Msoi thePost Numero 23

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Il Settimanale di M.S.O.I. Torino

SPECIALE: Giornata Mondiale della LibertĂ di Stampa"


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MSOI Torino M.S.O.I. è un’associazione studentesca impegnata a promuovere la diffusione della cultura internazionalistica ed è diffuso a livello nazionale (Gorizia, Milano, Napoli, Roma e Torino). Nato nel 1949, il Movimento rappresenta la sezione giovanile ed universitaria della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (S.I.O.I.), persegue fini di formazione, ricerca e informazione nell’ambito dell’organizzazione e del diritto internazionale. M.S.O.I. è membro del World Forum of United Nations Associations Youth (WFUNA Youth), l’organo che rappresenta e coordina i movimenti giovanili delle Nazioni Unite. Ogni anno M.S.O.I. Torino organizza conferenze, tavole rotonde, workshop, seminari e viaggi studio volti a stimolare la discussione e lo scambio di idee nell’ambito della politica internazionale e del diritto. M.S.O.I. Torino costituisce perciò non solo un’opportunità unica per entrare in contatto con un ampio network di esperti, docenti e studenti, ma anche una straordinaria esperienza per condividere interessi e passioni e vivere l’università in maniera più attiva. Giulia Marzinotto, Segretario M.S.O.I. Torino

MSOI thePost MSOI thePost, il settimanale online di politica internazionale di M.S.O.I. Torino, si propone come un modulo d’informazione ideato, gestito ed al servizio degli studenti e offrire a chi è appassionato di affari internazionali e scrittura la possibilità di vedere pubblicati i propri articoli. La rivista nasce dalla volontà di creare una redazione appassionata dalla sfida dell’informazione, attenta ai principali temi dell’attualità. Aspiriamo ad avere come lettori coloro che credono che tutti i fatti debbano essere riportati senza filtri, eufemismi o sensazionalismi. La natura super partes del Movimento risulta riconoscibile nel mezzo di informazione che ne è l’espressione: MSOI thePost non è, infatti, un giornale affiliato ad una parte politica, espressione di una lobby o di un gruppo ristretto. Percorrere il solco tracciato da chi persegue un certo costume giornalistico di serietà e rigore, innovandolo con lo stile fresco di redattori giovani ed entusiasti, è la nostra ambizione. Jacopo Folco, Direttore MSOI thePost 2 • MSOI the Post

N u m e r o

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REDAZIONE Direttore Jacopo Folco Vicedirettore Davide Tedesco Caporedattore Alessia Pesce Capi Servizio Rebecca Barresi, Giusto Amedeo Boccheni, Luca Bolzanin, Sarah Sabina Montaldo, Silvia Perino Vaiga Amministrazione e Logistica Emanuele Chieppa Redattori Benedetta Albano, Federica Allasia, Erica Ambroggio, Timothy Avondo, Daniele Baldo, Lorenzo Bardia, Giulia Bazzano, Lorenzo Bazzano, Giusto Amedeo Boccheni, Giulia Botta, Maria Francesca Bottura, Stefano Bozzalla, Emiliano Caliendo, Federico Camurati, Matteo Candelari, Emanuele Chieppa, Sara Corona, Lucky Dalena, Alessandro Dalpasso, Alessio Destefanis, Alessandro Fornaroli, Giulia Ficuciello, Lorenzo Gilardetti, Andrea Incao, Gennaro Intocia, Michelangelo Inverso, Andrea Mitti Ruà, Efrem Moiso, Silvia Peirolo, Daniele Pennavaria, Ivana Pesic, Emanuel Pietrobon, Edoardo Pignocco, Sara Ponza, Simone Potè, Jessica Prieto, Fabrizio Primon, Giacomo Robasto, Carolina Quaranta, Francesco Raimondi, Jean-Marie Reure, Michele Rosso, Fabio Saksida, Leonardo Scanavino, Martina Scarnato, Samantha Scarpa, Francesca Schellino, Giulia Tempo, Martina Terraglia, Elisa Todesco, Francesco Tosco, Tiziano Traversa, Fabio Tumminello, Alexander Virgili, Chiara Zaghi. Editing Lorenzo Aprà Copertine Mirko Banchio Vuoi entrare a far parte della redazione? Scrivi una mail a thepost@msoitorino.org!


SPECIALE: “GIORNATA MONDIALE PER LA LIBERTÀ DI STAMPA” Di Fabio Tumminello Dal 1993, il 3 Maggio rappresenta la Giornata Mondiale per la Libertà di Stampa: una giornata per ricordare l’importanza del diritto ad una libera informazione, che trova una sua precisa dimensione anche nell’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, che recita: “Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per

la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.” Nel attuale contesto storico e geopolitico, questo obbiettivo sembra però ancora lontano dall’essere raggiunto. Reporteres sans frontieres ha recentemente stilato il suo rapporto annuale, intitolato “Une année exceptionnelle pour la censure”, nel quale traccia un quadro tutt’altro che roseo: l’ascesa di regimi sempre più autoritari, i continui conflitti in Medio Oriente e Africa e l’instabilità politica e sociale del mondo occidentale sono tutti

elementi che vanno a ledere questo fondamentale diritto umano. Il 2015 pare essere stato quindi un annus horribilis per la libertà di stampa. Ma quanto c’è di vero nel rapporto di RSF? E qual è la situazione a livello globale? I criteri utilizzati, nello stilare il rapporto, sono molteplici: pluralismo delle fonti di informazione, legislazione in materia, libertà dei media e intervento della censura sono

i principali ma, nei casi più gravi, si tiene conto anche del numero di giornalisti arrestati, condannati o addirittura uccisi. Considerando questi criteri, non sorprende quindi vedere, in coda, nazioni come la Russia (148° posizione), l’Egitto di Al-Sisi (159°) e la Cina di Xi Jinping (176°); luoghi in cui è stato registrato un aumento sistematico delle persecuzioni contro giornalisti, soprattutto reporter internazionali o cronisti indipendenti, ed un accentramento dei media, diventati mezzi di propaganda di governi autoritari. Sempre nella parte finale della classifica troviamo Stati come

la Turchia (151°), che perde ancora posizioni a causa delle politiche-bavaglio promosse dal presidente Erdogan, non ultimo, il sequestro del quotidiano indipendente Zaman, e la Corea del Nord (179° posizione), ormai enclave del potere personale di Kim JongUn. L’unica eccezione è rappresentata dall’Iran, che recupera 4 posizioni (ma che resta comunque al 173° posto). Ciò è dovuto ad una serie di

fattori, in particolare la maggior presa di coscienza della società sul tema delle libertà civili e l’apertura al mondo occidentale, con la fine delle sanzioni e la firma degli accordi sul nucleare. Restano sicuramente forti criticità: l’Iran stesso, come gran parte dei Paesi del Medio Oriente, per quanto progressista, si trova ben al di sotto degli standard richiesti dalla comunità internazionale. Più sorprendenti sono, invece, i piazzamenti delle nazioni

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europee. Se a dominare la classifica restano, come da alcuni anni, i Paesi scandinavi, l’arretramento dell’Italia (finita al 77° posto, dietro al Senegal), della Francia (45°) e dell’Inghilterra (38^ posizione) devono però farci riflettere sull’autentico valore di questa classifica e sulla sua effettiva corrispondenza con la realtà di questi Stati. Avrebbe senso considerare queste nazioni come luoghi “pericolosi” per un giornalista? A pesare, nella valutazione della ONG, sono state soprattutto le politiche securitarie promosse dopo gli attentati terroristici di Parigi e Bruxelles, ma anche le scelte imprenditoriali dei grandi gruppi editoriali: in Italia, per esempio, la fusione tra La Stampa e Repubblica ha rimesso, al centro del dibattito, il diritto ad un’informazione

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non soltanto libera ma anche indipendente e varia. Sempre in relazione al caso italiano, il rapporto declassa il nostro Paese in relazione all’inchiesta Vatileaks, la quale però è stata avviata dalle autorità della Santa Sede e non da quella italiana. D’altronde, grazie ai social network e ai nuovi media, la società civile di ogni latitudine è sempre più consapevole dell’importanza di una stampa libera, superando proprio quelle frontiere citate nell’articolo 19 e trovando in Internet un potente mezzo per essere informati senza quei filtri o restrizioni che spesso vengono imposti dall’autorità sui cosiddetti media classici. È necessario leggere la valutazione di RSF con attenzione. Infatti, più che

come una classifica realmente descrittiva, il rapporto andrebbe interpretato come una seria denuncia rivolta a tutti i Paesi per mantenere alta l’attenzione su una libertà fin troppo facilmente violata. Insieme a Reporteres sans Frontieres, anche Amnesty International, per voce di una sua rappresentante, Anna Neistat vuole puntare i riflettori sulle condizioni, di vita e lavorative, di reporter e cronisti: “In ogni parte del mondo, giornalisti vengono arrestati arbitrariamente, imprigionati, torturati e sottoposti a ulteriori violazioni dei diritti umani […] Vengono incarcerati o persino uccisi per aver rivolto domande che mettono in imbarazzo chi è al potere o per aver assunto una posizione che non coincide con quella ufficial ”. e


INTERVISTA A MAURO FORNO sulla stampa, al livello di concentrazione editoriale, agli episodi di violenza subiti dai giornalisti ecc.). L’Italia sconta gli effetti di una pessima performance soprattutto in relazione ad alcuni di questi indicatori. Uno in particolare è quello riguardante le intimidazioni a danno dei giornalisti (e dalle loro proprietà, a partire dalle automobili). A questo si aggiungono le numerosissime cause per diffamazione subite dai giornalisti stessi (specie ad opera di esponenti politici), ritenute sostanzialmente «ingiustificate» e quindi etichettabili come forme indirette di censura.

Mauro Forno, PhD, è professore in Storia contemporanea presso l’Università di Torino, dove tiene il corso di Storia del Giornalismo. È coordinatore scientifico del Centro studi sul Giornalismo «Gino Pestelli» di Torino ed è autore, fra gli altri, dei saggi ‘Informazione e potere. Storia del giornalismo italiano’ e ‘A duello con la politica’, che nel 2008 gli è valso il Premio «Ettore Tito» del Senato della Repubblica e dell’Associazione stampa parlamentare. La svolta securitaria avviata da alcuni Paesi europei (si pensi alla Francia dopo gli attentati di Parigi) può rappresentare un pericolo anche per la libertà di stampa? Indubbiamente gli attentati di Parigi hanno dimostrato che nei sistemi di sicurezza e di controllo attivati dai servizi di intelligence - nazionali ed internazionali – esistevano delle falle, talvolta macroscopiche. Ma non credo che questa

presa d’atto possa e debba rappresentare il pretesto per attuare delle contro-misure che mettano in dubbio il diritto alla libertà di espressione piuttosto che la privacy dei cittadini nelle loro comunicazioni elettroniche. Dalle passate esperienze storiche sappiamo che quando un governo ha tentato di introdurre delle limitazioni alle libertà - per reagire a delle «emergenze» raramente ha ottenuto risultati efficaci (mentre ha spesso finito per produrre indirettamente dei frutti peggiori dei mali). Nell’ultimo rapporto di “Reporters Sans Frontières” l’Italia si è classificata al 77° posto, dietro paesi come Ghana, Senegal ed Haiti. Come possiamo interpretare questo risultato? E quali sono i pericoli maggiori per i giornalisti italiani? I risultati dei «rapporti» di questo tipo derivano sempre dalla somma di una serie di indicatori (nel caso specifico, legati al tipo di legislazione

Rimaniamo sempre nel nostro Paese. Pochi mesi fa la “fusione” tra Repubblica e La Stampa ha fatto parecchio discutere e il tema del diritto ad una informazione equa ed imparziale è tornato al centro del dibattito. Gli interessi imprenditoriali ed economici nel settore possono essere un’opportunità per una informazione più “sicura” e verificata o la nascita di grandi poli editoriali è un pericolo per la libertà di informazione? È fuori discussione che un sistema informativo è tanto più libero quanto maggiori sono i soggetti che lo animano. Le concentrazioni editoriali non hanno mai favorito la libertà di informazione. È tuttavia altrettanto evidente che oggi, più che in passato, è assai difficile pensare di fare «informazione di qualità» senza poter godere di solide strutture editoriali e senza potere attuare opportune sinergie tra differenti media. Non necessariamente, del resto, le grandi concentrazioni editoriali sono inconciliabili con l’onestà e l’indipendenza dell’informazione. Non dico affatto che la massima pluralità

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e numerosità delle fonti informative non sia un obiettivo auspicabile. Tutt’altro. Dico solo che, oltre alle «strutture», contano anche «le persone»: la loro onestà intellettuale, le loro capacità. Un direttore di testata autorevole è molto più difficilmente condizionabile rispetto a uno debole e incapace. Non dimentichiamoci che persino per Mussolini non fu affatto facile «liberarsi» di due giornalisti scomodi e di valore come Albertini e Frassati. E qual è la situazione nel resto del continente? Sempre secondo RSF, anche altre nazioni come Germania (16° posizione), Regno Unito (38°) e Grecia (89° in classifica) sembrano essere ancora lontane dall’obbiettivo di una stampa libera ed imparziale. In genere i Paesi democratici occupano la parti alte della classifica e quelli dittatoriali le parti basse. Ma non tutte le democrazie godono degli stessi livelli di libertà, di partecipazione, di uguaglianza. E poi c’è la questione degli «indicatori» a cui ho fatto cenno prima. Per quanto concerne la Grecia – che appare «messa peggio» dell’Italia nel rapporto RSF – essa paga l’influenza negativa di fattori quali la violenza esercitata contro i giornalisti, non solo da privati cittadini, ma anche – ad esempio - dalla forza pubblica in occasione di proteste e manifestazioni. La forte crisi economica ha inoltre provocato ricadute negative sul mantenimento di un’auspicabile pluralità dell’offerta informativa. I nuovi media stanno cambiando le regole anche nel campo dell’informazione. Basti pensare al ‘The Indipendent’, che da questo aprile cesserà di esistere come giornale cartaceo ed

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uscirà solo in formato digitale. Questa evoluzione equivale anche ad una maggiore libertà di informazione? Il giornalismo, come ogni altra professione, si adatta a tutti quegli stimoli e a quei nuovi strumenti che una società in costante e rapida trasformazione propone. La differenza realmente fondamentale continuerà a rimanere quella tra un buon giornalismo (accurato, pacato nei toni, privo di autocensure e di secondi fini inconfessabili) e un cattivo giornalismo. Non credo insomma sia tanto un problema di strumenti, ma di cultura civile e politica e di deontologia professionale di chi li utilizza ; di volontà delle istituzioni democratiche di investire sulla formazione di cittadini «critici» e coscienti dei loro doveri e dei loro diritti. Internet concede una maggiore libertà, tanto ad informare quanto ad essere informati, ma può essere anche veicolo per notizie false, tendenziose e prive di riscontri. Come può il lettore difendersi da questi pericoli? Oggi attraverso il web tutti i cittadini sono potenzialmente in grado di inviare e condividere messaggi e informazioni, ma non tutti – a causa della peculiare morfologia della rete – possono godere delle stesse prerogative di essere «letti». Gran parte del traffico si concentra su pochi nodi privilegiati, con una concentrazione gerarchica determinata principalmente dal peso specifico degli operatori. Anche i servizi segreti usano ampiamente ai loro fini le potenzialità offerte dal web per influenzare l’informazione. Si tratta di un potere enorme e potenzialmente pericoloso. D’altra parte, il fatto che chiunque

possa, in linea di principio, inserire sul web dei contenuti «informativi» (la rivoluzione digitale ha tolto ai giornalisti il monopolio assoluto della selezione, elaborazione e diffusione delle notizie), ci pone ancora di più di fronte al pericolo di attingere da informazioni false o addirittura farneticanti. Non credo che la soluzione a questi problemi sia facile (e riassumibile in poche righe). Né credo che una delle soluzioni possibili possa essere la censura. Pensa che il pubblico e i lettori siano realmente consapevoli dell’importanza di una stampa libera? A dire il vero, non ho mai ricavato l’impressione che temi come la libertà o l’indipendenza dell’informazione abbiano costituito dei problemi di particolare interesse per gli italiani (che, tra l’altro, sono storicamente dei lettori ben poco affamati di quotidiani). Negli anni passati abbiamo avuto varie conferme di ciò. Basterebbe fare riferimento alla questione del conflitto di interessi, da cui può venire investito chi detiene posizioni di potere sia in campo politico sia in campo informativo. Non mi pare che esso sia stato avvertito – e forse persino «compreso» – dalla maggioranza della popolazione. Forse anche noi operatori delle università dovremmo fare di più sul fronte della crescita della coscienza civica e critica degli studenti, oltre a occuparci del miglioramento delle loro competenze tecniche e scientifiche. La passività e l’acriticità dei cittadini, lo sappiamo, non ha mai portato bene alle società e alle nazioni. A cura di Fabio Tumminello


EUROPA 7 Giorni in 300 Parole FRANCIA 3 maggio. In seguito alla pubblicazione ad opera di Greenpeace dei ‘TTIP leaks’, i documenti riservati relativi ai negoziati in corso tra Bruxelles e Washington, Franҫois Hollande ha espresso la sua contrarietà ad accettare l’accordo di libero scambio tra UE e USA. La posizione del Presidente francese, fortemente criticata, ha ricevuto il sostegno del segretario di Stato francese al commercio estero Matthias Fekl, che considera lo stop ai negoziati “l’opzione attualmente più probabile”. GERMANIA 2 maggio. Al termine del Congresso di Alternative für Deutschland svoltosi a Stoccarda e accompagnato da numerose proteste che hanno peraltro portato all’arresto di circa 400 manifestanti, i membri del partito tedesco di estrema destra hanno elaborato un manifesto anti-immigrati che prevede la rimozione di quelli che interpretano come simboli del potere islamico, sancendo il divieto per quanti pratichino la religione di indossare il burqa e costruire minareti in Germania. Secondo quanto stabilito nel programma dell’AfD, “L’Islam non è parte della Germania e la sua versione più ortodossa è anticostituzionale”. ITALIA 2 maggio. Il tribunale dell’Aja ha accolto la richiesta dell’Italia, concedendo al marò Salvatore Girone di essere rimpatriato e di rimanere nel pPese d’origine per tutta la durata del procedimento arbitrale volto a stabilire se la giurisdizione del caso spetti allo Stato italiano o a quello indiano. È rimesso alle parti coinvolte il raggiungimento, entro 3 mesi, di un accordo circa le modalità di rimpatrio del fuciliere. L’Italia dovrà inoltre garantire il ritorno di

SWEET HOME ITALIANA

Dalla Corte Suprema indiana all’arbitrato internazionale

Di Giulia Ficuciello Il 15 febbraio 2012, a circa 22,5 miglia al largo della regione indiana del Kerala, due fucilieri della Marina Italiana, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, a bordo della nave Enrica Lexie, sparano contro il peschereccio indiano St. Antony, forse credendo di trovarsi sotto un attacco pirata. I militari italiani uccidono due membri dell’equipaggio del peschereccio. La guardia costiera indiana intima allora al vascello battente bandiera italiana di attraccare al porto di Kochi. Una volta sbarcati, i due marò vengono arrestati con l’accusa di omicidio e la petroliera viene posta in stato di fermo. Fin da subito la questione assume i connotati di una controversia internazionale tra Italia e India. L’Italia adotta due strategie: una giudiziaria e una diplomatica. Sul versante giudiziario si è fatto leva sull’immunità funzionale dei due sottoufficiali e sulla vigenza della Convenzione di Montego Bay; sul versante diplomatico, l’ambasciatore Sanfelice, in segno di protesta, è stato richiamato in Italia per consultazioni. Il 20 dicembre 2012 viene concesso ai due fucilieri un permesso di due settimane per tornare in Italia, esigendo, a garanzia del loro rientro, una dichiarazione giurata dell’ambasciatore italiano e

una somma di denaro pari a € 826.000. Il 18 gennaio 2013 la Corte Suprema del Kerala dichiara la sua incompetenza a pronunciarsi, poiché i fatti sono avvenuti fuori dalle acque territoriali indiane. Di conseguenza, il 25 marzo 2013 viene costituita a Nuova Delhi una Corte Speciale per decidere sul caso. Dopo molte dichiarazioni e prese di posizioni dure e decise da parte di entrambe le parti, la Corte Suprema indiana decide di non riconoscere più l’immunità diplomatica all’ambasciatore Mancini, al quale viene imposto di non lasciare il Paese. Il 26 giugno 2015 l’Italia attiva l’arbitrato internazionale, rivolgendosi al Tribunale Internazionale del Diritto del Mare di Amburgo. Sono avanzate due richieste: sospensione del procedimento giudiziario indiano e concessione ai due marò di attendere l’esito dell’arbitrato in Italia. Il permesso di Latorre, già in Italia per motivi di salute, viene prorogato fino al 30 settembre 2016. È del 2 maggio 2016, invece, l’annuncio ufficiale dell’accoglimento dell’istanza italiana al Tribunale dell’Aja per il rientro di Girone in Italia durante l’arbitrato. A tal proposito, grande soddisfazione è stata espressa dal presidente Mattarella. MSOI the Post • 7


EUROPA Girone in India, qualora l’arbitrato affidi a Nuova Delhi la giurisdizione del procedimento. SPAGNA 3 maggio. Scaduto il termine previsto per la mezzanotte del 2 maggio e fallito il terzo round delle consultazioni a cui i leader dei partiti politici hanno partecipato per trovare un accordo di coalizione dopo le elezioni del 20 dicembre, il re Felipe VI ha firmato il decreto di scioglimento del Parlamento spagnolo, fissando al prossimo 26 giugno la data di nuove elezioni parlamentari. UNIONE EUROPEA 30 aprile. In seguito all’arresto di Ahmed Abdallah, cofondatore della Commissione egiziana per i diritti e la libertà, 59 parlamentari europei hanno apposto la propria firma alla lettera che l’eurodeputata Barbara Spinelli ha indirizzato a Federica Mogherini, Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Oggetto del documento è la richiesta di procedere all’”immediato rilascio di tutte le persone detenute e condannate per il solo fatto di aver esercitato il proprio diritto alla volontà di espressione”, nonché la necessità di un’azione concreta finalizzata ad imporre all’Egitto il rispetto dei diritti umani. 4 maggio. La Commissione Europea ha proposto al Parlamento e al Consiglio Europeo la revoca dell’obbligo del visto finora previsto per i cittadini turchi, purché Ankara si impegni a rispettare gli impegni ancora in sospeso assunti in seguito all’accordo dello scorso 28 marzo. A cura di Federica Allasia

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DERIVA LABURISTA La sinistra inglese implode e rischia un fallimento storico

Di Simone Massarenti

segregazione razziale”.

L’ombra dell’antisemitismo moderno aleggia sul Regno Unito. Venerdì 29 aprile, infatti, le prime pagine di tutti i maggiori quotidiani inglesi hanno riportato le frasi a sfondo razzista dell’ex sindaco di Londra, Ken Livingstone, al centro di una tempesta diplomatico-mediatica che rischia di minare, seppur in minima parte, i rapporti fra Londra e Tel Aviv.

Livingstone ha però controbattuto affermando e confermando la veridicità delle sue dichiarazioni, che sono, a suo avviso, “non opinioni personali, ma fatti storici documentati”.

L’origine del caso è da rintracciare nelle dichiarazioni che Ken il Rosso, esponente di spicco del Partito Laburista dagli anni ‘70, ha rilasciato il giorno 27 aprile alla BBC Radio. Livingstone, commentando la scoperta di roventi frasi antisemite datate 2014 sul profilo Facebook della sua collega di partito Naz Shah (“Israele dovrebbe essere trasferito negli Stati Uniti”), ha alimentato il fuoco della polemica affermando che “quando vinse le elezioni del 1932, Hitler era un sostenitore del sionismo”. Le reazioni del mondo politico israeliano sono state durissime, tanto che il leader del Labour Party israeliano, Isaac Herzog, ha avanzato un invito ufficiale al proprio pari inglese Corbyn, esortando lui e altri esponenti del partito a “visitare Israele e il museo dell’olocausto poiché, data la gravità delle dichiarazioni, le conseguenze sulla nuova generazione di britannici potrebbero essere gravi e riportare in auge sentimenti di

Tutto l’apparato governativo ed ex governativo britannico si è fin da subito dissociato dalle dichiarazioni di Ken Red e si sono susseguiti durissimi scontri fra il laburista ed esponenti del partito. Il Washington Post, in particolare, riporta di uno scontro verbale fra Livingstone e John Mann, parlamentare laburista, il quale, di fronte agli studi BBC di Westminster, ha accusato Livingstone di essere un “apologeta del nazismo”. Corbyn, sotto una durissima pressione mediatica e politica, ha sospeso Livingstone e Mann e assicurato l’apertura di un’inchiesta che indaghi sul primo. L’opinione pubblica britannica è molto scettica circa le dinamiche future del partito e la sinistra inglese, dopo aver acquisito la leadership con Corbyn, potrebbe affrontare tempi difficili. Dal sostegno alla questione palestinese e dalle dichiarazioni di Shah e Livingstone, il partito esce, infatti, indebolito e, a un mese dalle elezioni amministrative, l’ombra del fallimento corre nelle stanze del 39 di Victoria Street.


NORD AMERICA 7 Giorni in 300 Parole STATI UNITI 2 maggio. Prosegue il disgelo fra Stati Uniti e Cuba. Per la prima volta in 50 anni è approdata al porto de L’Avana una nave da crociera statunitense. Partita il 1° maggio da Miami, il suo arrivo segna un momento cruciale della distensione dei rapporti tra i due Paesi. 4 maggio. Si è votato nello Stato dell’Indiana. Trump ha vinto anche in questo Stato (53% dei delegati) che era stato scelto come banco di prova della coalizione Cruz-Kasich per impedire, in un ultimo disperato tentativo, al tycoon di New York di ottenere la nomination. Visti i risultati, però, prima Cruz, poi Kasich, hanno annunciato in serata il ritiro dalla campagna elettorale. Sul fronte Dem invece Sanders batte Clinton (52% a 48%), ma è oramai chiaro, per ammissione dello stesso Senatore del Vermont, che la nomination andrà alla ex first lady. 5 maggio. Gli Stati Uniti hanno annunciato di aver raggiunto un’intesa sul cessate il fuoco con la Russia. L’accordo, riguardante la città di Aleppo e centri limitrofi, durerà 48 ore. Il portavoce del Dipartimento di Stato, Mark Toner, ha aggiunto che l’obiettivo rimane lo stesso di sempre: una cessazione delle ostilità su tutto il territorio siriano. 5 maggio. Il Dipartimento americano di Giustizia si è pronunciato contro una legge del North Carolina, la cosiddetta “bathroom law” che richiedeva alle persone di utilizzare i bagni pubblici in funzione del sesso riportato sul certificato di nascita e non a quello con cui si identificano. Contraria al Civil Rights Act del

IL CANADA CONTRO LA TORTURA Governo Trudeau alle Nazioni Unite; lotta ai “trattamenti crudeli e inumani”

Di Simone Potè Il 3 maggio 2016 Chantal Gagnon, portavoce del ministro degli Affari Esteri canadese Stéphane Dion, ha dichiarato l’intenzione del Canada di impegnarsi nel riconoscimento del Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti adottato dall’ONU nel 2003, il cui scopo è “l’istituzione di un sistema di visite regolari svolte da organismi indipendenti nazionali e internazionali nei luoghi in cui le persone sono private della libertà, al fine di prevenire la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti” (articolo 1). Tale protocollo, firmato già da diversi Stati, era infatti rimasto sostanzialmente ignorato dal precedente governo Harper, spesso oggetto di critiche proprio per via di un presunto utilizzo di mezzi di tortura in differenti situazioni. Quando, nel 2009, il diplomatico canadese Richard Colvin segnalò la presenza di “irregolarità” da parte delle truppe canadesi nel territorio afghano tra il 2006 e il 2007, documentate in diversi rapporti, il governo lo accusò di supportare la causa dei talebani.

Secondo la portavoce, si tratta quindi di un passo importante da parte del governo Trudeau, il quale, così facendo, esorta anche gli altri Paesi (permane l’assenza degli USA tra i firmatari) a lottare contro la tortura aprendo i propri centri di detenzione ai controlli da parte degli enti preposti. Evidentemente, la ratifica del protocollo non corrisponde alla sparizione immediata della tortura in tutti gli Stati firmatari: continuerà a sussistere il rischio che tali pratiche vengano (più o meno segretamente) utilizzate. Tuttavia, l’accordo costituisce la possibilità di limitare l’abuso di potere almeno nei centri di detenzione, ormai non più liberi di agire senza che l’opinione pubblica internazionale possa esercitare la propria pressione. In questo modo viene incrementata l’efficacia della legalità, intesa come pieno raggiungimento dello Stato di diritto, per il quale anche lo Stato sovrano, e i suoi rappresentanti, rispondono alle leggi emanate (si pensi alla posizione della magistratura norvegese sul caso Breivik). Viene anche incrementata l’efficacia del controllo internazionale e della diffusione dei valori universalmente riconosciuti in seno ai singoli Stati sovrani. MSOI the Post • 9


NORD AMERICA 1964 e considerata fortemente discriminatoria nei confronti della comunità LGBT aveva portato aziende del calibro di Deutsche Bank e Paypal a rivedere i loro piani di espansione nello Stato. CANADA 1° maggio. Il governo Trudeau sta prendendo in considerazione l’idea di rimandare l’approvazione dalla legge che restringerebbero l’accesso al mercato del lavoro di manodopera non qualificata. La misura servirebbe per facilitare l’impiego di migranti in settori quali l’agricoltura e l’allevamento. 3 maggio. Ottawa ha fatto sapere di non approvare lo scudo anti missile degli Stati Uniti. Il Canada ha fatto sapere che non ritiene di correre alcun rischio per mezzo di missili balistici e quindi non aderirà al progetto.

4 maggio. Si terrà a giugno il summit tra USA, Messico e Canada. Ottawa ospiterà l’incontro. L’incontro che si sarebbe dovuto tenere l’anno scorso, non ha mai avuto luogo a causa delle restrizioni imposte dall’allora governo Harper ai visti d’accesso al paese per i cittadini messicani. La misura aveva provocato un raffreddamento delle relazioni tra i due Paesi che ora il governo Trudeau cerca di distendere nuovamente. A cura di Alessandro Dalpasso

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IL SALUTO DI OBAMA AI CORRISPONDENTI

Cosa è successo alla ‘Cena dei Corrispondenti’ della Casa Bianca

Di Alexander Virgili, Sezione MSOI Napoli La Cena dei Corrispondenti della Casa Bianca è tra gli eventi annuali più in vista di Washington. Si tratta di un galà durante il quale il Presidente degli Stati Uniti si ritrova con i giornalisti accreditati presso la Casa Bianca e che lo seguono in giro per il mondo. Oltre agli addetti ai lavori, alla Cena partecipano anche numerose star dello spettacolo e della politica, una tradizione che risale al 1920. L’evento si è svolto il 30 aprile scorso, presieduto per l’ultima volta dal presidente Barack Obama. Egli, nel suo discorso, ha sottolineato il fatto che l’anno prossimo al suo posto vi sarà il futuro Presidente, “sempre se ce ne saranno ancora” ha voluto poi specificare ironicamente. La Cena è ormai tradizionalmente un evento mondano durante il quale l’ospite e alcuni invitati fanno ironia sull’attualità.

Obama non è quindi nuovo a monologhi satirici nei quali prende in giro se stesso ed i suoi avversari politici. È noto, per esempio, il caso del 2011, quando il Presidente aveva preso di mira Trump, che anche se non era ancora in corsa per la presidenza aveva comunque avuto modo di scontrarsi con Obama, in particolare riguardo il suo certificato di nascita. Questa volta, Obama ha sfruttato l’evento non solo per fare ironia sui fatti più discussi degli ultimi mesi, come la corsa alla presidenza, ma anche per “uscire di scena” in modo divertente e teatrale, lasciando cadere per terra il microfono alle parole “Obama out”. Uno stile, questo del Presidente Obama, ormai noto: ironia e autoironia amalgamati con messaggi anche duri nei confronti degli avversari, trasmessi con l’ausilio dei video e dei social media per una più rapida diffusione. Il Presidente non ha potuto fare a meno di riservare alcune parole anche ad Hilary Clinton e Bernie Sanders, in corsa per la nomination democratica per la presidenza, ancora una volta facendo trapelare il suo sostegno ad Hilary Clinton, da lui già data come suo successore alla Casa Bianca.


MEDIO ORIENTE 7 Giorni in 300 Parole LIBERTÀ DI STAMPA 3 maggio. Come emerge dall’annuale classifica mondiale del sito Reporter senza Frontiere, che su parametri ben definiti fornisce un indice di libertà di cui godono i giornalisti all’interno di ogni Paese, è ancora preoccupante la situazione in Medio Oriente. Se il primo Stato del mondo arabo è la Tunisia (96°), perdono posizioni rispetto al 2015 Turchia (151°) ed Egitto (159°), mentre Yemen (170°) e Siria (177°) si collocano tra gli ultimi in una classifica di 180 Paesi. IRAQ 3 maggio. Prima controffensiva di Daesh nella regione di Mosul nell’ultimo mese: i media iracheni hanno registrato attacchi nei confronti dei Peshmerga collocati a est e a nord intorno alla città e offensive a Khazir e Telskuf sempre contro le forze curde. ISRAELE 3 maggio. Condannato all’ergastolo Yosef Haim Ben David, responsabile di rapimento, sevizie e uccisione ai danni di un 16enne palestinese nel 2014. L’assassinio venne compiuto per vendicare tre ragazzi israeliani uccisi in Cisgiordania e innescò le violenze che portarono alla guerra dei 50 giorni nella Striscia di Gaza nell’estate del 2014. PALESTINA 29 aprile. Rabai al-Madhoun è il primo Palestinese a vincere l’International Prize for Arabic Fiction, premio che dal 2008 sancisce ogni anno il miglior romanzo contemporaneo scritto in lingua araba. L’autore, che visse la Nakba e si trasferì nella Striscia di Gaza in giovane età, riporta tanti dei sentimenti comuni al suo popolo, che definisce ancora in crisi e senza diritti, nel premiato “Destini. Concerto dell’olocau-

L’IRAQ DIVISO

Nonostante i progressi contro il gruppo IS, l’Iraq appare sempre più spaccato Di Jean-Marie Ruere Nelle ultime settimane erano giunte notizie confortanti concernenti la guerra contro Daesh: numerose posizioni strategiche sottratte al califfato, l’invio di elicotteri Apache americani, le rassicuranti visite di Biden e Ashton Carter... Tutto questo però è ormai storia vecchia. Il caos sembra nuovamente alle porte. Ecco che l’opinione pubblica occidentale (ri)scopre le divisioni di un governo settario sempre più corrotto e i malumori di una popolazione in crescente difficoltà sin dall’invasione americana del 2003. Il merito di quest’improvvisa presa di coscienza lo si deve a Muqtada Al-Sadr, leader del movimento sadrista iracheno. Il giovane politico, poco più che 40enne, già capo delle Milizie di Mahdi (seconda forza armata dopo l’esercito regolare) sembra, infatti, essersi definitivamente allontanato dal governo di AlAbadi. Dietro sua indicazione sabato 30 aprile migliaia di manifestanti si sono riversati nella zona verde di Baghdad - il protettissimo centro amministrativo del neonato Stato iracheno - e hanno poi fatto irruzione nella sede del Parlamento, mettendolo a soqquadro. Secondo le fonti ufficiali non ci sono stati scontri tra le forze che presidiavano la zona ed i manifestanti, nondimeno il presidente è stato evacuato d’emergenza e le auto di alcuni parlamentari sono state prese d’assalto dalla folla. Una mobilitazione di massa era stata già annunciata in precedenza

dallo stesso Al-Sadr nel caso di un fallimento delle votazioni su un possibile rimpasto di governo (la seduta è stata rinviata a causa di un mancato raggiungimento del quorum). Questi fatti avvengono dopo mesi di intense contestazioni contro il governo, in un clima di rabbia generale per le pessime condizioni di vita (elettricità intermittente, qualità dell’acqua ad uso domestico scadente...) e per le dilagante corruzione. Culmine delle proteste l’assalto ad alcune sedi del partito del premier Dawa. Le promesse di lotta alla corruzione e della nomina di nuovi ministri sembrarono allora placare il malcontento, che tuttavia si è riacceso recentemente, dopo il fallimento delle discussioni sul rimpasto. Il clima di tensione nel quale versa l’Iraq è stato abilmente sfruttato dal movimento nazionalista e populista di Al-Sadr. Questi teme di perdere peso politico in seno all’organo legislativo e vede progressivamente erodersi le sue capacità militari, a causa sia della presenza americana sia del fronte comune di molte milizie locali nella lotta contro il gruppo IS. Al-Sadr, inoltre, potrebbe rappresentare un elemento di instabilità nella lotta contro il sedicente Stato Islamico. I suoi propositi dichiaratamente antiamericani, infatti, lo rendono una “liability” di cui Washington vorrebbe fare a meno. La situazione rischia di degenerare sensibilmente se non si troverà una soluzione a questa crisi, la quale potrebbe costringere a riconsiderare il ruolo e il coinvolgimento americano sul territorio.

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MEDIO ORIENTE sto e della Nakba”. 5 maggio. Nuovamente violato il cessate il fuoco stabilito ad agosto 2014: nella notte, come conseguenza ad alcuni colpi di mortaio palestinesi, l’esercito israeliano ha colpito con un raid aereo quattro postazioni di Hamas nel nord della Striscia di Gaza. Il Ministero dell’Istruzione di Gaza ha fatto precauzionalmente chiudere due scuole non lontane dal confine. SIRIA 4 maggio. Fonti statunitensi hanno annunciato un accordo tra USA e Russia per una nuova tregua ad Aleppo di 48 ore, mentre su richiesta di Gran Bretagna e Francia è stato convocato una nuova seduta del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. La ripresa delle ostilità ha fatto registrare dal 29 aprile circa 300 vittime tra i civili e la distruzione di un ospedale di Medici Senza Frontiere. Nuovi incontri per giungere al cessate il fuoco erano già previsti a Ginevra per il 10 maggio, sotto l’egida delle Nazioni Unite. TURCHIA 4 maggio. La Commissione Europea ha proposto al Parlamento Europeo e al Consiglio dell’Unione Europea di revocare l’obbligo del visto per i cittadini turchi nell’area Schengen. Le condizioni sono che le autorità turche si predispongano a rispettare entro fine giugno i 5 criteri che ancora restano in sospeso della tabella di marcia per un regime di esenzione dal visto. Il premier Davutoglu ha annunciato le sue dimissioni, secondo i media turchi, le cause sarebbero riconducibili a contrasti con il presidente Erdogan. Il congresso dell’AKP del 22 maggio sceglierà il suo successore. A cura di Lorenzo Gilardetti 12 • MSOI the Post

“HOSPITALS ARE #NOTATARGET” Ma le bombe continuano a cadere su Aleppo

Di Martina Scarnato Si dice che in guerra tutto è lecito, tuttavia bombardare un ospedale, almeno secondo Human Rights Watch, potrebbe costituire un crimine. E’ successo l’ultima volta in Siria tra mercoledì 27 aprile e giovedì 28 aprile, quando un raid aereo a sostegno di Damasco ha colpito la città di Aleppo, causando almeno 200 vittime civili e distruggendo l’ospedale al-Quds, sostenuto da Medici senza Frontiere ( MSF). Tra le vittime, almeno 50, vi sarebbero anche 6 membri del personale medico, tra cui Mohamed Waseem Maaz, l’ultimo pediatra rimasto in città, e Mohamed Ahmad, l’unico dentista che lavorava nell’ospedale. Secondo l’inviato dell’ONU per la Siria Staffan de Mistura e MSF, le bombe sulla struttura medica sono state sganciate deliberatamente. “Questo devastante attacco ha distrutto un ospedale vitale per Aleppo, che era anche il principale centro pediatrico dell’area. Dov’è l’indignazione di chi ha il potere e il dovere di fermare questo massacro?” sono le parole di Muskilda Zancada, capomissione in Siria dell’ONG di origine francese. L’indignazione si è anche diffusa sui social network, attraverso l’hashtag #notatarget”. Gli ospedali non dovrebbero es\ sere un obiettivo, ma secondo

il quotidiano spagnolo El Paìs, dall’inizio dell’anno almeno 40 persone sono morte a seguito di raid filogovernativi contro le strutture ospedaliere di MSF in Siria. Infatti, l’ONG non ha il permesso di operare nelle zone controllate da Damasco e dunque deve limitarsi a dare sostegno soltanto nelle aree in mano ai ribelli. L’attacco all’ospedale al-Quds è stato il più grave dall’inizio del 2016. Sempre secondo il quotidiano spagnolo, analizzando le dinamiche degli attacchi agli ospedali, sarebbe possibile parlare di una strategia di “doppio colpo”: inizialmente un primo missile causa la morte di diversi pazienti e volontari, dopodiché , quando altre persone accorrono sul posto, viene lanciato un altro missile. Ciò, in genere, accade dai 20 ai 60 minuti più tardi. Il capo degli aiuti umanitari dell’ONU, Stephen O’Brien, ha nuovamente denunciato al Consiglio di Sicurezza “il nuovo serio deterioramento della situazione umanitaria in Siria”, sottolineando la “catastrofica situazione di Aleppo”. Egli ha poi rinnovato l’invito a mantenere la tregua ( che però non include la città) in attesa della ripresa dei colloqui di pace previsti a Ginevra. Intanto le bombe continuano a cadere su Aleppo: solo all’alba di lunedì 2 maggio pesanti raid hanno colpito il quartiere di Bustan al-Qasr.


RUSSIA E BALCANI 7 Giorni in 300 Parole ABKHAZIA 4 maggio. Il Ministero dell’Istruzione dell’autoproclamata repubblica caucasica ha annunciato che dal prossimo anno scolastico verranno introdotti libri di testo in lingua russa. La decisione è semplicemente una formalizzazione della situazione che de facto si è manifestata su tutto il territorio del Paese negli ultimi tempi. KOSOVO 4 maggio. Dopo che a marzo era stata esclusa l’ipotesi che il Paese balcanico potesse accedere all’elenco di Paesi esterni che possono entrare liberamente nell’area Schengen, l’Unione Europea ha annunciato di essere al lavoro per inserire anche Pristina nel prossimo ampliamento della lista (che include Turchia, Ucraina e Georgia). RUSSIA 30 aprile. Dopo i richiami di Washington per la condotta non corretta di alcuni piloti russi nel Baltico, Mosca controbatte che siano gli aerei statunitensi ad avvicinarsi ai confini russi con il transponder spento, costringendo gli aerei russi a levarsi in volo per identificarli visivamente. 3 maggio. A conclusione dei colloqui con l’inviato speciale ONU per la Siria Staffan De Mistura, il ministro degli Esteri russo Lavrov si è detto fiducioso del fatto che la tregua in Siria possa essere resa effettiva nei prossimi giorni. 4 maggio. Mosca ha annunciato che rafforzerà la sua presenza militare nelle zone al confine con il Caucaso e con l’Europa. La decisione è stata presa in risposta ai militari che la NATO ha posizionato negli Stati baltici e in

PER LA PASQUA ORTODOSSA È TREGUA A Donbass un “cessate il fuoco” per il giorno di festa

Di Giulia Andreose Quest’anno la Pasqua ortodossa è caduta il primo di maggio. Infatti, a differenza della Pasqua cristiana, che segue il calendario gregoriano, quella ortodossa segue il calendario giuliano.

annunciato che la tregua avrebbe avuto inizio a mezzanotte di sabato 30. Kiev aveva accettato queste condizioni. Purtroppo, nonostante la tregua, non tutti hanno potuto festeggiare la Pasqua.

Molte persone hanno perso il La Pasqua è considerata una del- lavoro a causa della guerra e si le feste più importanti dell’anno trovano in una situazione di asper i cristiani ortodossi. Milioni soluta povertà; moltissimi sfoldi fedeli hanno festeggiato in lati ed ex prigionieri affollano tutto il mondo. In Russia, anche gli alloggi collettivi di Donetsk; il presidente Vladimir Putin e due anni di blocco economico il primo ministro Dmitrij Me- pesano sempre più sulla popodvedev hanno partecipato alla lazione. Per gran parte di quecerimonia officiata nella Cat ste persone il pranzo pasquale è tedrale di Cristo Salvatore di stato consumato solo grazie agli Mosca dal patriarca ortodosso aiuti umanitari. Kirill. Anche in Ucraina la Pasqua Il 1° maggio si sono verificarappresenta la più importante ti comunque scontri nell’est festa della religione cristiana dell’Ucraina, nei quali sono ortodossa. morti tre soldati. Nei sobborghi della città di Donetsk, ad AvdeA Minsk, venerdì 29 aprile, i evka, Marinka, Yasinovataya, rappresentanti di Russia, Ucrai- Gorlovka, Trudovskie si combatna e OSCE avevano raggiun- te ancora ogni giorno, nonostanto un accordo per l’entrata in te la tregua sia ufficialmente in vigore di una tregua di alcuni vigore. giorni nelle regioni del sud-est Secondo i dati forniti venerdì dell’Ucraina. La pausa dalle 29 aprile dall’Assistente per gli ostilità sarebbe durata fino al 9 Affari Politici del Segretario maggio, in modo da coprire la Generale delle Nazioni UniPasqua ortodossa, la Giornata te, la guerra ha provocato quasi Internazionale dei Lavoratori e 10 mila morti e più di 20 mila le celebrazioni commemorative feriti. L’appello delle Nazioni russe del 9 maggio per la fine Unite affinché le armi della II Guerra Mondiale. continuino a tacere anche dopo Il rappresentante speciale il 1° maggio è destinato a rimadell’OSCE, Martin Sajdik, aveva nere inascoltato.

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RUSSIA E BALCANI Polonia nelle scorse settimane 4 maggio. L’Agenzia Federale per la Sicurezza ha comunicato di aver arrestato un gruppo di persone di origine centro-asiatica riconducibili ad un gruppo terroristico turco-siriano. Il gruppo avrebbe ricevuto l’ordine di portare a termine un attentato durante le tradizionali celebrazioni che si tengono a maggio.

EULEX GIUNGE AL CAPOLINEA?

Il governo di Pristina chiede di proseguire senza l’intervento dell’UE

Di Giulia Bazzano

SLOVENIA-CROAZIA 4 maggio. È stato siglato un accordo tra le società pubbliche di distribuzione dell’energia elettrica dei due Paesi per prolungare di 20 anni l’attività della centrale nucleare di Krško, a 150 km dal confine Italiano. L’impianto dovrà superare i controlli di sicurezza successivamente ai lavori di ammodernamento che avranno luogo nel 2023, quando l’impianto sarebbe dovuto essere dismesso. UCRAINA 2 maggio. Momenti di tensione si sono verificati nella città di Odessa quando la polizia ha rinvenuto 3 granate nella zona della commemorazione della strage avvenuta 2 anni fa. In quell’occasione, a margine delle tensioni tra Mosca e Kiev, morirono 48 tra manifestanti filorussi e filoccidentali. A cura di Leonardo Scanavino

La missione dell’UE in Kosovo, Eulex, potrebbe volgere al termine. Il governo di Isa Mustafa ha richiesto all’Unione Europea che gli obiettivi della missione diventino di sua competenza ed è fortemente intenzionato a completare la delicata transizione democratica del Paese acquistando una maggiore autonomia. Iniziata nel 2008 e indipendente dall’ONU, Eulex rappresentava e rappresenta tuttora una sfida per la comunità europea. Sono state inviate in Kosovo forze di polizia, giuristi, personale di dogana, magistrati. La missione ha avuto un sostanziale potere esecutivo, con una particolare attenzione posta alla lotta alla criminalità e alla corruzione. Ora, il governo guidato da Isa Mustafa chiede un cambio di rotta, proponendo di trasferire le competenze sulla giustizia dalla missione ai giudici nazionali. Il governo ha richiesto il trasferimento delle informazioni sensibili dagli archivi Eulex alla magistratura locale. Inoltre, Pristina vorrebbe anche il trasferimento dei 3 giudici internazionali che operano nella corte costituzionale. Eulex è stata vista da gran parte dei Kosovari come un ospite

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sgradito. La missione è spesso entrata in conflitto con la coalizione al governo, composta principalmente da ex ribelli, poco incline ad accettare indagini interne e possibili condanne per crimini di guerra. Inoltre, lo stesso Eulex è stato coinvolto da scandali, che ne hanno profondamente minato la credibilità. Nel 2014, ufficiali di alto rango sono stati accusati di collusione con presunti criminali, chiedendo tangenti per chiudere processi e occultare prove. I sospetti di corruzione provenivano dall’interno, ovvero dal procuratore britannico della stessa missione, Maria Bamieh. Bamieh raccolse elementi concreti su almeno tre inchieste penali chiuse da funzionari Eulex in cambio di denaro. Il presidente Hashim Thaci non ritiene che il trasferimento di poteri richiesto sia prematuro e ha affermato che “I tribunali devono dimostrare di essere pronti ad accettare i poteri ed esercitarli nei confronti dei cittadini”. La fine di Eulex porterebbe con sé importanti conseguenze. Una maggiore autonomia per l’autoproclamato Stato balcanico implicherebbe maggiori responsabilità, che potrebbero gravare sul fragile equilibrio raggiunto.


ORIENTE 7 Giorni in 300 Parole

LA CINA E IL SUO PASSATO, PARTE TERZA

AUSTRALIA 29 aprile. Un giovane iraniano si è dato fuoco nel campo profughi dell’isola di Naru. Il gesto sarebbe stato dettato dalle condizioni disumane e degradanti cui sono sottoposti i migranti in Australia. Le associazioni per i diritti umani australiane avevano già denunciato il governo per la mancanza di rispetto della dignità umana all’interno campi allestiti per i profughi sul territorio nazionale.

Ieri e oggi

CINA 4 maggio. I ministri della difesa di Russia e Cina hanno annunciato la volontà di svolgere esercitazioni militari congiunte. Tali esercitazioni coinvolgeranno le rispettive forze aeronautiche al fine di difendere i Paesi da possibili attacchi missilistici. Sebbene non vi sia stata nessuna formale conferma, alcuni sono del parere che questa collaborazione militare voglia essere una risposta al piano anti-missilistico al quale gli Stati Uniti stanno lavorando in Corea del Sud.

COREA DEL NORD 6 maggio. Dopo 36 anni si terrà a Pyongyang il congresso del Partito dei Lavoratori di Corea. La stampa ufficiale del governo ha definito questo avvenimento come “sacro”. Il congresso, che non ha ancora una data conclusiva, servirà a dimostrare i suc-

Di Emanuele C. Chieppa Chi percorre le strade della Cina resta come pervaso da una qualche inquietudine, dalla sensazione di trovarsi in un luogo estraneo alla civiltà occidentale. Dopo la Rivoluzione Culturale, il popolo cinese ricerca la sua identità, ancora legata a un passato di credenze antiche accantonate dalla scienza moderna. Per ridare un’identità al suo popolo, il Partito si è prodigato, soprattutto dopo gli avvenimenti di piazza Tienanmen. Negli anni recenti, questo sforzo ha dato forma a un mix di maoismo, confucianesimo, rampante economia di mercato e, parallelamente, reviviscenza di tradizioni che si credevano sepolte. Molti dei giovani degli anni della Rivoluzione Culturale sono ancora in vita, come l’attuale presidente della Repubblica Popolare Cinese, nonché capo del Partito e delle forze armate, Xi Jinping. Da lui dipendono la maggior parte delle riforme, l’organizzazione dell’economia e la politica estera. Ha vissuto gli anni della

Rivoluzione Culturale nelle campagne, per poi scalare il sistema piramidale che compone il Partito e assurgere a capo di oltre 1 miliardo di persone. All’inizio del suo mandato, Xi Jinping aveva promesso una speciale attenzione alla questione ambientale, una maggiore democratizzazione della società, una crescente concentrazione sull’economia interna e sul consumo e il miglioramento delle condizioni di vita delle persone. Sono tutti obiettivi da attuare entro il 2020, per mezzo di una progressiva apertura del Paese al mercato, rovesciando però il principio di Deng, secondo cui “l’economia è al centro”, e anzi cercando di mantenere le esigenze della politica al primo posto. Può darsi, però, che Xi abbia fatto male i suoi conti. Una parte del Partito e della società cinese è legata alla struttura economica attuale e si oppone alle riforme; a ciò si aggiunge l’intransigenza ideologica. Il modello di crescita che aveva portato a tassi di sviluppo a due cifre fa fatica a trovare il suo spazio nel mondo attuale. Le tensioni sociali e la fame di diritti, peraltro, cominciano a trovare sfogo in rete. Sempre più blogger e internauti tentano di esprimere il proprio dissenso tramite i social network, come Weibo, il Twitter made in China. Così, nel Paese con il più alto tasso di connessioni web al mondo, con pochi caratteri e parole in codice, la libertà si apre uno spiraglio.

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ORIENTE cessi del giovane Kim Jong-Un, celebrerà la potenza nucleare del Paese e il potere del suo Supremo Leader, definito dai vertici del partito come il “Grande Sole di questo secolo”.

BUMI SERPONG DAMAI

Startup e tecnologia nell’Indonesia di Widodo

Di Alessandro Fornaroli

GIAPPONE 4 maggio. Il premier Shinzo Abe si dichiara soddisfatto dai passi in avanti compiuti dall’UE a proposito dell’accordo sul libero scambio di merci con il Giappone. Il Primo Ministro chiede tuttavia di accelerare i lavori per giungere all’accordo in tempi brevi, dato che i lavori continuano dallo scorso anno e sarebbero dovuti finire ufficialmente entro il 2015.

PAKISTAN 1° maggio. La collaborazione con l’India in campo economico, sociale e di sicurezza è sempre più in pericolo. Nel faccia a faccia tra i due Ministri degli Esteri, è stato fatto sfoggio da entrambe le parti di grande abilità retorica, ma sono stati richiamati ben pochi provvedimenti concreti. Questo sembra suggerire che la volontà di cooperare stia scemando. A cura di Tiziano Traversa

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L’Indonesia, quarto Paese al mondo per popolazione, costituisce l’ottava economia mondiale, a parità di potere d’acquisto. Da sempre ricca di risorse naturali - possiede giacimenti di stagno, carbone e rame - rappresenta uno dei principali produttori di greggio e gas naturale del Sud-Est asiatico e può vantare stabilimenti chimici, siderurgici e metallurgici. Nel 1989 il governo Suharto decise di dare un forte input economico al Paese, realizzando la Bumi Serpong Damai (BSD), una planned community situata nel distretto di Tangerang, nella regione di Jakarta. Strutturata come una città, la BSD è implementata e gestita dalla holding BSD PT, controllata dalla Simasred. Quest’ultima non è che una società sussidiaria del Sinar Mas Group, ampio conglomerato sino-indonesiano che opera nel settore bancario e nella produzione di carta e olio di palma, un bene che l’Indonesia produce, consuma e importa più di qualsiasi altro Paese al mondo. Attualmente la BSD, sviluppata per ospitare la classe medioalta indonesiana, rappresenta una comunità a tutti gli effetti: offre scuole, ospedali, centri commerciali, quartieri residenziali, hotel, uffici e altre strutture. Copre un’area di circa 1.300 ettari di terra e potrebbe arrivare a 4.700 entro il 2035. L’obiettivo ambizioso

dell’imprenditore a capo del progetto è quello di creare una Silicon Valley indonesiana nella periferia della capitale, in grado di attirare startup da tutto il mondo. La trasformazione verso quella che si può definire una smart digital city avverrebbe grazie all’installazione di cavi in fibra ottica, in grado di fornire una velocità di connessione pari a 1 Gbit/s, e grazie alla fornitura di servizi tecnologici integrati per circa 200.000 residenti del distretto. Il presidente dell’Indonesia Joko ‘Jokowi’ Widodo ha visitato di recente diversi Paesi dell’UE per stipulare accordi dal valore di $20.5 miliardi, destinati a vari settori. Questa mossa sembra essere la formalizzazione un’apertura verso i mercati esteri, a dispetto dell’usuale prelazione cinese. Sul fronte interno, la burocrazia contorta, la poco rigorosa regolamentazione e il tardivo varo di una e-commerce roadmap, che il ministro dell’informazione e della comunicazione Rudiantara ha promesso da febbraio, potrebbero essere d’ostacolo. Il governo, tuttavia, intende creare un fondo di $71 milioni per finanziare 2.500 startup esistenti nel Paese. Mandiri, il maggiore istituto di credito del Paese, sta preparando 500 miliardi di rupie (circa $38 milioni) da investire in varie imprese, su tutte quelle che si occupano di tecnologie finanziarie.


AFRICA 7 Giorni in 300 Parole

LE “BANDIERE NERE” DEL GOLFO DI GUINEA

Nigeria: sulle tracce del “re” dei pirati

Di Francesco Tosco

KENYA 30 aprile. In un parco di Nairobi sono state date alle fiamme 105 tonnellate d’avorio, 16.000 zanne confiscate al mercato illegale provenienti da più di 340 esemplari di elefante africano, quantità che corrisponde al 5% dello stock mondiale. A ordinare il rogo, il più grande della storia della lotta al bracconaggio, è stato il presidente kenyano Uhuru Kenyatta, sostenuto dal presidente del Gabon Ali Bongo. L’evento è stato reso più spettacolare per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale sul problema del bracconaggio di elefanti e rinoceronti, specie a rischio di estinzione, che ha visto una crescita esponenziale a causa della domanda asiatica dell’avorio per scopi medicinali. NIGERIA 29 aprile. L’Emiro di Kano ha promesso di fare del suo emirato un luogo prospero e sicuro, capace di competere con la capitale economica Lagos. Questa dichiarazione è avvenuta dopo che l’emiro è stato minacciato di morte da Boko Haram. Sua altezza reale Muhammad

La marina militare nigeriana ha concluso le indagini sull’assalto, avvenuto l’11 febbraio 2016, a un mercantile saudita che trasportava circa 4,368.203MT di gas. L’Mt Maximus era stato soccorso dalla Marina stessa il 19 febbraio; durante l’operazione erano stati catturati 6 pirati, mentre uno era stato ucciso. Grazie al ritrovamento degli effetti personali degli assaltatori, inclusi i loro telefoni cellulari, le autorità sono riuscite a risalire a un nome. Charles Ekpemefumor, conosciuto anche come Charles Parker o “Capitan” Charles Agaba, è ora ricercato delle autorità del Paese, con l’accusa di essere non solo l’ideatore dell’assalto all’MT MAXIMUS, ma soprattutto uno dei leader della pirateria nigeriana. Ormai da parecchi anni, la pirateria in Nigeria è diventata una piaga che, nonostante gli sforzi dello Stato e della comunità internazionale, continua a dilagare senza sostanziali cedimenti. Il 27 aprile il rapporto dell’ IMB (International Marittime Bureau), un’organizzazione no-profit che si occupa di perseguire i crimini in mare, denuncia l’escalation di attacchi compiuti dai pirati nei confronti del commercio internazionale e non solo.

La Nigeria risulta essere uno dei Paesi con maggiori problemi legati alla pirateria: almeno un attacco alla settimana in cui interi equipaggi vengono assaliti, derubati, rapiti e uccisi. Gli obiettivi sono molteplici, a partire da navi che trasportano barili di petrolio o gas, fino ad arrivare a mercantili e pescherecci. Si stima che nel 2012 il governo nigeriano abbia perso circa un miliardo di dollari al mese e circa 100.000 barili di greggio al giorno a causa della pirateria. I continui e indiscriminati attacchi ai pescherecci hanno anche comportato un’esponenziale diminuzione degli equipaggi disposti a salpare e rischiare la vita. Inoltre, gli assalti restano di sovente taciuti per mancanza di fiducia nelle autorità, spesso corrotte. Come risultato si è creata una maggiore disoccupazione sulle coste e un deficit di produzione alimentare, tanto che la Nigeria, nonostante le acque ricche di pesce, è costretta a importarlo dall’estero. Il fenomeno della pirateria in Nigeria è legato, come le altre attività criminali del Paese, al delta del Niger, zona molto ricca di risorse naturali e obiettivo di tutti i criminali, che ormai si fanno chiamare businessman e alcuni dei quali assurgono addirittura a ruoli politici. MSOI the Post • 17


AFRICA Sanusi II, 57° emiro di Kano, anziano Governatore della Banca Centrale nigeriana e secondo leader religioso musulmano della Nigeria, nel 2010 è stato incluso da Time Magazine fra le 100 personalità più influenti del pianeta. REPUBBLICA CENTRAFRICANA 4 maggio. Il nuovo Parlamento centrafricano si è insediato martedì 3 maggio sostituendo il CNT, Consiglio Nazionale di Transizione. È la prima volta dopo tre anni che deputati eletti a suffragio universale entrano a far parte dell’Assemblea Nazionale. SENEGAL 2 maggio. Firmato un accordo di difesa fra il Senegal e gli USA che prevede la presenza permanente di forze militari USA sul suolo senegalese. I soldati statunitensi potranno accedere a zone aeroportuali e militari nel territorio del Paese africano anche senza disporre di basi.

L’AFRICA E IL MONDO, PARTE QUINTA L’India sfida il Dragone cinese per la supremazia nel continente

Di Fabio Tumminello La flessione dell’economia cinese sta modificando l’asse commerciale tra Africa e Asia. Se, a livello economico, il flusso delle esportazioni è nettamente diminuito negli ultimi anni (quasi il 20% in meno rispetto al 2014, con un clamoroso -6,6% del PIL), c’è un ulteriore elemento da considerare. Gli investitori cinesi non sono più considerati un’opportunità commerciale e la Cina stessa ora è vista come una potenza imperialista, pronta a fare razzia delle ricche risorse che il territorio possiede. Più favorevole è, invece, la posizione dell’India.

SUD AFRICA 4 maggio. I sostenitori del presidente Jacob Zuma si sono mobilitati per aiutare il leader a rimborsare il denaro pubblico di cui si era ingiustamente appropriato. Due mesi fa la più alta corte giudiziaria del Paese aveva dichiarato Zuma colpevole di aver violato la Costituzione per aver utilizzato denaro pubblico per ristrutturare una sua residenza privata. A cura di Francesca Schellino 18 • MSOI the Post

La condivisione di un passato coloniale simile ha avvicinato ancora di più due aree già geograficamente contigue: Corno d’Africa e sub-continente indiano, infatti, nel corso del XIX secolo rappresentarono un’importante scalo navale per unire il mondo occidentale con le Indie. Ad oggi, però, sono i numeri a certificare un risultato storico per l’economia indiana. Nel giro di pochi anni, infatti, l’India è riuscita a ritagliarsi un ruolo di centrale importanza nel continente, scalzando l’ingombrante presenza cinese. Basti pensare che il volume

delle esportazioni è quasi raddoppiato, passando dagli appena 50 miliardi del 2013 ai 100 miliardi del 2015. A differenza degli imprenditori cinesi, inoltre, gli investitori indiani hanno intenzione di valorizzare la manodopera locale, assumendo soprattutto giovani lavoratori e favorendo quindi una crescita economica condivisa, piuttosto che sfruttare semplicemente le risorse locali. Questa tendenza non sembra peraltro conoscere un rallentamento. Dopo il boom di inizio secolo, l’India, pur subendo una leggera flessione economica, resta comunque uno tra i Paesi in via di sviluppo con le potenzialità più alte. Il vertice tra India e Africa dello scorso 26 ottobre ha formalizzato definitivamente questa ritrovata unione. L’incontro tra Narendra Modi e quasi 50 capi di Stato africani si è concluso con una dichiarazioni di intenti chiara: il governo indiano vuole continuare a investire in Africa e vuole rafforzare ancora di più le sue relazioni con alcuni Paesi, come Kenya, Uganda, Mozambico e Sudan, attraverso programmi sia economici sia sociali e umanitari. Citando Modi: “… questo è il nostro secolo.”.


SUD AMERICA 7 Giorni in 300 Parole ARGENTINA 29 aprile. Il Paese esce ufficialment edal default. Contemporaneamente 4 dei 5 sindacati argentini più importanti si uniscono in manifestazione contro il governo di Mauricio Macrì, accusato di essere la causa dell’inflazione incontrollata, dell’aumento dei costi dei servizi pubblici dovute ai tagli alle sovvenzioni e dell’ondata di licenziamenti nel settore pubblico e privato. BRASILE 4 maggio. Lula da Silva, tre Ministri del governo Rousseff e 27 membri del Parlamento potrebbero essere indagati nel contesto dello scandalo Petrobras se la Corte Suprema autorizzerà la domanda pervenuta dalla Procura Generale.

CUBA 4 maggio. Mariela Castro, figlia di Raul, è stata premiata dall’ONU per la sua campagna di diversi anni a favore dei diritti LGBT nell’isola. Tra i risultati più importanti sono stati sottolineati la creazione e direzione del Centro Nazionale di Educazione Sessuale (CENESEX) e l’istituzione del Giornata contro la omofobia e transfobia. MESSICO 29 aprile. Nel distretto federale

FMI: INFLAZIONE VENEZUELA AL 720% Crisi economica e alimentare

Di Giulia Botta Sempre più critica la situazione economica, politica e sociale del Venezuela: una profonda recessione attanaglia il Paese dal 2015, con un calo del PIL del 5,7% e tassi d’inflazione del 200%. Per il 2016, il Fondo Monetario Internazionale stima un nuovo crollo dell’8% e un’inflazione con picchi del 720%. Le condizioni di 30 milioni di venezuelani, che affrontano una spirale crescente di crisi, sono drammatiche: carenti i beni di prima necessità, enormi le file davanti ai negozi di alimentari, vuoti gli scaffali. Milioni di famiglie faticano a permettersi carne, latte e uova, com’è testimoniato dalle fotografie di frigoriferi e dispense quasi vuoti nella maggior parte delle case, scattate dal fotografo della Reuters Carlos Garcìa Rawlins. Frequenti sono le riduzioni del numero di pasti, difficilmente completi e bilanciati, a causa degli stipendi esigui e dei prezzi elevati. La recessione economica, dovuta all’elevata inflazione e al crollo del prezzo del greggio, su cui si fonda l’economia nazionale, si intreccia con una grave crisi energetica: El Niño ha infatti provocato una prolungata siccità, danneggiando l’economia e colpendo la produzione di energia idroelettrica (che

costituisce il 70 % dell’energia nazionale). Per fronteggiare la crisi dilagante, il presidente Nicolàs Maduro ha varato un programma di misure di emergenza volte al risparmio energetico. I provvedimenti d’austerità hanno però alimentato il malcontento e acuito le critiche condizioni dei venezuelani, scatenando proteste in tutto il Paese. Il 28 aprile a Maracaibo ci sono stati 121 arresti per il saccheggio, in segno di protesta, di decine di negozi. Inoltre, a Caracas, centinaia di persone hanno firmato una petizione per chiedere l’allontanamento dal potere del Presidente. Sempre più stringenti e radicali sono, infatti, le misure avviate in questi giorni da Maduro, finalizzate al risparmio energetico. Si prevedono, per esempio, la riduzione della settimana lavorativa a due giorni (lunedì e martedì) per i dipendenti del settore pubblico (circa 2,8 milioni nel Paese); il taglio della corrente elettrica per quattro ore al giorno per quaranta giorni; la diminuzione degli orari di apertura di negozi e luoghi pubblici; l’aumento dei giorni di ferie; la chiusura delle scuole, dall’asilo ai licei, tutti i venerdì. Il governo ha anche cambiato il fuso orario di 30 minuti in avanti, per ridurre la domanda di energia elettrica in prima serata.

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SUD AMERICA di Città del Messico sono state aumentate le restrizioni alla circolazione dei veicoli attivate a marzo. Il livello di inquinamento della città è stato definito critico, costringendo il Governo a lanciare il primo allarme ambientale degli ultimi 14 anni. 4 maggio. La Corte Suprema ha respinto la mozione contro la legge sulle telecomunicazioni, giudicata da un gruppo di attivisti – Red en Defensa de los Derechos Digitales – lesiva della privacy di tutti i cittadini, anche se ufficialmente impiegata nella lotta alla criminalità. L’organizzazione, che si è opposta alla legge dal 2014, quando è entrata in vigore, ha affermato che ricorrerà alla Corte Interamericana dei Diritti Umani. NICARAGUA 4 maggio. Firmato un contratto di locazione che concede alla ditta cinese HKND 263 kilometri di proprietà dei nativi per la costruzione di un canale interoceanico su cui avrà l’usufrutto per 100 anni. La decisione, in cui sono stati coinvolti i rappresentanti solo di alcune delle tribù indigene locali preoccupa attivisti di tutto il mondo per l’impatto ambientale e sociale di tale opera. VENEZUELA 5 maggio. Ucciso in un confronto a fuoco con la polizia José Antonio Tovar Colina, detto El Picuro, considerato dalla polizia venezuelana e dall’Interpol il più pericoloso criminale del Paese. A cura di Daniele Pennavaria

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URUGUAY, ANALISI DEL POST-MUJICA

L’erede politico di “Pepe”, Tabarè Vàzquez, tra incertezza politica ed economica

Di Stefano Bozzalla Cassione Dopo due mandati come presidente dell’Uruguay, “Pepe” Mujica ha passato il testimone a Tabarè Vàzquez, già 39° Presidente, rieletto come 41° il 1 marzo 2015. Pur condividendo la stessa appartenenza politica (Fronte Ampio), Vàzquez non gode del carisma e dell’influenza mediatica del suo predecessore. Eredita però un Paese trasformato in profondità e tra i più progressisti del mondo, grazie all’approvazione di leggi quali la legalizzazione dell’aborto, del matrimonio omosessuale e della vendita di cannabis. A Vàzquez il popolo uruguayano chiede di continuare verso la realizzazione del programma politico di “Pepe”, ma egli è critico verso alcune riforme (in particolar modo si è detto contrario all’approvazione della legge sulla vendita di cannabis). Il futuro politico ed economico del Paese si presenta sfavorevole e incerto: profondamente legato all’agricoltura (soprattutto dei cereali) e all’allevamento di bovini e ovini, l’Uruguay fonda la sua economia sulle esportazioni, principalmente verso Brasile, Stati Uniti e Cina. Grazie al forte aumento della domanda di prodotti alimentari, in particolare da parte della Cina,

l’Uruguay ha conosciuto anni di rapida e sostenuta crescita economica. La stagnazione economica che ha colpito l’Uruguay dal 2014, causata dal rallentamento dell’economia e dalla crescita dell’inflazione nei Paesi suoi partner, ha però reso difficili i primi passi del nuovo Presidente. Vàzquez si è così visto costretto a dover ridimensionare i propri progetti per il futuro del Paese, in primis la riforma del settore dell’educazione e l’enorme progetto di Infraestructura Uruguay 2030, che prevedeva l’ammodernamento delle infrastrutture stradali, ferroviarie e portuali del Paese. Nel campo delle relazioni internazionali, la nuova amministrazione lavora principalmente sui difficili rapporti con l’Argentina, con la quale esiste una rivalità storica che nemmeno l’appartenenza al Mercosur di entrambi i Paesi ha aiutato a risolvere. I contenziosi politici sono stati accentuati dalla “guerra delle cartiere” durante la prima presidenza di Vàzquez e sono continuati anche durante la presidenza Mujica. Ora, con l’elezione alla presidenza dell’Argentina di Mauricio Macrì, che con Vàzquez condivide l’appoggio al libero mercato, i rapporti potrebbero doventare più distesi.


ECONOMIA WikiNomics LE PREVISIONI CHE SI AUTO AVVERANO Il meccanismo delle bolle speculative

Efrem Moiso Grazie alla globalizzazione che ne ha aumentato le dimensioni e ai mass media che ne sfruttano l’impatto sull’opinione pubblica, si sente spesso parlare di “bolle speculative”. Le più note sono la Dot-com Bubble, sviluppatasi tra il 1997 e il 2000, e la bolla immobiliare statunitense che - dopo 4 anni di gestazione - ha portato nel 2007 alla crisi economica mondiale. Di cosa si tratta. Con il termine “bolla speculativa” si definisce una fase anomala dell’economia in cui un mercato è caratterizzato da un forte, ingiustificato e insostenibile aumento dei prezzi di uno o più beni, dovuto a un aumento della domanda rapido e limitato nel tempo. Prima fase: euforia. Tutto ha inizio quando un bene risveglia l’attenzione di investitori professionali che hanno a disposizione capitali di grande entità. Essi si autoconvicono che dall’investire nel bene si possano trarre ottimi ricavi. Una volta realizzato, il grosso investimento comporta un aumento del prezzo del bene corrispondente all’aumento di

1929-2008: UNA STORIA DISONESTA,TERZO CAPITOLO

Come l’intreccio bancario-industriale ha portato il mondo in bancarotta due volte Di Michelangelo Inverso voleva spegnere un incendio con un incendio più grosso. Nel 1997 l’Amministrazione del presidente Bill Clinton co- Le banche iniziarono a conceminciò a pensare di mandare in dere mutui a chiunque, essenpensione il Glass-Steagall Act do assicurate sul fallimento dei ritenuto obsoleto. medesimi. Questi poi venivano cartolarizzati in titoli da decine Grazie all’informatizzazione, di miliardi di dollari e comprorompente in quegli anni, mercializzati tra le banche per erano stati teorizzati molti stru- ricavarci una seconda volta, acmenti finanziari complessi, che crescendo ulteriormente i propotevano essere il mezzo per fitti. creare enorme ricchezza, come i derivati e la cartolarizzazio- Ma quando la congiuntura pasne. Ma, contemporaneamente, sò dalla crescita alla stagnazioerano state sostenute teorie ne, i mutui iniziarono a fallire e, neoliberiste di deregulation e nel 2007, le assicurazioni non autoregulation che, applicate a ebbero abbastanza denaro per sistemi finanziari globalizza- ripagare le banche assicurate ti e altamente complessi, pote- sul fallimento, che si trovarono vano rivelarsi vere bombe ato- sottocapitalizzate, essendosi miche per il sistema economico indebitate fra loro nella commondiale. pravendita di derivati. Si calcola che la sola Deutsche Bank Nei due anni successivi al 1999, abbia ancora oggi circa 60 mila un’ondata di fusioni e acqui- miliardi di derivati in portasizioni bancarie ebbe luogo su foglio. scala globale. Le banche tradizionali e le banche finanziarie Mentre i cittadini di tutto il monnuovamente riunite, potevano do perdevano la propria casa e contare su strumenti finanzia- il proprio lavoro, le loro tasse ri impossibili un tempo, sia per furono devolute a chi la crisi l’atecnologie, sia per limiti legali, veva provocata, onde evitare il ormai smantellati. collasso del sistema capitalistico globale. Ma nessuno, fino Dopo lo scoppio della bolla ad oggi, ha cambiato le fondatecnologica e il fallimento di menta dell’architettura econodiversi Stati e alcune multina- mica che hanno reso possibile la zionali, l’Amministrazione di Grande Recessione. Nessuno ha Washington, allora repubbli- ripristinato la separazione bancana, guidata da George W. caria, né imposto più regole alla Bush intraprese il Piano Casa. finanza. Un immenso programma di investimento immobiliare, finan- Vi sembra un finale amaro? Siziato dalla FED, per risolvere la curo. È una storia disonesta. fase recessiva. In altre parole, si

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ECONOMIA domanda. Si assiste, quindi, a una crescita moderata e regolare, caratterizzata da volumi relativamente elevati e in aumento. Seconda fase: speculazione. Attirati dall’aumento di valore, entrano nel mercato piccoli investitori non professionali che basano le proprie azioni soltanto sulle aspettative di guadagno. Dato il continuo aumento di domanda, il mercato prende una direzione rialzista, i corsi azionari salgono e i prezzi si gonfiano. A questo punto i grandi investitori, che per primi avevano creduto nell’aumento del valore del bene, iniziano a vendere ai piccoli investitori riscuotendo i guadagni sperati. Terza fase: scoppio. La bolla creatasi nelle prime due fasi, che possono durare anche diversi anni, esplode nel momento in cui non vi sono più investitori intenzionati a comprare all’insostenibile prezzo richiesto. Questo determina la fine della fase speculativa e provoca il crollo dei prezzi. Conseguenze. Si ha il passaggio da una espansione economica ad una situazione di restrizione finanziaria, poiché gli investitori istituzionali sono usciti dal mercato prima della caduta dei prezzi e i piccoli investitori hanno assorbito tutta la perdita. La prima bolla: Tulipomania. La prima bolla documentata risale al 1637, quando, nei Paesi Bassi, i bulbi di tulipano raggiunsero un prezzo tale da poter essere scambiati con bestiame, terreni e case. Un singolo bulbo del tulipano più famoso venne venduto per 6.000 fiorini quando il reddito medio annuo era di circa 150.

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HUAWEI LANCIALA SFIDA AD APPLE E SAMSUNG

L’azienda cinese mira alla leadership del mercato italiano degli smartphone nel 2018 importanti traguardi.

Di Giacomo Robasto Se alcuni colossi della telefonia mobile, notoriamente Apple e Samsung, negli ultimi mesi hanno registrato cali non secondari nei ricavi e nelle quote di mercato in numerosi Paesi occidentali, altre aziende del settore hanno invece stupito i mercati con la loro capacità di espandersi ben oltre le aspettative. Tra di esse, è senz’altro degna di nota la cinese Huawei, che nel 2015 ha aumentato i ricavi del proprio consumer business (divisione che produce e vende smartphone e tablet) di oltre il 72 % a livello globale, portandosi al terzo posto tra i produttori del settore. Come ulteriore conferma di questo dato, Walter Ji, Presidente della divisione consumer di Huawei per l’Europa occidentale, ha recentemente ricordato come Huawei abbia aumentato la propria quota di mercato nel Belpaese, che si è attestata al 19,7%, relegando la casa di Cupertino al terzo posto per numero di dispositivi consegnati. Il merito di tale successo risiede non soltanto nella qualità dei prodotti, ma anche e soprattutto nella continua innovazione, ambito in cui l’azienda impiega circa il 45 % dei dipendenti e che consentirà, negli anni venturi, di raggiungere nuovi e

Secondo Huawei, infatti, l’innovazione si persegue sia attraverso degli appositi team interni all’azienda, sia mediante delle partnership con altre imprese, il cui apporto può essere determinante per soddisfare al meglio le esigenze di chi utilizza gli smartphone ogni giorno per svago e per lavoro. La recente alleanza con l’azienda tedesca Leica (attiva nella produzione di fotocamere e sistemi ottici) testimonia perfettamente la strategia di Huawei in questo senso, che si è concretizzata nell’ultimo dispositivo della casa, il modello P9. Presentato nel mese scorso, lo Huawei P9 si preannuncia rivoluzionario, poiché è il primo dispositivo ad avere incorporata una fotocamera con due obiettivi (dual-camera), che, secondo gli sviluppatori, consentirà di ridurre il gap nella qualità delle immagini con le macchine fotografiche reflex. In secondo luogo, è il primo prodotto dell’azienda a competere tra i prodotti di alta gamma del mercato, come l’iPhone di Apple e i Samsung della serie “S”. Passione per l’innovazione e creatività sembrano quindi essere gli ingredienti chiave della ricetta con cui Huawei ha intenzione di investire per primeggiare nel mercato della telefonia, che, nonostante i rallentamenti dei principali concorrenti, presenta ancora ampie possibilità di crescita soprattutto nei mercati emergenti. Che la sfida inizi!


PROGETTO MOOT COURTS 2016/2017

Martedì 7 giugno alle 15 presso la Sala lauree blu del Campus Einaudi, si terrà l’incontro di presentazione e di preadesione alle Moot Courts che si svolgeranno durante il prossimo anno accademico. - Cos’è una Moot Court? E’ una simulazione processuale a livello nazionale ed internazionale su differenti temi giuridici. - A quali Moot Courts partecipa l’Università di Torino? Il Dipartimento di Giurisprudenza, in collaborazione con la SIOI, promuove da diversi anni la partecipazione a 5 diverse Moot Courts: Vis: è la più importante simulazione processuale relativa all’arbitrato commerciale internazionale a livello mondiale; ogni anno migliaia di studenti si incontrano a Vienna per confrontarsi in inglese al cospetto dei più

importanti esperti di arbitrato internazionale. ELMC: la più grande simulazione processuale di diritto dell’Unione Europea; strutturata in diverse fasi, consente a studenti di tutto il mondo di competere, in inglese e in francese, per arrivare alla finale di Lussemburgo davanti ai giudici della Corte europea di giustizia. CAIP: simulazione processuale in ambito commerciale internazionale svolta in francese nella quale le università di tutto il mondo hanno modo di misurarsi annualmente tra loro a Parigi. Jessup: prestigiosa ed importante simulazione su temi di Diritto internazionale pubblico, coinvolge università provenienti da più di 80 Paesi. Dopo una selezione nazionale la competizione giunge alla finale di Washington DC in cui le università che si sono guadagnate il diritto di rappresentare il proprio Stato, si affrontano in

inglese dinanzi a professori e giudici internazionali. Sperduti: simulazione processuale che verte su un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha luogo a Roma ed è interamente in italiano. - Perché partecipare a una Moot Court? E’ un’esperienza formativa e divertente unica nel suo genere che insegna a mettere in pratica quello che si studia; è un buon modo per imparare cosa vuol dire lavorare in gruppo, gestire grandi carichi di lavoro stando nei tempi e incontrare studenti provenienti da ogni angolo del mondo. Inoltre molti studi legali che finanziano le diverse competizioni mandano “osservatori” nelle fasi finali delle diverse Moot per selezionare gli elementi più promettenti, e sul curriculum la partecipazione a una competizione può fare davvero la differenza rispetto ad altri candidati.

Per rimanere aggiornato sulle attività di MSOI Torino, visita il sito internet www.msoitorino.org, la pagina Facebook Msoi Torino o vieni a trovarci nella Main Hall del Campus Luigi Einaudi tutti i mercoledì dalle 12 alle 16.

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