MSOI thePost Numero 6

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MSOI thePost

11/12 - 18/12

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MSOI Torino

M.S.O.I. è un’associazione studentesca impegnata a promuovere la diffusione della cultura internazionalistica ed è diffuso a livello nazionale (Gorizia, Milano, Napoli, Roma e Torino). Nato nel 1949, il Movimento rappresenta la sezione giovanile ed universitaria della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (S.I.O.I.), persegue fini di formazione, ricerca e informazione nell’ambito dell’organizzazione e del diritto internazionale. M.S.O.I. è membro del World Forum of United Nations Associations Youth (WFUNA Youth), l’organo che rappresenta e coordina i movimenti giovanili delle Nazioni Unite. Ogni anno M.S.O.I. Torino organizza conferenze, tavole rotonde, workshop, seminari e viaggi studio volti a stimolare la discussione e lo scambio di idee nell’ambito della politica internazionale e del diritto. M.S.O.I. Torino costituisce perciò non solo un’opportunità unica per entrare in contatto con un ampio network di esperti, docenti e studenti, ma anche una straordinaria esperienza per condividere interessi e passioni e vivere l’università in maniera più attiva. Giulia Marzinotto, Segretario MSOI Torino

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MSOI thePost, il settimanale online di politica internazionale di MSOI Torino, desidera proporsi come un modulo d’informazione ideato, gestito ed al servizio degli studenti e offrire a chi è appassionato di affari internazionali e scrittura la possibilità di vedere pubblicati i propri articoli. La rivista nasce dalla volontà di creare una redazione appassionata dalla sfida dell’informazione, attenta ai principali temi dell’attualità. Aspiriamo ad avere come lettori coloro che credono che tutti i fatti debbano essere riportati senza filtri, eufemismi o sensazionalismi. La natura super partes del Movimento risulterà riconoscibile nel mezzo di informazione che ne sarà l’espressione: MSOI thePost non sarà, infatti, un giornale affiliato ad una parte politica, espressione di una lobby o di un gruppo ristretto. Percorrere il solco tracciato da chi persegue un certo costume giornalistico di serietà e rigore, innovandolo con lo stile fresco di redattori giovani ed entusiasti, è la nostra ambizione. Jacopo Folco, Direttore MSOI thePost

REDAZIONE: Direttore Jacopo Folco Caporedattore Alessia Pesce Capi Servizio Rebecca Barresi, Sarah Sabina Montaldo, Silvia Perino Vaiga Amministrazione e Logistica Emanuele Chieppa e Davide Tedesco Redattori Benedetta Albano, Federica Allasia, Erica Ambroggio, Timothy Avondo, Daniele Baldo, Giada Barbieri, Lorenzo Bardia, Giusto Amedeo Boccheni, Giulia Botta, Stefano Bozzalla, Federico Camurati, Matteo Candelari, Emanuele Chieppa, Sara Corona, Lucky Dalena, Alessandro Dalpasso, Alessio Destefanis, Giulia Ficuciello, Lorenzo Gilardetti, Simona Graceffa, Luca Imperatore, Andrea Incao, Michelangelo Inverso, Daniela Lasagni, Giulia Mogioni, Silvia Peirolo, Daniele Pennavaria, Silvia Perino Vaiga, Emanuel Pietrobon, Sara Ponza, Jessica Prieto, Fabrizio Primon, Carolina Quaranta, Francesco Raimondi, Jean-Marie Reure, Michele Rosso, Silviu Rotaru, Fabio Saksida, Leonardo Scanavino, Martina Scarnato, Samantha Scarpa, Martina Terraglia, Francesco Tosco, Tiziano Traversa, Fabio Tumminello, Francesco Turturro, Chiara Zaghi. Editing Lorenzo Aprà Le nostre copertine sono realizzate dall’artista Mirko Banchio Vuoi entrare a far parte della redazione? Scrivi una mail a thepost@msoitorino.org!


EUROPA

7 Giorni in 300 Parole

FRANCIA Alle elezioni regionali del 6 dicembre, ha trionfato il Fronte Nazionale di Marine Le Pen, sfiorando il 28% dei consensi al primo turno e divenendo di fatto il primo partito di Francia. Secondo i sondaggi, però, il centrodestra di Sarkozy sarà il favorito ai ballottaggi.

“CHOC” O “RISULTATO STORICO”? Elezioni regionali in Francia: “Front National” primo partito

vence-Alpes-Còte d’Azur. Stando alle stime di questo primo turno, quindi, il FN si presenta come primo partito di Francia.

È stato identificato dalla polizia fran- Di Giulia Ficuciello cese il terzo attentatore suicida del Bataclan: si tratta di Foued Mohamed Il 6 dicembre si è tenuto il Aggad, 23enne originario di un piccolo primo turno delle elezioni regionali in Francia. centro vicino a Strasburgo. L’uomo era partito per la Siria alla fine Le votazioni interessano il del 2013 con il fratello e altre 8 perso- rinnovo di 1757 consiglieri ne residenti nel quartiere della Meinau; regionali e 153 consiglieri nella primavera del 2014, al ritorno dal territoriali; sono le prime a viaggio, era riuscito a sfuggire al fermo svolgersi dopo l’accorpamendisposto dalla polizia, a differenza della to delle 22 vecchie regioni alle 13 attuali. maggior parte dei suoi compagni. “Se avessi saputo l’avrei ucciso prima”, Giungono, inoltre, tre settimane dopo gli attacchi del ha dichiarato il padre in lacrime. 13 novembre a Parigi. GERMANIA Angela Merkel è la “Persona dell’anno 2015” secondo il magazine statunitense Time, che le ha dedicato la prima pagina. Definita “Cancelliera del mondo libero”, sarebbe stata scelta grazie all’aiuto fornito per “preservare e promuovere un’Europa aperta e senza confini di fronte all’instabilità economica e alla crisi dei rifugiati”. 3 arresti con l’accusa di aver pianificato attentati nel Paese: il primo attacco avrebbe dovuto colpire Berlino. Secondo il quotidiano tedesco Bild, uno dei tre avrebbe svolto attività di reclutamento per l’ISIS.

L’affluenza alle urne è stata del 50,38%, quattro punti in più rispetto alle regionali del 2010. In questo primo turno il Front National di Marine Le Pen ha conquistato il 27,96% dei voti, seguito dal partito Les Rèpublicains di Nicolas Sarkozy con il 26,89% e dai socialisti del segretario Jean-Christophe Cambadèlis con il 23,33%. In coda troviamo la coalizione dei due partiti dei Verdi e il Front de gauche (rispettivamente il 3,87% ed il 2,52%). Il Front National ha conquistato la maggioranza in sei regioni, ottenendo il 40,64% nella regione Nord-Pas-deCalais-Picardie, storicamente di sinistra, dove Marine Le Pen è candidata alla presidenza. La nipote, Marion Marèchal-Le Pen, ha invece ottenuto il 40,55% in Pro-

Il Partito Socialista ha annunciato il ritiro delle liste nelle regioni di Alsazia, Champagne, Ardenne-Lorena, NordPas-de-Calais-Picardie e Provence-Alpes-Còte d’Azur per il ballottaggio di domenica 13 dicembre. Questa scelta è stata giustificata dalla volontà di evitare l’ascesa del Front National, cercando di favorire il partito di Sarkozy. Nonostante ciò, il candidato socialista in Alsazia, Masseret, ha dichiarato di non volersi ritirare, andando quindi contro le direttive del partito. Nel secondo turno avrà luogo il ballottaggio, nelle regioni in cui nessun partito ha ottenuto la maggioranza assoluta, tra le liste che hanno superato lo sbarramento del 10%. Secondo i dati del primo sondaggio, il 59% dei francesi voterebbe per il partito Les Republicains, se si trovasse opposto al Front National, il quale ultimo otterrebbe solo il 41%. Sul risultato di queste regionali, i giornali francesi si sono divisi: alcuni parlano di “choc”, mentre altri di “risultato storico”. Inoltre, se da un lato Bruxelles esprime le sue preoccupazioni per la vittoria di un partito fortemente antieuropeista, dall’altro lato la diffusione dell’euroscetticismo fa sì che siano molti i partiti che leggono questi numeri con grande entusiasmo.

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GRECIA Recuperati i corpi senza vita di 11 persone, tra cui 5 bambini, al largo delle coste elleniche; non si fermano le ricerche della Guardia costiera greca, che è riuscita a portare in salvo 26 persone. Sarebbero 13 i dispersi. I migranti, partiti dalle coste turche e diretti verso l’isola greca di Farmakonissi, avrebbero perso la vita a causa del ribaltamento dell’imbarcazione su cui stavano viaggiando.

LE FRONTIERE DELLA LIBERTA’ Frontex ed Europol unite contro la criminalità frontaliera

ITALIA Martedì 8 dicembre ha avuto ufficialmente inizio il Giubileo Straordinario della Misericordia voluto da Papa Francesco. Nonostante il pericolo attentati e gli stringenti controlli messi in atto dalla Polizia, circa 50.000 fedeli, in coda già dalle prime luci dell’alba, hanno assistito all’apertura della Porta Santa. La Commissione Europea ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia e di altri Paesi per non aver raccolto e inserito nel Sistema Eurodac le impronte digitali dei migranti richiedenti asilo.

di Simone Massarenti

Il 4 dicembre Frontex ed Europol, rispettivamente Agenzia di gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne dell’UE e a , A cura di Federica Allasia Ufficio europeo di polizi hanno siglato a Bruxelles un accordo di collaborazione contro la criminalità transfrontaliera. L’accordo prevede lo scambio costante di informazioni circa traffici e dati di presunti criminali, al fine di tutelare la sicurezza europea. La sicurezza, secondo il direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri, si troverebbe “ora più che mai, in lotta contro varie attività criminali transfrontaliere, oltre a dover contrastare la minaccia del terrorismo”. Il patto segna un enorme passo avanti rispetto al precedente accordo sulla cooperazione strategica del 2008, poiché la collaborazione fra le due agenzie non sarà passiva. Frontex ed Europol, infatti, condivideranno una “base operativa” con Easo e Eurojust (agenzie atte al con-

trollo dei richiedenti asilo politico e alla cooperazione sul piano penale), così da garantire alle autorità dei singoli Stati un aiuto a 360°. Il programma Frontex ha già visto l’apertura di un centro di controllo a Catania durante l’anno corrente e si propone di aprire anche un secondo hub di controllo in Grecia, nel Pireo. I tempi di attivazione sono però ancora poco definiti (per l’entrata in funzione del centro si parla di gennaio 2016) e nel frattempo aumenta la tensione nel territorio dell’Unione. Ne è una dimostrazione la notizia di pochi giorni di una riunione dei ministri dell’Interno europei per discutere circa la cattiva gestione del flusso migratorio da parte del Paese ellenico, come nel caso dell’isola di Lesbo. Nel corso di queste settimane, comunque, la cooperazione tra le intelligence statali ha portato, il 26 novembre scorso, al sequestro di 800 armi da fuoco provenienti dalla Turchia e dirette in Belgio.


7 Giorni in 300 Parole SAN BERNARDINO: È TERRORISMO L’FBI ha confermato in una conferenza stampa che le prove raccolte sulla strage di San Bernardino del 2 dicembre scorso portano ad accreditare sempre più la pista del terrorismo di radice islamica: la strage era stata pianificata, ed è dimostrabile come i due attentatori avessero da tempo legami con l’ISIS, il quale inneggia dal web: “I killer erano nostri soldati”. La vicenda porta dunque con sé una miscela esplosiva per Obama: la minaccia della radicalizzazione interna e un rinvigorito quanto difficile dibattito sula vendita delle armi.

BUFERA SU DONALD TRUMP In un comunicato diffuso da organi ufficiali della sua campagna, il candidato Repubblicano Trump ha dichiarato che sarebbe opportuno che gli Stati Uniti chiudessero le frontiere a tutti i musulmani, “almeno fino a quando i nostri rappresentanti non riusciranno a capire cosa sta succedendo”. Netta la replica da tutto il mondo politico: condanne sono arrivate sia dalla Casa Bianca sia dagli stessi repubblicani con, tra gli altri, lo speaker della Camera dei Rappresentanti Ryan che ha dichiarato: “Questo non è conservatorismo”. Nonostante le critiche, Trump non desiste, anzi rilancia con la nuova proposta

USA

STATI UNITI CONTRO IL TERRORISMO

La lotta al terrorismo made in USA tra sparate e soluzioni concrete di Alessandro Dalpasso “Vietiamo l’ingresso in modo totale e completo ai musulmani sul suolo americano”. Questa la proposta, o meglio la sparata, di Donald Trump, candidato in quota repubblicana alla Casa Bianca. Dichiarazione completata poi da quello che suona quasi come un ridimensionamento dell’affermazione precedente: “per lo meno fino a quando le autorità non avranno capito cosa sta succedendo”. All’indomani della strage di San Bernardino la popolazione e la politica sono ancora sotto choc ed è forse da ascriversi a questo momento estremamente concitato l’ingiustificata presa di posizione di Trump, che ha incontrato severe condanne da molti fronti. Le critiche sono arrivate dallo stesso Partito Repubblicano, ma anche dal Consiglio dei Musulmani d’America. L’ex vice-presidente Dick Cheney ha poi ricordato al compagno di partito come la libertà religiosa sia sempre stato uno dei pilastri della storia statunitense e come una sua negazione sarebbe assolutamente contraria ad ogni valore nazionale, affermazione, questa, ribadita dallo Studio Ovale. E se da un lato assistiamo a proposte assolutamente non realizzabili, dall’altro inizia a svilupparsi in seno all’amministrazione statunitense l’idea che qualcosa vada cambiato

nella lotta al terrorismo, soprattutto sul piano interno. Il giorno del Ringraziamento, giusto una settimana prima dei fatti di San Bernardino, il presidente Obama aveva rassicurato il Paese, sostenendo che non ci fossero minacce credibili sul suolo americano. Ciò fa emergere un incredibile vuoto di informazioni da parte dell’intelligence, che probabilmente sottovalutava il rischio di un terrorismo “home made” sul suolo americano: una forma di radicalizzazione estremamente pericolosa che da globale si fa locale. Questo tipo di minacce, infatti, si è evoluto e allo stesso modo dovrà evolversi la lotta al terrore, che secondo il Segretario per la Sicurezza Nazionale Jeh Johnson necessita di un nuovo approccio. Cardini di questo nuovo metodo, ancora in fase di elaborazione, dovrebbero essere un più stretto controllo sulla sicurezza aerea, una collaborazione più stretta con le comunità musulmane per non isolarle e, di conseguenza, estremizzarle, e infine una collaborazione con le stesse per cercare di individuare reclutatori e soggetti potenzialmente pericolosi.

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shock di chiudere internet per arginare la diffusione degli estremisti online. KERRY ALLA COP21 Il 9 dicembre il Segretario di Stato John Kerry è intervenuto a Parigi alla Conferenza sul Clima COP21 sottolineando la necessità di raggiungere in tempi brevi un accordo e di elaborare un sistema di controllo solido e trasparente. “Dobbiamo lanciare ai mercati un segnale forte, che dimostri che i 186 paesi rappresentati alla Conferenza sono in accordo”. Il discorso di Kerry si inserisce nella politica ambientalista dell’Amministrazione Obama, che ha annunciato che gli Stati Uniti entro il 2020 stanzieranno 860 milioni di dollari in sostegno ad azioni di adattamento al cambiamento climatico, raddoppiando il loro impegno rispetto a oggi.

LA LOBBY DELLE ARMI SCONFIGGE OBAMA Di Alessio Destefanis “Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben organizzata milizia, non si potrà violare il diritto dei cittadini di possedere e portare armi.” Così recita il II emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, attualmente sotto i riflettori del dibattito politico americano.

Il presidente Obama, che aveva proposto misure federali per limitare la vendita di armi, ha tuttavia perso la sua battaglia. Restrizioni A cura di Silvia Perino Vaiga senza precedenti e maggiori controlli sulla vendita delle armi non sembrano essere punti condivisi dalla maggioranza politica presente nell’organo legislativo americano. Ancora una volta Obama si è infatti trovato a combattere contro il Congresso, molto legato, come gran parte degli americani, al noto II emendamento della Costituzione. A poche ore dalla strage californiana di San Bernardino, il cui bilancio è di 14 morti, il Congresso ha deciso quindi di bocciare tre emendamenti che avrebbero rafforzato i controlli sugli acquirenti di armi da fuoco. I punti principali presentati dalla Casa Bianca avrebbero previsto maggiori controlli sul passato di chi compra armi e, cosa fondamentale, avrebbero escluso dal raggio di applicazione del II emendamento i soggetti presenti nella cosiddetta “watch list”, comprendente persone considerate sospette e alle

quali non è consentito dall’11 settembre 2001 prendere voli di linea americani. “Il blocco degli acquisti da parte delle persone presenti nella “no fly list” non è un’opzione” ha commentato Paul Ryan, senatore conservatore del Wisconsin, il quale ritiene che l’inserimento nella “watch list” da parte delle autorità avvenga senza un regolare processo. Il rischio, secondo Ryan, sarebbe un conseguente accanirsi contro soggetti potenzialmente innocenti fino a prova contraria, senza contare la palese violazione del loro diritto alla difesa. Il democratico Richard Blumenthal, nella conferenza stampa antecedente alle votazioni, ha invece mosso al Congresso l’accusa di essere “complice degli omicidi di massa”. Come è noto, il senatore del Connecticut è sempre stato in prima linea nella lotta al commercio delle armi, soprattutto in seguito alla strage di Newton, un massacro che colpì duramente lo Stato del Connecticut durante il suo mandato. Il copione della strage non fu diverso da quello di molte altre, protagoniste dalla cronaca nera americana: un ventenne armato entrò in una scuola elementare e sparò, provocando 26 morti tra bambini ed insegnanti. Obama non sembra quindi riuscire a sfondare il muro del II emendamento, portavoce di una mentalità che ormai pare fin troppo radicata nel tessuto nazionale americano.


MEDIO ORIENTE

7 Giorni in 300 Parole

SIRIA Mercoledì 9 dicembre bus delle Nazioni Unite hanno cominciato a far evacuare Waer, l’ultimo distretto della città di Homs sotto controllo dell’opposizione al regime siriano, verso la provincia di Idlib. L’evacuazione è il risultato di un accordo raggiunto tra il regime di Bashar al-Assad, che controlla di nuovo tutte le zone della città, e le forze di opposizione. Secondo gli ultimi aggiornamenti, oltre 2000 persone - inclusi combattenti del fronte Al-Nusra - lasceranno le proprie case in meno di una settimana. Giovedì 10 dicembre gruppi curdi ed arabi hanno dichiarato la creazione del Consiglio Democratico Siriano, la sezione politica delle Forze Democratiche Siriane. Il consiglio, presieduto da 42 membri, comprende arabi, curdi e cristiani siriani. ARABIA SAUDITA Al via mercoledì 9 dicembre il Gulf Cooperation Council, summit annuale delle monarchie del Golfo. Prime tra tutte le questioni, la situazione in Yemen - dove forze militari del Golfo stanno attualmente aiutando il governo centrale a tenere sotto controllo i ribelli sciiti Houthi, supportati dall’Iran - e la formazione di un’effettiva forza di opposizione al regime siriano di Bashar al-Assad capace di negoziare diplomaticamente. Nella giornata di giovedì 10 dicembre sono stati selezionati 42 delegati tra oltre 100 presenti che andranno a comporre l’unità diplomatica d’opposizione.

IL FRONTE APOLIDE DELLA GUERRA A DAESH L’importanza dei peshmerga, tra resistenza e utopia

Prima di USA e Russia, prima degli attacchi terroristici che hanno portato la Francia alla repentina decisione di intervenire, in Siria e Iraq c’era chi stava combattendo Daesh già da molto tempo: i peshmerga.

torno alla città, però, la resistenza non è mai cessata: uomini del PKK (Partito dei lavoratori curdo) e milizie yazide hanno aspettato l’arrivo di aiuti per più di un anno e il 12 novembre i peshmerga, grazie soprattutto al lavoro dell’aviazione statunitense, hanno liberato Sinjar.

I peshmerga, letteralmente “coloro che affrontano la morte”, sono i combattenti del popolo curdo iracheno, che amministra un’entità federale nel nord dell’Iraq con capoluogo a Erbil (la Costituzione del 2005 rese il Paese uno Stato federale). Tra le file di questo esercito si trovano sia uomini sia donne e questa è una delle peculiarità di milizie che sono arrivate a contare anche più di 150.000 guerriglieri.

Karim Sinjari, ministro dell’Interno del Kurdistan, negli ultimi giorni è giunto in Italia per ringraziare degli aiuti fin qui concessi e chiedere un ulteriore sforzo: il contingente italiano, infatti, ha addestrato nell’ultimo anno circa 2.000 peshmerga (sui 5.000 formati dalla coalizione europea di 7 Paesi tra cui Germania e Gran Bretagna), che però ora necessitano di divise invernali e armamenti pesanti.

Nonostante i contrasti interni con il leader Massud Barzani, nel novembre scorso i peshmerga hanno svolto un’offensiva contro Daesh nella regione montuosa nordoccidentale dell’Iraq, poco distante dal confine siriano, riprendendo Sinjar, il centro strategico di questa zona. La città, abitata per la maggior parte da yazidi, un gruppo etnico-religioso che segue un culto di derivazione zoroastriana; tra giugno e agosto era caduta sotto il controllo del Daesh. I suoi miliziani hanno poi compiuto un massacro di circa 5.000 yazidi che non sono riusciti ad abbandonare la città prima dell’arrivo del califfato. All’interno di roccaforti disseminate sulle montagne in-

I peshmerga, fino ad oggi, hanno liberato Kobane e Sinjar, dimostrando la tecnica e l’efficacia di un esercito nazionale. Ora promettono di prendereMosul,importantissima per il controllo del petrolio, e, successivamente, Raqqa. Il vero sogno curdo è però uno Stato del Kurdistan che riunisca tutti i territori rivendicati, identificato con l’altopiano a cavallo tra Turchia, Iran, Iraq, Siria e Armenia. Un’utopia?

di Lorenzo Gilardetti

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AFGHANISTAN Un attacco all’aeroporto di Kandahar, sud dell’Afghanistan, da parte di alcuni talebani ha causato la morte di circa 50 civili (tra cui diversi bambini). Dopo 26 ore di attacco, terminato la sera di mercoledì 9 dicembre con l’uccisione del principale responsabile; le forze militari afghane hanno poi ristabilito l’ordine e liberato alcuni ostaggi.

TURCHIA Il primo ministro turco Ahmet Davu toglu ha accusato la Russia di “attuare una pulizia etnica” nell’area di Latakia, nord della Siria, nei confronti delle minoranze Turkmene e Sunnite, apertamente schierate contro il regime di Bashar al-Assad. Le relazioni diplomatiche non fanno che peggiorare dopo l’abbattimento del caccia russo il 24 novembre. A tal proposito, il presidente Vladimir Putin ha chiesto aiuto alla Gran Bretagna per analizzare la scatola nera del velivolo. ISRAELE I nuovi missili a lunga gittata “Arrow 3” hanno superato i test d’intercettazione, secondo quando riportato dal Ministro della Difesa israeliano. Il sistema missilistico di difesa aveva mostrato delle defaillances un anno fa. Gli Stati Uniti avevano quindi supportato economicamente e tecnologicamente Israele per migliorarne le prestazioni. A cura di Samantha Scarpa

LICENZA DI UCCIDERE

Il terrorismo legittima e normalizza l’uso della forza: la risposta delle istituzioni?

Di Jean-Marie Reure

In Siria, le vittime sono ormai più di 250.000, in 4 anni di conflitto. Senza contare né le esecuzioni sommarie in Siria e Iraq né le “convenzionali azioni militari” contro eserciti in guerra, Daesh ha mietuto più di 1.600 vite in 20 Paesi, secondo le stime del quotidiano Le Monde. 2.057 sono, invece, i civili uccisi sul territorio siriano ed iracheno dalla coalizione anti-IS; 20.000 i miliziani del califfato. Solo nel mese di novembre, la coalizione ha effettuato 800 raid aerei. A 479 giorni dall’inizio dell’operazione, se ne contano un totale di 7.795, per la stragrande maggioranza americani. Il grande pubblico è stato abituato a immagini di persone decapitate, crocifisse, arse vive e l’idea di inasprire i bombardamenti non ha suscitato grandi reazioni. Gli attentatori di Parigi erano per la maggior parte cittadini francesi, si potrebbe pensare ad un problema di integrazione piuttosto che all’offensiva di un nemico definito geograficamente, eppure la rappresaglia in Siria e le dichiarazioni di guerra del presidente Hollande sono state recepite con assoluta naturalezza. Il 26 giugno, Yassin Salih, cittadino francese, decapita il suo datore di lavoro e appone vicino al suo cadavere una bandiera nera. Il suo legame con Daesh, però, rimane tutt’ora dubbio, quando erano invece noti gli attriti con il suo capo. Si è subito parlato di un atto connesso all’estremismo jihadista, ma

lo era veramente? L’ISIL offre giustificazioni di tipo fideistico all’utilizzo indiscriminato della violenza e questo è il suo punto di forza. Si è così spinto là dove Al Qa’ida non aveva potuto: ha istituito un “franchising del terrore”, legittimando la barbarie e l’omicidio. E soggetti come Salih probabilmente né conoscono nessuno in Siria o in Iraq né avrebbero mai messo in pericolo la propria vita per una causa religiosa, ma trovano in Daesh la giustificazione e l’inquadramento in una causa più grande di un atto criminale le cui ragioni appartengono alla sfera del privato, come l’omicidio di un superiore. I maggiori decisori mondiali non propongono una narrativa alternativa all’apologetica della violenza. I leader delle grandi democrazie occidentali potrebbero trovarsi involontariamente e irrimediabilmente invischiati in una spirale di odio. Da questa sarà sempre più difficile uscire e il confine fra vendetta e rappresaglia, fra morte in battaglia e omicidio potrebbe farsi molto labile.


RUSSIA E BALCANI 7 Giorni in 300 Parole

ALBANIA Giovedì 9 dicembre Tirana è stata teatro di una manifestazione di piazza organizzata dall’opposizione di centro destra che chiede le dimissioni dell’esecutivo guidato da Edi Rama ed elezioni anticipate. Motivo del malcontento sarebbe l’apertura al pubblico di bunker del regime comunista.

IL MONTENEGRO DIVISO TRA DUE SFERE D’INFLUENZA: QUALE FUTURO?

Di Fabrizio Pusineri

Il 2 dicembre 2015, il segretario della NATO Jens Stoltenberg ha invitato ufficialmente il Montenegro ad aderire e diventare il 29° Paese dell’Alleanza AtlantiIl segretario generale della Nato Stolca. L’espansione ad est deltenberg incontrerà il presidente della Repubblica Bujar Nishani e il premier la NATO continua dopo gli esempi della Slovenia e della Edi Rama venerdì 11 dicembre. Croazia, entrate rispettivamente nel 2004 e nel 2009. ARMENIA Approvato con il 63,35% il referen- In queste settimane il Mondum svoltosi il 6 dicembre in Armenia tenegro sta affrontando una per dare più poteri al Premier e al Par- difficile situazione sul piano interno causato dalle protelamento, a discapito del Presidente. L’opposizione ha accusato le auto- ste della popolazione nei conrità di brogli e ha definito il referen- fronti del presidente Milo dum un tentativo del presidente Serzh Djukanovic. Il piano di adeSargsyan di voler estendere il proprio sione, probabilmente a causa potere; questi, infatti, si candiderà a di questa instabilità politipremier nel 2018 dopo il secondo man- ca, andrà a rilento. dato come capo dello Stato. Sargsyan ha negato. La risposta della Russia non si è fatta attendere dinanzi L’8 dicembre la Russia ha inviato eli- all’invito inviato dalla NATO cotteri militari e di trasporto in Arme- al Montenegro. Il Cremlino nia nella propria base situata vicino ha voluto precisare che quaalla capitale Yerevan. La base, costruita lora il Montenegro dovesse nel 1995, ospita dal 1998 aerei da comconcretizzare la sua adesione battimento russi, presenti anche vicino alla NATO, verranno chiusi al confine turco-armeno a Gyumri. tutti i canali di comunicazione tra i due Paesi e saranno attuate contromisure di natura economica.

Il Montenegro già da un paio di anni sta cercando di distanziarsi dalla Russia. Il Paese aveva, infatti, sottoscritto le sanzioni imposte dall’Unione Europea a Mosca dopo l’inizio della crisi in Ucraina. Anche la ratifica del Membership Action Plan (MAP), un documento nel quale la NATO offre assistenza pratica e sostegno a tutti i Paesi intenzionati ad aderire all’Alleanza Atlantica potrebbe essere letto come un’azione volta ad aumentare le distanze con la Russia. I Balcani occidentali hanno quasi tutti aderito all’Alleanza Atlantica. Sono ancora fuori dal Patto, Georgia, Bosnia e Macedonia, ma la NATO ha ribadito la Dichiarazione di Bucarest del 2008, ove emerge la volontà di un allargamento dell’Alleanza Atlantica verso l’est europeo. I rapporti tra Nato e Russia sono attualmente sono pressoché interrotti dall’aprile del 2014, ossia da quando il Cremlino ha annesso la Crimea nella Federazione Russa, scatenando un conflitto nell’est dell’Ucraina.

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LA TRANSNISTRIA

BOSNIA-ERZEGOVINA Il segretario generale della NATO Stoltenberg, ha rilanciato l’invito alla Bo- Strascichi di guerra fredda e scenari secondari snia-Erzegovina. da non sottovalutare Lo scorso 3 dicembre i ministri degli Esteri della Nato avevano confermato il sostegno anche alla Macedonia e alla Di Leonardo Scanavino russi all’imbarco dello scalo Bosnia-Erzegovina nel loro percorso di moldavo. adesione all’Alleanza Atlantica. La Transnistria è una piccola regione a ridosso La presenza russa in del confine tra Moldavia e Moldavia si trova quindi Ucraina, una stretta lingua fortemente contrastata. Il RUSSIA transnistriano Il sottomarino russo Rostov ha colpi- di terra lunga 250 km. La presidente to dal Mediterraneo i primi obiettivi nel sua capitale è Tiraspol, dove Shevchuk sostiene che la risiede la maggior parte dei concentrazione sempre territorio di Raqqa. 550.000 abitanti. maggiore di forze militari Lo ha affermato martedì il ministro ai confini con Ucraina e della Difesa Shoigu, precisando che i A u t o p r o c l a m a t a s i Moldavia sia l’effetto di un bersagli colpiti sarebbero magazzini di indipendente dalla Moldavia accordo tra le due nazioni, armi, una fabbrica di esplosivi e infrail 2 settembre 1990, di fatto che potrebbe costituire una strutture petrolifere. oggi si trova sotto la tutela L’esecutivo russo avrebbe avuto il via della Federazione Russa, che minaccia per la Transnistria. libera dal governo americano e israe- ne garantisce la sicurezza L’economia del Paese si basa liano. interna con una missione di su quattro principali aziende peace keeping. che traggono la maggior parte dei guadagni dall’export Dopo la secessione, la con UE e USA. Con i nuovi situazione si era stabilizzata, accordi commerciali tra poiché si riteneva che non Chișinău e Bruxelles, potessero esserci rischi di Tiraspol potrebbero perdere un ingente dispiegamento le agevolazioni tariffarie di forze russe nel cuore doganali di cui gode con la dell’Europa. Oggi gli equilibri Moldavia e, le esportazioni sono cambiati, alla luce sarebbero messe a rischio. delle tensioni in territorio L’azienda di Stato Roastom avrebbe in- ucraino e, in seguito È in questo quadro caotico terrotto la costruzione del primo im- all’adesione della Crimea alla che si sono svolte il 29 pianto nucleare turco di cui era appal- Federazione Russa, questo novembre le ultime elezioni tatrice. teatro non sembra più essere del Soviet Transnistriano. La consultazione sembrava Il governo russo aveva già dato il via a di importanza secondaria. essere diventata un una serie di sanzioni contro la Turchia complicazioni referendum sul presidente nei giorni successivi all’abbattimento Ulteriori derivano dall’instabilità Shevchuk, il quale il prossimo del caccia russo politica della Moldavia, anno dovrà affrontare lo Stato che rivendica la le elezioni presidenziali. sovranità della regione. La Il risultato non è stato UCRAINA classe dirigente moldava incoraggiante per l’attuale Un documento rilasciato mercoledì è, infatti, divisa tra chi governo e denota una dall’Alto Commissariato per i Rifugia- preferirebbe riavvicinarsi grande frammentazione ti delle Nazioni Unite (UNHCR) ripor- alla Russia e chi vorrebbe nell’elettorato, che ta che armi e combattenti starebbero una collaborazione più rispecchia l’instabilità del continuando ad affluire nell’est dell’U- consistente con l’UE. Paese. craina dalla Russia. La presenza militare russa Secondo fonti interne allo Stato, il go- è stimata essere di 1.500 verno ucraino avrebbe deciso di rico- uomini, con annessi mezzi e minciare a fornire elettricità alla Cri- armi. In seguito alla revoca mea, dopo che più di due settimane fa del permesso di transito in attacchi alle linee elettriche avevano territorio ucraino, i soldati russi, per raggiungere la lasciato la penisola al buio. La Russia entro fine mese dovrebbe Transnistria o tornare in creare un ponte energetico che la col- patria, si trovano costretti a spostarsi in incognito leghi con la Crimea. attraverso il territorio moldavo e l’aeroporto di A cura di Daniele Baldo Chișinău, dove in passato sono stati arrestati militari

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ORIENTE

7 Giorni in 300 Parole

COP-21 Durante la conferenza di Parigi sul cambiamento climatico, Papua Nuova Guinea, Kiribati, le isole Marshall e le isole Cook hanno sollecitato la comunità internazionale a realizzare un accordo legalmente vincolante che includesse la responsabilità di risarcimento per danni dovuti ai cambiamenti climatici. Per la regione del Pacifico, in cui siccità e calamità naturali sono un problema costante, fermare il riscaldamento globale è “questione di vita o di morte”, secondo il primo ministro cookese.

PECHINO, È ALLARME ROSSO PER L’INQUINAMENTO Scatta per la prima volta l’allerta massima

Di Carolina Quaranta

Mentre prosegue a Parigi la XXI conferenza mondiale dell’ONU sul clima, COP21, finalizzata al raggiungimento di un accordo che limiti il riscaldamento globale, dall’altra parte del mondo lo scenario non è affatto rassicurante: nella giornata di martedì Pechino ha dichiarato l’allarme rosso per lo smog, un Enele Sopoaga, primo ministro di provvedimento straordinario Tuvalu, non è stato invitato al meeting e senza precedenti. tenutosi tra alcune nazioni insulari del Pacifico e Barack Obama. Secondo Si tratta di una misura di Sopoaga, affrontare la questione sicurezza che entra in atto separatamente e concludere accordi al quando si prevede che alti di fuori dei negoziati è un rischio che livelli di inquinamento avvolgeranno la città per più tali Stati non dovrebbero correre. di tre giorni consecutivi: l’allarme è stato considerato ai massimi livelli fino a giovedì, quando venti provenienti dalla Mongolia hanno leggermente migliorato la situazione. Nel frattempo, la città è stata quasi immobilizzata: come stabilito dall’agenzia di Stato Xinhua, tutti i cantieri sono stati bloccati, le scuole chiuse, alcuni impianti industriali sono stati fermati e ci PAKISTAN si muove in auto soltanto con Sushma Swaraj, ministro degli Esteri il sistema delle targhe alterindiano, ha annunciato da Islamabad ne. che India e Pakistan hanno deciso di riaprire il dialogo, interrotto nel Le autorità attribuiscono le settembre del 2012, prima delle elezioni cause di questa catastrofe nei due Paesi. agli impianti di riscaldaDa discutere la questione del mento domestico, alimenKashmir, rivendicato da entrambi, e la conclusione dei processi legati ad alcuni pakistani accusati di essere coinvolti negli attacchi di Mumbai del 2009. L’India spinge inoltre per una maggiore interazione economica, chiedendo che sia garantito il diritto di transito ai commercianti tra Delhi e Kabul.

tati principalmente a carbone e utilizzati a pieno regime nella capitale la cui espansione sembra inarrestabile e che conta oggi più di 20 milioni di abitanti. Concausa delle problematiche ambientali è costituita dalle centrali a carbone, di cui Pechino è ormai priva, ma che restano presenti nello Hebei, la regione circostante, causando con le loro polveri nubi tossiche anche attorno alla capitale, specialmente quando si ha umidità alta e assenza di vento. Alla Conferenza di Parigi, il presidente Xi Jinping mostra però segnali di apertura e impegno: la Cina resta d’altronde il più grande mercato mondiale di energie rinnovabili, con una produzione di 433 gigawatt di capacità alla fine del 2014: più del doppio rispetto agli Stati Uniti, secondi classificati. Per le molte provincie periferiche dell’impero, il carbone resta però un combustibile tra i più economici, per cui una strada possibile sarebbe quella degli incentivi: a proposito di ciò diversi giornali locali biasimano il governo per sostegno ancora inadeguato, sottolineando come ai vertici l’inquinamento non sia ancora considerato una priorità.

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SUD COREA La marina sud-coreana ha sparato dieci colpi di avvertimento verso un vascello cinese penetrato nelle acque disputate dalle due Coree. Il ministro degli Esteri cinese Hua Chunying si è detto preoccupato per la grave situazione e l’ambasciata cinese a Seoul ha chiesto delucidazioni sull’avvenuto. Chunying si aspetta che la Corea del Sud garantisca la sicurezza del personale e delle navi cinesi.

DECRESCITA GIAPPONESE: UN FORTUNATO ERRORE Il Giappone ha presentato un piano di crescita da attuare “immediatamente” di Tiziano Traversa L’economia del Giappone non è in recessione, le previsioni riguardo alla decrescita dell’economia giapponese si sono rivelate errate. Le stime iniziali avevano calcolato una decrescita (annuale) del PIL dello 0,8%. Il Giappone si rivela invece in moderata ripresa con un PIL in aumento dell’1%.

AUSTRALIA Due persone sono state arrestate nel corso di un raid a Sidney, parte della più grande Operazione Appleby, condotta dalla Polizia Federale Australiana e dalla Polizia del Nuovo Galles del Sud. Secondo l’intelligence, alcuni estremisti islamici stavano La notizia permette ai fautori pianificando attacchi casuali sul dell’Abenomics (la serie di territorio australiano. riforme economiche varate dall’attuale premier Shinzo A cura di Giusto Amedeo Boccheni Abe nel 2013) di tirare un sospiro di sollievo dopo la recessione dello scorso anno dovuta all’aumento dell’IVA che ha portato effetti negativi sui consumi.

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Il governo è intenzionato ad attuare nuove misure di stimolo fiscale stimate intorno a 25 miliardi di dollari per consentire, nel prossimo anno, una ulteriore crescita. Il primo ministro Shinzo Abe desidera che le riforme fiscali siano attuate immediatamente, in vista delle elezioni per il rinnovo della Camera Alta previste per il 2016. Il premier, che attual-

mente detiene la maggioranza in entrambe le Camere, sa che una eventuale perdita di potere avrebbe ripercussioni negative sull’attuazione delle misure economiche che il suo governo desidera varare. Queste riforme, aventi come scopo un aumento dei consumi, dovrebbero andare a beneficio delle fasce più povere della popolazione. Saranno interessate prevalentemente l’agricoltura e le importazioni alimentari, anche in vista dell’attuazione degli accordi della TransPacific Partnership (TTP), sottoscritti nel 2014 da 12 Paesi dell’area pacifica, e che, nel caso del Giappone, favoriranno le esportazioni agroalimentari grazie ad un effettivo abbassamento dei dazi doganali. La terza economia mondiale è decisa a ripartire, Shinzo Abe guarda con fiducia a questi stimoli fiscali che vanno a consolidare la fiducia del popolo nei confronti del governo e che, dopo gli ultimi anni di decrescita, fanno prospettare un futuro di costante miglioramento.


AFRICA

7 Giorni in 300 Parole

CIAD Un triplice attentato suicida ha colpito il mercato settimanale dell’isola di Loulou Fou del lago Ciad. Hanno perso la vita 27 persone e ne sono rimaste ferite circa un’ottantina. La regione era già stata messa in stato di emergenza dal governo a seguito di un incremento della presenza jihadista di Boko-Haram. Infatti, negli ultimi mesi ci sono stati frequenti scontri tra le forze governative ed i miliziani che continuano a occupare la zona di confine tra Nigeria, Ciad e Camerun.

AFRICITIES

Chiusa la VII edizione del summit per discutere le nuove possibilità dell’Africa di Jessica Prieto Parallelamente al vertice COP21 di Parigi, il 29 novembre si apriva a Johannesburg la settima edizione del Summit delle Autorità Locali Africane Africities, quest’anno incentrato sul tema “Shaping the future Africa with the people: the contribution of African local authorities to agenda 2063 of the African Union. Per 5 giorni, politici, esperti e studiosi locali ed occidentali hanno discusso sui principali problemi che affliggono il continente, da quelli economici ad ambientali, nella convinzione che essi necessitino di soluzioni “da attuare localmente”. Quanto all’ambiente, numerose città africane hanno dimostrato il loro impegno nella ricerca di soluzioni alternative che riducano drasticamente l’inquinamento a livello nazionale ed internazionale.

LIBIA La guardia costiera libica della regione nord-ovest di Zaouia ha arrestato 213 migranti a bordo di gommoni a circa 15 miglia dalla regione di Mellitah. Tra i migranti di varie nazionalità africane Nella stessa Johannesburg si figurano 25 donne e 3 bambini. Il 13 dicembre si terrà a Roma la conferenza sulla Libia, il cui obiettivo è di dare impulso alla creazione di un governo di accordo nazionale per contrastare l’avanzata dell’ISIS. SOMALIA Continua ad intensificarsi la violenza nella città di Galkayo, capoluogo della regione di Mudug, divisa in due aree, una sotto controllo del Puntland e una del Galmudug. Nella città da oltre dieci giorni continuano i combattimenti, anche con artiglieria pesante, tra le milizie delle due regioni.

è recentemente incrementato l’utilizzo di fonti rinnovabili, come l’energia idroelettrica. Allo stesso tempo, si è cercato di eliminare i motori a gasolio sostituendoli con innovativi sistemi di propulsione mista, azionati grazie all’utilizzo di biogas. In Senegal si è sperimentato un nuovo metodo per ridurre il consumo di gas e carbone. Esso prevede la sostituzione del gas e del carbone con la paglia, un materiale conveniente grazie ai suoi tempi di combustione più lenti e al suo minore impatto sulla minaccia della deforestazione. In diversi villaggi africani, inoltre, per far fronte ai problemi di approvvigionamento elettrico,

gli abitanti hanno optato per l’acquisto di pannelli solari: soluzioni come questa, grazie all’abbassamento dei prezzi, sono ora più accessibili alla popolazione. Grande spazio è stato riservato, inoltre, al tema della bioedilizia. Nella regione subsahariana sono in costruzione diverse tratte ferroviarie che dovrebbero aprire ampie aree del continente allo sfruttamento economico e che potrebbero produrre conseguenze ambientali preoccupanti o addirittura irreversibili. Per evitare situazioni critiche come questa, il nuovo obiettivo sarà seguire il green building, la progettazione e costruzione di infrastrutture sostenibili che riducano il più possibile l’impatto negativo sull’ambiente e sulla popolazione. Tra le questioni sociali, l’attenzione è stata focalizzata soprattutto sull’emergenza migranti. È stata proposta la costituzione di associazioni aventi come obiettivo la collaborazione con le istituzioni statali per promuovere e difendere i diritti dei migranti nelle città di arrivo. Dal punto di vista economico i partecipanti sono ritornati su un tema già affrontato nel 2014: “Agricoltura e sicurezza del cibo”. Dal vertice è emersa la volontà dei Paesi di un impegno comune nell’ investire sulle industrie locali, ancora poco sviluppate, affinché possano competere sul mercato internazionale. Questo summit dimostra che l’Africa è un attore sempre più pronto ad investire concretamente su stesso e sul proprio futuro.

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L’esercito somalo ha reso nota la cattura di Moallim Hundo, uno dei leader dell’organizzazione qaedista di Al-Shabaab.

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UN’INFANZIA SPEZZATA La piaga dei bambini soldato nel continente africano

Di Fabio Tumminello A cura di Francesco Tosco In occasione del suo recente viaggio apostolico in Africa, papa Francesco ha visitato Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana, appellandosi più volte all’orgoglio di questi popoli per combattere corruzione, povertà e terrorismo. Ma queste Nazioni condividono un altro dramma: quello dei bambini-soldato. Sul fenomeno non esistono dati precisi. UNICEF, Amnesty International, Save the Children e altre organizzazioni internazionali stimano all’incirca 150.000 minori coinvolti in conflitti armati nel continente. In Congo e Kenya l’arruolamento di bambinisoldato è una pratica comune, da parte sia dei ribelli sia dell’esercito regolare; solo in Repubblica Centrafricana e Sud Sudan si contano quasi 100.000 unità. Nonostante la maggior parte dei bambini-soldato siano maschi, tra le fila di queste armate si contano anche parecchie bambine, rese schiave per lavori di fatica negli accampamenti o destinate al mercato sessuale. Principale responsabile di questi orribili crimini è l’Esercito di Resistenza del Signore (o LRA), un gruppo di ribelli di ispirazione cristiana attivo nei tre Paesi sopracitati dl 1987 e accusato dalla Corte Penale Internazionale di aver arruolato a forza dei bambini

e di averli impiegati durante azioni terroristiche. Le cause del fenomeno vanno ricercate in cause come povertà, instabilità, tensioni e guerre civili ormai decennali hanno disgregato il tessuto sociale locale africano, creando un’intera generazione di orfani facilmente arruolabili. È diffuso anche l’arruolamento spontaneo. Qui, gli individui più a rischio sono i bambini di strada, provenienti dalle fasce più povere e depresse della popolazione: per loro la guerra è occasione di riscatto e vendetta personale. Molte associazioni di volontariato hanno poi sottolineato gli effetti psicologici della guerra: l’abuso di stupefacenti e l’assuefazione agli orrori a cui hanno assistito creano traumi permanenti nella mente dei bambini, con i sintomi tipici di un disturbo post-traumatico da stress. Nonostante l’impegno della comunità internazionale, soprattutto a livello istituzionale, la situazione non sembra risolvibile nel breve periodo. Come ha affermato Leila Zerrougui, rappresentante del Segretario Generale delle Nazioni Unite per i bambini nei conflitti armati, “il reclutamento dei bambini-soldato rappresenta ancora un problema enorme”.


SUD AMERICA

7 Giorni in 300 Parole

CILE La presidente cilena Michelle Bachelet ha autorizzato tramite un decreto in cui si legge che la vendita dei derivati dalla cannabis “in farmacie o laboratori dietro l’esibizione di ricetta medica e relative verifiche di autenticità della stessa”.

MESSICO L’azienda farmaceutica francese Sanofi Pasteur ha annunciato il lancio del primo vaccino contro la febbre dengue in Messico. Si prevede che l’azienda europea ricaverà un utile di circa un miliardo di dollari annui. Un comunicato della Presidenza della Repubblica messicana ha divulgato l’intenzione del primo ministro Enrique Peña Nieto di investire circa 23 miliardi di dollari nel settore dell’estrazione di petrolio. Parallelamente, sono previsti interventi rivolti alla riduzione delle emissioni di agenti inquinanti.

MADURO SCONFITTO

L’opposizione antichavista vince le elezioni. Di Stefano Bozzalla Cassione Dopo quasi 17 anni di dominio chavista, Maduro, l’erede designato da Chavez per guidare il Venezuela, viene sconfitto alle elezioni legislative tenutesi domenica 6 dicembre 2015. Una sconfitta che va contro ogni previsione e fa tremare le fondamenta dell’impero del Presidente, che comunque conserva il potere esecutivo e mantiene il pieno controllo sulla magistratura, anche se, forse per la prima volta, ora dovrà fare i conti con una vera e forte opposizione in Parlamento. Secondo gli ultimi dati diffusi, la coalizione antichavista ha conquistato 112 seggi, mentre il partito al governo se ne è aggiudicato 55. Con queste proporzioni, l’opposizione ottiene i due terzi dei seggi, soglia che permetterebbe alla coalizione democratica di godere di un’ampia libertà di manovra, potendo così andare a modificare i giudici della Corte Suprema, apportare cambiamenti alla Costituzione e indire dei referendum. E libertà e possibilità del genere vanno a “minacciare” il dominio del presidente Maduro… Ad ogni modo, la vittoria è schiacciante e Maduro ora dovrà fare i conti non solo con un’opposizione potente e che gode del favore del popolo, ma anche con la chiara richiesta, da parte del Paese, di un cambiamento. Per molti questo voto è stato il primo segnale di inversione di rotta dopo moltissimi anni, ma soprattutto una vittoria demo-

cratica in uno Stato in cui l’esecutivo ha spesso esercitato una eccessiva sicurezza. Subito dopo l’uscita dei dati, Nicolas Maduro ha parlato a reti unificate, con un tono di voce molto più sommesso del solito, ribadendo la teoria della “guerra economica” che il suo governo starebbe soffrendo rispetto agli interessi del capitalismo internazionale; potrebbe essere l’ultimo tentativo per spiegare una sconfitta innegabile e inappellabile? Il Venezuela ora si apre ad una nuova fase politica, nella quale sarà determinante la posizione delle forze armate. L’opposizione, nel suo primo discorso da vincitrice, ha ringraziato gli stessi militari per aver avuto un ruolo fondamentale nella buona riuscita delle elezioni, auspicando un periodo di collaborazione in questa nuova fase. A Caracas e in altre città del Paese sono cominciati festeggiamenti spontanei e sentiti: mai l’opposizione era arrivata a tanto. Salvo colpi di scena, a Nicolas Maduro rimangono comunque ancora tre anni di mandato per raddrizzare le sorti di un partito politico abbandonato dalla maggioranza del Paese.

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ARGENTINA Termina, dopo otto anni, il mandato della presidente argentina Cristina Fernandez de Kirchner. Tra il termine del mandato di Fernandez Kirchner e l’inizio di quello del conservatore Macri, il Paese verrà guidato dal capo del Senato Federico Pinedo.

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BRASILE: LA TEMPESTA PERFETTA La crisi economica di uno dei giganti del Sud America

A cura di Sara Ponza

Di Michelangelo Inverso Se lo fosse una nave, allora il Brasile navigherebbe in cattivissime acque: sta affrontando la peggiore congiuntura economica da quasi 80 anni. Il Brasile per quindici anni ha brillato tra i Paesi emergenti grazie alle vendite di materie prime di cui è ricchissimo e che allora godevano di quotazioni molto alte. Con le rendite derivate da questa immensa ricchezza il governo brasiliano, guidato da Lula prima e dalla Rousseff poi, ha dato inizio ad importanti riforme socio-economiche volte a migliorare le situazioni di povertà diffusa e di degrado, anche se i sono stati risultati altalenanti. Ma negli ultimi due anni il meccanismo sembra essersi inceppato. I dati forniti dall’IBGE, l’ISTAT brasiliana, per l’ultimo anno dipingono un quadro dell’economia alquanto fosco. Il PIL è passato da una crescita del 7,5% a una dell’1% dal 2010 ad oggi. L’inflazione è aumentata al 9,5%, mentre il real (la moneta brasiliana) ha subito una svalutazione del 38%. Questa svalutazione avrebbe dovuto portare ad un aumento dell’export, ma neppure questo è avvenuto, poiché il principale acquirente di

materie prime provenienti dal Brasile, la Cina, per quest’anno ha ridotto gli investimenti. Complice il crollo verticale del prezzo del petrolio, diminuito di quasi il 60%, seguito dalla maggioranza delle materie prime. Inoltre, il Paese è impegnato in due eventi internazionali particolarmente gravosi per le finanze pubbliche: i Mondiali del 2014 e le Olimpiadi del 2016. Tale sforzo economico avrebbe dovuto concretizzarsi in aumenti del PIL trainati dall’edilizia, ma è proprio su questa che si è aperto il vaso di Pandora. Infatti, il comparto edile è stato investito da una raffica di inchieste e arresti per corruzione che hanno messo in ginocchio i più importanti gruppi del settore, tra cui la Odebrecht, che sarebbe stata illecitamente favorita dall’ex presidente Lula. Non solo: anche il colosso petrolifero statale Petrobras è sotto accusa per tangenti e lo scandalo vede coinvolta persino l’attuale presidente Dilma Rousseff, a capo della società nel periodo contestato. Infine, la Corte dei Conti federale ha bocciato all’unanimità le spese effettuate nel 2014 dal governo, ritenendole alterate per coprire il crescente deficit dei conti. Decisione, questa, che colma la misura e che rischia di costare cara alla Roussef, ma forse ancora di più al Brasile. Perchè si sa: quando c’è la tempesta e il timoniere non c’è, “si salvi chi può”.


MSOI thePost Torino Ogni settimana un focus sulle nostre attività

EU Model Torino 2016 è una simulazione su larga scala della procedura legislativa ordinaria dell’Unione Europea. Dal 21 al 24 marzo studenti universitari da tutta Europa si ritroveranno a Torino per impersonare Membri del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea al fine di lavorare su un progetto di regolamento o direttiva. Il tema – estremamente attuale – della nuova edizione della simulazione è l’adozione di

norme penali comuni sull’incriminazione dei foreign fighters. EU Model Torino 2016, esperienza unica in Italia, si articola in due fasi. EU Know rappresenta il momento di studio e approfondimento: rinomati accademici ed esperti metteranno le proprie competenze a disposizione dei partecipanti nel corso di conferenze, incontri e training session focalizzati sul tema specifico dei lavori. EU Make consiste nella si-

mulazione stessa, il cui fine è quello di adottare un atto normativo seguendo la procedura legislativa ordinaria. EU Model Torino 2016 si pone come valida attività formativa, che permette agli studenti non solo di avvicinarsi ai principali temi di dibattito politico europeo e di apprendere i meccanismi di funzionamento degli organi e delle istituzioni europee, ma anche di sviluppare la propria identità europea in maniera originale e divertente.

Per rimanere aggiornato sulle attività di MSOI Torino, visita il sito internet www.msoitorino.org, la pagina Facebook Msoi Torino o vieni a trovarci nella Main Hall del Campus Luigi Einaudi tutti i mercoledì dalle 12 alle 16.

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