ANNO 3 - NUMERO 14 - Agosto/Settembre 2010
14 FREEPRESS di ENOGASTRONOMIA ABRUZZESE
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14 C come speciale Abruzzesi Pastori, agricoltori e pescatori
C COME DI FELICE E LATTANZI A Civitella del Tronto una creatività… borbonica C COME BENESSERE E NUTRIZIONE La salute comincia dalla tavola
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>> Area marketing e commerciale Daniele Di Vittorio (ex fumatore) marketing@ccomemagazine.it - 3887960830
Maurizio Di Battista
(ex atleta) per Teramo e provincia
maurizio@ccomemagazine.it - 3296249283
Tiziana Lalla
Per questo numero hanno corso, sudato, giocato, viaggiato, scritto, corretto, descritto, raccontato, vissuto insieme a noi Monica Andreucci, Roberto Ardizzi, Maurizio Di Battista, Maura Di Marco, Jenny Pacini, Anita Righetti, Giovanni Rosato, Ludovica Persichitti, Stefano Sebastiani e i cuochi Francesca Bozzelli, Gianluca Carrozzi, Domenico Iobbi e Sergio Savaglia.
(non fumatrice) per Chieti e provincia
tiziana@ccomemagazine.it - 3339825711 >> Editore: Modiv s.n.c. Viale Matrino 36, 65013 Marina di Città Sant’Angelo (Pe) Tel/fax 085.959746 - cell. 388.7960830 www.modiv.it - info@modiv.it Registrazione presso il Tribunale di Pescara n° 7/08 del 31/03/2008
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C come RUBRICHE 04 >> C come Sommario 05 >> C come Editoriale 10 >> C come Fotoeventi 13 >> C come Informazione 18 >> C come Food Design 48 >> C come Estero 62 >> C come Ricette 64 >> C come News 66 >> C come Controeditoriale C come SPECIALE ABRUZZESI 26 >> C come Pastori 32 >> C come Agricoltori 36 >> C come Pescatori C come ABRUZZO 6 >> C come Vino 20 >> C come Di Felice e Lattanzi 24 >> C come Turisti 44 >> C come Tradizione 52 >> C come Legumi 54 >> C come Benessere 56 >> C come Nutrizione C come REPORTAGE 14 >> C come Slow Food 40 >> C come Agroalimentare 60 >> C come Libro
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Foto copertina: Mario Sabatini
Cosa c’è nel numero quattordici
C COME SOMMARIO
C COME EDITORIALE
C COME SIAMO NOI Cristina Mosca
Direttore responsabile di C come magazine Desidera: un po’ di meritocrazia Vuole: fare ciò in cui crede Ottiene: dei collaboratori adorabili
«L’Abruzzo non è soltanto pecore», lo sentiamo dire un sacco di volte; forse sempre troppo poche rispetto a quelle in cui constatiamo che è a loro che l’immaginario collettivo, fuori dai nostri felici confini, ancora ci collega. E se invece fosse proprio così? Visto che l’eco di quel «perché non son io coi miei pastori?» dannunziano sarà ascoltato molto più a lungo di qualsiasi ostentazione di progresso e tecnologia, varrà allora la pena guardarci da un altro punto di vista: non siamo forse veramente questo? Pastorizia, agricoltura e pesca non sono forse quanto di più valido, genuino e verace ci appartiene? Non dimostriamo forse ogni giorno l’aperta diffidenza e la rispettosa ospitalità che i nostri avi mettevano a seccare sulle pietre dei rifugi? Non costruiamo i nostri discorsi con pillole di saggezza contadina, che in italiano perdono il loro intrinseco sortilegio? Con la stessa arguzia con cui le mamme conservano i vestiti perché sanno che ciclicamente tornano in voga, allora non è forse tempo di ricacciare dai nostri armadi queste pratiche che dal semplice “fuori moda” sono diventate ormai “d’epoca”? Siamo noi quei pastori, quegli agricoltori e quei pescatori che avanzano a fatica attraverso il tempo, i finanziamenti e le innovazioni: riconoscerlo, una buona volta, può aiutarci a far pace col passato, per costruire un presente più solido. E il futuro? Non potrà che essere più pulito. Per questo vi regaliamo uno Speciale Abruzzesi, che ci emoziona anche un po’. I nostri collaboratori hanno valicato montagne e annusato la terra per poterci raccontare un piccolo, fedele scorcio del nostro sconosciuto mondo. Per essere sicuri di saperlo proteggere.
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C COME VINO
CANTINE D’ESTATE Minitour tra le cantine abruzzesi “Cantine d’estate”, è un’iniziativa di promozione eno-turistica organizzata dall’assessorato all’Agricoltura, tramite l’Arssa, e dal Movimento turismo del vino Abruzzo, con la collaborazione di Aptr, Enoteca regionale Arpa e Sangritana. Questo evento si propone di ripercorrere il successo di Cantine Aperte, l’ormai consolidata rassegna in programma nell’ultimo fine settimana di maggio. La manifestazione, che è partita giovedì 29 e venerdì 30 luglio e durerà fino a primi di settembre, è stata presentata, a Pescara, nella sede della Regione, nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno preso parte l’assessore all’Agricoltura, Mauro Febbo, l’assessore al Turismo, Mauro Di Dalmazio, il presidente del Movimento turismo del vino, Nicola D’Auria, ed il direttore generale dell’Arpa, Michele Valentini. « L’iniziativa si rivolge principalmente ai turisti ma non solo - ha spiegato l’assessore Febbo - visto che, attraverso questa formula, chiunque potrà conoscere più da vicino i vini abruzzesi, direttamente nei luoghi di produzione ». Il programma prevede una serie di mini tour nella trentadue cantine che hanno aderito all’iniziativa e la partenza dei pullman, messi a disposizione per l’evento, avrà luogo da alcune delle principali località turistiche della zona costiera. Per maggiori informazioni sugli itinerari è possibile consultare il sito www.movimentoturismovino.it nella sezione Abruzzo, l’info-line della Sangritana (allo 0872-708266) e gli uffici di informazione turistica (IAT)
C COME FOTOEVENTI di Daniele Di Vittorio - Foto: Modiv
Diwine Jazz a Chiusa Grande
Serata in grande stile per la cantina Chiusa Grande di Nocciano, per presentare un progetto in grande stile. Diwine Jazz mette insieme un ideatore di vini, Franco D’Eusanio; sei musicisti jazz, quelli che compongono il Tony Pancella Rythm’n sing sextet; nove brani inediti, ispirati da altrettanti vini della Cantina; una voce narrante, quella di Gio Gio Rapattoni, tra l’altro doppiatrice di Renée Zellweger; e testi di Simone D’Alessandro. È partito il 30 luglio da Nocciano un tour internazionale che farà tappa a Roma, Milano, New York, Londra e Tokyo.
Mojitoro, prova superata
Grande successo per il Mojito corretto con la Centerba Toro, presentato a Bordopiscina il 24 luglio: tanti ospiti, amici e giornalisti per una serata molto allegra. Abbiamo anche carpito il segreto del Mjitoro: con 4 o 5 pezzetti di lime, zucchero di canna, foglioline di menta fresca, ghiaccio tritato, rum bianco e qualche goccia di Centerba Toro il gioco è fatto!!
La cantina Tollo festeggia le sue nozze d’oro
Si è svolto venerdì 30 luglio il cinquantesimo anniversario di Cantina Tollo, che nonostante il maltempo ha visto la presenza di centinaia di soci per inaugurare il vigneto a loro dedicato e riflettere sul futuro grazie al convegno “Vino, passione e ricerca: valori di valore”. Per l’occasione i 21 soci fondatori della cantina sono stati premiati con una medaglia onoraria consegnata dagli stessi relatori del convegno, tra i rappresentanti delle istituzioni e della Cantina.
Cacio in festa alla terza edizione
Anche quest’anno il 20 giugno è stato dedicato alla degustazione tipica nei caseifici d’Abruzzo che per l’occasione sono rimasti aperti tutta la giornata. Dai pascoli al formaggio passando per la pecora con Cacio in festa si è viaggiato alla scoperta della propria terra e delle tante storie avvincenti delle persone che quotidianamente si impegna con il proprio lavoro artigianale per dare vita ai migliori prodotti caseari. Foto: www.cacionifesta.it
Dall’Etna al Gran Sasso
Si conferma il successo della manifestazione enogastronomica “Dall’Etna al Gran Sasso”, che consolida il gemellaggio fra Città Sant’Angelo e Nicolosi, in Sicilia. Anche quest’anno le protagoniste sono state la buona cucina abruzzese e siciliana, tra arrosticini, arancini e cannoli ripieni di ricotta. Molte le esibizioni di numerosi gruppi musicali e cori che hanno dato vita a momenti molto intensi nel centro storico.
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C COME INFORMAZIONE di Roberto Ardizzi, consulente SGQ
TORNIAMO A PARLARE DI AGRITURISMO Arrivano fondi regionali
Sempre maggiore attenzione viene dedicata al mondo dell’agriturismo, una forma di ristorazione “composita” che ormai è entrata nel modus vivendi dell’utente che ricerca il “buon mangiare immerso nella natura”. È di recente pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo (BURA) il piano di azione collegato al Piano di Sviluppo Rurale inerente gli “investimenti per attività agrituristica”. La notizia conferma il sempre maggior interesse che riveste il mondo della ristorazione agrituristica: sono stanziati quasi 20 milioni di euro, con una piattaforma complessiva che ammonta a oltre 36 milioni di euro. Secondo l’ultimo censimento di Agriturist, presentato dal presidente Giancarla Galli il mese scorso, in Abruzzo questa realtà conta numeri di tutto rispetto: 560 agriturismo (80 in provincia di L’Aquila, 93 in quella di Pescara, 130 in quella di Chieti e 185 in quella di Teramo), dei quali ben 482 rintracciabili e raggiungibili con il navigatore satellitare grazie alla guida elettronica delle associazioni agrituristiche Terranostra, Turismo Verde e Agriturist, scaricabile dal sito www.agrituristabruzzo.it, e realizzata in collaborazione con l’assessorato regionale all’agricoltura e Arssa. Per migliorare l’offerta, inoltre, l’associazione Terra Nostra ha tracciato le linee guida per il Sistema “Agriturismo di qualità” (www.
agriturismidiqualitaabruzzo.com): un marchio che oggi contraddistingue circa 25 agriturismo in Abruzzo, i cui ristoratori sono formati e aggiornati, e che nei prossimi due anni vuole contare cento agriturismo certificati. Anche per queste forme di ristorazione sono stati identificati a livello nazionale degli standard del servizio che garantiscano il cliente nella scelta finale, identificando criteri di “qualità” strettamente legati alle cogenze normative. Come già descritto nel numero 11 di C come magazine (il pdf è sfogliabile dal sito della rivista!), gli standard essenziali riguardano il parcheggio, l’accoglienza, la ristorazione, le camere, e i servizi aggiuntivi. Dei criteri di qualità, come si vede, piuttosto capillari che puntano sempre a migliorare l’offerta. Purtroppo non tutte le strutture sul territorio sono organizzate per offrire una tipologia così ampia di servizi, ma bisogna sempre ricordare che alcuni punti sono definiti dalla legislazione in vigore: ad esempio non sarebbe accettabile un’offerta enogastronomica che non preveda almeno una ricetta preparata con i prodotti dell’orto, così come sarebbe da segnalare l’assenza di un corner di vendita di prodotti tipici o la mancata “partecipazione” degli ospiti alla vita rurale, ad esempioo per la raccolta dell’uva.
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Gli chef della serata di gala: Jean Pierre Soria di “CIbo Matto”, Nicolino di Rienzo dell’”Hostaria del Pavone”, Filippo Palazzuolo de “L’angolo di Giada” e Italo Ferri di “Trattoria Ferri
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C COME SLOW FOOD
Comunicazione istituzionale
TUTTI PAZZI PER BRODETTO&CONTORNI Decisiva l’apertura di Vasto agli appassionati
Si è rivelata azzeccata la formula di “Brodetto & contorni”, la versione 2010 riveduta e corretta del classico mese del brodetto che ha coinvolto Vasto dal 18 giugno al 18 luglio scorsi. Il programma articolato di “Brodetto&contorni – Sapori e saperi della tradizione vastese” è stato soprattutto all’inizio un po’ scombussolato dal maltempo ma non per questo ha subito troppi danni: tutto esaurito per molti appuntamenti del calendario, e gran parte dei visitatori provenienti, oltre che da diverse parti dell’Abruzzo e del Molise, da altre regioni. Una vera e propria attrazione per turisti “golosi” arrivati da tutta Italia per gustare il brodetto e le tante specialità vastesi. «Un risultato importante – spiega Raffaele Cavallo, presidente di Slow Food Abruzzo – che dimostra come il territorio possa promuovere e quindi favorire il turismo enogastronomico attraverso l’eccellenza dei suoi prodotti. È inoltre una grande soddisfazione aver ottenuto già dalla prima edizione questa grande affluenza di pubblico: un premio al lavoro svolto e allo stesso tempo uno stimolo a migliorare e a far crescere Brodetto&Contorni per il prossimo anno. Siamo davvero felici dell’entusiasmo suscitato dalla sezione Teatro della Cucina, segno dell’attenzione e della voglia di
conoscere da parte del pubblico i prodotti e le preparazioni della nostra cucina, così come per i confronti tra le diverse esperienze di brodetto e, non ultimo, le feste slow in Riserva, bell’esempio di utilizzo consapevole di uno straordinario contesto naturalistico come la Riserva di Punta Aderci». Tra la via Adriatica e piazza del Popolo, il cortile del Palazzo D’Avalos, la zona del pontile, l’arena delle Grazie e il centro storico di Vasto si sono mobilitati chef e pasticceri vastesi in dimostrazioni e degustazioni coinvolgenti: Italo Ferri dell’omonima Trattoria, Nicola Di Renzo dell’Hostaria Il Pavone, Jean Pierre Soria di Cibo Matto, Filippo Palazzuolo de L’Angolo di Giada, Emanuele Forcone di Pannamore e Loredana de La Dolce Vita. Da segnalare le piacevoli “incursioni” esterne delle lezioni di Nicola Fossaceca, del ristorante “Al Metrò” di San Salvo, o degli assistenti di Mauro Uliassi, dell’omonimo ristorante a Senigallia (An), in collegamento telefonico con lo chef che non è potuto intervenire per un’indisposizione fisica. La formula 2010 del mese del brodetto ha “aperto” la città di Vasto agli appassionati, variegando l’offerta e diffondendo la cultura enogastronomica in aggiunta alla già consolidata abitudine di proporre nei 28 locali del circuito dei risto-
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ratori aderenti tre menu degustazione pesce a prezzo fisso. Quest’anno si sono aggiunti alcuni bar del centro storico selezionati dallo Slow Food Vastese, che hanno proposto un ”aperitivo istoniense” fino a tarda notte, e ci sono state iniziative come cene itineranti all’insegna della paranza o confronti tra il brodetto vastese e quello sambenedettese o il caciucco livornese, quest’ultimo contraddistinto dalla base di polpo che gli dà più consistenza. Altre iniziative collaterali sono state il mercato equo e solidale, una mostra di fumetti, serate sui trabocchi, mostre mercato dell’antiquariato, proiezioni di film come “Terra madre” di Ermanno Olmi, spettacoli teatrali come “Arturo lo chef” di Stefano Angelucci Marino, e presentazioni di libri come “Le rotte della musica” di Fabio Ciminiera. Di grande successo le due serate di festa slow “Dalla Paranza alla Taranta”, con i gruppi “Terre del Sud” e
Salento Project a Punta Aderci, e molto interessante il convegno “I mezzi tempi e la strada degli Orti” sul pomodoro mezzo tempo, un biotipo unico nel suo genere da sempre coltivato dai contadini di Vasto e condimento del classico brodetto ma in progressiva scomparsa. Per l’occasione gli agronomi dell’Arssa Rocco Marinucci e Roberto Di Muzio e lo storico Luigi Murolo hanno presentato il programma di reintroduzione di questa particolare varietà, e anche il progetto di valorizzazione della strada degli orti, la piccola via che dal Palazzo D’Avalos scende verso il mare, da sempre contraddistinta per la presenza di piccole coltivazioni agricole. Tutto questo non fa che accrescere l’attesa per l’edizione 2011, che in virtù dell’esperienza maturata quest’anno e di un meritato passaparola non potrà che essere in discesa e gremita di appassionati.
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C COME FOOD DESIGN
di Ludovica Persichitti - ludovica.architettura@gmail.com
CHE PIZZA! Le novità dal taglio alla distribuzione
Signore e signori ecco a voi la pizza, unica nel suo genere, versatile e declinabile in innumerevoli soluzioni: può fare da piatto unico o essere presentata in porzioni per la merenda, per l’aperitivo e tra gli antipasti, apprezzata anche nella versione dolce (con ricotta, canditi e cannella, ad esempio). Design esemplare: il cerchio, la forma che tra l’altro meglio si presta ad essere ridotta in sottomultipli, gli spicchi. Se proprio si vuole essere equi nelle porzioni si può ricorrere all’Equalizer multi-blade rocker pizza cutter: il nome non è di così facile impressione, come invece lo è l’utile strumento composto da un tagliere in legno circolare sul quale posare la pizza e da una forma d’acciaio a raggiera che, premuta al di sopra, con un colpo solo suddivide il piatto in otto spicchi democraticamente identici. Se poi non si vogliono sporcare piatti per gustarsela a casa, magari tra amici, giunge in soccorso Green Box, l’innovativo packaging in materiale riciclato al 100% della Eco Incorporated: il coperchio è infatti trasformabile in quattro piattini. Eventualmente avanzasse della pizza, la base del packaging è riutilizzabile perché si richiude come una scatola. Perfetta funzionalità e risparmio energetico, mantenendo la forma originaria del cartone per il trasporto della pizza. La ricerca d’innovazione, unita al marketing e allo studio
sul consumatore, hanno portato addirittura a proporre sul mercato un distributore automatico di pizza. Il più innovativo, Let’s pizza, addirittura impasta acqua e farina, condisce e infine cuoce tutto in due minuti e mezzo. Commercializzato da un imprenditore trentino, il macchinario è un interessante prodotto di tecnologia alimentare ed anche di funzionalità e design, viste le dimensioni tutto sommato contenute in cui coesistono impastatrice-frigorifero-fornodistributore. Nell’ottica di ricerca e ideazione di spazi adibiti al consumo della pizza, dall’arredo alle luci, è stato presentato lo scorso maggio a Parma, al Cibus 2010, il nuovo “Premio Le 5 Stagioni – Concorso di design per progettare il futuro dei locali pizzeria. Nuove aperture, spazi e concept innovativi”. Promosso dalla linea di farine specializzate “Le 5 Stagioni” di Agugiaro & Figna Molini SpA in collaborazione con POLI. design – Consorzio del Politecnico di Milano, il concorso mira a valorizzare l’innovazione nella progettazione dei locali pizzeria e a stimolare all’evoluzione e alla crescita. Prevede due sezioni: “Opening” , per locali realizzati, e “Concept” per presentare tutte le proposte concettuali. La conclusione è prevista per il 15 settembre 2011, e il montepremi complessivo è di € 13.500. Tutte le informazioni sono su www.premiole5stagioni.it
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C COME DI FELICE E LATTANZI
di Cristina Mosca – Foto: Mario Sabatini - archivio Zunica
NON SEMPRE BORBONICO VUOL DIRE ANTICO… A Civitella del Tronto un lavoro di squadra
Ai più i nomi di Luca Di Felice e Sabatino Lattanzi non dicono molto. La loro creatività e la loro passione si sviluppano infatti dietro un caposquadra che risponde al nome di Daniele Zunica, proprietario di quarta generazione del Ristorante Zunica 1880, nel borgo di Civitella del Tronto (Teramo) e primo, dei suoi predecessori, a fare più marketing e meno cucina. A quella ci pensano queste sue due giovanissime e robustissime “spalle”, Luca e Sabatino, 28 anni il primo e 22 il secondo, due cervelli civitellesi di cui Zunica è riuscito a frenare la fuga. Luca ha fatto esperienza fuori regione sin da giovanissimo. A 16 anni lavorava stagionalmente a San Martino di Castrozza, in Trentino Alto Adige, e a 21 era a Cortina D’Ampezzo: luoghi preziosi per imparare a trattare la cacciagione. I segreti del pesce glieli ha invece insegnati Vincenzo Beluscio, cuoco giuliese che Luca ha affiancato in tre stagioni di seguito. «La prima volta che sono entrato in una cucina professionale – racconta Luca – temevano che non riuscissi a sollevare le pentole: a 16 anni pesavo 50 Kg per 1 metro e 40 di statura». L’attitudine per la cucina, che cova sin da piccolo («A dieci anni ho esultato per aver creato una ricetta mia… poi mia madre mi ha detto che avevo “inventato” la boscaiola»), lo ha portato a lavorare al ristorante di Zunica nel novembre 2006, che prima ancora ha frequentato da cliente. Non a caso, in tempi non sospetti, ci ha festeggiato il suo 18esimo compleanno. Al suo fianco opera Sabatino, 23 anni il prossimo gennaio,
letteralmente cresciuto tra le mura del ristorante: dopo tante stagioni, è fisso in cucina da due anni e mezzo. Ha una predilezione speciale per i risotti, gli piace “giocare” di più con le verdure favorendo naturalmente quelle di stagione: «Mi piace fare il risotto perché mi piace mangiarlo – spiega, limpidamente – Da piccolo mi divertivo in cucina mentre preparavo il pranzo per mia madre che tornava tardi dal lavoro». Per questo la scelta per la sua formazione è caduta sull’Istituto alberghiero di Teramo “Di Poppa”. Compagno di squadra e mentore insieme, Daniele Zunica racconta orgoglioso di come abbia trasformato questo luogo borbonico in un laboratorio di ricerca, preservandone l’attitudine tradizionalista: «Non desideriamo stupire, la nostra è creatività con… i piedi per terra: non facciamo altro che usare i prodotti del territorio, dal mare alla montagna, che è tutto quello che dalla piazza del borgo si vede in un solo colpo d’occhio». Profondamente legato alla storia della sua famiglia, presente a Civitella dal 1600, Daniele ricorda come il suo bisnonno Antonio scelse di trasformare il palazzo in locanda nel 1880 e di come suo nonno Giuseppe e suo padre Elvezio abbiano provveduto a mandarla avanti con generosità e tenacia. Per il resto dell’estate e fino a tutto il 2011 Civitella del Tronto è attiva nel festeggiare il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia: fu infatti l’ultimo baluardo borbone a cadere, il 20 marzo 1861.Il fitto programma di iniziative ambientate nella Fortezza è su www.comune.civitelladeltronto.te.it.
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Riso mantovano,
nero di seppia e zafferano
Ingredienti per 4 persone: Riso vialone nano Riseria Zacchè; zafferano dell’Aquila in pistilli; seppie; sampi: gamberetti; cipolla fresca bio “Melampo”; burro; midollo di manzo; parmigiano Preparazione: Prepariamo due tipi di brodo: un brodo di pesce utilizzando gusci e teste di scampi e gamberetti ed un brodo di manzo. In due pentole diverse poniamo una noce di burro e della cipolla tagliata finemente, che faremo imbiondire prima di aggiungervi il riso mantovano per la tostatura. Una volta tostato il riso sfumiamo con del Trebbiano d’Abruzzo dealcolizzato e procediamo da un lato con l’aggiunta del brodo di pesce e dall’altro con il brodo di manzo. Nel frattempo in un pentolino di brodo di manzo tiepido aggiungiamo alcuni pistilli di zafferano dell’Aquila. Continuiamo nella cottura dei due risotti aggiungendo per il “nero” l’inchiostro, poco dopo le seppie e, a metà cottura, gli scampi ed i gamberetti; per il “giallo” il brodo con lo zafferano. Completiamo la cottura dei due risotti mantecando il “nero” con una noce di burro ed il “giallo” con parmigiano e midollo di manzo. Disponiamo con l’aiuto di stampini cilindrici di diverse dimensioni il risotto “nero” al centro del piatto e quello allo zafferano intorno. Guarniamo i risotti con uno scampo bollito sul nero ed i pistilli di zafferano sul giallo. magazine 22
Timballo di Ferdinando II
Ingredienti: Zite di Gragnano sbollentate per qualche minuto; spinaci lessati; ragù di tre carni; mozzarella di Campofelice tagliata a dadini; parmigiano grattugiato; uova bio “Melampo” battute; sfoglia tirata a mano sbollentata per qualche minuto; scrippelle; carne macinata mista (polpettine di 4 mm). Preparazione: In una bastardella imburrata di circa 15 cm di altezza e 35 di diametro stendiamo un foglio di carta forno ed adagiamo come primo strato le scrippelle che faranno da base per il nostro ripieno. Copriamo il primo strato con il nostro ragù ed aggiungiamo gli spinaci, la mozzarella ed il parmigiano. Il secondo strato è composto da una serie di zite sbollentate, l’uovo battuto per legare, le polpettine, il ragù, gli spinaci, la mozzarella ed il parmigiano. A questo punto copriamo con la sfoglia tirata a mano e sbollentata ed aggiungiamo nuovamente l’uovo battuto per legare, le polpettine, il ragù, gli spinaci, la mozzarella ed il parmigiano come per il precedente strato. Continuiamo con altri strati alternati di zite e sfoglia fino ad arrivare a 2 cm dal bordo della bastardella e poi chiudiamo con uovo battuto e scrippelle. Cuocere in forno a 150° per circa 3 ore. Lasciar riposare per 1 ora affinché rapprenda e servire a fette di circa 3 cm. NB. La complessità della ricetta storica ed il tipo di preparazione comportano la realizzazione di un timballo per circa 25 persone. magazine 23
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C COME TURISTI
di Maura Di Marco - Foto: www.fotolia.it
L’ESTATE DEL “MORDI E FUGGI” Quando svilupperemo un turismo alternativo?
Ad un anno esatto dal terremoto, durante una conferenza stampa, Federalberghi dichiara che gli Enti e le Istituzioni abruzzesi stanno lavorando bene affinché l’immagine della regione, in Italia ed all’estero, non venga colpita dal tragico evento del 2009 perché, come si tiene a ricordare, solo 49 Comuni hanno subito dei danni. Il turismo in Abruzzo funziona e continuerà a funzionare, visto che «non ci sono solo mare, montagna e collina ma anche enogastronomia, arte e cultura». Ma viaggiando su internet, tra le righe della carta stampata o sull’onda dei telegiornali, ci si accorge che non è esattamente così. Il panorama di fondo è nitido: il 46% degli italiani, quest’anno, rinuncia alle ferie fuori casa, ma quelli che partono hanno una capacità di spesa superiore al 3% rispetto all’anno scorso. Buono per ristoratori, commercianti ed albergatori, buono per molti ma non per tutti perché in Abruzzo, un’altra volta, non è esattamente così. Come rivela un’indagine della FAB – CNA sulla stagione balneare 2010, calano le presenze straniere e quelle degli italiani mentre sale la vacanza “mordi e fuggi”. Via dalle spiagge entro due giorni (i bagnanti del sabato e della domenica sarebbero infatti in crescita esponenziale rispetto al 2009: circa il 36% in più) senza neanche una sosta al ristorante o al bar dello stabilimento: troppo caro, meglio un pasto veloce sotto l’ombrellone e poi via in macchina, che si riconferma il mezzo principale di accesso agli stabilimenti ed alle località di mare. L’aereo è invece il mezzo più diffuso per chi arriva in Abruzzo da altri Paesi. Quelli che decidono di prolungare la sosta, invece, mettono su casa privilegiando l’affitto di appartamenti ai soggiorni in albergo ritenuti troppo cari (il soggiorno nelle case è aumentato del 70%). L’Aptr, ancora sotto commissariamento (nota bene), diffonde
oggi dei dati depurati dalle presenze degli Aquilani ancora senza casa: le presenze alberghiere sono scese, rispetto all’anno scorso, del 15%. Da L’Aquila arriva, invece, una fotografia della Banca d’Italia: subito dopo il terremoto erano 67000 gli Aquilani senza casa e, di questi, il 52% era ospite presso strutture alberghiere, agriturismi ed abitazioni private; al 13 luglio 2010 gli sfollati sono ancora 48327 e, di questi, ancora 3282 vivono in albergo (circa il 7%). Viene naturale pensare che “le care tariffe alberghiere” non siano solo un effetto della crisi ma che i ritardi nei rimborsi da parte della Regione ci abbiano messo lo zampino. Che i 150 milioni promessi dal Governo al Presidente della Regione possano portare una ventata di freschezza in quest’estate che sembrava tra le più afose del secolo ce lo auguriamo tutti, ma nel frattempo ci chiediamo: se la montagna abruzzese vive la crisi di parchi nazionali a rischio chiusura, il mare è morso dalla moda del “fuggi fuggi”, se l’enogastronomia è il privilegio di pochi e la collina la casa di troppi, arriverà la cultura a risollevare le sorti del popolo abruzzese? Sinceramente, abbiamo i nostri dubbi: Santo Stefano di Sessanio, ancora orfano della sua torre, resta il miraggio per chi ha creduto in un turismo alternativo sul quale il settore pubblico investe ancora troppo poco. Pescara e le altre città, travolte come sono dagli eventi (culturali), non ci pensano proprio ad accordarsi sulle date degli spettacoli affinché ci sia un’offerta lunga un’estate, capace di soddisfare una domanda di lungo periodo. Cosa fare allora? Meglio mettere la testa sotto la sabbia e rimandarci a settembre? Intanto, buone vacanze a tutti, ovviamente in Abruzzo.
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Speciale Abruzzesi Veduta su Scanno
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Speciale Abruzzesi C COME PASTORI
testo e foto di Marizio Di Battista
SULLE ORME DELLE GREGGI Per 30 Km sul tracciato della transumanza
In Abruzzo, lo sappiamo bene, un tempo camminare in montagna non era una mera attività ricreativa, bensì una necessità. Per lavorare e per vivere bisognava camminare, e non poco. Si pensi solo alla transumanza: centinaia di greggi e pastori affrontavano percorsi di giorni lungo i tratturi, per raggiungere pascoli migliori. Si coprivano lunghe distanze a piedi, su altipiani e vallate di montagna, che venivano coraggiosamente percorse anche nei periodi invernali. Le vie di transumanza costituivano per l’Abruzzo l’asse portante di una più vasta rete di rapporti economico-sociali, mentre oggi quegli stessi sentieri si sono trasformati in un terreno di gioco per gli escursionisti. L’allevatore Nunzio Marcelli, temerario sostenitore e praticante della pastorizia, cerca da tempo di collocare nella giusta memoria storica l’antica cultura della pastorizia, proiettandola in un contesto turistico innovativo, una nuova frontiera del turismo colto. Nonostante lo sguardo severo ma gentile, il nostro pastore sembra ottimista, e non a torto. I primi turisti stranieri iniziano a frequentare questi posti, e all’iniziativa “transumante” sono stati dedicati articoli sui più autorevoli settimanali del mondo. Sulle tracce del passato, le antiche vie di comunicazione dei pastori sono diventate dei pratici percorsi che si inoltrano tra antichi borghi e paesaggi montani, fuori dalle tradizionali rotte turistiche. Premessa d’obbligo per introdurre il resoconto di
un’esperienza “transumante” al seguito di pecore, cani e ovviamente pastori, svoltasi nel cuore del parco nazionale in un caldo fine settimana di giugno. Promotore un pastore d’eccezione, Nunzio Marcelli, animato da un entusiasmo disarmante e dalla volontà di portare avanti la pratica tradizionale della pastorizia nonostante le difficoltà di tipo economico e culturale. Esperienza vissuta dal sottoscritto per C come magazine, da “curiosi” e da addetti ai lavori di varia provenienza. Ci sono anche giornalisti intervenuti per testimoniare sulle pagine dei propri giornali l’esperienza della transumanza: giornalisti americani ed inglesi. Una coppia di ragazzi di Manchester, una famiglia di New York, un curioso del Sud Africa ed un paio di comitive della Campania e di Milano. Di abruzzese solo io ed una ragazza: aspetto, questo, che la dice lunga sulla miopia di alcuni nostri corregionali che esaltano paesaggi esotici e mal conoscono il proprio territorio. Si parte sabato mattina 26 giugno con le pecore guidate dai pastori, due ragazzi rumeni che in patria svolgevano la stessa attività… Di ragazzi abruzzesi che portino le pecore al pascolo non se ne trovano più da tempo. Al nostro seguito, i fedeli mastini abruzzesi e l’allegra e variopinta brigata di turisti “alternativi”. Punto di partenza della “transumanza” è l’agriturismo “La Porta dei Parchi” di Nunzio Marcelli, ad Anversa degli Abruzzi (Aq).
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Speciale Abruzzesi Nunzio Marcelli con pastore
Tra le montagne ad Anversa degli Abruzzi
Sentiero percorso dal borgo di Castrovalva Mastino abruzzese di guardia al gregge
Panorama sul lago di Scanno
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Riposo nel borgo di Frattura Vecchia
Percorrendo un sentiero sconnesso di una riserva naturale raggiungiamo dopo un’ora e mezza di cammino il paese di Castrovalva, stupendo borgo affacciato sulle gole del Sagittario. È un posto dal cuore antico caratterizzato però dalla vitalità dei suoi pochi abitanti che ci ospitano con un gradevole rinfresco. Procediamo oltre, lungo il sentiero che ci condurrà nel primo pomeriggio verso la prima meta della transumanza: un percorso snodato nel cuore delle montagne che sovrastano l’abitato di Anversa. Il paesaggio si fa più arido, brullo, aperto su altre montagne. Una profonda discesa ed una più ardua salita ed ecco il lago: è Scanno, e quello oltre è il monte Carapale, nell’alta valle del Sagittario. La nostra meta ora è il vecchio insediamento urbano di Frattura Vecchia, che sorge su una favorevole postazione panoramica sul lago. È un caratteristico borgo quasi disabitato che nel 1915 il terremoto della Marsica rase al suolo, è il nostro pit stop della giornata, dove Nunzio ci attende con un invitante pranzo servito sotto una vecchia pergola di una delle case del borgo dove ci adagiamo al riparo dalla caligine estiva man mano che il resto della comitiva arriva alla spicciolata. Per rimanere in tema, Nunzio ci delizia con piatti tipici della transumanza, dove è il formaggio a farne da protagonista: ricotta affumicata al ginepro, pecorino ed uno strano pasticcio di pasta passa tra i partecipanti; il tutto accompagnato dall’immancabile Montepulciano. C’è chi coglie l’occasione, dopo il pranzo rigenerativo, per fotografare il borgo di Frattura vecchia. La sua particolarità sta nell’omogeneo insieme delle case in pietra di montagna, tutte della medesima altezza, che stanno strette l’una all’altra. Poco oltre, tornati sul sentiero, ecco apparire il nuovo insediamento urbano di Frattura, caratterizzato da una struttura a terrazze e da molteplici scale che la collegano tra un livello e l’altro. Un paese da scoprire anche dall’alto per ammirare i suoi tetti e il panorama della vallata circostante, accarezzati dall’aria sempre frizzante. Un bel giorno, qualche decennio fa, anche il famoso incisore olandese Escher, di passaggio in terra d’Abruzzo rimase colpito dalla particolare struttura del paese, tanto da raffigurarlo in uno dei suoi studi dello spazio e dell’infinito. Stremati, ci sistemiamo per la notte nella struttura locale del Corpo Forestale dello Stato, ubicato nel centro del paese: un giaciglio fatto di una scomoda brandina, dettaglio trascurabile grazie all’ospitalità dei paesani, che con il tradizionale “saluto” al gregge ci permettono di assaggiare la tradizionale pecora “alla callara”. Anche il borgo di Frattura è una zona franca per il percorso transumante, infatti da esso parte una mulattiera che il giorno seguente abbiamo percorso per giungere alla destinazione finale, e dalla sua locazione panoramica si intuisce come abbia avuto in passato il suo ruolo di tappa di
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Speciale Abruzzesi
Fontana nel Borgo di Frattura Vecchia
ristoro e di controllo del territorio. Un paese retto dall’unione e dalla solidarietà dei suoi abitanti e dai suoi luoghi, che raccontano una storia legata alla pastorizia. Il percorso del giorno seguente è costituito da una lunga e articolata traversata in quota, con panorami mozzafiato e di notevole impegno fisico. Sono circa le otto di un fresco mattino quando prendiamo il cammino al seguito del gregge e dei pastori e con l’aiuto di una leggera brezza riusciamo a percepire i mille profumi provenienti dal bosco che ci sovrasta. Mentre proseguiamo, ammiro l’impegno dei pastori rumeni che, nonostante una notte trascorsa all’aperto nel custodire il riposo del gregge, sono determinati più che mai a condurci verso la meta. Il sentiero si allontana quasi subito dall’ultimo avamposto di civiltà divenendo ripido e accidentato, di colpo sembra essere proiettati in un paesaggio senza tempo. Arrestiamo così la marcia, come se Nunzio volesse farci percepire la consistenza diversa di cui è fatto l’ambiente circostante. Osserviamo il gioco di luce radente che mette in risalto i crinali delle montagne circostanti. Avanti, il sentiero diviene nuovamente irto ed in lontananza sembra svanire tra la folta macchia senza possibilità di proseguimento. Giunti fuori dalla macchia boschiva restiamo incantati dall’eccellente panorama nel cuore del versante meridionale dell’Abruzzo. In lontananza si intravede l’incontaminata valle delle Cinque Miglia, un posto desolato ma che nello stesso tempo sprigiona un magnetismo tutto particolare: deve aver costituito da sempre un punto strategico per la pastorizia transumante verso la regione Puglia. Nel frattempo, mentre continuiamo a scattare foto del suggestivo luogo, i
pastori scrutano in lontananza alla ricerca di qualcosa che ignoriamo. Proseguiamo e in lontananza scorgiamo un altro gregge di pecore, le stesse che i pastori aspettavano per effettuare il ricongiungimento degli ovini e raggiungere così la meta di Chiarano, un altopiano a 1600 metri dove le pecore raggiungono i pascoli estivi e dove c’è lo stazzo dei pastori. Dopo circa trenta chilometri coperti in due giorni di marcia al seguito dei lanosi mammiferi sembriamo giunti al termine di un percorso millenario, un percorso che in passato si spingeva fino al tavoliere delle Puglie, carico di storie ancestrali, un viaggio che coinvolge tutti i sensi, attraverso territori che si offrono con i profumi dei pascoli e dei boschi, con i sapori dei prodotti pastorali, tra i ritmi della natura. Dopo l’immancabile ristoro pastorale offertoci da Nunzio, tra cui l’inedita, almeno per il sottoscritto, carne di pecora essiccata e dell’ottimo pancotto (pane raffermo cotto in acqua e sale, accompagnato da cicoria di campo), giunge il momento del ritorno ad Anversa degli Abruzzi, questa volta però “motorizzata”. Dopo due giorni completamente assorbito dallo stile di vita pastorale, nel pieno della natura tra vari dislivelli paesaggistici, riprendiamo malinconicamente il ritorno verso la realtà che ci appartiene, ma che sento già così estranea. Nunzio Marcelli, gli abitanti di Frattura, i pastori e i simpatici “turisti” che hanno scoperto un Abruzzo sconosciuto rimangono nel cuore, e prepotentemente si fa spazio l’idea di sentirsi più vicini ad un certo stile di vita arcaico che a tutte le congetture moderne. La transumanza ha il valore delle esperienze umane dei nostri antenati ed è in essi che proietto il mio sentire abruzzese.
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Speciale Abruzzesi
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Speciale Abruzzesi C COME AGRICOLTORI
di Giovanni Rosato– Foto: www.sxc.hu
LAVORARE LA TERRA È UN RUOLO SOCIALE La nuova politica comunitaria
mantenendo un’alta qualità di produzione e di sicurezza Il 19 luglio a Bruxelles presso la sede della Commissione alimentare, ma anche di tutelare l’ambiente e il territorio europea si è tenuta una conferenza promossa dal commissario salvaguardando la biodiversità, senza perdere d’occhio europeo all’agricoltura Dacian Ciolos per trovare una sintesi l’importanza dell’occupazione in agricoltura e in tutta la delle 6.000 proposte inviate dalle parti civili e produttive filiera. europee su come riformare Si conferma quindi il ruolo la P.A.C. (Politica Agricola DISTRETTO RURALE, CIAK 1! sociale dell’agricoltura in Comunitaria) dopo il 2013. quanto fornitrice non solo di Il commissario ha ricordato È stato ufficialmente consegnato alla Provincia di Pescara il progetto del Distretto rurale “Terre vestine. Dalle Saline al Gran alimenti, ma anche di servizi che i cittadini europei sono Sasso”, composto dai Comuni di Elice, Penne, Città Sant’Anche vanno a beneficio coscienti della necessità gelo, Villa Celiera, Farindola, Montebello di Bertona, Civitella di tutta la collettività. In di una politica agricola Casanova, Collecorvino, Loreto Aprutino, Picciano, Arsita, Bidefinitiva si è concordi nel comune forte, al servizio senti, Castiglione Messer Raimondo, Castilenti e Montefino. sostenere che i produttori della società. La palla ora passa al presidente Guerino Testa, che secondo vanno compensati proprio Numerosi i temi di riflessione prassi dovrà sottoporlo alla Regione che a sua volta dovrebbe per questi beni pubblici che che sono emersi dal dibattito promuoverlo. L’assessorato all’agricoltura rimarrà rigido sulla con il loro lavoro mettono a che ha delineato le future volontà già espressa, di costituire i distretti in base ai confini disposizione della società, sfide del settore, come provinciali? Pare che, a supporto di questa volontà, molti fondi nel rispetto di rigide norme la necessità di garantire a disposizione ragionino per divisione provinciale e non per sanitarie, ambientali e l’approvvigionamento territorio. D’altro canto è stato ribadito in sede di presentazione alla stampa che il Distretto individuato dal Comitato promodi tutela del benessere alimentare a prezzi tore non può distinguere confini amministrativi, perché (segue) animale. corretti per i consumatori
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Speciale Abruzzesi Il sostegno pubblico è Brevemente vorrei ricordare i dieci comuni pescaresi e i cinque teramani sono da sempre destinato agli agricoltori l’evoluzione della P.A.C. abituati ad interagire senza guardare la targa automobilistica. professionali ed alle aziende che detta l’agenda di Il Distretto “Terre vestine” rispetta tutti gli elementi descrittivi che operano nel mercato tutte le misure presenti necessari: la legge 228/01 e la L.R. 18/05 definiscono infatti i distretti rurali come “aree con un’identità storica e territoriadei prodotti e del lavoro, nei vari piani di sviluppo le omogenea e dalla produzione di beni e servizi di particolacomprese tutte quelle rurale di ogni regione. Essa re specificità coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali attività come agriturismo, rappresenta una serie di e territoriali”. L’assessore all’agricoltura della provincia di Pebed and breakfast e aziende norme e meccanismi che scara Angelo D’Ottavio ha ricordato che la divisione per prodi trasformazione. regolano la produzione, gli vince non snaturerebbe la natura del Distretto, e ha ammonito Credo che 100 anni fa scambi e la lavorazione dei contro il rischio di andarsi a sovrapporre con le attività di altre nessuno si sarebbe stupito prodotti agricoli nell’ambito realtà già esistenti atte alla promozione del territorio. Dal canto di trovare in una cascina UE. loro i quindici sindaci, che sinora hanno autofinanziato questa rurale galline libere nell’aia, La PAC è entrata in vigore analisi e questa proposta, sono disposti a unirsi in associaziomucche, capre e animali nel 1962 e rappresenta ne autonoma. Del distretto rurale si è parlato anche ad Elice al pascolo. Oggi una ad oggi quasi il 50 % del durante la settima sagra della Mugnaia all’inizio di agosto, in un convegno apposito al quale sono intervenuti, tra gli altri, il percentuale bassissima bilancio comunitario! coordinatore Fernando Fabbiani, il progettista Donatantonio De della popolazione vive di Ebbene, da allora Falcis e il neo sindaco di Elice Gianfranco De Massis. (C.M.) sola agricoltura in Italia, ma l’agricoltura, da primo ci viene anche da chiederci settore economico è se nel 2010 il sogno di molti non sia proprio quello di alzarsi sprofondata tra le ultime voci per importanza e produzione dalle proprie scrivanie, lasciando mouse e schermi zeppi di del reddito. Negli anni a venire si riconosceranno agli icone, per tornare alle radici e alla soddisfazione di portare agricoltori ruoli sempre più diversi da quello prioritario e il nel proprio piatto un po’ di territorio seminato, curato e concetto stesso di agricoltura subirà evoluzioni inaspettate. raccolto con mani proprie. Le risorse per chi crede ancora La P.A.C. di oggi infatti è frutto di un piano di concertazione nell’agricoltura e ha un progetto valido oggi ci sono più che che inizia dal 2007 per finire nel 2013 e i pilastri che reggono mai, soprattutto per i giovani. Nel mondo di internet non ci questo meccanismo sono la Politica dei Mercati, lo Sviluppo sono scuse, chi cerca trova.. buona fortuna! Rurale e la Politica delle Strutture.
E A PROPOSITO DEL PIANO DI SVILUPPO RURALE… Nessun pericolo di disimpegno dei fondi europei relativi al Piano di Sviluppo Rurale della Regione Abruzzo. Anzi, obiettivo della Regione è quello di superare il 100% della spesa per ottenere una premialità che si tradurrebbe in ulteriori risorse comunitarie. È quanto diffuso dalla Regione lo scorso giugno con un comunicato stampa al termine dei lavori del Comitato di Sorveglianza per il Piano di Sviluppo rurale della Regione Abruzzo. Presieduto dall’assessore all’agricoltura Mauro Febbo, il tavolo di lavoro si è svolto alla presenza di funzionari della Commissione Europea-DG Agricoltura, del Ministero per le politiche agricole e forestali, dell’Inea, dell’Ismea, della Rete Rurale e dei rappresentanti delle organizzazioni professionali. «Sono stati esaminati i bandi pubblicati – spiega nella nota l’assessore Febbo – ed è risultato chiaro come, nel giro di poco tempo, si sia recuperato il ritardo accumulato in precedenza». Il Comitato di Sorveglianza, in particolare, si è espresso a favore della proposta di estendere la Misura 214 - azione 4, (prati-pascoli) alle zone montane del Fucino (B2). Ora toccherà alla Commissione Europea fornire il parere definitivo. L’assessore Febbo ha inoltre prospettato l’apertura della Misura 112 per i giovani agricoltori al primo insediamento: misura che già ha riscosso successo nel precedente bando ed è ancora molto richiesta. .
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Speciale Abruzzesi C COME PESCATORI
di Cristina Mosca – Foto: Sebastian Nino Salvatore - www.fotolia.it
IMPIGLIATI NELLE RETI Fermo pesca, croce e delizia al cuor
I marinai abruzzesi hanno vinto una battaglia, ma la guerra è ancora lunga. Lo stato di agitazione partito all’inizio di giugno si è placato solo quando si è riusciti a strappare qualche promessa a Bruxelles. Cosa è successo? Partiamo dall’inizio. La mela della discordia era principalmente questa: il primo giugno è entrato in vigore il regolamento europeo, annunciato dal 2006, che prevede l’obbligo comunitario dell’utilizzo delle reti a maglie quadre per la pesca a strascico. Il difetto riscontrato è che questo tipo di reti vanno bene per i pesci dell’Oceano ma per i pescetti dell’Adriatico sono troppo grandi: i pescatori si sono visti dimezzato il pescato e dopo una settimana hanno lanciato l’allarme. A suon di fischietti e vuvuzelas i pescatori hanno sfilato per due volte per le strade di Pescara con striscioni di protesta e slogan sul rischio di perdere piatti tipici della costa come la cosiddetta “frittura di paranza”, costituita prevalentemente da naselli, scampi calamari, alici. Una delegazione delle marinerie di Pescara, Ortona, Giulianova e Vasto ha incontrato l’assessore regionale all’agricoltura Mauro Febbo per chiedergli di intervenire. Solo che alla mela della discordia è stata aggiunta altra frutta nel cesto: alla risposta di Bruxelles che è “un po’” tardi chiedere oggi di intervenire su un regolamento del 2006, le marinerie hanno rilanciato sul piatto altri malesseri non sopiti, sostenuti anche dai loro
colleghi di Ancona e Termoli. Le due tematiche principali messe sul tavolo dell’assessorato sono state la necessità di una retribuzione statale durante il mese di fermo e, di contro, l’urgenza di un fermo non solo immediato, ma anche il più duraturo possibile perché «in mare non c’è più pesce». Quello che noi chiamiamo comunemente “fermo biologico”, ma che tecnicamente è un “fermo temporaneo di pesca” o semplicemente “riposo biologico”, è stato istituito in Italia nel 1988. Si tratta di un periodo che va dai 30 ai 45 giorni e che annualmente stabilisce che le operazioni di pesca a strascico e volante debbano fermarsi per dare respiro alla fauna ittica. Ma chi restituisce ai pescatori i giorni di nonlavoro forzato? All’inizio sia i pescatori che gli armatori riscuotevano un contributo di poche centinaia di euro, proporzionato alla stazza delle loro barche; poi i finanziamenti statali si sono ridotti e per i proprietari delle barche non c’è stata retribuzione. L’invocazione della marineria abruzzese, alla quale si sono aggiunte le voci delle Marche, del Molise e della Puglia, ha fatto in modo che un vero e proprio pool di regioni si sia seduto a convegno e sia andato a chiedere aiuto sia al Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali sia alla Comunità Europea. Le istanze presentate proponevano o tre mesi di riposo biologico per almeno due
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Speciale Abruzzesi anni, per consentire il ripopolamento dell’Adriatico, o in alternativa una sorta di riposo “diluito” non uscendo a mare un giorno in più a settimana. Il risultato è stato, alla fine, che lo Stato ha dato l’ok per una retribuzione agli armatori, anche se equivalente a metà mese di lavoro, e che il riposo biologico, per la prima volta dopo tutti questi anni, in Abruzzo non si rispetterà ad agosto ma a settembre. Questa soluzione media un po’ tutte le richieste ma non andrà a risolvere il problema dell’Adriatico. Come una spada di Damocle incombono su di noi infatti i pescatori croati, che non essendo ancora nella Comunità Europea non sono tenuti a rispettare i nostri tempi e le nostre regole. A loro, pare, Bruxelles chiederà collaborazione, soprattutto in vista della loro ammissione in UE. Forse chi beneficerà veramente da un fermo pesca autunnale saranno quei (pochi?) ristoratori che si avvalgono prettamente della pesca locale, e che nel mese di agosto vivono di turismo. L’unico punto oscuro, in tutta questa vicenda, è: questo famoso fermo che viene rimbalzato da un punto all’altro del calendario, è davvero indispensabile? I più commentano con un laconico «non è mai servito a niente». Ma se davvero l’Adriatico ha bisogno di ripopolamento, cosa occorre fare? Salvare i riproduttori o il novellame? Ed è sufficiente non andare a pescare per un certo periodo? E quanto lungo deve essere questo periodo? E in che parte dell’anno? «La prima cosa da fare è decidere quali specie ittiche si vogliono preservare – ci risponde Carla Giansante, biologa ricercatrice del Centro di Biologia delle Acque dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale” – perché da alcuni studi che abbiamo condotto sei anni fa, basandoli su una sterminata bibliografia esistente sulla riproduzione delle specie, ci è risultato che oltre il 60% delle specie prese in considerazione si riproduce in primavera, con un picco a maggio; alcuni di loro fanno parte della nostra alimentazione tradizionale, come calamari,
naselli, mazzancolle, moscardini, pannocchie, San Pietro, pesci preti, razze. In estate la percentuale scende a poco più del 50%; mentre i periodi meno frequentati per la riproduzione li si hanno in inverno (33%) e in autunno (22%). Ma questi dati non bastano: occorrerebbero ricerche più mirate, e non possono nemmeno essere svolte senza coinvolgere i pescatori». Se le idee sono poche, tante, forse troppe, sembrano invece essere le barche sul territorio: un sovrappopolamento che si fa fatica a compensare con le quattro barriere artificiali di ripopolamento, funzionali alla pesca, che da 6 anni l’Istituto controlla per le province di Pescara e di Teramo aiutando sogliole, scorfani, ombrine e corvine a riprodursi, alle quali si aggiungono le altre tre barriere gestite dall’Arta. Senza contare che una vera e propria nursery naturale di scampi e naselli ce l’abbiamo in mezzo all’Adriatico, a metà strada tra noi e la Croazia: la Fossa di Pomo, profonda 270 metri. «Le cose occorre farle con criterio e con dialogo – conclude la ricercatrice – Chi sa, ad esempio, che le seppie vivono al massimo due anni e che si riproducono una volta sola, tra febbraio e maggio? E che l’utilizzo delle nasse al posto delle reti per questa pesca è più efficace e facilita la deposizione e la schiusa delle uova? Non si può decidere della natura senza un supporto scientifico, così come non ci si dovrebbe mettere a dieta senza un consulto medico». In crisi lavorativa ci sono anche le vongolare: esistono delle precise “fasce” costiere in cui le vongole prima della vendita dovrebbero essere depurate, in primis quelle a meno di 500 metri dalla costa. Poche settimane fa l’Istituto Zooprofilattico ha avvallato scientificamente la proposta del Consorzio delle Vongolare di prevedere una sorta di “corridoio” nell’Area Marina protetta Torre del Cerrano per la pesca delle vongole in zona D, ossia tra i 500 metri e 1 miglio dalla costa; l’avvallo è giunto, però, solo a condizione di una serie di limitazioni e di un costante monitoraggio dell’impatto della pesca sulla fauna. Ma, citando lo scrittore Michael Ende, questa è un’altra storia, e la si dovrà raccontare un’altra volta.
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C COME AGROALIMENTARE
Redazionale – Foto: Modiv/Valerio Simeone
MOSTRA MEDITERRANEA, DESTINAZIONE MONDO Un’edizione dal taglio internazionale
La tanto attesa XXV edizione di Mediterranea, mostra di riferimento dell’agroalimentare abruzzese, ha confermato il successo previsto. Per soli quattro giorni, dal 29 luglio al primo di agosto dalle 19 a mezzanotte, sono stati infatti stimati 30mila visitatori. Dai confetti agli arrosticini, passando per formaggi, salumi, vino, pasta e olio, a Mediterranea ce n’è stato per tutti i gusti, dal miele all’amaro: 90 espositori, dei quali 78 provenienti dalle quattro province abruzzesi e i restanti 12 provenienti da fuori Italia. Tra le novità di quest’anno ci sono state le degustazioni di vini pescaresi in collaborazione con l’Ais Abruzzo, e la possibilità di far valutare il proprio olio dal comitato di assaggio della Camera di Commercio, diretto dal capo panel Luciano Brancone. Entrambe le iniziative hanno avuto successo, tanto che ben 35, tra produttori e semplici utenti, hanno richiesto una scheda di valutazione dell’olio. Per il suo quarto di secolo, Mediterranea ha cambiato rotta acquisendo un taglio spiccatamente internazionale: taglio suffragato dalla presenza, in sede di inaugurazione, di eminenti rappresentanti istituzionali provenienti dal Brasile, dalla Bosnia Erzegovina e dalla Serbia; tre Paesi che offrono interessanti opportunità economiche alle nostre
imprese in particolar modo nel settore agroalimentare. Hanno partecipato il Ministro per lo sviluppo economico e le attività produttive della Federazione di Bosnia ed Erzegovina Velimir Kunic; il segretario per gli affari economici dell’Ambasciata Repubblica di Serbia in Italia Igor Culafic; il segretario generale della Camera di Commercio serba (dipartimento agricoltura) Milan Prostran; ed il presidente della FEABRA (la Federazione delle associazioni abruzzesi in Brasile) Franco Marchetti. Ad accogliere gli operatori e i visitatori, tra le numerose autorità giovedi 29 luglio c’erano, oltre al presidente dell’Ente camerale Daniele Becci, il vice presidente della Regione Alfredo Castiglione, l’assessore regionale all’agricoltura Mauro Febbo, il presidente della Provincia Guerino Testa, il prefetto Vincenzo D’Antuono, il questore Paolo Passamonti, il sindaco di Pescara Luigi Albore Mascia e il comandante della Capitaneria di Porto Pietro Verna. L’edizione 2010 di Mediterranea è stata anche caratterizzata da una interessante novità che ha trovato un largo consenso da parte delle imprese partecipanti alla mostra. Nell’ottica del potenziamento dei contatti commerciali, due intere mattinate sono state dedicate ad un fitto calendario di appuntamenti
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b2b: sono stati organizzati oltre 20 incontri sulla base delle richieste dei buyer e dei seller italiani e stranieri, destinati ad incrementare i rapporti commerciali delle nostre imprese sia in ambito nazionale che estero. Particolare importanza hanno rivestito gli incontri tra le aziende vitivinicole e la Feabra, sul potenziamento dell’export dei vini abruzzesi in Brasile, e quelli dedicati agli scambi commerciali con gli operatori dell’area balcanica. «Le nostre aziende – ha dichiarato il presidente Becci nel corso della conferenza stampa di presentazione di Mediterranea 2010 – devono assumere un taglio completamente diverso, andando oltre i confini nazionali che ormai sono spariti. La presenza di imprenditori brasiliani, serbi e bosniaci ci riempie
di ottimismo in un momento molto particolare per la nostra nazione e la nostra regione». Il Brasile, la Serbia e la Bosnia Erzegovina offrono infatti interessanti potenzialità come mercati di sbocco per le imprese abruzzesi. Il Brasile è caratterizzato da una forte crescita economica, tanto che negli ultimi anni sono emersi dalla condizione di povertà circa 25 milioni di persone, mentre la Serbia e la Bosnia Erzegovina si presentano come due importanti territori sull’altra sponda dell’Adriatico, su cui poter puntare per la valorizzazione turistica e lo sviluppo della filiera agroalimentare. Tutti i riferimenti e le informazioni, anche per il prossimo anno, sono su www.mostramediterranea.it.
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C COME TRADIZIONE
di Anita Righetti – Foto: Mario Sabatini
I PEPERONI, UN TESORO IN DISPENSA Buoni secchi e fritti
Che dire dei peperoni. Sono il muro portante della cucina abruzzese: piccanti e dolci freschi e secchi sono presenti nella cucina tradizionale e nella cucina rivisitata. I peperoncini piccanti, a cornetto o a palloncino, i peperoni dolci grossi e polposi da arrostire, i piccoli verdi da friggere, i piccoli rossi da seccare al sole sono l’alfa e l’omega della nostra tavola, ancor prima che della cucina. Forse anche più del pomodoro, se consideriamo che nell’apparecchiare la tavola il peperoncino piccante verde a cornetto, o rosso a ciliegia, compare insieme al vasellame e alle posate ancor prima del pane. Se prendiamo come pasto base l’“aglio e oglio” dove lo sfrigolare dell’abbondante aglio nell’olio si tinge di rosso col peperone dolce secco, tritato con una punta di piccante (solo i poveri tingevano il sugo con una punta di passata di pomodoro), si capisce l’importanza del peperone. Per tritarlo per bene va messo, nettato di semi e peduncolo, in forno caldo e spento. Quando è croccante abbastanza, si pesta nel mortaio (di legno, l’ideale), oppure si trita con un mixer. Si può conservare in un barattolo di vetro ben asciutto; mescolato molto bene all’olio è buono per anni.
L’esaltazione di “aglio e oglio” è il “sugo alla trappitara”. Si preparava nelle lunghe veglie notturne per la molitura delle olive (da qui il nome) lasciando all’infinito, sul fuoco bassissimo o di lato al focolare acceso, olio extravergine d’oliva, aglio a volontà, peperoni rossi dolci secchi anche con i semi, volendo, e qualche pomodorino ciliegino, finché il tutto non si disfaceva; ci si condivano gli spaghetti grossi, il piccante a piacere. Perciò il peperone è il re della nostra tavola con la sua consorte sua maestà il pomodoro. Partiamo dai peperoni più importanti: i peperoni dolci secchi. Compaiono sui banchi del mercato a partire da fine luglio e si trovano fino a fine agosto. Sono piccoli, a piramide anche irregolare, col peduncolo verde e la polpa rossa non troppo spessa. Solo questi sono adatti ad essere seccati. Si infilano a filza e si espongono al sole per 10/15 giorni di seguito. Si evita accuratamente di lasciarli fuori la notte, di lasciarli alla pioggia, di saltare i giorni di esposizione. Rispettate queste semplici regole, si ottiene un prodotto base eccellente per quanto vado a dire. I peperoni rossi dolci secchi sono fondamentali insieme
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all’aglio e al peperoncino per “ripassare” la verdura bollita in padella e farla insaporire: soprattutto con la “misticanza”, verdure di campo come bietoline, cicorie, borragine, orapi, ed altro. La misticanza può diventare una sostanziosa minestra con l’aggiunta di un uovo sbattuto insieme ad un cucchiaio di pecorino grattugiato, aggiunto e mescolato a fuoco ancora acceso e spento appena coperto il tegame. L’umore caldo della verdura cuoce l’uovo quel tanto che basta, lasciandogli morbidezza. Il peperone dolce secco si frigge dopo aver fritto le alici intere, dissalate e infarinate, per essere spezzettate insieme alla pizza di farina di granoturco e alle verdure bollite e “ripassate” nel tegame, come già detto, ed ecco la mijichelle. In questo piatto la prevalenza spetta alle cime di rape con una modica quantità di cavolo cappuccio bianco. Il cavolo cappuccio verde ha un sapore troppo forte per questo piatto e non appartiene alla nostra tradizione. Il cavolo cappuccio bianco, invece, è molto delicato di sapore e gradito alle lumache che lo mangiano volentieri perciò non sempre si trova sui banchi del mercato.
Il peperone rosso dolce secco è fondamentale per il baccalà arrosto, dove per molti il baccalà è il vero contorno e i peperoni, cotti nella cenere calda e affogati nell’olio extravergine d’oliva e nel prezzemolo tritato, sono il vero piatto forte. I peperoni secchi tritati sono fondamentali per molti piatti, dall’“aglio e oglio” al baccalà al sugo, ma è unico per un piatto consumato con soddisfazione, sia ieri sia oggi, da ricchi e da poveri, e perciò socialmente trasversale: il pane tostato, condito con olio extravergine d’oliva e con una spolveratina di peperone dolce secco tritato, naturalmente. È complessa la tecnica di cottura dei peperoni secchi: è affidata sostanzialmente all’esperienza della cuoca, che deve calibrare con sapienza la temperatura dell’olio quando li frigge e la presenza di lapilli nella cenere per non bruciarli. L’arguzia delle suocere di un tempo affidava a questa cottura l’esame di cucina delle future nuore. Molto spesso avevano ragione: saper cuocere i peperoni dolci secchi voleva dire sapienza ed esperienza in cucina. E spesso non solo in cucina.
ALTINO, IL PAESE DEL PEPERONE DOLCE Il 28 e il 29 agosto si svolgerà il secondo Festival del Peperone Dolce di Altino (Ch) e il suo Palio Culinario delle Contrade. Corredato da laboratori dei prodotti tipici del Sangro Aventino, di balli tradizionali, di cesti in vimini, del rame e del merletto, il festival vedrà sfidarsi le sette contrade a suon di menu a base di peperone dolce. Il peperone dolce di Altino Oasi di Serranella è un prodotto riconosciuto dalla Regione Abruzzo ed inserito nell’elenco dei prodotti tradizionali. Nel volume “Origine e storia delle piante coltivate in Abruzzo”, a cura di Aurelio e Giuseppe Manzi, si può trovare una citazione storica datata 1752 in cui si fa riferimento ad un atto notarile di compravendita in cui la pianta viene citata con il nome di “peparoli”. Nello stesso testo si racconta che nella vallata del Sangro i peperoni dolci essiccati venivano polverizzati all’interno di grossi mortai di legno denominati “piloni”. La polvere di peperone così trovava largo consumo come condimento per la pasta oppure per la preparazione di insaccati. Di colore rosso intenso quando ha raggiunto la maturazione, la sua caratteristica principale è quella di avere i frutti rivolti verso l’alto, da cui il nome dialettale a cocce capammonte. Viene solitamente utilizzato come aroma negli insaccati della zona (salsicce, ventricina, ecc.) o anche come ingrediente di varie ricette tradizionali come con la pasta con aglio, olio e peperone trito, con la pizza e ffójje, con le sarde salate, con le uova (peparuole e ove) con i legumi e come condimento per la pasta in innumerevoli ricette.
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C COME ESTERO
di Nadia Miriello:
LO CHEF GIRAMONDO CON L’ANIMA “AMARCORD” Walter Giardinelli resta fedele ai piatti di nonna
È un “nomade dei fornelli” lo chef abruzzese Walter Giardinelli. Sin dall’adolescenza va col suo toque bianco dove lo portano i fortunati incontri umani e professionali che ne costellano la carriera, partita dalla prestigiosa scuola alberghiera di Villa Santa Maria e decollata via via grazie alle esperienze lavorative collezionate a Venezia, Londra, New York, Hong Kong e Porto Cervo, al fianco o sotto l’egida di maestri dell’arte culinaria. Presto si farà apprezzare anche ad Abu Dhabi, Istanbul e Mosca, ma a dispetto di quanto si possa pensare, il suo infaticabile girovagare “astronauta” ha sempre più un sapore amarcord: «Ho passato vent’anni a imparare come fare salse perfette, ‘tirate a lucido’ alla francese – spiega – per poi invertire rotta negli ultimi anni, riscoprendo una cucina semplice, genuina e ugualmente gustosa». È il segreto dello stile “Cipriani”, che contraddistingue nel mondo la compagnia del patron Arrigo. Uno stile della ristorazione che è una vera e propria filosofia del “cucinare, servire e mangiar bene” abbracciata da Walter sei anni fa e mai più abbandonata. La gratitudine per questa folgorante opportunità è tutta per l’amico chef Nicola Cicchini, originario di Piane D’Archi (Ch), che da ben 25 anni lavora all’Harry’s Bar di Venezia, noto
ristorante della catena. Il legame tra i due colleghi corregionali risale ai quattro anni trascorsi da Walter all’Hotel “Monaco & Grand Canal” grazie alla buona parola di Giovanni Spaventa, chef del lussuoso Hotel Cipriani, conosciuto anche lui nella città lagunare durante la prima prova lavorativa postdiploma sotto il figlio del grande Domenico Pace Stanziani, insegnante all’alberghiero. Concluso il periodo al “Monaco”, alla nascita del primogenito Damiano, oggi ventunenne in procinto di seguire le orme del padre, il giovane cuoco di Torrevecchia Teatina aveva scelto insieme alla moglie Roberta di tornare in terra natìa, dove divenne prima chef di cucina e successivamente direttore de “La Lanterna” di Angelo Chiavaroli, a Cepagatti (Pe), intervallando le esperienze con la proprietà del ristorante “Le maschere” a Tollo (Ch). Dopo la scomparsa prematura di Chiavaroli, durante un banchetto nell’Ambasciata italiana di Lisbona, Walter decise che era di nuovo ora di lasciar l’Abruzzo e contattò appunto l’amico Cicchini per avere una dritta. Saltò fuori la proposta di volare a Londra e Walter accettò entusiasta, iniziando l’avventura british insieme allo chef Giuseppe Marangi, oggi executive della compagnia Cipriani. Da qui la “conversione” decisiva. «Grazie alla guida del signor Arrigo e di suo figlio
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Giuseppe – racconta – nei sei anni londinesi sono cresciuto molto professionalmente e ho sposato appieno la loro idea di cucina: semplice e genuina come quella delle nostre nonne, perché basata su prodotti freschissimi e di prima qualità, e al contempo molto laboriosa, perché usiamo le persone e pochissimo le macchine. Alcune ricette sono create interamente a mano, come il ragù tagliato al coltello o le tartare di pesce e carne, fatte e condite al momento. Schiume e schiumette non m’attirano più. Così, mentre tanti colleghi oggi amano scomporre piatti e rivisitarli per sorprendere innanzitutto visivamente, io mi diverto a ricomporre per dar sapore e corpo alle pietanze, senza esasperarne il
gusto. L’unicità di quest’azienda – sottolinea – sta proprio nel fatto che a Hong Kong, New York o Istanbul assaggi le stesse ricette preparate nella stessa maniera e con la stessa professionalità: se registriamo 400 coperti al giorno da anni, senza crisi, vuol dire che il metodo Cipriani funziona». Come da quattro anni, l’estate 2010 di Walter sarà al ristorante del “Billionaire” di Briatore, in Costa Smeralda. Poi a settembre si trasferirà a Istanbul con Cicchini per l’apertura di un nuovo ristorante Cipriani in uno storico albergo della città. Infine lo attende Mosca, dove un altro “Harry’s Bar” andrà ad allungare la lista di locali dell’Impero Cipriani, che attualmente conta 11 ristoranti sparsi nel mondo.
UN CUOCO INTERNAUTA
Walter Giardinelli prima di prenderti per la gola ti conquista col sorriso. Ed è questo, a mio parere, l’ingrediente segreto della sua cucina, “esportabile” eppur orgogliosamente casereccia. La sua giovialità la ritrovi nei manicaretti che prepara come nella “brigata” che l’aiuta ai fornelli: per lo più giovani, soprattutto abruzzesi, con i quali una volta sfilato il grembiule di dosso corre a scatenarsi in discoteca o chatta su Facebook. Sì, perché è un cuoco “tecnologico”, lui. Oltre ad esser presente nel frequentatissimo social network, ha almeno un paio di e-mail che legge quotidianamente, s’è creato gli account Skype e Messenger e ha una passione smodata per la fotografia, che va a braccetto con quella per la buona tavola. Ha una Nikon N200 che lo segue fedelmente nel lavoro (più di 15 ore al giorno, dalle 8 e mezza del mattino all’una di notte!) e con la quale immortala assiduamente tutti i passaggi delle sue creazioni gastronomiche. «Ho una spiccata memoria visiva – spiega – e grazie agli scatti che realizzo nelle fasi di preparazione dei piatti riesco ad illustrar meglio i trucchi del mestiere agli chef stranieri che collaborano con noi. Ho un archivio di ben 8 hard disk esterni!». Ultimamente Walter ha scoperto di essere anche un bravo progettista di cucine: con l’amico Giuseppe Marangi ne ha allestite 8 in rinomati ristoranti, tra cui quello di Briatore nello stadio acquistato a Londra con la squadra dei Queens Park Rangers e 3 nel Centro “Yas Island” di Abu Dhabi. (Na.Mir.)
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C COME LEGUMI
di Stefano Sebastiani – Foto: tasteofbeirut.com.
IL LUPINO Popola le nostre feste, combatte il colesterolo
Il lupino, dolce ma non stucchevole, gradevole da sgranocchiare come stuzzichino con l’aperitivo, vive oggi un momento di gloria. I ricercatori, prove alla mano, lo indicano tra i legumi come il più nobile e come vera alternativa alla bistecca. Lupino, carne dei vegetariani. Supera per quantità di proteine la soia, ha proprietà straordinarie per combattere la pressione alta e il colesterolo cattivo. Torna d’attualità il legume che già gli antichi romani utilizzavano come principale fonte proteica. Pare, infatti, che il loro esercito riuscisse a recarsi a piedi fino alla Britannia nutrendosi solo di lupino, pane e vino. Era così diffuso da venire citato in comuni proverbi (“Ignorare qui distent aurea lupini”, che si può tradurre con “prendere lucciole per lanterne”) e veniva consumato dopo lunga bollitura o conservato in salamoia come le olive. Solo dopo il Concilio di Trento, in tempi di maggiore ricchezza, in Europa è stato soppiantato dalla carne. Oggi con la farina di lupino si fanno snack, bevande (latte vegetale), salsine, tofu, piatti istantanei, pane e persino biscotti dolci. Il suo seme è ricco di proteine (100 grammi di legume secco contengono 40 gr di proteine, la metà del fabbisogno quotidiano per un adulto) e di olio (12%), ma anche di amminoacidi essenziali. Ha caratteristiche nutrizionali che lo rendono più digeribile di ogni altro legume.
Un gruppo di ricercatori milanesi guidati da Cesare Sirtori, ordinario di Farmacologia clinica all’Università di Milano, ha dimostrato che negli animali una modesta aggiunta di lupini alla normale dieta può ridurre la colesterolemia in modo significativo. Ricerche confermate anche sull’uomo: un recente studio condotto in Polonia da Marek Naruszewicz su 55 pazienti che soffrivano di ipercolesterolemia «ha evidenziato con un consumo quotidiano di mezzo litro di latte di lupino – come riferisce il professore Sirtoni – un calo del colesterolo totale del 10% e di quello cattivo (Ldl) superiore al 12. E questo solo dopo un mese di trattamento». Il latte di lupino può costituire una interessante alternativa per i celiaci o per i bimbi intolleranti al lattosio. E il seme di questo legume ha anche altre caratteristiche nutrizionali degne di nota: quantità minime di composti che rendono poco digeribili i legumi, salvo sottoporli a cottura prolungata. Cresce un po’ ovunque, in terreni silicei, e i semi, una volta essiccati al sole si conservano in vasi di vetro ben chiusi; tostati e macinati possono essere usati come surrogato del caffè. In fitoterapia si usa la farina ottenuta dalla macinazione dei semi per contrastare malattie della pelle, eczemi e crosta lattea. Secondo alcuni studi, infine, il lupino ha anche proprietà antidiabetiche e vermifughe.
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I 7 “comandalenti”: piccoli consigli per vivere senza ansia in cucina: 1) Il cibo è la tua prima medicina: lo insegnano Ippocrate così come la moderna ricerca. Tra le concause dell’insorgere di tumori, infatti, il 40% è addotto all’alimentazione. 2) La poesia del cibo inizia quando facciamo la spesa: scegliamo prodotti di stagione e di qualità, che hanno aromi-sapori più intensi e gradevoli. Se vogliamo risparmiare diminuiamo la quantità, che è anche ottima scelta per controllare colesterolo e peso. 3) È scientificamente provato che l’acqua non bolle prima se continuiamo a osservarla: quindi senza fretta appassioniamoci alla preparazione della nostra cenetta e apparecchiamo con cura la tavola, magari con un fiore. 4) Utilizziamo tutti i nostri sensi per godere dei singoli ingredienti: la vista, il tatto, l’olfatto, il gusto ... anche l’udito (i rumori della cucina fanno tanto casa e calore). 5) Gustiamo ogni forchettata e ogni piccolo sorso di quel vino che, anche se da dilettanti, avremo scelto con amore e cura. 6) Evitiamo il “due in uno”! Se mangiamo non telefoniamo, se telefoniamo non mangiamo, come davanti alla tele: se ne va tutto in ciccia! 7)Non precipitiamoci ... il cinema, la lavastoviglie, l’ultimo ritocco al computer aspetteranno.
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C COME BENESSERE di Monica Andreucci
ALCUNE REGOLE DELLA BUONA CUCINA I consigli dell’Artusi
Di cellulite non ne sapeva, eppure Pellegrino Artusi dispensò nella sua bibbia culinaria “Scienza in cucina e l’Arte di Mangiar Bene” una quantità infinita di consigli ispirati dal puro buon senso. A seguirli, quotidianamente, staremmo tutti meglio perfino nella taglia ‘XL’. Ecco quello che suggerisce, in pillole: i 4/5 del cibo quotidiano dovrebbero essere frutta, verdura, legumi e/o cereali. Almeno 3 porzioni al giorno di verdura, una delle quali cruda. Il minimo di verdure crude a foglia, per porzione, sta nel pugno della mano. Legumi, da 2 a 4 volte a settimana, 6 cucchiai da minestra la dose per volta. Pesce di mare, almeno 2 volte a settimana. Frutta quando ci pare (fuorchè ai pasti). Una curiosità sulle mele: se tagliate 3 ore prima di consumarle si imbruniscono e diventano ideali per l’intestino. Uova, 2 o 3 a settimana. Evitare possibilmente l’associazione carne + formaggio o, anche se va contro le nostre abitudini quotidiane, caffè forte + latte vaccino intero surriscaldato. Il pane ingrassa molto meno rispetto a grissini, crackers, fette biscottate. L’assorbimento del ferro viene favorito dalla vitamina C, la quale però distrugge il betacarotene: bene spruzzar limone
sugli spinaci (che non sono i più ferruginosi), inutile farlo sulle carote. Tutto ciò che è “integrale” (pane, pasta, cereali…) dev’essere biologico, perché può accumulare residui chimici tossici. Attenzione anche ai funghi, che hanno un feeling eccellente con il piombo: mai mangiarli se raccolti vicino a strade per veicoli a motore. La verdura va cotta in acqua poca e non salata. Caffè? Se si vuole limitare l’assorbimento della caffeina, va bevuto ristretto, perché così le molecole eccitanti “passano” via; diluite, invece, entrano facilmente in circolo. Infine, una nota sull’attività fisica: va pensata costante e leggera, per essere efficace. Occorrerebbe camminare 45 minuti di seguito tre volte alla settimana curando il portamento (la schiena dritta costringe a spingere il passo dagli addominali); salire e scendere un piano di scale per 15 minuti due volte al dì, a ritmo sostenuto ma non troppo. Artusti consiglia, infine, di dare un ritmo regolare ai pasti, a partire dal mattino: ci vuole una sostanziosa prima colazione. Inoltre, piano coi fuoripasto; bastano due spuntini, metà mattina e pomeriggio: prima di andare a dormire non serve mangiare.
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C COME NUTRIZIONE
di Jenny Pacini
COSA SUCCEDE QUANDO MANGIAMO? La salute comincia a tavola…
Prendete il vostro peso e dividetelo per la vostra altezza, in metri, moltiplicata al quadrato. Il risultato di questo calcolo sarà il vostro “body mass index”: l’indice corporeo di massa. Se è inferiore a 18.50 vuol dire che siete sottopeso, superiore a 24.99 può essere un campanello di allarme per il sovrappeso. Non vogliamo diffondere allarmismi ma semplicemente invitarvi ad approfondire le regole di una corretta ed equilibrata alimentazione, ai fini di evitare ripercussioni negative sull’organismo. Queste sono state le tematiche approfondite con il contributo di esperti relatori al museo Vittoria Colonna di Pescara, in occasione del convegno “Nutrizione e Benessere”, organizzato lo scorso giugno dalla FIDAPA, la Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari, presieduta da Annamaria Scarazza Agata. È proprio lei a ricordare che questa volta la Federazione non vuole rivolgersi solo alle donne ma a tutti, in quanto la nutrizione ha assunto negli ultimi decenni un ruolo sempre più importante nella prevenzione di malattie croniche quali: diabete, ipertensione arteriosa, dislipidemia (eccessiva presenza di grassi nel sangue) e malattie cardiovascolari. Se il 33% della popolazione è in sovrappeso, il 15% è obeso e questo dato preoccupa sempre di più perché è in aumento soprattutto tra i bambini. Per risolvere i problemi legati
a comportamenti scorretti dell’alimentazione: «Bisogna “cucire” sul singolo individuo la giusta dieta, come un vestito fatto su misura – ha spiegato il Paolo Di Berardino, dirigente responsabile Diabetologia e Malattie Metaboliche presso l’ospedale di Atri- Per dieta non si intende “dimagrimento” ma “stile di vita”, ovvero un’alimentazione equilibrata, dove è possibile mangiare cibi vari e gustosi, evitando gli eccessi”. Attualmente i nutrizionisti sono concordi nel raccomandare la dieta mediterranea, alla quale si associa un’aspettativa di vita più alta, basti pensare che: «Nei paesi scandinavi, dove non è presente questo tipo di dieta, – continua il dottor Di Berardino – il rischio di malattie cardiovascolari e di neoplasie è molto più alto. I benefici della dieta mediterranea sono attribuibili al fatto che si tratta di un’alimentazione più ricca di fibre come olio di oliva, frutta e verdure; a tutto ciò va unito che essa valorizza la cucina più genuina e naturale». E il vino? «Il vino contiene polifenoli e ha un effetto antiossidante: consumarlo è bene ma con moderazione, soprattutto da parte delle donne. Mentre un uomo può tranquillamente bere un bicchiere di vino rosso a pasto, le donne ne potrebbero sorseggiare solo mezzo per via del fatto che metabolizzano le sostanze in esso contenute con meno facilità. Per quanto concerne il consumo di pasta, va detto che i carboidrati complessi sono molto importanti in quanto
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il 50% di una dieta equilibrata deve essere costituita anche da questo alimento, dal pane e soprattutto dai cereali». Perciò, cari lettori di C come Magazine, non abbiate paura dell’acquolina in bocca davanti alle nostre foto succulente: potete tranquillamente apprezzare la buona cucina, lo confermano gli esperti! Purchè ovviamente, non si esageri troppo con i grassi, con l’alcol e con la carne. Questo non per mere esigenze estetiche, e quindi per apparire più magri, ma per prevenire spiacevoli conseguenze sulla salute. L’eccesso di tessuto adiposo favorisce infatti il sorgere di patologie: si tratta di «un vero e proprio organo endocrino – ha affermato Ester Vitacolonna, docente di cattedra di Nutrizione all’Università di Chieti – che, se in eccesso produce sostanze nocive per la salute». Anche lei tiene a sottolineare che non bisogna mai ricorrere a diete ipocaloriche per perdere peso, in quanto «il cibo è un dono di Dio, dobbiamo sederci a tavola, degustare, assaporare. Quando lo sciogliamo in bocca le sostanze agiscono sui neurotrasmettitori; dalla palatabilità o gradevolezza di un alimento si generano le cosiddette “sostanze del piacere”. Quindi, non bisogna abolire il cibo ma imparare a gestirlo». Insomma, se dopo una fetta di torta al cioccolato vi sembra di essere più allegri non è solo una sensazione: siete sotto effetto di dopamina e di sostanze euforizzanti che migliorano il tono dell’umore. Talvolta però, le emozioni trasmesse da quello che mangiamo possono condurre ad una vera e propria dipendenza: «Spesso le gratificazioni del cibo – ha affermato in sede di convegno Gianfranco Contini, psichiatra e psicoterapeuta – conducono ad una forma di dipendenza dall’attività fisiologica del nutrirsi e possono degenerare in gravi patologie». Oltre ad un’alimentazione equilibrata e sana è davvero importante per il nostro organismo fare sport: l’attività fisica determina un miglioramento a tutti i livelli dello stato di salute e migliora la qualità della vita. Pascal Moiset, personal trainer, è uno dei primi a Pescara ad insegnare il fitness metabolico grazie al quale «è possibile anche per chi ha avuto seri problemi medici recuperare la forma fisica e tornare a svolgere attività motorie, che migliorano l’umore e l’autostima». Al temine del convegno, Ester Vitacolonna ci prescrive una cura molto speciale: «Riscoprite la buona tavola abruzzese che da sempre valorizza la genuinità dei prodotti. il nostro olio extravergine, il vino, la pasta, i cereali, il pesce e le carni prelibate delle zone montane sono ideali per una corretta alimentazione, anche perché i rapidi tempi di trasporto, favoriti dalla vicinanza mare/montagna assicurano una freschezza dei prodotti. Il segreto è mangiare in modo sano ed equilibrato nel modo più variegato possibile».
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Galantina o ‘gallotta’. È una pietanza tradizionale, di norma preparata con gallina nostrana pulita e disossata. Una possibile farcitura e con carne di vitello macinata, uova, formaggio grana, noce moscata, olive verdi denocciolate, carota, sedano, sale e pepe. Mandorle e pinoli sminuzzati tra gli ingredienti facoltativi, cosi come l’uso di farcire le olive denocciolate con una parte del ripieno. Si aggiungono anche due uova precedentemente lessate e tagliate a spicchi. Moltissime le varianti, più omeno ortodosse, che prevedono per la farcitura l’utilizzo di pistacchi sbollentati, tartufo nero a pezzetti, mortadella e prosciutto insieme al macinato di polpa di vitello e maiale insieme. Comunque sia, e detto che la gallina disossata va ben spennellata e massaggiata con vino cotto, si procede alla farcitura con il ripieno, alla legatura e alla cottura in una pentola con acqua sufficiente a ricoprirla insieme alle ossa frantumate e ad un osso di ginocchio di vitello che, se disponibile, faciliterà la formazione della gelatina. Si schiuma in continuazione e poi si lascia cuocere a piccolo bollore per 3-4 ore. Le tre dita di brodo residue, colate e raffreddate, formeranno con il tempo la gelatina da cospargere sulle fette di galantina che va rigorosamente servita fredda.
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C COME LIBRO
Foto: Modiv
ECCO LA TERAMO DEI SAPORI E DEGLI ODORI Un libro per conoscere il territorio
Con molta umiltà e obiettività i giornalisti enogastronomici aquilani Antonio Paolini e Roberto De Viti hanno portato a compimento l’ambizioso progetto “Teramo, il linguaggio dei sapori”. Un libro-catalogo di ricette, sapori e tradizioni della provincia teramana, contenuto in un cofanetto insieme ad una vera e propria guida sulla ricettività e la ristorazione in provincia, o “iPad cartaceo”, come è stato definito in conferenza stampa di presentazione dallo stesso Antonio Paolini. Il volume è stato realizzato dalla Camera di Commercio di Teramo e dalla Fondazione Tercas, con
contributi di Alfonso Di Ottavio (fotografie e allestimenti), Fabrizio Lucchese (progetto grafico), Elisabetta Di Berardino e Tonia Ruggeri, e numerosi passaggi in inglese grazie alle traduzioni di Titti Cervali e Maria Corona.La mirabile scelta della carta lucida e la decisione di rendere il volume sfogliabile on-line sul sito della Camera di Commercio fanno del libro un contenitore inedito ed esclusivo di informazioni che a volte sfuggono alla trasmissione orale. Per voce di ristoratori e anziani intervistati, infatti, piatti tipici, tradizioni culinarie e costumi hanno una posizione di rilievo e di privilegio.
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C COME RICETTE a cura delle associazioni cuochi della FIC
PECORINO ABRUZZESE IN CROSTA DI TARTUFO
di Domenico Iobbi, ass.ne cuochi Teramo
Ingredienti per 4 persone: 8 fette di pecorino abruzzese semistagionato. Per la pastella: 300 g farina; 100 g d’acqua, 50 g di latte, 1 uovo, 30 g di tartufo abruzzese tritato, 3 g lievito di birra, sale fino q.b., ½ lt d’olio extravergine d’oliva per friggere. Per la pastella: sciogliere il lievito nell’acqua, in una ciotola miscelare tutti gli ingredienti realizzando una pastella e lasciare riposare per 2 ore. Passare le fette di formaggio nella pastella, friggere in olio a 180°, scolare su carta assorbente e servire due fette per porzione con dell’insalata mista.
GNOCCHI DI RICOTTA E ZAFFERANO DI NAVELLI SU VELLUTATA DI FUNGHI PORCINI ALL’ARANCIO, POMODORI CANDITI E OLIO EXTRAVERGINE AL ROSMARINO.
di Gianluca Carrozzi, ass.ne cuochi Pescara
Ingredienti per 6 persone: per gli gnocchi: 450 g di ricotta di pecora, 100 g di farina 00, 40 g di parmigiano, 1 g di zafferano macinato, sale q.b.; per la salsa ai porcini: 200 g di porcini freschi, 20 g d’olio extravergine d’oliva, 15 g di cipolla, 20 g di Trebbiano d’Abruzzo, 15 g di burro, 15 g di farina 00, 20 g d’acqua, 250 g di brodo vegetale, ¼ di buccia d’arancia, sale q.b. Per la guarnizione: 100 g d’olio extravergine di oliva, 24 aghi di rosmarino, 6 pomodori pendolo, ½ buccia d’arancia. Per la guarnizione: sbollentare i pomodorini, raffreddarli in una ciotola con acqua e ghiaccio, spellarli, tagliarli in quattro spicchi e togliere la polpa. Portare l’olio ad una temperatura di 65° C, immergere i petali di pomodoro, gli aghi di rosmarino, la buccia d’arancio tagliata in piccolissimi cubettini e lasciare raffreddare. Per gli gnocchi: setacciare la ricotta, unire lo zafferano sciolto in due cucchiai di acqua bollente, la farina, il parmigiano e il sale. Impastare e far riposare per 30’ in frigo. Realizzare 30 gnocchi a forma di quenelles con due cucchiai e cuocerli in abbondante acqua salata. Per la salsa: pulire i porcini e tagliarli a fette. In una padella far sudare la cipolla nell’olio, unire i porcini, la buccia d’arancia grattugiata, sfumare con il vino e cuocere per 5 minuti. In una casseruola preparare una besciamella con farina, burro e acqua, unire i porcini, il brodo vegetale bollente e lasciare sobbollire per 15 minuti. Frullare e regolare di sale. Mettere al centro dei piatti una striscia di salsa, sopra affilare 5 gnocchi per porzione, tra uno gnocco e l’altro mettere i petali di pomodoro e gli aghi di rosmarino. Completare la mirepoix d’arancio e l’olio usato per candire i pomodori.
POLPO AL VAPORE SU CREMA DI PATATE DI AVEZZANO AROMATIZZATA ALL’ARANCIA E ZUCCHINE ALL’AGRO
di Sergio Savaglia, ass.ne cuochi L’Aquila
Ingredienti per 4 persone: 500 g polpo fresco, 250 g di patate, 150 g di arance, 280 g di zucchine, 100 g di olio extravergine d’oliva, 10 g di aceto, sale q.b. Pulire il polpo e cuocere al vapore per 45 minuti. Lasciare raffreddare e condire con olio e sale. Tagliare le zucchine a bastoncini e lessarle. Pelare le patate, tagliare a cubetti e cuocere con poca acqua per circa 15 minuti a fiamma bassa, frullare, aggiungere 5 spicchi d’arance precedentemente privati della pelle il resto conservare per la guarnizione. Emulsionare con una frusta 30 g l’olio e l’aceto, salare e condire le zucchine. Mettere al lato dei piatti la crema di patate e adagiare sopra il polpo. Di fianco sistemare le zucchine e guarnire con gli spicchi d’arancia.
MOSTACCIOLI
di Francesca Bozzelli, ass.ne cuochi Valle del Sangro Ingredienti: per la pasta: 200 g miele millefiori, 200 g mandorle con buccia e tostate, 20 g ammoniaca, 2 uova, 50 g d’olio extravergine d’oliva, 700 g di farina 00, buccia di 1 limone grattugiata, ½ stecca di cannella macinata. Per la glassa: 250 g di zucchero, 500 g d’acqua, 75 g cacao dolce, 35 g cacao amaro. Per la guarnizione: zucchero a velo, rose in pastigliaccio. Per la pasta: impastare la farina con tutti gli ingredienti e lasciare riposare per 3 ore. Stendere l’impasto allo spessore di 1 cm, ricavare dei piccoli rettangoli, metterli in una teglia con carta forno, cuocere a 170° per circa 10 minuti e lasciare raffreddare. Per la glassa: cuocere tutti gli ingredienti a fuoco basso, girare continuamente con la frusta, fino ad ottenere un composto a filo. Glassare i dolci, far raffreddare e servire mettendone 6 al centro di ogni piatto, spolverare con zucchero a velo e guarnire con delle rose di pastigliaccio.
C COME NEWS
“Le vie dell’asino”
Slow Food premia le birre abruzzesi…
…e gli oli extravergini
Le vie dell’asino sono infinite… il raduno nazionale di operatori con asini si terrà dal 15 al 19 settembre ad Introdacqua (Aq). Sono previste attività sociali, didattiche, turistiche e ludiche. Si comincia con una lunga passeggiata sul Monte Genzana il 15 e il 16 settembre con tanto di benedizione degli asini, mentre la mattina del 17 il centro Asinomania sarà aperto alle scuole in visita, con attività di contatto con gli asini, animazioni musicali e teatrali. Il pomeriggio di sabato 18 un convegno tratterà del ruolo dell’asino nei nuovi orientamenti sociali, mentre la mattina successiva una tavola rotonda tratterà del ruolo dell’asino in progetti di ecoeconomia. La giornata di domenica in particolare sarà aperta al pubblico. Durante le giornate di sabato e domenica presso l’asineria si effettueranno attività inerenti all’asino ed all’avvicinamento, laboratori per bambini con materiale riciclato e merenda offerta da alcune ditte nostre sostenitrici. Organizzazione logistica offerta dal coordinamento nazionale degli asinari Associazione L’Asino. Tutte le informazioni su www. asinomania.com
Trecento microbirrifici visitati, 179 produttori selezionati, oltre mille birre elencate, 629 assaggiate e valutate, 55 riconoscimenti attribuiti: alla realizzazione de “La Guida alle Birre d’Italia 2011” di Slow Food hanno partecipato più di quaranta collaboratori che al termine delle degustazioni hanno attribuito le Cinque Stelle, simbolo sinonimo di eccellenza, a 55 birre. «Sicuramente possiamo affermare che il quadro generale è più che positivo, il mondo della birra artigianale è in grande espansione: cresce il numero di aziende che consolidano dimensione e importanza e i prodotti guadagnano in stabilità» conferma il curatore Luca Giaccone. Sono quattro le birre abruzzesi ad aggiudicarsi le cinque stelle: la Bianca Piperita e la 10 e Lode di Opperbacco, Notaresco (Te); la Blanche du Valerie e la Maxima di Almond ’22, Spoltore (Pe). Un’altra novità dell’edizione 2011 è la chiocciolina simbolo di Slow Food posta a fianco di alcuni birrifici, per contraddistinguere quelle aziende più vicine ai temi dell’associazione, attente alle tematiche ambientali, e per quanto possibile sensibili alla territorialità.
Sono state 42 le aziende abruzzesi selezionate per la Guida agli extravergini di Slow Food 2010. Tra di loro, i frantoi Ranieri Alfredo e il Santabarbara hanno ricevuto le tre olive (il primo con l’olio extravergine d’oliva Dop pescarese, il secondo con il Donna Ludovica da agricoltura biologica), mentre in quattro hanno ricevuto il titolo di “extravergini dell’emozione”. Parliamo del Frantoio Montecchia con l’olio extravergine di oliva Numero 22 e il Classico Montecchia; di La Selvotta per il suo olio extravergine di oliva monovarietale I 77 La Selvotta; della Tenuta Zimarino Masseria Don Vincenzo per l’olio extravergine di oliva monovarietale ascolana Per Liliana; e del Trappeto di Caprafico, per l’olio extravergine di oliva dop Colline Teatine Trappeto di Caprafico da Agricoltura Biologica. A fronte di una produzione inalterata, l’Abruzzo denota quest’anno una qualità diversificata, privilegiando le coltivazioni di media e alta collina nonché le varietà tardive, e – un dato interessante – l’affacciarsi di una folta schiera di giovani produttori. Sempre più numerosi i monovarietali, sia gli autoctoni.
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C COME NEWS
Vino al comando
Citra: un premio dal Giappone
Valle Reale candidata all’Oscar
Negli ultimi mesi ci sono stati dei cambi al vertice di alcuni consorzi e associazioni e siamo orgogliosi di notare che questi posti sono stati assegnati a uomini e a donne del vino. A capo di Confindustria della provincia di Pescara c’è infatti da giugno scorso Enrico Marramiero, 43 anni, e vi rimarrà fino al 2014: sostituirà Mauro Angelucci, che è passato a presiedere Confindustria Abruzzo. Da maggio anche Marcello Zaccagnini è un neo-presidente: sarà alla guida del Consorzio Fidi (Confidi) Abruzzo fino al 2013, in un periodo di crisi in cui è estremamente importante supportare le piccole e medie imprese nella gestione dei loro rapporti col sistema bancario ed assistendole anche nella ricerca del giusto finanziamento. La 32enne Chiara Ciavolich, infine, è da pochi mesi presidente della federazione provinciale Coldiretti Pescara, già presieduta a livello regionale da Domenico Pasetti. L’elezione di Chiara Ciavolich, voluta all’unanimità, segna l’uscita da un lungo periodo di commissariamento per la federazione pescarese. A tutti e tre, C come in bocca al lupo!
I risultati ufficiali del tredicesimo Japan Wine Challenge, concorso enologico internazionale più rilevante e di interesse dell’estremo oriente ed in modo particolare per l’area nipponica-asiatica, parlano chiaro: fra oltre 1500 vini provenienti da oltre 30 diverse nazioni il “Lavs Vitae” Montepulciano d’Abruzzo DOC 2005 ha conquistato la medaglia d’oro. La commissione degustatrice composta da autorevoli sommelier, wine-maker, opinion-leader e giornalisti internazionali ha premiato con la medaglia d’oro ha assegnato lo stesso premio solo ad altre cinque etichette italiane. «Per il tutto il mondo vitivinicolo abruzzese – sottolinea il presidente del consorzio Citra, Sebastiano Porello – è una grande soddisfazione veder premiato un Montepulciano, emblema del nostro territorio. Questo traguardo rappresenta una grande opportunità per far conoscere ad un ampio ed internazionale target di consumatori l’alta qualità dei prodotti abruzzesi». Il Premio giapponese si aggiunge ad altri cinque premi provenienti dall’estero conseguiti solo nel primo semestre del 2010.
Non lo ha conquistato, ma è stata l’unica candidata abruzzese all’Oscar del vino 2010. L’azienda Valle Reale di Popoli è stata ad un soffio dal vedersi riconoscere come miglior produttore dell’anno per il Montepulciano d’Abruzzo San Calisto 2006, premiato con i tre bicchieri plus da Gambero rosso e cinque Grappoli dell’Ais. L’altra candidata era la Gianni Gagliardo di La Morra (Cuneo), ma l’Oscar è stato infine consegnato alla Cecchi di Castellina in Chianti (Siena). Già entrare nella rosa dei finalisti è stata comunque una grande soddisfazione. «Questa candidatura – dichiara Leonardo Pizzolo, titolare dell’azienda Valle Reale – è arrivata solo dopo nove vendemmie e ha gratificato il lavoro svolto da un gruppo di persone appassionate che difende una mentalità nel modo di fare le cose, tra i parchi d’Abruzzo, in un piccolo angolo di paradiso, con un vigneto straordinario, sotto gli occhi vigili dei lupi».
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C COME CONTROEDITORIALE
di Daniele Di Vittorio, direttore marketing “C come magazine”
“QUALITÀ ABRUZZO”: CHE SIA LA VOLTA BUONA! I ristoratori ci riprovano Risorge dalle sue ceneri “Qualità Abruzzo”!!! L’associazione di ristoratori nata per volontà della Regione Abruzzo alcuni anni fa e scomparsa tra luci e ombre nel tempo torna a far parlare di sé. È di questi giorni la notizia che l’associazione ricomincerà (o comincerà) a muoversi per promuovere l’enogastronomia della regione Abruzzo, il suo territorio, le sue materie prime. Il neo presidente Andrea Beccaceci spiega nella sua pagina Facebook: «Non eravamo morti, ci sono state delle difficoltà, certo non le neghiamo, il nostro essere nati con un’etichettatura politica non ci ha aiutato, noi abbiamo contribuito con il nostro lassismo e gli eventi creati, sono stati pochi o nulla». Ed ancora: «Allora perché riproporsi? Perché comunque in questo periodo il circuito di 7 ristoranti per certi versi ha funzionato: siamo riusciti a muovere ed a scambiare le nostre clientele e i contatti fra di noi hanno portato, sicuramente per me ma penso per tutti, crescita sia professionale sia di fatturato “gourmet”». Oltre ad Andrea Beccaceci il direttivo è formato dal pasticcere Fabrizio Camplone (vicepresidente), da Peppino Tinari del Villa Majella di Guardiagrele (tesoriere) e da Lanfranco Centofanti e Luca Panunzio (di, rispettivamente, L’angolo d’Abruzzo a Carsoli e Locanda Manthonè a Pescara). Gli altri associati sono gli chef di Hostaria L’Arca e di Mediterraneo di Alba Adriatica, de La Bandiera e de Il Ritrovo d’Abruzzo di Civitella Casanova, di Elodia a Camarda, de La Conchiglia d’oro a Pineto, de L’Angolino da Filippo a San Vito Chietino e il pasticcere Angelo Di Masso del Pan dell’Orso di Scanno. La realtà è che l’associazione era nata con grandi ambizioni, obiettivi (e contributi pubblici) che però non è riuscita a raggiungere per la mancanza di una strategia chiara e lungimirante. Il timore è che tale fallimento si possa ripetere ancora. L’assenza degli unici ristoranti stellati Michelin
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presenti in Abruzzo (Reale e Cafè Les Paillottes) ci lascia un pochino perplessi. Nonostante siano entrati altri bravissimi ristoratori e due pasticcieri di grande livello manca Emanuele Forcone, campione italiano e prossimo partecipante ai campionati del mondo di pasticceria. Certo in molti tra gli addetti del settore (e anche non addetti) restano a guardare in che modo la “fenice” risorgerà dalle ceneri e come si organizzerà in futuro. La nostra sensazione è che abbiano paura di far parte di un altro fallimento, ma che allo stesso tempo siano curiosi: avvertono la necessità di appartenenza e di fare rete ma hanno bisogno di essere certi che le cose girino per il verso giusto. E cosa fare per avere successo? Innanzitutto bisogna avere regole chiare e uguali per tutti: entrare a far parte di qualità Abruzzo non deve essere un privilegio per pochi ma un diritto per tutti. Lo statuto dovrebbe prevedere un disciplinare in cui siano elencati i requisiti necessari per chi voglia entrare: in questo modo si garantiscono la veridicità e l’affidabilità dell’associazione. In secondo luogo si dovrebbe dare un’occhiata a cosa succede nelle altre regioni: abbiamo un esempio di successo appena un po’ più a nord con il “Consorzio dei Cuochi di Marca”, che già da alcuni anni promuove nel mondo la cucina e i prodotti marchigiani con vere e proprie azioni di marketing territoriale. E poi, calendario alla mano, si dovrebbero analizzare e organizzare una serie di eventi e manifestazioni, a cui fare in modo di presenziare, sia in regione sia fuori, dando per scontato che ad ogni evento sia data un’adeguata copertura mediatica che comunichi l’operato dell’associazione e non solo dei singoli ristoratori/chef. C come Magazine non può che augurarsi che un’associazione come “Qualità Abruzzo” raggiunga tutti i suoi obiettivi , portando sempre più in alto la cultura enogastronomica abruzzese.