Medico e paziente 02 14

Page 1

â‚Ź 5,00

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI

Periodico di formazione e informazione per il Medico di famiglia Anno XL n. 2 - 2014

2

Psichiatria con ipnotici e ansiolitici possibile aumento del rischio di decesso Ipercolesterolemia familiare epidemiologia e inquadramento diagnostico Cardiologia differenze di genere nelle aritmie cardiache AIFA si apre il confronto con le SocietĂ scientifiche sul nuovo PT per le incretine

MP


SEMPRE PIÙ DIFFICILE! La crisi economica e le difficoltà dell'editoria rendono sempre più difficile far arrivare la rivista sulla scrivania del Medico

Assicurarsi tutti i numeri di Medico e Paziente è facile

Periodico di formazione e informazione per il Medico di famiglia Anno XXXVIII n. 6 - 2012

Periodico di aggiornamento e informazione in collaborazione con

6

CLINICA

DEMENZE gli interventi non farmacologici sui sintomi comportamentali IPERURICEMIA quali effetti sul rischio cardiovascolare e renale DIABETE DI TIPO 2 le evidenze sul ruolo protettivo del consumo di caffè PSORIASI LIEVE-MODERATA progressi nel trattamento topico

MP

Le Miopatie metaboliche Approccio diagnostico e terapeutico

>s Antonio Toscano, Emanuele Barca, Mohammed Aguennouz, Anna Ciranni, Fiammetta Biasini, Olimpia Musumeci

TERAPIA

Profilassi dell’emicrania Principi generali e farmaci

>s Domenico D’Amico

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI - € 3,00

Anno VIII- n. 2 - 2012 Mensile € 5,00

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI

RINNOVA SUBITO L'ABBONAMENTO!

64° AAN ANNUAL MEETING

Le novità dal Congresso dei neurologi americani

2

I farmaci in fase avanzata di sviluppo per la SM

MP

15,00 euro

Medico e Paziente

25,00 euro

Le modalità di pagamento sono le seguenti Bollettino di c.c.p. n. 94697885 intestato a: M e P Edizioni - Medico e Paziente srl Via Dezza, 45 - 20144 Milano Bonifico Bancario Banca Popolare di Milano IBAN: IT 70 V 05584 01604 000000023440 Conto intestato a M e P Edizioni-Medico e Paziente Specificare nella causale l'indirizzo per la spedizione

Medico e Paziente + La Neurologia Italiana

Comunicaci la tua e-mail all'indirizzo abbonamenti@medicoepaziente.it e

IL TUO ABBONAMENTO DURERÀ 6 MESI IN PIÙ


anno XL - 2014 Periodico di formazione e informazione per il Medico di famiglia

MP

Periodico della M e P Edizioni Medico e Paziente srl Via Dezza, 45 - 20144 Milano Tel./Fax 024390952 info@medicoepaziente.it

Direttore Responsabile Antonio Scarfoglio

€ 5,00

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI

Medico e paziente n. 2

in questo numero

sommario

Periodico di formazione e informazione per il Medico di famiglia Anno XL n. 2 - 2014

2

PSICHIATRIA con ipnotici e ansiolitici possibile aumento del rischio di decesso IPERCOLESTEROLEMIA FAMILIARE epidemiologia e inquadramento diagnostico CARDIOLOGIA differenze di genere nelle aritmie cardiache AIFA si apre il confronto con le Società scientifiche sul nuovo PT per le incretine

MP

Direttore Commerciale Carla Tognoni carla.tognoni@medicoepaziente.it Per le informazioni sugli abbonamenti telefonare allo 024390952 Redazione Anastasia Zahova Progetto grafico e impaginazione Elda Di Nanno Segreteria di redazione Concetta Accarrino Hanno collaborato a questo numero: Maria Grazia Bongiorni Giorgio Walter Canonica Folco Claudi Nicola Fuiano Cristoforo Incorvaia Piera Parpaglioni Cecilia Ranza

p 6

letti per voi

p 8

dislipidemie IPERCOLESTEROLEMIA FAMILIARE come FATTORE di RISCHIO per CARDIOPATIA ISCHEMICA Un documento europeo per l’inquadramento diagnostico precoce

L’articolo ripercorre i punti salienti del documento di consenso pubblicato nell’agosto dello scorso anno dall’eAS, e poi ripreso dalla Società italiana per lo studio dell’Aterosclerosi

Cecilia Ranza

p 14 Allergologia

LE PATOLOGIE ALLERGICHE NASCOSTE Indicazioni sul percorso e gli strumenti diagnostici più appropriati

La diagnosi di allergia può essere agevole, ma può anche costituire un autentico puzzle. Gli Autori del lavoro forniscono il razionale per ricercare l’allergia anche quando sembra non esserci

Nicola Fuiano, Cristoforo Incorvaia, Giorgio Walter Canonica

Medico e Paziente

>>>> 2 .2014

5


Registrazione del Tribunale di Milano n. 32 del 4/2/1975 Filiale di Milano. L’IVA sull’abbonamento di questo periodico e sui fascicoli è considerata nel prezzo di vendita ed è assolta dall’Editore ai sensi dell’art. 74, primo comma lettera CDPR 26/10/1972 n. 633. L’importo non è detraibile e pertanto non verrà rilasciata fattura. Stampa: Graphicscalve, Vilminore di Scalve (BG) I dati sono trattati elettronicamente e utilizzati dall’Editore “M e P Edizioni Medico e Paziente” per la spedizione della presente pubblicazione e di altro materiale medico-scientifico. Ai sensi dell’art. 7 D. LGS 196/2003 è possibile in qualsiasi momento e gratuitamente consultare, modificare e cancellare i dati o semplicemente opporsi al loro utilizzo scrivendo a: M e P Edizioni Medico e Paziente, responsabile dati, via Dezza, 45 - 20144 Milano. Comitato scientifico Prof. Vincenzo Bonavita Professore ordinario di Neurologia, Università “Federico II”, Napoli Dott. Fausto Chiesa Direttore Divisione Chirurgia Cervico-facciale, IEO (Istituto Europeo di Oncologia) Prof. Sergio Coccheri Professore ordinario di Malattie cardiovascolari-Angiologia, Università di Bologna Prof. Giuseppe Mancia Direttore Clinica Medica e Dipartimento di Medicina Clinica Università di Milano - Bicocca Ospedale San Gerardo dei Tintori, Monza (Mi) Dott. Alberto Oliveti Medico di famiglia, Ancona, C.d.A. ENPAM

Come abbonarsi a medico e paziente

Medico e paziente

p 20 CARDIOLOGIA

DIFFERENZE di GENERE nelle ARITMIE CARDIACHE Il ruolo degli ormoni sessuali femminili nell’elettrofisiologia

La situazione ormonale nella vita fertile della donna ha un ruolo importante nell’elettrofisiologia cardiaca e condiziona l’incidenza di molte aritmie cardiache. L’articolo pone l’attenzione sulle alterazioni del ritmo cardiaco meritevoli di attenzione da parte del MMG

Farminforma

p 28 prescrizione

Il nuovo Piano Terapeutico per le incretine Dopo un avvio polemico, la strada verso una soluzione appare segnata (ma lunga)

Il nuovo schema per la prescrizione in regime di rimborsabilità dei farmaci basati sulle incretine, pubblicato da AIFA, ha aperto un contenzioso tra l’Agenzia e le Società scientifiche di diabetologia

Folco Claudi

p 32

Abbonamento annuale sostenitore Medico e paziente € 30,00 Abbonarsi è facile: w basta una telefonata 024390952 w un fax 024390952 w o una e-mail abbonamenti@medicoepaziente.it

2.2014

Piera Parpaglioni

p 24

Abbonamento annuale ordinario Medico e paziente € 15,00

Numeri arretrati € 10,00

6

>>>>>>

sommario

Notizie dal web

• Un portale dedicato alla “genetica” del tumore del colon retto metastatico • La vitamina D potrebbe essere utile per ridurre i livelli di colesterolo LDL nelle donne in postmenopausa? • La genomica nutrizionale: un approccio innovativo nella lotta all’obesità Modalità di pagamento 1 Bollettino di ccp n. 94697885 intestato a: M e P Edizioni srl - via Dezza, 45 - 20144 Milano 2

Bonifico bancario: Banca Popolare di Milano IBAN: IT 70 V 05584 01604 000000023440 Specificare nella causale l’indirizzo a cui inviare la rivista


Dal 2013 puoi trovare LA NEUROLOGIA ITALIANA anche on line

Nelle prossime settimane la rivista sarà disponibile in Internet all’indirizzo

www.neurologiaitaliana.it I nostri lettori vi troveranno ● L’archivio storico della rivista ● Video-interviste con le Novità dei principali congressi di Neurologia ● Notizie dalle riviste internazionali, Linee Guida e Consensus in originale ● L’attività delle principali Associazioni di pazienti

Per accedere al sito de La Neurologia Italiana

Registrati su www.medicoepaziente.it www.neurologiaitaliana.it


letti per voi Oncologia

Itraconazolo, un “vecchio” antimicotico, si delinea come potenziale agente antitumorale nei soggetti affetti da carcinoma basocellulare £

In letteratura esistono alcuni studi sperimentali che evidenziano un’attività antitumorale per itraconazolo, un farmaco antimicotico ad ampio spettro, di vecchia data, a basso costo e ben studiato sotto il profilo di efficacia e sicurezza. In modelli animali, itraconazolo aveva dimostrato di rallentare la crescita tumorale, interferendo con la via di segnale Hedgehog (HH), che gioca un ruolo importante nello sviluppo di una gamma piuttosto ampia di tumori, tra i quali anche il carcinoma basocellulare (BCC), uno dei più frequenti tumori della pelle nell’uomo. Con questi presupposti è stato disegnato lo studio in aperto e di fase 2

qui presentato, che ha voluto valutare l’azione di itraconazolo in pazienti con BCC. Sono stati arruolati soggetti con uno o più BCC, con diametro della lesione >4 mm, che sono stati suddivisi in due gruppi: il gruppo A ha ricevuto itraconazolo per os 200 mg x2/die per 1 mese, il gruppo B è stato trattato con itraconazolo 100 mg x2/die per un periodo medio di 2,3 mesi. End point primario era la variazione dei marcatori tumorali (proliferazione tumorale Ki 67 e attività HH, GLI1 mRNA), mentre la variazione della dimensione tumorale costituiva l’end point secondario in un sottogruppo di soggetti con lesioni multiple. Dei 29 soggetti arruolati, 19 sono

stati trattati. L’itraconazolo ha ridotto la proliferazione cellulare del 45 per cento (P =0,04), l’attività della via di segnale HH del 65 per cento (P =0,03), l’area della lesione tumorale del 24 per cento (CI 95, 18,2-30,0 per cento). Degli 8 pazienti con tumori multipli, 4 hanno ottenuto una risposta parziale e 4 un corso di malattia stabile. Per quel che riguarda la sicurezza, il trattamento con l’antimicotico si associava a due principali effetti avversi, fatigue (grado 2) e scompenso cardiaco congestizio (grado 4). In questo studio, l’itraconazolo dimostra un’azione nei confronti del tumore basocellulare, anche nell’uomo. Varrebbe la pena quindi, partendo da questi primi risultati promettenti di disegnare studi di maggiore durata e più ampi, al fine di confrontare l’attività antitumorale di itraconazolo rispetto ad altre molecole, inibitori della via di segnale HH. Kim DJ, Kim J, Tang JY et al. J Clin Oncol 2014; Feb. 3. Epub ahead of print

£ La maggior parte degli studi disponibili ha valutato finora gli effetti delle bevande zuccherate in termini di fattori di rischio Il consumo eccessivo cardiovascolare (CV), senza però esaminare l’eventuale impatto di zuccheri può incrementare degli zuccheri aggiunti nella dieta sulla mortalità per cause il rischio di mortalità per cause CV. Importanti chiarimenti al riguardo derivano da un recente studio in cui è stato esaminato il consumo di zuccheri aggiunti cardiovascolari fino (in percentuale) rispetto al totale giornaliero di calorie assunte in rapporto con la mortalità CV. al 30 per cento Utilizzando i dati di tre studi del programma statunitense NHANES (1988-1994, 1999-2004 e 2005-2010) è stato osservato che la percentuale di calorie derivanti da zuccheri aggiunti tra gli adulti negli Stati Uniti è aumentata dalla fine degli anni ’80 al 1990-2004, e poi è diminuita nel periodo 2005-2010 (passando da 15,7 a 16,8 e a 14,9 per cento). Tra gli adulti, oltre il 10 per cento delle calorie totali derivano dal consumo di zuccheri aggiunti, e nel periodo 2005-2010, circa il 10 per cento dei soggetti ha assunto il 25 per cento o più delle calorie totali giornaliere da zuccheri aggiunti. Dall’analisi dei dati risulta che chi assumeva più del 10 per cento delle calorie giornaliere da zuccheri aggiunti, ha un rischio del 30 per cento più elevato di mortalità CV, mentre esiste un rischio relativo quasi triplicato per chi ha assunto più del 25 per cento delle calorie da zuccheri aggiunti. Le principali fonti di zuccheri nella dieta sono costituite da dessert (13,7 per cento), bevande a base di frutta (8,9), dessert a base di latticini (6,1) e caramelle (5,8); il consumo di bevande zuccherate (37,1 per cento), fonte principale di zuccheri aggiunti, è significativamente associato con una maggiore incidenza di malattie CV, indipendentemente da altri fattori di rischio. Prima che vengano messe a punto raccomandazioni precise e uniformi (ricordiamo che al momento non vi è accordo tra l’AHA, l’OMS e l’Institute of Medicine USA sul limite giornaliero di calorie derivanti da zuccheri aggiunti), gli Autori del lavoro suggeriscono ai clinici di mettere in guardia i pazienti sui rischi associati, considerando come limite un valore inferiore al 15 per cento delle calorie giornaliere totali. nutrizione

Yang Q, Zhang Z, Hu FB et al. JAMA Intern Med 2014; Published on line February 3; doi: 10.1001/jamainternmed.2013.13563

6

Medico e paziente

2.2014


Prevenzione CV

La prima valutazione italiana sulla correlazione tra livelli di acidi grassi polinsaturi nel sangue e rischio di evento coronarico acuto: lo studio AGE-IM £

Un’alimentazione più ricca di acidi grassi polinsaturi avrebbe un ruolo nella prevenzione CV sia primaria, sia secondaria, e la popolazione italiana dovrebbe essere incoraggiata a consumare più alimenti ricchi di omega-6 e omega-3. Sono queste le conclusioni dello AGE-IM, il primo studio italiano che ha valutato l’associazione tra livelli di acidi grassi omega-6 e omega-3 nel sangue e rischio di infarto miocardico (IM). Il trial è stato condotto in 119 pazienti con storia recente di evento acuto e 103 controlli, sovrapponibili per età e sesso. Dal confronto tra questi due gruppi è emersa una riduzione del rischio di infarto miocardico fino all’85 per cento associata ai livelli ematici più elevati di omega-6, e del 65 per cento per i livelli più elevati di omega-3. Entrambe queste classi di acidi grassi polinsaturi svolgono dunque un’azione protettiva nei confronti di un evento coronarico acuto. E questi risultati dunque, fanno crollare l’ipotesi secondo cui l’apporto corretto di polinsaturi debba essere calcolato come rapporto omega-6/omega-3, da mantenere il più basso possibile. Si tratta certamente di un dato nuovo come lo è anche il fatto che in prevenzione primaria, ma anche nella prevenzione secondaria dell’infarto (cioè nella prevenzione delle recidive), bisogna probabilmente rivalutare un adeguato apporto di alimenti ricchi sia di omega-6 sia di omega-3. Lo studio inoltre, conferma il ruolo degli acidi grassi polinsaturi nel rischio di infarto, anche in una popolazione mediterranea, come la nostra. I grassi saturi, tipici di molti alimenti di origine animale, sono infatti più presenti nel sangue dei soggetti colpiti da infarto che nei controlli, mentre i polinsaturi, sia della serie omega-6 e sia della serie omega-3, hanno concentrazioni elevate nel sangue di chi non aveva subito l’evento acuto. Altro dato da sottolineare è che non è stata osservata alcuna associazione significativa tra l’apporto di singoli alimenti (o tra l’apporto alimentare, calcolato da questi dati, dei vari acidi grassi) e il rischio di infarto: una conferma di come, probabilmente, le informazioni che si raccolgono sull’alimentazione dei soggetti con le usuali metodiche di indagine (per esempio questionari) sono troppo imprecise per poter consentire una valutazione accurata delle loro correlazioni di salute. Infine, lo studio AGE-IM è la prova più recente del basso consumo di polinsaturi nella popolazione italiana: i consumi totali di polinsaturi erano pari a circa 9 g al giorno (il 5 per cento delle calorie), mentre le raccomandazioni internazionali suggeriscono un apporto del 5-10 per cento delle calorie totali per gli omega-6 e dell’1-2 per cento per gli omega-3.

Psichiatria

Possibile aumento del rischio di decesso prematuro con ipnotici e ansiolitici: i risultati di uno studio di coorte inglese £

L’uso di farmaci ansiolitici o ipnotici potrebbe aumentare in modo significativo il rischio di mortalità precoce. A queste conclusioni è giunto uno studio retrospettivo di coorte, di recente apparso sul British Medical Journal, dopo aver esaminato i dati sulla prescrizione di queste classi di psicofarmaci in oltre 100mila soggetti residenti nel Regno Unito. Lo studio è stato realizzato coinvolgendo 273 ambulatori di Medici di base inglesi che trasmettono i loro dati al General Practice Research Database (GPRD). Secondo i ricercatori, tra il 2011 e il 2012 i Medici di famiglia hanno prescritto ai loro assistiti più di 16 milioni di ipnotici e ansiolitici, per il 62 per cento benzodiazepine e per il 32 per cento “farmaci Z”, cioè zaleplon, zolpidem e zopiclone. Sono stati analizzati i dati di 34.727 pazienti al di sopra dei 16 anni inseriti nel GPRD e ai quali erano stati prescritti ipnotici e/o ansiolitici tra il 1998 e il 2001, che sono stati confrontati con i dati relativi a una popolazione di 69.418 soggetti controllo, sovrapponibili per età e sesso (non utilizzatori di psicofarmaci). Obiettivo principale era valutare la mortalità per qualsiasi causa, in un folow up medio di 7,6 anni (range variabile tra 0,1-13,4 anni). Il rischio di mortalità, espresso come hazard ratio (HR) aggiustato in base all’età per i pazienti che avevano utilizzato uno qualsiasi dei farmaci esaminati nel primo anno dopo l’arruolamento rispetto a coloro che non ne avevano assunto nessuno è risultato pari a 3,46 (CI 95, 3,34-3,59); dopo aggiustamento per altre variabili confondenti tale valore è risultato 3,32 (CI 95, 3,19-3,45). In pratica, questo significa una probabilità tre volte superiore di decesso precoce durante il follow up nei consumatori di psicofarmaci rispetto a quelli che non ne usavano. Sono emerse inoltre, significative associazioni dose-risposta per le benzodiazepine e i “farmaci Z”. Dopo aver escluso i decessi avvenuti nel primo anno, sono state riscontrate circa quattro morti in eccesso legate al consumo di ipnotici e/o ansiolitici ogni 100 persone, seguite per una media di 7,6 anni dopo la prima prescrizione. Secondo gli Autori, i risultati vanno ad aggiungersi alle evidenze già disponibili circa un’associazione con la mortalità, ma sono da interpretare con cautela. La cautela è d’obbligo, vista la natura osservazionale dello studio e dati i possibili bias dovuti alla presenza di fattori di confondimento non esaminati.

Weich S, Pearce HL, Frisher M et al. BMJ 2014; 348: g 1996 Marangoni F, Novo G, Poli A et al. Atherosclerosis 2014; 232: 334-8

Medico e Paziente

2.2014

7


dislipidemie

Ipercolesterolemia familiare come fattore di rischio per cardiopatia ischemica Un documento europeo per l’inquadramento diagnostico precoce L’articolo ripercorre i punti salienti del documento di consenso pubblicato nell’agosto dello scorso anno dall’EAS, e poi ripreso dalla società italiana per lo studio dell’aterosclerosi

“L

’ipercolesterolemia familiare è fortemente sottodiagnosticata e sottotrattata in tutto il mondo. Emerge una pressante necessità di attuare screening diagnostici e mettere in atto terapie precoci e aggressive, per tenere sotto controllo questa condizione ad altissimo rischio”. Questa vera chiamata planetaria ad agire chiude il documento di consenso pubblicato nell’agosto 2013 sullo European Heart Journal (1), a firma dell’European Atherosclerosis Society (EAS) Consensus Panel. Un consenso internazionale, riportato anche dal Giornale italiano dell’Aterosclerosi, rivista ufficiale della SISA (Società italiana per lo Studio dell’Aterosclerosi), che sottolinea la gravità del mancato riconoscimento di questa causa genetica frequente di coronaropatia precoce (CHD, angina e infarto miocardico). La patologia riconosce due forme, ugual-

A cura di Cecilia Ranza

8

MEDICO E PAZIENTE

2.2014

mente presenti nei due sessi: una eterozigote, più diffusa (in sigla FH) e più facilmente controllabile, e una omozigote (HoFH), più rara ma molto più grave. In assenza di trattamento precoce, iniziato cioè prima dei 20 anni, uomini e donne affetti da ipercolesterolemia familiare eterozigote (FH) mostrano livelli di colesterolemia totale mediamente compresi tra 310 e 580 mg/dl e, di conseguenza, sviluppano coronaropatia (CHD) prima dei 55-60 anni. Ben più severa è la forma omozigote (HoFH). La HoFH è caratterizzata infatti, fin dalla nascita, da una colesterolemia LDL mediamente compresa tra 460-1.160 mg/dl; in assenza di trattamento, CHD e mortalità sopravvengono entro i 20 anni di vita. Il documento internazionale delinea il percorso diagnostico e terapeutico più corretto per entrambe. Nel caso della FH, tenere sotto controllo precocemente e bene il progredire del danno ateromasico (2) riconduce, nella gran parte dei casi, il rischio

cardiovascolare di questi soggetti a quello della popolazione generale. Il documento SISA mette in luce il ruolo cruciale della Medicina generale, delineando il percorso diagnostico e terapeutico da seguire in bambini e adulti, di fronte a un soggetto con FH non complicata. Per quanto riguarda invece la forma omozigote (HoFH), o le forme di FH complicate, il Medico di famiglia è chiamato a conoscere e a partecipare alla gestione del paziente, che è però affidata in modo prioritario a Centri specializzati. In Italia il riferimento è il Progetto Lipigen, che dispone ormai di 38 Centri sul territorio nazionale, i cui scopi e metodi saranno precisati oltre.

Fisiopatologia e genetica della FH La FH è causata dalla mutazione (in eterozigosi) dei geni codificanti le proteine chiave che regolano l’intero ciclo metabolico delle LDL. La captazione cellulare delle LDL è insufficiente, portando a un loro ovvio, incontrollato incremento plasmatico (Figura 1). Le LDL si accumulano nell’intima delle pareti arteriose, vanno incontro a ossidazione, si formano cellule schiumose (foam cells), che si consolidano in ateromi, con aumento esponenziale del rischio di trombosi, ischemia e infarto miocardico. Allo stato attuale, basti pensare che sono note oltre 1.200 mutazioni del recettore per le LDL, che interessano tutti i domini


Figura 1

Fisiopatologia della FH eterozigote funzionali delle proteine recettoriali e sono responsabili di oltre il 90 per cento dei casi di FH nel mondo. Si conoscono inoltre più di 20 mutazioni a carico del PCSK9 (proprotein convertase subtilisin/kexin tipo 9), che condiziona negativamente il numero di recettori per le LDL, oltre a una mutazione (Arg3500Gin) a carico dell’ApoB (Apolipoproteina B): queste ultime sono rilevabili rispettivamente nel 5 e nell’1 per cento circa dei casi di FH (3), con prevalenza variabile nelle diverse popolazioni studiate. Per quanto riguarda la forma omozigote (HoFH), deriva certamente da mutazioni in omozigosi, ma più sovente da mutazioni in eterozigosi composta; esistono anche casi rari di “doppia eterozigosi”, che portano a un fenotipo intermedio tra FH e HoFH. La forma omozigote (HoFH) si trasmette nel 25 per cento dei figli, se entrambi i genitori sono eterozigoti; un altro 25 per

smissione della mutazione: infatti, è nei gruppi di popolazione chiusi che si concentra la più alta frequenza di HoFH (per esempio, le comunità di origine olandese di Città del Capo e Johannesburg, i cristiani libanesi e i franco-canadesi).

Epidemiologia e criteri diagnostici della FH

Fonte: Averna M et al. Giornale italiano dell’aterosclerosi 2013; suppl. 1

cento nascerà sano, mentre la probabilità di avere un figlio con FH eterozigote sarà del 50 per cento. La consanguineità è quindi il maggior fattore di rischio di tra-

Nella classificazione internazionale delle malattie stilata dall’Oms, l’ipercolesterolemia familiare (eterozigote e omozigote) non ha una codifica indipendente. Questa è una delle ragioni della sua sottostima, ma non la sola. I dati disponibili vengono infatti estrapolati dai tassi di prevalenza ospedaliera di CHD e dai registri di patologia, senza che si risalga all’eziologia della CHD. Tutto ciò premesso, la prevalenza stimata della FH è stata sinora pari a un caso ogni 500 individui, con un tasso di diagnosi risibile.

Figura 2

Soggetti con diagnosi di FH in diverse aree geografiche del mondo (valori espressi in %) Note: I soggetti con FH sono espressi come frazione dei soggetti teoricamente previsti essere affetti da FH sulla base di una frequenza 1/500 nella popolazione generale. Poiché la maggior parte dei Paesi non ha registri validi a livello nazionale per la FH, le diverse cifre di questa figura rappresentano la migliore ipotesi da parte di medici/ scienziati particolarmente interessati alla FH nei rispettivi Paesi. I dati illustrati sono stati forniti da Michael Livingston, Steve E. Humphries (Regno Unito), Olivier S. Decamps (Belgio). Per il Belgio, 10.000 soggetti sono stati rimborsati per il trattamento della FH, ma solo circa 800 sono stati diagnosticati come FH tramite test genetici (questi ultimi indicati in figura) Fonte: Averna M et al. Giornale italiano dell’aterosclerosi 2013; suppl. 1

MEDICO E PAZIENTE

2.2014

9


dislipidemie Le nuove terapie

Figura 3

Le FH che non rispondono, o rispondono in modo inadeguato, alle terapie ipolipemizzanti, anche di combinazione, richiedono approcci diversi e molto più sofisticati. Altrettanto vale per le forme di HoFH, destinate senz’altro al trattamento meccanico di rimozione delle LDL (LDLaferesi), ma per le quali si stanno mettendo alla prova innovativi approcci farmacologici. Sono quattro le classi di agenti innovativi, sviluppate per rispondere a queste esigenze: 1. Una prima linea comprende anticorpi monoclonali diretti contro PCSK9, che riducono il colesterolo LDL fino al 60-70 per cento e le Lp(a) fino al 20 per cento in soggetti con FH (eterozigoti) già trattati con statine. 2. Un secondo approccio è l’oligonucleotide anti-senso mipomersen, che riduce la produzione epatica di apoB attraverso la degradazione del suo mRNA, diminuendo così l’assemblaggio e la produzione di tutte le lipoproteine aterogene. Nei soggetti FH (eterozigoti) con CHD, già in terapia con la massima dose tollerata di statine, mipomersen riduce le LDL del 28 per cento, le Lp(a) del 21 per cento e l’apoB del 26 per cento (8). Effetti indesiderati sono le reazioni al sito di iniezione e sintomi simil-influenzali. 3. Terzo approccio: lomitapide, che inibisce la proteina di trasferimento microsomiale dei trigliceridi (MTP), fondamentale per trasferire appunto i trigliceridi sull’apoB. In questo modo si interferisce con l’assemblaggio epatico e la secrezione delle VLDL. Nei soggetti con HoFH in terapia con la sola dieta, lomitapide ha ridotto del 51 per cento le LDL, del 79 per cento le VLDL, del 65 per cento i trigliceridi, del 56 per cento l’apoB e del 15 per cento le Lp(a). Effetti indesiderati possono essere la steatosi epatica ed effetti gastrointestinali (9). 4. Infine, gli inibitori della proteina di trasferimento degli esteri del colesterolo (CETP) (anacetrapib e evacetrapib). Riducono il trasferimento degli esteri del colesterolo dalle HDL alle particelle contenenti apoB (chilomicroni, VLDL, LDL e Lp(a)) e il trasferimento dei TG da queste ultime alle HDL (10).

10

MEDICO E PAZIENTE

2.2014

Pedigree di una famiglia con FH

Note: La costruzione di un pedigree come questo è parte di ogni esame di un soggetto o di una famiglia con sospetta FH. I colori rosso e verde indicano membri della famiglia con o senza FH eterozigote; CHD, malattia coronarica; FH, familial hyperchoelesterolemia; LDL, low density lipoprotein Fonte: Averna M et al. Giornale italiano dell’aterosclerosi 2013; suppl. 1

Secondo i dati rilevati in 23 dei 200 paesi/ aree geografiche considerate dall’Oms, il riconoscimento della FH si aggira attorno all’1 per cento dei casi (Figura 2), con le lodevoli eccezioni dei Paesi Bassi (71 per cento) e della Norvegia (43 per cento). La sottostima della HoFH segue questo andamento, indicando la prevalenza in un caso ogni milione di abitanti. Sono però studi recenti, condotti in Nord Europa, ad aver rivalutato le stime di prevalenza della FH che, alla luce dei nuovi dati, oscilla da 1:500 fino a 1 caso ogni 300 soggetti, in tutto il mondo e, come già affermato, senza distinzione di sesso. Significa che, nel mondo, ci sono tra i 14 e i 34 milioni di persone con FH. In Italia quindi la FH interesserebbe 200-250mila soggetti. La maggior parte di loro non è consapevole del proprio stato. Il documento SISA (4) sottolinea infatti l’obbligo di porre particolare attenzione a situazioni fortemente suggestive della presenza di FH. Esse sono: 1. Presenza di FH in membri della famiglia; 2. Colesterolo plasmatico ≥8 mmol/l (≥310 mg/dl) in un soggetto adulto, o in un membro adulto della famiglia (o >95° percentile per età e sesso specifico per il Paese);

3. Colesterolo plasmatico ≥6 mmol/l (≥230 mg/dl) in un bambino, o in un bambino membro della famiglia (o >95° percentile per età e sesso specifico per il Paese); 4. CHD prematura nel soggetto, o in un membro della famiglia; 5. Xantomi tendinei nel soggetto, o in un membro della famiglia; 6. Morte cardiaca improvvisa prematura in un membro della famiglia. La maggiore probabilità di trovarsi di fronte a una FH è associata a livelli molto elevati di colesterolo LDL, alla presenza di xantomi tendinei e/o di CHD prematura in un familiare (5). È ovviamente essenziale escludere cause secondarie di iperlipidemia, rilevando gli enzimi epatici, determinando la funzionalità renale e degli ormoni tiroidei, verificando l’assenza di iperglicemia e albuminuria. Ulteriore elemento di chiarezza è l’albero genealogico della famiglia (Figura 3). Queste indicazioni rispecchiano i cinque criteri di diagnosi, stilati dal Dutch Lipid Clinic Network (Tabella 1) e accettati a livello internazionale. Se, al termine del percorso diagnostico, si ottiene un punteggio indicativo di FH, probabile o definita, il soggetto deve essere sottoposto al test genetico (se disponibile). In caso non sia


possibile raggiungere un sufficiente livello di certezza diagnostica, il paziente va riferito a un centro di secondo livello.

Tabella 1

Criteri diagnostici del Dutch Lipid Clinic Network Punti

Come completare l’inquadramento del soggetto con FH Il passo successivo è focalizzato sulla determinazione del rischio individuale, premessa indispensabile per una terapia su misura. Nella FH, i sistemi noti di calcolo del rischio, come lo SCORE europeo, il Framingham Risk Score americano o le Carte italiane del progetto Cuore non sono applicabili. I soggetti con FH infatti hanno un rischio molto più elevato e precoce, perché molto più prolungata (tutta la vita) è stata la loro esposizione a livelli di colesterolo LDL fuori norma. Tanto per dare un’indicazione, il carico cumulativo di colesterolo LDL sufficiente a sviluppare coronaropatia viene raggiunto, in una persona senza FH, attorno ai 55 anni (6). In caso di FH eterozigote, tale carico è raggiunto a 35 anni in assenza di trattamento, a 48 anni se la malattia è trattata dai 18 anni in poi e a 53 anni se la terapia è davvero precoce, dai 10 anni dì età. Il rischio è inoltre correlato alla mutazione coinvolta e, nella valutazione, non si può prescindere dalla variabilità individuale di manifestazione della CHD, ricordando che, anche nella FH, gli uomini sviluppano una coronaropatia più precocemente delle donne, mentre fumo, alti livelli di trigliceridi e bassi livelli di HDL sono fattori aggravanti in entrambi i sessi. Per ogni paziente ipercolesterolemia familiare eterozigote è obbligatoria una visita cardiovascolare standard, completata da elettrocardiogramma basale, ecodoppler dei tronchi sovraortici e determinazione della lipoproteina(a) - Lp(a). Infine, anche i parenti biologici di primo e secondo grado del soggetto devono essere sottoposti a screening a cascata, con la misurazione della loro colesterolemia LDL, seguita da test genetico se, nel paziente primario, viene rilevata una mutazione causativa (il cosiddetto “founder effect”, cioè la presenza di singola/singole mutazioni prevalenti).

Storia familiare a) Parenti di primo grado con coronaropatia (CHD) prematura (<55 anni negli uomini; <60 anni nelle donne)

1

b) Parenti di primo grado con colesterolo >8 mmol/l (≥310 mg/dl) (o >95° percentile del Paese)

1

c) Parenti di primo grado con xantomi tendinei e/o arco corneale

2

d) Bambini <18 anni con colesterolo >6 mmol/l (≥230 mg/dl) (o >95° percentile del Paese)

2

Storia clinica a) Soggetto con CHD prematura (<55 anni negli uomini; <60 anni nelle donne)

2

b) Soggetto con malattia vascolare cerebrale o periferica prematura (<55 anni negli uomini; <60 anni nelle donne)

1

Esame fisico a) Xantoma tendineo

6

b) Arco corneale in un soggetto con <45 anni

4

Risultati biochimici (colesterolo LDL)

>8,5 mmol/l (>325 mg/dl)

8

6,5-8,4 mmol/l (251-325 mg/dl)

5

5,0-6,4 mmol/l (191-250 mg/dl)

3

4,0-4,9 mmol/l (155-190 mg/dl)

1

Analisi del DNA a) Mutazione causativa nota nei geni

8

Diagnosi “certa” con un punteggio >8 punti. Diagnosi “probabile” con un punteggio tra 6 e 8 punti. Diagnosi “possibile” con un punteggio tra 3 e 5 punti. Diagnosi “improbabile” con un punteggio tra 0 e 2 punti.

L’impostazione della terapia a misura di paziente Prima di entrare nel dettaglio delle scelte terapeutiche, va detto che è ormai dimostrato come una terapia ben scelta, precoce e aggressiva sia determinante per la sopravvivenza (2) del paziente (Figura 4). Inoltre, il curante deve avere sempre presenti gli obiettivi (livelli target di LDL) da raggiungere, secondo lo schema seguente: 1. Bambini <3,5 mmol/l (<135 mg/dl); 2. Adulti <2,5 mmol/l (<100 mg/dl); 3. Adulti con CHD o diabete <1,8 mmol/l (<70 mg/dl) (4). È infatti ben noto che, per ogni 1 mmol/l in meno nella concentrazione di LDL, la mortalità cardiovascolare si riduce del 22 per cento e quella totale del 12 per cento, in soli 5 anni (7). Ciò premesso, tutti i soggetti con FH e

le loro famiglie devono ricevere le ben note raccomandazioni di correzione dello stile di vita, indispensabili in ogni soggetto dislipidemico, a iniziare dagli interventi sul fumo, sulla dieta e sull’attività fisica. Possono essere presi in considerazione alimenti funzionali noti per abbassare il colesterolo LDL, come steroli, stanoli vegetali e riso rosso fermentato, che però non sono sufficienti. L’obiettivo principale di una consulenza nutrizionale è infatti quello di evitare il sovrappeso e ridurre la quantità di cibo e bevande con elevato contenuto di colesterolo e grassi saturi o, peggio, trans. Deve essere prescritto un esercizio fisico regolare, anche se è evidente che, negli adulti con FH, è indispensabile premettere una valutazione della funzione cardiovascolare, prima di iniziare un esercizio impegnativo. Quanto alla terapia farmacologica, il do-

MEDICO E PAZIENTE

2.2014

11


dislipidemie cumento SISA è molto dettagliato Figura 4 nel campo delle dislipidemie genetie precisa che la terapia con farmaci che. Le fasi operative del progetto Stima cumulativa della sopravvivenza ipolipemizzanti deve essere iniziata prevedono l’identificazione del palibera da malattia coronarica immediatamente alla diagnosi negli ziente mediante protocolli condivisi, in soggetti con FH in base adulti ed è fortemente racomandata la validazione del sospetto diagnoal trattamento con statine a 8-10 anni nei bambini. Queste le stico (per evitare di sovraccaricare (curve di Kaplan-Meier) modalità: l’attività di laboratorio) e l’invio del • Bambini <14 anni: campione al laboratorio specializzato 1. statine per l’analisi genetica. 2. ezetimibe 3. resine sequestranti gli acidi biliari 4. terapia di combinazione. Bibliografia Nota bene: La fascia d’età ottima1. European Heart Journal. doi:10.1093/ le per lo screening nei bambini va eurheartj/eht273. dai 2 ai 10 anni. È irragionevole 2. Versmissen J, Oosterveer DM et al. avviare una dieta prima dei 2 anni; Efficacy of statins in familial hypercholesuccessivamente, è fondamentale sterolaemia: a long term cohort study. BMJ non imporre restrizioni caloriche, a 2008; 337: a2423. meno che non siano presenti proble3. Austin MA, Hutter CM et al. Genetic mi di peso. Indispensabile è inoltre causes of monogenic heterozygous familial abituare all’esercizio fisico costante. hypercholesterolemia: a HuGE prevalenNote: La stima è basata su 413 e 1.537 soggetti olandesi Le statine per i bambini <14 anni ce review. Am J Epidemiol 2004; 160: con FH eterozigote con o senza trattamento con statine; p devono essere quelle più sicure, sulla 407–20. < 0,001 per la differenza base delle evidenze dei trial (prava4. Consensus. Linee guida cliniche per la Fonte: Averna M et al. Giornale italiano dell’aterosclerosi statina, simvastatina, atorvastatina, 2013; suppl. 1 prevenzione della cardiopatia ischemica rosuvastatina). nella ipercolesterolemia familiare. Una patologia sotto-diagnosticata e sotto-trattata. • Adulti e adolescenti di età >14 anni: Giornale Italiano dell’Arteriosclerosi 2013; 1. statina ad alta efficacia alla massima Centri di secondo livello: suppl 1. dose il progetto Lipigen 5. Civeira F, Ros E et al. Comparison of genetic 2. ezetimibe versus clinical diagnosis in familial hyperchole3. resine sequestranti gli acidi biliari La creazione di un network di diagnostica sterolemia. Am J Cardiol 2008; 102: 1187-93. 4. fibrati genetica rappresenta un’opportunità da 6. Huijgen R, Hutten BA et al. Discriminative Nota bene: La terapia deve essere avviata non perdere per qualunque Paese. Per ability of LDL cholesterol to identify patients with con le massime dosi di una statina ad alta quanto riguarda l’ipercolesterolemia famifamilial hypercholesterolemia: a cross-sectional efficacia, valutando risultati e tollerabilità liare, sia eterozigote sia omozigote, le sostudy in 26,406 individuals tested for genetic FH. dopo 4-6 settimane. Se la risposta non è cietà scientifiche raccomandano la diagnosi Circ Cardiovasc Genet 2012; 5: 354-9. adeguata, si consiglia l’associazione con genetica, oltre alla valutazione clinica e allo 7. Baigent C, Blackwell L et al. Efficacy and safety ezetimibe. Se il rischio cardiovascolare di screening a cascata dei parenti di primo (ed of more intensive lowering of LDL cholesterol: a base è già molto elevato, o se si è in preeventualmente secondo) grado del paziente meta-analysis of data from 170,000 participants in 26 randomised trials. Lancet 2010; 376: senza di diabete 2 e colesterolemia LDL affetto. La diagnosi genetica infatti migliora 1670-81. oltre 70 mg/dl, si consiglia di associare l’identificazione dei pazienti affetti, ne faci8. Stein EA, Dufour R et al. Apolipoprotein B una resina sequestrante gli acidi biliari. lita la diagnosi precoce, stratifica i pazienti synthesis inhibition with mipomersen in heterozyL’associazione con fibrati (fenofibrato) è in base alla mutazione e permette di impogous familial hypercholesterolemia: results of a raccomandata invece in presenza di elevati stare al più presto una terapia che riduca il randomized, double-blind, placebo controlled trial trigliceridi e/o bassi livelli di HDL. rischio di evento cardiovascolare precoce. to assess efficacy and safety as add-on therapy in 5. nuove terapie (Riquadro). Per rispondere a queste esigenze, in Italia è patients with coronary artery disease. Circulation stato sviluppato il Progetto LIPIGEN (www. I pazienti con HoFH o con FH resistente 2012; 126: 2283- 92. sisa.it), che poggia sulla stretta interazione alle terapie, il trattamento più indicato è 9. Cuchel M, Bloedon LT et al. Inhibition of tra centri clinici, medici del territorio e asla LDL-aferesi, rimozione meccanica delle microsomal triglyceride transfer protein in familial sociazioni di pazienti. Lo scopo è creare un LDL, che può essere impiegata anche nei hypercholesterolemia. N Engl J Med 2007; 356: network strutturato, che contribuisca ad ausoggetti di età <14 anni. 148-56. mentare la consapevolezza e la cultura dei Ma, in entrambi i casi, si tratta di pazienti 10. Cannon CP, Shah S et al. Safety of anacetramedici e dei pazienti, a creare un database complicati, che vanno gestiti da centri di pib in patients with or at high risk for coronary heart disease. N Engl J Med 2010; 363: 2406-15. nazionale e a favorire la ricerca consorziata secondo livello.

12

MEDICO E PAZIENTE

2.2014


SEMPRE PIÙ DIFFICILE! La crisi economica e le difficoltà dell'editoria rendono sempre più difficile far arrivare la rivista sulla scrivania del Medico

Assicurarsi tutti i numeri di Medico e Paziente è facile

Periodico di formazione e informazione per il Medico di famiglia Anno XXXVIII n. 6 - 2012

Periodico di aggiornamento e informazione in collaborazione con

6

CLINICA

DEMENZE gli interventi non farmacologici sui sintomi comportamentali IPERURICEMIA quali effetti sul rischio cardiovascolare e renale DIABETE DI TIPO 2 le evidenze sul ruolo protettivo del consumo di caffè PSORIASI LIEVE-MODERATA progressi nel trattamento topico

MP

Le Miopatie metaboliche Approccio diagnostico e terapeutico

>s Antonio Toscano, Emanuele Barca, Mohammed Aguennouz, Anna Ciranni, Fiammetta Biasini, Olimpia Musumeci

TERAPIA

Profilassi dell’emicrania Principi generali e farmaci

>s Domenico D’Amico

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI - € 3,00

Anno VIII- n. 2 - 2012 Mensile € 5,00

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI

RINNOVA SUBITO L'ABBONAMENTO!

64° AAN ANNUAL MEETING

Le novità dal Congresso dei neurologi americani

2

I farmaci in fase avanzata di sviluppo per la SM

MP

15,00 euro

Medico e Paziente

25,00 euro

Le modalità di pagamento sono le seguenti Bollettino di c.c.p. n. 94697885 intestato a: M e P Edizioni - Medico e Paziente srl Via Dezza, 45 - 20144 Milano Bonifico Bancario Banca Popolare di Milano IBAN: IT 70 V 05584 01604 000000023440 Conto intestato a M e P Edizioni-Medico e Paziente Specificare nella causale l'indirizzo per la spedizione

Medico e Paziente + La Neurologia Italiana

Comunicaci la tua e-mail all'indirizzo abbonamenti@medicoepaziente.it e

IL TUO ABBONAMENTO DURERÀ 6 MESI IN PIÙ


allergologia

Le patologie allergiche nascoste Indicazioni sul percorso e gli strumenti diagnostici più appropriati la diagnosi di allergia può essere agevole, ma può anche costituire un autentico puzzle. gli autori del lavoro forniscono il razionale per ricercare l’allergia anche quando sembra non esserci

L

a diagnosi di allergia può essere anche molto complessa. Se per esempio i sintomi di rinocongiuntivite in un paziente si presentano caratteristicamente nei mesi da aprile a giugno e il prick test è positivo per polline di graminacee la diagnosi è ovvia. Se invece un paziente ci descrive la stessa sintomatologia, però presente da settembre a fine novembre, e i test sono positivi per polline di betulle e di cipresso (che hanno tutt’altro periodo di fioritura) la diagnosi diventa complessa. Possiamo, d’altro canto, trovarci di fronte a un paziente la cui storia è iniziata già in età pediatrica ed è documentata da precedenti test che indicavano una monosensibilizzazione (cioè la positività a un solo allergene), che con il progredire dell’età si è tramutata in una polisensibilizzazione [1]. In quest’ultima evenienza ovviamente,

Nicola Fuiano1, Cristoforo Incorvaia2, Giorgio Walter Canonica3 1. Allergologia Pediatrica, ASL FG, Torremaggiore 2. Allergologia/Pneumologia Riabilitativa, Istituti Clinici di Perfezionamento, Milano 3. Allergologia e Malattie Respiratorie, DIMI, Dipartimento di Medicina Interna, Università di Genova

14

MEDICO E PAZIENTE

2.2014

i test sia cutanei che sierologici possono concordare con la storia clinica, ma possono anche essere confondenti e meritare un’attenta valutazione anamnestico-clinica. Si deve sempre tenere presente che sensibilizzazione e allergia clinica non coincidono, quindi una positività dei test non associata a sintomi nel periodo di esposizione a quell’allergene non ha significato clinico. Resta, poi, la difficoltà dinanzi al paziente con sintomatologia di durata prolungata e polisensibilizzato [2]: pensiamo al soggetto con rinocongiuntivite grave che va ben oltre la cosiddetta stagionalità, con disturbi (naso chiuso, respirazione orale, persistenza di muco nasale e tosse) che si manifesta in tutte le stagioni, mentre il prick test è positivo per acari, gatto e pollini. All’estremo opposto, la positività del prick test può contraddire la storia di un paziente che non ha rinite, né congiuntivite, né asma: siamo alle cosiddette false positività in soggetto “asintomatico” [3]. Recentemente un prezioso contributo è stato offerto dalla tecnica della “component resolved diagnosis” (CRD) che valorizza le singole molecole allergeniche, ciò che permette di identificare il genuino reale responsabile differenziandolo da altri componenti crossreattivi che non hanno significatività clinica [4] .Un ulteriore problema diagnostico si

presenta nel momento in cui i tradizionali test non riescono a individuare l’allergene in causa. In tal caso è quanto mai opportuno, o meglio necessario, pensare alla mucosa nasale che, dotata di particolare autonomia dal punto di vista immunologico, è in grado di produrre IgE specifiche che consentono il riscontro di anticorpi in situ; così come non possiamo non tener conto di quelle manifestazioni allergiche la cui matrice non è IgE mediata. È ovvio che non considerare queste possibilità di patologie comunque allergiche, negando al paziente test aggiuntivi appropriati, porta a definire come non allergica la sintomatologia considerata e quindi preclude la prescrizione di una terapia adeguata.

LA RINITE ALLERGICA LOCALE Già dagli anni ‘70 sappiamo che la mucosa nasale è in grado di produrre IgE specifiche localmente [5] e nel tempo vari studi [6-8] hanno confermato questa scoperta. Nel 2003 è stata proposta la definizione di questi quadri clinici quali espressione di “entopia” per differenziarli dall’allergia [8], ma più recentemente Rondon e coll. hanno introdotto la denominazione di “local allergic rhinitis” (LAR) cioè rinite allergica locale, che appare scientificamente più coerente [9]. Il gruppo di Rondon ha offerto un notevole contributo in termini di prevalenza della LAR: in uno studio effettuato su 3.860 pazienti, afferiti al loro servizio allergologico, 456 dei quali con rinite, la LAR era diagnosticata nel 25,7 per cento dei soggetti studiati, mentre nel 63,1 per cento si faceva diagnosi di rinite allergica comune e nell’11,2 per cento si giungeva a diagnosi di rinite non allergica [10]. La diagnosi di LAR si raggiungeva a conclusio-


ne di un percorso costituito Figura 1 da negatività di prick test e Kit per IgE specifiche, ma con test di provocazione nasale positivo. In più di un terzo dei soggetti con LAR, l’esordio della rinite era avvenuto in età pediatrica. L’acaro della polvere di casa rappresentava l’allergene più frequentemente in causa sia nella LAR sia nella rinite allergica comune. Tutto ciò dimostra come la LAR non sia poi così rara nei pazienti con rinite, e che la definizione di LAR consente di identificare come allergici non pochi soggetti che diversamente sarebbero diagnosticati come non allergici. Oltre al test di provocazione nasale, esiste un’altra tecnica, introdotta da Marcucci e Sensi, che si fonda sul riscontro di IgE specifiche nella mucosa nasale [6]. Con il test delle IgE specifiche nasali, l’allergene, legato a un supporto in cellulosa, viene posizionato in un punto preciso della mucosa nasale (il tratto posteriore dell’ostio interno) e tenuto in sede per 10 minuti. Il risultato del test viene espresso dalla lettura con metodo colorimetrico basato su una scala da 0 (negativo) a 4 (estremamente positivo) (Figura 1). Un recente studio ha confrontato il test di provocazione nasale e la presenza di IgE specifiche nasali in 55 soggetti pediatrici affetti da rinite nei mesi di presenza di spore di Alternaria nell’atmosfera. Ben il 70 per cento dei pazienti presentava concomitante positività del test di provocazione e delle IgE specifiche nasali per Alternaria, mentre la positività concomitante di test di provocazione e prick test era presente solo nel 27 per cento dei pazienti, con una differenza estremamente significativa (p <0,0001). Tale osservazione induce a considerare che la sensibilizzazione ad Alternaria è documentata molto spesso dalla produzione di IgE specifiche nella mucosa nasale [11]. Altra osservazione di interesse è rappresentata dal fatto che una polisensibilizzazione ad aeroallergeni clinicamente rilevante può riscontrarsi in soggetti rinitici con LAR e può essere svelata da multipli test di provocazione nasale [12].

la misurazione di IgE specifiche

Fisiopatologia della LAR Gli aspetti fisiopatologici della LAR non sono del tutto noti, comunque disponiamo di un certo numero di evidenze che chiariscono i meccanismi alla base della produzione di IgE in situ. Tra questi, è stato dimostrato che i linfociti B nasali esprimono geni transcrizionali e mRNA per la catena pesante delle IgE [13]. In pazienti con risposta negativa al test per IgE specifiche è stato possibile mettere in evidenza grazie alla tecnica di ibridizzazione in situ un pattern infiammatorio di tipo Th2, con incrementato numero di cellule B IgE+, mastociti ed eosinofili [14]. Una flogosi nasale Th2 IgE-mediata è stata confermata in pazienti con LAR, nei quali la valutazione citometrica del liquido di lavaggio nasale ha evidenziato un fenotipo leucocito-linfocito con aumentato numero di mastcellule, basofili, eosinofili, T-cellule CD3+ e CD4+ durante naturale esposizione all’allergene responsabile (graminacee) paragonabile a quello dei pazienti con rinite allergica comune [15]. Nello stesso studio, il test di provocazione con graminacee scatenava una risposta di tipo immediato (associata al rilascio di triptasi) e una risposta di tipo ritardato, a supporto di una produzione locale delle IgE. Resta non risolto un aspetto interessante relativo alla comprensione di quali siano in realtà i fattori che vanno a differenziare la produzione sistemica delle IgE, che si realizza nei soggetti con rinite allergica tradizionale, dalla produzione esclusivamente locale

delle IgE che si verifica nei soggetti con LAR. È intenasali ressante considerare che i soggetti con test positivi per IgE, ma clinicamente asintomatici, noti come atopici asintomatici, non presentano IgE specifiche nella mucosa nasale [16]. Del resto, è comprensibile che i soggetti con presenza di IgE specifiche a livello nasale, e al tempo stesso negativi a prick test e IgE specifiche, siano clinicamente sintomatici a differenza di quelli che presentano positività ai comuni test, ma non hanno IgE specifiche nasali, cioè nella sede di malattia.

L’ALLERGIA RESPIRATORIA SOSTENUTA DA MECCANISMI CELLULO-MEDIATI In letteratura da alcuni anni sono stati registrati non pochi contributi finalizzati alla comprensione del ruolo della componente cellulo-mediata, coinvolta non solo nei soggetti con dermatite atopica (DA), ma anche nei soggetti con patologia respiratoria (rinite, rinosinusite, asma) laddove i prick test o le IgE specifiche risultino negativi. Fisiopatologia della dermatite atopica e il ruolo degli acari della polvere È comprensibile che l’allergene più frequentemente in causa e, pertanto, positivo al test risulti essere l’acaro della polvere, e soprattutto Dermatophagoides pteronyssinus e Dermatophagoides farinae (entrambi appartenenti alla famiglia dei Pyroglyphidae) le cui feci sono abbondantemente presenti nella polvere di casa, nell’arredo dei letti, nei tendaggi e nei tappeti. Gli acari sono gli allergeni più frequentemente presenti in tutti i continenti, venendo risparmiate solo l’alta montagna (oltre 2.000 metri) e le regioni polari. In Italia la prevalenza del D. pteronyssinus, in termini di positività al prick test, è mediamente del 12 per cento. Conosciamo ben 22 componenti allergeniche degli acari, taluni di maggiore interesse e importanza perché responsabili della produzione di più del 50 per cento

MEDICO E PAZIENTE

2.2014

15


allergologia delle IgE presenti nei soggetti sensibilizzati agli acari (allergeni maggiori). Molti dei suddetti allergeni sono enzimi proteolitici, noti come Der p 1 e Der p 2 per il D. pteronyssinus e rispettivamente Der f 1 e Der f 2 per il D. farinae [17]. Grazie all’attività proteolitica, i Dermatophagoides riescono a realizzare agevolmente il percorso che porta prima alla sensibilizzazione e poi all’allergia perché facilitati nell’attraversare la cute, a partire dallo strato corneo, dalla presenza di alterazioni a carico dei cheratinociti, soprattutto nei soggetti con DA e specialmente se in età pediatrica [18]. Un ulteriore vantaggio per gli acari è offerto dalle disfunzioni cutanee secondarie alle mutazioni del gene di filaggrina presenti nel 9 per cento della popolazione europea. La filaggrina, presente nello strato granulare dell’epidermide, è una proteina chiave che deriva dalle pro-filaggrine, metabolizzata dalla capsasi-14 nelle cellule costituenti lo strato corneo, dove viene degradata in aminoacidi liberi essenziali per la normale idratazione della cute e per il mantenimento della corretta osmolarità della cute stessa [19]. Studi recenti hanno dimostrato che le mutazioni con perdita di funzione del gene che codifica la filaggrina sono associate con lo sviluppo di DA [20]. Gli acari vedono poi facilitato il lavoro di sensibilizzazione prima e di allergizzazione poi in virtù del legame con le IgE. Infatti l’alterata funzionalità dei cheratinociti, la diminuita capacità di barriera dello strato corneo verso batteri, virus, muffe, e anche allergeni, porta a una pronta interazione con le cellule deputate in loco a gestire il sistema immunitario. Prendono così avvio le reazioni immunologiche sia di tipo immediato, sia di tipo ritardato e quindi cellulomediate. Questi meccanismi sono utili alla comprensione del ruolo più importante che dobbiamo riconoscere all’acaro della polvere che, più di altri allergeni, prende parte nel processo di fisiopatologia della DA. Deve essere sottolineato che nella sensibilizzazione e allergizzazione propriamente detta, gli acari si avvalgono più facilmente di meccanismi cellulo-mediati [17]. Strumenti diagnostici: l’atopy patch test Tutto ciò rende comprensibile come nell’ambito delle chance diagnostiche uti-

16

MEDICO E PAZIENTE

2.2014

Figura 2

Modalità di applicazione e risultato positivo dell’atopy patch test

lizzabili in campo allergologico sia il prick test sia il dosaggio delle IgE specifiche soffrano di evidenti limiti. Mentre è quanto mai opportuno considerare il reale ruolo dell’atopy patch test (APT), che vanta solo un quarto di secolo di storia per essere stato proposto nel 1989 da Ring [21]. In realtà l’APT, eseguito con la stessa tecnica del patch test per le dermatiti da contatto (Figura 2), ci consente di esplorare, attraverso meccanismi cellulo-mediati di ipersensibilità ritardata, il ruolo che gli aeroallergeni possono assumere in soggetti con DA. Dimostrazioni di tipo istologico evidenziano come in soggetti sottoposti ad APT, dopo 24 ore dall’effettuazione del test, si possa osservare tramite biopsia un pattern citochinico di tipo Th2, mentre alla successiva osservazione, a distanza di 48 ore dal test, ci si trova a rilevare le chiare stigmate di tipo Th1, evidenza quest’ultima dell’avvenuto shift Th2"Th1 [22]. Non sarà superfluo ricordare che il pattern Th1 caratterizza la DA di tipo cronico. Studi specifici hanno documentato come dopo aver applicato il cerotto per APT sulla cute dei nostri pazienti portatori di DA si sia

registrata una marcata presenza di cellule infiammatorie dendritiche dell’epidermide [23]. Sicuramente l’impiego dell’APT riesce a trovare un giusto inquadramento dei tanti pazienti che, già classificati come portatori di DA di tipo “intrinseco” perché negativi a prick test e IgE specifiche, dimostrano di avere un APT positivo per gli acari. Uno studio di Darsow e coll. ha riportato un dato di grande interesse, documentando come nel 7 per cento di un gruppo di pazienti con DA si registrava positività ad APT mentre prick test e IgE specifiche erano negativi [24]. Altri contributi scientifici hanno conferito ulteriore spessore scientifico all’impiego dell’APT indicando come questo test possa trovare un razionale non solo nei pazienti con DA, ma anche in soggetti che, con anamnesi positiva per DA, presentino sintomatologia respiratoria di tipo rinite o asma: studi italiani hanno registrato una più elevata frequenza di positività di APT che non di prick test non solo nei pazienti con DA, ma anche nei pazienti con soli sintomi respiratori [25, 26]. Questi studi ci portano a considerare il reale ruolo dei fattori alla base del risultato positivo ad APT nei pazienti affetti da patologia respiratoria. In realtà, in soggetti con rinite e/o asma si riscontrava una positività ad APT per acari fortemente associata a storia clinica di DA attuale o anamnestica, mentre non pochi soggetti con patologia respiratoria, ma senza evidenza alcuna di DA presentavano positività al prick test. L’analisi multivariata evidenziava come particolarmente elevata sia la probabilità di avere DA in pazienti con APT positivo (Odds Ratio, OR 21,9, p 0,006) sia la probabilità di registrare APT positivo in soggetti con DA (OR 17,4, p <0,001) e in soggetti con DA e patologia respiratoria (OR 21,9, p 0,006), come anche in pazienti con DA anamnestica e sintomatologia respiratoria (OR 22,8, p <0,001). Ciò rende evidente che i soggetti con DA hanno due diversi pattern di risposta allergica agli allergeni, una IgE-mediata (come indicato dalla positività al prick test), l’altra cellulo-mediata (come indicato dalla positività ad APT). Il primo tipo di risposta diventa più frequente con lo sviluppo di sintomi respiratori, in parallelo con l’età, ma decresce quando la DA non è più presente clinicamente.


Figura 3

Algortimo diagnostico per la rinite Rinorrea Starnuti Prurito nasale Ostruzione nasale

Sintomi oculari associati

Sintomi bronchiali associati

Prick test Misurazione di IgE specifiche

Positivi

Negativi Misurazione di IgE nasali o test di provocazione nasale

Diagnosi di allergia IgE-mediata Positivi

Negativi

Atopy patch test

Diagnosi di rinite allergica locale Positivo Diagnosi di allergia cellulo-mediata

In contrasto, il secondo tipo di risposta persiste anche dopo la remissione della DA ed è probabilmente implicato nella patogenesi dell’allergia respiratoria quando non sono identificabili IgE specifiche. Da qui, un’importante messaggio che ci porta a considerare come nei pazienti che anamnesticamente non abbiano una storia di DA la sensibilizzazione all’allergene, e in particolare all’acaro, possa prendere le mosse dalle vie respiratorie per realizzare un percorso caratterizzato dallo sviluppo di un pattern di tipo Th2 che conduce alla produzione di IgE specifiche e quindi al realizzarsi di risposte positive in termini di prick test e dosaggio di IgE specifiche [27]. I risultati di questi studi non possono non interessare quanti si occupano quotidianamente di diagnostica allergologica, che dovrebbero attentamente considerare l’impiego dell’APT laddove prick test e IgE

specifiche negativi porterebbero a escludere una diagnosi di allergia in un paziente la cui anamnesi documenta una pregressa DA, mentre l’anamnesi presente indica la patologia respiratoria. La storia della diagnostica allergologica ci fa considerare che è sempre più necessario promuovere ulteriori studi che permettano di superare quello che, oggigiorno, resta un vero vuoto: non disponiamo, infatti, di studi che dimostrino che in soggetti negativi ai test per IgE si possa registrare un’isolata risposta ritardata al test di provocazione con l’allergene. Sicuramente sono necessari ulteriori studi finalizzati a conferire maggiore significato all’impiego diagnostico dell’APT, e ci piace pensare a studi che vogliano prendersi cura del risultato in sede di APT dopo esposizione all’allergene, così come resta da esplorare in termini comparativi l’APT con il test nasale.

Negativo

Sintomi non allergici

Quale gestione per il soggetto con verosimile patologia allergica, ma con test per IgE negativi? Un punto di domanda certamente interessante, stimolante, che non può lasciare indifferente l’allergologo. È più che certo, diremmo scontato, che non tutti gli “allergici” sono poi realmente allergici, come non si può pensare a ogni rinite e a ogni asma in termini di allergia. Se pensiamo ai dati epidemiologici, quelli più recenti ci autorizzano a stimare “intrinseco” (cioè non allergico) l’asma nel 10-33 per cento del totale della popolazione degli asmatici [28]; quanto poi ai rinitici, i dati USA documentano l’8 per cento della popolazione generale statunitense quale coinvolta da rinite non allergica [29]; stima questa non lontana dai dati riferiti da Rondon che

MEDICO E PAZIENTE

2.2014

17


allergologia valuta la rinite non allergica in misura dell’11 per cento nel territorio spagnolo [10]. Va de sé che resta un fondamentale punto di domanda: sono queste stime davvero reali? Potremmo avere ben altri dati laddove la ricerca da parte dell’allergologo non si limitasse al prick test e al dosaggio delle IgE specifiche? Si tratti di asma o di rinite, c’è da pensare che realmente la popolazione dei non allergici possa vedersi ridimensionata nel momento in cui si ponga attenzione a test aggiuntivi. Rondon ha descritto la LAR con caratteristiche cliniche ben delineate che, ai fini della definizione diagnostica, rendono necessario un test di provocazione nasale o il dosaggio delle IgE nasali. Inoltre, più recentemente la letteratura ci ha messo a disposizione contributi che evidenziano il ruolo della diagnostica molecolare fondata sulla ricerca e identificazione dei singoli componenti allergenici, che possono essere estremamente utili nel rafforzare il significato delle osservazioni [30]. Inoltre, dobbiamo considerare che da circa tre lustri si registrano sempre più evidenze che documentano come rinite e/o asma possano trovare la loro logica nell’ottica di meccanismi mediati da Tcellule. Gli scenari che possiamo vivere nei nostri ambulatori ci portano a conoscere soggetti la cui storia ci parla di DA vuoi attuale, vuoi pregressa, mentre i test per IgE negano ogni ipotesi di allergia. In queste circostanze non possiamo a priori escludere in termini di fisiopatologia un meccanismo mediato da cellule T, di ipersensibilità ritardata, che è alla base dei sintomi e che trova opportuno riscontro nell’esecuzione dell’APT. Certamente, l’allergene più frequentemente in causa è l’acaro, per i meccanismi precedentemente menzionati, ma l’APT può evidenziare positività anche per altri allergeni (graminacee, Alternaria, composite, cipresso, Parietaria, gatto). Pertanto riesce utile e pratico rifarsi alla figura 3 che mostra un algoritmo da considerare nella pratica quotidiana per giungere a una compiuta diagnosi allergologica che ci consenta di riconoscere in maniera attenta il nostro paziente come “allergico” o “non allergico” soprattutto nel momento in cui è forte l’evidenza della storia clinica mentre i test per IgE sembrano volerla negare. In tal caso dovremo valutare la

18

MEDICO E PAZIENTE

2.2014

possibilità di una LAR, che richiede ovviamente un completamento diagnostico, così come non possiamo escludere che alla base della storia del nostro paziente ci sia una patogenesi cellulo-mediata. Giungere a conclusione di un percorso diagnostico che serva a evitare di considerare “non allergico” un paziente conduce a una corretta gestione dello stesso paziente, per poter realizzare ogni opportuna strategia finalizzata all’allontanamento dell’allergene e alla realizzazione di un’adeguata prevenzione, valorizzando al tempo stesso questa evidenza diagnostica per un autentico intervento educazionale e, perché no, per orientarsi e motivarsi per l’approccio all’immunoterapia specifica .

BIBLIOGRAFIA 1. Silvestri M, Rossi GA et al. Age-dependent tendency to become sensitized to other classes of aeroallergens in atopic asthmatic children. Ann Allergy Asthma Immunol 1999; 83: 335–340. 2. Ciprandi G, Alesina R et al. Characteristics of patients with allergic polysensitization: the POLISMAILstudy. Eur Ann Allergy Clin Immunol 2008; 40: 77–83. 3. Bousquet J, Antò JM et al. Factors responsible for differences between asymptomatic subjects and patients presenting an IgE sensitization to allergens. A GA2LEN project. Allergy 2006; 61: 671–680. 4. Melioli G, Compalati E et al. The added value of allergen microarray technique to the management of poly-sensitized allergic patients. Curr Opin Allergy Clin Immunol 2012; 12: 434–439. 5. Huggins KG, Brostoff J. Local production of specific IgE antibodies in allergic- rhinitis patients with negative skin tests. Lancet 1975; 2: 148–150. 6. Marcucci F, Sensi L. A new method for IgE detection in nasal mucosa. Clin Exp Allergy 1989; 19: 157–162. 7. Powe DG, Jagger C et al.“Entopy”: localized mucosal allergic disease in the absence of systemic responses for atopy. Clin Exp Allergy 2003; 33: 1374–1379. 8. Fuiano N, Incorvaia C. The importance of measuring nasal IgE in children and adults with rhinitis and negative skin tests. It J Allergy Clin Immunol 2007; 17: 58–61. 9. Rondón C, Canto G et al. Local allergic rhinitis: a new entity, characterization and further studies. Curr Opin Allergy Clin Immunol 2010; 10: 1–7. 10. Rondón C, Campo P et al. Prevalence and clinical relevance of local allergic rhinitis. Allergy 2012; 67:1282-1288. 11. Fuiano N, Fusilli S et al. A role for measurement of nasal IgE antibodies in diagnosis of Alternaria-induced rhinitis in children. Allergol Immunopathol (Madr) 2012; 40: 71–74. 12. Rondón C, Campo P et al. Nasal allergen provocation test with multiple aeroallergens detects polysensitization in local allergic rhinitis. J Allergy Clin Immunol 2011; 128: 1192–1197. 13. Durham SR, Gould HJ et al. Expression of the epsilon

germ-line gene transcripts and mRNA for the epsilon heavy chain of IgE in nasal B cells and the effects of topical corticosteroid. Eur J Immunol 1997; 27: 2899–2906. 14. Powe DG, Huskisson RS et al. Evidence for an inflammatory pathophysiology in idiopathic rhinitis. Clin Exp Allergy 2001; 31: 864–872. 15. Rondón C, Doña I et al. Seasonal idiopathic rhinitis with local inflammatory response and specific IgE in absence of systemic response. Allergy 2008; 63: 1352–1358. 16. Fuiano N, Fusilli S et al. Allergen-specific immunoglobulin E in the skin and nasal mucosa of symptomatic and asymptomatic children sensitized to aeroallergens. J Investig Allergol Clin Immunol 2010; 20: 425–430. 17. Bessot JC, Pauli G. House dust mites allergens. Rev Mal Respir 2011; 28: 475–495. 18. Gupta J, Grube E et al. Intrinsically defective skin barrier function in children with atopic dermatitis correlates with disease severity. J Allergy Clin Immunol 2008; 121: 725–730. 19. Leung DYM. Our evolving understanding of the functional role of filaggrin in atopic dermatitis. J Allergy Clin Immunol 2009; 124: 494–495. 20. Palmer CN, Irvine AD et al. Common loss-of-function variants of the epidermal barrier protein filaggrin are a major predisposing factor for atopic dermatitis. Nat Genet 2006; 38: 441–446. 21. Ring J, Kunz B et al. The “atopy patch test” with aeroallergens in atopic eczema. J Allergy Clin Immunol 1989; 82: 195. 22. Wistokat-Wulfing A, Schmidt P et al. Atopy patch test reactions are associated with T lymphocyte-mediated allergen-specific immune responses in atopic dermatitis. Clin Exp Allergy 1999; 29: 513–521. 23. Kerschenlohr K, Decard S et al. Atopy patch test reactions show a rapid influx of inflammatory dendritic epidermal cells (IDEC) in patients with extrinsic atopic dermatitis and patients with intrinsic atopic dermatitis patients. J Allergy Clin Immunol 2003; 111: 869–874. 24. Darsow U, Laifaoui J et al. The prevalence of positive reactions in the atopy patch test with aeroallergens and food allergens in subjects with atopic eczema: a European multicenter study. Allergy 2004; 59: 1318–1325. 25. Fuiano N, Incorvaia C et al. Relationship between the atopy patch test and clinical expression of the disease in children with atopic eczema/dermatitis syndrome and respiratory symptoms. Ann Allergy Asthma Immunol 2008; 101: 174–178. 26. Fuiano N, Fusilli S et al. House dust mite-related allergic diseases: role of the skin prick test, atopy patch test, and RAST in the diagnosis of different manifestations of allergy. Eur J Pediatr 2010; 169: 819–824. 27. Fuiano N, Incorvaia C. The atopy patch test: is it time to redefine its significance? Ann Allergy Asthma Immunol 2011; 106: 278–282. 28. Novak N, Bieber T. Allergic and nonallergic forms of atopic diseases. J Allergy Clin Immunol 2003; 112: 252–262. 29. Settipane RA, Charnock DR. Epidemiology of rhinitis: allergic and nonallergic. Clin Allergy Immunol 2007; 19: 23–34. 30. Reisacher WR. Detecting local immunoglobulin E from mucosal brush biopsy of the inferior turbinates using microarray analysis. Int Forum Allergy Rhinol 2013; 3: 399-403.


SEMPRE PIÙ DIFFICILE! La crisi economica e le difficoltà dell'editoria rendono sempre più difficile far arrivare la rivista sulla scrivania del Medico

Assicurarsi tutti i numeri di Medico e Paziente è facile

Periodico di formazione e informazione per il Medico di famiglia Anno XXXVIII n. 6 - 2012

Periodico di aggiornamento e informazione in collaborazione con

6

CLINICA

DEMENZE gli interventi non farmacologici sui sintomi comportamentali IPERURICEMIA quali effetti sul rischio cardiovascolare e renale DIABETE DI TIPO 2 le evidenze sul ruolo protettivo del consumo di caffè PSORIASI LIEVE-MODERATA progressi nel trattamento topico

MP

Le Miopatie metaboliche Approccio diagnostico e terapeutico

>s Antonio Toscano, Emanuele Barca, Mohammed Aguennouz, Anna Ciranni, Fiammetta Biasini, Olimpia Musumeci

TERAPIA

Profilassi dell’emicrania Principi generali e farmaci

>s Domenico D’Amico

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI - € 3,00

Anno VIII- n. 2 - 2012 Mensile € 5,00

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI

RINNOVA SUBITO L'ABBONAMENTO!

64° AAN ANNUAL MEETING

Le novità dal Congresso dei neurologi americani

2

I farmaci in fase avanzata di sviluppo per la SM

MP

15,00 euro

Medico e Paziente

25,00 euro

Le modalità di pagamento sono le seguenti Bollettino di c.c.p. n. 94697885 intestato a: M e P Edizioni - Medico e Paziente srl Via Dezza, 45 - 20144 Milano Bonifico Bancario Banca Popolare di Milano IBAN: IT 70 V 05584 01604 000000023440 Conto intestato a M e P Edizioni-Medico e Paziente Specificare nella causale l'indirizzo per la spedizione

Medico e Paziente + La Neurologia Italiana

Comunicaci la tua e-mail all'indirizzo abbonamenti@medicoepaziente.it e

IL TUO ABBONAMENTO DURERÀ 6 MESI IN PIÙ


CARDIOLOGIA

DIFFERENZE di GENERE nelle ARITMIE CARDIACHE Il ruolo degli ormoni sessuali femminili nell’elettrofisiologia La situazione ormonale nella vita fertile della donna ha un ruolo importante nell’elettrofisiologia cardiaca e condiziona l’incidenza di molte aritmie cardiache. L’articolo pone l’attenzione sulle alterazioni del ritmo cardiaco meritevoli di attenzione da parte del MMG

N

egli ultimi anni si è preso atto che ci sono importanti differenze nella presentazione e nel decorso clinico di molte malattie cardiache nelle donne rispetto agli uomini, e che di queste variabili è necessario tenere conto nella prevenzione e nella terapia delle pazienti. La situazione ormonale nelle varie fasi del ciclo mestruale e della vita fertile della donna ha un ruolo importante nell’elettrofisiologia cardiaca e nell’incidenza, nella prevalenza e nella prognosi di molte aritmie cardiache, sebbene si riconosca che le differenze di genere nelle alterazioni del ritmo cardiaco dipendono da meccanismi multipli, solo in parte conosciuti. È noto che nella donna si riscontrano frequenze cardiache a riposo più elevate, intervalli PR più brevi e intervalli QT più lunghi rispetto all’uomo. L’incidenza della fibrillazione atriale (AF) è più bassa nella popolazione femminile, tuttavia il tasso di complicazioni è maggiore. Nelle donne è più alta

a cura di Piera Parpaglioni

20

MEDICO E PAZIENTE

2.2014

la prevalenza di sindrome del QT lungo (LQTS) congenita e acquisita, mentre è minore l’incidenza di morte cardiaca improvvisa e di aritmie ventricolari, se si escludono quelle associate con LQTS. In queste pagine intendiamo portare l’attenzione sul problema, con un richiamo delle caratteristiche salienti dell’elettrofisiologia cardiaca femminile e delle aritmie di più frequente riscontro nelle donne (Tabella 1), sulla base dei dati offerti da alcune recenti revisioni della letteratura, come quelle pubblicate su Cardiology in Review (1) e su Current Opinion in Cardiology (2). A una specialista aritmologa, la dottoressa Maria Grazia Bongiorni, direttore dell’Unità Operativa Cardiologia 2 dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana e past president dell’Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione, abbiamo chiesto quali di questi disturbi richiedono l’attenzione del MMG nella pratica ambulatoriale e quali consigli ritiene utili per la gestione delle pazienti con un problema aritmico o a rischio (intervista nel riquadro).

EFFETTI DEGLI ORMONI SESSUALI FEMMINILI SULLA FISIOLOGIA CARDIACA y Estrogeni. Gli effetti biologici di questi ormoni (il più attivo dei quali è l’estradiolo) sono mediati dai recettori per gli estrogeni (ER) alfa e beta, che sono presenti a livello cardiaco su miociti, fibroblasti e cellule endoteliali, e che si trovano in concentrazione più elevata nei miociti atriali rispetto a quelli ventricolari. A livello cellulare i recettori sono presenti nel compartimento citoplasmatico e in quello nucleare e l’azione ormonale si esplica in due modi. Alcuni effetti hanno luogo nell’arco di ore o giorni e coinvolgono l’espressione di geni, attraverso gli ER nucleari, secondo la via che è denominata “genomica” o classica. Altri effetti hanno luogo rapidamente, nell’arco di secondi o minuti, e coinvolgono vie di trasduzione di segnali di membrana, secondo la modalità denominata “non genomica”. Molti degli effetti elettrofisiologici degli estrogeni avvengono rapidamente proprio attraverso quest’ultima via. Gli effetti inotropo negativo e cronotropo negativo degli estrogeni sono documentati in letteratura. Molte delle azioni degli estrogeni sui canali ionici si svolgerebbero a concentrazioni ben più elevate di quelle fisiologiche, ma si ritiene che esista anche una biosintesi locale di questi ormoni, che permetterebbe di raggiungere concentrazioni sufficienti a produrre gli effetti menzionati (la presenza dell’enzima necessario per la sintesi ormonale è stata rilevata, a livello sperimentale, sui cardiomiociti). y Progesterone. Anche questo steroide esplica i suoi effetti attraverso due vie,


genomica mediata dai recettori nucleari, e non-genomica mediata dalla trasduzione di segnali dai recettori di membrana. Nel sistema cardiovascolare i recettori per il progesterone (che possono essere indotti dagli estrogeni) sono espressi sulle cellule muscolari lisce vascolari, sulle cellule endoteliali e sui miociti cardiaci. Sono disponibili meno dati sul ruolo cardiovascolare del progesterone, in linea generale si ritiene che i suoi effetti siano opposti a quelli degli estrogeni. Sia la durata del potenziale d’azione, sia l’intervallo QT sono più brevi durante la fase luteale, sotto l’influenza del progesterone.

PRINCIPALI DIFFERENZE NEI PARAMETRI ELETTROFISIOLOGICI ED ELETTROCARDIOGRAFICI IN BASE AL SESSO y Frequenza cardiaca. Com’è noto da tempo, le donne hanno frequenze cardiache più elevate a riposo rispetto agli uomini (Tabella 2). Il quadro ormonale, il tono autonomico e una non meglio definita componente “intrinseca” sono stati suggeriti come fattori eziologici. Le differenze tra i due sessi nella frequenza cardiaca a riposo compaiono con la pubertà, tuttavia alcuni studi hanno riscontrato frequenze cardiache più elevate già nelle bambine di 5 anni. Inoltre alcuni studi mostrano che nelle donne la frequenza cardiaca più elevata persiste anche dopo il blocco autonomico simpatico e parasimpatico (con propranololo e atropina). Quindi sia il fattore ormonale sia quello autonomico da soli non bastano a spiegare questo fenomeno. Si è ipotizzata pertanto l’esistenza di un “fattore intrinseco” alla frequenza cardiaca nel sesso femminile (1). Resta comunque il fatto che le differenze nella frequenza appaiono evidenti all’incirca attorno alla pubertà e persistono fino alla menopausa, confermando quindi il ruolo importante del fattore ormonale. y Variabilità della frequenza cardiaca (HRV). La HRV è influenzata dall’età, dallo stress e da molteplici altri fattori, mentre non vi è consenso sul ruolo giocato dal sesso e dai fattori ormonali. È stato dimostrato che nelle donne l’HRV

Tabella 1

Principali differenze di genere nelle aritmie cardiache Aritmia

Descrizione

Tachicardia sinusale inappropriata

Si verifica quasi esclusivamente nelle donne

TRNAV

Più frequente nelle donne (rapporto 2:1)

TRAV e WPW

Più frequenti negli uomini (rapporto 2:1)

Fibrillazione atriale

Rischio 1,5 volte più elevato negli uomini Prevalenza totale e incidenza di complicazioni più elevata nelle donne Efficacia ablazione transcatetere simile nei 2 sessi

LQTS (congenita e acquisita)

Più frequente nelle donne

SCD

Più frequente negli uomini

Note: TRNAV: tachicardia reciprocante nodale atrioventricolare TRAV: tachicardia reciprocante atrioventricolare WPW: sindrome di Wolff-Parkinson-White LQTS: sindrome del QT lungo SCD: morte cardiaca improvvisa Fonte: modificata da Rivero A, Curtis AB. Curr Opin Cardiol 2010; 25: 8-15.

Tabella 2

Differenze di genere nell’elettrofisiologia cardiaca Donne

Uomini

Più elevata

Più bassa

Intervallo PR

Più breve

Più lungo

Intervallo Atrio-His

Più breve

Più lungo

Intervallo His-ventricolo

Più breve

Più lungo

Periodo refrattario effettivo nodo AV

Più breve

Più lungo

Tempo di ripristino del nodo del seno

Più breve

Più lungo

Lunghezza ciclo nodo del seno

Più breve

Più lunga

Intervallo QT

Più lungo

Più breve

Via rallentamento nodo AV

Più breve

Più lunga

Lunghezza ciclo di blocco AV

Più breve

Più lunga

Frequenza cardiaca a riposo

Note: Queste differenze si riducono con l’età, ma persistono anche dopo la menopausa. Fonte: Pampana Gowd BM, Thompson PD. Cardiology in Review 2012; 20: 297-303.

è maggiore in fase ovulatoria, in correlazione con alti livelli di estrogeni. In linea generale, la maggiore variabilità della frequenza cardiaca è una misura indiretta di un aumentato tono parasimpatico e si associa con un incremento della morbilità e della mortalità per cause cardiache. y Minore durata dell’intervallo PR. Nelle donne si registrano onde P più piccole e una durata più breve rispetto agli uomini dell’intervallo PR, dell’intervallo QRS, degli intervalli atrio-His (AH) e His-

ventricolo (HV), e del periodo refrattario effettivo del nodo atrioventricolare. Si osservano anche una minore lunghezza del ciclo sinusale e del tempo di ripristino seno-nodale. I ridotti tempi di conduzione AH e HV contribuiscono alla minore durata dell’intervallo PR. Più breve è anche il ciclo di blocco AV (1-4). Queste caratteristiche elettrofisiologiche sono spiegate in parte dalle minori dimensioni del cuore femminile; è assai probabile inoltre che gli ormoni sessuali influiscano sull’espressio-

MEDICO E PAZIENTE

2.2014

21


CARDIOLOGIA ne dei canali ionici e/o sul funzionamento dei canali stessi. y Intervallo QT più lungo. È documentato che le donne prima della menopausa hanno intervalli QT più lunghi rispetto agli uomini, nonostante abbiano frequenze cardiache a riposo più elevate (fatto che dovrebbe ridurre il QT). Hanno inoltre una maggiore probabilità di sviluppare una torsione di punta (TdP) in conseguenza dell’esposizione a farmaci che prolungano l’intervallo QT. Il sesso femminile è considerato un fattore di rischio indipendente per la sincope e la morte cardiaca improvvisa nella sindrome del QT lungo congenita. Il meccanismo che prolunga la durata dell’intervallo QT prima della menopausa non è chiaro. In generale questo parametro ECG non varia molto nelle diverse fasi del ciclo mestruale, tuttavia alcuni studi hanno notato che l’intervallo QT si accorcia durante la fase luteale. In linea di massima si ritiene che gli estrogeni allunghino, e il progesterone riduca, l’intervallo QT (1,3).

BIBLIOGRAFIA 1) Pampana Gowd BM, Thompson PD. Effect of female sex on cardiac arrhythmias. Cardiology in Review 2012; 20: 297-303. 2) Rivero A, Curtis AB. Sex differences in arrhythmias. Curr Opin Cardiol 2010; 25 :8-15. 3) Yarnoz MJ, Curtis AB. More reasons why men and women are not the same (Gender differences in electrophysiology and arrhythmias). Am J Cardiol 2008; 101: 1291-6. 4) Dagres N, Nieuwlaat R, Vardas P et al. Gender-related differences in presentation, treatment, and outcome of patients with atrial fibrillation in Europe. J Am Coll Cardiol 2007; 49: 572-7. 5) Haigney MC, Zareba W, Nasir JM et al, MADIT II Investigators. Gender differences and risk of ventricular tachycardia or ventricular fibrillation. Heart Rhythm 2009; 6: 180-6. 6) Goldenberg I, Zareba W, Moss AJ. Long QT syndrome. Curr Probl Cardiol 2008; 33: 629-94.

22

MEDICO E PAZIENTE

2.2014

il ruolo del mmg nella gestione della paziente con aritmia cardiaca Il parere della dottoressa Maria Grazia Bongiorni, direttore dell’Unità Operativa Cardiologia 2 dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, Pisa w Medico e paziente. Può delineare in breve i principali disturbi del ritmo cardiaco che interessano in modo particolare le donne e che richiedono l’attenzione del MMG nella pratica ambulatoriale? Maria Grazia Bongiorni. I disturbi del ritmo più frequentemente riscontrati nel sesso femminile sono costituiti prevalentemente da tachiaritmie sopraventricolari, in particolare spicca la tachicardia reciprocante nodale atrio ventricolare (TRNAV) o tachicardia giunzionale, che costituisce circa il 60 per cento delle tachiaritmie sopraventricolari. Si stima che il rapporto femmina-maschio relativo alla prevalenza della TRNAV sia di 2:1. Tale differenza può essere attribuita agli effetti esercitati dagli ormoni sessuali femminili sulla conduzione atrioventricolare e sul sistema nervoso autonomo. A conferma di ciò si è osservato che durante la fase luteale del ciclo mestruale si verifica un aumento delle recidive di TRNAV; per contro, durante la fase follicolare, si osserva una non inducibilità della stessa durante studio elettrofisiologico. Un’altra aritmia quasi esclusiva del sesso femminile, considerata rara, è costituita dalla tachicardia sinusale inappropriata. Tale disturbo del ritmo è caratterizzato da un incremento della frequenza sinusale a riposo e da un eccessivo aumento di frequenza durante attività fisica, in assenza di cardiopatia strutturale. Per quanto riguarda le tachiaritmie ventricolari si osserva maggiore prevalenza nel sesso femminile di tachicardie ventricolari monomorfe


idiopatiche a origine dal tratto di efflusso del ventricolo destro e infine risulta netta la maggiore incidenza nelle donne di aritmie ventricolari nel contesto di sindromi congenite o acquisite di QT lungo, nelle quali gli ormoni femminili potrebbero favorire alterazioni regionali della ripolarizzazione ventricolare favorendo aritmie. Può essere interessante sottolineare inoltre l’associazione aritmie-gravidanza. I disturbi del ritmo sono infatti, più frequenti nella fase avanzata della gravidanza mentre il periodo post partum è invece maggiormente suscettibile per le pazienti con sindrome del QT lungo. w MeP. Sono disponibili dati italiani riguardanti le aritmie cardiache che colpiscono soprattutto le donne o che presentano maggiore gravità nel sesso femminile? MGB. Non sono purtroppo disponibili dei registri che raccolgano in modo sistematico i dati italiani relativi alle aritmie nel sesso femminile. Diverse sono le rassegne sulle differenze legate al sesso nelle aritmie sulla base della letteratura internazionale disponibile. Queste conferiscono un quadro, seppur parziale, della casistica su cui lavoriamo quotidianamente. w MeP. Ritiene che la gestione delle aritmie cardiache, per quanto compete il MMG, necessiti di raccomandazioni specifiche per le donne rispetto agli uomini? MGB. Vista l’importanza delle influenze ormonali sulla genesi dei disturbi del ritmo nel sesso femminile, il MMG che si trova di fronte a un’aritmia, nota o sospetta, dovrebbe indagare in prima istanza disfunzioni endocrine con particolare attenzione ai distiroidismi. Si ricorda che la patologia tiroidea, in generale, e le tiroiditi autoimmuni, nello specifico, hanno una chiara prevalenza nel sesso femminile. Particolare accortezza va inoltre posta nella gestione delle terapie antiaritmiche. È noto l’effetto tireotossico dell’amiodarone, frequente causa di ipo- e ipertiroidismi secondari. Su questa base occorre monitorare la funzionalità tiroidea durante il trattamento. Importante inoltre, per il MMG è saper porre il dubbio diagnostico di tachicardia sopraventricolare in una giovane donna in apparente buona salute. Caratteristiche frequentemente descritte dalle pazienti affette da TPSV sono: sensazione di cardiopalmo a insorgenza improvvisa e a regressione improvvisa, non necessariamente correlata a sforzi fisici. È proprio sulla regressione dell’aritmia, improvvisa spesso spontanea

o associata a manovre vagali, che si basa un fondato sospetto diagnostico di tachicardia parossistica. Un capitolo a sé stante è costituito dalle aritmie che insorgono durante la gravidanza. Esse sono prevalentemente benigne e nel trattamento occorre osservare il criterio di necessità/sicurezza, e indirizzare le pazienti verso lo specialista aritmologo. Nei casi in cui gli eventi aritmici si presentassero come fortemente sintomatici e ripetuti, per fortuna raramente, possiamo valutare l’opportunità di intervenire. Presso il nostro centro abbiamo esperienza di ablazione transcatetere del substrato aritmico, con minima esposizione alle radiazioni ionizzanti, grazie alla guida dell’ecocardiografia intravascolare e al mappaggio elettroanatomico tridimensionale. w MeP. Le donne con fibrillazione atriale hanno un rischio di ictus aumentato rispetto agli uomini con lo stesso disturbo. Quanto pesa questo rischio nel decidere quando iniziare un trattamento anticoagulante? MGB. L’appartenenza al sesso femminile conferisce un aumentato rischio tromboembolico in corso di fibrillazione atriale e questo influenza le decisioni terapeutiche del medico. Basti pensare ai dati dell’Euro Heart Survey sulle donne con fibrillazione atriale che evidenziano un rischio di ictus aumentato dell’83 per cento al follow up a un anno rispetto agli uomini. Nelle precedenti scale di rischio di eventi embolici (CHADS2) non veniva preso in considerazione il genere, introdotto invece nel più recente CHADS-VASc. Secondo quest’ultimo l’appartenenza al sesso femminile costituisce di per sé un fattore di rischio (FdR). Quindi, la presenza di un ulteriore FdR (tra i seguenti: 1ipertensione, 2- età >75 anni, 3- insufficienza cardiaca congestizia, 4- storia di ictus/TIA/tromboembolismo, 5- diabete mellito) in una donna è sufficiente a giustificare l’inizio di una terapia anticoagulante.

MEDICO E PAZIENTE

2.2014

23


ViroPharma

Medtronic

Il monitor cardiaco impiantabile diventa “mini”

I

monitor cardiaci impiantabili rappresentano ormai uno strumento insostituibile per il clinico, al fine di controllare in modo duraturo e affidabile le anomalie del ritmo cardiaco, prima fra tutte la fibrillazione atriale. Nel corso degli anni questi dispositivi sono stati oggetto di una continua evoluzione e miniaturizzazione, tanto da avere a disposizione oggi strumenti piccolissimi, addirittura con dimensioni di circa un terzo di una normale pila alcalina. È questo il caso di Reveal LINQ, messo a punto da Medtronic, che viene iniettato sottocute con una semplice siringa e permette di monitorare il cuore di un paziente per un periodo di tre anni. I primi impianti di questo dispositivo sono stati effettuati con successo all’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino su due pazienti con sincope e sospetta fibrillazione atriale silente. Attraverso un monitor esterno (MyCareLink) posizionato nell’abitazione del paziente, che utilizza la tecnologia cellulare della telefonia mobile, i dati diagnostici vengono trasmessi direttamente in ospedale. In questo modo si ha la registrazione completa e precisa di tutti i dati cardiaci del paziente per tre anni.

Nuova opzione di terapia per l’insufficienza surrenalica

L’

insufficienza surrenalica (IS) è una malattia rara, potenzialmente letale, causata dall’incapacità delle ghiandole surrenali di produrre una quantità sufficiente di cortisolo. Esistono due tipi di IS: primaria (morbo di Addison), dovuta a una graduale distruzione della corteccia surrenale da parte del sistema immunitario e quella secondaria, più comune, che si verifica quando l’ipofisi non è in grado di stimolare la secrezione di cortisolo. I pazienti con IS necessitano di una terapia sostitutiva cronica con glucocorticoidi, di cui il più utilizzato è l’idrocortisone. La terapia è disponibile da più di 50 anni, ma non è stata finora in grado di simulare la naturale variazione dei livelli di cortisolo nell’organismo, neppure con somministrazioni ripetute nell’arco della giornata. Ecco perché è importante segnalare che dallo scorso 3 marzo, per i pazienti italiani affetti da IS è disponibile un nuovo trattamento, idrocortisone a rilascio modificato (Plenadren®), appositamente sviluppato per riprodurre le naturali variazioni del cortisolo nell’organismo durante la giornata. Idrocortisone a rilascio modificato è indicato negli adulti con IS, e rappresenta una svolta terapeutica dopo decenni di scarsa innovazione nell’ambito delle formulazioni orali.

Nathura

La sinergia di tre principi naturali per un metabolismo in equilibrio

L

e patologie cardio-circolatorie rappresentano la causa più importante di invalidità e mortalità tra la popolazione occidentale. Un adeguato stile di vita è il primo provvedimento da adottare in ambito preventivo. Tuttavia, un aiuto può derivare anche dall’assunzione di Trixy (Nathura), un integratore alimentare a base di berberina, tocotrienoli e caffè verde decaffeinato, che favorisce il controllo del colesterolo e dei trigliceridi plasmatici. I componenti agiscono in modo sinergico nell’abbassamento del colesterolo LDL poiché, da un lato, si ha la diminuzione della sintesi di colesterolo, mediata soprattutto dai tocotrienoli, dall’altro, grazie alla berberina, viene aumentata la degradazione di quello circolante. Il caffè verde agisce sia sul metabolismo lipidico, diminuendo la produzione di trigliceridi, che su quello glucidico, modulando la produzione e l’assorbimento intestinale del glucosio. L’utilizzo continuativo di Trixy, in associazione a una terapia nutrizionale adeguata, è in grado di prevenire i fattori di rischio CV e della sindrome metabolica. È disponibile in farmacia nell’astuccio da 28 compresse.

24

Medico e paziente

2.2014

MSD

Rap, moda e web per avvicinare le ragazze alla contraccezione consapevole

È

partita da Milano, lo scorso 27 febbraio, la campagna Love It! Sesso consapevole, un’iniziativa itinerante nazionale di informazione e sensibilizzazione in tema di contraccezione, appositamente studiata per le ragazze nella fascia di età 18-25 anni. L’iniziativa è promossa da SIGO in collaborazione con il progetto lapillolasenzapillola di MSD Italia. A differenza di altre iniziative su questo tema, Love It! fa leva proprio sulle più giovani, e per parlare di contraccezione usa il linguaggio dei giovani come la moda, la musica, internet. E per la prima volta le ragazze non sono semplici destinatarie del messaggio, ma diventano protagoniste in prima persona. L’obiettivo è avvicinare la contraccezione al loro mondo, rendendole consapevoli delle loro scelte in materia di sesso e fornendo informazioni corrette e adatte al target. Tutte le informazioni sui contraccettivi, sulla sessualità e sulla campagna sono disponibili sul sito www.lapillolasenzapillola.it.


SEMPRE PIÙ DIFFICILE! La crisi economica e le difficoltà dell'editoria rendono sempre più difficile far arrivare la rivista sulla scrivania del Medico

Assicurarsi tutti i numeri di Medico e Paziente è facile

Periodico di formazione e informazione per il Medico di famiglia Anno XXXVIII n. 6 - 2012

Periodico di aggiornamento e informazione in collaborazione con

6

CLINICA

DEMENZE gli interventi non farmacologici sui sintomi comportamentali IPERURICEMIA quali effetti sul rischio cardiovascolare e renale DIABETE DI TIPO 2 le evidenze sul ruolo protettivo del consumo di caffè PSORIASI LIEVE-MODERATA progressi nel trattamento topico

MP

Le Miopatie metaboliche Approccio diagnostico e terapeutico

>s Antonio Toscano, Emanuele Barca, Mohammed Aguennouz, Anna Ciranni, Fiammetta Biasini, Olimpia Musumeci

TERAPIA

Profilassi dell’emicrania Principi generali e farmaci

>s Domenico D’Amico

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI - € 3,00

Anno VIII- n. 2 - 2012 Mensile € 5,00

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI

RINNOVA SUBITO L'ABBONAMENTO!

64° AAN ANNUAL MEETING

Le novità dal Congresso dei neurologi americani

2

I farmaci in fase avanzata di sviluppo per la SM

MP

15,00 euro

Medico e Paziente

25,00 euro

Le modalità di pagamento sono le seguenti Bollettino di c.c.p. n. 94697885 intestato a: M e P Edizioni - Medico e Paziente srl Via Dezza, 45 - 20144 Milano Bonifico Bancario Banca Popolare di Milano IBAN: IT 70 V 05584 01604 000000023440 Conto intestato a M e P Edizioni-Medico e Paziente Specificare nella causale l'indirizzo per la spedizione

Medico e Paziente + La Neurologia Italiana

Comunicaci la tua e-mail all'indirizzo abbonamenti@medicoepaziente.it e

IL TUO ABBONAMENTO DURERÀ 6 MESI IN PIÙ


AstraZeneca

DOC Generici

Gli equivalenti di fascia C sono poco conosciuti e utilizzati in Italia

Diabete: arriva in Italia exenatide monosettimanale

U

no dei maggiori problemi nella gestione clinica del diabete è rappresentato dall’aderenza alla terapia. A questo proposito citiamo i dati di un’indagine realizzata da Doxa Pharma e promossa da AstraZeneca, “Il sapore amaro del diabete”, che sono stati presentati in un recente incontro a Milano (26 marzo 2014). Dalle interviste di un campione rappresentativo di 2.000 soggetti è emerso che i diabetici sono circa l’8 per cento. Di questi, il 40 per cento è risultato aderente alla terapia, il 40 per cento non aderente e il 20 per cento “quasi aderente”. I pazienti più indisciplinati sono gli uomini e i single, mentre la vita di coppia sembra abbia effetti positivi sull’aderenza (il 71 per cento dei diabetici sposati o conviventi segue la terapia). Per il diabete dunque il tallone d’Achille è proprio l’aderenza, e per questo motivo la ricerca si è concentrata sullo sviluppo di farmaci in formulazioni di facile e semplice somministrazione. Ne è un esempio exenatide (incretino mimetico, agonista del recettore GLP-1) a rilascio prolungato, disponibile anche in Italia, che prevede un’unica somministrazione settimanale con iniezione s.c.

Meda Pharma

Rinite allergica, un pianeta sconosciuto

L’

ingresso dei generici nel mercato italiano procede a due velocità: mentre aumenta la quota dei generici di fascia A si registrano quote di mercato mediamente più basse per i generici di fascia C, a totale carico del paziente. Un controsenso se si pensa che un aumento dell’utilizzo degli equivalenti in fascia C comporterebbe un risparmio notevole per i pazienti. Se ne è parlato in un incontro (10 marzo, Milano), organizzato da DOC Generici, in cui è emerso che l’elemento chiave che ostacola una maggiore diffusione dei generici in fascia C è la mancanza di informazione sulla loro disponibilità e sulle opportunità di risparmio che offrono. Il caso del sildenafil è emblematico: prima è arrivato il generico in formulazione classica e poi, la formulazione masticabile che ha ampliato la scelta del paziente e le prospettive del mercato. Il successo è legato al fatto che sildenafil rientra in quella piccola classe di prodotti che hanno un richiamo mediatico: la notizia della sua introduzione è stata diffusamente ripresa dai media. E i media hanno sottolineato la differenza di prezzo esistente rispetto al “brand”. Tanto che a soli 6 mesi dal lancio, il generico di Viagra ha raggiunto una quota di mercato superiore al 50 per cento, performance rara tra i generici di fascia A e unica tra quelli di fascia C. Tra le iniziative promosse da DOC, segnaliamo anche l’avvio della seconda edizione del tour “Visitiamo la tua città”, un evento realizzato in collaborazione con SIMG e AMD, su stile di vita e prevenzione (www.visitiamolatuacitta. it). Quest’anno il tour coinvolge 30 città del centro-sud.

L

a primavera 2014 si apre con la prima campagna di informazione sulla rinite allergica, patologia di significativo impatto sanitario e sociale che incide pesantemente sulla qualità di vita di chi ne soffre. Senza dimenticare che la rinite rappresenta un potenziale fattore di rischio per l’asma. Nonostante i dati indichino cifre importanti, dal 10 al 20 per cento della popolazione italiana ne soffre, la patologia è spesso poco considerata, sottovalutata e diagnosticata in ritardo, in media a 5 anni dalla comparsa dei sintomi. Il paziente spesso pensa a un raffreddore stagionale e chiede aiuto al farmacista, il quale il più delle volte tampona, senza risolvere il problema. Anche il MMG sembra avere poca conoscenza della patologia, soprattutto in termini di test diagnostici. Ecco perché è nata Etciù! Rinite?, una campagna informativa che si svolge tra aprile e maggio, promossa dalla Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica e dall’Associazione Allergologi Immunologi Territoriali e Ospedalieri, con il patrocinio di Federasma Onlus e APA Italia e realizzata con il contributo incondizionato di Meda Pharma. Sul sito www.nasolibero.it sono disponibili tutte le iniziative della campagna.

26

Medico e paziente

2.2014

Sanofi

Per la gestione del diabete basta un “click”

È

stato presentato lo scorso 8 aprile il progetto “Dati puliti”, promosso dall’Associazione Medici Diabetologi e sostenuto da Sanofi per l’ottimizzazione del processo di acquisizione dei dati nella pratica clinica quotidiana in diabetologia. Consultazione rapida dei dati clinici per gli specialisti che operano nei centri, progressivo miglioramento dei servizi offerti ai pazienti diabetici, maggiore contributo alla sostenibilità del SSN. Sono gli obiettivi del progetto di miglioramento della qualità del dato e di alfabetizzazione digitale nell’utilizzo delle cartelle cliniche informatizzate che toccherà 12 regioni. Per la diabetologia italiana è un progetto rilevante che migliorerà l’accesso e la gestione del database degli Annali AMD.


Dal 2013 puoi trovare LA NEUROLOGIA ITALIANA anche on line

Nelle prossime settimane la rivista sarà disponibile in Internet all’indirizzo

www.neurologiaitaliana.it I nostri lettori vi troveranno ● L’archivio storico della rivista ● Video-interviste con le Novità dei principali congressi di Neurologia ● Notizie dalle riviste internazionali, Linee Guida e Consensus in originale ● L’attività delle principali Associazioni di pazienti

Per accedere al sito de La Neurologia Italiana

Registrati su www.medicoepaziente.it www.neurologiaitaliana.it


Prescrizione

Il nuovo Piano Terapeutico per le incretine Dopo un avvio polemico, la strada verso una soluzione appare segnata (ma lunga) Il nuovo schema per la prescrizione in regime di rimborsabilità dei farmaci basati sulle incretine, pubblicato da AIFA, ha aperto un contenzioso tra l’Agenzia e le Società scientifiche di diabetologia a cura di Folco Claudi

E

siste un range ideale di valori di emoglobina glicata (HbA1c), che possa fare da riferimento per la somministrazione degli incretino-mimetici nei pazienti con diabete di tipo 2? È questa la materia del contendere tra l’AIFA e le principali società scientifiche italiane di diabetologia, ovvero l’Associazione dei medici diabetologi

La risposta di AIFA Spettabili Presidenti, su mandato della Commissione consultiva TecnicoScientifica (CTS), con la presente si fa seguito alla nota congiunta trasmessa alla Commissione stessa, per il tramite della Direzione Generale di Aifa, dall’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e dalla Società Italiana di Diabetologia (SID), in merito al nuovo Piano Terapeutico predisposto per le Incretine. Nel corso della riunione del 10-12 marzo u.s. la Nota in questione è stata oggetto di approfondimento

28

Medico e paziente

2.2014

(AMD) e la Società italiana di diabetologia (SID), che hanno emesso un comunicato molto perentorio, rigettando pressoché in toto i criteri come contrari alle buone norme invalse nella pratica clinica e sancite dalle Linee guida internazionali. In sintesi, secondo l’AIFA, gli incretino-mimetici andrebbero somministrati nei casi in cui si evidenzia un fallimento della terapia di prima linea. E il fallimento è fissato in termini di un range di HbA1c tra 7,5 e 8,5 per cento. Ma questi valori non hanno un

da parte della CTS, la quale, al fine primario di considerare le necessità dei pazienti diabetici, ha incaricato i propri esperti di verificare la possibilità d’integrare l’attuale PT con alcuni dei suggerimenti riportati nella Nota in oggetto. La CTS ritiene di poter coniugare, in tal modo, le osservazioni pervenute dalle Società scientifiche con il migliore interesse conseguibile per i pazienti, tenuto anche conto dei vincoli di spesa relativi all’intera classe delle Incretine. Alla luce delle considerazioni sopra esposte e ribadendo la piena collaborazione da parte dell’Agenzia per qualsiasi ulteriore chiarimento, s’inviano i più distinti saluti. Il segretario Paolo Daniele Siviero


valore unico per tutti i pazienti – sottolineano AMD e SID. Il limite inferiore del 7,5 per cento in primo luogo è arbitrario: per la maggioranza dei diabetici, le Linee guida internazionali indicano come livello di intervento il 7 per cento, mentre nei giovani/adulti senza malattie concomitanti gli obiettivi sono del 6,5 per cento. Ma neppure il limite superiore del range indicato da AIFA trova il consenso di AMD e SID. Anche qui si tratta di un valore arbitrario, se non si fa menzione del valore di HbA1c di partenza. Per gli incretino-mimetici l’entità della riduzione è tanto maggiore quanto più è alto il valore iniziale, anche se la riduzione media è compresa tra 0,7 e 1,5 per cento: anche partendo da un valore di HbA1c del 9 per cento si può trarre un beneficio clinico.

lll Esclusi i nuovi farmaci La lista delle criticità delle nuove norme di rimborsabilità AIFA è ancora lunga. Per quale motivo – si chiedono AMD e SID nel seguito – dovrebbe essere posta, così come fa AIFA, una soglia dell’8,5 per cento solo per i nuovi farmaci? Tutti i farmaci antidiabetici infatti sono paragonabili tra loro, in quanto a efficacia. Lo dimostrano numerosi studi di non-inferiorità. I nuovi Piani terapeutici – si legge nel documento – affermano che la riduzione media dell’HbA1c si aggirerebbe intorno all’1 per cento, un dato non confermato dalla letteratura. Alcuni agonisti del recettore del GLP-1 presentano una riduzione media superiore all’1,2 per cento. Al di là dei singoli passaggi del documento AIFA, è l’impianto generale a essere sostanzialmente fuori bersaglio. Le norme – secondo AMDSID – “contrastano con le raccomandazioni internazionali, che indicano che la terapia del diabete deve essere personalizzata, essendo la risposta dei singoli pazienti assai variabile in base alle loro caratteristiche cliniche. L’imposizione – di fatto – di una o due classi di farmaci a scapito delle altre riduce la possibilità per molti pazienti

La posizione di SIMG Le nuove norme stabilite da AIFA per la rimborsabilità dei farmaci incretinomimetici, almeno per come sono scritte attualmente, potrebbero ripercuotersi negativamente sulla gestione del paziente diabetico non solo all’interno dei percorsi assistenziali specialistici, ma anche della medicina sul territorio. Abbiamo chiesto un parere in proposito a Gerardo Medea, responsabile dell’Area matabolica della Società italiana di Medicina generale (SIMG). Dott. Medea, è d’accordo che per queste classi di farmaci occorra una Piano terapeutico e un Registro? E perché? Decisamente no. I registri AIFA e i PT di fatto sottraggano al MMG la potestà di prescrivere (e forse anche di “non prescrivere”) un farmaco. Se sono sacrosanti per alcune classi di farmaci (un esempio per tutti: le eritropoietine destinate a patologie non di pertinenza gestionale e terapeutica del MMG), i PT ci lasciano tuttavia perplessi per altre molecole di provata efficacia\sicurezza e destinate a patologie croniche a gestione prevalentemente “territoriale” (come il diabete) per le quali la responsabilità clinico-gestionale ricade soprattutto sul MMG. La nota congiunta AMD-SID è stata molto perentoria nel giudicare come negativo l’effetto delle nuove norme sull’accesso a cure efficaci da parte dei diabetici italiani. Ritiene che sia proprio così? E qual è la posizione di SIMG a riguardo? I possibili effetti collaterali negativi che possono derivare da queste disposizioni sono diversi: “sensazioni negative” permanenti nei confronti del farmaco al di là di una successiva abolizione del registro\piano terapeutico; l’inerzia terapeutica, per cui se un paziente avesse bisogno del farmaco con necessità del Piano esso, interpretato come una barriera, potrebbe ritardare o impedire al paziente l’accesso alle cure; un improprio impegno dei Centri specialistici per la compilazione e il rinnovo dei piani, con molto tempo utile e prezioso sottratto alle loro specifiche funzioni consulenziali di secondo livello. SIMG ritiene che per i farmaci di dimostrata efficacia e sicurezza destinati a patologie croniche gestite anche e\o soprattutto dai MMG, una volta dichiarato che la spesa per il loro utilizzo può essere sostenuta dal SSN, la responsabilità prescrittiva del MMG deve essere piena. L’attuale conformazione della prescrivibilità consente di seguire le LG italiane o si possono creare dei problemi? Come potrebbe cambiare la pratica clinica quotidiana del MMG? In molti casi, Il registro\PT per le incretine può essere una limitazione nella concreta applicazione delle Linee guida terapeutiche italiane poiché, per la prescrizione (se ritenuta appropriata), il MMG dovrebbe inviare il paziente a un centro diabetologico. E se i tempi di attesa fossero lunghi, il paziente potrebbe essere esposto, nel caso in cui non esistano valide o sicure alternative, a un lungo periodo di dannoso scompenso metabolico. La permanenza di alcuni farmaci per la cura del diabete di tipo 2 nel regime prescrittivo con registro\ PT redatto esclusivamente dallo specialista, presenta inoltre alcuni evidenti paradossi. In primo luogo, i MMG sono vincolati a prescrivere farmaci che non

Medico e Paziente

2.2014

29


Prescrizione conoscono e per i quali manca spesso un’adeguata informazione scientifica, proprio a causa della mancata possibilità prescrittiva. D’altra parte, seppur gestiti inizialmente dallo specialista, tali farmaci devono essere utilizzati anche dal MMG nel rispetto del concetto della “continuità terapeutica”, tipica delle patologie croniche. Se la scelta del registro è anche legittimata dalla necessità di un congruo periodo di sorveglianza per valutare eventuali effetti avversi, in realtà essa è vanificata proprio per il mancato e globale coinvolgimento del Professionista che più di tutti ha funzioni di farmacovigilanza, e cioè il MMG. Quali modifiche si sentirebbe di suggerire per migliorare la situazione? Le soluzioni possono essere molteplici: SIMG si propone da anni per un monitoraggio dei farmaci innovativi gestito direttamente dai MMG in condizioni di usual care, tenuto conto che il MMG dispone dei dati relativi ad altre copatologie acute e croniche e degli eventi non medici, o per valutazioni di Health Thechnology Assessment cioè di costo\efficacia dei nuovi trattamenti, che per il futuro dovrebbero essere il vero banco di prova per l’autorizzazione all’uso a carico del SSN. Se poi il problema è economico, se è difficile data l’esiguità delle risorse disponibili “definire gli obiettivi di cura adeguando le risorse” che almeno si definiscano in modo chiaro le risorse per adeguare gli obiettivi di cura” e che quindi si definiscano quali sono i farmaci a carico del SSN utili per raggiungerli. Ha notizia di come si regolano a questo riguardo i Paesi stranieri, in particolare europei? Ci sono esempi “virtuosi” che riescono a coniugare efficacia dei trattamenti e sostenibilità del sistema? Negli altri Paesi europei non esistono limitazioni per la Medicina di famiglia circa la prescrizione di queste molecole, rendendo la situazione italiana ancora più paradossale creando un certo imbarazzo quando ci confrontiamo con i colleghi europei. In Italia si stanno sperimentando nuovi sistemi di gestione delle patologie croniche che tengono conto dell’efficienza di sistema come il Chonic Care Model Toscano e i Team multiprofessionali del Veneto nei quali una forte organizzazione territoriale coniugata a un lavoro dei MMG per obiettivi di cura favorisce una reale presa in carico dei cronici da parte dei MMG e un’elevata appropriatezza nelle cure. I primi risultati anche in termini di efficienza sono incoraggianti.

di ottenere cure pienamente adeguate per le loro esigenze”.

lll Verso un confronto tra le parti La presa di posizione di AMD-SID fortunatamente non è rimasta senza effetto. Pur con qualche settimana di ritardo, AIFA ha risposto con una lettera in cui si dice disposta a un confronto con i diabetologi, anche se non precisa quali possano essere i termini e i tempi. “AIFA ha dichiarato la propria massima disponibilità a fornire tutte le delucida-

30

Medico e paziente

2.2014

zioni e i dati venissero dai noi richiesti, e ha dato mandato ai suoi esperti di valutare i nostri rilievi per arrivare eventualmente a recepirne alcuni e a predisporre eventuali modifiche al loro testo”, ha spiegato Stefano Del Prato, presidente della SID. “Si tratta inequivocabilmente di un segnale di apertura nei confronti della nostra posizione, che è la seguente: poiché la terapia diventa sempre più personalizzata, l’intervallo che è possibile raggiungere e che può avere un significato clinico può variare da soggetto a soggetto”. Quale potrebbe

essere dunque la strada corretta per una modifica delle norme di rimborsabilità? I diabetologi chiederanno che non venga indicato un preciso intervallo di HbA1c e che sia il medico a stabilire il corretto approccio? “Se noi potessimo dare la nostra indicazione, certamente potrebbe essere questa, ma non ci hanno chiesto di formulare delle richieste precise”, ha aggiunto Del Prato. “L’ideale sarebbe che fosse il medico stesso a verificare il grado di controllo glicemico da raggiungere nello specifico caso e quali farmaci utilizzare; norme prestabilite di diagnosi e di clinica sono una limitazione non solo delle prerogative dello specialista, ma anche per le possibilità terapeutiche del farmaco stesso”. Certamente, nessuno auspica tout court una deregulation della prescrivibilità. “Siamo convinti che occorra un’opera di formazione sui medici per arrivare a una responsabilizzazione che consenta un trattamento appropriato”, ha aggiunto Del Prato. “Se si vuole arrivare a un contenimento della spesa, intento sacrosanto soprattutto in questo periodo, bisogna lavorare sull’appropriatezza della prescrizione e non fare tagli lineari. L’idea è sostenuta dai dati: una recente indagine sugli accessi al PS di Pisa degli ultimi 5 anni da parte di pazienti con ipoglicemia ha mostrato che si trattava nella maggior parte dei casi di pazienti in terapia insulinica, ma per quasi la metà dei casi si trattava di anziani, >75 anni, che nel 90 per cento dei casi assumevano solfaniluree. Quindi il rischio è ben documentato: molte di queste situazioni possono essere evitate, in funzione delle indicazioni cliniche, favorendo anche l’aderenza alla terapia da parte del paziente. Tutto questo dovrebbe essere conteggiato nella verifica economica del trattamento”. La strada per arrivare a una soluzione sembra dunque segnata, anche se probabilmente ancora lunga. Non rimane che attendere gli sviluppi del dialogo avviato tra AIFA, AMD e SID, auspicando che la revisione delle norme tenga conto anche delle evidenze scientifiche e delle esigenze dei tanti malati di diabete.


SEMPRE PIÙ DIFFICILE! La crisi economica e le difficoltà dell'editoria rendono sempre più difficile far arrivare la rivista sulla scrivania del Medico

Assicurarsi tutti i numeri di Medico e Paziente è facile

Periodico di formazione e informazione per il Medico di famiglia Anno XXXVIII n. 6 - 2012

Periodico di aggiornamento e informazione in collaborazione con

6

CLINICA

DEMENZE gli interventi non farmacologici sui sintomi comportamentali IPERURICEMIA quali effetti sul rischio cardiovascolare e renale DIABETE DI TIPO 2 le evidenze sul ruolo protettivo del consumo di caffè PSORIASI LIEVE-MODERATA progressi nel trattamento topico

MP

Le Miopatie metaboliche Approccio diagnostico e terapeutico

>s Antonio Toscano, Emanuele Barca, Mohammed Aguennouz, Anna Ciranni, Fiammetta Biasini, Olimpia Musumeci

TERAPIA

Profilassi dell’emicrania Principi generali e farmaci

>s Domenico D’Amico

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI - € 3,00

Anno VIII- n. 2 - 2012 Mensile € 5,00

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI

RINNOVA SUBITO L'ABBONAMENTO!

64° AAN ANNUAL MEETING

Le novità dal Congresso dei neurologi americani

2

I farmaci in fase avanzata di sviluppo per la SM

MP

15,00 euro

Medico e Paziente

25,00 euro

Le modalità di pagamento sono le seguenti Bollettino di c.c.p. n. 94697885 intestato a: M e P Edizioni - Medico e Paziente srl Via Dezza, 45 - 20144 Milano Bonifico Bancario Banca Popolare di Milano IBAN: IT 70 V 05584 01604 000000023440 Conto intestato a M e P Edizioni-Medico e Paziente Specificare nella causale l'indirizzo per la spedizione

Medico e Paziente + La Neurologia Italiana

Comunicaci la tua e-mail all'indirizzo abbonamenti@medicoepaziente.it e

IL TUO ABBONAMENTO DURERÀ 6 MESI IN PIÙ


notizie dal web www. mcrcbiomarkers.it Un portale dedicato alla “genetica” del tumore del colon retto metastatico Negli ultimi anni l’oncologia ha beneficiato dell’individuazione di biomarcatori predittivi che aiutano a determinare la risposta di un paziente a specifici trattamenti antitumorali. I biomarcatori hanno rivoluzionato l’approccio terapeutico di alcune neoplasie, tra cui il carcinoma del colon retto metastatico, per il quale lo studio dei geni RAS non mutati ha consentito di mettere a punto trattamenti personalizzati, con un aumento significativo della sopravvivenza dei pazienti. Per sapere se un paziente potrà beneficiare di questa terapia personalizzata, è necessario effettuare il test RAS, per conoscere lo stato dei geni RAS. E proprio al biomarcatore RAS è dedicato il nuovo sito www.mcrcbiomarkers.it che illustra il suo ruolo nella lotta al Ca. del colon retto metastatico. Con questa iniziativa, si intende rispondere a un’esigenza di maggiore informazione sulle prospettive offerte da questa importante innovazione della ricerca in oncologia, attraverso contenuti multimediali, infografica e videoanimazioni.

www.vitaminad.it La vitamina D potrebbe essere utile per ridurre i livelli di colesterolo LDL nelle donne in postmenopausa? La supplementazione con vitamina D sembra essere in grado di apportare benefici sul profilo lipidico in termini di riduzione dei livelli di colesterolo LDL, nelle donne in postmenopausa. Sono queste le conclusioni di uno studio di recente pubblicazione sulla rivista statunitense Menopause (Schnatz PF et al. Menopause 2014; Mar 3) e recensito sul sito www.vitaminad.it. Lo studio è un’analisi post hoc di dati raccolti tra il 1993 e il 1998, nell’ambito del noto programma Women’s Health Initiative, che per 15 anni si è proposto di individuare le più comuni cause di decesso, disabilità e scarsa qualità di vita nelle donne in postmenopausa, con particolare riferimento a malattie cardiovascolari, cancro e osteoporosi. Gli effetti della vitamina D sono stati analizzati in 576 donne, che per tre anni sono state randomizzate in doppio cieco a ricevere 400 unità giornaliere di vitamina D associata con 1.000 mg di calcio (CaD) oppure placebo. Le pazienti supplementate raggiungevano già dopo 2 anni livelli sierici di vitamina D (25OHD3) significativamente più elevati rispetto alle pazienti del gruppo placebo (24,3 ng/ml vs 18,2 ng/ml, p<0,001), che corrisponde a un aumento medio del 38 per cento. Nel gruppo CaD si osservava una significativa, seppur debole, riduzione delle LDL rispetto al basale (4,46 mg/dl, p =0,03). Inoltre, alte concentrazioni di vitamina D erano associate a livelli più elevati di HDL (p =0,003) e a livelli ridotti di LDL e trigliceridi (p =0,02 e p =0,001 rispettivamente). Secondo i ricercatori, i risultati supportano l’ipotesi secondo cui alte concentrazioni di 25OHD3, in risposta all’integrazione con CaD, sono associate a un miglioramento delle LDL, ma certo non sono sufficienti per raccomandare la supplementazione con vitamina D in prevenzione CV. Aspetto quest’ultimo che certamente merita di essere approfondito in futuro, in studi di più ampie dimensioni.

32

Medico e paziente

2.2014

www.abocamuseum.it La genomica nutrizionale: un approccio innovativo nella lotta all’obesità Per combattere il sovrappeso, il calcolo delle calorie rappresenta un concetto superato. Questo è il presupposto su cui si fonda una recente pubblicazione di Aboca. “Dalle calorie alle molecole” è il titolo del libro, curato da Pier Luigi Rossi, specialista in Scienza dell’alimentazione, e del quale si può trovare un’approfondita presentazione on line, al link www.abocamuseum.it/it/ editoria/pubblicazioni/libri/dalle-caloriealle-molecole/?cat=3083. Il libro propone un nuovo approccio culturale alla lotta del sovrappeso, per superare il vecchio concetto del calcolo delle calorie, perché queste, all’interno del corpo umano, secondo l’Autore non esistono. In fondo un piatto di pasta, una birra o una porzione di formaggio possono dare lo stesso numero di calorie, ma i loro principi nutritivi reagiscono diversamente dentro l’organismo. La genomica nutrizionale ha dimostrato che gli alimenti che assumiamo “dialogano” con le cellule e con il nostro DNA. Il cibo modula infatti la riposta del DNA delle cellule così da orientare l’organismo verso una condizione di salute e di un sano peso corporeo. L’Autore, partendo da questo concetto, accompagna il lettore in un “viaggio” alla scoperta del proprio corpo, con un linguaggio semplice e comprensibile vengono spiegati quali sono i meccanismi che contribuiscono a far vivere in salute riportando consigli alimentari per raggiungere il benessere e un sano peso forma. Si apre dunque una prospettiva nuova per affrontare il rapporto con il cibo.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.