Medico e paziente 2 16

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Periodico di formazione e informazione per il Medico di famiglia Anno XLII n. 2 - 2016

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CALCOLOSI RENALE con la vitamina C il rischio aumenta in modo dose-dipendente MALATTIA DI CROHN FISTOLIZZANTE le prospettive di cura con le cellule staminali INTERVISTA novità nella terapia eradicante dell’H. pylori IPOTIROIDISMO le soluzioni per migliorare l’aderenza al trattamento

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la nuova versione del sito e n i l n o www.medicoepaziente.it cambia volto!

Il nuovo sito si presenta come una galassia, che ha come centro la figura del Medico di Medicina generale. www.medicoepaziente.it non è un portale generico, e nemmeno la versione elettronica della rivista, ma un aggregatore di contenuti, derivanti da una pluralità di fonti, che possano essere utili al Medico di Medicina generale nel suo lavoro quotidiano.

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Medico e paziente n. 2 anno XLII - 2016 Periodico di formazione e informazione per il Medico di famiglia

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Periodico della M e P Edizioni Medico e Paziente srl Via Dezza, 45 - 20144 Milano Tel./Fax 024390952 info@medicoepaziente.it

DIRETTORE RESPONSABILE Antonio Scarfoglio

IN QUESTO NUMERO

SOMMARIO

DIRETTORE COMMERCIALE Carla Tognoni carla.tognoni@medicoepaziente.it Per le informazioni sugli abbonamenti telefonare allo 024390952 REDAZIONE Anastasia Zahova Progetto grafico e impaginazione Elda Di Nanno Segreteria di redazione Concetta Accarrino Hanno collaborato a questo numero: Eleonora Brusamolino Michele Caselli Rachele Ciccocioppo Gino Roberto Corazza Giovanni Gasbarrini Marco Romano Alessandra Romiti Rocco Maurizio Zagari

In copertina: immagine tratta da commons.wikimedia.org

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6 LETTI PER VOI

p 10 GASTROENTEROLOGIA

MALATTIA DI CROHN FISTOLIZZANTE Nuovo approccio terapeutico con le cellule staminali

Questo studio apre nuove prospettive sulla possibilità di impiego delle cellule staminali nella terapia delle fistole correlate alla malattia di Crohn Rachele Ciccocioppo, Eleonora Brusamolino, Gino Roberto Corazza

p 14 APPROFONDIMENTI

LINEE GUIDA ITALIANE PER LA GESTIONE DELL’INFEZIONE DA HELICOBACTER PYLORI III Consensus Report 2015

Un gruppo di esperti si è riunito allo scopo di aggiornare le Linee guida italiane, prodotte nel II Working Group Report 2006, su indicazioni, diagnosi e trattamento dell’infezione da H. pylori e sul suo ruolo carcinogenetico Rocco Maurizio Zagari, Alessandra Romiti, Marco Romano, Giovanni Gasbarrini, Michele Caselli

MEDICO E PAZIENTE

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Registrazione del Tribunale di Milano n. 32 del 4/2/1975 Filiale di Milano. L’IVA sull’abbonamento di questo periodico e sui fascicoli è considerata nel prezzo di vendita ed è assolta dall’Editore ai sensi dell’art. 74, primo comma lettera CDPR 26/10/1972 n. 633. L’importo non è detraibile e pertanto non verrà rilasciata fattura. Stampa: Graphicscalve, Vilminore di Scalve (BG) I dati sono trattati elettronicamente e utilizzati dall’Editore “M e P Edizioni Medico e Paziente” per la spedizione della presente pubblicazione e di altro materiale medico-scientifico. Ai sensi dell’art. 7 D. LGS 196/2003 è possibile in qualsiasi momento e gratuitamente consultare, modificare e cancellare i dati o semplicemente opporsi al loro utilizzo scrivendo a: M e P Edizioni Medico e Paziente, responsabile dati, via Dezza, 45 - 20144 Milano. Comitato scientifico Prof. Vincenzo Bonavita Professore ordinario di Neurologia, Università “Federico II”, Napoli Dott. Fausto Chiesa Direttore Divisione Chirurgia Cervico-facciale, IEO (Istituto Europeo di Oncologia) Prof. Sergio Coccheri Professore ordinario di Malattie cardiovascolari-Angiologia, Università di Bologna Prof. Giuseppe Mancia Direttore Clinica Medica e Dipartimento di Medicina Clinica Università di Milano - Bicocca Ospedale San Gerardo dei Tintori, Monza (Mi) Dott. Alberto Oliveti Medico di famiglia, Ancona, C.d.A. ENPAM

COME ABBONARSI A MEDICO e PAZIENTE

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p 24 INTERVISTA

INFEZIONE DA HELICOBACTER PYLORI Novità nella terapia eradicante

Il professor Rocco Maurizio Zagari ci illustra quali sono i criteri per la selezione dei pazienti candidati alla terapia eradicante, e quali fattori dovrebbero guidare il medico nella scelta tra le diverse opzioni farmacologiche

p 26 ALLEANZA PER LA CURA TERAPIA DELL’IPOTIROIDISMO La levotiroxina liquida rivoluziona la vita dei pazienti

La formulazione liquida di levotiroxina offre numerosi vantaggi per i pazienti e migliora sensibilmente la qualità della vita

p 30

Nell’articolo “Fibrosi polmonare idiopatica. Sintomi, stadiazione e indicazioni di terapia” a cura di Christian Gurioli, Sara Tomassetti, Claudia Ravaglia e Venerino Poletti, apparso su Medico e paziente n. 1-2016 nel paragrafo di approfondimento sulla terapia con pirfenidone si legge: “Attualmente vige l’obbligo di rivalutare l’efficacia del farmaco dopo i primi sei mesi di trattamento. La terapia viene sospesa se a sei mesi si osserva un declino della FVC >10 per cento”. Tale informazione non è corretta in quanto, nell’ambito della determina del 13 Luglio 2015 di riclassificazione del medicinale Esbriet (pirfenidone), pubblicata in G.U. n. 176 del 31 Luglio 2015, è stato rimosso il vincolo di interrompere il trattamento con pirfenidone in caso di un declino della FVC >10 per cento. Ci scusiamo con i lettori.

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FARMINFORMA ERRATA CORRIGE

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SOMMARIO

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Periodico di formazione e informazione per il Medico di famiglia Anno XXXVIII n. 6 - 2012

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DEMENZE gli interventi non farmacologici sui sintomi comportamentali IPERURICEMIA quali effetti sul rischio cardiovascolare e renale DIABETE DI TIPO 2 le evidenze sul ruolo protettivo del consumo di caffè PSORIASI LIEVE-MODERATA progressi nel trattamento topico

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Periodico di aggiornamento e informazione in collaborazione con

CLINICA

Le Miopatie metaboliche Approccio diagnostico e terapeutico

> Antonio Toscano, Emanuele Barca, Mohammed Aguennouz, Anna Ciranni, Fiammetta Biasini, Olimpia Musumeci

TERAPIA

Profilassi dell’emicrania Principi generali e farmaci

> Domenico D’Amico

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64° AAN ANNUAL MEETING

Le novità dal Congresso dei neurologi americani

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I farmaci in fase avanzata di sviluppo per la SM

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LETTI PER VOI NEFROLOGIA

NUOVE EVIDENZE CONFERMANO LA RELAZIONE DOSE-DIPENDENTE TRA SUPPLEMENTAZIONE DI VITAMINA C E AUMENTATO RISCHIO DI CALCOLOSI RENALE NEGLI UOMINI (MA NON NELLE DONNE) £

L’associazione tra assunzione di vitamina C e nefrolitiasi è un tema controverso. I risultati di un ampio studio scandinavo avevano evidenziato qualche anno fa (Thomas LDK et al., Jama Intern Med 2013) un possibile aumento del rischio di calcolosi renale negli uomini che assumevano integratori di vitamina C, con contenuto equivalente a circa 1 g/die. Tale effetto però non era stato riscontrato nel caso di soggetti che assumevano la vitamina C attraverso gli integratori multivitaminici, che in genere hanno un contenuto inferiore. Il lavoro aveva preso in esame solo una popolazione maschile, comunque maggiormente esposta a tale rischio rispetto alle donne, e non aveva approfondito l’eventuale relazione causa-effetto nel caso di assunzione della vitamina con la sola dieta. Gli Autori infatti, sottolineavano l’impossibilità di estendere i risultati nelle donne, e per la vitamina C da fonti alimentari. Ora un altro lavoro di recentissima pubblicazione torna sull’argomento per cercare di chiarire i punti per così dire “in sospeso”. Si tratta di un’analisi prospettica di coorte che è stata condotta sui partecipanti al Nurses’ Health Study (NHS) I e II, ovvero 156.735 donne, e al Health Professionals Follow-up Study (HPFS), e cioè 40.536 uomini. L’apporto di vitamina C da fonti diverse (totale, alimentare e da supplementazione) è stato messo in relazione con l’incidenza di calcolosi renale, dopo aggiustamento per variabili quali età, indice di massa corporea (BMI), uso di diuretici tiazidici e fattori dietetici. In un periodo di follow up medio di 11,3-11,7 anni sono stati individuati 6.245 casi di nefrolitiasi.

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Dopo aggiustamento per variabili multiple, l’apporto totale di vitamina C non risultava associato con il rischio di calcolosi renale nelle donne. Diversamente accadeva per gli uomini, in cui si osservava una relazione dosedipendente: per apporti di vitamina C <90 (rifermento), 90-249, 250-499, 500-999 e ≥1.000 mg/die sono stati calcolati valori di rischio espressi come hazard ratios (HR) rispettivamente di 1,00 (riferimento), 1,19, 1,15, 1,29 e 1,43 rispettivamente (CI al 95 per cento e P per trend =0,005). Nel range 500-999 mg/die di vitamina C l’apporto totale medio della

vitamina risultava essere circa 700 mg/die. Un’analoga “differenza di genere” è stata riscontrata quando si sono analizzati gli apporti di vitamina C da supplementi. Anche in questo caso per le donne non è stata osservata alcuna relazione con il rischio di nefrolitiasi. Negli uomini per valori di assunzione di vitamina C ≥1.000 mg/die, il valore di HR è risultato essere 1,19 (P per trend =0,001). Infine l’apporto di vitamina C da fonti alimentari non contribuiva ad aumentare il rischio di calcolosi nelle donne e negli uomini, sebbene in pochi casi veniva superato il quantitativo giornaliero di 700 mg. In conclusione, lo studio evidenzia l’aumentato rischio di calcolosi negli uomini correlato all’apporto totale e da supplementazione di vitamina C, confermando quanto precedentemente ipotizzato. Ferraro PM, Curhan GC et al. Am J Kid Dis 2016; 67 (3): 400-7

FARMACOVIGILANZA

UNO STUDIO DI COORTE SMENTISCE IL LEGAME TRA TERAPIA ANTIBIOTICA CON FLUOROCHINOLONI E RISCHIO DI ARITMIE CARDIACHE GRAVI, MA NON ESCLUDE UN POSSIBILE EFFETTO “INTRACLASSE” £

I fluorochinoloni sono antibiotici ampiamente usati per il trattamento di infezioni comuni, per esempio delle vie urinarie o delle basse vie respiratorie. Sebbene siano molecole in genere ben tollerate, il trattamento è stato associato in alcuni casi con effetti cardiaci, e in particolare con un prolungamento dell’intervallo QT. Va ricordato peraltro che a cavallo degli anni Duemila, due molecole della classe (sparfloxacina e grepafloxacina) sono state ritirate dal commercio per una possibile associazione con la morte cardiaca improvvisa. Sebbene non sia stata dimostrata una correlazione diretta, esistono in letteratura nume-

rosi case reports che segnalano come il trattamento con i chinoloni possa favorire l’insorgenza di gravi aritmie, addirittura alcuni dati riportano un rischio triplicato. Non è chiaro tuttavia se tale aumento di rischio fosse da attribuire all’infezione in sé oppure al trattamento antibatterico. In questo contesto si colloca il lavoro svolto da ricercatori svedesi e danesi, che hanno analizzato i dati di due ampie coorti per valutare se ci fosse un aumento del rischio di aritmie cardiache gravi associate all’utilizzo di fluorochinoloni per os. Lo studio è stato condotto sui dati ricavati dai registri nazionali in Danimarca nel periodo 1997-2011 e in


Un strumento in piĂš per il Medico Il supplemento di Medico e Paziente, destinato a Medici di famiglia e Specialisti Algosflogos informa e aggiorna sulla gestione delle patologie osteo-articolari, sulla terapia del dolore e sulle malattie del metabolismo osseo


LETTI PER VOI Svezia tra il 2006 e il 2013. Complessivamente la coorte è stata estrapolata da tutta la popolazione adulta dei due Paesi, di età 40-79 anni. Sono stati individuati 909.656 cicli di terapia con fluorochinoloni (ciprofloxacina 82,6 per cento, norfloxacina 12,1, ofloxacina 3,2, moxifloxacina 1,2 e altri 0,9 per cento) che sono stati appaiati con altrettanti (rapporto 1:1) cicli di terapia con penicillina V in un’analisi propensity score; la penicillina V è un antibatterico senza effetti proaritmici documentati. Outcome dello studio era il rischio di aritmia fatale e non associato all’uso di fluorochinoloni rispetto all’uso di penicillina V. La durata potenzialmente a rischio della

terapia era di 0-7 giorni. Nel periodo di osservazione si sono verificati 144 casi di aritmia grave; di questi, 66 in soggetti utilizzatori di fluorochinoloni (tasso di incidenza 3,4/1.000 persone anni) e 78 tra gli utilizzatori di penicillina V (4,0/1.000 persone anni), con un rate ratio di 0,85 (CI 95 per cento 0,61-1,18). In termini di rischio assoluto, la differenza rispetto a penicillina V è risultata -13 casi di aritmia grave per un milione di cicli di terapia con fluorochinoloni. Il rischio non aumentava nemmeno nell’analisi per gruppi e per molecole della stessa classe. Contrariamente a quanto precedentemente osservato, questo studio non mostra alcun

EPIDEMIOLOGIA

tipo di associazione tra terapia con fluorochinoloni e rischio di episodi di aritmia grave, a livello di popolazione generale. Gli Autori comunque esprimono cautela, sottolineando che dato il potere statistico dello studio piccoli aumenti nei valori di rischio relativo o assoluto non sono da escludere, come anche un effetto intraclasse. Ipotizzano infatti, che chinoloni meno usati possano avere un impatto differente sul rischio di aritmie cardiache gravi rispetto a quanto dimostrato per la ciprofloxacina, la più rappresentata nello studio. Inghammar M, Svanström H et al. BMJ 2016; 352: i843

£ I pazienti affetti da scompenso cardiaco potrebbero presentare alterazioni della LA COMPOSIZIONE DELLA MICROFLORA microflora intestinale, con sovraccrescita di BATTERICA E LA PERMEABILITÀ batteri patogeni e funghi del genere Candie aumentata permeabilità intestinale (PI) INTESTINALE POTREBBERO RAPPRESENTARE da, che correlano con la gravità della patologia MARCATORI PROGNOSTICI PER PATOLOGIE cardiaca, l’infiammazione e la congestione venosa. A queste conclusioni sono giunti CRONICHE INFIAMMATORIE ricercatori italiani che hanno studiato la comTRA CUI LO SCOMPENSO CARDIACO posizione della flora intestinale in soggetti con insufficienza cardiaca stabile da lieve a moderata-severa, e la prevalenza delle alterazioni nella composizione batterica in questi pazienti. Secondo alcune evidenze la migrazione verso il circolo sanguigno di componenti della flora intestinale o di tossine da essa prodotte possono rappresentare un fattore scatenante il processo infiammatorio correlato allo scompenso. Tuttavia le relazioni tra flora patogena e gravità dello scompenso così come tra PI, congestione venosa e aumento della pressione atriale destra (RAP) e/o infiammazione sistemica (misurata come proteina C-reattiva, CRP) restano da chiarire. Allo studio hanno preso parte 30 pazienti con scompenso lieve (classe NYHA I-II) e 30 con moderato-severo (NYHA III-IV) che sono stati appaiati con 20 soggetti sani. In tutti è stata valutata la presenza di batteri e funghi nelle feci ed è stata misurata la PI. I dati sono stati messi in relazione con la RAP e l’infiammazione sistemica. Rispetto al gruppo controllo in tutti i pazienti con scompenso cardiaco è stata riscontrata una quantità eccessiva di patogeni appartenenti ai generi Campylobacter (85,3 ±3,7 CFU/ml vs 1,0 ±0,3 CFU/ml; p <0,001), Shigella (38,9 ±12,3 CFU/ml vs 1,6 ±0,2 CFU/ml; p <0,001), Salmonella (31,3 ±9,1 CFU/ml vs 0 CFU/ml; p <0,001), Yersinia enterocolitica (22,9 ±6,3 CFU/ml vs 0 CFU/ml; p <0,0001) e Candida (21,3 ±1,6 CFU/ml vs 0,8 ±0,4 CFU/ml; p <0,001). I soggetti affetti da scompenso inoltre, presentavano una permeabilità intestinale alterata (10,2 ±1,2 mg vs 1,5 ±0,8 mg; p <0,001), RAP aumentata (12,6 ±0,6 mmHg) e infiammazione (12,5 ±0,6 mg/dl). Le alterazioni evidenziate sono risultate maggiormente pronunciate nei soggetti con scompenso moderato-grave rispetto ai soggetti in classe NYHA più bassa. Infine i parametri IP, RAP e CRP sono risultati interdipendenti (IP vs RAP, r =0,55; p <0,0001; IP vs CRP r =0,78; p <0,0001, e RAP vs CRP r =0,78; p <0,0001). Secondo gli Autori dunque la sovraccrescita di specie patogene (batteri e funghi) correla con la gravità dello scompenso cardiaco, ma sono necessari ulteriori studi per confermare tale legame. Se così dovesse essere si aprirebbero nuove prospettive per lo scompenso cardiaco sia in ambito diagnostico che terapeutico. Pasini E, Aquilani R et al. Jacc Heart Failure 2016; 4(3): 220-7

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Dal 2013 puoi trovare LA NEUROLOGIA ITALIANA anche on line

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GASTROENTEROLOGIA

MALATTIA di CROHN FISTOLIZZANTE NUOVO APPROCCIO TERAPEUTICO CON LE CELLULE STAMINALI QUESTO STUDIO APRE NUOVE PROSPETTIVE SULLA POSSIBILITÀ DI IMPIEGO DELLE CELLULE STAMINALI NELLA TERAPIA DELLE FISTOLE CORRELATE ALLA MALATTIA DI CROHN

L

a malattia di Crohn è una patologia infiammatoria cronica intestinale provocata dalla perdita della tolleranza immunologica nei confronti dei batteri componenti il microbiota, che si verifica in individui geneticamente predisposti [1]. Il picco di incidenza si ha in età giovane adulta, quando gli individui sono nel pieno dell’attività produttiva e dell’età fertile, risultando quindi particolarmente invalidante per la qualità di vita delle persone affette. La prevalenza della malattia di Crohn a livello europeo è dello 0,3 per cento, con un numero stimato di pazienti compreso fra i 2,5-3 milioni [2]. La sua incidenza è inoltre in aumento, non solo in virtù di un’aumentata capacità diagnostica, ma anche per una reale diffusione della patologia.

OPZIONI DI TRATTAMENTO Fra le manifestazioni cliniche della malattia, descritte dalla classificazione di Montreal

A cura di Rachele Ciccocioppo, Eleonora Brusamolino, Gino Roberto Corazza

Clinica Medica I, Dipartimento di Medicina Interna, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Università degli Studi di Pavia

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(Tabella 1), la variante fistolizzante rappresenta la più impegnativa e difficoltosa da trattare, nonostante vi sia a disposizione un ampio armamentario terapeutico, comprendente i farmaci antinfiammatori, gli antibiotici, gli immunosoppressori e l’approccio chirurgico [3]. Prima dell’introduzione dei farmaci biologici come terapia di prima linea, circa la metà dei pazienti colpiti dalla forma fistolizzante andava incontro a recidiva dopo un primo trattamento di chirurgia anale e quasi il 40 per cento doveva subire una proctectomia [4]. L’avvento dei farmaci biologici aventi come molecola bersaglio il fattore di necrosi tissutale-αα (anti-TNF-α: infliximab e adalimumab), ha consentito il raggiungimento di più alti tassi di guarigione (55 per cento) e di risposta clinica alla terapia (68 per cento), almeno nel breve termine [5]. Inoltre è stato recentemente dimostrato che la combinazione fra la strategia medica e l’approccio chirurgico permette di ottenere i migliori risultati in termini di riduzione dei sintomi invalidanti quali il dolore e l’incontinenza fecale, favorendo allo stesso tempo la guarigione delle fistole ed evitando la stomia definitiva, rispetto alla terapia medica o a quella chirurgica prese singolarmente [6]. Si è tuttavia rivelato limitato nel tempo il beneficio nel mantenimento della chiusura

delle fistole, con un tasso di recidiva del 16 per cento a 1 anno, del 31 per cento a 3 anni e del 40 per cento a 5 anni [7], aggravato da un aumentato rischio di infezioni opportunistiche [8] e neoplasie maligne [9]. Questi elevati tassi di recidiva e tali eventi avversi hanno evidenziato la necessità di un migliore approccio terapeutico in termini di sicurezza e di efficacia a lungo termine.

LA TERAPIA CELLULARE L’avvento della medicina rigenerativa, essenzialmente basata sulla terapia cellulare, ha fornito i medici di una nuova ed efficace strategia terapeutica in grado non solo di curare, ma anche di guarire diverse patologie degenerative e immunomediate [10]. Tra le diverse tipologie di cellule utilizzabili, le cellule staminali mesenchimali (MSC) hanno dimostrato di possedere sia una straordinaria capacità differenziativa, che una funzione di modulazione su tutte le cellule coinvolte nella risposta immunitaria, sia innata che adattativa, contribuendo in tal modo alla riparazione tissutale e alla tolleranza immunologica [11]. La malattia di Crohn, come già detto, è caratterizzata da un’incontrollata risposta infiammatoria diretta contro batteri intestinali che, in ultima analisi, provoca un danno tissutale che, nella forma penetrante, coinvolge la parete intestinale a tutto spessore conducendo così alla formazione dei tragitti fistolosi [1]. Le MSC originariamente isolate dal midollo osseo sono state successivamente trovate anche in diversi altri tessuti, sia adulti che fetali, ed è stata inoltre dimostrata la loro capacità di migrare verso i tessuti sede di


infiammazione attiva, senza elicitare una reazione di rigetto, grazie alla pressoché totale mancanza di espressione delle molecole HLA di classe II e costimolatorie [10,1213]. Dal punto di vista sperimentale, le MSC sono state impiegate in modelli animali di colite attraverso somministrazioni intraperitoneale [14], endovenosa [15] o a livello topico mucosale direttamente nel tessuto circostante le lesioni ulcerative [16], con risultati molto promettenti. Nell’uomo, le prime evidenze sono state ottenute proprio nella malattia di Crohn fistolizzante in cui le MSC derivate da tessuto adiposo sono state iniettate direttamente all’interno delle fistole, con importante beneficio in termini di chiusura dei tragitti e miglioramento della qualità di vita dei pazienti trattati [17,18].

Tabella 1. Classificazione

di Montreal della MALATTIA DI CROHN

1. ETÀ ALLA DIAGNOSI

tici e azatioprina, mentre la terapia biologica era stata interrotta in fase di arruolamento dei pazienti.

w Risultati

Dei 12 pazienti arruolati, 10 hanno terminato il primo periodo di follow-up di 12 mesi dall’ultima A2 compresa fra 17 e 40 anni iniezione di MSC, e 8 sono stati A3 >40 anni seguiti per ulteriori 5 anni. L’impiego dello studio di imaging con 2. LOCALIZZAZIONE RM seriali ha permesso una precisa L1 ileale descrizione non solo dell’anatomia delle fistole, ma anche di seguire il L2 colica processo di guarigione, rappresenL3 ileo-colica tato dalla completa sostituzione dei tragitti fistolosi con tessuto rigeneL4 isolata al tratto GI superiore(1) rativo senza alcun segno di fibrosi, 3. COMPORTAMENTO usualmente già dopo la seconda iniezione di cellule staminali, che B1 non stenosante-non penetrante persisteva per tutto il periodo di B2 stenosante follow-up. Inoltre, la percentuale di pazienti che non presentava B3 penetrante recidiva di fistole, è risultata pari all’88 per cento a 1 anno dall’ultiP malattia perianale(2) w Lo studio ma iniezione, del 50 per cento a 2 Sulla base di questi studi pioneri(1) si può aggiungere a L1-L3 in caso di concomitante anni e del 37 per cento durante i stici, il nostro gruppo ha condotto interessamento del tratto GI superiore successivi 4 anni. Inoltre 3 pazienti uno studio clinico volto a valutare (2) si può aggiungere a B1-B3 se contemporaneo coinsugli 8 valutati a lungo termine la fattibilità, sicurezza ed efficacia volgimento perianale hanno dovuto subire un intervendi iniezioni intrafistolose seriali di to chirurgico per recrudescenza MSC autologhe prelevate dal midolinferiore a 150 punti del CDAI è considedelle fistole, 2 hanno dovuto subire una lo osseo in 12 pazienti affetti da malattia rato indicativo di remissione di malattia, proctocolectomia con stomia definitiva e di Crohn fistolizzante refrattaria alla terapia mentre per quanto riguarda il PDAI sono un paziente ha dovuto intraprendere una convenzionale [19]. I pazienti selezionati stati stabiliti come indicativi di malattia resezione colica per stenosi luminale. Va erano tutti non responsivi o non candidabili fistolosa attiva valori superiori a 4. Nesanche sottolineato che quasi tutti i pazienti alle terapie mediche standard precedensuno dei pazienti ha manifestato eventi hanno avuto necessità di reintrodurre la temente somministrate (inclusa la terapia avversi durante tutto il periodo di studio. terapia immunosoppressiva o con farmaci con agenti biologici), e/o erano stati trattati Gli obiettivi primari erano rappresentati biologici entro 24 mesi dall’ultima inieziosenza successo con la chirurgia. Le iniezioni dalla valutazione della fattibilità, efficacia e ne, passando da una probabilità di sopravdi MSC sono state eseguite a intervalli di 4 sicurezza di tale trattamento. In particolare, vivenza libera da farmaci dell’88 per cento settimane, e alla fine dello studio il numero la fattibilità era valutata sulla base della a 1 anno a una del 25 per cento già a 2 medio di iniezioni per singolo paziente corpossibilità di ottenere un numero sufficiente anni dal termine della terapia cellulare. In rispondeva a 4. Al termine dei 12 mesi di di MSC dal prelievo di sangue midollare per termini di sicurezza, nessuno degli evenfollow-up, oltre il 70 per cento dei pazienti ogni paziente, l’efficacia era rappresentati avversi registrati nel periodo di studio aveva ottenuto una chiusura completa dei ta dal raggiungimento di un punteggio di (consistenti in dolore addominale, febbre, tragitti fistolosi, come documentato dalle CDAI inferiore a 150 e di PDAI inferiore diarrea, mal di testa, infiammazione anale, valutazioni clinica, chirurgica e strumentale a 4, mentre la valutazione della sicurezza nausea ed eritema) erano attribuibili alla mediante risonanza magnetica, mentre il comprendeva un’analisi della tolleranza a terapia con MSC e, cosa più importante, restante 30 per cento aveva comunque livello sistemico e dell’eventuale comparsa non si è verificato alcun caso di patologia ottenuto un miglioramento accompagnato di effetti collaterali. Va inoltre precisato che neoplastica o di infezione opportunistica. da una significativa riduzione sia dell’indice durante i primi 12 mesi dello studio era Dal punto di vista della sicurezza, pertanto, di attività della malattia di Crohn (CDAI) consentito il contemporaneo trattamento a il nostro studio ha mostrato un profilo di [20], che dell’indice di attività della malattia dosaggi stabili con aminosalicilati, antibioalta sicurezza della terapia con MSC, sia perineale (PDAI) [21]. Un valore uguale o A1 <16 anni

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11


GASTROENTEROLOGIA nel breve che nel lungo termine [19,22]. In studi passati erano insorti dubbi, peraltro poi confutati, riguardo la possibile trasformazione maligna delle cellule: è da sottolineare che non abbiamo registrato alcun segno o sintomo attribuibile allo sviluppo di neoplasia. Inoltre, durante tutto il periodo di studio, non sono state rilevate reazioni allergiche o infezioni opportunistiche. Non si è nemmeno verificato un processo riparativo esuberante di tipo fibrotico che ci si sarebbe potuti aspettare come conseguenza di una possibile differenziazione in senso fibroblastico o verso altre cellule della linea mesenchimale [23].

5 anni [24-26]. I nostri dati sull’impiego delle MSC per via locale nella malattia di Crohn fistolizzante sono stati confermati e ampliati da due successivi studi in cui sono state usate le MSC allogeniche ottenute da midollo osseo prelevato da donatori sani [27] o derivanti da tessuto adiposo autologo [28]. Il primo studio, comprendente 21 pazienti refrattari alla terapia convenzionale e realizzato tramite randomizzazione in gruppi con dosaggi differenti di MSC e un gruppo placebo, ha confermato l’efficacia e l’alto profilo di sicurezza del trattamento con cellule staminali derivanti da midollo osseo; il secondo studio, coinvolgente 33 pazienti, ha dimostrato la completa chiusura dei tragitti fistolosi in 27 pazienti (82 per cento) a distanza di 8 settimane dal trattamento e la persistenza della chiusura dopo un anno dalla terapia nell’88 per cento di questi pazienti. È inoltre ipotizzabile che il trattamento cellulare possa ristabilire la responsività ai farmaci, preservando allo stesso tempo i pazienti refrattari da gravi condizioni invalidanti. Se tale strategia terapeutica possa

w Considerazioni conclusive Dai risultati di questo studio si può quindi concludere che, sebbene una buona parte dei pazienti raggiunga la guarigione delle fistole nel breve-medio termine, la percentuale di recidiva nel tempo è tuttora molto alta, simile a quanto accade con l’impiego dei biologici, come documentato da diversi studi retrospettivi in cui il 50 per cento dei pazienti andava incontro a recidiva entro

ALLOGENICO

AUTOLOGO

Tabella 2.

12

essere di una qualche utilità nelle fasi precoci di malattia o, per lo meno, quando non si è ancora instaurata la refrattarietà alla terapia convenzionale in modo da evitare disfunzioni d’organo e migliorare l’efficacia del regime terapeutico standard, rimane ancora da stabilire. A tal fine, ancora poco è noto sull’effetto immunomodulante che le MSC hanno sulle cellule e molecole responsabili del danno tissutale in questa specifica condizione patologica. A tale scopo, abbiamo recentemente condotto uno studio in vitro in cui abbiamo dimostrato la capacità delle MSC di inibire la proliferazione e la produzione di citochine pro-infiammatorie da parte di linfociti T antigene-specifici prelevati proprio dalle zone di mucosa malata di tali pazienti [29]. Inoltre, in vivo nei nostri pazienti trattati, abbiamo sempre inequivocabilmente rilevato un aumento sia a livello mucosale che a livello circolante delle cellule T regolatorie (positive al marcatore FoxP3), come era stato d’altronde evidenziato nel modello murino di colite [14].

Impiego delle cellule staminali mesenchimali per la malattia di Crohn fistolizzante

STUDIO (ANNO)

N

DURATA MALATTIA (anni)

GARCIA OLMO (2003)

1

GARCIA OLMO (2005)

ETÀ (ANNI)

SESSO (F/M)

DIAGNOSI

MANIFESTAZIONI EXTRAINTESTINALI

T O

11

33

1/0

Malattia di Crohn perianale refrattaria

Non disponibili

T a

5

Non disponibile

Mediana 35 (range 31-37 )

2/3

Malattia di Crohn perianale refrattaria

Non disponibili

T a

GARCIA OLMO (2009)

24

Non disponibile

Range 33-62

14/10

Criptoghiandolare (17) Malattia di Crohn (7)

Non disponibilli

T a

CICCOCIOPPO (2011)

12

Mediana 9,5 (range 26-59 )

Mediana 33 (range 16-59)

4/8

Malattia di Crohn fistolizzante refrattaria

Presenti (9) Assenti (3)

YONG LEE (2013)

43

Mediana 5,5 (range 1-8)

Mediana 26 (range 21-32)

13/30

Malattia di Crohn perianale

Non disponibili

ONKEN (2006)

10

Non disponibile

Non disponibile

Non disponibile

Malattia di Crohn refrattaria

Non disponibili

7

Mediana 5 (range 0,5-10)

Mediana 29 (range 24-41)

3/4

Malattia di Crohn (3) Colite ulcerosa (4)

LIANG (2012)

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M

T a

M

M Non disponibili

c om


Possiamo quindi concludere che i risultati del nostro e di altri studi (Tabella 2) aprono promettenti orizzonti sulla possibilità di impiego a livello locale di MSC nella terapia delle fistole correlate alla malattia di Crohn. Per prima cosa, questa opzione terapeutica sembra essere estremamente efficace nelle condizioni refrattarie alla terapia standard, sia nel breve che nel medio termine (fino a 12 mesi), preservando così il paziente da sintomi gravemente disabilitanti. Tuttavia, la maggior parte dei pazienti va incontro a recidiva di grado variabile in tempi successivi, riguadagnando però la responsività a trattamenti farmacologici precedentemente rivelatisi inefficaci. Questi effetti possono essere dovuti alle capacità immunomodulanti delle cellule staminali mesenchimali [30], le cui basi cellulari e molecolari dovranno essere chiarite da studi futuri, unitamente al chiarimento di quale tessuto sia il migliore per l’estrazione delle MSC.

BIBLIOGRAFIA 1. Cho JH. The genetics and immunopathogenesis

NI LI

TESSUTO ORIGINE

INIEZIONE

RISPOSTA

i

Tessuto adiposo

Mucosa rettale

i

Tessuto adiposo

Intrafistolare

li

Tessuto adiposo

Intrafistolare

Midollo osseo

Intrafistolare

Sì (lungo termine)

i

Tessuto adiposo

Intrafistolare

i

Midollo osseo

Sistemica

Sì (breve termine)

i

Midollo osseo cordone ombelicale

Sistemica

Remissione (5) Recidiva (2)

of inflammatory bowel disease. Nat Rev Immunol 2008;(8): 458-66. 2. Burisch J, Jess T, Martinato M et al. The burden of inflammatory bowel disease in Europe. J Crohn’s Colitis 2013; (7):322–337. 3. Kamm MA, Ng SC. Perianal fistulizing Crohn’s disease: a call to action. Clin Gastroenterol Hepatol 2008; (6): 7-10. 4. Hellers G, Bergstrand O, Ewerth S, Holmström B. Occurrence and outcome after primary treatment of anal fistulae in Crohn’s disease. Gut 1980; 21(6): 525-527. 5. Present DH, Rutgeerts P, Targan S et al. Infliximab for the treatment of fistulas in patients with Crohn’s disease. N Engl J Med 1999; 340(18): 1398-1405. 6. Yassin NA, Askari A, Warusavitarne J et al. Systematic review: the combined surgical and medical treatment of fistulising perianal Crohn’s disease. Aliment Pharmacol Ther 2014; 40(7): 741-749. 7. Bouguen G, Siproudhis L, Gizard E et al. Longterm outcome of perianal fistulizing Crohn’s disease treated with infliximab. Clin Gastroenterol Hepatol 2013; 11(8): 975-981. 8. Ford AC, Peyrin-Biroulet L. Opportunistic infections with antitumor necrosis factor-a therapy in inflammatory bowel disease: meta-analysis of randomized controlled trials. Am J Gastroenterol. 2013; 108(8): 1268-1276. 9. Beaugerie L, Sokol H, Seksik P. Noncolorectal malignancies in inflammatory bowel disease: more than meets the eye. Dig Dis 2009; 27(3): 375-381. 10. Nauta AJ, Fibbe WE. Immunomodulatory properties of mesenchymal stromal cells. Blood 2007; (110): 3499-506. 11. Dazzi F, van Laar JM, Cope A et al. Cell therapy for autoimmune diseases. Arthritis Res Ther 2007; (9): 206 12. Satija NK, Singh VK, Verma YK et al. Mesenchymal stem BENEFICIO cell-based therapy: a new paraCLINICO digm in regenerative medicine. J Cell Mol Med 2009; (13): 4385-402. Sì 13. Ren G, Zhao X, Zhang L et al. Inflammatory cytokineinduced intercellular adhesion molecule-1 and vascular cell Si adhesion molecule-1 in mesenchymal stem cell are critical for immunosuppression. J Immunol Sì 2010; (184): 2321-8. 14. Gonzalez MA, GonzalezRey E, Rico L et al. Adiposederived mesenchymal stem cells Sì alleviate experimental colitis by inhibiting inflammatory and autoimmune responses. Gastroenterology 2009; (136): 978-89. Sì 15. Tanaka F, Tominaga K, Ochi M et al. Exogenous administration of mesenchymal Sì stem cells ameliorates dextran sulphate-sodium-induced colitis via anti-inflammatory action in damaged tissue in rats. Life Sci 2008; (83): 771-9. Sì 16. Hayashi Y, Tsuji S, Masahiko T et al. Topical implantation of mesenchymal stem

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LINEE GUIDA ITALIANE per la gestione DELL’INFEZIONE da HELICOBACTER PYLORI III Consensus Report 2015 Rocco Maurizio Zagaria, Alessandra Romitia, Marco Romanob, Giovanni Gasbarrini c, Michele Casellid a. Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche-DIMEC, Università di Bologna, b. Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale “F. Magrassi”, Seconda Università di Napoli, c. Dipartimento di Medicina Interna e Gastroenterologia, Università Cattolica, Roma, d. Scuola di Gastroenterologia, Università di Ferrara

Sebbene le nostre conoscenze sul ruolo dell’Helicobacter pylori (H. pylori) nella patogenesi delle malattie digestive ed extra-digestive siano migliorate nell’ultimo decennio, il trattamento dell’infezione è diventato più difficile a causa del crescente aumento dei ceppi antibioticoresistenti. In accordo con le Linee guida europee la gestione dell’H. pylori può essere differente nei vari Paesi europei (indicazioni alla strategia “test and treat”, scelta della terapia di prima linea) parallelamente ai diversi tassi di prevalenza dell’infezione e ai livelli di resistenza alla claritromicina (1). I tentativi di standardizzare la gestione dell’H. pylori nei vari Paesi hanno favorito la pubblicazione di diverse Linee guida nazionali. Un gruppo di esperti italiani si è riunito allo scopo di aggiornare le Linee guida italiane, prodotte nel II Working Group Report 2006, su indicazioni, diagnosi e trattamento dell’infezione da H. pylori e sul suo ruolo carcinogenetico

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METODOLOGIA E STRUTTURA DEL MEETING DI CONSENSO Il panel di 17 esperti nazionali si è riunito in aprile 2014 a Ferrara per riesaminare le correnti Linee guida europee - Maastricht IV/Firenze – (1) nel corso di una sessione plenaria introduttiva. Gli esperti hanno poi lavorato in 4 gruppi per effettuare una ricerca sistematica della letteratura e rivedere le raccomandazioni sulla base della migliore evidenza scientifica disponibile sui seguenti argomenti: w Indicazioni a eseguire un test per l’H. pylori con successivo trattamento (“test and treat”), nei pazienti con dispepsia, malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE), in terapia con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) o aspirina, o con disturbi extra-gastrici. w Test diagnostici invasivi e non invasivi. w Trattamento dell’H. pylori. w Ruolo del trattamento dell’H. pylori nella prevenzione del cancro gastrico. I gruppi di lavoro hanno elaborato le raccomandazioni con il livello di evidenza disponibile e il grado di raccomandazione, tenendo anche in considerazione la loro applicabilità clinica e la loro divulgazione nella Medicina generale. La qualità del livello di evidenza e il grado di raccomandazione sono stati classificati con lo stesso sistema utilizzato nel Maastricht IV/Firenze Report (Tabella 1) (1). Nel corso di una


Tabella 1. GRADO DI RACCOMANDAZIONE E LIVELLI DI EVIDENZA Grado di raccomandazione

Livello di evidenza

A

1

B

2

3

Tipo di studio

1a

Revisioni sistematiche di trial randomizzati controllati di buona qualità metodologica

1b

Trial randomizzato controllato con un ampio numero di pazienti

1c

Trial randomizzato controllato con rischio di bias

2a

Revisione sistematica di studi di coorte

2b

Studi di coorte di bassa qualità

2c

Studi di coorte non controllati o studi ecologici

3a

Revisione sistematica di studi caso-controllo

3b

Studio caso-controllo

C

4

Serie di casi o studi di coorte o caso-controllo di scarsa qualità

D

5

Opinione degli esperti

sessione plenaria finale tenutasi nel mese di febbraio 2015 a Bologna, le raccomandazioni sono state discusse e votate da tutti i partecipanti. Le raccomandazioni sono state approvate da almeno il 70 per cento dei partecipanti. Le raccomandazioni prodotte sono basate sulla migliore evidenza scientifica disponibile e hanno lo scopo di aiutare i medici nella gestione dell’infezione da H. pylori in Italia. Le Linee guida sono state approvate dalla Società Italiana di Gastroenterologia (SIGE) e dalla Società Italiana di Endoscopia Digestiva (SIED). Precedenti indicazioni per l’eradicazione dell’H. pylori, come l’ulcera peptica e il linfoma gastrico MALT, sono state riconfermate.

RACCOMANDAZIONI Indicazioni al “test and treat” nella dispepsia, MRGE, terapia con FANS/ aspirina e malattie extra-digestive

H. pylori e dispepsia Raccomandazione. Vi è evidenza di un’associazione negativa fra infezione da H. pylori e malattia da

reflusso gastroesofageo (MRGE), comprese le sue complicanze (esofagite, esofago di Barrett e adenocarcinoma esofageo). Tuttavia l’eradicazione dell’H. pylori non peggiora un MRGE presistente nè influenza l’efficacia del trattamento con inibitori di pompa protonica. Livello di evidenza: 1b Grado di raccomandazione: A Diversi studi supportano l’uso della strategia del “test and treat” per H. pylori nella gestione iniziale della dispepsia non investigata in pazienti giovani senza segni o sintomi di allarme, come un’inspiegabile perdita di peso, anemia sideropenica, sanguinamento gastrointestinale, disfagia ecc. (2). Le Linee guida europee raccomandano questa strategia nelle aree dove la prevalenza dell’H. pylori è superiore al 20 per cento (1). In Italia, cosi come in altri Paesi del Sud Europa (3), la prevalenza dell’H. pylori è di circa il 30-50 per cento (4), e quindi la strategia del “test and treat” è ancora raccomandata. L’età a cui i pazienti con dispepsia non investigata e senza sintomi di allarme dovrebbero essere inviati all’endoscopia dipende dall’in-

cidenza locale del cancro gastrico. I Registri Tumori mostrano che in Italia l’incidenza del cancro gastrico aumenta nei soggetti con età maggiore di 50 anni (5). Sulla base di questi dati, l’endoscopia sembrerebbe essere appropriata nei pazienti con dispepsia non investigata con più di 50 anni o in presenza di sintomi di allarme. La strategia del “test and treat” dovrebbe essere basata sull’impiego di un test non invasivo altamente accurato come il 13C-urea breath test (13C-UBT) o il test fecale monoclonale (1). Molti pazienti dispeptici non mostrano lesioni all’endoscopia e alcuni di questi presentano un’infezione da H. pylori (dispepsia funzionale). Una recente metanalisi ha mostrato che un paziente su 13 con dispepsia funzionale e infezione da H. pylori ha beneficiato dell’eradicazione del batterio (6). Pertanto, l’eradicazione dell’H. pylori è raccomandata nel trattamento dei pazienti con dispepsia funzionale.

H. pylori e malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) Raccomandazione. Vi è evidenza

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di un’associazione negativa fra infezione da H. pylori e malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE), comprese le sue complicanze (esofagite, esofago di Barrett e adenocarcinoma esofageo). Tuttavia, l’eradicazione dell’H. pylori non peggiora un MRGE presistente nè influenza l’efficacia del trattamento con inibitori di pompa protonica. Livello di evidenza: 1b Grado di raccomandazione: A Diversi studi supportano l’ipotesi di un ruolo protettivo dell’H. pylori nei confronti della MRGE attraverso una riduzione della secrezione acida gastrica. Diverse metanalisi hanno mostrato che i pazienti con MRGE, inclusi quelli con esofago di Barrett o cancro dell’esofago, hanno una più bassa prevalenza di H. pylori rispetto ai controlli (7). Inoltre, un recente studio randomizzato controllato, condotto nella popolazione generale in Asia, ha riportato un aumento della prevalenza di esofagite da reflusso dopo eradicazione del batterio (8). Questi dati sono in contrasto con quelli di una precedente metanalisi che mostrava come l’eradicazione dell’H. pylori non fosse associata con lo sviluppo di nuovi casi di MRGE nei pazienti con dispepsia (9). Tuttavia la breve durata del follow-up dopo l’eradicazione potrebbe spiegare la discrepanza fra i diversi studi. L’eradicazione dell’H. pylori non sembra peggiorare la malattia da reflusso gastroesofageo (10), e quindi può essere effettuata anche nei pazienti con MRGE, come per esempio in quelli che necessitano di una terapia a lungo termine con inibitori di pompa protonica (IPP), pazienti che sembrano avere un aumentato rischio di sviluppare condizioni precancerose, come la gastrite atrofica del corpo (11).

H. pylori e FANS/aspirina Raccomandazione. L’eradicazione

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dell’H. pylori riduce il rischio di ulcera gastrica e duodenale, complicata o non complicata, associata all’uso di FANS o aspirina. L’eradicazione dell’H. pylori è più efficace se effettuata prima dell’inizio del trattamento con FANS. Livello di evidenza: 1b Grado di raccomandazione: A Raccomandazione. L’eradicazione dell’H. pylori deve essere effettuata nei pazienti con storia di ulcera peptica in terapia cronica con FANS o aspirina. Livello di evidenza: 2b Grado di raccomandazione: B Raccomandazione. L’eradicazione dell’H. pylori potrebbe essere considerata nei pazienti in terapia con FANS o aspirina con molteplici fattori di rischio per sanguinamento gastro-intestinale superiore (per es. concomitante uso di FANS e aspirina o concomitante terapia con anticoagulante, clopidogrel o corticosteroidi). Livello di evidenza: 5 Grado di raccomandazione: D L’infezione da H. pylori è associata a un aumentato rischio di ulcera gastroduodenale, complicata o non complicata, nei pazienti che fanno uso di FANS o aspirina (1). In accordo con le Linee guida internazionali (1,12), l’H. pylori dovrebbe essere cercato ed eradicato (“test and treat”) in tutti i pazienti in trattamento con FANS o aspirina con una storia di ulcera peptica. Inoltre, il “test and treat” potrebbe essere considerato nei pazienti che usano FANS o aspirina e hanno altri fattori di rischio per sanguinamento gastrointestinale superiore, come l’uso combinato di FANS e aspirina, una concomitante terapia con anticoagulanti (eparina non frazionata o a basso peso molecolare e warfarin), clopidogrel o corticosteroidi. L’eradicazione dell’H. pylori sembra essere più efficace se

effettuata prima dell’inizio del trattamento con FANS. Comunque, anche dopo l’eradicazione questi pazienti devono proseguire la terapia con IPP (1,12). Non esistono studi recenti sui pazienti in terapia cronica con corticosteroidi (pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali o patologie reumatologiche), e rimane quindi il problema su quanto questi pazienti possano beneficiare dell’eradicazione dell’H. pylori. Negli ultimi anni, sono stati introdotti nuovi farmaci anticoagulanti con un alto rischio di sanguinamento gastrointestinale per la prevenzione e il trattamento di infarto miocardico, ictus e fibrillazione atriale ma, in assenza di studi controllati randomizzati, non è stato possibile fornire raccomandazioni per questi pazienti.

H. pylori e malattie extra-gastriche Raccomandazione. C’è una sostanziale evidenza in favore di un’associazione tra infezione da H. pylori e anemia sideropenica non altrimenti spiegata, porpora trombocitopenica idiopatica e deficit di vitamina B12. Pertanto in queste condizioni, l’H. pylori dovrebbe essere ricercato e trattato. Anemia sideropenica non altrimenti spiegata Livello di evidenza: 1a Grado di raccomandazione: A Porpora trombocitopenica idiopatica Livello di evidenza: 1b Grado di raccomandazione: A Deficit di Vitamina B12 Livello di evidenza: 1b Grado di raccomandazione: A Una recente metanalisi ha dimostrato l’esistenza di un’associazione tra infezione da H. pylori e anemia da carenza di ferro non altrimenti spiegata (odds ratio [OR] 2,2, 95 per cento CI 1,523,24), diagnosticata dopo l’esclusione endoscopica delle più comuni patologie gastrointestinali causa di san-


guinamento (cancro, ulcera peptica) o malassorbimento del ferro (morbo celiaco, precedente chirurgia gastrica) (13). Vi sono altre evidenze che l’eradicazione dell’H. pylori combinata a una supplementazione orale di ferro è più efficace della sola supplementazione di ferro nel trattamento dell’anemia sideropenica moderata-severa non altrimenti spiegata (14). L’infezione da H. pylori sembra essere associata ad anemia sideropenica non altrimenti spiegata solo quando causa una gastrite del corpo (15). Per quanto riguarda la porpora trombocitopenica idiopatica, una metanalisi e altre due revisioni sistematiche hanno dimostrato che l’eradicazione dell’H. pylori induce un significativo aumento della conta piastrinica (16). Una recente revisione sistematica di 17 studi, che hanno incluso 2.454 pazienti, ha valutato l’associazione tra H. pylori e deficit di vitamina B12, mostrando che i pazienti H. pylori positivi avevano livelli di cobalamina significativamente più bassi di quelli H. pylori negativi (differenza media: -0,74, 95 per cento CI da -1,15 a -0,34). Inoltre, una sub-group analisi ha mostrato che i livelli di cobalamina erano significativamente più alti dopo eradicazione dell’H. pylori (17). Dati recenti mostrano un’associazione fra ceppi di H. pylori Cag-A positivi, ischemia cardiaca e rosacea (18), ma non ci sono sufficienti evidenze che suggeriscano di effettuare un “test and treat” per l’H. pylori in queste condizioni cliniche.

DIAGNOSI Test non invasivi Raccomandazione. Il 13C-urea breath test e il test fecale monoclonale hanno un’elevata accuratezza diagnostica sia nella diagnosi iniziale sia dopo trattamento dell’H. pylori. Livello di evidenza: 1a Grado di raccomandazione: A

Raccomandazione. Le seguenti condizioni riducono la sensibilità del 13C-urea breath test e del test fecale monoclonale: uso di antibiotici nel mese precedente, impossibilità di sospendere gli inibitori di pompa protonica (IPP) per almeno 2 settimane, emorragia digestiva da ulcera peptica, gastrite cronica atrofica e neoplasie maligne dello stomaco. Livello di evidenza: 1b Grado di raccomandazione: B Raccomandazione. Una sierologia positiva con presenza di IgG anti-H. pylori indica un’infezione passata, ma non necessariamente in corso. Livello di evidenza: 1b Grado di raccomandazione: A Diverse metanalisi hanno confermato che il 13C-UBT è il miglior test non invasivo per la diagnosi di infezione da H. pylori con una sensibilità del 96 per cento e una specificità del 93 per cento (19). Una metanalisi ha mostrato che il test fecale monoclonale, se effettuato in laboratorio con la metodica ELISA, ha la stessa elevata accuratezza sia nella diagnosi iniziale che nel posttrattamento (20) mentre, se effettuato in ambulatorio con una tecnica immunocromatografica, sembra essere meno accurato (23). Tuttavia, il recente uso di IPP (entro 2 settimane) o antibiotici (entro 1 mese) potrebbe portare a una riduzione della carica batterica causando risultati falsamente negativi (21). Anche il sanguinamento gastrico può ridurre la sensibilità sia del 13C-UBT che del test fecale (22), tant’è che alcuni studi suggeriscono di ripetere il test dopo almeno un mese nei pazienti con ulcera sanguinante se il risultato del test è negativo. Questi test diagnostici potrebbero essere meno accurati anche nei pazienti con gastrite atrofica e metaplasia intestinale o cancro gastrico e in quelli con gastrectomia parziale. La sierologia è comunemente usata per la diagnosi di infezione da H. pylo-

ri. Quando il 13C-UBT o il test fecale non possono essere impiegati, come per esempio nei pazienti che assumono antisecretori o antibiotici, o non sono disponibili, si può ricorrere a un test sierologico con anticorpi IgG antiH. pylori. Sebbene non sia influenzato da condizioni che riducono la carica batterica dell’H. pylori, questo test non permette comunque di discriminare tra un’infezione attiva e una passata. Il titolo anticorpale IgG antiH. pylori spesso rimane elevato per lunghi periodi anche dopo l’avvenuta eradicazione dell’H. pylori (1). Il dosaggio degli anticorpi anti-CagA non dovrebbe essere usato per la diagnosi di infezione da H. pylori, poiché questi sono presenti in meno del 50 per cento dei soggetti infettati.

Test invasivi basati sull’endoscopia Raccomandazione. La coltura con test di suscettibilità antimicrobica (antibiogramma) è limitata a pochi centri, per cui non può essere considerata una pratica diagnostica di routine. Livello di evidenza: 1b Grado di raccomandazione: A Raccomandazione. I test molecolari possono essere una valida alternativa per evidenziare la resistenza alla claritromicina e/o ai fluorochinolonici nelle biopsie gastriche. Livello di evidenza: 1b Grado di raccomandazione: B Non vi sono nuove raccomandazioni sull’uso dell’esame istologico e del test rapido all’ureasi per la mancanza di nuovi dati. L’esame colturale permette di effettuare l’antibiogramma e quindi di valutare la suscettibilità ai diversi antibiotici del ceppo di H. pylori isolato. Tuttavia la tecnica è complessa e in Italia è effettuata solo in pochi centri, per cui non può essere raccomandata nella pratica clinica prima di un trattamento di prima linea. La coltura può

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essere presa in considerazione prima di un trattamento di seconda o terza linea (1). I test molecolari, che possono essere effettuati direttamente su biopsie gastriche, permettono di ottenere dati sulla resistenza alla claritromicina e/o ai fluorochinolonici attraverso l’identificazione mediante polymerase chain reaction (PCR) di mutazioni puntiformi del DNA dell’H. pylori, come la 23S rRNA per la claritromicina e il gene gyrA per la levofloxacina. I test molecolari sembrano avere un’elevata accuratezza, in particolare per la valutazione della suscettibilità dell’H. pylori alla claritromicina, simile a quella della coltura con antibiogramma, con il vantaggio di una maggiore disponibilità (23). Tuttavia, in un recente studio condotto in Corea, la sensibilità di questo metodo nel valutare l’antibiotico resistenza non è stata soddisfacente (24). Sono certamente necessari studi di validazione locali che confermino l’elevata accuratezza dei kit disponibili in commercio anche in Italia. Infatti, la sensibilità dei test molecolari nel valutare l’antibiotico resistenza dell’H. pylori può ridursi per la comparsa di nuove mutazioni puntiformi. I test molecolari potrebbero trovare maggiore spazio nella pratica clinica in futuro e in particolare essere impiegati anche prima di una terapia di prima linea.

TRATTAMENTO

un precedente regime terapeutico. Un ritrattamento dovrebbe essere effettuato dopo la dimostrazione, mediante un test accurato, del fallimento di un precedente trattamento, e non può basarsi solo sulla persistenza dei sintomi. Il fallimento di una terapia di prima linea contenente claritromicina è molto probabilmente associato alla presenza di una resistenza primitiva o acquisita dell’H. pylori alla claritromicina. Pertanto, l’uso della claritromicina in un trattamento di seconda linea è fortemente sconsigliato per l’elevata probabilità di fallimento (26). Uso di altri antibiotici. Cefalosporine, altri chinolonici a parte la levofloxacina e alcune tetracicline (doxyciclina) non dovrebbero essere usate nel trattamento dell’H. pylori a causa della loro scarsa efficacia. Il loro impiego è quindi sconsigliato.

Trattamento di prima linea Raccomandazione. Uno dei seguenti regimi dovrebbe essere usato come trattamento di prima linea in Italia: • Triplice terapia standard contenente claritromicina per 14 giorni. • Terapia sequenziale per 10 giorni. • Terapia concomitante (quadruplice terapia senza bismuto) per 10 giorni. Livello di evidenza: 1a Grado di raccomandazione: A

Principi di base Dose di inibitori di pompa protonica. Gli inibitori di pompa protonica sono talvolta sottodosati nei regimi terapeutici prescritti. Studi in vitro hanno mostrato che la concentrazione minima inibente l’antibiotico è influenzata dal pH intragastrico. Uno studio italiano e una metanalisi dimostrano che gli IPP ad alto dosaggio (dose standard somministrata due volte al giorno) sono più efficaci della dose standard somministrata una volta al giorno per l’eradicazione dell’infezione da H. pylori (25). Ritrattamento dopo il fallimento di

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Raccomandazione. Quando sarà disponibile, la nuova formulazione dei “3 farmaci (bismuto, metronidazolo e tetraciclina) in una capsula” potrà rappresentare una valida alternativa. Livello di evidenza: 1b Grado di raccomandazione: A Negli ultimi dieci anni l’efficacia della triplice terapia standard (IPP +claritromicina +amoxicillina o metronidazolo/ tinidazolo) di 7 giorni si è marcatamente ridotta per l’aumento dei ceppi di H. pylori resistenti alla claritromicina (1).

Una recente metanalisi di trial randomizzati controllati, che ha incluso 45 studi, ha mostrato che una triplice terapia standard con claritromicina della durata di 14 giorni ha un’efficacia maggiore di un regime di 7 e 10 giorni con una percentuale di eradicazione superiore all’80 per cento (27). Questi dati confermano i risultati di una precedente metanalisi che riportava una maggiore efficacia della triplice terapia di 2 settimane rispetto a 7 giorni di trattamento (28). Anche la terapia sequenziale per 10 giorni si è dimostrata altamente efficace nel trattamento di prima linea dell’infezione da H. pylori raggiungendo percentuali di eradicazione di circa il 90 per cento (29). La terapia sequenziale è il regime terapeutico più studiato in Italia e la sua efficacia è stata confermata anche nella pratica clinica (30). Questo regime sembra essere in grado di superare il problema della resistenza alla claritromicina. Una recente metanalisi di 46 studi ha mostrato che l’efficacia della terapia sequenziale è superiore a quella della triplice terapia standard di 7 e 10 giorni, ma simile a quella della triplice terapia di 14 giorni e a quella della terapia concomitante (quadruplice terapia senza bismuto) di 10 giorni (31). In Italia, uno studio ha confermato l’elevata efficacia della terapia concomitante con una percentuale di eradicazione del 90 per cento (32). Tale studio ha inoltre riportato un’alta percentuale di eradicazione anche con l’impiego della cosiddetta terapia “ibrida” che include un trattamento di 14 giorni con IPP e amoxicillina con l’aggiunta di claritromicina e metronidazolo nella seconda settimana. Tuttavia, l’efficacia della terapia “ibrida” deve essere confermata da altri studi. Per quanto riguarda la tollerabilità, non sono state evidenziate differenze in termini di effetti avversi fra la triplice terapia standard di 14 giorni e le terapie sequenziale e concomitante di 10 giorni (31). Secondo le Linee guida europee, la scelta del regime di prima linea do-


Tabella 2. REGIMI TERAPEUTICI RACCOMANDATI IN ITALIA COME TERAPIA DI PRIMA E SECONDA LINEA Regime terapeutico

Durata

Farmaci e dosi

TERAPIA DI PRIMA LINEA 14 giorni

- IPP dose standard x2/die - Claritromicina 500 mg x2/die - Amoxicillina 1.000 mg x2/die - Metronidazolo/tinidazolo 500 mg x2/die

10 giorni

-IPP dose standard x2/die

Primi 5 giorni

- Amoxicillina 1.000 mg x2/die - IPP dose standard x2/die

Nei 5 giorni successivi

- Claritromicina 500 mg x2/die - Metronidazolo/tinidazolo 500 mg x2/die

10 giorni

- IPP dose standard x2/die - Claritromicina 500 mg x2/die - Amoxicillina 1.000 mg x2/die - Metronidazolo/tinidazolo 500 mg x2/die

10 giorni

- IPP dose standard x2/die - Levofloxacina 500 mg/die o 250 mg x2/die - Amoxicillina 1.000 mg x2/die

7-14 giorni

- IPP dose standard x2/die - Sali di bismuto x4/die - Tetracicline 500 mg x3/die - Metronidazolo/tinidazolo 500 mg x 3/die

Triplice terapia contenente claritromicina

Terapia sequenziale

Terapia concomitante (quadruplice terapia senza bismuto) TERAPIA DI SECONDA LINEA Triplice terapia contenente levofloxacina

Quadruplice terapia contenente bismuto Note: IPP, inibitore di pompa protonica

vrebbe essere basata sulla prevalenza locale dei ceppi di H. pylori resistenti alla claritromicina, e una soglia del 15-20 per cento è stata indicata per definire i Paesi con bassa o alta resistenza alla claritomicina. Le Linee guida europee raccomandano di usare una triplice terapia standard con claritromicina di 10-14 giorni nelle aree a bassa resistenza alla claritromicina e una quadruplice terapia contenente bismuto (IPP + bismuto + tetraciclina + metronidazolo) o, in alternativa, una terapia sequenziale o concomitante nelle aree ad alta resistenza alla claritromicina (1). Sfortunatamente, in Italia manca un monitoraggio nazionale della resistenza dell’H. pylori alla claritromicina. Alcuni studi hanno riportato percentuali di resistenza alla claritromicina variabili dal 10 al 35

per cento nelle diverse regioni italiane (33,34). Pertanto, un regime di prima linea in Italia non può essere scelto sulla base delle percentuali di resistenza alla claritromicina. La triplice terapia standard con claritromicina di 14 giorni così come la terapia sequenziale e la terapia concomitante di 10 giorni possono essere tutte considerate efficaci regimi di prima linea in Italia (Tabella 2). I dati più recenti sconsiglierebbero l’uso di una triplice terapia standard di 10 giorni per la sua minore efficacia (27,31). La terapia sequenziale è meno costosa sia della triplice terapia di 14 giorni sia della terapia concomitante. Tuttavia, mancano studi di costo-efficacia che abbiano confrontato i diversi regimi terapeutici. Quando disponibile in Italia, la nuova formulazione dei “3 farmaci (bi-

smuto, metronidazolo e tetraciclina) in una capsula” potrà rappresentare una valida terapia di prima linea. Un recente ampio trial europeo multicentrico randomizzato e controllato, condotto anche in Italia, ha riportato con questo regime, usato come terapia di prima linea, una percentuale di eradicazione del 90 per cento, anche in pazienti con ceppi di H. pylori resistenti alla claritromicina (35). Nei pazienti con allergia alla penicillina la terapia sequenziale e la terapia concomitante non possono essere impiegate poiché contengono amoxicillina. In questi pazienti può essere usata una triplice terapia con IPP + claritromicina + metronidazolo/ tinidazolo. Nella scelta del regime terapeutico di prima linea fra quelli raccomandati, i

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medici italiani dovrebbero considerare quello più efficace nella loro pratica clinica e nella loro regione, nonché quello preferito dal paziente.

Trattamento di seconda linea Raccomandazione. Dopo il fallimento della terapia di prima linea, una triplice terapia con levofloxacinaamoxicillina per 10 giorni dovrebbe essere usata come trattamento di seconda linea. Un’alternativa è una quadruplice terapia contenente bismuto, se disponibile. Livello di evidenza: 1a Grado di raccomandazione: A Le Linee guida europee raccomandano come trattamento di seconda linea una triplice terapia contenente levofloxacina o una quadruplice terapia contenente bismuto (1). Una recente metanalisi di trial randomizzati controllati, inclusi quelli condotti in Italia, ha riportato che la triplice terapia con IPP + levofloxacina + amoxicillina per 10 giorni (Tabella 2) non era inferiore in termini di efficacia alla più complessa quadruplice terapia contenente bismuto, con una percentuale di eradicazione dell’88 per cento (36). Peraltro, l’incidenza degli effetti collaterali era inferiore con la triplice terapia con levofloxacina rispetto alla quadruplice con bismuto. Questa metanalisi non ha inoltre evidenziato differenze in termini di efficacia fra 500 mg (somministrati una volta al giorno o 250 mg due volte al giorno) e 1.000 mg (500 mg due volte al giorno) di levofloxacina, per cui dovrebbe essere preferito il regime con il dosaggio più basso. Due diversi regimi contenenti levofloxacina, una terapia sequenziale di 10 giorni e una terapia concomitante di 5 giorni, hanno entrambi mostrato alti tassi di eradicazione in una regione dell’Italia meridionale (37,38). Tuttavia, l’ipotesi che questi regimi terapeutici possano rappresentare un’alternativa alla triplice terapia contenente levoflo-

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xacina necessita di conferma. Peraltro, è stato recentemente riportato in Italia un aumento della resistenza primaria alla levofloxacina, e questo potrebbe limitare l’efficacia dei regimi terapeutici basati sul suo impiego (34). Un’estensione della durata della terapia potrebbe essere un modo per migliorarne l’efficacia. I sali di bismuto non sono più largamente disponibili in Italia. Una quadruplice terapia contenente bismuto, quando disponibile, rappresenta comunque una valida alternativa nel trattamento di seconda linea dell’infezione da H. pylori (Tabella 2) (1). Un durata di 14 giorni sembra fornire percentuali di eradicazione superiori ai 7 giorni di trattamento (39). La nuova formulazione dei “3 farmaci (bismuto, metronidazolo e tetraciclina) in una pillola” potrebbe avere un ruolo anche nel trattamento di seconda linea.

Trattamento di terza linea Raccomandazione. Dopo il fallimento di una terapia di seconda linea, il trattamento dovrebbe essere guidato da un test di suscettibilità agli antibiotici. Tuttavia è fortemente consigliata una gestione del paziente in ambito specialistico. Livello di evidenza: 3a Grado di raccomandazione: A Dopo il fallimento di due trattamenti, le Linee guida europee raccomandano di effettuare un esame colturale con antibiogramma allo scopo di scegliere il miglior trattamento di salvataggio sulla base del pattern di resistenza antibiotica dell’H. pylori (1). Tuttavia, dopo due fallimenti terapeutici i pazienti dovrebbero essere inviati dallo specialista. Nella pratica clinica, un approccio basato sulla coltura è spesso difficile da attuare in Italia. Sebbene vi siano pochi dati sull’uso di una terapia empirica come terza linea, vi è evidenza che si possa ottenere una percentuale di eradicazione cumulativa del 90-95 per cento usando una triplice

terapia con levofloxacina-amoxicillina e una quadruplice terapia con bismuto come trattamenti di seconda e terza linea o viceversa (40). Dunque, dopo il fallimento di un trattamento di seconda linea con triplice terapia con levofloxacina per 10 giorni, una quadruplice terapia contenente bismuto potrebbe essere usata quale trattamento di terza linea, se il bismuto è disponibile. Un regime basato sull’impiego della rifabutina potrebbe essere usato nel trattamento di un’infezione da H. pylori refrattaria, ovvero nei pazienti in cui tutte le precedenti terapie hanno fallito. La rifabutina è un antimicobatterico generalmente impiegato nella cura o prevenzione dell’infezione da Mycobacterium avium o Mycobacterium intracellulare. Pertanto, la prevalenza di ceppi di H. pylori resistenti alla rifabutina nella popolazione generale è molto bassa (1). Nella maggior parte degli studi la rifabutina è stata prescritta alla dose di 300 mg al giorno (150 mg due volte al giorno o 300 mg una volta al giorno) per 10 giorni con percentuali di eradicazione del 70 per cento (41). Uno studio italiano ha recentemente confermato l’efficacia della rifabutina nei pazienti con ceppi resistenti a singoli o più antibiotici (42). Prima di usare un regime contenente rifabutina è tuttavia opportuno tenere in considerazione sia il costo sia gli effetti collaterali di tale farmaco.

Trattamento adiuvante con probiotici Raccomandazione. Alcuni probiotici riducono gli effetti collaterali durante il trattamento di eradicazione dell’ H. pylori. Livello di evidenza: 3a Grado di raccomandazione: B Negli ultimi anni, l’impiego dei probiotici come terapia adiuvante nell’eradicazione dell’H. pylori è stato oggetto di molti studi. Alcuni probiotici come Lactobacilli, Bifidobacteri e Saccaromyces boulardii hanno un’attività anti-H. pylori in vitro e sono anche utili


nel ridurre gli effetti avversi associati all’uso di antibiotici. Tre recenti metanalisi hanno valutato il ruolo dei probiotici nel trattamento dell’infezione da H. pylori. Whang et al. hanno condotto una metanalisi di 10 trial clinici che hanno valutato l’effetto di una supplementazione con probiotici contenenti Lactobacillus e Bifidobacterium contro nessun intervento durante una triplice terapia standard (43), riportando una minore incidenza di effetti collaterali nel gruppo con probiotici (OR 0,30, 95 per cento CI 0,11-0,79). Un’altra metanalisi che includeva 9 studi ha valutato l’uso dei Lactobacilli come adiuvante nella triplice terapia dimostrando una riduzione complessiva degli effetti avversi, anche se tale riduzione non raggiungeva la significatività statistica (44). Una terza metanalisi di 5 studi randomizzati e placebo-controllati ha dimostrato una riduzione degli effetti collaterali, in particolare la diarrea, con l’uso di Saccaromyces boulardii come adiuvante alla triplice terapia (45). Tutte e tre le matanalisi hanno inoltre riportato che la supplementazione con probiotici aumentava l’efficacia della triplice terapia in termini di percentuale di eradicazione. Tuttavia è necessario sottolineare che in quasi tutti gli studi inclusi in queste metanalisi veniva usata una triplice terapia contenente claritromicina della durata di 7 giorni. Recenti studi hanno confermato che i probiotici riducono gli effetti collaterali anche quando sono usati come adiuvanti alla triplice terapia della durata di 14 giorni (46) o alla terapia sequenziale (47), mentre non sembrano aumentare le percentuali di eradicazione. Sono certamente necessari ulteriori studi per meglio definire l’effetto dei probiotici sull’efficacia del trattamento quando aggiunti ai regimi attualmente usati nella pratica clinica.

H. pylori e prevenzione del cancro gastrico Raccomandazione. L’infezione da

H. pylori è il più importante fattore di rischio per il cancro dello stomaco. Livello di evidenza: 1a Grado di raccomandazione: A Due recenti metanalisi hanno confermato che l’H. pylori è un importante fattore di rischio per il cancro gastrico, dimostrando che la sua eradicazione riduce significativamente il rischio di sviluppare il cancro dello stomaco (48,49). Studi su modelli animali e linee cellulari hanno dimostrato che l’H. pylori è in grado di indurre direttamente alterazioni genetiche (50) nel DNA delle cellule epiteliali gastriche contribuendo in tal modo allo sviluppo della neoplasia maligna. Le proprietà genotossiche dell’H. pylori sono in parte legate alla produzione da parte delle cellule infiammatorie che infiltrano la mucosa gastrica di sostanze ossidanti e azotate che possono danneggiare il DNA cellulare, anche mediante l’attivazione di fattori batterici di virulenza come l’ureasi e le citotossine CagA e VacA (50). La successione di eventi che porta alla genesi del tumore gastrico è simile a quella degli altri tumori causati da infiammazione cronica. Sebbene i ceppi di H. pylori più virulenti siano associati a un aumentato rischio di cancro gastrico, la loro identificazione non trova attualmente alcuna utilità nella pratica clinica (1). Tuttavia non bisogna dimenticare che il cancro gastrico ha un’eziologia multifattoriale ed è il risultato di interazione tra infezione da H. pylori, fattori genetici dell’ospite e fattori ambientali, interazione che è responsabile dell’elevata variabilità di incidenza del cancro gastrico nel mondo (1). Raccomandazione. Il rischio di cancro gastrico è correlato con la durata della gastrite e la severità della gastrite atrofica/metaplasia intestinale. Livello di evidenza: 1c Grado di raccomandazione: A

L’infiammazione della mucosa gastrica potrebbe portare all’atrofia, ovvero alla “perdita delle ghiandole appropriate”. Una gastrite atrofica istologicamente dimostrata con o senza metaplasia intestinale rappresenta una condizione precancerosa gastrica. Sia il grado di atrofia che la sua localizzazione sono strettamente associati al rischio di sviluppare un cancro gastrico di tipo intestinale, e questo è il motivo per cui è necessario un’appropriata stadiazione della gastrite, che può essere effettuata con un campionamento bioptico perendoscopico con due biopsie in antro, una biopsia a livello dell’incisione angolare e due biopsie nel corpo (51). Inoltre, l’ipocloridria, conseguenza della gastrite atrofica severa del corpo, favorirebbe una sovracrescita dei batteri responsabili della produzione di metaboliti con potenziale carcinogenetico. L’eradicazione dell’H. pylori abolendo la risposta infiammatoria può rallentare o arrestare la progressione dell’atrofia, e in alcuni casi portare anche alla regressione dell’atrofia (1). Raccomandazione. L’eradicazione dell’H. pylori è la strategia più promettente per ridurre l’incidenza del cancro gastrico, soprattutto nelle zone ad alta incidenza. Tuttavia, l’impatto di questa strategia nella prevenzione del cancro gastrico nei Paesi occidentali deve essere meglio valutato. Livello di evidenza: 1a Grado di raccomandazione: A L’eradicazione dell’H. pylori potrebbe essere una strategia costo-efficace per la prevenzione del cancro gastrico nelle popolazioni con un’alta incidenza di questo tumore, come l’Asia e l’America Centrale (1). Secondo una recente metanalisi il numero di pazienti da trattare per prevenire un singolo caso di cancro gastrico è di 15 in Cina e 245 in USA (48). Tuttavia un’analisi di costoefficacia che tenga in considerazione anche i costi locali di eradicazione e la

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prevalenza di resistenza agli antibiotici sarebbe necessaria. Non bisogna comunque trascurare gli altri fattori di rischio per il cancro gastrico, come il fumo e la dieta (52). Raccomandazione. Test sierologici validati sono disponibili per valutare l’estensione della gastrite atrofica. Questi permettono di evitare procedure diagnostiche invasive in pazienti senza altre indicazioni e selezionare i soggetti da sottoporre a endoscopia con biopsie multiple. Livello di evidenza: 1a Grado di raccomandazione: B Fra i test sierologici a disposizione, i pepsinogeni I e II (PgI e PgII), la gastrina-17 e gli anticorpi anti-H. pylori sono considerati potenziali biomarker per l’atrofia della mucosa gastrica. PgI, PgII, e il rapporto PgI/PgII sembrano avere un elevato valore predittivo negativo per la diagnosi di gastrite atrofica. D’altra parte un rapporto PgI/PgII inferiore a 3 sembra avere un alto valore predittivo per la presenza di gastrite atrofica e il paziente dovrebbe essere inviato all’endoscopia con biopsie multiple. Una recente metanalisi ha dimostrato che l’uso di una combinazione di PgI e PgII, gastrina-17 e IgG anti-H. pylori ha una sensibilità di circa l’80 per cento e una specificità superiore al 90 per cento nella diagnosi non invasiva di gastrite atrofica (53). Raccomandazione. L’H. pylori dovrebbe essere cercato ed eradicato (“test and treat”) nei seguenti gruppi di soggetti per la prevenzione del cancro gastrico: • Pazienti con precedente neoplasia gastrica dopo trattamento endoscopico o chirurgico. • Parenti di primo grado di pazienti con cancro gastrico. • Pazienti in terapia cronica con potenti antisecretori (IPP) da più di un anno. • Soggetti con importanti fattori di

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rischio ambientali per cancro gastrico (forti fumatori, elevata esposizione a polvere, carbone, quarzo, cemento ecc.). Livello di evidenza: 1a-4 Grado di raccomandazione: A L’H. pylori dovrebbe essere ricercato ed eradicato in tutti i soggetti che hanno un aumentato rischio di cancro gastrico, come i pazienti con tumore dello stomaco asportato mediante resezione endoscopica o gastro-resezione parziale, i parenti di primo grado di pazienti con cancro gastrico (54), i pazienti in trattamento continuo con IPP da più di un anno (55) e i soggetti esposti a fattori di rischio ambientali (forti fumatori, elevata esposizione a polvere, carbone, quarzo, cemento) (56). Raccomandazione. Le condizioni precancerose dello stomaco (gastrite atrofica e/o metaplasia intestinale) richiedono una sorveglianza endoscopica. Livello di evidenza: 2a Grado di raccomandazione: A Le Linee guida europee raccomandano una sorveglianza endoscopica con biopsie multiple ogni tre anni nei pazienti con gastrite atrofica estesa all’antro e corpo con o senza metaplasia intestinale, anche dopo eradicazione dell’H. pylori (51). Diversi studi hanno confermato l’affidabilità di due sistemi di stadiazione della gastrite basati sulla topografia e severità della gastrite atrofica e metaplasia intestinale nel predire il rischio di cancro gastrico: il sistema di stadiazione OLGA (operative link for gastritis assessment) basato sulla valutazione dell’atrofia gastrica e il sistema di stadiazione OLGIM (operative link for gastric intestinal metaplasia ) basato sulla valutazione della metaplasia intestinale. La stadiazione OLGA che sembra essere più sensibile dell’OLGIM nel predire il rischio di cancro gastrico, distingue la gastrite atrofica in 5 stadi (0-IV) e

identifica gli stadi III e IV (pazienti con atrofia severa di antro o corpo o con atrofia moderata sia nel corpo che nell’antro) quali stadi associati a un maggiore rischio di cancro gastrico, quindi eleggibili a programmi di sorveglianza (57). Il rischio di cancro dello stomaco è maggiore nei pazienti con displasia (anche definita neoplasia intra-epiteliale, IEN), la cui gestione dovrebbe essere basata sulla severità della displasia. Nei casi di displasia di basso grado, se questa non può essere rimossa, deve essere effettuata una sorveglianza endoscopica con biopsie multiple ogni anno, mentre la displasia di alto grado andrebbe sempre rimossa possibilmente per via endoscopica (51).

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INTERVISTA

Infezione da Helicobacter pylori NOVITÀ NELLA TERAPIA ERADICANTE In questo spazio pubblichiamo un’intervista a ROCCO MAURIZIO ZAGARI, professore associato di Gastroenterologia, Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche – DIMEC, Università di Bologna, che ci illustra quali sono i criteri per la selezione dei pazienti candidati alla terapia eradicante, e quali fattori dovrebbero guidare il medico nella scelta tra le diverse opzioni farmacologiche. Un cenno particolare è dedicato alla nuova quadruplice terapia contenente bismuto da poco disponibile nel nostro Paese che permette di superare il problema dell’antibiotico-resistenza. Di recente è stato pubblicato un Consensus report sulla gestione del paziente con infezione da H. pylori. Professore, può riassumerci in quali soggetti va prescritta una terapia eradicante e in quali soggetti invece va evitata? L’H. pylori è un batterio che causa sempre un’infiammazione cronica della mucosa gastrica, cioè una gastrite cronica. Poiché l’eradicazione del batterio porta alla guarigione della gastrite e permette di prevenire l’eventuale comparsa di sintomi o complicanze, come un’ulcera peptica o un tumore dello stomaco (linfoma MALT o cancro gastrico), vi è ormai unanime consenso nel considerare la gastrite da H. pylori come una malattia infettiva. Pertanto la terapia eradicante è indicata in tutti i pazienti che sanno di avere questa infezione. Il problema è in quali pazienti bisogna cercare il batterio per poi eradicarlo. Bisogna certamente prescrivere un test diagnostico e successivamente una terapia eradicante a tutti i pazienti positivi con ulcera peptica o con un linfoma MALT dello stomaco, ma anche ai pazienti con sintomi dispeptici. Se il paziente dispeptico è giovane, con età <50 anni, e non ha sintomi di allarme, come anemia, vomito e/o dimagrimento, è più appropriato consigliare un test non invasivo, come il 13C-urea breath test o il test sulle feci, con una terapia eradicante per quelli positivi piuttosto che una gastroscopia. Questo approccio farebbe evitare la gastroscopia a diversi pazienti, poiché l’eradicazione del batterio nei pazienti con infezione da H. pylori farà guarire tutti quelli che hanno un’ulcera peptica e un sottogruppo di quelli con dispepsia funzionale. Oggi sappiamo che l’H. pylori è un importante agente carcinogenetico, per cui le linee guida italiane in accordo con quelle internazionali ci ricordano e raccomandano di testare ed eradicare tutti quei soggetti che hanno un alto rischio di sviluppare il cancro dello stomaco, come i familiari di primo grado dei pazienti con cancro gastrico anche se asintomatici, i pazienti già operati di cancro gastrico e quelli che assumono inibitori di pompa protonica (IPP) in maniera continuativa da più di un anno; questi ultimi infatti hanno un alto rischio di sviluppare lesioni precancerose

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dello stomaco se infettati dall’H. pylori. Sappiamo che l’eradicazione riduce in maniera significativa il rischio di sviluppare un cancro dello stomaco. Non vi è dubbio che l’H. pylori non è la causa della malattia da reflusso gastroesofageo, e quindi non va cercato nei pazienti che presentano sintomi da reflusso gastroesofageo di breve durata. Tuttavia l’eradicazione in questi pazienti qualora necessaria, come nel caso di un uso continuativo di IPP, può essere effettuata senza alcun timore che possa poi far peggiorare la malattia da reflusso.

Quali sono i criteri che guidano la scelta tra le varie combinazioni farmacologiche utilizzabili per eradicare l’H. pylori? Secondo le linee guida internazionali la scelta del regime terapeutico deve essere basata sulla prevalenza di ceppi di H. pylori resistenti alla claritromicina nelle diverse aree geografiche, con l’indicazione di abbandonare la triplice terapia, ma anche la terapia cosiddetta sequenziale, nelle popolazioni dove vi è un’alta frequenza di ceppi resistenti, superiore al 15-20 per cento. Nelle aree ad alta resistenza devono essere usate le quadruplici terapie con o senza bismuto. Il problema è che in Italia non vi è un osservatorio sulla prevalenza dei ceppi antibiotico-resistenti, e quindi non è facile scegliere il regime terapeutico più appropriato. Sappiamo però che l’uso precedente di claritromicina, così come di altri antibiotici, può far diventare l’H. pylori antibiotico-resistente, e questo può essere utile nella scelta del regime terapeutico per il singolo. Tra i regimi raccomandati dalle linee guida italiane, il medico deve scegliere quello che è più efficace nella sua pratica clinica basandosi anche sul tipo di antibiotici precedentemente assunti dal paziente.

In questi giorni è arrivata sul mercato in Italia un’associazione in dosi fisse tra antibiotici e un sale di bismuto (Pylera®). Quali sono i vantaggi di questa nuova formulazione? La novità terapeutica è una capsula che contiene bismuto subcitrato potassio, metronidazolo e tetraciclina cloridrato, che viene assunta in associazione con omeprazolo, e prende il nome di quadruplice terapia contenente bismuto. Questa terapia ci permette di superare il problema dell’antibiotico-resistenza, emergente anche in Italia. Sembra infatti che nel nostro Paese ci siano delle aree dove circa un paziente su tre è infettato da ceppi di H. pylori resistenti agli antibiotici tradizionalmente usati per trattare questa infezione, come la claritromicina e il metronidazolo. La quadruplice terapia contenente bismuto ha il vantaggio di essere molto efficace anche in questi pazienti. Questa terapia è stata raccomandata dalle linee guida internazionali per il trattamento dell’infezione da H. pylori nelle zone ad alta e bassa resistenza alla claritromicina, e dalle recenti linee guida italiane anche in prima linea nel trattamento dell’H. pylori. Gli studi clinici effettuati riportano peraltro che questa terapia sembra essere anche ben tollerata dai pazienti.


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ALLEANZA per la CURA

Terapia dell’ipotiroidismo LA LEVOTIROXINA LIQUIDA RIVOLUZIONA LA VITA DEI PAZIENTI

L’

ipotiroidismo ovvero una condizione di deficit di ormone tiroideo è una patologia cronica ampiamente diffusa e di frequente riscontro in Medicina Generale. Nella quasi totalità dei casi l’ipotiroidismo è primario cioè da causa tiroidea. Le due cause nettamente più frequenti di ipotiroidismo primario sono la tiroidite autoimmune (di Hashimoto) oppure l’asportazione chirurgica (tiroidectomia). Raramente l’ipotiroidismo è secondario o terziario, ovvero la ridotta funzione tiroidea è conseguenza della ridotta stimolazione della tiroide rispettivamente da parte dell’ipofisi o dell’ipotalamo. Gli ormoni tiroidei tiroxina (T4) e triiodotironina (T3) giocano un ruolo molto importante nel controllo del metabolismo corporeo. Pertanto se la tiroide non produce una quantità sufficiente di ormoni, insorgono alterazioni a carico di tutti gli apparati. La sintomatologia dell’ipotiroidismo è poco specifica e sovrapponibile a quella di altre condizioni cliniche. In genere possono comparire stanchezza, aumento ponderale, perdita dei capelli, indebolimento delle unghie, ingrossamento del collo, ma anche difficoltà di concentrazione fino a perdita di memoria: specialmente negli anziani quest’ultimo può rappresentare l’unico sintomo di ipotiroidismo. Dal punto di vista epidemiologico, le stime indicano una prevalenza che oscilla tra 0,1 e 2 per cento a livello mondiale. Nel nostro Paese circa il 10 per cento della popolazione risulta affetta da una patologia a carico della tiroide: gli ipotiroidei sono circa 4 milioni. A essere maggiormente colpite sono le donne (circa 80 per cento dei casi), con picchi elevati specialmente nel periodo post-menopausale. I LIMITI DEL TRATTAMENTO CON LA FORMULAZIONE TRADIZIONALE DI LEVOTIROXINA

L’ipotiroidismo richiede un trattamento cronico e la

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levotiroxina (LT4) rappresenta il “gold standard”. Con questo trattamento sostitutivo il paziente assume quella quantità di ormone che il suo organismo non è in grado di produrre autonomamente. È importante aggiustare la dose di LT4 in modo da raggiungere la condizione di eutiroidismo. Una volta aggiustato il dosaggio è sufficiente verificare periodicamente la funzionalità tiroidea. La gestione della terapia sembra dunque abbastanza semplice e lineare. Diversi studi pubblicati in letteratura indicano tuttavia, che una quota significativa di pazienti in trattamento, circa 40-48 per cento, risulti sotto- o sovratrattata. Tale variabilità può essere dovuta a diversi fattori interferenti con l’assorbimento della tradizionale formulazione in compresse di LT4. La compressa infatti può non essere facilmente assorbita e assimilata in presenza di alcune condizioni sia patologiche che non patologiche. Tra le molteplici variabili che possono influire sull’assorbimento dell’ormone tiroideo ricordiamo per esempio l’ingestione contemporanea di cibo – caffè, fibre, soia – la ridotta acidità gastrica, condizioni di malassorbimento, intolleranza al lattosio e assunzione di farmaci quali inibitori di pompa protonica e antiacidi. In tutti questi casi, il clinico non può fare altro che aumentare il dosaggio di LT4 per garantire il raggiungimento dell’obiettivo terapeutico. Proprio per le evidenti interazioni con alcuni alimenti, le linee guida raccomandano di assumere le compresse di LT4 a digiuno, almeno 30-60 minuti prima di colazione. Quest’ultimo aspetto riveste un ruolo critico nella terapia dell’ipotiroidismo, dal momento che pone concreti problemi di aderenza al trattamento. I pazienti hanno difficoltà a seguire il regime di trattamento, perché si trovano costretti a modificare le proprie abitudini e lo stile di vita. Le difficoltà maggiori riguardano proprio il momento della colazione, e la costrizione di rispettare tempi di


FIGURA 1. Concentrazione media di TSH dopo ciascun trattamento Concentrazione di TSH (mU/ml)

attesa (e digiuno) per così dire prefissati, e nemmeno tanto brevi, tra l’assunzione dell’ormone e la colazione. In analogia con altre patologie croniche, anche nel caso dell’ipotiroidismo l’aderenza terapeutica costituisce il tallone d’Achille nella gestione della malattia. Pur essendo un trattamento efficace, i benefici della terapia con LT4 sono vanificati dalla mancata o ridotta aderenza terapeutica.

3 2

1,52 ± 0,73

1,46 ± 0,81

A = (L-T4 durante la colazione)

B = (L-T4 10 minuti prima della colazione)

1 0 Trattamento

I BISOGNI DEI PAZIENTI

Nel corso degli ultimi anni con sempre maggiore forza è emerso che l’efficacia della cura delle patologie croniche, come è l’ipotiroidismo, non dipende soltanto dall’appropriatezza prescrittiva, ma anche dal coinvolgimento del paziente nel percorso terapeutico. La giusta interazione tra medico e paziente permette da un lato ai malati stessi di sentirsi parte attiva e consapevole del percorso terapeutico, e dall’altra ai medici di trovare quella corretta collaborazione che consenta di adeguare la prescrizione per quanto possibile alle esigenze personali del singolo paziente. Nel caso specifico dell’ipotiroidismo, l’assunzione della formulazione classica di LT4, come abbiamo accennato in precedenza, pone difficoltà non trascurabili ai pazienti. Difficoltà che emergono anche nell’ambito di una recente indagine condotta da Doxapharma su un campione di 150 Medici di medicina generale (MMG) e 100 endocrinologi per analizzare la relazione tra appropriatezza prescrittiva del medico e difficoltà di aderenza alla terapia cronica. La survey evidenzia come il 68 per cento degli specialisti interpellati e il 43 per cento dei MMG ricevano segnalazioni dai pazienti sulla difficoltà di assunzione della terapia sostitutiva. L’indagine mette in luce i bisogni dei pazienti, che sostanzialmente si pongono su due piani. Da una parte vorrebbero maggiore informazione e la possibilità di poter creare un rapporto di comunicazione costruttivo. I pazienti vorrebbero una figura medica con cui discutere, e capace di instaurare un dialogo aperto. Dall’altra parte vi sono i bisogni terapeutici: i pazienti ipotiroidei chiedono un’evoluzione del trattamento capace di minimizzare l’impatto sulle abitudini

quotidiane. In pratica l’auspicio è quello di mettere sullo stesso piano la terapia farmacologica della malattia con l’attenzione e la cura verso la vita della persona nel suo complesso. LEVOTIROXINA LIQUIDA: DALLA RICERCA UNA RISPOSTA TERAPEUTICA CONCRETA

Le considerazioni fin qui esposte mostrano essenzialmente che da un lato il trattamento con LT4 risulta nella pratica quotidiana abbastanza “macchinoso” e quindi non sempre facile da seguire, e dall’altro che vi sono bisogni non soddisfatti dei pazienti e che non possono essere trascurati al fine di ottimizzare l’efficacia e l’aderenza al regime di terapia. Risposte concrete in tal senso arrivano dalla ricerca che ha messo a punto una nuova formulazione di levotiroxina, in soluzione orale (Tirosint®, IBSA), disponibile da qualche tempo anche nel nostro Paese per il trattamento sostitutivo dell’ipotiroidismo. L’efficacia della LT4 in formula liquida è dimostrata da recenti lavori italiani pubblicati in letteratura, come anche, e questa rappresenta una svolta, la possibilità di assumere l’ormone contemporaneamente alla colazione, mettendolo nel caffè, nel cappuccino o nella spremuta. Al riguardo possiamo citare i risultati ottenuti da Bernareggi A e coll. (Pharmaceutics 2013) in uno studio che è stato condotto per valutare la stabilità, attraverso specifici test di laboratorio, di una dose singola di soluzione liquida di LT4 dopo diluizione in diverse bevande calde (latte, caffè, tè, caffè-latte) e in succo d’arancia. È emersa la stabilità del farmaco nelle

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ALLEANZA per la CURA in compresse, e lo studio dimostra inoltre che vi è equivalenza terapeutica tra la somministrazione durante o 10 minuti prima di colazione. Questi risultati aprono nuove prospettive per i pazienti: la libertà di assumere il farmaco indipendentemente dalla colazione si riflette in una buona qualità della vita, oltre naturalmente ad avere un valore terapeutico non trascurabile. Sulla stessa linea sono anche i risultati ottenuti nell’ambito dello studio TICO (Cappelli C et al. Thyroid 2015), un trial randomizzato in doppio cieco, con disegno A colazione Prima di colazione crossover che ha coinvolto 77 pazienti mai trattati in precedenza. In questo caso LT4 liquida è stata assunta a colazione oppure bevande esaminate per almeno 20 minuti, e temperatu30 minuti prima. Per ogni regime di somministrazione è re alte (50°C) non sembrano interferire con la stabilità stata raggiunta una condizione di eutiroidismo (84 con di LT4 liquida. Si tratta di risultati importanti che hanno LT4 a digiuno e 87 per cento con LT4 a colazione), e gettato le basi per altri due studi che hanno valutato se non è stata osservata alcuna differenza significativa nei l’assunzione concomitante di LT4 liquida con la colaziolivelli sierici di TSH, fT4 e fT3 (FIGURA 2). Va segnalato ne potesse influire sull’efficacia del farmaco. Un primo che né la sequenza di somministrazione del farmaco, né lavoro di Morelli S e coll. (Endocrine 2015) è stato conla composizione della colazione e nemmeno eventuali dotto per dimostrare l’equivalenza terapeutica di LT4 altri farmaci concomitanti assunti abbiano avuto effetti liquida somministrata durante la colazione o 10 minuti sulla dose di LT4 somministrata o sull’efficacia clinica. prima, in pazienti adulti (59 pz.) con ipotiroidismo priLo studio TICO conferma dunque che la LT4 liquida mitivo. Il disegno era di tipo crossover AB/BA (A =LT4 possa essere assunta durante la colazione dal momento somministrata a colazione, B =LT4 somministrata 10 che il suo assorbimento non viene alterato da sostanze minuti prima della colazione). Nella fase iniziale, i pao alimenti interferenti, mantenendo dunque un’efficacia zienti hanno ricevuto dosi di LT4 liquida somministrata sovrapponibile all’assunzione a digiuno. Dal punto di 30 minuti prima di colazione fino al raggiungimento di vista clinico questi risultati sono estremamente imporun livello di TSH 0,5-2 µUI/ml. Dopo un periodo di runtanti. La mancata aderenza ai requisiti della terapia con in di 6 settimane, i pazienti sono stati randomizzati a LT4 è la causa più probabile di variabilità dei livelli siedue sequenze di trattamento AB o BA con un periodo rici di TSH. Il vantaggio di poter assumere la LT4 liquida di wash out di 6 settimane. La FIGURA 1 mostra sostan“liberamente” non può che ripercuotersi positivamente zialmente che non vi è differenza nei valori di TSH legati sulla compliance e sull’aderenza. Rispetto alla tradizioai diversi momenti di assunzione della terapia. A questi nale formulazione in compresse, LT4 liquida si delinea dati si aggiungono anche quelli relativi ai questionari come vera rivoluzione nella terapia dell’ipotiroidismo: sulla qualità di vita che sono stati compilati dai pazienti: migliora la qualità della vita in quanto permette ai paemerge come i diversi tempi di assunzione, poco prima zienti di vivere “in libertà” il momento della colazione, o durante la colazione, non alterano la qualità di vita dei mantenendo allo stesso tempo un’efficacia clinica del pazienti. La formulazione liquida di LT4 è dunque in gratutto sovrapponibile alla levotiroxina classica. do di superare le restrizioni tipiche della formulazione Valori medi (mU/L)

FIGURA 2. Studio TICO: profilo ormonale tiroideo dopo somministrazione di LT4

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la nuova versione del sito e n i l n o www.medicoepaziente.it cambia volto!

Il nuovo sito si presenta come una galassia, che ha come centro la figura del Medico di Medicina generale. www.medicoepaziente.it non è un portale generico, e nemmeno la versione elettronica della rivista, ma un aggregatore di contenuti, derivanti da una pluralità di fonti, che possano essere utili al Medico di Medicina generale nel suo lavoro quotidiano.

www.medicoepaziente.it

info@medicoepaziente.it


ITALCHIMICI

INTOLLERANZA AL LATTOSIO: una terapia enzimatica sostitutiva efficace e sicura per controllare i sintomi GI

S

intomi gastrointestinali (GI) quali crampi, distensione addominale, flatulenza o diarrea sono ampiamente diffusi nella popolazione, e spesso sono attribuiti alla sindrome dell’intestino irritabile. Vi è tuttavia un’altra condizione assai comune che presenta un’analoga sintomatologia ed è l’intolleranza al lattosio da deficit di lattasi. Il deficit di lattasi può essere congenito (raro e si manifesta alla nascita), primario a esordio ritardato (prevalente nell’adulto) e secondario (da patologie come per esempio gastroenteriti, da farmaci o da procedure mediche). Si stima che in Italia addirittura 7 pazienti su 10 presentino disturbi GI da deficit di lattasi. In assenza di questo enzima, l’idrolisi batterica del lattosio nel colon produce idrogeno, anidride carbonica e acidi organici a corta catena. Il risultato della fermentazione batterica è un aumento della concentra-

zione di gas e della pressione osmotica a livello del colon, che origina la tipica sintomatologia GI. In generale, i soggetti sintomatici tendono spontaneamente a escludere il latte e i suoi derivati dalla dieta. Tale approccio tuttavia non sempre si rivela efficace dal momento che il lattosio è contenuto in un’ampia varietà di alimenti (cioccolato e caffè solubili e in polvere, liquori dolci, caramelle, salse preparate con burro o panna, salumi, paté di fegato, piatti di carne preparati con l’aggiunta di panna o latte, frutta in scatola e surgelata preparata con l’aggiunta di lattosio) oltre naturalmente al latte e i suoi “diretti” derivati. La dieta di esclusione si rivela dunque, assai difficile da seguire ed è anche un po’ macchinosa (è obbligatorio controllare sempre la composizione sull’etichetta delle confezioni), non solo ma può ridurre in maniera significativa

l’assunzione di calcio e vitamina D come anche il peso corporeo. I sintomi, invece, possono essere efficacemente controllati attraverso una terapia enzimatica sostitutiva con un prodotto a base di β-D-galattosidasi (Lacdigest®). La β-Dgalattosidasi da Aspergillus oryzae contenuta nel Lacdigest® è un enzima che, come la lattasi prodotta dagli enterociti intestinali a livello dell’orletto a spazzola, è in grado di separare il lattosio nei suoi due monosaccaridi costituenti e assorbibili, glucosio e galattosio, eliminando così i fastidiosi sintomi gastrointestinali. Oltre a essere efficace, Lacdigest® è classificato come GRAS (General recognized as safe) da parte dell’Ente regolatorio statunitense (Fda), che ne certifica la sicurezza. Lacdigest® è indicato nei casi di intolleranza al lattosio da deficit primario e secondario di lattasi e nei pazienti, sia adulti che pediatrici, con deficit congenito di lattasi.

MYLAN

Il trattamento anti-HIV diventa sempre più “sostenibile”

L’

utilizzo dei farmaci equivalenti nella terapia contro il virus HIV consentirà importanti risparmi per il SSN, garantendo sicurezza ed efficacia per il paziente e liberando risorse che potranno essere investite nel campo della ricerca e dell’innovazione. È quanto emerge dall’Workshop di economia e farmaci per l’HIV 2015 che si è tenuto in occasione del Congresso WEF-HIV 2015, di Milano. Durante l’incontro sono stati presentati i risultati di uno studio condotto dall’Irccs San Raffaele con il supporto non condizionato di Mylan, che in pratica conferma la bioequivalenza tra farmaci “branded” ed equivalenti nella terapia antiretrovirale. Si tratta di uno studio caso-controllo, della durata di 12 mesi su 682 pazienti HIV positivi in trattamento antiretrovirale che aveva l’obiettivo di valutare efficacia e tollerabilità della terapia in due gruppi di pazienti, uno passato ai farmaci equivalenti e l’altro tenuto in trattamento con gli “originator”. A partire da settembre 2014, 341 pazienti, previo consenso, sono passati dalla terapia con farmaco “branded” a un regime con l’equivalente della stessa

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molecola. Dopo 6 mesi di osservazione non sono state riscontrate né una ridotta efficacia, né aumentata tossicità rispetto al gruppo di controllo in terapia con le molecole “griffate”. Tale trend è stato confermato anche al controllo a 12 mesi. All’incontro Roberto Cauda, direttore della Clinica malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma, ha così commentato i risultati di questa esperienza: “Uno studio atto a valutare l’efficacia e sicurezza dello switching ha mostrato che non ci sono significative differenze di fallimento o treatment-discontinuation nei pazienti che sono passati dal farmaco branded al generico dopo sei mesi di follow-up rispetto ai pazienti non-switchers, in termini di tossicità, efficacia, semplificazione e interazioni farmacologiche. Inoltre, bisognerebbe che analoghi studi, magari frutto di osservazioni condotte nella vita reale, facendo ricorso alle due grandi coorti italiane che seguono soggetti HIV positivi, ICONA e MASTER, si aggiungessero a questa iniziale esperienza con l’intento di aumentare la prescrizione di farmaci equivalenti”.


Nuova iniziativa editoriale

I QUADERNI

di Medico & Paziente MeP Edizioni presenta una collana di volumi dedica dedicati ica ati a tti a aii fase di capitoli della medicina che stanno vivendo una fase profonda trasformazione. Per molte patologie cii in iinn nno nova vattiv tivi vi “dai grandi numeri” la messa a punto di farmaci innovativi ova va e l’introduzione di schemi di trattamento di nuova generazione stanno rivoluzionando le strategie di cura dei pazienti. ne Nella pratica questo comporterà una ridefinizione lo delle coordinate nell’approccio clinico e del ruolo del Medico di Medicina Generale. I Quaderni di Medico e Paziente si inseriscono in questo panorama e nascono come strumento di aggiornamento, consultar onsulta are e og da consultare ogni giorno e al bisogno.

I QUADER NI di

Medico & Pa ziente

EPATITE

Una batt aglia da

La cura de ll’epatite C sta vivendo un a fase di gra nde progresso , grazie all a disponibilit à di una nu ova generazion e di farma ci che consenton o l’eradica zione del virus anche ne i pazienti

I trattame nti di ultim a generazion e stanno trasforman do radicalmen te i perco rsi terapeutic i e le prosp ettive dei malat i sia in ter mini di guarigio ne che di qualità de lla vita

MP

C

vincere

In un quad ro nel comp lesso positivo, non manc ano le criticità. L’e levato cos to dei nuovi farmaci ap re la question e dell’acce sso alle cure. L’AIFA pe r ora ne ha lim itato l’acce sso ai soli cas i più gravi

Come ricevere i Quaderni uaderni di Medico e Pazient Paziente te A tutti gli abbonati che hanno un abbonamento alla rivista Medico e paziente in corso, il Quaderno verrà allegato gratuitamente a un numero della rivista di prossima uscita Chi sottoscrive entro la fine dell’anno 2015 un abbonamento cumulativo alle riviste Medico e Paziente e La Neurologia italiana, al costo di 25 euro, riceverà gratuitamente il Quaderno In assenza di abbonamento, è possibile richiedere il primo Quaderno versando un contributo di Euro 9,00 comprensivo di spese di spedizione postale Le modalità di pagamento sono le seguenti:

Bollettino di c.c.p. n. 94697885 intestato a: M e P Edizioni - Medico e Paziente srl Via Dezza, 45 - 20144 Milano

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ALLERGAN

SANOFI-REGENERON

In Italia ALIROCUMAB è in “Classe non negoziata”

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lirocumab (Praluent®) è un anticorpo monoclonale completamente umano, appartenente alla classe degli inibitori della PCSK9 (proproteina della convertasi subtilisina/Kexin tipo 9), una proteina che regola i livelli di colesterolo LDL circolante in quanto si lega ai recettori LDL causandone la degradazione. Questo comporta un minor numero di recettori e maggiori livelli di LDL in circolo. Grazie al meccanismo d’azione innovativo, alirocumab si lega alla proteina PCSK9, aumenta il numero dei recettori LDL e riduce quindi il colesterolo LDL (LDL-C) circolante. Alirocumab è disponibile in Italia in classe Cnn (Classe non negoziata), ed è indicato in adulti con ipercolesterolemia primaria (familiare eterozigote o non familiare) o dislipidemia mista, in aggiunta alla dieta: in associazione con una statina o con altre terapie ipolipemizzanti in pazienti non in grado di raggiungere gli obiettivi LDL-C con la dose massima tollerata di statine; in monoterapia o in associazione con altre terapie ipolipemizzanti in pazienti intolleranti alle statine o per i quali una statina è controindicata. Il farmaco è disponibile in due diversi dosaggi 75 mg e 150 mg; somministrazione prevede una sola iniezione sc una volta ogni due settimane.

ABBOTT

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er i bambini e i ragazzi con diabete siamo arrivati a una svolta. Non è più necessaria la fastidiosa puntura al dito, e sarà sufficiente ricorrere al monitoraggio flash del glucosio FreeStyle Libre, che ora è indicato anche nella fascia dai 4 ai 17 anni. Con questo sistema, la lettura del livello di glucosio viene effettuata grazie al sensore che si applica sulla parte posteriore del braccio. Il sensore elimina la necessità delle periodiche punture sul dito ed è progettato per rimanere applicato al corpo fino a 14 giorni. Inoltre, non è necessaria alcuna calibrazione con puntura del dito, una differenza sostanziale rispetto agli attuali sistemi di monitoraggio continuo della glicemia. In Italia, i giovanissimi al di sotto dei 14 anni colpiti dalla patologia sono circa 20mila con un’incidenza che si aggira sui 6-8 casi/100mila bambini. È interessante notare che nel corso degli ultimi anni si è abbassata significativamente l’età alla diagnosi, e pertanto il diabete di tipo 1 tipico degli adolescenti, ora interessa bambini sempre più piccoli. FreeStyle Libre permetterà ai giovani pazienti di condurre una vita “normale” e più libera, e l’auspicio è che per tutti i bambini possa essere disponibile gratuitamente attraverso il SSN.

MEDICO E PAZIENTE

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lla fine di febbraio la Commissione europea ha completato il trasferimento dell’AIC di Constella® (linaclotide) da Almirall ad Allergan, che così diventa il titolare legale della licenza del farmaco nei 28 Paesi dell’Unione Europea. Constella® è approvato per il trattamento sintomatico negli adulti, della sindrome dell’intestino irritabile con stipsi di grado da moderato a severo, ed è l’unico prodotto mirato con questa specifica indicazione. Linaclotide è un agonista del recettore della guanilato ciclasi di tipo C (GCCA) con attività secretoria e analgesica intestinale. Si tratta di un peptide sintetico costituito da 14 amminoacidi, strutturalmente riconducibile alla famiglia del peptide endogeno guanilina. Sia linaclotide sia il suo metabolita attivo si legano al recettore della guanilato ciclasi di tipo C (GCC) sulla superficie luminale dell’epitelio intestinale. Attraverso la sua azione su GCC, linaclotide ha dimostrato di ridurre il dolore intestinale, accelerare il transito gastrointestinale in modelli animali e il transito nel colon negli esseri umani. L’attivazione di GCC determina un aumento delle concentrazioni di guanosina monofosfato ciclico (cGMP) sia a livello intracellulare sia a livello extracellulare.

ROCHE DIAGNOSTICS

Per monitorare il GLUCOSIO nei giovani diabetici, la PUNTURA DEL DITO non serve più

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Sindrome del COLON IRRITABILE con STIPSI: linaclotide è disponibile in UE

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Per una gestione ottimale del DIABETE basta essere “CONNESSI”

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ttualmente circa il 60 per cento delle persone con diabete ha un controllo metabolico non ottimale, con un conseguente peggioramento della qualità di vita e un aggravio della spesa. Una gestione personalizzata del controllo glicemico e della terapia comporterebbe maggiore efficienza in termini di tempo e risorse favorendo in questo modo la sostenibilità economica per un numero crescente di diabetici che così potrebbero avere un’aspettativa di vita migliore. Per ottimizzare la gestione della malattia, rispondendo allo stesso tempo ai differenti bisogni dei pazienti Roche Diabetes Care da tempo è impegnata nella ricerca di soluzioni tecnologiche volte a migliorare il controllo del diabete. Al fine di permettere al medico di effettuare una gestione personalizzata della patologia per ciascuno dei suoi pazienti è stato sviluppato Accu-Chek Connect. Si tratta di un sistema composto da misuratore di glicemia, APP per smartphone e portale online, connessi tra loro in tempo reale, in wireless. Il diabetologo tramite il proprio account può così monitorare i valori, laddove ce ne fosse la necessità, o discuterne con il paziente durante la visita periodica, semplificando il dialogo medico-paziente.


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