Focus Storia n.164 - Giugno 2020

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Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE

n°164 giugno

10 GIUGNO 1940

MENSILE – Austria, Belgio, Francia, Lussemburgo, Portogallo, Spagna � 8 - MC, Côte d’Azur € 8,10 - Germania � 12,00 - Svizzera CHF 10,80 - Svizzera Canton Ticino CHF 10,40 - USA $ 11,50

L’annuncio di Mussolini: l’Italia entra in guerra

I vizi NASCOSTI dei potenti

LE SPESE FOLLI DI MARIA ANTONIETTA, LA SUPERBIA DI NAPOLEONE, L’HAREM DI AMANTI DELLA ZARINA CATERINA, L’INGORDIGIA DI BISMARCK... 16 MAGGIO 2020- MENSILE � 4,90 IN ITALIA

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DOPO LA CRISI

TUTTE LE VOLTE CHE L’ITALIA È CADUTA E SI È RIALZATA

FARSI MONACA

QUANDO LE RAGAZZE VENIVANO COSTRETTE A PRENDERE I VOTI

KENNEDY

IL CLAN PERSEGUITATO DA MORTI PRECOCI E VIOLENTE


164 Giugno 2020

focusstoria.it

Storia Il rapimento delle donne, di Ludwig von Hofmann.

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Emanuela Cruciano caporedattore

CREDITO COPERTINA: ARCHIVI ALINARI, FIRENZE

4 LA PAGINA DEI LETTORI

6 NOVITÀ & SCOPERTE

10 UNA GIORNATA DA... 12 BIOGRAFIE D’AUTORE 61 COLD CASE 62 MICROSTORIA 64 PITTORACCONTI 66 DOMANDE & RISPOSTE

IN PIÙ...

Nel mezzo della crisi per il coronavirus, ecco tutte le sfide che il nostro Paese ha già vinto in passato.

ANTICHITÀ 20 Green card

alla romana Duemila anni fa, che cosa significava diventare cittadini romani?

VIZI E MANIE DEI POTENTI DEL PASSATO 30 Lo fo’ per piacer mio

La lussuria è stato il vizio più condannato, ma anche quello più praticato in ogni epoca. Da chi se lo poteva permettere, ovviamente.

34 Caterina la spudorata

Fu la zarina più potente della Russia. E si prese gli amanti che voleva. Come facevano gli uomini suoi pari.

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Con le mani bucate

RUBRICHE

In copertina: un quadro dell’800 ritrae la regina Maria Antonietta, nota spendacciona.

SOCIETÀ 14 L’Italia si destò

MONDADORI PORTFOLIO/LEEMAGE

utti abbiamo qualche vizio, una mania, un caratteraccio che sta lì, a ricordarci che siamo umani e fallibili. Lo mettiamo in conto e pace. Quando però la faccenda dell’umana debolezza tocca i più alti vertici del potere, quelli cioè che dettano le regole agli altri, allora la situazione si fa interessante. Può mai lasciare indifferenti la sensualità sfrontata di un papa? E la nonchalance con cui Napoleone mandò a morire milioni di uomini per trasformare l’Europa nel suo personale impero? O la stoltaggine di una Maria Antonietta tutta intenta a spendere e giocare d’azzardo in una Francia al collasso economico? Lussuria, avidità, superbia, stupidità diventano un problema quando danneggiano la vita degli altri o, detto più in grande, quando influenzano il corso della Storia. Ma per essere onesti non è per questo che abbiamo dedicato ai vizi dei grandi questo numero: lo facciamo per il puro gusto di intrufolarci nella loro vita spiandoli dal buco della serratura. A ognuno le sue debolezze, dicevamo.

CI TROVI ANCHE SU:

Tra sovrani spendaccioni che dilapidavano fortune, a corte nessuno si salvava dalla passione per il superfluo.

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Napoleone, tic e manie imperiali

Ambizione, superbia e sogni di grandezza erano i tratti caratteristici del condottiero francese.

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Presi per la gola

Imperatori, papi, nobili e intellettuali. Ecco i grandi golosi di ogni tempo, molti dei quali hanno persino inventato piatti famosi.

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Ce n’è per tutti

Megalomania, golosità, lussuria, avarizia, ossessioni... Piccole manie e grandi vizi di personaggi famosi e tutt’altro che perfetti.

SOCIETÀ 24 Monache per forza

In Europa, per più di seicento anni, il destino di tante ragazze era segnato: sarebbero diventate suore. Con o senza vocazione.

MISTERI 72 Potenti e dannati Tutte le vittime della cosiddetta “maledizione dei Kennedy”.

SOCIETÀ 76 Incrociamo le braccia Tutte le volte che gli scioperi più ingegnosi sono stati i più efficaci.

DAI NOSTRI ARCHIVI 82 L’ospedale modello

La Ca’ Granda a Milano nel Quattrocento era un luogo di cura all’avanguardia. Ecco come funzionava.

TEMA 88 LaGRANDE guerra di Benito Il 10 giugno 1940 l’Italia entra nel secondo conflitto mondiale.

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L’Unesco tutela anche i patrimoni culturali immateriali: 12 sono italiani, dall’opera dei pupi all’arte del pizzaiolo.

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Amici fin da ragazzi, Augusto e Agrippa (in primo piano) erano una coppia vincente: uno la mente, l’altro il braccio nella costruzione dell’impero.

LA GUERRA INFINITA

Il ritorno degli ebrei sopravvissuti alla Shoah nella “terra promessa”, la Palestina, ha visto scontri senza tregua.

VENTI DI GUERRA

1940, IL MASSACRO DIMENTICATO

Un siluro tedesco affondò una nave inglese con 700 civili, in gran parte nostri compatrioti. Pochi giorni dopo l’entrata in guerra dell’Italia fascista. 97

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PRIMO PIANO

CON LE

MANI di Lidia Di Simone

BRIDGEMAN IMAGES/MONDADORI PORTFOLIO

Tra sovrani spendaccioni e nobili che dilapidavano fortune, a corte nessuno si salvava dalla passione per il superfluo.

C

hi più spende meno spende, cita l’adagio. Ma storicamente parlando, chi ha speso di più? A potersi permettere di dilapidare fortune sono sempre state le classi nobili, almeno fino a quando il bastone del comando non è passato ai rappresentanti dell’industria e dell’alta finanza, i grandi spendaccioni dei nostri tempi. Ma prima del XIX e XX secolo il borsello pieno, escluso qualche ricco mercante, tintinnava solo nelle tasche

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delle famiglie di sangue blu. Che, a dir la verità, facevano la bella vita anche a debito o taglieggiando qualcun altro. Giulio Cesare, per esempio, chiese enormi prestiti per comprarsi il voto dei poveri alle cariche della Repubblica romana. Il posto di propretore in Spagna gli servì per pagare i debiti, le guerre successive per pagare i soldati. D’altra parte la vita per un patrizio nell’antica Roma era assai dispendiosa. Le ricche  matrone dell’Urbe dilapidavano assi e

Malata di shopping

A destra, Maria Antonietta ritratta in un momento della sua elaborata toilette: la regina francese (ma austriaca di nascita) spendeva cifre folli per abiti e divertimenti negli anni che visse col marito Luigi XVI nella lussuosa Versailles (sopra).


BRIDGEMAN IMAGES/MONDADORIPORTFOLIO

BUCATE


SOCIETĂ€

In Europa, per piĂš di seicento anni, il destino di tante ragazze era segnato: sarebbero diventate suore. Con o senza vocazione. di Massimiliano Lorenzon

GettyImages

Monache per FORZA


Dentro tutte

Studio di postulanti e novizie dell’Ordine di San Benedetto (dipinto di scuola germanica del XIX secolo).

V

enezia, XVII secolo. In un monastero, suor Arcangela Tarabotti (al secolo, Elena Cassandra), ormai quarantenne, impugna decisa il calamo: vuole scrivere le sue memorie per denunciare i potenti e la società del tempo, colpevoli di averla rinchiusa e obbligata a diventare una monaca. Con la sua denuncia la donna dà voce a migliaia di ragazze che per secoli hanno subìto la stessa sorte. Il sistema delle

monacazioni forzate, infatti, va avanti da più di seicento anni. Ed è un fenomeno ancora lontano dall’esaurirsi.

SOLO PER DENARO. Attorno all’XI secolo la nobiltà e la nascente ricca borghesia intuirono che il convento poteva rappresentare un’ottima soluzione per ridurre la dispersione del patrimonio di famiglia. Dal momento che la dote per maritare una ragazza era molto elevata, mentre quella

conventuale era nettamente inferiore (nel Quattrocento, a Firenze, variava tra un terzo e un decimo di quella matrimoniale), sposare la fanciulla a Dio risultava decisamente più conveniente che darla a un marito in carne e ossa e di adeguato lignaggio. Così facendo, inoltre, si evitava che le ragazze si sposassero con membri appartenenti a ceti inferiori (i quali potevano accontentarsi di una dote modesta)  svilendo il nome della famiglia.

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PRIMO PIANO

Ambizione, superbia e manie di grandezza erano i tratti caratteristici del condottiero francese, che sognava di trasformare l’Europa in una colonia di Parigi. di Roberto Roveda

NAPOLEONE

TIC E MANIE IMPERIALI


ALBUM/MONDADORI PORTFOLIO (2)

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corbutico, introverso, taciturno e piccolo di statura: sono queste alcune delle caratteristiche (neanche tutte giuste: era alto 1,68 cm, non così poco per l’epoca) che ci sono state tramandate su Napoleone. Ma un uomo così come fece a soggiogare la Francia e a farsi seguire in battaglia per anni da migliaia di uomini? «Ciò che spiccava di più in Napoleone», ci racconta lo scrittore Luigi Garlando, autore del libro per ragazzi Mister Napoleone (Piemme), «era il carisma, la forza di un leader che era mosso da un’ambizione sconfinata e da un’assoluta certezza di essere un predestinato. I suoi sogni di gloria diventarono così i sogni anche di chi gli stava accanto». I grandi successi militari gli regalarono inoltre una patente di invincibilità e di superiorità, di cui il condottiero del resto non aveva mai dubitato. “Tutta la mia ascesa si è svolta sotto il segno della guerra: uomini come me tengono in poco conto le vite di un milione di altri uomini”, amava ripetere, rivelando con queste parole tutta la superbia del personaggio. Una superbia che a volte «diventava arroganza, tracotanza», ci spiega Garlando, «e lo portava a sottovalutare le situazioni e a commettere errori». Errori talvolta giganteschi. Qualche esempio: è divenuta leggendaria la risposta data nel 1805 all’ingegnere statunitense Robert Fulton quando gli presentò i progetti per il primo battello a vapore: “Come signore? Voi fareste navigare una nave contro vento e contro corrente accendendo un falò sottocoperta? Vi prego di scusarmi. Non ho tempo di ascoltare simili sciocchezze!”. Due anni dopo però la nave di Fulton prendeva il largo e cambiava per sempre il mondo della navigazione. Con la stessa tracotanza intraprese la fatale campagna di Russia che segnò drammaticamente il suo destino.

PIÙ DEL PAPA E DELLA VERGINE. Insomma, se l’ambizione di Napoleone era enorme, il suo ego era smisurato e non tollerava che qualcosa o qualcuno lo mettesse in ombra. Così, nel 1806 costrinse Francesco II d’Asburgo a mettere fine al Sacro romano impero che esisteva dai tempi di Carlo Magno perché non doveva esserci corona imperiale più blasonata di quella che aveva cinto lui stesso nel 1804. Una corona imperiale che Napoleone si era posto sul capo da solo, dicendo tra l’altro “Dio me l’ha data, guai a chi me la tocca”, rifiutando che l’incoronazione avvenisse per mano del papa o di un vescovo come era sempre accaduto fino a quel momento. Anzi, il pontefice, Pio VII, fu costretto a presenziare alla cerimonia ma nelle vesti di semplice spettatore. Questa mania di grandezza raggiungeva a volte picchi di parossismo. Per esempio, Bonaparte non poteva accettare che mancasse un santo con il suo nome e di non poter celebrare il proprio onomastico. Fece allora fare delle ricerche e venne scovato un oscuro martire del IV secolo chiamato Neopolus. Divenne san Napoleone e la sua ricorrenza fu fissata nel 1806 per il 15 agosto, giorno di nascita del “piccolo caporale”. Inutili furono le proteste del papa, dato che in quella data viene celebrata l’importante ricorrenza religiosa dell’Assunzione di Maria. San Napoleone rimase al suo posto fino alla caduta del Bonaparte. Naturalmente questa assoluta fiducia nei propri mezzi e questa sfrontata superbia portarono anche a risultati eccezionali. Il suo genio militare e il suo coraggio seducevano i suoi soldati e intimorivano gli avversari mentre la sua intraprendenza alimentava progetti di grande portata. Conferma ancora Garlando:

All’attacco!

A sinistra, il giovane Bonaparte guida le truppe all’assalto del ponte di Arcole (Verona), durante la prima campagna d’Italia, in un dipinto di Jean Gros (1796-1797), nel quale è raffigurato in tutta la sua foga e il suo carisma. Sopra, il quadro di Jacques-Louis David La distribuzione delle aquile, del 1810, che celebra la consegna degli stendardi imperiali all’esercito da parte dell’imperatore il 5 dicembre del 1804.

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POTENTI E DANNATI

MISTERI

Nel mirino

THE LIFE PICTURE COLLECTION/GETTY IMAGES

I due membri più importanti della famiglia Kennedy: John Fitzgerald (1917-1963) e il fratello Robert (19251968). Entrambi furono assassinati. Nell’altra pagina, memoriale per la morte improvvisa di John John (1960-1999), figlio di JFK. Nel piccolo riquadro, il saluto di lui bambino, davanti al feretro del padre nel 1963.

La maledizione dei Kennedy ha colpito ancora: la pronipote di JFK è annegata con suo figlio lo scorso aprile. È solo l’ultima delle tante morti violente o premature nel clan più famoso d’America. di Federica Campanelli


AFP/GETTY IMAGES

È

successo ancora. Due membri della famiglia più celebre d’America hanno perso la vita in modo inaspettato e drammatico. Maeve Kennedy, 40enne nipote di Bob, e il figlioletto Gideon, di otto anni, lo scorso 2 aprile si sono allontanati a bordo di una canoa per recuperare una palla caduta nelle acque della baia di Chesapeake, nel Maryland. Da allora nessuno li ha più visti vivi: il mare li ha inghiottiti, e i corpi sono stati ritrovati qualche giorno dopo. Una tragedia, un’altra, che si abbatte sulla famiglia e che va a rinforzare la convinzione che un’oscura “maledizione” tenga sotto scacco il clan Kennedy da quasi ottant’anni.

MALEDETTO IL GIORNO... Tutti gli americani ricordano l’assassinio del presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy, freddato da tre colpi di fucile nel 1963 a Dallas.

Certamente quello fu il più eclatante dei tristi eventi che hanno sconvolto la sua famiglia, ma non il primo. Per risalire all’origine della “maledizione” bisogna infatti tornare agli anni Quaranta. All’epoca stava prendendo piede una nuova tecnica neurochirurgica per trattare i disturbi psichiatrici: la lobotomia, consistente nella recisione delle connessioni nervose della corteccia prefrontale. Una pratica micidiale, che nella maggior parte dei casi condannava i pazienti a uno stato vegetativo. Tra le prime persone che negli Usa subirono questo intervento vi fu proprio una Kennedy: la giovane Rosemary (sorella di JFK), terza figlia del “patriarca” Joseph Patrick, considerato il vero artefice dell’ascesa al potere della famiglia. La ragazza aveva sempre mostrato un carattere irrequieto, segnato da profondi sbalzi d’umore e da una condotta sessuale giudicata troppo disinvolta dalla

morale del tempo. Per quietarla, lo stesso Joseph decise appunto di farla sottoporre a lobotomia: la ragazza fu ridotta a un vegetale. Era il 1941, Rosemary non aveva che 23 anni e finì in un istituto psichiatrico del Wisconsin, peraltro senza mai ricevere visite paterne.

CASTIGO DIVINO? Per qualcuno il crudele trattamento riservato a Rosemary fu la causa scatenante della famigerata “maledizione dei Kennedy”, letta come una sorta di punizione divina per l’ingorda ambizione del patriarca Joseph, che vedeva in quella figlia problematica un ostacolo alla scalata sociale dei suoi eredi. Più tardi, la giornalista Oriana Fallaci scriverà di lui: “Come ogni maschio Kennedy, fu ben presto colto da una fame che superava ogni altra fame dei sensi e dello stomaco: la fame del potere, la fame della gloria”. Ironia della sorte, Rosemary ha avuto una vita

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SOCIETÀ Si sciopera dalla notte dei tempi. Ma le proteste più

INCROCIAMO LE BRACCIA

Stesso lavoro, stesso salario

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1968

el 1968, nel quartiere londinese di Dagenham, trecento cucitrici delle foderine dei sedili Ford entrarono in stato di agitazione per ottenere gli stessi diritti dei colleghi maschi ed essere riconosciute come le operaie specializzate che erano. Al culmine della protesta si piazzarono davanti al palazzo del parlamento esibendo lo striscione “We want sex equality”. Nonostante un errore nello srotolamento che di fatto cancellò alla vista l’ultima parola e suscitò sogghigni tra i passanti maschi, le tenaci operaie riuscirono a bloccare la produzione della grande azienda. Almeno finché non ottennero quanto chiesto e anche la prima legge inglese per la parità retributiva tra uomini e donne.


ingegnose si sono rivelate anche le più efficaci.

di Biagio Picardi

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utto cominciò attorno al 1150 a.C., quando nell’antico Egitto il faraone Ramses III dovette fare i conti con il malcontento dei costruttori del tempio di Tebe, che al 18 del mese non avevano ancora ricevuto i pesci e i legumi promessi come paga. Da allora, passando per la secessione dei plebei romani del 494 a.C. contro i soprusi dei patrizi fino ad arrivare ai moderni blocchi dei trasporti, persone di ogni epoca e classe hanno utilizzato l’arma dello sciopero per ottenere importanti conquiste e così migliorare vita e mestiere, ancora prima che

specifiche leggi fissassero come inderogabili alcuni diritti dei lavoratori. Leggi come per esempio l’italiana numero 300 del 1970, meglio conosciuta come “Statuto dei Lavoratori” e che proprio questo mese celebra i suoi primi cinquant’anni di vita (vedi riquadro alle pagine seguenti). Nel tempo, insomma, di proteste importanti ce ne sono state tante e, organizzandole, spesso i lavoratori hanno sorpreso i loro “capi” con ingegno e originalità. Ecco, allora, una carrellata degli scioperi più curiosi della Storia, dall’alba dei tempi ai • giorni nostri.

Ah sì? Niente sesso...

195 a.C.

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uando i tempi sono difficili, bisogna fare sacrifici. È giusto. Se però a sacrificarsi sono soltanto alcuni per tutti, allora non va più bene. È il caso della Lex Oppia, promulgata a Roma nel 215 a.C. e che in tempi di Guerre puniche limitò il lusso femminile per destinare più soldi alla spese militari. Alle matrone fu vietato di indossare monili e abiti molto colorati e anche di viaggiare in carrozza. Le romane (mal) sopportarono per vent’anni questa legge, finché nel 195 a.C. (a guerra ormai finita) scesero in strada, minacciando lo sciopero del sesso e della procreazione se non fosse stata abolita la norma, come proposto da due tribuni della plebe che però avevano incontrato una forte opposizione. Tanto fecero che la legge fu abrogata.

Il banchetto

... e buonanotte ai suonatori

GETTY IMAGES

Cibo, vino e musica dal vivo: e per i Romani era festa.

311 a.C.

N

ell’antica Roma i flautisti erano indispensabili per lo svolgimento delle funzioni religiose e dei sacrifici rituali. Guai, quindi, a farli arrabbiare. Lo capì a sue spese il censore Appio Claudio Cieco quando, nel 311 a.C., proibì loro di partecipare al banchetto più importante dell’epoca, in programma nel tempio di Giove. I musicisti, indignati, fecero i bagagli e si trasferirono nella vicina Tivoli, lasciando la capitale senza suoni e suonatori. Dopo averle provate tutte per farli tornare, compresi trucchi poco leciti, il senato dovette non solo abbonarli in perpetuo alla festa tanto desiderata, ma pure riconoscere loro tre giorni di licenza all’anno. Ma, attorno al cibo, questa non fu l’unica volta che si scatenò la protesta degli antichi Romani. Adesso mi siedo! Plutarco ha tramandato che la vittoria di Giulio Cesare contro Pompeo nella battaglia di Farsalo del 48 a.C. colpì profondamente il politico Marco Porcio Catone, detto l’Uticense, perché visse nell’antica città africana di Utica. Convinto che quel giorno inaugurasse una spietata tirannia, Catone inscenò una personale forma di sciopero: pranzare seduto finché il despota non fosse stato detronizzato. All’epoca, infatti, le buone maniere imponevano ai personaggi importanti di mangiare sdraiati, mentre gli sgabelli erano destinati a bambini e schiavi. O a chi era tormentato da brutti pensieri. Per un pugno di fagioli. Molto più prosaiche le ragioni dei legionari romani che nel primo secolo avanti Cristo fecero uno sciopero di protesta perché sul campo di battaglia, in Gallia, a pranzo mancavano cereali e olio di oliva al fianco della carne e dei grassi. Erano infatti convinti – anche perché abituati così – che soltanto pane, focacce, gallette e legumi adeguatamente conditi avrebbero dato loro le giuste energie.

Equità

GETTY IMAGES

Le cucitrici inglesi in sciopero nel giugno 1968: qui partecipano a una conferenza per discutere di parità giuridica e salariale con gli uomini.

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