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Vino Villa Bucci
VILLA BUCCI 2017, CASTELLI DI JESI, VERDICCHIO RISERVA D.O.C.G. CLASSICO
Alla ricerca dell’unicità
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L’ innovazione è sempre stata al centro dei pensieri di Ampelio Bucci da quando nel 1950, ancora adolescente, iniziò ad occuparsi dell’impresa di famiglia (370 ettari, di cui 200 in pianura e il resto in media pianura e collina). L’azienda era tutta a mezzadria, ma già dagli inizi anni ‘60, Ampelio decise di liberare gradatamente tutti i terreni, lasciando le case ai contadini, creando così una delle prime realtà imprenditoriali. In quegli anni viveva a Milano, dove studiava alla Bocconi, e nei fine settimana andava nelle Marche per seguire l’azienda, destinata prevalentemente a cereali, grano duro e tenero, mais e barbabietola da zucchero. Dopo laurea, Ampelio inizia a lavorare, prima come dipendente, poi come consulente, in aziende internazionali del Made in Italy della moda e del design acquisendo grande esperienza del nuovo marketing basato sulla qualità, sui concetti del bello e del buono. Intanto si stava facendo largo sul mercato una nuova immagine dei vini italiani e così pensa di mettere a frutto le sue competenze in questo settore. “Sulla base di indicazioni di amici della Borgogna - racconta - effettuai con Assam l’analisi di tutti i nostri terreni collinari alla ricerca di uno adatto a grandi vini bianchi. Dopo aver individuato sette aree privilegiate per un totale di 27 ettari e dopo aver a lungo pensato se scegliere di piantare Chardonnay o il nostro Verdicchio, tra il 1974 al 1980, per amore della mia terra, piantai sei vigneti di Verdicchio: la sfida era migliorarne la qualità e l’immagine, puntando sull’unicità”. Nel 1978, Ampelio Bucci acquistò l’unica vigna della valle del fiume Misa già vecchia di 15 anni con l’obiettivo di selezionare cloni ‘originali’ e ‘meticci’. “Oggi abbiamo un nostro vivaio, i cui cloni vengono utilizzati in oltre il 40 % delle viti”. Alla fine del 1997 inizia il percorso biologico certificato che oggi è completato da 25 anni e che ha portato anche a numerose innovazioni in vigna. Recentemente sono stati sperimentate tecniche particolari per abbassare la gradazione alcolica dei vini, che oggi è scesa a 13 gradi. Ma per Ampelio Bucci innovare oggi significa soprattutto spostarsi verso la sostenibilità e l’economia circolare: Reuse, Reduce, Recicle. La produzione attuale è di 150.000/200.00 bottiglie, di cui il 40% viene esportato in 25 Paesi del mondo. Due le tipologie di Verdicchio: un vino dell’annata, il Bucci Classico e una riserva, Villa Bucci. Un marchio punto di riferimento per questa varietà, che ha ottenuto moltissimi riconoscimenti, l’ultimo dei quali viene dal celebre magazine Usa “Wine Enthusiast” che, nella classifica 2021, incorona l’annata 2019 del Bucci Classico primo vino bianco del mondo. Ma il fiore all’occhiello dell’azienda resta il Villa Bucci. Da uve 100% Verdicchio proveniente solo da “vecchie vigne” (40 e 50 anni), affinato per un anno/ un anno e mezzo in botti di Rovere di Slavonia da 50 e 75 hl. e almeno un anno in bottiglia, è un bianco con caratteristiche da “rosso”. Colore paglierino brillante ed intenso con riflessi verdolini, il naso è complesso, imponente, elegante in cui si avvertono: nocciola, miele, spezie, pietra focaia; in bocca è pieno, armonico, equilibrato e persistente.
MADONNINA DEL PESCATORE DI MORENO CEDRONI A SENIGALLIA (AN)
Dove la sperimentazione non si ferma
Davanti il mare e l’interminabile spiaggia di Marzocca nel comune di Senigallia, in provincia di Ancona, dietro le verdi e accoglienti colline marchigiane, nei dintorni città e paesi ricchi di arte e di storia. É qui che sorge la Madonnina del Pescatore, l’attività più longeva (nata nel 1984) di Moreno Cedroni, uno degli chef italiani più innovativi della cucina internazionale. Un luogo dove la tradizione abbraccia la sperimentazione, un palco dove non ci si ferma mai, teatro di un’arte culinaria dinamica ed eternamente giovane. Perché questa è la filosofia di Moreno Cedroni, autodidatta, con la passione per la cucina, curioso e geniale. La sua attività inizia proprio qui, alla Madonnina del Pescatore, ma la sete di nuove esperienze lo portano presto a frequentare corsi, fare stage (fondamentale per il suo percorso quello da Ferran Adrià), girare il mondo per conoscere le tradizioni culinarie di altri Paesi, assaggiare sapori diversi. Sperimentare, unire la cucina mediterranea a quelle di altri Paesi, utilizzare tecniche nuove era l’obiettivo di allora e rimane quello di oggi. Anche se i riconoscimenti sono arrivati presto: nel 1996 la prima stella Michelin e nel 2006 la seconda. Ma la fervida mente di Cedroni non si è mai fermata: nel 2000, nella baia di Portonovo, oasi incontaminata del parco del Conero, apre Il Clandestino, punto di riferimento per gli amanti del crudo. Una palafitta, simbolo di una grande avventura gastronomica: la riforma di un piatto famoso, il sushi, qui diventato susci, utilizzando non solo i quattro cinque ingredienti classici, ma tutti quelli della cucina mediterranea. Nel 2003 nasce la prima salumeria ittica, Anikò: un chiosco che propone uno street food di qualità e, contestualmente, l’Officina Cedroni, un laboratorio sperimentale dove vengono prodotti salumi e conserve di pesce, marmellate, confetture, sughi ed altri prodotti selezionati e confezionati. Nel 2021 inizia la costruzione di un orto marino di fronte alla Madonnina del Pescatore: un progetto che riporta in vita il paesaggio del lungomare di Senigallia degli anni ’60, che fornirà anche erbe aromatiche al ristorante. L’architettura e l’ambientazione del locale, progettato da Fabio Ceccarelli, riflettono una modernità essenziale, flessibile e attenta al servizio, curato impeccabilmente dalla “padrona di casa”, la moglie Mariella. La cucina, che si avvale della preziosa collaborazione del sous chef Luca Abbadir, è incentrata per lo più sul pesce, ma non mancano i patti a base di carne. Tre i menù: Ricordi d’Infanzia, Mariella e Luca e Moreno...no pesce. Superba la carta dei vini curata dallo stesso Cedroni e da Silvia Tessi, con le Marche sempre in vetrina, anche con annate storiche, etichette nazionali e molte francesi. Tanti anche i libri scritti da Moreno Cedroni: dal primo “Sushi & Susci” nel 2001, a “Multipli di venti” in cui racconta i primi vent’anni della sua carriera; da “Maionese di fragole”, il primo libro di narrativa con consigli di educazione alimentare per bambini, fino a “Susci più che mai”. “Per mettere nero su bianco il mio percorso”, dice Cedroni. Via Lungomare Italia 11, Senigallia (AN).
CUORE DI POLPO
Con il Villa Bucci 2017 della cantina Bucci, Moreno Cedroni consiglia il Cuore di polpo: polpo, cuore di vitello, mascarpone, mostarda, senape e quinoa fritta
SAGGIO SU ANTROPOLOGIA E FONTI VISIVE
Emigranti cineasti
Del fenomeno migratorio italiano negli Stati Uniti, a cavallo tra ‘800 e ‘900, abbiamo una visione ben rappresentata dalla famosa canzone “Lacreme napulitane”, scritta da Libero Bovio nel 1925. Il testo è una lettera riadattata di un emigrante alla madre (“pe’ nuje ca ‘nce chiagnimmo/ ‘o cielo ‘e Napule/ comme e’ amaro stu pane”). C’è anche un’altra faccia della migrazione, quella di chi è riuscito ad affermarsi, a dimostrare il proprio talento imprenditoriale e che, di fatto, ha creato il primo ponte di collegamento del made in Italy con l’America. Alberto Baldi - direttore del Museo antropologico multimediale dell’Università di Napoli e della rivista “EtnoAntropologia” - ha da tempo rivolto un’attenzione particolare alle fonti visive colte in una prospettiva antropologica. Baldi pubblica ora l’approfondito saggio Emigranti cineasti. Regie di un successo. Basilicata-
g STORIA DI RISCATTO E RINASCITA
“L’orrore e la bellezza. Storia di una storia” (AnimaMundi Edizioni) è l’autobiografia di Davide Cerullo. Un bambino nato nella periferia di Napoli negli anni ‘70, con la delinquenza come orizzonte di ogni giornata. Scrive di lui Erri De Luca, che firma la prefazione del volume: “Cresciuto nel quartiere della droga, dal fondo di prigione ha trovato il suo nome scritto nella Bibbia: Davide! Ha staccato di nascosto le pagine, le ha lette e da lì è cominciata una persona nuova”. America, 1900-1950” (Squilibri Editore, libro+DVD); oltre al DVD allegato sono stati resi fruibili ulteriori materiali video tramite QR Code. L’antropologo ha approfondito, in particolare, come vennero raccontate le storie di successo degli emigranti lucani; i mezzi impiegati furono il simbolo di una modernità tecnologica che consentì più efficaci documentazioni proto-multimediali. Da qui l’impiego di apparecchi fotografici, cineprese e proiettori, in associazione a grammofoni a tromba e ad altri strumenti musicali per un’appropriata colonna sonora. Quei filmati raccontarono le nuove e scintillanti esistenze negli Stati Uniti, da proiettare a congiunti e amici in occasione di ritorni, sapientemente orchestrati, ai Paesi d’origine ed alimentarono il sogno americano.
IL MISTERO SI NASCONDE PURE NELLA FILASTROCCA
Magica poesia
Davvero particolare ed affascinante il corposo saggio “Magia e poesia” - tra storia, leggenda e letteratura - dello studioso Carlo Lapucci, che inaugura la collana “Notabilia” di Graphe.it Edizioni. L’autore ha suddiviso il suo libro in due parti. La prima è dedicata ai “maghi poeti” (da Medea alle Sibille, da San Cipriano a Nicholas Flamel, senza dimenticare Nostradamus e Cagliostro); la seconda ai grandi “poeti maghi” (Virgilio e Dante in primis). La magia era anche poesia e spesso, nella stessa persona, si trovavano sia il vate, sia il profeta. Pensiamo alle Sibille che davano i loro responsi in versi, aggrovigliandoli in
enigmi che solo a pochi era consentito di penetrare. Magia e poesia spesso si univano al potere; accanto ad un sovrano, ad un tiranno, ad un dittatore, si trovava un mago, un genio, un saggio, uno stregone. In questo caso Merlino fu il mentore ed il consigliere d’Artù, come Nestore lo fu di Agamennone; Saul ebbe Samuele, Erode aveva i suoi maghi e, storicamente, Nerone fu l’allievo di Seneca, Teodorico si giovò di Boezio e Michele Scotto fu l’assistente di Federico II. Ma volendo cercare in tempi più vicini, magia e superstizione stettero sempre accanto ai troni ed alle sedi dei potenti, da Napoleone a Hitler. L’autore si sofferma anche su quelle formule che spesso i bimbi ripetono a memoria, come “Ambarabà, ciccì coccò” che, all’apparenza, sembra nonsense. Soffermiamoci però sui suoi versi “quattro vecchie sul sofà/ una fila, una taglia…”, non è difficile riconoscere in loro le Parche o le Moire che filano e tagliano le vite umane; per cui, nella filastrocca, non si sta parlando di cose infantili, ma dell’esistenza e del destino. In chiusura del volume il “Dizionarietto magico”, da ‘Alchimia’ a ‘Versipelle’ (colui che cambia pelle, ovvero il licantropo).
g LE CASE DEL SOLDATO
Irene Guerrini e Marco Pluviano studiano da decenni la storia della prima metà del Novecento; pubblicano ora il saggio “Le case del soldato” (Gaspari Editore di Udine). Esse furono istituite, anche al fronte, con il contributo determinante dei cappellani militari. Crebbero costantemente nel numero e nella qualità e quantità dei servizi offerti ai combattenti. Lo scopo di questa grande convergenza di sforzi fu la gestione in sicurezza del tempo libero e del morale dei combattenti.
DISCO DI MARCO MASONI
Onirica memoria
Non ci era sfuggita sui social la foto dell’incontro tra Marco Masoni (il leader dei Germinale, storica band del neoprog degli anni ‘90) e Matthias Scheller (discografico illuminato che, con la label AMS Records, crea davvero un prezioso ponte tra gli anni ‘70 e l’oggi). Dal loro incontro è nato il secondo pregevole CD solista di Masoni, “Il vero è nella memoria e nella fantasia”; un titolo che sintetizza bene il senso del nuovo lavoro, che si nutre di rimembranze e sguardi onirici. Il brano-manifesto - dialogo su “Artemidoro, Fellini ed i
sogni” - traccia la rotta (con una citazione felliniana, “il sogno è la cosa più reale che esista”). Una lunga suite ci ricorda poi lo scorrere del tempo, che però fa da collante (“il tempo rassoda e indurisce”); la traccia “La primavera” parla di rinascita che, nonostante tutto, trabocca nella vita. Il disco è riflessivo, stimolante e coinvolgente, con un sound variegato, a cavallo tra ballate acustiche e sonorità folk-prog, con una particolare rilettura del Lucio Battisti del dopo Mogol (Madre Pennuta, dall’album Don Giovanni) e con omaggi a Umberto Eco e Carlo Striano. È stato stampato nel curato formato CD papersleeve, come un LP gatefold in miniatura.
Fellini, un sognatore
«Il sogno è la cosa più reale che esista»
CANTI GRANDI E MICRO Gargarismi
Tredici canzoni ed otto microcanzoni che durano meno dei gargarismi (dai 18 ai 39 secondi). In realtà il titolo del nuovo CD, “Gargarismi” (Storie di Note. fr), del cantaingegnere e polistrumentista Gigi Marras è l’anagramma del nome dell’autore (v. la cover). I brani - suonati con i Bufobaldi (acronimo con le sillabe iniziali dei nomi dei musicisti Busu, Fois, Baldino) - sono nati in pieno lockdown, come sfogo, reazione ed evasione alla situazione in atto; nella canzone “Una chitarra piccola piccola” ha spiegato bene il senso di inquietudine di quei momenti bui (“una canzone piccola piccola/ con grandi cose da raccontare/ ma il nero confonde, ci ruba la memoria/ e le pagine di questa storia”). La gran parte dei micro brani sono dei trailer, cioè anticipazioni di canzoni dei prossimi CD. Ad aprire il disco “Non ho voglia di studiare”, che - nella versione trailer del CD precedente - ha spopolato nei video dei giovani utenti del social media Tik Tok.
Imenotteri e cosmi
Echi, citazioni, intuizioni… il nuovo vinile del cantautore lecchese Nico Maraja “Imenotteri e cosmi” (Noteum) si snoda nel particolare gioco dei rimandi. I dieci brani inediti proposti nascono da mere suggestioni, intuizioni, evocazioni di canzoni storiche e non solo. E così “In un dipinto di blu” nasce pensando a Volare di Modugno, Nessun dorma della Turandot di Puccini ed ai voli nel blu delle tele del pittore Chagall. Il brano “Ad olio” prende spunto da Acquarello di Toquinho; l’idea della canzone “Priscilla” viene da Maria di West Side Story; “Io che amo mille cose” ribalta il concetto del brano di Endrigo (Io che amo solo te). Quella realizzata da Maraja è senz’altro un’operazione raffinata e colta; va detto però che ha una sua coerenza, una sua unicità e conquista all’ascolto. Dalla canzone cult Il Mondo di Fontana, l’illuminazione per la title track, in cui canta: “La terra gira attorno ad un asse un po’ scomposto, scompone tutto e poi rimette tutto a posto”. Ed è proprio così.