Voce ai giovani

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Anno 37 - 26 Ottobre 2013 - Numero 43

Settimanale indipendente di informazione

euro 0,50

di Lucia De Cicco

Minori e disabilità: alla Casa delle Culture di Cosenza dibattito sulla legislazione, lacune applicative e focus sulla scuola PROGETTI IN CAMPO

FEDELI IN FERMENTO

Nuove energie in arrivo per una Storia più chiara

Una devozione grande per San Francesco di Paola

Istituto per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea

Inaugurazione a San Vincenzo la Costa della statua in suo onore


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sabato 26 ottobre 2013

A Rende per l’ottava volta Expo di tre giorni all'insegna di fonti rinnovabili, salvaguardia dell'ambiente e tutela del territorio

Energia e acqua istruzioni per l’uso Nel Parco industriale di Rende è tornata l’ottava edizione di “Calabria Expo energia” al cui interno, per la prima volta, è stata inserita la Fiera dell’acqua (Calabria Water days), organizzata dall’Ordine degli ingegneri della Provincia di Cosenza, dalla Fondazione mediterranea per l’ingegneria e dal Parco industriale di Rende, con il patrocinio dell’Università della Calabria, della Regione Calabria, della Provincia di Cosenza, del Comune di Rende, ed altri enti ed organismi scientifici. Come ogni expo che si rispetti sono state diverse le aziende che operano nei campi dell’energia e delle acque nella nostra regione ad organizzare degli stand promozionali e a fornire ai visitatori informazioni utili alle loro esigenze di investimenti nel campo delle fonti rinnovabili, della salvaguardia dell’ambiente, della tutela del territorio. Una tre giorni, dal 18 al 20 ottobre, in cui non sono mancati gli spazi di discussione ed approfondimento con studiosi, tecnici, ricercatori e docenti universitari, come nel caso di Giancarlo Principato, del Dipartimento di Ingegneria civile dell’Università della Calabria, che ha fatto il punto sugli impianti idroelettrici in Calabria, la cui posizione ci vede come soggetto, con sedici impianti, esportatore verso altre regioni. Tra gli impianti più rappresentativi possono considerarsi quelli collocati nell’area della Sila. Oppure la presentazione, ad opera di Patrizia Piro, sempre del Dipartimento di Ingegneria civile dell’Università della Calabria, dei contenuti del progetto Pon avente come obiettivo la formazione e la ricerca per la gestione integrata e sostenibile del ciclo dell’acquaenergia nei sistemi di drenaggio urbano, che partito nel mese di ottobre del 2011 ha portato a realizzare, nell’area dei cubi dell’Ateneo di Arcavacata di contrada “Vermicelli”, un parco tecnologico del drenaggio urbano con delle opere d’ingegneria idraulica sostenibile a basso impatto, caratterizzato dalla installazione di un sistema di tetto verde. Un’ esperienza sperimentale più che positiva vissuta attraverso il Laboratorio di Idraulica urbana che ha portato ad individuare e attuare modalità operative e interventi strutturali e non strutturali, per una gestione ottimale del ciclo acqua-energia in un’ottica di sostenibi-

Spazi di discussione con studiosi, tecnici, ricercatori e docenti universitari Facendo anche il punto sugli impianti idroelettrici in Calabria

L’inaugurazione della Fiera dell’energia e dell’acqua: il taglio del nastro e i partecipanti

lità ambientale, soprattutto negli ambienti delle aree urbane, dove si verificano spesso intasamenti e allagamenti a causa delle piogge torrenziali. Mettendo in crisi i corpi idrici ricettori di pertinenza. Un’ esperienza e una ricerca che ha portato a creare e professionalizzare, attraverso un master, un nucleo di ingegneri esperti di gestione integrata e sostenibile del ciclo acqua - energia nei sistemi di drenaggio urbano, con la possibilità di avere delle ricadute occupazionali in ambito del sistema imprenditoriale, come in ambito di enti locali, con l’aggiunta di una possibile forma di collaborazione integrata tra imprese e Università superando forme di isolamento. In sostanza un progetto che mira a valorizzare il capitale umano quale fonte primaria di innovazione, sostenendo l’assorbimento di disoccupazione intellettuale. Di tutto questo ne hanno parlato, nell’ambito dell’Expo energia e la Fiera dell’acqua, presso il Parco industriale di Rende, introdotta dal coordinatore scientifico della Fiera dell’acqua, Gianluca Perna, la coordinatrice del progetto Pon, Patrizia Piro, ed i ricercatori e collaboratori impegnati in tale programma: Maria Carmela Algieri, Natale Arcuri, Marilena De Simone, Gennaro Nigro, Marco Carbone, Nilo Pacenza, Giorgio Cucunato, Gianluca Pizzuti, Salvo Volo. Una discussione a più voci che ha consentito di rafforzare i contenuti del Progetto Pon in questione, dove la coniugazione tra il mondo dell’impresa e il mondo della ricerca, da realizzarsi attraverso una sintesi, difficile ma indispensabile, tra quelle che sono le buone pratiche dell’impresa con le buone pratiche dell’accademia, si sono incontrati per rendere il futuro sempre più adeguato alle esigenze della natura per un modo di vivere più sereno e compatibile per l’uomo. Intanto durante il periodo dell’Expo è stata realizzata un’indagine sulla percezione del rischio ambientale e nuovi prodotti/tecnologie/sistemi di drenaggio urbano sostenibile avente come finalità l’individuazione del livello di sensibilità ambientale nei soggetti locali (economici, sociali, istituzionali, specialisti, che lavorano nel campo ambientale) e le loro opinioni riguardo nuovi prodotti/tecnologie e sistemi di drenaggio urbano sostenibile che consentono di risparmiare energia, ridurre i rischi ambientali e produrre sensibili vantaggi anche sotto il profilo estetico e paesaggistico. Franco Bartucci


sabato 26 ottobre 2013

Promossa dal Miur Adesione del Planetario provinciale Pythagoras di Reggio Calabria. Si concluderà il 27 ottobre

Tutta l’energia per dire scienza Il Planetario provinciale Pitagora di Reggio Calabria aderisce alla XXIII Settimana della cultura scientifica e tecnologica promossa dal Ministero Università e Ricerca. Scopo della Settimana, come recita la circolare ministeriale, è di mobilitare tutte le competenze e le energie del Paese per favorire la più capillare diffusione di una solida e critica cultura tecnico-scientifica. In particolare, la Settimana stimola l’apertura di efficaci canali di comunicazione e di scambio tra l’universo della società civile (che vede in prima fila il mondo della scuola), da un lato, e l’articolato complesso del Sistema ricerca (università, enti di ricerca pubblici e privati, musei, aziende, associazioni, ecc.) dall’altro. Si tratta di un compito di importanza decisiva, non solo perché contribuisce alla crescita culturale del Paese, ma anche perché costituisce uno dei presupposti per il pieno esercizio dei diritti democratici dei cittadini, i quali sono chiamati a compiere sempre più spesso scelte (ambiente, genetica, energia, ecc.) che, per essere davvero autonome e responsabili, implicano una solida cultura scientifica di base. In tal senso la Provincia di Reggio Calabria, in sinergia con la Società astronomica italiana, dimostra ancora una volta di essere sensibile e attenta nei confronti dei propri cittadini. I temi dell’edizione 2013, individuati dal Ministero sono: Raccolta, smaltimento e riciclaggio dei rifiuti Riscaldamento del pianeta e clima Il problema della gestione dei rifiuti è diventato di rilevanza nazionale. La crescita dei consumi e l’urbanizzazione degli ultimi decenni hanno da un lato aumentato la "produzione" dei rifiuti e dall’altro ridotto le zone disabitate in cui trattare o depositare i rifiuti. Il nostro pianeta si sta riscaldando sempre più. E la colpa è inequivocabilmente dell’azione degli esseri umani. Queste sono state le prime conclusioni degli scienziati dell’ “Intergovernmental panel on climate change”, riunitisi il 27 settembre di questo anno a Stoccolma. Si comprende allora l’importanza di discutere di questi problemi.

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Il Planetario provinciale Pitagora, consapevole del ruolo che svolge all’interno della città, della Provincia, della Regione ha programmato una serie di incontri per discutere con i cittadini ed il mondo della scuola, attorno a questi problemi che sono di vitale importanza per il futuro del nostro pianeta. Non è un tentativo di scagionare l’uomo e di alleviare le sue colpe nei confronti del pianeta. Uno studio recente ha dimostrato che quasi 13mila anni fa l’impatto di una meteora o di una cometa in Canada avrebbe dato origine ad un periodo più freddo chiamato Younger dryas. Ma il motivo principale per il quale è stato inserita una conversazione sulle comete non è riferito a questo ruolo cometario bensì alla circostanza che questo è l’argomento che gli allievi, che vorranno partecipare alla edizione 2014 delle Olimpiadi nazionali di Astronomia, dovranno affrontare. Il Planetario cosciente del ruolo che gli è stato affidato dalle istituzioni ritiene di dover mettere in atto tutte quelle azioni che si rendono necessarie per garantire la preparazione degli allievi che intendono partecipare alle Olimpiadi. Sabato 26 ottobre Ore 21,00 Conferenza: Riscaldamento del Pianeta e Clima Dott.ssa Paola Nasti responsabile Settore Scuola e Formazione e circolo Legambiente Reggio Calabria Domenica 27 ottobre Ore 11,00 Il Sole, una energia pulita, raccontato ai piccoli: osservazione del Sole al telescopio Rosario Borrello, Marica Canonico, Carmelo Nucera Staff Planetarium Pythagoras.

Scopo della Settimana nazionale della cultura scientifica e tecnologica è di favorire la più capillare diffusione di una solida e critica cultura tecnico-scientifica

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sabato 26 ottobre 2013

La giusta informazione L'associazione Mammachemamme di Cosenza ha organizzato un corso di formazione in occasione della settimana mondiale sull'allattamento

Gocce di latte e d’amore Inserita, nella settimana mondiale dedicata all’allattamento materno anche Cosenza che ha aderito con due giornate di formazione/colloquio, il 18 e il 19 ottobre scorso, per mamme in attesa e in allattamento, con divertimento. Il tutto organizzato dall’associazione “Mammachemamme”, responsabile Cecilia Gioia psicoterapeuta. Nella giornata conclusiva si è creato con mamme e bambini al Flashmob “Mammachemob” - Gocce di vita genitori ad alto contatto, lanciando dei palloncini bianchi in cielo che simboleggiavano le gocce di latte materno e in collaborazione della cooperativa Pagliassi. Le due giornate di formazione sono state, invece, tenute dalla dottoressa Anna Domenica Mignuoli, presso la Casa delle culture di Corso Bernardino Telesio, centro storico della città bruzia. L’associazione Mammechemamme è già al terzo corso di formazione per mamme e donne in attesa, per la promozione del sostegno tra pari, ci informa la dottoressa, Cecilia Gioia. In questi corsi si vuole comunicare la giusta informazione e poi le mamme scelgono. L’idea del flashmob parte dalla voglia di contaminare la città, con una serie di azioni, che ha portato alla partecipazione numerosa di bambini con le loro mamme. Tra le altre cose, la presenza di due artisti che hanno dipinto delle tele in piazza Kennedy e sempre sul tema dell’allattamento, Francesca Romano e Giorgio Tocci. Dottoressa Mignuoli come ci si sta muovendo a livello regionale per la promozione dell’allattamento materno? La Regione Calabria ha promosso un progetto per l’allattamento al seno, in funzione del Piano nazionale, che indica alcune funzioni sulla prevenzione e che prevede il sostegno dell’allattamento al seno. Il progetto prende il nome di “Allattamento al seno come diritto di salute per ogni bambino”. Esso prevede varie fasi: la formazione del personale, delle mamme, dei consulenti per l’allattamento, oltre che al prendersi cura e sostenere l’allattamento al seno, che parte fin dai primi mesi di gravidanza. Attivazione dei corsi di accompagnamento alla nascita, sostegno dell’allattamento al seno, presso i punti nascita sostegno poi in puerperio. La possibilità di ricevere la visita di un’ostetrica consultoriale a casa oppure presso i consultori. Perché di questo ritorno al latte materno? Negli ultimi anni c’è stata una scarsa attenzione verso la necessità dell’allattamento materno e con il conseguente abbandono di questa pratica, poi si è visto che con il tempo si è andato verificando un picco delle malattie e delle allergie e di tutti i fattori di criticità sulla salute. Da qui la necessità del recupero di questa pratica, che deve riguardare tutta la comunità. L’attenzione sul tema deve essere posta da tutti, dalla famiglia al gruppo comunitario, dalle associazioni al mondo politico e tutta. L’Unicef e l’Oms hanno portato delle esperienze con tante iniziative come l’Ospedale amico del bambino, la Farmacia amica dei bambini, il comune amico dei bambini. Insomma la comunità, che rispolvera la pratica importante del latte materno. In Italia si allatta di meno? Vero è che in Italia si allatta di meno rispetto ad altri paesi e nel Sud d’Italia il divario aumenta essi sono tra i bambini più obesi e con patologie. Ovvio che esistono delle pratiche che possono ostacolare l’allattamento e altre che lo favoriscono, oggi, quindi, c’è

Le due giornate sono state tenute dalla dottoressa Anna Domenica Mignuoli, presso la Casa delle Culture nel centro storico della città bruzia

Anna Domenica Mignuoli fa formazione alla Casa delle culture

maggiore attenzione da parte dell’Azienda sanitaria di Cosenza, che favorisce il progetto con l’aumento dei corsi di accompagnamento alla nascita, con il sostegno al punto nascita e poi le visite a domicilio. In questo caso con l’associazione Mammechemamme, è stato richiesto di poter fare gratuitamente questo corso, dove dal confronto si va a creare un sostegno tra donne e che aumenta il supporto tacito e di conseguenza l’allattamento al seno, scambiandosi impressioni e informazioni che possono tornare utili. La crisi ha contribuito al ritorno al latte materno? Negli Anni settanta c’è stato il boom delle case produttrici di latte. Un boom economico totale che è andato anche nella direzione del latte artificiale. Una scarsa informazione attorno alla questione, anche da parte della formazione universitaria degli operatori medici a favorito il clima del latte artificiale. Mentre ieri come oggi un corso specifico sull’allattamento materno è necessario. Negli anni settanta, nello specifico, l’informazione sull’alimentazione dei bambini era fabbricata essenzialmente dalle case produttrici di latte in cui si inserivano altre finalità. Da cosa va protetto l’allattamento materno? Va protetto da tutte quelle pratiche che potremmo definire “aggressive” e che sono quelle commerciali, quale la vendita del latte artificiale, che favorisce in particolare le allergie. Ci deve essere una cultura che invece porti verso l’allattamento. Quest’anno durante la Settimana dell’allattamento al seno in tutto il mondo operatori sanitari, associazioni, volontari, mamme hanno organizzato iniziative per richiamare l’attenzione sul tema. In Calabria a partire dal 30 settembre, data del convegno presso il Consiglio regionale, con la presidente della commissione Pari opportunità, Giovanna Cusumani, l’iniziativa ha avuto grande riscontro, c’è stato un fiorire di manifestazioni pro allattamento materno per tutto il mese di Ottobre. Uno di questi appuntamenti è stato l’allestimento della Fiera campionaria sul Tirreno, in cui si è partecipato con uno stand informativo sull’allattamento con personale qualificato, che ha fatto promozione e sostegno. Con queste iniziative si vuole dare strumenti necessari alle mamme su ciò che è la gestione dell’allattamento su come funziona e i benefici che porta. In questi corsi di confronto spesso le mamme dichiarano, che l’allattamento è fallito perché conosciamo poco il nostro corpo e abbiamo attorno operatori con preparazione non specifica. Lucia De Cicco


sabato 26 ottobre 2013

Uscire dalla vecchia mentalità “Minori e disabilità”, un appuntamento che ha ripercorso in lungo e in largo il mondo dell’handicap con particolare riguardo ai bambini in età scolare

Un caso tutto italiano ancora da risolvere Il 18 ottobre scorso si è tenuto, presso la sala Gullo della Casa delle culture di Cosenza, un incontro/dibattitto con accredito, dal titolo “Minori e disabilità” legislazione vigente, lacune applicative e focus scuola con il patrocinio della Provincia di Cosenza, della città di Cosenza, Ordine Avvocati di Cosenza, Unione Nazionale Camere Minorili. Tanti i relatori del mondo della politica, della magistratura e dell’associazionismo, e la presenza della Camera Minorile di Cosenza, per un appuntamento iniziato già nelle primissime ore del pomeriggio e che ha ripercorso in lungo e in largo il mondo della disabilità con particolare riguardo ai bambini in età scolare. La Camera minorile e in primis l’Associazione nazionale delle Camere minorili si è dotata da qualche anno non solo del settore penale e civile, ma anche del settore psicosociale e negli ultimi quattro mesi anche internazionale. Già nello scorso anno ha deciso di trattare specifici temi, che riguardassero i minori anche quelli stranieri non accompagnati con l’obiettivo e il compito di monitorare in Italia l’applicazione della Convenzione Onu sui diritti dei bambini. Ne sono emersi due report in cui sono affrontati una serie di temi tra questi anche la disabilità. Emerge la possibilità, ma soprattutto, la necessità di collaborare con le istituzioni e con le associazioni di volontariato, che si occupano di ciò. Una politica cittadina su determinati temi che riguardano i minori, generale, da parte anche della Provincia. All’interno della Convezione dei diritti della persona con disabilità esiste una parte riservata specificamente ai minori. Emerge, dai rapporti e rilevando che vi sono ben ottanta associazioni, che ne fanno parte, che di là delle singole disabilità e specifiche mancanze con riferimento ai vari settori, il problema generale consiste che l’Italia continua ad applicare al tema una vecchia mentalità, cioè quella dell’handicap. Si deve fare il miglioramento, che prevede un sistema d’inclusione sociale a favore dei minori, che hanno problematiche di disabilità. Con la Convenzione 2006, ratificata nel 2009 con legge diciotto, si è passati da un modello medico, a un modello bio-psicosociale, in cui il problema è invece quello dell’integrazione dei ragazzi con disabilità, cercando di evitare le discriminazioni, capovolgendo il punto di vista. Oggi è il minore che guarda alla società ponendosi la domanda del perché l’inclusione sociale non è assicurata. In quella sede si è vo-

Presso la sala Gullo della Casa delle culture di Cosenza un incontro/ dibattito sulla legislazione vigente, lacune applicative e focus scuola

luto dare luce a un format scuola, di cui si sono ripercorse in un video le fasi più importanti, è consistito, con riferimento a un progetto in materia minorile sui temi specifici della giustizia penale, nella simulazione di due processi distinti con sottotitoli in inglese per portare all’attenzione Europea la nostra giustizia in materia minorile. La Convenzione Onu ha impegnato gli Stati firmatari a prevedere forme d’inclusione scolastica. Quali sono le figure che si occupano dell’integrazione scolastica: i docenti curricolari sono coinvolti e non solo il docente di sostegno, che prende ad oggi tutta la delega del lavoro, ci deve essere un lavoro di equipe tra gli insegnati di ruolo e quelli di sostegno. Accanto ai docenti sono previste altre figure, che gli enti locali devono garantire. La Calabria registra un ritardo rispetto alle altre regioni, ormai è pacifico che l’ente locale debba interessarsi di assegnare personale qualificato alle scuole per avere un’assistenza specializzata. Ancora oggi però si fa grande confusione tra assistenza di base e specialistica. La prima deve essere garantita dalla scuola, la responsabilità è del dirigente scolastico e deve garantirla per mezzo dei collaboratori scolastici. Il contratto collettivo dei collaboratori scolastici prevede che essi abbiano funzioni nell’aiuto all’accesso del disabile nella struttura scolastica, negli spostamenti nella struttura medesima e nella cura dell’igiene personale, come l’accompagnamento in bagno, che spetta al collaboratore scolastico, a fronte però di formazione adatta e incentivi economici con penalità giuridica passibile di interruzione di pubblico servizio. Agli enti locali spetta mandare esperti per ogni eventuale disabilità, come la sordità, la cecità, l’autismo. Si è discusso anche dei mezzi di trasporto destinati ai disabili, che qualche anno fa la Regione ha bandito per il loro acquisto e destinati proprio a questo scopo. I comuni non si sono neppure accorti di ciò, poiché i fondi non sono stati utilizzati. C’è una disattenzione da parte delle amministrazioni, questa è la verità. È necessario che vi sia una collaborazione tra tutte le agenzie per elaborare un progetto di vita valido per ogni ragazzo. Ci sono gruppi di lavoro per l’handicap (gruppo H), sul singolo alunno, che devono essere convocati almeno una volta l’anno e cui partecipano famiglia, consiglio di classe, riabilitatori, un esperto di un’associazione, equipe multidisciplinare dell’Asp. LdC

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Appuntamento con la nostra Storia Terza parte Tra il XVI e il XVII secolo, le vallate cosentine insanguinate dalle stragi anti-valdesi del 1561 costituirono una sorta di laboratorio del Cattolicesimo moderno

eco di Pierfrancesco Gr

L’esperimento calabrese nell’età della “riconquista cattolica”: una svolta epocale, per la Chiesa universale, sulle macerie di una “intollerabile diversità”.

L’esperimento calabrese [...] Negli anni e nei decenni successivi, le missioni dei Padri della Compagnia di Gesù in Calabria proseguirono; al riguardo, una testimonianza toponomastica della loro presenza nelle zone del Cosentino è la frazione presso San Vincenzo La Costa, “Gesuiti”, appunto, ex Villa degli Esplusi. L’infaticabile Padre Bobadiglia, nel 1562 visitò i paesi degli Ultramontani, e nel marzo e nell’aprile del 1565 esercitò, presso La Guardia, una benefica azione di fede e di pietà. Decisamente proficua, doveva rilevarsi anche la missione di fra Cristoforo Rodriguez, un altro gesuita spagnolo, inviato in Calabria dall’Inquisizione. Anch’egli dotato di senso d’umanità, il Rodriguez (che nel 1963 era stato inviato dal Ghislieri presso le comunità valdesi della Puglia), rilevando il padre Bobadiglia, era a conoscenza che tanto a La Guardia, quanto in San Sisto, permanevano «reliquae haereticorum», con le quali il Rodriguez potè sperimentare in pieno la sua strategia del pentimento segreto, della rinuncia alle forme penali del giudice, tanto care al Ghislieri, il quale, tanto in Puglia, quanto in Calabria, non sempre accondiscese ai metodi morbidi del Rodriguez (il quale, comunque, in nessun caso, si sottrasse al suo ruolo nell’ambito delle procedure inquisitoriali). Certamente, il Ghislieri ed il Rodriguez avevano molto in comune: soprattutto, condividevano l’obiettivo di combattere contro il demonio e di strappargli le anime per salvarli. I Gesuiti si erano, del resto costituiti in Compagnia proprio per combattere sotto lo stendardo di Cristo contro l’esercito del demonio. Il cardinale Ghislieri sapeva, dunque, di poter contare sulla comprensione del Rodriguez quando gli scriveva dei «novi laberinti» in cui il demonio faceva cadere le sue vittime e della necessità di portare fino in fondo l’opera inquisitoriale. Questi orientamenti di principio, si traducevano poi (come era successo ai tempi della missione in Puglia), in un’attenzione precisa e costante ai casi delle singole persone: le loro storie erano raccolte nei processi che il Rodriguez conduceva (celando la sua opera di inquisitore sotto il titolo e l’autorità di vicario dei vescovi del luogo). Da quei processi, il Ghislieri ricavava quel che voleva sapere e sottoponeva al Sant’Uffizio le sue proposte, che, approvate, venivano trasmesse nuovamente al Rodriguez. Dalle lettere ricaviamo i nomi di chi doveva continuare il processo a Roma, presso il Sant’Uffizio (pochi, ma i più importanti da seguire, ai fini della continuazione delle inchieste in loco), di quelli che abiuravano, di quelli che dovevano sottostare a penitenze e chiedevano di essere trattati con qualche riguardo; uomini e donne, questi ultimi, sulla cui sorte il Ghislieri decideva da Roma, con pietosa durezza: pietà per le anime, durezza per tutto quello che riguardava i corpi e i sentimenti umani di vergogna, di paura, di dolore, com’era il caso di quelli che, assolti, non volevano portare l’abitello o non volevano fare l’abiura in pubblico. In questo, le strade del Domenicano Ghislieri e del Gesuita Rodriguez erano divergenti: per Rodriguez bastava il pentimento della confessione, mentre il Ghislieri voleva qualcosa di diverso; non era una contrapposizione frontale, le strade erano diverse, l’obiettivo, ovvero il pentimento, era lo stesso. Del resto i due collaborarono con reciproca soddisfazione. Giunto in Calabria alcuni anni dopo la sanguinosa impresa militare del 1561, il Rodriguez capì che il tempo passato non era stato sufficiente a cancellare il ricordo di quelle terribili giornate, ma era bastato a far diventare adulti i giovani di allora. Quei giovani, quei

I domenicani (qui sopra) al contrario dei gesuiti, prediligevano i metodi inquisitoriali tradizionali, come la tortura e le esecuzioni capitali La riconquista cattolica delle vallate cosentine (immaginie a destra) non si concluse con il massacro del 1561 Qui sotto, lo stemma della Compagnia di Gesù

bambini erano stati risparmiati anche perché avevano deciso di abiurare il credo valdese dei loro familiari, ma era legittimo che qualcosa della mala pianta fosse rimasto. Rodriguez si presentò a quel popolo che cercava di riprendere (tra le opprimenti limitazioni a suo tempo imposte dal Malvicino e dal Vicario di Cosenza) un’esistenza normale e chiese che completassero le manchevolezze delle abiure passate, garantendo loro, sulla base dell’autorità conferitagli dal Sant’Uffizio, «che non sarian puniti». Ben novecento persone recarono a confessarsi: «gratia singolarissima così per la salute delle loro anime, come per il pericolo in che stavano di essere puniti, il che ha fatto la Chiesa attente le perturbazioni grandi che ne hebbero». Era una sorta di risarcimento postumo e tardivo; ma era anche un patteggiamento e una riduzione della confessione inquisitoriale a confessione segreta e senza conseguenze penali, che alterava sostanzialmente lo statuto della procedura inquisitoriale. Rodriguez ne era così consapevole che chiese che la cosa non si sapesse, nemmeno all’interno della Compagnia. Anche se coperto dal segreto, l’episodio non doveva restare isolato. Si trovano tracce di una storia molto simile in un documento interno della compagnia di Gesù che mostra come la strategia morbida della confessione continuasse a sovrapporsi e a scontrarsi con quella severa dell’Inquisizione, anche in Calabria. Basti questo aneddoto a dimostrarlo: il gesuita (che si impegnò anche nell’insegnamento catechistico ai fanciulli) nel corso della sua missione, mantenne un rapporto epistolare con il Ghislieri; in una di queste lettere, Rodriguez chiese al Grande Inquisitore l’abolizione del simbolo vergognoso rappresentato dall’abitello. Il cardinale rispose, però, così, il 25 luglio del 1564: «Il commutare l’habitello in altra penitenza non si deve fare in alcun modo, perché quello è il stendardo che volentiere deve essere portato da quelli che sono veramente pentiti; che in quanto a quelli, che per terrore di tale segno non vogliono confessare le loro heresie, il Signor ne presterà bene aiuto da scoprirli a


sabato 26 ottobre 2013

Appuntamento con la nostra Storia

compiendo, con ciò, un passo decisivo su di una strada nuova e ricca di avvenire: quella che consisteva nel guardare con occhi estraniati, e quindi, con maggiore curiosità conoscitiva, anche dal punto di vista spirituale, una realtà vicina, apparentemente familiare. Ora, quello sguardo che il confessore ed inquisitore gesutita volgeva verso il popolo calabrese era, in realtà, caratteristico di un nuovo approccio apostolico: quello missionario.

ciò che si possino levar dalle mani del demonio»; un atteggiamento, confacentesi alla durezza del personaggio, la cui intransigente aggressività controriformista ebbe modo di sostanziarsi innumerevoli volte, sia durante il periodo passato alla guida del Sant’Uffizio, sia durante il suo pontificato. A riprova della sua indole fanatica e cattolicamente insensibile, basti considerare una delle misure più singolari varate dall’alessandrino Ghislieri, secondo il quale neanche alle salme dei valdesi si poteva risparmiare quell’insegna d’infamia; le istruzioni elaborate da costui, difatti, prescrivevano che «circa quelli che sono morti heretici, quorum cadavera non cognoscunt, si potrà mettere l’habitello in su la pertica alto con il nome loro et l’habitello habbi una fiamma depinta in esso, senza croce». In ogni caso, in Calabria, nonostante gli obblighi e le restrizioni, l’attività apostolica del gesuita Rodriguez produsse frutti tangibili. Durante la sua permanenza in Calabria egli scrisse al proprio padre generale Borgia: «Cominciammo a trattar con loro con soavità et con esortazione in particolare et universale mediante la gratia del Signore ci cominciarono a dar credito, tal che se ben per lo passato, che saranno cinque anni, erano stati assoluti, havemo inteso che restavano molti di questa terra e d’altre, et pian piano, se ben con difficoltà, si son guadagnati cinque castelli piccoli, nelli quali sono spediti con l’habitello da 200 persone, senza altre 260 di Santo Sisto et La Guardia». Nelle martoriate terre calabresi, insomma, si palesò quella divaricazione tra la diffidenza del giudice e la confidenza del confessore, che fra’ Michele Ghislieri avvertiva come inconciliabili, poneva una questione più vasta alla nuova realtà ecclesistica che s’accingeva a soppiantare la Chiesa medievale. Il rapporto collaborativo di cui il Ghislieri e il Rodriguez diedero prova, non deve far passare in secondo piano le differenti prospettive a cui ciascuno di essi faceva riferimento. L’inquisitore romano, forgiatosi nella lotta contro gli eretici, si muoveva nell’ambito di una manicheismo rigido: da un lato la verità, dall’altro l’errore; un’impostazione dicotomica semplice, insomma. I gesuiti, giunsero nella bucolica realtà calabrese dalla periferia dell’universo cristiano o da esperienze esterne ai suoi confini, l’Africa, le Indie. Provenienti da realtà esotiche, erano in grado di guardare al contesto italiano con una prospettiva nuova; una prospettiva in cui la terra di Calabria poteva essere assimilata antropologicamente ai luoghi lontani che erano stati toccati dall’attivismo missionario gesuita. È questa la prospettiva che emerge in una lettera del 22 agosto 1561, in cui il gesuita Giovanni Xavier usò l’espressione «questa India», per indicare il mondo calabrese; un’espressione con cui i gesuiti erano soliti trasferire su realtà familiari e vicine l’aura dell’esogena diversità dei mondi extraeuropei da poco scoperti o esplorati: avevano fatto ciò in particolare per l’Italia e il panorama mediterraneo. Aveva iniziato Silvestro Landini, nel 1553, mentre si trovava in Corsica, a parlare di quell’isola come della «sua India»,

Trovò sperimentazione una commistione di orientamenti contro-riformistici nell’ambito dell’incontro-scontro fra le strategie inquisitoriali tradizionali, perorate dai domenicani, e quelle alternative dei missionari gesuiti, attorno a cui trovò strutturazione l’impianto di una realtà nuova

La realtà calabrese, reduce dalle stragi del 1561, fu, quindi una sorta di laboratorio in cui trovò sperimentazione quella commistione di orientamenti, quell’incontro-scontro fra le strategie dell’inquisitore, del confessore, del missionario attorno a cui trovò strutturazione l’impianto di una realtà nuova, ovvero quella del cattolicesimo moderno, sorgente sui resti della comunità valdese. In questo contesto, la costruzione dell’unità religiosa italiana dell’età moderna, passò dunque da un’eterogenea miscela delle succitate strategie, anche se, nel resto d’Italia, tale processo non ebbe i tratti violenti, drammatici e radicali che caratterizzarono il caso calabrese, la sua natura, la sua eredità; un’eredità di cui è possibile scorgere i tratti nella vasta azione capillare che da allora in poi permeò di se l’intero corpo della Chiesa cattolica, sempre più orientata in direzione di una egemonizzazione della vita, oltre che spirituale, anche culturale ed artistica della società; un’azione di rafforzamento del cattolicesimo universale, nel cui ambito la repressione violenta non fu l’unica arma che la Chiesa adoperò. i cercarono, in particolare, altre strategie di interazione con le diversità, soprattutto verso il mondo laico; strategie, aventi, in ogni caso, l’impronta dell’ortodossia, la medesima animante tanto gli intransigenti domenicani, quanto i missionari gesuiti, legati da un’apparentemente paradossale strategia “diversamente convergente” risultante, all’osservatore più attento, rivelatoria in ordine all’intrinseca logica ipocrita e amorale del moto controriformista, anche nelle sue manifestazioni più “morbide”. Fu perciò naturale che i decenni successivi, oltre a vedere il fiorire dell’attivismo missionario gesuitico in Europa e nelle Americhe, furono spaventosamente illuminati dalle lugubri fiamme dei roghi, animate dalle urla dei suppliziati e irrorate col sangue sgorgante dal corpo della cristianità martoriato dalle guerre di religione. In ogni caso, a prescindere da ogni sua intrinseca caratteristica, “l’esperimento calabrese” costituì un punto di svolta nella storia dell’umanità e del cattolicesimo moderni; una svolta da osservare e contestualizzare, in un percorso di ricerca avente quale punto focale quella che lo storico Rehinard ha definito l’età confessionale), sulla base delle risultanze desumibili dalla scientifica indagine della dimensione valdese, che, con le sue mutazioni, le sue svolte, le sue evoluzioni, le sue sventure, costituì uno dei fattori strutturalmente fondamentali, anche dal punto di vista valoriale, di una cruciale epoca storica, quale fu quella moderna, la cui decodificazione, soprattutto nei suoi profili maggiormente controversi e contraddittori, potrà risultare fondamentale nella definizione di una nuova prospettiva di ricerca storiografica e sociologica, afferente al mondo contemporaneo, forgiata nella conoscenza, empiricamente acquisita, dei caratteri, delle idee, dei movimenti socio-politici e religiosi che, dal XVI secolo in poi, hanno plasmato la natura ideale e la foggia sostanziale della nostra realtà universale; la stessa che ha sempre trovato nell’Istituzione Chiesa un assoluto e fondamentale punto di riferimento etico e valoriale, a lungo distintosi quale baluardo di un conformismo dogmatico e gerarchico, chiuso alle istanze del mondo circostante, a cui sono riconducibili tanti dei drammatici paradossi che hanno accompagnato la storia dell’umanità, anche, seppur in forme meno eclatanti, in epoche recenti; in questo senso, salubremente discontinua nel cammino della Chiesa, si sta rivelando la figura e l’opera di Papa Francesco, alfiere di una dimensione gesuitica moderna, ove la granitica vocazione missionaria propria della Compagnia di Gesù trova proficua implementazione in una visione finalmente globale, non dogmatica e autenticamente aperta e comprensiva verso le cosiddette “diversità”. È questa la Chiesa che vuole cambiare, quella che si apre al mondo: quella Chiesa missionaria, che, nel XVI secolo, al tempo della “riconquista cattolica”, ha mosso i primi fondamentali, seppur controversi e ibridi, passi nelle insanguinate vallate cosentine. Una svolta epocale, una delle tante che hanno avuto quale corollario i drammi e le contraddizioni della nostra multiforme e bellissima Calabria.

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sabato 26 ottobre 2013

E tanti i progetti in campo Nuovo direttivo e nuove attività per l'Istituto calabrese per la storia dell'antifascismo e dell'Italia contemporanea che ha sede alla Biblioteca "E. Tarantelli" dell'Università della Calabria

Nuove energie in arrivo

La biblioteca “Tarantelli” all’Unical

Si veste di nuovo l’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea che ha sede alla Biblioteca “E. Tarantelli” dell’Università della Calabria. Nonostante le difficoltà finanziarie e la situazione di crisi in cui è costretto a operare da qualche tempo per l’azzeramento dei contributi da parte della Regione, l’Icsaic con annesso il Centro di ricerca sulle migrazioni - si rinnova nel suo assetto organizzativo partendo da un’esigenza fondamentale: coinvolgere i giovani per un necessario ricambio generazionale che possa garantire l’apporto di nuove energie alla ricerca e agli studi storici. Pantaleone Sergi e Giuseppe Masi, sono stati confermati rispettivamente presidente e direttore dell’Istituto. Ulteriore conferma per i vice presidenti: Luigi Intrieri ed Enrico Esposito. Importanti novità per quanto riguarda il rinnovo del consiglio direttivo, per il quale i soci hanno votato all’unanimità l’ingresso di Giuseppe Ferraro e Teresa Grano, giovani studiosi diversamente impegnati nella ricerca e nella divulgazione della storia della Calabria e del Mezzogiorno. Nel consiglio direttivo anche Francesco Spingola, dirigente sindacale della Cgil-Pollino. L’Icsaic sta programmando inoltre una serie di interessanti attività, che riguardano la didattica e non solo. Fra le altre, è già attiva una convenzione di stage. In accordo con il dipartimento di Storia, agli studenti dell’Università della Calabria viene offerta la possibilità di svolgere un periodo di tirocinio presso l’Istituto con riconoscimento di crediti formativi. Un’occasione preziosa per chi voglia misurarsi praticamente con il lavoro d’archivio, dalla fase di riordino di un documento fino alla sua catalogazione. E mentre è in uscita, infine, il volume “Calabria migrante”, a cura del Centro di ricerca sulle Migrazioni, entro il prossimo dicembre, sarà disponibile anche il nuovo numero della Rivista calabrese di Storia del ‘900, con approfondimenti sul 1943 in Calabria.

Pantaleone Sergi e Giuseppe Masi confermati presidente e direttore dell’Istituto Ulteriore conferma per i vice presidenti: Luigi Intrieri ed Enrico Esposito. Importanti novità per quanto riguarda il rinnovo del consiglio direttivo con l’ingresso di Giuseppe Ferraro e Teresa Grano

Conferenza dello scrittore Coriolano Martirano

Il brigantaggio tra la Storia e le storie “Il brigantaggio tra la storia e le storie” questo l’intrigante titolo della conferenza che lo scrittore Coriolano Martirano, segretario perpetuo dell’Accademia cosentina e governatore emerito del Rotary internazionale, ha svolto nel corso di una riunione del Rotary Rende sotto la presidenza del dottor Giannuzzi. Il conferenziere dopo avere sottolineato che il brigantaggio del primo ‘800 e quello successivo della prima metà dello stesso secolo nulla hanno in comune per essere il primo di natura politica quale rivolta alla invasione francese e per essere il secondo a carattere di più spiccata ed esclusiva natura delinquenziale, si è soffermato particolarmente su quanto è avvenuto in Calabria nel periodo post unitario che va dal 1861 al 1865. Una volta caduta la monarchia borbonica e subentrata la unificazione ad opera di Casa Sabauda, il regno di Napoli è caduto in una inevitabile carenza di ordine pubblico. L’esercito borbonico, tra i più potenti d’Europa, per il tradimento delle alte sfere, dopo la battaglia del Volturno, si è dato alla latitanza alimentando, anche per motivi occupazionali, piccole bande armate che per vivere si sono date al sequestro di persone e di ogni altra forma delinquenziale. Da qui il brigantaggio che lo Stato Unitario ha combattuto con una pesante azione repressiva senza cogliere i motivi, pur se carenti di ideologia, di una guerriglia che la legge Pica ha affrontato con metodi polizieschi e giuridici contrari allo stesso Statuto Albertino. E’ stata questa la prima divisione dell’unità nazionale: mentre al Nord lo Statuto del 1848 assicurava una garanzia giuridica al Sud la legge Pica ha fatto irruzione con forza a volte sproporzionate con tribunali senza possibilità alcuna di difesa dei presunti briganti. Questo il brigantaggio visto dalla storia. Quello visto dalle storie che è come dire denso di arte creativa è stato una azione anti unitaria con il rimpianto della fine della monarchia borbonica. Un romanzo come quello scritto da Misasi eleva il brigantaggio ad un fenomeno a dir poco umanitario volto alla difesa degli umili ed alla condanna di un potere a dir poco inquietante. Alla conferenza svolta da Martirano con quella onestà intellettuale e con quella precisione che è il filo conduttore della sua brillante attività di scrittore, è seguito un ampio dibattito.


sabato 26 ottobre 2013

IX

Alla prima edizione Grande significativa cerimonia di premiazione, presso l’auditorium provinciale Antonio Guarasci al Liceo Bernardino Telesio, con la partecipazione dei 400 studenti delle scuole secondarie di 1° grado e delle scuole secondarie di 2° grado che si sono piazzate nei primi sei posti per entrambe le categorie, studenti e studentesse, nella 1a edizione della “Provincia in corsa - Un miglio per la scuola”. È stato il presidente della Provincia Mario Oliverio, assieme all’assessore provinciale allo Sport Pietro Lecce, a consegnare i riconoscimenti alle scuole nel corso della manifestazione, organizzata dall’Ufficio Educazione fisica ambito territoriale, con il patrocinio della Provincia di Cosenza, che ha messo a disposizione i tanti premi in denaro destinati alle Scuole per l’acquisto di attrezzature sportive.

Provincia in corsa Un miglio per la scuola A Cosenza cerimonia di premiazione per le scuole di 1° e 2° grado

Il presidente Mario Oliverio, porgendo il saluto a studenti, docenti e dirigenti scolastici ha lodato l’iniziativa, destinata a crescere negli anni e da estendere a tutte le Scuole della provincia, trattandosi oltretutto di una novità assoluta, di un evento programmato a conclusione di tutte le attività sportive scolastiche che va incoraggiato per l’alta valenza che lo sport riveste in termini di benessere, di crescita sociale ed anche di prevenzione. Il presidente, assieme all’assessore Lecce, ha ricordato l’impegno della Provincia per la Scuola e lo Sport, essendo intervenuta con investimenti consistenti e incisivi per realizzare impianti sportivi ed edifici scolastici, non a caso l’ente vanta il terzo posto in Italia per numero di Scuole, confort e sicurezza delle stesse. La kermesse sportiva che ha decretato i risultati per l’assegnazione dei premi si è svolta il 10 giugno scorso ed ha visto la partecipazione di 15 scuole della provincia di Cosenza, con un numero di partecipanti di oltre 400 studenti. La gara a cronometro prevedeva la partecipazione di almeno 10 studenti e 10 studentesse per ogni scuola. Al termine della gara la somma dei tempi di entrambe le categorie, maschi e femmine, ha determinato la classifica finale e la vincita dei premi, messi a disposizione della Provincia di Cosenza e consegnati alle Scuole questa mattina, per rimpinguare il patrimonio di attrezzature sportive per la Scuola di appartenenza. I risultati dlla gara Scuole Secondarie di 2° grado 1. Liceo Scientifico “Pitagora” Rende 2. Liceo Scientifico “Galilei” Trebisacce 3. Istituto Magistrale Belvedere Marittimo 4. Liceo Scientifico “Scorza” Cosenza 5. IIS L.S./ITCG Castrolibero 6. IPSIA “Crea” Acri Scuole Secondarie di 1° grado 1. I. Comprensivo “ex 2°circolo” Acri 2. I. Comprensivo Rende - Centro 3. I. Comprensivo n.3 “Misasi/Negroni” Cosenza 4. I. Comprensivo Mendicino 5. I. Comprensivo Spezzano della Sila 6. I. Comprensivo Dipignano La Cerimonia è proseguita con la consegna di altri riconoscimenti, premi in coppe e targhe, per le Scuole che hanno partecipato e vinto le gare nelle discipline sportive dei Giochi Sportivi Studenteschi, degli anni scolastici 2011/2012 e 2012/2013, indetti dal Miur e realizzati sul territorio provinciale dal coordinamento di Educazione fisica. Per l’occasione, presenti anche i docenti di Educazione fisica in quiescenza che hanno ricevuto una targa quale riconoscimento alla carriera per l’impegno e per il lavoro svolto. Nel corso della cerimonia è stato ricordato con un grande applauso il professore di Educazione Fisica Ciro Marino, dell’Istituto magistrale di Belvedere Marittimo, di recente scomparso, che aveva seguito gli studenti lungo il percorso di attività sportive. Le discipline sportive che hanno visto impegnati nelle competizioni gli studenti sono: - 21 discipline per le Scuole di 2° grado (superiori) con il coinvolgimento di circa 4000 studenti, tra cui circa 50 disabili; - 19 discipline per le Scuole di 1° grado (medie) con il coinvolgimento di circa 3500 studenti, tra cui 70 disabili.

Partecipano i 400 studenti delle scuole secondarie di 1° grado e delle scuole secondarie di 2° grado che si sono piazzate nei primi sei posti per entrambe le categorie


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sabato 26 ottobre 2013

Il mondo del fitness Molti sono portati a pensare che l'esercizio fisico non si avvicini alla forma più sublime d'arte e che si tratti di una banale attività motoria

Francesco Iacucci con la moglie Filomena

Mens sana in corpore sano nelli di Federica Monta

L’arte vince l’oblio e l’emozione nutre una memoria condivisa. Molti, però, sarebbero portati a pensare che l’esercizio fisico non si avvicini alla forma più sublime d’arte: si tratta una banale attività motoria, si potrebbe dire. In realtà, a volte questo è del tutto sbagliato. Lo dimostra l’ “avventura” nel mondo del fitness che dal 2000 ha intrapreso Francesco Iacucci. Una camminata, simile a quella che si realizza sui tapis roulant di New Fashion Fitness Club, la creatura che Francesco guida, insieme alla moglie Filomena Curcio, ormai dal 2009 e che, come nelle intenzioni dell’atleta, coniuga salute e piacere. I due speciali personal trainers, rispondendo con cura e gentilezza alle nostre domande, hanno lasciato trasparire, tra l’altro, un legame particolare con Alessandro Greco, il body builder tragicamente scomparso nel 2010. Quando nasce l’amore per la palestra e quando, invece, diventa il vostro mestiere? La passione per la palestra nasce nel 2000. Dovevo recuperare un infortunio, - racconta Francesco - inAlessandro Greco

In realtà a volte questo è del tutto sbagliato Ci spiegano il perché Francesco Iacucci e la moglie Filomena Curcio

vece mi ci sono ritrovato dentro fino al collo. Ed è stato proprio grazie ad Alessandro, mio zio, che mi ha aiutato con consigli e insegnamenti. Da allora, definisco il mio rapporto con la palestra un’avventura ricca di emozioni, attenzioni e sacrifici che mi hanno abbondantemente ripagato. A questo proposito, c’è qualcosa che rende speciale la vostra struttura o il vostro modus operandi? Sì, ed è il fatto che le persone vengano seguite sempre. In questo abbiamo cercato di fare una cosa diversa dagli altri. Quando si decide di frequentare una palestra è importante avere le idee chiare di cosa si vuole ottenere e questo lo si può avere parlando direttamente al personal trainer, che valuterà gli obbiettivi prefissati e consiglierà il percorso più adeguato alle esigenze. E poi, noi diciamo sempre la verità alle persone che scelgono di rivolgersi al professionista. Insomma, da voi la regola è: non fare di testa propria. È grazie alla vostra presenza costante che la palestra ha da sempre i suoi fedeli? Sì, è così. Noi ci siamo. Ci siamo sempre e per tutti. Ci siete soprattutto per chi è “meno fortunato” e a causa di disabilità si rivolge alla vostra sensibilità... Per noi le persone sono tutte uguali. Non ci sono limiti per chi decide di fare stare bene il proprio corpo. L’esercizio fisico aiuta la forma ma anche il sentirsi meglio a livello psichico. Inoltre, ognuno di noi è portato per alcuni esercizi ed attività e non per altre, tutto dipende anche da ciò che si vuole ottenere: dimagrire, o tonificare i muscoli. Nel caso di persone con disabilità il lavoro è differente, ma sempre mirato al benessere psico motorio. Un corpo sano e in salute aiuta la mente a dare il meglio di sé, ma è altrettanto vero il contrario! L’emozione più forte vissuta in palestra? L’emozione più grande si chiama Sofia, nostra figlia. Così piccola, ma che quasi già distingue gli attrezzi quanto noi. E questo ci rende davvero orgogliosi. Parliamo di Alessandro: quanto è stato importante nella vostra vita e quanto, oggi, manca? Manca tanto. Passa il tempo ed aumenta il dolore. Si acuisce il senso della perdita. Tutto quello che abbiamo fatto lo dobbiamo a lui, dai metodi agli approcci di comunicazione alla dedizione alla nostra professione. Ma, soprattutto, ci ha insegnato a coccolare l’utenza. Lui c’è sempre - ricorda Filomena- e l’input ad andare avanti parte sempre da lui; specie nei momenti di maggiore difficoltà. Alessandro Greco vive nei nostri ricordi e negli insegnamenti che ci ha lasciato. Progetti futuri? Nell’augurio che la crisi possa essere presto superata, contiamo di arrivare ad una laurea in più discipline. Avete un motto? Da sempre il nostro è “No pain no gain”. Senza fatica non si ottiene proprio nulla.


sabato 26 ottobre 2013

LA prima in Calabria A Chiaravalle Centrale un progetto pilota anche sul piano nazionale

di Francesco Fotia

Dopo le esperienze in Toscana, Emilia Romagna e Marche, le Case della Salute arrivano anche in Calabria, precisamente a Chiaravalle Centrale. Il borgo catanzarese avrà una casa della salute presso i locali dell’ex ospedale San Biagio, chiuso dal 2010. La sottoscrizione del protocollo d’intesa fra la Regione Calabria e l’Asp di Catanzaro è arrivata giovedì, presso Palazzo Staglianò, in Piazza Dante, a Chiaravalle. Presenti Giuseppe Scopelliti, presidente della Regione Calabria, Gerardo Mancuso, direttore generale dell’Asp, Mario Magno, incaricato dalla Regione per le case della salute, l’edilizia sanitaria e tecnologie, il sindaco della città di Chiaravalle, Gregorio Tino, Wanda Ferro, commissario straordinario della Provincia, sindaci dei comuni vicini, assessori, consiglieri regionali. Una giornata di fondamentale importanza per la sanità calabrese, e non solo.

Ecco la Casa della salute «Il progetto riguardante la Casa della salute a Chiaravalle - ha spiegato Gerardo Mancuso - è un pilota anche a livello nazionale, perché a differenza di altre strutture analoghe è pensata e organizzata per “piccole” utenze, tra le venti e le venticinquemila unità, a dispetto delle circa trentamila di altre Case. Questo permette una migliore organizzazione dei servizi, un modello di “capillarizzazione” che va a tutto vantaggio del cittadino, che ha così modo di usufruire di tutte le prestazioni mediche essenziali in continuità assistenziale. Inoltre - ha proseguito il professore - questo modello organizzativo pare sia utile al fine della riduzione dei costi. Al punto che in Toscana ci si sta predisponendo ad organizzare strutture per un bacino di circa diecimila cittadini». Con i lavori per la fase attuativa dell’assegnazione delle attività utili all’avviamento della Casa già incominciati, si prospetta che la Casa della salute di Chiaravalle sarà operativa già a partire dalla primavera 2014. Ne è orgoglioso Gregorio Tino, onorato di avere sul territorio una struttura che possa fare da modello per le prossime case della salute che sorgeranno in Calabria e in Italia. «È inoltre importantissimo che i chiaravallesi e gli abitanti delle serre avranno nuovamente a disposizione la struttura del San Biagio, ristrutturata e riqualificata. Un fatto che fa ben sperare per il futuro, e che riavvicina cittadini e istituzioni, dimostrando che quando si lavora con serietà e dedizione per il bene di tutti si possono centrare traguardi importanti senza andare in rosso con i conti».

I cittadini avranno modo di usufruire di tutte le prestazioni mediche essenziali in continuità assistenziale

Le case della salute nascono per alleggerire gli ospedali di prestazioni che non richiedono un elevato tasso di specializzazione o di ricovero, aumentandone così l’efficienza. Inoltre, ai cittadini sono garantite tutte le principali prestazioni mediche, le attività di prevenzione, nonché servizi quali il consultorio familiare o quelli di diagnosi. All’interno della Casa chiaravallese, tra le altre, saranno messe a disposizione l’Unità di Emergenza soccorso, di Fisiopatologia respiratoria, di Dialisi e di Riabilitazione estensiva. Sarà presente il reparto di oncologia clinica, il centro di patologia clinica e analisi, un punto vaccinale e un dipartimento per i disturbi del comportamento alimentare. Un vero e proprio ospedale territoriale che, nelle aspettative della Regione e dell’Asp, garantirà efficienza e contenimento dei costi, e che si spera possa davvero fare da esempio per le case della salute che a breve, secondo previsioni, sorgeranno anche in altri borghi del territorio calabrese.

L’ex ospedale “San Biagio” Sopra, la locandina dell’evento

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sabato 26 ottobre 2013

Ragazzi, preparate la valigia Continua il lungo viaggio, con la Provincia di Cosenza e l’Euroform Rfs di stages formativi all’estero per 80 giovani

Torna Marco Polo Il progetto della Provincia di Cosenza Marco Polo 2013 -Mobilità Transnazionale: innovatività e competitività per le Pmi cosentine è stata ammesso a finanziamento, anche per il 2013, nell’ambito del programma europeo Leonardo da Vinci, iniziativa finalizzata a sostenere la mobilità transnazionale dei giovani e l’apprendimento permanente attraverso un periodo di formazione professionale all’estero finalizzato a migliorare le condizioni di accesso al mondo del lavoro. Oltre alla Provincia, il progetto annovera tra i partner l’Agenzia Euroform Rfs di Rende, con il ruolo di promotore e coordinatore, la Confederazione nazionale dell’ artigianato di Cosenza, la Federimprese Calabria - Claai e una rete di Pmi (Trim srl, Positech srl). Le attività progettuali, che coinvolgono, nel complesso, 80 giovani selezionati attraverso un bando pubblico, consistono in una fase preparatoria, comprendente la linguistica e l’orientamento ed in un successivo periodo di stage all’estero, che si effettua presso organismi pubblici, aziende o enti con sede in Francia, Germania, Irlanda, Inghilterra, Lituania e Spagna. «Dopo le ottime esperienze di mobilità transnazionale promosse da questa amministrazione ormai da diversi anni, la Provincia di Cosenza torna nuovamente protagonista» - dichiara il presidente Mario Oliverio. «A questo riguardo -prosegue- il Progetto Marco Polo 2013 costituisce un altro importante tassello che va a rafforzare la nostra azione a favore dei giovani e del loro inserimento sul mercato del lavoro in un contesto internazionale. L’idea di fondo è che i giovani rappresentino un’autentica risorsa strategica per il nostro territorio e costituiscano, nell’insieme, un grande capitale umano, forse l’unico in grado di aprire scenari positivi di sviluppo e crescita economica, sociale e civile delle nostre comunità. In questo senso, la mobilità transnazionale, in particolare nel contesto europeo, è decisiva, perché traguarda obiettivi concreti di apertura esterna, accrescimento esperenziale, rafforzamento delle competenze, ispessimento delle capacità relazionali dei nostri giovani». «In questi anni- riferisce infine Oliverio - grazie al Progetto Marco Polo, centinaia di giovani cosentini hanno potuto vivere un’esperienza formativa di grande valore in un contesto internazionale stimolante. Questa dinamica si ripete oggi, nel 2013, nel solco di un’azione ormai consolidata e nel quadro di una strategia che, con coerenza, la Provincia persegue in attuazione del Programma politico ed istituzionale e costituisce motivo di orgoglio poiché Marco Polo 2013 è l’unico progetto, sul nostro territorio, ad essere stato approvato e finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma Comunitario Leonardo». Per tutte le informazioni relative al progetto “Marco Polo 2013”, il cui il bando è in pubblicazione, il riferimento è alle pagine facebook Leonardo Euroform e al sito web www.euroformrfs.it.

Iniziativa finalizzata a sostenere la mobilità transnazionale dei giovani e l’apprendimento permanente attraverso un periodo di formazione professionale all’estero finalizzato a migliorare le condizioni di accesso al mondo del lavoro

Unical, premiata attività di ricerca del prof. Gabrile

Questione di molecole

Merita certamente una doverosa sottolineatura il premio alla ricerca assegnato al professor Bartolo Gabriele, ordinario di Chimica Organica nell'ateneo di Arcavacata, in occasione del XXXV Convegno della divisione di Chimica organica della Società di Chimica italiana, organizzato a Sassari. In particolare, il riconoscimento è stato conferito al professor Gabriele per l'area "Chimica organica nei suoi aspetti Sintetici (Metodologie e Prodotti)" con la seguente motivazione: "Per i suoi studi eterociclici in particolare mediante reazioni di ciclizzazione e di carbonicazione ossidativa catalizzate da Pd". Tali reazioni permettono di ottenere molecole complesse e di elevato valore aggiunto (con applicazioni in campo farmaceutico, agroalimentare o applicativo) in un unico stadio, a partire da substrati semplici ed in condizioni ecocompatibili, e rappresentano un importante punto di riferimento nella sintesi organica moderna. Nel corso del simposio scientifico svoltosi a Sassari, il professor Gabriele ha presentato una "plenary lecture" sulle ricerche che ha condotto in questi anni, che ha registrato notevole apprezzamento tra i presenti. Al momento le tematiche di ricerca in cui il prof. Gabriele è impegnato riguardano: - Nuove sintesi organiche di molecole di alto valore aggiunto mediante assemblaggio catalitico di unità semplici. - Sintesi innovative di molecole eterocicliche di interesse farmaceutico, agroalimentare o applicativo. - Utilizzo di solventi non convenzionali nella sintesi organica - Sintesi e semi-sintesi di prodotti bioattivi di interesse farmaceutico o agroalimentare - Sintesi di nuovi materiali per applicazioni avanzate - Estrazione, caratterizzazione e valutazione dell'attività biologica di principi bioattivi da matrici naturali.


sabato 26 ottobre 2013

Note fatte a mano L’anima artistica del Calabria day

Musica protagonista L’arte nelle sue varie forme avrà ampio spazio all’interno del ricco programma del Calabria Day, la giornata dedicata alla “Calabria in positivo” che si svolgerà sabato 26 ottobre a Castrovillari presso il Protoconvento francescano. Numerose saranno, infatti, le attività che vedranno coinvolti artisti, musicisti, attori teatrali calabresi ma anche artigiani che metteranno in vetrina le produzioni tipiche del comprensorio del Pollino e dell’intera regione. Le stesse che, già a partire dalle ore 10.00, poco dopo l’apertura dei battenti del Calabria Day, saranno esposte nell’area allestita all’associazione Mystica Calabria con il gruppo Dieci Dita, proponendo l’arte del “quilling”; la lavorazione e la decorazione della cera; le paste polimeriche; i gioielli di pietre dure. Una seconda esposizione sarà curata da Confartigianato di Castrovillari con la lavorazione del vetro con pietre e argento de Il Solvetro; la lavorazione in pietra e marmo di Cherillo; la lavorazione del ferro battuto di Cruscomagno e un’esposizione a cura di Gaiarte. Nel corso della giornata gli spazi del Protoconvento ospiteranno inoltre la Prima estemporanea di pittura del Calabria Day dal suggestivo tema “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” che riprende la celebre citazione gandhiana. Sempre in mattinata avverrà l’apertura delle esposizioni di vari artisti, pittori, scultori e fotografi, tra cui Ivan Donato, Franco Zaccaro, Luigia Granata, Francesca Procopio e Loredana Remolo, Giuliana Franco, Pietro Scarcello, Mimmo Sancineto. Attività che proseguiranno anche nel pomeriggio per poi lasciare spazio alla performance teatrale di Alberto Micelotta che, alle 17:00, interpreterà il suo monologo sul tema del femminicidio “Da uomo a uomo”. All’interno del suggestivo complesso che ospiterà il Calabria Day sarà inoltre possibile accedere al Museo archeologico ivi presente, grazie all’apertura straordinaria e alla visita guidata a cura del Gruppo archeologico del Pollino, e alla mostra dedicata al famoso poeta e pittore statunitense Lawrence Ferlinghetti, ospitata in questi giorni nella stessa struttura. Musica protagonista in serata con le performance “La schizofrenia del Due”, del duo Concorde e Daniela Piraino, e “Giovane folk” del Miromagnum Mini Folk group di Mormanno. A seguire lo show

Kaulonia tarantella future 2013

Con i Nemea canta la passione di un popolo Grande successo di pubblico, al Kaulonia tarantella future 2013, per l'esibizione dei Nemea, gruppo reggino di musica etnico-popolare, che ha fatto ballare tutta Piazza Mese sulle note di: "Riturnella", "'A musica popolari", "Supra na petra", "'A tarantella di pirchi", ed altri brani inediti, ispirati ai costumi ed alle bellezze della Calabria. I Nemea (Davide Anamiati, Giuseppe Cutrupi, Domenico De Stefano, Carmen Latella, Giuseppe Manto, Paola Meduri, Eliana Orvieto, Elisa Suraci, Giovanni Suraci, Antonio Tomasello) nascono a Reggio Calabria nel 2005, su iniziativa di alcuni appassionati di musica popolare e di strumenti antichi come l'organetto, la lira calabrese, il tamburello, la chitarra battente, il fischietto. Nemea è più di un complesso musicale: è passione per la storia di un popolo, quello calabrese, è l'attenta attività di ricerca che sta dietro ad ogni brano, è condivisione e difesa di un'identità.

L’arte nelle sue varie forme all'interno del ricco programma della giornata dedicata alla “Calabria in positivo” sabato 26 ottobre a Castrovillari

del Calabria Day “(S)punti di vista: animati da passione, storie di talenti”. Questi gli artisti che, coordinati dal direttore artistico Francesco Lappano, si esibiranno nel corso della giornata: Bashkim Etnofolk, Centro espressioni artistiche, Continuity fluid performers, Duo Concorde, Carmelo Giordano, Antonio Grosso e le Muse del Mediterraneo, Francesco Lappano, Vicky Macrì, Piergiuseppe Maggi, Alberto Micelotta, Mini folk Miromagnum, Daniela Piraino, Francesca Prestia, Ernesto Orrico, Antonio Simarco.

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sabato 26 ottobre 2013

Investigatori crescono "L'Occhio del detective" anche per i bambini al Festival del giallo

Il mistero che piace ai piccoli Inserito nel cartellone del Festival del giallo, presso Palazzo della Provincia e che ha registrato un successo di pubblico enorme rispetto già all’edizione dello scorso anno, anche due autrici del nostro territorio che nella giornata di sabato 19 ottobre scorso, presso il liceo Telesio auditorium Guarasci hanno dato il via a una serie di laboratori dal titolo “Giallo kids: come nasce un libro giallo per bambini”. Sono Assunta Morrone e Jole Savino, autrice e illustratrice di Io e Velazquez - il giallo dell’insolito quadro (edizioni Arte bambini). Abbiamo incontrato le due protagoniste, che ci hanno dato tanti spunti sul confezionamento di un libro giallo. Sul lavoro, soprattutto, impegnativo che fa un disegnatore, che viaggia in modo parallelo allo scrittore o sceneggiatore, due mondi che s’incontrano, ma non si toccano, perché è giusto che ognuno rimanga nella propria ispirazione. Entrambe pubblicano su una rivista, dAdA edizioni Artebambini, un periodico che viene dalla Francia, oggi in edizione italiana. Una nota sulla disegnatrice Jole Savino: Jole Savino incontra Assunta Morrone attraverso un incontro di pensieri. Azioni comuni che fanno coincidere anche l’esperienza personale. Tuttavia Jole Savino mantiene un distacco da ciò che fa lo scrittore, non sempre ha una stretta collaborazione, ci dice lei stessa. «Poiché la parte divertente consiste proprio nel lasciare un livello aperto della narrazione, che permette al bambino di creare una storia nella storia. Lasciando libera la costruzione di altri personaggi e che possono diventare una storia parallela, che il bambino può decidere di iniziare in qualsiasi momento, ciò perché spesso è assolutamente non ragionato ciò che viene illustrato». Il ruolo di scrittrice di Assunta Morrone quando nasce? Ho iniziato a scrivere prestissimo, ma la scrittura non solo per sé ma soprattutto per gli altri è arrivata successivamente. S’impara la tecnica della scrittura e a un certo punto ci si accorge che quella tecnica si può utilizzare per mandare dei messaggi. Quegli stessi che rimanendo nel cassetto a un certo punto sono aiutati a venir fuori da qualcuno che ci propone di farlo, sperimentando che ciò può diventare qualcosa d’importante. Nel 2007 arrivo alla scrittura matura e con una nota Casa editrice del centro storico cosentino, con cui all’epoca collaboravo, arriva l’opportunità di scrivere. Propongo un testo sul "Mito", che era in realtà materia della mia istruzione universitaria. Monologhi lirici classicheggianti e che finiscono con una prosa. Il libro ha un buon riscontro di pubblico nelle prime uscite. L’esperienza però si chiude con questo testo e ritorno al mio quotidiano, non proseguo subito la mia carriera di scrittrice. Tuttavia, sulla nostra strada ci sono tanti nuovi incontri, che è esperienza nota a chi vive molto a contatto con il pubblico. Casualmente incontriamo le persone e, a volte, sono le persone giuste per la nostra vita. Incontro Antonio Ferrara. Ci vuole raccontare un poco di questo casuale incontro? Antonio Ferrara è una persona, di là delle sue attività e scelte lavorative, anche generosa. Ciò non è facile incontrare questa virtù, che si è rivelata anche nel cercare di invogliarmi a mettermi nuovamente in gioco. Tante cose, ovvio è che forse non succedono casualmente, così ho conosciuto da questo primo incontro tanti altri scrittori e mi sono orientata verso una scrittura per bambini. Dal punto di vista linguistico davvero più complessa. Ho scoperto che la scrittura per bambini è difficile, perché non è una scrittura a sé. Esiste la scrittura e poi per facilitare i rapporti con il lettore facciamo delle differenze (adulti, bambini etc.) creando dei generi, ma nei fatti esiste solo la scrittura. Essa lancia dei messaggi sia agli adulti sia ai bambini e molto dipende da come si confeziona il testo. Si possono trattare argomenti anche terribili e riuscire a dirli in un certo modo è il lavoro del buon scrittore. In questo momento cosa ha per le mani? È uscito di recente un albo illustrato sul teatrino giapponese, che risale agli anni venti del secolo scorso ed è un modo per comunicare

Le autrici Assunta Morrone e Jole Savino, presso il liceo Telesio auditorium Guarasci hanno dato il via a una serie di laboratori dal titolo “Giallo kids: come nasce un libro giallo per bambini”

Nella foto gli aprendisti giallofili al “Guarasci” durante la manifestazione Al centro Assunta Morrone con Jole Savino

e fare didattica. Esperienza importante portata avanti con Jole Savino. Con lei l’esperienza continua con la presentazione del libro al Festival del giallo, un’anteprima del testo portata in laboratorio con i bambini presso l’auditorium Guarasci del liceo Telesio. Un laboratorio sperimentale interessante perché nuovo, in genere si lavora con un numero limitato di ragazzi. Ci racconti di questo laboratorio inserito nel Festival del Giallo... Un laboratorio diverso già per numero di bambini erano un centinaio. L’auditorio ha un palcoscenico, che si è prestato a una narrazione su ciò che è il giallo, partendo da lontano, con i primi investigatori, che sono apparsi sulla scena della letteratura specifica. Alla presentazione è seguita l’immagine, quindi le illustrazioni del testo: com’erano nate, le tecniche e il motivo, infine la lettura di un brano, che dava l’idea del mistero che racchiude l’intero libro. Poi abbiamo lanciato l’idea di realizzare per noi delle storie in giallo all’indirizzo di posta comesiscriveungiallo@gmail.com da far pervenire entro il 15 di gennaio 2014. Spiegando loro la ricetta di come si arriva a realizzare una storia in giallo e consegnando la scheda informativa sul libro. Come si sono coinvolti i bambini nell’ascolto di qualcosa di nuovo come il confezionamento di un racconto giallo? Ci siamo trovate davanti un pubblico di ragazzini, che comunque già leggeva ed è stato facile interagire con loro che intervenivano nel modo più appropriato. La rivista dAdA edizioni Artebambini è un bell’esempio di editoria per adulti che lavorano con i bambini... Sull’ultimo numero c’è il mio racconto Foto ricordo... e ricordi di luce con le illustrazioni di Jole Savino (la storia racconta l’esperienza dell’incontro con le persone della nostra vita anche attraverso una foto e che mette in moto il ricordo, la memoria). Un bel lavoro di squadra questo con Jole Savino e che mette in moto delle belle idee, che interagendo si completano. Nell’insegnamento quanto è importante la tecnica? È soprattutto importante capire che l’arte come la scrittura ha necessità di autonomia e che un bambino anche da solo può acquisire competenze. Il bambino non è un essere che non può capire le cose né un adulto in miniatura. L’idea di essere capaci di vedere il futuro e dirigerlo un’esperienza precisa gli farà comprendere come utilizzare ciò che ha acquisito. Come ricorda Danilo Dolci: «Noi siamo, nel momento in cui siamo sognati» c’è questa possibilità di vedere che cosa può esserci dopo e anticipare le utilità ed è per questo che dico che, a volte, gli insegnati dimenticano dando per scontato che la tecnica viene prima di tutto e che imparare a leggere e scrivere basti per diventare uno scrittore. In realtà è un’esperienza di autonomia, che manca in quel meccanismo, si deve aggiungere l’originalità di ognuno di noi. LdC


sabato 26 ottobre 2013

Sensibilità e ironia Incontro con lo scrittore Antonio Ferrara

Sfogliare il mondo dei ragazzi In visita a Cosenza uno scrittore e illustratore di libri per ragazzi, come lui stesso afferma, dai dodici ai novantanove anni, Antonio Ferrara. Incontrare casualmente chi conosce il mondo dei ragazzi, perché li ha osservati da molto vicino, apre uno scenario su una letteratura, che ha dello straordinario e fa capire come questa scrittura non sia per niente facile. Ferrara è nato a Napoli, ma vive a Novara con la sua famiglia, la moglie è fotografa e con i suoi gatti uno dei quali ha avuto in regalo il suo primo testo ispirato proprio a sé, Puzzillo gatto gentiluomo. Antonio Ferrara ha compiuto studi artistici e ha lavorato per sette anni presso una comunità alloggio per minori, dove ha imparato a frequentare i sogni dei bambini e a non prendersi mai troppo sul serio. Come mai è in visita da noi? È presto detto ha delle valide collaborazioni nel nostro territorio, dove ha sperimentato la grande opportunità che allarga gli orizzonti e che proviene dalla relazione. Pubblica sulla rivista dAdA, edizione Artebambini. Come si nasce scrittore per ragazzi? Nasco prima come illustratore e poi passo alla letteratura per ragazzi, narrando le vicende del mio gatto scorreggione che meritava quindi un libro. Inizio quindi al contrario. Prima i disegni, che sono la cosa che più facilmente è immediata e poi ho messo un testo per necessità di pubblicazione. È stato il mio primo libro da autore completo, pubblicato dalla casa editrice Fatatrac. A volte sono scrittore e illustratore di me stesso, oppure solo una o l’altra cosa. In certe occasioni c’è una splendida amicizia tra illustratore e scrittore, altre volte, ancora, com’è successo per il libro "La maestra e il Capitano", le illustrazioni sono di Annalaura Cantone, che pubblica in Francia e in Germania e non ci siamo ancora incontrati, nonostante il libro abbia avuto un successo notevole. Poi, accade, com’è successo con il mio, ormai, amico Farbrizio Silei, a sua volta scrittore e illustratore, di ricevere le immagini via email e di scrivere un capitolo per ogni immagine e di incontrarsi solo alla presentazione del libro. Ultimamente che cosa sta facendo? Scrivo romanzi ed è una cosa che mi piace molto, da tre libri a questa parte. In cui si trova solo il testo senza illustrazioni. Com’è importante affrontare in un testo per bambini il quotidiano che abbiamo attorno? Come nel caso della storia fatta sul gatto di casa, che era quello di mia figlia, che all’epoca aveva otto anni, in questa storia la metafo-

Incontrare chi conosce il mondo dei giovani perché li ha osservati da molto vicino apre uno scenario su una letteratura che ha dello straordinario e fa capire come questa scrittura non sia per niente facile

ra è quella dell’accoglienza. Comunque un gatto, che arriva nella famiglia, porta un po’ di scompiglio. La storia, ovviamente, è romanzata e tuttavia era uno straniero che arrivato nella città nel nostro appartamento portava oggettivi problemi, perché aveva le caratteristiche descritte sopra. Quei problemi, conosciuti meglio, nella storia si riveleranno delle risorse. Senza ricorrere al metodo troppo didascalico, questa metafora dell’"Accoglienza" è comprensibile a un bambino. Quello che è fondamentale nella letteratura in genere è riuscire a parlare sotto metafora. È la differenza che passa tra linguaggio paradigmatico, come dicono i sociologi e il linguaggio narrativo. Spiegare attraverso l’emozione, che porta a vivere le cose senza dirle. Il lettore così si sente più coinvolto. Lo scrittore così come l’educatore fa sempre un passo indietro, affinché, l’altro possa venir fuori. Gianni Rodari affermava che ai bambini si deve dire tutto è solo questione di tono. Il lavoro da fare è sul linguaggio, elaborazione delle emozioni anche, a volte, sullo stesso tema. Quale sarà la sua prossima pubblicazione? Questo è uno scoop! È un libro su Houdini, ancora non ne ho parlato con nessuno. Non so ancora come evolverà, ma mi sto divertendo tantissimo, perché è un personaggio che scappava da ogni trappola da ogni gabbia e cella, dove, fra l’altro, entrava spontaneamente. Mi affascina tantissimo, perché è metafora di come allenandosi si possa anche uscire dai problemi più drammatici, anche se non so come finirà... È possibile, nella storia, partire con un’ idea e poi ritrovarsi a svilupparne un’altra? Certo, di là di ogni retorica, è possibile, anche se una storia comica non si può trasformare in una drammatica. La scrittura è consapevolezza e non si sbaglia obiettivo. La scrittura è come se si mettesse ordine agli impulsi e li fa diventare pensieri. La scrittura altro non è che un prolungamento del nostro sentimento, che aiuta a dare nome alle emozioni e a condividerle. È quella cosa che leggendo un testo ci s’imbatte nelle proprie emozioni e ci fa esclamare: «Come lo ha scritto bene! Ecco è così che volevo dirlo anche io». Chi è dunque lo scrittore? È un maestro di empatia. Nel caso in cui il lettore è un bambino o un ragazzo è fondamentale, essere allenati in empatia. Lucia de Cicco

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sabato 26 ottobre 2013

Il racconto sindacale Sesta parte

Per far rinascere e vivere un’epoca d’oro

Nella terra di origine a qualsiasi costo di Giuseppe Aprile

Ho sempre avuto idea chiara su come si andavano organizzando i sindacati nelle regioni meridionali. E mai sono venuto meno all’idea di operare, come scelta di vita, per contribuire ad un necessario modo di essere delle rappresentanze sindacali che nel Nord, dove erano presenti i lavoratori dell’industria in modo maggiore, erano naturali e forti, mentre nel Sud si viveva di sudditanza, di sottosviluppo, di disoccupazione, di attività agricole che a volte erano solamente economia assistita. Era una forma di economia dove gran parte veniva sostenuta da provvedimenti statali che, di fatto, non avevano natura sufficiente per vivere a lungo e con applicazioni contrattuali o legislative garanti per gli addetti e i campagnoli, e costituivano un campo dentro il quale lo stato aveva molto potere per condizionare la libera attività dei meridionali a discapito di un modo di essere che potesse esprimere dignità totale e potere contrattuale per costituire un’ossatura ferrea di vita politica e civile. Tre erano le condizioni essenziali che caratterizzavano la vita delle aree meridionali: l’emigrazione dilagante che comportava l’abbandono delle campagne e della terra con il dissanguamento dei nostri luoghi abitati, l’indebolimento del potere politico della gente nelle realtà sociali e politiche, l’imperversare di poteri personali che venivano rappresentati da soggetti solitamente vicini al potere centrale e governativo: municipi, uffici di collocamento, chiese, uffici postali, condotte sanitarie. Per tutti era una grande soggezione verso la Previdenza sociale, l’assistenza sanitaria, le rimesse degli emigrati, il voto, il municipio. Pochi erano autonomi e liberi, non condizionati da persone che avevano rapporti con enti pubblici. Tutti avevano una ragione per stare vicini ai gestori degli uffici che si reggevano con segreterie assistenziali dello stato a cui difficilmente, o per niente, era possibile sfuggire per avere un rapporto essenziale per la propria vita. Il sistema di convivenza sociale ed economica si basava su rapporti dove ognuno aveva, nelle relazioni con gli altri, ragione di aiuto sostanziale per la propria vita. Le relazioni sociali subivano conseguenze che a volte erano utili ed anche piacevoli, ma sempre di compromesso. Si viveva più a contatto l’uno con l’altro. Complessivamente, però, si aveva l’idea di appartenere ad un mondo che aveva bisogno di un altro per sopravvivere e risolvere determinati problemi importanti. Le aree del Nord Italia si presentavano come terreno di lavoro, di libertà, di potere decisionale anche per il i meridionali, anche se nel Sud arrivavano gli echi di una umiliante sudditanza in quelle terre, dove al lavoro si arrivava in qualche maniera, ma a furia di sacrifici e di discriminazioni quasi razziali. Non si affittavano facilmente case a chi arrivava dal sud e l’integrazione avveniva con grandi difficoltà. Il sogno dei ragazzi era sempre una vita come al Nord, dove c’era lavoro, non c’era il massacro dei campi agricoli e di montagna, non c’era la solitudine e l’abbandono sociale e il progresso non arrivava mai. La luce elettrica spesso mancava del tutto, camion ed automobili erano rari; si continuava con il carrozzino ed il carro trainato dai buoi; le strade erano per la maggior parte in terra battuta e selciati migliorativi; le mani delle persone restavano mani di contadini, di chi con le braccia ricavava a stento i mezzi per vivere, di chi non aveva abbondanti mezzi per una vita giusta. Le sole grandi manifestazioni sociali si avevano di fronte alla fame che portava i contadini a ribellarsi ai padroni delle terre ed alla loro occupazione dato che era evidente che il frutto del loro lavoro non andava a chi lavorava e produceva, ma ai proprietari, diventati tali non certo per lavoro e diritto, ma per ataviche eredità e speculazioni economiche di tempi precedenti che si perdevano nel buio del passato sconosciuto .I nostri padri erano al massimo commercianti, bottegai, caprai, calzolai, falegnami, barbieri, guardiani, zappatori, potatori. Solo rari gli impiegati, coloro che sapevano leggere e scrivere decentemente.

Nel Sud si viveva di sudditanza, sottosviluppo disoccupazione, di attività agricole che a volte erano solamente economia assistita

UNA PRECISAZIONE Nella puntata precedente la sigla Csil è stata erroneamente tramutata in Cisl. Ce ne scusiamo con gli interessati

Di laureati v’era al massimo uno o due per paese (compreso il medico condotto); alcuni erano maestri elementari che sapevano insegnare solo le lettere dell’alfabeto e dell’uso minimo di numeri e operazioni matematiche. Il divertimento era la piazza con l’arrivo, ogni tanto, di qualche saltimbanco, di qualche compagnia teatrale che teneva spettacoli in uno scantinato di cui era dotata qualche grande casa o qualche palazzo signorile, e giochi tra ragazzi, dal vinaio, per strada. La vita era grama. E i più illuminati si domandavano perché, pur nel silenzio e nell’accettazione della realtà come normalità ed ovvietà. Tutto si ricavava dalla campagna, dal mondo rurale. E dal commercio povero ma ricco di produzione proveniente dalla terra, sempre miniera di beni. In questa realtà mi sono cresciuto e anche i miei predecessori avevano avuto trascorsi di povertà, di sacrifici, di totale assenza di ogni forma di vita sociale che non fosse solamente quella che veniva inventata per tradizione popolare. La stessa musica era prodotta dalle bande paesane fatte di pochi elementi che suonavano, per la vie e le piazze, il tamburello, la zampogna, il tamburo artigianale, la grancassa, la ciaramella, qualche clarino, qualche sassofono, la chitarra, il violino, i piatti vibranti di zinco. Feste campagnole, sagre paesane, ricorrenze religiose attorno all’attività delle chiese e ricorrenze patronali nei paesi dove, una volta all’anno, arrivavano ad animare il tutto la banda musicale, il fochista, il suonatore di tamburo, i venditori di nocciolina americana, castagne, leccornie, minutaglie utili per i piccoli, venditori di arnesi per la vita rurale. Fuori dai nostri ambienti era la civiltà, il progresso, la vita da conquistare per stare meglio. In questo quadro ho imparato a puntare ad una disponibilità di sacrificio, perché si capiva, almeno io avevo capito, che il progresso doveva essere una conquista in un mondo che diveniva sempre più influenzato da nuovi mezzi di produzione e da nuove forme di progresso e di saperi. Per gli emigranti, i giovani senza lavoro, le famiglie abbandonate, i nullatenenti, la popolazione che nella stragrande maggioranza viveva molto male, la via del futuro si doveva costruire: il mezzo era la lotta sociale anche perché la politica conservava, rendeva per lo più,


sabato 26 ottobre 2013

Il racconto sindacale

rimandata ad un domani senza tempo, ogni forma di civiltà e di benessere. Qui matura la mia passione per il sindacato, l’organizzazione che allora non era sempre per i lavoratori, ma dei lavoratori. La differenza riguardava anche le aree in cui cresceva ed operava. Anni successivi alla uscita dalla guerra mondiale e nei quali maturava l’idea della postazione futura tra i due mondi, l’occidentale dominato dall’America e dal centro Europa e quello dell’est europeo dove si era affermato il sistema comunista. La lotta tra i due mondi, Patto Atlantico da una parte e Patto di Varsavia dall’altro, era cruenta e il popolo seguiva sulla loro scia sperando di collocare al meglio le proprie speranze di rinascita che passavano per il superamento dei danni ingenti della guerra. Io, nato nel periodo dell’arrivo della fine del secondo conflitto mondiale, battezzato in una grotta al riparo dagli spari aerei, sono cresciuto in un paese che portava i segni della fase di rinascita che investiva la nostra nazione intera. L’emigrazione è stata, in uno con l’abbandono della terra ed una crisi di crescita della società intera, la ragione della mia formazione sociale e culturale. Pensavo alla vita della mia terra, del mio paese, del mio mondo, dei futuri miei figli, avendo avuto sempre caro e indelebile il senso della famiglia e del mio mondo da non abbandonare mai, a qualsiasi costo. Ho sempre pensato che l’uomo è il protagonista della propria vita e che il suo ruolo sarebbe stato determinante al fine della costruzione del futuro. La fiducia nell’uomo è stata sempre la mia forza per scegliere, operare, lottare. Per questo ho subito capito che si doveva esprimere grande impegno nelle lotte sociali. Ed ho fatto le mie scelte, di volta in volta. Il sindacato è stato quello che ho pensato più possibile e necessario per un ruolo diverso della gente da cui provenivo e provenivano i produttori di lavoro e di costumi assai importanti e sperimentati, e mi sono buttato con tutte le mie forze immaginando di avere scelto

Le condizioni essenziali che caratterizzavano la vita delle aree meridionali erano: l’emigrazione dilagante che comportava l’abbandono delle campagne e l’indebolimento del potere politico della gente nelle realtà sociali

la strada più giusta per andare avanti. Voglio esplicitamente dire che la democrazia, in un paese, non è frutto di iniziative di persone che operano con obiettivi diversi dai suoi valori; e il sindacato è uno strumento che deve impegnare la vita dei lavoratori. Non è uno strumento, per come viene spesso inteso, con cui risolvere problemi di occupazione per addetti ai lavori o per impieghi sostitutivi di altra mancanza di lavoro. A furia di ritenere il sindacalismo un lavoro retribuito, o per fini di tanto guadagno, siamo arrivati che il sindacato dei lavoratori è diventato di sindacalisti. Non il sindacato per il lavoro ed i lavoratori e per la democrazia del Paese, ma il sindacato che riduce i lavoratori a soggetti organizzabili contro la loro stessa ragione. I lavoratori per il sindacato. Ma questo è un capitolo che necessita una lunga trattazione; che verrà al momento in cui tratterò il tema del sindacato successivo alla crisi determinata dagli sviluppi avutisi nel periodo successivo a quello di cui sto dicendo: l’epoca d’oro da far rinascere, della fase in cui si stava costruendo davvero il sindacato unitario, dell’unità, delle lotte vere e forti; di quelle lotte che incidevano perché ancora non scoperto il sindacato dei Caf, dei patronati specificatamente assistenziali e degli enti di formazione professionale - che consentono finanziamenti pubblici ed europei- dove questi strumenti erano strumenti del sindacato in una società dove, col passare gli anni, sono diventati posti di lavoro assistenziale per sistemare chi ha trasformato il sindacato di lotta, di lavoro, di contestazione, di opposizione, in una specie di strumento finalizzato solo al disbrigo delle pratiche assistenziali che i governi, magari, hanno mantenuto a galla per averli al suo servizio. Questo tipo di associazionismo ha radici proprio nel Sud. In questo senso non è stata Reggio a diventare Milano, ma quasi il contrario essendo venuta oramai meno la spinta dei metalmeccanici e del settore industriale di tradizione decisamente unitaria ed autonomista, contro cui ha preso il sopravvento il quasi nuovo modo di essere della società dove la sconfitta definitiva del sindacato vero è di una evidenza assai marcata. Sarà materia di poi.

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sabato 26 ottobre 2013

Tele sotto la lente Il restauro dell’opera di Battistello Caracciolo a Palazzo Arnone di Cosenza Loris riscopre la preziosità della vita...

La grande gioia delle piccole cose Una scrittura impeccabile che trascina, attraverso i ricordi del protagonista Loris, bibliotecario in pensione, per le stradine di Rende e fa scoprire angoli di una stagione post-bellica ancora oggi riconoscibili, individuare personaggi che hanno animato la vita paesana di quel periodo storico. Le peculiarità che emergono con forza dal racconto sono le tracce della storia vissuta, i frammenti di vita scanditi da vicende politiche imperanti che vessavano i cittadini, rendendo loro difficili le condizioni di vita. Tra vividi ricordi e una mesta solitudine, il romanzo sciorina le intense riflessioni ed i pensieri di un uomo che ripercorre a ritroso il suo vissuto, facendo una spietata analisi sui suoi comportamenti, su sé stesso, sulla vita e sul mondo per come ha avuto modo di viverlo e di assaporarlo.

Cantiere didattico per la Madonna di Ognissanti Giovedì 24 ottobre 2013 si è tenuta a Cosenza, nella Sala delle udienze di Palazzo Arnone, sede della Soprintendenza per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici della Calabria e della Galleria nazionale di Cosenza, la conferenza di presentazione del cantiere didattico su “Il restauro della Madonna di Ognissanti” di Battistello Caracciolo. Per promuovere, dal 28 al 29 ottobre prossimo, dalle ore 9.30 alle 15.00, due giornate di visita al laboratorio di restauro, sito in Via Grotte, 4 - Cosenza, in occasione dell’imminente restauro dello straordinario dipinto, olio su tela, raffigurante la Madonna di Ognissanti di Battistello Caracciolo. I restauratori e gli operatori tecnici del laboratorio di restauro della Soprintendenza illustreranno l’opera, le varie fasi progettuali e di restauro, nonchè le indagini diagnostiche già condotte. Il restauro del dipinto sarà effettuato nella chiesa di San Domenico in Stilo (Rc) a partire dagli inizi del mese di novembre e prevede un cantiere di restauro aperto alla fruizione pubblica per offrire, in particolare agli studenti, l’opportunità di partecipare e vivere un’esperienza certamente formativa e interessante. Intervenuti alla conferenza di presentazione: Francesco Prosperetti, direttore regionale per i Beni culturali e paesaggistici della Calabria; Fabio De Chirico, soprintendente per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici della Calabria; Eduardo Lamberti Castronuovo, assessore alle Politiche e alla Pianificazione culturale della Provincia di Reggio Calabria; Giancarlo Miriello, sindaco di Stilo; monsignor Cornelio Femia, amministratore della diocesi di Locri-Gerace; Anna Lia Paravati, capo delegazione Fai della Locride; Mario Candido, assessore alla Valorizzazione e Tutela dei borghi storici della Provincia di Reggio Calabria e Giuseppe Mantella, restauratore. Modererà i lavori: Gemma - Anais Principe. Soprintendenza per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici della Calabria Soprintendente: Fabio De Chirico Coordinamento: Nella Mari Ufficio stampa: Silvio Rubens Vivone - Patrizia Carravetta Tel.: 0984 795639 fax 0984 71246 E-mail: sbsae-cal.ufficiostampa@beniculturali.it

Dal 28 al 29 ottobre dalle ore 9.30 alle 15.00 due giornate di visita al laboratorio di restauro in occasione dell’imminente restauro dello straordinario dipinto

Fabio De Chirico soprintendente Beni storici artistici e etnoantropologici In alto, Palazzo Arnone

Leggendo le pagine di Maria Marcella Vivacqua si ha la sensazione di essere portati per mano nei luoghi che descrive, affidando la parola al protagonista, uomo colto ma anziano e malato che ha vissuto i tempi terribili della guerra e vicissitudini familiari con alterne fortune ed ora, per via della malattia incalzante, costretto su una sedia a rotelle. L’anziano Loris si ritrova, pur vivendo questa precaria condizione di salute, a discettare spesso criticamente, attraverso una serie di ragionamenti che ripercorrono molte tappe della sua lunga vita, su errori ed eventi che l’hanno caratterizzata e su come molte cose fatte potevano avere percorsi differenti, prendere altre traiettorie. Insomma riflette ad alta voce sul significato di tanti accadimenti, tirando le somme di un’esistenza intensa e travagliata. Così facendo, in un epilogo che riempie di commozione e allegria, Loris riscopre la preziosità della vita stessa, la sua vivacità, la gioia ritrovata anche nelle piccole cose e ciò lo spinge quasi a volersi ancora aggrappare ad essa per assaporarne gli ultimi bagliori, godere di quanto forse non è riuscito pienamente a fare prima, riconsiderando con moti dell’animo più ampi la realtà. Tutto ciò lo rende vigile e lo stimola a rivedere alcune posizioni assunte, anche talvolta rigide, nei confronti dei due figli: aggrapparsi a ciò che rimane, a quei pochi brandelli di esistenza che rimangono, gli impone di guardare ad ogni cosa con un’altra ottica e sotto una diversa prospettiva che inducono, finalmente, ad approdare, in qualche modo, in un’isola di riconquistata serenità, prima della fine che si preannuncia non lontana. Memorabili sono i vari personaggi che Loris propone nel suo ricco racconto: uomini e donne di Rende, gente comune e gente che conta, che caratterizzano la vita della cittadina spesso in modo pittoresco, se non addirittura grottesco, infondendo ritmo a luoghi e situazioni che sembra quasi, a chi legge, di esserne fedele testimone. La vigoria delle immagini riflette un mondo, attraverso gli occhi del narratore, che trascina nel più totale coinvolgimento e fa rivivere episodi e fatti con uno scorrere naturale e perfettamente coerente con i tempi descritti cosi sapientemente. Una lettura appassionante, dunque, che nulla ha di nostalgico, forse un po’ velato da una pacata amarezza, ma che apre uno spaccato su vicende ancora presenti nella memoria collettiva di quanti in un quasi recente passato le hanno vissute in prima persona.. È un romanzo che induce a riflettere perché, oltretutto, pone molti rovelli e interrogativi cui il protagonista cerca risposte, spesso difficili da trovare, e sono le stesse inquietudini che albergano nell’animo dell’uomo fin dalla notte dei tempi. Il libro approfondisce molte profonde tematiche, anche attraverso i personaggi veri o inventati, pone nei suoi contenuti una ricerca di senso, un unico comun denominatore cui rifarsi perché alcuni rapporti dialogici siano amplificati ed estesi all’intera umanità, recuperando quella “metafisica dei costumi”, quella ragion pratica che è ciò che differenzia l’essere rispetto a un altro. Il cielo sul soffitto di Maria Marcella Vivacqua collana Edificare universi - pag, 164 - euro 13,90 Giusy Cuceli


sabato 26 ottobre 2013

Comitato regionale Calabria Importante gara di karate tradizionale, manifestazione a carattere nazionale

Memorial “Giovanni Ciancio” a Catanzaro

La solidarietà non muore mai

Mosse vincenti per la Calabria Sabato 12 ottobre a Santa Rufina di Cittaducale - Rieti si è svolta la seconda edizione della Coppa Shotokan Centro-Sud, importante gara di karate tradizionale, manifestazione a carattere nazionale. Organizzata dall’Istituto Shotokan Italia “Ente morale”. A questa importante manifestazione la regione Calabria ha partecipato con nove atleti conquistando 7 medaglie: Agrelli Michele dell’ a.s.d. Yamashiro Tortora medaglia di bronzo nel kumite; Diaco Andrea dell’ a.s.d. Yomi karate club Catanzaro; Diaco Vincenzo dell’ a.s.d. Yomi karate club Catanzaro; Greco Lorenzo dell’ a.s.d. Yamashiro Tortora medaglia di bronzo nel kumite; Passarelli Alessio dell’a.s.d. Seidokan Castrovillari medaglia d’ argento nel kata; Petracca Albino dell’a.s.d. Seidokan Castrovillari medaglia d’ argento nel kumite; Ruscelli Kevin dell’a.s.d. Center karate-do di Cassano allo Ionio medaglia d’oro nel kata e medaglia di bronzo nel kumite; Stabile Francesco dell’a.s.d. Seidokan Castrovillari medaglia d’ argento nel kata; Tassoni Alessandro dell’a.s.d. Musokan Catanzaro. Grande è stata la soddisfazione espressa dal presidente dell’Isi regionale Claudio Miceli, nei confronti di tutti i partecipanti alla manifestazione: «Il raggiungimento di questi risultati, testimonia che il lavoro svolto dai tecnici nelle palestre e dai responsabili del Csak (Centro di specializzazione agonisti karate) Calabria: Claudio Rende e Isidoro Bonfilio, è sicuramente in linea con gli insegnamenti del maestro Shirai». A conferma che i risultati ottenuti dagli atleti calabresi sono di altissimo livello è la comunicazione, giunta dalla Federazione il 14 marzo 2013, con la quale vengono convocati nella squadra nazionale due atleti calabresi: Alessandro Tassoni dell’a.s.d. Musokan Catanzaro e Kevin Ruscelli dell’a.s.d. Center karate-do di Cassano allo Ionio. Quest’ultimo già da qualche anno risulta essere sempre tra i vincitori delle diverse competizioni nazionali.

La regione ha partecipato con nove atleti conquistando 7 medaglie

La manifestazione sportiva - il cui ricavato servirà a donare un defibrillatore in dotazione alla “Scal” (Scuola catanzarese di Atletica Leggera) - è stata presentata nella sala concerti di palazzo De Nobili, dall’assessore comunale allo Sport, Giampaolo Mungo, affiancato dal consigliere comunale Eugenio Riccio, dal presidente provinciale del Coni Tony Sgromo e da Sebastian Ciancio, presidente diocesano della Federazione universitaria cattolica italiana e figlio di Giovanni, stimato medico di base del capoluogo, prematuramente scomparso il 9 gennaio scorso per un arresto cardiaco. L’acquisto e la donazione del defibrillatore, previsti dall’entrata in vigore del decreto Balduzzi, è ormai un obbligo di legge che concerne tutti gli impianti sportivi presenti sul territorio. Per questo motivo Mungo ha sottolineato «il supporto dell’amministrazione a un memorial che ha lo scopo di ricordare una personalità molto apprezzata nella comunità catanzarese, che come pochi ha saputo mescolare all’attività professionale un costante impegno nel sociale, non per mezzo delle solite iniziative ma attraverso un risultato concreto e utile per la città». Un appoggio tangibile all’organizzazione del “Primo memorial Giovanni Ciancio” l’ha garantito anche il Coni provinciale presieduto da Sgromo, che ha auspicato la «creazione di una rete fra gli enti locali, dal Comune alla Provincia, passando per l’Università e il coinvolgimento delle Aziende ospedaliere come il Pugliese, per poter dotare almeno gli impianti principali situati sul territorio provinciale di un defibrillatore. Il Coni non può farcela da solo ma farà di tutto per proseguire sulla stessa strada inaugurata da un progetto interessante e molto valido come quello ideato dall’amministrazione Abramo e dalla famiglia Ciancio». Intenti simili li ha poi riproposti il consigliere Riccio, che ha lanciato l’idea di «dotare di un defibrillatore anche le spiagge del Capoluogo già dalla prossima stagione estiva, per estendere un servizio di primo soccorso nell’esclusivo interesse dei cittadini». A chiudere Sebastian Ciancio ha invitato sportivi e non solo a partecipare alla manifestazione «nel corso della quale sono certo sentiremo la presenza di mio padre, persona generosa e sempre disponibile, particolarmente sensibile alle attività benefiche. Spero che l’amministrazione comunale continuerà a promuovere il Memorial anche nei prossimi anni perché le istituzioni troppo spesso sottovalutano la portata dello sport come strumento di valori sociali e collettivi» ha affermato. Il dottor Giovanni Ciancio, medico di famiglia a Marcellinara, Tiriolo e Catanzaro, ha lavorato presso la casa di cura “Villa Serena” e come docente della scuola di Formazione in Medicina Generale. Medico del lavoro e medico sportivo del “Marcellinara Calcio”, per anni ha ricoperto il ruolo di direttore sanitario dell’Avis di Marcellinara - la cui sede oggi porta il suo nome - coniugando l’impegno professionale con quello nell’associazionismo cattolico, da Presidente provinciale dei "Papaboys" e nella politica, da Consigliere comunale.

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sabato 26 ottobre 2013

Terra di santi e di figli illustri

Una statua per madre Isabella De Rosis Ha lasciato una traccia indelebile nella storia sociale e cattolica d’Italia e d’Europa

Fondatrice dell’istituto delle Suore riparatrici del Sacro Cuore Una donna che ha saputo fare della carità verso i più poveri uno stile di vita

Una figura che, grazie all’encomiabile opera delle suore che prestano il loro servizio in Italia ed in tutti cinque i continenti, ritorna ad essere riscoperta e valorizzata soprattutto per la sua grande opera a tutela dei più bisognosi. È su queste premesse che dopo i festeggiamenti a Rossano per la ricorrenza del centenario dal transito di madre Isabella de Rosis (19112011), l’Istituto delle Suore del Sacro Cuore si è fatto promotore di un altro importante atto testimoniale dell’opera della sua fondatrice: la posa di un monumento commemorativo nella città natale della venerabile Serva di Dio. - La cerimonia di inaugurazione della statua è prevista per il prossimo sabato 26 ottobre 2013, a partire dalle ore 17, a Rossano, in piazza De Rosis, nei pressi della casa Centro di Spiritualità dell’Istituto, già dimora natia di madre Isabella. All’evento, oltre alla madre generale, suor Adele Manduzio, parteciperanno l’arcivescovo della diocesi Rossano-Cariati, neo ordinario militare italiano, mons. Santo Marcianò, i vescovi della diocesi di MiletoNicotera-Tropea, monsignor Luigi Renzo, e della diocesi OppidoPalmi, mons. Francesco Milito, il sindaco di Rossano, Giuseppe Antoniotti e le autorità civili e religiose dell’intero comprensorio. Vogliamo che il carisma e l’ideale di riparazione di madre Isabella de Rosis - rendono noto le tre madri superiori operanti a Rossano, suor Alda, Suor Linda e Suor Augusta - si diffonda e si trasmetta il più possibile. La figura della nostra Venerabile, nota in tutto il mondo per la sua grande opera di carità rivolta ai più bisognosi, è per noi un riferimento ed una continua ispirazione. Il fatto di essere qui,


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Terra di santi e di figli illustri a Rossano, e di vivere nella casa dove Lei è nata - sottolinea madre Alda - ci fa sentire privilegiate e ci spinge a voler condividere con gli altri questo beneficio. Ecco perché nell’opera di recupero del Palazzo De Rosis, che il nostro Istituto ha interamente restaurato, abbiamo creato un percorso museale molto ricco e completo, che mette in risalto l’opera e l’attività di madre Isabella, moltissimi reperti storici di grande interesse, di cui cittadini, turisti e visitatori possono usufruire. A questo immenso patrimonio artistico-religioso, dal prossimo sabato 26 ottobre 2013, si aggiungerà anche la nuova scultura, realizzata dal professore Carmine Cianci, di Corigliano, che sarà installata nella Piazza antistante alla “Casa centro spiritualità” del Centro Storico. La figura di madre Isabella - chiosano le tre Superiore - sarà così un punto di riferimento, non solo spirituale, ma anche materiale, per tutti i rossanesi. Madre Isabella devota al Sacro Cuore di Gesù attraverso il suo apostolato di riparazione ha espresso la sua religiosità in tutte le sue opere anche con l’arte secolare del ricamo, molte delle quali oggi sono esposte nella Sala principale del Museo - terza sezione. Mentre nella seconda si trovano libri, quadri antichi appartenenti al Palazzo e stendardo ricamato dalle consorelle della venerabile. Nella Prima sezione sono contenuti, invece, gli oggetti sacri utilizzati nella cappella di Palazzo De Rosis, tra i quali croci in bronzo e in legno, quadri con reliquie dei Santi, Tovaglia dell’altare e camici. Il percorso della Comunità centro spiritualità di venerabile madre Isabella, prevede, inoltre, la visita alla cappella, situata a piano terra, ben cinque sale restaurate, in cui possono essere ammirati affreschi e dipinti originali del Settecento e della prima metà dell’Ottocento, su tutti “Allegoria” e “Prima Ferrovia di Napoli”. Ancora, antichi e preziosi mobili e il pianoforte della comunità di Matera, una delle prime case aperte da madre Isabella. Al secondo piano, infine, è possibile visitare la stanza in cui è nata la Serva di Dio, nota per le sue numerose grazie e intercessioni, con gli arredi originali ed il suo letto, sul quale i fedeli ripongono quotidianamente i biglietti con le proprie suppliche. - Nell’ottica di quel turismo religioso che fa bene allo Spirito umano ed alla crescita culturale dell’intero territorio, il culto di madre Isabella De Rosis, si associa alle figure di S. Nilo e S. Bartolomeo, alle quali, questo territorio ha dato i natali.

Cerimonia di inaugurazione della statua prevista per sabato 26 ottobre, a partire dalle ore 17, a Rossano


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asabato 26 ottobre 2013

Pillole di fede

Uno sguardo alla Storia

Nella dimensione grande del Signore per camminare senza paura

di Lucia De Cicco

«Quando leggo certi trattati spirituali nei quali la perfezione è rappresentata attraverso tante, intricate difficoltà, il mio spirito non tarda a stancarsi. Prendo allora in mano la Sacra Scrittura. E tutto mi diventa luminoso: vedo che basta riconoscere il proprio nulla e abbandonarsi come un bambino nelle braccia del buon Dio» (Teresa Martin di Lisieux). Questo pensiero mi ha accompagnato tutto il tempo in cui scorrendo, sommariamente, le 103 pagine del testo Andate senza paura, per servire di Fabio Mandato, con la prefazione di don Enzo Gabrieli, direttore del settimanale Parola di Vita, aspettavo la sua presentazione, il 21 ottobre scorso, presso il Terrazzo della Pellegrini editrice e la cui serata è stata coordinata dalla giornalista Antonietta Cozza. Il testo non ha pretesa teologica, ma solo di informare sulla “gioia” dell’andare e del vedere ciò che l’ancestrale religiosità dei tempi andati ha celato a molti, la “grandezza e la speranza dell’Annuncio cristiano” che Benedetto XVI rappresenta, magistralmente, nell’accoglienza con l’Osanna, come inno alla gioia e non canto di dolore, nel suo Gesù di Nazaret dall’entrata a Gerusalemme alla Resurrezione. Un pubblico numerosissimo, nel Terrazzo Pellegrini, che ha affollato il grande salone della casa editrice, in religioso silenzio fino alla fine con un dibattitto conclusivo, cui il giornalista Mandato ha risposto con grande fermezza e nello stesso tempo con grande umiltà. Soprattutto, a una domanda posta dal pubblico, emerge il suo aver compreso, il ruolo del cristiano nella storia come “Servo inutile” nel disegno divino. In questo quesito gli si chiedeva l’obiettivo del testo. Esso rappresenta una cronaca approfondita degli ultimi eventi, che hanno accompagnato la Chiesa cattolica dalla sorpresa delle dimissioni di Benedetto XVI fino alla Gmg 2013 di Papa Francesco, toccando anche un tema sociale che è quello dei profughi, che ogni giorno sbarcano a Lampedusa in Sicilia, emozionante il titolo dato a questo particolare capitolo, che chiude il testo: “Tendere la mano al vicino”. Riporto un passo davvero interessante a pagina 19, in cui si avverte tutto il vibrare, del giornalista, ma anche del credente, nel trovarsi e nell’avere ascoltato entrambi i due papi come oggi comune-

Scorrendo le 103 pagine del testo “Andate senza paura, per servire” di Fabio Mandato, con la prefazione di don Enzo Gabrieli, direttore del settimanale Parola di Vita

In alto, la giornalista Antonietta Cozza Fabio Mandato e don Enzo Gabrieli

mente sono riconosciuti dalla massa, Bergoglio e Ratzinger. Di avere visto i luoghi periferici da cui entrambi provengono e da come loro stessi hanno accettato di far ritorno con fede, invitando tutti a guardare, andare e comprendere quell’ “Eccomi”, la Missione e la Consegna, le tre anime dell’apostolato autentico e cattolico, che entrambi portano avanti con determinazione. Bergoglio camminando nelle folle, spingendosi anche oltre le “colonne” del Vaticano e annunciando la buona notizia, e Ratzinger preparando la strada come il Battista attraverso l’invito, nella lettura dei suoi testi, a correggere le sovrastrutture, che soffocano il “Colonnato della Verità”, ritornando alla semplicità dell’annuncio Cristiano. Scrive Fabio nel secondo capoverso della pagina 19: «Benedetto XVI sta incarnando l’umiltà di chi ha accettato di affidare la propria vita al Signore: “Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi: ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi”. Questo per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: “Seguimi” (Gv 21,18-19)». Nella presentazione del testo emerge lo sguardo del giornalista professionista che è quello di riportare la povertà estrema che c’è in Brasile, la disparità enorme tra le classi sociali affiancata alla grande fede. Del resto lo abbiamo visto tutti noi, seguendo attraverso i media e i social net di quanta fede c’è in quel popolo, tanto che la scorta di Papa Francesco ha fatto fatica a trattenere gli abbracci della folla. Il titolo Andate, senza paura, per servire è una scelta ben precisa che rimanda alla frase detta da Papa Francesco nell’ultima giornata di Rio e che riassume, dice Mandato, ciò che è stata l’opera dei Papi precedenti di questo andare nel mondo per servire uscendo da sé. Un titolo capace di evocare il periodo difficile, che si vive e di ricordare la missione. Fabio fa anche riferimento a un’intervista fatta al Presidente dei vescovi dell’America Latina, Carlos Aguiar Retes, in cui si chiede la condizione della Chiesa in quei luoghi. È in atto una frammentazione, perdita culturale, perdita del senso dei valori sociali con la Chiesa che ha oggi di ripresentarsi con il suo messaggio di sempre. Così come lo stesso Benedetto XVI nel 2005 ci parlò di relativismo dei valori, della perdita di senso, di grande discriminazioni con la necessità della Chiesa di stare vicina a tutti. Sacerdoti e laici hanno il dovere di edificare il messaggio di amore. Racconta, ancora, Mandato anche della sua personale esperienza ad Aparecida, enorme santuario e poi del contrasto con le vie fangose, la povertà estrema delle favelas e dall’altra parte la gioia con cui ci si accosta alla fede, uno spettacolo, quasi, di balli, un’esperienza diversa dalla nostra idea di chiesa, ma forse più sentita, le processioni a ritmo del samba. Nella prefazione di don Enzo Gabrieli si precisa che il testo non è un articolo, ma un lavoro di elaborazione di quanto visto e udito e di ciò in cui si crede. Perché Fabio non sente il peso del credere, non ha paura di reggere oltre a carta e penna il rosario, ma invita a guardare la storia in una dimensione più grande, che è quella del Signore.


sabato 26 ottobre 2013

Fedeli che si rimboccano le maniche A San Vincenzo La Costa le comunità parrocchiali di Gesuiti, San Sisto dei Valdesi e della stessa San Vincenzo si sono ritrovati per momenti di festa attorno al monumento dedicato a San Francesco

Quattro le disponibilità presso il “San Martino”

C’è posto per il volontariato In scadenza i termini per la presentazione delle domande d'ammissione alla selezione del progetto di servizio civile denominato "Aiutiamo i giovani ad aiutarsi", promosso dal Centro di accoglienza "San Martino" di Cassano allo Jonio, presieduto da don Pietro Martucci. Quattro i posti disponibili. La proposta di adesione è rivolta a tutti i giovani, maschi e femmine, che intendano approfondire cristianamente la cultura della pace e della solidarietà, contribuire all'opera di riconoscimento e tutela dei diritti umani e sociali, accompagnare le persone che vivono situazioni di povertà ed esclusione sociale in percorsi di liberazione. I volontari, secondo la programmazione predisposta dal progettista Raffaele Vidiri, saranno impegnati in attività di tutoraggio scolastico, di educazione ai diritti del cittadino e di animazione nel territorio diocesano. La sede d'attuazione del progetto è localizzata a Lauropoli. Per partecipare alla selezione occorre essere cittadino italiano, aver compiuto il diciottesimo anno d'età e non aver superato il ventottesimo anno di età alla data di scadenza, non essere stati condannati con sentenze di primo grado per delitti non colposi commessi mediante violenza contro persone o per delitti riguardanti l'appartenenza a gruppi eversivi o di criminalità organizzata. Insieme alla domanda, che è possibile ritirare presso la segreteria del Centro "San Martino", bisogna presentare copia del documento d'identità, del codice fiscale e del tesserino sanitario, nonché certificato medico di idoneità fisica per il servizio civile e curriculum vitae, con specifica indicazione delle attività di volontariato prestate. Le domande vanno presentate, entro e non oltre il 4 novembre 2013, a mezzo pec o per raccomandata postale. Le stesse possno essere presentate a mano alla segreteria del Centro "San Martino", in via Genova n. 2 , nei termini anzidetti, il 28 Ottobre 2013, dalle 17 alle 19, ed il 4 novembre 2013, dalle 12 alle 14. Per ulteriori informazioni è possibile rivolgersi alla segreteria del Centro, telefonando al numero 0981.70309 o scrivendo all'indirizzo mail ass_sanmartino@libero.it, oppure ancora consultando le pagine del sito www.presentazionedelsignore.it.

Una devozione grande

Dopo 30 anni la statua esposta alle intemperie necessitava di interventi e per merito di alcuni devoti benefattori, Lorenzo De Vincenzi, Enzo Brunello, Sergio Runco, Antonio Petrasso e Flavio Sposato, ciò è accaduto

Festa grande a San Vincenzo La Costa dove le comunità parrocchiali di Gesuiti, San Sisto dei Valdesi e della stessa San Vincenzo si sono ritrovati per momenti di festa attorno al monumento di San Francesco di Paola realizzato all'incirca trent' anni fa con contributi e atti di devozione da parte dei tanti emigranti locali sparsi nel mondo ed in particolare in Canada e Stati Uniti. Dopo trent'anni la statua di San Francesco esposta alle intemperie necessitava di interventi riparatori e di ristrutturazione e per merito di alcuni devoti benefattori, Lorenzo De Vincenzi, Enzo Brunello, Sergio Runco, Antonio Petrasso e Flavio Sposato, ciò è accaduto rendendo il luogo più bello e accogliente con la realizzazione di una cupola sovrastante. A presenziare la cerimonia di benedizione del nuovo monumento è intervenuto Padre Rocco Benvenuto, dell'Ordine dei Minimi, coadiuvato dal nuovo sacerdote delle comunità parrocchiali di Gesuiti e San Vincenzo La Costa, don Luigi Bova; mentre altrettanta nutrita è stata la rappresentanza della comunità parrocchiale di San Sisto dei Valdesi che viene curata da padre Antonio De Rose, dell'ordine degli Ardorini di Montalto Uffugo. Si è rinnovato, così, un impegno di devozione e fede verso il Santo più amato da noi calabresi, San Francesco di Paola, ricordando che siamo nel cinquecentesimo anniversario della sua beatificazione e che tanti, nell'arco di questi secoli, lo hanno seguito nella sua missione, sia come laico che religioso e proprio da San Vincenzo La Costa ne sono scaturiti diversi sacerdoti e suore entrati negli Ordini dei Minimi, a cominciare dal Venerabile Padre Bernardo Maria Clausi, che proprio quest'anno ricorre il 25 anniversario del riconoscimento delle virtù eroiche ad opera del beato Papa Giovanni Paolo II. Franco Bartucci

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