Manuale per diventare influenzer

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Giorgio comaschi ISBN 978-8833242750

9 788833 242750

€ 10,00

Ma se ti fai un selfie, riesci a non mettere le labbra a culo di gallina? Credo di no…

Manuale per DIVENTARE INFLUENzER

“Contiene un test inesorabile ed infallibile per farvi capire se le nuove tendenze vi hanno bollito definitivamente il cervello o se siete ancora recuperabili a una vita pensante”.

Giorgio comaschi

Manuale per DIVENTARE

INFLUEN ER E ANDATE A FARE UNO SQUASSO DI PUGNETTE MINERVA


Via Due Ponti, 2 - 40050 Argelato (BO) Tel. 051.6630557 - Fax 051.897420 info@minervaedizioni.com www.minervaedizioni.com


GIORGIO COMASCHI

Manuale per DIVENTARE

INFLUEN ER E ANDATE A FARE UNO SQUASSO DI PUGNETTE

illustrazioni di ANDREA SANTONASTASO

MINERVA



INDICE PREMESSA ................................................................. 5 L’ORIGINE................................................................... 9 CUL DE POULE ......................................................... 15 I MASCHI NON CE LA FANNO .................................... 21 LE BOCCHE-CANOTTO ............................................. 23 INFLUENZER COME TOP .......................................... 25 UNA MALATTIA NUOVA ............................................. 31 FOLLOUER ............................................................... 37 LA GRANDE UMILTÀ ................................................. 39 FACEBOOK DOCET .................................................... 41 MONOLOGO: ESEMPIO DI INFLUENZER ................... 49 AI GAIS (HI GUYS) ................................................... 53 LOCHEZION .............................................................. 55 BRAND AMBASSADOR ............................................. 59 LE FOTINE E I VIDEINI ............................................. 63 LE CARRELLATE ...................................................... 65 LE STORIE ............................................................... 73 CONCLUSIONI .......................................................... 75 TEST: MISURA A CHE PUNTO SEI ............................. 81



PREMESSA

Inutile stare a dire in che tempi stiamo vivendo. Basta guardarci. Ai tavoli dei bar, al ristorante, mentre camminiamo per strada. Il ditino. O le ditine. Il nostro mondo è lì. Strisciamo continuamente col polpastrello contro uno schermo con un movimento continuo. Anche quando stiamo guardando la televisione, sdraiati sul divano. O al cine. Masturbiamo all’inverosimile questo schermetto alla disperata ricerca di quello che viene dopo. Lo schermetto si eccita e si riproduce di continuo. Siamo attaccati a una macchina, come malati terminali. Si è cercato di chiamare il gesto in alcuni mondi, tipo scrollare, sempre riadattandolo dall’inglese scroll. O sdidazzare, da un gergo tipicamente bo-

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lognese. Niente, non convinceva. Poi ci siamo arrivati. Swipe up, swipe up. Non potevamo dire fare su e giù col dito. Saremmo stati provinciali, antiquati, dei poverotti che si ostinano a parlare in italiano. “Scorrere verso l’alto?”, “Strisciare verso qualcosa?”. Nooo, figuriamoci. È italiano! Come sapete, negli Stati Uniti fanno come noi. Dicono: «I’d like to watch the news and then i scorro verso l’alto with my finger». Cioè mi piacerebbe sapere le notizie e allora scorro verso l’alto col mio dito. Ovviamente stiamo scherzando. Dicono così secondo voi? Per essere più fighi? Come noi? Ma perché secondo voi non lo fanno? Perché non mettono la frasetta in italiano in mezzo al discorso nella loro lingua? Sono indietro? Sono vecchi? Non sono cool? La risposta potete darvela da soli. E allora via con lo: Suaipap, suaipap. Si pronuncia così. E siamo fighi. Ci sentiamo avanti. Ci sentiamo sborroni.

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A fare scorrere quintalate di roba di qualsiasi tipo, ottanta per cento boiate. Per curiosare. Per ficcare il naso. Lo fanno i ragazzini, i fidanzati ai tavoli dei loro aperitivi senza guardarsi e parlarsi per decine di minuti. Lo fanno le mamme e i babbi, che dicono “basta con quel telefono!” e poi sono peggio dei ragazzi. Lo fanno ormai le nonne o i nonni, il cui tremore avvantaggia l’operazione, ma nello stesso tempo provoca la famosa frase, nel momento in cui lo schermo diventa buio: «Alè, è sparito tutto qua! Come si fa?». Viviamo di suaipap, suaipap. E allora se non siamo ancora rincretiniti del tutto, ci vuole un piccolo manuale per migliorare. Per poter dire un giorno: “Ebbene sì, sono ufficialmente rincretinito. Sono e mi sento un influenzer ”. Senza nemmeno sapere cosa vuol dire. Ma intanto il nostro super io, il nostro ego si gonfia, si gonfia, si gonfia, fino a diventare una mongolfiera che vola sull’universo. Per dire meglio: al centro dell’universo.

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L’ORIGINE

Partiamo dalle nostre bocche. Dalla nostra faccia. Tutto risale all’epoca successiva all’autoscatto, quando si stava in posa, fermi immobili, in attesa dei dieci secondi che scandiva la macchina fotografica posizionata poco prima su un muretto o su un mobile. C’era poi quella corsetta frenetica verso la posa e quello stato catatonico di immobilità, come i polli quando si fissano a guardarti. Al clic tutti tiravano un sospiro e si scioglievano dalla tensione accumulata in quei dieci secondi. L’era del digitale ha portato a cancellare l’autoscatto e introdurre il famoso selfie. Che vuol dire appunto autoscatto. È probabile che il primo utilizzo del termine

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“selfie” sia avvenuto nel 2002 in un post nel forum australiano ABC. Se ne registrò l’uso in un altro blog australiano l’anno successivo e il vocabolo comparve a partire 2004 nel sito Flickr; per anni tuttavia non conobbe particolare diffusione e si alternò con la variante “selfy”. Qualcuno vomitò, ma fa niente. I primi utilizzi in Australia e la prevalenza del suffisso diminutivo «-ie» sarebbero dunque una conferma della nascita del termine in quel Paese. A ogni modo, la maggior diffusione all’interno della lingua inglese e l’uso internazionale si ebbero solo a partire dal 2012. Nell’agosto 2013 il termine è stato definito dall’Oxford English Dictionary come «Una fotografia di se stessi, tipicamente ripresa con uno smartphone o una webcam e caricata su un social network» e, nel novembre dello stesso anno, il medesimo dizionario l’ha considerato “parola dell’anno”. Nell’ottobre del 2014, il vocabolario

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Zingarelli ha preso atto dell’ingresso del vocabolo nella lingua italiana. Bene. In quel momento nasce l’origine del fenomeno. La radice del dramma. Il famoso uovo che nasce prima della gallina o viceversa. Ma in questo caso nasce il fenomeno “a culo di gallina” che è un problema lievemente diverso, ma che lascia aperta la porta a diverse teorie, e cioè se sia nato prima il culo della gallina o la bocca che ne imita la forma. La bocca a culo di gallina viene introdotta dalle donne che, dopo aver fatto il video di qualsiasi cosa – ma soprattutto di un ambiente da discoteca con la musica a palla (le riprese sono sfocate, quasi sempre confuse e non si vede una minchia, soprattutto ai concerti dove c’è solo una macchia di luce là in fondo) –, girano il telefonino verso se stesse e inevitabilmente, con una reazione fisiologica incontrollata ma istintiva, sporgono le labbra in avanti verso lo schermo. E si muovono a

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ritmo, facendo una faccia di pseudo piacere erotico. La bocca a culo di gallina è diventato un caso mondiale, è allo studio di diversi scienziati californiani il motivo che spinge automaticamente le donne a fare quel movimento delle labbra. Ma da dove nasce il famoso “culo di gallina”?

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LA BOCCA A CULO DI GALLINA È DIVENTATO UN CASO MONDIALE,

È ALLO STUDIO DI DIVERSI SCIENZIATI CALIFORNIANI...



CUL DE POULE

Culo di gallina in francese si dice “cul de poule”. Pare che l’origine sia francese e provenga dalle streghe dell’ovest. Abbiamo trovato un vecchio tomo di leggende transalpine nei pressi di Douville da una strega di nome Labbròn. Pare che un giorno una di queste streghe stesse spennando una gallina per fare il brodo di Natale e ne notò l’orifizio cloacale, il cosiddetto buco del culo. Subito capì che, quando Mago Merlino le sgridava, era necessario mostrare un’aria mesta, contrita, e bisognava quindi cambiare l’atteggiamento delle labbra. Ecco che portò avanti le labbra. Sono notizie storiche che necessitano comunque di una verifica, anche

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se sono comunque molto accreditate. C’è poi un’altra teoria. Che la bocca in quella posizione sia sempre di derivazione francese, dal modo di parlare che hanno i transalpini nella loro pronuncia: pipiti pititon, e uì, messié, le gran du du dumaròn, bonsciùr, du long, du carron… ecceterà. Tutto tenendo la bocca in avanti, cosa che lì fa poi così simpatici come gatti attaccati ai maròn, detto con le labbra avanti e la “erre” moscia, alla francese appunto. Per atteggiare la bocca “a culo di gallina”, come volgarmente si dice, occorre comunque, e qui parliamo a livello scientifico, il lavoro del muscolo orbicolare della bocca e dell’elevatore del labbro superiore, al contempo si contraggono i muscoli buccinatore, zigomatico superiore e inferiore per incavare le guance (qui ci sta, a latere, un “e te soccmèl!”) e intanto si muovono i muscoli orbicolari degli

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occhi e si sollevano i corrugatori del sopracciglio. In questo modo gli occhi si aprono e lo sguardo risulta più ironico e sicuro. È il primo passo per assumere un’espressione buffa e abbastanza demente. Forse beota è il termine più appropriato.

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LA BOCCA A CULO DI GALLINA È COME DIRE “ZONO MOLTO SEXY, TI FACCIO VEDERE IO…”.




I MASCHI NON CE LA FANNO

Gli adolescenti maschi di solito non hanno attitudine a questa posizione delle labbra. Non ce la fanno proprio ad assumerla. La faccia allora rimane immobile, quasi paralizzata. Catatonica. Neutra, beota comunque. Ballano e si muovono con quell’espressione lì. Ma intanto lo sguardo si muove in panoramica a destra e a sinistra e slumano (variazione del verbo guardare, fissare) culi in serie, senza bisogno di fare smorfie particolari. Le adolescenti femmine, invece, hanno un diverso bisogno fisiologico. Appena ruotano verso se stesse il cellulare, sempre col sottofondo del tum-tum-cià, tumtum-cià, non resistono. Anche se cercano di controllarsi è più forte di loro e

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protendono inesorabilmente le labbra in avanti, come un gesto meccanico, ammiccando nel contempo con l’occhio alla camera. La bocca a culo di gallina è come dire: “Zono molto sexy, ti faccio vedere io…”. L’uso delle zeta è fondamentale. Le ragazze che si vogliono dare un contegno non usano le “c”, le considerano banali, volgari. Usano le zeta. Ed ecco nascere, di conserva, il termine influenzer (non influencer).

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