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EPS Danni animali selvatici
DANNI DA ANIMALI SELVATICI
L’ombra degli aiuti di Stato sui rimborsi
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In Commissione europea proseguirà fino al 31 marzo 2022 la consultazione online degli stakeholder per la raccolta delle osservazioni sulla proposta di revisione delle norme Ue in materia di aiuti di Stato nei settori agricolo, forestale e della pesca per il periodo 2014-2020. Successivamente, i testi delle nuove norme saranno oggetto di discussione in almeno due riunioni tra l’organo esecutivo di Bruxelles e gli Stati membri. La prima si terrà subito dopo il periodo di consultazione pubblica; la seconda, invece, dopo il riesame delle proposte di modifica alla luce dei contributi ricevuti da tutti i soggetti interessati. In questa occasione ci limitiamo ad analizzare e a osservare quanto riportato al punto 1.2.1.5 in merito a quelli che la Commissione definisce “aiuti” - ma che forse sarebbe più giusto definire “indennizzi” - finalizzati a compensare i danni causati dagli animali protetti allo stato selvatico. In via preliminare, ci preme sottolineare due passaggi, evidenziando, per entrambi, la profonda contrarietà per come l’argomento viene affrontato. Oltre alla scelta non condivisibile del termine “aiuti”, vale la pena rilevare l’impropria limitazione del riconoscimento dei danni soltanto a quelli procurati da animali appartenenti alle specie protette, escludendo invece le non protette. Come se i danni delle seconde non avessero effetti parimenti negativi sui conti economici delle aziende. Tra le origini di questo controsenso c’è la difformità della legislazione italiana rispetto a quella degli altri Paesi Ue nel definire la fauna selvatica come proprietà indisponibile dello Stato. Tale attribuzione riconosce allo Stato italiano sia l’onere dell’integrale risarcimento dei danni, sia la competenza su eventuali modifiche normative. Alla luce di ciò appare inconcepibile la diversificazione tra fauna protetta e non protetta, dato che si rischia di lasciare i danni creati dalla seconda categoria senza alcun risarcimento. In più occasioni abbiamo portato all’attenzione del governo nazionale tali incongruenze, già presenti negli orientamenti europei 2014/2021, poi prorogati causa Covid al 2022. Segnalazioni che non hanno ricevuto la giusta considerazione da parte dei decisori. Davanti alla riproposizione delle stesse storture all’interno delle ipotesi di modifica della normativa, non si può che sollecitare nuovamente a porvi rimedio. A tal proposito ricordiamo come, sull’onda delle manifestazioni promosse dalle rappresentanze sindacali delle imprese agricole, il Mipaaf propose l’adozione di un decreto che avrebbe potuto, anche se soltanto parzialmente, sciogliere tali nodi. Peccato che quella proposta sia rimasta tale, dato che il testo è stato riposto in qualche cassetto della direzione generale, dove è rimasto fino ad oggi. Ora che la Commissione europea torna sull’argomento è necessario intervenire e occorre che le parti coinvolte - prime fra tutte le Organizzazioni - formulino le loro osservazioni. Perché, così com’è concepita, la proposta non può essere assolutamente accolta. Occorre che il governo si renda finalmente portavoce delle necessità della produzione e che ribadisca in sede europea che ciò di cui si sta parlando sono veri e propri risarcimenti, e non aiuti, dato che sono originati da elementi esterni alla responsabilità delle imprese. Riconoscendo l’accezione di “aiuti” si rischia concretamente che finiscano sotto la mannaia della vietatissima alterazione della concorrenza.