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FEDERICA MARANGONI

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SATYENDRA PAKHALÉ. CULTURE OF CREATION

di AA.VV., nai010 publishers 2020, pagg.448, € 79,00.

Architetto-designer, Satyendra Pakhalé è nato in India nel 1967. Ha conseguito la laurea in ingegneria meccanica presso il Visvesvaraya National Institute of Technology di Nagpur nel 1989 e ha proseguito gli studi presso l’Indian Institute of Technology di Bombay, conseguendo il Master in 1991, per poi studiare all’Advanced Product Design presso l’Art Center College of Design in Svizzera, diplomandosi nel 1994. Con studio ad Amsterdam, Pakhalé è stato senior product designer per Philips Design a Eindhoven tra il 1995 e il 1998 e tra il 2006 e il 2010 capo del dipartimento per l’Umanità e per il programma di vita sostenibile presso la Design Academy di Eindhoven, in Olanda. Pakhalé appartiene a quella nuova generazione di progettisti ‘globali’ (come per esempio il pirotecnico inglese Thomas Heatherwick) che affrontano le diverse scale e i temi più svariati non tanto seguendo il vecchio slogan modernista “dal cucchiaio alla città”, quanto affrontando ogni occasione creativa in modo ‘olistico’, senza mai rinunciare all’aspetto emozionale del risultato, sia esso un oggetto di produzione industriale o un’architettura, delineando una pratica di ‘design multisensoriale’. La “cultura della creazione”, come titola questa ricca monografia sul lavoro di Satyendra Pakhalé Associates, si concentra sul design industriale, declinato alle varie scale sino ad affrontare il mondo dei trasporti e dell’architettura. “Creare curiosità negli oggetti”, afferma Pakhalé, “non significa necessariamente rispondere a un’esigenza di utilità come disegnare qualcosa che riempie lo spazio, un oggetto cubico per esempio, perché tutto è stato già fatto. Per me il design deve davvero creare quella connessione poetica con l’immaginazione dell’utilizzatore per diventare parte della sua vita”. Di tutto questo trattano i vari contributi che compongono il libro, un ‘ritratto’ eloquente, corredato da un ricco apparato iconografico, di uno tra i più interessanti ‘designer globali’ del nuovo millennio. SATYENDRA PAKHALÉ, KANGERI NOMADIC RADIATOR PER TUBES RADIATORI, 2014, ALLUMINIO E LEGNO DI QUERCIA.

BERNARDO ROSSELLINO, PLANIMETRIA DELLA PIAZZA PIO II A PIENZA, 1462.

LA CITTÀ E IL TERRITORIO, QUATTRO LEZIONI

di Giancarlo De Carlo, Quodlibet Habitat 2019, pagg.209, € 16,00.

Il libro raccoglie le quattro lezioni del corso “La città e il territorio” tenuto da Giancarlo De Carlo (19192005) all’Università di Architettura di Genova, la sua città, nella primavera del 1993. Trascritte dalle registrazioni integrali e poi riviste con l’autore per la loro presentazione in forma scritta, le quattro lezioni si propongono sia come documento storico sia come testimonianza del pensiero di uno dei protagonisti della cultura architettonica italiana del dopoguerra. Le lezioni procedono secondo una cronologia storica Dalle origini della città occidentale all’epoca classica, passando per la città e il territorio romani, il Medioevo e il Rinascimento, l’età barocca e l’illuminismo, il neoclassicismo e l’eclettismo ottocentesco, sino alle vicende del Movimento Moderno e a ipotesi per il presente della fine del secolo scorso. Così descritto, il ciclo della quattro lezioni sembrerebbe un ‘bigino’ di storia dell’architettura, in realtà la storia cui De Carlo attinge è materia per agire e cambiare il nostro presente, cercando di osservare la realtà costruita e che ci circonda con occhi più attenti e consapevoli. “Cercherò di dirvi come per capire le città sia necessario esplorare il territorio e, viceversa, come per capire il territorio sia necessario esplorare le città: fra loro esiste un rapporto reciproco e si sono sedimentati sistemi di corrispondenze che non possono essere ignorati se si vuole indagare quali siano la struttura e il significato dello spazio”. Con queste parole De Carlo introduceva il suo corso e anticipava temi oggi acquisti dalla cultura del progetto: l’importanza del paesaggio (territorio) nella sua complessità come riferimento obbligato per ogni nuovo intervento, in quanto il territorio possiede un “disegno che rappresenta una cultura” con cui occorre confrontarsi in modo dialettico nella ricerca di relazioni attraverso una pratica progettuale che è sempre sperimentazione. ■

di Matteo Vercelloni

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sustainability culture project design designing care reinvent passage architecture challenges stubbornness restart mexico meets italy future

A SINISTRA, L'INGRESSO DI INTERNI MEETING POINT PRESSO L'ISTITUTO MARANGONI IN VIA CERVA 24 A MILANO. ACCANTO, DALL’ALTO A SINISTRA IN SENSO ORARIO, CRISTINA TAJANI, PAOLO GLISENTI, CARLO MANDELLI, ERNESTO MAURI E GILDA BOJARDI.

IL CORAGGIO DI OSARE La Interni Designer’s Week, dal 28 settembre al 10 ottobre scorso, ha messo in rete, durante la Milano Design City voluta dal Comune di Milano, appuntamenti, presentazioni, eventi. E una serie di talk tematici. Li presentiamo in queste pagine

Milano Design City 2020 è stato un modo coraggioso per ribadire il ruolo della città nel mondo della cultura del progetto e per ricordare come la cultura del progetto abbia sempre avuto un ruolo importante in tutti i passaggi storici della città. “Come questo che stiamo vivendo”, ha spiegato nella serata inaugurale Cristina Tajani (Assessore alle politiche del lavoro, attività produttive, commercio e risorse umane del Comune di Milano), “in cui stiamo progettando nuovi stili di vita e ri-organizzando lo spazio urbano e i tempi della nostra vita”. La Interni Designer’s Week (dal 28 settembre al 10 ottobre) ha rappresentato il perno intorno al quale hanno ruotato 13 giorni di incontri, dibattiti, confronti, presentazioni di novità di prodotto. La rivista ha dato il suo contributo, organizzando una serie di talk, tutti videoregistrati e disponibili giorno per giorno sul sito di Interni. Tanti i temi toccati, dalle Benefit Corporation (sono molte le aziende che iniziano a includere nella loro mission non solo il profitto ma anche la sostenibilità sociale e ambientale) all’Home Experience (connettività, digitalizzazione dell’abitare, design e italianità: elementi base nel mutamento delle abitudini di vita e spazi abitativi); dal Contract (il settore sta diventando un’importante linea di business per le aziende e sta rapidamente cambiando) al Life Cycle (quali le nuove strategie e i nuovi sistemi dell’economia circolare? modelli di produzione e di consumo sostenibili, ricerca e innovazione,

design rethink heritage reorganize passage health new lifestyles contract stubbornness food awakening work future shock young people beauty

communication reaction recovery genius inclusiveness circular city surface study economy courage

BENEFIT CORPORATION

Nicoletta Alessi, corporate social responsibility manager Alessi Tiziana Monterisi, cofondatrice RiceHouse Eleonore Cavalli, art director Visionnaire e componente del Tavolo della Sostenibilità di Assoarredo-FederlegnoArredo Gianluca Pazzaglini, Global Chief Commercial Officer Florim Moderatore Donatella Bollani, giornalista

HOME EXPERIENCE

Michele De Lucchi, architetto e designer, fondatore di AMDL CIRCLE Paolo Lioy, CEO Whirlpool Italia & Iberia Roberto Palomba, designer Paolo Stella, influencer Moderatore Francesco Morace, sociologo Il talk è stato realizzato con il sostegno di Whirlpool

CONTRACT

Massimo Iosa Ghini, Iosa Ghini Associati Matteo Nunziati, Studio Matteo Nunziati Marco Piva, Studio Marco Piva Lorenzo Pascucci, Milano Contract District Gianmaria Mezzalira, Mezzalira Investment Group Moderatore Patrizia Catalano, giornalista

FOOD

Fabio Pisani, chef e proprietario de Il Luogo di Aimo e Nadia Valentina Moretti, architetto Holding Terra Moretti Lorenzo Palmeri, designer Claudio Saverino, Vudafieri Saverino Partners Moderatore Patrizia Catalano, giornalista Il talk è stato realizzato con il sostegno di Acqua Chiarella

HERITAGE

Giulio Cappellini, designer e direttore artistico Andrea Carnevale, chief marketing and business development officer Pigna Luca Fuso, amministratore delegato Cassina Stefania Lazzaroni, direttore generale Altagamma Patricia Urquiola, architetto Moderatore Federica Sala, curatrice e design advisor

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craftsmanship home experience manufacture connections creativity making company extraordinary intelligence change, view, way future reinvent ethics

potenziamento delle infrastrutture digitali sono i driver della ripartenza); dall’Uomo al centro nel ri-generare e re-inventare una nuova idea di futuro al Food (quali i prossimi scenari di un settore che ha subito grandi trasformazioni ed evoluzioni negli ultimi anni e durante la sfida della pandemia?); dall’Heritage (il saper fare italiano e l’alchimia unica tra artigianalità e serialità che caratterizza i prodotti made in Italy) al Designing Care (in tempo di pandemia e emergenza, la cultura del progetto deve mettere in moto una ricostruzione virtuosa, una rigenerazione animata dall’ascolto responsabile del mondo); dal Making (come sta cambiando la domanda formativa e quali le nuove professioni richieste dal mercato? quali le risposte delle scuole di design e di artigianato?) alle Company (capitali familiari, private equity, fondi di investimento e nuovi modelli di business: come sta cambiando il panorama delle aziende italiane); dalla Salute (nuovi spazi della cura, soluzioni e tecnologie per vivere in modo confortevole e salubre) all’Illuminazione (dati e luce viaggiano insieme: il futuro degli spazi abitativi passa attraverso i cavi di rete, modificando città e architetture); dalle esperienze di contract per grandi progetti tra Italia e Messico (nel Paese centro americano stanno partendo importanti interventi sia pubblici sia privati che vedranno protagoniste realtà evolute capaci di giocare il ruolo di general contractor) alle Superfici (il settore delle finiture è quello che investe di più in ricerca e sviluppo: inedite texture ed effetti sorprendenti, durabilità e performance caratterizzano le nuove superfici). Per chi volesse approfondire, tutti i video dei talk, con i protagonisti che li hanno animati, sono visibili e fruibili sul sito della rivista (www.internimagazine.it). ■ Danilo Signorello

manufacture passage approach responsibility extraordinary care infection growth ethics project design recovery food

MAKING

Luisa Collina, preside Scuola di Design, Politecnico di Milano Patrizia Moroso, art director Moroso Anty Pansera, critico e storico del design Massimo Zanatta, Istituto Marangoni • The School of Design School Director Moderatore Laura Traldi, giornalista

COMPANY

Nicola Coropulis, amministratore delegato Poltrona Frau Giovanni del Vecchio, amministratore delegato Giorgetti Roberto Gavazzi, amministratore delegato Boffi | DePadova Gianluca Mollura, amministratore delegato MOHD Moderatore Silvana Annicchiarico, design curator

HEALTH

Davide Angeli, AMDL CIRCLE head of international business Carlotta de Bevilacqua, vicepresidente e amministratore delegato del gruppo Artemide e presidente di Danese Milano Cecilia Morini, partner Binini Partners Giovanni La Varra, Barreca & La Varra Filippo Lodi, UNStudio head of innovation and knowledge management Moderatore Donatella Bollani, giornalista

LIGHT

Silvana Angeletti, Angeletti Ruzza Design Felice Limosani, artista della luce digitale Federico Palazzari, chairman e CEO Nemo Lighting Carlo Urbinati, presidente Assoluce Moderatore Donatella Bollani, giornalista

SURFACE

Alberto Apostoli, Studio Apostoli Diego Grandi, designer e architetto William Lucchetta, fondatore Cimento Alessandro Peisino, SAIB Area Manager Moderatore Donatella Bollani, giornalista

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Il talk di Audi, alle Gallerie d’Italia in piazza della Scala, ha affrontato il tema del cambiamento e della riprogettazione delle città tra inclusività, nuove modalità lavorative, meccanismi di autodifesa psicologica. Hanno partecipato, moderati da Francesco Chiamulera, responsabile di “Una Montagna di Libri Cortina d’Ampezzo”: Stefano Boeri, architetto, Michele De Lucchi, architetto e founder di AMDL Circle, Chiara Gamberale, scrittrice, Fabrizio Longo, direttore Audi Italia

CHANGE YOUR VIEW, CHANGE YOUR WAY

L'INGRESSO ALLE GALLERIE D'ITALIA DOVE, NELL'AMBITO DELLA INTERNI DESIGNER'S WEEK, SI È TENUTO IL TALK ORGANIZZATO DA AUDI.

“Rigenerare e reinventare in un momento in cui tutto sta cambiando intorno a noi: siamo a un nuovo punto di partenza da cui è necessario riprogettare idee per immaginare e concepire un nuovo futuro”. Con queste parole, Fabrizio Longo ha introdotto i lavori. Preceduti dai saluti di Giuseppe Sala, sindaco di Milano, Ernesto Mauri, CEO Gruppo Mondadori, Cristina Tajani, Assessore alle politiche del lavoro, attività produttive, commercio e risorse umane del Comune di Milano, e Gilda Bojardi, direttore di Interni. “Stiamo facendo un FuoriSalone senza Salone del Mobile. Solo a Milano accadono queste cose a dimostrazione del fatto che la città è centrale in questo momento”, ha esordito Giuseppe Sala. “Vorrei fare solo due considerazioni: dobbiamo trovare una formula per adattarci a questa situazione di emergenza, non possiamo aspettare che finisca, perché non sappiamo quando finirà. E questa è comunque vita, diversa, ma vita. E le città la devono vivere attraverso un corretto adattamento: Milano Design City ne è la prova. Poi c’è qualcosa di più complesso che è l’adattamento più generale delle città. In

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IL PALCO DELLA SERATA: DA SINISTRA FRANCESCO CHIAMULERA, FABRIZIO LONGO, CHIARA GAMBERALE, MICHELE DE LUCCHI, STEFANO BOERI. SOTTO, I SALUTI DI CRISTINA TAJANI E DI GIUSEPPE SALA.

questo caso, occorre cambiare rispondendo alle nuove istanze sociali che stanno esplodendo in tutto il mondo: equità sociale, giustizia, nuove forme di socialità. Milano deve mettere in campo quello che è, i suoi secoli di storia, la sua creatività, in una realtà che non sarà più di massa per qualche tempo, ma nella quale diventeremo per forza di cose più selettivi. Ecco, solo chi, selezionando, sarà in grado di offrire qualcosa di straordinario sarà vincente. E la città ce la farà come tutto il Paese che dà il meglio di sé quando è chiamato a cambiare”. Ernesto Mauri, dopo aver ringraziato il Comune di Milano per lo spirito di appoggio alla Interni Designer’s Week, ha spiegato che “questa iniziativa per il Gruppo Mondadori ha un valore altamente simbolico, in quanto rappresenta la voglia che abbiamo di riprenderci la nostra vita, di ritornare alla normalità. C’è stata la crisi pandemica, ma abbiamo riscoperto una straordinaria capacità di reazione in questi sei mesi. Libri e riviste della casa editrice sono arrivati ugualmente e puntualmente ai lettori grazie allo smart working. Erano due anni che il Gruppo Mondadori ci lavorava e avevamo già in smart working 200 persone che in sei mesi sono diventate 1600. La rivista Interni rappresenta il modello ideale e lo spirito di questa ripresa, un punto di riferimento per gli operatori del settore. Come già 30 anni fa, Gilda Bojardi è riuscita a creare questo nuovo evento. È la straordinarietà di una città come Milano, il posto dove le cose avvengono, accadono: istituzioni, aziende, operatori della cultura sono capaci di lavorare insieme per un obiettivo comune”. “Milano Design City nasce nel buio della primavera del lockdown. In quel periodo è maturata l’idea di lanciare il cuore oltre l’ostacolo e dare vita a un evento nuovo, diverso, particolare per le contingenze”, ha aggiunto Cristina Tajani. “La Interni Designer’s Week gioca un ruolo fondamentale nel palinsesto di Milano Design City, che accoglie anche altre iniziative. In una città in cui, appena terminata la settimana della moda, iniziano questi 13 giorni dedicati al design. Moda e design: due valori importanti per Milano, l’unica città al mondo che ha sostenuto questi due settori nel rispetto delle regole. Rianimandosi e prendendo forma nelle modalità in cui ha potuto”. “Il successo di questo evento nasce dalla capacità di fare sistema tra le aziende durante il lockdown. Aziende concorrenti che hanno fatto fronte comune per la ripresa, perché tutto riprendesse un ritmo più normale. Questo vuole essere la Interni Designer’s Week”, ha detto Gilda Bojardi. “Il ritmo delle due settimane è dato dall’incontrarsi in sicurezza, offrendo alle aziende l’occasione di presentare i prodotti nati per il Salone del Mobile che non c’è stato ad aprile. Per questo Milano resta la capitale internazionale del design, simbolo dell’attività creativa e produttiva del Paese”. “Questo evento andava fatto perché ci sono storie, temi che ci appassionano”, ha raccontato Fabrizio Longo. “A Milano, come ormai facciamo da diversi anni, non parliamo di Audi, ma diamo spazio a come la tecnologia impatta sulle nostre vite. Il tavolo è composito, il parterre è importante: non parleremo solo di tecnologia ma anche di sentimenti, di

A SINISTRA, ERNESTO MAURI, QUI SOTTO FABRIZIO LONGO.

come ri-dislocare il lavoro nelle città: torneremo come eravamo? Non lo sappiamo. L’impatto economico delle città vuote lo vediamo e la tecnologia può essere amica in questo senso”. Stefano Boeri ha parlato di inclusività delle città, ma ha fatto prima un passo indietro: “A Milano, il teatro alla Scala viene inaugurato, dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale, l’11 maggio 1946: viene ricostruito il teatro prima delle case, prima delle chiese. Quello è stato un momento straordinario e quello che accadeva in quegli anni dovremmo tenerlo presente oggi. Quella era una guerra mondiale, ma questo è uno shock globale sullo stesso piano dell’11 settembre 2001 e della crisi finanziaria globale. Negli anni ’50 rinasce quindi la città e rinasce il lavoro, che è un’altra caratteristica peculiare di Milano. Ma cosa intendiamo per inclusività della città? Dal centro città alle periferie fino ai piccoli centri che costellano le grandi metropoli, in questi mesi abbiamo tutti imparato a usare il digitale e un modo nuovo di lavorare da casa: lo smartworking. Riscoprendo i rapporti di quartiere e sperimentando che si può vivere la città in un modo differente. Abbiamo una sfida aperta: una città di quartieri, un arcipelago di borghi urbani, una rete di servizi negli spazi nuovi di una nuova dimensione abitativa. Le città che stiamo progettando per il futuro dovranno essere più decentrate, non dovranno più ruotare intorno a un centro precostitutito. Questo dato porta con sé un’altra opportunità: quella di lavorare stando dislocati, evitando di compiere di nuovo l’errore degli anni ’80, durante i quali sono sorte villette, palazzine, autolavaggi, centri commerciali intorno alle città. La città del futuro è destinata a una oscillazione tra vivere nelle città e vivere in un piccolo centro non in senso ‘antiurbano’, ma nell’ottica di recupero del territorio italiano”. Lavorare insieme, in tempo di pandemia e anche dopo. Michele De Lucchi ha spiegato: “Questo è un argomento che mi prende molto. Paradossalmente, sono spaventato da cosa succederà quando questa straordinarietà, che sta generando nuova consapevolezza, nuove idee, nuova creatività, sarà finita. Nel 1919 dopo la Spagnola è nato il Bauhaus. Nel 1920 è nata la fisica quantistica. Durante e dopo ogni crisi c’è una energia esplosiva che viene fuori. Proiettiamo questa energia in avanti al 2030, al 2050. Credo molto nel ruolo della visionarietà, in particolare nel lavoro. Lavorare è guardare avanti, riuscire ad attrarre il massimo dei talenti per progredire. Durante questo periodo di lockdown abbiamo fatto progetti visionari. Per esempio, è tornata in voga la finestra, è diventato importante quello che guardiamo e vediamo fuori dalla finestra, non solo quello che abbiamo alle spalle quando siamo alla finestra. Io nel mio studio ho allargato le finestre e vi ho posizionato le scrivanie proprio davanti, perché i miei collaboratori guardassero fuori”. Per Chiara Gamberale la pandemia ha rappresentato il suo ‘io doloroso’. “Durante il lockdown ho scritto Come il mare in un bicchiere. L’intenzione di questo mio breve libro, che preferirei chiamare quaderno, non è quella di annoiare con il diario della mia quarantena, ognuno ha il suo ed è quello il più prezioso. La mia intenzione è arrivare a riflettere insieme su un protocollo di autodifesa psicologica ed emotiva che questa incredibile tragedia ci potrebbe suggerire. Ci sono persone con un desiderio così forte di assoluto, che si sentono nel corpo come l’immensità del mare dentro a un bicchiere. Ma sanno che quel bicchiere, piccolo fino al ridicolo per il suo compito impossibile, è l’unica occasione per incontrare gli altri, perché qualcuno possa avvicinare le labbra e bere. Persone che di quel limite però continuano a essere insofferenti, a stare male al punto da diventare prigioniere della propria testa. Persone fondamentalmente smarrite, come ho sentito di essere io e gli amici che ho soprannominato ‘gli animali dell’arca senza Noè’. Che quando il mondo si è chiuso in casa, contrariamente a chi di solito è capace di vivere, si sono dimostrate fin troppo capaci, senza il peso del ‘là fuori’, di sopportare questa quarantena. A che cosa ci riferiamo, quando diciamo ‘io’? A tutto quello che prescinde dal ‘là fuori’ o a tutto quello che lo prevede? Perché quel metro di distanza dagli altri, sia quando si infrange sia quando si rispetta, è comunque un potere nelle nostre mani”. ■ D.S.

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DESIGNING CARE

Il sentimento della cura coinvolge la sfera emotiva e affettiva, insegna a conoscere amando oggetti e processi. Può diventare la chiave interpretativa per dare senso anche alla sostenibilità.

Il vivere all’italiana deve appropriarsi di questo nuovo paradigma, ritrovando l’arte della cura, creando il design della cura

“L’Italia non è solo un paese unico al mondo per il suo patrimonio artistico e culturale materiale fatto di musei, chiese, palazzi, siti archeologici, opere d’arte, è unica anche per i suoi beni culturali immateriali: saperi e conoscenze di culture e tradizioni diverse che si sono arricchiti in secoli di storia”. Dario Franceschini, ministro per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, ha esordito con queste parole nel suo videomessaggio ai partecipanti al talk Designing Care introdotto e moderato da Gilda Bojardi, direttore di Interni. “È importante valorizzare questo patrimonio. In ogni prodotto italiano che ha successo nel mondo, anche in quello apparentemente più lontano dalla cultura, per esempio un prodotto manifatturiero o industriale, ci sono inconsapevolmente secoli di saperi e conoscenza. Sono quelli che Davide Rampello ha definito 'beni culturali viventi': un artigiano, un falegname che mantiene viva la tradizione del suo paese è un bene culturale vivente”. Design della cura significa quindi rimettere al centro l’uomo, la sfera sentimentale, la passione che produttori (siano artigiani o industrie) e progettisti mettono nella ideazione e nella realizzazione di oggetti e arredi. Questi i temi di discussione del talk che ha visto tra i protagonisti, oltre a Dario Franceschini, Filippo Del Corno (assessore alla Cultura del Comune di Milano), Paolo Glisenti (commissario generale di sezione per l’Italia Expo 2020 Dubai), Ernesto Mauri (Ceo Gruppo Mondadori) e Davide Rampello (professore, direttore artistico, consulente culturale). Di creatività e sostenibilità ha parlato Paolo Glisenti, presentando il padiglione Italia a Expo 2020 Dubai e annunciando la partnership con il Gruppo Mondadori per una serie di eventi itineranti di presentazione lungo la Penisola. “L’idea di questa alleanza è nata quando ho spiegato a Gilda Bojardi il claim della nostra partecipazione, ideato con Davide Rampello: la bellezza unisce le persone. È un modello unicamente italiano e vincente che nasce dall’integrazione armoniosa e uniforme di saperi e competenze”, ha raccontato Glisenti. “Lo sviluppo economico futuro può nascere solo da una attrazione estetica. L’Italia distrutta dalla guerra è stata ricostruita partendo da questo concetto. E questo è il percorso narrativo che faremo nei sei mesi di

SOPRA, IL VIDEO MESSAGGIO DI DARIO FRANCESCHINI. A LATO, DAVIDE RAMPELLO. SOTTO, L'ESTATE SFORZESCA ORGANIZZATA DAL COMUNE DI MILANO. IN ALTO, DA DESTRA, GILDA BOJARDI, PAOLO GLISENTI, ERNESTO MAURI, FILIPPO DEL CORNO, DAVIDE RAMPELLO.

DUE RENDERING DEL PADIGLIONE ITALIA A EXPO 2020 DUBAI: IL PROGETTO È FIRMATO DA CARLO RATTI, ITALO ROTA, MATTEO GATTO E F&M INGEGNERIA.

Expo 2020 Dubai (ottobre 2021 - marzo 2022), a partire dall’architettura del padiglione Italia (scafi rovesciati ispirati alla navigazione, all’esplorazione) con il progetto firmato da Carlo Ratti, Italo Rota, Matteo Gatto e F&M Ingegneria. Ma anche tutti gli altri padiglioni (circa 190) saranno un esempio di architettura narrativa. Una narrazione che per il padiglione Italia sta curando Davide Rampello: scientifica, umana, storica, artistica. Un umanesimo innovativo, non solo tecnologico e tecnico. La trama è unica, forte, esplorativa. Expo 2020 Dubai, il cui tema è "La connessione delle menti per generare futuro", sarà il primo grande evento dopo la pandemia ed esprimerà al meglio quello che ci attende nel prossimo futuro”. Ernesto Mauri ha a sua volta posto in risalto l’importanza della partnership con il padiglione Italia, sottolineando che “in quanto editore leader in Italia abbiamo coscienza di cosa voglia dire essere un operatore come Mondadori. Diffondere cultura, eventi, intrattenimento con tutti i mezzi a disposizione (libri, periodici, carta, digitale). Nonostante la pandemia e il lockdown, grazie allo smartworking i nostri prodotti sono arrivati ai lettori con la qualità di sempre. Se si possiede senso e spirito creativo e innovativo è possibile fare qualunque cosa ovunque. Un esempio è la Interni Designer’s Week. Non ci siamo lasciati scoraggiare dal Salone del Mobile di aprile rinviato a giugno, poi a settembre: c’è stato chi con caparbietà ha detto ‘si può fare’. È nato un evento straordinario. Milano è una città dove le cose avvengono, accadono, dove istituzioni, aziende, operatori della cultura sono capaci di lavorare insieme per un obiettivo comune. Milano è così e mi auguro che Expo 2020 Dubai sia una occasione simile. Per questo sono contento di aver accettato questa partnership”. Assessore alla cultura dal 2013 prima nella giunta di Giuliano Pisapia e ora in quella di Giuseppe Sala, Filippo Del Corno ha spiegato il design della cura nella politica della città. “Passare dalla cura del contagio al contagio della cura deve essere l’obiettivo. Penso che si debba partire da questo presupposto: dal contagio della cura del territorio, del quartiere, della città. E sono tanti i cittadini che desiderano mettersi a disposizione, e questo a Milano si sta facendo con i giardini, gli spazi abbandonati, in un processo di condivisione. I mesi di lockdown non hanno fermato la crescita culturale della città. Il Comune è ripartito prima con il Piano cultura (contributi assegnati a 260 operatori culturali a sostegno delle spese e dei danni provocati dall’emergenza sanitaria) e a seguire con Aria di cultura (un palinsesto di iniziative culturali che ha accompagnato l’estate milanese), ripartendo con gli spettacoli all’aria aperta. Abbiamo riscontrato che la città ha espresso un desiderio di condivisione culturale che va oltre la pandemia, nella ricerca di un ritorno alla socialità, a una normalità seppur condizionata". Direttore artistico del padiglione Italia a Expo 2020 Dubai, Davide Rampello ha sottolineato come “la curatela di questa esposizione è stata concepire un percorso narrativo. Cosa vuol dire? Tutte le componenti dello spazio espositivo (temi e collaborazioni tra imprese italiane, regioni, università) rappresentano un paesaggio. Un paesaggio visto dall’alto come nel Grand Tour, raccontato valorizzando il paesaggio rurale, urbano e architettonico italiano, la campagna. E quindi il saper fare italiano come la manifattura, l’olio e la pasta, per arrivare alla scienza. Un patrimonio in continua evoluzione che ha un valore fondamentale nella memoria. Il design della cura è Interni Designer’s Week che dice no allo schock della pandemia e decide di ripartire, di far rinascere dopo il lockdown il sentimento, mettendo al centro l’uomo con la sua razionalità, la sua logica, i suoi straordinari talenti compresi quelli emozionali, tra cui la curiosità: essere curiosi significa infatti prendersi cura, non essere dei ficcanaso”. ■ D.S.

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DA DESTRA, LAURA TRALDI, STEFANO PANTEROTTO, MARIA PORRO, MARIA D’AMBROSIO, ANDREA CORONA, GIANLUCA D’AQUILA.

L’innovazione sostenibile guarda anche ai processi produttivi 4.0, che sempre di più puntano a trasformare gli scarti di produzione e i rifiuti in una risorsa. Durante il talk realizzato con il sostegno di Eni, moderato dalla giornalista Laura Traldi, ne hanno discusso Andrea Corona (sustainability consultant, Quantis), Maria D’Ambrosio (designer F2Lab), Gianluca D’Aquila (responsabile sviluppo del progetto Waste to Fuel, Eni Rewind), Stefano Panterotto (designer, co-founder dello studio Panter&Tourron), Maria Porro (presidente Assarredo di Federlegno Arredo). L’economia circolare è un business model capace di rigenerarsi da solo, nel quale “si cerca di mantenere il ciclo delle risorse all’interno del ciclo produttivo in termini di componenti e materiali”, ha spiegato Andrea Corona, “e richiede energie a basso costo e scarso consumo di risorse. L’importante è mappare i materiali in fase di produzione”. Ne è esempio, su scala nazionale, il progetto Waste to Fuel di Eni Rewind, per la produzione di biocarburanti con l'utilizzo della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU), il cosiddetto 'umido' costituito dagli scarti di cucina. È il primo esempio al mondo

LIFE CYCLE

Modelli di produzione e consumo sostenibili, ricerca e innovazione, potenziamento delle infrastrutture digitali: sono i driver della ripartenza del Paese, cardini dello sviluppo sul quale lavorare per il futuro. L’esempio del progetto Waste to Fuel di Eni Rewind

TENSE È IL PROGETTO DELLO STUDIO PANTER&TOURRON NEL QUALE TUTTI I COMPONENTI SONO ASSEMBLATI TRAMITE TENSIONE.

di questo genere ed è stato progettato e sviluppato nel Centro Ricerche per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente di Novara. Un impianto pilota è stato realizzato alla fine del 2018 nella bioraffineria di Gela, in Sicilia, e affidato a Eni Rewind: può trattare circa 700 chilogrammi di FORSU al giorno. Dal processo Waste to Fuel si ricava dal 3% al 16% di bio-olio utilizzabile come combustibile a basso contenuto di zolfo per il trasporto marittimo o, raffinato, per ottenere biocarburanti ad alte prestazioni. Dal processo si ricava anche gas (prevalentemente biometano e CO2) e fino al 60% di acqua che, una volta depurata, è riutilizzabile all’interno dei cicli produttivi. Oltre ai rifiuti, Waste to Fuel può trattare fanghi di depurazione, potature, scarti dell’industria agroalimentare e della grande distribuzione. “Questo è uno dei tanti progetti di Eni Rewind, la società ambientale di Eni per bonifica dei suoli, gestione dei rifiuti, risanamento delle falde acquifere”, ha raccontato Gianluca D’Aquila. “La società si occupa della gestione di questi ‘siti’ arrivando alla soluzione di problematiche ambientali complicate e questo ha permesso a Eni Rewind di diventare global contractor per Eni, per le bonifiche ambientali”. Eni Rewind ha firmato inoltre un accordo

L’IMPIANTO PILOTA ENI REWIND DI GELA, IN SICILIA, PRODUCE BIOCARBURANTI TRATTANDO CIRCA 700 CHILOGRAMMI DI FRAZIONE ORGANICA DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI (FORSU) AL GIORNO.

con Veritas, municipalizzata di Venezia per la gestione dei servizi ambientali. “L’obiettivo è la realizzazione di un impianto industriale Waste to Fuel su un’area bonificata da Eni Rewind nel sito petrolchimico di Porto Marghera, che trasformerà in bio-olio e acqua fino a 150 mila tonnellate all’anno di frazione organica dei rifiuti solidi urbani”. La connessione tra territorio e sistema produttivo a Marcianise, nel Napoletano, dove un’azienda è partita dalla trasformazione del polistirene post-consumo riciclabile al 100 per cento, è stata raccontata da Maria D’Ambrosio: “Il rifiuto è diventato un materiale altro, innescando il processo dell’economia circolare. Poi sono stati coinvolti artisti e designer, perché il materiale iniziasse a raccontare un luogo, un territorio. Artigianato e manifattura sono tornate a collaborare, collegate all’industria 4.0 che impiega in maniera elastica tecnologie innovative”. Maria Porro ha illustrato come il mobile sia una entità complessa che comprende diversi materiali (legno, polistirene, colle). “Assarredo fa parte di Federlegno che comprende – unica associazione di categoria in Europa – tutta la filiera del legno: dalle foreste alla fabbricazione di pannelli, alle segherie, alla produzione, al fine vita. Esiste già una circolarità che offre potenzialità da cogliere e leve competitive importanti su cui agire. Dove bisogna lavorare? Sui materiali? Sulle emissioni? Le aziende devono capire quali sono i punti di forza su cui fare leva. Questa è la sfida”. Infine, Tense, del duo di designer svizzeri Panter&Tourron, è una collezione di sedute, tavolo, paravento e lampada, pensata per essere smontata e rimontata, per uno stile di vita nomade. La serie sarà rivista per entrare in produzione nel 2021 con Cappellini. “Il prodotto punta sulla durabilità. Senza viti e utensili per l’assemblaggio, l’oggetto diventa molto più durevole: gli imbottiti sono in assoluto gli arredi meno durevoli in circolazione”, ha spiegato Stefano Panterotto. “Abbiamo utilizzato una scocca in legno, uno schiumato espanso graffettato e i tessuti. Spesso quando arrivano a termine ciclo vita questi materiali non sono separabili e recuperabili. Noi siamo partiti dall’esterno: un tessuto, un poliestere riciclato e riciclabile, un poliestere tridimensionale che sostituisce l’espanso e il legno che garantisce la tensione della struttura. Un prodotto ‘circolare’, perché ogni componente è scomponibile e separabile, riciclabile e riutillizzabile”. ■ D.S.

LookINg AROUND talks

Il programma di talk della Interni Designer’s Week ha proposto “Mexico meets Italy. Esperienze di contract per grandi progetti”. L’incontro è stato l’occasione per condividere le opportunità offerte dal mercato messicano. In Messico stanno partendo importanti interventi sia pubblici sia privati (centri commerciali, hotellerie, aeroporti) a livello di edilizia, infrastrutture, progettazione globale, che hanno bisogno di realtà evolute in grado di giocare il ruolo di general contractor e consegnare opere chiavi in mano, gestendo dal design alla scelta dei fornitori, dalla logistica ai servizi postvendita. Ne hanno parlato

IN COLLEGAMENTO DAL MESSICO: BERNARDO GÓMEZ-PIMIENTA, GIOVANNI LUCA ATENA, PAOLA CALZADA.

MEXICO MEETS ITALY

DA DESTRA, GILDA BOJARDI, RICARDO SALAS MORENO, ALEXANDER BELLMAN E MATTEO NUNZIATI.

Il settore del contract sta cambiando, come stanno cambiando, in seguito alla pandemia, gli spazi pubblici, quelli privati e il modo di fruirli e viverli. Le opportunità offerte dal mercato messicano

architetti e designer italiani e messicani condividendo la loro esperienza nel settore del contract internazionale, mercato in forte evoluzione. Dall’Italia erano collegati Gilda Bojardi (direttore di Interni), Alexander Bellman (architetto e lighting designer), Matteo Nunziati (architetto e designer), Ricardo Salas Moreno (graphic designer, past director Facultad de Diseño de la Universidad Anáhuac Mexico) che ha moderato il talk. Dal Messico, Giovanni Luca Atena (direttore ICE per Messico, Repubblica Dominicana e Costa Rica), Paola Calzada (architetto), Bernardo Gómez-Pimienta (architetto). Gli ospiti, forti delle loro esperienze professionali, hanno provato a dare risposte e soluzioni, partendo dalla constatazione che il settore del contract sta cambiando. Così come stanno cambiando, in particolare in seguito alla pandemia, gli spazi pubblici, quelli privati e il nostro modo di fruirli e viverli. Venti anni fa, gli studi che si occupavano di contract, progettavano prevalentemente per il settore alberghiero e c’era una sorta di muro tra residenziale e alberghiero. Ora il muro è stato abbattuto. In tutto il mondo, e anche in Messico, si sta affermando la realtà dei Residential Buildings con appartamenti seriali che si moltiplicano. Per questo motivo, il progettista che si era sempre e solo dedicato al contract deve iniziare a occuparsi anche del residenziale. Cambiano le richieste del mercato diventando più complesse. Ci sono più figure nella filiera progettuale, occorre analizzare un’infinità di aspetti che portano a modificare i tempi e i ritmi della progettazione. In particolare in Messico, si sta costruendo molto, con un’attenzione mirata alla sostenibilità dell’edificio, utilizzando materiali di recupero e scarti di lavorazione nel rispetto dei nuovi standard dell’economia circolare. Per quanto riguarda l’interior design, il sistema design italiano continua a rivelarsi unico. Bellezza, eleganza, creatività fanno parte del Dna delle aziende italiane. Una creatività che unisce oggi progettisti e industrie del made in Italy in egual misura, attraverso un know how comune che viene esportato ovunque. Una spinta che ha portato il design globale a migliorare: in Asia come in Messico, per esempio, pur senza la caratteristica tutta italiana di avere progettisti e aziende accomunati da uno stesso territorio di provenienza. ■ D.S.

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