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comeMagazine
ABRUZZESE IN UN FREEPRESS
ANNO 4 - NUMERO 24 - APRILE / MAGGIO/GIUGNO 2012
LA CULTURA ENOGASTRONOMICA
c come
Speciale Vinitaly
Speciale Ancestrale
William Zonfa
Un Abruzzo di...vino
Naturale, il cibo della memoria
A L’Aquila è nata una stella
Due Consorzi per un Abruzzo di…vino Ottantasette aziende vitivinicole abruzzesi si sono allineate quest’anno ai dettami dell’Europa e, accorciandosi le maniche, hanno scelto di adeguarsi pur di essere presenti alla fiera del vino più importante che c’è. Cinquantacinque di loro si sono organizzate nell’ambito dei due consorzi, il Consorzio di tutela Vini d’Abruzzo e il Consorzio di tutela Colline Teramane Docg, mentre le altre hanno mantenuto gli stand propri o hanno condiviso spazi nuovi, come hanno fatto alcuni membri dell’associazione Vignaioli abruzzesi, sempre comunque nell’area Abruzzo. COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE / FOTO_MODIV_PIERGIORGIO GRECO_AIS
«L’Abruzzo ha partecipato al Vinitaly con quasi 90 cantine, 55 delle quali riunite nel Consorzio di tutela Vini d’Abruzzo e nel Consorzio di tutela Colline Teramane Docg»
c come inserto / vinitaly 2012
Seguendo il percorso avviato nel 2011, la Regione
La perplessità generale legata al cambio di date
Abruzzo e il Centro Interno delle Camere di
e alla permanenza nel padiglione più lontano
Commercio hanno coordinato le aree istituzionali,
rispetto all’entrata è stata vinta quasi subito dalla
compreso lo spazio dedicato all’Enoteca Regionale
constatazione che l’afflusso di persone è rimasto
d’Abruzzo, mentre i due Consorzi di tutela hanno
invariato: niente ressa come in altri padiglioni,
curato la parte promozionale e il programma delle
e il consueto poco “passeggio” di curiosi è stato
degustazioni. «Si tratta di una scelta in linea con
compensato anche quest’anno da una buona
la nuova politica promozionale che la Regione
circolazione di visitatori realmente interessati.
Abruzzo affida alle società consortili costituite dai produttori con la Misura 1.3.3. del Piano di
Il primo premio “Decanter – Città di Castelli”
sviluppo rurale – ha spiegato l’assessore regionale
L’edizione 2012 del Vinitaly si è aperta per l’Abruzzo
alle politiche agricole Mauro Febbo – attraverso
con una presenza speciale: Tinto e Fede della
la quale i produttori hanno finalmente un ruolo di
trasmissione di Radio2 “Decanter” sono stati i
protagonisti all’interno di una programmazione
protagonisti della prima edizione del Premio
condivisa».
“Decanter – Città di Castelli”. La consegna del
Quest’anno per la prima volta il Vinitaly è durato tre giorni e non quattro (dal 25 al 28 marzo), ed è iniziato di domenica invece di finire di lunedì. Il cambio di data ha rappresentato semplicemente una sincronizzazione con le modalità europee, e inoltre è andato incontro alle esigenze di operatori e ristoratori, che generalmente osservano i giorni di chiusura tra il lunedì e il mercoledì.
premio si è svolta la mattina del 25 marzo nel Padiglione Abruzzo. Perché proporre decanter in ceramica? Nel 1996 una missione archeologica americana, proveniente dall’Università della Pennsylvania e diretta da Mary Voigt, ha scoperto nel villaggio neolitico di Hajji Firuz Tepe, nella parte settentrionale dell’Iran, una giara di terracotta della capacità di 9 litri, contenente una sostanza secca proveniente da grappoli d’uva. La notizia è stata
«Montepulciano d’Abruzzo e Pecorino spuntano nelle classifiche dei vini più venduti nel canale Gdo in Italia»
ÂŤIl settore vitivinicolo abruzzese rappresenta oltre il 20% della produzione lorda vendibile agricola regionale e il 6% di quella vinicola nazionaleÂť
c come inserto / vinitaly 2012
riferita dal Corriere Scienza del 15 ottobre 2002, in cui
note del sassofonista Nicola Fazzini, il direttore
si aggiunge che i reperti rinvenuti risalivano al 5100
artistico di Pescara Jazz Lucio Fumo e il presidente
a.C:, quindi... a 7000 anni fa! Considerato che
di Cantina Tollo Tonino Verna hanno parlato
la tradizione ceramica si è sviluppata a Castelli già in epoca etrusca e i primi reperti datati risalgono al XV secolo (anche se è dalla seconda metà del 1500 che questa arte vive il suo periodo di massimo splendore), ecco spiegato il fine del progetto: restituire al vino e alla ceramica il loro legame millenario.
della 40esima edizione del Festival che si svolgerà
Il Decanter in ceramica, in particolare, ha due
vigneti di collina selezionati per realizzarlo.
pellicole vetrose, quella interna e quella esterna,
La partnership ha mosso i suoi primi passi a Chicago dal 24 al 27 aprile 2012, in una serie di eventi istituzionali coordinati dalla Regione Abruzzo in cui sono stati presentati sia il cartellone del Festival 2012, sia il vino di Cantina Tollo Montepulciano D’Abruzzo Doc della linea Colle Secco.
contenenti la spugna argillosa: fibra di sicura coibentazione. L’iniziativa “Il millenario legame tra la forma e la sostanza – Il vino si decanta in ceramica” è stata sviluppata da Giorgio Pistocchi, presidente del Centro Ceramico Castellano, dal sindaco Enzo De Rosa e dalla sommelier Antonietta Mazzeo in collaborazione con l’AIS Abruzzo.
quest’estate a Pescara, rimarcando anche il fatto che è il più longevo Festival Jazz in attività in Italia. La presentazione dell’alleanza al Vinitaly si è conclusa con la degustazione del nuovo Rosso di Cantina Tollo “409”, uno dei primi vini rossi abruzzesi a fregiarsi della nuova Dop regionale Abruzzo. Il nome del vino, “409”, indica l’altitudine media dei
Nello specifico, sono stati organizzati due concerti Il matrimonio tra il PescaraJazz e la Cantina Tollo.
del PescaraJazz Ensemble (una formazione ad
Nell’ambito del Vinitaly 2012 è stata anche presentata
organico variabile composta di musicisti legati
alla stampa abruzzese e a quella nazionale l’alleanza
al Festival) al Chicago Jazz Showcase; è stato
tra Cantina Tollo e il Pescara Jazz Festival. Sulle
presentato il programma 2012 del Pescara Jazz in
c come inserto / vinitaly 2012
una conferenza stampa presso l’Istituto Italiano di
Bocchetti ha proposto un itinerario tra mare e
Cultura; e al Columbia College è stato illustrato un
montagna.
pacchetto turistico ad hoc ed è stato organizzato
Ospite dello stand Abruzzo è stato anche il progetto
un concerto del PescaraJazz Ensemble con la
di comunicazione di “Civiltà del bere” “La nascita
Columbia Jazz Orchestra ed un ospite prestigioso,
del mito – Giovani Docg italiane”, promosso dalla
il chitarrista Mike Stern.
Provincia di Teramo come Ente capofila: una presentazione itinerante delle docg Conero, Roero,
Le degustazioni.
Montecucco Sangiovese, Morellino di Scansano,
Almeno due appuntamenti per ogni mattina hanno attirato l’attenzione dei visitatori del padiglione 11.
Aglianico del Vulture e Montepulciano d’Abruzzo
Il Consorzio di Tutela Vini colline teramane,
cuochi della provincia di Teramo.
Colline Teramane, accompagnate da alcuni prodotti del territorio proposti dall’associazione
ad esempio, ha presentato una selezione di “sei giganti”: 6 docg Colline Teramane selezionate dal
40 anni di Trebbiano d’Abruzzo.
giornalista enogastronomico Alessandro Bocchetti.
Ospite
Il Consorzio di Tutela dei Vini d’Abruzzo,
nell’edizione 2012 del Vinitaly è stato il vitigno
inoltre, ha presentato alcuni vini ottenuti con
Trebbiano d’Abruzzo. L’associazione Vignaioli in
tecnica tradizionale in una degustazione guidata
Abruzzo, rappresentata dal suo presidente Enrico
da Alessandro Bocchetti e dal professore Attilio
Marramiero insieme al presidente del consiglio
Scienza, ed ha presentato un percorso guidato da
regionale Nazario Pagano, al giornalista Italo
Adua Villa, volto a far conoscere i vini da vitigni
Cucci e al produttore Francesco Paolo Valentini,
autoctoni inclusi nella nuova doc “Abruzzo”:
ha celebrato i primi 40 anni del bianco abruzzese
Pecorino, Passerina, Cococciola, Montonico e
per eccellenza, che oggi è presente per circa il 30%
Malvasia. Una degustazione a parte è stata dedicata
della superficie vitata, con circa 13mila ettari e una
interamente al Pecorino: sempre Alessandro
produzione di vino doc che annualmente si mantiene
speciale
del
padiglione
Abruzzo
Forse non tutti sanno che… In Abruzzo il settore vinicolo rappresenta oltre il 20% della produzione lorda vendibile agricola regionale e il 6% di quella vinicola nazionale, con 3 milioni di ettolitri, metà dei quali finisce in oltre 120 milioni di bottiglie prodotte da circa 180 aziende per un valore di circa 300 milioni di euro, 100 delle quali generati all’estero dove anche nel 2011 l’Abruzzo si stima abbia registrato un aumento del 5%.
PiGreco
c come inserto / vinitaly 2012
stabile intorno a 200mila ettolitri.
Gli Italiani comprano il Montepulciano e il
Le prime notizie del Trebbiano in Abruzzo risalgono al 1500; la sua Doc è stata ratificata nel 1972, con la pubblicazione del disciplinare di produzione. I Trebbiani dati in degustazione
Pecorino al supermercato.
sono stati messi a disposizione dai membri
sul mercato del vino nella Gdo e l’altra dalla
dell’associazione
il
sociologa delle tendenze alimentari Marilena
“Casabianca” 2011 di San Lorenzo, il Superiore
Colussi, in collaborazione con CRA. Secondo
2011 di Bosco Nestore, il “Pietrosa” 2010 di Dora
queste ricerche, le scelte di acquisto oggi sarebbero
Sarchese, il “Santa Cecilia” 2008 della Tenuta I
influenzate maggiormente dalla finalità d’uso (vino
Fauri, il “San Clemente” 2008 di Zaccagnini, il
da tavola per uso quotidiano, vino da regalare,
“Diogene” 2007 di Torre Zambra, il “Contesa” 2005
vino per gli ospiti a cena), quindi il consumatore
dell’azienda Contesa e l’”Altare” del 1994 di Enrico
si orienta alternativamente sul fattore prezzo o sul
Marramiero. Quasi miracolosi e stupefacenti per
fattore qualità.
Vignaioli
in
Abruzzo:
Tra le novità presentate nell’ambito del Vinitaly evidenziamo
due
ricerche
di
mercato
sui
comportamenti dei consumatori negli acquisti di vino: una condotta dal Symphony IRI Group
Valentini: uno della vendemmia del 1988 e uno della
La recessione ha messo la parola fine al fatidico rapporto qualità/prezzo negli acquisti di vino nei supermercati? Una cosa è certa: le fasce
vendemmia della 1977.
di prezzo che fanno registrare una crescita nel 2011
Anche il Consorzio di Tutela Vini d’Abruzzo
sono due, quella bassa, sotto i 3 euro, e quella alta,
ha festeggiato il Trebbiano d’Abruzzo, con una
sopra i 5 euro.
degustazione guidata da Adua Villa e un banco di
È emerso inoltre che i prezzi del vino nella Grande
assaggio di ben 30 vini.
Distribuzione (Gdo) sono in aumento sia per effetto
tutti, tanto per i sommelier quanto per i produttori stessi, sono stati i due Trebbiani dell’azienda
del caro vita sia per la maggiore presenza in scaffale di vini “nobili”: si veda l’esempio del Brunello di
c come inserto / vinitaly 2012
Montalcino, le cui vendite sono aumentate del
responsabile di RetailWatch.it, in sede di dibattito
14,8%, con un prezzo medio a bottiglia di 17,2 euro.
le ha riproposte per il futuro: «Una volta le unità
Gli italiani, dunque, privilegiano sempre più il
di misura nelle trattorie erano: un quarto, mezzo
supermercato come luogo d’acquisto del vino
litro e 1 litro. Perché non riproporle sia nell’horeca
(571 milioni di litri nel 2011), certamente per la sua
che nella Gdo? Sono le misure giuste per bere
convenienza, ma anche perché qui trovano un vasto
vino, anche responsabilmente». E le classifiche
assortimento di vino di qualità (320 milioni di litri
dei vini più venduti nel canale Gdo in Italia si
di vini Doc, Docg, Igt acquistati nel 2011). Il 62,9%
rivelano interessanti per la nostra regione, perché
sceglie il supermercato per l’acquisto di vino, il 25%
spuntano i nomi del Montepulciano d’Abruzzo
il produttore o la Cantina, il 7,3% in enoteca, il 5,1%
(dopo Lambrusco e Sangiovese e prima del Nero
in altri tipi di format (negozi, grossisti, vendita a
d’Avola e Chianti) e del Pecorino, il quale si affaccia
domicilio e internet, agriturismo). Tuttavia, la crisi
nella classifica dei vini con maggior tasso di crescita
si fa sentire anche nel canale della Gdo, tanto che
insieme al Brunello di Montalcino, il Pecorino delle
le vendite di vino confezionato nel suo complesso
Marche, la Falangina, il Gavi, il Marzemino e il
scendono dello 0,9% nel 2011 rispetto all’anno
Rosso di Montalcino.
precedente: le uniche due fasce di prezzo a crescere sono quelle delle bottiglie da 75 cl sotto i 3 euro,
Sol d’oro, l’Abruzzo sul podio internazionale.
dello 0,6% a volume, e quella superiore ai 5 euro
Nell’area del Sol, il salone interno al Vinitaly
con un +11,1% a volume. Novità anche sui formati
dedicato all’olio, 28 aziende olearie abruzzesi hanno
del vino: si accentua la flessione del bottiglione
trovato posto nei circa 500 mq riservati all’Abruzzo.
da un litro e mezzo, la bottiglia da 75 cl è ormai
Le dop Aprutino pescarese, Colline teatine e
regina del mercato, anche se il brick mantiene le
Pretuziano Colline Teramane della nostra regione
posizioni, seppur sostenuto da forti promozioni.
sono state presentate in degustazione da Marino
Le mezze misure si affacciano però anche nei
Giorgetti, capo panel del concorso Sol d’Oro.
supermercati, tanto che Luigi Rubinelli, direttore
Sol d’Oro è il più importante concorso internazionale
ÂŤIl settore olivicolo abruzzese conta su una produzione di 220 mila quintali di olio ogni anno, per il 90% di qualitĂ extravergine di oliva: numeri che ne fanno la quinta regione in Italia con circa il 4% della produzioneÂť
Cordoni di frate bucatini aglio olio e mollica
CORDONI DI FRATE BUCATINI CON AGLIO, OLIO E MOLLICA di Concettina Di Lodovico – “Mugnaia di Elice”
Ingredienti (3 persone): 1 busta di cordoni di frate bucatini, 200 gr di olio extravergine di olive; 10 spicchi di germogli di aglio; 2 cucchiai da tavola di peperoncino trito dolce; peperoncino trito piccante a piacere; 200 gr di pane grattugiato; prezzemolo trito. Preparazione del pane: in una pentola dorare a fuoco lento il pane con l’olio aggiungendo prezzemolo trito e un po’ di sale. Preparazione della salsa: dorare l’olio e l’aglio a fuoco lento, a doratura avvenuta aggiungere il peperoncino e due mestoli di acqua di cottura, meglio se si dispone di brodo anche vegetale. Preparazione della pasta: Lessare la pasta in acqua salata per 2 minuti circa, scolarla e saltarla nella salsa precedentemente preparata. Servite la pasta non troppo asciutta aggiungendo uno o due cucchiai di mollica (precedentemente preparata) per ogni razione.
c come inserto / vinitaly 2012
dedicato all’olio extravergine di oliva, grazie anche
dove anche il miele di Tornareccio è stato il tra
alla severità del regolamento che prevede cinque
i protagonisti delle degustazioni realizzate da
livelli di giudizio. Quest’anno gli oli ammessi sono
MielotecaItaliana delle Città del Miele, proponendo
stati 198 provenienti da Italia, Spagna, Portogallo,
abbinamenti singolari come la polvere e confettura
Cile, Slovenia e per la prima volta da Turchia,
di liquirizia o gli ortaggi mediterranei.
Grecia e Libano. Un concorso qualificante anche per i 13 giudici, provenienti da Italia, Spagna,
Il ristorante Abruzzo
Slovenia e Croazia.
La gestione del punto ristoro dell’Abruzzo al
All’Abruzzo sono andate cinque Gran Menzioni:
Vinitaly è stata affidata al Movimento turismo del
per la categoria fruttato leggero al Frantoio
vino, che ha proposto una formula di assaggi di
Montecchia di Morro d’Oro (Te) e al Frantoio
primi piatti e finger food dolci e salati, naturalmente
Zappacosta di Bucchianico (Ch); per il fruttato
in abbinamento ai vini delle aziende del Movimento.
medio alle aziende Tommaso Masciantonio di
Tra lombi lardellati, lonze, crostini con la porchetta
Casoli (Ch) e Forcella di Pescara; per il fruttato
e pecorini stagionati è stato il pastificio di Elice “La
intenso al Frantoio Claudio Di Mercurio di
Mugnaia” ad occuparsi dei primi piatti: noi siamo
Penne (Pe). Sul podio internazionale è salita la
andati pazzi per i Cordoni di frate con aglio olio e
giovanissima azienda agricola aquilana Fantasia
mollica e ve ne proponiamo la ricetta nella pagina
(Raiano - Aq), che con il suo “olio champagne” ha
di sinistra!
conquistato il Sol di bronzo nella categoria oli con fruttato leggero. L’azienda comprende nella sua proprietà un antico e suggestivo frantoio del 1700, riportato allo splendore iniziale per la fruibilità culturale pubblica a testimonianza di una secolare tradizione familiare. Una curiosità proviene dal salone Agrifood,
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Abruzzo, Terra di Eccellenze
Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale - FEASR: L'Europa investe nelle zone rurali
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LA CULTURA ENOGASTRONOMICA
ABRUZZESE IN UN FREEPRESS
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c comeMagazine Sommario
Inserto Speciale Vinitaly
c come rubriche
05 Editoriale / 06 Fotoreportage / 12 Food Design / 16 Packaging / 56 Ricette / 62 News /
c come speciale ancestrale
24 Informazione / 28 Naturale / 32 Erbe a tavola / 36 Biologico /
c come vi consigliamo
10 Ekk Ristorante: mangiare non è solo sedersi a tavola / 14 Ristorante Zafferano con il vino di Lidia e Amato / 22 Faber: direzione bello /
c come abruzzo
18 William Zonfa / 40 Formazione / 42 Salute / 46 Fiera / 50 Territorio
PAG 3 / SOMMARIO
C’è voglia di tornare alla natura
C’è voglia di tornare a ciò che è semplice, autentico, genuino. Non solo perché è un’opportunità per spendere meno in rapporto all’artificiale e al fuori stagione, ma anche perché, ormai è chiaro a tutti, se ne guadagna in sapore, salute e, perché no, anche in gratificazione personale. C’è voglia di privilegiare il territorio di appartenenza, di riportare la natura a tavola. E, come accade sempre, quando una cosa comincia a “tirare” e a muovere masse comincia anche a far gola all’industria. Il compito di noi consumatori diventa quindi saper scegliere: informarsi, andare a conoscere, capire le differenze. Difendere. Per questo, con la complicità delle belle giornate e dell’incedere titubante dell’estate, abbiamo voluto attirare la vostra attenzione con uno Speciale che abbiamo voluto
c come editoriale
DI CRISTINA MOSCA - DIRETTORE RESPONSABILE C COME MAGAZINE
chiamare Ancestrale. Perché c’è voglia di riavvicinarsi alla terra, di riappropriarsi della memoria del gusto. Si è più felici se l’insalata è croccante come quella che il nonno coltivava nell’orto. C’è più energia positiva nei prodotti cresciuti senza troppe sofisticazioni, e che non viaggiano troppo prima di arrivare nel piatto; che vengono lavorati e cucinati con rispetto, amati durante la preparazione. Di questa energia abbiamo tutti bisogno perché parte dalla terra e ci riconduce verso un essere primordiale che è dentro di noi. Quando mangiamo qualcosa coltivato o cresciuto in maniera naturale, obbediamo ad un richiamo ancestrale: perché ci manca, perché vogliamo smettere di ignorarlo.
«Il compito di noi consumatori è saper scegliere: informarsi, andare a conoscere, capire le differenze. Difendere.» PAG 5 / C COME EDITORIALE
c come fotoreportage DI DANIELE DI VITTORIO / FOTO_MODIV
Les Paillotes
Les Paillottes Lorolio Citymoda Ecotur Convegno cuochi
Battesimo del fuoco per Davide Pezzuto, venuto a dirigere la cucina de Les Paillotes da “La pergola” di Roma. Il trentenne pugliese e Andrea La Caita sostituiscono lo chef Antonio Strammiello, che ha portato la stella al ristorante di Pescara, e il direttore Andrea Zana, oggi food and beverage manager al San Pietro di Positano. La cena di apertura della nuova stagione del Les Paillotes il 3 aprile è stata introdotta da una gustosa tartare di scampi e caviale e da un tonno marinato alla soya e maionese al wasabi. Il ristorante gourmet ha annunciato un piccolo cambio di rotta, con menu “smart lunch” a 25 euro durante la settimana e alcune formule per abbattere qualche barriera con i giovani.
PAG 6 / C COME FOTOREPORTAGE
Settima edizione per Lorolio.
Ecco i vincitori di quest’anno: azienda agricola La Quagliere per la categoria extravergine; l’azienda agricola Tommaso Masciantonio per la categoria D.O.P.; Eredi Sofia Mapei S.s. per la categoria monovarietale; Ephedra P.S.C.A.r.L. per la categoria biologico; l’azienda agricola Fantasia per il “Lorolio Packaging 2012”. L’evento è organizzato dall’assessorato alle politiche agricole della Regione Abruzzo, in collaborazione con i Comuni di Loreto Aprutino e Bucchianico, Provincia di Pescara, FederDOP (Federazione nazionale dei consorzi volontari per la tutela delle denominazioni di origine protetta degli olii extra vergine d’oliva), Unaprol (Consorzio olivicolo italiano) e Confrantoiani Società Cooperativa. AZIENDA ZIENDA PREMIATA A
CONCORSO ORSO ENOLOGICO INTERNAZI INTERNAZIONALE
2009 - 2010 - 2011
SELEZIONE NAZIONALE VINI DA PESCE
2008 - 2009 - 2010 - 2011
3° CONCORSO ENOLOGICO NAZIONALE
2011
qualità è il nostro mestiere
la
Cotto e indossato
Inizio molto glamour per la gestione del ristorante di Citymoda firmata “Degusto”. Con la sfilata gustosa di “Cotto e indossato”, evento inaugurale del 28 aprile nel locale di Spoltore, i modelli e le modelle del Citymoda hanno sfilato introducendo gli originali piatti preparati dai cuochi Yuri Talji e Marco Caracciolo da Milano, come il salmone norvegese affumicato all’anice stellato e la mousse alle fragole con cioccolata bianca croccante e menta marocchina. L’intenzione del ristorante è proporre serate per far conoscere i giovani cuochi italiani.
Azienda Agricola F.lli Biagi C.da Civita, 14 Colonnella (TE) Tel. 0861 714066
www.aziendaagricolabiagi.it
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AZ IE N D A AG RIC O LA
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Ecotur 2012
Pullman e camper di turisti da tutta Italia, una partecipazione del grande pubblico fra le più numerose nei 22 anni di storia della manifestazione ed un’attenzione crescente della stampa nazionale. Si è chiusa con migliaia di visitatori la ventiduesima edizione di Ecotur, la borsa internazionale del turismo natura che si è svolta ad aprile nel centro espositivo della Camera di commercio a Chieti scalo. Quest’anno l’attenzione è stata puntata infatti sul prodotto “a Km zero”, sulla vacanza della sostenibilità, sui Borghi più belli d’Italia e sull’enogastronomia del territorio, elementi che sempre di più determinano la scelta di una destinazione. Per la prima volta è stato allestito anche l’Ecotur Wine Festival, con trenta cantine dell’Adriatico che hanno proposto percorsi degustativi e culturali nel mondo del vino, e decine di punti degustativi e dimostrativi delle migliori tradizioni dell’artigianato artistico delle regioni italiane. Le cantine dell’associazione “Origini” hanno animato questo spazio interamente dedicato al vino, con l’obiettivo di incontrare sia il pubblico di visitatori sia gli operatori professionali.
Convegno: “Il cuoco tra passato, presente e futuro” «Oggi il cuoco deve essere come un romanziere, perché con il suo operato racconta un territorio». Con queste parole Andrea Di Felice, presidente regionale dell’Unione cuochi abruzzesi, ha aperto il convegno “Il cuoco tra passato, presente e futuro” che si è svolto il 18 aprile a Villa Santa Maria (Ch). Lo storico Antonio Di Lello, il giornalista Rai Lucio Valentini, il presidente dell’associazione cuochi Valle del Sangro Domenico Di Nucci e Silvino D’Ercole, dirigente scolastico dell’Ipssar che ha ospitato il convegno, hanno parlato di stagionalità e genuinità dei prodotti, di filiera corta e di credibilità del cuoco. A loro si sono uniti i relatori Alessandro Circiello, coordinatore nazionale giovani Fic, e Valeria Arnaldi, autrice di “101 luoghi dove innamorarsi a Roma per tutta la vita”. Al termine del convegno è stato consegnato il premio “Cuoca eccellente” ad Angela Di Crescenzo, asse portante della cucina del ristorante stellato “Villa Maiella” di Guardiagrele dal 1984, da quando, cioè, sposò Giuseppe Tinari, figlio dei proprietari. Il premio è alla seconda edizione e mira a valorizzare la figura della cuoca professionista, che troppo spesso non riceve la visibilità e il riconoscimento che merita. PAG 9 / C COME FOTOREPORTAGE
c come vi consigliamo
«Ho toccato con mano quanto il cibo sia profondamente legato alla nostra memoria, più che alla nostra gola» Mango al vino tinto con ricotta mantecata al chocolate Mango al Montepulciano d’Abruzzo con ricotta mantecata al cioccolato di Gabriele Marrangoni
Ingredienti per 8 persone: 4 mango, 400 gr di ricotta di pecora, 300 gr di zucchero, 150 gr di cioccolato fondente tritato (o a gocce), ½ bicchierino di rum, qualche goccia di estratto di vaniglia naturale, 1 l di vino Montepulciano d’Abruzzo, 4 chiodi di garofano, 1 stecca di cannella. Pelare i manghi e tagliare le due fette grandi aderenti al nocciolo. Mettere in un tegame il vino, 150 gr di zucchero, i chiodi di garofano e la cannella. Portare a bollore e cuocere per circa 20 minuti. Versare le 8 fette di mango, abbassare il fuoco e cuocere per circa 30 minuti (comunque fino a quando il mango è tenero). Lasciare raffreddare nel liquido di cottura. In una terrina versare la ricotta passata al setaccio, il cioccolato, 150 gr di zucchero, il rum e le gocce di estratto di vaniglia. Amalgamare bene il composto e fare riposare in frigorifero. Servire il mango, quando si è raffreddato, con una quenelle di ricotta e poco sciroppo di cottura.
Ekk Ristorante di Gabriele Marrangoni strada Lungofino 185 65013 Città Sant’Angelo (Pe) Tel 085/91530083 info@ekkristorante.it www.ekkristorante.it
c come vi consigliamo
REDAZIONALE / FOTO_ARCHIVIO MARRANGONI
Mangiare non è solo sedersi a tavola, ma viaggiare nel tempo
Quando una cosa bella diventa una (buona) abitudine rischia di sbiadire i colori. Quando nella quotidianità si dà largo spazio in tavola a prodotti tipici e di stagione, si finisce per dare per scontato il valore di quello che stiamo mangiando. È bene confrontarsi, allora, con altre realtà e altre culture per ricordarsene. Gabriele Marrangoni, chef di Ekk Ristorante, ha avuto questa possibilità lo scorso marzo, quando per venti giorni è stato a Valencia, in Venezuela, per condurre dei corsi di cucina italiana per la scuola di gastronomia New Cuisine. Sono stati circa 60 gli iscritti, divisi in quattro gruppi dalle caratteristiche eterogenee in età, formazione, motivazione e origine: hanno scoperto prodotti abruzzesi come l’olio extravergine, il formaggio pecorino e il vino ed i principi della filosofia mediterranea. Nonostante i venezuelani siano i secondi consumatori di pasta al mondo (naturalmente dopo gli italiani), la servono scotta e come accompagnamento a secondi o legumi: la cottura al dente, la mantecatura nella padella e l’utilizzo di salse espresse realizzate con prodotti locali e stagionali, sono state una vera novità per loro! «È stata un’esperienza emozionante anche per me – confessa Gabriele Marrangoni – Ho toccato con mano quanto
il cibo sia profondamente legato alla nostra memoria, più che alla nostra gola». Oltre ad imparare a fare scrippelle ‘mbusse, agnello “cace e ove” e persino trippa alla “pennese”, gli “allievi” hanno infatti avuto conferma che mangiare non è solo sedersi a tavola, ma un vero e proprio viaggio nel tempo. «Le verze per esempio, lì si producono per tutto l’arco dell’anno ma si consumano solo crude in insalate. Una figlia di emigranti veneta si è quasi commossa quando abbiamo parlato della possibilità di mangiare le verze anche cotte o marinate: oggi, infatti, in casa sua preparare i “crauti “ rappresenta un rito per mantenere un legame col territorio di origine e rinnovare la memoria del padre che non c’è più». Gabriele Marrangoni ha incentrato le sue lezioni teoriche sulle proprietà organolettiche dell’olio extravergine di oliva, insegnando che il piccante e l’amaro sono sinonimi di qualità. Si è anche divertito a combinare ricette ed ingredienti abruzzesi con i prodotti tipici venezuelani, come il cilantro, ossia il coriandolo fresco (da noi si vende solo secco) o l’ajì dulce, una sorta di peperone primordiale molto comune che lui ha utilizzato con tagliatelle e pesce “Dorado”, corrispettivo della nostra Lampuga. Una ricetta che ha inventato lì è il Mango al Montepulciano!
PAG 11 / C COME VI CONSIGLIAMO / EKK RISTORANTE
«Si può smorzare la routine della quotidianità prendendo un po’ in giro gli oggetti d’uso comune?»
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c come food design
DI LUDOVICA PERSICHITTI - LUDOVICA.ARCHITETTURA@GMAIL.COM
In cucina si gioca mangiando Parola d’ordine: sorridere. Perché sembrano giocattoli e il flashback è immediato. Perché sono irriverenti. E divertenti. L’utilità di questi oggetti resta nella forma, neanche la funzione cambia, ma il messaggio è alternativo. Si può smorzare la routine della quotidianità prendendo un po’ in giro gli oggetti d’uso comune? Perché, ad esempio, non entrare in cucina e…. poggiarsi a un bancone interamente ricoperto di mattoncini LEGO®? Ci ha pensato il duo di fashion designer “Munchausen”, Simon Pillard e Philippe Rossetti: hanno realizzato un rivestimento simil-mosaico, colorando l’isola della cucina total white con una texture personalizzata, originale e giocosa: dall’effetto finale si avverte la loro competenza nella grafica e nel settore dei tessuti e della moda. Per rimanere nel “settore delle costruzioni” un designer russo, Danil Zdorovc, ha pensato di cambiare taglio alle zollette di zucchero e, ispirandosi ad un noto videogame, ha ideato un divertente modo di accompagnare il caffè: Tetris Sugar. Tante zollette come i mattoncini del celebre gioco, ad elle, ad ics, a t… Difficile resistere alla tentazione dell’incastro giusto, prima di scioglierle nel caffè! Astuta l’idea proposta dall’azienda commerciale Fred&Friends, per sdrammatizzare una delle pratiche più noiose in cucina: lavare i piatti. Hanno pensato di rievocare infantili tentazioni… Chi resisterebbe a una spazzola per detergere piatti e stoviglie e che funge anche da bacchetta per le bolle di sapone? Il gruppo di designer ZO_Loft ci invita a sorprendere gli amici personalizzando i nostri festeggiamenti con un tocco giocoso. Come? Con “Rocket-Roll”, un morbido gadget da loro ideato, a forma di razzo, in gommapiuma e da infilare sul tappo della bottiglia di spumante. Fissando le stelle filanti alla base del razzo, nel momento di stappare, la pressione lancerà il tappo in aria, liberando dietro di sé le stelle filanti colorate. Tutti si lasceranno colpire più volentieri! PAG 13 / C COME FOOD DESIGN
c come vi consigliamo
Ristorante Zafferano Via Leonardo da Vinci, 46 64018 Tortoreto Lido (TE) Tel. 0861.786430 - fax 0861.786430 www.ristorantezafferano.eu info@ristorantezafferano.eu
Lidia e Amato viticoltori Contrada San Biagio, 2 64010 Controguerra (Teramo) Tel. e Fax +39 0861 817041 www.lidiaeamatoviticoltori.com info@lidiaeamatoviticoltori.com
c come vi consigliamo
REDAZIONALE / FOTO_ARCHIVIO
Tonno & Pecorino Le colline e il mare
Le colline e il mare, un percorso di degustazione in cui si abbracciano il vino Pecorino dell’azienda agricola Lidia e Amato e il tonno pinna gialla del ristorante “Zafferano” di Tortoreto (Te). Ci accompagnano la competenza e la passione della signora Ivana, che prima di procedere ci presenta i protagonisti della serata cominciando dal Thunnus Albacares (Tonno pinna gialla o Yellowfin): «Parliamo di un prodotto di alta qualità, freschissimo: la carne è soda e compatta, il colore rosso è quasi prepotente… È un tonno con la T maiuscola!» Mentre il tonno torna in cucina per essere debitamente preparato, facciamo la conoscenza con il secondo protagonista: “Greta”, il Pecorino in purezza I.G.T. 2010 dell’azienda agricola Lidia & Amato di Controguerra: «Il colore è giallo paglierino tenue; al naso è intenso e complesso, ricco di frutta bianca matura. il gusto è fresco e pulito di buona struttura, armonico ed equilibrato». La prima preparazione è il tonno alla griglia, accompagnato da verdure fresche. La pietanza è
semplice, delicata e molto gustosa. Proseguiamo con un tonno “appena” scottato in padella, ricoperto da semi di sesamo: delizioso, un’ottima interpretazione. L’ultima preparazione ci incuriosisce molto, perché la presentazione è molto bella: è il tonno panato con pane e frutta secca. I profumi sono buoni, al gusto stuzzica il palato e soddisfa tutti i sensi. Complessivamente ottimo! Il vino è stato sempre all’altezza della situazione: per ogni preparazione è stato adeguatamente contrapposto ai sapori del tonno, per un pasto complessivamente sempre ben bilanciato. Tonno & Pecorino diventa un matrimonio d’amore, un piacevolissimo percorso che regala, in un susseguirsi di sfiziosi accostamenti di sapori, il privilegio di vivere un’esperienza gustativa sorprendente. (percorso di degustazione enogastronomica a cura di Antonietta Mazzeo)
PAG 15 / C COME VI CONSIGLIAMO / TONNO E PECORINO
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c come packaging
CASE STUDIES A CURA DI MARIO DI PAOLO
È bello ciò che è bello, ma è buono ciò che piace! Se una cosa da mangiare non è buona, non si vende. Il mercato su questo è intransigente, fa da cartina al tornasole: un prodotto alimentare può essere bellissimo, ma se il sapore non è all’altezza dell’aspetto le persone smettono semplicemente di comprarlo e tantomeno lo consigliano. Piuttosto, diffonderanno un (devastante) passaparola negativo. Cosa ne è, invece, di un prodotto “brutto ma buono”? Che si vende, è vero, beneficiando magari di un passaparola positivo, ma il più delle volte resta al di sotto delle sue potenzialità. Il perché è presto detto: una volta che un prodotto ha tutte le carte in regola dal punto di vista della qualità, deve necessariamente diventare competitivo anche dal punto di vista dell’immagine. È una regola che nessuno che voglia collocarsi in una fascia medio-alta di mercato può ignorare. È una regola che viene rispettata da chi si rivolge allo Spazio Di Paolo, ma che non ha una formula uguale per tutti: deve tenere conto di tanti fattori e venire calibrata in base al contesto. Ci siamo trovati protagonisti di due interessanti casi studio che vale la pena mettere a confronto: rinnovare un packaging per due aziende storiche,
una del Teramano e l’altra dell’Aquilano, che producono sì la stessa cosa ma che si rivolgono a due destinatari diversi. L’azienda agricola Fracassa, di Sant’Egidio alla Vibrata, produce salumi da due generazioni. È una realtà artigianale, abituata a muoversi per fiere e a curare il contatto con le persone. L’azienda si rivolge ad un mercato specializzato, attento e accurato: perciò può permettersi un packaging essenziale, anche con l’uso del legno, che rappresenta e quasi estremizza la valorizzazione data alla materia prima. Il salumificio Peppone, invece, dalla storia molto più lunga alle spalle, esordisce adesso nella Grande Distribuzione Organizzata (Gdo): ha perciò a che fare con un ambiente molto più dispersivo e frettoloso, e deve dare alle persone un motivo per fermarsi su un suo prodotto. In un mercato così pregno e rumoroso bisogna agire con impatto: ecco perchè abbiamo scelto di focalizzare l’attenzione sulla riconoscibilità del marchio, ridefinendo alcuni criteri di leggibilità. Alcuni esempi: la stilizzazione del nonno in una illustrazione che diventa il simbolo dei prodotti; l’analisi dei colori; e il rafforzamento della provenienza italiana.
«Una volta che un prodotto ha tutte le carte in regola dal punto di vista della qualità, deve necessariamente diventare competitivo anche dal punto di vista dell’immagine.»
PAG 17 / C COME PACKAGING
«Non mi interessa cambiare l’aspetto di un piatto per attirare l’attenzione, se questo significa condizionarne il gusto »
“Pollo funghi e rosmarino”
c come William Zonfa DI CRISTINA MOSCA / FOTO_MARIO SABATINI
Stella, il tuo nome è L’Aquila Un nuovo ingresso Michelin Quest’anno è caduta una stella Michelin su L’Aquila ed ha fatto un po’ di rumore: ad averla ricevuta non è stato infatti uno chef abituato a stare sotto i riflettori, bensì un trentenne conosciuto dai gourmet ma non molto noto ai più, che risponde al nome di William Zonfa e che si è formato quasi esclusivamente in ristoranti stellati europei prima di tornare nella sua città. Nel capoluogo di regione che nel mese di aprile ha ricordato il suo doloroso anniversario, William Zonfa si è unito ad una giovane realtà imprenditoriale e nel 2010 ha iniziato la sua avventura con l’hotel Magione Papale, un’isola di verde che uno non si aspetta di trovare così vicino al centro abitato. «Era dal 1954 che mancavano stelle Michelin a L’Aquila – commenta orgoglioso – E ne sento tutta la responsabilità. Pensare che è stata annunciata con un fax del tutto inaspettato». Il suo cammino è iniziato appena dopo essersi diplomato all’istituto alberghiero di Roccaraso, alla fine degli anni ’90, quando ha sostituito un amico per un incarico in un ristorante stellato in Germania: rapito dalla scoperta delle possibili sintesi tra gusto e creatività, ha capito che la sua strada sarebbe stata nell’alta ristorazione. Dopo tre anni in Germania si è riavvicinato alla madre patria, passando per stellati di Montecarlo e Porto Ercole. Nel 2006 è tornato nella sua città natale, L’Aquila, perché era ora di riportare a casa l’esperienza: entrato nella cucina del Vinalia, il ristorante di Marzia Buzzanca, ne ha determinato il coraggioso cambio di rotta verso uno stile più marcato ed esclusivo, attirando la curiosità della guida Michelin sin da allora. È stato il sisma del 2009 a separare le strade di Marzia e William: lo chef ha colto così l’occasione di gestire non uno, ma ben due ristoranti in città, unendosi al progetto dei proprietari del San Michele di restaurare un antico mulino a L’Aquila. Nel luglio 2010 ha così aperto “Il salone dei granai”, il ristorante dedicato alle cerimonie, interno all’hotel, con un bellissimo affaccio su ettari di verde, e a gennaio 2011 è arrivato anche “Magione papale”, il ristorante gourmet, con poche decine di coperti, in cui si diletta a stupire con il sapore. «Non mi interessa cambiare l’aspetto di un piatto per attirare l’attenzione, se questo significa condizionarne il gusto – spiega – La semplicità e la qualità degli ingredienti (sempre pochi per volta!) devono vincere su ogni cosa: la tecnica deve servire ad esaltare al massimo l’essenza di una materia prima, o al limite a rovesciare alcun preconcetti. A colpire, insomma».
PAG 19 / C COME WILLIAM ZONFA
“Pollo funghi e rosmarino” Ingredienti: 3 petti di pollo con pelle, 10 funghi interi, olio al rosmarino, funghi disidratati, coulis di lamponi, marmellata di mela cotogna. Rosolare i funghi interi e spellati in padella con olio, aglio e un rametto di timo; cuocerli sotto vuoto a 66° vapore per 30 minuti. A cottura ultimata, centrifugare il tutto facendo attenzione che il liquido sia privo di grasso; ridurre lo stesso in un tegamino, in modo da ottenere la giusta densità. Per i funghi disidratati: tagliare i funghi a lamelle sottili, immergerli in uno sciroppo di acqua e zucchero per 2 o 3 ore; una volta marinati asciugarli e adagiarli su una teglia, lasciare essiccare in forno a 60° secco per 3 ore. Per l’olio al rosmarino: in una busta sottovuoto mettere 2 dl di olio extravergine d’oliva con dei rametti di rosmarino, cuocere il tutto a 50° per 30 minuti e filtrare. Per il coulis di lamponi: frullare 100 g di lamponi con 10 g di zucchero e passare il tutto in un colino. Per la marmellata di mele cotogne: tagliare a dadini 100 g di mele cotogne, cuocerle in una casseruola con 80 g di zucchero fino ad ottenere un composto denso. Petto di pollo: Pulire i petti dal grasso, salare e pepare, cuocere sottovuoto a 66° vapore fino a raggiungere la temperatura di 52° al cuore. Per il piatto: rifilare il petto di pollo e rosolarlo in padella dalla parte della pelle, siringandolo con l’olio al rosmarino. Disporre al centro del piatto il concentrato di funghi e adagiarvi il petto rosolato. Disporre la marmellata di mele cotogne tra due funghi disidratati e disporli agli angoli del piatto, guarnire con coulis di lamponi e gocce di olio al rosmarino.
C COME FRATELLI DI TILLIO
“Cannelloncino croccante con peperoni rossi e gialli� Ingredienti: 100 gr pasta fillo, 300 gr ricotta di pecora, 6 peperoni rossi e gialli, 50 gr coulis di basilico. Stendere un doppio strato di pasta fillo e spennellarlo con burro chiarificato e guanciale. Preparare dei cannelloncini con gli appositi stampi di acciaio e cuocerli a 170° per 5 o 6 minuti. In una piccola teglia stendere uno strato di peperoni rossi, uno di ricotta e di nuovo peperoni rossi, abbattere e tagliare a cubi, infine preparare una panatura con farina, uovo e pangrattato. Per le cialdine: preparare una crema di peperoni rossi e gialli separatamente, facendo appassire i peperoni in padella e frullandoli fino ad ottenere un composto cremoso. Stendere la crema di peperoni su di un silpat con apposito stampo e disporre in abbattitore fino al congelamento. Per il coulis di basilico: sfogliare e lavare il basilico e lasciarlo bollire per almeno 10 minuti. Far raffreddare in ghiaccio e frullare, setacciare se necessario. Montaggio del piatto: adagiare le cialdine di peperoni gialli e rossi, fissare i cubi di peperoni, precedentemente fritti, con della ricotta, e infine disporre il cannelloncino sul cubo. Terminare il piatto con una striscia di coulis di basilico e olio extravergine di oliva, infine distribuire polvere di peperoni sul cannelloncino. PAG 21 / C COME WILLIAM ZONFA
c come vi consigliamo
Faber Via Lungofino 155 65013 Città Sant’Angelo (Pe) Tel 085.95201 – 085.9500288 www.fabercsa.com
c come vi consigliamo
REDAZIONALE / FOTO_ARCHIVIO
Faber avanti tutta verso il Bello
Con il 2012 è arrivata una ventata di bellezza a Faber. La fabbrica di arredi, sedie e tavoli, portata avanti da Luciano Di Sabatino da quasi venti anni, si avvicina ancora di più al mondo della realizzazione su misura con una presentazione più curata e più funzionale. Il restyling del sito e il nuovo catalogo confermano la vocazione all’eleganza che l’azienda ha sempre dimostrato, aggiungendo quindi alla professionalità ben nota nel settore una ancora maggiore attenzione per il particolare. «Adesso integriamo con maggiore armonia il nostro estro e la nostra esperienza con il lavoro tecnico dello studio di progettazione – spiega il proprietario Di Sabatino – e sempre più di frequente interveniamo sugli ambienti quando sono ancora “sulla carta”. Ci basiamo su un semplice criterio: se il risultato non piace a noi, non piacerà nemmeno a chi li frequenterà». Il catalogo, ora custodito in un faldone, è ancora più pratico con le sue divisioni nelle cinque linee (metallo,
legno, imbottiti, tavoli e pino svedese), e ancora più suggestivo con le fotografie delle ambientazioni di cui l’azienda va più orgogliosa. Spiccano le realizzazioni di tavoli e sedie per il primo ristoparco d’Italia “Kronopolis”, a Colonnella; per il locale “Gaudì” di Torino o per il ristorante “H24” alle porte di Roma. Bei progetti in corso sono quelli con due villaggi turistici: uno a Nova Siri (Eco Resort dei Siriti) e uno ad Otranto (“Alimini Smile”). E se in un periodo di crisi tutti tagliano subito i costi dell’immagine, questo investimento controcorrente ha senz’altro già ripagato l’azienda: eredità della Fiera di Rimini sono infatti due nuovi ingressi europei nel parco clienti, la Germania e la Norvegia, che hanno portato alla necessità di partecipare alla prima fiera all’estero della Faber. Prossimo appuntamento: a settembre in Germania.
PAG 23 / C COME VI CONSIGLIAMO / FABER
Un prodotto biologico deve seguire un rigido iter di analisi, basato su un Sistema di Controllo standardizzato in tutta l’Unione Europea
c come informazione
DI ROBERTO ARDIZZI, CONSULENTE SGQ/ FOTO_MARIO SABATINI
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comeMagazine speciale ancestrale LA CULTURA ENOGASTRONOMICA
ABRUZZESE IN UN FREEPRESS
Prodotto biologico, sì... ma chi lo dice?
“Prodotti biologici”: di etichette ce ne sono davvero tante, ma come facciamo ad essere sicuri che dietro al bollino applicato sul prodotto definito “biologico”, che normalmente è immesso sul mercato ad un prezzo superiore rispetto ad uno tradizionale, ci sia effettivamente il rispetto di determinate norme e specifici processi produttivi?
È bene sapere che prima di essere etichettato e messo sul mercato, un prodotto “biologico” deve seguire un rigido iter di analisi e monitoraggio, che non si basa su semplici autodichiarazioni del produttore, ma su un Sistema di Controllo, che è standardizzato in tutta l’Unione Europea. L’ispezione prevede un sopralluogo annuale di un Tecnico incaricato dell’organismo di certificazione (un Ente terzo neutro ed indipendente) per verificare il rispetto delle leggi e l’aggiornamento dei registri. Se lo ritiene necessario, in presenza ad esempio di presunte violazioni, l’esperto è tenuto a prelevare campioni da analizzare in un laboratorio d’analisi appartenente all’Accredia, l’Organismo Italiano di Accreditamento, ovvero l’ente nazionale che riconosce i laboratori di prova e gli organismi di certificazione e ispezione, dando loro la capacità di svolgere attività ispettiva. L’agricoltore tradizionale che vuole convertirsi al biologico deve infatti affrontare un iter ben preciso e seguire regole ben definite, non solo per avviare la nuova attività, ma anche per poter continuare ad esercitarla. In Europa ogni Stato membro ha nominato autorità pubbliche e organismi di controllo privati che hanno il compito di eseguire con obiettività le ispezioni, operando sotto la supervisione di, o in stretta collaborazione con, le autorità centrali competenti. Ogni Stato membro attribuisce a ciascun Ente addetto al monitoraggio un codice identificativo diverso, che viene poi riportato sull’etichetta di ciò che compriamo. Il codice indica che il prodotto acquistato è stato ispezionato dall’organismo di controllo, che garantisce a sua volta il rispetto della regolamentazione dei prodotti biologici. In Italia, gli organi che possono svolgere i controlli e rilasciare la certificazione delle produzioni biologiche sono riconosciuti dal Ministero delle Politiche agricole e forestali e sottoposti, a loro volta, al controllo del ministero stesso e delle Regioni. In PAG 25 / SPECIALE ANCESTRALE / C COME INFORMAZIONE
«Una nuova normativa europea sembra avvicinare eccessivamente i vini biologici a quelli convenzionali» PAG 26 / SPECIALE ANCESTRALE / C COME INFORMAZIONE
Italia esistono diversi organismi addetti al monitoraggio delle aziende agricole biologiche; tra le più importanti ricordiamo Icea - Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale (sull’etichetta dei prodotti appare il codice IT ICA); la Bioagricert, della Bioagricoop (codice IT BAC), Bios (codice IT BIO); il C.c.p.b., Consorzio Controllo Prodotti Biologici (codice IT CPB); Codex (sigla IT CDX); Ecocert Italia (codice IT ECO); l’I.m.c., Istituto Mediterraneo di Certificazione (identificativo IT IMC); il QC&I International Services (codice IT QCI); il Suolo e Salute (IT ASS); e il BIOZERT (IT BZ BZT). Etichetta, croce e delizia al cuor. Le ultime direttive europee a proposito di etichetta hanno suscitato clamore tra gli addetti al settore. Il Comitato permanente per la produzione biologica (SCOF) ha infatti approvato all’inizio del 2012 le nuove norme dell’UE per il “vino biologico”. In buona sostanza, fino a pochi mesi fa la certificazione biologica era prevista soltanto per le uve e la sola dicitura consentita in etichetta era “vino ottenuto da uve biologiche”; dalla vendemmia 2012 in etichetta si potrà usare il termine “vino biologico”, oltre al logo biologico dell’UE e al numero di codice del competente organismo di certificazione. Come riportato da “Il Fatto Quotidiano” del 10 febbraio 2012, «la norma approvata introduce una definizione tecnica di “vino biologico”, completando la normativa che da oggi riguarderà tutti i prodotti agricoli, seguendo i principi del regolamento CE relativo alla produzione biologica. Ci si allinea così agli altri Paesi produttori di vino (USA, Cile, Australia, Sudafrica) che hanno già stabilito norme per i vini biologici». In pratica, il nuovo regolamento stabilisce un sottoinsieme di pratiche enologiche e di sostanze che vengono autorizzate per i vini biologici. È vero che non sono consentiti l’acido sorbico e la desolforazione, però, ad esempio, il tenore dei solfiti nel vino biologico appare molto poco inferiore a quello del vino convenzionale: e qui si indigna la maggior parte dei piccoli produttori, per i quali i solfiti hanno sempre mantenuto livelli molto molto bassi. Bene riassume la vicenda il commento condiviso con “Il Fatto Quotidiano” da Cristina Micheloni, del comitato scientifico AIAB, l’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica: «Come tutti i compromessi politici, il risultato non farà felice nessuno, ma tutti saremo un po’ meno scontenti».
PAG 27 / SPECIALE ANCESTRALE /C COME INFORMAZIONE
«Negli ultimi venti anni è stata introdotta nella terra e, di conseguenza, in ciò che mangiamo e beviamo, la stessa quantità di agenti chimici introdotti in un intero secolo»
c come naturale
DI MAURA DI MARCO / FOTO_MARIO SABATINI_MODIV
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comeMagazine speciale ancestrale LA CULTURA ENOGASTRONOMICA
ABRUZZESE IN UN FREEPRESS
Vicini alla terra Riscopriamo il genuino con Leonardo Seghetti
Attenzione a chiamarlo enologo: lui è per molti un wine maker, per tutti un professore di chimica viticola - enologica con alle spalle 34 anni di esperienza, oltre 100 lavori pubblicati e le mani in sette libri.
È Leonardo Seghetti, un’autorità nel mondo dell’agricoltura anche biologica, propulsore di un processo di riappropriazione della terra perché, come afferma, «il vino altro non è che natura». Detto così, questo paragone non fa una piega, ma in realtà le cose sono ben più complesse. Come ci spiega il professore, «sono diverse le teorie sull’agricoltura biologica: almeno sei, prima fra tutte quella biodinamica, che affonda le sue radici negli studi di Rudolph Steiner, padre dell’antroposofia, secondo cui la natura è un insieme vivente che si estende oltre il pianeta, considerate anche le forze cosmiche ed astrali». Stupirà forse sapere che, secondo questa teoria, per ottenere un ottimo vino naturale è necessario interrare corna di bovino ripiene di letame ed espandere, successivamente, il contenuto nel suolo come energizzante (ma fino ad un certo punto), se si acquisirà la consapevolezza che tutto, anche il vino, è fatto solo e quasi esclusivamente da madre natura. L’agricoltura biologica sboccia a metà degli anni ‘20 in Germania e si sviluppa in Inghilterra. Verrà poi codificata soltanto nel 1978, con la nascita dell’IFOAM – International Federation of Organic Association and Movements – fino a trovare la sua collocazione letterale, nel 1991, con un regolamento emanato dalla Comunità Europea. La prima rivoluzione industriale ed i successivi insediamenti produttivi dell’agricoltura industriale avevano stancato il terreno: sin dagli inizi del Novecento, i consumatori si erano infatti accorti della non genuinità dei prodotti. Eppure, con gli anni, si è passati da una terra in cui si effettuavano le rotazioni di colture ad una coltura specializzata, fino a giungere all’introduzione massiccia di concimi chimici, dimenticando la cosiddetta fertilità globale. «Esistono tre tipi di fertilità: quella fisica, data dall’insieme di particelle che compongono il suolo; quella biologica, offerta dai micro-organismi del terreno; infine, quella chimica. Bene, negli ultimi venti anni è stata introdotta nella terra (e, di conseguenza, in ciò che mangiamo e beviamo) la stessa quantità di agenti chimici introdotti in un intero secolo». La reintroduzione, invece, della rotazione delle colture riuscirebbe a riconvertire il suolo e a ridarci prodotti, PAG 29 / SPECIALE ANCESTRALE / C COME NATURALE
come il vino, fatti secondo natura e, naturalmente, più buoni. «Facciamo un esempio: le leguminose sono dei perfetti sostituti di alcuni agenti chimici, perché capaci di catturare l’azoto e conservarlo nel terreno per la perfetta coltivazione delle uve. Un metodo, quindi, potrebbe essere quello di alternare ai filari il favino. È vero, non avremmo mai la stessa “botta” dei fertilizzanti chimici, ma allo stesso tempo non stancheremmo il suolo e mangeremmo e berremmo prodotti sani e genuini». Se l’agricoltura biologica si basa sulla fertilità globale, in realtà ciò che porta all’eccellenza nel risultato è il triangolo suolo-clima-vitigno, a cui si aggiunge la saggezza dell’uomo. Innanzitutto, perciò, bisogna scegliere un terreno vocato (non tutti i terreni fanno buon vino!) e poi curare i processi di lavorazione con pazienza e saggezza, recuperando il piacere dell’attesa e rispettando i cicli della natura. «I produttori di vino naturale sono, a mio avviso, degli artigiani che hanno deciso di passare al biologico per una serie di motivazioni religiose e filosofiche, tecniche, finanziarie, salutistiche o ambientali», spiega il professore Seghetti. Nonostante si senta sempre più spesso parlare di vino, quello che colpisce è un dato: se dieci anni fa
si producevano, in Italia, circa 65 milioni di ettolitri di vino, questo ultimo anno si è sfiorata la soglia dei quaranta milioni: «questo perché si sta andando verso una produzione di qualità a cui fa seguito un processo di espiantamento dei vitigni in zone non vocate, oltre a minori consumi per problemi economici…», spiega Seghetti. Nella penisola ci sono 37000 ettari di terra coltivati a biologico, di cui 2500 in Abruzzo, ma la strada da fare è ancora lunga soprattutto se adesso, a metterci lo zampino, pare sia un organismo come la Comunità europea. «Riportare sulle etichette “vino biologico” e non più “vino prodotto da uve biologiche”, come sancirebbe un nuovo regolamento, significa chiudere gli occhi sui processi che avvengono in cantina, dove si ricorre in modo indiscriminato agli additivi chimici. In realtà l’unico additivo dovrebbe restare lo zolfo, usato sia per la cura delle uve sia per pulire le botti, capace di combinarsi con l’ossigeno dell’aria e dare vita all’anidride solforosa (anche i lieviti, durante il processo fermentativo, producono piccole quantità di anidride solforosa)». Se anni di storia e di maturità scientifica non sono riusciti a radicare la convinzione di un ritorno da una terra matrigna ad una terra madre, a noi consumatori non ci resta che dire: chi vivrà, berrà.
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“Naturale” a Navelli: i “nerd” dell’agricoltura
Un fermento smisurato ha preceduto la prima fiera del vino naturale e artigianale in Abruzzo, che si è svolta a Navelli (Aq) il 12 e il 13 maggio dietro l’organizzazione dell’associazione culturale DinamicheBio. Produttori, appassionati e operatori del settore hanno cominciato a parlarne entusiasti e a diffondere inviti un mese prima. Il perché è stato chiaro una volta arrivati: nella spartana cornice di Palazzo Santucci si sono raccolti circa 40 produttori di vino, olio e formaggi, provenienti da Italia, Francia e Slovenia, tutti accomunati dalla scelta ben precisa di non utilizzare prodotti di sintesi sulle loro creature. In un’atmosfera lontana da sofisticazioni e sbrilluccichii, “Naturale” ha proposto convegni, proiezioni, degustazioni e seminari dal profilo tecnico molto alto, pensati più per responsabilizzare e rafforzare le convinzioni di chi già stravede per i vini naturali, piuttosto che per accorciare le ancora grandi distanze tra questi prodotti e una fascia più larga di consumatori. Sembrava un po’ di essere ad un festival dell’informatica, insomma, da cui i curiosi traggono beneficio ma di cui solo i nerd sono in grado di cogliere l’essenza e l’autentico valore. Tra gli oratori durante le due giornate: Giampaolo Gravina, coordinatore della guida “Vini d’Italia” dell’Espresso, il consulente enologico Michele Lorenzetti e il ricercatore Giuseppe Altieri, che ha rivelato che ci son 25 miliardi di euro a disposizione nei fondi comunitari per il sostegno all’agricoltura biologica, mentre ogni anno in Italia si spende 1 miliardo in diserbanti. Nella discussione non si è potuto evitare di parlare della nuova legislazione sull’etichetta del vino biologico (vedi articolo a pag. 24): il vignaiolo Francesco Paolo Valentini, della nota cantina di Loreto (Pe), ha proposto di «riunirci tutti sotto una unica bandiera, quella dell’artigianalità: è l’unica parola di cui l’industria non potrà mai appropriarsi». Il riscontro di pubblico della fiera è stato ad ogni modo più che positivo, segno che, vuoi per moda vuoi per curiosità, il territorio è sensibile all’argomento: per almeno una settimana commenti esaltanti hanno riempito i social network. L’evento ha attirato la curiosità di tutti gli esperti abruzzesi della comunicazione di settore, tanto che abbiamo incontrato in un colpo solo Alessandro Bocchetti (Gambero Rosso), Pierpaolo Rastelli (Guide L’Espresso), Roberto De Viti (Guide L’Espresso) e anche Franco Santini (Guida Vinibuoni d’Italia). Tra i produttori abruzzesi in mostra: De Fermo, Emidio Pepe per il vino, Palusci Marina per l’olio, e “L’isola dei sapori” e Gregorio Rotolo per i formaggi; tra gli operatori in visita: i produttori di vino Cristiana Tiberio, Luigi Cataldi Madonna e Francesco Paolo Valentini e i ristoratori Enzo Barnabei (“Osteria degli Ulivi”, Montorio al Vomano) e Fabio Ferrara (“Osteria del Tarassaco”, Rivisondoli). Abbiamo incontrato anche Alessio Spadone, maître de “La Bandiera”. Sono stati organizzati dei focus su vini abruzzesi, come quello firmato da Emidio Pepe, sul Montepulciano d’Abruzzo di “Praesidium” (Prezza, Aq), e degustazioni di cantine teramane come Cirelli di Atri, Tenuta Terra Viva di Tortoreto e l’azienda Giuliano Pettinella, di Silvi. Sul tavolo anche la giovane cantina “Tilli” di Casoli (Ch). La fiera “Naturale” è stata ideata da quattro giovani aquilani ed è stata realizzata con la collaborazione del wine writer e degustatore Emanuele Giannone e di Pierluigi Massari, della Cantina “Il Boss” de L’Aquila; ha avuto inoltre il patrocino di Comune e Pro Loco di Navelli, assessorato alle politiche agricole della Regione Abruzzo, Provincia de L’Aquila e Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. (Cristina Mosca su parliamodivino.com)
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c come erbe a tavola DI NADIA MIRIELLO / FOTO_NADIA MIRIELLO
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Prelibatezze...in campo Appunti verdi in una giornata a Caprafico
Erbe da guardare, conoscere e riconoscere, raccogliere, fotografare, appuntare, toccare, stropicciare, ascoltare, annusare, cucinare e assaggiare.
Nessuno dei sensi è rimasto indifferente all’iniziativa “Sfogliando le piane” che si è svolta sabato 31 marzo al Casino di Caprafico di Guardiagrele (Ch), ai piedi della Majella orientale, in collaborazione con il ristorante Santa Chiara e le condotte Slow Food di Chieti e Lanciano. Chi per studiare erbe spontanee officinali e mangerecce, chi per passeggiare all’aperto, chi per mangiar genuino, chi per stare in compagnia o immortalare incantevoli paesaggi in fiore: curiosi di tutte le età – cani e bambini compresi – hanno seguito passo passo il gastronomo Gino Primavera (nomen omen!) attraverso le verdeggianti piane che circondano l’azienda agricola di Giacomo Santoleri, per riconoscere le piante commestibili e metterne quante più possibile nei propri cestini in vista del pranzo che sarebbe stato preparato al momento dallo chef del Santa Chiara. Sotto un sole primaverile tutt’altro che timido, senza orari e con ritmi rigorosamente “slow”, lasciando fluire liberamente saggezza popolare mista a ricordi d’infanzia, la camminata guidata ha regalato ai viandanti un paio d’ore goliardiche e festose, durante le quali Gino ha generosamente dispensato consigli per distinguere le piante da menù dalle tossiche e utilizzarle in succulenti manicaretti o come rimedio naturale ai disturbi fisici più comuni. Non è stato affatto facile destreggiarmi tra termini dialettali e nomi scientifici… e soprattutto prenderne nota! Ho scoperto che “lu papàmbele” (il papavero, non da oppio ma il rosolaccio dei campi) va raccolto prima dell’emissione del bocciolo fiorale: è indicato soprattutto nella verdura cotta mista o in risotti e primi piatti, ma si fa apprezzare anche nella misticanza, per la quale – Gino dixit! – il numero perfetto di erbe è 7. L’aspraggine o spràine è buona nel misto cotto, mentre il cascigno o sonchus asper e oleraceus, chiamato così perché al taglio emette un lattice (latte = cascio), si può assaporare crudo o cotto ed è l’ingrediente fondamentale della tradizionale “Pizze e fujie”. Occhio invece alle “tenne di viticchie” (clematis viticella): i germogli teneri sono ottimi nella frittata, ma la pianta, crescendo, accumula principi tossici. Gli strìgoli o scoppietti sono piuttosto facili da identificare: se le foglie scricchiolano accostandole all’orecchio, fatene incetta e gustateli nel risotto. I nuovi “turioni” sottili e teneri dell’asparago selvatico, di sapore amarognolo PAG 33 / SPECIALE ANCESTRALE / C COME ERBE A TAVOLA
«La malva allevia il mal di pancia»
«Il numero perfetto di erbe per la misticanza è 7»
ma gustosissimo, vengono recisi con un coltello senza danneggiare la pianta madre e sono buoni nella frittata, con primi piatti o conservati sott’olio. Il tarassaco, con i suoi fiori giallo intenso, è noto per le sue proprietà diuretiche (non a caso è anche detto “piscialletto”) ed è salutare per il fegato. Sicuramente in molti lo conosceranno come soffione: secondo la credenza popolare, se quando si soffia sugli acheni questi si posano sulla testa di qualcuno, costui o costei si sposerà in breve tempo. Molto diffusa nei nostri campi è anche la cicorietta selvatica, che se viene saltata in padella aggiungendo la stessa acqua di cottura risulta più amara. La malva, com’è noto, allevia il mal di pancia: bere 2 tazze al giorno del decotto ottenuto facendo bollire un pugno di foglie per 15 minuti lenisce i disturbi intestinali e funge da
blando lassativo. Restando in tema erboristico, sono invece epatoprotettori e quindi protettori del fegato i semi del cardo mariano, le cui macchie bianche sulle foglie, secondo la leggenda, sarebbero gocce di latte cadute dal seno della Madonna mentre fuggiva in Egitto per sottrarre il figlio Gesù alla persecuzione di Erode. Lungo il percorso ci siamo imbattuti anche nel prugnolo selvatico (prunus spinosa), che solitamente vive in simbiosi con i gustosi funghi spinaroli o prugnoli e dai cui frutti viola si ricava un ottimo liquore. Contro i soliti pregiudizi verso il colore verde a tavola posso dirvi, per averli assaggiati a fine passeggiata, che i cascigni nella frittata o nella pizza al farro, con l’aggiunta del guanciale di maiale nella speciale ricetta di Domenico Del Greco, sono tutt’altro che erba cotta per vegetariani! E lo sformato di luppolo, beh, lo sogno ancora la notte...
Pizza farcita con guanciale e “cascigni” Foto: di Domenico Scotti del Greco - Ristorante Santa Chiara, Guardiagrele
Ingredienti: 700 g di semola di farro, 300 g farina “Manitoba”, 600 g acqua, 20 g lievito di birra, 20 g sale, 250 g di pecorino morbido tagliato a cubetti, 500 g di “cascigni” già bolliti e ripassati in padella con 150 g di guanciale stagionato tagliato sottilmente, aglio olio e peperoncino. Procedimento: Fare un impasto con le farine, il lievito, l’acqua e il sale e far lievitare per circa un’ora e mezza a temperatura ambiente. Avvenuta la lievitazione, dividere l’impasto in due e spianare le due masse fino allo spessore desiderato; mettere una sfoglia sulla teglia e farcire con i cascigni preparati e il pecorino; coprire con l’altra sfoglia e cuocere immediatamente in forno a 210 gradi circa per mezzora. Consumare la pizza calda con un buon Montepulciano d’Abruzzo giovane affinato in acciaio.
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«La qualità può prescindere dal biologico, ma non può prescindere dal buonsenso» «Il ripristino del valore del prodotto “a chilometro zero” non è una semplice moda ma un bisogno diffuso di avvicinarsi all’origine del prodotto» «Il biologico non può essere una moda per chi lo sposa, ma un vero e proprio stile di vita, una scelta totalizzante» PAG 36 / SPECIALE ANCESTRALE / C COME BIOLOGICO
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DI CRISTINA MOSCA / FOTO_MODIV_SERGIO_PASQUAL
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Quanto costa mangiare sano? Un incontro con gli studenti sugli stili di vita
«Se le donne che non riescono a fare la spesa quotidianamente sapessero che un prodotto fresco biologico dura a lungo nel frigorifero, un pensierino in più ce lo farebbero».
Rubiamo questa riflessione alla produttrice Francesca Verrigni, che l’ha condivisa con noi durante il talk-show “Biologico e certificato… ma quanto mi costi?” organizzato il 31 marzo durante la Fiera dell’Agricoltura che si è svolta nell’Istituto Superiore “Di Poppa-Rozzi” con la collaborazione del Gal Appennino Teramano, ideatore e promotore del “Mercato contadino” di Teramo. La rubiamo perché dimostra che il concetto del mangiare sano non è affatto lontano dalla quotidianità e anzi può renderla migliore. Se è vero che un prodotto biologico certificato costa in media il 20/25% in più di un prodotto convenzionale, è altrettanto vero che dà garanzie maggiori in salute, in sapore e in durata. Come Emanuela Tommolini e Fabio De Cristofaro del ristorante “Esprì” di Colonnella hanno spiegato in una dimostrazione pratica, un chilo di pane a lievitazione naturale costa sì leggermente di più di un pane “normale”, ma dura anche una settimana di più: dov’è stato il guadagno nel pagare apparentemente di meno un pane convenzionale, se due giorni dopo lo dobbiamo già ricomprare? L’incontro è stato condotto da Pina Manente, e ha visto la partecipazione del presidente del Gal Appennino Teramano Carlo Matone, il dirigente scolastico Silvia Manetta, l’assessore al Commercio del Comune di Teramo Mario Cozzi, il medico nutrizionista Mario Di Pietro e Nicola e Livia di “Raggio C’Orto”, una realtà che andremo presto ad approfondire. Riavvicinarsi alla natura. La qualità può prescindere dal biologico, ma non può prescindere dal buonsenso: il buonsenso, ammettono i produttori, può venire meno di fronte al dio denaro, perché il mercato ha esasperato i ritmi di produzione. Come abbiamo riscontrato anche noi di C come magazine, chiamati a intervenire al convegno per testimoniare come l’Abruzzo stia cambiando, il ripristino del valore del prodotto “a chilometro zero” non è una semplice moda interprovinciale ma un bisogno diffuso di riavvicinarsi all’origine del prodotto, essere sicuri della cura che c’è dietro, magari anche a causa della crisi che spinge, più che a spendere di meno, a spendere meglio. PAG 37 / SPECIALE ANCESTRALE / C COME BIOLOGICO
La voglia di questo riavvicinamento alla natura è manifestata sia dai ristoratori, che desiderano spingere sulle garanzie e sulla qualità della materia prima, più che sugli effetti speciali; sia dai consumatori, che vogliono premiarsi con un benessere che va al di là delle sofisticazioni e unisce il sapore e alla natura. E se non seguiamo questa strada noi abruzzesi, che abbiamo tutto a portata di mano, chi altri dovrebbe farlo? Lavorare su grandi numeri Il “vinosofo” Franco D’Eusanio, integralista del pensare biologico, dimostra che sui grandi numeri si può lavorare e che quindi si può restare assolutamente competitivi rispetto al resto del mercato: lui ha terminato la riconversione completa della sua azienda nel 1997 (ricordiamo che il Decreto Legislativo con cui il metodo biologico in materia di produzione agricola e agro-alimentare entra in Abruzzo è del 1995) e oggi può ragionare in termini di 700mila bottiglie l’anno. Fino a pochi anni fa, ci racconta, era quasi costretto a togliere da alcuni suoi prodotti agroalimentari l’etichetta “biologico” per riuscire a venderli. Oggi gli interessa solo rompere i pregiudizi che ruotano intorno a questo concetto: «Io non presento i miei vini spiegando che sono biologici: voglio proporli perché sono buoni!», spiega. Se pensiamo che la sua azienda, “Chiusagrande” di Nocciano (Pe), è pluricertificata sotto diversi canoni di ecosostenibilità e di rispetto del territorio, tra cui anche il basso impatto in CO2 (è fra le prime in Italia ad avere la Carbon Footprint ISO 14064), è facile comprendere come il biologico non possa essere una moda per chi lo sposa, ma un vero e proprio stile di vita, una scelta totalizzante. Sotto quest’ottica, risulta profondamente controversa la recente possibilità di scrivere sull’etichetta non più solo vino “prodotto da agricoltura biologica” ma anche vino “biologico”, attestandone così il processo completo. Questa novità, però, stando alla direttiva europea, sembra andare incontro ai produttori mediograndi ma fa discutere quelli più piccoli. Qualcuno di loro ha addirittura pubblicamente asserito che dall’anno prossimo non inserirà più la voce “vino biologico” sulle sue
etichette, pur curandosi di rispondere sempre ai requisiti, anzi di continuare a rimanere ben sotto i livelli richiesti. «Le persone che non hanno la possibilità di conoscere un produttore da vicino hanno bisogno di sapere di potersi fidare di lui: le certificazioni esistono per questo – aggiunge Franco D’Eusanio – e non privilegiano i grandi produttori: le lobby del vino, infatti, in questi 20 anni si sono sempre opposte al vino biologico. Con la nuova legislazione, dei circa 70 coadiuvanti enologici ammessi nel convenzionale il produttore Bio ne può usare solo 44. In definitiva, la vera differenza tra un vino convenzionale e un vino biologico sta nella provenienza dell’uva. Il “vino biologico” si ottiene nel vigneto e oggi, con il nuovo regolamento, lo si può comunicare in etichetta. Per quanto riguarda l’anidride solforosa, la differenza è solo del 20/30% in meno come limite massimo nel biologico, ma non è detto che, ora che esiste una normativa, la differenza non si possa aumentare. Ottenere una regolamentazione era troppo importante». Le tipologie di attività previste sia per la zootecnica sia per l’agricoltura sono davvero tante: secondo l’Elenco regionale degli Operatori dell’Agricoltura Biologica si può scegliere di produrre, preparare o importare esclusivamente biologico, così come si può scegliere, nel caso della produzione, di essere aziende miste, biologiche o in conversione, oppure di svolgere due attività alla volta (produttori/preparatori, preparatori/importatori e produttori/importatori) o fare del biologico un punto di riferimento, ed essere quindi produttori, preparatori e importatori di prodotti che si avvalgono del metodo biologico. In tutto, l’Elenco conta circa 1500 iscritti, che annualmente ricevono un modesto incentivo dalla Regione. Si consideri infatti che, se il biologico può sembrare costoso al consumatore, lo è ancora di più per il produttore: porre un limite molto ristretto all’uso di pesticidi e fertilizzanti sintetici, o di antibiotici nel caso dell’allevamento degli animali, dà origine sì a dei prodotti più naturali “che si possono mangiare con la buccia”, ma li espone anche maggiormente alle malattie e quindi abbassa le rese, anche in maniera imprevedibile. Se questo dal punto di vista del consumatore è una garanzia
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(se è buono per l’insetto figurarsi per noi!), dal punto di vista del commercio è, innegabilmente, un problema. Abitudini che ci sono da sempre In verità, in Abruzzo la coltivazione biologica è percepita un po’ come la scoperta dell’acqua calda, e per questo in alcuni produttori genera diffidenza e perplessità. Se andiamo a studiarne i principi, infatti, scopriamo che molti appartengono tuttora e da sempre alle nostre pratiche contadine, quali ad esempio l’allevamento degli animali all’aperto, l’utilizzo del letame per fertilizzare la terra, la coltivazione dei foraggi per il bestiame all’interno dell’azienda agricola, l’assenza di organismi geneticamente modificati, la rotazione delle colture e la scelta di piante ed animali che si adattano alle condizioni del luogo. La coltivazione biologica è già nel nostro Dna: sono tantissimi i produttori che hanno sempre osservato queste pratiche, ma che non lo attestano perché sono inibiti da regolamenti, certificazioni e burocrazia. L’esasperazione dei mercati contamina i tempi della natura e pretende di accelerarli. Un’inversione di rotta nella spesa quotidiana, forse, aiuterebbe a restituire il loro tempo ai prodotti che mangiamo. In tutto questo discorso non possiamo non ricordare che nel mese di marzo è scomparso inaspettatamente Gino Girolomoni, il “padre” del biologico italiano, fondatore, alla fine degli anni ’70, della Cooperativa Alce nero, che è stata la risposta all’esodo dalle campagne e, come commentato da Legambiente, prova della sua «lungimiranza nel capire prima di molti quanto il futuro dell’agricoltura dipendesse dalla qualità dei suoi prodotti». Noi di C come magazine siamo stati contenti di partecipare all’incontro con gli studenti dell’istituto agrario di Piano d’Accio, e confidiamo che a qualcuno di loro sia rimasta la consapevolezza che per migliorare il proprio futuro bisogna cominciare dal presente.
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A Castel di Sangro la prima scuola di alta gastronomia
I ragazzi si sono svegliati alle 4 per andare in visita didattica al mercato ortofrutticolo di Cepagatti, e poi a conoscere un molino a pietra, e poi sono tornati in laboratorio e hanno imparato a fare il pane, la pizza, le fette biscottate, e a riconoscere i sali speziati. Senza, naturalmente, trascurare le ore sedute ai banchi, a studiare economia e gestione. È passato così il primo mese di lezione del primo corso di alta gastronomia del centro Niko Romito Formazione, inaugurato dal bistellato Michelin nella sua struttura di Castel di Sangro “Casadonna”. Realizzato con l’apporto scientifico dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche e il supporto di Slow Food Italia, il corso è iniziato lo scorso 7 maggio e rappresenta tutto quello che Niko Romito ha imparato e trasmette della sua esperienza. Primi elementi
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fra tutti: la consapevolezza della nuova responsabilità sociale del cuoco, l’importanza del contatto diretto tra lui e i fornitori del territorio e l’imprescindibile fattore Eccellenza delle materie prime, senza il quale «non si può pensare di fare una cucina di eccellenza». Il centro Niko Romito Formazione ha ricevuto l’accreditamento da parte della Regione Abruzzo per la Formazione superiore e la Formazione continua, e il sostegno di aziende leader nel settore della gastronomia quali l’Antico Pastificio Garofalo, Angelo Po e Pentole Agnelli. Il suo obiettivo è creare ambasciatori “dei prodotti e dei saperi”, in grado di trasmettere la cultura della propria terra. Per questo, la lezione numero 1 l’ha condotta Niko Romito in persona, di fronte ai rappresentanti della stampa lo scorso 19 marzo.
Il pancotto di Niko Romito Ingredienti per 4 persone: 4 fette di pane di semola raffermo; 50 g di cipolla; 300g di patate; 150 g di broccoletti; 200 g di sedano rapa; 40 g di olio extravergine di oliva; 1 l di latte; 6 dl di brodo vegetale; 1 spicchio di aglio; 4 tuorli di uova fresche; 4 fettine sottili di caciocavallo; abbondante olio di semi; sale. Mondate le verdure. Tritate le cipolle, riducete le patate a cubetti, sminuzzate i broccoletti, tagliate a julienne il sedano rapa. Fate appassire la cipolla con un fondo di olio, unite le patate e lasciate insaporire mescolando, poi bagnate con il latte e 5 dl di brodo. Fate cuocere per circa 30 minuti a fuoco moderato, poi aggiustate di sale e frullate il tutto. In una casseruola a parte soffriggete l’aglio in camicia con un fondo di olio e un pizzico di peperoncino, poi aggiungete i broccoletti sminuzzati, stufateli e versate 1 dl di brodo vegetale. Fate insaporire e spegnete. Portate ad ebollizione un pentolino di acqua, versatevi i tuorli, toglieteli dal fuoco e dopo un minuto prendeteli delicatamente con un cucchiaio. Friggete in olio di semi bollente la julienne di sedano rapa. Finitura: Versate la crema di patate in un piatto fondo, adagiate sopra il pane raffermo, che sarà stato bagnato nel brodo di broccoletti e aggiungete sopra i broccoletti, unite i tuorli di uovo appena scottati, una fetta sottile di caciocavallo e un ciuffo di sedano rapa fritto. Rifinite con un filo di olio a crudo e servite. PAG 41 / C COME FORMAZIONE
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DI NADIA MIRIELLO / FOTO_ISTOCKPHOTO.COM_SERGIO PASQUAL
Quando il nemico ti aspetta a tavola…
Non è raro che una persona tormentata da coliche, stipsi, aerofagìa o rigurgiti, sospetti che la causa delle proprie sofferenze sia un preciso alimento, del quale perfino l’odore diventa un nemico assolutamente da evitare. Eppure, così facendo, non solo non si risolvono alla radice i propri disagi fisici (ed inevitabilmente sociali), ma si va incontro a gravi carenze nutrizionali. In Europa è affetto da allergie alimentari circa il 4% della popolazione, soprattutto giovani. In Italia gli allergici agli alimenti sono oltre 570mila, 270mila sotto i 5 anni, 150mila tra i 5 e i 10 anni e altrettanti tra i 10 e i 18. Tra i bimbi sotto i 5 anni ben 5mila sono a rischio di reazioni gravi, talvolta fatali. Nei più piccoli gli alimenti scatenanti sono solitamente latte, uova e arachidi, ma per la maggior parte la sensibilizzazione al latte, meno frequentemente quella all’albume, sparisce con la crescita. Le arachidi, invece, insieme a nocciole, soia, pesce e crostacei, possono restare un problema per tutta la vita. L’ingestione di allergeni alimentari scatena una risposta abnorme del sistema immunitario, con reazioni che variano da sintomi di lieve entità a manifestazioni estremamente
gravi, addirittura mortali. Se ne distinguono 4 tipologie: gastrointestinali (prurito/bruciore della mucosa orale, labbra gonfie, coliche, nausea, vomito, diarrea), cutanee (prurito/bruciore, arrossamento, orticaria, angioedema), respiratorie (congestione o prurito nasale, starnuti, lacrimazione, prurito congiuntivale) e generalizzate (shock anafilattico, di cui l’allergia alimentare rappresenta la prima causa al mondo). «Chi è affetto da allergie ad alimenti - spiega l’allergologo pescarese Fabio Di Claudio - presenta questi sintomi immediatamente dopo l’ingestione dell’alimento responsabile o addirittura ai primi bocconi. Molto raramente si evidenziamo reazioni ad una o due ore dal pasto. Fa eccezione la cosiddetta “anafilassi alimentare da esercizio fisico”, caratterizzata dall’insorgenza dei sintomi anche a 2-4 ore dall’assunzione di alimenti specifici, che in assenza di esercizio fisico il paziente ingerisce senza disturbi. L’Omega-5-gliadina, una proteina della farina, sembra essere l’alimento più frequentemente associato a questa patologia». Data la notevole variabilità clinica e la difficoltà, per lo
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I nostri più affezionati clienti.
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stesso paziente, nell’associare i sintomi all’ingestione di uno specifico alimento, è indispensabile una corretta analisi degli episodi di reazione. Lo “skin prick test” (test cutaneo) è l’esame diagnostico di primo livello, per l’alta attendibilità e la rapidità d’esecuzione, con esito in 15-20 minuti. Consiste nel far penetrare con lancette monouso nell’avambraccio estratti allergenici selezionati in base al “racconto” del paziente. Se necessario, l’allergologo suggerirà anche altri accertamenti, come il dosaggio delle IgE specifiche (gli anticorpi “contro” gli allergeni alimentari) o il prick-by-prick, test cutaneo eseguito con alimenti freschi. Al termine dell’iter, l’allergologo potrà indicare al paziente quali alimenti eliminare e come autogestire la terapia in caso di riacutizzazione. Al momento l’unico rimedio efficace alle allergie alimentari è quello preventivo, cioè l’esclusione dalla dieta dell’alimento contenente l’allergene. Tuttavia in tutto il
mondo sono in corso sperimentazioni di possibili cure, come i vaccini. E i test per intolleranze alimentari? C’è da fidarsi? «Negli ultimi anni – osserva Di Claudio - si è assistito ad un abuso della dizione di “intolleranza alimentare”. In un documento uscito nel 2004 su un’accreditata rivista scientifica europea, l’AAITO (Associazione allergologi ed immunologi territoriali e ospedalieri), ha ampiamente dimostrato che i cosiddetti “test alternativi” per le intolleranze alimentari, ad esempio test elettrodermici, cito-test, pulse test o analisi del capello, non sono ripetibili: non danno cioè la certezza di un esito identico ad ogni successiva esecuzione, e in alcuni casi scatenano anche reazioni pericolose nel paziente allergico. Chi soffre di gonfiore e crampi addominali, stipsi o diarrea farebbe meglio a rivolgersi ad un gastroenterologo».
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DI DANIELE DI VITTORIO / FOTO_MODIV
Cibus 2012 L’Abruzzo c’è E si vede
Il Cibus rimane sempre la fiera d’eccellenza del mondo del food: 2300 aziende alimentari, 12 mila buyers ed operatori commerciali esteri, di cui 1300 direttamente selezionati, ospitati e gestiti da Fiere di Parma, 63 mila visitatori e circa mille giornalisti accreditati. Innumerevoli le novità di prodotto nei settori dei salumi e delle carni, del lattierocaseario, del pomodoro e della gastronomia in genere, caratterizzate da una accentuata ricerca della qualità, nei segni distintivi dell’italianità del prodotto (importanti anche per l’export), nella creazione di linee più salubri, quindi con meno grassi e meno sale, fino a quelli di rapida cottura o già pronti. La presenza abruzzese è divisa, come succede spesso, tra le aziende con uno stand autonomo e quelle coordinate dal Centro Interno delle Camere di Commercio d’Abruzzo che ha allestito un’area espositiva di 360 metri quadrati dove valorizzare e promuovere le eccellenze alimentari abruzzesi dell’industria e dell’agricoltura. «L’agroalimentare abruzzese non conosce crisi, in virtù della qualità e della forte identità territoriale dei nostri prodotti - ha detto Silvio Di Lorenzo, presidente del
Centro Interno delle Camere di Commercio d’Abruzzo in un mix virtuoso di piccole aziende artigiane e industrie alimentari di eccellenza». «L’Abruzzo piace all’estero ha aggiunto l’assessore regionale alle Politiche agricole Mauro Febbo - e lo dimostrano i dati dell’export che nel 2011 hanno segnato +12,3%, superiore di circa un punto alla media italiana, dopo il già confortante dato del 2010». Le aziende abruzzesi più grandi invece hanno preferito avere il proprio stand autonomo dove ospitare i propri clienti. Da questo punto di vista si è notata l’importanza del comparto “Pasta”: De Cecco, Del Verde, Rustichella, Verrigni, Cocco rappresentano una fetta importante sia del fatturato ma soprattutto dell’immagine abruzzese in questo settore. Non bisogna dimenticare però anche altre realtà sempre presenti e attente come Mokambo, Falcone, Ursini, Evangelista,... L’impressione che abbiamo avuto passeggiando per il Cibus e ascoltando alcuni produttori è quella di una fiera che è ancora molto soddisfacente dal punto di vista del business ma che ha lo stesso risentito un po’ della crisi mondiale. Inoltre, la posizione del padiglione Abruzzo
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non era, secondo noi, di quelle ottimali, trovandosi nell’ultimo padiglione dove erano presenti tutti gli Enti (province, regioni, camere di commercio, ecc) e quindi di scarso stimolo per i visitatori. Siamo anche convinti che il Centro Interno delle Camere di Commercio faccia già uno sforzo enorme per organizzare il padiglione e che è comunque molto importante esserci, ma crediamo che comunque vada fatta dall’ente una analisi dei costi/
benefici in collaborazione con tutti gli espositori presenti. L’appuntamento ora è alla 17° edizione di Cibus, nel maggio 2014, dove verrà confermato e sviluppato il lay out espositivo che vede le aziende dolciarie esporre in un continuum con quelle di categorie affini e della drogheria in generale per una grande area unificata confectionery&grocery.
LE AZIENDE PARTECIPANTI A.G.E.P.A. Sas Di Mingione E & C.; Adi Apicoltura Srl; Agra’ Contado Degli Acquaviva Srl; Antenucci Antonio & C. Snc; Antico Pastificio Rosetano Srl; Associazione Regionale Allevatori-Abruzzo; Aureli Mario; Azienda Agricola Casina Rossa; Azienda Agricola Persiani S.A.S. & C.; Azienda Agricola Tommaso Masciantonio; Azienda Agricola Travaglini Angelico; Bioalimenta Srl; Caffe’ Mokambo; Casale Paradiso Srl; Casitalia Spa; Centro Ingrosso Sim Di Sorrini Marcello & C.Sas; Centro Regionale Commercio Interno Delle Camere Di Commercio D’abruzzo; Cinquina Srl; Confetti Pelino Srl; Consorzio `Abruzzo Quality Food; Agire Agroindustria Ricerca Ecosostenibilita’ Soc.Cons. A R.L.; D’alessandro Confetture Srl; Delverde Industrie Alimentari Spa; Dolciaria Castellana Sas; Dolciaria Cerasani Srl Don Antonio Srl; Dora Sarchese Srl; Evangelista Liquori Snc;
F.Lli Bruno Srl; F.Lli De Cecco Di Filippo - Fara San Martino Spa; Fior Di Maiella Di Mirko Di Crescenzo; Fooditalia Srl; G.E M. Di G. Di Lauro & C. Snc; I Salumieri Di Castel Castagna-Az. Agr. Di Carmine Adina; Il Fiadone Srl Unipersonale; Ines Nurzia Gia’ Sorelle Nurzia Sas; Jupiter Srl; L’olivicola Casolana Soc. Coop. Agricola; La Selvotta Az. Agr. Dei F.Lli Sputore; Madama Oliva Srl; Medimatica Surl. Oleificio Camillo De Laurentiis; Pan Ducale Di D’amario Danilo & C. Sas; Pastificio Artigiano Cav. Giuseppe Cocco Snc; Pastificio Fratelli De Luca S.R.L.; Pescaradolc Srl; Piacere Abruzzese Di Mancinelli Guido; Rustichella D’abruzzo Spa; S.Z. Tartufi Snc Di Serafini E Zaccardi; Salumificio Peppone Srl; Tenuta Sant’ilario; Torti Srl; Triveri Srl; Ursini Srl; Vecchio Forno Di Vincenzo Di Paolo; Verde Abruzzo Srl;
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«Il sapere di nicchia diventerà la motivazione dominante dei consumi del futuro: il viaggiatore chiederà esperienze genuine, da poter condividere»
c come territorio
DI ROBERTO PARISIO / FOTO_MODIV_MARIO SABATINI
Le nuove vie del turismo Sono i sentieri
Il patrimonio naturalistico, contrassegnato da una grandissima varietà di paesaggi; l’artigianato, espressione di antichi saperi; la terra, i prodotti enogastronomici; i sistemi di coltivazione e l’ingegno della gente che sono nella storia d’Abruzzo costituiscono una identità che deve ancora emergere. È quanto risulta da uno studio statistico prodotto in marzo dall’ISNART (Istituto Nazionale Ricerche Turistiche) per conto dell’associazione interregionale delle Camere di Commercio del Centro Italia, intitolato “L’identità del territorio e nuovi prodotti turistici nelle regioni del Centro Italia”. Per l’Abruzzo è un’occasione per riflettere sul proprio ruolo cercando di svincolarsi dall’immagine di una regione che vuole competere con le realtà del Nord e del Sud attraverso la classica offerta-contenitore divisa in mare, montagna e laghi. La ricetta suggerita dagli esperti è infatti diversa: cercare i sentieri che attraversino, fondendole, le specificità del territorio, della cultura e dello stile di vita, valorizzandole con creatività imprenditoriale tramite proposte nuove ed originali che possano trarre spunto dal patrimonio dei saperi, dai prodotti tipici alle ricette, dallo stile di vita ai costumi, dall’arte alla natura. Il territorio abruzzese è ricco di storia, d’arte e di cultura ed anche i piccoli centri meno conosciuti possono vantare l’appartenenza ai circuiti delle Bandiere Arancioni, del Marchio Ospitalità Italiana,
dei Borghi Più Belli d’Italia e delle Bandiere Blu, perciò meriterebbero di essere opportunamente valorizzati. La ricchezza e la varietà delle produzioni agroalimentari fanno riferimento sì a quelle più diffuse come il vino, l’olio ma anche a quelle più particolari come il tartufo, lo zafferano, le castagne, il miele. La ricerca ci consegna purtroppo un’Italia Centrale in cui il sistema dell’accoglienza è caratterizzato dal sottoutilizzo della ricettività tipica, da una bassa incidenza di una hôtellerie qualificata, da un’esigua presenza di tour operator interessati ad inserire tra le proposte le province meno note alla massa turistica. Poco diversificati appaiono anche i canali di promo– commercializzazione, deboli i legami con le agenzie di viaggi ed i tour operator, marginali i contatti con operatori online: la rete internet è utilizzata solo come visibilità nel mondo dei navigatori. La gastronomia, non associata a luoghi particolari, ed il “prodotto turistico”, che presenta uno scarso legame culturale con i temi d’identità del territorio (cibo, storia, agriturismo, religione ), sono poco venduti dagli intermediari e non hanno la forza di un’attrattiva proposta turistica. Colpisce, in particolare, che i valori immaginati per l’Italia Centrale non connotano una precisa identità di un territorio, un modo d’essere, un prodotto particolare, un paesaggio ricercato, quanto piuttosto un luogo dai contorni sfumati: nei cataloghi delle agenzie di viaggio e degli operatori turistici non
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vi sono riferimenti ad una tradizione specifica che contraddistingua il territorio, una ricetta, una tecnica di coltivazione, una proposta gastronomica. L’enogastronomia non sembra possedere la forza per trainare una scelta consapevole. Nelle regioni del Centro Italia il turismo dall’estero rappresenta il 46% delle presenze registrate, mentre la quota dei tour operator che vende le destinazioni del Centro Italia è davvero esigua. La maggior parte delle strutture punta sulla presenza online che tuttavia, spesso, non supera la semplice visibilità, impedendo di fatto lo sviluppo di un vero strumento di vendita di camere e pacchetti. Ne deriva un’efficacia non ottimale di questo canale (la quota di prenotazioni online si attesta al di sotto del terzo del totale) pur rilevando che, per i turisti, internet è un fattore di peso fondamentale nelle scelte del periodo e della destinazione di vacanza e di alloggio. Perdere la speranza, quindi, per un Abruzzo di nuovo in crescita? Cosa fare davvero per avviare un modello di sviluppo con al centro il turismo del territorio? I ricercatori dicono che il sapere di nicchia diventerà la motivazione dominante dei consumi del futuro. Il ristorante generalista, la cultura generalista, la moltitudine di consumatori senza particolari valori di riferimento e sostanzialmente acritica non potranno più essere presi a riferimento. I visitatori dell’immediato futuro sono a tutti gli effetti viaggiatori, residenziali e non, soggetti portatori di
«Per i turisti internet è un fattore di peso fondamentale nelle scelte del periodo e della destinazione di vacanza e di alloggio» peculiari originalità, fortemente personalizzati nei loro stili di vita che chiederanno esperienze di valore genuine, che contribuiranno a farle vivere e rivivere attraverso il passaparola delle relazioni umane, dei social media, in una condivisione senza precedenti nella storia economica. Tali soggetti, unitamente alla comunità degli attori pubblici locali, degli intermediari e delle nuove professionalità, diventano tutti nodi di una rete attiva e proattiva che interagisce con le risorse naturali ed ambientali del territorio. La tendenza alla ricerca dei low cost si accentuerà, così come anche la scelta di intraprendere viaggi a ridosso della
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partenza, vissuti come necessità di fuga del momento. Se questo è il quadro, diventa imprescindibile modificare il sistema dell’offerta turistica attraverso la progettazione di prodotti differenziati e l’organizzazione di vacanze a tema durante le quali praticare sport. Dedicarsi, insomma, al proprio benessere ed alla propria armonia all’interno di territori pensati come contenitori di storia, di alta cultura enogastronomica “a Km zero”: luoghi con cui confrontarsi ed arricchire il proprio saper fare. Da questo punto di vista, il resoconto del viaggio non riguarderà solo la parola, ma anche la rielaborazione casalinga di un piatto tipico che il turista avrà assaggiato durante un viaggio e del quale avrà appreso le origini, le tecniche di cottura, le curiosità ad esso legate. Sarà pure possibile recuperare in loco la ricetta, come pure godere della degustazione di un vino o assistere alla mostra di un manufatto locale come spunti per conoscere una storia di vita e per apprezzare la reale adozione di comportamenti eco sostenibili, attraverso la richiesta di prodotti agroalimentari che rispettino l’equilibrio, il territorio e la salute delle persone. Il ruolo delle comunità locali sarà sempre più importante nelle esperienze di vacanza, mentre d’altra parte il web, la disponibilità di connessione wi-fi
«Per andare incontro al futuro occorre unire l’innovazione nel servizio alla valorizzazione delle proprie peculiarità»» e l’utilizzo dei dispositivi mobili diverranno parte integrante di un individuo in costante movimento. Sarà perciò altrettanto fondamentale qualificare l’offerta unendo l’innovazione del servizio con una dimensione piccola e personale delle strutture ricettive; creare circuiti differenziati e specializzati per target di prodotto; adottare marchi di qualità che possano aiutare le imprese a sviluppare una capacità di risposta più rapida e ricercata alle richieste attuali e potenziali dei turisti. I servizi turistici dovranno essere maggiormente orientati alla soddisfazione del cliente: la formazione alle imprese su temi come le tecniche di commercializzazione online, l’utilizzo di internet come supporto alla vendita (prenotazioni via web; presenza nei portali di booking online rivolti a destinatari specifici ed a nicchie di turismo; utilizzo di smart phone per essere sempre reperibili) e la progettazione di nuove possibilità di turismo (prodotti e itinerari) possono rappresentare la giusta risposta. Per far questo sarà necessario coinvolgere gli attori pubblici, costruire un sistema di relazioni con i privati,
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Il turismo passa anche per i piatti tipici, che il turista può rifare a casa con i prodotti scoperti in vacanza
favorire la nascita di nuove professionalità legate alle moderne tecniche di gestione dell’impresa in rete e favorire l’integrazione con altri comparti. All’interno di questi network si potranno progettare forme di alloggio insolite (castelli, dimore storiche o contadine, mulini, persino alloggi sugli alberi), enfatizzare la partecipazione del cliente alle attività (agriturismo attivi e fattorie didattiche), individuare figure professionali nuove (voyage designer, il progettista dell’esperienza turistica; personal eco trainer, guida ecologica naturalistica; wedding planner, l’organizzatore di pranzi; slow life mentor). Tali figure sono portatrici di competenze gestionali di area che possono supportare la creazione, la promozione/commercializzazione e la comunicazione dei network territoriali di offerta, che possono facilitare la progettazione di itinerari e reti di prodotto, anche attraverso l’individuazione di eventi ai quali conferire un ruolo attrattivo rispetto al territorio. È allora vitale migliorare la raggiungibilità dei luoghi, sviluppando servizi di trasporto da e per gli aeroporti, puntando su noleggi di mezzi di trasporto a basso impatto ambientale (auto elettriche) e su una rete segnaletica coerente con i nuovi itinerari. L’offerta di prodotti turistici di nicchia dovrebbe privilegiare gli eventi specializzati, preparare in anticipo il materiale pubblicitario ed i contatti, motivare i tour operator
«È vitale migliorare la raggiungibilità dei luoghi» e le agenzie di viaggio, anche attraverso educational nei periodi di bassa stagione per consolidare i contatti ed accrescere la notorietà dei luoghi e la qualità delle proposte. Molto rilevante è il rafforzamento della presenza di intermediari locali che si occupino di incoming, e che lavorino su tutta l’area, specializzati per prodotto, per target, per area e che possano fungere da referente unico per i tour operator. Buona parte delle politiche di comunicazione realizzate fino ad oggi dagli attori locali fanno fatica ad intraprendere questa direzione: costose e non sempre efficaci per i risultati realizzati, sono condizionate spesso da una visione ancora troppo generalista che individua “nell’autostrada”, piuttosto che “nei sentieri”, la via per catturare le emozioni dei visitatori.
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A CURA DELL’UNIONE CUOCHI ABRUZZESI / FOTO_MODIV_NINO DI FELICE
Lu Carrature d’ore Un concorso Tutto da mangiare
La 22esima edizione de “Lu Carrature d’Ore” si è conclusa premiando 3 donne tra le 4 partecipanti allo storico concorso gastronomico regionale, per un totale di 21 professionisti. Quasi 200 ospiti nella cena di gala che si è svolta il 21 marzo all’hotel Michelangelo di Città Sant’Angelo hanno gustato una cena sofisticata di ben sette portate, preparata dal neonato Team cuochi abruzzesi, guidato da Michele Ottalevi. Alla serata hanno preso parte i dirigenti dell’Unione Cuochi Abruzzesi e, in rappresentanza dei tre enti che hanno collaborato con l’Associazione Cuochi di Pescara nell’organizzazione dell’evento, il presidente della Camera di Commercio di Pescara Daniele Becci, il sindaco di Città Sant’Angelo Gabriele Florindi e il direttore della Fondazione Victoriis Medori Giampietro Luciani.
Sono stati premiati in diretta i vincitori selezionati dalle giurie presiedute dal giornalista enogastronomico Massimo Di Cintio, e composte da nomi di eccellenza come Fabrizio Camplone, titolare della pasticceria Caprice e membro dell’Accademia maestri pasticceri italiani; Andrea Di Felice, presidente Unione Cuochi Abruzzesi; e dagli chef Gianluca Sergiacomo (“Il Giardino degli Ulivi”, Rosciano); Marcello Spadone (ristorante “La Bandiera”, Civitella Casanova); Peppino Tinari (ristorante “Villa Maiella”, Guardiagrele); Domenica Vagnarelli (ristorante “Mediterraneo”, Alba Adriatica”) e Pino Finamore (chef della Camera dei Deputati). Per l’occasione è stato anche festeggiato l’ottantesimo compleanno del presidente onorario Leo Giacomucci, ideatore del concorso nel 1988.
Spaghetti con le sarde e il peperone rosso di Altino di Antonina Di Giacomo, ristorante “Il Casolare” di Miglianico (Ch) Piatto vincitore de “Lu carrature d’ore della tradizione” per “la semplicità fatta bontà, dove la tradizione si alleggerisce e conquista il palato con un condimento esemplare per delicatezza e profondità gustativa”.
Ingredienti per 6 persone: 500 g di spaghetti “Cav Giuseppe Cocco”, 50 g d’olio extravergine d’oliva biologico, 3 sarde sotto, 20 g di polvere di peperone rosso di Altino, 1 spicchio d’aglio rosso di Sulmona. Per la guarnizione: 6 peperoni secchi interi, 6 foglie di salvia, 5 g di erbette aromatiche della Majella. Per la guarnizione: croccantizzare con poco olio i peperoni interi tagliati in anelli. Spinare le sarde e tritarle. Portare ad ebollizione l’acqua, salare e cuocere gli spaghetti. Soffriggere nell’olio l’aglio schiacciato, eliminarlo, aggiungere le sarde e lasciarle disfare. Unire la polvere di peperone e a fiamma bassa fermare la cottura aggiungendo poco alla volta un mestolo di acqua di cottura della pasta. Scolare la pasta molto al dente nel soffritto e terminare la cottura nella padella. Presentazione: Mettere gli spaghetti a nido nei piatti, decorare con gli anelli di peperoni, le erbette tritate e le foglie di salvia.
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Baccalà morbido, croccante e gratinato di Nick Biasella, Hotel “La Fenice” di Castel di Sangro (Aq) Piatto vincitore de “Lu carrature d’ore delle tipicità” per “l’esecuzione con giusti accenti di sapore e cotture a regola d’arte di una buonissima trilogia di baccalà”
Ingredienti per 6 persone: Per il baccalà morbido: 250 g di baccalà dissalato, 200 g di ricotta di pecora, 250 g di latte, 1 spicchio d’aglio, 30 g di olio extravergine d’oliva dop abruzzese, 2 g di basilico, 120 g di pomodorini ‘ppesarelle, 20 g di zucchero, 30 g di pane raffermo, sale e pepe q.b. Per il baccalà croccante: 500 g di baccalà, 1 uovo intero, 20 g di farina, 250 g di farina di mais,10 g di salvia, 10 g di rosmarino, 200 g d’olio extravergine d’oliva, sale e pepe q.b. Per il baccalà gratinato: 500 g di baccalà, 100 g di pane raffermo casareccio, 200 g di patate di Avezzano, 6 fiori capperi, 20 g di olio extravergine d’oliva, 2 g di rosmarino, sale e pepe q.b Per il baccalà morbido: cuocere il baccalà con l’aglio e il latte, eliminare l’aglio, unire la ricotta, l’olio e frullare. Insaporire con il basilico tritato e il pepe. Cospargere i pomodorini con lo zucchero, salare, irrorare con un filo di olio e cuocere in forno a 90° per 1 ora. Tagliare 6 fettine di pane all’affettatrice, arrotolarle fermandole con degli stuzzicadenti e cuocere in forno a 150° per 8 minuti. Per il baccalà croccante: tagliare il baccalà in 6 quadrati di 3 cm per lato, passarli nel trito di spezie, nella farina, poi nell’uovo, in ultimo nella farina di mais e friggerli. Per il baccalà gratinato: pelare le patate a botticella e ricavare 24 rondelle. Tagliare il baccalà in 6 quadrati di 3 cm per lato, frullare il pane raffermo, condirlo con olio e cospargere il baccalà con il pane. Mettere il baccalà con le patate in una teglia con olio, rosmarino, sale e pepe e cuocere in forno a 180° per 15’. Presentazione: Con il baccalà morbido realizzare 6 quenelles e sistemarle al lato sinistro del piatto con dietro il cannolo di pane con sopra il pomodorino. Al centro mettere il baccalà croccante con un rametto di rosmarino sopra. A destra sistemare il baccalà gratinato con intorno le patate e il cappero adagiato. PAG 59 / C COME RICETTE
Tronchetto mediterraneo di scampi di Oscar Antonio Scarano, Ristorante “La Cartiera del Vetojo”, L’Aquila Piatto vincitore de “Lu carrature d’ore della innovazione”, il tronchetto mediterraneo di scampi con ricotta di Castel del Monte, granella di mandorle e arance della costa dei Trabocchi, con liquirizia di Atri, cipolle rosse in agrodolce e aria di Centerba Toro è stato scelto “per la ricercata preparazione che attraversa l’Abruzzo dal mare alle montagne e ritorno, con misurata creatività”.
Ingredienti per 6 persone: Per il tronchetto: 12 scampi dell’Adriatico grandi, 150 g di ricotta di pecora di Castel del Monte, 100 g di mandorle di Navelli, ½ buccia di arancia della Costa dei Trabocchi, 20 g d’olio extravergine d’oliva. Per la riduzione di liquirizia: 20 g di liquirizia in polvere di Atri, 200 g d’acqua, 100 g zucchero. Per le cipolle: 200 g di cipolle, 500 g acqua, 100 g di aceto, 30 g di zucchero. Per l’aria di Centerba Toro: 100 g di riduzione di Centerba Toro, 200 g di latte di mandorla, 3 g di lecitina di soia. Per la guarnizione: 12 germogli di cipolle, 18 fiori di borragine, 24 filetti di mandorle tostate. Per la riduzione di liquirizia: unire tutti gli ingredienti in un pentolino e ridurre a consistenza sciropposa. Per le cipolle: cuocere le cipolle intere con acqua, aceto e zucchero, facendole rimanere leggermente croccanti, scolarle e tagliarle in julienne. Per il tronchetto: passare la ricotta al setaccio, amalgamare con la buccia d’arancia grattugiata, la granella di mandorle e l’olio. Sgusciare gli scampi, sistemare 2 scampi per porzione tra due fogli di pellicola, appiattirli, spalmare la farcia ed arrotolarli. Cuocere a vapore a 70° con sonda al cuore a 55°. Per l’aria di Centerba: unire tutti gli ingredienti e frullare con un mixer, aspettare 2 minuti e raccogliere con un cucchiaio l’aria creatasi in superficie. Presentazione: al lato dei piatti creare una virgola con la riduzione di liquirizia, mettere di fianco il tronchetto con la julienne di cipolle sopra, all’estremità del tronchetto sistemare l’aria di Centerba e guarnire con i fiori, i germogli e le mandorle. PAG 60 / C COME RICETTE
Cremoso di mandorla e gelée di arancia di Cinzia Fazzini, ristorante “Esprì”, Colonnella (Te) Piatto vincitore de “Lu buccunotte d’ore”. Il cremoso di mandorla e gelée di arancia in cupola di meringa su quadrotto di Parrozzo è stato scelto perché è “un dolce senza invadenza, armonioso e raffinato, gustoso con la giusta dose di creatività nel gioco di morbido e croccante”
Ingredienti per 6 persone: Per il quadrotto di parrozzo: 125 g zucchero semolato, 80 g burro, 60 g mandorle, 55 g di fecola, 55 farina 00, 5 uova, 250 g cioccolato fondente. Per il cremoso di mandorla: 125 g crema pasticcera, 420 g crema al burro, 60 g pasta di mandorle, 60 g di caprino fresco.Per la cupola di meringa: 125 g di albume a temperatura ambiente, 125 g zucchero semolato, 125 g di zucchero a velo. Per il gelée all’arancia: 160 g polpa di arance, 20 g di zucchero semolato, 4 g colla di pesce. Per la decorazione: 6 tuilles alle mandorle, 100 g di pralinato di mandorle tritate, cioccolato fondente, coluis di arance. Per la cupola: montare l’albume nella planetaria, aggiungere gradatamente lo zucchero semolato e montare a neve ferma. Unire lo zucchero a velo gradatamente incorporandolo con una spatola. Colare il composto negli stampini di silicone a cupola rivestendo soltanto le pareti e far asciugare in forno ad 80° per circa 2 ore. Per il quadrotto: Montare i tuorli con lo zucchero, unire la polvere di mandorle, di seguito le due farine setacciate e il burro fuso. Montare gli albumi a neve, unirli al composto, versare il tutto in una teglia imburrata e cuocere in forno a 180° per 40’. Lasciare raffreddare, ricavare dei quadrati della dimensione di 6 x 6 cm, sciogliere il cioccolato e versarlo sui quadrotti. Per il cremoso: amalgamare tutti gli ingredienti e realizzare un composto omogeneo. Per il gelée: Mettere in ammollo la colla di pesce per 10’. Frullare la polpa, filtrare e aggiungere lo zucchero. Sciogliere la gelatina a bagnomaria, amalgamare al succo e filtrare nuovamente. Versare il composto in 6 stampini a cupola del diametro di 3 cm e abbattere in negativo.Farcire le cupole di meringa con il cremoso e inserire al centro il gelée. Presentazione: mettere al centro dei piatti i quadrotti, di fianco mettere il pralinato di mandorle, sopra sistemare le cupole, di fianco appoggiare le tuilles e completare con delle gocce di cioccolato e di coulis di arance. PAG 61 / C COME RICETTE
c come news L’Oro d’Italia premia Tenuta Zuppini
Terzo posto nella categoria fruttato leggero, tipologia Blend, al Premio nazionale L’Oro d’Italia 2012, per l’olio abruzzese “Veneranda 19” dell’azienda Tenuta Zuppini di Torricella Sicura (Te). Il concorso è promosso ed organizzato dall’associazione nazionale Olea, Organizzazione Laboratorio Esperti Assaggiatori, e rappresenta la competizione più importante in Italia per il numero di produttori partecipanti, che hanno presentato oltre 300 oli, in rappresentanza di 18 regioni italiane e di tutte le aree olivicole italiane. L’olio teramano è stato l’unico olio abruzzese ad essere selezionato per uno dei premi finali. La cerimonia di premiazione si è svolta il 27 aprile a Senigallia, in occasione del Gran Galà dell’olio. Per l’azienda hanno ritirato il premio i giovani titolari Rino e Benedetta Matone, rispettivamente di 22 e 24 anni. Alla cerimonia ha partecipato anche il sindaco di Torricella Sicura, Daniele Palumbi. L’olio extravergine d’oliva “Veneranda 19” è un prodotto ottenuto da olive Dritta e Frantoio (80%) e da altre cinque cultivar (20%), quali Leccino, Castiglionese, Leccio del corno, Carboncella, Maurino, raccolte nell’oliveto aziendale di Torricella Sicura.
Premio Mediterraneo a Valerio Valle
Il giovane pizzaiolo giuliese Valerio Valle, proprietario della pizzeria “Compagnia della pizza” a Giulianova, il 27 febbraio ha ricevuto il premio Mediterraneo alla professionalità. Il premio, giunto ormai alla sua terza edizione, viene assegnato una volta all’anno a Tortora (Cosenza) da Francesco Matellicani, presidente dell’albo italiano pizzaioli professionisti e vice-presidente dell’associazione pizzerie italiane. È dedicato a tutti quei ristoratori, albergatori e pizzaioli che si sono distinti nelle loro attività nel corso dell’anno precedente. Il giuliese Valerio Valle si e’ distinto nel 2011 grazie all’organizzazione, insieme al portale bar.it, dell’evento “Il gran premio della pizza” svoltosi al Tech Food di Monteprandone, che abbiamo seguito anche noi di C come magazine sul numero 22.
Confesercenti premia Beccaceci
italiane aderenti a Confesercenti che partendo da un forte legame con il territorio hanno saputo diventare dei punti di eccellenza nei rispettivi settori. Per l’Abruzzo è stato scelto, appunto, il ristorante Beccaceci di Giulianova.
Da Francavilla un campione di pizza freestyle
Alla XXI edizione del «Campionato Mondiale della Pizza», che si è svolta a Salsomaggiore Terme dal 16 al 18 aprile, il pizzaiolo del Siren’s Corner di Francavilla, il rumeno Dan Ioan Leicu, ha vinto il primo premio della categoria Free Style, raggiungendo il massimo del punteggio e guadagnandosi l’appellativo di campione del mondo 2012. Le persone che hanno condiviso le gioie di questa impresa sono il suo titolare, Alfredo Rapino, e Gianna Lumento.
Medaglia di bronzo a Del Casale «Ecco una delle imprese che hanno fatto la storia dei loro territori, diventando aziende di grande qualità ed avendo scelto di avere al proprio fianco la Confesercenti». Con queste parole il presidente nazionale di Confesercenti, Marco Venturi, ha premiato Andrea Beccaceci, quarta generazione della famiglia che ha fondato e gestisce tuttora lo storico ristorante di Giulianova, nell’ambito della convention che l’associazione imprenditoriale ha organizzato alla fine di aprile presso il Molino Stucky Hilton di Venezia per celebrare i quarant’anni dalla fondazione della Confederazione. La presidenza nazionale di Confesercenti ha scelto per l’occasione di premiare venti aziende PAG 62 / C COME NEWS
Il Cerasuolo “Vird Vird” dell’azienda Sergio Del Casale di Vasto ha ottenuto la medaglia di bronzo al primo concorso enologico nazionale “Vini rosati d’Italia”. L’iniziativa è nata dalla volontà condivisa della Regione Puglia, dell’Accademia italiana della vite e del vino, di Assoenologi nazionale e di Unioncamere Puglia di valorizzare questa tipologia
enoica che negli ultimi anni ha mostrato un significativo trend di crescita in Italia. L’Igt Rosato Histonium “Vird Vird” 2011 premiato con la medaglia di bronzo è chiamato così per via del soprannome dato alla famiglia nei primi anni del Novecento, proprio per il colore “verde verde” dei suoi vigneti. La cerimonia di premiazione si è svolta al Castello Aragonese di Otranto il 5 maggio.
I migliori artigiani 2011
Il 31 marzo 2012 la Provincia di Pescara ha premiato presso il Palacongressi di Montesilvano i migliori artigiani del territorio, i cui nomi sono stati segnalati dalle associazioni di categoria (Cna, Confartigiano e Casartigiani). Per la prima edizione di “Artigianato in festa – Rassegna dell’artigianato provinciale” sono state consegnate targhe come riconoscimento per la lunga attività svolta, per l’abilità dimostrata o per aver formato tanti giovani artigiani. Nella provincia di Pescara le attività artigiane sono 8.400 con 22mila addetti. Ecco gli artigiani dell’alimentazione che sono stati premiati dall’assessorato provinciale alle attività produttive: Arrigo De Simone (Montesilvano), artigiano della birra (Birra Desmond, con sede a Spoltore); Andrea Falcone (Montesilvano) e Pierdomenico Dante (Montesilvano), artigiani del dolce; Concettina Di Lodovico (Elice), artigiana della pasta (pastificio La Mugnaia); Roberto Di Domenico (Pescara), artigiano dell’arrosticino.
Slow Food sposa l’agnello d’Abruzzo
Lunedì 26 marzo a Sulmona presso l’Officina dei Sapori, Slow Food Abruzzo-Molise ha organizzato un incontro con cuochi e ristoratori per promuovere il disciplinare “Buongusto Agnello d’Abruzzo” promosso dall’A.R.A. - Associazione Regionale Allevatori. All’incontro erano presenti Giorgio Davini, fiduciario Slow Food della Condotta peligna; Raffaele Grilli, fiduciario Slow Food Val Vibrata-Giulianova; Andrea Cortesi, responsabile Ara; Angelo Pellegrino, direttore dell’Officina dei Sapori di Sulmona; ed Andrea Di Felice, presidente regionale dell’Unione Cuochi Abruzzesi. Lo scopo dell’incontro è stato principalmente quello di promuovere un accordo di filiera corta tra i cuochi abruzzesi e i produttori di piccola e media scala, riconoscendo il Disciplinare del Buongusto Agnello d’Abruzzo: proporre quindi al sistema alimentare un agnello di qualità proveniente dagli allevamenti del territorio ragionale ed allevato, cresciuto e alimentato secondo la tradizione degli allevatori d’Abruzzo.
Nuovo Fiduciario Slow Food Pescara
Dallo scorso marzo è Annamaria D’Eusanio il nuovo fiduciario della Condotta di Pescara, la più numerosa d’Abruzzo. In Slow Food da circa vent’anni, da sempre impegnata nella promozione di iniziative legate alla cultura del cibo ed all’enogastronomia, Annamaria D’Eusanio è stata eletta all’unanimità ed è la prima donna delegata a rappresentare a Pescara il movimento internazionale di Carlo Petrini. Il nuovo fiduciario ha condiviso la passione e l’interesse per Slow Food con il fratello Domenico, già fiduciario della Condotta Slow Food nel territorio spagnolo dell’Extremadura e con la sorella Rosaria, scomparsa prematuramente, molto attiva nel sostenere iniziative di respiro nazionale quali “Cala Lenta” e “Figli di un Bacco minore?”. Annamaria D’Eusanio prende il testimone da Remo Bellucci, fiduciario dal 2007 ad oggi, in procinto di trasferirsi all’estero per motivi di lavoro ed è chiamata a gestire nei prossimi anni una Condotta partita nel 1987 che oggi ne conta circa 200 soci.
I venerdì di Slow Wine
È stata la Campania a battezzare la serie dei “Venerdì di Slow Wine”
organizzata da Slow Food Abruzzo presso “La scialuppa della Nave” a Francavilla al mare. L’appuntamento mensile punta a raccontare le diverse aree viticole italiane. La prima serata, il 30 marzo, è stata condotta da Luciano Pignataro, giornalista e coordinatore di Slow Wine Campania, alla presenza del fiduciario di Francavilla Davide Acerra e il presidente di Slow Food Abruzzo Raffaele Cavallo. I protagonisti della prima serata sono stati il Fiano di Avellino 2010 di Pietracupa, il Greco di Tufo 2010 delle Cantine dell’Angelo, il Falanghina Campi Flegrei 2010 di Agnanum Raffaele Moccia, il Sabbie di Sopra il Bosco 2009, di Nanni Copè, e il Taurasi Poliphemo 2007 di Luigi Tecce. L’ultimo appuntamento: il 18 maggio con i Verdicchi d’autore. (Foto: Cdg)
Protocollo tra il polo Agire e il Distretto alimentare
Il 29 febbraio 2012 il Polo di innovazione AGIRE (acronimo di AGroIndustria Ricerca Ecosostenibilità) e il Distretto Agroalimentare IT.QSA (Innovazione tecnologica, Qualità e Sicurezza degli Alimenti) hanno sottoscritto un accordo per evitare le sovrapposizioni ed ampliare lo spettro dei finanziamenti gli obiettivi dell’accordo che le due società consortili abruzzesi sottoscrivono in nome dell’innovazione e a beneficio delle imprese e rendere complementari le rispettive attività, evitando sovrapposizioni e favorendo una più incisiva azione di sviluppo della ricerca a beneficio delle imprese abruzzesi del settore agroalimentare. Alla firma erano presenti il vice presidente della Regione, Alfredo Castiglione, e l’assessore alle politiche agricole, Mauro Febbo.
Il piatto dei mondiali
È stato assegnato il primo premio del concorso gastronomico “Il piatto dei Mondiali” indetto dall’assessorato al turismo di Roccaraso in occasione dei Mondiali di sci juniores che si sono svolti nel mese di marzo. Al primo posto si è qualificato il ristorante “La Taverna” di Roccaraso, con il piatto “Medaglioni d’agnello (abruzzese) su vellutata di patate del fucino profumata allo zafferano di Navelli”, ideato dai coniugi Ippolito e Tiziana Di Battista. L’agnello, da sempre simbolo della tradizione abruzzese, viene ripresentato in un’ottica moderna e dai sapori eleganti e genuini. Il piatto è servito con i 5 medaglioni disposti a rappresentare i 5 continenti che hanno partecipato ai mondiali.