C come magazine n. 25

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ABRUZZESE IN UN FREEPRESS

ANNO 4 - NUMERO 25 -LUGLIO/ AGOSTO / SETTEMBRE 2012

LA CULTURA ENOGASTRONOMICA

c come

Inserto

Speciale Arrosticino

Speciale Mondo

Mediterranea 2012 Le piazze del bio

Dall’ovino al consumatore

L’Abruzzo portato all’estero in un piatto


PA S S I O N E

I TA L I A N A

Fabbrica Sedie, Tavoli e Sofà 65013 CITTÀ S. ANGELO (PE) ITALIA TEL: +39 085 95201 - FAX: +39 085 9500288 - www.fabercsa.com - info@fabercsa.com


Mediterranea 2012: una mostra all’insegna del mare La XXVII edizione di “Mediterranea” che si è svolta dal 3 al 5 agosto 2012 ha toccato quota 12.000 presenze. La più grande mostra dei prodotti tipici agroalimentari d’Abruzzo, ospitata anche quest’anno dal Porto turistico Marina di Pescara, ha fatto bingo con la novità 2012: i seminari serali.

COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE / FOTO MARIO SABATINI


c come inserto / Mediterranea 2012

«La più grande mostra dei prodotti tipici agroalimentari d’Abruzzo ha riscontrato nel 2012 più di 12.000 visitatori»

Cinquantacinque aziende hanno proposto i loro prodotti all’interno dell’area espositiva: imprese olearie, aziende vitivinicole, caseifici, salumifici, aziende di conserve alimentari, di tartufi, di cereali minori, di frutta, di verdura, pastifici, produttori di miele, imprese dolciarie, di liquori e di erbe officinali, oltre a numerose associazioni di settore e ad amministrazioni comunali delle aree regionali a vocazione agricola, hanno rappresentato il meglio dell’Abruzzo che cresce e si perfeziona nel proprio campo. Come di consueto, accanto all’area espositiva, in cui le aziende hanno mostrato e venduto i loro prodotti, sono state realizzate un’area assaggi, in cui è stato possibile acquistare e

mangiare tipicità del territorio, e un’area eventi, animata in tre appuntamenti serali da dibattiti e degustazioni di alta qualità e da un notevole riscontro di pubblico. L’argomento principe dell’edizione 2012 di “Mediterranea” è stato il mare, messo in rilievo dai vari eventi collaterali, a partire dallo spazio dedicato alle arti visive con la mostra fotografica sulle tradizioni marinare pescaresi, curata dall’associazione Borgomarino, e quella di pittura, “Viaggio nel Mediterraneo”, dell’artista Domenico Colasante, per finire all’aspetto enogastronomico. Nella prima giornata di “Mediterranea”, infatti, si è tenuta la dimostrazione di cucina dei piatti tipici della tradizione marinara pescarese: una descrizione accurata della vita a bordo di un peschereccio, quando si usciva in mare, e il racconto dettagliato della preparazione del cibo in mare. È stato spiegato quali erano i riti e gli usi del “cuoco” del mare, e sono state illustrati ingredienti, tecniche e cotture utilizzati per cucinare in situazioni difficili e approssimative. Le ricette sono state filmate e pubblicate sul canale youtube della Camera di Pescara: youtube.com/camcompe.




c come inserto / Mediterranea 2012

«La XXVII edizione è stata dedicata al mare, con una mostra e incontri su ingredienti, tecniche e cotture utilizzati dai pescatori per cucinare in situazioni difficili» La scelta di porre sotto i riflettori la preziosità delle tradizioni marinare e la versatilità della piccola pesca si è dimostrata vincente e molto vicina al quotidiano, in un momento come questo, sia di crisi economica per le famiglie sia di difficoltà particolare per Pescara, che rischia seriamente di perdere l’uso del porto, in impellente necessità di dragaggio. È stato un momento di riflessione molto apprezzato da Slow Food, che ha manifestato l’intenzione di ricreare l’evento anche al Salone del Gusto di Torino. Vale la pena che i consumatori si soffermino sul valore economico e salutare, di

prediligere anche nel settore ittico la “filiera corta”, ossia il pescato più vicino a noi. La seconda giornata di “Mediterranea” è stata dedicata a due eccellenze del nostro territorio: l’olio e il vino. C’è stata la cerimonia di consegna del Premio per la valorizzazione delle eccellenze olivicole regionali a cura dell’Unioncamere regionale; per l’occasione il presidente del Consorzio Aprutino Pescarese Sivano Ferri ha tessuto le lodi dell’olio DOP, riflesso di un territorio ricco e verace. Alla premiazione ha fatto seguito una degustazione guidata dal professore Leonardo Seghetti, esperto enogastronomico, in collaborazione con Luciano Brancone, capo panel della CCIAA di Pescara: “Olio, pane, vino, formaggio, miele e tartufo: caratteristiche di tipicità, tecniche di abbinamento e di degustazione”. L’evento ha riscosso molto successo e ha registrato il tutto esaurito in entrambe le sessioni. Queste degustazioni hanno avuto anche un fine benefico: il contributo di 5 euro richiesto al pubblico per partecipare è stato interamente devoluto alla Croce Rossa Italiana per il fondo “Sisma Emilia Romagna”, con l’intermediazione della CCIAA di Pescara. La giornata di domenica si è conclusa con un


LISTA DELLE AZIENDE PARTECIPANTI Abruzzo Vini - Via Casanova, 13 Cepagatti (Pe) Tel. 085-9700141 - www.bruzzovini.it Agriforno La Spiga - Via della Riga - Fraz.San Gregorio L’Aquila (AQ) - Tel. 0862-441217 AIC Ass. Italiana Celiachia - Abruzzo Via Montanara 53 - Pescara (PE) - Tel. 085-4454650 Apicoltura Biologica Colle Salera - Via per Prezza, 58 - Pratola Peligna (AQ) - Tel. 0864-271082 Aurelio Menozzi & R. De Rosa Sas - Via Roma, 16 - Montesilvano (PE) - Tel. 085-8798720 Az. Agr. Alberto Tiberio - C.da Difesa Vecchia, 15 - Casalbordino (CH) - Tel. 0873-921077 Az. Agr. Antiche Grotte - Via Circonvallazione Nord, 1 - Guilmi (CH) - Tel. 333-6141068 Az. Agr. Fattorie Riccitelli - C.da De Contra, 3/5 - Vicoli (PE) - Tel. 085-845274 Az. Agr. Rotolo Gregorio & C. - Via dei Pescatori, 6 - Scanno (AQ) - Tel. 0864-576043 Az. Agr. Spinelli - Via Laroma,152 - Casoli (CH) - Tel. 0872-981372 Az. Agr. Terra Bianca - Cugnoli (PE) - Tel. 085-414171 Birrificio Leradi - Via C. Battisti, 139 - Pescara (PE) - Tel. 085-2405162 Birrificio Maiella - Via San Salvatore, 6 - Casoli (CH) - Tel. 0872-981919 Bocconotti Lobosco - Via Clemente, 6/A - Castel Frentano (CH) - Tel. 366-4482749 Bottega del Bocconotto di Castel Frentano - Via dei Peligni 7 - Castelfrentano (CH) Tel. 329-6637857 Centro Sociale Adriatico Onlus - Via A. Moro, 80 - Pescara (PE) - Tel. 085-53978 Coldiretti Abruzzo “Campagna Amica” - Via Po’, 113 - San Giovanni Teatino (CH) - Tel. 085-444941 Comune di Moscufo - Piazza Umberto I, 9 - Moscufo (PE) - Tel. 085-979131 Confederazione Italiana Agricoltori Pescara - Via Milano, 19 - Pescara (PE) - Tel. 085-4224139 Consorzio di Tutela del Pecorino di Farindola - Via S. Rocco, 1 - Farindola (PE) - Tel. 085-823133 Cons. di Tutela Olio Extravergine d’Oliva Dop Aprutino-Pescarese - Via Monsignor D’Addario, 21 Palazzo di Cultura - Pianella (PE) - Tel. 085-9720067 D’Alessandro Vini - Via Valle Madonne, 55 - Pratola Peligna (AQ) - Tel. 0864-271943 D’Alonzo Tartufi - Via Quadroni, 116 - Perano (CH) - Tel. 0872-896030 Enoteca Regionale Abruzzese - C.so G. matteotti, 2 - Ortona (CH) - Tel. 085-9068302 Enrico Toro & C. Distilleria Casauria - Via Tiburtina , 18 - Tocco da Casauria (PE) - Tel. 085-880279 Evangelista Liquori Snc - Via Mazzini, 133 - Sambuceto di S.Giovanni Teatino (CH) - Tel. 085-4462801 Fracassa Salumi - Via Meucci, 41 - S. Egidio alla Vibrata (TE) - Tel. 0861-842363 Frantoio Hermes - Via Porta Fornace, 4 - Penne (PE) - Tel. 085-8279937 Genobile - Via Vaschiola sn - Torrevecchia Teatina (CH) - Tel. 0871-362532 Giogolosando - Piazza San Tommaso,1 - Ortona (CH) - Tel. 340-1928393 Glunò - Via Tradardi, 24A - L’Aquila (AQ) - Tel. 0862 313096 Gran Liquore La Morgia - Stille d’Arancia - Piazza Roma, 1 - Gessopalena (CH) - Tel. 0872-988302 Gusto e passione…è per te - Via Silvio Pellico, 11 - Castellalto (TE) - Tel. 0861-556418 La Sfogliatella - Contrada S.Pellegrino, 19 - Penne (PE) - Tel. 085-8289189 L’Abruzzese Inn - Aloe pura - Via Thaulero, 8 - Roseto degli Abruzzi (TE) - Tel. 0861-659545 L’Ape e l’Arnia - Via Mario Pomilio, 17 - Altino (CH) - Tel. 0872-983178 Luigi D’Amico “Parrozzo” - Viale Pepe, 41 - Pescara (PE) - Tel. 085-8569139


«Mediterranea si è conclusa con un seminario informativo sulla celiachia e con degustazioni guidate, la cui quota di partecipazione è stata devoluta ai terremotati dell’Emilia Romagna»


Magia Tartufi - Via Armando Diaz, 7 - S.Benedetto dei Marsi (AQ) - Tel. 389-8095837 Microbirrificio Opperbacco - Via Pontecavalcavia, 38 - Notaresco (TE) - Tel. 320-0734714 Panificatori Confesercenti Pescara - Via Raiale, 110/bis - Pescara (PE) - Tel. 085/4313264 Panificio Pasticceria Dolce Idea - Via Abruzzo, 30 - Villanova di Cepagatti (PE) - Tel. 085-4961477 Pastificio F.lli De Luca - Via C. D’Ascanio, 6 - Chieti (CH) - Tel. 0871-560665 Plenilia Soc. Coop. Agricola - Via S. Lucia, 15 - Pianella (PE) - Tel. 085-971329 Rovo Carni - Via G. Pastorelli, 2/4 - L’Aquila (AQ) - Tel. 0862-313166 S.Z. Tartufi snc di Serafini e Zaccardi - Via Montemarcone, 133 - Atessa (CH) - Tel. 0872-889106 Santo Spirito - Via B. Croce, 221 - Pescara (PE) - Tel. 085-4554558 Tenuta Sant’Ilario - V. G. D’Annunzio, 215 - Pineto (TE) - Tel. 335-6555187 Terra Sana Abruzzo - Via Aterno, 256 - Pescara (PE) - Tel. 085-4315050 Tradizione d’Abruzzo - Via Spezioli, 16 - Chieti (CH) - Tel. 329-5351507 Vecchio Forno - Via Santa Marina, 4 - Tollo (CH) - Tel. 0871-962330 Vivaplant - C.da Gallo, snc - Collecorvino (PE) - Tel. 377-9052726


seminario informativo sulla celiachia e sulla dieta da tenere, a cura della dottoressa Marisa Pagliaro, presidente dell’Associazione italiana Celiachia Abruzzo, con tanto di percorso in degustazione di prodotti senza glutine; e con un seminario a cura della CIA e della Coldiretti provinciali sui vantaggi e le opportunità della filiera corta. In particolare è stato puntualizzato che, essendo la celiachia un’intolleranza permanente al glutine (sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, kamut, orzo, segale, spelta e triticale) ed essendo la sua incidenza in Italia stimata in un soggetto ogni 100 persone, i celiaci sarebbero potenzialmente 600.000, ma ad oggi ne sono stati diagnosticati poco più di 100.000, ed ogni anno vengono effettuate 10.000 nuove diagnosi, con un incremento annuo di circa il 10%. Per curare la celiachia, attualmente, occorre escludere dal proprio regime alimentare alcuni degli alimenti più comuni quali pane, pasta, biscotti e pizza, ma anche eliminare le più piccole tracce di glutine dal piatto: questo implica un forte impegno di educazione alimentare, sia da parte del celiaco sia da parte degli operatori del settore, a partire dai produttori per finire ai ristoratori. La dieta senza glutine, condotta con rigore, è l’unica terapia, attualmente, che garantisce al celiaco un perfetto stato di salute. Nel complesso, la Mostra di prodotti tipici ha dettato anche quest’anno una chiara indicazione sull’idea di promozione dei prodotti che la CCIAA di Pescara sta attuando, innalzandola dal punto di vista culturale tramite eventi, convegni e degustazioni che mirano a informare e ad educare i visitatori.



Le piazze del bio a Pescara

Successo e bilancio positivo per “Le Piazze del bio”, la due giorni dedicata ai prodotti biologici made in Abruzzo che ha animato il centro di Pescara. Sabato e domenica 1 e 2 settembre gli stand allestiti della Regione Abruzzo hanno visto la partecipazione di 48 espositori che hanno messo in mostra e commercializzato i loro prodotti. Sono state 356 le presenze registrate ai percorsi del gusto, lezioni guidate tenute dagli esperti della Regione che hanno accompagnato i visitatori alla scoperta dei sapori d’Abruzzo: vino, olio, formaggi, salumi e pane. In Abruzzo si contano oltre 1.200 produttori bio (200 si occupano della trasformazione e circa 150 i produttori preparatori) e sono circa 32 mila gli ettari dedicati al biologico coltivati a prati e foraggere, cereali, vite, olivo, ortaggi e frutta. Nel 2000 le aziende bio erano circa 600.

L’offerta dei prodotti biologici, secondo la Regione, è aumentata sia nella quantità che nella diversificazione delle tipologie produttive. I prodotti biologici sono in grado di offrire una maggiore concentrazione di principi nutrizionali rispetto agli analoghi prodotti convenzionali COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE / FOTO_GIULIA FALCO



c come inserto / Le piazze del bio

ed inoltre hanno il grande vantaggio di non contenere affatto residui tossici di natura chimica. Negli stand i cittadini hanno potuto apprezzare il meglio dell’agricoltura abruzzese: vino, olio, miele, pasta, ortaggi, succhi di frutta, formaggi, pane, biscotti, marmellate, legumi e gelati. E’ chiaro come stia crescendo la consapevolezza di come il biologico non solo faccia bene ma sia buono, sicuro e soprattutto rispetti l’ambiente. ‘Le Piazze del Bio’ rappresenta un prezioso momento di incontro tra il mondo agricolo, i consumatori e le istituzioni ed è doveroso sottolineare come gli stessi produttori, che hanno avuto la possibilità di



c come inserto / Le piazze del bio

promuovere, far degustare e commercializzare i loro prodotti, abbiano evidenziato la piena riuscita della manifestazione. Sabato 1 settembre alle ora 17.00 si è svolta una tavola rotonda “Tutto Bio Abruzzo” alla quale hanno partecipato gli agricoltori biologici abruzzesi, mentre domenica 2 settembre, sempre alle 17, si è svolto il convegno “La filiera corta biologica abruzzese” che ha previsto un incontro con i rappresentanti delle associazioni, degli organismi di controllo, delle organizzazioni professionali, delle associazioni di consumatori, dei Gruppi di Acquisto Solidali.



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LA CULTURA ENOGASTRONOMICA

ABRUZZESE IN UN FREEPRESS

>> Editore Modiv s.n.c. Viale Matrino 36, 65013 Marina di Città Sant’Angelo (Pe) Tel/fax 085.959746 - cell. 388.7960830 www.modiv.it - info@modiv.it. C come magazine è un bimestrale di cultura enogastronomica abruzzese a distribuzione gratuita. Registrazione presso il Tribunale di Pescara n° 7/08 del 31/03/2008.

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>> Abbonamenti C come magazine è una rivista a distribuzione gratuita ma si può ricevere anche direttamente a casa in abbonamento postale al prezzo di 30 euro per un anno (6 numeri). Il pagamento può essere effettuato tramite bollettino postale al c/c 96585500 intestato a Modiv Snc e deve essere spedito a: Modiv s.n.c. Viale Matrino 36,65013 Città Sant’Angelo (Pe). Per informazioni info@ccomemagazine.it



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c comeMagazine Sommario

Inserto Speciale Mostra Mediterranea - Bio in piazza

c come rubriche

05 Editoriale / 07 Informazione / 08 Fotoreportage / 20 Food design 22 Packaging / 58 Ricette / 61 Libro / 62 News / 64 Controeditoriale

c come speciale arrosticino 32 Ovini / 36 Pecora / 40 Rostello

c come speciale mondo 44 Estero / 48 Promozione

c come vi consigliamo

18 Borgo Spoltino contro la crisi / 28 Cerasuolo “La Valentina”

c come abruzzo

24 Solidarietà / 54 Recupero / 56 Incarichi

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Approved Event


c come editoriale

DI CRISTINA MOSCA - DIRETTORE RESPONSABILE C COME MAGAZINE

Dove abita la bellezza

Non solo nei luoghi e nella luce abita la bellezza. La fiducia non è un sentimento che va coltivato al sole, bensì nell’oscuro delle cose che non si vedono. La bellezza che vogliamo farvi scoprire in questo numero di tarda estate è quella delle cose talmente evidenti che finiamo per non notarle, e per non saperle raccontare. È la bellezza della semplicità, delle cose che amiamo. Abbiamo quindi scelto di occuparci di due Speciali: uno è dedicato all’arrosticino, il principe abruzzese della convivialità, per ricordarci che dietro di lui c’è una storia che parla di Storia; l’altro è dedicato alle imprese di alcuni concittadini che per intraprendenza o per amore hanno

portato all’estero la nostra cultura enogastronomica in esperienze singole, che lasciano un bel ricordo sia in chi le propone sia in chi le riceve. È alla fatica e al tempo di queste persone che dobbiamo dire grazie, perché sappiamo bene che non basta lamentarsi che l’Abruzzo “non è conosciuto fuori regione”: bisogna anche fare qualcosa per portarcelo, fuori regione. Troppa bellezza stanca, troppo poca uccide. Se è vero che amiamo quella che ci circonda, impariamo a dimostrarlo: riconosciamo le contaminazioni, difendiamo l’origine, salviamo il nostro inizio.

«La bellezza che vogliamo farvi scoprire in questo numero di tarda estate è quella delle cose talmente evidenti che finiamo per non notarle, e per non saperle raccontare» PAG 5 / C COME EDITORIALE


SPAZIODIPAOLO.IT

AZ IE N D A AG RIC O LA

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Agriturismo in Abruzzo Dura lex sed lex… Svolta epocale nel mondo dell’agriturismo in Abruzzo: la Regione ha licenziato il testo di legge che regola le attività agrituristiche, ponendo fine in primis ad una vacatio legis che durava da ben 18 anni, e disciplinando – finalmente – il settore della ristorazione e ricettività rurale ed agricola. Da anni gli stessi operatori richiedevano una armonizzazione delle norme di settore presenti già in una Legge Quadro del 2006, soprattutto per tutelare se stessi dalla concorrenza sleale di tante strutture che – più che fare agriturismo – fanno banchettistica e ristorazione industriale. Le stesse associazioni di categoria hanno per anni promosso battaglie per portare in evidenza i “veri agriturismo”, che offrono prodotti del fondo, garantiscono una cucina tipica, permettono l’acquisto dei prodotti da lavorazioni dirette (anche con la vendita per corrispondenza), danno alloggio e prima colazione secondo standard ben definiti. Adesso, come anche l’assessore regionale all’agricoltura Mauro Febbo sottolinea, «Il disegno di Legge, diviso in 22 articoli, recepisce la legge quadro nazionale del 2006 semplificando il procedimento amministrativo, e consente l’avvio dell’esercizio dell’attività agrituristica in modo più celere, restituendo agli agriturismi la loro natura originaria ossia strumenti per la difesa e la valorizzazione del patrimonio naturalistico ed enogastronomico abruzzese». «Con la nuova legge – spiega l’assessore - potrà essere effettuata la vendita diretta dei prodotti agricoli e definiti i metodi e le azioni per rendere più efficace la funzione dell’agriturismo a sostegno dell’agricoltura. In particolare, come descritto nell’articolo 2, sarà possibile la somministrazione di pasti e bevande di produzione agricola che devono essere

c come informazione

DI ROBERTO ARDIZZI, CONSULENTE SGQ

ricavati espressamente da prodotti di produzione propria o da altre aziende, ma sempre a carattere regionale. Infatti una quota di prodotto può essere acquistata nel settore dell’artigianato tipico alimentare abruzzese e soltanto una quota residuale del 10% può essere riservata ai prodotti alimentari non presenti nel territorio regionale ma che rispecchiano le caratteristiche di qualità e tipicità». La ratio della Legge è quindi evidenziare le tante eccellenze presenti nel nostro territorio, che spesso lavorano per la salvaguardia delle tradizioni popolari, ma anche di alcune colture che sembravano da anni destinate all’abbandono e all’oblio. Al fine di permettere al consumatore di avere un quadro chiaro delle strutture agrituristiche, siano esse ristorative o anche ricettive, è prevista l’istituzione di un Elenco regionale degli imprenditori agrituristici, ove siano iscritti gli imprenditori agricoli che sono in possesso del certificato di abilitazione all’esercizio dell’attività agrituristica (imprenditori agrituristici) e dell’elenco regionale degli operatori agrituristici, ove saranno iscritti gli imprenditori agrituristici che hanno presentato la dichiarazione di inizio attività (operatori agrituristici). Infine, come conclude l’assessore alle politiche agricole, «è prevista anche l’istituzione dell’Osservatorio regionale dell’agriturismo, che eserciterà una funzione di monitoraggio attraverso l’acquisizione, la gestione e la diffusione delle informazioni, nonché il controllo sull’osservanza della legge che viene effettuato dalle Aziende sanitarie locali territorialmente competenti e dai soggetti previsti dalle norme vigenti». Il made in Abruzzo è pronto ad una vera sfida di qualità…!

«Il nuovo testo di legge ammette la somministrazione di pasti e bevande di produzione agricola, ricavati espressamente da prodotti di produzione propria o comunque di carattere regionale» PAG 7 / C COME INFORMAZIONE


c come fotoreportage DI ROBERTO PARISIO / FOTO_MODIV

Montepagano, un borgo DiVino Conversazioni da Ciavolich Sfilata firmata Chiusa Grande

Montepagano, un borgo DiVino

Sold out delle cene tematiche curate dall’elite della ristorazione regionale, grande interesse per le degustazioni guidate e gli approfondimenti con giornalisti di caratura nazionale, trentacinque aziende vinicole da tutto Abruzzo e tanta, tantissima gente, che per tre sere ha animato i vicoli e le cantine del borgo: questo è il lusinghiero resoconto della 41esima edizione della Mostra del Vino di Montepagano. Una manifestazione storica che è stata salvata grazie alla virtuosa collaborazione tra pubblico e privato: da una parte la sensibilità e gli sforzi dell’amministrazione locale, che vuole farne il fiore all’occhiello della sua offerta turistica; dall’altra la disponibilità di un “illuminato” imprenditore, che ha investito sul recupero di un suggestivo palazzo dove hanno trovato sede ideale i dibattiti e le cene d’autore. A “cucire” il tutto la caparbietà e l’entusiasmo di un giovane gruppo organizzativo – la Neo Comunicazione – che con risorse risicate e tra mille difficoltà sono riusciti comunque a dare una veste interessante a questo tradizionale appuntamento estivo rosetano. Sono questi gli esempi che ci piace vedere! Quelli di un Abruzzo che si ingegna, che non resta fermo, ma nelle difficoltà congiunturali trova un’opportunità per cambiare e migliorare. (Franco Santini)

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Conversazioni culinarie da Ciavolich

Quando più donne si mettono insieme, il risultato è creativo ed elegante. Chiara Ciavolich ha dedicato quest’anno un’anteprima di Cantine Aperte solo per giornalisti, invitando anche noi ad una… conversazione culinaria che si è svolta il 25 maggio nella vineria di Miglianico. La cena è stata curata da Cinzia Mancini, della Bottega Culinaria Biologica di San Vito, che abbiamo conosciuto nel numero 21 di C come magazine, e realizzata insieme a Giovanna Dello Iacono e Anna Pierdomenico dell’agenzia pescarese Dello Iacono Marketing&Sales. Cosa c’era di originale? Dei piccoli test che hanno messo gli ospiti alla prova, giocando su indovinelli olfattivi, di gusto e di persistenza, soffermando l’attenzione sugli ingredienti dei piatti, come nel caso dei Cremosi al pecorino in brodo speziato e zafferano, e sui vini, nello specifico per il pecorino Aries e il Divus Montepulciano.

Sfilata multisensoriale firmata Chiusagrande

Con l’originalità che lo contraddistingue, il “vinosofo” Franco D’Eusanio della Cantina “Chiusagrande” ha organizzato una sfilata multisensoriale all’interno di Miss Grand Prix lo scorso 9 agosto in piazza Salotto. Oltre a giudicare le aspiranti modelle, i giurati hanno infatti potuto cimentarsi in un gioco simpatico: giudicare l’abbinamento tra gli 11 vini biologici “Chiusagrande” e i salumi Fracassa in degustazione, i brani jazz composti da Tony Pancella, presidente di giuria, e descritti dalla voce di Gio Gio Rapattoni, e gli 11 modelli che sul palco hanno proposto, con portamento ed estetica, ognuno una interpretazione dei vini. La giuria ha valutato la loro coerenza con le sensazioni organolettiche evocate dai vini e ha indicato come vincitrice Janette Dimitrova, che ha interpretato il Montelpulciano d’Abruzzo D.O.C. 2006 “Perla Nera”. La vincitrice si è aggiudicata la realizzazione di un book fotografico del valore di 1.500 euro.


c come fotoreportage DI ROBERTO PARISIO / FOTO_MODIV

Festival del peperone dolce Il salotto di Viné Diamogli...un taglio 2012

La Selva vince il IV Festival del peperone dolce di Altino

Il 24 e il 25 agosto le vie del centro storico di Altino si sono riempite di gusto, sapori, laboratori, balli e canti per la quarta edizione del Festival del peperone dolce di Altino, iniziativa ideata dall’associazione di tutela del Peperone Dolce di Altino Oasi di Serranella e realizzata con il contributo e il patrocinio della Regione Abruzzo, della Camera di Commercio e dell’amministrazione comunale. Ad aggiudicarsi il primo premio del Festival del Peperone Dolce di Altino 2012 è stata la contrada Selva con il menu a base di ravioli di ricotta al pomodoro e basilico con pecorino e peperone dolce, salsiccia di maiale accompagnata da peperone dolce alla brace e salsa sempre di peperone, fagiolini e patate; per finire, torta di cioccolato bianco con crema rigorosamente di peperone dolce. Il premio folklore è andato ex aequo alle contrade Briccioli e Selva; il miglior primo piatto è stato quello di Selva; sono stati eletti come migliori secondi piatti l’agnello cacio e uovo al peperone dolce con contorno di “friarelli” di Quart‘Ammont, il cinghiale in umido con peperoni e polenta di Fonte-Lama e la salsiccia alla brace di Selva; infine è stata premiata la contrada Fonte-Lama per il dolce più buono: salame di cioccolata con biscotti secchi, mandorle e peperone dolce tritato. (Foto: Antonio Calabrese)

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Apre il Salotto di Viné

Una gustosa propaggine dell’enoteca “Viné” di via Piave è stata inaugurata a metà settembre sotto i Portici. In piazza della Rinascita 23 è nato “Il Salotto di Viné”: un piccolo ristorante a target medio alto, che si avvale della consulenza food di Marcello Spadone, chef stellato de “La Bandiera”, e del sommelier Enzo Maiorano. È aperto per la pausa pranzo gourmet, per un caffè ricercato, per la cena e per un dolce da consumare in compagnia in tarda serata. AZIENDA ZIENDA PREMIATA A

CONCORSO ORSO ENOLOGICO INTERNAZI INTERNAZIONALE

2009 - 2010 - 2011

SELEZIONE NAZIONALE VINI DA PESCE

2008 - 2009 - 2010 - 2011

3° CONCORSO ENOLOGICO NAZIONALE

2011

qualità è il nostro mestiere

la

Diamogli… un taglio 2012

Il 2 giugno l’associazione Keste Terre ha organizzato presso l’azienda agrituristica “Bosco degli ulivi”, a Lentella, l’evento “Diamogli un taglio”, dedicato alla tradizione della “maialatura” e in particolare alla ventricina del Vastese, originariamente legata a quell’area collinare e pedemontana prossima al fiume Trigno e al Sinello. Per l’occasione sono intervenuti il sindaco di Lentella Carlo Moro e il produttore di Fresagrandinaria Stefano Di Fiore. È stata presentata la novità 2012 della società Olive srl, fondata da Claudio Vittoriano Pacilio, Gabriele Bonifacio e Nicola Centofanti: un blend d’olio extravergine d’oliva ottenuto da cultivar moraiolo e coratina. Al primo taglio dell’anno della ventricina ha fatto seguito una degustazione di formaggi e olio e musica a volontà.

Azienda Agricola F.lli Biagi C.da Civita, 14 Colonnella (TE) Tel. 0861 714066

www.aziendaagricolabiagi.it


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Buongusto: i formaggi d’Abruzzo Vetrina del Parco

VII edizione di “Buongusto: i formaggi d’Abruzzo”

La settima edizione di “Buongusto: i formaggi d’Abruzzo” si è presentata brillante anche quest’anno. Ecco i vincitori del concorso per categorie: Fior di latte: 1 – Coop Maielletta, Guardiagrele (Ch); 2 – Caseificio San Giovanni, Montazzoli (Ch); 3 – Caseificio Santa Caterina, Loreto Aprutino (Pe). Giuncata: 1 – Coop Maielletta, Guardiagrele (Ch); 2 – Caseificio San Giovanni, Montazzoli (Ch); 3 – I formaggi di Rosella, Sant’Eusanio del Sangro (Ch). Caciotta vaccina (da 15 a 30 gg.): 1 – Caseificio San Giovanni, Montazzoli (Ch); 2 – Coop Maielletta, Guardiagrele (Ch); 3 – Az. agr. Spica Andrea, Pescocostanzo (Aq). Caciotta vaccina (oltre 30 gg.): 1 – Caseificio San Giovanni, Montazzoli (Ch); 2 – Fonte dei sapori, Fossacesia (Ch); 3 – Coop Maielletta, Guardiagrele (Ch). Caciocavallo: 1 – “La grancia” di Claudio Di Domenico, Villetta Barrea (Aq); 2 – “Fonte la spogna” di Cimone Maria Felicia, Montenerodomo (Ch); 3 – Coop. La maielletta, Guardiagrele (Ch). Scamorza passita: 1 – Az. agr. Cianflocca Vincenzo – Castel di Sangro (Aq); 2 – Caseificio San Giovanni, Montazzoli (Ch); 3 – Az. agr. Spica Andrea, Pescocostanzo (Aq). Pecorino (fino a 90 gg.): 1 – Caseificio Illuminati Gino, Ancarano (Te); 2 – Fdf Sapori del Gran Sasso, Pietracamela (Te); 3 – Caseificio San Giovanni, Montazzoli (Ch). Pecorino (oltre a 90 gg.): 1 – Agr. agr. La Mascionara, Campotosto (Aq); 2 – Fdf Sapori del Gran Sasso, Pietracamela (Te); 3 – Caseificio Santa Caterina, Loreto Aprutino (Pe). Caprini: 1 – Az. agr. La mascionara – Campotosto (Aq); 2 – Caseificio Illuminati Gino, Ancarano (Te); 3 – Az. agr. Cantalupo, Tocco da Casauria (Pe). Formaggi fantasia (giudizio del pubblico): 1 – Caseificio Illuminati Gino, Ancarano (Te); 2 – Az. agr. Fattoria del nonno, Fara Filiorum Petri (Ch); 3 – Az. agr. Rotolo Gregorio – Scanno (Aq). (www.buongustoabruzzo.it - foto: Ivano Placido) PAG 12 / C COME FOTOREPORTAGE


XVII edizione “Vetrina del parco”

Entrare in contatto con una realtà storica e appassionata come la “Vetrina del parco” di Montorio al Vomano (Te) è stata una bella esperienza per noi di C come magazine. Coinvolti direttamente nell’anteprima della kermesse, che si è svolta dal 3 al 5 agosto, abbiamo toccato con mano l’amore che gli abitanti di Montorio e in generale del Parco Gran Sasso – Monti della Laga provano per la loro terra. Le degustazioni dei prodotti della zona, curate per la maggior parte dal ristoratore Gabriele Marrangoni, sono state alternate a dibattiti, mostre di artigianato, pittura e fotografia: iniziative destinate a valorizzare quell’unicità del territorio che unanimemente viene riconosciuta come peculiarità da tutelare. La necessità di favorire la fruizione delle specialità enogastronomiche nel territorio di appartenenza, puntando su un nuovo turismo enogastronomico, è stata infatti al centro del convegno “Aspettando la Vetrina del parco”, organizzato il 2 agosto per parlare della valorizzazione dei prodotti tipici della Strada che attraversa il Parco. Al convegno hanno partecipato l’assessore regionale al turismo Mauro Di Dalmazio, il sindaco del Comune di Montorio al Vomano Alessandro Di Giambattista, il direttore dell’Ente Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga Marcello Maranella e il ristoratore de “L’osteria degli ulivi” Enzo Barnabei. Sono stati illustrati al pubblico alcuni dei prodotti principi dell’area, dalla mortadella di Campotosto, presidio Slow Food, ai salumi e ai formaggi artigianali, come quelli prodotti dalla Salumeria del Parco o dall’azienda agricola Bilanzola, per finire alla patata turchesa e ai vini, rappresentati da Filiberto Cioti. (Foto: E. Michini)


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Atri a Tavola Convegno sui vitigni autoctoni

Atri a tavola

Il decimo compleanno di “Atri a tavola”, manifestazione organizzata nell’estate atriana ogni anno in due riprese, in luglio e in agosto, ha riscosso il successo atteso e il centro storico del borgo teramano si è riempito di curiosi e appassionati. Stand enogastronomici con la partecipazione di oltre 50 produttori di vini, olio, formaggi, salumi, dolci, liquori, pasta, miele, tartufi, zafferano, miele, confetti, confetture, birra artigianale e la famosa liquirizia di Atri hanno attirato buone forchette da tutta la regione e l’estemporanea di fotografia dal tema “Atri a tavola: il giusto connubio tra Arte - Cultura - Natura - Enogastronomia” ha riscontrato un’alta partecipazione. Madrina di questa decima edizione è stata Luce Caponegro, oggi ospite di punta della kitchen comedy “Romagna mia” in onda su Alice. Insieme a lei, all’accademico della cucina Mimmo D’Alessio, al sommelier Gianluca Marchesani e allo chef Marco Parizzi, sul palco di Atri a tavola il 13 agosto siamo saliti anche noi di C come magazine, e abbiamo conversato di cucina e del suo impatto mediatico! La serata è stata condotta dalla bravissima Maria Rita Piersanti.

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Un convegno sui vitigni autoctoni

La Tenuta Ulisse ha organizzato lo scorso 13 luglio l’utile convegno “Vitigni autoctoni abruzzesi, quale futuro?” presso l’Auditorium Santa Maria da Piedi di Crecchio, al quale hanno partecipato operatori del settore e istituzioni. Dopo il convegno, in cui è stata messa in rilievo l’importanza dei vitigni autoctoni abruzzesi come patrimonio storico ed empirico del territorio, il giornalista Alessandro Bocchetti e il sommelier Luca Gardini hanno guidato una degustazione molto interessante che ha permesso di confrontare diversi bianchi e diversi metodi di vinificazione, dalla Cococciola alla Passerina al Trebbiano al Pecorino. Il viaggio sensoriale è stato tra i vini Villa Medoro, Torre de’ Beati, Tollo, Valle Reale, Tenuta Ulisse e Cataldi Madonna. Chiusura con il moscatello di Castiglione di Angelucci.


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“Abruzzo di sera” a Milano La trota sul palco Tornareccio “Regina di miele”

“Abruzzo di sera” a Milano

Trentacinque produttori hanno goduto di una bella vetrina su Milano lo scorso 23 settembre, grazie agli sforzi congiunti del Movimento Turismo del vino d’Abruzzo, il Consorzio di tutela Vini d’Abruzzo e l’assessorato regionale alle politiche agricole. Con “Abruzzo di sera”, evento arricchito da produttori d’olio e dalla pasta alla pecorara preparata da “La Mugnaia” di Elice, Milanesi, Abruzzesi trapiantati a Milano, operatori e giornalisti di settore hanno scoperto e apprezzato nella splendida sede del Museo dei Navigli la docg Montepulciano D’Abruzzo Colline Teramane, le doc Montepulciano, Trebbiano e Cerasuolo d’Abruzzo, la Tullum e le varietà autoctone Passerina, Pecorino e Cococciola, tutelate dalla nuova doc Abruzzo.

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Seconda edizione di “La trota sul palco”

Nel 25esimo anniversario dalla sua fondazione, dal 21 al 24 giugno 2012 la Scuola italiana di pesca a mosca ha organizzato la seconda edizione della kermesse “La trota sul palco” nell’ambito della IX edizione del S.I.M. Fly Festival. Nel chiostro dell’ex convento della Maddalena a Castel di Sangro quattro realtà enogastronomiche locali hanno proposto e illustrato la preparazione di altrettanti piatti, rigorosamente a base di trota di allevamento in linea con la filosofia ambientalista della Scuola, che pratica la pesca no kill. Protagonisti dell’evento sono stati Ivano Pallotta e Patrizia D’Andrea (Ristorante “Il Boscaiolo”), Niki Biasella (“La Fenice”), Roberto Marchei (“Le grill”) e Stefania Di Pasquo, allieva della scuola Niko Formazione, introdotta dal docente Davide Mazza. Ai piatti serviti in degustazione sono stati abbinati i vini della Cantina Miglianico, spiegati dall’enologo Carmine Mancini, e i distillati prodotti dalla Masseria San Jorio. Sponsor speciale della serata è stata la troticoltura marchigiana “Eredi Rossi”, leader in Europa, che ha due impianti anche a Popoli e Bussi sul Tirino.

Tornareccio, la carica dei 7mila

Ancora una volta, la “Regina di miele” ha fatto il pieno di visitatori. Sabato e domenica 22e 23 settembre sono state almeno 7 mila le persone che hanno preso d’assalto la rassegna promossa dal Comune di Tornareccio e organizzata dall’agenzia Arsnova, nella storica “capitale abruzzese del miele”. Quest’anno la rassegna ha visto la partecipazione del noto critico enogastronomico Edoardo Raspelli, conduttore di Melaverde su Canale 5, presente nei due giorni della manifestazione, che ha promosso Tornareccio e il suo miele (il 10% di quello nazionale). Raspelli ha anche partecipato ad un incontro sul miele in cucina insieme allo chef Remo Fioriti, Serenella Mortani, coordinatrice delle Città del Miele, Mimmo D’Alessio, dell’Accademia Italiana della Cucina, e Nicola Pallante, sindaco di Tornareccio, La due giorni si è conclusa con il concorso “Dolce Massaia”, rivolto a quanti si vogliono cimentare con la preparazione di dolci a base di miele: quest’anno hanno trionfato due giovani e brave massaie, Nica e Alessia, di Altino, il cui dolce è stato premiato da una giuria presieduta da Ermanno Di Paolo, docente dell’Istituto Alberghiero “G. Marchitelli” di Villa Santa Maria. ( Foto: Piergiorgio Greco)


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REDAZIONALE / FOTO_ARCHIVIO MARRANGONI

Contro la crisi… Avanti tutta!

Borgo Spoltino Country House - Restaurant Strada Selva Alta, Mosciano Sant’Angelo (Te). Tel/fax: 085/8071021; cell: 347/6532514 www.borgospoltino.it www.facebook.com/borgo.spoltino

Chi si ferma è perduto, recita un noto detto. Lo interpreta alla lettera Gabriele Marrangoni, eclettico ristoratore di Mosciano Sant’Angelo, che sul ristorante “Borgo Spoltino”, fondato nel 2003 insieme al suo amico e socio Mauro Angeloni, punta sempre di più nonostante la minaccia della crisi che spaventa tutti. Propone anche quest’anno l’unione di appuntamenti culturali ed enogastronomia. Innanzitutto è ancora in corso la rassegna “Non solo jazz”, alla cui direzione artistica contribuisce il musicista M° Paolo Di Sabatino; presto sarà diffuso il calendario degli appuntamenti invernali (novembre-marzo), in cui varrà la pena assaggiare il famoso hamburger con carne di vitellone Razza marchigiana con verdure di stagione e soprattutto lo speciale “chèciap” di Gabriele! Per tutta l’estate “Borgo Spoltino” ha dato l’opportunità di gustare menu particolari, come quello senza glutine o quello per vegetariani, in compagnia di musica dal vivo che ha spaziato dallo swing al jazz al rock. La grande chiusura di “Non solo Jazz” avverrà giovedì 18 ottobre 2012 con un’eccezionale cena-concerto a 30 euro,

in occasione della presentazione del cd “Giverny” di Grazia Di Michele e il Paolo Di Sabatino Trio. Uno degli eventi di punta della stagione jazz invernale a “Borgo Spoltino” sarà invece il 20 novembre con il “Th3m Project”, quintetto formato dal sassofonista Bob Franceschini, il famoso vibrofonista Mark Sherman, il pianista Paolo Di Sabatino, il bassista Martin Gjakonovski e il batterista Adam Nussbaum. La cucina di Gabriele Marrangoni, giocosa ma profondamente legata al territorio, arricchita dalle verdure dell’orto adiacente coltivato dai suoi genitori Ennio e Graziella, va senz’altro messa alla prova anche sui grandi numeri. “Borgo Spoltino” è infatti l’ideale per matrimoni e cerimonie in genere: oltre ad avere fino a 250 coperti, è tra le poche a godere di una chiesetta consacrata annessa, la San Pietro ad Spoltinum, dove è possibile celebrare funzioni religiose. Essendo una country house dà anche la possibilità di far restare a dormire gli sposi oppure alcuni loro ospiti: pensate, consumare la prima colazione da marito e moglie con prodotti del territorio ed affaccio sugli ulivi e le colline del Teramano…

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ÂŤ Le doghe delle botti diventano struttura di chaise longue, tavolini, sedute, ma anche dondoli-giocattolo Âť

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c come food design

DI LUDOVICA PERSICHITTI - LUDOVICA.ARCHITETTURA@GMAIL.COM

La barrique si fa metafora del recupero

Ricordate quando abbiamo fatto riferimento, nel n. 15 di C come Magazine, al riutilizzo nel settore design delle barriques? Oggi possiamo dimostrare di aver fiutato un’interessante piattaforma di sperimentazione progettuale. Recentemente, infatti, centinaia di piccole botti dismesse sono entrate all’interno della Falegnameria di San Patrignano per essere reinventate e trasformate. Trenta grandi architetti e designer sono stati coinvolti nel progetto “Barrique, la terza vita del legno”, promosso dalla Comunità di San Patrignano con il sostegno di Federvini, FederlegnoArredo e Cosmit. I ragazzi che lavorano alla Falegnameria hanno realizzato mobili, oggetti e complementi di arredo che sono stati poi esposti al Salone del Mobile 2012. L’esperienza ha prodotto notevoli esempi dal design innovativo, accattivante: pezzi resi unici dalle sfumature irregolari del legno impregnato di vino. Elementi dalle funzionalità notevolmente variegate. È da valorizzare come uno strumento per la maturazione del vino si trasformi e adatti alle più svariate funzionalità: le doghe delle botti diventano struttura di chaise longue, tavolini, sedute, ma anche dondoli-giocattolo. La barrique come metafora del recupero, dunque. Il

legno di rovere stagionato, inutilizzabile dopo sole tre vendemmie e destinato ad essere gettato via, simboleggia da una parte l’essenza e il valore stesso della Comunità, dall’altra dimostra la capacità umana di ri-creare e rinnovare, secondo i dettami del vero lavoro artigianale. Sono creazioni che rispettano la naturalezza di origine, lasciando inalterati il vissuto e il colore non uniforme del materiale, come per la chaise longue DOC progettata da Marc Sadler. Tavoli la cui insolita struttura scaturisce dalla piegatura delle doghe (Steve Table di Giuliano Cappelletti, Wine Table di Carlo Colombo, Doga di Michele De Lucchi). Lampade che lasciano inalterata la curvatura di origine, come quella firmata da Paolo Pininfarina, dalla linea sinuosa percorsa da una lama di luce a LED. Ma anche oggetti ludici, giocosi, infantili, come un cavalluccio a dondolo o un’altalena, un po’ a voler riscattare l’operosità del legno, che se non è buono più a fondersi col vino per renderlo pregiato, è perfetto per il relax e il divertimento. Assolutamente da citare la coloratissima Miss Dondola di Angela Missoni, e gli oggetti destinati ai più piccoli che richiamano il forte fascino delle cose di una volta, come la Culla Letizia, ideata dalla stessa Comunità di San Patrignano, simbolo di riparo, protezione e rinascita.

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1. Sincarpa. Bag-in-box prodotto per Horeca e Gdo. 2. Sincarpa. Linea Torrevecchia prodotto prevalentemente per Gdo. 3. Belfiore. Il vino del contadino, prodotto per il canale specializzato. 4. Belfiore. La passata del contadino, prodotto per il canale specializzato. 5. Belfiore. Confezione d’acquisto peri i punti vendita specializzati.

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c come packaging

DI MARIO DI PAOLO / SPAZIODIPAOLO.IT

Dacci oggi il nostro vino quotidiano Ruralità vuol dire restituire alla terra quello che è della terra, e al sapore quello che è del sapore. Vuol dire anche liberarsi di sovrastrutture e andare alla sostanza di un prodotto, che sopravvive allo sfolgorìo del mercato solo se è buono. Spazio Di Paolo ha scelto di applicare questa semplicissima regola per i vini Sincarpa, una Cantina sociale di Torrevecchia Teatina che rappresenta una comunità di persone umili e molto radicate nel territorio. Il prestigio della semplicità è un fiore che abbiamo voluto mettere all’occhiello del vino prodotto: un vino di esperienza quotidiana, verace come il loro legame alla terra, meritevole infine di venire accompagnato da un tocco di modernità grazie ad una immagine destinata a comunicare a nuove fasce di consumo. Scegliere di utilizzare il bag-in-box di cartone personalizzato per le sei varietà di vini, da distribuire in Gdo così come nei negozi specializzati, significa parlare ad un pubblico che vuole scoprire il gusto vero della tradizione di un vino giovane, pronto all’uso in qualsiasi momento. Il colore e le immagini in bianco e nero, raffiguranti attimi quotidiani, caratterizzano l’anima del progetto. Un discorso simile, ma con obiettivi di distribuzione e una capacità di produzione del tutto diversi, lo abbiamo condotto

per i prodotti Belfiore, azienda agricola dal 1851, sulle colline di Loreto Aprutino. Abbiamo scelto di rompere gli schemi di un mercato un po’ stanco di vini complessi e strutturati, esaltando un’altra quotidianità, quella del buon contadino, proponendo i prodotti che egli stesso si riserva per il suo uso quotidiano, ma dove la semplicità diventa un elemento di eleganza. Pensare in modo semplice, togliere il superfluo: qui predomina il bianco e il concetto, qui l’immagine è nella semplicità evocativa della confezione, della bottiglia (la stessa sia per la passata di pomodoro a pera d’Abruzzo, sia per il vino fatto al torchio manuale), del tappo a corona personalizzato e del vecchio modo di “fare la spesa”. Abbiamo proposto la possibilità di portare via, in un cestello bianco di cartone, vino, olio e passata di pomodoro. L’idea si combina bene con la spesa giornaliera: così come il latte, si prende il vino fresco, che va consumato rapidamente poichè fatto come una volta e non trattato. L’immagine pulita e insieme accattivante bene si è introdotta ancor prima di uscire sul mercato in Italia e nei paesi esteri del Nord Europa, dove già si sono aperti interessanti canali di vendita ad Amsterdam, Londra ed in Svizzera.

«Ruralità vuol dire restituire alla terra quello che è della terra,

e al sapore quello che è del sapore. Vuol dire anche liberarsi di sovrastrutture e andare alla sostanza di un prodotto, che sopravvive allo sfolgorìo del mercato solo se è buono» PAG 23 / C COME IMMAGINE


«L’ultimo sabato di novembre si svolge la giornata nazionale della Colletta alimentare»

«La Caritas e l’associazione Cuochi Val di Sangro hanno insegnato a lavorare in cucina ed in sala a persone in difficoltà economiche» «Grande distribuzione e Agea riforniscono il Banco Alimentare di alimenti buoni e commestibili, ma dal valore commerciale ridotto da difetti di packaging»


c come solidarietà TESTO E FOTO _ PIERGIORGIO GRECO

Il cibo non lo butto se è buono ma brutto

Il cibo è vita per tutti, si sa. Ma anche nella nostra regione, tutto sommato benestante, e nelle nostre città piene di vita, mangiare e saziarsi non è un’esperienza quotidiana per tutti. La povertà, complice la crisi dei nostri giorni, è sempre più diffusa, e non tutti possono mangiare a sufficienza ogni giorno: mentre, paradossalmente, c’è invece chi il cibo lo butta, semplicemente perché un’etichetta è sbagliata, o una promozione è finita, o nessuno ha comprato quel cibo fresco, che tuttavia è ancora perfettamente consumabile in giornata, per esempio nelle mense. Da anni ci sono realtà come il Banco Alimentare dell’Abruzzo – una delle ventuno sedi nazionali - che ridanno nuova vita a quel cibo, rendendolo vita per chi non ne ha. I dati, al riguardo, parlano chiaro: in Abruzzo e Molise sono circa 40 mila le persone che non hanno cibo a sufficienza ogni giorno, e che senza una rete di solidarietà fatta di associazioni di volontariato, parrocchie, mense

dei poveri ed enti assistenziali non saprebbe come fare. Il cibo che il Banco Alimentare recupera dalla grande distribuzione, o che riceve dall’Agea, l’agenzia per le erogazioni in agricoltura, finisce proprio a queste realtà assistenziali, impegnate in prima linea nella lotta alla fame e alla povertà. Del Banco, Cosimo Trivisani (nella foto con due prodotti destinati al macero ma perfettamente commestibili) è il direttore: con lui, nella sede di via Celestino V a Pescara, ci sono altri quattro dipendenti e oltre trenta volontari che quotidianamente lo aiutano nello stoccaggio e nella consegna agli enti. «Non solo raccolta e donazione di cibo – ci tiene a sottolineare Trivisani – ma anche amicizia: è quella che doniamo e riceviamo quotidianamente, con gli enti, con i volontari, con i benefattori. Rimaniamo convinti, infatti, che la solitudine è la più grande povertà. Il nostro slogan infatti parla chiaro: condividere i bisogni per condividere il senso della vita». Una vera e propria

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sfida, insomma, culturale prima ancora che sociale: «Se le persone non rimangono colpite da una speranza, la povertà avanza sempre più». Una sfida che viene riproposta ogni anno a fine novembre a tutti: l’ultimo sabato, infatti, in centinaia di punti vendita si svolge la Giornata Nazionale della Colletta Alimentare, la raccolta di beni che, per un giorno, viene proposta a tutte le persone che vanno a fare la spesa: «Mentre quotidianamente chiediamo alla grande distribuzione o alle imprese agroalimentari di donarci le loro eccedenze – continua Trivisani – una volta l’anno chiediamo ad ogni persona di fare una spesa un po’ più “pesante”. È un modo semplice di sperimentare che condividere i bisogni arricchisce prima chi dà che chi riceve». Sono contributi che possono dare semplici privati o anche aziende di prodotti alimentari, e su cui ci si può informare meglio nella sezione abruzzese del sito bancoalimentare.it. A Pescara e provincia, l’aspetto solidale del cibo è protagonista quotidianamente in tante realtà in prima linea, come le tre mense dei poveri: quella della Caritas in via Bardet, la mensa San Francesco in viale Regina Marherita, e la mensa “Don Bosco” a Montesilvano. Tutte e tre sfamano quotidianamente un totale di oltre seicento persone, anche grazie al cibo donato dal Banco Alimentare. Alla cucina come opportunità di lavoro, la Caritas di Pescara ha dedicato un corso di formazione tenuto dallo chef Nicola Smigliani, dell’associazione Cuochi Val del Sangro, nell’ambito del progetto Caritart. Destinatari dell’iniziativa sono state dodici persone che nei mesi scorsi hanno incontrato gli operatori del Centro di Ascolto della Caritas di Pescara per vari motivi: disagio lavorativo, povertà, emarginazione. «A loro – racconta Smigliani – ho provato a dare un infarinatura generale su come si gestisce una cucina ma anche una sala, a partire dalle regole di base dell’accoglienza». E i risultati sono stati due volte eccellenti, come ha dimostrato la cena realizzata dai corsisti con vari invitati, che si è svolta all’inizio dell’estate. «Alcune di queste persone che hanno partecipato, stanno di fatto lavorando in alcune strutture ricettive: molto apprezzato il loro entusiasmo, ma anche la capacità di darsi da fare nei vari ambiti della cucina. Siamo soddisfatti per aver dato a persone bisognose una chance in più per reinserirsi nel mondo del lavoro». .

PAG 27 / C COME SOLIDARIETÀ


c come vi consigliamo

I vigneti La Valentina.

Cerasuolo d’Abruzzo doc TIPO: Rosato | AREA: Abruzzo | VARIETÀ: Montepulciano | VENDEMMIA:2010 CARATTERISTICHE DEI VIGNETI COMUNI: Scafa, San Valentino, Spoltore, e paesi limitrofi SUPERFICIE: scelta su circa 30 ettari ALTITUDINE: da circa 150 m fino a circa 350 m slm ESPOSIZIONE: prevalentemente Sud/Sud-ovest NATURA DEL SUOLO: argilloso di medio impasto SISTEMA DI ALLEVAMENTO: tendone DENSITÀ: 1600 - 2000 piante/ettaro ETÀ DEI VIGNETI: da 25 a 35 anni RENDIMENTO MEDIO: 70 Hl/ettaro VENDEMMIA: manuale Produzione:25.000 bottiglie da 0,75l PAG 28 / C COME VI CONSIGLIAMO / FATTORIA LA VALENTINA


c come vi consigliamo

REDAZIONALE / FOTO_MARIO SABATINI

La Valentina Focus sul Cerasuolo

Con quel colore un po’ così, “quell’espressione un po’ così”, il Cerasuolo, freschissimo di disciplinare Abruzzo DOC, non ha certo avuto esordio facile. Un socio fondatore dell’Ais in Abruzzo, Francesco Di Cintio, lo “spingeva” già a metà degli anni ’80, quando ancora il rosato era sconosciuto. Nei primi anni del Area Varietà Vendemmia Duemila, tuttavia, in Abruzzo si parlava bruzzo Montepulciano 2010 ancora di incapacità di valorizzarlo come invece stavano riuscendo a fare le altre STICHE DEI VIGNETI regioni con i loro rosati, per via della sua afa, San Valentino, Spoltore e paesi limitrofi : selezione su 30identità ettari a metà tra un Rosso (dall’utilizzo Montepulciano E: da circa 150 mdelle finouve a circa 350 m slm d’Abruzzo) e un bianco (dalla vinificazione “in E: prevalentemente Sud/ Sud-ovest bianco”, senza impasto cioè macerazione delle L SUOLO: argilloso di medio bucce nel mosto). Un procedimento ALLEVAMENTO: tendone difficile da gestire e da equilibrare, che 600 - 2000 piante/ ettaro secondo GNETI: da 25 a 35 anni alcuni dà origine ad un vino “né TO MEDIO: 70 Hl / ettaro carne né pesce”, secondo altri invece ad

un vino eccezionale e versatile. Per questo, anche se presente nella produzione di tutte le Cantine, il Cerasuolo in Abruzzo è rimasto a lungo arginato in una portata inferiore. Solo negli ultimi anni ristoratori ed enoteche hanno cominciato a sfoderarlo con maggiore sicurezza, e il perché è presto detto: ha una gradevolezza, una freschezza e una versatilità che bene si sposano con le esigenze di oggi. Accompagniamo perciò l’inizio dell’autunno raccontando la linea classica Cerasuolo d’Abruzzo doc di “Fattoria La Valentina”, mentre ne è appena stata conclusa la vendemmia. Questo è un vino dal caratteristico colore che ricorda laciliegia, da cui infatti trae il nome (in abruzzese la “cerasa” è la ciliegia), ottenuto da

A: manuale

25.000 bottiglie da 0,75l PAG 29 / C COME VI CONSIGLIAMO / FATTORIA LA VALENTINA

ONE , durante tutto l’arco della vendemmia, delle uve Montepulciano;


c come vi consigliamo L’abbinamento

Gnocchi di patate al nero di seppia e fave.

di Marco Caldora del ristorante Caldora - Punta Vallevò a Rocca San Giovanni Ingredienti per 6/8 persone: 1 kg di patate a pasta gialla, 300 gr farina di grano tenero “0”, un uovo, sale q.b., olio extravergine di oliva q.b., mezza cipolla bianca fresca, una manciata di pomodorini a pezzetti, 2 seppie fresche da 300 gr circa cadauna (che noi peschiamo e compriamo al porticciolo di Vallevò), 500 gr fave fresche, 1 bicchiere di Trebbiano d’Abruzzo, 3/4 foglie di basilico, una manciatina di prezzemolo. Preparazione «Laviamo le patate e le cuociamo in acqua bollente salata con tutta la buccia per evitare che assorbano acqua. Quando sono tenere le scoliamo e priviamo della pelle, le passiamo con un passaverdure fino ad ottenere una purea e le lasciamo raffreddare. Puliamo le seppie, stando attenti a non rompere la sacchetta del suo nero, “curiamo” (puliamo) bene e tagliamo a striscioline. Disponiamo la purea di patate su di una spianatoia cominciando ad impastare aggiungendo l’uovo, la farina, il sale e il nero di seppia messo da parte precedentemente. Lavoriamo l’impasto con le mani fino a quando non è diventato abbastanza sostenuto, poi lo dividiamo in 7/8 pezzi e, con le mani infarinate, tiriamo da ciascun pezzo dei bastoncini del diametro di circa un centimetro. Li tagliamo trasversalmente alla lunghezza di circa 2/3 centimetri e disponiamo gli gnocchi in uno o più vassoi, spolverandoli di farina. A questo punto sbollentiamo le fave, conservando un mestolo di acqua di cottura. Mettiamo in una padella larga l’olio extravergine d’oliva e facciamo rosolare bene la cipolla tagliata sottile. Aggiungiamo le striscioline di seppia e facciamo cuocere per 8/10 minuti; irroriamo con il vino bianco e lasciamo ritirare bene. Quando il vino si è ritirato, aggiungiamo i pomodorini , le fave con la loro acqua di cottura e un pizzico di sale lasciando a fuoco lento per alcuni minuti. In una grossa pentola portiamo l’acqua ad ebollizione, aggiungiamo una manciatina di sale ed immergiamo gli gnocchi. Appena tornano a galla li scoliamo e li saltiamo delicatamente nella padella del condimento, irrorando con un mestolino d’acqua di cottura, e aggiungiamo il basilico e il prezzemolo tritati grossolanamente». PAG 30 / C COME VI CONSIGLIAMO / FATTORIA LA VALENTINA


c come vi consigliamo

un’attenta scelta, durante tutto l’arco della vendemmia, delle uve Montepulciano, seguita da macerazione lunga circa 18 ore, da salasso del mosto e da fermentazione lenta a bassa temperatura, controllata in tini di acciaio.

«Il Cerasuolo “La Valentina”

viene consigliato insieme a primi piatti sostanziosi, con sughi a base di cacciagione, carni alla brace e piatti di pesce di buona struttura»

Affinato in acciaio ed imbottigliato da metà gennaio, il Cerasuolo “La Valentina” è nei profumi pulito, intenso e persistente, con i sentori dapprima delicati di petalo di rosa ed altri fiori, poi fruttati di ciliegia, melograno e fragoline di bosco. Delicatamente vinoso, fresco, morbido e piacevolmente persistente, al gusto è ricco di una fresca acidità, ottima struttura con un finale fruttato e persistente di frutta rossa, con sentori di tabacco e liquirizia. Viene consigliato in abbinamento a primi piatti sostanziosi, con sughi a base di cacciagione, carni alla brace e piatti di pesce di buona struttura.

La freschezza del Cerasuolo “La Valentina” corrisponde appieno alla filosofia aziendale, portata avanti con l’aiuto dell’enologo toscano Luca D’Attoma dal 1998: «“La Valentina” è sempre stata un’azienda molto ferma sulla difesa del Montepulciano d’Abruzzo. Portare avanti due linee di Cerasuolo, una classica e una più strutturata come l’“Effe” (di cui C come magazine ha parlato nel numero 20, ndr), è la naturale evoluzione di questo principio». Uso spinto di tecnologie e vini di carattere internazionale non fanno parte della concezione dell’azienda guidata da Sabatino Di Properzio. «L’azienda è caratterizzata da un forte legame con il territorio – commenta Luca D’Attoma – e da persone che sanno lavorare in squadra e condividono delle scelte con un obiettivo comune. Una prova ne sono l’interesse e la ricerca sempre più concreti verso vitigni autoctoni e soprattutto verso vini “vivi”, dalla filtrazione molto leggera, contraddistinti da un colore naturale». E il Cerasuolo? «Si tratta di un prodotto molto profumato – conclude D’Attoma – molto sapido e dalla spiccata personalità: presenta un approccio facile e si scopre presto che non è fatto solo di profumi. Un buon vino deve dare soddisfazione al palato e questo Cerasuolo può essere indicato, perché no, anche per un aperitivo. Un ottimo modo per avvicinare anche i giovani alla cultura del buon bere».

PAG 31 / C COME VI CONSIGLIAMO / FATTORIA LA VALENTINA


«Il Raduno Ovino è l’occasione più a portata di mano per guardare l’Abruzzo dal di dentro: l’emozione che dà guardare negli occhi l’autentica cultura pastorale è fortissima»


c come ovini

DI MONICA ANDREUCCI – FOTO_STEFANO MARINO

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ABRUZZESE IN UN FREEPRESS

Al raduno di Campo Imperatore insieme alle pecore

Per dirsi davvero “abruzzesi” ci sono cose che dovrebbero esser rese obbligatorie. Almeno una volta nella vita, per esempio, non si può non provare l’emozione di scorgere il Corno Grande, così come la sagoma della Majella, stando coi piedi a mollo nel nostro Adriatico, oppure infuocarsi il gargarozzo con un sorsetto di autentica Centerbe a 70°, fare un pezzo a piedi delle Gole del Sagittario o di Fara S. Martino, stordirsi al ballo esplosivo d’una pupa, inebriarsi col profumo dei fiadoni appena sfornati… Tutti avremmo qualche rito nostrano eccezionale da suggerire! Questo che vi proponiamo adesso ha come scenario Campo Imperatore, che leva il fiato già quando lo si abbraccia in panoramica da qualsiasi parte ci si arrivi, e si svolge ogni anno rigorosamente il 5 di agosto: è il Raduno Ovino, organizzato dalla Camera di Commercio de L’Aquila, e giunto nel 2012 alla 53° edizione.

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«A settembre la rievocazione del “Tratturo magno” permette un viaggio a tappe insieme alle greggi, dal Gran Sasso al Tavoliere delle Puglie»

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Non si tratta d’una esposizione di pecore-e-affini con la solita cornice di fiera mangereccia e folklore ruspante sia indigeno che non, bensì dell’occasione più a portata di mano per guardare l’Abruzzo da dentro. Recarsi a Fonte Vetica quella mattina (il concentramento vero e proprio è dalle 7 a mezzogiorno) col cuore che vada oltre l’inevitabile gazzarra della festa, infatti, risveglia quel pezzetto preistorico di DNA che ci appartiene, ed è possibile allora penetrare l’essenza delle proprie radici, districando le infinite trame di una storia dignitosamente umile, di civiltà ancestrale, economia quotidiana, rapporto con una natura selvaggia. La magia accade perché l’emozione che dà guardare negli occhi l’autentica cultura pastorale è fortissima: uomini e cani, capre ed agnelli, appassionati e pecore, un mare di pecore, dall’aria quieta eppur niente affatto “stupida”. «Stavolta i capi arrivati sono circa 13.000 – conta Antonio Beccia, dell’organizzazione – con un impegno comunque di 30mila euro per la Camera di Commercio, che supporta praticamente tutto (ai partecipanti viene riconosciuto un rimborso di 2 euro a capo condotto - ndr.). È però la prima volta che siamo ufficialmente “manifestazione a carattere nazionale”, con altri Enti camerali ospiti. Ammirevole è il lavoro dei moltissimi volontari, necessario per allestire i recinti, le strutture coperte, l’area commerciale ed i servizi alla manifestazione». Le varie greggi, infatti, il giorno del raduno stanno ordinatamente in zone chiuse per essere visionate da una commissione ufficiale che dà ambiti riconoscimenti annuali, anche riguardo ai sottoprodotti. Gli allevatori, quindi, lavorano tantissimo per far belle e buone le loro bestiole, ed i visitatori non portano a casa ricordi olfattivi pesanti ma solo stupore e migliaia di foto bucoliche. Certo al Raduno la durezza della vita dei pastori si può solo intuire. «Trenta anni fa, quando ho iniziato questo mestiere – racconta Francesco Taranta in rappresentanza della sezione aquilana dell’ARA

(Associazione Regionale Allevatori) – eravamo il doppio di adesso. È una vita che non interessa ai giovani, benché le tecnologie ed i supporti meccanici oggi abbiano tolto buona parte dei disagi d’un tempo. Le rese son basse: dalla carne, per esempio, e giusto quella di agnello, prendiamo 5 euro al chilo; molto meno per i tagli da arrosticino». E per gli altri prodotti ovi-caprini? «Il guadagno sta nei formaggi; il latte non si conserva, dev’essere lavorato, e per fortuna in Abruzzo abbiamo grandi risultati. Non parliamo della lana, che ci viene pagata 50 cent/kg». Eppure la qualità di quest’ultima è lodevole al punto che, lo si è appena annunciato, sorgerà presto a Castel Del Monte uno dei pochi centri nazionali di raccolta. «Il giorno del raduno è sempre il 5 agosto perché è data centrale nella stagione di pascolo, prima della transumanza rituale – spiega Pierluigi Imperiale, veterinario con passione storica – e fa da riferimento certo. Si ritrovano quassù tanti appassionati persino dalla Norvegia, dalla Scozia e dall’Inghilterra; c’è molto interesse intorno al mondo dei pastori, infatti sono via via sempre di più i partecipanti alla rievocazione del “Tratturo Magno”. Si tratta di un viaggio a tappe insieme alle greggi che vanno a svernare sul Tavoliere in Puglia, qualcosa che ricorda il Cammino di Santiago, con la particolarità che questo è vero, unico e molto duro. Non ci sono supporti logistici o i servizi dei pellegrini: è la pastorizia originale, con tutti gli annessi e i connessi. Si percorrono le tracce autentiche, ritrovate dopo molti studi (raccolti in due guide curate dal medico, una pubblicata dalla Regione e l’altra dal Touring Club - ndr), di uno dei 5 regi tratturi su cui si spostavano centinaia di migliaia di capi. Siamo arrivati alla sesta edizione di questa manifestazione, e come le altre si svolge dal 29 settembre al 9 ottobre, arrivando a Foggia dov’era la dogana». Consigliato a chi voglia e possa andare oltre la bella fiera alle spalle del Gran Sasso.

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«Per reggere i grandi numeri, oggi l’arrosticino è fatto, perlopiù, con le carni di ovino provenienti da Francia e Germania»

«Il progetto di un disciplinare porrà tre punti fermi: abruzzesità della materia prima, frollatura particolare e stecchino serigrafato»


c come pecora

DI MAURA DI MARCO – FOTO_PIERLUIGI IMPERIALE/MODIV

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L’arrosticino è buono solo se la produzione non è di massa

Le sue origini risalgono al 1800 e ci riportano sui passi dei pastori abruzzesi ai tempi della transumanza: la carne macellata veniva recuperata in piccoli pezzetti, inseriti in un ceppo di legno poi messi a cuocere sul fuoco, durante le fredde notti sul tavoliere delle Puglie, o in cima alle vette solitarie della “regione verde d’Europa”.

Oggi, invece, non si può dire di conoscere la cucina abruzzese se non lo si è provato almeno una volta. Parliamo dell’arrosticino, uno dei pochissimi prodotti che, da oltre due secoli, mantiene la stessa forma ma non, purtroppo, la stessa sostanza. Ed è questo l’intoppo che, superato, riporterebbe il palato a mangiare come una volta, oltre a riconoscere alla nostra terra la provenienza di uno dei piatti più gustosi d’Italia. «È un po’ come per la pizza - ci spiega Franco Cortesi, direttore tecnico dell’A.R.A. Abruzzo (Associazione Regionale Allevatori) – Siamo abituati a mangiarla in tutte le parti del mondo ma solo una è autentica, quella napoletana e a riprodurla i pizzaioli del pianeta ambiscono per servire, su un piatto, la genuinità e la bontà di un territorio». Parliamo di sostanza, allora: oggi, l’arrosticino è fatto, perlopiù, con le carni di ovino provenienti da Francia e Germania, regioni in cui gli allevatori sono abituati alla lavorazione di grandi quantità di carne che, al termine del processo di finissaggio (fase di allevamento durante la quale le pecore vengono abbondantemente alimentate per raggiungere un giusto dosaggio di ingrassamento), risultano essere particolarmente grasse. PAG 37 / SPECIALE ARROSTICINO / C COME PECORA


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I distributori abruzzesi ci guadagnano: grosse forniture, a discapito, però, della produzione locale e della sua tradizione enogastronomica. «Quello che stiamo cercando di fare, da oltre un anno – ci spiega Cortesi – è realizzare un disciplinare che regolamenti ogni fase della produzione e vendita degli arrosticini, dall’allevamento alla frollatura, fino alla preparazione ed al confezionamento sugli stecchini. A brevissimo lo presenteremo pubblicamente, probabilmente al Salone del Gusto di Torino. Se riusciremo nei nostri intenti, lo dovremo anche all’Accademia dell’arrosticino, composta da produttori “doc” del territorio, ed all’assessorato all’Agricoltura della Regione Abruzzo, che ha creduto molto in questo progetto». Tre sono i paletti imposti dal disciplinare. Il primo: la pecora deve essere rigorosamente abruzzese. «Abbiamo una produzione di circa 300.000 ovini l’anno dedicata all’arrosticino – spiega Cortesi – un quantitativo sufficiente per ristabilire la filiera locale». Il secondo è imposto ai mattatoi per il trattamento della carcassa dell’animale, che deve essere stata a sua volta frollata con particolari processi biochimici al fine di garantire tenerezza e sapore. Il terzo: lo stecchino con il quale viene servito deve essere serigrafato ed è, questo, l’elemento più innovativo, quello che ci permetterà di riconoscere, senza alcun dubbio, l’originalità dalle

contraffazioni. «Puntiamo moltissimo sull’informatizzazione della tracciabilità – prosegue Cortesi – Abbiamo già attuato questo processo con l’agnello ed abbiamo ottenuto ottimi risultati. A partire dalla confezione sarà possibile risalire all’allevatore e, da qui, a tutti i soggetti che hanno messo le mani sul prodotto finale. Crediamo che questo sia il primo passaggio per arrivare ad una D.O.P.: ci sono entrambi gli elementi, sia quello storico sia quello geografico. Il processo è ancora lungo ma siamo sulla buona strada. C’è solo un ostacolo da superare, adesso: la disabitudine del consumatore». Le carni francesi e tedesche sono, infatti, molto diverse da quelle abruzzesi: sono molto più grasse e ciò è dovuto, come dicevamo prima, alla fase di finissaggio degli animali prima della mattanza. Al contempo, si è innescato un meccanismo vizioso per cui è lo stesso pastore abruzzese ad impiegare meno tempo e risorse alla produzione ovina dedicata all’arrosticino, in vista di una concorrenza che, in assenza di un disciplinare, non era affatto tutelata. Rompere questo meccanismo, rieducare i consumatori e motivare i produttori sono i fini ultimi di questo disciplinare che, prima ancora di essere lanciato, ha già ricevuto gli apprezzamenti di Slow Food per le sue caratteristiche di autenticità e recupero di un prodotto autoctono da strada.


«Finora, l’unica più vecchia traccia scritta sull’arrosticino è un componimento poetico del 1920 firmato da Don Ernesto De Carolis»

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c come rostello

DI MONICA ANDREUCCI – FOTO_MODIV/PARALLELO VESTINO

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Una tradizione figlia dell’arte di arrangiarsi

“…E usate sempre materia migliore, della più fine, ché vi farà ben figurare”: il dettato dell’Artusi dovrebbe ispirare, com’è logico e auspicabile, ogni disciplinare serio che miri ad una declinazione D.O.C. per prodotti o preparazioni enogastronomiche “tipiche”.

Ma per gli arrosticini abruzzesi applicarlo proprio non si potrebbe, pena la perdita proprio dell’esclusività territoriale e, di conseguenza, del sapore originale, perché dovrebbe suonare pressappoco così: “Serve la carne ovina peggiore: quella coriacea e di difficile lavorazione, praticamente invendibile in qualsiasi banco-macelleria”. Andiamolo poi a spiegare al protocollo? Però le cose stanno così, e chiunque abbia una minima frequentazione con le “rustelle” sa che da una zona all’altra dell’Abruzzo, da un locale all’altro, a partire dalla sua pronuncia la differenza c’è, eccome! È dura far capire alle varie Commissioni – per quanto culturalmente elastiche – che dovunque, nel mondo, l’agroalimentare autenticamente indigeno è figlio dell’ancestrale povertà locale e, quindi, dell’arrangiarsi a sfruttare fino in fondo le magre risorse disponibili. E quando, in un gregge, un capo non era più produttivo perché per vecchiaia finiva di produrre latte o s’azzoppava o si ammalava, si faceva in modo che a qualcosa ancora potesse servire. A far cambiare dieta ai pastori, per esempio, fornendogli finalmente un po’ di proteine. PAG 41 / SPECIALE ARROSTICINO / C COME ROSTELLO


Visto che la carne di pecora non è adatta ad essere insaccata, ed è altresì difficile, transumando, trovare le condizioni per l’essiccazione in pezzi grandi, impossibile infine farla arrosto intera per via della durezza, restavano due possibilità: in calderone cotta nel suo stesso grasso per ore ed ore – “in coatto” o ajo cotturo, ma più sulle aree interne in realtà (1) – o, assai rapidamente, appunto, a tocchetti in spiedino sulla brace.

«La presenza del grasso deve attestarsi tra il 20% e il 25% del prodotto finito» Quando iniziò a diffondersi, il gustoso ceppetto? In che zona della regione per prima? Esistono documenti storici? L’accademico resterebbe deluso perché a queste domande la risposta ad oggi realistica sarebbe «Boh?». Perfino raccontare di arrosticini è pratica antica, in quanto legata alla tradizione orale, a testimonianze dirette, ad esperienze non convenzionali. Finora, l’unica più vecchia traccia scritta è un componimento poetico del 1920 o giù di lì, scovato dall’associazione Culturale “Parallelo Vestino” di Civitella Casanova (Pe), che è firmato da Don Ernesto De Carolis, signorotto di quelle contrade con malcelate velleità intellettuali. E non sarebbe casuale, quindi, che tra quelle più apprezzate a furor di popolo, siano le “rustelle” d’area Voltigno. Fino a queste falde appenniniche, infatti, pare si siano spinti nel ‘700 i coloni agricoli in massiccia immigrazione dalle coste della Dalmazia (2); grazie a loro, i villici avrebbero perfezionato le pratiche pastorali, e forse non solo riguardo all’allevamento ovicaprino. Negli archivi del

Comune di Civitella, inoltre, sono conservate le prime licenze per “vendita al pubblico, all’aperto” dei nostri spiedini, e risalgono alla fine dell’800 (3). Esistono quasi più notizie sui bastoncini tradizionalmente usati in quanto dovevano rispettare certi parametri per essere funzionali (non bruciarsi, cuocere bene, aromatizzare il tutto). I “cipp” erano di dimensioni precise (tra i 10 e i 12 cm) e fatti con rametti di salcio (salice) ripaiolo o olivo selvatici (4), oppure di sanguinella, arbusto diffuso sulle rive del torrente Schiavone. (5) Beninteso, l’idea base della carne cotta infilzata ad un legnetto è preistorica; la questione sta nella perizia di chi la sappia far frollare come si deve, tagliare nel verso giusto, in pezzatura idonea a cuocersi per bene e con l’opportuno alternarsi di tocchi di grasso. Qui sta uno dei veri segreti per l’arrosticino perfetto, anche perché il lardo poi si scioglie ed in cottura deve quasi scomparire: nulla di più né di meno del necessario (dal 20 al 25% del prodotto finito) per ammorbidire quella carne altrimenti immangiabile e condirla soffriggendosi appena appena. Insomma, i nostri antenati pastori sapevano il fatto loro: come dirglielo, ai colletti bianchi di Strasburgo?

NOTE: (1) Sulle Alpi è una ricetta davvero tipica, con pochissime varianti dalla nostra. Tra Valtellina e Valcamonica si chiama ‘cuz’ - (2) Citazione del prof. Giovanni Tavano tratta dall’articolo di Vincenzo Angelozzi, delegato di Pescara, sulla rivista dell’Accademia Italiana della Cucina, n° 239, pag 13 - (3) Da “Mezzo Magazine” n°3, articolo di Giorgio D’Orazio pgg. 37/38 - (4) Vincenzo Angelozzi, ibidem - (5) Giorgio D’Orazio, ibidem – Segnaliamo infine il bel pamphlet “Il mistero degli arrosticini” del prof. Francesco Avorio.

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A Crecchio la terza edizione de “L’arrosticino d’oro

di Massimo Giuliano – Foto: L’evento in più

Grande successo a Crecchio per la III edizione de “L’Arrosticino d’Oro”, manifestazione organizzata dall’agenzia “L’Evento in Più” alla fine di giugno 2012 in collaborazione con l’amministrazione comunale di Crecchio. Per il secondo anno consecutivo, ha trionfato “Il Signore delle Pecore”. L’azienda dei fratelli Spinozzi, molto attiva sul territorio anche con un simpatico brand, ha sbaragliato la concorrenza riportando un giudizio quasi unanime da parte della giuria, che ha apprezzato soprattutto gli arrosticini di fegato e di cui abbiamo fatto parte anche noi di C come magazine. Al secondo posto si sono piazzati gli arrosticini alla birra della “Steak House” di Chieti scalo, mentre la medaglia di bronzo è andata a “La Castellana”, che giocava in casa essendo proprio di Crecchio. Molto apprezzate tutte le aziende in concorso, a testimonianza di un livello decisamente alto, ma la vera regina della serata è stata la “Fregna”, dolce tipico di Tornareccio.

PAG 43 / SPECIALE ARROSTICINO / C COME ROSTELLO



c come estero

DI NADIA MIRIELLO - FOTO_ARINO D.B.

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ABRUZZESE IN UN FREEPRESS

Arino De Berardinis ambasciatore giuliese in Giappone

«Vengo da una famiglia dedita esclusivamente al lavoro, e devo ai miei genitori se sto riuscendo a sopravvivere in questo mondo: io non ho paura di lavorare». Il cuoco giuliese Arino De Berardinis non è di molte parole, ma a volte ne bastano davvero poche per tracciare il ritratto di una persona e “sintonizzarsi” con le sue scelte di vita e professionali. A dispetto del vecchio adagio “moglie e buoi dei paesi tuoi”, nel bel mezzo della sua carriera a zonzo per il mondo Arino s’è innamorato di una nipponica conosciuta in Sud Africa e, trasferitosi per restare, nel giro di pochi anni ha fatto del Paese del Sol Levante la sua seconda patria, ritrovando nei Giapponesi proprio quell’attaccamento al lavoro e la caparbietà che lo hanno spinto in alto nella ristorazione. Classe ’74, Arino s’è diplomato all’istituto alberghiero di San Benedetto del Tronto e ha fatto la gavetta tra Giulianova e Tortoreto. Una breve avventura in Germania è servita da apripista per le prime esperienze lavorative importanti: ad Aalborg, in Danimarca, poi a Londra, New York e Sidney. Globetrotter per lavoro e puro piacere, lo chef giuliese ha praticamente messo piede e toque nei quattro angoli del pianeta: Olanda, Svezia, Polonia, Irlanda, Svizzera, Slovacchia, Repubblica Ceca, Romania, Ungheria, Turchia, USA, Australia, Nuova Zelanda, Zambia, Botswana, Namibia, Thailandia, Laos, Vietnam e Cambogia! Ma il suo futuro si delinea più chiaramente nel 2003 a Cape Town, in Sud Africa, quando conosce l’attuale moglie Hiromi Mimura e con lei si trasferisce in Giappone, prendendo servizio al ristorante “Salvatore”. Dal 2006 al 2010 ha lavorato al “Four Season Hotel Tokyo at Chinzan-so”, a Tokyo, e nell’aprile 2011 ha inaugurato la “Trattoria Arino” ad Hayama, famosa per essere residenza estiva dell’Imperatore del Giappone Akihito: neanche il violento e devastante terremoto che aveva colpito il Giappone appena un mese prima, nel marzo 2011, aveva fatto vacillare la grinta e la grande volontà di Arino, che con il suo ristorante italiano è entrato nel circuito virtuoso dei locali di Hayama, tra le più rinomate cittadine dell’isola e frequentata da molti attori e attrici giapponesi che vi hanno la seconda casa. PAG 45 / SPECIALE MONDO / C COME ESTERO


«Il Giapponese è diventato selettivo: più che agli chef famosi, è interessato al mangiar bene»

«Nelle cucine si parla in primis l’italiano e sono davvero tanti i giapponesi interessati a studiare lingua e arti culinarie della nostra terra»


Con Hiromi lo chef abruzzese vive a Fujisawa e ha due bimbi, Sara, di 7 anni, e Luca, di 4: «L’unica cosa che desidero è la serenità per la mia famiglia» mi confessa, e la sua genuinità tutta abruzzese mi conquista nuovamente quando precisa che non ha progetti particolari, semplicemente «tengo a dare il meglio di me nella società in cui vivo». Dei Giapponesi Arino non apprezza solo che siano un popolo unito, grandi lavoratori e che non si tirino mai indietro: promuove a pieni voti anche la cucina, a basso contenuto di grassi e decisamente meno elaborata dell’italiana. «Penso in particolare al formaggio - spiega - il cui consumo per l’italiano medio si aggira sui 10 grammi al giorno: una vera e propria arma letale. Niente a che vedere con sashimi e sushi, che impiegano prodotti rigorosamente freschi accompagnati da riso in bianco. A proposito di riso, da quando vivo in Giappone – racconta Arino – ne mangio ogni giorno e non riesco più a farne a meno. È buffo pensare che quando vivevo in Italia, invece, non riuscivo proprio a stare senza pasta, mentre ora la mangio non più di 2 o 3 volte a settimana». Oltre all’abbondanza di pesce, ingrediente principe di sashimi e sushi, i punti di forza della tavola giapponese sono la carne buona e le verdure eccellenti. Altri protagonisti irrinunciabili dei menù nipponici sono le alghe, che insieme al tè verde, sorseggiatissima bevanda nazionale, possiedono spiccate proprietà antitumorali.

Ciò che rende il regime alimentare del Sol Levante al contempo gustoso, salutare e poco calorico è dunque l’impiego di cibi freschissimi e salubri associato a cotture brevi e poco elaborate: tendenza che Arino ha fatto subito sua. Che sia questo, il segreto della longevità di questo popolo da sempre felicemente sospeso tra tradizioni secolari e tecnologie all’avanguardia? È fuori discussione che l’attenzione riservata ad una dieta sana, equilibrata e di qualità giochi un ruolo preponderante in questo primato: «In Giappone – osserva Arino – la crisi economica ha favorito una maggiore serietà in tutti i settori. Negli anni ’80 e ’90 chiunque poteva aprire un locale, mentre oggi il Giapponese è diventato selettivo: più che agli chef famosi, è interessato al mangiar bene». Viene da domandarsi come se la cavi la cucina italiana in un contesto così differente per cultura, usanze e gastronomia. Arino spiazza piacevolmente i miei pregiudizi rispondendomi che nelle cucine si parla in primis l’italiano e sono davvero tanti i giapponesi interessati a studiare lingua e arti culinarie della nostra terra. «Pasta e pizza vanno per la maggiore – sottolinea - ma anche i nostri secondi riscuotono discreto successo. Nel mio piccolo cerco di far conoscere e apprezzare la buona tavola italiana tenendo corsi e collaborando con le scuole di cultura italiana più rinomate, soprattutto Bell’Italia, Little Europe e Niki’s Kitchen».

TIRAMISU AL TÈ VERDE GIAPPONESE

di Arino De Berardinis Ingredienti per 6 persone: Per il pan di Spagna: 60 g di farina; 60 g di fecola; 30 g di polvere di tè giapponese; un pizzico di sale; 5 uova; vanillina; 125 g di zucchero. Per la salsa: 250 g mascarpone; 4 uova; sake giapponese o liquore dolce; 4 cucchiai di zucchero. Procedimento: preparate il pan di Spagna; separate le uova. Montate a neve, montate i rossi con lo zucchero, aggiungete la farina, la fecola, il tè in polvere, un pizzico di sale, la vanillina e infine amalgamate i bianchi precedentemente montati a neve. Mettete il tutto in una pirofila e infornate a 180 gradi per 30 minuti. Intanto preparate la salsa; separate le uova, montate a neve i bianchi, sbattete i rossi a crema con lo zucchero, mischiate il tutto e aggiungete il mascarpone. Quando il pan di Spagna sarà freddo bagnatelo con il sake, tagliate a meà, riempite con la salsa e servite.

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Parrozzo con crema di cannella e salsa d’arancia della Costa dei Trabocchi

di Lorenzo Pace Ingredienti per 6 persone: per il parrozzo: 50 g di farina 00; 100 g di semolino; 7 uova; 200 g di zucchero; 7 mandorle amare; 150 g di mandorle dolci; 150 g cioccolato fondente. Per la crema di cannella: 120 g di latte; 200 g di panna liquida; 60 g di zucchero; 80 g di tuorlo d’uovo; 10 g di cannella. Per la salsa d’arancia: 300 g di polpa d’arancia della Costa dei trabocchi; 150 g di zucchero. Procedimento: per il parrozzo: tritare finemente le mandorle dolci e amare. Montare i tuorli con lo zucchero e unire al composto la farina, il semolino e le mandorle tritate. Montare a neve ben ferma gli albumi e amalgamarli al composto. Imburrare e infarinare 6 stampini monoporzione, versare l’impasto e cuocerli in forno a 170 °C per 15’. Lasciare intiepidire; sformarli; dopo raffreddati glassarli con il cioccolato fuso a bagnomaria. Per la crema di cannella: unire il latte, la panna e la cannella e portare a bollore. Montare i tuorli con lo zucchero, unire il latte, portare a 85 °C e lasciare raffreddare. Per la salsa d’arancia: in un pentolino unire la polpa d’arancia con lo zucchero, far ridurre a consistenza sciropposa, frullare e lasciare raffreddare. Mettere al lato dei piatti i parrozzi, tagliandone uno spicchio. In un lato realizzare una virgola con la crema e al lato opposto colare 3 gocce con la salsa d’arancia.


c come promozione

DI FABIANA CALSOLARO - FOTO_AA.VV.

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L’Abruzzo portato in un piatto

Prendi cinque bravi cuochi abruzzesi, prendi la nostra cucina regionale, i prodotti migliori della nostra terra, la passione, la creatività, aggiungi tanti e tanti chilometri di distanza...ed ottieni una, anzi cinque splendidi esempi di promozione della cucina abruzzese all’estero. Melbourne, Bangkok, New York, Hannover… niente è impossibile! Loro sono Lorenzo Pace, Giovanni Paolucci, Marcello Spadone, Narciso Cicchitti e Rosanna Di Michele, e hanno raccontato a noi di C come magazine le loro singolari, affascinanti, e talvolta divertenti esperienze. PAG 49 / SPECIALE MONDO / C COME PROMOZIONE


In Germania dopo il sisma aquilano. Dal 26 al 28 novembre 2009 a Hildesheim, in Sassonia, si svolse l’evento culturale “La figlia di Iorio in Hildesheim”, organizzato da Enzo Iacovozzi, presidente originario di Chieti dell’associazione italo-tedesca, insieme il Consolato d’Italia di Hannover. Dopo la proiezione del film “La figlia di Iorio” del regista pescarese Mario Di Iorio e due convegni, uno sulla Majella e l’altro sulla Costa del Trabocchi, furono organizzate degustazioni di prodotti tipici abruzzesi preparati dai rappresentanti dall’associazione cuochi di Pescara. Il presidente Lorenzo Pace ricorda ancora con soddisfazione questa esperienza: «Abbiamo realizzato un buffet e due cene, il cui ricavato fu devoluto in beneficenza ai terremotati dell’Aquila: abbiamo raccolto 3.000 euro, che furono donati alla comunità di Camarda per la ristrutturazione della chiesa del paese. La cena di beneficenza prevedeva tortino di carciofi e patate su vellutata di pomodoro e sfogliatina di pane, maccheroni alla chitarra, agnello cacio e uova con rape strascinate, parrozzo con salsa all’Aurum. Alla cena di gala, invece, abbiamo riproposto un tipico pranzo di nozze del ‘900 abruzzese in quanto collegato al film “La figlia di Iorio”, che appunto inizia con un pranzo di nozze. Il menu era composto da: prosciutto, salame, lonza, pecorino e giardiniera, brodo di gallina con cicoria, uova e polpettine di carne, gallina lessa con giardiniera, timballo di crespelle, agnello farcito con salsicce e patate al coppo, porchetta e pizza dolce». Per dare un tono folkloristico all’evento, Pace eseguì con l’organetto diatonico (lu ddù botte) delle musiche tradizionali abruzzesi. «L’incontro – conclude Lorenzo – è stato utile per buttare le basi di un evento culturale-gastronomico che si terrà nel 2013 a Hannover per il bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi: l’Unione cuochi abruzzesi farà da protagonista

sotto l’aspetto culinario». In Australia. Melbourne, Australia, 12 dicembre 2011. Presso lo Sports Abruzzo Club, un gruppo di italo-Australiani, dopo una vacanza in Abruzzo, decide di riproporre un angolo di profumi e sapori della loro terra d’origine in Australia. Nasce così il progetto di una cena di gala a base di piatti tipici abruzzesi, usando prodotti esclusivamente importati dall’Italia. «Ad accogliermi – racconta Giovanni Paolucci, immediatamente coinvolto – c’era un team di Italo-Australiani, che poi ha collaborato concretamente all’evento. Non è stato semplice reperire tutti gli ingredienti, come ad esempio lo zafferano, che non è possibile importare, o il punch, ma alla fine tutto è stato preparato nei minimi dettagli e cura, con l’aiuto e l’entusiasmo in cucina delle signore abruzzesi che risiedono a Melbourne oramai da sempre. La serata ha avuto un grande successo: erano presenti non solo gli abruzzesi, ma anche coloro che per un momento hanno voluto inebriarsi di sapori e atmosfere tipicamente nostre. In abbinamento ai miei piatti c’erano i vini prodotti da un abruzzese molto noto, Jarno Trulli, ed abbiamo lasciato un “presente”, un dono, a tutti gli invitati: un simpatico fiore creato con i confetti di Sulmona, portati personalmente da me. Durante la serata sono stato chiamato ad illustrare i miei piatti spiegando le origini di ognuno e le tecniche di cottura di un tempo. A distanza di mesi ricevo ancora visite dagli Australiani che vengono in vacanza in Abruzzo che hanno sentito parlare di me a Melbourne». In Oriente. Un giorno un’azienda locale vitivinicola loretese, la Talamonti, ha portato a pranzo dei signori della Wine Depot, azienda australiana di importazione vini in

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Uovo croccante con spuma di patate e formaggio e tartufo nero pregiato

di Marcello Spadone Ingredienti per 4 persone: 4 uova freschissime; 50 g di formaggio “Trittico” (un formaggio fatto con i 3 tipologie di latte pecora mucca e capra); 50 g di grana di pecora; 50 g di caciocavallo; 100 g di patate bollite; 100 cl di brodo vegetale; 100 cl di crema di latte fresca; 400 g di pastella per frittura; 50 g di tartufo nero pregiato; 1 spicchio d’aglio; 1 foglia alloro; 50 cl di aceto Procedimento: Fate incamiciare le uova in una pentola con abbondante acqua bollente con aceto aglio e alloro. Trascorsi tre minuti togliete dal fuoco e raffreddate con acqua e ghiaccio. In un pentolino fate andare a fuoco moderato, i formaggi grattugiati, la crema di latte, le patate schiacciate e il brodo, emulsionate con un frullino ad immersione. Fate cuocere per 10 minuti, nel frattempo, castellate l’uovo e friggetelo in abbondante olio bollente. Presentazione del piatto: mettete nel sifone la salsa di formaggio e patate ben calda, caricatelo con 2 cariche di azoto, agitatelo con forza, e in una fondina sifonate, adagiate l’uovo grattugiateci sopra il tartufo e servite rapidamente.

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Oriente, nel ristorante stellato “La Bandiera” di Marcello Spadone, a Civitella Casanova (Pe). È nata una sinergia che, tra febbraio e marzo 2012, ha dato vita a una serie di eventi tra Bangkok, Hong Kong e Manila. «Il menu, abbinato ai vini, prevedeva piatti molto semplici – racconta Spadone – con prodotti abruzzesi tipici come olio, zafferano, tartufo, formaggi. A Manila, ad esempio, ho cucinato spaghetti aglio, olio, peperoncino e pane croccante con pistilli di zafferano di Navelli, gallo al vino bianco in tegame e, come dessert, mousse di ricotta mielata in salsa di cachi. C’è stata anche un piccolo show cooking. Ripeteremo l’evento in Canada e Groenlandia». Il piatto che ha avuto più successo? «Loro hanno tutto un altro genere di cucina, per cui tutti i piatti sono stati un’esperienza nuova. Hanno una vera venerazione per il made in Italy, tutto è buono». Allora, la ricetta più particolare? «Uovo croccante con spuma di caciocavallo e tartufo nero pregiato: più difficile da eseguire, ma molto apprezzato». Alla cena era presente anche lo chef altoatesino Norbert Kostner: «A Bangkok è molto noto – spiega Spadone – è lì da 30 anni, ha portato la cucina

Il dolce del Feudo di Rosanna Di Michele

Base di confettura di uva di Montepulciano; ricotta fresca di mucca; fettine di fragole, more e frutti di bosco come guarnizione; un giro di mosto cotto; cialde.

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italiana in Thailandia come chef di casa dei sovrani. Mi ha proposto di fare qualcosa insieme. Tornato in Italia gli ho mandato alcuni nostri prodotti: olio, pasta, confetture, salamelle, formaggi». Negli Usa. Introdotta a New York da amici americani conosciuti in Abruzzo in vacanza, che hanno apprezzato la sua cucina, Rosanna Di Michele vola da Vasto in America, dove mette in piedi un paio di feste nelle loro case. Piano piano entra a fare parte di programmi di raccolta fondi di istituti scolastici di NY, attraverso l’associazione culturale “Abruzzo in Tavola”, di cui è presidente. Qui prepara buffet tipicamente abruzzesi: polpette cacio e ove, pasta fatta in casa con i ceci, scrippelle in brodo, sempre attenta a salvaguardare l’originalità di prodotti e ricette tipiche, senza alterare nulla per adattarlo al locale. «Del resto – dice – un piatto può piacere o no ma non deve essere snaturato». Si ritrova a fare eventi con una certa risonanza mediatica. Persino il cantautore napoletano Pino Daniele ha avuto modo di assaggiare ed apprezzare i suoi piatti a New York: «Conosceva bene Vasto», racconta Rosanna con una punta di orgoglio. Tra i prodotti più singolari presentati nelle varie occasioni: mosto cotto con marmellatina di Montepulciano, accompagnato con formaggi. E poi un dolce fresco inventato da lei: il Dolce del Feudo. Non mancano aneddoti divertenti: «Nella preparazione delle polpette cacio e ove c’è stata la difficoltà di fare le polpettine tutte uguali, loro non riuscivano e mi chiedevano come facessi io… ma questa è una cosa che non si insegna, è questione di manualità ed esperienza. È stato simpatico quando ho detto di mettere l’uovo nell’impasto ma non ho precisato che bisognava romperlo, e loro lo hanno messo così, intero! Questo per far capire le diversità di usanze e di preparazione dei piatti. È senza dubbio la pasta il piatto più apprezzato, fatta in tutti i modi». Intanto, dal 25 al 28 luglio, tre rappresentanti

americani del magazine “La cucina italiana” sono stati ospiti dell’associazione “Abruzzo in tavola” nel mini tour che li ha portati alla scoperta di alcune aziende delle quattro province, ai fini della stesura di uno Speciale Abruzzo in uno dei prossimi numeri. In Gran Bretagna. Si definisce appassionato della “cucina tipica rivisitata” Narciso Cicchitti, detto prof. Chicos, docente ITP di cucina presso l’IPSSAR F.De Cecco di Pescara, ed è così che la cerca di trasmettere ai suoi allievi. Da tempo si occupa di alcuni progetti che l’Istituto Alberghiero, in collaborazione con l’associazione cuochi provinciale di Pescara, di cui è membro, esporta all’estero. Uno degli ultimi è stato “Love Nest”, svoltosi in alcuni ristoranti gourmet della città di Edimburgo, in Scozia. Una brigata di cucina composta da allievi delle classi quinte della scuola pescarese ha progettato dei menu tipici rivisitati che sono stati inseriti nella Carta dei ristoranti, sempre abbinati a dei vini regionali. Risultato? «Ammaliati dalle pallotte cace e ove, pecora alla callara, “firfillun” e “pizza doce” – racconta Cicchitti – Posti esauriti tutte le sere!». L’obiettivo? «Far conoscere innanzitutto la cultura culinaria abruzzese, aiutare la brigata interna a ripersonalizzare le proprie proposte, soggette a mio parere a troppa standardizzazione. Accade infatti spesso che quel fil rouge che dovrebbe unire i ristoranti italiani all’estero sia confuso, provocando un allontanamento dall’origine del piatto. Per i ragazzi dell’istituto alberghiero è stato un momento di crescita e di confronto ma anche una vetrina di opportunità di lavoro». Altri progetti? «Sto lavorando a un progetto in sinergia con degli enti locali e altre città europee con l’intento di esportare non solo i prodotti tipici all’estero ma anche la professionalità dei nostri allievi. Il mio sogno... nella pentola è riproporre il progetto “Love Nest” in alcuni ristoranti di Barcellona».

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«Produrre meno, produrre meglio, produrre più qualità»

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c come recupero

TESTO E FOTO _ DANIELE DI VITTORIO

Gli antichi mestieri possono essere nuove opportunità

«La primavera sta arrivando»: se si potesse racchiudere in una frase il convegno “Antichi mestieri, nuove opportunità” che si è tenuto a Castel di Sangro (Aq) lunedì 4 giugno, il risultato sarebbe questo. Protagonisti del convegno, moderato da Marco Panara, giornalista de La Repubblica, sono stati Paolo Gatti (assessore alla formazione Regione Abruzzo), Rosetta Germano (imprenditrice agricola), Niko Romito (chef Ristorante Reale), Giuseppe Ursini (direttore Ursini Srl), Francesco Paolo Valentini (vignaiolo) e soprattutto Carlo Petrini (presidente e fondatore Slow Food). Tutti loro si sono soffermati sull’importanza dei mestieri di una volta e sulle esperienze che questi mestieri hanno fatto vivere a loro stessi. Cosa c’entra la primavera? «È stato il poeta Ermanno Olmi a dirmi questa frase» ha raccontato Carlo Petrini nel suo intervento conclusivo, dichiarando di sentire questa sensazione nell’aria da un po’ di tempo. La sua teoria parte dall’asserzione che questa è una crisi di tipo entropica: «Bisogna far capire – ha detto – che se si vuole superare questo momento economico bisogna ripensare

la produzione: produrre meno, produrre meglio, produrre più qualità. Per questo tipo di produzione si deve tornare all’inizio, si deve abbandonare l’ottica di produzione industriale e tornare a una produzione artigianale». Per rafforzare il concetto Petrini ha citato una frase di Pasolini: “Il giorno in cui l’Italia perderà gli artigiani e i contadini non ci sarà più il Paese”. Il primo atto agricolo, secondo lui, è proprio il mangiare: consumare prodotti di stagione, prodotti del territorio, prodotti di qualità non può che agevolare l’agricoltura. L’ultima citazione è di San Francesco d’Assisi, che Petrini associa a quello che il marketing dovrebbe essere oggi: “Comincia a fare il necessario, poi fai il possibile e improvvisamente ti renderai conto che starai facendo l’impossibile”. Un consumo di qualità dei prodotti del territorio e di stagione può veramente cambiare la mentalità produttiva delle multinazionali? Certo, se piano piano tutti noi adottassimo questo metodo, almeno daremmo la possibilità alle cose di cambiare. È bello pensare che la primavera stia arrivando veramente. (Versione integrale su www.lucianopignataro.it)

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c come incarichi DI ROBERTO PARISIO - FOTO_MODIV

Accademia della cucina: Paolo Fornarola succede a Mimmo D’Alessio

Il 6 luglio 2012 la delegazione di Chieti dell’Accademia italiana della cucina ha salutato Paolo Fornarola come nuovo coordinatore regionale. Già coordinatore della delegazione Pescara-Aternum, Paolo Fornarola sostituisce Mimmo D’Alessio che ora è passato al coordinamento nazionale per il Centro Sud. In occasione della conviviale di chiusura dell’a.a. 2011/12 che si è svolta a Bucchianico, presso il ristorante “Da Silvio”, ha promesso di consolidare il rapporto tra convivialità e cultura a cui l’Accademia attribuisce un ruolo di rilievo. Nell’ambito della cena di luglio, preparata dalla brigata di Donna Cristina, improntata sui sapori dell’orto e conclusasi

con le cancellate fatte a base di zucchero, uova, farina e limone (grattugiato o in succo), il commensale Maurizio Adezio ha invitato alla lettura del libro “Il pane di ieri”, di Padre Enzo Bianchi: un’interessante riflessione sulla complessità del creato e sulla cucina come atto d’amore. Nel 2013 l’Accademia italiana della cucina festeggerà il sessantesimo anniversario dalla sua fondazione, avvenuta nel 1953 per opera di Orio Vergani, e per ora ha in serbo tre eventi nazionali e uno che interesserà la provincia di Chieti, con un interessante percorso enogastronomico che porta fino ad Isernia, anche in occasione dei 50 anni dalla “separazione” di Abruzzo e Molise.

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c come ricette

A CURA DELL’UNIONE CUOCHI ABRUZZESI

La cucina della trebbiatura

Senza alcun dubbio la cucina abruzzese trae origine dalla civiltà contadina, una storia fatta di appuntamenti scanditi dal ciclo delle stagioni e da eventi lavorativi a cui venivano abbinati delle preparazioni culinarie. La trebbiatura per i contadini rappresentava l’evento più importante del ciclo agricolo. Le fatiche di un intero anno di lavoro trovavano il loro epilogo nella raccolta del grano, un bene prezioso: con esso si pagavano i debiti, si facevano gli acquisti, si programmavano i matrimoni e, non ultimo, si otteneva la farina per fare la pasta, e solo in poche occasioni il pane, per sfamare la famiglia quasi sempre numerosa. Fino alla prima metà del secolo scorso, la mietitura avveniva a mano. Si iniziava i primi giorni di giugno: si tagliava il grano, si facevano i covoni che poi venivano portati nelle aie dei casolari dove si realizzavano delle grandi “mucchie” in cui il grano continuava a seccarsi al sole, e solo verso la metà di luglio avveniva la trebbiatura. Era anche un rito ancestrale che rinsaldava i legami tra i contadini delle fattorie vicine, che partecipavano a vicenda alle trebbiature gli uni degli altri: un’operazione che in dialetto veniva chiamato “lu scagnajute” (scambio di manodopera), e che era importante da una parte perché si aveva manodopera gratuita, dall’altra perché era un’occasione per poter mangiare… mentre per i ragazzi rappresentava un’occasione per incontrare le ragazze, che si occupavano della cucina e che distribuivano da bere e da mangiare. Occasioni che nella maggior parte dei casi sfociavano in fidanzamenti. Durante la mietitura e la trebbiatura si mangiava 7/8 volte al giorno. Le donne portavano direttamente nei

campi (o nell’aia, nel caso della trebbiatura) dei grossi canestri con dentro il cibo, il vino e l’acqua; a turno tutti bevevano nello stesso bicchiere. Si lavorava dall’alba al tramonto, giornate piene di duro lavoro, polvere e sudore, che venivano inframmezzate da brevi pause che a seconda dei territori assumevano dei nomi precisi che indicavano orari e tipo cibo preparato. I più comuni erano: “lu Sdijune” alle ore 6.00, “la Sctozza” alle 8.00, “la Rimbrenna” alle 10.30, “lu Mezzejurne” alle 12.00, “lu Cumberzijune” alle 14.00, “lu Rimbinze” alle 16.30 e “la ‘nzalate”alle 21.00. Seppur distrutti dalla fatica, i contadini attendevano con trepidazione “lu mezzejurne”, quando la tradizione voleva che il pasto principale fosse composto dai “maccheroni comprati”, o all’uovo con la “papera muta” che veniva allevava proprio per l’occasione. A rimarcare l’importanza dell’evento della trebbiatura, anche i piatti preparati assumevano nomi specifici. “Li maccarune de li trische” (maccheroni della trebbiatura) nel Pescarese e nel Teatino erano composti da pasta secca, in modo particolare bucatini, zite o “ciuffeluni”, conditi con sugo di rigaglie e ventricini di gallo o pollastri oppure con sugo di “papera muta”; nel Teramano prendevano il nome di “li maccarù de lu machenà” (i maccheroni del macchinario, cioè della trebbiatrice), conditi sempre con un sugo di papera, ma questi erano maccheroni alla chitarra. Alcuni spuntini tipici della trebbiatura nel Pescarese e nel Teatino erano “Li Cumberzijune” e “Li Rimbizze”, mentre nel Teramano si realizzava “Lu taralle de lu machenà”, che per essere gustati al meglio venivano bagnati nel vino. (di Lorenzo Pace e Andrea Di Felice)

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Li maccharù de lu machenà

Li cumberzejune

Ingredienti (per 20 porzioni) Per i maccheroni: 2 kg di maccheroni alla chitarra. Per la salsa: 1 papera nostrana frollata; 4 lt di passata di pomodori fatti in casa; 100 g di lardo trito; 100 g d’olio extravergine d’oliva dop Petruziano; 100 g di Montepulciano d’Abruzzo doc; 1 costa di sedano; 1 carota; 1 cipolla; 1 foglia di alloro; 2 chiodi di garofano; 0,5 g di noce moscata e cannella; sale e pepe q.b Preparazione Sezionare la papera in pezzi, lavare, sgrassare, asciugare, regolare di sale e pepe. In una casseruola sciogliere il lardo, unire la papera e stufare. Aggiungere l’olio, il sedano, la carote, la cipolla e l’alloro, bagnare con Montepulciano d’Abruzzo e lasciare evaporare. Aggiungere dell’acqua fino a coprirla, chiudere la casseruola con un coperchio e lasciar andare a fuoco moderato fin quando l’acqua non sarà evaporata. Versare il pomodoro, regolare di sale, profumare con la cannella, la noce moscata, i chiodi di garofano e far bollire a fuoco lento per circa 2 ore e ½, fino a quando il sugo risulterà ristretto. Lessare i maccheroni in abbondante acqua bollente salata, scolare, condire con il sugo, mettere nei piatti a nido, grattugiarvi sopra dei trucioli di pecorino e guarnire con una striscia di salsa, un pezzetto di papera disossata e foglia di basilico.

Ingredienti (per 15 cumberzejune) 500 g di farina di grano tenero 00; 4 uova intere; 150 g di zucchero semolato; 100 g di latte; 50 g d’olio extravergine d’oliva; 10 g di ammoniaca; 1 g di buccia di limone; 0,5 g di cannella in polvere. Preparazione In una zuppiera montare le uova con lo zucchero, unire la buccia di limone grattugiata, la cannella, il latte e l’olio e continuare a montare. Aggiungere la farina setacciata con l’ammoniaca e amalgamare. In una teglia con carta da forno formare 15 mucchietti distanziati, spolverarli con dello zucchero semolato e cuocerli in forno a 200° per 15’.

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c come libro DI CRISTINA MOSCA - FOTO_NOBUS

Una sommelier per amica Grazie agli amici della casa editrice Noubs abbiamo avuto l’occasione di gustare in anteprima “Una sommelier per amica”, il libro di Adua Villa, volto televisivo e sommelier, nominata ambasciatrice ufficiale del vino abruzzese nel G8 del 2009 e da allora immancabile presenza nel padiglione Abruzzo al Vinitaly, come selezionatrice e conduttrice di degustazioni. L’occasione ci è stata offerta per “Chieti mostra libri”, che si è svolta all’inizio di settembre nella splendida cornice del cortile di Palazzo De’ Mayo a Chieti. Il libricino di Adua Villa, edito da Sonzogno, è in libreria dal 3 ottobre e si presenta come una conversazione, a volte per voce della stessa Adua, a volte simulando situazioni tipo tra un lui e una lei, su come prepararsi ad avere ospiti a tavola. Da come regolarsi sulle etichette a un breve Abc su vendemmia e vinificazione, il libro procede elegante e semplice e propone anche degli itinerari del gusto, comprendendo scorci abruzzesi, rispecchiando le origini di Adua e chiudendo strizzando un occhio all’astrologia, proponendo abbinamenti vini e segni zodiacali per un gioco nato insieme a Branko.

«Il libro procede elegante e semplice e propone anche degli itinerari del gusto, comprendendo scorci abruzzesi»

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c come news Il Polo Agire per il Made in Italy

Lo scorso maggio è intervenuto anche Paolo De Castro, attuale presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Europeo, alla tavola rotonda organizzata a Teramo dal Polo AGIRE (AGroIndustria Ricerca Ecosostenibilità) sul tema “Innovazione e competitività dell’agroalimentare: il made in Italy”. Per quanto riguarda l’Abruzzo, i dati Istat 2011 analizzati dalla Regione hanno evidenziato di recente segnali positivi nelle esportazioni in agricoltura (+20,3 per cento) e nell’agroalimentare (+12,3 per cento, superiore al dato nazionale del +11,4 per cento negli scambi con l’estero), ribadendo il valore strategico del settore ai fini dello sviluppo dell’intero sistema produttivo. «Nonostante i dati positivi dell’anno scorso – dichiara Salvatore Di Paolo, presidente di AGIRE, la società consortile che in Abruzzo gestisce il Polo di Innovazione dell’Agroalimentare e a cui hanno finora aderito 83 tra aziende, centri di ricerca e università – nubi nere si addensano all’orizzonte. Il momento è difficile per via del carico fiscale eccessivo e della mancanza di una politica che incentiva i consumi e la crescita. Il made in Italy rappresenta in tal senso un nodo cruciale, che vede l’agroalimentare giocare un ruolo strategico per la ripresa del sistema Paese e, nel nostro caso, dell’Abruzzo».

Seminari per tutte le stagioni

Dal 19 settembre al 10 ottobre dalle 18,30 alle 20,30 la Feltrinelli di Pescara e Anita Maria Righetti presentano quattro seminari sul cibo e la stagionalità, dal titolo “Autunno, inverno, primavera, estate”. Anita Righetti, che per due anni ha curato su C come magazine la rubrica dedicata alla tradizione, parla dell’utilizzo dei prodotti di stagione nella cucina tradizionale abruzzese e italiana. Gruppi di massimo 15 persone alla volta. Gli incontri sono divisi per stagioni e parleranno di frutta e ortaggi, con ospiti del settore come il produttore Giacomo Santoleri e il ristoratore Nicola Fossaceca. Prenotazioni e informazioni a pescara@lafeltrinelli.it o 340 0922482.

Tollo, tre bicchieri al Cagiolo

Il Gambero Rosso assegna Tre Bicchieri al “Cagiolo” Montepulciano d’Abruzzo Doc di Cantina Tollo. Il “Cagiolo” è un vino simbolo del “Vigneto Avanzato”, progetto fortemente voluto da Cantina Tollo, con il quale è stata introdotta la retribuzione ad ettaro lavorato e non più a quintale prodotto,

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portando così in vigneto la cultura della qualità. Un progetto che ha cambiato radicalmente la filosofia produttiva di tutti i soci, permettendo di ottenere una costanza qualitativa eccezionale, come dimostra il premio appena conquistato: «Il Tre Bicchieri al “Cagiolo” – spiega il presidente Tonino Verna – è per noi soprattutto la conferma che il percorso intrapreso è corretto e la dimostrazione di quanto i nostri soci si impegnino per mantenere alto il livello qualitativo. Per il futuro, il nuovo impegno sarà infatti produrre vini che rispettino sempre più questi parametri: sostenibilità ambientale, sobrietà, sicurezza e salute».

Jazz, vino e management con Plan People

Lo scorso luglio la giovane community abruzzese Plan People ha organizzato all’Aurum, nell’ambito del PescaraJazz, un incontro su vino e management al quale hanno partecipato oltre cento tra professionisti, imprenditori e manager delle più importanti aziende locali. Agli interventi musicali live del G.M. Trio, sul palco si sono alternati il formatore esperienziale Gianni Carchiolo, l’enologo di Cantina Tollo Riccardo Brighigna e il titolare di Disinfest Control Antonio Pentima. Fare squadra, gestirla e fare l’innovazione sono stati i temi trattati e approfonditi. Sponsor della serata sono stati la Cantina Tollo e la pasticceria-gelateria L’Orchidea.


Sulmona, l’istituto che non c’è.

L’associazione culturale “Insieme per il Centro Abruzzo” ricorda che da anni nel Comune di Sulmona esistono atti, a seguito di accordi fra le parti, che propongono l’apertura di una sezione staccata dell’Ipsseoa di Roccaraso, ossia l’Istituto professionale di Stato servizi per enogastronomia e ospitalità. «Avremmo, in tal modo, un’eccellente occasione per contrastare il dramma occupazionale – spiegano in un comunicato stampa – offrendo concrete speranze ai giovani, per attività altamente compatibili con il territorio e spendibili in tante località italiane e straniere. Questa iniziativa a Sulmona si è arenata e non si conosce la causa. Per dare un’idea di come questa formazione professionale sia molto importante e molto richiesta, basterebbe pensare che a Roccaraso quest’anno l’Istituto ha attivato un corso serale per adulti. Un’offerta formativa che sta avendo notevole successo con numerose iscrizioni, provenienti da tante località, nonostante la sede, a causa della viabilità invernale, sia considerata poco agevole.».

Miele premiato

Luca Finocchio, apicoltore di Tornareccio, città del miele per eccellenza, ha ricevuto la targa delle Tre gocce d’Oro per il miele di agrumi in occasione della XXXII Edizione Grandi mieli d’Italia – Premio Giulio Piana. A premiare il produttore è stato il sindaco di Castel San Pietro Terme (Bo), che ha ospitato la manifestazione. Le tre “Gocce d’oro” sono state assegnate ai mieli che, oltre ad essere perfetti dal punto di vista qualitativo, si sono distinti per aver raggiunto il punteggio pieno all’esame organolettico e rappresentano il massimo riconoscimento al livello nazionale che un miele può ambire. Finocchio ha inoltre conquistato due Gocce d’Oro per il miele di girasole, due Gocce d’Oro per il miele di millefiori (prodotto proprio nel territorio incontaminato di Tornareccio), una goccia d’Oro per il miele di castagno. (www.abruzzoquotidiano.it)

Emilia Romagna incontra l’Abruzzo

Otto vini autoctoni dell’Emilia Romagna hanno incontrato i sapori d’Abruzzo in una serata-evento organizzata dalla sommelier Antonietta Mazzeo lo scorso 20 settembre a Tortoreto insieme ad Ais Abruzzo, Ais delegazione Teramo e associazione culturale Giovanna La Molinara. Sono stati abbinati ad alcuni prodotti tipici, raccontati da chi li conosce meglio: sono intervenuti, ad esempio, Fiorenzo Sarto, vicepresidente del Consorzio di Tutela del Pecorino di Farindola, ed il sindaco di Castelli Enzo De Rosa, che ha illustrato il decanter di ceramica PAG 63 / C COME NEWS

di Castelli presentato quest’anno al Vinitaly. L’evento ha voluto evidenziare l’importanza rappresentata dai vitigni autoctoni, che «rappresentano uno dei pochi elementi di vivacità che emerge e sopravvive tra le mode passeggere dello sfavillante mondo del vino», come spiegato da Antonietta Mazzeo.

Tinari e Zonfa: riconoscimenti in guida

È periodo di presentazione di guide enogastronomiche e l’Abruzzo è già in odore di bei riconoscimenti. Del 1 ottobre è infatti la premiazione dei Tinari, gestori del ristorante “Villa Majella” di Guardiagrele, in qualità di Famiglia dell’anno per l’edizione 2013 della guida “Identità Golose”, diretta da Paolo Marchi. Peppino, Arcangelo, Pascal e Angela Tinari hanno portato la loro luce e i loro sorrisi nell’HangarBicocca di Milano, di fronte ad una platea di operatori e di giornalisti del settore. Dalla provincia di Chieti a quella dell’Aquila, anche per William Zonfa, chef stellato del ristorante “Magione Papale” nel capoluogo di regione, pare ci sia una bella notizia: la guida del Gambero Rosso, in presentazione l’8 ottobre, lo ha dichiarato Chef Emergente del 2013. A novembre cucinerà inoltre alla serata di gala del Merano Wine Festival. «”Magione Papale” per me è più di un ristorante – commenta William – È un vero e proprio progetto occupazionale, che dà lavoro a 40 aquilani permettendo loro di non abbandonare il territorio». (Foto www.facebook.com/ primeuvefanclub)


c come controeditoriale DI MASSIMO DI CINTIO

Cerasuolo d’Abruzzo Doc: dobbiamo crederci di più Cerasuolo d’Abruzzo Doc. Forse non tutti si sono accorti che dalla vendemmia 2010 si chiama così il nostro rosato. Non più Montepulciano d’Abruzzo Cerasuolo, nessun collegamento evidente con il vitigno di origine (sebbene sia sempre lui il protagonista), e soprattutto nessuna presunta confusione con il nostro rosso. Una differenza sottile che per quarant’anni abbiamo dovuto spiegare a consumatori e operatori, soprattutto stranieri, che hanno ovvie difficoltà a orientarsi nella Babele delle centinaia di denominazioni italiane. L’Abruzzo, grazie al lavoro del Consorzio di tutela Vini d’Abruzzo, ha provato a fare chiarezza dando riconoscibilità piena spazio al Cerasuolo, forte del fatto che il nostro rosato abbia guadagnato sufficiente notorietà, considerata la straordinaria quantità di premi che da oltre dieci anni va conquistando in tutti i concorsi internazionali. Una scelta fatta con tempismo, nel periodo storico di massima gloria dei rosati in Italia e nel mondo, protagonisti di una lenta ma costante crescita nell’apprezzamento del mercato, avviata a partire dai primi anni del Duemila. Ma chi si aspettava un definitivo trampolino di lancio in grado di consacrare il nostro Cerasuolo è rimasto deluso. Il motivo? Diciamola tutta: dalla mia esperienza in oltre quindici anni di interviste con i produttori abruzzesi, sono davvero pochi coloro che hanno dichiarato di credere veramente nella tipologia. Ubriacati dal successo straordinario del Montepulciano d’Abruzzo prima e del Pecorino dopo, la stragrande maggioranza ha continuato a guardare al Cerasuolo come un semplice completamento di gamma e non come a una piccola

ma reale, ulteriore opportunità di business. Eppure gli elementi ci sono tutti: un mercato difficile, ma sicuramente più attento ai rosati; la nostra qualità, ormai dimostrata in ogni raffronto con tutti gli altri vini della tipologia; la capacità di produrre con quantità (la nostra produzione nel 2010 è stata di 60 mila ettolitri) e con prezzi in grado di affrontare ogni mercato (mediamente 3 euro). È come il cane che si morde la coda: non crederci significa non investire nella tipologia e, di conseguenza, non creare nessuna motivazione alla vendita e al conseguente acquisto. Perché il nostro Cerasuolo va spiegato e raccontato nelle sue caratteristiche di diversità rispetto agli altri rosati, per vivacità di colore, fragranza, fresca fruttuosità e struttura in grado di dimostrarsi davvero un jolly a tavola. Soprattutto all’estero, dove non siamo mai stati in grado di rispondere in maniera convinta all’obiezione di un vino “stagionale” e di scarsa durata. Cosa che invece hanno fatto le altre due zone che contendono all’Abruzzo la notorietà sul rosato: il Chiaretto, nelle due versioni Garda e Bardolino, da anni fa parlare di sé con eventi e manifestazioni innescando un meccanismo che da due anni consente di vendere tutta la produzione, mentre la Puglia ha addirittura organizzato quest’anno il Concorso enologico nazionale, scippandoci un’idea inutilmente lanciata almeno cinque anni fa.

Massimo Di Cintio, giornalista enogastronomico, negli ultimi dieci anni è stato autore di numerosi articoli dedicati ai rosati italiani e di quattro guide nazionali sulla tipologia, oltre che relatore in numerosi convegni sull’argomento.

«Non crederci significa non investire nella tipologia e, di conseguenza, non creare nessuna motivazione alla vendita e al conseguente acquisto»




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