insegnante di Diritto ed Economia Politica e vicepreside del Guarasci, che ha introdotto l’evento ringraziando chi si è speso per la riuscita del progetto: il direttore dell’Adt Rosellina Arturi, il corpo docente che ha fatto da tutor agli alunni e la preside della scuola. «Il ringraziamento è forte e sentito, - ha dichiarato Bozzo - perché in un momento di difficoltà economiche siamo stati accolti con professionalità e disponibilità da quest’azienda, che ha preso molto a cuore il nostro progetto. Una disponibilità indispensabile quando si ha a che fare con budget molto ridotti». Dopo i saluti delle professoresse Maria Grazia Salvino e Rosa Maria Falcone, che hanno accompagnato gli alunni nella loro esperienza aziendale, sono stati gli studenti a farsi protagonisti della conferenza stampa, illustrando il risultato del proprio lavoro. Sono i ragazzi della III a spiegare per primi il frutto dell’alternanza scuola-lavoro; lasciano che a parlare sia un simpatico cortometraggio che ritrae momenti della giornata all’interno dell’agenzia, correlato da una serie di interviste e con-

2 Gli studenti hanno sostenuto il progetto nell’agenzia giornalistica e di stampa Adt group

cluso con gli errori dietro le quinte. È stata poi la volta dei ragazzi della IV, che hanno affidato il resoconto della propria esperienza a Power Point, ringraziando specificatamente il personale dell’Adt, per il tempo che gli hanno dedicato. Il risultato? Il prodotto finale è stata una brochure, intitolata “Una scuola che vola alto”, contenente testi relativi alla presentazione del corpo docente che insegna nella scuola, informazioni sui progetti passati e futuri, considerazioni personali degli studenti riguardo l’istituto nel suo complesso, un focus sulle aule di laboratorio e sulla palestra ristrutturata e inaugurata di recente. La brochure, alla quale hanno lavorato tutti gli studenti, ciascuno all’interno del proprio gruppo di lavoro, sarà distribuita presso appositi banchetti allestiti

3


IX

sabato 4 maggio 2013

Banchi all’avanguardia 1 - Da sinistra Falcone, Salvino, la preside De Rosa e il sindaco 2 - Gli addetti a proiettore e pc 3 - Studenti della IV presentano lavoro con power point 4 - Le docenti Falcone e Bozzo

Il sindaco di Rogliano Giuseppe Gallo mostra la brochure (visibile in grande a sinistra)

L’alternanza presso Adt L’alternanza scuola-lavoro è un progetto che mira ad avvicinare gli

1

dagli studenti tra le strade del paese, con la benedizione del sindaco di Rogliano, Giuseppe Gallo, presente alla conferenza. Il sindaco si è detto orgoglioso dei suoi giovani concittadini e sicuro sul futuro positivo di questi ragazzi, che se manterranno l’entusiasmo e la caparbietà dimostrata nel corso delle ore dell’alternanza potranno raggiungere tutti gli obiettivi che si porranno. «Ho visto la splendida brochure che avete ideato, - ha svelato Gallo - e l’ho trovata sicuramente originale e accattivante. Mi piace molto - ha aggiunto - lo slogan “una scuola che vola alto”, perché la scuola è ciò che forma, cooperando con le famiglie e gli altri enti del territorio, il cittadino di domani. Ma mi è piaciuto soprattutto ciò che si lascia leggere tra le righe: e cioè quell’idea, quel concetto, di

scuola solidale cui noi tanto teniamo. La solidarietà - ha concluso il primo cittadino di Rogliano - è tutt’uno con l’istruzione. Due facce di quella stessa medaglia che è la vostra crescita umana prima ancora che culturale». La vicinanza dell’amministrazione comunale al progetto Alternanza scuola-lavoro e alla crescita degli studenti può essere riassunto e simboleggiata nella disponibilità dello stesso comune a concedere gli spazi, e l’aiuto necessario, per organizzare il banchetto di promozione della scuola: l’obiettivo finale della collaborazione degli studenti con l’Adt group. A chiudere la conferenza, dopo i ringraziamenti e poche parole di comprensibile soddisfazione del dirigente scolastico, professoressa Mariarosa De Rosa, l’assessore con delega alla pubblica amministrazione Antonio Simarco e Rosellina Arturi, direttrice di Adt group. «Nel corso della mia esperienza - ha osservato la giornalista - ho seguito molti giovani stagisti, ma raramente ne ho trovati di così entusiasti, vogliosi di apprendere e svegli. Chi, tra voi, desideri ancora fare esperienza nella nostra azienda quando la scuola sarà terminata, sappia che le nostre porte sono aperte a voi» - ha concluso, dopo aver assicurato il proprio impegno per la prosecuzione del progetto, che si chiuderà soltanto dopo aver distribuito il materiale stampato.

Il prodotto finale è stata una brochure intitolata “Una scuola che vola alto” contenente testi relativi alla presentazione del corpo docente che insegna nella scuola, informazioni sui progetti passati e futuri e considerazioni personali degli studenti

studenti degli istituti tecnici e dei licei al mondo del lavoro. Basato soprattutto su lezioni pratiche, l’Alternanza punta a incanalare le classi verso stage e tirocini presso aziende operanti in settori produttivi e a guidare le peculiarità di ogni studente verso lo svolgimento delle attività a lui più affine. Questo è quanto accaduto anche nelle ore di studio e lavoro che gli studenti del Guarasci hanno trascorso presso Adt. Qui sono stati divisi in gruppi e resi, tutti quanti, parte attiva del work in progress. Gli studenti hanno ideato una brochure promozionale della propria scuola, da distribuire agli studenti delle scuole medie e ai genitori nel corso di appositi eventi organizzati dagli alunni stessi in collaborazione con gli enti e le istituzioni preposte. All’interno si trova anche una descrizione delle mansioni svolte in agenzia nel corso del progetto: «Nella nostra esperienza presso l’agenzia giornalistica e di stampa Adt group abbiamo lavorato sull’immagine della scuola - si legge nella brochure - ci siamo occupati di progettare e creare il nuovo brand per la scuola. Abbiamo imparato a utilizzare vari programmi come Photoshop e Illustrator, utilizzati dai grafici per modificare le varie foto. Abbiamo anche creato vari biglietti da visita e locandine, capito la differenza tra le immagini vettoriali (che se ingrandite o rimpicciolite non perdono qualità) e quelle normali. La realizzazione grafica, come gli altri settori aziendali, ha un compito molto importante per la realizzazione dei vari lavori intrapresi dall’azienda». E poi, un focus sulle altre attività: «Abbiamo appreso i segreti di un centro stampa, laddove si finalizza tutto il lavoro. Il primo giorno abbiamo realizzato dei bigliettini da visita contenenti nome, cognome, indirizzo, mail e numero di ogni alunno. Abbiamo poi scelto il tipo di carta e definito le misure prima di inviare le stampe. Abbiamo scattato alcune foto, modificandole con photoshop. Abbiamo imparato a riconoscere i vari tipi di stampanti, i vari tipi di carta e le varie modalità di stampa e di taglio. Il gruppo della segreteria organizzativa ha avuto il compito di gestire altri settori quali marketing, grafica e stampa, apprendendo nozioni di contabilità e organizzazione di eventi».

4


X

sabato 4 maggio 2013

Eventi consolidati e in allestimento Gli appuntamenti dell’Asi di Reggio

E ora...sport La variazione della denominazione dell’ente da Alleanza sportiva italiana ad Associazioni sportive sociali italiane, fermo restando l’acronimo “Asi”, non ha minimamente inficiato l’impegno organizzativo del comitato provinciale di Reggio Calabria, anzi lo ha rafforzato e fortificato proiettandolo sempre più alla realizzazione di eventi sportivi, culturali e sociali sul territorio. In questa ottica, l’Asi sia direttamente, sia tramite le proprie società affiliate sta allestendo una serie di eventi già consolidati, mentre altri sono in fase di allestimento, sotto la spinta e la supervisione del vicepresidente nazionale Tino Scopelliti. A parte gli eventi già in corso, come il campionato di calcio per società dedicato alla categoria giovanissimi ed esordienti, denominato Asi piccole pesti (http://www.asipiccolepesti.it/), il Campionato amatoriale asi calcio a 5, in collaborazione con il prestigioso marchio Lnca http://www.lnca.it/ in svolgimento presso il centro sportivo “Tommaso Maestrelli” di Arghillà con 12 sociètà iscritte (http://www.lnca.it/default/tournament/view/id/22 ), il III Campionato Reggio città metropolitana - calcio a7 in fase di svolgimento presso il centro sportivo Hinterreggio village con 12 società iscritte ed in palio l’accesso alle finali nazionali Asi , nonché il torneo universitario di calcio a 5 “Unileague” (http://www.unileague.it/) con 12 società iscritte - composte da soli studenti universitari - ed oltre 20 città coinvolte nel progetto; il presidente provinciale Fabio Gatto unitamente ai suoi più stretti collaboratori, pensa ad altri importanti ed imminenti eventi. Martedì 30 aprile e mercoledì 1 maggio, si è svolto TarantaKite, musica ed intrattenimento alla villa Aloha concessa in gestione al circolo Free-spirit presieduto da Vincenzo Tornabene. Freespirits Rotaluna - Bandafalò, in una sinergia che caratterizzerà il divertimento e lo sport estivo in tutta Italia, hanno unito le discipline sportive marine ad una tradizione radicata nel tempo e nelle nostre terre, “la tarantella”, con selezioni musicali di Francesco Talia e dsound, e balli disco in un’area verde, con il live del gruppo Ciccio Nucera quartet j@zz, i Mystura e tutti i migliori suonatori della provincia. Il tutto accompagnato da degustazioni di paella, salsiccia e pizza cotta nel forno a legna. Per lo sport e lo svago, si sono svolti tornei di beach volley, calcetto 3 contro 3 ed effettuati mini corsi gratuiti per provare kitesurf e windsurf. Sempre giorno 1 maggio si è svolto il 24° trofeo podistico di corsa su strada “Palmi” organizzato dall’associazione “Corri con noi Palmi”, gara competitiva e non competitiva per adulti e bambini; seguito dalla partenza delle gare giovanili. Domenica 5 maggio si cambia completamente registro. Infatti, si entra nel mondo dei motori con l’organizzazione - da parte dello staff del team “Piloti per passione” di Giuseppe Denisi - del 4° Trofeo “La collina” - Città di Sambatello. Gara automobilistica di slalom sul tracciato Gallico-Sambatello. La gara è programmata su due manches più il giro di ricognizione. La competizione si svolgerà lungo il percorso ss 184 - II Tronco dal km 2.200 al km 4.700. La gara è valida quale 1ª delle 9 prove del Campionato calabrese Csai/Asi slalom 2013. L’inizio della gara è previsto per le ore 8.30/9.00 circa (mentre il percorso già dalle ore 7.00 sarà chiuso al traffico - sarà possibile, in ogni caso raggiungere l’arrivo a Sambatello tramite il percorso alternativo dalla strada a scorrimento veloce GallicoGambarie). Nonché sempre domenica, 5 maggio, dalle ore 9.30 alle 12,30 è previsto il I stage Asi di krav maga - metodo di autodifesa israeliana - presso il circolo “Windsurf dello Stretto”, zona lido comunale, sotto le direttive dell’instructor Demetrio Rosace della palestra Dekaju kombat & fitness - nonché responsabile provinciale di settore Asi krav maga - che per l’occasione sarà coadiuvato dai trainer Gianclaudio Aiossa e Domenico Catanese. Tra l’altro saranno trattati: attacchi diretti, bloccaggi, prese al corpo a varie altezze, strangolamento frontale statico e dinamico. Ai partecipanti sarà rilasciato un attestato di partecipazione(http://wtkaitaliakravmaga.it/).

Una delle iniziative della cinque giorni Asi

Mentre è già in avanzato stato di allestimento per mercoledì 15 maggio (dalle ore 17.30) il progetto Asi “Mamma fitness”, programma di allenamento dedicato alle neo-mamme che possono esercitarsi in compagnia dei propri bambini. È una ginnastica basata su esercizi di allungamento e tonificazione con l’ausilio della carrozzina, passeggino o marsupio che diventa parte integrante della lezione. Quest’attività nasce principalmente per coinvolgere tutte le mamma che a 30 /40 giorni dal parto vogliono iniziare a riacquistare il benessere fisico e psicologico condividendo insieme ad altre mamme questo momento senza dover rinunciare ai propri bimbi. Sarà un programma mirato al lavoro sul pavimento pelvico (fondamentale post parto) e alla tonificazione del corpo svolta con l’ausilio di piccoli attrezzi o a corpo libero. Il corso sarà svolto dall’istruttrice Cetty Lorenti e dall’ostetrica Angela Suni. L’appuntamento è alle ore 17.30 sul lungo mare Falcomatà di fronte Cesare. Per poi percorrere il lungomare fino all’anfiteatro “Ciccio Franco” e quindi muovendosi sulla zona bassa del lungomare fino a raggiungere il piazzale antistante il circolo Windsurf dello Stretto in zona Lido. Il 15 maggio ore 17.30 puoi provare - gratuitamente - la prima lezione di Asi “Mamma fitness” a Reggio Calabria. È un’iniziativa divertente e innovativa che consentirà a tutte le neo mamme di rimettersi in forma con passeggino o carrozzina e bimbo a bordo! Nel contempo è stato inaugurato il circolo “Donne di cuori” - il cui direttivo è composto da sole donne - con sede sportiva allocata presso il Windsurf dello Stretto in zona Lido a Reggio Calabria, ove si è disputato il torneo di burraco denominato “1° torneo Asi donne di cuori”; i tornei di burraco saranno disputati settimanalmente il venerdì con inizio alle ore 20:30.


sabato 4 maggio 2013

Animali che salvano la vita A Reggio la presentazione del progetto “Pet therapy per la scuola”

Il medico a quattro zampe “Pet-therapy” è un termine anglosassone adottato in Italia e negli altri paesi, per indicare le attività e le terapie svolte con l’ausilio dell’animale domestico. L’animale diviene strumento pedagogico, che favorisce l’apprendimento e migliora i rapporti interpersonali. Il fine di tale co-terapia è quello di migliorare la qualità della vita delle persone, che vivono condizioni di disagio fisico o psichico. Il complesso delle attività note con il termine di pet-therapy viene suddiviso in tre differenti aree di interventi in relazione ad obiettivi preposti: Attività assistite dall’animale o AAA: interventi di tipo ricreativo educativo, terapeutico, finalizzati a favorire il miglioramento delle funzioni fisiche, sociali ed emotive. Possono essere svolte in diversi ambienti :scuole,comunità di recupero, residenze sanitarie,ospedali,istituti e carceri, da operatori formati e da animali che rispondono a determinati requisiti; Terapie assistite dall’animale o Aat: interventi di tipo terapeutico, basato su precise caratteristiche ed un protocolli operativi, di supporto alle metodologie di cura tradizionali, finalizzate a migliorare le condizioni di salute di un paziente mediante specifici obiettivi predefiniti dai medici; Educazione assistita dall’animale o Aae: interventi di tipo ricreativo, educativo, con lo scopo di migliorare le capacità cognitive di bambini ed adolescenti, con interventi che hanno obiettivi specifici predefiniti: acquisire nozioni sulle caratteristiche e le necessità dei vari animali. Aiutare la stimolazione della memoria, l’ampliamento delle conoscenze, ed il controllo dell’aggressività. Apprendere il valore della cooperazione tra individui, dell’altruismo e della divisione dei ruoli. Tutti e tre i programmi possono essere eseguiti in gruppo ed il team conduttore-animale è parte integrante del trattamento. In tutti i casi, l’animale deve essere impiegato in maniera adeguata garantendogli il suo benessere. Una corretta interazione uomo e animale, è fondamentale per impostare, sviluppare e beneficiare di un programma assistito dall’animale. Questa premessa si rende obbligatoria per meglio spiegare cosa è la pet-therapy e a chi si rivolge e come la nostra associazione opera. Come nasce l’idea del progetto sperimentale “4 zampe per un sorriso” La nostra struttura, la Fattoria urbana, accoglie quotidianamente dei bambini diversamente abili che vengono a svolgere le attività di ippoterapia e pet-therapy. È nata cosi l’idea di organizzare una raccolta fondi per poter garantire alle fasce sociali più deboli economicamente anche questi interventi senza pesare ulteriormente sulle famiglie. La prima iniziativa è stata la maratona a 6 zampe svoltasi presso il Lungomare Falcomatà il 7 aprile di quest’anno. L’iniziativa è stata organizzata in collaborazione con Villa Betania e Casa Serena ed ha avuto il patrocinio del Cif della Fise e Coni. L’idea e la novità ha avuto notevole attenzione ed ha ricevuto critiche positive sia da parte dei media locali che regionali, ma principalmente e con maggiore continuità da parte dei social network evidenziando così il grande consenso da parte dei cittadini. Per far in modo che anche altri bambini potessero usufruire dei nostri servizi (pet-therapy ed ippoterapia) abbiamo ideato il progetto:

Progetto pilota rivolto alle scuole della Provincia di Reggio Calabria

4 zampe per un sorriso che nasce come raccolta fondi da svolgere presso le scuole. Come si partecipa: ad ogni scuola sarà dedicata una mattinata dei mesi di maggio o di giugno precedentemente concordata. Per poter garantire un numero minimo di interventi presso la scuola, gli alunni partecipanti potranno aderire donando 1 euro ciascuno. La raccolta dei fondi darà la possibilità ai compagni bisognosi, di poter usufruire gratuitamente degli interventi di pet-therapy. Le quote dovranno essere raccolte prima della giornata concordata. Al termine della mattinata le quote saranno conteggiate e sarà consegnata la ricevuta indicando il numero di interventi di pet-therapy di cui la scuola potrà usufruire a partire dal mese di ottobre (anno scolastico 2013/14). Se i fondi non fossero sufficienti a coprire tutto l’anno scolastico e la scuola volesse continuare, l’associazione proporrà nuove iniziative che avranno lo stesse finalità. Modalità di realizzazione della giornata del progetto “4 zampe per un sorriso” - La scuola dovrebbe mettere a disposizione 3 punti di incontro. La nostra associazione porterà la strumentazione necessaria allo svolgimento del programma. 1-Punto di accoglienza (es: androne per attività di animazione). Il cavallino Lino, la mascotte della fattoria, (costume indossabile) intratterrà i bambini con l’animazione, balli e musica. 2-Aula magna (per le videoproiezioni). Utilizzando il power point sarà data una breve lezione di educazione cinofila. 3-Cortile (conosciamo i cani da pet-therapy). Il nostro team presenterà ai bambini i cani che svolgono l’attività di pet-therapy (n° 4/5 coppie cane-conduttore). Finalità e obiettivi La finalità di questa iniziativa è quella di raccogliere fondi da poter poi reinvestire presso la stessa scuola ( es. fondi raccolti 200 euro saranno utilizzati per poter rimborsare i volontari dell’associazione che verranno a svolgere le attvità di pet-therapy rivolte ai bambini diversamente abili iscritti presso lo stesso dipartimento scolastico). Le attività inizieranno nel mese di ottobre con date e numero di incontri da concordare con i docenti. Tutti i bambini diversamente abili della scuola potranno partecipare alle attività di pet-therapy una volta organizzato il piano degli incontri. La pet-therapy si pone come obiettivo quello di migliorare la qualità della vita di chi soffre un disagio psico-fisico temporaneo o permanente Infatti molto spesso i cani vengono anche “utilizzati” proprio presso le scuole per migliorare la qualità di attenzione di bambini iperattivi. Quindi nel nostro programma possono anche rientrare non solo i bambini diversamente abili , ma anche quei bambini che attraversano un particolare periodo di stress, ansia o disagio. Gli alunni dovranno essere indicati dai docenti e per ognuno di loro sarà valutato il giusto approccio e la corretta metodologia di applicazione. Partner solidale del progetto è l’associazione Angeli Bianchi onlus. Per il presente progetto sarà richiesto il patrocinio gratuito da parte della Provincia e della Regione. a.s.d.A.M.AT.A. “Luna nuova”

XI


XII

sabato 4 maggio 2013

Amici dell’Università della Calabria L’associazione si appresta ad instaurare un rapporto tra la società calabrese e lo stesso ateneo

Il futuro è adesso Partendo dal passato i di Franco Bartucc

portavoce associazione internazionale “Amici Università della Calabria

Dopo il riconoscimento di “associazione no-profit”, da parte della Prefettura di Cosenza, l’associazione internazionale “Amici dell’Università della Calabria”, con presidente Aldo Bonifati, colui al quale va riconosciuto il merito, come imprenditore, di avere costruito il campus universitario di Arcavacata, si appresta, nell’arco di quest’anno, ad instaurare un rapporto di collegamento tra la società calabrese e la stessa Università avendo come lievito base il nucleo di quei laureati che hanno studiato e conseguito la laurea presso l’Università della Calabria, che ammontano all’incirca a sessantamila partendo dalla prima seduta di laurea avvenuta il 16 luglio 1976 nell’ambito della facoltà di Scienze economiche e sociali. Di questo si è discusso nel corso dell’assemblea dei soci che si è svolta lunedì 29 aprile, nella sala stampa dell’Aula magna dell’Università, convocata dal presidente, Aldo Bonifati, per discutere su tre punti all’ordine del giorno: comunicazioni del presidente, chiusura bilancio anno 2012, programma attività anno 2013. Una volta approvato il bilancio consuntivo del 2012, i componenti dell’assemblea sono entrati nel merito delle attività da svolgere nell’arco del 2013 condividendo ed approvando tutte le iniziative già proposte dal Comitato direttivo, così sintetizzate: ricostruzione delle carriere professionali dei laureati dell’Università della Calabria per costituire un annuario storico individuando anche le figure di eccellenza; istituzione di un Premio “Il laureato d’eccellenza professionale” dell’Unical; istituzione della Festa annuale permanente della nascita dell’Università della Calabria in coincidenza della data di pubblicazione della legge istitutiva (12 marzo 1968); seminari e workshop formativi rivolti agli studenti universitari ed alla società calabrese con laureati illustri dell’Università della Calabria; costruire rapporti di gemellaggio con associazioni ed università a livello nazionale ed internazionale; conferimento della pergamena di Socio Onorario dell’Associazione ai laureati “honoris causa” dell’Università della Calabria; promuovere attività di assistenza e sostegno agli studenti meritevoli e bisognosi dell’Università della Calabria attraverso la promozione di borse, master e corsi di specializzazione. Tutte attività che potranno trovare i momenti e le fasi di realizzazione grazie al ricavato delle quote associative, dei contributi del

Come lievito base il nucleo di quei laureati che hanno studiato e conseguito la laurea presso l’Unical, che ammontano all’incirca a sessantamila partendo dalla prima seduta avvenuta il 16 luglio 1976 nell’ambito della facoltà di Scienze economiche e sociali

cinque per mille consentiti dalla legge in virtù del riconoscimento di “associazione no-profit”, ed in base anche alla presentazione di progetti mirati previsti dalle norme europee. Molte delle idee sopra specificate - si è detto nel corso della riunione - possono essere trasformate in progetti con il coinvolgimento dell’Università e delle Istituzioni locali interessate. Come associazione c’è la volontà di organizzare ad esempio con il Comune di Cosenza una giornata da dedicare alla figura di Beniamino Andreatta, primo rettore dell’Università della Calabria, al quale l’amministrazione gli ha intitolato una strada cittadina, e per ricordare anche le fasi di avvio dell’Ateneo calabrese in alcuni luoghi della città; nonché per un momento di festeggiamento ai laureati dello stesso Ateneo, nati e residenti nella città Bruzia, che ammontano al momento a circa ottomila persone. Lo stesso potrebbe accadere con motivazioni diverse in altri Comuni della Calabria dal momento che in tutti i centri comunali della regione è radicata sia la componente studentesca che quella dei laureati. Un programma abbastanza impegnativo che ha trovato finora il sostegno e l’adesione di una ventina di soci, tra i quali la Fondazione Carical e l’Assindustria di Cosenza; ma l’auspicio è che a questo progetto aderiscano in primo luogo la Provincia di Cosenza, i Comuni di Cosenza e Rende, seguiti da tutti gli enti locali ed istituzioni territoriali sparsi sull’intero territorio calabrese, nonché vari soggetti appartenenti al mondo imprenditoriale per un effettivo rapporto sinergico di valorizzazione e promozione culturale, economico e sociale della società calabrese. L’assemblea, infine, ha pure approvato l’ingresso nel Comitato direttivo dell’associazione di nuovi soci, per cui risulta così composto: Aldo Bonifati (presidente), Dario Antoniozzi e Walter Pellegrini (vice presidenti) Giovanni Latorre, Giuseppe Frega, Franco Crispini, Laura Luchi, Pietro Brandmayr, Massimiliano Filice, Giuseppe Nano, Ferdinando Tarzia, Nicola Buoncristiano, Patrizia Piro, Giuseppe Chidichimo, Jaques Guenot, Giuseppe Tripodi (consiglieri). L’associazione ha la propria sede su Piazza Vermicelli - Università della Calabria - e può essere contattata attraverso l’email: associazioneamiciunical@gmail.com; con telefono 0984/494288 347/7123091 - 0981/38570 - 335/5757780. Ulteriori informazioni si possono attingere sul sito: www.amiciunical.it.


sabato 4 maggio 2013

Scrivere e pretendere Francesco Foglia di San Giovanni in Fiore riceve a Perugia il Premio “Unione europea giovani giornalisti”

Volere un lavoro e volerlo subito L’Europa garantisca Lo studente Francesco Foglia, 21 anni, di San Giovanni in Fiore, ha ricevuto il Premio “Unione europea giovani giornalisti” organizzato dalla rappresentanza in Italia della Commissione europea, in collaborazione con l’Associazione giornalisti Scuola di Perugia e con il patrocinio del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e Associazione stampa romana. Il premio speciale, dedicato ai media universitari, è stato consegnato durante il Festival internazionale del giornalismo di Perugia, venerdì 26 aprile al Palazzo dei Priori nella sala dei Notari, dal direttore della Commissione europea Rappresentanza italiana Lucio Battistotti, insieme ad Anna Piras, Rai Parlamento e Marcello Grego del Tg3.

Piero Sansonetti sull’isolamento giornalistico

La Calabria è in ombra Vivo confronto sull’isolamento della Calabria da parte dell’informazione nazionale, lo scorso 27 aprile all’hotel La Duchessa della Sila di San Giovanni in Fiore (Cs). “Calabria in ombra” il titolo dell’evento, gli allievi della locale scuola di giornalismo hanno incontrato il giornalista Piero Sansonetti, direttore del quotidiano regionale Calabria ora e del settimanale Gli altri. Interventi anche di Franco Laratta, già deputato Pd, e Giovanni Iaquinta, assessore comunale alla Cultura. I due hanno parlato, rispettivamente, del mancato decollo del porto di Gioia Tauro e delle risorse della città di Gioacchino da Fiore. La discussione si è poi sviluppata a partire dagli stereotipi sulla Calabria, che la stampa italiana tratta a modo suo, per Sansonetti «puntando a vendere indipendentemente dalla ricerca della verità». La serata è stata condotta da Caterina De Marco, docente di matematica e allieva della scuola. Tante le domande: delle giovanissime Serena e Marzia e degli altri, fino a Luigi Spadafora, già emigrato in Germania. Proprio il tema dell’emigrazione, dello smembramento della Calabria, è stato centrale nella discussione. Sansonetti ha riferito una serie di dati che provano «quanto la fuga dalla regione, quasi una deportazione, abbia provocato un abbassamento del livello generale di civiltà, così producendo anche numerose distorsioni dell’informazione nazionale, quasi tutta concentrata nel Nord, con le grandi televisioni e i grandi giornali». Proprio l’ex direttore del quotidiano comunista Liberazione ha riproposto una sua remota idea, affermando che «una rete Rai deve avere la sede a Sud, che racconti questo Mezzogiorno, la sua gente, i suoi problemi, le sue voci». Parola anche al pubblico, che ha posto a Sansonetti domande sul comportamento e le scelte dell’informazione attuale, sulla libertà di stampa e sulle colorazioni politiche dei giornali, che - ha sottolineato il giornalista - «in America, essendoci editori puri, sono fatti in modo diverso, certamente con maggiore autonomia». Un viaggio culturale intenso, nel complesso, durato poco più di un’ora e organizzato in costante collegamento in rete dagli allievi della locale scuola di giornalismo, a cui collabora a titolo gratuito Emiliano Morrone. Gli allievi hanno studiato e concordato domande, interventi, riflessioni, percorsi tematici, svolgendo un vero e proprio lavoro di redazione, con i complimenti finali di Sansonetti. Il prossimo appuntamento pubblico che proporranno gli aspiranti giornalisti, in tutto una trentina, sarà sulla giustizia. Sempre a San Giovanni in Fiore, con un ospite d’eccezione.

Francesco Foglia ©Ph Danila D'Amico

“I want a job and I want it now” è il titolo dell’articolo dello studente della Università della Calabria

L’articolo premiato è intitolato “I want a job and I want it now” pubblicato sulla testata europea on-line Gli Euros e dedicato al tema cruciale della disoccupazione giovanile. Obiettivo del premio è stato quello di sensibilizzare i giovani giornalisti riguardo ai temi di interesse europeo, puntando ad ottenere, nell’immediato futuro, un aumento della copertura giornalistica di tali temi e un maggiore coinvolgimento della cittadinanza europea. Interessato alle politiche dell’Unione europea, Francesco Foglia, attualmente studente presso l’Università della Calabria, già nel 2011 ha vinto un contest sulla revisione del portale europeo dei giovani e, ad ottobre scorso ha preso parte alla settimana europea del mercato unico al Parlamento europeo a Bruxelles. «L’attenzione dei media tradizionali alle tematiche europee - ha dichiarato Francesco Foglia - è ancora molto bassa, nonostante l’Unione europea è l’istituzione che più direttamente compie importanti scelte che si ripercuotono sulla vita quotidiana. Sono orgoglioso di aver ricevuto il Premio giornalistico per un mio articolo sull’istituzione di una garanzia europea per i giovani al fine contrastare il fenomeno della disoccupazione giovanile che, anche in Italia, registra dati drammatici. L’Europa - ha concluso il giovane giornalista - non è solo austerità, spread e finanza, e non è corretto che la stampa ignori le altre politiche comunitarie. I giornalisti hanno un ruolo fondamentale nel cammino dell’integrazione europea, perciò sono sempre più convinto che bisogna al più presto colmare questo deficit di informazione».

XIII


XIV

sabato 4 maggio 2013

Cibi per noi... Resta a casa quello calabrese; o meglio, le nduje e le soppressate, non esenti dalla patologia vescicolare suina

E il maiale non varca l’Oceano e di Giorgio Durant

presidente Accademia tradizioni enogastronomiche di Calabria

Alla battitura della notizia proveniente dagli Stati Uniti della fine dell’embargo dei salumi Made in Italy, si è diffuso un certo entusiasmo tra gli operatori del settore: in tempi di crisi un mercato di almeno 250 milioni di euro diventa sicuramente interessante. I 313,6 milioni di americani possono apprezzare finalmente salami, pancette, coppe, culatello e altri salumi Made in Italy. Si tratta di un evento epocale: una delle aree più importanti per la produzione di salumi supera, «dopo oltre 15 anni di lavoro, una delle barriere non tariffarie che impediscono il pieno sviluppo delle esportazioni italiane di salumi nel mondo» commenta Assica. Il blocco durato 15 anni delle esportazioni nazionali di salumi dal prossimo 28 maggio grazie alla pubblicazione del provvedimento con cui le autorità statunitensi dell’Us Department of agriculture (Usda) Animal and plant health inspection service (Aphis) hanno ufficialmente riconosciuto l’indennità dalla malattia vescicolare del suino di Lombardia, EmiliaRomagna, Veneto, Piemonte e delle Province autonome di Trento e Bolzano. Si tratta senz’altro di un passo importante per il sistema agroalimentare nazionale che ha ora l’opportunità di crescere nel ricco mercato americano dove l’enogastronomia italiana è cresciuta in valore nell’ultimo anno del 10 per cento ed ha raggiunto il livello record di 2,7 miliardi. Il provvedimento non riguarda il prosciutto che se stagionato oltre i 14 mesi può già essere esportato negli Usa. Restano in ogni caso senza nduja e senza soppressata calabrese visto che la nostra regione non è tra quelle esenti dalla patologia vescicolare dei suini. Certo che la Regione come istituzione che gestisce il servizio veterinario deve colmare i ritardi che di fatto pregiudicano alle imprese agroalimentari di casa nostra di raggiungere le tavole degli americani che vantano tra l’altro una nutritissima rappresentanza di nostri compaesani all’asciutto di salumi pregiati da diverse generazioni. Certo che se le autorità Usa avessero posto l’attenzione su altre importanti problematiche relative ai derivati delle carni di suino allevato in modalità intensiva, e confrontate con le caratteristiche sia organolettiche che medico-scientifiche delle carni del suino nero di Calabria allevato allo stato brado, probabilmente sarebbero giunte a diverse conclusioni. Da uno studio promosso dal Consorzio Nero di Calabria, i valori nei grassi dei nostri suini di omega tre ed omega sei (il cosiddetto colesterolo buono) sono a livello del pesce azzurro, dati certificati da enti scientifici accreditati. Soppressate, salsicce, nduje, guanciali e pancette restano per ora prerogativa delle nostre tavole e degli abitanti del Vecchio continente; gli americani devono ancora aspettare. Nel frattempo si accontentano delle imitazioni realizzate in Sud America e che hanno il lasciapassare per il mercato Usa.

Il Parco Aspromonte a L’Aquila

Gli Usa tolgono dal 28 maggio l’embargo sui salumi Made in Italy ma non su quelli provenienti dalla Calabria La Regione deve certo colmare i ritardi sul servizio veterinario ma proprietà organolettiche e medico-scientifiche non si discutono

Il Salone delle... cucine Raccontare l’esperienza del Paniere dei Prodotti del Parco dell’Aspromonte su scala nazionale, puntando alla valorizzazione delle realtà locali ed esportando un percorso di concertazione e programmazione che ha consentito la creazione di un Paniere di nicchia e di qualità. Con questi obiettivi l’ente Parco nazionale dell’Aspromonte partecipa al primo salone dei prodotti tipici dei Parchi d’Italia, che si concluderà domenica 5 maggio. La manifestazione prevede la partecipazione, insieme al Parco dell’Aspromonte anche del Parco Gran Sasso e dei Monti della Laga, del Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise, del Parco Nazionale della Majella, Parco Sirente Velino, dell’Area Marina Protetta Torre del Cerrano (Teramo), del Parco Nazionale del Cilento (Campania) e del Parco Nazionale del Pollino (Calabria). La mission del salone abruzzese è quello di creare un’opportunità per far conoscere le ricche identità territoriali dei nostri parchi e le sue produzioni di qualità, attraverso un percorso che racconta la cucina ed i prodotti delle aree protette italiane. «La manifestazione dell’Aquila - ha dichiarato il commissario straordinario dell’ente Parco Antonio Alvaro - ci permetterà di far conoscere il nostro progetto che ha portato alla creazione del prototipo del Paniere attraverso un percorso condiviso con le realtà locali e che ha ottenuto un grande risultato in termini di partecipazione e di adesione. In questo progetto ho creduto sin dall’inizio - ha proseguito Alvaro - e questa abruzzese sarà soltanto la prima occasione per divulgare la nostra esperienza su scala nazionale in quanto il progetto prevede, d’ora in poi, il supporto alla promo-commercializzazione dei prodotti del Paniere del Parco». Il programma del salone prevede convegni, workshop, appuntamenti, laboratori, con tematiche relative alla cucina domestica, dove grandi chef propongono menù di qualità da portare in tavola per l’intera famiglia con il minimo della spesa. Ma anche i laboratori del gusto: sei appuntamenti con degustazioni guidate in collaborazione con Slow Food Abruzzo e Molise. Inoltre sono state organizzate le fattorie didattiche per i più piccoli dove Cia L’Aquila e Coldiretti L’Aquila organizzano percorsi per scoprire: Il mondo delle api; Il percorso del latte, la lavorazione della lana, il mondo degli asini. Il salone offre anche l’occasione per affrontare grandi temi legati al cibo e alla valorizzazione delle aree protette italiane, in un articolato programma culturale a cura di Federparchi-Europarc Italia e di Symbola-Fondazione per le Qualità italiane.


sabato 4 maggio 2013

...geografie per tutti Google Streetview entra nel Parco nazionale della Sila

Le vie del Parco sono infinite

Soddisfazione del Wwf

Bracconieri braccati dal Cfs nel Parco Pollino La notizia della maxi operazione contro il bracconaggio portata a termine nei giorni scorsi dal Coordinamento territoriale per l’Ambiente del Corpo forestale dello Stato nel territorio del Parco nazionale del Pollino, non può che suscitare la soddisfazione di tutti coloro che hanno a cuore la tutela effettiva della biodiversità all’interno delle aree protette. L’operazione denominata “Montea”, che ha portato alla denuncia di ben 11 persone dedite ad attività di caccia abusiva nel parco, nonché al sequestro di 35 fucili, 1500 munizioni e diverse ricetrasmittenti, dimostra ancora una volta ed in maniera eclatante quanto diffuso e radicato sia il fenomeno del bracconaggio nella nostra regione, a tal punto da non risparmiare neppure quei santuari della natura che dovrebbero essere i parchi nazionali e le altre zone protette. Il Wwf Calabria rivolge pertanto un doveroso ringraziamento a tutti quegli appartenenti al Corpo forestale dello Stato che, anche mediante l’uso di sofisticate tecniche di indagine , hanno reso possibile questo importante risultato nella lunga e difficile battaglia contro coloro che, incuranti dei divieti, attentano al patrimonio faunistico dell’intera comunità. L’appello del Wwf è quello di incrementare le attività di vigilanza e di repressione del triste fenomeno che purtroppo si manifesta in forme diverse e tutte fortemente dannose per la fauna, come ad esempio la caccia notturna agli ungulati (caprioli e cinghiali), l’uso di richiami (anche in un periodio di caccia chiusa come questo), l’allestimento di lacci e tagliole micidiali per Tassi, Volpi, Cinghiali e talvolta gli stessi cani, la diffusa pratica dell’uccellagione e la cattura di nidiacei. Ben vengano le manifestazioni e le iniziative per una maggiore fruizione turistica dei Parchi, purché avvenga nel pieno rispetto dell’ambiente, ma non si trascuri l’attività di sorveglianza e di difesa delle aree protette dai troppi vandali che ne minacciano di continuo l’integrità.

Grazie alla’ntesa tra il colosso informatico, il ministero dell’Ambiente e Federparchi, sette sentieri di tre fra i più bei Parchi d’Italia potranno essere visitati virtualmente direttamente dal computer e telefonino

Anche il Parco nazionale della Sila è fra le tre aree naturalistiche che potranno essere visitate online sul sito del ministero dell’Ambiente dedicato alle aree protette, www.naturaitalia.it, nella sezione “Vivi le aree naturali”. Infatti, grazie all’intesa tra Google, il ministero dell’Ambiente e Federparchi, sette sentieri di tre fra i più bei Parchi d’Italia - oltre alla Sila anche il Parco nazionale del Gran Paradiso e quello d’Abruzzo, Lazio e Molise - potranno essere visitati “virtualmente” direttamente dal computer o dal telefonino. In seguito a questo accordo, da qualunque parte del mondo alcune delle zone di queste splendide aree protette potranno essere quindi percorse e visitate consentendo a chiunque di scoprire le bellezze naturalistiche ed ambientali che si snodano fra i sentieri di questi Parchi italiani. Il tutto grazie a Streetview, il servizio gratuito di Google maps che consente di visualizzare foto panoramiche a livello stradale di aree metropolitane, siti archeologici e tanti altri luoghi di particolare interesse. Con un articolato sistema di telecamere, montate a bordo di mezzi speciali come il triciclo “trike” di Google e in grado di scattare foto in movimento, i tecnici Google hanno percorso, fotografato e messo in rete i sentieri più belli dei tre Parchi. «Siamo orgogliosi di essere entrati nel circuito di Google Streetview. - dichiara Sonia Ferrari, presidente del Parco nazionale della Sila Questo significa che potremo essere “raggiunti” anche a distanza da chiunque si imbatta in tour virtuali fra le meraviglie del nostro Paese. Inoltre, è evidente che i percorsi dei nostri sentieri online rappresentino uno stimolo ad una vacanza nel Parco della Sila e che si possa in tal modo generare un incremento turistico, naturalmente sostenibile ed attento all’ambiente, nel nostro Parco». Le immagini panoramiche di Google Streetview sono ora disponibili in più di 3.000 città in 50 Paesi diversi, dall’Antartide al Grand Canyon, coprendo oltre 9 milioni di chilometri, anche negli angoli più nascosti e affascinanti del pianeta.

Wwf Calabria Valeria Pellegrini

XV


X

sabato 4 maggio 2013

Circostanze musicali Concerto di Egidio Ventura il 4 maggio a Cosenza

Alt, c’è l’arte

Orizzonti astratti dagli spazi reali

Il Jazz è di casa al Cavern ll Cavern club, sede dell’associazione, si trova a pochi passi dall’antica chiesa di S. Francesco d’Assisi, nel cuore del centro storico di Cosenza. Al suo interno le iniziative promosse dal Circolo sono diverse e comprendono mostre, proiezioni, rappresentazioni teatrali, serate musicali, presentazioni di libri e pubblicazioni ma soprattutto concerti. La realtà di Aprile è vivace senza essere forzata. Muovendosi sotto i lampioni nei vicoli che portano al CavernClub, si ha la sensazione di respirare il senso di appartenenza ad una comunità musicale che, lontana dai riflettori, ha saputo creare un approdo per le persone che amano la musica e, più in generale, tutte quelle manifestazioni della cultura che trovano nel libero stare insieme le ragioni stesse del loro essere. I soci fondatori, firmatari dello statuto dell’associazione, ne formano il direttivo, coordinato dal presidente Antonio Lopez. Basata sul principio del no-profit, l’associazione “Aprile” non ha finalità di lucro e rappresenta un centro di vita associativa democratico, pluralista a carattere essenzialmente volontario, tanto da trovare nel tesseramento l’unica forma di sostentamento. La tessera ha validità annuale e garantisce ai soci la partecipazione a tutte le iniziative proposte e la possibilità di contribuire attivamente alla vita sociale e culturale dell’associazione promuovendola e sostenendola. In questi anni più di cinquanta concerti hanno visto protagonisti, in un’alternanza variopinta ed intensa di generi e di emozioni, grandi musicisti che hanno suonato presso il Cavern Club di Cosenza, diversi musicisti e cantanti vi si sono conosciuti o ritrovati, per poi iniziare una creativa collaborazione. Sabato 4 maggio alle ore 21,45, il Cavern ospiterà uno degli Eventi più importanti,, il concerto è affidato al Pianista calabrese Egidio Ventura che sarà affiancato da due bravissimi musicisti anch’essi calabresi Franco Marino al basso e Sandro Benincasa alla batteria, con un progetto denominato “Sueno Latino!” Il repertorio verterà su tematiche di matrice latino-cubana, con un riferimento particolare al pianista Michel Camilo. Egidio Ventura trio è senza dubbio uno dei gruppi musicali più originali e interessanti che emerge con prepotenza ed intelligenza nell’asfittico mondo musicale calabrese, dimostrando che non esistono barriere tra i diversi generi musicali. Mostrando rare versatilità e capacità strumentali, il progetto è un contenitore che si permette di shakerare suoni e generi musicali: tra il latino e il jazz, in un continuo gioco tra ritmi incalzanti e armonie interessanti il cui risultato è come un cielo sereno da cui improvvisamente arriva un temporale. Questo è ciò che contraddistingue in modo inequivocabile ed ineguagliabile la formazione del Pianista Lametino, facendo della loro musica un marchio di fabbrica per il sound, la singolarità dei suoni, strumentali, in una riuscitissima commistione tra lo stile latino e quello afroamericano, offrendo una combinazione che non permette di annoiarsi all’ascolto. Il progetto è in co-produzione con Lamezia Jazz festival.

Evento unico per gli amanti ed appassionati del genere

È stata inaugurata il 30 aprile la mostra dal titolo “Visioni simultanee”, il progetto artistico di Fabrizio Trotta e Mario D’Angelo, in arte MarbaF. L’opera dei giovanissimi artisti calabresi, tende verso un orizzonte che non è né arbitrario né casuale ma astratto, e perviene alla produzione di un’immagine inedita, originale e significativa pur principiando dall’esperienza dello spazio reale e delle sue forme essenziali. Una forte spinta emozionale determina l’imprinting dello scatto fotografico, che disgrega il reale in una particella che si manifesta come intenzione e non come risultato, e difatti genera, per l’intervento pittorico che la segue, una sorta di risonanza, una forma che superandola produce un’integrazione ambigua ma innovativa che restaura, per così dire, e rilancia l’integrità decaduta. In tal modo l’impressione del reale, elaborata e trasportata in una dimensione sublimata, è ripresa in una formalizzazione totalizzante che, pur mantenendo i due campi di azioni separati, si presenta agli occhi del riguardante come una visione simultanea che mette in evidenza, sia nella fotografia che nell’intervento pittorico, il ruolo fondamentale, oltre alla tecnica superlativa e alla razionalità sintetica, dell’istinto nella creazione artistica. La mostra sarà esposta presso la sede operativa dell’associazione Alt art in via longeni 25bis, nei pressi dell’Università della Calabria, sino al 15 maggio prossimo dal lunedì al venerdì dalle ore 10.30 alle ore 19.30; sabato e domenica solo con prenotazione scrivendo a associazioneculturalealtart@gmail.com. Associazione culturale Alt art sede attività via longeni, 25 bis Arcavacata di Rende (c/o Università della Calabria) Info: associzioneculturalealtart@gmail.com Facebook: http://www.facebook.com/altart.altart Telefono 3496478956


sabato 4 maggio 2013

Il risveglio dei nostri diritti Cosenza, dodicesima edizione del premio “Alda Miceli” quest’anno dedicato alle scuole

Giovani e volontariato: anche io cittadino europeo Nella cornice rossa di Salone degli Specchi di Palazzo della Provincia di Cosenza, si è tenuto, nei giorni scorsi, il Premio “Alda Miceli”, nella sua dodicesima edizione e quest’anno dedicato alla scuola, con un concorso, che ha visto impegnati gli Istituti superiori e le scuole secondarie di 1° grado, nel comporre attorno al tema “Giovani e volontariato: anche io cittadino europeo”. I premiati, attraverso l’opera delle presidenti comunali del Centro italiano femminile, del territorio, hanno proposto ai dirigenti scolastici questo interessante bando, che ha posto l’attenzione su ciò che l’Ue (Unione europea) ha realizzato nel tempo dal Trattato di Maastricht del 1993 ad oggi. I temi, che ripercorrono gli elaborati sono quelli della parità di genere, l’invito al superamento delle differenze, la pace e l’apertura al mondo con occhi nuovi. I premiati, in ordine di elencazione dal primo premio, hanno ricevuto una borsa di studio e il libro di liriche Canto d’amore edizioni Aletti con attestato di partecipazione: Maria Anastasia Areuri del liceo classico “B. Telesio” di Cosenza; Donatella Filardo del liceo scientifico di Cariati; Isabel Kutz che è una ragazza estera, che risiede, ormai, con la sua famiglia in Italia e proviene da Bisignano; Paola Marrone di Castrovillari, una classe della scuola secondaria di primo grado di Rose e Alessandro Sposato di Castrolibero. «(...) La creazione del mercato unico europeo appare come un evento tanto innovativo quanto problematico. (...) basta voltarsi attorno e vedere come questo momento storico sia padroneggiato da un’importante crisi, che ci sta indebolendo giorno dopo giorno. Percepisco, dunque l’Unione europea come un’istituzione con giusti ideali e presupposti, tuttavia ancora troppo lontana da quelle che sono le necessità e le esigenze quotidiane del cittadino comune, poco tutelato nei confronti di schemi ideologici, che non rispettano l’aspetto umano e mettono in primo piano quello economico. (...) Passiamo dalle parole ai fatti» (Isabel Kutz).

Occasione per stabilire un dialogo tra mondo della scuola e associazionismo femminile

Al centro Carmelina Smeriglio Sopra, sempre al centro, la premiata del liceo Telesio Maria Anastasia Areruri

Carmelina Smeriglio, presidente regionale del Centro italiano femminile calabrese, ha rimarcato la figura della Miceli. Lei calabrese di nascita, romana d’adozione, fu presidente del Cif nazionale per quasi venti anni. Chi era questa donna, dall’aspetto fragile e dalla forza interiore? «La presenza della Miceli, dice la Smeriglio, nell’animo dell’associazione, emerge in una testimonianza sincera e credibile intessuta di competenza e buon senso, d’intuizione politica e chiarezza, di capacità di dialogo e dedizione. Autorevolezza, che non sconfina nel protagonismo e lungimiranza, che non si lascia sconfiggere dalle contraddizioni e dalle ambiguità del presente». Qual era la posizione della Miceli nelle lotte femministe? «Ha sempre difeso lo stile diverso delle donne Cattoliche, ribadisce la Smeriglio, tese a conservare l’equilibrio tra le rivendicazioni dei diritti e l’esercizio dei doveri. La Miceli, che credeva davvero nella promozione della donna, operò nella Chiesa e nella società civile ed è per questo che ritengo doveroso proseguire nel tempol’assegnazione di un Premio intitolatole». Quale le sfide colte e grazie al suo intervento e ottenute con successo? «La Miceli fu una grande mediatrice, aperta al dialogo politico, assieme alle altre agenzie di promozione della famiglia, operanti in ambito laico e cattolico, per l’approvazione di tre importanti leggi: l’adozione, che ha posto la priorità del diritto del bambino su quello del genitore, la legge sui consultori e quella sul diritto della famiglia». Una sala gremita di dirigenti scolastici, docenti, genitori e parenti ad applaudire, questo l’augurio, una nuova generazione di cittadini europei, ma con la consapevolezza che è necessaria per guardare il luogo di appartenenza con occhi nuovi. Conoscere il diritto del proprio paese per potere essere incisivi a livello europeo e portare la pacificazione e la rivendicazione di quei diritti, che, oggi, paiono sopiti, sotto le ceneri di una crisi mondiale. L.D.C.

XVII


XVIII

sabato 4 maggio 2013

Il racconto

Seconda parte

Erano tre, vicino al Monumento ai caduti. Indimenticabili quei momenti...

Quei sedili di pietra in piazza Garibaldi di Giuseppe Aprile

In questo luogo si svolgevano i riti e le ricorrenze degli avvenimenti più importanti del paese. E poi giochi, semplici e divertenti di quando una volta all’anno era il giorno della potatura: il “pirillo” e “u surici” E poi la festa degli alberi con la plantumazione dei virgulti di futuri alberelli; e, indimenticabile, la farsa di Carnevale con Pulcinella, i Carabinieri e... il maiale Sedili quasi sempre occupati dai più anziani e gente che ricordava a memoria questo o quel testo...


sabato 4 maggio 2013

XIX

Il racconto una specie di verga che chiamavamo con la nostra solita lingua locale “mazza”. Con questa colpivamo, con un colpo bene assestato, un altro pezzetto di legno ricavato da una delle parti laddove andavano ricucendosi di spessore e che chiamavamo “u surici” e, dall’interno di un grande cerchio che disegnavamo per terra perché poi un compagno addetto tentasse di rimandare dentro quel “surici” che chi lo aveva mandato il più lontano possibile. E doveva tentare proprio dal punto in cui il “surici” toccava terra cadendo, una volta spinto dal colpo di “mazza” di chi giocava dall’interno del cerchio e che aveva un ruolo fino a quando uno non riuscisse a mandarlo dentro, eludendo l’oppositore che, con la “mazza” e senza toccare con le mani, doveva respingere il tentativo di farlo entrare dentro il cerchio segnato. Quando uno riusciva a mandare dentro il cerchio il “surici”, si riteneva vincitore e si impadroniva, occupandolo, dell’interno del cerchio e di governare il gioco per altri che, a turno, avrebbero fatto lo stesso tentativo. Questi erano i giochi di quando, una volta l’anno, era il giorno della potatura degli alberi. Anche la festa degli alberi era una ricorrenza piacevole. Si andava alla periferia del paese in corteo ed i ragazzi in frotta e si celebrava un rito che comprendeva il piantare dei virgulti di futuri alberi, la recitazione di poesie, la lettura di brani letterari e un discorso che veniva fatto o da un maestro delle scuole elementari o da qualche provetto oratore che per il caso veniva assunto per conto di autorità municipali, in vena di ricordare il valore degli alberi e del verde nella natura. Non so perché, ma mai il discorso di un sindaco. Nella piazza del mio paese si svolgevano i riti e le ricorrenze degli avvenimenti più importanti della vita di paese.

Con uno di quei gambi che sorreggono foglie e fiori lungo i rami del grande albero di piazza Garibaldi, di cui ignoro l’autentico nome, costruivamo i perni di tanti giochi nei nostri tempi, quando i giocattoli non si compravano in negozio e la plastica non era ancora invasiva, ci divertivamo con oggetti di natura, inventavamo ogni forma di gioco divertente usando la nostra fervida fantasia. Il potatore degli alberi di piazza Garibaldi faceva cadere tutti i rami per terra e noi su di essi ci avventavamo senza la prudenza di chi doveva evitare di farsi del male con uno di quei rami che potevano caderci in testa. Era tanta la voglia di ricavarci quei gambi che diventavamo impazienti, imprudenti e ci avventavamo su quei bassi covoni di rami perché il largo centro della piazza attendeva il nostro chioccolare arzilli e gioiosi dediti al gioco che si fondava sull’uso di quei gambi. Sfrondavamo uno di quei rametti che finivano vestiti di foglie e fiori e ricavavamo, con coltellini appositamente affilati, e costruivamo, tagliandoli e modellandoli, formando un piedistallo che si reggeva su tre gambette come base e un taglio in cima, calcolata a circa dieci centimetri di altezza, dove mettevamo poche lire, piazzandole in modo da tentare di colpirle e farle cadere colpendo con le noccioline che puntavamo da una distanza mediamente di dieci metri. Tra chi tirava, a turno, e la zona dove c’era l’obiettivo da colpire, sapendo che chi colpiva con precisione vinceva i soldi, erano due file, a volte doppie e triple, una da una parte ed una dall’altra, di ragazzi festosi che, ad ogni colpo riuscito, applaudivano, ridevano, producevano schiamazzi e risate ed era gioia e festa per tutti. La piazza, in terra battuta, era adatta per quel tipo di gioco perché non si rompevano le nocciole e si piazzava bene quell’arnese di gioco che chiamavamo “pirillo”. D’altro canto, allora, ancora non si conosceva il bitume per piazza e strade e tutte le vie erano o in terra battuta, piene di rigagnoli ad ogni pioggia, spesso allargate fino ad ostruire tutta la strada e a costringerci a passare con prudenza, senza riuscire ad evitare di bagnarci le scarpe non sempre buone da preservare piedi e calzette dall’acque, o in selciato ma sempre senza marciapiede. L’altro gioco altrettanto diffuso, lo facevamo ricavando, dalla parte più consistente del ramo, che era laddove cominciava a staccarsi dal fusto, un pezzo di stelo, lungo circa un metro e mezzo, e facevamo

Conversazioni (Fortunato Speziali, primo cassiere della Banca d’Italia, suo fratello, Mimì Speziali e lo scrittore Giuseppe Aprile), olio su tela di Antonio Capogreco

Rametti raccolti e sfrondati per ricavarne oggetti adatti ai giochi più popolari

Indimenticabile era la farsa di Carnevale. I mascherati entravano nella piazza gremita di gente, capeggiati da Pulcinella con il suo alto cappello a punta con soprastanti strisce di nastri di tanti colori che si spargevano al venticello della giornata e davano un senso di giubilo agli osservatori in atto di predisporsi attorno ad uno spazio a cerchio dove si sarebbe recitata la farsa. Pulcinella proveniva, con dietro tutta la squadra dei personaggi della farsa, dai locali del Mulino dove si erano truccati, e contento e gioioso procedeva saltellando agile, agitando le braccia, con il suo corpo snello dentro un pantalone bianco che altro non era che una di quelle mutande che coprivano gambe e sedere in modo aderente e facendo emergere un corpo bianco slanciato che culminava, dopo la faccia bianca interrotta solamente dalle rosse labbra del personaggio e dagli occhi neri, e invitava la gente ad avviarsi verso la piazza dove a muniti avrebbe avuto inizio la farsa, appunto con il cappello a punta, sfilato verso l’alto che la gente poteva vedere da ogni parte; era questo il personaggio di pulcinella. Ma quasi tutti, visto Pulcinella, guardavano al centro del corteo dei mascherati, per trovare Carnevale, il buffo Carnevale che si era combinato con una pancia grossa per avere mangiato tutta la carne del maiale e bevuto tanto vino. Piangente e invocante aiuto e perdono per quel suo figlio buffo e tanto sfortunato, gli stava accanto la madre, vestita di nero e disperata perché avrebbero sottoposto, da lì a poco, alla visita medica il suo figlio sregolato e pieno di boria. I Carabinieri, altri personaggi tipici della farsa, andavano tranquilli e sorridenti, pronti a entrare in funzione quando, durante la farsa, si trattava di arrestare quello ubriaco di Carnevale che il medico, di lì a poco, avrebbe visitato deducendo che il suo male era l’eccesso di salsiccia e soppressate che aveva ingoiato lasciando a digiuno molti di coloro che avevano operato per ammazzare il grasso maiale e per festeggiare la ricorrenza dell’ammazzare il porco; rito annuale immancabile di tutte le famiglie che quotidianamente avevano provveduto, durante tutto l’anno, per fare ingrassare al massimo il maiale perché il carnevale fosse da grandi ingordi, il più possibile. Il maiale doveva superare sempre i cento chili e raggiungere i centoventi, cento e trenta chili, al massimo livello per chi ne aveva di ghianda, di zucche, di fichi d’india, di brodo sostanzioso e di altre rimanenze della vita da ortolani e gente di campagna. Arrivati in piazza, pulcinella recitava: «Faciti largu nta sta chiazza, c’arrivau pulicinella, mu vi recita sta farza ch’esti riccu di favella» ( «Fate largo in questa piazza, che è arrivato pulcinella, per recitarvi questa farsa, essendo assai capace di favoleggiare»). Ed ancora: «Mi ricordu pocu e nnenti, quando ancora era fighiolu, cuminciavamu a festeggiari, du Jovi dill’ordalorou» («Mi ricordo appena, di quan- continua alla pagina seguente do ancora ero figliolo, cominciavano a festeggiare, dal Giovedì grasso»). La farsa di carnevale durava per circa tre ore e dopo la piazza veniva recitata in altri punti, larghi crocicchi su cui sboccavano rughe a densa abitazione del paese. In ve-


XX

sabato 4 maggio 2013

Il racconto rità tutti la seguivano per tutte le volte che veniva recitata. Il paese restava in festa per oltre la settimana di durata del carnevale. Era lo spasso delle famiglie, la delizia dei ragazzi, la felicità dei vecchi. Non si conosceva fisicamente l’autore della farsa. Si narrava di un poeta dialettale di Siderno superiore. Nessuno sapeva il nome. Tutti lo immaginavano, tentavano di identificarlo con la memoria; era un personaggio mitico, un poeta, uno che sapeva scrivere e forniva il testo della farsa per tutti i paesi circonvicini, dove volevano recitarla. I personaggi della farsa di Carnevale non erano sempre eguali. Carnevale a volte era un personaggio da arrestare perché si ubriacava troppo e creava disordini insopportabili in famiglia; poi era un malandato da curare con una operazione chirurgica perché gli venisse tolto, dalla sua pancia ingrossata, tutto quel ben di dio che gli veniva trovato per avere approfittato attorno alla tavola imbandita con frittole, salsiccia carne grassa o magra ed altre golosità di caldaia; a volte era semplicemente un furbo personaggio che si faceva burla della gente che amava veder ridere a crepapelle e si atteggiava a comico incontenibile. Le vicende che si recitavano durante la farsa, subivano pure caratteristiche di scene dovuta al predominio di un’abitudine o l’altra, nella tradizioni dei paesi. E non era solo a Siderno superiore che c’era chi faceva la farsa. Anche in altri paesi c’erano poeti in vernacolo che scrivevano. Tante volte le farse venivano memorizzate dagli autori ed altre ancora derivavano da antiche tradizioni che le tramandavano oralmente e che passavano come composte da anonimi autori, o le cui origini ed esistenze restarono per sempre ignoti o, talvolta dimenticati con lo sparire di tanti vecchi d’altri tempi e di altre epoche. Per molti anni, in piazza, ai suoi sedili quasi sempre occupati dai più anziani, si riscontravano persone che ricordavano quasi tutto il testo di una farsa o gran parte di esso. Ricordo Peppino che recitava Carnevale in modo mirabile. E Vincenzino del Giudice che viene ricordato da tutti come inimitabile nei panni di Pulcinella, Antonio Mollica che recitava Rosetta che ai carabinieri che le chiedevano di far vedere quello che nascondeva nel suo seno, aveva risposto: «Chillu chi ndaiu eu ccà, vui no toccati» («quello che ho io qui - e indicava il basso pancia con doppio senso che faceva ridere a crepapelle - voi non lo toccate!). Ricordiamo, poi, Cosimo Panetta che si era distinto per avere recitato la parte del medico che aveva operato Carnevale dopo avere riscontrato che l’unica soluzione per guarirlo sarebbe stato un taglio per aprirgli la pancia, e per avergli intimato come fatto preparatorio della operazione: «vota ssu culu pezzu d’animali, ca ti ndaiu a fari nu cristeri» - («Gira verso di me il sedere, pezzo di animale, che ti devo fare un clistere»). Questo in molti lo ricordano come tentativo del medico di evitare l’operazione del taglio della pancia, più che come atto preparatorio della stessa. La pulitura della pancia con un clistere, era quanto si usava fare quando il dolore di pancia era eccessivo o si mangiavano fichi d’india in eccesso. È stato poi, voglio ricordarlo, un altro fatto avvenuto nella mia cara piazza Garibaldi, all’epoca della mia fanciullezza. Proprio vicinissimo alla mia porta di casa, ad un lato della piazza, da un balcone della casa limitante con la mia, la casa di Franciscuzza Alessi, predicava, gesticolava, fraseggiava, Pepè Parisi che con la sua arte oratorica, faceva piangere di commozione la gente che numerosa lo ascoltava e votava per chi chiedeva lui. Parisi faceva un comizio, uno dei suoi numerosi comizi in paese, a favore di uno dei due gruppi di contendenti, con la sua attività politica al tempo in cui operava per riportare nell’alveo di un modo di essere di più alto livello la politica del paese, troppo legata a scontri personali, a scambi di cattive parole ed anche di ingiurie ed accuse fameliche che venivano rimbalzate tra l’una e l’altra delle due fazioni in campo che si contendevano la vittoria per la gestione del comune. Parisi, autentico predicatore che avrebbe avuto diritto ad una maggiore fortuna nel suo avvenire politico, solo che la politica fosse più vera, più seria e meno condizionata dall’affare e dalle fazioni organizzate senza grande idealità e senza il privilegio di stare su un piedistallo di dimensioni di levatura etica e culturale, esponeva le sue tesi che allora affascinavano solo una pare di popolazione che veniva ad ascoltarlo. Non erano parimenti apprezzate da tutti, le idee che esponeva, proprio perché, non comprendendo tutti la volontà sua di far superare le ragioni del modo di fare locale che era del tutto privo di cultura e di idealità politiche; tutti lo ascoltavano perché affascinava come oratore inimitabile, ma lo sapevano come una sorta di difensore di una parte rispetto all’altra. Che era pure, ma con una grande ragione da condividere, che consisteva nella volontà di fare elevare toni e metodi di confronto perché con quanto avveniva nel paese, che riduceva la competizione elettorale ad una lotta tra fazioni, il comune sicuramente non avrebbe tratto vantaggi di sorta. Un tema quel-

E poi Pepè Parisi autentico predicatore che da un balcone con la sua arte oratoria gesticolava e fraseggiava tenendo comizi per quel partito politico facendo piangere di commozione chi lo ascoltava...

lo della elevazione morale della lotta politica, che vedeva due giovani diametralmente all’opposto. Parisi, appunto da una parte come cristiano e democratico cristiano, e Totarino Capogreco come marxista e comunista. Forse in una via di mezzo poteva essere collocato l’altro giovane bravo e sincero e in ottima buona fede che stava come l’oratore ufficiale della fazione contraria a quella difesa da Parisi, il professore Ciccio Nocera, chiamato da Parisi nei comizi «caro amico Nocera», che anelava ad abbattere il potere politico di chi era stato sempre vincente e sottomesso alla sua volontà le amministrazioni che si susseguivano, pensando in tutta sincerità che abbattere l’esistente fosse prioritario rispetto a quello che poi sarebbe potuto avvenire, politicizzando la lotta municipale in futuro. Più in là Parisi, in sede di intervista che gli chiesi sui quei tempi, mi precisò che quel comizio non era stato nei suoi programmi, anche se si riteneva in debito con tutta quella gente che in altre occasioni lo aveva ascoltato, applaudito, ben voluto. È stata una forzatura del capo paese che, sapendolo nei pressi del comune, gli preparò un comizio per utilizzarlo ancora una volta in favore della sua compagine ben sapendo che delle idee di Parisi circa la qualificazione della politica, non gliene fregava niente di niente ma sapendo pure che la sua oratoria sarebbe stata, come sempre, arma vincente. Mi precisò pure gran parte delle idee che gli erano passate per la testa che a quei tempi restavano solamente sue pie illusioni. Egli aveva capito che le sue intenzioni circa la trasformazione delle ragioni su cui si fondava la lotta politica del luogo, non servivano al capo della locale aggregazione che si ritrovava sotto il simbolo dello scudo crociato. Certo è vero che il passato politico ed amministrativo del mio paese non era fatto comune a tutti i paesi circonvicini e della provincia intera. Aveva contenuti ideologici e storiche connotazioni che richiedevano non solo di non far stendere il velo dell’oblio su di essi, ma richiedevano riflessioni tendenti a valorizzarli perché erano rarità qualificata nelle vicende amministrative ed elettorali dei comuni viciniori. Non tutti potevano vantare al loro interno, da protagonisti, gente come Parisi, Capogreco, Nocera ed altri bravi giovani votati alle ideologie politiche ed alla serietà comportamentale in sede elettorale e politica. Erano tanti altri giovani a pensare che la qualità della politica non fosse solo legata al rapporto tra liste e loro protagonisti ed i movimenti ed i partiti politici che sul piano nazionale e mondiale si contendevano i risultati.


sabato 4 maggio 2013

Il racconto E quelli di Condojanni e quelli di Santilario nel passeggiare arrivavano fino ai rispettivi capolinea Ci si incrociava solo sul piazzale del Camposanto e solo per fare la partita di calcio tra i ragazzi dei due centri abitati

C’erano pure altri che proponevano di coniugare le idealità della grande politica, con i fatti locali, ma sapendo che nel paese c’era una dittatura da superare abbattendo il capo che governava malamente e per scopi tutt’altro che nobili, sfruttando Chiesa e forze di governo a suo piacimento. Penso a Mimmo Mollica, socialista, a Pietro Nocera ammiratore di Danilo Dolci che citava sempre, a Saverio Dattilo. Penso ancora a Totò Ferrò, all’avvocato Parrelli, Ilario D’Agostino, Pietro Romano, il segretario del Pci Mimì Mandarano, al professore Gaetano Attisani, Mimì Tedesco ed i suoi fratelli, il professore Antonio Trifoglio, Vincenzo Scruci, Adolfo Scali, Bruno Dattilo, la famiglia Varacalli, il dottore Pasquale Zagari, le sorelle Memma e Rosa Sainato, Pietro Parretta, Pepè Siciliano, Nandino Mollica, Nardo Longo, i cugini Vincenzo e Ciccio Chianese, Mimmo Chianese, Ciccio Mandarano, Gaetano De Leonardis, Gaetano Capogreco ed altri ancora. Persone che in un modo o nell’altro si erano prodigati perché la politica migliorasse sempre ed evitasse alterazioni tra il bene e gli affetti dei paesani. In epoche diverse, per nobili scopi di miglioramento sociale, si sono fatti onore Vincenzo Piccolo, Mario Michelizzi, il carabiniere in

Piazza Garibaldi Sant’Ilario olio su tela del pittore Antonio Capogreco

pensione Michele ed altri ancora. È stato interessante verificare il rapporto tra le mie conoscenze, il ricordo che manifestavo, le risultanze di tante discussioni sul passato e sulle lotte paesane per superare un ostinato sistema di comando fondato sulle persone, con la voce diretta di Pepè Parisi che è inestimabile testimonianza per capire bene e meglio la storia del paese. La storia politica e le lotte amministrative del paese, ora sono meno buie e sicuramente foriere di possibili approfondimenti. La piazza Garibaldi è stata, così, anche maestra della mia vita. Una piazza, di un piccolo paese, di non più di duemila anime diventa sicuramente, se ad essa sei attaccato da profondo e grande sentimento di affetto, un vita vissuta per imparare, sapere, renderti conto del più e del meno. La piazza è percorsa dal corso principale del paese, il corso Umberto I - quanto sono odiosi tanti nomi nella toponomastica di questo mio paese! - per cui è attraversata dai passeggiatori che vanno dal Mulino a via Cresima che, talvolta si spingono verso Condojanni fermandosi solo prima dell’arrivo al largo del cimitero che spontaneamente ognuno riteneva confine tra Santilario e Condojanni. Quelli di Condojanni passeggiando arrivavano fino al punto in cui si sarebbe aperto il largo del cimitero. Quelli di Santilario facevamo altrettanto ritenendo capolinea delle nostre passeggiate un ponticello posto cento metri prima che si arrivasse al cancello, appunto, del Camposanto e che si chiamava “il ponticello di Cozzari”. Sul piazzale di questo si arrivava solo per fare la partita di calcio tra Santilario e Condojanni; un avvenimento che ricorda tantissimi episodi che avvenivano tra i ragazzi dell’uno e dell’altro centro abitato. Particolare riguardo era che uno di quelli di Condojanni, giocava a piedi nudi e si sapeva che i suoi piedi erano molto forti; se colpivano durante il gioco, erano dolori. Faceva più male lui con i piedi scalzi che quelli che colpivano con le scarpe dure del gioco. Questo fatto era diventato di notevole conoscenza. Lo chiamavamo, per questo, “pedi di ciacia”. Era Armando, un bravo giovane che si distingueva per il saper giocare ed essere, talvolta, determinante per il risultato della partita. Era colui che con molta abilità determinava la vittoria per la propria squadra. Nell’immaginare il pronostico sulle partite che di tanto in tanto si giocavano tra le squadre di Santilario e Condojanni, tutti pensavano di poter azzeccare il pronostico a condizione che si sarebbe potuta immaginare la forma di “pedi i ciacia”. La sua forma più o meno normale, sarebbe stata da prendere in considerazione circa la tenuta ed il risultato nel confronto. Certo era oltre che un meraviglioso e serio giovane locale un giocatore di tutto rispetto. Si fa ricordare come condojannese di cui si sente fortemente la mancanza. Manca, come si dice, manca molto alla gente che gli ha sempre voluto bene. Non manca il ricordo di qualche attività legata alla Santa Pasqua. La stessa recita della passione, morte e resurrezione di Cristo, ma famosa Opera Sacra, memoria di valore nella testa di tutti i paesani, che a Condfojanni vanta una grande storia legata a quel caratteristico e bravo personaggio che era don Luigi Simone era stata presentata diverse volte. Io ne ricordo una perché, da giovanotto, vi partecipai personalmente nella parte di Anna, personaggio del Sinedrio. Con Cecè Mollica, Ugo Mollica, Vincenzo Attisani, Pippo Dicembre, Totò Mollica, Pino Fazio che meravigliosamente faceva la parte nella parte di Cristo, cui assomigliava molto, gli altri personaggi che ricordo con piacere. Il palco per la recitazione si faceva di fronte alla casa dell’ottimo veterinario Speziali che forniva anche il locale per ogni esigenza della compagnia organizzatrice della recita. E così la festa di S.Ilario, il santo protettore del paese che tutti i veneravano, esclusi gli ardimentosi giovani che della Chiesa e della religione cattolica non ne volavano sapere niente o quasi e consideravano la festa solo per gli aspetti cosiddetti civili: musica, canti, fiera, dettole dove si consumava del buon vino e si mangiavano le salsicce ed altro tipo di carne, castagne, noccioline americane, mercato in piazza, orchestre e cantanti che andavano per la maggiore, fuochi artificiali. Quattro erano le grandi ricorrenze che, durante l’anno, impegnavano la piazza con grandi affollamenti: Natale, Pasqua, Carnevale e la Festa del Santo Patrono. Di tutti gli avvenimenti del paese, quelli di rilevanza storica e quelli della quotidianità, la piazza Garibaldi era sempre stata il palcoscenico permanente e naturale. E tutti i paesani l’anno vissuta con grande orgoglio e facendola diventare uno dei ricordi più indelebili della propria vita. Anche gli emigrati in terre lontane, pensano con nostalgia alla piazza Garibaldi del paese, come al simbolo più caro della propria origine e della propria giovinezza.

XXI


XXII

sabato 4 maggio 2013

Inserimento nel mondo del lavoro Al via la certificazione Adaci per gli studenti di Ingegneria gestionale dell’ateneo

Da sinistra Antonio Bruno socio consigliere Adaci; Antonio De Cal presidente nazionale vicario; Luigino Filice, Franco Savastano presidente Sud-Isole Adaci e Saverino Verteramo

Luce Irigaray all’Unical

Differenza sessuale come forza della società Luce Irigaray, è una femminista, filosofa, linguista e psicoanalista di fama internazionale, molto conosciuta per le sue opere, tradotte in molte lingue, dalla prima Speculum. L’altro in quanto donna (Feltrinelli, 1975) alle più recenti, La via dell’amore (Boringhieri, 2002), Condividere il mondo (Boringhieri, 2008), In principio era lei (in uscita a maggio per Boringhieri). Luce Irigaray ha dedicato tutta la sua ricerca all’elaborazione e creazione di un pensiero della differenza sessuale. Ciò che la distingue dalle altre femministe è che la differenza sessuale è per lei la forza della nostra società, costituita da una molteplicità di differenze: linguistiche, religiose, culturali. Come rendere possibile, dunque, relazioni tra un io e un tu rispettati in modo equivalente nella loro dignità e diritto alla parola? Questo aprirebbe la via per tessere una comunità democratica a livello mondiale. La differenza sessuale qui ha un’importanza decisiva perché è il paradigma universale e basilare della relazione nella differenza. Deve dunque diventare il modello mondiale di dialogo democratico. Come scrive l’autrice in La via dell’amore: «Mai compimento dell’Uno, dunque, ma costituzione di mondi aperti e in relazione l’uno con l’altro, e che ne generano un terzo come opera comune, come spazio-tempo da condividere». Il mondo da ricostituire deve cioè tener conto della differenza che vi è stata introdotta, recuperata, non dovrà vivere in esso il principio di identità ma piuttosto quello della differenza, rispetto, unità come convivenza fra soggetti diversi. Il Dipartimento di Studi umanistici e la Scuola dottorale internazionale di Studi umanistici organizzano due incontri all’Unical con la studiosa: - 15 maggio alle 11 aula “Mario Alcaro”, cubo 28 B (piano terra) Luce Irigaray terrà una lezione dal titolo: “Perché tornare alla cultura greca?”; - 16 maggio alle 16 stessa aula un seminario con la filosofa: “Dualità naturale e dualismo logico. Essere differenti non significa essere opposti”.

Ingegneri made in Unical 79 studenti della laurea triennale hanno sostenuto con successo l’esame per l’ottenimento del livello 1 di certificazione come specialisti “buyer”

Arrivano i primi frutti dell’accordo stipulato nel 2012 tra l’Adaci, Associazione italiana acquisti e supply management, e il corso di studi in Ingegneria gestionale dell’Università della Calabria. 79 studenti della laurea triennale hanno sostenuto con successo l’esame per l’ottenimento del livello 1 di certificazione come specialisti “buyer”. All’importante verifica, oltre al professor Saverino Verteramo, cui il professor Filice - presidente del corso di studi in Ingegneria gestionale - esprime viva riconoscenza per la grande competenza e professionalità con cui ha gestito, per conto del corso di studi, l’attività formativa e di certificazione, hanno partecipato Antonio De Cal, presidente nazionale vicario dell’Adaci, Franco Savastano, presidente della sezione Sud e Isole di Adaci, e Antonio Bruno, socio consigliere. Parole di apprezzamento, per la competenza mostrata dagli studenti e per l’orientamento al mercato del corso di studi, sono state espresse da De Cal, che intravede percorsi di sviluppo ulteriori, volendo investire su una realtà giovane e dinamica, l’ateneo calabrese, che ben si coniuga con la missione strategica di Adaci. Luigino Filice, non nasconde la sua soddisfazione per il grande successo dell’iniziativa che rende “curriculare” una certificazione fornita agli studenti da un autorevole ente terzo e auspica una collaborazione sempre più stretta con l’associazione affinché siano disegnati percorsi di inserimento lavorativo privilegiati per gli ingegneri gestionali “made in Unical”. L’Adaci raggruppa oltre 1.300 aziende italiane che hanno una spiccata sensibilità verso la funzione acquisti e che richiedono specifiche professionalità che consentano maggiori efficienze lungo la catena del valore dei prodotti realizzati.


sabato 4 maggio 2013

XXIII

Pillole di fede “La voce di un sottile silenzio, come polvere. Ciò nella ricerca del profeta Elia”

Quel filo rosso con la Sacra Scrittura di Lucia De Cicco

“La voce di un sottile silenzio, come polvere. Ciò, nella ricerca del profeta Elia”, questo è stato in estrema sintesi il senso dell’XI convegno residenziale del Terzo Ordine carmelitano della Provincia napoletana, lo scorso 26-27-28 aprile a Vico Equense, Napoli, presso la struttura dei Salesiani. Hanno partecipato i terzi ordini, anche, della Calabria (erano presenti la Puglia, la Basilicata e la Campania) per ascoltare un’interessante relazione e lectio sulla figura del profeta. A tenere l’assemblea, padre Roberto Toni, vice priore della Provincia romana. Presieduto nell’apertura dal provinciale di Napoli, padre Enrico Ronzini e dalla provinciale del Terzo Ordine, Marisa Fotia. Una relazione ricca di spunti e di riflessione, che attraverso la figura del profeta ha percorso vari temi, dall’affermazione del proprio credo, di cui Elia fu un vero crociato, all’amicizia nei versi del libro della Siracide, che rendono all’ascolto, un Elia modello di contemplazione e di servizio. Il profeta è il filo rosso che attraversa la Sacra scrittura e che pone al centro ciò che è il senso della spiritualità carmelitana: contemplazione, dono che Dio rende possibile per se stessi; azione che è contemplazione divenuta sinergia e che Dio vuole realizzare assieme a noi. Tre giornate intense di lavori e confronti, ma anche di nuove regole di apertura al mondo per lanciare quel seme un poco più in là a chi è distratto e affamato di Parola. Questo, in fondo, dalle parole di padre Ronzini il lavoro del terziario: provare a essere seme per chi desidera trovare il senso della Verità. Non a caso le giornate sono state annunciate da un Vangelo, che professa il discorso di Cristo come unica strada (via, verità e vita) per comprendere e rendere solidale e costruttivo, per una società più equa, il lavoro del laico proiettato nel terzo millennio. Padre Roberto Toni, Elia è un crociato e Cristo è misericordia. Vecchio e Nuovo testamento, tuttavia, devono coincidere, in cosa le figure s’incontrano? Il posto, nel corso della storia della salvezza, per Elia è di rivestire il ruolo del profeta, in uno dei momenti più difficili per il popolo di Israele, che è diviso in due regni, Nord e Sud, il primo sarà cancellato da una dominazione, che è quella degli Assiri, che disperderanno il popolo. Il senso della missione di Elia, in un popolo, che sarà distrutto è quello di lasciare il segno a prescindere dell’esito storico. Volontà di salvezza portata all’estremo con la propria azione. La storia di Elia è particolare, perché, egli incarna la figura non solo del profeta forte, ma anche quella dell’uomo fragile che permette a Dio di mostrare fin dove arriva la sa misericordia. Somiglia a Cristo nella dedizione alla causa di Dio, che, ancora, non si è rivelata pienamente, ma consiste nella dedizione al Padre. Anche Gesù ha in prima istanza il titolo di profeta e lo è stato, così come, anche,

Convegno residenziale del Terzo Ordine carmelitano della provincia napoletana Una relazione approfondita sul profeta Elia

il cieco guarito lo definisce. Gesù parla e porta le parole di Dio, ma lo afferma Padre suo e nostro, quindi mostra una relazione trinitaria dello Stesso, come relazione di famiglia. Quella rivelazione, che Elia ha cercato di rendere accessibile al suo popolo, convertendolo dall’idolatria, diventa in Gesù, finalmente la pienezza. Come Mosè, anche, Elia prepara la strada a Cristo alla fine dei tempi. Il Carmelo, grande famiglia, con tante anime: Calzati, Scalzi, laici consacrati e laici. Dove si trova il punto d’incontro? Nell’origine che è unica, nei luoghi e nell’esperienza, che i primi frati fecero, aiutati dalle figure ispiratrici. Elia, il luogo del Carmelo, per l’appunto, dove la loro esperienza è iniziata. In Maria, pensata come Madre di Dio. Ed è in questo suo primissimo titolo, che ritroviamo il senso dei movimenti penitenziali andati in Terra Santa, a ritrovare le radici della fede e toccare con mano l’esperienza Cristiana e di tutta la realtà che ruota attorno. Nell’esperienza della Vergine che è fecondata solo dalla presenza di Dio. Ricordando le origini e i modelli ispirativi: Elia, Maria e San Paolo. Solo così possiamo riscoprire la fondamentale unità. Ogni riforma, tuttavia, ha l’esigenza di rifarsi alle proprie origini, così come tutti dobbiamo guardare all’esigenza di come il Carmelo, si sia sviluppato, non solo sul nostro cortile di casa, ma anche in altre direzioni ed è nell’origine che riconosciamo la vitalità di questa spiritualità. Quanto è importante, dunque, la comunicazione con le realtà territoriali e cosa manca a esse? C’è necessità di comunicazione, soprattutto, quando facciamo conoscere il nostro cammino anche agli altri e accogliamo la comunicazione degli altri. I gruppi sono chiamati ad avere fiducia ed è a questo, che siamo portati a vivere, oggi, nella nostra Provincia e in tutte le realtà e poi ci si deve aprire agli ambiti Italiani ed Europei. Avere un respiro ecclesiale, cattolico e quindi universale. A quale livello si situa la consacrazione nel Terzo Ordine carmelitano? Come per tutte le consacrazioni religiose è relativa e agganciata alla principale, che è quella del Battesimo. Consacrazione, che in senso analogico riprende e vuole in questo modo ricordare la consacrazione fondamentale. Così, particolarmente, per la vita religiosa, che è consacrazione totale della propria esistenza, secondo modalità storica di come Cristo è vissuto, povero, casto e obbediente. Per un consacrato, che abbia un sacramento del matrimonio, si tratta di vivere queste dimensioni, dentro una famiglia religiosa, legata però al proprio stato di vita, di coniugato, genitore e nel mondo animando le realtà del stesso. La consacrazione porta a una qualità di vita, sia come grazia (della realtà ricevuta), sia come risposta della persona a un entrare a far parte della spiritualità della famiglia religiosa, essendone coinvolto, a livello di famiglia, nella condivisione dei doni spirituali, ma anche come proposta d’impegno, compito e missione all’interno della stessa.

Il Terzo Ordine carmelitano di Lamezia all'XI convegno della Provincia napoletana Sullo sfondo, padre Roberto Toni



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.