Capitolo campione - Hic est. Letteratura e civiltà (Umanistica SS2)

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Eva Cantarella Giulio Guidorizzi

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Hic est Cultura e letteratura latina

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Volume 1 Volume 1 + La Seconda prova al Liceo classico Volume 2 Volume 3 Mappe di letteratura latina

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Guida per il docente

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Hic est L’età arcaica e repubblicana

I CONTENUTI DIGITALI INTEGRATIVI

E. Cantarella G. Guidorizzi

Li + E. 97 br La C a 8o nt 88 D Se ig co ar -2 ita n e 8 le da Hi lla 6-2 + p c e G. 66 r Co ov st Gu 6nt a a 1 ido 4 en l riz ut Lic zi i D eo ig c ita la li ssi In co te gr at iv i

1

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HIC EST 1

Eva Cantarella Giulio Guidorizzi

IL PROGETTO DIDATTICO Gli autori e il loro mondo Schede e percorsi per scoprire gli autori antichi e contestualizzarli nella loro epoca.

Cultura e letteratura latina

«ECCOLO, È LUI!» CHI ERANO GLI AUTORI LATINI? PERCHÉ SONO DIVENTATI DEI CLASSICI?

L’età arcaica e repubblicana

dicono di lui Opinioni antiche e moderne sugli autori latini i generi letterari La storia dei generi dall’antichità a oggi contenuti digitali integrativi HUB Library e bacheche

Io,… (Cicerone, Virgilio, Seneca)

Dicono di… (Cicerone, Virgilio, Seneca)

Giulio Guidorizzi dà voce agli autori antichi, per coinvolgere gli studenti con la forza dello storytelling.

Testimonianze e testi critici per impostare una lezione a partire dalle fonti.

«SI VIVEVA COSÌ» COM’ERA IL MONDO IN CUI VISSERO E SCRISSERO GLI AUTORI LATINI?

Eva Cantarella racconta Un’antologia delle pagine più belle di Eva Cantarella, per raccontare vita, credenze, sentimenti di uomini e donne dell’antica Roma.

Vita quotidiana, Arte e archeologia, Diritto e istituzioni, Mito e religione Tante schede sui principali aspetti della cultura e della società romane.

30/10/23 15:39


INDICE ANTO OLOGIA Carmina, incantesimi e preghiere

1 L’età regia e la prima età repubblicana LA STORIA

1 Le origini e l’età regia 1.1 La nascita di Roma 1.2 Il latino e le altre lingue dell’antica Italia 2 La nascita della repubblica 3 L’espansione in Italia 4 Le guerre puniche LA CULTURA

5 La società romana delle origini 6 La famiglia a Roma 7 La nascita del diritto nella Roma delle origini 8 Convivenza e assimilazione

2 2 2 5 6 7 9 11 11 12 13

1 I CARMINA 28 T1 I dodici fratelli dei campi: il carmen fratrum Arvalium (CIL VI, 32388; ROL IV) L I 28 T2 Danzare per gli dèi: il carmen Saliare (frr. 1-2 M.-B.) L I 30 2 FURTI, MALEDIZIONI E INCANTESIMI: LE LEGGI DELLE XII TAVOLE T3 I frammenti superstiti

31

(Leges XII tabularum IV, 2; VIII, 1a; VIII, 2) L I

31

3 FORMULE E PREGHIERE T4 Devotio, evocatio, deditio (Livio, Ab Urbe

32

condita VIII, 9, 4-8; Macrobio, Saturnalia III, 9, 6; Livio, Ab Urbe condita I, 38) L I

32

14

MITO E RELIGIONE I collegi sacerdotali

16

9 L’evoluzione della civiltà latina

17

COLLEGAMENTI ARTE E ARCHEOLOGIA

La Cista Ficoroni: contaminazione tra più mondi 18

2 Humilis Italia: le origini 1 Le origini della letteratura latina 20 1.1 L’alfabeto latino e le sue prime attestazioni 21 2 Il carmen 3 Il mito 4 Gli Annales maximi 5 Le leggi delle XII tavole

28

22 24 26 27

3 I ‘padri fondatori’ 1 La prima letteratura ‘nazionale’ latina 2 Livio Andronico 3 Nevio 4 Ennio 4.1 Gli Annales, il ‘poema nazionale’ 4.2 Le altre opere di Ennio

ANTOLOGIA I ‘padri fondatori’ 1 LIVIO ANDRONICO T1 L’uomo ricco d’astuzie (Odussia, fr. 1 Morel) L I

34 35 37 40 40 43

44 44 44

CONTENUTI DIGITALI INTEGRATIVI 1 L’età regia e la prima età repubblicana Presentazioni

Le origini di Roma • La conquista dell’Italia • Roma e Cartagine alla conquista di un impero HUB Maps – Bibliografia

2 Humilis Italia: le origini Presentazione

La preistoria della letteratura latina HUB Library

L’epitafio di Scipione Barbato (CIL I, 2) • Il mito del civis Romanus (Livio, Ab Urbe condita II, 10; 12-13)

VIII

Bibliografia

3 I ‘padri fondatori’ Presentazione

L’epica arcaica: Livio Andronico, Nevio, Ennio HUB Library

Livio Andronico: L’invocazione alla Musa italica (Odussia, fr. 1 Morel = 1 Mariotti) • L’uomo e il mare (Odussia, fr. 20 Morel = 9 Mariotti) • Nevio: L’invocazione alle Muse (Bellum Poenicum, fr. 1 Morel = 54 Barchiesi) • In fuga da Troia (Bellum Poenicum, fr. 4 Morel = 2 Barchiesi) • Didone invita Enea a raccontare (Bellum Poenicum, fr. 23 Morel =


T2 Minerva e Giove (Odussia, frr. 2; 3) L I T3 Dall’Egisto: il ritorno da Troia (frr. 2; 4) L I

2 NEVIO T4 Dal Licurgo: l’arrivo delle Baccanti (frr. 18; 19) L I T5 Dal Licurgo: l’ira del dio (frr. 29; 37) L I T6 Dal Bellum Poenicum: i profughi di Troia (frr. 6; 7) L I

44 45 46 46 46 47

3 ENNIO T7 Dagli Annales: i proemi

48

(vv. 1-4; 206-212 Skutsch) L I T8 Dagli Annales: il sogno di Ilia (vv. 34-50) L I T9 Dagli Annales: la Discordia (frr. 152; 153) L I T10 Dalle tragedie: Cassandra, profetessa adolescente (fr. 26) L I

48

51

Per ripassare Per verificare conoscenze e competenze

52 53

49 50

4 Il teatro latino 1 La Roma dei teatri di legno 2 Tragedia e commedia 3 La fabula Atellana MITO E RELIGIONE I fescennini e il riso rituale

54 56 57 58

5 Il pagliaccio dai piedi piatti: Plauto IO, PLAUTO di Giulio Guidorizzi

1 Vita di un plebeo 60 2 Numeri innumeri: il teatro plautino 62 3 I personaggi 64 4 Le trame tipiche 66 4.1 Trame che si somigliano 66 4.2 Il doppio 66 4.3 La creazione di un ‘tipo’ 68 4.4 Il riconoscimento (agnitio) 69 5 Le altre commedie 70 6 Il mondo comico di Plauto 73 7 I modelli greci: Menandro e la Commedia Nuova 76 8 Uno dei più grandi commediografi di sempre 78 DIRITTO E ISTITUZIONI

Il diritto di famiglia in Plauto

Bibliografia – Sintesi audio – HUB Test

4 Il teatro latino Presentazione

Il teatro latino Bibliografia

79

DICONO DI PLAUTO 80 Biografia 80 Il giudizio degli antichi 80 Per fissare i concetti

82

ANTOLOGIA Plauto

83

TESTO MODELLO T1 L’alter ego del poeta (Pseudolus, vv. 574-589) L I

16 Barchiesi) • Ennio: Invocazione a Romolo (Annales, vv. 105-109 Skutsch = 110-114 Vahlen) • L’orgoglio di Pirro (Annales, vv. 183-190 Skutsch = 194-201 Vahlen) • Le Furie (Scaenica, vv. 27-30 Vahlen) • La profezia di Cassandra (Scaenica, vv. 63-71 Vahlen)

59

84

5 Il pagliaccio dai piedi piatti: Plauto Video

Plauto • Aulularia Presentazioni

Plauto, vita e opere • Plauto, i personaggi e gli intrecci HUB Library

L’ossessione di Euclione (Aulularia, vv. 537-586) • Il tesoro perduto (Aulularia, vv- 713-807) • Il monologo di un fannullone (Mostellaria, vv. 85-156) • La sfida di Pseudolo (Pseudolus, vv. 480-573) • Un piano (apparentemente) perfetto (Pseudolus, vv. 574-594) • La Fortuna manda a monte il piano (Pseudolus, vv. 667-687) •

IX


INDICE

1 L’ARGUMENTUM E IL PROLOGO 87

IN PLAUTO

T2 L’argumentum acrostico del Miles gloriosus (Miles gloriosus, vv. 1-14) L I T3 Mi presento: sono il Lare (Aulularia, vv. 1-39) L I LESSICO - L’avarizia T4 Giove osserva tutti (Rudens, vv. 1-30) L LESSICO - Il cielo

2 I MECCANISMI DEL COMICO 2.1 Il ‘doppio’ T5 Aiuto, c’è un altro me! (Amphitruo, vv. 402-462) I LESSICO - Il doppio T6 Mio marito è impazzito! (Menaechmi, vv. 809-875) I 2.2 L’agnizione T7 Il finale dei Captivi (Captivi, vv. 978-997) L I 2.3 La rottura dell’illusione scenica T8 Guida turistica di Roma (Curculio, vv. 462-486) L I

LESSICO - La città

87 88 92 94 94

3.4 Il senex amans 117 T13 Padre contro figlio (Mercator, vv. 366-447) I 117 COLLEGAMENTI LETTERATURA ITALIANA

Gli amori senili di Plauto, Machiavelli e Nabokov

3.5 La meretrix 122 T14 Non c’è rosa senza spine (Truculentus, vv. 161-245) I 122 3.6 Lo straniero 125 T15 Un cartaginese a Roma

94

(Poenulus, vv. 975-1041) L I LESSICO - Culture a confronto

96 99

4 FOCUS SU UNA COMMEDIA:

99 101 101

VITA QUOTIDIANA II Foro boario e i mercati

104

3 I ‘TIPI’ PLAUTINI 3.1 L’avaro T9 Euclione, un avaro insopportabile (Aulularia, vv. 288-320) I 3.2 Il servo T10 La mia casa è infestata! (Mostellaria, vv. 431-531) I T11 Un servus currens (Curculio, vv. 280-298) L I 3.3 Il giovane innamorato T12 Pene d’amore (Cistellaria, vv. 203-228) L I LESSICO - Le metafore dell’amore

106 106 106 108 108 112 114 114

IL MILES GLORIOSUS

T16 Un conquistatore da operetta (Miles gloriosus, vv. 1-71) I T17 Il conquistatore conquistato (Miles gloriosus, vv. 1216-1280) I T18 Dopo il danno la beffa! (Miles gloriosus, vv. 1394-1437) L I

X

125 131 131 134 138

LABORATORIO DI EDUCAZIONE CIVICA

Emancipazione femminile e parità di genere 143

Per ripassare Per verificare conoscenze e competenze

144 145

Per prepararsi all’Esame di Stato Il testo argomentativo Plauto, un «genio della lingua latina» (C. Questa, R. Raffaelli) La traduzione Una serenata sui generis (Curculio, vv. 145-157) Il colloquio interdisciplinare La schiavitù tra realtà e immaginazione

146

CONTENUTI DIGITALI INTEGRATIVI Saturione: l’orgoglio di un parassita (Persa, vv. 53-80) • Uno scambio di persona (Menaechmi, vv. 351-430) • Addio con dono fatale (Amphitruo, vv. 499-550) • Doppia identità (Amphitruo, vv. 585-632) • Doppia verità (Amphitruo, vv. 799-847) • Tra moglie e marito (Casina, vv. 216-278) I • Un vecchio innamorato (Casina, vv. 217-279) • L’eroismo di un servo (Captivi, vv. 659-694; 721-744) • Viva l’amore, abbasso la scuola! (Bacchides, vv. 109-169) • Folle d’amore davanti a una porta chiusa (Curculio, vv. 145-157)

120

Dizionario di mitologia Immagine interattiva

Il Foro boario e i mercati Bacheca

La schiavitù tra realtà e immaginazione Bibliografia Mappa Sintesi audio HUB Test

146

147 148


6 Padroni del Mediterraneo LA STORIA

1 La svolta imperialista 2 Gli effetti economici della conquista 3 La questione agraria e i Gracchi EVA CANTARELLA RACCONTA Cornelia e il ruolo delle madri romane LA CULTURA

4 La cultura ellenica a Roma: conservatori e filelleni COLLEGAMENTI ARTE E ARCHEOLOGIA

L’arte della copia: le statue greche a Roma

T2 I pregi dell’agricoltura

150 150

EVA CANTARELLA RACCONTA Le donne in piazza contro la lex Oppia

ANTOLOGIA Catone 1 LE ORAZIONI T1 L’exordium della Pro Rhodiensibus (fr. 118 Sblendorio) L I 2 IL DE AGRI CULTURA

6 Padroni del Mediterraneo Presentazione

Roma contro Cartagine alla conquista di un impero HUB Maps

7 Un tradizionalista: Catone Presentazione

Catone il Censore

168

(De agri cultura, 79; 84-86) I

170

153 154

8 Un orizzonte nuovo: Terenzio 155 156 156 158

IO, TERENZIO di Giulio Guidorizzi

1 Lo schiavo venuto dall’Africa 2 Sei commedie soltanto 3 Un teatro nuovo 3.1 Delicatezza e indagine psicologica 3.2 L’attenzione ai rapporti tra generazioni 3.3 L’humanitas di Terenzio VITA QUOTIDIANA

Gli spettacoli nel Circo Massimo

7 Un tradizionalista: Catone 1 Un agricoltore in politica 2 Lo scrittore ‘civile’: oratoria e storiografia 3 L’educatore: le opere pedagogiche e i trattati tecnici

(De agri cultura, prefazione) L I

T3 Le ricette di Catone

160 161 163

166 166 166 168

172 174 177 177 177 178 180

4 Il «dimezzato Menandro» 182 4.1 La contaminatio dei modelli greci e le innovazioni drammaturgiche 182 4.2 La psicologia dei personaggi e il prologo ‘metaletterario’ 182 GENERI: MODELLI E SVILUPPI

La commedia dall’antichità a oggi 165

171

5 La lingua composita di un poeta raffinato 6 Terenzio nel tempo

184 186 187

DICONO DI TERENZIO 188 Biografia 188 Il giudizio degli antichi 189 Il giudizio dei moderni 190 Per fissare i concetti

192

HUB Library

Il padrone del podere e i suoi compiti (De agri cultura, 2) • I doveri della fattoressa (De agri cultura, 143) • I bei tempi andati (Carmen de moribus, fr. 2 Jordan) Bibliografia

8 Un orizzonte nuovo: Terenzio Video

Terenzio

XI


INDICE

ANTOLOGIA Terenzio

193

TESTO MODELLO T1 I tormenti del giovane Panfilo (Andria, vv. 236-263) L I

194

1 UNA COMMEDIA NUOVA NEI TEATRI DI ROMA

(Hècyra, vv. 1-57) I LESSICO - Il teatro 197

T3 Puro teatro di parola (Heautontimorùmenos, vv. 35-47) L I 201

T4 Personaggi nuovi: una cortigiana di buon cuore (Hècyra, vv. 816-821; 833-840) L I 203 T5 Le suocere, tutte uguali! (Hècyra, vv. 198-242) L I LESSICO - La famiglia 206

210

2 PADRI E FIGLI: LO SCONTRO GENERAZIONALE

213

T7 Le preoccupazioni di un padre (Andria, vv. 28-171) I 213

EVA CANTARELLA RACCONTA Un potere «sbalorditivo»: la patria potestas a Roma

(Heautontimorùmenos, vv. 53-168) I 219 T9 Le colpe dei padri… e quelle dei figli (Heautontimorùmenos, vv. 213-229) L 223 LABORATORIO DI EDUCAZIONE CIVICA

197

T2 Un successo che tarda ad arrivare

T6 Una scena ‘alla Plauto’ (Eunuchus, vv. 549-614) I

T8 Il pentimento di Menedemo e l’humanitas di Cremete

218

Famiglie di ieri e di oggi

225

T10 Voglio essere un padre, non un padrone (Adelphoe, vv. 26-77) I 226 T11 Una confessione dettata dall’affetto (Adelphoe, vv. 662-702) I 227 T12 Nuovo scontro fra i fratelli inconciliabili (Adelphoe, vv. 719-761) I 230 T13 L’amara conclusione di Dèmea (Adelphoe, vv. 984-995) L I 233

Per ripassare Per verificare conoscenze e competenze

235 236

Per prepararsi all’Esame di Stato Il testo argomentativo I prologhi di Terenzio (D. Nardo) La traduzione La contaminatio (Andria, vv. 1-27) Il colloquio interdisciplinare Dall’humanitas di Terenzio all’Umanesimo

237 237 238

239

CONTENUTI DIGITALI INTEGRATIVI Presentazioni

Terenzio, vita e opere • Terenzio, la nuova morale • La commedia HUB Library

Personaggi nuovi: il parassita intellettuale (Eunuchus, vv. 232-264) • Le idee progressiste del vecchio Micione (Adelphoe, vv. 26-77) • Padre naturale e padre adottivo: due opposte visioni (Adelphoe, vv. 82-154) • La morale di Micione (Adelphoe, vv. 792-835) • C’è bisogno di amore anche per Dèmea (Adelphoe, vv. 866-881) • La trasformazione di Dèmea (Adelphoe, vv. 958-997) • Un padre autoritario... e un servo confuso (Andria, vv. 184-227) • Un tema chiave: il conflitto tra padre e figlio (Andria, vv. 236-300) • Un figlio in ansia (Andria, vv. 252-264) • Davo, un servo poco callidus! (Andria,

XII

vv. 642-683) • Uno scioglimento imprevisto (ma non troppo) (Andria, vv. 904-956) • Il dialogo, momento centrale della commedia terenziana (Heautontimorùmenos, vv. 22-47) • I pregiudizi dei mariti (Hècyra, vv. 274-280) • Humanitas e pregiudizio (Hecyra, vv. 198-242) • La solitudine di Panfilo (Hecyra, vv. 361414) • Dignità e umanità nella figura di Sostrata (Hècyra, vv. 577-606) Immagine interattiva

Gli spettacoli nel Circo Massimo Bacheca

Dall’humanitas di Terenzio all’Umanesimo Bibliografia – Mappa – Sintesi audio – HUB Test


9 La satira e il teatro

10 Da Mario e Silla a Giulio Cesare

1 Due generi a confronto 242 2 Un genere romano: la satira 243 2.1 Lucilio 243 2.2 Le Saturae 243 3 Commedia e tragedia perdute 246 3.1 La commedia: Cecilio Stazio 246 3.2 La tragedia: Pacuvio 246 3.3 La tragedia: Accio 248

ANTOLOGIA La satira e il teatro 1 LUCILIO T1 Che cos’è la virtus?

250 250

(vv. 1342-1354 Krenkel) L I

250

T2 L’imbroglio trionfa a Roma (vv. 1252-1258 Krenkel) L I

251

2 CECILIO STAZIO 252 T3 Dal Plocium: un confronto con Menandro (vv. 142-157; 158-162 Ribbeck) I 252 3 PACUVIO 254 T4 Dall’Iliona: «Madre, non mi lasciare insepolto!» (vv. 197-203 Ribbeck) I 254 T5 Dai Niptra: la lavanda dei piedi (vv. 244-246 Ribbeck) L I 254 4 ACCIO 255 T6 Dal Telephus: un eroe orgoglioso, caduto in miseria (vv. 614-620 Ribbeck) I 255 Per ripassare

256

LA STORIA

1 Mario e Silla: la prima guerra civile

258

2 Una nuova stella: Pompeo

261

3 Giulio Cesare

262

LA CULTURA

264

4 Una società in crisi 4.1 La crisi dei valori tradizionali 4.2 Le risposte ai problemi dell’esistenza

264 264 264

5 Una letteratura rinnovata 5.1 Le filosofie greche a Roma

266 266

COLLEGAMENTI ARTE E ARCHEOLOGIA Il ritratto a Roma: un simbolo sociale e politico 268

11 La letteratura tra II e I secolo a.C. 1 Il teatro 1.1 L’atellana letteraria 1.2 Il mimo 1.3 Il decadimento dei generi tradizionali: la tragedia e la commedia 2 La lirica 3 La prosa: oratoria e retorica 3.1 L’oratoria al servizio della politica 3.2 La Rhetorica ad Herennium

270 270 270 271 271 273 273 273

4 La prosa: la storiografia

275

5 La prosa: gli scritti tecnici

275

9 La satira e il teatro

10 Da Mario e Silla a Giulio Cesare

Presentazione

Presentazione

HUB Library

HUB Maps

Lucilio: Che cos’è la virtù (Satire, vv. 1326-1338) • Essere è avere (Satire, v. 1120 Marx = 1154 Terzaghi - I. Mariotti) • Contro la superstizione (Satire, vv. 484-488 Marx) • Pacuvio: L’ombra di Deifilo compare alla madre (Iliona, vv. 197-201 Ribbeck) • Una tempesta improvvisa (Teucer, vv. 409-416 Ribbeck) • Accio, Il sogno premonitore di Tarquinio (Praetextae, vv. 17-28; 29-38 Ribbeck)

Bibliografia

Lucilio e la satira

258

La crisi della repubblica

11 La letteratura tra II e I secolo a.C. Bibliografia

Bibliografia Sintesi audio

XIII


INDICE

12 La felicità del sapiente: Lucrezio IO, LUCREZIO di Giulio Guidorizzi

277

1 Una figura misteriosa 278 2 Un poeta filosofo: il De rerum natura 280 2.1 Lo scopo dell’opera e la scelta della forma poetica 280 2.2 La struttura e i contenuti 281 GENERI: MODELLI E SVILUPPI La poesia didascalica dall’antichità all’età moderna

282

COLLEGAMENTI ALTRE LETTERATURE

Epidemie e fine della civiltà: da Lucrezio al cinema post-apocalittico 2.3 La polemica contro la religione e la figura di Epicuro

3 Modelli, lingua e stile 3.1 I modelli di Lucrezio 3.2 La lingua di Lucrezio

286 287 289 289 289

1 DE RERUM NATURA I-II: LA FISICA T2 L’inizio del poema: l’inno a Venere

300

(De rerum natura I, vv. 1-43) L LESSICO - Pulsioni e volontà 300

T3 Epicuro, il nuovo eroe (De rerum natura I, vv. 62-79) L 305

T4 Gli orrori della superstizione: il sacrificio di Ifigenia (De rerum natura I, vv. 80-101) L 307 T5 Nulla si crea dal nulla e nulla si distrugge (De rerum natura I, vv. 149-173; 215-237) I 311 T6 L’epicureismo: una medicina addolcita dalla poesia (De rerum natura I, vv. 921-950) L I LESSICO - Buio e luce 313 T7 La felicità del saggio (De rerum natura II, vv. 1-62) I 316 T8 Il clinamen (De rerum natura II, vv. 216-224; 251-293) I 319 COLLEGAMENTI SCIENZE

4 Fama e oblio di un autore controverso 291

L’atomismo: da Democrito al progetto ITER 322

DICONO DI LUCREZIO 292 Biografia 292 Il giudizio degli antichi 292 Il giudizio dei moderni 295

2 DE RERUM NATURA III-IV: L’ANTROPOLOGIA (IL MICROCOSMO UOMO) 324 T9 La morte non è nulla (De rerum natura III, vv. 830-851) I 324 T10 Il discorso della Natura (De rerum natura III, vv. 931-971) I 327 T11 Morte e oltretomba

Per fissare i concetti

296

ANTOLOGIA Lucrezio

297

TESTO MODELLO T1 La povertà della lingua latina non scoraggia

Lucrezio (De rerum natura I, vv. 136-145) L I 298

(De rerum natura III, vv. 978-1023) L LESSICO - Personaggi dell’aldilà

329

T12 L’amore, passione pericolosa (De rerum natura IV, vv. 1052-1120) I 333

CONTENUTI DIGITALI INTEGRATIVI 12 La felicità del sapiente: Lucrezio Video

Lucrezio • De rerum natura • Lettura metrica (L’inno a Epicuro) • Lettura metrica (Gli errori della religio: il sacrificio di Ifigenia) • Lettura metrica (L’amore: furor e desiderio insaziabile) Presentazioni Lucrezio • De rerum natura • Il poema didascalico HUB Library

De rerum natura: Il compito di Lucrezio: fugare le paure di Memmio (I, vv. 102-145) • Gli atomi e le lettere dell’alfabeto: il poema come microcosmo (I, vv. 803-829) •

XIV

L’universo infinito (De rerum natura I, vv. 951-997) • Gli atomi in movimento perpetuo: il pulviscolo contro la luce (II, vv. 112-124) • Perché non bisogna temere la morte (III, vv. 425-444) • «Niente è per noi la morte» (III, vv. 830-842) • Tutti gli uomini vanno incontro alla morte (De rerum natura III, vv. 1024-1075) • Il proemio al mezzo (De rerum natura IV, vv. 1-25) • Colori e immagini di vita quotidiana (De rerum natura IV, vv. 72-97) • L’eco (De rerum natura IV, vv. 568-594) • Le impossibili creature del mito: i Centauri, Scilla, la Chimera (V, vv. 878-924) • L’origine del linguaggio (V, vv. 1028-1033; 1056-1090) • L’origine della religione (V, vv. 1161-1240) • Gli animali in battaglia (V, vv. 12971349) • L’invenzione della musica (V, vv. 1379-1411)


T13 L’amore è cieco (De rerum natura IV, vv. 1141-1170) I 336

3 DE RERUM NATURA V-VI: LA COSMOLOGIA (L’ORIGINE E LA FINE DEL MONDO) 338 T14 Un mondo inospitale (De rerum natura V, vv. 195-234) L I 338 T15 La storia dell’uomo: l’umanità primitiva (De rerum natura V, vv. 925-1010) I 342 T16 La storia dell’uomo: l’accidentata via verso la civiltà (De rerum natura V, vv. 1105-1160) I 345 T17 La peste di Atene (De rerum natura VI, vv. 1230-1286) L 347 LABORATORIO DI EDUCAZIONE CIVICA

È possibile prevenire le pandemie?

352

Per ripassare Per verificare conoscenze e competenze

353 354

Per prepararsi all’Esame di Stato 355 Il testo argomentativo Non bisogna temere la morte (S. Greenblatt) 355 La traduzione Un altro elogio di Epicuro (De rerum natura III, vv. 1-24) 356 Il colloquio interdisciplinare Dalla peste di Atene alle pandemie odierne 357

1.2 Gli autori perduti

361

2 Tra poesia, amore e amicizia: Catullo 2.1 Un provinciale a Roma 2.2 La storia d’amore con Lesbia 2.3 Il liber di Catullo: la struttura 2.4 Il liber di Catullo: i modelli

363 363 364 366 367

GENERI: MODELLI E SVILUPPI

La lirica e l’epigramma 368 2.5 Una lingua poetica nuova e uno stile variegato 370 2.6 Non solo nugae: i carmina docta 371 EVA CANTARELLA RACCONTA Clodia oltre gli stereotipi 2.7 La fortuna alterna di un grande poeta

373 374

DICONO DI CATULLO 375 Biografia 375 Il giudizio degli antichi 375 Il giudizio dei moderni 377 Per fissare i concetti

378

ANTOLOGIA Catullo

379

TESTO MODELLO T1 Lesbia, amata come nessuna sarà mai (Carmina, 8) L I

380

359

1 LA POETICA 383 T2 La dedica (Carmina, 1) L 383 T3 Amicizia e poesia (Carmina, 50) L I 385

1 I poetae novi: nuovi intellettuali a Roma 360 1.1 I neòteroi 360

T4 Il manifesto della poetica catulliana (Carmina, 95) L 387

13 Catullo e i poetae novi IO, CATULLO di Giulio Guidorizzi

Bacheca

Dalla peste di Atene alle pandemie odierne Bibliografia – Mappa – Sintesi audio HUB Test

13 Catullo e i poetae novi Video

Catullo • Liber • Lettura metrica (Ritrovare un amico: bentornato, Veranio!) • Lettura metrica (Sulla tomba del fratello) • Lettura metrica (Una passione sconvolgente)

Presentazioni

Catullo: la vita e le opere   Catullo: l’amore con Lesbia   Catullo: l’amicizia e gli affetti familiari   La poesia lirica HUB Maps HUB Library

Carmina: Il dono di Calvo per i Saturnali (14) • A Cecilio, poeta d’amore (35) • Le discutibili abitudini di Egnazio (39) • Redde codicillos (42) • Nostalgia (46) • Cicerone e Catullo (49) • Quando la pietas non era sdegnata (64, vv. 382-408) • La morte e il poeta senza poesia

XV


INDICE

2 TEMPI PRESENTI T5 Gioia per il ritorno di un amico (Carmina, 9) L T6 Un singolare invito a cena (Carmina, 13) L I T7 Ritratto impietoso (Carmina, 43) L I T8 Baci non solo per Lesbia… (Carmina, 48) I

388 388 389 390 391

LABORATORIO DI EDUCAZIONE CIVICA

Identità ed espressioni di genere

391

EVA CANTARELLA RACCONTA «Giovenzio mio di miele»: la bisessualità in Catullo

392

T9 Ritratto di un parvenu (Carmina, 84) I

393

3 MEMORIE DI FAMIGLIA 394 T10 Sirmione (Carmina, 31) L I 394 T11 Sulla tomba del fratello (Carmina, 101) L 396 COLLEGAMENTI LETTERATURA ITALIANA

T18 Quanto è difficile rinunciare a un amore! (Carmina, 92) I 413 T19 Amore e odio (Carmina, 85) L I 413 T20 La fine dell’amore (Carmina, 11) L

414

5 I CARMINA DOCTA T21 Il lamento di Arianna, sedotta e abbandonata (Carmina, 64, vv. 124-264) I

416

416

Per ripassare Per verificare conoscenze e competenze

421 422

Per prepararsi all’Esame di Stato Il testo argomentativo Catullo e la politica (P. Fedeli) La traduzione La fine necessaria (Carmina 76, vv. 1-22) Il colloquio interdisciplinare L’amore come malattia da Catullo a Shakespeare

423 423 424

425

In morte del fratello Giovanni 398

14 Cicerone, specchio dei tempi

4 CATULLO E LESBIA: STORIA DI UN AMORE TORMENTATO 399

T12 L’inizio di un amore: come un dio… (Carmina, 51) L

399

COLLEGAMENTI ALTRE LETTERATURE

La malattia d’amore 402 T13 La morte del passero (Carmina, 3) L T14 Baci infiniti (Carmina, 5) L T15 Il calcolo dei baci (Carmina, 7) L I

EVA CANTARELLA RACCONTA Antropologia del bacio

404 406 408 410

T16 Promesse non mantenute (Carmina, 72) L 411 T17 Amare e bene velle (Carmina, 75) L I 412

IO, CICERONE di Giulio Guidorizzi

427 1 Vita di una star 428 1.1 Un uomo di azione e di cultura 428 1.2 Gli anni di Mario e Silla: la formazione e gli esordi 428 1.3 La fine della repubblica: i grandi processi, il consolato, l’appoggio di Pompeo 430 1.4 Da Cesare a Ottaviano: i lutti privati, le sconfitte politiche, la morte 432 2 Una produzione eclettica 433 3 Al centro della scena: il grande avvocato 434 3.1 Cicerone oratore 434 3.2 Le Verrine (70 a.C.) 434

CONTENUTI DIGITALI INTEGRATIVI 14 Cicerone, specchio dei tempi

(68, vv. 1-26) • L’amore, il ‘male oscuro’ di Catullo (76) • La bella tra le belle (86) Fedeltà di Catullo (87) • Né bianco né nero (93) • Affetti e morte ( 96) • Il patto d’amore (109)

Video

Bacheca

Presentazioni

L’amore come malattia da Catullo a Shakespeare

Cicerone • Pro Caelio

Bibliografia

Cicerone, vita e opere • Cicerone, le orazioni • Cicerone, le opere retoriche • Cicerone, i trattati filosofici • L’oratoria

Mappa

Immagine interattiva

Sintesi audio

Il palcoscenico dell’oratore: le curie e i rostri

HUB Test

HUB Maps

XVI


DIRITTO E ISTITUZIONI I processi a Roma 436

3.3 Le Catilinarie (63-62 a.C.) 3.4 Le Filippiche (44-43 a.C.) 3.5 Le altre orazioni

437 438 438

VITA QUOTIDIANA Il palcoscenico dell’oratore 440

EVA CANTARELLA RACCONTA Come punire un «mostro»: i parricidi e la pena del sacco

442

4 Lontano dal senato: le opere retoriche 443 4.1 La riflessione teorica sulla scienza della persuasione 443 4.2 Il De oratore 443 4.3 Il Brutus e l’Orator 445 GENERI: MODELLI E SVILUPPI L’oratoria 446

5 Ai margini della scena: il pensatore politico 448 5.1 Il De re publica e il De legibus 448 6 Ai margini della scena: il pensiero filosofico 450 6.1 La filosofia greca diventa latina 450 6.2 Alla ricerca della felicità: il De finibus e le Tusculanae disputationes 452 6.3 La trilogia teologica 453 6.4 Il bilancio di una vita: la vecchiaia, l’amicizia 454 6.5 Rifondare la classe dirigente: il De officiis 454 7 Dietro la maschera: gli epistolari 456 COLLEGAMENTI LETTERATURA ITALIANA

Fuori e dentro la scena politica: letterati e vita pubblica 458

8 Tra traduzione e autocelebrazione: Cicerone poeta 460 9 La lingua di Cicerone: vicino alla perfezione 460

HUB Library

Il ‘verro’ Verre (Verrine, 2, 1, 120-121) • L’incredibile storia di Diodoro da Malta (Verrine, 2, 4, 38-41) • Il furto della statua di Cerere a Catania (Verrine, 2, 4, 99-100) • La peroratio della prima Catilinaria, un capolavoro di retorica (Catilinarie, 1, 32-33) • Il dolore di Cicerone per l’esilio (De domo sua 96-98) • L’uccisione di Cesare e le presunte responsabilità di Cicerone (Filippiche, 2, 25-29) • Vizi privati e crimini pubblici di Antonio (Filippiche, 2, 47-50) • Cicerone e Antonio all’indomani della morte di Cesare (Filippiche 2, 88-91) • Antonio e Dolabella, i due uomini peggiori della storia (Filippiche, 11, 1-3) •

10 L’autore latino per eccellenza 462 DICONO DI CICERONE 463 Biografia 463 Il giudizio degli antichi 463 Il giudizio dei moderni 466 Per fissare i concetti

468

ANTOLOGIA Cicerone

469

TESTO MODELLO T1 Un difficile equilibrio tra vita pubblica

e studi privati (De oratore I, 1, 1-4) L I

470

1 IL GRANDE ORATORE 473 T2 Verre: un sacrilego! (Verrine II, 4, 74-75; 77) L 473 T3 Una crudeltà senza limiti (Verrine II, 5, 117-120) L 475 T4 La pazienza è finita, Catilina! (Catilinarie I, 1-3) L 479 T5 «Vattene Catilina!» (Catilinarie I, 10-13) L 482 T6 La prosopopea di Roma (Catilinarie I, 17-18; 27-29) I 484 T7 Ritratto di Catilina (Catilinarie II, 7-9) L I 486 T8 La poesia rende immortali (Pro Archia, 18-19; 30) L I

488

LABORATORIO DI EDUCAZIONE CIVICA

Lo ius culturae 490

T9 La scandalosa Clodia (Pro Caelio, 33-38) I 491 T10 Ritratto di Clodio (Pro Milone, 24-26) I 494 T11 Ritratto di Antonio (Filippiche II, 70-71) L 496

Un nuovo modello etico per i giovani (Pro Caelio, 39-42) • Perché a Milone non conveniva la morte di Clodio (Pro Milone, 34-35) • Il mostruoso funerale di Clodio (Pro Milone, 86-90) • L’anacronistica intransigenza di Catone (Pro Murena, 60-63) • Il potere della parola (De oratore, 1, 30-34) • Il princeps come governante ideale (De re publica, 2, 51) • Un sogno di Alessandro Magno (De divinatione, 2, 135) • L’honestum: significato e importanza di un principio (De officiis, 1, 11-14) • La lotta della ragione contro gli istinti (De officiis, 1, 101-103) • La generosità non si dimostra con le elargizioni (De officiis 2, 15, 52-53) • Raccomandazioni al figlio Marco

XVII


INDICE

EVA CANTARELLA RACCONTA No taxation without representation: l’avvocata Ortensia

498

2 LA TEORIA DELLA RETORICA 499 T12 Il perfetto oratore (De oratore I, 16-20) L 499 T13 La giovinezza di Marco Tullio, studente di eloquenza (Brutus, 309-310; 313-315) I 501 3 IL PENSIERO POLITICO 503 T14 Gli optimates secondo Cicerone (Pro Sestio, 96-98) I 503 T15 Dall’ordine al caos (De re publica I, 41-45) L I 505 T16 Vivere dopo la morte: un privilegio riservato ai patrioti (Somnium Scipionis, 13-16) L 508 T17 I doveri del politico (De officiis I, 25, 85-87) L 511 4 RIFONDARE L’ETICA 513 T18 Difesa della filosofia (De finibus bonorum et malorum I, 1-3) I 513 T19 La vita del saggio è sempre felice (Tusculanae disputationes V, 80-82) L I 515 T20 Utile e onesto coincidono (De officiis III, 35) L 517 5 IL BILANCIO DI UNA VITA 518 T21 Cicerone divulgatore della filosofia (De divinatione II, 6-7) L I 518 T22 Elogio dell’amicizia (De amicitia, 20-22) L LESSICO - L’amicizia 520 T23 La morte della figlia Tullia (Epistulae ad familiares IV, 6, 1-3) I 522 T24 La visita di un amico (Epistulae ad Atticum IV, 4a) I 524

T25 Riflessioni sulla vita umana (De senectute, 68-69) I

525

Per ripassare Per verificare conoscenze e competenze

526 527

Per prepararsi all’Esame di Stato Il testo argomentativo Cicerone, pilastro della cultura (P. Grimal) La traduzione L’esempio dei cittadini più influenti (De legibus III, 30-32) Il colloquio interdisciplinare Il saper parlare dall’antichità al Quattrocento

528 528

529

530

15 L’uomo che cambiò la storia: Cesare IO, CESARE di Giulio Guidorizzi

1 Un genio spregiudicato 1.1 La nascita e l’inizio della carriera 1.2 I giorni dell’ascesa politica 1.3 I giorni della gloria 1.4 La guerra civile 1.5 Gli ultimi anni: dalle vittorie alle Idi di Marzo EVA CANTARELLA RACCONTA Cesare e Servilia: storia di un amore

533 534 534 536 537 538 539 540

2 I Commentarii 541 2.1 I Commentarii de bello Gallico 541 2.2 I Commentarii de bello civili 543 3 Cesare scrittore 544 4 Lo stile di Cesare 546 5 Una figura leggendaria 547

CONTENUTI DIGITALI INTEGRATIVI (De officiis 3, 5-6) • Notizie dall’esilio (Ad familiares, 14, 1) • L’amicitia dei boni (Laelius de amicitia, 18-20) Bacheca

Il saper parlare dall’antichità al Quattrocento

15 L’uomo che cambiò la storia: Cesare Video

Cesare • De bello Gallico Presentazioni

Bibliografia

Cesare, vita e opere • De bello Gallico • De bello civili

Mappa

HUB Library

Sintesi audio HUB Test

XVIII

De bello Gallico: Gli Elvezi e il piano di Orgetorige (I, 2-3) • Dalla viva voce di Cesare (I, 12) • Arrivano i Germani! (I, 39) • L’attivismo di Cesare e l’abilità dei suoi soldati (II, 20) • Le città e la flotta dei Veneti (III, 12; 13, 1-8) • Il ponte


DICONO DI CESARE 548 Biografia 548 Il giudizio degli antichi 549 Il giudizio dei moderni 550 Per fissare i concetti

552

ANTOLOGIA Cesare

553

TESTO MODELLO T1 Gli Edui chiedono aiuto a Cesare (De bello Gallico I, 11) L I

554

1 DE BELLO GALLICO: LA GALLIA E I SUOI ABITANTI 557

T2 L’incipit (De bello Gallico I, 1) L LESSICO - Confine e territorio 557 T3 Galli e Germani (De bello Gallico I, 31) L I 560 T4 La leggerezza dei Galli (De bello Gallico IV, 5) L 563 T5 L’organizzazione politica dei Galli (De bello Gallico VI, 11) L 564 T6 I druidi (De bello Gallico VI, 13-14) I 565 T7 Gli dèi dei Galli (De bello Gallico VI, 17) L 567

2 DE BELLO GALLICO:

T12 Perché i Germani sono più forti dei Galli (De bello Gallico VI, 24) I 576

3 DE BELLO GALLICO: LA SFIDA FINALE 577 T13 Vercingetorìge (De bello Gallico VII, 4) I 577 T14 Il discorso di Critognato (De bello Gallico VII, 77) I 579 T15 Cesare scende in campo: la sconfitta dei Galli (De bello Gallico VII, 88) L 581 T16 La resa di Vercingetorìge (De bello Gallico VII, 89) L 583 4 DE BELLO CIVILI: VERSO LA GUERRA CIVILE 584 T17 La guerra civile: tutta colpa di Pompeo e dei nemici di Cesare! (De bello civili I, 3-4) I 584 T18 Cesare arringa i soldati (De bello civili I, 7) L LESSICO - Il diritto romano 586

T19 Il passaggio del Rubicone (De bello civili I, 8) L I 588 T20 La clemenza di Cesare (De bello civili I, 72) I 590 LABORATORIO DI EDUCAZIONE CIVICA

LA GERMANIA E I SUOI ABITANTI 568

T8 La disfatta di Ariovisto e la salvezza di Procillo e Mettio (De bello Gallico I, 52-53) I LESSICO - Guerra e fortuna 568 T9 Gli Svevi (De bello Gallico IV, 1) L 570 T10 Cesare vuole varcare il Reno (De bello Gallico IV, 16) L I T11 I costumi dei Germani (De bello Gallico VI, 21-23) I

572 574

sul Reno (IV, 17-19) • La prima campagna in Britannia (IV, 20) • Lo sbarco in Britannia (IV, 24-26) • Ribellione e morte di Dumnorige (V, 6-7) • I costumi dei Britanni (V, 12; 14) • Una sfida di valore tra due centurioni (V, 44) • Lo stratagemma di Labieno (VI, 8) • Cesare rafforza la posizione degli Edui (VI, 12) • Il sistema sociale dei Germani (VI, 21-23) • La battaglia di Gergovia (VII, 50) • La fine della guerra in Gallia (VII, 89-90) • De bello civili: Cesare parla al senato (I, 32) • Virtus e fortuna: Cesare incoraggia i soldati (III, 73) • Cesare giudica Pompeo (III, 96)

La risoluzione dei conflitti

590

T21 Farsalo 9 agosto 48 a.C.: che lo scontro 591 abbia inizio! (De bello civili III, 90) L I T22 L’eroismo del centurione Crastino (De bello civili III, 91; 99, 1-3) L 592 T23 Disfatta e fuga di Pompeo (De bello civili III, 94-96) I 594 T24 La morte di Pompeo (De bello civili III, 104) L 596

Bacheca

Il potere della fortuna Bibliografia Mappa Sintesi audio HUB Test

XIX


INDICE

Per ripassare Per verificare conoscenze e competenze

598 599

Per prepararsi all’Esame di Stato 600 Il testo argomentativo Come uscire da una guerra civile (L. Canfora) 600 La traduzione Il valore di due centurioni (De bello Gallico V, 44) 601 Il colloquio interdisciplinare Il potere della fortuna 602

16 Sallustio, figlio dei tempi IO, SALLUSTIO di Giulio Guidorizzi

605

1 Un uomo inaffondabile 606 2 Lo storico del declino repubblicano 608 3 De Catilinae coniuratione, «La congiura di Catilina» 610 4 Bellum Iugurthinum, «La guerra giugurtina» 614 5 Le altre opere di Sallustio 617 6 Lo stile di Sallustio 617 7 La fortuna di Sallustio 619 Per fissare i concetti

ANTOLOGIA Sallustio

620

621

TESTO MODELLO T1 L’origine di tutti i mali: avaritia e ambitio (De Catilinae coniuratione, 10) L I

T2 L’incipit filosofico (De Catilinae coniuratione, 1) L T3 Coppie antitetiche: guerra e politica (De Catilinae coniuratione, 2) I

2 DE CATILINAE CONIURATIONE: RITRATTI, EXCURSUS, DISCORSI 628 T4 Catilina (De Catilinae coniuratione, 5) L LESSICO - Vizi e virtù 628 T5 Il discorso di Catilina ai suoi seguaci (De Catilinae coniuratione, 20) I 631 T6 Donne e congiura: Fulvia e Sempronia (De Catilinae coniuratione, 23; 25) I 633 T7 Un male virulento (De Catilinae coniuratione, 36, 4-5) L I 635 DIRITTO E ISTITUZIONI

Res publica: lo Stato patrimonio di tutti 636 T8 Cesare in senato (De Catilinae coniuratione, 51, 1; 9, 24; 37-43) I 638 LABORATORIO DI EDUCAZIONE CIVICA

La pena di morte (De Catilinae coniuratione, 52) I

T10 Confronto tra Cesare e Catone (De Catilinae coniuratione, 54) L T11 Morte di Catilina, eroe ‘nero’ (De Catilinae coniuratione, 61) L

Presentazioni

Sallustio, vita e opere • De Catilinae coniuratione • Bellum Iugurthinum HUB Library

De Catilinae coniuratione: L’arte dello storico (3) • L’origine di tutti i mali (10) • I complici (14) • La lettera di Manlio: l’esasperazione dei debitori (32,

XX

641 644 646

T12 Giugurta (Bellum Iugurthinum, 6-7) L

648 648

T13 A Roma tutto è in vendita! (Bellum Iugurthinum, 8) L

652

CONTENUTI DIGITALI INTEGRATIVI

Sallustio • De Catilinae coniuratione

640

T9 Catone in senato

VIOLENZA E CORRUZIONE

622

IL PROEMIO E I PRESUPPOSTI TEORICI 625

16 Sallustio, figlio dei tempi

627

3 BELLUM IUGURTHINUM:

1 DE CATILINAE CONIURATIONE:

Video

625

3-33) • Bellum Iugurthinum: Virtù e fortuna (1) • Gli antefatti (5) • Giugurta contro Aderbale (20) • Il discorso del tribuno Memmio (31, 1-6; 9-19) • Una teichoscopia africana: l’assedio a Zama (60) • Mario contro Metello (64) • Un excursus etnografico: i due Fileni coraggiosi (79) • Un ritratto: luci e ombre di Silla (95, 3-4) Bacheca

Il pericolo della rivoluzione Bibliografia


T14 Le origini del male: la fine del metus hostilis (Bellum Iugurthinum, 41) L T15 Ritratto di Mario (Bellum Iugurthinum, 63) L I T16 Fierezza di Mario: un homo novus arriva al consolato (Bellum Iugurthinum, 85, 1-16; 26-30) I

4 HISTORIAE T17 I Romani visti dai nemici (Historiae IV, fr. 69) I

654 656

659 661 661

Per ripassare Per verificare conoscenze e competenze

664 665

Per prepararsi all’Esame di Stato Il testo argomentativo Sallustio e la scelta della storiografia (R. Syme) La traduzione Gli antefatti (Bellum Iugurthinum, 5) Il colloquio interdisciplinare Il pericolo della rivoluzione

666

666 667 668

17 Erudizione e biografia 1 Filologia e antiquaria a Roma

670

2 Marco Terenzio Varrone 2.1 Il De re rustica 2.2 Le opere antiquarie 2.3 Gli interessi linguistici, filologici ed enciclopedici 2.4 Le opere morali

671 672 672

3 Cornelio Nepote

673 675 676

VERSIONARIO CICERONE 679 1 CICERONE UOMO E ORATORE 679 T1 Cicerone difende il poeta Archia, maestro e amico (Pro Archia, 1) 679 T2 La funzione degli studi letterari secondo Cicerone (Pro Archia, 12) 680 T3 La strategia di Cicerone contro Catilina (Catilinarie I, 12, 30) 680 T4 Cicerone rivendica in senato i propri meriti (Catilinarie IV, 10, 20-21) 681 2 CICERONE CONTRO IL MOSTRO: LE VERRINE 682 T5 I furti di Verre (Verrine II, 4, 1-2) 682 T6 I sacrilegi di Verre (I) (Verrine II, 4, 94) 682 T7 I sacrilegi di Verre (II) (Verrine II, 4, 95) 683 T8 Il ‘mostruoso’ ritratto di Verre (Verrine II, 5, 145-146) 684 3 CICERONE NELL’AGONE POLITICO: CONTRO CATILINA 685 T9 La prosopopea di Roma si rivolge a Catilina (Catilinarie I, 7, 17-18) 685 T10 Catilina fonte di corruzione (Catilinarie I, 10, 25-26) 685 T11 La malattia dello Stato (Catilinarie I, 13, 31) 686 T12 La peroratio finale contro Catilina (Catilinarie IV, 11, 23-24) 686 4 CICERONE NELL’AGONE POLITICO: IN DIFESA DI CELIO 687

Mappa

17 Erudizione e biografia

Sintesi audio

HUB Library

HUB Test

Marco Terenzio Varrone, La ricchezza può quasi tutto (Saturae Menippeae, fr. 36 Buecheler) • Cornelio Nepote, De viris illustribus: Il giuramento di Annibale (Annibale, 1-2) • Timoleonte, eroe della libertà (Timoleonte, 2,2-5,3)

XXI


INDICE

T13 La tolleranza nei confronti dei giovani (Pro Caelio, 28-29)

T31 L’inizio dell’assedio di Alesia (II) (De bello Gallico VII, 69)

700

688

T32 Resistenza e sconfitta dei Galli (I) (De bello Gallico VII, 83)

701

688

T33 Resistenza e sconfitta dei Galli (II) (De bello Gallico VII, 84)

701

CICERONE AVVOCATO E POLITICO 689

T34 Resistenza e sconfitta dei Galli (III) (De bello Gallico VII, 85)

702

T35 Le manovre di Labieno (De bello Gallico VII, 86-87)

703

T14 Clodia, la vera artefice (Pro Caelio, 32) T15 L’innocenza ‘indiretta’ di Celio (Pro Caelio, 48-49)

687

5 IL PROCESSO A ROMA: T16 La citazione delle prove durante un processo (Pro Archia, 7-8)

689

T17 Il governo degli optimates (I) (Pro Sestio, 96-97)

690

4 DE BELLO CIVILI: VERSO LA GUERRA CIVILE

704

691

T36 L’incipit dell’opera (De bello civili I, 1)

704

692

T37 Le poche voci in difesa di Cesare (De bello civili I, 2)

704

T19 Cicerone propone l’assoluzione di Milone (Pro Milone, 79-80) 692

T38 Una situazione politica stravolta (De bello civili I, 6)

705

T20 La peroratio finale della Pro Milone (Pro Milone, 103-105 passim)

T39 L’ultimo tentativo di conciliazione di Cesare (De bello civili I, 9)

706

T40 Il fallimento delle trattative (De bello civili I, 10-11)

707

T18 Il governo degli optimates (II) (Pro Sestio, 98-99)

6 CICERONE MAESTRO DELLA PERSUASIONE

693

T21 Un monumento per i caduti di Modena (Philippicae, 14, 34) 693

5 DE BELLO CIVILI:

CESARE 694 1 DE BELLO GALLICO: CESARE IN AZIONE 694 T22 Cesare contro gli Elvezi (I) (De bello Gallico I, 25) 694 T23 Cesare contro gli Elvezi (II) (De bello Gallico I, 26) 695 2 DE BELLO GALLICO: BARBARIE, ETNOGRAFIA E FANTASIA 696

T24 Etnografia gallica: i sacrifici umani (De bello Gallico VI, 16)

696

T25 Calendario e usi dei Galli (De bello Gallico VI, 18)

697

T26 Vita in famiglia (De bello Gallico VI, 19)

697

T27 La selva Ercinia (De bello Gallico VI, 25)

698

T28 Ai limiti del mondo: i Britanni (De bello Gallico V, 13)

698

3 DE BELLO GALLICO: LA CONCLUSIONE T29 La grande ribellione gallica (De bello Gallico VII, 1) T30 L’inizio dell’assedio di Alesia (I) (De bello Gallico VII, 68)

XXII

699 699 700

LA CONCLUSIONE DELLA GUERRA

708

T41 La fuga di Pompeo (I) (De bello civili III, 102, 1-4)

708

T42 La fuga di Pompeo (II) (De bello civili III, 102, 5-8)

709

T43 Pompeo in Egitto: un suicidio politico (De bello civili III, 103)

709

T44 L’arrivo di Cesare in Egitto (I) (De bello civili III, 105)

710

T45 L’arrivo di Cesare in Egitto (II) (De bello civili III, 106)

710

6 CESARE GENIALE IMPERATOR, MA ANCHE ABILE ORATORE 711 T46 Cesare rincuora i soldati (I) (De bello Gallico I, 40, 1-6) 711 T47 Cesare rincuora i soldati (II) (De bello Gallico I, 41) 712 7 CESARE E I SUOI SOLDATI 713 T48 Disciplina e forza d’animo dei soldati di Cesare (De bello civili III, 47, 3-6; 48, 1) 713 T49 Esempio di coraggio di un aquilifero (De bello civili III, 64) 714


T50 Cesare rimprovera i propri soldati (De bello Gallico VII, 52)

4 DE CATILINAE CONIURATIONE: 715

8 CESARE E I SUOI NEMICI 716 T51 Libone, un avversario (troppo) sicuro di sé (De bello civili III, 23) 716 T52 Disprezzo di Cesare per i comandanti pompeiani (De bello civili III, 83) 717 9 UN IMITATORE DI CESARE: L’AUTORE DEL BELLUM HISPANIENSE 718

T53 Cesare si prepara ad assediare la città di Cordova (Bellum Hispaniense, 5)

SALLUSTIO

718 719

1 SALLUSTIO E LA VISIONE MORALISTICA DELLA STORIA 719 T54 La superiorità dei Romani sui Greci (De Catilinae coniuratione, 8) 719 T55 La corruzione del presente (De Catilinae coniuratione, 12) 720 T56 La corruzione a Roma e in Africa (Bellum Iugurthinum, 32, 2-5; 33, 1-2) 721 2 DE CATILINAE CONIURATIONE: I PREPARATIVI DELLA CONGIURA

722

T57 La moralità degli antichi Romani (De Catilinae coniuratione, 9)

722

T58 Primi passi di un congiurato (De Catilinae coniuratione, 15)

722

T59 Le promesse di Catilina (De Catilinae coniuratione, 21)

723

T60 Il giuramento dei congiurati (De Catilinae coniuratione, 22)

723

T61 Catilina cerca la complicità degli Allobrogi (I) (De Catilinae coniuratione, 40, 1-3) 724 T62 Catilina cerca la complicità degli Allobrogi (II) (De Catilinae coniuratione, 40, 4-6) 724

3 CATILINA E I SUOI COMPLICI: RITRATTI CON LUCI E OMBRE 725

T63 Catilina e i congiurati (De Catilinae coniuratione, 16)

725

T64 Un alleato occulto dei congiurati: la plebe (De Catilinae coniuratione, 37, 1-8) 726 T65 Il coraggio di Catilina (De Catilinae coniuratione, 60)

727

CICERONE E LA REPRESSIONE DELLA CONGIURA 728

T66 L’attentato contro Cicerone (De Catilinae coniuratione, 27, 2 - 28, 3)

728

T67 Cicerone denuncia la congiura in senato (De Catilinae coniuratione, 29)

728

T68 La reazione di Catilina alle accuse di Cicerone (De Catilinae coniuratione, 31, 4-9)

729

T69 La fuga di Catilina da Roma (De Catilinae coniuratione, 32, 1-2)

730

T70 Il piano dei catilinari contro Cicerone (De Catilinae coniuratione, 43)

730

T71 La sorte dei congiurati (De Catilinae coniuratione, 55)

731

5 BELLUM IUGURTHINUM: LE RAGIONI DEL FARE STORIA

732

T72 Le premesse morali dell’opera (I) (Bellum Iugurthinum, 2)

732

T73 Le premesse morali dell’opera (II) (Bellum Iugurthinum, 3)

732

T74 Il valore dell’impegno storiografico (I) (Bellum Iugurthinum, 4, 1-5)

733

T75 Il valore dell’impegno storiografico (II) (Bellum Iugurthinum, 4, 6-9)

734

T76 I soprusi della nobilitas: l’opposizione ai Gracchi (Bellum Iugurthinum, 42)

735

6 BELLUM IUGURTHINUM: LA FIGURA DI MARIO 736 T77 Mario contro la nobilitas (Bellum Iugurthinum, 84, 1-4) 736 T78 Mario attua la riforma dell’esercito (Bellum Iugurthinum, 86, 1-5 - 87, 1-2) 737 7 I DISCORSI NELLA STORIOGRAFIA DI SALLUSTIO 738 T79 Discorso del console Lepido al popolo (Historiae, 1, 55, 1-3) 738 T80 Discorso di Mario all’assemblea del popolo (Bellum Iugurthinum, 85, 29-34) 739 Dizionario di retorica e stilistica

740

Indice dei nomi

747

XXIII



IO, CATULLO

I

di Giulio Guidorizzi

l luogo più bello per me, quello in cui mi sento davvero felice, è la mia villa di famiglia sul lago di Garda, con i monti in lontananza e quella grande distesa di acqua su cui la casa si affaccia in un paesaggio dolcissimo, tra viti e ulivi. Lì sono cresciuto assieme al mio caro fratello: quando morì, così giovane, mi si spezzò il cuore. Morì lontano, in Troade; quando viaggiai in quei luoghi andai a trovare la sua tomba, e le lacrime mi colavano. La mia vita era la poesia: quella nuova, della mia generazione. I neòteroi, «i nuovissimi» ci chiamavano i tradizionalisti con scherno. Sì, ci ispiravamo alla poesia dei Greci e ci inventammo un latino molto più raffinato e levigato, non il latinaccio dei bacucchi. Ma, come un pezzo di metallo è attirato da una calamita, io fui attirato da Roma, che era davvero il centro del mondo; e un provinciale come me, anche se di ottima famiglia, non poteva non restarne stordito e affascinato. Era come un crogiuolo; prendeva e mescolava tutto; era una società aperta in cui nessuno ti respingeva. Conobbi i grandi uomini dell’epoca, avevo amici e protettori di altissimo livello, ma preferivo non farmi risucchiare da questo giro. Seguii il mio amico Memmio in missioni politiche in Asia: ma quando rivedevo la mia villa a Sirmione niente mi pareva tanto bello. Comunque, anche se a Roma avevo molti amici, il centro della mia vita diventò una donna. Si chiamava Clodia,

ed era la sorella del tribuno Clodio alleato di Cesare e nemico di Cicerone e degli aristocratici, il quale fece una brutta fine, assassinato per strada. Allora risse e assassinii tra avversari politici erano la regola, ma io da queste cose mi tenni sempre lontano. Quando incontrai Clodia, ed ero un giovane provinciale famoso per le sue poesie, lei mi gettò uno sguardo tra la folla dei suoi ammiratori, e da quel momento non potei più fare a meno di lei. Era una donna colta, e avere al suo fianco un giovane poeta, il più famoso del tempo – e bello! –, la affascinava. Sono sicuro che i miei versi la emozionavano, e lei m’ispirava le passioni più forti. Per me però tutta Roma era poetica, con il suo mondo vario di gaudenti e imbroglioni e parassiti, con molti amici raffinati e colti con cui passavo le nottate sino a vedere l’alba indorare quel panorama unico. Sì. Era una dolce vita; se non ci fosse stata lei, Clodia, a rendermela dolceamara; cominciai a scrivere poesie per lei, un vero canzoniere. La chiamai Lesbia, per non comprometterla, certo, ma anche per ricordare la grande poetessa di Lesbo, Saffo, di cui conoscevo a memoria ogni verso. Fu una tempesta: non potevo vivere senza di lei, la sognavo di notte, ero follemente geloso di tutti, l’avrei voluta solo per me. Sognavo di darle mille baci in pubblico davanti a tutto il senato scandalizzato: perché Clodia aveva un marito, ma era molto libera, come del resto lui. Non era più il tempo delle matrone caste, chiuse in casa a filare la lana e a fare figli. Le donne dell’alta aristocrazia erano ricche, libere, colte, potevano divorziare, e anche avere amanti, pur di rispettare certe forme pubbliche. Così lei mi amava, forse, ma si stupiva della mia gelosia, e magari si divertiva anche a stuzzicarmi. Forse la incuriosivo soltanto. Non mi fu mai fedele, mentre io spasimavo per lei. Alla fine si annoiò del giovane poeta e mi lasciò. Io da allora non ebbi pace. Solo la mia bella villa sul lago mi dava qualche conforto.


13 CATULLO

E I POETAE NOVI

1 I poetae novi: nuovi intellettuali a Roma 1.1 I neòteroi Un nuovo linguaggio lirico

Nel I secolo a.C., a Roma, un gruppo di poeti diede vita a una nuova forma di linguaggio lirico e, più in generale, di cultura letteraria. Cicerone, che non li apprezzava ed era poco più anziano di loro, li definisce ironicamente poetae novi («i nuovi poeti», Orator, 161) oppure con l’equivalente espressione greca neòteroi (Epistulae ad Atticum VII, 2, 1). Tra di loro, Catullo (» p. 363) sembra essere la personalità di spicco.

La provenienza dalla Gallia Cisalpina

Chi erano questi poeti? A parte Catullo, di loro restano solo i nomi e alcuni brevi frammenti. La maggior parte, Catullo compreso, era nata nella Gallia Cisalpina; questo ‘vento del Nord’ che soffia sulla poesia latina dell’epoca si spiega con l’ormai compiuta romanizzazione dell’Italia settentrionale, dove fiorivano città ricche e dinamiche e dove le classi dirigenti locali non erano soffocate dalla vicinanza con la tradizionalista aristocrazia senatoria romana.

Espressione di un’arte raffinata

Quasi tutti i poetae novi nacquero nei primi anni del I secolo a.C. e molti fecero in tempo a vedere la fine della repubblica e perfino l’inizio dell’impero di Augusto. I neòteroi erano in genere di elevata condizione sociale e cultori di arte e del buon vivere: a questo proposito, si è evocato suggestivamente il parallelo con i dandies dell’Inghilterra di fine Ottocento e con il loro modello, il più grande scrittore del tempo, Oscar Wilde. La poesia neoterica, come mostra perfettamente l’opera di Catullo, è dunque l’espressione di un gusto raffinato: non si rivolge al grande pubblico (come faceva il teatro), ma a circoli ristretti di persone colte.

La rottura con la tradizione

Gli aristocratici di quest’epoca sono bilingui, conoscono perfettamente il greco, leggono le opere dei poeti ellenici e non di rado li imitano; spesso sono collezionisti d’arte greca. Anche chi non è un poeta di professione si diletta a scrivere versi, attività che rappresenta ormai

IL TEMPO

GLI EVENTI STORICI LA VITA DI CATULLO

360

Inizio dello scontro tra Mario e Silla

Congiura di Catilina

Arrivo di Cesare in Gallia

Spedizione di Cesare in Britannia

88 a.C.

63 a.C.

58 a.C.

55-54 a.C.

84 a.C.

63-57 a.C.

57 a.C.

54 a.C.

Nasce

Risiede a Roma

Viaggia in Bitinia

Muore


1 I poetae novi: nuovi intellettuali a Roma

un preciso tratto di distinzione sociale. Si forma dunque a Roma una classe dirigente che, all’impegno politico nella res publica, unisce un altissimo livello di cultura. La vita semplice del mos maiorum, che tanto piaceva a Catone e nella quale i tradizionalisti vedevano il vero nerbo della forza di Roma, era considerata dalle nuove generazioni una veneranda espressione del passato. Uomini come Catone erano indispensabili nelle caserme e negli accampamenti, dove la durezza e la frugalità della tradizione repubblicana servivano a muovere la macchina da guerra più perfetta che esistesse al mondo; però, per governare il suo impero, a Roma occorreva una classe dirigente di orizzonti più ampi, più colta e internazionale. Battaglia vinta: al tempo dei neòteroi era ormai pressoché obbligatorio che un giovane aristocratico completasse la sua educazione con un soggiorno in Grecia per studiare la filosofia e la retorica. I neòteroi spesso scrivevano poesia sulla poesia, cioè si ispiravano ed emulavano autori greci recenti, di epoca ellenistica, maestri nella creazione di un’arte erudita e sviluppata attraverso un codice linguistico raro e prezioso. A volte riscrivevano o persino traducevano testi di autori greci (anche Catullo lo fece, traducendo Saffo e Callimaco, » rispettivamente p. 400 e p. 371). I poetae novi prediligevano temi privati, in particolare l’amore. Storie d’amore infelice e interi canzonieri furono composti per donne volubili e crudeli, con ampio ricorso a riferimenti mitologici. L’aspetto più tipico di questi autori è la ricerca di un linguaggio nuovo e anche in parte artificioso: abbandonate le rudezze del latino arcaico (per esempio l’insistita allitterazione e l’uso di composti magniloquenti), essi finirono per dare alla poesia romana una lingua poetica più duttile ed elegante.

Una poesia elegante ed elitaria

1.2 Gli autori perduti Di questo gruppo di autori non resta quasi niente (a parte Catullo), solo qualche manciata di frammenti e qualche notizia sparsa. Valerio Catone, nato nella Gallia Cisalpina, probabilmente un liberto, divenne un grammatico molto stimato a Roma: un epigramma lo definisce «sirena latina» (Latina siren); gli si attribuiscono poemetti di contenuto mitologico. Altri poeti del circolo di Catullo furono Furio Bibaculo, di Cremona, e Varrone Atacino, nato nell’82 (dunque coetaneo di Catullo) nella Gallia Narbonese: è questi il primo poeta francese – nel senso naturalmente di galloromano – della storia. Catullo (carme 95) parla con ammirazione anche di un altro suo amico e conterraneo, Elvio Cinna, autore di Zmyrna, un’opera raffinatissima e impegnativa, se è vero che per rifinirla il poeta neoterico impiegò ben nove anni. Cinna poi, a quanto si dice, fu linciato dalla folla inferocita subito dopo l’assassinio di Cesare (44 a.C.), perché scambiato per uno dei congiurati che aveva il suo stesso nome.

I nomi dei poetae novi

LO SPAZIO 1. Nasce a Verona 2. Vive a Roma, dove scrive e si innamora di Lesbia

1

3. In Bitinia visita la tomba del fratello 2

3

361


13 CATULLO E I POETAE NOVI

Anche Licinio Calvo era amico di Catullo, il quale lo cita in varie composizioni, scherzando sulla sua bassa statura («nanerottolo», lo chiama). Calvo scrisse un poemetto mitologico, Io, in cui raccontava le tristi vicende dell’argiva Io, amata da Zeus e poi trasformata in giovenca. Fu anche un oratore accanito, e amico di Bruto il cesaricida. Morì, molto giovane, nel 47 a.C. Cornelio Gallo

Va ricordato infine Cornelio Gallo, da includere quasi certamente tra gli autori che Cicerone definiva con disprezzo cantores Euphorionis (Tusculanae disputationes III, 45) cioè coloro che seguivano lo stile di Euforione (» Generi: modelli e sviluppi, p. 369), poeta ellenistico del III secolo a. C., noto per la sua astrusità. Gallo fu un personaggio eminente nella vita politica romana. Poco più giovane dei suoi compagni, è considerato l’anello di congiunzione tra i neòteroi e i poeti dell’età augustea. Infatti, apparteneva al circolo degli amici più stretti di Augusto, ed ebbe incarichi di alto livello nello Stato; fu, tra l’altro, protettore di Virgilio e amico, più tardi, di Ovidio. Compose un canzoniere che descriveva i suoi amori infelici per una giovane che chiamava Licoride, pseudonimo o senhal (cioè, usando la terminologia che sarebbe stata dei trovatori medievali, soprannome riservato alla donna amata) di una attrice di mimo di nome Citheris, la quale lo abbandonò per seguire un altro amante in Germania in una spedizione militare. Cornelio Gallo divenne prefetto d’Egitto, ma, caduto in disgrazia, si suicidò ad Alessandria nel 26 a.C.

Testa marmorea risalente al 30 a.C. circa.

ESPOSIZIONE ORALE Completa la tabella e illustra in due minuti chi sono i poeti neoterici e quali le loro opere. I poetae novi Nome

Provenienza

Opere

Valerio Catone

Gallia Cisalpina

Poemetti di contenuto mitologico

Furio Bibaculo

Cremona

Epigrammi satirici

Gallia Narbonese

Rielaborazione delle Argonautiche di Apollonio Rodio Elegie d’amore

Gallia Cisalpina

Zmyrna, poemetto mitologico sul mito di Mirra

Roma

Io, poemetto mitologico sull’eroina Io

Forum Iulii (odierna Fréjus) nella Gallia Narbonese

Racconti mitologici e componimenti elegiaci

Elvio Cinna

362


2 Tra poesia, amore e amicizia: Catullo

2 Tra poesia, amore e amicizia: Catullo

VIDEO

Catullo

2.1 Un provinciale a Roma Visse solo trent’anni, Catullo: una vita breve, priva di eventi straordinari e di gesta capaci di farlo passare alla storia ma sufficiente a fare di lui uno dei maggiori poeti dell’antichità. Della sua esistenza sappiamo quasi soltanto quello che ne raccontò egli stesso. Gaio Valerio Catullo nacque a Verona da famiglia benestante; suo padre ospitò Cesare durante gli intervalli della spedizione in Gallia, ma sembra che il poeta non avesse molta simpatia verso il grand’uomo: «Non m’interessa, Cesare, di andarti a genio, né di sapere se sei bianco o nero», scrive nel carme 93.

Prima di leggere il paragrafo guarda il video per un primo incontro con l’autore.

Secondo la testimonianza di san Girolamo, Catullo nacque nell’87 a.C. e visse trent’anni, ma, poiché in una sua poesia viene citato il secondo consolato di Pompeo (che fu nel 55 a.C.), è probabile che la nascita debba essere posticipata di qualche anno, verso l’84 a.C. Catullo aveva un fratello, molto amato, che morì giovane; questo lutto segnò profondamente il suo animo: «fin dal giorno in cui indossai la toga virile – dice nel carme 68 A – e l’età fiorente mi faceva vivere una festosa primavera, molto, anche troppo, scherzai e la dea che mescola ai tormenti d’amore una dolce malinconia (= Venere) non mi ha trascurato, ma tutti questi desideri li cancellò, con il lutto, la morte di mio fratello. Fratello caro, a me miseramente strappato, ti sei portato via la mia felicità!».

Una vita breve e il lutto per il fratello

La famiglia di Catullo possedeva una villa a Sirmione (definita nel carme 31 la «perla delle penisole e delle isole» T10 ), sul lago di Garda, alla quale il poeta era particolarmente affezionato e dove si ritirava per brevi periodi. Ma il vero sfondo della sua poesia, l’impulso che la fa nascere davvero, è la capitale del mondo, la convulsa e dinamica Roma di quei decenni decisivi per la storia, poco prima che Cesare fondasse un nuovo ordine politico. Nel giro di pochi anni, quando Catullo era giovanissimo, Roma vide il tentativo di colpo di Stato di Catilina (63-62 a.C.) e il primo triumvirato (60 a.C.); di lì a poco sarebbe iniziata l’epopea di Cesare, conquistatore della Gallia e destinato a portare al tramonto il sistema politico repubblicano (» pp. 534 ss.). Di questi eventi però restano poche tracce nelle poesie di Catullo, che parlano essenzialmente delle sue vicende personali, e in particolare dei suoi tormenti d’amore.

La vita intensa della capitale

Sarebbe comunque riduttivo considerare Catullo solo come un poeta d’amore. Nelle sue poesie si affaccia una miriade di personaggi di ogni genere, onesti e scellerati, raffinati e volgari, arrivisti e snob della ‘Roma-bene’ sua contemporanea: una ‘commedia umana’ di cui il poeta delinea in modo pittoresco i caratteri, a volte con tenerezza – come nel caso dell’amico Veranio («che fra tutti i miei amici sei di trecento miglia avanti», carme 9 T5 ) –, molto spesso con scherno, come nel caso del faccendiere amico di Cesare, l’odiato Mamurra, che l’aveva seguito nelle sue spedizioni e che aveva messo le mani «su tutto ciò che stilla grasso nella Gallia e nella lontana Britannia» (carme 29), e di molti altri.

Non solo poesia d’amore

Giovane uomo con in mano un rotolo di papiro, da un medaglione parietale proveniente da Ercolano (55-79 d.C.).

363


13 CATULLO E I POETAE NOVI

PRESENTAZIONE

Catullo: l’amore con Lesbia

2.2 La storia d’amore con Lesbia A Roma Catullo arrivò assai giovane per studiare la retorica dai migliori maestri dell’epoca. Le prime poesie a noi note risalgono a quando aveva circa vent’anni; nei soli dieci successivi il poeta ‘consumò’ tutta la sua vita e la sua arte. Nella capitale del mondo il poeta di provincia divenne presto popolare, stringendo amicizia con un gruppo di aristocratici, molti dei quali erano anch’essi poeti (i poetae novi, » pp. 360362), eleganti e colti come lui; con loro Catullo diede impulso a una nuova forma di linguaggio poetico, vicina ai princìpi estetici dei poeti greci di età alessandrina (III-I secolo a.C.; » Generi: modelli e sviluppi, p. 368), promuovendo come ideali la ricercatezza e l’erudizione e scegliendo tematiche leggere e private per le proprie composizioni. Conviti, amori, scherzi, otium letterario rendevano liete le giornate di questa ‘gioventù dorata’.

L’incontro con Lesbia

La politica non interessava a Catullo, sebbene egli fosse in rapporto con molti uomini eminenti (e talvolta anche con le loro mogli). L’evento capitale della sua vita fu l’incontro con una donna con cui iniziò una tormentata storia d’amore. Catullo la chiama, con uno pseudonimo carico di significati letterari, Lesbia (Lesbo è l’isola natia della poetessa greca Saffo, a cui Catullo, tra gli altri, si ispira); nella realtà, come sappiamo da Apuleio (Apologia, 10), il suo nome era Clodia ed era sorella del tribuno Publio Clodio, nemico di Cicerone e capo di una fazione che appoggiava la politica di Cesare. Clodia era una donna libera, colta, anticonformista e molto chiacchierata: Cicerone la soprannominò sprezzantemente quadrantaria, «una che si vende per quattro soldi» (» anche p. 491). Catullo la incontrò nel 61 a.C., quando lei aveva trentatré anni e lui una decina di meno, e se ne innamorò perdutamente. Clodia era sposata con un importante personaggio, Metello Celere, ma questo non costituì mai un grave ostacolo per i suoi costumi disinvolti. Catullo dal canto suo si divertiva a sfidare il moralismo dei tradizionalisti (carme 5: «i brontolii dei vecchi troppo severi stimiamoli tutti quanti un solo soldo» T14 ) e anzi si vantava apertamente dei suoi amori furtivi con Lesbia che «non venne condotta sposa alla mia casa dal padre, ma in un’indimenticabile notte mi portò i suoi doni rubati, dopo essersi sottratta agli abbracci del marito» (carme 68 A). In realtà, però, questa passione divorante non fu esclusiva, perché Catullo ebbe altre relazioni con persone di entrambi i sessi, in particolare con Giovenzio, al quale dedicò alcuni carmi in cui ricorrono, sia pure con accenti meno passionali, temi e motivi analoghi a quelli delle poesie per Lesbia (gelosia, tradimenti, passione: carmi 24, 48 T8 , 81, 99; » Eva Cantarella racconta, p. 373).

Un’anima in cerca d’amore

L’amore per Lesbia è l’evento psicologicamente più importante per la poesia e la vita di Catullo. In effetti, egli è il primo autore della letteratura mondiale di cui si possa seguire, la storia di un’anima alla ricerca dell’amore e della felicità; perciò le poesie di Catullo hanno il sapore di una eccezionale modernità, poiché sono capaci di descrivere con infinite sfumature quella che, con termini contemporanei, definiremmo la ‘vita interiore’ del poeta. Tutto il gran vivere, amare, soffrire di quest’uomo straordinariamente sensibile e raffinato pare concentrarsi in questa sola vicenda.

Amore e gelosia: una storia tormentata

Dai carmi catulliani è possibile ricostruire quasi per intero la parabola del legame tra Catullo e Lesbia. Quello che emerge è un amore contraddittorio, tormentato, sofferto, che il poeta seppe rappresentare con una sensibilità assolutamente nuova, in tutte le sue sfumature psicologiche: passione, odio, dolore, speranza, delusione, ebbrezza e voluttà, tutti i conflitti di un’anima innamorata. Nella letteratura latina niente di simile era stato scritto prima, e niente di così profondo e commovente fu scritto dopo, sicché si può davvero considerare Catullo uno dei massimi poeti d’amore della letteratura mondiale.

364


2 Tra poesia, amore e amicizia: Catullo

Sembra che i primi tempi della relazione fossero felici, quasi inebrianti. Nei momenti belli Catullo le scrive: «dammi mille baci e poi cento, poi altri mille e poi altri cento, poi ininterrottamente ancora altri mille e poi cento» (carme 5 T14 ). Ma quando, come spesso accadeva, il poeta era pervaso dai dubbi sull’autenticità del sentimento di lei, arrivava persino a odiarla: «odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia. Non so, ma sento che questo mi accade; è la mia croce» (carme 85 T19 ). Un amore difficile insomma; Catullo s’illudeva che Clodia fosse tutta sua, ma la donna, se anche era attratta dagli slanci del giovane poeta alla moda, non voleva sentirsi vincolata a lui. Con questa donna libera e affascinante Catullo aspirava a stringere un legame solido e duraturo, un vero e proprio «patto», foedus (vale a dire il patto basato sulla fides, «fedeltà», garantito dalla protezione degli dèi, che legava due individui), non meno vincolante di quello coniugale, anche se strettamente privato e informale. Tuttavia, nonostante il coinvolgimento di Catullo, Lesbia pare la pensasse diversamente, e nei versi del poeta abbondano infatti i rimproveri per i continui tradimenti di lei. Da questo sentimento ambivalente, di rabbia e di desiderio insieme, nascono alcuni dei momenti più intensi della poesia catulliana. Così, tra odio e amore, Catullo andò avanti alcuni anni. A un certo punto qualcosa si ruppe ed egli si allontanò da Roma per tornare nella sua città, probabilmente in conseguenza della morte del fratello; poi, avvisato dagli amici delle infedeltà della donna, rientrò nella capitale per cercare di riconquistarla, trovando però che ormai Lesbia-Clodia aveva fatto altre scelte. Attorno al 57 a.C. lasciò nuovamente Roma per seguire il gruppo di funzionari che accompagnavano l’amico Gaio Memmio (il dedicatario del De rerum natura di Lucrezio, » p. 281), inviato come propretore in Bitinia, una regione dell’Anatolia, affacciata sul Mar Nero; passando per la Troade andò a visitare la tomba del fratello sepolto lì, e scrisse una delle sue più struggenti poesie (carme 10 T11 ), che molti secoli dopo servì da modello a Ugo Foscolo.

Sentimenti contrastanti

HUB MAPS Individua nella carta interattiva Il primo triumvirato dove si trova la Bitinia.

Nel frattempo il marito di Clodia era morto (si disse persino che fosse stato avvelenato dalla moglie) e la donna, ormai completamente libera, decise di spalleggiare il fratello nei suoi maneggi, in un periodo di furibondi scontri politici quali furono gli anni del triumvirato e del consolato di Cesare: fece quindi della sua casa il ritrovo di tutta la gioventù romana che complottava per rovesciare il potere senatorio. Clodia ebbe altri amanti, con grande gelosia di Catullo, il quale si rifiutava di credere che fosse cambiata a tal punto e vedeva un rivale in ogni frequentatore della casa: «Viva e sia felice con i suoi amanti, che tiene abbracciati trecento alla volta, nessuno amandone davvero» (carme 11 T20 ). Ogni tanto Clodia dedicava qualche distratta attenzione a Catullo, il quale in quei momenti s’illudeva di poter ravvivare l’antica fiamma, ma invano. Le sue ultime poesie sono tristi, malinconiche: «è difficile – scrive a se stesso nel carme 76 (» p. 371) – spezzare un lungo legame, lo so, è difficile, ma tu ci devi riuscire lo stesso». Spesso prega gli dèi di guarirlo dal ‘male oscuro’, l’amore per Clodia, che lo tormenta e lo accompagna come un incubo; ma ormai altri mali più incombenti lo attendevano.

Il ‘male oscuro’

Ancora giovane Catullo si ammalò di una malattia incurabile; le sue ultime poesie contengono allusioni alle spedizioni del 55 a.C. di Cesare in Britannia e oltre il Reno. Pochi mesi dopo, probabilmente nel 54 a.C., morì.

La morte precoce

ESPOSIZIONE ORALE

L’autore: vita e poesia

Rispondi.

• Quali sono le principali tematiche della poesia di Catullo? In che modo riflettono i suoi ideali di vita? • Come Catullo vorrebbe impostare l’amore con Lesbia? • Perché la relazione tra il poeta e Lesbia risulta così tormentata? 365


13 CATULLO E I POETAE NOVI

2.3 Il liber di Catullo: la struttura

VIDEO

Catullo, Liber

Prima di leggere il paragrafo, guarda il video per un primo incontro con l’opera.

Catullo pubblicava le sue poesie (molte nascevano da un’occasione, come quelle dedicate agli amici e alla stessa Lesbia) a mano a mano che venivano composte; tuttavia, esse ci sono giunte racchiuse in un’unica raccolta. Il progetto di radunare tutti i carmi in un solo libro fu dello stesso poeta, che compilò una prima edizione, da lui stesso definita liber. In realtà, il liber, così come ci è stato consegnato dalla tradizione manoscritta, non corrisponde al progetto catulliano, ma è il risultato del lavoro di amici e poeti coevi (» p. 360) che, dopo la sua morte, raccolsero e riordinarono quasi tutte le sue composizioni, includendo anche poesie che Catullo non aveva inserito. Qualche altro carme ne rimase però escluso e ne restano pochi frammenti.

Il prologo di apertura

Il liber, anche detto Carmina, consta di 116 poesie (di cui tre, i carmi priapèi 18-20, sono considerate non autentiche). A inaugurare la silloge è il carme 1 T2 , concepito già nel progetto originale di Catullo come una sorta di ‘prologo’ alla raccolta e contenente una dedica al famoso letterato e storico Cornelio Nepote (» p. 676). Si tratta di un carme di grande importanza, perché Catullo ne fa una sorta di manifesto in cui espone le principali idee della sua poetica. È proprio qui che egli definisce la sua opera un libellus, cioè una raccolta piccola ma raffinata, e designa le sue poesie come nugae, «poesiole, bagatelle», cioè poesie brevi e leggere. I propositi della poetica di Catullo sono già racchiusi nell’elenco di aggettivi riferiti a libellus: lepidus, «piacevole, spiritoso», secondo i canoni dell’estetica alessandrina e in particolare del poeta greco Callimaco (» p. 368), e novus, «innovativo» rispetto alla tradizione.

La divisione in tre parti

Il canzoniere di Catullo risulta suddiviso in tre parti, sulla base di criteri puramente formali. •  I carmi 1-60 sono, come dice appunto il poeta stesso, nugae, «poesiole, bagatelle», di argomento vario, specialmente amoroso, e hanno una struttura metrica eterogenea, dal momento che Catullo usava vari tipi di versi, tutti modellati sulla poesia greca (faleci, trimetri giambici, scazonti, strofe saffiche e altro) particolarmente adatti a testi concisi. •  Il centro della raccolta (carmi 61-68) è costituito da un gruppo di composizioni più lunghe e complesse, i cosiddetti carmina docta, soprattutto in esametri e distici elegiaci, alcuni di argomento mitologico. Sono opere di grande impegno erudito ed eleganza formale, a cui verosimilmente Catullo pensava di affidare la sua fama, misurandosi con i modelli greci (» p. 368); è probabile che queste poesie in origine fossero state fatte circolare singolarmente. •  La terza parte (carmi 69-116) è costituita da epigrammi, alcuni di tono violentemente derisorio, in distici elegiaci; in realtà non esiste una differenza specifica tra le poesie del primo e quelle del terzo gruppo in termini di contenuto, perché temi e motivi sono in larga misura analoghi.

Il liber catulliano Carmi

Caratteristiche

Carmi 1-60 nugae

Componimenti dalla struttura metrica composita (faleci, trimetri giambici, scazonti, strofe saffiche e altro) di argomento vario, specialmente amoroso

Carmi 61-68 carmina docta

Componimenti in esametri e distici elegiaci, di argomento perlopiù mitologico, caratterizzati da un’accurata ricercatezza formale

Carmi 69-116 epigrammi

Componimenti in distici elegiaci, di argomento vario, alcuni di tono particolarmente violento e denigratorio

Carmi 18-20

Considerati non autentici, sono detti ‘priapèi’

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2 Tra poesia, amore e amicizia: Catullo

2.4 Il liber di Catullo: i modelli La poesia di Catullo, come si è detto, non è un fenomeno isolato; i princìpi estetici espressi dal poeta nel liber erano condivisi anche dai poetae novi o neòteroi, coevi e amici dello stesso Catullo (» pp. 360-362). Questi poeti avevano come ideale supremo la raffinatezza, l’erudizione, la padronanza perfetta della mitologia (specialmente nelle sue varianti più astruse e rare), l’uso di un linguaggio elegante e levigato, la scelta di tematiche leggere e private, talvolta piccoli quadretti, come quelli su cui Catullo lavora preziosamente nelle due scherzose poesie (carmi 2 e 3) dedicate all’uccellino con cui Lesbia si dilettava. Nel primo di questi due componimenti, Catullo descrive un passerotto domestico che salta in grembo a Lesbia e le becchetta il dito. Nel secondo, invece, il poeta annuncia la morte del passero e alza un burlesco compianto («Piangete o Veneri e Amorini, e voi tutti uomini dal cuore gentile: è morto il passero della mia ragazza, delizia della mia ragazza, che ella amava più dei suoi occhi» T13 ). Il modello per questi poeti era il greco Callimaco, vissuto nel III secolo a.C., che predicava un’arte raffinata ed erudita: «grande libro, grande malanno» era uno dei suoi motti. Proprio per questo quello di Catullo è un libellus, una raccolta di brevi composizioni cesellate con la cura certosina che invece non si può dedicare a un poema di molte migliaia di versi. Perciò, Catullo, come gli altri poetae novi, tiene in disprezzo i poeti epici tradizionali e mette a margine l’impegno civile (che traspariva invece dalle opere di autori dell’epoca arcaica come Ennio e Nevio).

Un’arte raffinata

Si afferma insomma con Catullo e gli altri esponenti della medesima cerchia poetica il concetto di autonomia dell’arte: la poesia deve bastare a se stessa ed essere libera da ogni altra considerazione. I poetae novi cantano l’amore, la vita privata, le emozioni, e sono poco interessati ai grandi temi della politica. Questo aspetto della poetica neoterica appare in tutta la sua originalità, persino provocatoria, se si tengono presenti i rivolgimenti storici che caratterizzarono gli anni durante i quali questi giovani autori composero i loro versi. A partire dai primi decenni del I secolo a.C., infatti, con gli scontri fra Mario e Silla, si era aperta un’epoca di guerre civili, che avrebbe portato a versare fiumi di sangue, in una lotta politica spietata fra personalità eminenti e carismatiche ma assetate di potere, e che sembravano minare alle fondamenta la tradizionale dedizione romana al servizio del bene pubblico. Talvolta Catullo ostenta il suo disinteresse per i grandi uomini che lo circondavano e che stavano scrivendo la storia: Nihil nimium studeo, Caesar, tibi velle placere, «Non m’interessa, Cesare, di andarti a genio» (carme 93), scrive beffardamente al futuro dominatore del mondo.

L’autonomia dell’arte

ESPOSIZIONE ORALE

PRESENTAZIONE

Catullo, l’amicizia e gli affetti familiari

L’opera

Rispondi.

• Catullo pubblicò egli stesso le sue poesie? • Quale carme può essere considerato un manifesto della sua poetica? • Con quale termine il poeta designa la sua raccolta? Con quali aggettivi la descrive? • Di che tipo sono i criteri in base ai quali i carmi sono suddivisi all’interno del liber? • Quali sono i princìpi estetici che Catullo condivide con i poetae novi? • A quali modelli letterari si ispirano entrambi? • Perché il liber catulliano si può definire libellus? • Qual è l’atteggiamento di Catullo nei confronti delle complesse vicende politiche contemporanee? 367


GENERI: MODELLI E SVILUPPI PRESENTAZIONE

La poesia lirica

LA LIRICA E L’EPIGRAMMA La lirica greca arcaica

La lirica a Roma

Nell’accezione moderna il termine ‘lirica’ indica ogni forma di poesia soggettiva in cui l’autore, esprimendosi in prima persona, dà voce a opinioni, sentimenti e stati d’animo individuali. Per gli antichi Greci, invece, il termine lyriké alludeva a una specifica peculiarità tecnica: la lyriké era la poesia cantata con l’accompagnamento della lira (lyra) o di qualsiasi altro strumento a corde, diversa dalle forme poetiche accompagnate da strumenti a fiato (aulós), come il giambo e l’elegia. La lirica propriamente detta fu distinta in età alessandrina in monodica (eseguita da un singolo e legata all’esperienza personale) e corale (cantata da un coro in occasione di feste popolari e religiose). Si istituì così fino a oggi un canone dei poeti lirici dell’età arcaica greca (VII-V secolo a.C.): Alceo, Saffo e Anacreonte per la monodica; Stesicoro, Ibico, Simonide di Ceo, Bacchilide e Pindaro per la corale. È inevitabile, per la sua stessa natura, che la lirica monodica sia il punto di riferimento per i poetae novi e per Catullo, poco interessati alla vita pubblica. Il loro modello prediletto è la poetessa Saffo, che racconta l’amore e la vita di una comunità di fanciulle di cui ella è alla guida (il tìaso). I poetae novi affrontano gli stessi temi: la sofferenza per la separazione, la gelosia lancinante, la nostalgia del ricordo della persona amata sono solo alcuni dei motivi che riaffiorano in Catullo, il quale nel carme 51 T12 addirittura rielabora in traduzione uno dei più celebri frammenti di Saffo sulla sintomatologia amorosa (fr. 31 Voigt).

Solo dal II secolo a.C. la lirica fa ufficialmente il suo ingresso nella letteratura latina, grazie al circolo di Lutazio Catulo (» p. 272) e successivamente ai neoterici che, ispirandosi ai modelli greci, ne importarono i principali stilemi. Pur sacrificando il rapporto con la musica (che nella tradizione latina ha molta meno importanza rispetto al mondo greco), l’eredità della lirica greca arcaica ed ellenistica nella poesia romana è evidente: la dimensione privata e l’attenzione alla vita interiore della prima si fondono con la ricercatezza formale e la varietà dei registri stilistici della seconda.

La poesia ellenistica: Callimaco di Cirene Oltre alla lirica greca arcaica, modelli di Catullo e dei poetae novi sono anche e soprattutto i poeti ellenistici, fautori di una poesia dotta e dallo stile ricercato. Il caposcuola della poesia ellenistica fu Callimaco di Cirene (320-240 a.C. ca.), il quale concepiva i suoi versi per un pubblico di lettori, ma non di lettori qualsiasi. I suoi destinatari erano le persone istruite, di alta formazione letteraria, e la sua fu quindi una poesia per uomini dotti e raffinati; Callimaco scrisse composizioni brevi ma levigatissime, in genere dedicate ad argomenti e miti poco noti. La sua opera più famosa furono gli Aitia (o «Cause», di cui restano ampi frammenti), in cui il poeta trattava in versi elegiaci una serie di miti rari e di tradizioni ignote al grande pubblico, che erano all’origine di culti locali: una vera miniera di erudizione, che fu il modello e quasi il manifesto di questa arte nuova.

LA LIRICA E L’EPIGRAMMA: DALLA GRECIA A ROMA Lirica greca arcaica • Saffo, Anacreonte, Pindaro

LINEA DEL TEMPO

VII-VI secolo a.C. GRECIA

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• Epigramma di età arcaica • Coppa di Nestore, Simonide di Ceo

Poesia ellenistica • Callimaco di Cirene • Euforione di Calcide III-II secolo a.C.

Epigramma ellenistico • Callimaco di Cirene • Leonida di Taranto • Meleagro di Gadara • Asclepiade di Samo


13 CATULLO E I POETAE NOVI

Euforione di Calcide Callimaco fu quindi un caposcuola, seguito da generazioni di poeti, che lo presero a modello e portarono all’estremo sviluppo i suoi presupposti estetici. Uno di essi fu Euforione di Calcide (III secolo a.C.), particolarmente noto per i suoi epilli, brevi componimenti in esametri di argomento epico (dal greco, infatti, epyllion è traducibile come ‘piccolo epos’); di lui si conservano pochi versi, ma le notizie antiche e quel poco che si può ancora leggere in alcune citazioni confermano che si trattava di composizioni astruse, sviluppate attraverso un linguaggio difficile, talvolta persino oscuro.

L’epigramma in Grecia Callimaco fu anche autore di epigrammi, un tipo di componimento in distici elegiaci conosciuto fin dall’età arcaica. L’epigramma, nella sua accezione più antica, è un’iscrizione in esametri o distici elegiaci incisa su lastre sepolcrali, lapidi commemorative o oggetti offerti in dono; tra le prime attestazioni vi sono l’epigrafe incisa sulla cosiddetta Coppa di Nestore, della seconda metà dell’VIII secolo a.C., scritta in trimetri giambici, e gli epigrammi di Simonide di Ceo, nel V secolo a.C., tra i quali in particolare quelli in cui celebra la morte dei combattenti nelle battaglie di Maratona e delle Termopili. Con il passare del tempo, l’epigramma si trasforma in qualsiasi breve componimento in distici elegiaci caratterizzato da ingegnosità e arguzia, chiuso da una pointe ironica e ricercata con effetto a sorpresa. In età ellenistica l’epigramma raggiunge piena dignità letteraria, diventando un componimento raffinato che dà voce a scorci di vita quotidiana, pensieri, emozioni in una forma più compressa dell’elegia, ma ugualmente ricercata.

Epigramma a Roma • Ennio • Lucilio • Lutazio Catulo

Lirica a Roma • Lutazio Catulo • Poetae novi • Catullo

II secolo a.C.

II-I secolo a.C.

La storia dell’epigramma è per gran parte la storia della lirica ellenistica, dato che i componimenti più propriamente lirici e soggettivi di quel periodo ci sono pervenuti in questa forma.

Le scuole epigrammatiche e le antologie Gli epigrammisti dell’Ellenismo sono suddivisi in tre scuole: la scuola dorico-peloponnesiaca, il cui capogruppo è Leonida di Taranto, descrive l’ambiente cittadino e agreste attraverso scene quotidiane di personaggi umili; la scuola ionico-alessandrina, di cui sono esponenti Callimaco e Asclepiade di Samo, privilegia i temi erotico-simposiali e la polemica letteraria; la scuola fenicia, il cui maggior rappresentante è Meleagro di Gadara, ricerca il pathos attraverso uno stile elegante e sfarzoso, influenzato dalla retorica. Questa immensa produzione ci è stata tramandata da due raccolte di età bizantina: l’Antologia Palatina (X secolo d.C.), che utilizza varie raccolte precedenti raggruppando gli epigrammi in dodici libri con una suddivisione tematica, e l’Antologia Planudea (XIV secolo d.C.), con una complessa organizzazione sia tematica sia alfabetica.

L’epigramma a Roma I più antichi epigrammi della tradizione latina sono le iscrizioni sepolcrali che decorano il sarcofago di Scipione Barbato e della sua famiglia (III-II secolo a.C.), ma scrissero epigrammi anche Ennio e Lucilio, di cui ci sono pervenuti solo brevi frammenti. Tuttavia il genere divenne ampiamente coltivato a Roma, con i componimenti di Lutazio Catulo e dei poetae novi, seguiti nel I secolo d.C. da Marco Valerio Marziale (38/41-104), considerato il più grande poeta epigrammatico latino.

Epigramma a Roma: • Marco Valerio Marziale I secolo d.C.

ROMA

369


13 CATULLO E I POETAE NOVI

2.5 Una lingua poetica nuova e uno stile variegato Una nuova lingua

A Catullo e ai suoi amici si deve la creazione di una lingua poetica del tutto nuova, che essi trasmetteranno poi ai grandi poeti dell’età augustea. Cicerone, parlando di questa evoluzione, dà alcune interessanti notizie: dice che una volta l’uso di non pronunciare la -s finale dei nomi della seconda declinazione era un segno di raffinatezza, mentre questi «nuovi eleganti» lo ritengono al contrario un ridicolo segno di arretratezza. Un altro elemento che caratterizza la lingua di questi autori, ben visibile in Catullo, è l’utilizzo sistematico del diminutivo, che offre, oltre a un tono più intimo e aggraziato, anche l’effetto di sorprendere e variare il linguaggio: occhio non è oculus, ma ocellus; un infelice non è miser, ma misellus; un libro non è liber, ma libellus e così via. I versi di Catullo sono costellati di parole di fattura elegante e di suono musicale, che sottolineano l’appartenenza del poeta a una società raffinata e colta: per esempio, abbondano aggettivi come lepidus, venustus, delicatus, elegans.

La varietà dei registri

Ciononostante, il linguaggio di Catullo non è affatto monocorde o affettato; al contrario è di straordinaria varietà, dato che ingloba anche termini popolari e persino volgari, così da costituire un singolarissimo impasto linguistico; un termine di uso quotidiano come bellus prende, per esempio, il posto di pulcher. Catullo sa muoversi sia sul registro alto, della poesia dotta ed elegante, sia su quello basso, e non di rado volgare; soprattutto, sa trasmettere emozioni intense nell’arco di pochi versi, a volte attraverso una sola immagine, ed è questo il tratto più speciale, inconfondibile, della sua arte. È appassionato e tenero nelle poesie d’amore, ma anche acre e violento – ‘giambico’ in senso greco, come lui stesso afferma – nelle invettive contro i nemici, che offende senza mezzi termini, e spesso contro la stessa Lesbia, quando la dolcezza dell’amore si trasforma nella violenza distruttiva della gelosia. In questo Catullo sa dar voce all’irrazionalità viscerale delle emozioni che si muovono dentro di lui e che non riguardano solo l’amore, ma si estendono al mondo dell’amicizia e degli affetti in genere, sentimenti vissuti con la stessa forza e profondità della passione erotica, e basati sugli stessi presupposti, in particolare la fides («lealtà»), che Catullo esige dagli amici con altrettanta intensità e sincerità con cui la pretende da Lesbia.

La forte tensione emotiva

D’altronde, amicizia e poesia vanno di pari passo in Catullo e nel gruppo dei poetae novi: la polemica letteraria contro i cattivi poeti (come Volusio, nel carme 36, o Suffeno, nel carme 22) e l’ammirazione per la raffinata produzione degli amici (come Licinio Calvo, nel carme 50 T3 , o Elvio Cinna, nel carme 95) caratterizzano il liber catulliano non meno dell’amore per Lesbia. La profondità degli affetti coinvolge anche i luoghi (Sirmione, nel carme 31) e gli oggetti (un battello, il phasellus, nel carme 4), ai quali non di rado il poeta presta voce e anima. È tipica nella sua poesia la tensione emotiva, che gli consente di rinnovare anche l’idea letterariamente più convenzionale, cosicché, anche quando imita i Greci, sa conferire ai suoi versi un tono nuovo, originale, denso; la novità della sua poesia troverà ideale continuazione nell’epoca successiva in uno dei generi più autenticamente latini, l’elegia.

L’amore al centro: una rarità per i Romani

Catullo, assieme agli altri poetae novi, fu il primo poeta latino a portare l’amore al centro della sua poesia. Questo può non sembrare sorprendente, dal momento che la poesia d’amore era molto sviluppata nella letteratura greca sin dalle origini, tuttavia nel mondo romano lo è e si spiega con una precisa ragione antropologica: la natura dei rapporti uomo-donna e la reticenza della mentalità romana tradizionale a esprimere emozioni intime, specialmente di natura affettiva. Non si addice alla gravitas (cioè al comportamento sempre misurato e dignitoso richiesto a un cittadino romano) lasciare spazio a emozioni troppo private o al sentimentalismo, e d’altra parte i costumi severi della famiglia arcaica censurano fortemente la libertà degli affetti. Una donna libera, secondo il mos maiorum, può essere solo virgo o

370


2 Tra poesia, amore e amicizia: Catullo

matrona, non c’è spazio per il gioco della seduzione, dell’innamoramento e della sessualità. «I brontolii dei vecchi troppo severi stimiamoli tutti quanti un solo soldo» (carme 5 T14 ) scrive invece, provocatoriamente, Catullo nella famosa poesia in cui chiede a Lesbia di coprirlo di baci; e Lesbia era una matrona! Certo in Plauto si parla molto d’intrighi amorosi, ma (a parte il fatto che le sue commedie derivano da modelli greci) generalmente al centro delle trame stanno schiave e concubine, donne quindi screditate agli occhi della società romana. Perciò l’originalità di Catullo risiede anche nell’offrire come meglio non si sarebbe potuto il ritratto di una società dinamica e variopinta, giusto nei decenni che precedono la fondazione dell’impero, che il poeta (a differenza di molti suoi amici) non fece in tempo a vedere.

PRESENTAZIONE

Catullo, la vita e le opere

Guarda la presentazione per ripassare la vita e le opere di Catullo

2.6 Non solo nugae: i carmina docta I carmi centrali del liber catulliano, dal 61 al 68, sono noti con la denominazione complessiva di carmina docta o longiora («più lunghi»): si tratta, in effetti, di componimenti più lunghi e impegnativi delle nugae polimetriche della prima sezione e degli epigrammi (o brevi elegie, come il carme 76) della terza parte. Una delle caratteristiche basilari dei carmi di questo gruppo è lo stretto rapporto con i modelli, che Catullo riesce comunque sempre a rielaborare in modo da fondere gli elementi di derivazione greca e di carattere erudito con spunti più tipicamente romani e in particolare con esperienze e sensibilità sue proprie.

La poesia dotta: modelli greci e spunti romani

Alcuni carmi si distinguono per un taglio che si potrebbe definire ‘elegiaco-autobiografico’; è il caso del carme 68 (in distici), in cui il poeta si rivolge all’amico Manlio (Mallius), colpito da un grave lutto e desideroso di conforto, per rievocare gli eventi più significativi della propria esistenza, la passione per Lesbia e il dolore per la morte del fratello. Non è chiaro se il seguito del carme (noto come carme 68 A) sia da considerare una poesia a parte o la continuazione di quella appena citata. Catullo in questi versi ricorda con gratitudine l’aiuto offertogli da un amico che aveva agevolato gli incontri con Lesbia mettendogli a disposizione la propria casa. Qui gli elementi autobiografici si legano, con riferimento allusivo al mito greco, alla patetica storia di Laodamia e Protesilao: il loro amore li aveva spinti a unirsi senza attendere il compimento del rito nuziale e per questo essi erano stati puniti con la morte di Protesilao appena sbarcato dalle navi greche sul litorale di Troia.

Elementi autobiografici (carmi 68 e 68 A)

Altre poesie invece sono esclusivamente di argomento mitologico, ricche di elementi eruditi. Il carme 64 T21 , in esametri, narra, secondo il modello ellenistico dell’epillio (breve composizione in esametri di argomento epico), le nozze di Peleo e Teti con un lungo inserto sulla vicenda di Arianna abbandonata da Teseo. La struttura ‘a incastro’ sfrutta la tecnica greca dell’ékphrasis, ossia della descrizione artistica di un oggetto, come veicolo di una narrazione secondaria: la storia di Arianna è ricamata, perciò, sulla coperta nuziale di Peleo e Teti. Non manca anche una vera e propria traduzione poetica da Callimaco (il carme 66, la Chioma di Berenice), che nel carme 65 Catullo dedica all’amico Ortensio Ortalo, al quale aveva promesso di inviare dei versi; il poeta afferma qui che la morte del fratello ha momentaneamente inaridito la sua ispirazione, ma che non vuole venir meno al suo impegno e per questo ricorre alla traduzione del poemetto callimacheo.

Argomenti mitologici (carmi 64, 65, 66)

La Chioma di Berenice era un’elegia inserita nella raccolta callimachea degli Aitia («Cause», » Generi: modelli e sviluppi, p. 368), che celebrava il catasterismo, ovvero la trasformazione in stella, di un ricciolo della regina Berenice d’Egitto. La sovrana, infatti, aveva offerto in voto agli dèi una ciocca dei propri capelli in cambio del ritorno del marito Tolemeo III dalla guerra contro Seleuco di Siria. La scomparsa dell’offerta dal tempio in cui era stata consacrata era stata spiegata dall’astronomo di corte Conone con la trasformazione del

La Chioma di Berenice

371


13 CATULLO E I POETAE NOVI

ricciolo reciso in una nuova costellazione, da lui stesso individuata in cielo. Nel carme che Callimaco dedica alla straordinaria vicenda, la storia è esposta in prima persona dalla protagonista, la chioma. Strane storie (carmi 63 e 67)

Una storia singolare è narrata anche nel carme 63 (nel raro metro chiamato galliambo), dedicato alla descrizione di un rito orgiastico in onore della dea asiatica Cibele, durante il quale il giovane Attis, in preda all’invasamento rituale, si evira. Quando si risveglia dalla trance estatica, Attis lamenta il proprio infelice destino e la sua incerta identità sessuale si esprime in continue oscillazioni fra l’uso del genere maschile (i ricordi del passato) e di quello femminile (per il presente). La poesia si chiude con un’invocazione a Cibele, perché tenga lontano dal poeta il suo furor. Singolare anche il carme 67 (in distici), che riprende il modello greco del paraklausìthyron, ossia del canto d’amore intonato davanti alla porta chiusa della donna amata; qui però è la porta stessa di una casa di Brescia («diletta madre della mia Verona») che narra le scandalose tresche della famiglia che vi abita, peraltro ben note in tutta la città.

Canti nuziali (carmi 61 e 62)

I carmi 61 e 62, infine, sono entrambi dedicati al matrimonio, tema ricorrente in questo gruppo di poesie. Il primo è una poesia d’occasione, un epitalamio (canto nuziale) in metri lirici, composto per le nozze di Manlio Torquato e Vibia Aurunculeia. Il secondo, invece, in esametri, non sembra legato a un’occasione precisa e riprende il modello generico dell’imeneo, ossia del canto processionale a voci alterne (amebeo) eseguito in occasione delle nozze, che prendeva il nome dal ritornello in cui si celebrava Imene, la divinità del matrimonio. Il carme si svolge nelle forme di un contrasto fra un coro di ragazzi e un coro di ragazze, che accompagnano la sposa alla sua nuova abitazione: i ragazzi celebrano le gioie del matrimonio, mentre le ragazze lamentano la perdita della verginità.

ESPOSIZIONE ORALE

La poetica di Catullo

Completa la mappa concettuale, quindi esponi in massimo due minuti i principi della poetica di Catullo.

POETICA DI CATULLO si basa su

emotività profonda e ricercata

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concezione della poesia come arte raffinata ed erudita

autonomia della poesia rispetto a temi di attualità e alla politica

caratterizzata da

per cui predilige

................................ ................................

varietà di registri stilistici e toni espressivi: • lingua colloquiale (diminutivi, espressioni di uso quotidiano) • termini dotti e ricercati • tono aggraziato o violento ..........................................................

dimensione soggettiva e ................................


EVA CANTARELLA RACCONTA CLODIA OLTRE GLI STEREOTIPI Conosciamo Lesbia-Clodia dalle parole di Catullo e di Cicerone (» p. 491): due testimoni inattendibili, anche se per motivi diversi. Della sua vita conosciamo poco più di qualche data: il 94 a.C., l’anno della sua nascita, e poi il 76 a.C., l’anno della morte di suo padre, quando sappiamo che Clodia era ancora nubile. Si sposò infatti relativamente tardi per le abitudini della sua epoca, ma non perché le mancassero i pretendenti; era, infatti, molto bella e amata da molti. Dietro allo stereotipo, per molto tempo accreditato, della traditrice inaffidabile e assetata di potere, possiamo intravedere la realtà di una donna forte, autonoma, in amore certamente volubile, amata-odiata proprio per queste sue caratteristiche. Un tipo psicologico senza tempo, come attualissime sono le dinamiche della sua burrascosa storia d’amore con Catullo.

C

lodia era sorella di Clodio, ex tribuno a capo di una banda che appoggiava violentemente la politica dei popolari, e in particolare di Cesare. [...] Clodia era bella, lo splendore dei suoi occhi era tale che amici e nemici la chiamavano Boopis, “grandi occhi” (il soprannome di Era, la moglie di Zeus). Ma al di là di questo, cosa sappiamo di lei? Che nel 63 è la moglie di Quinto Cecilio Metello Celere, uomo politico molto noto, che diverrà console nel 60 e morirà nel 59. Due anni dopo, cioè, la data dell’incontro tra Clodia, allora trentatreenne, e Catullo, di circa dieci anni più giovane. Ed è Catullo, appunto, una delle fonti sulla quale ci si è tradizionalmente basati per tentare di capire qualcosa di lei, del suo modo di vivere. Ma Catullo, di Clodia, era follemente innamorato, e altrettanto follemente geloso: ritenendosi tradito, come dice un suo celebre verso, al tempo stesso la amava e la odiava (odi et amo). [...] Catullo è inattendibile, comunque, perché è un innamorato che non riesce a capire la donna che ama. E in effetti Clodia doveva veramente essere una donna difficile da capire. Troppo difficile, forse, non solo per Catullo, e per qualunque altro uomo della sua epoca, ma anche per molti altri uomini assai più vicini a noi nel tempo. Ed è per questo, perché non riesce a capirla, che Catullo insulta Clodia descrivendola, a volte, come una donna sfrenata, ai limiti della depravazione. Clodia, insomma, è certamente un topos, ma non necessariamente letterario. È lo stereotipo, ben radicato nella mente maschile, della donna che nella realtà di un rapporto respinge o delude ogni pretesa di esclusività. [...] Non sappiamo quante volte, non sappiamo in quale sequenza si susseguono riconciliazioni, giuramenti, speranze. [...] Quel che è certo è che Lesbia, chissà quante volte, dopo aver abbandonato Catullo torna da lui. A volte lo insulta, e Catullo legge negli insulti una prova d’amore. A volte sca-

glia violente invettive contro di lui in presenza del marito: forse per rassicurarlo? Forse per ridere di lui? E Catullo continua a lodare Lesbia, la sua bellezza. Ma il suo è un amore avvelenato. [...] Ed è in questi momenti, quando crede che l’amore sia davvero finito, quando è determinato a farlo finire, anche in se stesso, che Catullo lancia le più terribili invettive: ... Si goda a lungo i suoi trecento amanti Che le sue braccia abbraccino tutti insieme A tutti dissecchi le reni Per tutti vuota d’amore. E non creda che io come altre volte A lei ritorni più che mai suo... È morto in me l’amore. [...] Eppure, vi è stato chi ha creduto che Lesbia fosse come la descrive Catullo: nella pubblicistica dominante sino a non molti anni or sono (e ancor oggi, a volte), Lesbia è una donna lussuriosa, immorale, affamata di piacere e di potere. [...] Ma se questo stereotipo va respinto, questo non significa che dalle poesie di Catullo non sia possibile farsi un’idea di Lesbia. Depurate dal veleno della gelosia e delle incomprensioni, da questi versi emerge una donna che, si direbbe, amò a sua volta Catullo. L’amò a suo modo, però, e non come Catullo voleva essere amato. L’amò come ama una donna libera, e, si direbbe, felice di vivere; forse crudele, ma nel modo in cui accade agli innamorati di esserlo, volontariamente o involontariamente. Le infamie di cui Catullo accusa Lesbia, insomma, rientrano nel quadro e nel gioco che spesso contrappone i due combattenti in una guerra d’amore. Uno chiede amore eterno ed esclusivo, l’altro offre un amore, se non occasionale, meno impegnativo. Il problema fra Catullo e Lesbia sembra essere questo. (E. Cantarella, Passato prossimo. Donne romane da Tacita a Sulpicia, Feltrinelli, Milano 1996)

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13 CATULLO E I POETAE NOVI

2.7 La fortuna alterna di un grande poeta L’età antica

L’influenza di Catullo sui poeti latini fu grande, già a partire dalla generazione immediatamente successiva: Tibullo e Properzio gli sono debitori, Orazio lo definì doctus (Satire I, 10) e lo riecheggia in alcuni passi. In generale Catullo fu letto, imitato e ammirato ininterrottamente per tutta l’epoca antica.

L’Umanesimo e il Rinascimento

L’eclisse avvenne nel Medioevo; il contenuto erotico della sua poesia metteva certamente in imbarazzo i lettori cristiani. A parte una singola menzione da parte di Raterio, vescovo di Verona, intorno al 966, di Catullo non si parla più fino all’inizio del XIV secolo, quando proprio a Verona fu ritrovato un manoscritto con 116 sue poesie, il cosiddetto Liber Catulli Veronensis («Libro di Catullo da Verona»). Da quel codice, più volte trascritto fino ad arrivare all’epoca della stampa, partì la rinnovata fortuna di Catullo presso scrittori già in aria di Umanesimo. Petrarca lo leggeva e lo ammirava, tanto da porlo tra i poeti famosi nei Trionfi (e proprio da Catullo derivò la definizione di nugae per i suoi componimenti in italiano). Le poesie catulliane godettero di ininterrotta fortuna presso i grandi della letteratura italiana, da Poliziano a Tasso, e si diffusero tra le persone colte di tutta l’Europa.

I Romantici

Nei secoli successivi, fu presso i poeti dell’Ottocento che Catullo incontrò il massimo favore, per la sua intensità di sentimenti, la sensualità e l’appassionata sensibilità, così consone al gusto romantico. Byron tradusse i carmi 3 e 51 e – liberamente – il 5; Foscolo tradusse e commentò ampiamente il carme 66, oltre a ispirarsi al carme 101 per il celebre sonetto In morte del fratello Giovanni; Carducci dedicò a Sirmione, «fiore delle penisole», una delle sue Odi barbare; e le poesie di Catullo furono tradotte anche in dialetto veronese.

Il Novecento

Dobbiamo però arrivare al Novecento per trovare Catullo nella narrativa. Dopo una comparsa di sfuggita a fine Ottocento in una delle Vies imaginaires («Vite immaginarie») di Marcel Schwob, dedicata a Clodia, Catullo riappare nell’ultima opera di Alfredo Panzini, Il bacio di Lesbia, del 1937, romanzo singolare che ripercorre la vita del poeta veronese per mezzo di uno stile realistico, a tratti parodistico, sovrapponendo spesso i piani temporali con l’introduzione di commenti personali volutamente frivoli.

BIBLIOGRAFIA

A sinistra: ritratto anonimo di Francesco Petrarca (1304-1374), oggi conservato al castello di Ambras, in Austria. A destra: ritratto di Ugo Foscolo (1778-1827) di F.-X. Fabre, del 1813, oggi conservato alla Biblioteca Nazionale di Firenze.

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D I C O N O D I CATULLO BIOGRAFIA Le notizie sulla vita di Catullo sono poche e incerte. Le date di nascita (87 a.C.) e di morte (57 a.C.) vengono indicate da san Girolamo F1 − che a sua volta le desumeva dal perduto De poetis di Svetonio −, ma suscitano delle perplessità, dal momento che Catullo accenna ad avvenimenti successivi al 57 a.C., come le campagne di Cesare in Gallia e in Britannia del 55-54 a.C. Sarà bene, dunque, collocare la vita del poeta tra l’84 e il 54, spiegando l’errore di san Girolamo con il fatto che tanto nell’87 quanto nell’84 uno dei due consoli fu Lucio Cornelio Silla.

Ritratto di Catullo.

F1 Nascita e morte Gaius Valerius Catullus lyricus Veronae nascitur.

Nell’anno 87 a.C. nasce a Verona il poeta lirico Gaio Valerio [San Girolamo, Chronicon, a. 87 a.Chr.n.] Catullo.

Catullus XXX aetatis anno Romae moritur.

Nell’anno 57 a.C. muore a Roma Catullo all’età di trenta anni. [San Girolamo, Chronicon, a. 57 a.Chr.n.]

IL GIUDIZIO DEGLI ANTICHI Quello di Catullo fu un successo immediato: Cornelio Nepote F2 e Velleio Patercolo F3 lo ritengono il poeta migliore della loro generazione.

F2 Catullo e Lucrezio Quem post Lucrettii Catullique mortem multum elegantissimum poetam nostram tulisse aetatem vere videor posse contendere.

Il più fine poeta, credo di poterlo affermare, che la nostra generazione abbia prodotto dopo la scomparsa di Lucrezio e di Catullo. [Cornelio Nepote, Vita di Attico XII, 4]

F3 Catullo: il migliore Consulatui Ciceronis non mediocre adiecit decus natus eo anno divus Augustus [...]. Quis enim ignorat diremptos gradibus aetatis floruisse hoc tempore Ciceronem [...] auctoresque carminum Varronem ac Lucretium neque ullo in suscepti operis sui carmine minorem Catullum.

Al consolato di Cicerone aggiunse non poco onore la nascita, proprio in quell’anno, del divino Augusto [...]. Chi infatti ignora che in questo periodo – distanziati gradualmente per età – fiorirono Cicerone [...] e i poeti Varrone e Lucrezio e Catullo, non inferiore ad alcuno in alcun carme della sua celebrata opera. [Velleio Patercolo, Historiae romanae II, 36, 2]

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D I C O N O D I CATULLO I poeti elegiaci di età augustea considerano Catullo il poeta dell’amore per eccellenza: Properzio F4 riconosce al poeta veronese, definito lascivus, ovvero cantore di un sentimento erotico celebrato nelle sue forme più intensamente passionali, il merito di aver reso immortale la sua Lesbia ancor più di Elena, da sempre paradigma della forza trascinante dell’amore; Ovidio immagina che Tibullo, alla sua morte, sarà accolto da Catullo nei Campi Elisi F5 e lo incorona poeta d’amore per i numerosi amori cantati nei suoi carmi F6 .

F4 Lesbia e Elena Haec quoque lascivi cantarunt scripta Catulli, Lesbia quis ipsa notior est Helena.

Tali temi cantavano anche i versi dello scherzoso Catullo, che fecero conoscere Lesbia più della stessa Elena. [Properzio, Elegiae II, 34, 87 s.]

F5 Nei campi Elisi... Obvius huic venies hedera iuvenalia cinctus tempora cum Calvo, docte Catulle, tuo. Si tamen e nobis aliquid nisi nomen et umbra restat, in Elysia valle Tibullus erit.

Ma se di noi qualcosa, che non sia un nome e l’ombra, rimane, il posto di Tibullo sarà nella valle degli Elisi. Incontro a lui verrai, con le giovani tempie cinte d’edera, insieme al tuo amico Calvo tu, Catullo, dotto poeta. [Ovidio, Amores III, 9, vv. 61-62]

F6 Catullo infedele Sic sua lascivo cantata est saepe Catullo femina, cui falsum Lesbia nomen erat; nec contentus ea, multos vulgavit amores, in quibus ipse suum fassus adulterium est.

Così il lascivo Catullo cantò spesso la sua amante a cui dava il falso nome di Lesbia; e non contento di lei, raccontò una folla di amori, nei quali confessò egli stesso la sua infedeltà. [Ovidio, Tristia II, vv. 427-430]

Marziale, il famoso autore di epigrammi di età Flavia, presenta un catalogo di poeti che coincide con il canone della poesia elegiaca latina (Gallo, Tibullo, Properzio), così come era stato fissato da Ovidio, con l’aggiunta di Catullo, in posizione di rilievo alla fine dell’elenco in veste di principale rappresentante della poesia d’amore e, forse, di precursore del genere elegiaco F7 .

F7 Le donne dei poeti Cynthia te vatem fecit, lascive Properti; ingenium Galli pulchra Lycoris erat; fama est arguti Nemesis formosa Tibulli; Lesbia dictavit, docte Catulle, tibi.

Cinzia fece di te un poeta, lascivo Properzio; la bella Licoride fu la musa ispiratrice di Gallo; Nemesi dalle belle forme procurò fama all’arguto Tibullo; Lesbia dettò i versi a te, o erudito Catullo. [Marziale, Epigrammata VIII, 73, vv. 5-8]

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13 CATULLO E I POETAE NOVI

IL GIUDIZIO DEI MODERNI Il latinista Paolo Fedeli (1939), esperto di poesia latina, nota come proprio Catullo abbia dato un primo fondamentale impulso alla nascita di un linguaggio dell’amore, in precedenza perlopiù assente dalla letteratura latina F8 .

F8 Il linguaggio dell’amore L’amore ha un suo linguaggio, che in larga parte coincide con quello dell’amicizia. Catullo, che più di ogni altro autore ha dato un contributo fondamentale alla creazione del linguaggio d’amore latino, si trova a vivere proprio in un’epoca in cui muta profondamente a Roma il concetto d’amicizia. In precedenza l’amicizia era subordinata alla vita politica e vocaboli della sua sfera definivano il farsi e il disfarsi delle alleanze politiche: nei primi decenni del I sec. a.C., invece, l’amicizia tende a configurarsi come valore autonomo, proprio come avviene per l’amore. Non stupisce, quindi, che nel linguaggio latino dell’amore compaiano termini del lessico politico oltreché di quello dell’amicizia. Grazie a Catullo una nutrita serie di vocaboli acquista diritto di cittadinanza nel linguaggio dell’amore: basterà ricordare la definizione dell’amore come dolor (2, 7), ardor (2, 8), cura (2, 10; 68, 51), ma anche come morbus (76, 25), come pestis e pernicies che simile a un torpor s’insinua nelle membra (76,20), come ignis che brucia nelle midolla (45, 16) e le divora (31, 15); dell’amata come desiderium (2, 5); dell’innamorato come vesanus (7, 10), miser (8, 1; 51, 5), misellus (45, 21) e dell’innamorata che si strugge d’amore come misella (31, 14); dell’innamoramento come equivalente dell’ineptire (8, 1), del perdite amare (45,3), dell’amore deperire (35, 12), del tabescere (68, 55), dell’ardere (68, 53). Non si è mai prestata attenzione ai tempi usati da Catullo nel parlare del suo amore; eppure è significativo che le sue vicende sentimentali siano descritte al presente o al passato, piuttosto che proiettate nel futuro. Perché quello di Catullo è un amore che viene vissuto interamente e intensamente in un fragile e provvisorio presente o che appartiene al passato già nel momento stesso in cui si realizza: il suo è un rapido farsi e un altrettanto rapido disfarsi. [Paolo Fedeli, Bucolica, lirica, elegia, in AA.VV., La poesia latina, a c. di F. Montanari, NIS, rist. 1993, pp. 93 s.]

IL GIUDIZIO DEGLI ANTICHI 1. Con quali aggettivi viene descritto Catullo? Rispondi specificando le fonti di riferimento. 2. Collega il nome di ciascun poeta a quello della donna amata. a. b.

Licoride Cinzia

c. d.

Nemesi Lesbia

1. Tibullo 2. Properzio

3. Cornelio Gallo 4. Catullo

3. In quale fonte è evidente un riferimento al legame di amicizia esistente tra i poeti? Perché? 4. Chi ritiene Catullo un modello per la poesia elegiaca? Perché? 5. L’aggettivo lascivus ha un doppio valore semantico, così come il corrispondente sostantivo lascivia. Opera una ricerca sul vocabolario ed individua sia il significato con connotazione positiva che quello con connotazione negativa.

IL GIUDIZIO DEI MODERNI 6.

Riassumi le osservazioni di Fedeli a proposito della relazione tra amore, amicizia e politica.

7.

Esamina il lessico dell’amore creato da Catullo: quale dimensione del sentimento amoroso risulta prevalente (amore come appagamento, come sofferenza, come gioia, come desiderio)? Perché?

8.

Perché Catullo parla d’amore solo al presente e al passato?

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PER FISSARE I CONCETTI MAPPA

CATULLO (84-54 a.C.)

Ripassa la vita e le opere di Catullo. Puoi anche personalizzare la mappa. fa parte della cerchia dei

poetae novi

giovani intellettuali benestanti, che rivendicano

• la vita privata, soprattutto

l’amore, come tema della poesia

• l’autonomia dell’arte • la centralità dell’individuo rispetto allo Stato

compone una raccolta di poesie, detta

liber o Carmina

che, sulla base di criteri formali, si può dividere in tre parti

• carmi 1-60: nugae,

«poesiole» di argomento e metro vario • carmi 61-68: carmina docta, lunghe ed erudite composizioni di tema mitologico in esametri e distici elegiaci • carmi 69-116: epigrammi, brevi poesie di argomento vario, di tono aggressivo e in distici elegiaci

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in cui canta principalmente il suo

tormentato amore per Lesbia (= Clodia)

ma scrive anche di

amicizie e inimicizie temi mitologici giudizi in campo poetico

che Catullo vorrebbe trasformare in un

in un

foedus («patto»)

linguaggio

basato sulla

caratterizzato da

• ampio uso di diminutivi • alternanza di diversi fides («lealtà»)

registri stilistici

• labor limae


CATULLO

Antologia TESTO MODELLO

T1 | L I | Lesbia, amata come nessuna sarà mai (Carmina, 8)

1▪ La poetica T2 | L | La dedica (Carmina, 1)

4▪ Catullo e Lesbia: storia di un amore tormentato

T3 | L I | Amicizia e poesia

T12 | L | L’inizio dell’amore: come un dio... (Carmina, 51)

T4 | L | Il manifesto della poetica catulliana (Carmina, 95)

T13 | L | La morte del passero

(Carmina, 50)

2▪ Tempi presenti T5 | L | Gioia per il ritorno di un amico (Carmina, 9) T6 | L I | Un singolare invito a cena (Carmina, 13)

T7 | L I | Ritratto impietoso (Carmina, 43)

T8 | I | Baci non solo per Lesbia... (Carmina, 48)

T9 | I | Ritratto di un parvenu (Carmina, 84)

3▪ Memorie di famiglia T10 | L I | Sirmione (Carmina, 31)

T11 | L | Sulla tomba del fratello (Carmina, 101)

(Carmina, 3)

T14 | L | Baci infiniti (Carmina, 5) T15 | L | Il calcolo dei baci (Carmina, 7)

T16 | L | Promesse non mantenute (Carmina, 72)

T17 | L I | Amare e bene velle (Carmina, 75)

T18 | I | Quanto è difficile rinunciare a un amore! (Carmina, 92) T19 | L I | Amore e odio (Carmina, 85) T20 | L | La fine dell’amore (Carmina, 11)

5▪ I carmina docta T21 | I | Il lamento di Arianna, sedotta e abbandonata (Carmina, 64, vv. 124-264)

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TESTO MODELLO T1

Lesbia, amata come nessuna sarà mai

L

(Carmina, 8)

I

Catullo parla di sé e con sé: il suo amore unico, luminoso, che gli ha regalato dei giorni bellissimi, è finito. Il poeta cerca di accettare la dura realtà: la sua donna non lo vuole più e inseguire chi fugge è stupido e doloroso. Perciò deve cambiare atteggiamento, ostentare indifferenza e soffocare così un dolore profondo. Lei, Lesbia, dovrà rimpiangere un amore così grande e resterà sola e infelice.

PERCHÉ È UN TESTO MODELLO? Nel testo sono evidenziati i temi chiave e i principali tratti di lingua e stile di Catullo.

TEMI

L’amore: il lato solare e giocoso, la rievocazione dei momenti più dolci, quando i sentimenti di Catullo erano ricambiati

L’amore: il lato amaro e doloroso, la sofferenza apportata dalle pene e delusioni d’amore, l’asprezza del risentimento e della gelosia

L’autobiografismo e il monologo interiore: una poesia che parla della vicenda di un’anima e dà spazio all’introspezione e alla riflessione intima

LINGUA E STILE •  Il lessico della raffinatezza e dei sentimenti •  Lo stile poliedrico, che spazia dai toni appassionati a quelli giambici e aggressivi

PERCHÉ CI PARLA ANCORA? La fine di un grande amore è un evento drammatico che ciascuno affronta con un atteggiamento diverso, che dipende dai trascorsi e dalla sensibilità personali. In questo componimento Catullo si propone di reagire al dolore con realistica durezza e indifferenza. Tuttavia, la rievocazione del passato meraviglioso e dei baci che anche Lesbia non avrà più tradiscono una straziante amarezza. Pensa al testo di poesie o canzoni dedicate al ricordo di un amore ormai finito e sviluppa le tue riflessioni in un breve scritto (max. 15 righe).

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ANTOLOGIA Testo modello

TESTO ITALIANO

5

10

15

20

Basta con la pazzia, sventurato Catullo, e ciò che vedi morto impara che è perduto. Ci sono stati giorni splendidi, nel sole. E andavi dove lei ti conduceva, l’amata come non sarà nessuna, e avvenivano cose deliziose che tu volevi e lei non disvoleva. Davvero giorni splendidi nel sole. Ora non vuole più. Dunque anche tu non volere. Non inseguire ciò che fugge, o uomo senza freno, non vivere infelice. Sii ostinato, Catullo, sii deciso. Addio, ragazza. Catullo è deciso, se non vuoi non ti cerca, non ti chiede. Però ne soffrirai, se non ti cercano. Sventurata, che vita ti rimane. Verrà qualcuno? E ti vedranno bella? E l’amore? Dirai più «sono sua»? Bacerai? Morderai labbra amate? Catullo, sii ostinato, sii deciso. [Trad. di E. Mandruzzato]

TEMI Com’eravamo felici L’amore corrisposto è rivissuto in versi da Catullo come un evento luminoso, leggero e intenso al tempo stesso, situato in una dimensione assoluta, extratemporale ed extrasociale, dove gli amanti sono unici protagonisti di un attimo di eternità. Perciò Lesbia è stata «amata come non sarà nessuna»; Catullo esprime così la consapevolezza della profondità di una passione che nulla può offuscare.

Soffrire d’amore Inseguire chi fugge nella lirica erotica antica è sinonimo di inevitabile e inutile sofferenza, pur essendo quasi la quintessenza di ogni passione. Questa devastante infelicità è allontanata da Catullo e ritorta contro la donna che lo rifiuta, che andrà incontro a una vita misera perché senza amore.

Il soliloquio Catullo spesso dialoga con se stesso (vedi anche T12 , v. 14), consegnandoci una poesia personale che non si perita di descrivere fatti intimi. In questo caso, il poeta rivolge a se stesso una serie di consigli e accorate esortazioni: deve smettere di coltivare false e sciocche speranze per un amore ormai finito, deve dominarsi (pur essendo impotens, v. 9) e non desiderare più una donna che si sottrae a lui. Il soliloquio è interrotto da una breve allocuzione a Lesbia (vv. 15-18), in cui Catullo immagina che la situazione attuale sia ribaltata, e che stavolta sia la sua donna a soffrire per esser stata abbandonata da tutti i suoi amanti. Catullo potrebbe quasi intenerirsi di fronte a questa immagine, ma (at, v. 19) il suo ‘io‘ interiore lo richiama alla realtà e gli intima di esser forte e perseverare con ostinazione in un atteggiamento di chiusura e durezza (destinatus obdura!).

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13 CATULLO E I POETAE NOVI

TESTO LATINO METRO: coliambi (trimetri giambici scazonti)

Miser Catulle, desinas ineptire, et quod vides perisse perditum ducas. Fulsere quondam candidi tibi soles, cum ventitabas quo puella ducebat, amata nobis quantum amabitur nulla. Ibi illa multa tum iocosa fiebant, quae tu volebas nec puella nolebat. Fulsere vere candidi tibi soles. nunc iam illa non vult: tu quoque, impotens, noli, nec quae fugit sectare, nec miser vive, sed obstinata mente perfer, obdura. Vale, puella, iam Catullus obdurat, nec te requiret nec rogabit invitam. At tu dolebis, cum rogaberis nulla. Scelesta, vae te! Quae tibi manet vita? Quis nunc te adibit? Cui videberis bella? Quem nunc amabis? Cuius esse diceris? Quem basiabis? Cui labella mordebis? At tu, Catulle, destinatus obdura!

5

10

15

LINGUA E STILE Un linguaggio pieno di grazia Quando ricorda la radiosa vicenda d’amore con Lesbia, Catullo impiega un lessico raffinato, ricco di diminutivi affettivi (labella, v. 18), di parole dal suono musicale (iocosa, v. 6, bella, v. 16, basiabis, v. 18), di costruzioni eleganti (come la litote del v. 7: nec… nolebat). Molto evocativo è anche il v. 3 fulsere quondam candidi tibi soles, ripetuto con lieve variatio al v. 8, dove si noti l’uso plurale e metonimico di soles per dies e l’insistenza sull’idea di luminosità (fulsere, candidi).

Un registro più duro Catullo sa, tuttavia, essere anche più aspro, come nel monologo interiore che rivolge a se stesso in questo componimento. Il suo stato è descritto con una parola molto forte, ineptire (v. 1) e la perseveranza richiesta per superare questa condizione è ben espressa da un vigoroso imperativo (obdura, v. 11), ripetuto e rafforzato dall’aggettivo destinatus, che trasmette l’idea dell’irremovibilità di una decisione ormai presa. Anche nei confronti di Lesbia il poeta non risparmia parole di pesante invettiva (scelesta, vae te!, v. 15), che creano un contrasto bruciante con il nostalgico ricordo dei baci che l’amata non riceverà più.

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ANTOLOGIA 1 La poetica

1▪ La poetica Breve e leggera è la poesia nuova di Catullo e dei suoi amici, che, pur non incontrando il favore del popolino T4 , otterrà fama duratura. Sin dal componimento che apre il libellus T2 , Catullo affida alla dedica a un amico alcune allusioni alla propria visione poetica, senza alcuna pretesa di programmaticità. Scrivere per il poeta è soprattutto un lusus, un’espressione di delicata raffinatezza T3 , un divertimento serio che rapisce l’anima e richiede un’applicazione strenua per raggiungere risultati di alta levigazione formale.

T2

La dedica

L

(Carmina, 1)

Il liber di Catullo, che il poeta curò personalmente, è preceduto da un prologo in endecasillabi faleci contenente una dedica al famoso letterato e storico Cornelio Nepote. Questi, anche lui nativo della Gallia Cisalpina, fu autore, tra l’altro, di una Cronica, una cronaca universale in tre libri (perduta) e di una raccolta di biografie (De viris illustribus), di cui si conserva una sezione. Anche Nepote si compiaceva di comporre poesie e stimava in sommo grado Catullo, tanto che ebbe a scrivere che, dopo la morte di Catullo, Roma rimase quasi priva di grandi poeti.

HUB LIBRARY Su HUB Library puoi leggere altri carmi dedicati da Catullo ai propri amici, tra cui Il dono di Calvo per i Saturnali (carme 14).

METRO: endecasillabi faleci

5

10

Cui dono lepidum novum libellum arida modo pumice expolitum? Corneli, tibi: namque tu solebas meas esse aliquid putare nugas iam tum, cum ausus es unus Italorum omne aevum tribus explicare cartis doctis, Iuppiter, et laboriosis. Quare habe tibi quidquid hoc libelli qualecumque; quod, o patrona virgo, plus uno maneat perenne saeclo.

1-2 Cui dono… expolitum?: «A chi dono il bel libretto nuovo, appena (modo) levigato dalla ruvida pomice?». Si tratta di una domanda fittizia, che conferisce all’incipit un tono amichevole e colloquiale; è notevole l’omoteleuto lepidum novum libellum… expolitum. • expolitum: lett. «levigato», si riferisce al procedimento di rifinitura dei bordi esterni del rotolo di papiro. 3-4 Corneli… nugas: «A te, Cornelio: infatti tu eri solito (namque tu solebas) ritenere che le mie poesiole valessero qualcosa (esse aliquid)». L’uso dell’imperfetto solebas implica che il giudizio di Nepote sui carmi di Catullo fosse cosa nota e spiega quindi il motivo della dedica (namque). • L’espres-

sione aliquid esse è colloquiale, ma ricalca un’analoga struttura greca. • Da notare l’iperbato meas… nugas. 5-7 iam tum… laboriosis: «già allora, quando osasti, unico fra gli Italici (unus Italorum), esporre la storia universale in tre volumi (tribus… cartis) ricchi di dottrina (doctis), per Giove, e di duro lavoro (laboriosis)». L’accumulo dei due avverbi temporali (iam tum) e della congiunzione (cum) specifica l’imperfetto solebas, ribadendo la lunga consuetudine di Nepote con la poesia di Catullo. • ausus es: il verbo audeo celebra l’ardimento di Nepote nell’affrontare un’opera impegnativa come il compendio di storia universale in tre soli rotoli di papiro. • omne aevum: lett. «ogni epoca».

8-10 Quare… saeclo: «Perciò (Quare) accetta (habe tibi) questo libretto, per quel che è (quidquid) e per quel che vale (qualecumque) ed esso (quod = et hoc = et hic libellus), o vergine protettrice, possa durare nel tempo per più di una generazione». Il costrutto del pronome neutro con il genitivo partitivo hoc libelli equivale a hunc libellum. • L’espressione habe tibi (dativo etico) è di uso colloquiale, come la congiunzione conclusiva Quare. • L’aggettivo perenne, qui in funzione predicativa («così da essere duraturo»), significa «durevole» (da per + annus), mentre saeclum = saeculum ha il senso di «generazione». • maneat è congiuntivo ottativo. • Il vocativo patrona virgo è riferito alla Musa.

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13 CATULLO E I POETAE NOVI

GUIDA ALLA LETTURA Dedica e autopromozione La dedica con autopresentazione all’inizio di una raccolta era abituale tra i letterati: un esempio è quello del poeta greco Meleagro di Gadara, autore ben noto a Catullo e suo quasi contemporaneo, che all’inizio della sua antologia di epigrammi, dedicata a un amico a noi ignoto, scrive: «A chi, Musa cara, tu offri questo canto fiorito, chi fu colui che intrecciò la ghirlanda dei poeti? Fu Meleagro, per l’illustre Diocle ha cesellato questo memore dono» (Antologia Palatina IV, 1). L’uso era antico: l’autocitazione in incipit, oltre a soddisfare il comprensibile narcisismo degli scrittori, serviva da garanzia e da sigillo di autenticità; anche Tucidide inizia la sua opera storica con la stessa formula: «Tucidide di Atene scrisse la storia della guerra tra Ateniesi e Spartani». Un manifesto di poetica Il proemio di Catullo, peraltro, funge anche da manifesto poetico: il suo è un libellus (diminutivo di liber) e dunque non un’opera ingombrante; è lepidus, leggero e grazioso, molto ben rifinito ed elegante, frutto di un’attenta elaborazione formale, come volevano i canoni poetici alessandrini e l’estetica dei poetae novi; sono nugae, letteralmente «inezie, cose da nulla», poesiole brevi, disimpegnate (la parola esprime l’identico concetto del greco pàignia, «giochi» letterari): un’apparente manifestazione di modestia da parte

di Catullo, che in realtà è una dichiarazione di poetica. In questo stesso breve componimento Catullo elogia l’originalità e il coraggio dimostrati dallo storico Cornelio Nepote che, unico tra gli Italici, ha osato ed è riuscito a concentrare la trattazione di una materia enormemente vasta – la storia universale (omne aevum) – in pochissimo spazio: tre rotoli di papiro (cartis). Catullo definisce questi ultimi docti, perché ricchi di erudizione e dottrina, e laboriosi, in quanto frutto di un duro lavoro di rifinitura, che – unico – può garantire un effetto di leggerezza e semplicità. Quanti libelli? Certamente il libellus conteneva solo

una parte dell’opera catulliana. È facile fare i conti: l’opera di Catullo è divisa in tre sezioni di simile estensione, la prima di carmi polimetri (1-60) per un totale di 863 versi; la seconda (61-68) di carmina docta (802 versi); la terza, in distici elegiaci, di 644 versi. Tre libelli, tre rotoli di papiro, ciascuno contenente una parte della produzione catulliana. Verso la fine dell’antichità, quando al rotolo si sostituì il volume, ossia il libro nel senso moderno del termine, i tre rotoli vennero fatti confluire in un solo codice, e da questo dipende il libro che nel IX secolo fu trascritto e conservato nella Biblioteca Capitolare di Verona, modello di tutte le copie che si sono tramandate sino ai nostri tempi.

ANALIZZA IL TESTO Comprensione 1. Chi è il Cornelio citato al v. 3? 2. Quale ruolo ha nella raccolta poetica? 3. A quale sua opera allude Catullo ai vv. 5-7? Analisi 4. Completa. a. Cui dono… expolitum (vv. 1-2): è una proposizione ������������������������������������������������������������������������������������� b. arida… pumice (v. 2): si tratta di un complemento di ������������������������������������������������������������������������������������� c. tribus… cartis (v. 6): si tratta di un complemento di ������������������������������������������������������������������������������������� d. quod (v. 9): è un ������������������������������������������������������������������������������������� e. maneat (v. 10): è un congiuntivo �������������������������������������������������������������������������������������

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5. Individua e sottolinea la metonimia e il poliptoto presenti nel carme. 6. Cerchia tutti i termini e le espressioni che si riferiscono alla poetica di Catullo. 7. L’espressione arida modo pumice expolitum al v. 2 allude al labor limae. Di che cosa si tratta? Questo concetto è riferibile solamente a Catullo o anche agli altri poetae novi? Produzione 8. A partire dall’analisi stilistica e contenutistica del carme illustra in un breve testo (max. 10 righe) la poetica di Catullo.


ANTOLOGIA 1 La poetica

T3

Amicizia e poesia

L

(Carmina, 50)

I

Il poeta e oratore Licinio Calvo è ricordato da Catullo in più occasioni (Carmina, 14, 53). In questo componimento Catullo scrive a Calvo dopo aver passato con lui il giorno prima a ‘giocare con i versi’ e gli esprime, con grande partecipazione, tutta la sua gioia e la sua nostalgia. METRO: endecasillabi faleci

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Hesterno, Licini, die otiosi multum lusimus1 in meis tabellis, ut convenerat esse delicatos. Scribens versiculos uterque nostrum ludebat numero2 modo hoc modo illoc, reddens mutua per iocum atque vinum. Atque illinc abii tuo lepore3 incensus, Licini, facetiisque, ut4 nec me miserum cibus iuvaret nec somnus tegeret quiete ocellos, sed toto indomitus furore lecto versarer, cupiens videre lucem, ut5 tecum loquerer, simulque ut essem. At defessa labore membra postquam semimortua lectulo iacebant, hoc, iucunde, tibi poema feci, ex quo perspiceres meum dolorem6. Ieri, Licinio, per passare il tempo ci siamo divertiti a improvvisare sui miei quaderni in delizioso accordo. Scrivendo versi abbiamo giocato a misurarci su questo o quel metro, uno dopo l’altro, nell’allegria del vino. E me ne sono andato di là incantato, Licinio, dalla grazia del tuo spirito, così da non trovare, misero, conforto neppure nella cena, da non riuscire nemmeno a chiudere occhio: vinto dall’emozione mi son rivoltato dentro il letto smaniando che facesse giorno per poterti parlare, per stare con te. Ma ora che, morto di stanchezza, il mio corpo senza più forze nel letto ha trovato pace, ho scritto per te, amico mio, questi versi, perché tu potessi capire la mia pena.

L 1. lusimus: nella poesia d’ispirazione ales-

sandrina ludere ha il significato di «poetare» (essendo la poesia un lusus, cioè un gioco). 2. numero: numerus designa il metro usato per una composizione poetica.

3. lepore: anche la parola lepos («grazia») è tipica della poesia d’ispirazione alessandrina. 4. ut: la congiunzione introduce tre consecutive, che descrivono l’effetto dell’‘incantesimo’ prodotto da Calvo su Catullo.

5. ut: in questo verso invece i due ut introducono altrettante proposizioni finali. 6. ex quo… meum dolorem: proposizione relativa impropria, in cui il congiuntivo perspiceres ha valore caratterizzante.

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13 CATULLO E I POETAE NOVI

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20

Nunc audax cave7 sis, precesque nostras, oramus, cave despuas, ocelle8, ne poenas Nemesis reposcat a te. Est vehemens dea: laedere hanc caveto. Non essere sprezzante, non respingere di grazia, occhi miei, le mie preghiere: provocheresti il castigo di Nemesi1. È una dea terribile, non offenderla.

L 7. cave: imperativo da caveo; regge qui,

come nel verso successivo, il congiuntivo semplice; al v. 21, invece, caveto (III perso-

na dell’imperativo) è forma impersonale e regge l’infinito. 8. ocelle: il diminutivo di ocellus, in caso

[Trad. di M. Ramous, con adattamenti]

vocativo, presenta qui una sfumatura affettiva e si riferisce ovviamente all’amico di Catullo, Licinio Calvo.

I 1. Nemesi è la dea della giustizia e della vendetta.

GUIDA ALLA LETTURA Una struttura tripartita Il componimento proposto si può considerare un’epistola poetica (come i Carmina 38, 65, 68) indirizzata a Calvo. Nonostante la brevità, presenta tre articolati nuclei tematici: •  vv. 1-6: rievocazione della giornata precedente, passata a comporre poesia con Calvo; •  vv. 7-13: descrizione degli effetti su Catullo nella sera e notte seguente; •  vv. 14-21: offerta del presente poema a Calvo e richiesta all’amico. Il sodalizio Nella prima parte del poemetto (vv. 1-6) emerge che Catullo e Calvo erano uniti da una profonda complicità letteraria: sono infatti raffigurati mentre scrivono l’uno dopo l’altro (reddens mutua, v. 6) in vario metro (numero modo hoc modo illoc, v. 5) e in un contesto giocoso e simposiale (per iocum atque vinum, v. 6). La testimonianza di Catullo è interessante per comprendere la genesi di alcune nugae del libellus, e per ricostruire le tendenze letterarie dei poetae novi. La poesia è per Catullo e Calvo un gioco serio: i due si sfidano bonariamente e investono il loro tempo libero (otiosi, v. 1) in esperimenti metrici che molto contribuiscono a perfezionare le loro capacità poetiche. Scambio culturale ed esercizio

formale, i due pilastri su cui si fonda la rivoluzione di un piccolo gruppo di poeti che in pochi anni cambiò il volto della letteratura latina. Amicizia o amore? L’esperienza vissuta con Calvo è stata per Catullo così forte da ridurlo in uno stato di eccitazione simile a quello di un innamorato. All’ambito erotico appartengono, infatti, le metafore impiegate dal poeta per descrivere la sua condizione (incensus, v. 8 e me miserum, v. 9), così come l’immagine di chi non riesce a trovar conforto nel cibo o nel sonno. L’impiego del linguaggio amoroso in questo contesto è funzionale a dar peso a un’esperienza intellettuale e poetica eccezionale, non certo ad esprimere genuini sentimenti erotici. La richiesta di Catullo Alla fine, Catullo è riuscito a riposare e al risveglio ha composto il presente poemetto per esprimere a Calvo la sua nostalgia (dolorem, v. 17). Ora gli chiede di ascoltare le sue preghiere (preces nostras, v. 18) e, con tono lievemente minaccioso, di non incorrere nell’ira della dea Nemesi. La metafora amorosa implicitamente continua, perché Nemesi era nota per punire gli amanti riluttanti. Che cosa avrà richiesto Catullo a Calvo? Un nuovo incontro? O una risposta per le rime?

ANALIZZA IL TESTO Riflessione e interpretazione 1. Nella cultura romana, il concetto di amicizia è per lungo tempo sinonimo di semplice solidarietà politica. Che cos’è,

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invece, per Catullo, l’amicizia? E in che rapporto si pone con l’amor, termine di cui condivide la radice? Rispondi in un breve testo (max. 10 righe).


ANTOLOGIA 1 La poetica

T4

Il manifesto della poetica catulliana

L

(Carmina, 95)

Grande amico di Catullo fu il poeta Elvio Cinna, autore del poemetto Zmyrna, che vide la luce dopo nove anni di elaborazione: Catullo saluta con gioia la nuova opera, a cui augura fortuna duratura. Oltre che per rendere omaggio a un caro amico, l’occasione si presta perché il poeta enunci le sue tendenze letterarie, prettamente alessandrine: opere improvvisate come quelle di Ortensio o Volusio non meritano alcuna considerazione, mentre lo stile pomposo di un Antimaco viene lasciato alle preferenze del volgo profano (populus, v. 10). METRO: distici elegiaci

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Zmyrna mei Cinnae, nonam post denique messem quam coeptast nonamque edita post hiemem, milia cum interea quingenta Hortensius uno […] Zmyrna cavas Satrachi penitus mittetur ad undas, Zmyrnam cana diu saecula pervoluent: at Volusi annales Paduam morientur ad ipsam et laxas scombris saepe dabunt tunicas. parva mei mihi sint cordi monumenta <sodalis>: at populus tumido gaudeat Antimacho.

1-2 Zmyrna… hiemem: «La Zmyrna del mio Cinna, dopo nove inverni e nove estati da quando è stata cominciata, è pubblicata». Il mito narrava che Zmyrna, detta anche Myrrha, fosse innamorata del padre (cfr. Ovidio, Met. 10, 298 ss.). Dell’epillio ci sono arrivati pochissimi frammenti, dai quali si evince che doveva trattarsi di un’opera molto erudita e raffinata. • La perifrasi nonam post messem… nonamque… post hiemem (letteralmente «dopo il nono raccolto e il nono inverno») indica che sono trascorsi ben nove anni dall’inizio della composizione del poemetto. La costruzione di post… quam (dove post funge da preposizione con l’accusativo) è arcaica. 3-4 milia… uno <…>: «mentre Ortensio (scrive) cinquecentomila (versi) in un (anno)…». Il pentametro corrispondente al v. 4 è caduto, ma il senso del distico si può intui-

re: Catullo mette a contrasto la meticolosità e i tempi lunghi di Cinna con la faciloneria di Ortensio Ortalo, console nel 69 a.C. e oratore famoso, ma poeta dilettante. 5-6 Zmyrna… pervoluent: «la Zmyrna, invece, arriverà fin dentro alle acque profonde del Sàtraco, la Zmyrna sarà letta a lungo in secoli lontani». Il Sàtraco era un fiume di Cipro, il luogo in cui era appunto ambientata la Zmyrna. • cana saecula, lett. «secoli canuti» è il soggetto di pervoluent, che indica l’azione di ‘sfogliare’ un libro (o meglio, di svolgere ripetutamente un rotolo di papiro). 7-8 at Volusi… tunicas: «Invece gli Annales di Volusio moriranno proprio a Padova, e forniranno tuniche larghe per gli sgombri». Nel carme 36 Catullo definisce gli Annales di Volusio cacata carta: poco sappiamo di questo autore tanto disprezzato da

Catullo: non si può con certezza stabilire se con Paduam Catullo si riferisca alla città di Padova o al fiume Padoa (un ramo del Po), ipotesi che il confronto con il Sàtraco indurrebbe a preferire. • laxas…tunicas: il papiro su cui sono stati copiati gli Annales di Volusio servirà per cucinare il pesce al cartoccio, un altro modo per dire che finiranno nel fuoco. 9-10 parva… Antimacho: «mi siano sempre care le brevi opere del mio amico; invece, si godano i profani l’enfasi di Antimaco». Antimaco di Colofone (V sec. a. C.) fu autore di un’opera elegiaca, la Lide, ed una epica, la Tebaide, lunga ben 24 volumi. Catullo condivide il giudizio spregiativo sull’opera dell’ampolloso (tumidus) Antimaco già espresso da Callimaco. • sodalis è integrazione proposta dal filologo e umanista Girolamo Avanzi (XV-XVI secolo) per completare il verso trasmesso mutilo dai manoscritti.

ANALIZZA IL TESTO Comprensione 1. Che analogia e che differenza ci sono tra Ortensio e Volusio da una parte, e Antimaco dall’altra? Analisi 2. Che cosa va sottinteso dopo il participio edita (v. 2)? 3. Che tipo di complemento è espresso da cordi (v. 9)?

Confronto 4. Nei vv. 5-6 Catullo pronostica alla Zmyrna un successo che travalicherà i confini spazio-temporali della vita di Cinna. Confronta questo passaggio con il carme di apertura del libro ( T2 , vv. 9-10) e con passi di altri autori che parlano della perennità della propria opera e scrivi un testo in cui evidenzi analogie e differenze (max. 10 righe).

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13 CATULLO E I POETAE NOVI

HUB LIBRARY Su HUB Library puoi leggere altri ritratti impietosi, tra cui Le discutibili abitudini di Egnazio (carme 39).

bellam | graziosa L’aggettivo bellus, da cui l’italiano ‘bello’, nasce come diminutivo di bonus e vale «carino, grazioso». Non ha il respiro degli aggettivi pulcher, o formosus, «bello, di bell’aspetto», rispetto a cui veicola una idea di maggiore affetto e famigliarità.

T7

Ritratto impietoso

L

(Carmina, 43)

I

Con molta ironia Catullo saluta una ragazza che a Verona qualcuno paragona alla sua Lesbia: che mancanza di gusto! Indirettamente il poeta passa in rassegna tutti gli elementi che trova belli in una donna: il naso e i piedi piccoli, gli occhi neri, le dita affusolate, la bocca sottile e la conversazione elegante, consegnandoci così un ritratto negativo della giovane veronese. METRO: endecasillabi faleci

Salve, nec minimo puella naso nec bello pede nec nigris ocellis nec longis digitis nec ore sicco nec sane nimis elegante1 lingua, decoctoris amica Formiani2. Ten provincia narrat esse bellam? Tecum Lesbia nostra comparatur? O saeclum insapiens et infacetum!

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Salve, ragazza dal naso non piccolo, dal piede non grazioso, occhi non neri dita non lunghe, bocca non ben netta, conversazione non troppo elegante, amante di un fallito in quel di Formia. In provincia ti dicono graziosa? Vieni paragonata alla mia Lesbia? Tempi stupidi. Tempi senza spirito. [Trad. di E. Mandruzzato]

L 1. elegante: la desinenza -e al posto di -i è richiesta dal metro.

2. decoctoris… Formiani: lo stesso verso ricorre nel carme 41 (v. 4). Infatti, Catullo parla delle stesse persone: Ameana e il suo amante Mamurra, uomo politico molto discusso originario di Formia, contro cui spesso si rivolgono i suoi strali polemici.

GUIDA ALLA LETTURA Al di là dei canoni convenzionali di bellezza Nel carme 86 Catullo paragona Lesbia a Quinzia, definita generalmente formosa («bella»); in quel carme il poeta non nega che l’altra donna possieda caratteristiche che, prese singolarmente, corrispondono ai canoni di bellezza nell’antichità (come il colorito chiaro, la statura alta, il portamento eretto). Tuttavia, nel complesso, secondo lui non si può definire ‘bella’, perché le manca la venustas (il «fascino»), e in un corpo così grande non ci trovi una mica salis («un granello di sale»), cioè prontezza di spirito ed eleganza. Lesbia, invece, è tutta bellissima (pulcherrima tota est), tanto da oscurare ogni altra donna.

Anche nel carme 43 qui riportato il poeta non si concentra solo sulle caratteristiche fisiche che connotano la bellezza di una donna, ma ne esalta anche la lingua elegans, la conversazione raffinata. Viene in mente la descrizione di Sempronia da parte di Sallustio (De Catilinae coniuratione, 25): in questa donna, che oltre a essere bella era colta, intellettualmente vivace e sensuale, si trovavano multae facetiae multusque lepos («molto spirito e molta grazia»). Non stupisce perciò l’esclamazione sdegnata e ironica con cui si chiude il carme 43: considerare Ameana bella e paragonarla a Lesbia è davvero indizio di ignoranza e ineleganza!

ANALIZZA IL TESTO Comprensione 1. Qual è, secondo te, la reale intenzione di questo componimento?

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Analisi 2. Evidenzia tutte le litoti presenti nel componimento. 3. Come si chiama la figura retorica che consiste nella ripetizione di una parola, come in ten… tecum (vv. 6-7)?


ANTOLOGIA 2 Tempi presenti

T8 I

Baci non solo per Lesbia…

EDUCAZIONE CIVICA

(Carmina, 48)

Catullo non si sazierebbe mai di baciare gli occhi di Giovenzio, un giovane a cui sono dedicati alcuni componimenti dolci e leggeri, come questo, che nella sua elegante brevità gioca sul tema della moltiplicazione infinita dei baci (vedi anche T14 e T15 ).

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Identità ed espressioni di genere

Se quei tuoi occhi di miele, Giovenzio, fosse dato baciarli sempre sempre trecentomila volte, neanche allora penserei di saziarmene in futuro, fosse messe di baci fitta fitta come mai fu messe di spighe asciutte1. [Trad. di E. Mandruzzato]

1. Ossia ‘mature’. In latino l’espressione usata (aridis aristis) è allitterante.

GUIDA ALLA LETTURA Gli amori omoerotici di Catullo Alcuni componimenti catulliani sono dedicati al tema della relazione pederastica di un uomo maturo con un giovanetto di condizione inferiore: una tipologia di amore assolutamente diffusa nell’antichità e celebrata tradizionalmente dalla lirica erotica greca.

Al ragazzino di cui si parla qui, Giovenzio, definito mellitus («dolce come il miele») anche nel carme 99, sono dedicati altri componimenti (carmi 24, 81, 99 e forse il carme 15), in cui affiora con insistenza il tema della gelosia, vissuta però con molta più leggerezza in confronto all’amore per Lesbia.

ANALIZZA IL TESTO Analisi 1. La metafora del ‘saziarsi di baci’ ne innesca un’altra, quale?

Riflessione e interpretazione 2. Confronta questo componimento con quello, ben più celebre, dedicato ai baci dati a Lesbia T14 : che analogie e differenze noti?

LABORATORIO DI EDUCAZIONE CIVICA Ricerca e produzione 3. Identità ed espressioni di genere Oggi abbiamo una visione molto variegata della sessualità, anche grazie alle battaglie combattute sin dagli anni Ottanta dal movimento per i diritti delle persone LGBTQIA+ (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Queer, Intersessuali e Asessuali, più ulteriori specificità di genere). Per un Romano come Catullo (quindi una persona dell’élite colta, dotata di una raffinata sensibilità e insofferente alla visione tradizionalistica propria del mos maiorum) l’orientamento sessuale era abbastanza aperto a varie possibilità, anche se l’identità di genere restava qualcosa di ben definito. In altre parole, Catullo si considerava un ‘maschio’, in accordo con il sesso assegnatogli dalla nascita, ma questo non gli proibiva di provare attrazione sia per uomini sia per donne, pur se in maniera diversa. Dividetevi in tre gruppi, ciascuno dei quali preparerà una breve presentazione in PowerPoint (max. 5 slide ciascuna) sui seguenti temi: • identità di genere; • ruolo ed espressione di genere; • orientamento sessuale. Per ciascun tema chiarite la problematica nella sua complessità, fornendo tipologie ed esempi.

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13 CATULLO E I POETAE NOVI VIDEO

T11 Sulla tomba del fratello L

Segui la lettura metrica del brano in modalità karaoke.

(Carmina, 101)

Catullo accompagnò in Bitinia, nell’Asia Minore, l’amico Gaio Memmio; di ritorno, nella primavera del 56 a.C., passò per la Troade, dove sorgeva la tomba del fratello, al quale dedica questo desolato compianto. Forse Catullo era già malato, certo disilluso: quando scrisse queste amare e dolenti parole gli rimanevano solo due anni di vita, e forse sentiva l’ombra della morte allargarsi su di lui. METRO: distici elegiaci

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Multas per gentes et multa per aequora vectus advenio has miseras, frater, ad inferias, ut te postremo donarem munere mortis et mutam nequiquam alloquerer cinerem, quandoquidem fortuna mihi tete abstulit ipsum, heu miser indigne frater adempte mihi! Nunc tamen interea haec, prisco quae more parentum tradita sunt tristi munere ad inferias, accipe fraterno multum manantia fletu, atque in perpetuum, frater, ave atque vale.

1-2 Multas… ad inferias: «Avendo viaggiato (vectus) per molte terre (lett. tra molti popoli) e per molti mari, sono giunto, o fratello, a (donarti) queste tristi offerte funebri». Il presente advenio indica lo stato risultante dall’azione di «andare». • La preposizione ad ha valore finale ed è in anastrofe all’interno dell’iperbato has miseras… inferias. 3-4 ut te… cinerem: «per renderti l’estremo omaggio dovuto alla morte e parlare (et… alloquerer) invano (nequiquam) alla cenere muta». Le due finali hanno il congiuntivo imperfetto perché dipendono da advenio, che equivale a un perfetto risultativo. • Il verbo dono è costruito con l’accusativo della persona (ut te… donarem) e l’ablativo della cosa (postremo… munere). • mortis è genitivo oggettivo. • Il verbo alloquor è transitivo e ha come oggetto mutam… cinerem.

5-6 quandoquidem… mihi: «dal momento che (quandoquidem) la sorte mi ha portato via (mihi… abstulit) la tua persona (tete… ipsum), o infelice fratello strappato ingiustamente a me!». 7-10 Nunc tamen… vale: «Ora tuttavia, stando così le cose, accogli questi doni (haec… accipe) che, secondo l’antico costume degli avi (prisco… more parentum), ti sono stati portati (tradita sunt) con triste tributo per le offerte funebri (ad inferias), molto grondanti (multum manantia) di pianto fraterno (fraterno… fletu) e addio, fratello, per sempre addio». Il nesso tristi munere è ablativo di modo. • L’avverbio multum rafforza il participio manantia, riferito a haec. L’uso di multum come rafforzativo di un aggettivo o participio è colloquiale.

Moneta d’argento (tetradracma) con l’effigie di Nicomede IV, re di Bitinia dal 95 al 75 a.C. circa.

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ANTOLOGIA 3 Memorie di famiglia

GUIDA ALLA LETTURA Motivi letterari che ritornano La composizione ricalca, ma con accenti di grande sincerità, il modello degli epigrammi funerari greci, che venivano comunemente incisi sulla tomba del defunto ed erano spesso carichi di valenza pubblica e collettiva (» p. 369). Qui invece il lutto è tutto interiore, tutto personale; certo esistevano, naturalmente, epigrammi funebri greci con accenti personali e uno è, per esempio, quello (che secondo certi critici ispirò Catullo) che il poeta Meleagro dedicò alla sua amata Eliodora: «Lacrime anche attraverso la terra ti dono, Eliodora, relitto del mio amore, relitto della mia passione» (Antologia Palatina VII, 417). A sua volta, com’è noto, il carme di Catullo ispirò il sonetto di Ugo Foscolo In morte del fratello Giovanni (» p. 398).

Una pietosa illusione Il poliptoto Multas… multa (v. 1) sottolinea la lontananza del sepolcro, che rende a Catullo ancora più penosa la morte del fratello; gentes indica metonimicamente le terre abitate dalle popolazioni che il poeta ha dovuto attraversare per compiere il suo officio funebre. Ai vv. 3-4, l’allitterazione munere mortis… mutam pone in luce la consapevolezza che il colloquio con il defunto è solo un’illusione: esso è inutile (nequiquam), poiché la cenere non può rispondere (mutam). Il doppio rafforzativo tete… ipsum sottolinea invece l’opposizione fra la persona, che la sorte (fortuna) ha rapito una volta per tutte all’affetto dei familiari, e la «muta cenere» dalla quale non sarà mai più possibile avere risposte. Un dolore crudele L’insistenza sul concetto di «strappare via» (abstulit, adempte) e la ripetizione dei pronomi personali (te, mihi, tete, ipsum, mihi) e del vocativo frater (vv. 2, 6, 10) esprimono l’intensità del dolore di Catullo. Il v. 7 si apre con un’ampia articolazione avversativa: Nunc, «ora», tamen, «tuttavia» e interea, «dal momento che le cose stanno così»; in questo modo Catullo manifesta la profonda difficoltà con cui si accinge a compiere il rito per il quale è venuto (vedi anche la ripetizione delle espressioni ad inferias e munere, con tristi che varia miseras). Da notare ai vv. 8-9 l’iperbato e l’allitterazione in fraterno… fletu e l’allitterazione in multum manantia: i quattro termini sono disposti in chiasmo.

Rovine della città di Prusia, sul fiume Ippio, in Bitinia: la città, che prima si chiamava Kieros, venne così ribattezzata dopo la conquista da parte del re Prusia, tra il III e il II secolo a.C.

ANALIZZA IL TESTO Comprensione 1. La tomba del fratello si trovava vicino o lontano dalla residenza di Catullo? Da quale verso si evince? 2. Quale gesto compie Catullo presso la tomba del fratello? Analisi 3. Completa. a. quandoquidem (v. 5): introduce una proposizione ������������������������������������������������������������������������������������� b. ad inferias (v. 8): è un complemento di �������������������������������������������������������������������������������������

c. fraterno… fletu (v. 9): è un ablativo di ������������������������������������������������������������������������������������� 4. Cerchia la metonimia presente al v. 1 e l’apostrofe ai vv. 6 e 10. 5. Sottolinea nel testo le allitterazioni e gli iperbati. Confronto 6. Confronta in un testo (max. 10 righe) il componimento di Catullo con il sonetto In morte del fratello Giovanni (» p. 398): individua gli elementi che Ugo Foscolo riprende dal carme latino e quelli che invece ti sembrano peculiari della sua poesia.

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COLLEGAMENTI

LETTERATURA ITALIANA

IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI Una ripresa del carme di Catullo

Il colloquio tra vivi e morti

Il carme 101 di Catullo, dedicato alla perdita del fratello, ispirò un celeberrimo sonetto del poeta Ugo Foscolo (1778-1827), che a sua volta aveva perso un fratello, Giovanni, morto probabilmente suicida nel 1801. Il sonetto riprende fin dall’inizio il carme catulliano, ma se ne differenzia anche, sostituendo all’idea del viaggio quella del fatale peregrinare senza pace «fuggendo / di gente in gente» e introducendo così il tema, tipicamente foscoliano, dell’esilio, che apre e chiude la composizione e che costituisce il tema principale di un altro famoso sonetto, A Zacinto. Il v. 6 riproduce il v. 4 di Catullo, ma con una sfumatura drammatica più intensa, sottolineata dall’opposizione fra il verbo iniziale «parla» e l’aggettivo finale del verso «muto».

Il motivo del tacito colloquio fra il vivo e il morto è squisitamente foscoliano (sviluppato poi nel carme I sepolcri), ed è il segno di quella «corrispondenza di amorosi sensi» che, attraverso la tomba, unisce i vivi ai morti. Il gesto di tendere le mani (v. 7) riecheggia quello dell’invocazione e del lamento attestato nella poesia sia greca sia latina, ma, più sottilmente, richiama un topos che nella poesia classica accompagna il tema dell’incontro fra i vivi e i morti. Famoso è il tentativo di Enea di abbracciare l’ombra del padre Anchise (Eneide VI, vv. 10481050), ma si può ricordare anche l’incontro di Odisseo con la defunta madre Anticlea (Odissea XI, vv. 206-208: «tre volte tentai di abbracciarla spinto dal mio animo e tre volte mi sfuggì dalle mani come un’ombra»).

Un di’, s’io non andrò sempre fuggendo1 di gente in gente, me vedrai seduto su la tua pietra2, o fratel mio, gemendo3 il fior de’ tuoi gentili anni caduto4.   5

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La madre or sol suo di’ tardo traendo5 parla di me col tuo cenere muto, ma io deluse6 a voi le palme7 tendo e sol da lunge8 i miei tetti9 saluto. Sento gli avversi numi10, e le secrete cure che al viver tuo furon tempesta11, e prego anch’io nel tuo porto quiete12 . Questo13 di tanta speme14 oggi mi resta! Straniere genti15, almen le ossa rendete allora16 al petto della madre mesta.

Odisseo (Ulisse) cerca di abbracciare il fantasma di sua madre Anticlea. Dipinto di Jan Styka (1858-1925).

1. Peregrinando. 2. La pietra tombale. 3. Piangendo. 4. La tua fiorente giovinezza abbattuta dalla morte. 5. Trascinando a fatica la sua vecchiaia. 6. Invano, senza speranza. 7. Sineddoche per le mani, le braccia.

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8. Da lontano, cioè da Milano, dove il poeta si trova. 9. Altra sineddoche per intendere la casa materna di Venezia. 10. La sorte sfavorevole. 11. Il poeta intende le angosce, segrete perché sconosciute agli altri, che sconvolsero la vita del fratello.

12. Ovvero: invoco anch’io come te la quiete della morte. 13. Il desiderio della morte. 14. Speranza. 15. I popoli stranieri, presso i quali il poeta morirà. 16. Cioè quando sarò morto.


ANTOLOGIA 4 Catullo e Lesbia: storia di un amore tormentato

4▪  Catullo e Lesbia: storia di un amore tormentato La storia d’amore con Lesbia è al centro dell’ispirazione poetica di Catullo: il percorso proposto tenta di ricostruire l’evoluzione di questa storia, la cui eccezionalità è espressamente riconosciuta dal poeta T1 ; T19 , dalle prime fasi dell’innamoramento T12 fino al divortium, alla rottura irreversibile T20 . Catullo descrive la sua relazione con Lesbia, sia nella fase più radiosa T13 ; T14 ; T15 sia retrospettivamente dopo la penosa delusione T1 ; T16 ; T17 , in termini rivoluzionari, operando un vero e proprio capovolgimento dei valori di fondo della società romana, che la sua relazione adulterina metteva in discussione. Inoltre, l’esperienza della sofferenza d’amore induce il poeta a guardarsi dentro, descrivendo le varie forme, spesso contraddittorie e insane, che assume la passione T17 ; T18 ; T19 , e distinguendo i concetti di amare e bene velle T16 ; T17 .

T12 L’inizio di un amore: come un dio… L

VIDEO

(Carmina, 51)

In questo carme il poeta celebra la scoperta della passione, descritta come un’esperienza esaltante e devastante al tempo stesso, come il divampare di una forza selvaggia che si impadronisce dell’uomo dall’esterno, portandolo a uno stato di totale impotenza, una notte dei sensi simile alla morte.

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METRO: strofe saffica (tre endecasillabi saffici seguiti da un adonio)

Ille mi par esse deo videtur, ille, si fas est, superare divos, qui sedens adversus identidem te spectat et audit 5

dulce ridentem, misero quod omnis eripit sensus mihi; nam simul te, Lesbia, aspexi, nihil est super mi <vocis in ore>

1-4 Ille… audit: «Mi sembra (mi = mihi… videtur) essere pari a un dio, (mi sembra), se è lecito, essere superiore agli dèi, quell’uomo che, seduto di fronte, ti osserva e ti ascolta senza sosta (identidem)». I primi due versi sono focalizzati su quell’indefinito ille (da notare l’anafora) che viene posto in relazione con gli dèi (deo - divos), prima indicando una parità (par esse), poi addirittura una superiorità (superare). • La formula si fas est sottolinea la valenza iperbolica dell’affermazione. 5-8 dulce… <vocis in ore>: «mentre ridi dolcemente, cosa che (quod) a me infelice (misero… mihi)

strappa via ogni senso: infatti non appena ti getto uno sguardo, Lesbia, non mi rimane più (nihil est super mi) voce in gola (vocis in ore)». Il participio ridentem, concordato con te, collega questa strofe alla precedente, per contrasto: ille siede beato e sereno, osservando e ascoltando; Catullo invece, non appena (simul = simul ac) ha gettato un solo sguardo (aspexi) su Lesbia, è privato di ogni senso (omnis eripit sensus). • Il v. 8 non è conservato e viene integrato sulla base del confronto con un componimento della poetessa greca Saffo (per il rapporto del carme 51 con la poesia di Saffo e con i modelli greci, » pp. 368 e 400).

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13 CATULLO E I POETAE NOVI

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lingua sed torpet, tenuis sub artus flamma demanat, sonitu suopte tintinant aures, gemina teguntur lumina nocte. Otium, Catulle, tibi molestum est; otio exsultas nimiumque gestis. Otium et reges prius et beatas perdidit urbes.

9-12 lingua… nocte: «ma la lingua è intorpidita (torpet), una fiamma sottile penetra sotto le membra (sub artus… demanat), le orecchie ronzano di un suono proprio (sonitu suopte), gli occhi sono coperti da una duplice notte». Il divampare della passione è sottolineato dal ricorrere dell’enjambement, che crea un ritmo incalzante. • L’aggettivo gemina, riferito per ipallage a nocte, dovrebbe logicamente qualificare lumina. Da notare gli effetti fonici di allitterazione ai vv. 9-10, fino all’onomatopea (tintinant). • L’imma-

gine della notte che copre gli occhi riprende il topos epico dello spegnersi dello sguardo nella morte. 13-16 Otium… urbes: «L’ozio, Catullo, ti è dannoso (tibi molestum est): per l’ozio ti esalti (otio exsultas) e smanii esageratamente (nimiumque gestis): l’ozio già in passato (prius) ha mandato in rovina (perdidit) re e fiorenti città (et reges… et beatas urbes)». Il poliptoto otium - otio - otium sottolinea la portata dirompente dell’amore come scelta di vita.

GUIDA ALLA LETTURA Il contesto Il carme sembra parlare dell’inizio di un amore, dell’attimo sospeso tra desiderio e gelosia in cui un innamorato, che ancora non si è dichiarato e non sa se verrà accettato, contempla una donna che sta parlando con un’altra persona. È dunque verosimile che, nella parabola dell’amore tra Catullo e Lesbia testimoniata dal liber catulliano, il carme si riferisca alla fase iniziale del rapporto con Lesbia: il momento dell’innamoramento del poeta, quando la donna gli pareva ancora irraggiungibile, e il giovane poeta la contemplava nella sua casa affollata di ospiti come un oggetto del desiderio quasi impossibile. Traduzione poetica Il carme 51 non è opera originale di Catullo: è la traduzione, bellissima, di una delle più famose odi della poetessa greca Saffo (VII-VI secolo a.C.), componimento che conosciamo solo grazie a questa traduzione e alla citazione che ne fa, in greco, un filosofo dell’epoca imperiale, noto come l’anonimo autore del Trattato del Sublime. Leggiamo la traduzione dell’originale greco di Saffo (fr. 31 V.):

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Mi pare simile a un dio l’uomo che ti siede accanto e ti ascolta così, mentre parli con lieve sussurro e ridi amabile: questo mi stringe il cuore nel petto!

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Basta che ti getti uno sguardo e subito la voce mi manca, la lingua si spezza, subito un fuoco sottile mi scivola sotto la pelle,

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lo sguardo s’offusca, rombano le orecchie, un freddo sudore mi cola, tutta mi scuote un tremito, e più verde dell’erba divento e poco manca che muoia. Ma bisogna che sopporti… [Trad. di G. Guidorizzi]


ANTOLOGIA 4 Catullo e Lesbia: storia di un amore tormentato

Sintomatologia della passione Il componimento di Saffo inaugura un topos descrittivo destinato a grande successo: l’accostamento della passione d’amore alla malattia e il ricorso alla sintomatologia medica per descrivere i turbamenti dell’animo. Catullo, nella sua traduzione, si mantiene su questo stesso solco. Mentre nella prima strofa sono presenti sia ille sia il poeta (mi) sia la donna oggetto della sua passione (te), nella seconda strofa l’attenzione si concentra su mihi e te; nella terza infine compare solo Catullo, ma la sua identità è come disintegrata dal divampare del sentimento. Il suo io è frantumato, sezionato nelle diverse componenti del corpo (la lingua, gli arti, le orecchie, gli occhi), che a una a una lo abbandonano, lasciandolo in uno stato di prostrazione simile alla morte. L’ultima strofa invece non è una traduzione, ma un’aggiunta originale di Catullo, quasi un rimprovero che il giovane arrivato a Roma per studiare e fare carriera rivolge a se stesso e al proprio impulso di preferire l’otium poetico.

Un’analisi lessicale Al v. 1 Catullo afferma che l’uomo che parla con la donna da lui amata gli sembra par esse deo: dire di qualcuno che è «beato come un dio» è un topos poetico per manifestare la propria ammirazione (un makarismòs, dal greco màkar, che significa «beato») nei confronti della condizione di un individuo. Al v. 5 compare un aggettivo tipico del lessico catulliano, miser, usato dal poeta per sottolineare lo stato di disagio dovuto al turbamento d’amore. Da notare l’uso del tempo perfetto al v. 7 (aspexi) che esprime l’aspetto ingressivo di un’azione (in questo caso il guardare), in opposizione a quello durativo: basta uno sguardo e Catullo è in balia della passione. Infine una riflessione su Otium (v. 14), in posizione di grande evidenza, a inizio verso: l’otium è per Catullo e per i poetae novi una scelta di vita, programmaticamente lontana dagli impegni politici e sociali che connotavano l’esistenza del civis romano: solo in un animo dedito interamente all’otium l’amore può divampare con tutta la sua potenza.

ANALIZZA IL TESTO Comprensione 1. Chi appare a Catullo simile ad un dio? 2. Da che cosa è causata la reazione del poeta descritta nel carme? Analisi 3. Sottolinea le due anafore, l’ipallage e il poliptoto presenti nel testo. Confronto 4. Ricostruisci in un testo (max. 7 righe) i sintomi della ‘patologia della passione’, facendo opportuni confronti tra questo carme e il corrispondente componimento della poetessa Saffo. Riflessione e interpretazione 5. Negli ultimi versi di questo carme Catullo esprime la consapevolezza dei rischi a cui lo espone la decisione di dedicare la propria vita esclusivamente all’amore e all’otium poetico. Rifletti sulla novità dirompente di questa scelta di Catullo e degli altri poetae novi rispetto alla mentalità romana tradizionale ed esponi le tue considerazioni in un breve testo (max. 10 righe).

Ritratto di una giovane donna di profilo, da Pompei (55-79 d.C.).

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COLLEGAMENTI

ALTRE LETTERATURE

LA MALATTIA D’AMORE   Un topos fortunato Il carme 51 racconta di un uomo che riesce a stare vicino a Lesbia senza turbamento, e di un altro, Catullo, che appena vede la donna vive lo scatenarsi di una tempesta interiore che ne sconvolge interamente l’equilibrio psicofisico, come un malore improvviso: «questo a me infelice / toglie tutti i sensi – appena ti vedo, / Lesbia, non mi riesce / più di parlare, la lingua / si fa torpida, un fuoco sottile / mi corre sotto la pelle, / le orecchie rimbombano, gli occhi / sono velati dal buio» (trad. di G. Paduano). I sintomi descritti da Catullo non sono attinti soltanto dalla sua esperienza personale di innamorato tormentato: come abbiamo visto (» p. 400), prima di lui, la poetessa greca Saffo, nel frammento 31 V., aveva descritto una scena del tutto analoga, che il poeta latino, nel carme 51 traduce in maniera abbastanza fedele. Da questi due autori antichi, Saffo e Catullo, nasce uno dei motivi più fortunati di tutta la letteratura occidentale: la rappresentazione della passione amorosa come malattia.

Le letterature delle origini: l’amore come perdita di autocontrollo Talmente tante, varie e in lingue diverse sono le riproposizioni di questo topos che è impossibile tracciarne una storia ordinata ed esaustiva. Conviene pertanto provare ad individuarne alcune occorrenze in una finestra temporale limitata, che nel nostro caso coincide con le origini delle letterature romanze e i loro primi sviluppi (secoli XII-XIV). La scelta di questo periodo dipende dal fatto che il tema dell’amore – e di conseguenza anche dei turbamenti ad esso connessi – vive in questi anni un grande rilancio e una grande diffusione, a partire dai poeti provenzali, passando per gli stilnovisti e arrivando fino a Petrarca. Il famoso trovatore Bernart de Ventadorn (1135-1194), nella sua canzone Can vei la lauzeta mover («Quando vedo l’allodola muovere»), offre un primo esempio in lingua occitana di come l’amore non corrisposto possa provocare lancinanti dolori. Il poeta si dispera per il fatto che la donna amata, allontanandosi da lui come un’allodola in volo, gli ha inflitto un colpo mortale «mi hanno ucciso i sospiri profondi» (v. 22), «mi distrugge» (v. 30), «sono caduto» (v. 37), «[mi lascia] morire senza soccorso» (v. 48), «mi ha ucciso e come morto le rispondo» (v. 54) (trad. di M. Mancini). Il dettaglio forse più interessante dell’aspra descrizione del male d’amore fatta da Bernart de Ventadorn riguarda la perdita del controllo su se stesso e sui propri sensi, perché è precisamente questa forma di straniamento e confusione che, al di là dei singoli sintomi descritti, domina anche i componimenti di Saffo e di Catullo. Si confrontino in particolare i versi 17 e 18 di Bernart («Più non ebbi potere su me stesso / né più mi appartenni») con il catulliano «questo a me infelice / toglie tutti i sensi» (vv. 5-6).

iniatura con la figura di Bernart de Ventadorn, M da un codice medievale.

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13 CATULLO E I POETAE NOVI

Guido Cavalcanti: l’amore che toglie le forze Il medesimo stato di profonda alterazione e perdita di autocontrollo si ritrova nello stilnovista Guido Cavalcanti (1258-1300), che dell’angosciante forza distruttiva dell’amore fece la sua cifra stilistica. Nel celebre sonetto Voi che per li occhi mi passaste ’l core Cavalcanti descrive con precisione sconsolata gli effetti che lo sguardo terribilmente potente della donna ha su di lui. La freccia di Amore che dardeggia dagli occhi dell’amata lo colpisce con tale violenza da privarlo di ogni residua forza vitale: «i deboletti spiriti» (v. 6), ovvero le sue già precarie facoltà fisiche e psichiche, lo abbandonano, e resta solo una flebile apparenza esteriore, sbiadita e inconsistente («riman figura sol en segnoria», v. 7). Tra i sintomi del poeta fiorentino ci sono anche la voce che si fa fioca («e voce alquanta, che parla dolore», v. 8), il tremore («l’anima tremando si riscosse», v. 13) e la sensazione di morte («veggendo morto ’l cor», v. 14), tratti che lo pongono in evidente continuità con i suoi antecedenti letterari, per quanto sia difficile stabilire se si tratti di riprese consapevoli dei modelli classici (Saffo, Catullo), oppure di descrizioni del male d’amore ormai codificate e che non derivano direttamente dalla lettura del fr. 31 V. o del carme 51.

Francesco Petrarca: l’amore come insanabile dissidio interiore Più certo è il rapporto che lega un altro innamorato afflitto, Francesco Petrarca (1304-1374), alla poesia di Catullo. Sappiamo infatti che l’aretino era un profondo conoscitore della letteratura antica, in particolare di quella latina, ed è pertanto lecito supporre che l’occorrenza nelle sue poesie di certi stilemi o immagini catulliane non sia casuale. Si veda per esempio il carme 159, dove il viso di Laura suscita la meraviglia del poeta «quand’ella parla o ride» (v. 3), chiaro riferimento a spectat et audit dulce ridentem di Catullo 51. Se il nodo centrale della malattia d’amore cavalcantiana e degli altri esempi fin qui presentati era un annebbiamento dei sensi interamente vissuto come negativo e destabilizzante, in Petrarca il motivo del turbamento causato dalla passione subisce un’interessante trasformazione. In accordo con la tensione irrisolta che percorre tutto il

Canzoniere, l’amore di Petrarca non è una forza oscura che annienta e spazza via ogni energia vitale, ma un sentimento paralizzante che getta in una condizione di torpore e inquietudine permanente, che non si risolve né per il bene né per il male. Uno dei componimenti che meglio esprime questo senso di angoscioso conflitto interiore è il celebre sonetto 134, Pace non trovo e non ho da far guerra. In esso si ritrovano alcuni degli elementi tradizionali del motivo, come l’offuscamento della vista o la perdita della parola («Veggio senza occhi e non ho lingua», v. 9), che spingono il poeta a desiderare la morte («bramo di perir», v. 10), ma al contempo viene descritta una forza contraria e antitetica, che anziché annientare e far perdere i sensi, induce inutilmente Petrarca a sperare, a ridere, a continuare ad amare, costringendolo in un doloroso e inesorabile limbo: «volo sopra ‘l cielo e giaccio in terra» (v. 3), «non m’ancide Amore e non mi sferra / né mi vuol vivo né mi trae d’impaccio» (vv. 7-8), «Pascomi di dolor, piangendo rido» (v. 12). La concezione dell’amore introdotta da Petrarca appare forse più vicina alla sensibilità di noi moderni, ma anche in questo caso non sembra impossibile riconoscere un archetipo antico, in quella stessa poetessa da cui il motivo della malattia d’amore era scaturito. A Saffo si deve infatti il conio di un aggettivo che già nel VII-VI secolo a.C. rendeva con grande efficacia espressiva l’ambivalenza dell’amore, descritto in un suo famoso frammento (il fr. 130 V.) come un sentimento glukùpikron, ovvero «dolceamaro».

L aura e Petrarca alla fonte di Vaucluse. Dipinto di Ph.-J. van Bree, del 1816.

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13 CATULLO E I POETAE NOVI

T13 La morte del passero L

(Carmina, 3)

Questo componimento è fra i più celebri del liber di Catullo: esso è dedicato al passerotto che la donna amata teneva per compagnia, morto improvvisamente. Dopo aver celebrato, nel carme 2 (» p. 422) gli affettuosi giochi della sua ragazza con l’animaletto a lei caro, qui Catullo non si può sottrarre al dovere di piangerne la prematura dipartita. METRO: endecasillabi faleci

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Lugete, o Veneres Cupidinesque, et quantum est hominum venustiorum: passer mortuus est meae puellae, passer, deliciae meae puellae, quem plus illa oculis suis amabat. Nam mellitus erat suamque norat ipsam tam bene quam puella matrem, nec sese a gremio illius movebat, sed circumsiliens modo huc modo illuc ad solam dominam usque pipiabat. Qui nunc it per iter tenebricosum illuc, unde negant redire quemquam. At vobis male sit, malae tenebrae Orci, quae omnia bella devoratis: tam bellum mihi passerem abstulistis. O factum male! O miselle passer! Tua nunc opera meae puellae flendo turgiduli rubent ocelli.

1-2 Lugete… venustiorum: «Piangete, Veneri e Amorini, e voi tutti, uomini dal cuore gentile». L’espressione quantum est seguita da genitivo partitivo (hominum venustiorum) è di uso colloquiale e sottolinea il concetto di totalità («tutto quanto c’è di uomini… »). • Il plurale Cupidines indica il corteggio di Amorini al seguito di Venere. • Più problematico Veneres, che potrebbe riferirsi a tutte le divinità dell’amore e della bellezza, come le Grazie. L’aggettivo venustus (qui nella forma di comparativo assoluto), etimologicamente connesso con Venus, designa coloro che, come Catullo, Lesbia e i loro amici, vivono nel culto della bellezza e della raffinatezza. 3-5 passer… amabat: «è morto il passero della mia ragazza, il passero, delizia della mia ragazza, che ella amava più dei suoi occhi (plus… oculis suis)». Il passero è sacro a Venere (i passeri, per esempio, trainano il carro di Afrodite nell’ode 1 della poetessa greca Saffo): perciò il carme inizia con una sottile allusione erotica, quasi immaginando una Lesbia-Venere accompagnata dal suo animale cultuale. 6-7 Nam… matrem: «Infatti era dolce come il miele (mellitus) e conosceva (norat = noverat) la sua padrona (suam… ipsam) così bene come una ragazza (conosce) la madre». Poiché novi è un perfetto logico (da nosco), il piuccheperfetto si traduce con l’imperfetto. • L’aggettivo mellitus (dal sostantivo mel, «miele») era usato come vezzeggiativo, mentre ipsa designa la «padrona», sia che a chiamarla siano gli schiavi di casa sia, metaforicamente, che a chiamarla sia l’amante.

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8-10 nec… pipiabat: «e non si muoveva (nec sese… movebat) dal grembo di lei (a gremio illius), ma saltellando (circumsiliens) ora qua (pipiabat), ora là (modo huc modo illuc), pigolava continuamente (usque) alla sola padrona (ad solam dominam)». In illius la desinenza -ius ha la penultima breve, secondo l’uso arcaico, per comodità metrica. 11-12 Qui… quemquam: «E ora se ne va per un cammino di tenebra (per iter tenebricosum) verso quel luogo (illuc), da cui (unde) si dice che nessuno torni indietro (negant redire quemquam)». Qui è nesso relativo. • Il verbo negare significa «dire che non», e per questo è seguito dall’indefinito quisquam, d’uso nelle proposizioni negative. 13-15 At vobis… abstulistis: «Ma voi siate maledette (At vobis male sit), malvagie tenebre dell’Orco, che divorate ogni cosa bella (omnia bella): un così bel passerotto (tam bellum… passerem) mi avete strappato (mihi… abstulistis)!». L’aggettivo bellus è l’equivalente di pulcher nella lingua d’uso. • Orcus è uno degli epiteti di Plutone, dio dell’oltretomba, e designa per metonimia l’aldilà. 16-18 O factum… ocelli: «O sventura (O factum male)! O povero passerotto! Per causa tua (Tua… opera) ora i begli occhi della mia ragazza sono rossi (rubent) e gonfi (turgiduli) di pianto (flendo)». Anche il v. 16 è costituito da frasi esclamative; flendo è ablativo del gerundio con valore causale: «a causa del piangere».


ANTOLOGIA 4 Catullo e Lesbia: storia di un amore tormentato

GUIDA ALLA LETTURA Un compianto cosmico L’imperativo Lugete nell’incipit sottolinea la solennità dell’occasione, evocando un’atmosfera di universale mestizia, suggerita a livello fonico dall’omoteleuto in -um al v. 2. Ai vv. 3-4, l’anafora di passer e l’epifora, ossia la ripetizione di una stessa parola alla fine di più versi, meae puellae accentuano il tono patetico dell’annuncio, mentre la ripetizione letterale, al v. 4, dell’incipit del carme 2 (» p. 422) istituisce un rimando al componimento precedente: chi ha conosciuto il passerotto di Lesbia grazie alla poesia di Catullo deve ora partecipare al compianto per la sua morte. In particolare, ai vv. 8-10 la rievocazione dell’affetto che univa Lesbia al passerotto crea una scenetta ricca di particolari evocativi, anche a livello fonico-ritmico (in particolare il v. 9), fino all’onomatopea (pipiabat); al v. 8 viene ripresa l’immagine presente nel carme 2, al v. 2.

lenistica: tra gli altri, la poetessa Anite (III secolo a.C.) era specializzata in questo tipo di scenette; uno dei suoi epigrammi parla, per esempio, di un grillo e di una cicala: «A un grillo, usignuolo dei campi, e a un’arborea cicala, piangendo molte lacrime di bambina Mirò fece una tomba comune, perché il crudele Ade in un colpo solo le strappò i suoi cari giocattoli» (Antologia Palatina VII, 190). Nel caso di Lesbia il pet animal, «l’animale da compagnia», è un passerotto: una piccola scena intima e affettuosa, in cui Catullo usa toni teneri, quasi carezzevoli (si noti il lessico, pieno di termini vezzeggiativi e delicati come mellitus, pipiare, tenebricosus), trasferendo sull’animaletto la carica erotica che prova per la donna. Questo carme e il precedente sono due pezzi di bravura scherzosa, in cui l’effetto sta nel divario tra il tono patetico e la piccolezza dell’argomento prescelto.

Il viaggio nell’aldilà Al v. 11, la figura etimologica it per iter conferisce solennità al viaggio dell’animaletto; l’allitterazione in -t- (anche con l’aggettivo tenebricosum) riproduce a livello fonico l’effetto dei saltelli del passerotto, ben diversi da quelli gioiosi evocati dal circumsiliens al v. 9. L’ironica solennità del lamento è accentuata dalle figure retoriche: la paronomasia male - malae al v. 13 e il poliptoto bella - bellum ai vv. 14-15. Ancora ripetizioni (male, passer) e diminutivi (miselle, ocelli) connotano in senso patetico la chiusa del carme (vv. 16-18). Morte di un passero Composizioni su animaletti domestici ed epitaffi semiseri sulla loro morte prematura facevano parte del repertorio della poesia greca el-

Una rondine e un passero in un affresco proveniente da Boscoreale (presso Pompei), del I secolo d.C.

ANALIZZA IL TESTO Comprensione 1. A chi rivolge Catullo l’invito a compiangere la morte del passero? 2. Come ha reagito Lesbia alla scomparsa del suo affezionato animaletto? 3. In che modo il poeta si rivolge alle divinità dell’oltretomba? Analisi 4. Che cosa significa il termine bella (v. 14)? A quale tipo di lingua appartiene questo aggettivo? Quale sinonimo ci aspetteremmo al suo posto? 5. Sottolinea nel testo i diminutivi e spiega perché sono così frequenti nel linguaggio poetico di Catullo.

6. Come ha osservato il latinista Paolo Fedeli, questo componimento rispetta in modo totale lo schema di un tipico lamento funebre. Indica i versi corrispondenti agli elementi elencati. a. Invito al lutto = vv. .................... b. Indicazione del defunto = vv. .................... c. Elogio delle virtù del defunto = vv. .................... d. Comploratio, ossia compianto, della sorte del passero = vv. .................... e. Maledizione delle divinità dell’oltretomba = vv. .................... f. Nuova comploratio = vv. ....................

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13 CATULLO E I POETAE NOVI

T14 Baci infiniti L

HUB LIBRARY Su HUB Library puoi leggere altri carmi dedicati all’amore per Lesbia, tra cui il carme 109 (Il patto d’amore).

In uno dei momenti più felici della loro tormentata relazione, Catullo invita Lesbia ad abbandonarsi con lui alla gioia di vivere e di amare, senza preoccuparsi del biasimo che questa scelta di vita, poco consona alla serietà del mos maiorum, potrà attirare su di loro. METRO: endecasillabi faleci

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(Carmina, 5)

Vivamus mea Lesbia, atque amemus, rumoresque senum severiorum omnes unius aestimemus assis! Soles occidere et redire possunt; nobis cum semel occidit brevis lux, nox est perpetua una dormienda. Da mi basia mille, deinde centum, dein mille altera, dein secunda centum, deinde usque altera mille, deinde centum. Dein, cum milia multa fecerimus, conturbabimus illa, ne sciamus, aut ne quis malus invidere possit, cum tantum sciat esse basiorum.

1-3 Vivamus… assis: «Viviamo, mia Lesbia, e amiamo, e i brontolii dei vecchi troppo severi (rumoresque senum severiorum) stimiamoli tutti quanti un solo soldo (unius… assis)». Vivamus, amemus, aestimemus sono congiuntivi esortativi. • Vivamus ha il senso pregnante di «godiamoci la vita»: il primo verso, racchiuso tra due congiuntivi, indica nella donna il fulcro della vita consacrata all’amore che Catullo propone a Lesbia. • L’allitterazione in r e s e il prevalere di suoni cupi nell’espressione rumoresque senum severiorum rendono a livello fonico la pesantezza del mos maiorum. • severiorum è un comparativo intensivo, mentre unius assis è un genitivo di stima, in dipendenza da aestimemus.

che prolunga il suono cupo della u, e la lunghezza del gerundivo dormienda rendono a livello fonico la durata senza fine di questa notte metaforica.

4-6 Soles… dormienda: «I giorni possono tramontare e risorgere: noi invece, una volta che sia tramontata la nostra breve luce, dobbiamo dormire per un’unica notte infinita (nox… perpetua una)». Soles è metonimia per dies e sottolinea la circolarità del tempo: ogni giorno il sole può tramontare (occidere) per risorgere l’indomani (redire), in contrapposizione con la sorte dell’uomo, che vive e muore (occidit) una volta sola (semel). • Il dativo nobis ha funzione d’agente con il gerundivo dormienda (perifrastica passiva), ma anche di svantaggio rispetto a occidit, nella subordinata temporale introdotta da cum semel («una volta che», «non appena»). • brevis lux, che indica metonimicamente «giorno» e metaforicamente «vita», si contrappone alla nox perpetua della morte (in posizione chiastica). • La sinalefe perpetua una,

10-13 Dein… basiorum: «Poi, quando ne avremo totalizzate molte migliaia (cum milia multa fecerimus), li rimescoleremo (conturbabimus illa), per non sapere, o perché qualche malvagio non possa gettarci il malocchio, quando sappia che così grande è il numero dei baci». Conturbabimus significa letteralmente «ne butteremo all’aria il conto»; sia il verbo facere nel senso di «fare il totale», sia conturbare (sottinteso rationes) per «scombinare i conti», appartengono al lessico commerciale: le espressioni di tono colloquiale conferiscono spontaneità alla poesia. • La finale negativa ne sciamus sottintende l’interrogativa indiretta quantum sit basiorum, ossia «quanto grande sia il numero dei baci», «quanti siano i baci», ricavabile dalla successiva tantum… esse basiorum (genitivo partitivo). • Anche ne quis… possit è una finale negativa.

7-9 Da mi… centum: «Dammi mille baci e poi cento, poi altri mille e poi altri cento, poi ininterrottamente ancora altri mille e poi cento». L’accumulo dei baci che Catullo chiede a Lesbia è scandito dall’anafora con variatio di deinde/dein, dall’epifora di centum (che chiude tutti e tre i versi), dalla regolare alternanza mille/centum, con la variatio mille/mille altera/altera mille (chiasmo) - centum/secunda centum/centum (anche mille altera/secunda centum al v. 8 costituiscono un chiasmo). • L’avverbio usque al v. 9 significa «continuamente», «senza sosta».


ANTOLOGIA 4 Catullo e Lesbia: storia di un amore tormentato

GUIDA ALLA LETTURA Passione e provocazione Il carme 5 è una delle più famose composizioni erotiche di Catullo. Sicuramente c’è un tono di vera passione in questi versi, e anche il desiderio anticonformista di scandalizzare la severitas della mentalità tradizionale, di ostentare provocatoriamente la libertà di una storia d’amore al di fuori di tutti gli schemi tradizionali. In particolare al v. 3, con l’espressione colloquiale assis aestimare, Catullo si sbarazza con spavalda disinvoltura dei brontolii moralistici degli anziani, ridotti tutti al valore minimo di una monetina di rame (as, assis), come è sottolineato anche dall’iperbato che accosta unius direttamente a omnes, rafforzando tramite l’antitesi la manifestazione di noncuranza. Ebbrezza e malinconia Si scorge tuttavia un sottotono malinconico, nella constatazione di quanto brevi ed effimere siano le gioie d’amore: sembrano quasi venate

di tristezza, perché accompagnate dalla consapevolezza della loro fine. La durata infinita della nox si oppone direttamente alla brevità della lux: i due monosillabi risultano accostati, ma mentre uno chiude un verso dal ritmo veloce e incalzante, l’altro ne apre uno lento e cupo, di ritmo ascendente, in cui le parole si fanno via via più lunghe; si noti infine la posizione di nobis, collocato nel mezzo dell’antitesi (in senso verticale) Soles - nox. Questa morte incombente dietro l’amore e l’ebbrezza di godere la vita istante dopo istante trovano una corrispondenza in un sistema d’idee diffuso dalla filosofia epicurea, allora in fase di espansione presso la classe dirigente romana. Il carpe diem (come avrebbe poi detto Orazio) è la necessaria conseguenza della coscienza della fugacità di ogni gioia. Alla luce di tale consapevolezza, infatti, la vita va goduta in ogni più piccola briciola di felicità. Catullo forse s’ispirava a un epigramma del poeta greco (epicureo) Filodemo, che visse in quei decenni a Roma e fu amico della nobile e colta famiglia dei Pisoni: «Xanthò, bambolina di cera, dalla pelle profumata, immagine degli amori alati, suona ancora sulla tua arpa: in un solitario letto di pietra dovremo dormire un sonno senza risveglio. E allora suona ancora, ancora, la tua dolce canzone!» (Antologia Palatina IX, 570).

Dettaglio di un mosaico dalla Casa di Nettuno e Anfitrite, a Ercolano.

ANALIZZA IL TESTO Comprensione 1. Quale invito rivolge Catullo a Lesbia? 2. Da quale riflessione nasce la richiesta di infiniti baci? Analisi 3. Quali versi sono basati sulla figura retorica dell’iperbole? 4. A che cosa corrisponde metaforicamente la notte?

Riflessione e interpretazione 5. L’esortazione a godere pienamente dei piaceri della vita in considerazione del tempo che fugge velocemente è un tema ricorrente nella letteratura greca e latina. Ma questo carme si distingue dalla tradizione fin dal suo incipit, nel dichiarare senza indugi l’identità tra vita e amore: sei d’accordo con queste considerazioni? Motiva la tua risposta (max. 10 righe).

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EVA CANTARELLA RACCONTA ANTROPOLOGIA DEL BACIO Alcune fonti latine tarde (i lessicografi del IV secolo d.C.) illustrano così le differenze tra i diversi termini usati per indicare il bacio: osculum (da os, «bocca») sarebbe il bacio tra parenti; savium (da suavitas, «dolcezza») quello passionale (che si dà alle prostitute), mentre il basium esprimerebbe l’affetto composto tra moglie e marito. Ma queste informazioni non sono soddisfacenti e tendono a codificare significati rigidi che non trovano riscontro quando si analizzano i contesti in cui queste parole vengono usate.

C

on Catullo appare il terzo termine: accanto a osculum e savium con significato ormai indifferenziato, basium ha valore erotico. E negli autori successivi a Catullo la scelta dei diversi termini è di tipo stilistico (non più contenutistico), e differenziato secondo i generi letterari. I poeti epici, tragici, lirici ed elegiaci non usano mai basium, considerato volgare, e raramente savium. Gli autori che usano uno stile più realistico (gli autori satirici, per esempio) usano invece basium, sempre con significati molteplici. Salvo, forse, in tutte le fonti, una specializzazione di osculum, legata al significato originario del termine, che consente di capire a chi e perché si dava in origine questo bacio. Osculum, infatti, appare spesso per indicare il bacio che i parenti davano a una matrona, incontrandola, e che, pur essendo sulla bocca, nulla aveva a che fare con l’erotismo. Era, piuttosto, un diritto-dovere spettante ai parenti entro il sesto grado, limite oltre il quale, in genere, la parentela non aveva valore giuridico. Questo diritto, spesso detto ius osculi, era di origine antichissima e, secondo una possibile interpretazione, sarebbe stato legato al divieto fatto alle donne di bere vino: il ius osculi, dunque, avrebbe consentito ai parenti di controllare l’alito delle donne della famiglia, per accertarsi che non avessero infranto il divieto. Secondo un’altra interpretazione, però, il vino vietato alle donne sarebbe stato solo il temetum, quello purissimo riservato ai sacrifici: e data l’impossibilità di distinguere con un bacio se il vino bevuto era quello vietato o quello consentito, chi sostiene tale ipotesi pensa che il ius osculi fosse semplicemente un riconoscimento di parentela. A sostegno di questa teoria potrebbe stare, in effetti, la considerazione

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del valore del bacio sulla bocca presso altri popoli. Per i persiani, dice per esempio Erodoto (I, 134), il bacio sulla bocca era il saluto fra pari, mentre quello sulla guancia marcava una lieve differenza sociale (se la differenza era enorme, poi, vi era la prosternazione). […] In Oriente, insomma, il bacio amoroso nasce dopo il bacio di saluto. E lo stesso sembra potersi dire della Grecia: in Omero troviamo infatti il bacio di saluto (indicato con il verbo kyneo), ma non quello amoroso e, com’è stato osservato, il termine greco postomerico per bacio (philema) è legato a philos, “amico”. Di nuovo il bacio appare come un segno di riconoscimento sociale. L’osservazione antropologica, infine, conferma che il bacio erotico era ignoto a molti popoli, quali mongoli, eschimesi, polinesiani e abitanti del Giappone antico.

CONSIGLIO DI LETTURA Il brano sopra riportato è tratto dal libro Pompei. I volti dell’amore (Mondadori, Milano 1998). In quest’opera unica e originalissima la studiosa, usando con sapienza le fonti provenienti soprattutto dagli affreschi pompeiani, ridefinisce la posizione sociale di matrone, prostitute, cittadini onesti e ruffiani, amore libero e vita coniugale ai tempi dell’antica Roma e offre al lettore la possibilità di curiosare in maniera colta e ineccepibilmente documentata fra storia d’amore e di sesso nella provincia di Roma antica.


ANTOLOGIA 4 Catullo e Lesbia: storia di un amore tormentato

T16 Promesse non mantenute L

(Carmina, 72)

Qualcosa si è irrimediabilmente infranto nel rapporto tra Catullo e Lesbia: lei non gli riserva più, come in passato, un amore esclusivo. Catullo, invece, l’ha amata di un amore che non è solo sensuale: in molte poesie egli sviluppa la tematica dell’amare e del bene velle, ossia della dimensione non esclusivamente erotica che lo lega a quella che per lui, più che un’amante, è la donna di una vita. Paradossalmente, mentre si oppone alle convenzioni sociali, Catullo rivendica al suo amore un riconoscimento etico: un amore che presenta come scelta di vita, basata su valori quali pietas («devozione») e fides («lealtà»), che nella cultura romana definiscono la sfera degli officia, ossia dei doveri ai quali il cittadino è tenuto a ottemperare. METRO: distici elegiaci

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Dicebas quondam solum te nosse Catullum, Lesbia, nec prae me velle tenere Iovem. Dilexi tum te non tantum ut vulgus amicam, sed pater ut gnatos diligit et generos. Nunc te cognovi: quare etsi impensius uror, multo mi tamen es vilior et levior. «Qui potis est?» inquis. Quod amantem iniuria talis cogit amare magis, sed bene velle minus.

1-2 Dicebas… Iovem: «Tu dicevi un tempo di amare il solo Catullo, Lesbia, e di non desiderare nemmeno Giove (nec… velle tenere Iovem) al posto mio (prae me)». Si osservi la disposizione dei nomi propri: Catullum - Iovem in antitesi a fine verso, il vocativo Lesbia in apertura del pentametro, al centro del triangolo amoroso. • L’indicativo imperfetto Dicebas e l’avverbio temporale quondam sottolineano che le promesse di Lesbia non sono state mantenute. • L’infinito nosse è forma abbreviata di novisse, da nosco, con valore di perfetto logico; letteralmente significa «conoscere», ma qui è usato in senso erotico, come tenere. 3-4 Dilexi… generos: «Io allora ti amai non solo come il popolo (ama) un’amante (non tantum ut vulgus amicam), ma come un padre ama i figli (gnatos) e i generi». Il secondo distico si apre con un verbo all’indicativo perfetto (Dilexi), accompagnato dall’avverbio temporale tum, a indicare il tramonto definitivo dell’amore. • Il verbo diligere (qui in poliptoto) riconduce l’amore di Catullo per Lesbia al modello degli affetti familiari, che rappresentavano il più elevato grado di serietà nel mondo romano. • Il sostantivo amicam è usato qui nel senso specifico di «amante». • Si noti l’anastrofe pater ut = ut pater, la forma arcaica gnatos = natos e le antitesi vulgus/pater, amicam/gnatos et generos.

5-6 Nunc te… levior: «Ma ormai ti conosco: perciò anche se brucio più ardentemente (quare etsi impensius uror), per me (mi = mihi) sei tuttavia molto più spregevole (multo… vilior) e insignificante (et levior)». La forma cognovi è un perfetto logico; la congiunzione etsi introduce una concessiva all’indicativo • uror, «brucio»: la metafora del fuoco esprime la dimensione passionale del rapporto amoroso. • multo è ablativo di misura con i comparativi vilior e levior. • Nel presente (Nunc) la disillusione è segnata da un desiderio più bruciante, perché al fuoco della passione non si accompagna più la stima su cui è basato l’affetto. • I due comparativi indicano stima commerciale («di minor pregio» e «di minor peso»). 7-8 Qui… minus: «‘Come è possibile’ (Qui potis est), chiedi (inquis)? Poiché una tale offesa costringe chi ama ad amare di più (amare magis) ma a voler bene di meno (bene velle minus)». La forma Qui equivale a quomodo, mentre potis, pote è un aggettivo che significa «capace»: qui è usata la forma maschile perché si trova davanti a vocale. • Il sostantivo iniuria indica un’azione contraria al diritto (in-ius), riconducendo il rapporto d’amore alla sfera della fides, la «lealtà». • Il verbo amare è usato nell’accezione specifica di «provare desiderio sessuale». • L’espressione bene velle indica un ideale di amore totale e profondo, in cui la componente sensuale è unita a quella di un affetto spirituale.

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13 CATULLO E I POETAE NOVI

GUIDA ALLA LETTURA Un lessico nuovo Per dare voce alla dimensione interiore della sua passione amorosa, Catullo deve inventare un lessico che fino a quel momento la lingua latina non possedeva. Dunque, per definire il proprio sentimento nei confronti dell’amata Lesbia, che prima ha con lui una relazione felice e spensierata, e poi tronca il loro rapporto con apparente noncuranza, egli impiega in questo carme quattro diversi termini ed espressioni: dilexi, v. 3; uror, v. 5; amare e bene velle, v. 8. In particolare, il verbo diligo assume in latino il significato di «onorare, saper stimare» e dunque «avere caro, amare», e appartiene alla sfera degli affetti familiari; uror, «bruciare», con una metafora che sarà in seguito anche virgiliana (regina… caeco carpitur igni, «la regina [Didone] è consumata da un fuoco nascosto», Eneide IV, vv. 1-2) e petrarchesca («ardo et sono un ghiaccio», sonetto 132, v. 2), esprime l’intensità del desiderio amoroso; amare si riferisce alla passione sensuale del poeta mentre l’e-

spressione bene velle, impiegata in genere in riferimento a rapporti di amicizia e stima, indica un sentimento di affetto e rispetto. In riferimento, inoltre, alla sua relazione con Lesbia, Catullo parla di foedus, «patto» (carme 109), riferendo un termine giuridico (connesso etimologicamente con fides, «fedeltà») a una relazione amorosa illecita. Nonostante il rapporto con Lesbia sia un adulterium, una relazione extraconiugale per la quale la legge prevedeva pene severissime, il poeta si augura che questo affaire assuma il valore di un patto, non sancito dalle istituzioni statali ma contratto tra due amanti e garantito in eterno dagli dèi. Quando Lesbia viene meno a questo vincolo, non ricambiando la fedeltà di Catullo e tradendo il sanctus foedus amicitiae (carme 109, v. 6), egli scrive, ai vv. 7-8 del carme 72 qui presentato, iniuria talis cogit amare magis, sed bene velle minus, «una tale offesa costringe chi ama ad amare di più, ma a voler bene di meno».

T17 Amare e bene velle L

I

(Carmina, 75)

L’iniuria di Lesbia e la fedeltà di Catullo hanno posto l’animo del poeta di fronte a un dilemma: neanche se si tornasse indietro potrebbe volerle più bene, ma al contempo non potrebbe smettere di amarla.

Huc est mens deducta tua, mea Lesbia, culpa, Atque ita se officio1 perdidit ipsa suo, Ut iam nec bene velle queat tibi, si optuma fias, Nec desistere amare, omnia si facias. Lesbia mia, la tua colpa ha così deformato il mio spirito, distrutto da se stesso nella sua fedeltà, che se diventi buona non sa più volere il tuo bene, e se tutto farai non cesserà d’amarti.

[Trad. di E. Mandruzzato]

L 1. officium: il termine indica il senso del dovere, la lealtà nei rapporti interpersonali.

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ANTOLOGIA 4 Catullo e Lesbia: storia di un amore tormentato

T18 Quanto è difficile rinunciare a un amore! I

(Carmina, 92)

In questi due componimenti Catullo interpreta l’atteggiamento di Lesbia, che continua a parlare male di lui, come un indizio di interesse e di reviviscenza della passione.

Lesbia sparla, non smette mai di sparlare sul mio conto. Che io crepi se non mi ama. Sintomi uguali per me. Io la stramaledico ogni giorno. E che io crepi se non l’amo. [Trad. di E. Mandruzzato]

1. Il marito di Clodia (Lesbia) era Quinto Cecilio Metello Celere, morto del 59 a.C. (terminus ante quem per la datazione del componimento). 2. La traduzione si basa su un testo latino (coquitur), che è frutto di congettura. I manoscritti hanno uritur et loquitur («brucia e parla»), che è più scialbo.

T19 Amore e odio L

I

(Carmina, 85)

Un solo distico, ma è una delle più famose poesie d’amore di tutti i tempi. METRO: distico elegiaco

Odi1 et amo. Quare id faciam2, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior. Odio e amo1. Forse mi chiedi come io faccia. Non so, ma sento che questo mi accade: è la mia croce. [Trad. di F. Della Corte]

L 1. Odi: perfetto logico, da tradurre con il presente.

2. Quare id faciam: interrogativa indiretta, introdotta da fortasse requiris, che sottolinea l’aspetto paradossale della situazione: il dissidio di Catullo non è uno stato d’animo coscientemente prodotto (faciam), ma subìto passivamente (fieri, excrucior).

I 1. L’amore era tradizionalmente considerato un’esperienza contraddittoria,

fin da quando la poetessa greca Saffo lo aveva definito, con un potente ossimoro, «dolceamara invincibile fiera» (fr. 130 V.), esprimendo l’alternanza di esaltazione e disperazione che caratterizza il sentimento amoroso. Ma qui Catullo si spinge più in là, rendendo, con l’efficacia assoluta della semplicità, la compresenza di sentimenti opposti che fa dell’animo un campo di battaglia fra contrastanti pulsioni.

ANALIZZA IL TESTO Analisi 1. Il secondo verso del distico è costituito quasi esclusivamente da forme verbali: nescio, fieri sentio, excrucior. In che modo sono disposte e che cosa esprime Catullo con questo ordo verborum?

Confronto 2. Leggi sul tuo manuale di Letteratura italiana il sonetto di Francesco Petrarca (1304-1374) Pace non trovo et non ò da far guerra, dove il poeta descrive il lacerante dissidio che l’amore per Laura opera su di lui, combattuto tra speranza e disperazione, tra amore e morte; quindi scrivi un testo in cui esponi analogie e differenze con il dissidio descritto da Catullo nel carme 85, argomentando con precisi riferimenti (max. 10 righe).

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13 CATULLO E I POETAE NOVI

5▪ I carmina docta Il corpo centrale del canzoniere di Catullo contiene componimenti, spesso a carattere mitografico, lunghi ed elaborati, noti come carmina docta, nei quali il poeta sembra rivaleggiare con i modelli greci. Anche il linguaggio cambia, rispetto alle nugae: diventa ricco ed eleborato, le frasi si allungano e si distendono, il lessico è più elevato.

T21 Il lamento di Arianna, sedotta e abbandonata I

HUB LIBRARY Su HUB Library puoi leggere un’altra porzione del carme 64 (Quando la pietas non era sdegnata, vv. 382-408) e i primi versi del carme 68 (La morte e il poeta senza poesia, vv. 1-26).

(Carmina, 64, vv. 124-264)

Nel carme 64 Catullo prende spunto da un episodio famoso del mito: il matrimonio tra l’eroe Peleo e la ninfa marina Teti, spesso cantato e anche dipinto in vasi e affreschi; su questo primo episodio, con una tecnica narrativa usata con frequenza dai poeti greci, Catullo innesta una seconda storia mitica. Il componimento, assai lungo per i canoni di Catullo (408 versi), è quello che si definiva un ‘epillio’, cioè un breve epos, che tratta solo uno squarcio dei lunghi cicli epici, concentrandosi su un momento della storia, arricchito con dettagli pittoreschi e patetici. Spesso un epillio intreccia tra loro vari episodi: in questo caso, il cuore del carme è costituito dalla descrizione dello splendido tessuto istoriato che copre il letto nuziale di Tetide e Peleo, sul quale è ricamata la storia di Teseo e Arianna, la vera protagonista del carme catulliano. Arianna, innamorata di Teseo, lo aiutò a uscire dal Labirinto, fuggì con lui, ma fu abbandonata sull’isola di Nasso. Catullo costruisce il suo racconto sul misto di sgomento, dolore, sconforto della ragazza che si sveglia sulla riva del mare e scopre di essere stata tradita dall’uomo al quale aveva donato il suo cuore. Tradimento, delusione, crudeltà e cinismo nei rapporti tra amanti: tutti temi catulliani, sviluppati con grande raffinatezza artistica e tensione patetica.

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Raccontano che a lungo, stravolta, con cuore bruciante, dal petto profondo effuse le grida più acute, ascese torvamente le più dirupate montagne a tendere lo sguardo sul mare infinito e sconvolto, per tornare correndo davanti alle trepide onde agitando sulle nude ginocchia le morbide vesti a ripetere sempre i più tristi, estremi lamenti, scuotendo l’umido viso di freddi freddi singulti: «Dunque tu, Teseo, portandomi via dalle are paterne, tradivi1, e qui mi lasciavi, su un lido deserto, vai in patria e non pensi di offendere il cielo, dimentichi e ritorni, col tuo giuramento tradito. Nulla, di tante cose, ha potuto piegarti il pensiero. Niente di generoso hai trovato in te stesso, il tuo cuore duro non ha voluto sentire nessuna pietà. No, non così. La tua voce una volta era dolce d’avvenire, lasciavi sperare, per farmi infelice, un’unione serena, le nozze che tanto sognavo. Tutto vano, tutto si perde nell’aria e nel vento.

1. Teseo è perfidus, lett. «che viene meno alla fides», uno dei motivi ricorrenti nella poesia di Catullo T16 ; T19 . La proiezione emotiva di questo concetto nella figura dell’abbandonata Arianna è evidente.

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ANTOLOGIA 5 I carmina docta

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Nessuna donna mai si fidi dell’uomo che giura, non speri mai sincere parole da un uomo. Quando il cuore gli batte violento di desiderio non teme di giurare e fa generose promesse, ma come la passione si sazia nel cuore voglioso non teme quanto ha detto, non pensa che cosa ha giurato. E fui io a strapparlo dai gorghi di morte, travolto, scelsi di perdere, invece di te, chi mi era fraterno, per non mancare a te, malfido, in un’ora suprema. Per questo sono esposta alle fiere che sbranano, preda dei rapaci, e la terra non mi darà sepoltura. Ti fu madre una leonessa sotto una rupe deserta, ti concepì il mare e ti sputò tra schiume di onde, una Sirti2 una Scilla assetata un’atroce Cariddi, tu, che per l’amata vita, così hai ricambiato? E se non ti era stata cara l’unione con me, se tremavi ai dettami tremendi del tuo antico padre3, potevi almeno condurmi alla vostra dimora dove sarei stata la schiava affaticata e felice, carezzando i tuoi piedi lucenti dell’acqua più pura, distendendo un arazzo di porpora sopra il tuo letto. Ma perché do al vento smemorato i miei vani lamenti, che è estraneo al mio dolore e non ha sentimento né per udirmi né per potermi rispondere? E lui è già lontano, lo portano inquiete le onde, nessun mortale appare qui presso le alghe deserte. Così la sorte crudele in questi momenti supremi Al mio lamento invidia anche l’ascolto degli uomini. Onnipotente Giove, non fossero mai, dall’origine, quelle navi cecropie4 approdate alle rive di Cnosso5 e a recare l’atroce tributo del Toro indomabile6 non avesse legato la fune in Creta quel navigante senza fede, un malvagio che in tanta bellezza celava dei disegni crudeli, e dormì, ci fu ospite in casa! Dove andrò ora? A quale speranza mi appoggio? Andrò all’Ida7, vedendo l’immensa distesa del mare, quel mare minaccioso che mi separa da tutto? Pensare che mio padre mi aiuti? Ma io l’ho lasciato, per seguire quell’uomo macchiato di sangue fraterno8, senza più rifugiarmi in un cuore fidato di sposo.

2. Il golfo della Sirti, sulle coste settentrionali dell’Africa, era famoso per le sue acque infide, come quelle dello stretto di Messina, fra Scilla (Calabria) e Cariddi (Sicilia) o delle Colonne d’Ercole (stretto di Gibilterra). 3. Égeo. 4. Cecropie significa ‘ateniesi’ (da Cecrope, fondatore della città). 5. Cnosso è una città dell’isola di Creta, sede mitica di Minosse, padre di Arianna.

6. Il Minotauro, mostro biforme, figlio di un toro e di Pasifae, moglie di Minosse. Minosse obbligava gli Ateniesi (a causa dell’uccisione del figlio Andogeo) a pagare un tributo di sangue (sette ragazzi e sette ragazze da dare in pasto al mostro). 7. Massiccio cretese. 8. Il riferimento è all’uccisione del Minotauro, fratello di Arianna, da parte di Teseo.

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Fugge, fugge, si piegano i remi nell’onda violenta. E non c’è casa, l’isola è solitaria, la costa Non ha porte sul mare, ai flutti che tutta l’avvolgono. Non c’è modo, speranza di fuga, è tutto silenzio, ovunque solitudine, ovunque presenza di morte. Ma prima che i miei occhi si chiudano stanchi alla morte E dal mio corpo esausto dileguino i sensi, io, la tradita, agli Dei domando la pena dovuta, in questa ora estrema invoco la fede divina. Dunque voi che punite, colpite le azioni di un uomo, voi Eumenidi9, che avete per chiome serpenti, e nel volto gridate l’odio che batte nei cuori, avventatevi qui, da me, da questa infelice, ascoltate il pianto d’accusa che sorge dall’intimo perché mi hanno costretta, per amore, miseria e follia. Ma poiché è vera accusa che nasce dal fondo del cuore, non permettete voi che tutto il mio pianto sia vano, e quale ebbe la mente, o Dee, quando mi lasciava, così abbia la mente per sventura di sé e dei suoi». E come proferì dal cuore tristissimo queste parole, ansiose, supplicanti la pena degli atti impietosi, annuì il cenno santo, invitto, del Re degli Dei. Tremarono al cenno la terra e il mare selvaggio Nel profondo ed il cielo sconvolse le stelle lucenti. E anche la mente di Teseo fu avvolta di tenebra cieca, tutti i comandi caddero nel cuore dimentico, quelli che prima sempre serbava la mente tenace, e non levò i segnali felici per il suo triste padre quando si mostrò in vista del porto di Erètteo10, superstite. Poiché si tramanda che Égeo affidando suo figlio Ai venti, mentre la flotta lasciava le mura di Pallade, abbracciandolo desse al giovane questi comandi: «Figlio, più caro di una lunga vita, tu solo, figlio, che debbo congedare a un incerto destino, tu donatomi ora, al termine della vecchiezza11, poiché la sorte mia e il tuo ardente valore ti rubano contro il mio volere – non ancora i miei stanchi occhi son sazi di vedere la cara figura d’un figlio – non ti congederò con gioia, con cuore festoso, non ti permetterò le insegne di buona fortuna, ma ora voglio esprimere il molto lamento del cuore bruttando di terra e di polvere i bianchi capelli, poi vorrò sull’albero ondoso le vele più tinte, le tele più oscure di ruggine iberica12, a dire

9. Altro nome delle Erinni, divinità vendicatrici dei crimini contro i familiari e i parenti. 10. Antico re di Atene.

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11. Teseo, figlio illegittimo di Égeo, era stato riconosciuto dal padre solo tardi. 12. Catullo allude alla rinomata qualità delle tele spagnole.


ANTOLOGIA 5 I carmina docta

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tutto il mio pianto e il rogo di questo mio cuore. Ma se l’Abitatrice di Itone13 la santa concede, perché annuì di difendere la stirpe e la sede di Erétteo, alla tua mano di uccidere il Toro, ricordati, allora, conservalo vivo nel cuore il mio comandamento, e il tempo mai lo cancelli, che appena i tuoi occhi vedranno le nostre colline, tutte le antenne calino giù le vesti di lutto, e le gomene levino alte le vele più bianche, perché subito io veda e il cuore conosca la gioia, al tempo felice in cui tornerai e mi resterai». E i comandi che prima serbava la mente tenace lasciarono Teseo, come nubi sospinte dai venti lasciano la vetta del monte bianca di neve dal cielo. Ma il padre che dall’alta rocca spiava gli spazi, consumando gli occhi ansiosi in un pianto perenne, non appena distinse le vele gonfiate dal vento si gettò dall’alta scogliera giù nell’abisso credendo Teseo perduto dal fato crudele. Così, mentre rientrava nelle case mortali del padre, Teseo superbo trovava, nel cuore dimentico, il pianto recato già alla Minoide, alla dimenticata. Cercava la tristissima sempre la nave fuggente, nutriva la piagata nel cuore angosce infinite: ma altrove Iacco14 c’era, volava passando, tra i fiori, nel corteo dei Sileni, col tìaso dei Satiri, e ti cercava, Arianna, acceso d’amore per te. [e le mènadi]15 intorno agili invasate volavano sparse per Dioniso acute ululando, abbattendosi il capo: o agitando il tirso16 dalla cuspide chiusa o scuotendo le membra del dilaniato giovenco o avvolgendosi il corpo tra spire di serpi o celebrando con cesti concavi riti violenti e segreti, che invano i profani vorrebbero udire, battendo forte i timpani contro le palme levate suscitando dal bronzo lisciato suoni sottili mentre i molti corni versavano un roco muggito e flauti ignoti uno stridulo canto selvaggio17. [Trad. di E. Mandruzzato]

13. Città della Tessaglia, sacra ad Atena. 14. Bacco (o Dioniso) interviene con il suo corteo (tìaso) di satiri e Sileni (così erano chiamati i vecchi satiri). 15. In questo punto è probabilmente caduto un verso, che introduceva il corteo delle baccanti o mènadi.

16. Il tirso è un bastone terminante in una pigna adorna di pampini di uva o di edera. 17. Sono descritti i tratti caratteristici di un rito bacchico: la musica assordante, prodotta da tamburelli e cembali, i misteri orgiastici riservati agli iniziati e legati a oggetti segreti racchiusi nelle cistae, la consumazione delle carni crude di animali dilaniati.

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13 CATULLO E I POETAE NOVI

GUIDA ALLA LETTURA Il monologo di Arianna Catullo dà voce alla disperazione della sua giovane eroina abbandonata crudelmente da Teseo su un’isola deserta, riportandone i ripetuti lamenti, effusi al vento intorno allo spumeggiare delle onde. Parole di accusa e di amara delusione aprono lo sfogo di Arianna, a cui appare con tragica chiarezza il tradimento dell’uomo che aveva amato al punto da abbandonare la propria terra e la propria famiglia (vv. 132-151). Teseo fugge veloce, invece Arianna non ha alcuna via di fuga dal suo dolore e dalla sua solitudine (vv. 177-187). E, in questa logica di corrispondenza, quando affiora il pensiero della morte, spontaneamente ad esso si affianca l’idea di vendetta (vv. 188-191). Il contrappasso escogitato da Arianna è sottile e funesto: la mens con cui Teseo la lasciò sola sarà la stessa che porterà alla rovina lui e i suoi familiari (vv. 200-201). Il commiato di Égeo Le ultime parole del vecchio padre al figlio Teseo in procinto di partire per una difficile impresa sono l’espressione dell’amore più puro che esista secondo Catullo, che nel carme 72 paragona il suo affetto per Lesbia a quello che un padre nutre per i figli e i generi (pater ut gnatos diligit et generos, v. 4). L’estrema vecchiezza di Égeo rende il discorso ancora più commovente: i suoi stanchi occhi non sono ancora sazi di vedere la cara figura del figlio (vv. 219-220). Il dolore di fronte al rischio di perdere Teseo prorompe senza censure imposte dall’età nelle parole di Égeo, che assumono, come quelle di Arianna, la forma di un lamento. In questo stato d’animo, il padre affida al figlio un comandamento (v. 232), che egli dovrà tenere sempre a mente: calar giù le vele scure delle navi al suo ritorno, per dare il segnale del lieto esito della propria impresa.

Il doppio tradimento di Teseo e la sua punizione Gli dèi ascoltano le preghiere di Arianna e, ancora una volta, «la mente di Teseo fu avvolta di tenebra cieca» (v. 207): l’eroe dimentica le istruzioni del padre, che interpreta l’ingresso delle navi con le vele issate come un segnale nefasto e si getta dalla scogliera convinto di aver perso l’amato figlio (vv. 241-245). La punizione per Teseo è terribile: d’altra parte, il crudele eroe (ferox Theseus, v. 247) provava così lo stesso profondo dolore (luctum, v. 247) che aveva causato ad Arianna abbandonata per la dimenticanza del suo cuore (mente inmemori, v. 248).

Arianna abbandonata da Teseo a Nasso, da un dipinto murario di Pompei della prima metà del I secolo d.C.

ANALIZZA IL TESTO Comprensione 1. Che cosa rimprovera Arianna a Teseo? 2. Che cosa rivela sulla personalità di Arianna l’idea esposta ai vv. 158-163? 3. Perché Arianna non può tornare dal padre? 4. Qual è l’ultimo desiderio di Arianna? 5. Come soddisfano gli dèi la richiesta della fanciulla abbandonata? 6. Perché Égeo aveva chiesto al figlio di calar le vele della nave, in caso di felice esito della sua impresa?

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Analisi 7. Esamina le similitudini dei vv. 154-156: che cosa esprimono? 8. Rifletti sulla dialettica tra monologo, discorso diretto e sezioni descrittive nell’epillio catulliano. Quale effetto è ottenuto attraverso l’alternanza tra questi stili di discorso? 9. Analizza la similitudine dei vv. 238-240: quali sono i termini del paragone? Interpretazione 10. Secondo te, c’è una relazione tra il dolore di Arianna e la vicenda di Égeo? Che ruolo svolge la memoria?


PER RIPASSARE LA VITA DI CATULLO: UN’ESISTENZA BREVE Catullo nasce nell’84 a.C. a Verona, nell’allora Gallia Cisalpina, da una famiglia benestante. Si trasferisce a Roma assai giovane per studiare retorica e lì trascorre la maggior parte della sua vita; nel 57 a.C. intraprende un viaggio in Bitinia a seguito dell’amico Gaio Memmio. Muore di malattia nel 54 a.C., a soli trent’anni. LA POESIA PERSONALE E L’AUTONOMIA DELL’ARTE

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Il fermento politico della Roma del I secolo a.C. (in cui si susseguono la congiura di Catilina, il primo triumvirato e l’ascesa di Cesare) sembra non interessare Catullo, allettato solo dagli amori e dall’otium letterario suo e degli amici della cerchia dei poetae novi. L’amore, la vita privata e le emozioni sono ispirazione e tema dei versi di questi giovani benestanti che si dedicano a una poesia raffinata stilisticamente ed erudita. L’AMORE PER LESBIA L’evento principale della vita di Catullo è la storia d’amore con la matrona romana Clodia, chiamata con lo pseudonimo Lesbia (in omaggio a Lesbo, l’isola natia della poetessa greca Saffo). Moglie di Metello Celere, sorella del tribuno Publio Clodio, Clodia è una donna colta e anticonformista, che vive con Catullo un amore sofferto e contraddittorio. Anticonvenzionale per natura, il poeta vorrebbe – ma invano – trasformarlo in un legame solido e duraturo, un foedus, cioè un «patto» basato sulla fides («fedeltà»), non meno vincolante di quello coniugale. Le sfumature psicologiche e i conflitti dell’animo innamorato sono i motivi dominanti dei carmi di Catullo, che descrive la parabola della sua storia d’amore e la sua vita interiore con eccezionale modernità. IL LIBER Di Catullo conosciamo 116 componimenti (di cui i carmi 18-20, detti ‘priapèi’, sono considerati spuri), raccolti da amici e poeti coevi in un liber. Esso è suddiviso in tre parti, sulla base di criteri puramente formali: •  carmi 1-60: nugae, «poesiole, bagatelle», di argomento vario, specialmente amoroso, e struttura metrica composita (faleci, trimetri giambici, scazonti, strofi saffiche e altro); •  carmi 61-68: carmina docta, lunghe composizioni prevalentemente in esametri e distici elegiaci di argomento mitologico, caratterizzati da un’accurata ricercatezza formale (si pensi ai carmi nuziali 61 e 62, all’ékphrasis sulla storia di Arianna nel carme 64 e alla traduzione dal greco della Chioma di Berenice di Callimaco nel carme 66); • carmi 69-116: epigrammi in distici elegiaci di argomento vario, talora, per il tono aggressivo, vicini alla tradizione giambica greca. La raccolta si apre con un vero e proprio manifesto poetico: Catullo dedica la sua opera all’amico Cornelio Nepote definendola un libellus («libretto»), lepidus, «piacevole, spiritoso» e novus, «innovativo» rispetto alla tradizione. LINGUA E STILE L’uso di diminutivi e l’alternanza dei registri stilistici (quello volgare della violenza giambica e del sermo cotidianus, e quello elevato della poesia alessandrina dotta ed erudita) caratterizzano lo stile di Catullo. Grazie a un sapiente lavoro di labor limae, il poeta riesce a conferire ai suoi versi un tono sempre nuovo e originale rispetto ai modelli greci, trasmettendo un’intensa tensione emotiva anche attraverso una sola immagine. 421


PER VERIFICARE CONOSCENZE E COMPETENZE RIPASSA

HUB TEST

1. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. a. Catullo dedicò buona parte della sua vita all’impegno politico. b. L’evento più importante per la poesia e la vita di Catullo è l’amore per Lesbia. c. Catullo definisce la sua relazione con Lesbia come foedus, «patto», perché si trattava di una relazione ufficiale. d. Oltre all’amore, una dimensione importante per Catullo è anche quella dell’amicizia. e. La critica definisce i carmi di Catullo nugae, «poesiole, bagattelle».

V V

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V V V

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2. Rispondi. a. Qual è la struttura del liber di Catullo? b. Facendo riferimento ai testi letti, traccia una panoramica della storia d’amore tra Catullo e Lesbia, con particolare attenzione all’evoluzione dei sentimenti del poeta. c. Come concepisce Catullo l’amicizia? E in che rapporto è con la poesia? d. Quali sono le caratteristiche dei carmina docta?

CONFRONTA E APPROFONDISCI 3. Oltre al carme 3 T13 , Catullo ha dedicato al passerotto di Lesbia anche il carme 2, in cui celebra l’affetto che lega l’animaletto alla sua padrona. Leggi il testo del carme, che riportiamo in traduzione, quindi rispondi alle domande.

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10

O passero, gioia della mia donna, che con te gioca e ti si tiene in seno e la punta del dito non ti nega e t’incita a beccarla forte quando il mio splendido amore è in vena di qualche distrazione allegra, di un conforto alla sua pena, direi, che acquieti la passione cruda. Così con te potessi anch’io giocare e la tristezza togliermi dal cuore!

[Trad. di N. Gardini]

Comprensione a. A chi si rivolge Catullo? b. Quale scena viene descritta nel carme? c. Quale desiderio esprime il poeta negli ultimi versi? Analisi d. Al v. 5, il termine latino che corrisponde alla traduzione italiana «amore» è desiderium, che indica propriamente la nostalgia, ossia il desiderio di chi non c’è, e qui designa la persona oggetto del sentimento. Di che tipo di figura retorica si tratta? e. Fai una ricerca sull’etimologia della parola ‘desiderio’ e spiegala.

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Svolgi gli esercizi autocorrettivi.


PER PREPARARSI ALL’ESAME DI STATO IL TESTO ARGOMENTATIVO

Catullo e la politica Nel brano seguente Paolo Fedeli si sofferma sulle posizioni politiche di Catullo, cercando di individuarne gli orientamenti sulla base del contesto storico in cui visse, dell’estrazione sociale e del contenuto di alcuni carmi.

Se la componente erotica è dominante nella poesia di Catullo e ne costituisce l’aspetto di novità, alla sua musa non furono estranee tematiche di altro tipo. In un mondo in cui l’individualismo aveva ormai minato sin dalle radici la solidità della compagine statale, Catullo non parteggia chiaramente per l’uno o per l’altro contendente: della vita politica egli resta ai margini, accontentandosi di assistere allo sfacelo della repubblica. Nel suo atteggiamento c’è talora disgusto, ma è assente una carica ideologica. Date le sue origini lo si penserebbe arroccato sulla posizione dell’aristocrazia conservatrice; e tale egli si dimostra nelle invettive contro Pisone, Vatinio1 e soprattutto Cesare. Nei suoi attacchi, tuttavia, egli non si serve soltanto dei truces iambi2, ma adopera anche le armi sottili dell’ironia. Va certamente interpretato in senso ironico il ringraziamento a Cicerone di c. 49; eppure Cicerone politicamente doveva essere dalla sua parte. Ma non è escluso che esistessero personali motivi di rancore, come ad esempio l’attacco violento di Cicerone a Clodia nella Pro Caelio. (P. Fedeli, in AA.VV., La poesia latina. Forme, autori, problemi, a cura di F. Montanari, Carocci, Roma 2004, p. 94)

1. Pisone e Vatinio sono due cesariani contro i quali Catullo si esprime in termini feroci nei carmi 28, 45, 52 e 53.

2. Con l’espressione «giambi feroci» Fedeli si riferisce alla poesia giambica greca, che conteneva feroci attacchi da parte del poeta nei confronti dei rivali.

COMPRENSIONE E ANALISI 1. Qual è la tesi di Fedeli riguardo alle posizioni politiche di Catullo? 2. Quali elementi del mondo contemporaneo a Catullo Fedeli prende in esame per sostenere questa tesi? 3. Quali elementi invece trae dall’origine familiare del poeta e dal contenuto di alcuni carmi? 4. Perché, secondo Fedeli, Catullo era ostile a Cicerone? E perché questa ostilità risulta per un certo verso inaspettata?

PRODUZIONE 5. In un testo di 10 righe ricostruisci, con tuoi argomenti, i motivi per cui Catullo sceglie di non prendere parte alla vita politica e perché questa scelta risulta insolita per un civis romano della sua estrazione sociale.

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13 CATULLO E I POETAE NOVI

LA TRADUZIONE

La fine necessaria (Carmina, 76, vv. 1-22)

Consapevole del dolore procuratogli dall’amore per Lesbia, che ha tradito la sua fiducia, Catullo rivolge un’accorata supplica agli dèi perché lo liberino da questo insopportabile tormento.

PRE-TESTO

Se qualche gioia può venire all’uomo nel ricordare il bene fatto, quando sa di essere pio, di non aver mai mancato alla propria parola, di non aver abusato di dio per ingannare gli uomini, molte gioie ti aspettano nel lungo tempo, Catullo, da questo amore ingrato.

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TESTO

Nam quaecumque homines bene cuiquam aut dicere possunt aut facere, haec a te dictaque factaque sunt. Omnia quae ingratae perierunt credita menti. Quare cur te iam amplius excrucies? Quin tu animo offirmas atque istinc teque reducis et dis invitis desinis esse miser? Difficile est longum subito deponere amorem, difficile est, verum hoc qua lubet efficias: una salus haec est, hoc est tibi pervincendum; hoc facias, sive id non pote sive pote.

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POST-TESTO

O dèi, se la compassione vi appartiene, se mai avete dato aiuto a qualcuno in punto di morte, guardate alla mia angoscia: se ho vissuto una vita pura, strappatemi questa peste e questa rovina, che insinuandosi nelle mie membra come una narcosi, ha cacciato tutte le gioie dal mio cuore.

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[Trad. di G. Paduano]

COMPRENSIONE/INTERPRETAZIONE 1. Indica: a. quale esito hanno avuto le parole e le azioni di Catullo, e che cosa egli si ripropone di fare adesso; b. se considera gli dèi in qualche modo responsabili del suo tormento; c. quale ritiene che sia l’unica soluzione.

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ANALISI LINGUISTICA E/O STILISTICA 2. Individua, spiegandone la funzione, le figure retoriche impiegate ai vv. 7-8, 13-14 e 15-16. APPROFONDIMENTO E RIFLESSIONI PERSONALI 3. Il carme si colloca nella fase conclusiva della vicenda amorosa del poeta, dopo la rottura del foedus da parte dell’amata. Confrontalo con altri carmi incentrati sulla reazione di Catullo all’infedeltà di Lesbia T16 ; T17 , soffermandoti sulla varietà dei sentimenti provati dal poeta (max. 20 righe).


PER PREPARARSI ALL’ESAME DI STATO

IL COLLOQUIO INTERDISCIPLINARE

L’amore come malattia da Catullo a Shakespeare «Ecco chi pare a me uguale a un Dio» - più degli dei, se dirlo non è colpa «chi seduto di fronte a volta a volta ti guarda, e ascolta, e tu sorridi con dolcezza...» Io vengo meno e mi perdo. Sì, da quando ti ho vista, donna di Lesbo, è scomparsa ... «La lingua è tarda, per le membra passa una fiamma sottile, mi frastorna un suono interno, l’ombra si moltiplica davanti agli occhi».

BACHECA

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[Trad. di E. Mandruzzato]

Nel famoso carme 51 T12 , Catullo, traducendo un’ode di Saffo, descrive gli effetti causati dalla vista dell’amata Lesbia, tanto devastanti da togliergli tutti i sensi. Si riscontra quindi il topos letterario della passione d’amore come malattia in grado di consumare anche il corpo.

A partire dalla concezione qui espressa da Catullo, costruisci un’esposizione orale interdisciplinare che tenga conto dei documenti proposti.

FILOSOFIA Epicuro e l’amore Secondo il filosofo greco Epicuro (341-270 a. C.), di cui Lucrezio espone le dottrine nel De rerum natura, l’amore fisico è naturale, mentre quello passionale, legato al coinvolgimento emotivo, va evitato in quanto fonte di turbamento interiore e dunque nemico del piacere, fine ultimo dell’etica epicurea (» anche Lucrezio T12 , p. 333)

LETTERATURA INGLESE Shakespeare e l’amore Uno dei più grandi drammaturghi di sempre, William Shakespeare (1564-1616), ha dedicato all’amore una delle sue tragedie più famose, Romeo e Giulietta, facendo pronunciare a Romeo parole che colgono il carattere contraddittorio di questo sentimento, il quale può essere «dolcezza», ma anche «follia segreta», «acritudine che mozza il fiato».

Cosi dunque chi riceve la ferita dai dardi di Venere, siano essi scagliati dalle femminee membra d’un fanciullo, o da donna che irradi amore da tutto il corpo, si protende verso la creatura da cui e ferito e arde di congiungersi a lei, e di versare in quel corpo l’umore del proprio corpo. Infatti la tacita brama presagisce il piacere. Questa e Venere a noi; di qui il nome d’amore, di qui prima stillarono dolcissime gocce nel cuore, e a vicenda successe la gelida pena. (Lucrezio, De rerum natura, IV, vv. 1052-1060, trad. di L. Canali) ROMEO L’amore è vaporosa nebbiolina formata dai sospiri; se si dissolve, è fuoco che sfavilla scintillando negli occhi degli amanti; s’è ostacolato, è un mare alimentato dalle lacrime degli stessi amanti. Che altro è più? Una follia segreta, un’acritudine che mozza il fiato, una dolcezza che ti tira su. (William Shakespeare, Romeo e Giulietta, scena I, atto I)

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LETTERATURA ITALIANA Guido Cavalcanti e lo Stilnovismo Guido Cavalcanti (ca. 1258-1300), uno dei maggiori esponenti dello Stilnovismo, rifacendosi alle teorie sull’anima del filosofo arabo Averroè (1126-1198), interpreta l’amore come una forza distruttiva che provoca angoscia, sgomento, arrivando ad annullare sia fisicamente sia spiritualmente chi ne è preda.

Voi che per li occhi mi passaste ’l core e destaste la mente che dormia, guardate a l’angosciosa vita mia, che sospirando la distrugge Amore. E’ vèn tagliando di sì gran valore, che’ deboletti spiriti van via: riman figura sol en segnoria e voce alquanta, che parla dolore. Questa vertù d’amor che m’ha disfatto da’ vostr’occhi gentil’ presta si mosse: un dardo mi gittò dentro dal fianco. Sì giunse ritto ’l colpo al primo tratto, che l’anima tremando si riscosse veggendo morto ’l cor nel lato manco. (Guido Cavalcanti, Voi che per li occhi mi passaste ’l core)

STORIA DELL’ARTE Apollo e Dafne a Pompei In vari affreschi pompeiani ricorre come soggetto il mito di Apollo e Dafne. In quello qui proposto il pittore coglie il momento fortemente patetico della cattura della ninfa da parte del dio, ardente di una passione amorosa incontrollata. Apollo e Dafne, affresco da Pompei, Casa di Marcus Lucretius, 60-79 d.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

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