Interni - Dicembre 2020

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SATYENDRA PAKHALÉ. CULTURE OF CREATION di AA.VV., nai010 publishers 2020, pagg.448, € 79,00. Architetto-designer, Satyendra Pakhalé è nato in India nel 1967. Ha conseguito la laurea in ingegneria meccanica presso il Visvesvaraya National Institute of Technology di Nagpur nel 1989 e ha proseguito gli studi presso l’Indian Institute of Technology di Bombay, conseguendo il Master in 1991, per poi studiare all’Advanced Product Design presso l’Art Center College of Design in Svizzera, diplomandosi nel 1994. Con studio ad Amsterdam, Pakhalé è stato senior product designer per Philips Design a Eindhoven tra il 1995 e il 1998 e tra il 2006 e il 2010 capo del dipartimento per l’Umanità e per il programma di vita sostenibile presso la Design Academy di Eindhoven, in Olanda. Pakhalé appartiene a quella nuova generazione di progettisti ‘globali’ (come per esempio il pirotecnico inglese Thomas Heatherwick) che affrontano le diverse scale e i temi più svariati non tanto seguendo il vecchio slogan modernista “dal cucchiaio alla città”, quanto affrontando ogni occasione creativa in modo ‘olistico’, senza mai rinunciare all’aspetto emozionale del risultato, sia esso un oggetto di produzione industriale o un’architettura, delineando una pratica di ‘design multisensoriale’. La “cultura della creazione”, come titola questa ricca monografia sul lavoro di Satyendra Pakhalé Associates, si concentra sul design industriale, declinato alle varie scale sino ad affrontare il mondo dei trasporti e dell’architettura. “Creare curiosità negli oggetti”, afferma Pakhalé, “non significa necessariamente rispondere a un’esigenza di utilità come disegnare qualcosa che riempie lo spazio, un oggetto cubico per esempio, perché tutto è stato già fatto. Per me il design deve davvero creare quella connessione poetica con l’immaginazione dell’utilizzatore per diventare parte della sua vita”. Di tutto questo trattano i vari contributi che compongono il libro, un ‘ritratto’ eloquente, corredato da un ricco apparato iconografico, di uno tra i più interessanti ‘designer globali’ del nuovo millennio. SATYENDRA PAKHALÉ, KANGERI NOMADIC RADIATOR PER TUBES RADIATORI, 2014, ALLUMINIO E LEGNO DI QUERCIA.

LA CITTÀ E IL TERRITORIO, QUATTRO LEZIONI di Giancarlo De Carlo, Quodlibet Habitat 2019, pagg.209, € 16,00.

BERNARDO ROSSELLINO, PLANIMETRIA DELLA PIAZZA PIO II A PIENZA, 1462.

Il libro raccoglie le quattro lezioni del corso “La città e il territorio” tenuto da Giancarlo De Carlo (19192005) all’Università di Architettura di Genova, la sua città, nella primavera del 1993. Trascritte dalle registrazioni integrali e poi riviste con l’autore per la loro presentazione in forma scritta, le quattro lezioni si propongono sia come documento storico sia come testimonianza del pensiero di uno dei protagonisti della cultura architettonica italiana del dopoguerra. Le lezioni procedono secondo una cronologia storica Dalle origini della città occidentale all’epoca classica, passando per la città e il territorio romani, il Medioevo e il Rinascimento, l’età barocca e l’illuminismo, il neoclassicismo e l’eclettismo ottocentesco, sino alle vicende del Movimento Moderno e a ipotesi per il presente della fine del secolo scorso. Così descritto, il ciclo della quattro lezioni sembrerebbe un ‘bigino’ di storia dell’architettura, in realtà la storia cui De Carlo attinge è materia per agire e cambiare il nostro presente, cercando di osservare la realtà costruita e che ci circonda con occhi più attenti e consapevoli. “Cercherò di dirvi come per capire le città sia necessario esplorare il territorio e, viceversa, come per capire il territorio sia necessario esplorare le città: fra loro esiste un rapporto reciproco e si sono sedimentati sistemi di corrispondenze che non possono essere ignorati se si vuole indagare quali siano la struttura e il significato dello spazio”. Con queste parole De Carlo introduceva il suo corso e anticipava temi oggi acquisti dalla cultura del progetto: l’importanza del paesaggio (territorio) nella sua complessità come riferimento obbligato per ogni nuovo intervento, in quanto il territorio possiede un “disegno che rappresenta una cultura” con cui occorre confrontarsi in modo dialettico nella ricerca di relazioni attraverso una pratica progettuale che è sempre sperimentazione. ■ di Matteo Vercelloni

80 dicembre 2020 INTERNI


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