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comeMagazine
ANNO 4 - NUMERO 23 - FEBBRAIO / MARZO 2012
LA CULTURA ENOGASTRONOMICA ABRUZZESE IN UN FREEPRESS
c come
Inserto Consorzio Colline Teramane
Speciale Under 30
Fratelli Di Tillio
Una tutela per l’unica Docg d’Abruzzo
I giovani ristoratori, maîtres e produttori abruzzesi
Cristian e Mirko stupiscono a Civitella Casanova
Colline Teramane l’unico Montepulciano d’Abruzzo Garantito A Nord del nostro bell’Abruzzo si estende per quasi duemila chilometri quadrati la culla della cucina regionale, la provincia di Teramo. Per la maggior parte costituita da superficie collinare, la provincia di Teramo non vanta solo l’aver visto nascere alcuni dei piatti più imitati della cucina abruzzese, ma anche il riconoscimento, nel 2003, dell’ambita docg per il Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane. Cosa significa? Che il Montepulciano d’Abruzzo prodotto nel distretto delle Colline Teramane, e cioè da Controguerra a Colonnella, da S. Omero ad Ancarano, da Notaresco a Morro d’Oro e ad Atri ha una denominazione di origine controllata e garantita, ascritta al territorio provinciale, e che vede riunito nel Consorzio di Tutela delle Colline Teramane il 90% della produzione totale di questa docg. COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE / FOTO SPAZIODIPAOLO.IT
Veduta dell’Azienda Sanlorenzo / Castilenti
«Nel Consorzio di Tutela delle Colline Teramane è riunito il 90% della produzione totale del Montepulciano d’Abruzzo docg»
c come inserto / colline teramane
Oltre 73 consorziati per circa 35 etichette si radunano
Elementi salienti del disciplinare del docg Colline
infatti da dieci anni sotto il nome del Consorzio di
Teramane sono il divieto, per i nuovi impianti,
Tutela, con il primo fine di tutelare e garantire la
dell’allevamento
qualità di quella che ad oggi è l’unica docg esistente
vinificazione all’interno della zona di produzione,
in Abruzzo e che conta la produzione di quasi un
l’affinamento minimo di 6 mesi in legno e 6 mesi in
milione di bottiglie l’anno: un prodotto che per ora
bottiglia, e l’immissione sul mercato non prima di
è di nicchia, ma che ha enormi potenzialità per far
2 anni per il Montepulciano d’Abruzzo docg e di 3
innamorare chi dal Montepulciano doc è stato già
anni per la versione Riserva. Lungo in bocca, pieno
conquistato.
e vigoroso, ma morbido, rotondo e sontuoso allo
a
tendone,
l’obbligo
della
stesso tempo, il Montepulciano d’Abruzzo docg
«Il Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg si presenta con la concentrazione delle migliori qualità del Montepulciano d’Abruzzo doc – spiega il presidente del Consorzio, Alessandro Nicodemi – ed è regolamentato da un rigido disciplinare che noi del Consorzio abbiamo reso ancora più severo in questi anni. Una delle nostre prime azioni è stata infatti quella di allinearci ai disciplinari delle grandi docg italiane, quali il Chianti Classico, il Barolo o il Brunello di Montalcino, rapportando la resa (non superiore ai 95 quintali) non più all’ettaro ma al numero dei ceppi per ettaro».
Colline Teramane concentra e amplifica tutte le qualità del Montepulciano d’Abruzzo doc. Tutto il distretto delle Colline Teramane presenta una particolare struttura del terreno e un microclima favorevole che hanno favorito la produzione di questo vino: un progetto di zonizzazione durato tre anni e condotto dal Consorzio di Tutela insieme all’Università di Teramo ha comprovato scientificamente una vocazione
territoriale
vitivinicola di eccellenza. Il Montepulciano docg Colline Teramane che viene prodotto si adatta bene all’invecchiamento ed ha sensazioni organolettiche peculiari: è di colore rosso rubino intenso, con lievi sfumature violacee, profumo caratteristico, etereo,
intenso. Il sapore è asciutto, pieno, robusto ma
docg non va affatto a sostituire, ma solo ad affiancare
armonico e vellutato, i sentori sono quelli della frutta
ed arricchire».
rossa matura e delle spezie. Un grande vino che trova ideale abbinamento con carni rosse grigliate,
L’impegno del Consorzio è diventare un vero
sughi importanti e formaggi stagionati.
modello di efficace opera di garanzia, tutela e promozione soprattutto per tutti gli appassionati e
«Uno dei primari obiettivi del Consorzio – continua Alessandro Nicodemi – non è solo tutelare le aziende, i produttori ed i viticoltori, ma tutti i consumatori che vogliono apprezzare e sostenere questo ambizioso percorso volto ad esaltare le specificità e la riconoscibilità dei nostri vini. Ecco perché i nostri interventi di comunicazione sono sempre diretti ad un pubblico mirato, come abbiamo fatto lo scorso gennaio affiancandoci all’associazione Qualità Abruzzo in un evento svoltosi in Val Badia, in occasione della Chef’s Cup. Sono stati offerti in degustazione i nostri vini ad ospiti selezionati e attenti, che già conoscevano i nostri altri vitigni principi del Teramano e dell’Abruzzo in generale: dalle doc Montepulciano, Cerasuolo e Trebbiano d’Abruzzo, al Controguerra doc e Pecorino igt. Un’offerta assai vasta e di qualità che il Montepulciano d’Abruzzo
gli operatori del mondo del vino, ai quali il lavoro
L’appuntamento con tutti è perciò al Vinitaly 2012, come di consueto nel
è rivolto.
padiglione Abruzzo, in attesa che la riconoscibilità del marchio Colline Teramane, uno splendido Sole ripreso dalla tradizione della ceramica di Castelli, si consolidi e diventi sempre più spesso sinonimo di garanzia, ma soprattutto di riconoscibilità di una forte identità ed autenticità territoriale.
Veduta dell’Azienda Cerulli Spinozzi / Canzano
Veduta dell’Azienda Camillo Montori / Controguerra
8
MARCHE
6
18 5 COLONNELLA
MARTINSICURO
CONTROGUERRA 13 19 28 29
12 ANCARANO
S.EGIDIO ALLA VIBRATA
CORROPOLI 20 21
11
TORTORETO
TORANO NUOVO 4 7 23 24
MARE ADRIATICO
14 15
GIULIANOVA
LA GA
BELLANTE 2
DE LL
A
25 NEPEZZANO
16 27
M
ON
TI
22 31 NOTARESCO
TERAMO
ROSETO DEGLI ABRUZZI 17 MORRO D’ORO
10 CANZANO
PROVINCIA DI TERAMO
1
9 CASOLI DI ATRI
PINETO ATRI 3
30
SILVI CASTILENTI 26
PROVINCIA DELL’ AQUILA
PROVINCIA DI TERAMO
PROVINCIA DI PESCARA MONTEPULCIANO D’ABRUZZO D.O.C.G.
1 Anfra / PINETO 2 Arte Vino / BELLANTE
17 Vini La Quercia / MORRO D’ORO 18 Azienda Vitivinicola Lepore / COLONNELLA
3 Azienda Agricola Ausonia / ATRI 4 Barone Cornacchia / TORANO NUOVO
19 Az. Agr. Lidia e Amato / CONTROGUERRA 20 Azienda Agricola Vinicola Marcocelli Giuseppe / CORROPOLI
5 Azienda Agricola Biagi / COLONNELLA 6 Cantina sociale Colonnella / COLONNELLA
21 Az. Agricola Camillo Montori / CORROPOLI 22 Fattoria Bruno Nicodemi / NOTARESCO
7 Cantine Torri / TORANO NUOVO 8 Casalìa Az.Agr. Edda Marozzi / MARTINSICURO
23 Azienda Agricola Bio “Emidio Pepe” / TORANO NUOVO 24 Azienda Agri-bio-vitivinicola Pepe Stefania / TORANO NUOVO
9 Az. Agricola Centorame / CASOLI DI ATRI
25 Procacci Francesco / NEPEZZANO
10 Cerulli Irelli Spinozzi / CANZANO 11 Società Agricola Collebello / TORTORETO
26 Azienda Agricola San Lorenzo / CASTILENTI 27 Azienda Agricola Orlandi Contucci Ponno / ROSETO
12 Cordoni Giuseppe / ANCARANO
28 Tenuta Torretta di Cori Biagio / CONTROGUERRA
13 Az. vitivinicola biologica De Angelis Corvi / CONTROGUERRA
29 Az. vitivinicola biologica De Angelis Corvi / CONTROGUERRA
14 I vini di Ferruccio / GIULIANOVA
30 Tenute Barone di Valforte / SILVI
15 Faraone Azienda Agricola / GIULIANOVA
31 Villa Cervia / NOTARESCO
16 Farnese Vini srl / ROSETO
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1
Anfra
Pineto, tel: (+39) 347.1154504 / anfra.it
La proprietà dove oggi sorge la cantina è stata acquistata nel 1968: subito dopo è iniziata la piantumazione dei vigneti, le cui uve sono state per alcuni anni conferite alle cantine cooperative dei dintorni. Nel 1997 è iniziata la vinificazione di uve Montepulciano d’Abruzzo e Trebbiano d’Abruzzo; del 2002 è la loro prima bottiglia.La docg: “Reilla” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg. Affina in barriques e bottiglia. Si narra che un grande guerriero longobardo al servizio di re Cuniperto si ferì cadendo da cavallo alle sorgenti del Volturno, si sia curato con le acque e i fanghi di un rigagnolo proveniente dalle sorgenti delle terre scavate di Atri (oggi calanchi) e abbia chiamato quel rigagnolo “Res Illa”: “quella cosa” che l’aveva guarito. Il rigagnolo ancora oggi porta il nome di Reilla.
2
Arte Vino
Bellante, tel: (+39) 0861.610749 7 / www.artevinodibonaventura.it
L’azienda è nata nel 2001 e si estende per 36 ettari di cui circa 6 ettari di vigneto, in cui sono coltivati Montepulciano d’Abruzzo e Trebbiano d’Abruzzo. La docg: “Don Mimì” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg. Per la sua produzione sono coltivati 2 ettari a spalliera. Prodotto con il 100% di uve Montepulciano raccolte a mano, viene fatto fermentare in vasche di acciaio a temperatura controllata. Affinato in barriques per 12 mesi e successivamente in bottiglia per 6 mesi.
3
Azienda Agricola Ausonia
Atri, tel: (+39) 340.2329860 / www.ausoniavini.it
Nasce nel 2005 come azienda viticola, dopo circa cinque anni viene realizzata anche la Cantina: del 2011 è la prima vinificazione. L’azienda si trova nel Comune di Atri, a circa 300 metri s.l.m.; ha un’estensione di 20 ettari, con 10 ettari di vite così suddivisa: 2,5 ha Pecorino, 3 ettari Trebbiano, 4,5 ettari Montepulciano, di cui 1 ettaro destinato a D.O.C.G. In lavorazione, la prima bottiglia uscirà nel 2013, dopo un affinamento in botte grande e bottiglia.
4
Barone Cornacchia
Torano Nuovo, tel: (+39) 0861.887412 / www.baronecornacchia.it
Le proprietà dell’azienda agricola Barone Cornacchia sono quanto resta di vasti feudi originariamente concessi dal Re di Napoli alla famiglia Cornacchia, insieme al titolo baronale, intorno a i primi anni del 1500. L’azienda consta di 60 ettari, di cui 42 a vigneto. I vitigni principali sono Montepulciano d’Abruzzo doc, Trebbiano d’Abruzzo doc, Passerina, Pecorino, Cabernet e Merlot. La docg: Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg “Vizzarro”. Il suo nome viene dal’antenato Barone Filippo Maria Vizzaro Cornacchia, che per primo, agli inizi del 1900, introdusse il Montepulciano nei vigneti. Doppio passaggio: botti grandi da 30 HL di rovere di Slavonia e in barriques in rovere americano per 3 anni. Criomacerazione per 7 gg. Tipicità del vitigno di provenienza.
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5
Azienda Agricola Biagi
Colonnella, tel: (+39) 0861/714066 / www.aziendaagricolabiagi.it
Il percorso lavorativo dell’Azienda Agricola Biagi affonda le sue radici da oltre mezzo secolo, delineando così un quadro storico che parte già dalla passione familiare. L’interesse di fare il buon vino è nato da nonno Giovanni Biagi, che circa negli anni 40 amava farlo con tecniche tradizionali. A trainare la sua immagine è stato il figlio Mariano. Nel 2006 gli eredi fratelli Fabrizio e Luca Biagi uno specializzato in frutticoltura e l’altro in enologia, hanno realizzato una nuova struttura. Oggi l’azienda conta 30 ettari totali di cui 20 di vigneto con Trebbiano d’Abruzzo, Montepulciano d’Abruzzo, Passerina e pecorino e 1 ettaro a Montepulciano docg colline Teramane La docg: “Matteobiagi”: affinamento per 2 anni in piccole botti da 225 lt. di rovere francese e 6 mesi in bottiglia.
6
Cantina sociale Colonnella
Colonnella, tel: (+39) 0861/714777 / www.cantinacolonnella.it
Nel 1971, per opera di un piccolo gruppo di coltivatori, nasce la Cantina Sociale Colonnella, che oggi è una realtà con più di 300 soci che le conferiscono uve provenienti da circa 400 ettari sulle dolci e assolate colline della Val Vibrata. I vitigni sono quelli classici del Trebbiano e del Montepulciano d’Abruzzo, della Passerina e della Malvasia, ai quali si sono aggiunti i vigneti a bacca rossa di Merlot, Cabertnet Sauvignon e Pinot nero e quelli a bacca bianca di Chardonnay e Riesling. La docg: “Barocco” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg Riserva. Tremila ceppi per ettaro, resa per ettaro 95 quintali (allevamento a spalliera). Vinificazione con macerazione della vinaccia di 7/8 gg per l’estrazione dei polifenoli; separazione del mosto fiore del torchiato; fermentazione a temperatura controllata e separazione statica della feccia con frequenti travasi durante il periodo invernale e primaverile. Invecchiamento 3 anni presso il produttore, durante i quali deve passare un anno in botti di rovere e sei mesi in bottiglia.
7
Cantine Torri
Torano Nuovo, Tel/fax: (+39) 0861/887818 / www.cantinetorri.it
I vigneti della Cantina Torri, attiva dal 1966, si estendono per 60 ettari nei comuni di Colonnella, Controguerra, Torano ed Ancarano, dai 100 ai 300 metri sul livello del mare. I suoi vigneti identificano un’infinita varietà di profumi. Le docg: “Paride Riserva 2004” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg e “Priapo 2004” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg. Maturano per 2 anni in botti di rovere e poi vengono affinati in bottiglia almeno 6 mesi. Hanno un colore rosso rubino, intenso con riflessi granato con l’invecchiamento. Al naso risultano floreali e fruttati oltre che speziato. Si abbina con i classici piatti ricchi di sapori e condimenti della cucina abruzzese e con tutte le carni rosse, di agnello, capretto, cacciagione e grigliate. Servire a temperatura ambiente.
8
Casalìa Az.Agr. Edda Marozzi
Martinsicuro, tel: (+39) 0861/797782 / www.prodottibiologicicasalia.it
L’azienda conta 21 ettari, di cui 3,50 a vigneto e 0,50 a docg. È nata nel 1945 ed è coltivata in biologico da oltre 15 anni. Il punto vendita e la cantina sono stati di recente ristrutturati secondo i principi di casaclima, ossia autonomi grazie all’uso di energie rinnovabili. La docg: “M.A.N.” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg. Le rese per ettaro sono inferiori rispetto al disciplinare di produzione, la fermentazione è in acciaio a temperatura controllata, invecchiamento in tonneau per 12-14 mesi, affinamento in acciaio e poi bottiglia per ulteriori 12 mesi
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9
Azienda Agricola Centorame
Casoli di Atri, tel/fax: (+39) 085/8709115 / www.centorame.it
Nasce nel 1987 come azienda agricola e del 2002 è il primo anno di produzione con il subentro del figlio. Vannucci Lamberto. Conta 20 ettari di coltivazione, di cui 10 a vigneto di Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo e Pecorino, e 3 coltivati a docg. La docg: “Castellum Vetus” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg. Affinato per 15 mesi in barrique e un anno in bottiglia. Fermentazione in acciaio e lunga macerazione delle bucce 40 giorni. Barrique di legni francesi di primo e secondo passaggio.
10
Cerulli Irelli Spinozzi
Canzano, tel: (+39) 0861/57193 / www.cerullispinozzi.it
L’azienda è la fusione tra due antiche proprietà: quella della famiglia Spinozzi, di ceppo feudale, e quella della famiglia Cerulli Irelli, i cui vini furono offerti al banchetto in onore del re Vittorio Emanuele II al tempo dell’Unità d’Italia. Il rapporto strettissimo con il territorio si riflette nelle tre doc Montepulciano d’Abruzzo, Trebbiano d’Abruzzo e Montepulciano Cerasuolo d’Abruzzo, più lo Chardonnay e la Riserva di Montepulciano d’Abruzzo “Colline teramane” docg. Dagli anni ‘80 l’azienda produce unicamente con metodo biologico. La docg: Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg “Torre Migliori“. Dopo un’accurata selezione in vigna dei grappoli migliori, le uve destinate a questo vino di pregio vengono trasportate in cantina in piccoli carri e pigiate sofficemente. La fermentazione avviene in acciaio a temperatura controllata: il mosto resta con le bucce per 15-20 giorni. A marzo viene trasferito in botti di rovere francese da 500 litri (vicard, treuil) e botti tonde di tradizione italiana da 15 e 25 hl dove matura per 12 mesi. Imbottigliato, resta in affinamento per almeno sei mesi.
11
Società Agricola Collebello
Tortoreto, tel: (+39) 0861/501032 / www.cantinemarano.it
L’azienda è nata nel 1976 e dal 2006 vinifica ed imbottiglia in proprio con la coltivazione biologica delle uve dal 2000. La Tenuta è situata sulla colline di Tortoreto e si estende per circa 22 ettari, di cui oltre 18 di superficie vitata con spiccata prevalenza del Montepulciano (circa 9 ettari), Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg (3 ettari) con la coltivazione del Trebbiano (circa 3 ettari) del Pecorino (circa 1 ettaro) ed altri. La docg: “Polifemo” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg. Macerazione in vinificatori di acciaio di piccole dimensioni per una durata di 14/16 giorni con rimontaggi programmati del mosto; la fermentazione alcolica ha una durata di 8/10 giorni ed avviene ad una temperatura controllata di 28 °. Dopo la fermentazione il vino riposa per almeno 18 mesi in barrique di rovere francese.
12
Cordoni Giuseppe
Ancarano, tel/fax: (+39) 0861/86186 / www.vinicordoni.it
Nata nel 1960, l’azienda Cordoni da tre generazioni coltiva con passione la propria terra (circa 15 ettari) sempre nel rispetto della tradizione. Tra gli 8 ettari di vigneto si riconoscono solo vitigni autoctoni quali Trebbiano, Pecorino e Montepulciano d’Abruzzo (docg circa 1 ettaro). La docg: “Pregio” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg Riserva. Le uve Montepulciano, sapientemente coltivate, conferiscono al “Pregio” una sua naturale austerità; la maturazione in legno e l’affinamento in vetro fanno il resto. Un bouquet intrigante, complesso, persistente per un vino che sa essere potente senza essere invadente.
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Azienda vitivinicola biologica De Angelis Corvi Controguerra, tel: (+39) 0861/89475 / www.deangeliscorvi.it
La famiglia De Angelis Corvi ha sempre avuto tradizioni vitivinicole e già negli anni ‘60 produceva e imbottigliava vino nella cantina di Ascoli Piceno. Nel 2002 Corrado De Angelis Corvi ha voluto rinnovare le tradizioni vitivinicole della sua famiglia realizzando con scelte coraggiose e innovative la cantina annessa al vecchio fabbricato rurale che oggi è sede dell’azienda, grande circa 15 ettari di cui 8 coltivati a vigneto. La docg: “Elevito” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg Riserva. Per produrre il Montepulciano docg vengono utilizzate le uve provenienti dal vigneto impiantato, recuperando il clone di un vecchio vigneto di Montepulciano per mantenere le caratteristiche e le tipicità del territorio, con successivo affinamento in barriques di rovere francese.
14
I vini di Ferruccio
Giulianova, ivinidiferruccio.wordpress.com
Nell’agro del comune di Giulianova, in Abruzzo, in un territorio ad alta vocazione vitivinicola, la famiglia Di Giovanpietro da diverse generazioni si dedica alla coltivazione della vite ed alla produzione di vini (Montepulciano, Trebbiano, Passerina e Pecorino). La docg: “Cardinale” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg. Le uve del vitigno Montepulciano d’Abruzzo coltivate all’interno di un’area ristretta della nostra azienda, in vigneti a bassa resa e seguendo il percorso dell’agricoltura biologica danno vita a questo vino. L’affinamento viene effettuato in grandi botti di rovere prima e in bottiglie poi.
15
Faraone Azienda Agricola
Giulianova, tel: (+39) 085/8071804 www.faraonevini.it
Anno primo imbottigliamento - 1970. Su nove ettari interamente di proprietà si coltivano Montepulciano, Sangiovese, Passerina e Pecorino uve esclusivamente autoctone. La docg: “Santa Maria dell’Arco“ Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg. La docg è coltivata su 1,5 ettari. Il vino è fermentato in recipienti di acciaio, passa in botti di legno da 30.00 ettolitri la primavera successiva per un periodo di affinamento di 4/5 anni.
16
Farnese Vini srl
Ortona, tel: (+39) 085/9067388 / www.farnesevini.com
Nel maggio 2003 sono stati rilevati gli impianti della gloriosa cantina Casal Thaulero (fondata nel 1994), dislocati su oltre 50.000 metri quadri di cui 13.000 coperti. Questa è diventata la centrale operativa delle vinificazioni di qualità di Farnese Vini, situata nel cuore della zona di produzione della nuova denominazione “Colline Teramane”. Dalla vendemmia 2004 sono entrate in funzione le nuovissime linee di vinificazione; per le fasi di invecchiamento ci sono oltre 1700 barriques di pregiati legni francesi o americani che vengono usate al massimo per 3 anni, e 50 botti di rovere di Slavonia da 25 o 50 hl. Le docg: “Farnese” Montepulciano D’Abruzzo Colline Teramane docg e “Opi” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg Riserva. Vinificazione di “Farnese”: pigiodiraspatura soffice, macerazionefermentazione per 20 giorni. Invecchiamento in botti di legno di grosse dimensioni (50 hl) per oltre un anno e affinamento in bottiglia per 6 mesi. Vinificazione di “Opi”: pigiodiraspatura soffice, macerazionefermentazione per 25 giorni. Fermentazione malolattica in barrique e affinamento per 24 mesi.
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Vini La Quercia
Morro d’Oro, tel: (+39) 085/8959110 / www.vinilaquercia.it
Fondata nel 1968 da un precedente proprietario, l’azienda agricola La Quercia è stata rilevata da quattro giovani soci, di cui un enologo ed un enotecnico. Oggi coltiva circa 15 ettari di vigneto, di cui più di 6 a docg Colline Teramane. Pur essendo un’azienda di piccole dimensioni, esporta i suoi vini in tutto il mondo. Le docg: “Primamadre” Montepulciano D’Abruzzo Colline Teramane docg e “Mastrobono” Montepulciano D’Abruzzo Colline Teramane docg Riserva. “Primamadre”: tre anni di invecchiamento, di cui 1 in botti di legno e oltre 6 mesi di affinamento in bottiglia. “Mastrobono”: tre anni di invecchiamento, di cui 2 in botti di legno e oltre 6 mesi di affinamento in bottiglia.
18
Azienda Vitivinicola Lepore
Colonnella, tel/fax: (+39) 0861/70860 / www.vinilepore.it
L’azienda Vitivinicola Lepore, fondata nel 1992, lavora su 43 ettari di vigenti di proprietà di Montepulciano d’Abruzzo, Trebbiano d’Abruzzo e Passerina. La produzione è completamente registrata a Doc. e docg e comprende Montepulciano d’Abruzzo D.O.C. e docg, delle Colline Teramane in diverse Riserve, Montepulciano d’Abruzzo Cerasuolo doc, Trebbiano d’Abruzzo doc e Controguerra Passerina doc. Le docg: “Re” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg e “Riserva Luigi Lepore” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane DOCG. Il “Re” fermenta nei tini di legno e passa successivamente per 1215 mesi nelle nuove barrique francesi di rovere, viene imbottigliato e resta in bottiglia per l’affinamento per altri 12 mesi. Anche la “Riserva Luigi Lepore” fermenta nei tini di legno, ma poi passa nelle grandi botti di rovere austriaca da 50 hl per minimo 24 mesi: solo alla fine di questo processo si imbottiglia e si lascia ad affinare per minimo 12 mesi in bottiglia.
19
Az. Agr. Lidia e Amato
Controguerra, tel: (+39) 0861/817014 / www.lidiaeamatoviticoltori.com
L’azienda nasce nel 2005, però ha vigne di Montepulciano d’Abruzzo di 45 anni con un clono antico (Montepulcianino) conservato di generazione in generazione. Come il vecchio motto: il futuro ha radici antiche. Gli ettari vitati sono 13: Pecorino (1,5), Passerina (1,70), Trebbiano (3,50), Montepulciano d’Abruzzo (2,70), Controguerra rosso (1,1). Le docg: “Riccardo” Montepulciano Colline Teramane docg e “Amato” Montepulciano Colline Teramane docg Riserva. Il Montepulciano d’Abruzzo docg è coltivato su 2 ettari e mezzo. La docg “Riccardo” ha 18 mesi di affinamento in botte di rovere di Slavonia da 25 hl e barrique. La docg riserva “Amato” ha un ulteriore affinamento di 12 mesi in tonneau da 5 hl.
20
Azienda Agricola Vinicola Marcocelli Giuseppe Corropoli, tel. e fax: (+39) 0861/82958 / www.marcocelli.it
L’azienda è stata fondata negli anni ‘30 dai nonni paterni con produzione di olio; nel 1970 passa ai genitori di Giuseppe che producono uva, frutta e olio. Dal 1996 passa alla guida il giovane Giuseppe, che apre al pubblico la vendita dei vini. Oggi sono coltivati in totale 13 ettari, tra cui 6 ettari a vigneto, i restanti coltivati con frutta, venduta direttamente in azienda. Il vitigno principale è il Montepulciano, tra cui il Montepulciano Colline Teramane docg (2 ettari). La docg: “Conte Ripoli” Montepulciano d’Abruzzo docg Colline Teramane. Viene fermentato in botti d’acciaio, invecchiato in botti da 30 hl di rovere di Slavonia per almeno 1 anno. Dopo un affinamento di 6 mesi in bottiglia viene commercializzato in Italia, Europa e Cina.
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Az. Agricola Camillo Montori
Corropoli, tel: (+39) 0861 809900 / www.montorivini.it
L’Azienda Montori è stata fondata nel 1960 e attualmente conta in totale circa 80 ha, di cui 50 ha coltivati esclusivamente a vigneto. Attualmente i vini docg vengono prodotti da vecchi vigneti con sistema di allevamento ad alberello posti nella zona di Controguerra. La docg: “Fonte cupa” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg Riserva 2006. Vino rappresentativo dell’Azienda Montori. Fermentazione con macerazione delle bucce per 10-15 giorni ad una temperatura di 20-30 °C. Svinatura e maturazione in acciaio. Invecchiamento in botti di rovere da 20 e 30 hl per 30 mesi. Affinamento in bottiglia per 6 mesi.
22
Fattoria Bruno Nicodemi
Notaresco, tel: (+39) 085/895 493 / www.nicodemi.com
Nel 1970 Bruno Nicodemi avvia alla viticultura di qualità i terreni di proprietà di famiglia da più generazioni. I figli Elena ed Alessandro dal 2000 conducono l’azienda sulle linee tracciate dal padre. Oggi i 30 ettari coltivati a vigneto appartengono alle zone della docg Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane, della doc Montepulciano d’Abruzzo e della doc Trebbiano d’Abruzzo. La docg: “Notàri” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg. Nasce dall’esperienza di ricerca e da una particolare selezione di uve Montepulciano: le uve sono selezionate da tre poderi con diverse giaciture, esposizioni ed età dei vigneti (25-30 anni). Più unici che rari, i cloni di queste vecchie vigne non sono più reperibili sul mercato. Prodotto per la prima volta con l’annata 2003, viene fermentato in acciaio e affinato in barrique e tonneaux per 12 mesi, poi prosegue il suo l’affinamento in bottiglia per 6 mesi prima della messa sul mercato.
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Azienda Agricola Bio “Emidio Pepe” Torano Nuovo, tel: (+39) 0861/856493 / www.emidiopepe.com
Nata nel 1899 per iniziativa di Emidio Pepe, nonno dell’attuale Emidio l’azienda agricola Bio “Emidio Pepe” è stata una delle prime aziende in regione a credere nelle potenzialità del Montepulciano d’Abruzzo. Le successive 5 generazioni hanno lavorato con passione e le ultime 3 lavorano oggi in collaborazione nei diversi settori dell’azienda, che produce vino di qualità nei suoi 12 ettari di Trebbiano, Montepulciano e Pecorino. Con l’esperienza cinquantennale di Emidio Pepe, nutrimento e lavorazione del terreno e potatura seguono scrupolosamente e da sempre le tecniche genuine dell’agricoltura Biologica e Biodinamica. Si passa alla maturazione in vasche di cemento e imbottigliamento a mano, mentre la docg rimane per qualche tempo nel legno.
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Azienda Agri-bio-vitivinicola Pepe Stefania
Torano Nuovo, tel: (+39) 0861/752022, 348/3933129 / www.montepulcianodabruzzo.it
La storia di Stefania inizia già nel 1970, quando a cinque anni voleva pigiare da sola l’uva nella Cantina del padre Emidio. Del 1993 è il suo primo vino, del 2006 la prima Cantina biodinamica. Si tratta di 9 ettari e mezzo in totale, tutti coltivati secondo i metodi biologici certificati, di cui 5 ettari e mezzo a vigneto specializzato, 2 ettari e mezzo coltivati secondo metodi biodinamici biologici certificati ed mezzo ettaro coltivato a docg secondo metodi biodinamici certificati biologici. Nell’ettaro rimanente ci sono un lago ed un bosco. La docg: “Pepe nero”. Da vigne coltivate secondo metodi biodinamici. Uve diraspate a mano, fermentazione in tini di legno, affinamento in cemento. Nessuna aggiunta di lieviti o di solforosa.
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Procacci Francesco
Nepezzano, tel: (+39) 328/9310763 / marcello.procacci@virgilio.it
Nata nel 1971, l’azienda conta complessivamente 21 ettari di terreni, con 12 ettari coltivati a vigneto di cui 4 di Trebbiano d’Abruzzo e 8 di Montepulciano d’Abruzzo, con 4 ettari e mezzo iscritti all’albo docg. La docg: “Monte Jeno” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg. Vigneti coltivati, nella classica e tradizionale pergola abruzzese, sulle colline di Teramo a 250 sul livello del mare a metà tra Mar Adriatico e Gran Sasso. Affinamento in rovere.
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Azienda Agricola San Lorenzo
Castilenti, tel: (+39) 0861/999325 – 0861/998542 / www.sanlorenzovini.com
La storia della San Lorenzo Vini ha radici antiche: risalgono al lontano 1890 le attestate testimonianze della dedizione della famiglia alla viticoltura. L’azienda esiste dal 1997: i vigneti si estendono su di una superficie di 150 ettari sul territorio docg e vede coltivati molti vitigni: Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo, Pecorino, Passerina, Montonico, Moscatello di Castiglione, Sauvignon, Cabernet, Chardonnay, Vermentino, Merlot. La docg: Montepulciano d’Abruzzo docg “Escol” Colline Teramane - Riserva 2007. Vinificazione: pigiatura, lunga macerazione sulle bucce a bassa temperatura, pressatura soffice. Maturazione 24 mesi in barrique nuove francesi. Affinamento 12 mesi in bottiglia negli appositi locali climatizzati.
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Azienda vitivinicola Strappelli Guido Torano Nuovo, tel: (+39) 0861/887402 / www.cantinastrappelli.it
Di proprietà della famiglia Strappelli da generazioni, nel 1990 è stata interamente convertita da Guido Strappelli in coltivazione biologica. L’azienda si sviluppa su dieci ettari di terreno interamente coltivati a vigneto e può contare su una cantina altamente tecnologia, dove Guido Strappelli ha coniugato la moderna concezione di lavorazione con lo spirito dell’antica tradizione. Le docg: “Celibe” Montepulciano d’Abruzzo docg Riserva e “Colle Tra’” Montepulciano d’Abruzzo docg. “Celibe” viene dalla raccolta manuale con selezione di grappoli, fermentazione e macerazione per 13-14 gg a temperatura controllata, affinamento in piccole botti di rovere francese per un periodo di 24-30 mesi, successivo affinamento in bottiglia. “Colle Tra” viene da raccolta manuale con selezione di grappoli, fermentazione e macerazione per 13-14 giorni a temperatura controllata, affinamento in piccole botti di rovere Slavonia da 15 ettolitri per un periodo di 12/18 mesi, successivo affinamento in bottiglia.
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Azienda Agricola Orlandi Contucci Ponno Roseto, tel: (+39) 085/8944049 / www.orlandicontucci.com
Acquistata nel 1796 ha sempre svolto attività agricola. Nel 1968 fu trasformata - con il passaggio da conduzione a mezzadria a diretta – con la destinazione di 40 ettari a vigneto, oggi diventati 30. Situata sulle prime colline di Montepagano, l’azienda gode di un ottima esposizione e di terreni alluvionali di medio impasto argillo - calcareo con substrato ghiaioso, particolarmente vocati alla coltivazione della vite. Gli ettari destinati al Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg sono 6. La docg: Il rispetto del disciplinare impone rigore e grande attenzione sia nella gestione dei vigneti che nella lavorazione dei vini. Le raccolte come le fermentazioni si differenziano tra la parte destinata alla produzione della docg “La Regia Specula” e la Riserva Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg. L’uso dei legni ha l’obiettivo di affinare i tannini potenti di questo importante vitigno.
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Tenuta Torretta di Cori Biagio
Controguerra, tel: (+39) 0861/89304 / www.tenutatorretta.com
L’azienda è da generazioni proprietà di famiglia: già nel 1978 produceva uve destinate al mercato del Nord e locale. Nel 2006, per volontà delle nuove generazioni, si è passati all’imbottigliamento. L’azienda è sita tra il comune di Controguerra e Torano Nuovo, comprende 20 ettari di terreno di cui 5 coltivati a vigneto, delle varietà Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo doc, Chardonay Controguerra doc. La coltivazione a docg è di 1 ettaro. La docg: “Colle Forca” Montepulciano d’Abruzzo docg Colline Teramane. Uve da agricoltura biologica, provenienti da vigneti trentennali, fermentazione in acciaio a temperatura controllate, invecchiato in tonneau di rovere francese per minimo un anno oltre a minimo due anni di affinamento in bottiglia.
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Tenute Barone di Valforte
Silvi, tel/fax: (+39) 085/9353432 / www.baronedivalforte.it
La famiglia Sorricchio è proprietaria del feudo baronale di Valforte sin dal XIV secolo. L’azienda si estende su una superficie vitata di 500 ettari in vari comuni del Teramano. Le varietà coltivate: Montepulciano d’Abruzzo doc e docg, Trebbiano d’Abruzzo, Pecorino, Passerina igp. La docg: Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg “Colle Sale”. Vinificazione: macerazione sulle bucce 20—25 giorni, affinamento in barriques.
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Villa Cervia
Notaresco, tel: (+39) 085/898894 / www.villacervia.it
La società nasce nel 1989 dalla determinazione dell’enologo Rino Moretti. Forte di un’esperienza nel campo vinicolo risalente ai primi anni ‘60, dove lo troviamo tra i fondatori della Casal Thaulero, la prima azienda vinicola abruzzese a commercializzare il vino in formato 750ml. Nei primi anni 2000 il genero di Rino Moretti, Albano Andrea Cianelli, rileva l’azienda. A lui va riconosciuto il merito di mantenere un equilibrio armonico tra i tanti segreti enologici rivelati dall’esperto suocero e l’apporto di nuove tecnologie e pretenziose strategie di mercato. La docg: Montepulciano D’abruzzo Colline Teramane Riserva docg (vendemmie 2003 e 2005) – Rocca dei Bottari. Il vino trova la sua caratterizzazione nelle tonalità di colore rubino intenso e nei profumi che ricordano la frutta fresca, come l’amarena e la liquirizia che si riscoprono al palato con un gusto persistente, armonicamente tannico e morbido con leggero sentore di botte. L’abbinamento perfetto è con i piatti importanti, dai condimenti elaborati alla selvaggina fino alle carni alla griglia.
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comeMagazine
LA CULTURA ENOGASTRONOMICA ABRUZZESE IN UN FREEPRESS
>> Editore Modiv s.n.c. Viale Matrino 36, 65013 Marina di Città Sant’Angelo (Pe) Tel/fax 085.959746 - cell. 388.7960830 www.modiv.it - info@modiv.it. C come magazine è un bimestrale di cultura enogastronomica abruzzese a distribuzione gratuita. Registrazione presso il Tribunale di Pescara n° 7/08 del 31/03/2008.
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c comeMagazine Sommario Inserto Colline Teramane DOCG
c come rubriche
05 Editoriale / 07 Informazione / 08 Fotoreportage / 12 Food Design 14 Packaging / 58 Ricette / 61 Libro / 62 News / 64 Controeditoriale
c come speciale under trenta
26 Ristoratori / 36 Maîtres / 40 Produttori
c come vi consigliamo
10 Le novità di Ekk Ristorante / 16 Da Sapò un omaggio all’Adriatico 18 Fattoria La Valentina
c come abruzzo
22 Fratelli Di Tillio / 52 Treni
PAG 3 / SOMMARIO
PA S S I O N E
I TA L I A N A
Fabbrica Sedie, Tavoli e Sofà 65013 CITTÀ S. ANGELO (PE) ITALIA TEL: +39 085 95201 - FAX: +39 085 9500288 - www.fabercsa.com - info@fabercsa.com
c come editoriale
DI CRISTINA MOSCA - DIRETTORE RESPONSABILE C COME MAGAZINE
L’attesa premia sempre Sono sempre stata in piena sintonia con il famoso aforisma di Gotthold Ephraim Lessing, secondo cui “L’attesa del piacere è essa stessa piacere”. Nessun’altra espressione si dimostrerebbe più esatta per il numero di febbraio-marzo di C come magazine, che per disagi da neve e motivi vari si ritrova ad uscire a marzo, con un po’ di ritardo sulla tabella di marcia. Il motivo principale di questa tempistica diversa dal solito nei tempi di maturazione (ricordiamo sempre che siamo un prodotto artigianale, che fa il suo personale percorso di preparazione) è la scelta di rifare il look della nostra rivista: un restyling elegante e appropriato, realizzato sotto la direzione artistica di Mario Di Paolo, che in termini di food style ha parecchio da raccontare. Noi lo siamo stati ad ascoltare a bocca aperta e siamo stati felici di affidargli questa nostra/vostra creatura: come potete constatare, l’abbiamo messa in ottime mani. In virtù di questo restyling abbiamo anche cercato di rendere giustizia ai talenti che animano il nostro territorio: in uno Speciale Under 30 mai intrapreso prima, ci avventuriamo nel raccontarvi alcuni dei giovani che rendono più ricco e più bello il nostro territorio, dedicandosi a preparare, cucinare o servire i nostri
prodotti, o addirittura a rappresentarli fuori regione, senza temere sacrifici, orari difficili e mal di schiena. Abbiamo voluto fare una sorta di censimento per guardare più da vicino chi conoscevamo già (ossia la maggior parte degli intervistati) e capire meglio le motivazioni di chi abbiamo frequentato un po’ meno. L’operazione è stata ambiziosa e sarà da riprendere in seconda battuta, perché abbiamo avuto la conferma che le ultime generazioni vogliono da un lato riappropriarsi del territorio, e dall’altro proseguire quanto di buono è stato già fatto. I nostri giovani legati al mondo dell’enogastronomia sono tantissimi, e in uno Speciale solo non ci stanno. Dedichiamo questo speciale a Sebastiano Nino Salvatore, in un modo tutto nostro. In quest’aria che dopo tanta neve si è fatta di colpo primaverile, vi ricordiamo inoltre quanto sia affascinante l’interminabile tratta di treno che da Pescara porta a Roma, e vi parliamo dell’unica Docg che abbiamo in regione tramite un inserto speciale dedicato al Consorzio di Tutela Montepulciano d’Abruzzo Docg Colline Teramane, per finire conuna chiacchierata con il consueto chef di nostra scelta, che per questo numero è Cristian Di Tillio, di Civitella Casanova …Avete visto che l’attesa premia sempre?
«In questo numero ci avventuriamo in uno Speciale Under 30 che dedichiamo a Sebastiano Nino Salvatore, collega editore e piacevole commensale inaspettatamente scomparso all’inizio di febbraio» PAG 5 / C COME EDITORIALE
c come informazione
DI ROBERTO ARDIZZI, CONSULENTE SGQ
Bed and Breakfast, il trend è costante Nell’ultimo quinquennio c’è una forma di turismo che si sta imponendo sempre di più nel panorama nazionale: quella che fa capo ai Bed & Breakfast. Crisi ripetute, mutate esigenze dei viaggiatori e modifiche nei segmenti appetibili per gli imprenditori del settore hanno portato ad un crescente interesse in questa tipologia di ricettività. Anche i numeri su scala nazionale segnano chiaramente questo trend: secondo il più recente dato pubblicato dall’Istat, risalente al 2009, il numero dei B&B in Italia ammonta a 20.437 unità. Più di un terzo di loro si distribuisce tra Nord e Centro Italia; la percentuale rimanente si trova al Sud e nelle Isole. Il confronto con lo studio del 2007 evidenzia una crescita dei B&B al Nord e al Centro pari, rispettivamente, a +4 e +5 punti percentuali. Sappiamo che in Abruzzo sono quasi quanto gli alberghi, ossia circa 800 distribuiti in tutte e quattro le province e in prevalenza in quelle di Chieti e Teramo: un rapporto numerico interessante, che dà l’idea della risposta del territorio alla richiesta crescente. Si tratta di strutture che sono operative soprattutto nei mesi estivi, infatti una grossa fetta di B&B è localizzata sulla fascia costiera o collinare, immediatamente a ridosso delle località balneari. Per quanto riguarda le tariffe praticate dai B&B del Paese, il prezzo medio di una notte per
persona oscilla tra i 30 e 40 euro. Il dato è invariato rispetto al 2007, nonostante l’aumento del costo della vita e dei beni voluttuari, tra i quali rientrano il viaggio e le relative spese di soggiorno. Per quasi il 60% dei turisti parliamo di una permanenza media di 2 pernottamenti. Il prezzo nazionale è mantenuto anche in Abruzzo, dove i B&B propongono un numero medio di 4 stanze e una forbice di prezzo che varia dai 25 ai 40 euro in media per pernottamento. La gestione dei B&B italiani sembra rimanere in prevalenza in mano alle donne: arriviamo al 60,40% del 2010, rispetto al 57,7% del 2007. Quasi il 90% dei gestori possiede un titolo di istruzione superiore e, dentro questa percentuale, il 27,84% ha una laurea. Rispetto al 2007 troviamo un 10% in più dei titolari che hanno tra i 46 e i 65 anni e una diminuzione parallela di quelli fra i 31 e i 45 anni. Gli ospiti: il 75% degli ospiti dei B&B italiani ha un’età compresa tra i 20 e i 40 anni: nell’85% dei casi arrivano in coppia, ma solo il 14,62% viene dall’estero. Di loro, quasi per il 30% viene dalla Germania, quasi il 23% dalla Francia e il resto dalle altre nazioni europee. Risultano significative le presenze di ospiti provenienti da Stati Uniti e Canada, Australia, Portogallo.
«I Bed & Breakfast in Abruzzo sono quasi quanto gli alberghi, ossia circa 800 distribuiti in tutte e quattro le province e in prevalenza in quelle di Chieti e Teramo»
PAG 7 / C COME INFO
c come fotoreportage DI ROBERTO PARISIO / FOTO_MODIV
Sigep di Rimini Tesseramento cuochi L’Abruzzo a Berlino
Anche Emmanuele Forcone al Sigep di Rimini La 33esima edizione del Sigep che si è svolta alla fine di gennaio a Rimini ha contato oltre 122 mila presenze nei cinque giorni di manifestazione, con un incremento del 15% sul 2011. Sono stati unanimi i commenti circa il clima di fiducia che si è registrato in fiera, confermato dai molteplici contatti e ordini commerciali realizzati dalle aziende presenti, con incrementi molto consistenti sia per i mercati internazionali, sia per il mercato interno: la conferma è anche nell´esplosione delle presenze estere, che salgono a 23.854 con un aumento del 21%. Numeri ancor più significativi se si pensa che il sistema economico del dolce artigianale è composto, oltre alle aziende leader, da numerose medie e piccole imprese, molto orientate all´export. Come sempre, la manifestazione è stata ricca di iniziative, dimostrazioni, contest e eventi speciali, a partire dalla Coppa del Mondo della Gelateria, Pastry Queen per passare al Gran Gala della Pasticceria per finire con il Sigep Bread Cup, con nazioni provenienti dai cinque continenti e un centinaio di squadre a contendersi i vari titoli. Uno dei protagonisti del Gran Galà della Pasticceria è stato anche l’abruzzese Emmanuele Forcone, in virtù del secondo posto conseguito alla 13esima Coup du Monde de la Pâtisserie a Lione. Emmanuele ha riproposto le fasi della lavorazione della ninfa di zucchero realizzata coniugando cioccolato e sapori esotici, per i tema “Bosco incantato” proposto dal team italiano. Il giovane vicecampione del mondo è di San Valentino in Abruzzo Citeriore ma è attivo a Vasto, principalmente nella pasticceria Pannamore.
PAG 8 / C COME FOTOREPORTAGE
La festa del tesseramento dei cuochi di Pescara Lo scorso 23 gennaio l’associazione cuochi di Pescara ha organizzato presso l’hotel Villa Immacolata la festa del tesseramento alla FIC per il 2012. Per l’occasione, il professore Leonardo Seghetti e il coordinatore dei panificatori della provincia di Chieti Vincenslao Ruccolo sono stati invitati a presiedere il convegno dal titolo “Il pane da ristorazione con il lievito madre”. La lezione ha avuto due momenti: uno teorico tenuto dal prof. Leonardo Seghetti, ordinario di scienze alimentari presso l’università di Ascoli Piceno, che ha spiegato la composizione chimico-fisica dei grani, delle varie farine e di conseguenza la loro corretta panificazione. Nel momento pratico Vinceslao Ruccolo ha dimostrato a circa 90 cuoche e cuochi presenti le varie tipologie di pane e la realizzazione del lievito madre. La serata è terminata con la presentazione del “Team Cuochi Abruzzesi”, formato da Michele Ottalevi, Mario Rabottini, Gianluca Carrozzi, Valentino Di Renzo, Angelo Monticelli, Maurizio Petrucci, Silvestro Ruggeri e Oscar Scarano. Lo chef Antonio Di Tullio ha ricevuto un premio alla carriera. (Foto: associazione cuochi Pescara)
A Berlino si è parlato abruzzese Si sono concluse con soddisfazione le due missioni all’estero, “Vita Vite”, che si è svolta in Germania, e “Prodexpo”, in Russia. La prima, organizzata dalla Camera di Commercio di Pescara in collaborazione con il Centro estero, ha visto la partecipazione di 14 aziende abruzzesi (6 della provincia di Pescara, 8 di Chieti e Teramo) che hanno avuto modo di esporre i loro prodotti presso l’hotel Adlon di Berlino alle porte di Bradenburgo e farle conoscere a 200 operatori e giornalisti tedeschi. La Germania ha confermato la grande attenzione per il made in Abruzzo. Per la conferenza stampa di presentazione dell’evento la stampa tedesca è accorsa numerosa: ben 20 giornalisti di settore, tra cui il noto J. Priewe. Dopo una dettagliata presentazione della regione Abruzzo, con particolare riferimento al connubio mare-monti-colline che contraddistingue la nostra regione, Priewe ha condotto una degustazione guidata insieme a Gaudenzio D’Angelo, presidente dell’associazione Sommeliers Abruzzo e Molise, prendendo in esame una bottiglia di vino per ogni azienda partecipante. (D. D. V. / Foto concesse da Simone Malandra) PAG 9 / C COME FOTOREPORTAGE
c come vi consigliamo
Gli eventi di Ekk Ristorante da marzo a giugno 2012 inFo e Prenotazioni 085-9153083
di Gabriele Marrangoni
Giovedì 1 Marzo “anGus vs MarchiGiana” € 30,00
Disfida a Tavola tra le carni di due razze Bovine (la prima importata, la seconda autoctona). Cena e dibattito per conoscere meglio le zone di origine, metodi di allevamento, sostenibilità e caratteristiche organolettiche. Ai commensali l’ardua sentenza!
venerdì 16 Marzo “Questa sera Mi sento…veGetariano” € 30,00
Evento dedicato a chi ha fatto la scelta di non consumare carne e Pesce ma anche a chi è curioso di scoprire una filosofia sempre più seguita. Con la Primavera alle porte, i protagonisti della serata saranno Legumi, cereali e verdure spontanee dei nostri campi.
venerdì 30 Marzo “iL BaccaLà” € 30,00
A cena con i F.lli Monti di Corropoli, tra i principali importatori di un prodotto di grande rilevanza storica, economica e sociale.
venerdì 13 aPriLe “Gran GaLà deL carcioFo” € 30,00
Dal carpaccio, al Guazzetto con le uova terminando con un irriverente abbinamento del carciofo al cioccolato! Evento in collaborazione con alcuni coltivatori locali della valle del tavo.
venerdì 20 aPriLe “Gioco deL Piacere suLLa Patata…” € 30,00
Le varietà “turchesa” e “Fiocco di neve” saranno protagoniste della tavola in un menu che vedrà il confronto tra queste due varietà di Patate autoctone e recentemente recuperate dall’ente Parco Gran sasso e Monti della Laga.
Lunedì 30 aPriLe ”Le virtù teraMane” € 30,00
Da gustare ma anche per riflettere sul concetto di recupero degli ingredienti, in un momento dove nel mondo di cibo se ne produce (e se ne butta) anche troppo.
venerdì 11 MaGGio “incontro con Le coMunità itaLo-venezoLane” € 30,00 In occasione della presentazione del progetto “Gli imprenditori italo-venezolani investono in abruzzo”, a tavola si alterneranno piatti di cucina criolla e cucina tipica abruzzese.
venerdì 25 MaGGio “Questa sera a cena con…” € 35,00
Un personaggio pubblico, sarà nostro ospite in cucina e preparerà un suo menu “affettivo” in un contorno di interazione mediatica tra il “cuoco per un giorno” ed i commensali.
venerdì 8 GiuGno “La cucina araBa deL Mediterraneo” € 35,00
A grande richiesta, ripetiamo l’evento sulla cultura gastronomica araba, estesa questa volta a tutta la fascia Mediterranea del nord africa. A “colorare” la serata lo spettacolo di danza del ventre interpretato dalla splendida amira, accompagnata da uno straordinario percussionista.
venerdì 22 GiuGno “FunGhi e tartuFi dei Monti deLLa LaGa” € 35,00
russule, Mazze di tamburo, Porcini, tartufo estivo ed altri funghi disponibili saranno i protagonisti del Menu. Serata in collaborazione con un famoso Ristorante della zona del Ceppo.
c come vi consigliamo
REDAZIONALE / FOTO_ARCHIVIO MARRANGONI
Le novità di Ekk Ristorante Cambio del menu, minicorsi e cene a tema Il 2012 di Ekk Ristorante parte spumeggiante e non si scoraggia davanti alla neve. Se una delle cene a tema a cui sono abituati i clienti affezionati ha subìto slittamenti nel mese di febbraio, fino ad essere posticipata alla data del 20 aprile, l’inarrestabile cuoco e titolare Gabriele Marrangoni ha continuato a pianificare i mesi futuri e ha deciso il nuovo menu stagionale, entrato in vigore l’ultima settimana di febbraio e tutto da scoprire. L’unica anticipazione: la possibilità di scegliere, sia a pranzo sia a cena, il menu bistecca, in cui a sole 19 euro viene proposto un taglio di 600 grammi di lombo e filetto di vitello allevato in Italia (taglio “Fiorentina), verdure di stagione, un calice di vino, acqua e caffè. Continueranno inoltre i minicorsi di degustazione avviati a gennaio con un primo appuntamento sull’olio extravergine di oliva. La cena a tema slittata al 20 aprile è quella dedicata alla patata nelle sue varietà “Turchesa” e “Fiocco di neve”: il menu vede
il confronto tra queste due varietà di patate autoctone e recentemente recuperate dall’Ente Parco Gran Sasso e Monti della Laga. L’antica varietà “Turchesa” è chiamata così per la sua caratteristica colorazione della buccia, ricordata da molti anziani ma praticamente scomparsa dalle loro tavole. Il progetto di recupero ha previsto la reintroduzione e lo studio di questa varietà partendo dai pochissimi tuberi ritrovati nella originaria zona di produzione (Isola del Gran Sasso (TE) e San Pietro di Crognaleto). La “fiocco di neve” è una tipica varietà dei terreni delle zone montane e pedemontane ma è più recente rispetto alla Patata “Turchesa”; perché infatti si è diffusa intorno al XX secolo. Il menu è consultabile sul sito di Ekk Ristorante. È consigliata la prenotazione telefonica.
Baccalà mantecato con patate “Turchesa” Ingredienti per 6 persone: 600 di baccalà ammollato e spinato; 1 Kg. di patate “Turchesa”; 1 litro di latte; 1 costa di sedano, 1 porro, 1 carota, 1 foglia di alloro, 1 mazzetto di prezzemolo, 1 scalogno, 1 spicchio di aglio, 200 cl di olio extravergine, pepe nero in grani, sale. Lessare le patate con tutta la buccia in acqua leggermente salata e passarle allo schiacciapatate. Mondare sedano, porro, carota e mettere il tutto in un tegame con il latte, la foglia di alloro, i gambi del prezzemolo e un pizzico di pepe in grani. Portare a bollore, spegnere e lasciare in infusione per almeno 30 minuti. Pestare lo spicchio di aglio, senza germoglio, e ridurlo a pomata. Filtrare il latte e tritare finemente lo scalogno. Tagliare a pezzettoni il baccalà e rosolarlo in una padella antiaderente, ben calda, con un filo di olio extravergine di oliva. Coprirlo con il latte e cuocere a fuoco moderato per circa 40 minuti. Scolare il baccalà e ridurlo a scaglie. Mescolarlo alle patate schiacciate, aggiungere lo scalogno e l’aglio a pomata. Con un cucchiaio di legno mantecare energicamente il composto incorporando l’olio extravergine versato a filo. Aggiustare di sale e servire tiepido con foglie di prezzemolo tritate o fritte. Ottimo con la polenta grigliata. Nella foto è abbinato ad una salsa realizzata con peperoni arrostiti, spellati e frullati con poco olio extravergine ed un pizzico di sale. PAG 11 / C COME VI CONSIGLIAMO
Ekk Ristorante di Gabriele Marrangoni strada Lungofino 185 65013 Città Sant’Angelo (Pe) Tel 085/91530083 info@ekkristorante.it www.ekkristorante.it
«In Italia Cantine “illuminate” commissionano grafiche d’artista per le loro annate più pregiate»
PAG 12 / C COME FOOD DESIGN
c come food design
DI LUDOVICA PERSICHITTI - LUDOVICA.ARCHITETTURA@GMAIL.COM
Etichette d’arte, esempi illustri anche in Abruzzo Ogni superficie è mezzo di espressione: una tela, un foglio, una parete, un muro, un banco, un piatto, una scatola, una bottiglia. Allora non c’è da stupirsi nello scoprire bottiglie di vino dalle etichette griffate, che sono state pensate dai grandi artisti dell’arte moderna e contemporanea perché ne interpretassero l’esperienza sensoriale e ne anticipassero colori ed emozioni degustativi. Il caso più celebre è quello del barone Philippe de Rothschild che concepì una serie di etichette d’autore per lo Château Mouton Rothschild. A partire dal 1945 si coinvolsero famosi artisti della scena contemporanea per omaggiare le annate più famose. Apprezziamo così la riconoscibilissima etichetta realizzata da Joan Mirò nel 1969, quella creata da Salvator Dalì nel 1958, l’etichetta di Marc Chagall per l’annata 1970, l’idea per la bottiglia del ’73 di un immancabile Picasso, o una creazione veramente interessante di Andy Warhol per il 1975. Non mancano esempi analoghi in Italia. In Abruzzo la Cantina Zaccagnini di Bolognano (PE) dedica al connubio arte e vino la rassegna “Uvarte”, iniziata nel 1990 e commemorata da un’etichetta di autori tra i grandi dell’arte contemporanea come Gino Marotta, Antonio Passa, il conterraneo Pietro Cascella, ma anche il fumettista Andrea Pazienza e l’architetto Paolo Portoghesi. Lo scultore e pittore pescarese Pietro Cascella personalizzò anche un’altra linea di vini abruzzesi, quelli della Cantina Bosco Nestore di Nocciano (PE), per la quale nel 1996 creò appositamente l’etichetta raffigurante il volto stilizzato del dio Pan, divinità
legata ai boschi, da cui prese nome la stessa linea di vini. A partire dal 1974 anche la Cantina Vietti, nel cuneese, decise di vestire le prime cento bottiglie delle annate migliori tra Barolo, Barbaresco e Nebbiolo d’Alba con etichette realizzate da artisti di fama mondiale. Per citarne alcuni di loro: di nuovo Pietro Cascella per il Barolo 1970 Briacca, Pier Paolo Pasolini per il Nebbiolo d’Alba 1974, il famoso disegnatore americano di torte e giocattoli Wayne Thiebaud per il Barolo 1997 Riserva Villero, e più recentemente il fotografo Jerry N. Uelsmann con un’etichetta dalle intensità oniriche per il Barolo 2001 Riserva Villero. L’azienda vinicola Umberto Cesari di Castel San Pietro Terme (BO) ha invece pensato di rinnovare l’etichetta della linea di vini MOMA, proponendo nel 2011, ai giovani studenti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna e di Ravenna, un contest che desse loro l’opportunità di dimostrare il proprio talento. Il concorso MOMA – MyOwnMAsterpiece, prevedeva la realizzazione di un’opera d’arte che sostituisse Le Bagnanti di Giorgio Morandi sull’etichetta dell’omonima linea di vini e che ne esprimesse al meglio l’identità. Una scelta da elogiare perché dimostrazione della sensibilità aziendale per i valori artistici, a prescindere dalle mode, e perché si è investito sull’entusiasmo e sulle potenzialità dei giovani, valorizzandolo come luogo di promozione d’immagine e di dimostrazione di fiducia del marchio verso i nascenti orientamenti artistici.
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Non chiamatela solo etichetta Case histories a confronto È facile dire etichetta. Ma chi si ferma a riflettere che dietro una operazione di immagine non c’è solo uno studio attento del cliente e del messaggio ma anche di legislazioni, procedure e regolamenti? Nello Spazio Di Paolo avviene anche questo: per un’agenzia di marketing e comunicazione specializzarsi in un settore, come quello del food nel nostro caso, significa conoscerlo capillarmente. E se la concomitanza di alcuni fattori importanti e incrociati come la qualità, l’aspetto estetico e la rete vendita è fondamentale per il successo di un prodotto, il compito di un’agenzia di marketing diventa agevolarne il più possibile la riconoscibilità. Innanzitutto, nella valutazione generale del marketing di una bottiglia di vino si deve tenere subito conto del mercato di riferimento: italiano o estero? Europeo o intercontinentale? Ogni mercato ha infatti le sue leggi, ogni vino i suoi disciplinari in evoluzione costante, e ogni popolo i suoi punti deboli. Nei mercati anglosassoni, ad esempio, si fa breccia con il colore, mentre i Tedeschi apprezzano eleganza e semplicità. E poi: sarà distribuito in Ho.re.ca (HotelRestaurant-Cafè) o in Gdo (Grande Distribuzione Organizzata)? Sarà destinato ad attirare l’attenzione di un acquirente che deve orientarsi su uno scaffale, o
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CASE STUDIES A CURA DI MARIO DI PAOLO
si racconterà ad un selezionatore attento e già esperto? Ecco alcuni esempi. 1. Villamedoro, Linea Classica: etichette per mercati Italia / Germania/ Nord Europa. Villamedoro Passerina: etichetta innovativa con mezza prefustellatura a perdere su bobina. 2. San Lorenzo: alleggerimento delle linee ma sempre nel rispetto del rigore e della tradizione aziendale. 3. Azienda agricola Masciarelli: il restyling è graduale ma sarà totale, per forma e dimensioni. Il consumatore di un prodotto già lanciato deve venire accompagnato nel cambiamento, non aggredito. 4. Torre Zambra: riposizionamento linea esistente per mercato italiano GDO, con una veste completamente rinnovata. Il vetro e l’etichetta esaltano le trasparenze e i colori chiari. 5. Cerulli Spinozzi: due etichette di Spumante Brut a confronto: Lèvichi Brut deve la sua eleganza alla bottiglia scura; Lèvichi Rosè mantiene un’impostazione fresca e giovanile senza perdere eleganza e minimaliso. 6. Azienda agricola Ausonia: il progetto è completamente nuovo e centrato su un elemento presente sul territorio, la farfalla Ausonia. Da qui il claim “ Il vino con la farfalla”.
«Per un’agenzia di marketing e comunicazione specializzarsi in un settore, come quello del food nel nostro caso, significa conoscerlo capillarmente»
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A novembre 2011 il ristorante ha compiuto un anno di vita. Lo festeggiano gli amanti del crudo e della cucina marinara. (A destra: Sandro Pomante e sua figlia Ilaria)
«La materia prima è selezionata “a Km zero”: per questo motivo l’ospite si trova davanti ad una scelta di piatti assolutamente freschi e di stagione. Il menu è in tre lingue: italiano, inglese e… dialetto pescarese»
Ristorante Sapò, via Irma Bandiera 3, Montesilvano (PE) Tel. 085/4686080 - Mobile 348/3845323 www.ristorantesapo.it
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REDAZIONALE / FOTO_ARCHIVIO RISTORANTE SAPO’
La cucina di mare come la ricordate Da “Sapò” un omaggio all’Adriatico
“Sapò” significa Sapore ma riunisce anche le iniziali del suo titolare e cuoco, il pescarese Doc Sandro Pomante, di famiglia marinara da almeno tre generazioni che hanno condotto in mare per più di mezzo secolo il peschereccio di famiglia, il “Cotalongo”, dal soprannome del nonno Antonio. Il 15 novembre 2010, con l’inaugurazione del suo primo ristorante a Montesilvano, Sandro Pomante ha dato vita al suo progetto di far rivivere in tavola gli antichi sapori del mare con semplicità, elemento fondamentale della sua filosofia: «Covo da sempre in me il desiderio di recuperare la cultura marinara conservando il gusto di una volta e riportando alla luce piatti della tradizione, difficili da trovare nei ristoranti», spiega Sandro Pomante, supportato nel ristorante da sua figlia Ilaria nella scelta dei vini, che da quest’anno si arricchirà dell’offerta abruzzese. L’accento sulla o è a forma di “fuffellone”, il peperone dolce usato nei piatti di pesce povero, che ogni estate si vede lasciato a seccare fuori dai balconi delle case dei marinai. È importante sapere che la materia prima è selezionata “a Km zero”: per questo motivo l’ospite si trova davanti ad una scelta di piatti assolutamente freschi e di stagione. Il menu è in tre lingue: italiano, inglese e… dialetto pescarese. Ecco che può capitare di richiedere “l’arroste de lu mare nostre”,
“li piscitille da frije”, “le sardelle ‘nghi l’acete” o ancora il “brodetto alla Pescarese”, detto “dell’Eschimese”, dal soprannome dello zio Vittorio. Stiano tranquilli gli amanti del crudo: a Sapò passa tutto in abbattitore, che ne salva l’integrità e ne protegge il sapore. Ma non finisce qui! In cucina ci si diverte anche a rivisitare in chiave moderna piatti della tradizione, come nel “barattolo di Sapò”, versione inaspettata dello “sguazzetto” di frutti di mare, o come nel cavallo di battaglia, la chitarrina con scampi, sogliola e Pachino, che solo a leggerla sembra di sentirne l’odore. Per non smentire l’abruzzesità del posto, ingredienti quali olio, pomodoro e Tondini del Tavo vengono forniti da un produttore di Loreto, Belfiore. Sapò è provvisto di 40 coperti, continuerà a proporre serate mensili a tema e nel 2012 sarà in grado di fornire catering per cerimonie all’esterno; il riposo settimanale è previsto la domenica e dal primo febbraio c’è la nuova apertura serale del lunedì. Tra le novità dell’anno: l’ospite si può divertire a cucinare alcuni antipasti direttamente al tavolo, su una piastra di sale rosa dell’Himalaya portata a 230°. Comunicazioni e conferme di prenotazione arrivano via sms: il servizio è gratuito e ci si può iscrivere tramite la mail info@ ristorantesapo.it. È possibile lasciare il proprio voto su www.tripadvisor.com.
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Sabatino Di Properzio, Fattoria La Valentina.
Montepulciano d’Abruzzo La Valentina 2009 Tipo: Rosso | Area: Abruzzo | Varietà: Montepulciano | Vendemmia: 2009 Vigneti di: Scafa, San Valentino, Spoltore e paesi limitrofi Superficie: circa 30 ettari Altitudine: da circa 150 m fino a circa 350 m slm Esposizione: prevalentemente Sud/ Sud-ovest Natura del suolo: argilloso di medio impasto Sistema di allevamento: tendone; Densità:1600 - 2000 piante/ ettaro; Età dei vigneti: da 25 a 35 anni; Rendimento medio: 70 Hl / ettaro; Vendemmia: manuale; Produzione: circa 200.000 bottiglie in formati da 0,75l e 3l. Vinificazione: Diraspapigiatura seguita da macerazione e fermentazione per una media di circa7 giorni in tini d’acciaio verticali. Fermentazione malolattica controllata e completamente svolta, seguita da affinamento per un periodo di 12 mesi, principalmente in vasche d’acciaio e di cemento; 20 % del vino viene affinato in legno. PAG 18 / C COME VI CONSIGLIAMO / FATTORIA LA VALENTINA
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REDAZIONALE / FOTO_MARIO SABATINI
«Sono le persone a fare la differenza» In arrivo il Montepulciano 2009 Linea classica La Valentina
Con le sue ingenti nevicate famose già prima di arrivare, il mese di febbraio ha portato con sé molti disagi e qualche malumore, ma ha anche avuto il merito di portare un po’ di magia e trasformare in qualcosa di spettacolare i nostri panorami, che già prima erano competitivi. È il caso della Fattoria La Valentina, che è stata ammantata, come una sposa invernale, da una media di 50 centimetri di neve due volte nella stessa settimana. Ma non c’è da temere: questo non andrà a influire negativamente sulla prossima annata, anzi, piuttosto finirà per fare da preziosa riserva nel terreno. Mentre rimaniamo fermi in piedi con le mani nelle tasche della giacca imbottita, ad ammirare le viti che dormono beate sotto questa coperta naturale, ci chiediamo cosa stia ”bollendo in pentola” nella bottaia, nelle tine e nei serbatoi di acciaio. Tra le botti, l’odore caldo del legno riscalda la pelle del viso, che è l’unica cosa che non è imbacuccata. Qui sono accuditi i rossi della vendemmia del
2010 lasciati ad affinare: non vedranno la luce prima dell’anno prossimo. Quelli del 2011 sono nelle cisterne in acciaio, ad aspettare ancora per un po’ il loro turno per le barriques, insieme a tutti gli altri rossi delle annate precedenti che hanno già goduto dell’affinamento in legno, e che saranno imbottigliati a brevissimo: linea Terroir, Riserve e Binomio seguono infatti ognuno il loro personale corso di maturazione e vengono “liberati” quando è il momento. In acciaio dormicchiano anche i bianchi (Bianco Pecorino, Bianco Fiano e Trebbiano Spelt) della vendemmia del 2011, pronti per l’imbottigliamento, che avverrà per il Bianco Pecorino entro la fine di febbraio, e per lo Spelt ed il Bianco Fiano a maggio, insieme ad altri “compagni” della linea Terroir. I loro fratelli più grandi già se ne vanno orgogliosi per i mercati abruzzesi, italiani ed esteri.
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Da sinistra: Nunzio Di Michele, Paride Marino, Michele Reale. La vigna innevata, fotografata nel febbraio 2012 dalla strada provinciale
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Maccheroni alla chitarra con pallottine di Marcello e Pietro Perpetuini, Ristorante “Enoteca Centrale”, Teramo Foto: Alfonso Di Ottavio
“(…)Il nome ‘chitarra’ deriva dallo strumento attraverso il quale la sfoglia, non troppo sottile e tagliata in rettangoli di circa 60 x 20 cm, viene tagliata sotto la pressione del matterello per ottenere i caratteristici maccheroni a sezione quadrata. Più o meno ruvidi, più o meno spessi secondo la sensibilità e i gusti di ognuno. L’impasto da preparare è quello classico per la pasta all’uovo. (…) Altro aspetto fondamentale la misura (piccole come piselli) delle polpettine di carne mista – le “pallottine” – preparate con aggiunta di parmigiano, noce moscata (immancabile) e regolate di sale. Qualcuno utilizza anche un tuorlo d’uovo per renderle più consistenti e saporite. Le ‘pallottine’ vanno rosolate velocemente in padella con un poco di burro e tenute da parte. La ricetta prevede che si prepari una salsa con il pomodoro,olio extravergine, una carota, una cipolla con infisso un chiodo di garofano e un gambo di sedano. Va fatta insaporire a fuoco molto basso per circa tre ore. A metà cottura del pomodoro si devono aggiungere le pallottine e togliere gli odori: il segnale che il sugo è pronto è la risalita in superficie dell’olio in cui gli odori sono stati fatti leggermente rosolare all’inizio. Immancabile una generosa grattugiata finale di pecorino o formaggio grana. Va detto che rientra nella tradizione la preparazione, in alternativa alla salsa di pomodoro e odori, del classico ragù di carni miste che darà al piatto un sapore decisamente più ricco e succulento. Ancora una volta questione di gusti e di consuetudini familiari.” Provateci in abbinamento il Montepulciano 2009! (tratto da Teramo “Il linguaggio dei sapori”, Camera di Commercio di Teramo 2009. Testi di Roberto De Viti e Antonio Paolini, art direction e progetto grafico di Fabrizio Lucchese)
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«Qual è il vostro vino La Valentina preferito?» Sono infatti stati immessi da poco nel mercato i primi Trebbiani e il Cerasuolo della Linea Classica, sempre della vendemmia 2011, imbottigliati a metà gennaio. Proprio in questi giorni innevati il Montepulciano Doc del 2009 è andato idealmente a chiudere la gamma: imbottigliato più volte a partire dal maggio di due anni successivi alla vendemmia, dopo aver affinato una parte in legno per almeno un anno, è trattato con tutti i riguardi riservati ai grandi vini, tanto che è tranquillamente godibile anche dopo 10 anni. Nel calice si presenta di un bel colore rubino fitto e intenso, con unghia violacea; al naso apre a sentori di frutta rossa, petali di rosa e tenui effluvi di spezia bagnata. Al palato è caldo e morbido con riconoscimenti di prugna rossa, ciliegie e mirtilli perfettamente fusi attorno ad una trama tannica fresca e viva: va a chiudere con radice di liquirizia e chiodi di garofano e a completarsi con un retrogusto di pepe nero e mirtillo rosso. Rappresenta circa il 50% della produzione La Valentina, è bevuto in tutto il mondo anche grazie all’ottimo rapporto qualità-prezzo e riceve continuamente punteggi e riconoscimenti degni dei vini delle fasce più alte. Ad esempio l’annata 2002 è stata collocata dal Wine Spectator tra i 100 vini migliori del mondo. Parlando di Montepulciano non è un caso, forse, se un rosso è il vino che personalmente preferiscono sia Sabatino Di Properzio, titolare dell’azienda, sia Paride Marino, responsabile commerciale. Interrogati rigorosamente in separata sede, scelgono entrambi il Bellovedere come vino “La Valentina” per i loro momenti speciali: Paride consiglia l’annata 2001 abbinata al cioccolato fondente al 70%, Sabatino tifa per l’annata 2000, la prima ad essere stata imbottigliata: «È nato come idea di vino di altissima qualità – racconta – e il primo risultato è stato sorprendente, esattamente in linea con gli standard che ci eravamo posti come obiettivo. Degustare un Bellovedere invecchiato per anni mi dà le stesse sensazioni e le stesse emozioni di quando lo assaggio in vinificazione o appena
imbottigliato». Con cosa lo abbinerebbe? «Con un agnellino da latte fatto su una brace di legna scelta». Paride Marino, che si occupa del commerciale dal 2005, ci racconta invece quanto le bottiglie “La Valentina” girino il mondo e quante siano le accortezze per rendere il viaggio il più adeguato possibile. Ad esempio, l’azienda vuole sempre sapere esattamente dove il vino si trovi e come venga conservato: non potrebbe essere altrimenti, visto che il 60% delle 350mila bottiglie prodotte ogni anno è destinato ad essere bevuto fuori dall’Italia e in tutta l’Europa, per arrivare fino in Canada, Messico, Stati Uniti, Brasile, Isole Cayman, in Vietnam, a Taiwan, Hong Kong, Singapore, in Corea, Giappone, Cina e India. Le soddisfazioni più grandi? «Constatare che chi apprezza il più noto Montepulciano d’Abruzzo accompagna volentieri il suo gusto anche con il nostro Spelt Trebbiano, un vino meno conosciuto fuori dall’Italia ma che attira molto la curiosità e il piacere degli estimatori in Germania. A proposito di estimatori, non possiamo trattenerci dal domandare qual è il suo vino preferito anche a Michele Reale, enologo interno dell’azienda, che spalleggia nel suo lavoro il consulente esterno Luca D’Attoma. Classe 1980, originario di Francavilla, si è laureato in Enologia e Viticoltura, all’istituto agrario di San Michele all’Adige. Il “suo” vino personale è il Cerasuolo, possibilmente del 2011, perché è fruttato e beverino: lo abbina a pollo, uova sode, con la mozzarella e in generale con i formaggi, sia stagionati sia freschi, che gli piacciono molto. Alla domanda “Qual è il tuo vino preferito?”, anche la prima risposta di Nunzio Di Michele, il responsabile alle vigne, è il Cerasuolo, perché è fresco e giovane e poco carico nel colore: la seconda risposta ci porta al Pecorino. Gli piace abbinare entrambi con tutto. È stato lui ad accompagnarci durante la vendemmia, questo autunno, presentandoci le uve, illustrandoci i tempi di maturazione e… aiutandoci a non inciampare! Le storie sono tante, il territorio abruzzese è vasto e dalle risorse infinite, ma sono sempre le persone a fare la differenza dietro un prodotto di qualità. Un prodotto che vale la pena di conoscere in tutte le sue sfaccettature ad esempio al Vinitaly, alla fine di marzo, come sempre all’interno del Padiglione Abruzzo.
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«Un cliente non deve ricordarsi di me perché il pasto gli è rimasto sullo stomaco, ma perché è stato bene anche il giorno dopo»
“Quasi ascolana”
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c come fratelli di tillio DI CRISTINA MOSCA / FOTO_MARIO SABATINI
I piatti “ad ettaro zero” Cristian e Mirko stupiscono a Civitella Casanova Da sempre ci piace scherzare dicendo che “Il Ritrovo d’Abruzzo” si chiama così perché per arrivarci bisogna… ritrovarlo. In realtà, è sufficiente seguire la segnaletica per Civitella Casanova, in provincia di Pescara, e poi farsi guidare attraverso innumerevoli stradine che si stringono sempre di più. Una volta arrivati dai fratelli Cristian e Mirko Di Tillio, cuoco il primo e mâitre il secondo, si viene ampiamente ripagati della piccola odissea. Subito la sala dalle vetrate ampie si spalanca sui 4 ettari di terreno da cui, con ogni probabilità, proverrà gran parte delle materie prime che verranno servite a tavola, dalla farina per passare agli ortaggi e finire all’olio. Più che prodotti “a chilometro zero”, qui è più adatta la definizione di prodotti “ad ettaro zero”. «È stato naturale scegliere la casa di nostrp nonno, dove siamo cresciuti, per far nascere un locale tutto nostro». I due fratelli Cristian e Mirko Di Tillio, rispettivamente classe 1977 e 1980, hanno avuto le idee chiare sin dalle scuole medie ed hanno studiato all’istituto alberghiero di Pescara. Il primo si è indirizzato verso la ristorazione, il secondo verso la sala. Oggi sono i paladini della tranquillità e del particolare. Tavoli distanziati, spazi ampi e promessa di distacco dal mondo sono i punti fermi della sala; prodotti del territorio, provenienti per l’80% direttamente da chi li ha fatti o allevati, e una cura attenta per il dettaglio, sono i dettami della cucina, dove oggi regnano Cristian e Cristina, sua fidanzata ai tempi dell’apertura (dicembre 2003) e oggi sua moglie, nonché madre delle loro due gemelle. La regola dei loro piatti è la leggerezza, che si ottiene anche con espedienti casalinghi: se si sbollenta la cipolla, ad esempio, il soffritto è più digeribile. «Un cliente non deve ricordarsi di me perché il pasto gli è rimasto sullo stomaco, ma perché è stato bene anche il giorno dopo – spiega Cristian – Quando una persona mangia un mio piatto… mangia un po’ di me. Nella cucina esprimo quello che sono, la mia filosofia, il mio territorio». Territorio sintetizzato nella fonduta di Caprino, una portata a base di Caprino di Cellino Attanasio, patate e tartufo, che insieme al filetto di manzo, rhum e tabacco e al barattolo goloso proprio non riescono a togliere dal menu. La sua concezione della cucina ha fatto uno scatto in avanti dopo una settimana passata al fianco di Gualtiero Marchesi. Tutte le esperienze che i due fratelli hanno fatto sul territorio, da “Thomas” di Pescara alla vicina “La Bandiera”, li ha rafforzati nella consapevolezza che i nostri grandi prodotti possono essere interpretati in piatti che possono anche stupire per accostamenti mai pensati prima. La loro ambizione? «Crescere sempre».
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“Quasi ascolana” Ingredienti: 400 g macinato di coniglio; 2 uova; maggiorana; sale e pepe; 100 g di pane raffermo bagnato al latte. Per la panatura: 2 uova, 50 g di farina, 100 g di grattugiato, 200 g rapaccioli (rape selvatiche) sbollentati; polvere di olive. Amalgamare la carne di coniglio con sale, pepe, maggiorana tritata, uova e pane. Creare delle polpette poi panarle in farina, uova e pane grattugiato. Friggere in abbondante olio caldo fino alla doratura. Nel frattempo saltare in padella i rapaccioli con uno spicchio d’aglio e un filo d’olio e un pizzico di sale, poi frullare le verdure fino ad ottenere una crema. Presentazione del piatto: prendere un piatto fondo, mettere 2 cucchiai di salsa di rape alla base, appoggiare la crocchetta e finire con la polvere di olive.
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“Strana coppia” Ingredienti: 1 pollo da 8oo g, 80 g di baccalà, 1 rametto di rosmarino, sale e pepe, 100 g di verdura di campo sbollentata. Separare i petti e le cosce dal galletto. Incidere i petti in modo da ottenere una tasca, poi farcirlo con il baccalà già ammollato. Disossare le cosce senza inciderle, poi riempirle con la verdura cotta, chiudere l’estremità con uno stuzzicadenti. Scaldare una padella antiaderente con uno spicchio d’aglio, un rametto di rosmarino e un filo d’olio, rosolarvi la carne da entrambi i lati, poi ultimare la cottura in forno caldo a 180° per circa 15 minuti. Per il fondo, tagliare la carcassa del pollo in piccoli pezzi; intanto in una padella far rosolare cipolla, carota, sedano in pezzi grandi, uno spicchio d’aglio e un mazzetto di aromi (timo, rosmarino, maggiorana e una foglia di salvia). Aggiungere le ossa, far rosolare bene e coprire tutto con acqua fredda. Aggiustare con sale e pepe fino ad ottenere una salsa densa. Presentazione del piatto: scaloppare il petto, tagliare l’estremità della coscia, finire con la salsa.
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DI CRISTINA MOSCA / FOTO_MARIO DI PAOLO
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comeMagazine speciale under trenta LA CULTURA ENOGASTRONOMICA ABRUZZESE IN UN FREEPRESS
Quelli che … ci fanno da mangiare Ai fuochi abruzzesi ci sono tantissimi giovani
Tecnicamente sono cuochi, ristoratori, “cucinieri”, chiamateli come volete. Di fatto, però, sono artisti, ricercatori, chimici, compositori, un po’ romantici e un po’ neoclassici, un po’ conservatori e un po’ progressisti. Alcuni di loro ambiscono alla perfezione, altri sono in sfida continua con loro stessi, qualcun altro cerca il giusto compromesso fra il presente e il futuro. La maggior parte dei giovani cuochi abruzzesi coltiva il sogno di creare qualcosa di nuovo, ma tutti quelli scelti da noi per questo speciale hanno tutti una cosa in comune: non hanno più di trent’anni. E sono (e sanno) molto più di quelli che possiamo immaginare. Quella che facciamo non è una selezione in base alla bravura o alla notorietà, ma una sorta di censimento. La maggior parte di loro l’abbiamo conosciuta personalmente negli ormai 4 anni di vita (in via di compimento proprio in questo mese di marzo) di C come magazine, ed è questa la nostra base di partenza. Quello che è partito come una sorta di censimento teso a conoscere un po’ meglio chi ci… fa da mangiare, ha rischiato di diventare un elenco telefonico per lo sforzo di farci stare dentro tutti. Sono troppi, i nostri ragazzi, per le pagine a disposizione: ognuno di loro merita però il suo spazio di 1500 caratteri, perché tutti, in ugual misura, si sottopongono agli orari che il loro mestiere richiede, perché ne accettano i sacrifici, perché lo portano avanti con amore e soprattutto con devozione verso il prodotto. Ecco perché questo è solo l’inizio del nostro censimento. Quelli che… ce l’hanno nel sangue. I “figli d’arte” senz’altro partono avvantaggiati nello schiarirsi le idee, perché l’ambiente glielo permette prima degli altri: non devono aspettare le scuole superiori per capire cosa possono aspettarsi da questo mondo. Le vocazioni dei gemelli Spadone, eredi de “La Bandiera”, per esempio sono state palesi sin da piccolissimi, quando Mattia riusciva a richiudere perfettamente i ravioli e invece ad Alessio la farcitura usciva tutta da fuori: oggi, infatti, il primo lavora in cucina insieme a papà Marcello e a mamma Bruna, e il secondo si occupa della sala, dove il talento da esercitare è tutt’altro. Per entrambi, che hanno frequentato il liceo affinché imparassero qualcosa di diverso da quello che si potesse già insegnare loro in casa, l’impegno a soli 24 anni è riuscire ad alternare la presenza al ristorante con veri e propri percorsi esperienziali: per Alessio è stato decisivo perfezionare la sua tecnica di servizio, fresco di diploma scientifico, lavorando un anno a Firenze presso il ristorante Enoteca Pinchiorri, mentre Mattia a 21 anni ha lasciato il cuore in Spagna, dove la creatività è di casa e dove torna tuttora, saltuariamente, a lavorare. I viaggi, per loro, sono appena cominciati: ora Alessio punta agli Stati Uniti, Mattia alla Danimarca. Stessa storia per i fratelli Arcangelo e Pascal Tinari, che nel 2008 si sono seriamente affiancati ai genitori Peppino e ad Angela al timone del ristorante “Villa Majella”, decidendo per serie virate organizzative e puntando alla perfezione, sull’esempio dei grandi ambienti che hanno contribuito alla loro formazione: un anno e mezzo al tristellato ristorante “Dal Pescatore” a Canneto sull’Oglio nel caso di Pascal, e la stagione aprile-ottobre 2011 da Michel Bras nel caso di Arcangelo, che bisserà questa esperienza anche nel 2012. Siccome “figli d’arte” ci si nasce, non possiamo non nominare Valentina e Valerio Centofanti, ad esempio, che sono “fuori target” per pochi semestri rispetto al nostro Speciale Under 30, ma che sin da giovanissimi sono i principi incontrastati de “L’Angolo d’Abruzzo”, il loro ristorante di famiglia a Carsoli: Valerio è ai fuochi da quando aveva 20 anni, Valentina, che si occupa della sala, ha fatto il primo corso da sommelier quando ne aveva 16. PAG 27 / SPECIALE UNDER TRENTA / C COME RISTORATORI
Quelli che… sono in viaggio. Il Leitmotiv dei nostri giovani chef abruzzesi è viaggiare, imparare, migliorare. Soprattutto quelli che intraprendono questo percorso non per vocazione familiare ma per passione o spirito di emulazione verso altri grandi chef: un po’ come quando un giovane musicista prende ispirazione dal suo idolo. Nel 2009 ad esempio il vastese Massimiliano Ascione, allora chef della “Locanda sotto gli Archi” a Santo Stefano di Sessanio, a 28 anni si è trovato sbalzato dall’Abruzzo a Dubai ed oggi è l’executive sous chef al Kempinski Ishtar Dead Sea Hotel, sul Mar Morto, in Giordania. Oppure Davide Di Fabio, teramano, classe 1985, diplomatosi all’Ipssar di San Benedetto del Tronto, è da ormai sei anni alla corte dell’Osteria Francescana, a fare da secondo chef a Massimo Bottura. Un altro esempio di aspirante cuoco viaggiatore lo porta Alessio Scarola, classe 1987, che abbiamo conosciuto incidentalmente poche settimane fa: è uno degli ultimi teramani ad essersi diplomati all’istituto alberghiero di Villa Santa Maria. Da cinque anni impara il mestiere in giro per l’Italia e per quasi due si è specializzato nella pasta nei ristoranti della catena Four Season, prima a Firenze e poi a Praga. Il destino lo ha portato adesso a lavorare ad Alba, in Piemonte. In viaggio è anche il roscianese Mirco D’Amico, che compirà 30 anni a maggio. Noi lo abbiamo apprezzato due anni fa per la sua idea coraggiosa di aprire a 26 anni un ristorante tutto suo a Pescara che proponesse pesce anche con accostamenti audaci, dal gusto esotico: due linguaggi a confronto. Dopo tre anni a Pescara e alcuni mesi di esperienza a Milano, adesso è primo chef nell’Osteria da Mualdo a Crespi d’Adda, nel Nord Italia, dove è riuscito sin da subito a integrare il menu, prevalentemente di carne, con la nostra cucina marinara, inserendo la chitarrina allo scoglio e una variazione della nostra insalata di mare. Quelli che… sono stati “adottati” Infine, ci sono i giovani chef che sono ormai fissi nella brigata di alcuni ristoranti abruzzesi: è il caso di Sabatino Lattanzi e Luca Di Felice, da anni nella cucina del Ristorante Zunica a Civitella del Tronto, o di Vito Pepe e Gianluca Tarquini, che affiancano Maddalena Mazzaufo nella cucina del ristorante Beccaceci di Giulianova. Anche se questi ragazzi non esercitano il loro mestiere in grembo alla famiglia che glielo ha insegnato, trovando
una dimensione lavorativa hanno trovato ugualmente una famiglia che a loro tramanda quello che sa e da loro impara quello che vede. Nella maggior parte dei casi la cucina diventa un luogo di scambio. Tra gli “adottati” nominiamo anche William Zonfa, che andremo presto a conoscere più da vicino, il quale a 30 anni suonati (li ha compiuti lo scorso giugno) si ritrova stella Michelin 2012, la seconda che in pochi anni piove sulla provincia dell’Aquila. Lo consideriamo tra gli “adottati” perché è cresciuto per quasi cinque anni nella cucina aquilana di “Vinalia”, di Marzia Buzzanca, per poi camminare sulle proprie gambe l’anno dopo il sisma, prendendo la gestione del ristorante “Magione papale” a L’Aquila. Gli “spin off ”. Poi c’è la squadra dei ristoratori e aspiranti tali che nascono dal mondo alimentare e prendono una “deviazione”: li chiamiamo “spin off”, rubando deliberatamente il termine dal gergo cinematografico, perché il loro “personaggio” ha origine in un ambiente che produce cibo, ma si allontana da un percorso apparentemente già tracciato e assume vita propria, avventurandosi in un mondo che il cibo lo interpreta. È il caso di Carlotta Santoleri, figlia del viticoltore guardiese Nicola, che ha passato i mesi più importanti della sua vita come commis al fianco di Heinz Beck alla Pergola; o Nicola Fossaceca, che appena diplomato ha fatto nascere, come propaggine della pasticceria di famiglia a San Salvo, il ristorante di pesce che porta avanti insieme a suo fratello maggiore Antonio. Fuori regione sta lavorando anche Massimiliano Neri, componente della numerosa famiglia che porta avanti l’azienda vitivinicola di Orsogna “Il Feuduccio”. Di origine fiorentina, il cuoco 24enne lavora da più di un anno da “Mucche e buoi dei paesi tuoi”, ristorante a Milano specializzato in carni: dalla cucina a vista lo si guarda trattare i più svariati tagli e generi di carne, dalle chianine alla bavarese per finire al maiale nero. Il suo sogno, dopo aver viaggiato il più possibile, è tornare ad occuparsi dell’agriturismo che la famiglia sta facendo nascere ad Orsogna. Mettiamo infine in questa “categoria” Luca Mastromattei, figlio del noto personaggio pescarese Eriberto, a sua volta figlio del mare: in omaggio a queste radici che affondano nell’acqua salata, Luca è tornato a stabilirsi a Pescara e pochi mesi fa ha aperto un ristorante dedicato alla cucina marinara adriatica.
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I “figli d’arte” Mattia Spadone Ristorante “La Bandiera”, Civitella Casanova (Pe) Nato il 16 settembre 1988
Al liceo artistico ha imparato a disciplinare e a padroneggiare quel dono della manualità che già aveva consolidato lavorando con i suoi genitori, e ad acquisire la consapevolezza che «la cucina non è come l’arte: un piatto non resta per sempre, se non nella mente di chi lo consuma». Per questo il suo impegno quotidiano è realizzare la sua “opera d’arte”, quel piatto che rimane in testa. Gli piace maneggiare la carne ed occuparsi dei secondi, ma di fatto se la cava egregiamente anche con dolci e antipasti, a cui si è avvicinato a 16 anni e di cui prevalentemente si occupa oggi. Si avvicina ai piatti tradizionali con saggezza: «Se si vuole fare qualcosa di innovativo è necessario conoscere bene la base da cui si parte, ma non è detto che questa base vada ricalcata in maniera pedissequa. La sostanza di un piatto è nei prodotti, che poi magari possono essere disposti o presentati in modi diversi». Nel 2009 ha condotto un’importante esperienza lavorativa in Spagna, nello stellato “El Celler de Can Roca”, e nel 2010 è stato incoronato “Chef emergente del Centro Italia”. È attentissimo al dettaglio: «Creativo, pazzo, maniacale? In cucina forse lo si deve essere un po’». Non può fare a meno di: una spatola di plastica che ha le sue iniziali incise sulla punta e che si porta dietro dall’esperienza in Spagna. È stata il suo portafortuna allo “Chef emergente” 2010. Il piatto: “La bolla di Mattia” è il suo cavallo di battaglia: per lui rappresenta l’inaspettato, il tipo di piatto fine e particolare, “decorativo” di per sé. È una bolla di zucchero soffiato che è appoggiata su una ganache di cioccolato e “terra” di cacao e che dentro ha spuma allo zabaione e Marsala, sorbetto al caffè, croccante di pasta sablé e biscotto morbido al cioccolato.
I “figli d’arte”
Arcangelo Tinari Ristorante “Villa Maiella”, Guardiagrele (Ch) Nato il 18 marzo 1985
Dopo essersi diplomato al liceo linguistico di Chieti e aver studiato nella Facoltà di Scienze e tecnologie dell’alimentazione a Mosciano Sant’Angelo, nel 2008 ha cominciato ad assumere un ruolo più decisivo nel ristorante di famiglia e ad impegnarsi a dargli una marcia in più: impresa forse più ardua quando una realtà è già consolidata. Nonostante la giovane età ha le idee molto chiare ed è parecchio determinato sul suo futuro: «Guardare come fanno gli altri fa sempre pensare, e pensare fa sempre bene». Metodico per vocazione e innovativo per scelta, è tornato dall’esperienza come capopartita dal tristellato Michel Bras in Francia (aprile - ottobre 2011, stagione che replicherà quest’anno) rinforzato nell’idea che il senso di appartenenza è il segreto del successo di un’azienda e che il gioco di squadra è tutto. Il suo rapporto con la tradizione? «Mi piace incoraggiare le persone ad “osare” una visione differente delle cose: il rapporto con il territorio resta fortissimo anche di fronte a tecniche di cottura o a prodotti a cui non si è abituati. Un piatto è un concetto». Consacrato dalla Guida dell’Espresso 2012 tra i sette giovani emergenti dell’anno, si vocifera un suo possibile ingresso nei JRE, Jeunes Restaurateurs d’Europe. Non può fare a meno di: un determinato gesto per scaricare la tensione di fronte alle prove più importanti. Il piatto: è una rosa di vitello in camicia di lardo della fattoria di proprietà, cipolla di Fontecchio e rucola. Si tratta di un controfiletto di Chianina marinato con della senape, bardato con il lardo e cotto al cuore a 55°, poi passato alla brace.
Luca Di Felice e Sabatino Lattanzi. Ristorante Zunica 1880, Civitella del Tronto (Te) Nati il 6 maggio 1982 (Luca) e 13 gennaio 1988 (Sabatino).
Gli “adottati”
Entrambi civitellesi, fanno “coppia fissa” in cucina dal 2008, e come le migliori coppie si reggono in equilibrio sulle loro peculiarità opposte: Luca è la forza “conservatrice” e Sabatino quella “innovatrice”. Al primo piace rimanere fedele alle tradizioni, senza negare uno sguardo anche alle altre regioni; il secondo ha un debole per i risotti e per gli esperimenti, in cui gioca molto di colori e di contrasti. Luca ha fatto esperienza fuori regione sin da giovanissimo, soprattutto con incarichi stagionali; Sabatino si è formato all’istituto alberghiero di Teramo ed ha sempre lavorato nella cucina di Zunica, ma coltiva il sogno di creare un piatto che “nessuno ha mai fatto” e che “faccia tradizione” a sua volta. Entrambi nutrono la stessa convinzione, comune a questa generazione, secondo cui i piatti del territorio possono essere adeguati ai tempi moderni e rivisitati nelle tecniche di cottura e nell’apporto calorico (e a volte di colesterolo), con il fine di valorizzare i sapori delle materie prime, prediligendone l’alta qualità e il legame con il territorio e dando loro il giusto rapporto di consistenze. «Non si va da nessuna parte senza conoscere la storia di un piatto e del suo luogo di appartenenza». Non possono fare a meno di: i suoi coltelli (Luca); il rito di un’abbondante camomilla alle sette e mezzo di sera, prima di iniziare il servizio (Sabatino). Il piatto: aspic di tacchino alla Canzanese. Tradizionalmente si tratta di una fetta di tacchino su uno specchio di gelatina, invece si sono cimentati anche loro nella porzione da finger food, in cui gelatina, carne di tacchino e giardiniera vengono sintetizzati in un unico boccone.
Gli “adottati” Vito Pepe e Gianluca Tarquini Ristorante Beccaceci, Giulianova (Te) Nati il 5 febbraio 1985 (Vito) e 20 dicembre 1991 (Gianluca)
Vito è di Monopoli, si è diplomato presso l’Ipssar a Castellana Grotte in Puglia e poi è venuto in Abruzzo per laurearsi in Scienze e tecnologie dell’alimentazione a Mosciano Sant’Angelo. Dal giugno 2005 è fisso in cucina, dove si occupa prevalentemente della pasticceria: nel 2007 gli si è aggiunto stagionalmente il giuliese Gianluca, diventato, prevalentemente per i secondi e gli antipasti caldi, una presenza fissa nel 2011 dopo aver condotto alcune esperienze lavorative nel resto dell’Italia, come quella da Gennaro Esposito. Il punto di forza del loro lavoro in cucina è la circolarità delle mansioni, in virtù della quale non c’è cosa di cui non sanno occuparsi e soprattutto assorbono e imparano dalla più che cinquantennale esperienza della padrona di casa, Maddalena Mazzaufo. Come possono incontrarsi queste due generazioni, che sulla carta sono così lontane? Con il dialogo da entrambi i lati: «La signora è pronta al cambiamento e gli dà il giusto peso – spiegano – e noi, di contro, dobbiamo studiare bene motivazioni e materie prime quando vogliamo proporre qualcosa di nuovo. Dobbiamo ricordarci che l’obiettivo non è creare la novità fine a se stessa, ma dare il giusto valore al prodotto e migliorare la tradizione». I benefici si riscontrano nell’ampliamento dei dessert con proposte innovative sui gelati, e nell’introduzione di nuove tecniche di cottura come la risottatura della pasta. Non possono fare a meno di: il libro di ricette “Una vita in cucina” di Angelo Consoli, fondatore della scuola alberghiera in Puglia (Vito); una coccinella d’argento che tiene sempre dentro l’armadietto (Gianluca). Il piatto: Fusilloro risottato con brodo affumicato, sogliole e tartufo nero. Il brodo viene affumicato su trucioli di faggio completamente carbonizzati.
Gli “spin off ” Carlotta Santoleri Chef a domicilio Nata il 30 luglio 1987
Uno degli “spin off”più spericolati che abbiamo conosciuto è senza dubbio Carlotta Santoleri: terza dei quattro figli del viticoltore Nicola Santoleri, stava studiando a Londra per diventare stilista di moda quando suo padre è scomparso prematuramente. I suoi programmi sono così cambiati a 21 anni, ed è tornata a casa, a Guardiagrele. Presto cucinare è diventato il modo più stimolante per mantenere il contatto con suo padre: la ricerca dei sapori che lui portava in casa ha guidato Carlotta fino a quando non ha deciso, nel giro di dieci minuti, di seguire il consiglio di un’amica. «Ero a Taranto in vacanza e ho avvisato mia madre che non sarei tornata in Abruzzo ma neanche a Londra: sarei andata direttamente in Francia, a studiare all’Ecole Lenôtre». Infine, l’incontro con Heinz Beck a settembre del 2010. «Ero all’Hilton di Roma a frequentare un corso da sommelier: mi emozionava l’idea che al nono piano ci fosse il mio ristorante preferito… perciò ho mandato il curriculum. Dopo un quarto d’ora mi hanno chiamato, e mi sembrava un sogno». Durante gli otto mesi a La Pergola, Carlotta si è guadagnata l’affetto e la stima di Beck e da lui ha imparato la cura estrema per il dettaglio, ma ad aprile 2011 è voluta tornare per riavvicinarsi alla sua famiglia: adesso gli obiettivi sono diventare sommelier e creare «un piccolo laboratorio di cose particolari, lo studio dei viaggi miei e del mio fidanzato Francesco. Abbiamo già cominciato una piccola produzione di cupcake su ordinazione che ha avuto un riscontro inaspettato». Non può fare a meno di: i suoi coltelli, acquistati in Francia con i suoi primi risparmi. Il piatto: scaloppa di foie gras con tartare di manzo all’arancio e mousse di mango.
Gli “spin off ” Luca Mastromattei Ristorante “Pescion”, Pescara Nato il 7 agosto 1983
Consideriamo Luca Mastromattei uno “spin off” perché il suo punto di partenza è il mare, che lo riconduce a suo padre, Eriberto Mastromattei, noto balneatore pescarese. Già a 6 anni, infatti, lo accompagnava in piccole battute di pesca e doveva infilarsi nei suoi stivali di gomma, che quasi gli superavano le cosce. Dopo il diploma all’istituto alberghiero di Pescara ha fatto esperienza per l’Europa e si è stabilito in Inghilterra, a Newcastle, per tre anni: ha lavorato prima in un relais chateau a 5 stelle e poi nel ristorante italiano “Caffè vivo”, che ha co-fondato con il ristoratore Terry Laybourne e in cui ha puntato tutto sul cibo italiano e sui prodotti abruzzesi. Il ristorante è entrato nella guida Michelin 2007. Nel 2008 la scomparsa del padre ha indotto Luca a tornare a Pescara: «Mi sono sentito in dovere di dare seguito all’amore che lui aveva dato alla città. I primi che devono fare qualcosa per Pescara sono i pescaresi». A metà dicembre 2011 è perciò nato “Pescion”, un piccolo ristorante in zona università dedicato alla cucina adriatica: «Mio padre è stato un maestro di vita prima ancora di essere un padre, e anche se lui stesso diceva che i figli non possono essere uguali ai genitori mi ritrovo a replicare la sua vena artistica e ad applicare la sua “ricetta psicologica”: non essere mai stanchi, rinnovarsi». Non può fare a meno di: la conchiglia Strombus che suo padre Eriberto gli riportò dalla Polinesia. Oggi infatti è posta all’ingresso del suo ristorante. Il piatto: ostrica locale, cozze pelose, gamberi rosa con peperone secco dolce, mazzancolle con battuta di mela verde, scampi con vinaigrette all’arancia, filetti di triglia con pistacchio tostato, olio extravergine di oliva.
Gli “spin off ”
Nicola Fossaceca Ristorante “Al metrò”, San Salvo (Ch) Nato il 22 gennaio 1983
Appena diplomato all’Ipssar di Termoli, insieme a suo fratello Antonio (classe 1971) ha intrapreso l’avventura di aprire, annesso alla pasticceria di famiglia, un ristorante di pesce. Per qualche anno si è occupato di pesce in maniera tradizionale, poi nel 2005 il cambio drastico: «Quello che più ci differenzia dalle vecchie generazioni è la maggiore possibilità di fare ricerca, sia per la rapidità dei nuovi strumenti sia per le nuove conoscenze sulle materie prime», spiega. “Fare il cuoco” per lui non si limita a soddisfare la fame, ma è l’opportunità di curare una ristorazione fuori dal comune: perciò tra le priorità ci sono il confronto con tutti, che è strettamente legato all’evoluzione personale e professionale, e la tensione costante a fare sempre meglio, mantenendo uno standard qualitativo alto sia in materie prime sia in termini di accoglienza. Sì ad una cucina leggera, quindi, con meno olio possibile e tempi brevi di cottura. «Un piatto deve essere diretto, arrivare al cliente per la sua sobrietà e “pulizia”, e prendere spesso spunto dalla tradizione». Premiato a “Lu carrature d’ore” 2008 per il piatto più innovativo, nominato Chef emergente del Centro Italia nel 2009 e annunciata “promessa” Michelin, se gli si chiede qual è il suo prossimo obiettivo Nicola risponde: «Continuare a migliorare». Non può fare a meno di: un grembiule usato e regalatogli da Moreno Cedroni, uno dei suoi primi punti di riferimento insieme a Niko Romito. Descrizione ricetta: filetto di rombo laccato con salsa alle cipolle e mele, con foie gras e puntarelle di cicoria appena scottate in padella. La salsa è ottenuta in forno con l’aiuto di carta alimentare.
c come maîtres
DI NADIA MIRIELLO / FOTO_MARIO DI PAOLO
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Quelli che… ci invitano a mangiare
Una professione minacciata dal “mordi e fuggi” Non c’è da stupirsi se con il dilagare di fast food, kebab e take away, che rispecchiano e assecondano lo stile di vita d’individui “flipper”, sempre di fretta e ostaggio degli impegni quotidiani, la figura del maître di sala sia ormai a rischio di estinzione. Così almeno pare. A minacciare la sopravvivenza di questa professione “romantica” e affascinante sarebbe pure la crisi economica galoppante, che da una parte spinge i ristoratori a tagliare il più possibile il personale di sala, ripiegando sulla gestione in famiglia, e dall’altra rende più “concorrenziali” locali di poche pretese dove coperto e servizio al tavolo addirittura non si pagano (in barba ad atmosfera ed eleganza del pasto!) e nei quali s’azzera pure l’imbarazzante rituale della mancia perché piatti pronti e posate li prendi da te. Eppure se davvero il maître, progressivamente oscurato anche dall’avanzata professionale e mediatica degli chef, dovesse soccombere al cambiamento sociale, culturale e di mercato in atto, per la qualità della ristorazione e per la sua storia sarebbe una grave ed imperdonabile perdita. Forse non tutti sanno che il maître esiste sin dalla fine dell’800; anzi l’origine del mestiere risalirebbe addirittura al ciambellano di corte, che nel XV secolo era responsabile del benessere dei Signori e in quanto tale vigilava pure sul buon andamento della cucina. Ufficialmente, però, il titolo di maître nasce verso la fine del XIX secolo: fu lo svizzero César Ritz ad introdurre una gerarchia del personale addetto al ristorante, ponendovi a capo il maître, appunto, che attraverso i secoli è riuscito a ritagliarsi un ruolo sempre più strategico e di prestigio. E per di più legittimamente, visto che, insieme allo chef di cucina e al direttore, il “maestro di sala” fa il bello e il cattivo tempo nel settore food and beverage di un ristorante o di un albergo. Talvolta è affiancato da un suo secondo, all’occorrenza promosso supplente, e nelle strutture di grandi dimensioni può disporre anche di un terzo assistente. Grazie all’elevata preparazione tecnico-specialistica, il maître è il “regista” occulto del servizio di ristorazione: coordina la brigata di sala (chef de rang, sommelier, commis, hostess), sia per l’attività che per i turni di lavoro; prende le ordinazioni e mantiene continuamente il rapporto con i clienti; si occupa della mise en place e dell’aspetto estetico della sala, talvolta seguendo un preciso filo conduttore tematico; programma i menù scegliendo ciò che ritiene più adatto alle esigenze della clientela ed evitando possibili ripetizioni dei piatti nei brevi periodi; si preoccupa anche dell’accoglienza dei clienti, della presentazione del menù e della carta dei vini e raccoglie eventuali indicazioni, complimenti o reclami. I più bravi si spingono fino a preparare in diretta piatti alla lampada con la tecnica del flambè, utilizzando il fuoco con perizia: “fa scena” e dà un tocco di gusto in più a ricette dolci o salate. Inutile precisare che, per garantire efficacemente tutti questi compiti che evidentemente richiedono non solo le capacità e abilità proprie di un cameriere, ma anche le
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doti comunicative di un public relation man e la sensibilità visiva di un designer, il maître deve possedere conoscenze svariate, che spaziano dall’enogastronomia, all’economia aziendale fino al funzionamento del mercato della ristorazione, passando per la sociologia e la psicologia. Affatto semplice! Del resto, è da lui che dipende essenzialmente l’immagine del ristorante, valorizzata e rafforzata da qualità, raffinatezza, originalità e attenta cura dei particolari. Come “ingranaggio” chiave del sistema, il maître merita dunque un compenso adeguato che ripaghi la professionalità, la dedizione, il senso di responsabilità, nonché i sacrifici fatti per una formazione all’altezza del ruolo, e quelli che si fanno e si dovranno ancora fare nel corso di una carriera dai ritmi lavorativi serrati e non sempre regolari, per la quale non contano week end e festivi. Purtroppo, sarà la sfiducia verso un mestiere sottovalutato, poco riconosciuto e mal pagato, sarà pure la fuga dei giovani all’estero, in Italia stanno diventando sempre più introvabili i camerieri professionisti; e i maître propriamente detti sono una vera e propria rarità, da ricercare nei ristoranti più chic, negli hotel deluxe e nei bar esclusivi. Peccato: la preparazione e l’entusiasmo di Paride D’Angelo, Davide Lepore, Giuseppe Procaccini, Alessio Spadone e Pascal Tinari, i giovani abruzzesi che noi di “C come Magazine” vi facciamo conoscere più da vicino, con e senza divisa, dimostrano che con un po’ d’impegno e mettendo in conto una faticosa gavetta, magari fuori dai confini nazionali, questa professione può regalare ancora belle soddisfazioni e interessanti prospettive lavorative. Per il buon vecchio maître o cameriere professionale che dir si voglia (e quindi non semplici “portapiatti”) non è ancora arrivato il momento di appendere il panciotto al chiodo…
«Questa figura ha le capacità e abilità proprie di un cameriere, ma anche le doti comunicative di un public relation man e la sensibilità visiva di un designer»
Nome e cognome: Davide Lepore Zunica 1880 – Civitella del Tronto (Te) Nato il 28 febbraio 1986 Non può fare a meno di: mettere la musica classica di sottofondo al servizio, preferibilmente Michele Di Toro, in un hi-fi di qualità. Per avere solo 25 anni ed essere un autodidatta, con in tasca il diploma di Ragioniere e alle spalle 4 anni d’esperienza da agente di commercio, Davide è già a buon punto nella carriera. Dopo un corso di barman a Giulianova ha imparato il mestiere sul campo ed oggi si prende cura dei clienti dello Zunica, cercando di migliorare a poco a poco la qualità del servizio con empatia e savoir faire. Per lui il difficile della professione è soprattutto l’essere imperturbabili o almeno provarci: avete presente il protagonista dell’aria “Vesti la giubba” tratta da “I Pagliacci” di Leoncavallo? Insieme a lui abbiamo conosciuto Giuseppe Procaccini, classe 1987, che dopo dieci anni trascorsi all’hotel Zunica, dapprima come cameriere estivo e in seguito come maître di sala a tempo pieno, ha deciso di trasferirsi a Milano per crescere professionalmente e fare nuove esperienze. Da pochi mesi è al Bulgari Hotel Resort.
Nome e cognome: Paride D’Angelo Casa D’Angelo – Fara Filiorum Petri (Ch) Nato il 24 novembre 1989 Non può fare a meno di: un cavatappi, con il quale immagina di poter sempre aprire…nuove porte sul futuro. La passione per il servizio di sala comincia da bambino, quando gironzolava tra i tavoli del ristorante di famiglia e disturbava il personale al lavoro. Papà Gaudenzio, che insieme ai fratelli Alvaro e Lucio ha ereditato l’attività avviata dai nonni mezzo secolo fa,
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è presidente dei Sommelier d’Abruzzo: senza dubbio un modello, ma anche una bella sfida per Paride, che legge tutti i suoi articoli, lo ammira nelle interviste tv e al contempo ambisce a diventare più preparato, capace e famoso di lui. Puntiglioso, caparbio ed esigente con se stesso e con i collaboratori, è diplomato ragioniere e frequenta Economia e Commercio a Pescara, ma va fiero soprattutto del titolo di sommelier professionista conseguito appena diciottenne con un corso AIS. A soli 22 anni conserva esperienze indimenticabili: ha avuto l’onore di servire il Presidente della Repubblica ed è stato in brigata di servizio al G8 di L’Aquila. Attualmente a “Casa D’Angelo” si occupa della carta dei vini, dei menù, di gestire il personale e all’occorrenza si diletta pure ai fornelli sotto lo sguardo vigile dello zio. Talvolta si mette alla prova, facendo le veci del babbo. Ama il contatto con i clienti, soprattutto consigliare o confrontarsi su pietanze e abbinamenti.
Nome e cognome: Pascal Tinari Ristorante Villa Maiella – Guardiagrele (Ch) Nato il 24 maggio 1989 Non può fare a meno di: tenere in giacca una penna Delta e il cavatappi de “Il miglior sommelier del mondo”, assegnato nel 1989 al sommelier dell’Auberge de l’Ill. La famiglia innanzitutto, cui è molto affezionato. Papà Peppino tuttofare, mamma Angela cuoca, il fratello Arcangelo cuoco e lui, invece, rapito dal fascino della sala: quella del “Villa Maiella”, fiaschetteria fondata dai nonni negli anni ‘60, poi diventata trattoria e trent’anni fa ristorante. Ha studiato da ragioniere, ma puntava alla ristorazione. Il dubbio era tra cucina e servizio in sala: determinante per la scelta è stato l’incontro con Antonio Santini, titolare del 3 stelle “Dal Pescatore” di Canneto sull’Oglio, vicino Mantova, dove Pascal andò dopo il diploma per fare l’aiuto chef e si ritrovò cameriere, scoprendo la propria vocazione e i trucchi del mestiere sotto la supervisione del guru Santini. Affascinato dal contatto con la clientela, il giovane guardiese ha
proseguito l’esperienza all’Auberge de l’Ill, in Alsazia, il cui fondatore è stato tra gli iniziatori della nouvelle cuisine. In Francia Pascal ha assorbito e fatto sua la cultura del maître, che gli dà una marcia in più nel lavoro. Iscritto all’AMIRA (Ass. Maîtres italiani ristoranti ed alberghi), studia da sommelier con l’AIS e sogna di fare altra pratica in Germania, per dare impulso all’attività di famiglia.
Nome e cognome: Alessio Spadone La Bandiera – Civitella Casanova (Pe) Nato il 16 settembre 1988 Non può fare a meno di: il tanto desiderato sciabolino per lo champagne, che finalmente ha ricevuto in dono lo scorso dicembre. Famiglia e lavoro vanno a braccetto nella storia professionale e personale di Alessio, al quale è affidato il servizio di sala nel ristorante “La Bandiera” dei suoi, dove papà Marcello, mamma Bruna e il fratello gemello Mattia (al quale è attaccatissimo) si occupano invece della preparazione dei piatti. Dopo il liceo scientifico e l’attestato di sommelier AIS, già certo di voler lavorare nella ristorazione, è approdato al ristorante “Enoteca Pinchiorri” di Firenze, uno dei più prestigiosi 3 stelle Michelin, dove è rimasto un anno come responsabile di sala e aiuto sommelier. Del mestiere la fatica e le difficoltà non lo spaventano e l’appassiona soprattutto il rapporto con le persone; l’amministrazione invece non fa per lui. Il suo modello? Manco a dirlo: papà Spadone, che ha portato in alto il nome del ristorante fondato nel 1977 da nonna Anna convertendo in trattoria una rivendita di sali e tabacchi. Nel futuro di Alessio c’è la prosecuzione di questo percorso imprenditoriale. Ma non prima d’aver fatto un po’ d’esperienza in Francia, la patria dei vini, il primo amore di questo giovane dalla carriera sicuramente in ascesa.
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c come produttori
DI MARCELLA PACE / FOTO_MARIO DI PAOLO
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comeMagazine speciale under trenta LA CULTURA ENOGASTRONOMICA ABRUZZESE IN UN FREEPRESS
Quelli che… ci danno da mangiare.
Ecco chi si occupa delle nostre materie prime. Francesca, Giovanni, Lisa, Perla, Luigi, Laura, Franco, Roberto, Danilo, Miriam. Solo nello scrivere quest’elenco, mi viene l’acquolina in bocca. Perché, vi chiederete? Dietro questi nomi, c’è tutta la qualità, la genuinità e i sapori d’Abruzzo. Soprattutto c’è la creatività che solo giovani come loro possono mettere in campo. Soprattutto c’è la creatività che solo giovani come loro possono mettere in campo. Alcuni sono fratelli, altri concorrenti; c’è chi è riservato, chi è più sfacciato. Di sicuro tutti sono mossi da una grande passione. Per alcuni ereditata dalle generazioni che li precedono, per altri maturata nel tempo. Ma tutti la indirizzano per valorizzare il loro territorio. Insomma hanno molto in comune questi nomi: tutti hanno meno di 30 anni; tutti sono produttori abruzzesi, capaci di soddisfare i palati più diversi. Partiamo dagli antipasti a base di pecorini e salumi saporitissimi; accompagniamo questi prodotti tipici con amabili calici di vino; condiamo il tutto con armonici oli, infine concludiamo con una golosissima cioccolata. Ognuno di questi giovani talenti, seguendo l’istinto, le inclinazioni e la formazione acquisita, si è ritagliato il suo spazio nell’azienda di famiglia; ognuno ha già portato una ventata di freschezza nel panorama produttivo regionale. I fratelli Fracassa, Roberto e Luigi, da quando due anni fa sono entrati a pieno ritmo nei cicli produttivi della loro azienda agricola, sulle colline teramane, hanno basato la loro filosofia sul biologico e sul biodinamico. I pecorini e i salumi della loro azienda hanno sapori naturali. «Nessun additivo chimico, nessuna spezia aggiunta – spiega Roberto – ciò che deve essere esaltato è il sapore di alta qualità delle nostre carni. È per questo che abbiamo scelto, per il nostro salame, di utilizzare il sale dolce di Cervia». «Vogliamo essere un’azienda di nicchia – specifica Luigi – fornire un prodotto che si distingua da quello industriale ed uscire dagli schemi della gastronomia abruzzese, mediante un’artigianalità all’avanguardia». Nessuna aggiunta chimica, quindi. «Un prodotto di qualità arriva buono già dalla campagna». In questo caso parliamo di vino, ma le basi sono le stesse. Anche i fratelli Santoleri, Giovanni e Francesca, puntano sulla genuinità e la purezza delle loro materie prime. Soprattutto vogliono diventare grandi insieme alla loro azienda, «produrre ottimo vino e mandare avanti la cantina» spiegano. Per farlo, guardano ai mercati esteri e hanno avviato un percorso di innovazione tecnologica, fatto di pannelli fotovoltaici e raccolta di acqua piovana. Vale lo stesso per Luigi Di Camillo che crede molto nell’innovazione costante della sua Tenuta “I Fauri”. Dopo anni di esperienze tra i vitigni del Triveneto è approdato sulle colline chietine pieno di voglia di sperimentare. È stato lui ad ideare etichette ormai divenute di punta, come Albarosa, Graffionero e Spumante dei Fauri, grazie alla collaborazione con un altro talento dell’enologia veneta. «Sì all’innovazione – precisa – ma senza dimenticare le radici. Sono convinto che sia fondamentale rispettare l’autoctonia dei vigneti e allo stesso tempo elaborare un gusto ricercato. In questo, aiutano molto le interazioni con altri enologi, che sono stimolanti e rendono ancora più appassionante l’arte di fare il vino». Anche per “Abruzzovini”, la forza deriva dalle moltissime collaborazioni extra regionali che contribuiscono PAG 41 / SPECIALE UNDER TRENTA / C COME PRODUTTORI
alla produzione di vini unici e variegati. Ce lo racconta Danilo Giampaolo, che da quasi 7 anni segue il padre Luigi, nella loro azienda, nella vallata del Pescara. Quello della famiglia Giampaolo è un percorso inverso: la loro è un’azienda molto conosciuta all’estero, dall’Europa, agli Stati Uniti, fino al Giappone, per questo oggi puntano al mercato. «L’Italia – spiega Danilo – è un mercato saturo e noi siamo abituati ad altri tipi. Riuscire a penetrare anche in quello italiano e quindi ingrandirci è uno dei nostri obiettivi principali». «In Italia, si è abituati al fatto che ognuno beve il proprio vino ed è per questo che il nostro cavallo di battaglia è il mercato estero». È un’esperienza simile alla “Abruzzo Vini”, quella della cantina “Il Feuduccio”, nata da una famiglia di toscani tra le colline di Orsogna. Paolo Jr e Alessandro Neri, giovanissimi come i loro vini, mirano ora all’Italia, ma soprattutto vogliono far conoscere il buon vino ad un pubblico più giovane. Non a caso si dedicano con entusiasmo all’organizzazione di eventi degustativi scegliendo location della movida pescarese, cercando di attrarre un pubblico under 30. «Il cliente è fondamentale per qualunque impresa – precisa Paolo – ed è per questo che noi riponiamo un’attenzione particolare su ognuno di loro. Non esitiamo a partire e a raggiungere persino la Cina o l’Australia per conoscere i clienti che bevono il nostro vino. Ora però puntiamo su quelli italiani». Espansione contraria, invece, per altri due fratelli vignaioli. Loro sono Franco e Perla, all’anagrafe Pasetti, ma oramai si sentono “Contesa”, come il nome della loro azienda.
Una storia aziendale difficile alle spalle, che però li ha resi ancora più sicuri della loro identità, fortemente legata alla Tenuta di Collecorvino dove si è appena conclusa la fase di ampliamento in una cantina completamente rinnovata. «È il modo in cui ci presentiamo che ci rende “Contesa” – specifica Perla. Chi si rivolge a noi non è solo un cliente: c’è prima una relazione alla base e poi scatta la collaborazione. Paradossalmente tutto ciò è ancora più semplice negli Stati Uniti o in Gran Bretagna, dove stiamo investendo molto». Si, perché sono proprio i mercati oltre confine, gli obiettivi principali della loro cantina, «magari quelli emergenti, come Brasile e Cina - aggiunge Franco – sempre nel rispetto delle tradizioni e delle radici». Quando si parla di radici non si può fare a meno di pensare a Massimiliano D’Addario e alle olive dell’azienda “Palusci Marina”. Lui, che definisce il rapporto con le sue piante «quasi ancestrale», tiene molto alle sue colline pianellesi e alla sua identità. Questo giovanissimo mastro oleario, ogni anno produce l’unico olio in Abruzzo ad essere catalogato come Eccellenza Olearia Italiana e ad aver ricevuto le 5 gocce di Bibenda, coniugando antichissime piante secolari ad un modernissimo frantoio. Sono tante le soddisfazioni che l’Abruzzo raggiunge grazie a questi talentuosi produttori. Sono proprio la passione, l’impegno e l’unione di Giovanni e Lisa Centini, che li hanno portati a guadagnare per la loro cioccolateria una segnalazione da parte del Gambero Rosso come primo bar di Teramo per qualità, servizio e creatività. In questo paradiso del gusto è possibile assaporare insolite varietà di cioccolata,
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da quella alla cipolla, a quella alla propoli, dai cioccolatini al sale, fino a quelli alla genziana, prodotti con cura nella “Centini Chocolate”. Ed è l’essere uniti, giovani ed appassionati al loro settore, che ha portato lustro anche ad altri due fratelli abruzzesi, Giovanna e Francesco dell’azienda agricola “Chiarieri”. Con i loro secolari vini e oli di qualità, sono arrivati in Francia, al Vinexpo di Bordeaux, la fiera internazionale del vino, grazie al riconoscimento tra le migliori 30 esperienze giovanili del settore vitivinicolo. I due giovani produttori pianellesi hanno anche ottenuto un finanziamento per investimenti in marketing e pubblicità, grazie al riconoscimento tra le 15 esperienze imprenditoriali giovanili in agricoltura su territorio nazionale. Il proverbio “l’unione fa la forza” calza davvero a pennello per Paola e Laura Del Casale. È proprio il legame che c’è tra queste sorelle che le carica di entusiasmo nel lavoro quotidiano nella loro cantina vastese. «Nel nostro vino – dicono quasi in coro – ci sono le nostre personalità schiette e spontanee. Chi viene a trovarci in azienda, nel nostro agriturismo, dove ci sono camere e sale degustative – continuano – non è solo un cliente per noi. Diventa parte della famiglia. Quello che vogliamo trasmettere è il nostro modo di essere e l’attenzione che riponiamo sulla qualità dei nostri vini». Stessa filosofia anche per i 5 fratelli Giuliani: Francesca, Luigi, Fabrizio, Antonella e Lidia, che da anni affiancano il papà Sante nella produzione dei gustosissimi salumi “Peppone”. È proprio grazie al fervore della quarta generazione che questa quasi secolare azienda aquilana, negli ultimi anni, si è completamente rinnovata.
Uno stabilimento di 5000 mq, nuovissimi packaging e originalissime etichette. E poi prodotti dai sapori inaspettati. Sono tante le novità introdotte per diffondere il più possibile la qualità dell’antichissima tradizione dei norcini aquilani. Pure per l’azienda “Pasetti Vini” la parola d’ordine è qualità. Francesca, Massimo e Davide sono orgogliosi dei loro vigneti nel cuore del Parco del Gran Sasso e Monti della Laga. Le uve della loro cantina crescono tra 450 e 550 metri di altezza in una coltivazione quasi biologica. «Per fare un buon vino – precisa Francesca – subentrano molti fattori, tra cui un clima adeguato e un’altitudine importante. È per questo che abbiamo investito tanto sui nostri terreni». Lo hanno fatto e continuano a farlo anche Miriam Masciarelli e la sua famiglia, con la loro azienda agricola dislocata tra le 4 province abruzzesi. Seguendo le orme dei genitori, coniugando la loro esperienza alla sua spasmodica passione per l’arte, questa giovanissima produttrice vinicola segue con tanta creatività l’aspetto enoturistico della sua cantina. Grazie alla cornice esclusiva del Castello di Semivicoli, vicino a San Martino sulla Marrucina (Chieti), Miriam si dedica all’organizzazione di eventi dove l’arte, la filosofia e la cultura si incontrano con le speciali etichette “Masciarelli”. Sono in gamba, questi giovani produttori. Hanno attenzione, competenza e tanto talento. Ma soprattutto, basta guardarli negli occhi, che la loro passione diventa palpabile e rassicurante sul futuro di qualità dei prodotti abruzzesi.
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c come speciale under trenta e Francesca si sono divisi i compiti. Lui, che si definisce enologo “da assaggio” e ha la passione per il vino da quando aveva 8 anni e si divertiva a giocare con qualcosa di “proibito”, si occupa della parte tecnica dell’azienda, seguendo le sue uve dalle vigne fino a tavola. Francesca cura l’aspetto amministrativo da ormai 4 anni. Insieme vogliono modellare un’azienda che guardi alle moderne tecnologie tenendo ben saldo un piede nella storia, dalla quale trarre la forza della tradizione.
Giovanni, Francesca, Eugenia Santoleri Azienda agricola “Santoleri Crognaleto”, Guardiagrele Ch Nati il 9/11/1982, 19/01/1984, 24/06/1993 Non possono fare a meno di: sostenersi a vicenda
Giovanni, un fiume in piena; Francesca, più pacata; Eugenia, decisamente più riservata. Sono fratelli e insieme portano avanti la loro azienda vitivinicola. Una cantina, quella della famiglia Santoleri, che nasce grazie al nonno, con la produzione della prima etichetta nel 1970. Il padre Nicola prende in mano le redini dell’azienda e loro crescono tra vigne, vendemmie e botti, scegliendo altre strade. Giovanni si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza, Francesca a quella di Economia e Gestione delle imprese. È poi la tragedia della perdita del padre ad introdurli nell’azienda di famiglia. Nonostante improvviso, l’ingresso in cantina ha già concesso a Giovanni e Francesca grandi soddisfazioni. In attesa che anche Eugenia finisca il liceo scientifico, intraprenda studi universitari e si unisca a loro in azienda, Giovanni
Roberto Fracassa Azienda agricola “Fracassa”, Sant’Egidio alla Vibrata (Te) Nato il 26/06/1985 Non può fare a meno di: un tatuaggio che ha fatto 4 anni fa per ricordarsi ogni giorno che bisogna saper affrontare i cambiamenti.
Sono due anni che Roberto concilia i suoi studi in Biotecnologie presso l’università di Teramo con la saporitissima produzione di formaggi e salumi dell’azienda agricola paterna “Fracassa”, ma già durante i suoi studi superiori, nell’indirizzo chimico
dell’istituto tecnico industriale, dava il suo contributo all’attività familiare. Ha scelto di affiancare suo padre occupandosi di molti rami aziendali, dalla produzione alla promozione, fino a parte della commercializzazione dei suoi prodotti. Ma quest’ultimo settore è più campo del fratello maggiore Luigi. Pur senza aver mai frequentato corsi specifici, si avvale quotidianamente di consulenze tecniche a livello industriale così da produrre un costante accrescimento nella qualità. Mosso dalla passione per il suo mestiere, Roberto ha sempre messo in primo piano l’etica del lavoro, che passa attraverso il benessere dei suoi collaboratori, garantendo sicurezza e un’attenzione particolare alle loro esigenze. Con l’obiettivo di diventare un produttore che ha apportato un contributo al suo territorio, questo giovanissimo imprenditore ha già introdotto molte novità tecnologiche, volte al raggiungimento di salumi di qualità.
Perla Pasetti Azienda Agricola “Contesa”, Collecorvino (Pe) Nata il 26/10/1983 Non può fare a meno di: una bottiglia di “Amir” in cantina, il vino dedicato al fidanzato Ha respirato profumo di mosto fin da piccolissima. Quella di Perla è una famiglia di viticoltori da generazioni e lei è cresciuta tra vendemmie e fiere vinicole insieme ai suoi fratelli, Franco,
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c come speciale under trenta delle tradizioni ma soprattutto della natura e di tutte le fasi della filiera agroalimentare.
Paola e Laura Del Casale Azienda agricola “Sergio Del Casale”, Vasto (Ch) Nate il 14/3/1986, 21/09/1988 Non possono fare a meno di: la telefonata alla nonna per raccontare ogni successo personale e lavorativo.
neotrentenne, Ugo, che oggi è un wine broker a Londra, e il piccolo Pierpaolo. Perla non pensava di occuparsi dell’impresa quando ha scelto i suoi studi universitari, prima con la laurea triennale in Comunicazione e Marketing e dopo con la specialistica in Marketing d’impresa. Ma poi perfino le tesi l’hanno sempre riportata alla sua passione per il nettare di Bacco. Dopo un master in “Marketing del vino”, frequentato alla Scuola del Gusto del Gambero Rosso, si occupa ormai da 4 anni a tempo pieno dell’azienda “Contesa” insieme a suo padre Rocco Pasetti, che continua ad essere l’enologo della cantina, alla mamma Patrizia e al fratello Franco, che gestisce il settore commerciale. Tante le novità apportate dalla creatività e dal talento di questa giovane produttrice, dal completo rinnovo delle etichette fino alla creazione di una linea di vini rivolta ad una fascia di mercato più esclusiva. Tutti insieme intendono consolidare sui mercati nazionali ed internazionali i loro vini, prodotti nel rispetto
Sono più che sorelle, Paola e Laura. Si capiscono con uno sguardo. Parlano quasi all’unisono. Hanno la stessa ardente passione per il loro vino. Fin da piccolissime sono divenute indispensabili alla cantina vinicola “Sergio Del Casale”, affiancando i genitori Sergio e Lucia. Oggi stanno costruendo il loro futuro intorno alle preziose uve della loro terra. Dopo aver entrambe frequentato l’Istituto agrario, assecondando le loro inclinazioni,
hanno scelto strade diverse. Paola si è iscritta alla Facoltà di Enologia e Viticoltura e ha già ottenuto
tantissimi riconoscimenti per i vini da lei prodotti. Recentissima la medaglia d’oro conquistata al Vinitaly per il suo Montepulciano. Laura, invece, sta frequentando la Facoltà di Economia del turismo, e ha già messo in pratica la sua intuizione sull’eno-turismo. È fonte di rilevanti soddisfazioni, per l’intera famiglia, l’agriturismo dedicato agli amanti del vino, costruito nel cuore della loro bottaia e già frequentato da moltissimi turisti. I compiti di queste due solari sorelle sono distinti, ma gli obiettivi univoci. Nei progetti, accuratamente elaborati insieme, c’è il desiderio di far conoscere i loro prodotti, di conquistare i veri amanti del vino e di rendere l’azienda un mezzo per promuovere la loro adorata Vasto.
Massimiliano D’Addario Azienda Agricola “Palusci Marina”, Pianella Nato il 06/02/1984 Non può fare a meno di: le sue olive, con cui “chiacchiera” tutte le sere prima di andare a dormire Si presenta come un “uomo di ferro” proprio come il suo olio, Massimiliano D’Addario, giovanissimo mastro oleario pianellese. Quello che prova per le sue olive è un amore atavico ritrovato a 16 anni, quando dopo aver intrapreso l’Istituto tecnico industriale, la sua spiccata predisposizione per la tecnologia ha lasciato il posto al suo dirompente sentimento agricolo. Da quel momento, un percorso di studi
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c come speciale under trenta e di ricerca continui e numerosi corsi di specializzazione lo hanno portato a diventare un Mastro di frantoio talentuoso e qualificato. Di competenza Massimiliano ne ha da vendere e lo ha già dimostrato con tutte le novità introdotte nella sua azienda. Dall’ammodernamento del frantoio alla collocazione dei suoi prodotti nella ristorazione di alta fascia. D’altra parte, questo per lui non è solo un mestiere, ma una vera
e propria missione: una missione nella quale lui è solo un passaggio di una staffetta generazionale, con il compito di tenere in custodia gli olivi che ha ereditato per poi consegnarli alle future generazioni. La sua è una filosofia che lo spinge a volare alto e lo dimostra il suo sogno nel cassetto: riuscire, “da bravo tecnico”, a realizzare due campagne olearie in un anno, una in Italia e l’altra in Australia o in Giappone.
Luigi Di Camillo Azienda Agricola “Tenuta I Fauri”, Chieti Nato il 10/06/1983
Non può fare a meno di: un libro di chimica enologica, riposto sempre nel suo laboratorio analisi
Non ha nemmeno 29 anni, e Luigi Di Camillo è un enologo competente che ha sentito la sua “vocazione” già subito dopo la scuola. Luigi ha imparato l’arte del vino prima sui libri, alla Facoltà di Agraria, e poi tra le variegate vigne del Triveneto, frequentando la laurea specialistica in Enologia e Viticoltura presso l’Interateneo di Padova, Verona e Friuli. Ora sono quasi 4 anni che si divide tra le due cantine dell’azienda di famiglia “Tenuta I Fauri”: quella più tecnologica, dedicata alla produzione di bianchi e rosati, e quella più tradizionalista, dove si vinificano i rossi. Insieme ai genitori e alla sorella più grande Valentina, che dopo una laurea in Chimica e Tecnologie farmaceutiche ed un corso di Enologia si occupa dell’aspetto marketing dell’azienda, Luigi si dedica con passione ai 40 ettari di vigneti della sua Tenuta. Per Luigi, quella del vino è un’arte
che ogni giorno cerca di affinare con sperimentazioni e interazioni. Sono tante le sue ricercatissime creazioni, che spaziano dai vini più classici a piccole produzioni di oli, fino ad una grappa di vinacce di Montepulciano, e che conservano l’intento di rimanere onesti nei confronti del consumatore. Prossimi obiettivi: Giappone, America, Cina, Gran Bretagna e Belgio, da dove ha già ottenuto risposte positive.
Lisa e Giovanni Centini Cioccolateria “Centini Chocolate”, Bisenti (Te) Nati il 23/05/1988, 18/12/1989 Non possono fare a meno di: la patente del nonno, che porta sempre con sé (Lisa); la chiacchierata a fine giornata con il nonno (Giovanni)
Saper fare i dolci è nel loro Dna. D’altra parte, con un nonno fornaio e un papà prima pasticciere e ora maestro cioccolatiere, non poteva che essere così anche per i fratelli Centini. Dopo aver frequentato il Liceo artistico, né Giovanni e né
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c come speciale under trenta Lisa hanno avuto dubbi. Anche se Lisa si è iscritta alla facoltà di Scienze Motorie, ha deciso come il fratello che il suo futuro è nel laboratorio di cioccolato costruito dal papà Ezio sotto le cime del Gran Sasso. È già da due anni che questi due giovani teramani sono immersi tra le molteplici varietà di golosissimo cioccolato che tutta la famiglia produce artigianalmente. Entrambi si dividono tra il laboratorio, dove ogni giorno carpiscono i segreti che danno vita a cioccolate dai connubi originalissimi, e il negozio, che proprio loro due portano avanti da un anno nel centro di Teramo. A dare una mano ogni tanto c’è anche la sorella minore Virginia, che frequenta ancora il liceo, ma che ad appena 18 anni è già un’ottima pasticciera. Cioccolate estremamente naturali, gusti audaci e packaging accattivanti permettono a questi cioccolatieri in erba di crescere e di espandere l’azienda sempre di più, alla ricerca costante di un ulteriore consolidamento del loro marchio di qualità.
Giovanna e Francesco Chiarieri Azienda Agricola “Chiarieri”, Pianella (Pe) Nati il 16/04/1984, 16/12/1988 Non possono fare a meno di: ripetere alcune frasi, che custodisce gelosamente, e di alcuni suoi anelli (Giovanna); inviare un sms alla sua fidanzata prima di ogni evento importante (Francesco) Rappresentano la quarta generazione in fatto di produzione
di vini e di olio. Giovanna e Francesco Chiarieri sono saltati sul carro della loro quasi secolare azienda agricola tra le colline pescaresi e hanno già salde tra le mani le redini dell’attività di famiglia. Lei, degustatrice di olio con una laurea in Scienze Manageriali, gestisce la contabilità e l’amministrazione dell’azienda “Chiarieri”. Lui, enologo già da quando aveva 22 anni, si diverte
a creare nuovi vini, combinando uve nate nella splendida cornice tra l’Adriatico e la Maiella. Dietro il lavoro di questi due fratelli c’è una dedizione totale verso un’arte che rappresenta tutta la loro vita. Ma soprattutto c’è l’amore per un mestiere che si tramanda di generazione in generazione già dal 1927, quando Ciriaco Chiarieri inizia la sua avventura. Oggi questi due fratelli, che hanno trascorso tutta l’infanzia tra i 50 ettari della loro Tenuta, tra vigneti e uliveti, vanno alla ricerca di nuovi mercati e canali di vendita da conquistare con i loro prodotti genuini. Vini e oli che fanno della qualità e di un connubio perfetto tra tradizione e innovazione i loro punti di forza.
Francesca Pasetti Azienda Agricola “Pasetti vini”, Francavilla (Ch) Nata il 6/09/1983 Non può fare a meno di: un rametto di basilico, conservato in una copia della tesi, che suo nonno le ha regalato il giorno della laurea. Capelli rossi come il colore dei vini che lei e la sua famiglia, enologi di antica tradizione, producono da sempre. Lei è Francesca Pasetti, 29 anni a settembre e dal curriculum molto ricco. Dopo una laurea in Economia e Management e il Master in Comunicazione e giornalismo enogastronomico del Gambero Rosso, diventa sommelier, degustatrice di olio e perfino di acqua. Sempre vicina all’attività della “Pasetti vini”, è da tre anni che affianca i genitori e il fratello Massimo, 27 anni appena compiuti, che sta in cantina tutto il giorno. È Francesca che si occupa, infatti, di quello che lei non definisce un lavoro bensì la sua quotidianità: la gestione organizzativa della società. Insieme a Massimo e a Davide, il terzo dei fratelli, attualmente iscritto alla Facoltà
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I nostri più affezionati clienti.
La prima azienda mangimistica italiana con sistemi certificati di gestione per la qualità e per l’ambiente. Dal 1981 la SAGeM produce e fornisce mangime di prima qualità per i propri clienti, senza trascurare le necessarie garanzie per i nostri produttori. Il ciclo di produzione, denominato Natura Ciclo Completo, avviene con un controllo attento e costante delle fasi di semina e raccolto. Qualità e rispetto processi di etto dei naturali p nutrimento sono i principi che guidano lavoro. no il nostro lavo oro. L L’accurata selezione delle materie prime rende il nostro mangime di qualità superiore. e.
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di Enologia di Milano, Francesca vuole continuare sulla stessa scia dei genitori, guidando un’azienda nella quale è la loro unione a fare la differenza. Ma sono anche tanti altri i progetti in cantiere: dal rinnovo completo della cantina ad investimenti tra le vigne della loro Tenuta, immersa tra il Gran Sasso e della Maiella, fino a nuovi sbocchi nei mercati esteri, dove già i loro vini sono più che conosciuti.
Danilo Giampaolo Azienda Agricola “Abruzzo Vini”, Cepagatti, Pescara Nato il 24/03/1985 Non può fare a meno di: “giocare” con i suoi anelli quando è nervoso La scuola non era proprio il suo forte… o almeno è quello che racconta. Ma adesso le cose per Danilo Giampaolo, classe 1985, figlio di Luigi, creatore e titolare dell’azienda agricola “Abruzzo Vini”, sono decisamente diverse. Finito il liceo scientifico Danilo, che non ama stare sui libri ma ha una “sfrenata passione” per il vino, ereditata dalla famiglia, non ci pensa due volte e inizia da subito la sua esperienza enologica. Da quel momento affianca il padre e trascorre la sua quotidianità ad assorbire ogni più piccolo segreto nella gestione dell’azienda di famiglia. Sì, perché per ora Danilo ha scelto di occuparsi del settore commerciale della società, ma non esclude di seguire corsi più specifici, così da dare un contributo ancor più significativo anche alla produzione dei suoi vini, creati dai vigneti della
vallata del Pescara in una coltura che si divide tra il biologico e l’innovazione tecnologica. Anche se ad oggi le decisioni sono prese di concerto con il padre, Danilo il futuro della sua azienda ce l’ha ben chiaro nella mente: continuare ad ingrandire e consolidare la presenza della grande varietà e qualità dei prodotti “Abruzzo Vini” in tutta Italia oltre che in Europa, in Giappone e in America dove ad oggi hanno conquistato una ragguardevole fetta di mercato.
Paolo Neri Jr Azienda Agricola “Il Feuduccio di Santa Maria d’Orni”, Orsogna (Ch) Nato il 05/09/1985 Non può fare a meno di: il suo cellulare, prolungamento della mente e del corpo Parlantina sciolta, accento toscano, anima ormai abruzzese. Lui è Paolo Neri Jr e insieme ai tre fratelli e ai suoi genitori si dedica totalmente al suo “Feuduccio”. Sono trascorsi 12 anni da quando Paolo si è trasferito in Abruzzo dalla Toscana con
tutta la famiglia, che oggi produce vini di qualità alle pendici della Maiella. Dopo aver frequentato il Liceo scientifico a Pescara, Paolo è tornato di nuovo nella sua Firenze per laurearsi in Studi internazionali, ma intanto ha continuato a coltivare la sua passione per il vino seguendo corsi da Sommelier. Conclusa l’esperienza universitaria, da più di un anno si occupa full time del webmarketing dell’azienda, segue i rapporti con i clienti più esigenti e promuove la sua cantina ad un pubblico under 30. Con lui in azienda c’è anche uno dei 3 fratelli, il ventiduenne Alessandro, che dopo il diploma in ragioneria gestisce l’amministrazione del “Feuduccio”.
È un’azienda relativamente giovane la loro, ma con obiettivi ben precisi, come promuovere l’intero territorio abruzzese, che a detta di Paolo è troppo poco valorizzato, con il vino in Italia e all’estero, dove le loro uve hanno già trovato uno spazio considerevole; e diventare una cantina di punta per la regione, mantenendo unita la famiglia e tramandando l’arte della vinificazione alle generazioni future.
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«La linea è stata completata il 30 luglio 1888 e per 240 Km disegna una cintura sullo “Stivale”»
c come treni
DI MONICA ANDREUCCI / FOTO_EMILIO TOTARO
Golosità ferroviarie L’appettito viene sulla Pescara-Roma Peccato che tra le tante celebrazioni per il 150° dell’Italica Unità, nella nostra regione non si sia pensato di organizzare un treno speciale, tra fanfare e tricolori, lungo la linea che collega l’Adriatico alla Capitale. Anche i binari da Pescara a Roma, decisamente squalificati dall’apertura dell’Autostrada A24 (almeno nel tratto transappenninico, tra Sulmona e Tivoli), avrebbero avuto così il loro quarto d’ora di celebrità, magari ripercorrendone la ricca storia che s’intreccia con gli eventi unitari. E sottolineandone l’eccezionale varietà di prodotti agroalimentari tipici delle zone attraversate. I 240 km di questa strada ferrata disegnano una cintura sullo “Stivale”, attraversando l’Abruzzo da parte a parte, incontrando quindi un po’ tutti i microclimi, i terreni, le esposizioni, le correnti d’aria di casa nostra e, così, snocciolano ai turisti del gusto più disponibili e curiosi molte delle tipicità enogastronomiche regionali. La linea, completata il 30 luglio 1888, ha un tracciato la cui elevatissima tortuosità si giustifica solo in parte con l’attraversamento di ben due schiene appenniniche, ossia i margini della Piana del Fucino. Intanto il percorso da Pescara a Sulmona, il primo ad entrare in esercizio, il 1 marzo 1873, venne pensato come parte della linea che collegandosi a Terni da una parte ed a Napoli dall’altra, avrebbe unito la zona umbro-toscana con il Tirreno evitando lo Stato Pontificio. La seconda parte dell’itinerario, progettato dopo la presa di Roma, senza più quindi doverla bypassare per questioni politiche, rappresentò il collegamento tra la Capitale e l’Abruzzo, quasi una ‘Salaria-Tiburtina Valeria’ via treno. Nel viaggio si possono individuare alcune stazioni che coagulano più opportunità di scoperta agroalimentare del
territorio che gli sta intorno; certo che a partire dalle rive dell’Adriatico per…tuffarsi nei nostri monti, il primo impatto è già eccezionale, perché ci si infila nelle Gole di Popoli, là dove le catene della Maiella e del Gran Sasso si incontrano tra le rive dell’AternoPescara. Appena prima, a Tocco da Casauria, già si dovrebbe scendere dal convoglio per assaporare tutti i 72 gradi della Centerbe. Quindi, dopo Popoli, si slarga scenografica la Conca Peligna, con al centro Sulmona: come non fare un pensierino ai suoi confetti (nel 1853 se ne producevano 1.000 libbre al giorno!) ed al torrone tenero al cioccolato? I binari ora sembrano volersi conficcare nel fianco del Monte Prezza, ma solo fino allo sbocco del fiume Sagittario, perché alla stazione di Anversa si cambia direzione quasi di 180°. Buffo vedere che qui, per andare alla stessa destinazione, l’autostrada e la ferrovia prendono due direzioni opposte. Ci si alza molto di quota, e la veduta è splendida, con la piana Peligna là sotto. Dopo poco, alcune gallerie tra cui quella più lunga della linea, quella di Carrito da cui si apre uno squarcio su una valletta ch’è davvero enclave per i buongustai. È lì il posto in cui andare a scovare le diverse qualità di mele della Valle del Giovenco, quelle antiche dal profumo inconfondibile e dal sapore che non si può raccontare. Qui, tra l’altro, anticamente, durante la mietitura si faceva l’acquata, un vino leggero spremendole con la seconda torchiatura dei raspi d’uva. Il resto è l’Avezzanese, col suo antico lago – sulle cui sponde pare corresse, neanche a dirlo, una linea ferroviaria – le parabole di Telespazio ed i camion di ortaggi. Quindi Tagliacozzo, e giù fino a Tivoli e alla congestione della metropoli.
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anversa
è la “porta” delle spettacolari gole del fiume Sagittario, riserva naturale di grande pregio ambientale e paesaggistico. Nonostante l’orografia tormentata, pur con quantitativi assai limitati, questa Valle – in cui si snoda la strada che, passando per Scanno ed il suo lago, sale fino al Parco Nazionale PNALM raggiungendo Passo Godi – presenta tipicità agroalimentari di tutto rispetto, certificate dall’allora ARSSA quale “prodotto tradizionale d’Abruzzo”. Di queste, ovviamente legate all’attività silvopastorale, vanno segnalate la salsiccia di fegato con miele ed il caprino abruzzese. La prima è originale variante della salsiccia di fegato consueta, al cui impasto è aggiunto un 10/15% di miele e mosto cotto; sarebbe stata introdotta dai Duchi d’Acquaviva, Signori di Atri e di buona parte dell’Abruzzo nel pieno del loro fulgore, i quali ne avrebbero appreso la ricetta da mercanti veneziani. Riguardo al formaggio, la procedura originale viene localizzata nell’area di Villalago e reca un prodotto che può essere consumato sia relativamente fresco sia stagionato. Tra le realtà produttive indigene, dove poter trovare anche altre specialità gustose, la più strutturata è “La porta del Parco”. Nunzio Marcelli e famiglia sono stati pionieri inventandosi, ancora vent’anni fa in tempi grami per l’agroalimentare ruspantemente genuino, una tra le più originali forme di autofinanziamento: “Adotta una pecora”, anche grazie ai primi collegamenti del web, è arrivata dappertutto, contando tra i proprietari virtuali dei capi da loro allevati persone distanti decine di migliaia di Km ma che, dal paesino abruzzese sperduto, ogni stagione ricevono i prodotti del loro ovino o caprino sponsorizzato.
Le pecore di Nunzio Marcelli si fanno strada nella neve (foto scattata da cellulare, febbraio 2012, concessa da Adotta una pecora)
introdacqua, come ricorda il nome
stesso, è un paese ricco di acque provenienti dai vicini rilievi, tra cui il Monte Genzana, che da sempre alimentano una rigogliosa agricoltura. Qui, in Località “Cisterna”, sorge il laboratorio fondato da Sabatino Pingue nel 1889. I loro salumi sono ottenuti da “maiali pesanti allevati su paglia”, tecnica poco diffusa che dà grande benessere agli animali, provenienti dagli allevamenti sia locali che dell’azienda tutti nella Valle Peligna. Ecco quindi le brigantelle (salsicce) di carne, al fegato e tartufate, i coglioni di mulo dalla tradizione norcina di Campotosto, la lonza, il salame affumicato al Montepulciano d’Abruzzo o al tartufo, la ventricina, il salame
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di capra, i prosciutti, le salsicce sott’olio e sotto strutto, lo strutto. Da non perdere il guanciale del Brigante, considerato un pezzo “minore” eppure una delle parti più gustose e saporite del maiale. Si tratta di lardo venato di magro ottenuto dalla ganascia che viene “consata”, cioè miscelata, con gli ingredienti tipici (sale, pepe, aromi naturali provenienti da erbe locali) e fatta riposare. Dopo un periodo di asciugatura a temperatura e umidità sotto controllo, il guanciale viene stagionato molto lentamente con il solo clima, particolarmente favorevole, della zona. In passato era il rancio per i briganti che infestavano le nostre terre, oggi indispensabile per bucatini all’amatriciana e spaghetti alla carbonara, ottimo gustato a fette sul pane. Molto particolare è poi il capriccio d’Abruzzo, un salame di capra che nasce da un’antica ricetta dei pastori della Valle Peligna e della Valle del Sagittario, praticata fino agli anni Settanta per trovare una soluzione alle capre di… fine carriera. Dal connubio tra la loro carne (solo magra e di capi sani e robusti: il grasso non si presta ad essere insaccato) e grasso di maiale pesante, si ottiene una vera leccornia. Il composto, che viene “consato” aggiungendo pure bacche di ginepro, è quindi insaccato in budello naturale di suino legato a mano e delicatamente stagionato.
«Il mostocotto è testimoniato da queste parti sin dal tempo dei Romani» prezza:
il paese si svela, suggestivo, poco alla volta, con le sue antiche case abbarbicate sul limite Ovest della Conca Peligna, terra ad alta vocazione vitivinicola tanto che, fin dall’antichità, viene ricordata per i suoi pregevoli vini. Nel cuore del paese sorge Praesidium, l’azienda di Enzo Pasquale, ricavata in parte da una grotta naturale dove sono conservate botti in legno di rovere per l’invecchiamento del vino. Una passione trasmessa a tutta la famiglia che collabora, tra l’altro, imprimendo pazientemente su ogni bottiglia la ceralacca rossa, divenuta inconfondibile segno distintivo. Loro specialità sono anche il mostocotto e la ratafià. Il primo è testimoniato da queste parti sin dal tempo dei Romani. Secondo il metodo tradizionale, il mosto fiore ottenuto da uve selezionate di Montepulciano d’Abruzzo viene fatto bollire per sedici ore a fiamma moderata in un grande recipiente di rame, rimestando continuamente finché, da dieci litri iniziali, ne restano solo due. Può essere utilizzato per preparare dolci o, al posto del miele, su formaggi stagionati, ricotta, frutta, come le pere al forno; è ottimo anche sulle verdure grigliate e sulla carne bollita. A Prezza viene usato per insaporire una prelibatezza locale, il baccalà in agrodolce. La Ratafià invece è un liquore che nasce dal felice connubio, tramite sapiente macerazione, tra le qualità organolettiche del Montepulciano e le proprietà aromatiche delle ciliegie amarelle, tipiche della vicina Raiano. Un prodotto che si accompagna magnificamente alla pasticceria secca, al cioccolato amaro e ai gelati.
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«Morbidezza e fragranza sono qualità che durano nel tempo»
fucino:
L’area di quello che fu lo specchio d’acqua più vasto d’Italia – la cui necessità di prosciugamento perché paludoso, quindi malsano, era avvertita fin dall’epoca Romana – da quasi due secoli concentra quantità rilevanti di produzioni orticole nazionali. Nell’alveo dell’antico lago si coltivano, tra l’altro, due specialità agroalimentari d’eccellenza come la patata degli Altipiani d’Abruzzo e la carota dell’altopiano del Fucino. La prima si distingue per la lunga capacità di conservazione, mantenendo le caratteristiche organolettiche rese uniche dalla tipicità dell’ambiente in cui cresce. Oltre all’uso consueto, proprio questi tuberi rendono “prodotto tradizionale” nostrano il pane con le patate, dall’impasto ottenuto con farina di grano “solina” (la cui coltivazione è documentata in Abruzzo fino dal XVI secolo) miscelata a piccoli
frammenti del biondo tubero. Morbidezza e fragranza sono perciò qualità che durano nel tempo. Quanto alla carota locale, si presenta con superficie perfettamente liscia, quindi idonea meglio di altre a successive lavorazioni, con particolare tenerezza e croccantezza, oltre alla dolcezza del sapore. Inoltre risulta altissimo il tenore di carotene e vitamine. Tra gli utilizzi più recenti, specialità tanto curiosa quanto gustosa è la confettura extra di patate, preparata unendo ai tuberi mela, arancia, zucchero e vaniglia, ottima sia spalmata sul pane a mo’ di merenda sia d’accompagno a formaggi e ricotte. È la ditta pescarese “Borgo d’Abruzzo” a realizzarla, insieme ad un’originale crema di carote alle erbe con cui si definiscono tartine e bruschette, inusitato condimento per pastasciutte delicate e carni di carattere.
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c come ricette
A CURA DELL’UNIONE CUOCHI ABRUZZESI
“lu Taralle de Sande Biascje” (il tarallo di S. Biagio) Fin dall’antichità il pane ha assunto significati magico-sacrali, tanto che in Abruzzo vengono realizzati diversi pani devozionali che prendono forme diverse a seconda delle ricorrenze religiose. Il 3 febbraio, ad esempio, ricorre la festa di S. Biagio e in quasi tutta la regione si prepara “lu Taralle de Sande Biascje” (il tarallo di S. Biagio): ciambelle di pasta pane leggermente dolci e profumate con semi di anice. La tradizione vuole che la loro forma circolare ricordi la gola, di cui il Santo è protettore. Si narra, infatti, che mentre il vescovo di Sebaste percorreva la strada che lo portava al martirio, salvò un ragazzo che stava soffocando a causa di una lisca di pesce con l’imposizione delle mani sulla sua gola. Nelle chiese abruzzesi il 3 di febbraio i parroci benedicono la gola dei fedeli e anche i taralli, che, secondo la credenza popolare, acquistano un potere sacrale-terapeutico, infatti per consumarli non bisogna tagliarli con il coltello ma spezzarli con le mani. Anticamente, alcuni pezzi di tarallo venivano conservati per mangiarli quando si soffriva di mal di gola. S. Biagio è anche il patrono di Taranta Peligna, perché prima di essere decapitato fu torturato con i pettini dello “scardasso”, tipico attrezzo utilizzato per la cardatura della lana, e Taranta nel Medioevo era rinomata per la produzione della lana con cui si realizzavano le caratteristiche coperte chiamate “Tarante”. In ossequio al Santo, dal 1536 nel piccolo centro in provincia di Chieti si preparano le panicelle, una sorta di piccole focacce realizzate affiancando quattro cordoni di pasta pane delle dimensioni e della forma delle dita della mano, timbrati con l’effigie di San Biagio.
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Ingredienti per 5 taralli: 200 g di farina di grano tenero 00, 50 g di lievito madre, 20 g di zucchero semolato, 30 g di strutto, 120 g d’acqua, 2,5 g di semi di anice. Sciogliere lo strutto. Amalgamare la farina con tutti gli ingredienti e impastare. Formare il panetto e lasciare lievitare. Dividere il composto in 5 parti, formare dei cordoni chiuderli a cerchio e lasciarli lievitare di nuovo. Cuocere in forno a 170° per 30’. (Ricetta di Lorenzo Pace)
La Cicirchiate (cicerchiata) Molto probabilmente la trasformazione del nome in cicerchiata deriva dalla somiglianza delle palline con la cicerchia, una varietà di legume anticamente molto diffusa in regione. È la versione abruzzese degli struffoli napoletani. La cicerchiata si è affermata in Abruzzo come dolce tipico legato alla ricorrenza del Carnevale, non a caso è riconosciuto come prodotto agroalimentare tradizionale abruzzese. Il Carnevale è il giorno in cui si mangiano infinite leccornie prima del digiuno quaresimale: la cicerchiata, appunto, si inserisce perfettamente nei piatti “dell’abbondanza”, in quanto è molto ricca di miele e i confetti colorati richiamano l’estrosità carnevalesca. Le aree del Sangro e della Frentania sono le zone dove viene preparata di più, grazie alla grande quantità e qualità di miele che si produce in quel territorio e in modo particolare nel Comune di Tornareccio.
Ingredienti per 6 persone: per la pasta: 500 g di farina 00, 60 g zucchero, 4 uova, 60 g di Trebbiano d’Abruzzo, 40 g d’olio extravergine d’ oliva. 400 g d’olio extravergine d’oliva per friggere. Per il condimento: 250 g miele Millefiori di Tornareccio, 50 g di zucchero. Per la guarnizione: 20 g di confettini colorati. Per la pasta: impastare la farina con gli ingredienti e lasciarla riposare per 1 ora in frigorifero. Ricavare delle piccolissime palline, friggerle e scolarle su carta assorbente. Sciogliere il miele con lo zucchero e farci rotolare le palline finché è caldo. Versare il composto su di un tavolo inumidito, formare 6 ciambelle e decorarle con i confettini colorati. (Ricetta di Ernesto Cinalli)
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c come libro
“Sapori dal mondo” Quando il cibo accorcia le distanze Nasce da un’esperienza di solidarietà a Martinsicuro il libricino curato da Giovanna D’Angelo per la Zikkurat International Business. Si tratta di una raccolta di ricette multietniche, declinate al femminile, che ha saputo unire in un unico intento donne di origini diverse, pronte a raccontare con erbe, caratteri speziati e piatti singolari, le loro differenti culture del “saper fare”. Questa esperienza nasce in seno all’associazione “On the Road” ed è stata condotta da Giovanna D’Angelo in qualità di educatrice responsabile del progettolaboratorio finanziato dalla Fondazione Vodafone. Grazie a questo percorso, ragazze di diverse nazionalità e con la necessità di inserirsi nel mondo del lavoro sono diventate chef d’eccezione, riuscendo ad acquisire, con il gusto del divertimento e lo spirito dell’attività manuale, competenze utili per offrire una possibile professionalità nel campo della ristorazione. Divise per antipasti, salse, pani, pasta secca, risotti, zuppe, primi e secondi piatti, dessert e infine crêpes sia salate sia dolci, sono decine le ricette raccolte in questo libricino, provenienti dalla saggezza italiana sì, ma anche rumena, albanese, marocchina, così come greca, cubana e nigeriana.
«Questa esperienza nasce in seno all’associazione “On the Road” per un progetto di inserimento nel mondo della ristorazione»
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c come news Solo Città Sant’Angelo alla Bit
Neanche quest’anno la Regione Abruzzo è stata presente alla Bit di Milano, che si è svolta dal 16 al 19 febbraio, ma a differenza del 2011 la reazione dei media in regione è stata uguale inferiore a zero. Ci siamo già rassegnati a visitare la Bit solo come operatori e non come protagonisti? Ad ogni modo l’Abruzzo è stato degnamente rappresento dal Comune di Città Sant’Angelo, che come l’anno scorso è stata ospite nello stand riservato ai Borghi più Belli d’Italia. Come riferito dal consigliere delegato Luciano Camerano, lo stand è stato dedicato alla promozione delle attività ricettive sul territorio angolano e alle bellezze artistiche del borgo di Città Sant’Angelo. Se l’anno scorso la gastronomia locale è stata rappresentata da Ekk Abruzzo in sintesi, quest’anno i prodotti tipici sono stati portati dall’associazione agricola “Terre Alto Angolano”, proponendo in degustazione olio, pane, prodotti caseari e conserve sott’olio e sottaceto di Città Sant’Angelo. L’attività di marketing territoriale prosegue a Trieste dal 2 al 5 marzo, per l’esposizione “Olio Capitale”.
È la prima volta che Identità Golose, in otto edizioni, proclama un abruzzese migliore cuoco dell’anno: il meritevole è Niko Romito, che in prossimità dei sei mesi di rodaggio della nuova struttura CasaDonna a Castel di Sangro, all’inizio di febbraio 2012 si è visto consegnare a Milano il premio di Identità Golose come miglior cuoco dell’anno direttamente dalle mani di Casimiro Maule, direttore della cantina Nino Negri. Il bistellato di Rivisondoli ha presentato “Carote, olive nere e pane” e “Agnello affumicato”. Il convegno di cucina d’autore organizzato da Paolo Marchi ha avuto come tema di quest’anno “Oltre il mercato” ed ha riscontrato ancora più successo degli altri anni, anche in virtù di una felice concomitanza: quella del “Milano Food and Wine Festival”, al quale hanno partecipato oltre 100 cantine italiane e in cui l’Abruzzo è stato rappresentato da Cantina Zaccagnini, Fattoria La Valentina, Feudo Antico, Marramiero, Masciarelli, Pasetti e Tenuta Ulisse. (Foto: Alessandro Castiglioni)
il periodo di programmazione 2007-2013 dei Fondi Strutturali. L’Unione del Sinello (Carpineto Sinello, Carunchio, Casalanguida, Castiglione Messer Marino, Celenza sul Trigno, Guilmi, Montazzoli, Palmoli e Torrebruna) è uno dei due partner italiani del progetto, insieme alla Comunità montana dell’Alto Basento (Basilicata). Dalla Bulgaria partecipano la Camera di Commercio e Industria e il Comune di Devin, mentre la Romania aderisce con l’Istituto nazionale per lo sviluppo del Turismo e l’Istituto nazionale per l’economia. Quindi, l’Istituto per lo sviluppo della Slovenia, il Károly Róbert College d’Ungheria, per chiudere con la Grecia e l’Università di Atene. Quest’attività transnazionale vuole favorire e stimolare la formazione di imprenditori del patrimonio culturale.
Qualità Abruzzo in Val Badia
Nasce il progetto “Sagittarius”
Niko Romito chef dell’anno L’Unione dei Comuni del Sinello ha presentato “Sagittarius”, progetto transnazionale europeo per la valorizzazione dei territori e dei prodotti tipici locali e per il Turismo sostenibile. È parte integrante del Programma Sud-Est Europa del nuovo obiettivo 3 Cooperazione Territoriale Europea per
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Dopo gli appuntamenti prestigiosi al Convoglia di Roma e al Caffè Pedrocchi di Padova, e la partecipazione a Vini Buoni d’Italia organizzata dal Touring Club, Qualità Abruzzo a gennaio ha aggiunto un altro importante tassello alle sue attività. Gli chef dei ristoranti Beccaceci, Arca, Elodia, Mediterraneo, l’Angolo d’Abruzzo, La Bandiera, Il Ritrovo d’Abruzzo, Locanda Manthonè, La Conchiglia D’Oro, Zunica 1880 e Villa Maiella hanno curato una cena per 400 persone in Val Badia per la Chef’s Cup SüdTirol 2012: ospiti d’eccezione della serata Fausto Arrighi, direttore della guida Michelin, Anna
Scafuri, Luigi Cremona, Elvio Corelli, Davide Di Corato e grandi chef di fama internazionale. Padroni di casa di questa tradizionale festa sono stati “I Dolomitici”, i tre ristoranti dell’Alta Badia: Ristorante St. Hubertus – Relais & Chateaux Rosa alpina, Ristorante la Siriola – Hotel Ciasa Salares e Ristorante la Stüa de Michil – Hotel La Perla, che hanno ospitato amici e colleghi provenienti da tutta Italia e dal mondo.
Un progetto di educazione alla celiachia
Si chiama “Un Parco per amico – alleanza terapeutica per la malattia celiaca” ed è un progetto di formazione rivolto a tutti gli operatori turistici: ristoratori, gestori di bar e di B&B del distretto “Terre della Baronia” del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Si è svolto a gennaio in due tappe ed è parte del progetto della Regione Abruzzo “Tesori e Sapori dell’Abruzzo montano”, ed è un’azione del Por-Fesr “Valorizzazione dei territori di montagna” che si realizza con il coordinamento scientifico della dottoressa Nunzia Semperlotti, del reparto di Gastroenterologia dell’Ospedale Civile di Pescara. L’obiettivo principale è l’addestramento degli operatori turistici nella preparazione e la manipolazione di alimenti privi di glutine affinché anche i malati di celiachia possano soggiornare nel Parco in piena sicurezza e trovarvi una varietà di alimenti consentiti, anche tra i prodotti tipici. Le attività
del progetto si concluderanno a maggio con un convegno a Castel del Monte (Aq).
Cene a quattro mani
Con il 2012 sono ricominciate le “Cene a quattro mani” da Marzia Buzzanca a “Percorsi di gusto” in via Leosini a L’Aquila. I primi due appuntamenti del 2012, con Renato Bosco a gennaio e William Zonfa a febbraio, sono stati riuscitissimi: le aspettative per le prossime iniziative non sono inferiori. La formula è sempre la stessa: il connubio vincente fra l’arte di uno chef o di un maestro della pizza e l’arte della ristoratrice Marzia Buzzanca si svolge nella cucina del locale di via Leosini, che è stato il primo a riaprire nel centro storico dell’Aquila e a rimanere aperto fra tanti sacrifici e con tanta forza di volontà. Grazie anche alla partnership del portale Scatti di Gusto, l’iniziativa ha una risonanza mediatica che mette sotto i riflettori la situazione aquilana. I successivi appuntamenti sono con Heinz Beck il 3 marzo a pranzo e con Mauro Uliassi il 2 aprile a cena. In via di decisione la data con Gianluca Fusto.
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c come controeditoriale DI DANIELE DI VITTORIO/ DIRETTORE MARKETING C COME MAGAZINE
“Nel bene e nel male l’importante è che se ne parli” ...Sicuro? Abbiamo assistito negli ultimi mesi ad una serie di operazioni di comunicazione che ci ha lasciato un po’ perplessi. La più eclatante è stata la campagna di comunicazione dell’Associazione Italiana Sommelier, una campagna pubblicitaria nata per “svecchiare” l’immagine dell’AIS e presentata al Vinitaly 2011, che ultimamente è salita agli onori della ribalta a causa dell’errore dell’agenzia di pubblicità che l’ha ideata, quando ha pubblicato sul suo sito, insieme ai visual approvati, anche quelli scartati. Si tratta di proposte molto audaci, che hanno fatto il giro dei social network in un nanosecondo. L’aspetto che lascia più perplessità è stato il concetto, in tutti i visual, di usare la donna come oggetto di una comunicazione che, probabilmente, dovrebbe avvicinare sia gli uomini (naturalmente) sia le donne, incuriosite dal “mondo dei sommelier”. Peccato che in realtà questo mondo sia un mondo estremamente raffinato e di qualità, che nulla a che fare con l’immagine frivola e superficiale che viene trasmessa, specialmente nei visual esclusi. Conoscere il mondo del vino è cultura: dovrebbe essere questo ad affascinare le persone che vogliono avvicinarcisi. La campagna giusta dovrebbe comunicare tutto il terroir e il lavoro che ci sono dietro un bicchiere di vino, a partire dalla potatura e dalla vendemmia,
passando per l’affinamento e l’imbottigliamento, per finire al servizio e all’abbinamento. Se non si riesce a comunicare questo, si rischia di avere, fra qualche anno, dei sommelier a cui importa solo far colpo sulle ragazze, o delle sommelier che vogliono solo mettersi in mostra con il bicchiere in mano. Oggi non è più valido il vecchio detto “purchè se ne parli”: se ne deve parlare bene. E questo non succede se si fa leva sul nome purtroppo ambiguo di un vitigno abruzzese e si viene notati dalla stampa nazionale solo per questa scelta: sicuramente si raggiunge l’obiettivo di far parlare di sè, ma non quello di trasmettere una comunicazione positiva. Il web amplifica tutto e a maggior ragione amplifica gli aspetti negativi di una notizia. Ne ha fatto le spese anche Mc Donald’s, che in America ha lanciato una operazione di comunicazione su Twitter dal tema «Raccontateci le vostre McStorie». Nel giro di pochissimo tempo il popolo della rete ha iniziato a raccontare le sue esperienze... ma erano tutte negative! L’operazione si è quindi rivelata un boomerang e Mc Donald’s l’ha dovuta interrompere.
(Fonti: www.intravino.com; www.aisitalia.it; www.corriere.it)
«Oggi non è più valido il vecchio detto “purchè se ne parli”: se ne deve parlare bene. Il web amplifica tutto e a maggior ragione amplifica gli aspetti negativi di una notizia»
www.dececco.it
Da
125
anni salvaguardiamo
un grande patrimonio del nostro Paese.
La pasta è tra le più grandi tradizioni del nostro Paese. E noi di De Cecco la manteniamo intatta dal mulino alla tavola. Il cuore del grano viene macinato e impastato a freddo con acqua purissima. La pasta viene trafilata al bronzo ed essiccata lentamente, seguendo un metodo antico e sapiente. Per questo di De Cecco ce n’è una sola, da 125 anni.