ski - aLper
Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1 comma 1, LO/MI
Abbiamo messo a dura prova i migliori sci da ski-alp
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Ski-touring > Turchia I Lagorai I Le nostre proposte Easy People > Giorgio Daidola I Urban Zemmer I Marco Camandona SKI-alp Race > Mezzalama I Calendario gare 2011/2012 SKYRunning > Stava Skyrace I Dolomites I Latemar Aziende > La nuova sede Salewa I Mammut Basecamp I Montura Alpstation PROVE SUL CAMPO > Le migliori pelli di foca presentate da Fabio Meraldi
NOVembre 2011
mensile n.80 I € 6,00
W W W. DYN AF I T. CO M
Skiing Cortina/ Italy, Javier Martin de Villa.
INSPIRED BY BALTORO Laila Peak 6069 m, Pakistan
attendo le donne in vetta, cerco l’esile figura della MireIa, ma non è semplice, le squadre sono tutte molto vicine. D’un tratto scorgo invece la sagoma delle nostre tre epiche atlete. Semplicemente chapeau. Francesca, Gloriana e Roberta, la cosa più bella di questo Mezzalama. Immense... Carlo CeoLA SPECIALE MEZZALAMA - da pagina 78 a 104 servizi e foto di Carlo Ceola, Umberto Isman, Enrico Marta, Riccardo Selvatico e Tommylive
REDAZIONE
Direttore responsabile: Davide Marta - davide.marta@mulatero.it Vice-direttore: Claudio Primavesi - claudio.primavesi@mulatero.it Marketing: Simona Righetti - simona.righetti@mulatero.it Segretaria di redazione: Elena Volpe - elena.volpe@mulatero.it Area racing: Carlo Ceola - carlo.ceola@mulatero.it Area touring: Umberto Isman - umberto.isman@mulatero.it Area test: Enrico Marta - enrico.marta@mulatero.it
Collaboratori: Leonardo Bizzaro, Renato Cresta, Fabio Meraldi, Flavio Saltarelli, Riccardo Selvatico, Martina Valmassoi Progetto grafico e impaginazione: Simona Zucca Webmaster: Silvano Camerlo Revisione testi: Mauro Righetti Hanno collaborato a questo numero: Claudio Baldessari, Alessandro Beber, Mario Cossa, Vittorio Micotti, Gabriele Pezzaglia, Ruggero Vaia, Tommaso Zanotelli
Distribuzione in edicola: MEPE - Milano - tel. 02895921 Stampa: Reggiani - Brezzo di Bedero (VA) Autorizzazione del Tribunale di Torino n.4855 del 05/12/95. Testata iscritta all’ex Registro Nazionale della Stampa (ora confluito nel ROC) con il numero 5451, vol.55, pag. 401, del 22/11/1996.
IN copertina Tre tonalità per luce, ombra e cielo, due sciatori che salgono nella quiete. Per la prima uscita stagionale di Ski-alper, nuova nella grafica e nell'immagine, abbiamo scelto uno scatto d'autore di Umberto Isman.
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Ski-alper N. 80 - novembre 2011
SKI TOURING 14 Tabula Rasa: l’Anatolia Centrale
con gli sci ai piedi 22 Giorgio Daidola, l’uomo che visse tre volte 28 Partiamo con la pelle giusta 42 Lagorai: Italian wilderness 52 Un Ufo sulla montagna: i rifugi tra passato, presente e futuro
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RUBRICHE La valanga è un reato di pericolo Come organizzare una gita sicura Preparazione atletica: prepararsi alla discesa Questione di feeling: test delle pelli di foca
SKI-ALP RACE 78 Speciale Mezzalama 106 Presentazione squadra nazionale: 110 114 120 128
spazio alle giovani Marco Camandona, un precursore I guerrieri della notte: Sabrina Zanon Emergenti: Gianluca Vanzetta e Giorgia Dalla Zanna Urban Zemmer, l’uomo verticale
MATERIALI 150 Speciale ski-test 2012 categorie Race, Grantour e XXL
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6 > rubriche
EDITORIALE testo: Davide Marta
SLOW SKI
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photo®Umberto Isman
nquinamento acustico: zero, i risciò hanno un campanello da bicicletta, il rumore massimo che producono è l'ansimare del conducente che pedala. È un esempio fra tanti di 'consumo frugale' che ci viene dall'Asia». Buongiorno, sono Davide Marta, questo è il mio primo editoriale da direttore di Ski-alper e ho pensato di iniziare così. Sono parole prese dall'introduzione di 'Slow economy', un libro di Federico Rampini, ottimo giornalista di Repubblica, esperto osservatore delle differenze tra l'Oriente che cresce e l'Occidente sulla via del tramonto. Cosa c'entra vi chiederete voi, con lo scialpinismo? Magari qualcuno l'avrà già intuito. Rampini cerca di sviluppare la tesi che la grande recessione cha ha colpito il pianeta da una parte ha sì generato gravi danni all'economia, ma dall'altra potrebbe essere portatrice di una ventata di rinnovamento. 'Slow' è il fulcro di questa rinascita, la via ad uno sviluppo diffuso e sostenibile. Un messaggio trasversale, che si diffonde in tutte le direzioni e che va a contaminare ogni aspetto della nostra vita quotidiana. La corsa frenetica all'espansione, ai profitti, ha generato una bolla insostenibile per l'umanità, non solo a livello di macroeconomia. Le conseguenze si vedono nell'inquinamento, nelle malattie, nei ritmi di vita alienanti e insostenibili, nei modelli proposti dalla pubblicità, nell'alimentazione, nella cultura, nell'edilizia selvaggia. La crisi ha dato un brusco freno a tutto questo: in Cina da due anni è crollato il livello di inquinamento, ma non perché siano state prese delle misure precauzionali, semplicemente perché le fabbriche hanno prodotto meno. In Nord America, dato davvero interessante, è cresciuta del 35% dall'inizio del 2011 la vendita di sementi e prodotti per la coltivazione su piccola scala. Si rincorrono sui quotidiani e i rotocalchi di mezzo mondo le storie di famiglie che hanno deciso di abbandonare carriera, lusso e stress cittadino per ristrutturare un vecchio cascinale in campagna e provare a vivere in autosussistenza, ai ritmi della natura. Il minimalismo prende via via piede, ci si rende conto che troppe cose sono inutili, che in fondo si vive una volta sola e che ci si può accontentare di qualcosa meno, per avere poi molto di più in altri ambiti. Non sono io che la penso così, è il mondo che sta andando in questa direzione. Allora mi chiedo, sarà mica per questo motivo che lo scialpinismo, oppure ski-alp come l'abbiamo battezzato noi qualche anno fa, sta conoscendo una stagione di crescita esponenziale? Non sarà che si sta tornando alle origini, quando gli appassionati di sci si prendevano le loro belle aste e si arrangiavano in qualche modo a salire le montagne, per stare in mezzo alla natura, per poi scenderle con gli sci ai piedi? Ha veramente senso chiudere i cancelli e dire che quelli là sono gli sciatori e noi siamo gli ski-alper, o gli scialpinisti? È una bella domanda. Credo che in tanti si siano stancati della coda agli impianti, del caos sfrenato sulle piste battute, dei turisti stranieri un po' bevuti che ti sfrecciano di fianco a folle velocità. Soprattutto quelli che hanno un senso di appartenenza e di legame vero con la montagna e lo sci. E allora via, calzate le pelli, si inizia la salita. Chi su percorsi più noti e battuti, chi alla ricerca dell'avventura e di chissà cosa d'altro. Un po' come la salita che iniziamo noi della redazione di Ski-alper, cercando di seguire la traccia battuta da Enrico in questi anni, ma pronti ad esplorare nuovi passaggi. In modo che tutti gli appassionati di questo sport, di questo modo di vedere la montagna 'slow' possano trovare la propria dimensione. Anche quelli che 'slow' non lo sono per niente e riescono a concludere il Mezzalama in quattro ore e mezza.
8 > internet
DIGITAL EDITION
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ski - aLper
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La prima rivista di montagna per
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SKIALPER.ITun sito tutto nuovo
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settembre abbiamo lanciato la nuova versione di skialper.it, la versione web della rivista Ski-alper. Un appuntamento quotidiano con le notizie dal mondo dello skialp, ma non solo. La struttura prevede quattro home-page tematiche, identiche nell'impostazione ma diverse nei contenuti. 'Ski-alp Race' è dedicata all'agonismo e offrirà aggiornamenti costanti su gare, personaggi e le classifiche di tutti i circuiti. Ma non solo, anche le foto-gallery esclusive dei nostri inviati e i video più avvincenti. La pagina 'Aziende' contiene le ultime novità del mercato in fatto di prodotti, mentre su 'Test e Prove' saranno disponibili gli highlights (anche qui testi e video) del lavoro sul campo svolto dalla nostra redazione tecnica. Infine la sezione Itinerari, dove sarà possibile contribuire a creare il database di gite di Ski-alper (in palio bellissimi premi per i più originali, vedi pag 38) con i propri resoconti e immagini. Ricchissime le sezioni foto e video, interessanti i blog dei nostri collaboratori, da non perdere l'integrazione con tutti i social network. Insomma, seguiteci quotidianamente su skialper.it!
d inizio s e t tembre è uscita ufficialmente su Apple Store l'applicazione iPad di Skialper. Si tratta della prima rivista italiana di sport invernali disponibile sullo store di Apple e il successo è stato immediato. Oltre 2000 download nei primi due mesi, con richieste un po' da tutto il mondo. L'applicazione, come era stato annunciato, è un mix tra la versione cartacea della rivista e il sito internet. La prima schermata è dedicata alle ultime 4 news dalle principali pagine del sito: Ski-alp Race, Aziende, Test e Prove. Un modo per avere sott'occhio e a portata di click le ultimissime news dal mondo dello scialpinismo. La pagina EDICOLA, dedicata agli utenti registrati, consente di sfogliare i numeri arretrati della rivista, ma anche di leggere in anteprima le nuove uscite per chi sottoscrive l'abbonamento digitale. Un bel vantaggio: leggere il numero nuovo di Ski-alper su iPad il giorno che esce dalla redazione per andare in stamperia, praticamente una settimana prima di tutti! La pagina ARCHIVIO contiene tutti gli articoli pubblicati su skialper.it in ordine cronologico. Poi c'è quella VIDEO in cui è possibile vedere i nostri filmati esclusivi. Infine la pagina SOCIAL consente una panoramica sui vari account della rivista sui principali social-network della rete: Facebook, Twitter, Flickr, Delicious, Youtube. Da non perdere: è sufficiente entrare in App Store su iTunes, cercare Ski-alper e scaricare gratuitamente l'applicazione! Durante la stagione sono previste una serie di novità: inizieremo a sperimentare una versione della rivista 'nativa' per iPad, con contenuti multimediali e nuove esperienze di lettura e lanceremo la versione 'beta' in inglese del magazine. Stay in touch!
10 > opinioni
CAMBIO ALLA GUIDA
testo: Enrico Marta
QUEI LARICI CHE CRESCONO IN ALTO A
volte, la sera, le mani mi fanno male: sono tornato a lavorare nell’edilizia come ai vecchi tempi quando integravo la stagione del maestro di sci con mille altri lavori perlopiù manuali. Ma sono contento. Non mi accorgo che passano undici ore e che arriva il buio.
In realtà sono sempre stato convinto che le mie siano state braccia rubate all’agricoltura, al lavoro e sostanzialmente le ore passate a tavolino, davanti al computer o con la penna in mano, per creativo che fosse ciò che stavo facendo, le ho sempre vissute come una forzatura, un sacrificio. Ero così da bambino e lo sono oggi da vecchio. Questo non toglie che in questi ultimi decenni la mia attività principale sia stata quella di editore e di redattore soprattutto. Le pubblicazioni di cui mi sono occupato sono cresciute, lentamente e inesorabilmente, un po’ come quei larici che crescono in alto, contrastati dagli elementi atmosferici, piccoli ma vecchissimi e per questo molto duri e resistenti… Fondo Ski-alp prima e Ski-alper poi sono fatti di questo legno. Quando io e Luciana Mulatero - mia moglie - fondammo la casa editrice, decidemmo di chiamarla con il suo cognome: «Allora, io divento l’autore del primo libro - Il mio bimbo scia - e tu ne diventi l’editore…» Anno 1984. Sembrava un gioco, un’attività stimolante, l’informatica applicata all’editoria, il fascino della carta stampata, il proporre pubblicazioni che vengono divulgate senza che si possa controllarne i percorsi e che in molti possono leggere e giudicare. Intanto i nostri tre figli crescevano, fra sci e computer, cavie inconsapevoli dei miei esperimenti, a volte un po’ arditi, sull’incre-
mento delle qualità motorie nei bambini che ovviamente non si fermavano al mondo della montagna ma che sconfinavano in prove di vario tipo, come saltare vestiti a quattro anni in un torrente impetuoso per abituarsi a venirne fuori… Quando il più grande dei tre, Davide, miracolosamente scampato ai miei esperimenti, finite le scuole e le gare di sci iniziò ad occuparsi di una delle riviste - ‘Piemonte sci’ (ora Race ski magazine) io potei lanciarmi con rinnovato entusiasmo nel telemark e nel fondo. ‘Fondo e telemark’ fu un magazine molto apprezzato fin da subito dagli appassionati di questi sport. Tutto di prima mano, tanta tecnica, tutto fatto sul campo. Più da contadino che da redattore. Poi l’incontro con Fabio Meraldi, e di qui l’esplosione dell’amore per lo scialpinismo. Ma come avevo fatto a non accorgermi che in questa attività, che peraltro mi era stata insegnata da ragazzo nei corsi del CAI, c’era tutto quello che cercavo? Tecnica, avventura, paesaggi incontaminati… Ski-alper è il risultato di questo impegno: in due anni la rivista di neve più venduta in Italia, nonostante l’argomento specifico. Incremento lento, ma costante, del venduto in edicola. Proprio come quel famoso larice di cui parlavo sopra. Ma adesso basta, ho dato. Prima che mi venisse a noia ho preferito lasciare. E poi la testa è sempre quella, certi argomenti si ripetono all’infinito, li puoi mischiare come vuoi, i contenuti sono quelli. E la centralità… e le pressioni… e l’alleggerimento... Mio figlio e la sua compagna Simona sono certamente più adatti a far evolvere in chiave moderna la nostra casa editrice, sennò si
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rischia che rimanga veramente un larice sperduto su qualche bricco. Era mia ferma intenzione quella di eclissarmi completamente, di chiudere una grande parentesi di vita, di fare scialpinismo e trekking selvaggio sulle mie montagne con l’amica Idalba, ma poi una mano ai figli bisogna pur darla e allora, magari di striscio, mi si ritroverà ancora in qualche test o altro sulla rivista.
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n questi anni la mia avventura con Skialper è stata vissuta nella duplice veste di ‘ombra’ di Enrico e di PR, visto il carattere schivo di lui e quello mio assai ‘caciaroso’. Fare l’ombra di Enrico mi è diventato usuale, lo faccio ogni giorno in ogni situazione. Lo seguo ovunque, anche dove non sarebbe il caso, lo coadiuvo, spesso con grande fatica, lo consiglio, ma poi fa sempre di testa sua. Sono come Sancho Panza con Don Chisciotte, le dimensioni ci sono, le cadute dall’asino pure! Ma più che una PR mi sento una vecchia zia, che con tanto piacere incontra i nipotini scialpinisti e chiacchiera con loro. Bello ascoltare della salute dei figli di Gloriana, delle vicende himalayane di Corinne, dello sci indomabile di Paolo, dell’anemia delle patate di Marino. Incontrare tante amiche e amici e sentirsi una famiglia. Quest’anno non seguirò più le gare, non mi apposterò dietro un bel dosso per fotografare gli atleti, per salutarli, incitarli, vivere con loro la gara. Non mancherà però l’occasione di seguire qualche gara da spettatrice, incontrare gli amici skialper e risentire la loro simpatia e il loro calore. Buona annata a tutti. Idalba Beda (idalba.beda@mulatero.it)
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Sancho Panza e Don Chisciotte
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Ho comunque la certezza che in breve potrò essere completamente rimpiazzato, come è normale nella vita. Dopo quarant’anni ho ripreso ad arrampicare - ma che difficile! - perchè mi piacerebbe ripercorrere le vecchie vie storiche delle nostre montagne. Vorrei andare alla Pierra Menta come spettatore, ma non in auto, partendo dalla mia vallata e arrivare al Grand Mont dopo 5 giorni di ski-alp selvaggio… Vorrei... (enrico.marta@mulatero.it)
THE FREESKI COMPANY
www.movementskis.com
12 > opinioni
PENSIERI BIZZARRI testo: Leonardo Bizzaro
Correre nella storia dell’alpinismo F
Quanti dei partecipanti all’Ultra Trail du Mont Blanc sapevano che stavano gareggiando in un grande santuario dell’arrampicata, magari a due passi dalle vie aperte da Bonatti, che sarebbe scomparso quindici giorni dopo?
Comincia con questo numero la collaborazione di Leonardo Bizzaro, prestigiosa firma del quotidiano La Repubblica Leonardo Bizzaro, torinese ormai da vent’anni, è nato a Trento nel 1958. Nella redazione di Repubblica sotto la Mole scrive di spettacoli e cultura, ma l’attenzione maggiore la dedica alla montagna. Ha collaborato con le riviste del settore, scritto libri, è stato per lungo tempo nel consiglio direttivo del Filmfestival di Trento, colleziona smodatamente libri, e non solo, dedicati alla sua passione. Alpinista, con e senza gli sci ha salito vette e attraversato ghiacciai in varie parti del mondo, dalla Patagonia all’Himalaya.
ine agosto nel gruppo del Bianco per assistere all’affascinante North Face Ultra Trail. Una scarpinata nella notte al rifugio Bonatti per risalire il flusso della corsa fino al Bertone e giù a Courmayeur. Le poche ore passate a cercare di dormire, nello splendido rifugio dedicato al grande alpinista che ci lascerà di lì a quindici giorni, girano attorno a una domanda: quanti, fra coloro che nelle ultime stagioni hanno scoperto e praticato questa disciplina massacrante, sanno davvero dove stanno gareggiando, chi ha rischiato la vita sulle pareti che incombono sul sentiero di gara, chi ha scritto pagine di leggenda su questa roccia? Quanti hanno idea di che cosa ha fatto Walter Bonatti su quel Bianco che si fa vedere oltre le nuvole solo in tarda mattinata? La montagna è anche questo, la consapevolezza di un passato, dai viaggiatori inglesi in carrozza, all’alpinismo eroico, fino alle ultime realizzazioni estreme sulla roccia e il ghiaccio. E sarebbe bello se prima del prossimo Ultra Trail fossero in tanti a voler sapere di più sui luoghi che attraverseranno. Magari
leggendo le pagine di Bonatti che stanno tornando in libreria in gran copia. Costano poco i volumetti ristampati da Baldini Castoldi Dalai, perlopiù revisioni dei suoi due libri più famosi e importanti, ma anche testi più tardi, scritti per giornali e riviste, un riassunto delle sue imprese che ogni volta emoziona. Il mio preferito è ‘Montagne di una vita’ (336 pagine, 11,90 euro), che attinge soprattutto a quel capolavoro che fu ‘Le mie montagne’, del 1961 - inaugurò la collana di Zanichelli diretta dallo stesso alpinista - con racconti poderosi. Da leggere subito i capitoli dedicati alla parete est del Grand Capucin nel 1951, il pilastro sud-ovest dei Dru nel 1955 - a giudizio di Messner una delle vie più straordinarie di tutti i tempi - la grande tragedia del Pilone Centrale nel 1961. Oggi a molti alpinisti i libri vengono scritti dagli uffici stampa e sono puliti, senza polemiche e senza emozioni. Bonatti i libri se li scriveva da solo.
Kilian Jornet Burgada in azione alla Ultra Trail Mont Blanc photo®Franck Oddoux
14 > people
WALTER BONATTI testo: Claudio Baldessari FOTO: Museo della Montagna di Torino
Per ricordare il grande alpinista ed esploratore, scomparso lo scorso 14 settembre, abbiamo scelto le parole dell’amico e scalatore trentino Claudio Baldessari, che ha voluto tornare sul controverso episodio HIMALAYANO
Il vero eroe del K2 A rrivato a quota ottantun anni, Walter Bonatti ha salutato tutti ed è ‘partito’ per il suo ‘viaggio negli orizzonti dell’Infinito’. Immancabile, oltre alle dovute celebrazioni per uno tra i più grandi alpinisti della storia, il ricordo della sua partecipazione alla conquista del K2, con i ‘si dice’, le ‘insinuazioni’, i ‘pettegolezzi’, gli ‘hanno detto’, anche se nel 2007 il Club Alpino Italiano, dopo tante polemiche, ha ufficialmente chiarito le cose e messo un punto fermo e preciso a favore di Bonatti. Sulla storia della spedizione, guidata da Ardito Desio, per la conquista del K2 s’è detto di tutto e di più. Ne hanno parlato anche quelli che di alpinismo capiscono poco o nulla, facendo commenti e supposizioni del tutto gratuite e inutili. Walter Bonatti, a quei tempi appena ventiquattrenne, era già un alpinista famoso ed era di certo il più indicato per conquistare quella vetta. Ma a comandare era il capo spedizione, professor Desio, che per l’assalto finale aveva scelto la coppia Compagnoni/Lacedelli. Bonatti era di rincalzo e con il compito di portare all’ultimo campo le bombole di ossigeno per i due. Con lui erano lo scalatore pakistano Mahdi e l’alpinista bolzanino Erich Abram che era anche responsabile tecnico degli equipaggiamenti per la respirazione in alta quota. Ed è sulla base di quanto mi ha raccontato lui personalmente che scrivo queste mie note. Il programma stabilito da Desio prevedeva l’ultimo campo a circa ottomila metri, dove Bonatti e gli altri due avrebbero dovuto trovare Compagnoni e Lacedelli ai quali consegnare le bombole d’ossigeno per l’assalto alla cima. Ma le cose andarono diversamente. Nel punto stabilito i tre non trovarono nessuno. I due scalatori di testa avevano arbitrariamente deciso di portarsi più in alto. Ma perché non li avevano aspettati? Avevano forse paura che Bonatti si avvicinasse troppo alla cima? Questo il sospetto che non pochi hanno avuto. Da quanto mi ha raccontato Abram le cose si erano messe in modo ben diverso. Nel punto stabilito non era stato predisposto alcun campo e, da sopra, Compagnoni e Lacedelli urlarono ai tre di lasciare le bombole e tornare al campo dal quale erano partiti. Bonatti pensò invece che era forse più corretto tentare di raggiungere
i due, depositare le bombole, bivaccare con loro e scendere il giorno dopo. Però Abram s’accorgeva che i suoi piedi erano quasi congelati e non aveva altra scelta che tentare di ritornare al più presto al campo dal quale erano partiti, per mettersi al riparo, togliersi gli scarponi e salvare i suoi piedi infilandoli in un sacco a pelo. Così, mentre Abram incominciava a scendere, Bonatti e Mahdi riprendevano a salire. Arrivati a ottomilacento metri, Bonatti s’accorgeva che Mahdi incominciava a dare segni di squilibrio, probabilmente colpito dal cosiddetto ‘male di montagna’. La situazione era davvero critica e incominciava a fare buio. Bonatti dovette impegnarsi per tener buono il pakistano e impedirgli di compiere qualche follia. Rimanendo ovviamente in quel punto, perché era assolutamente impossibile fare altre scelte. Così passarono la notte in quelle condizioni estreme, Bonatti salvò la vita al pakistano anche se le dita dei suoi piedi si congelarono e dovettero essergli successivamente amputate. Erich Abram riusciva invece a raggiungere indenne il campo sottostante. Ma su quella notte le notizie arrivarono deformate o rivisitate da chi, probabilmente, aveva interesse a creare dubbi e interrogativi. Si disse addirittura che Bonatti e Mahdi avessero usato le bombole di ossigeno, cosa che non potevano fare perché non erano in possesso delle ‘mascherine’ per collegarsi alle stesse, come ricordò Abram. Allora si pensava fosse impossibile respirare liberamente a quelle quote mentre oggi si è capito che lo sforzo per portare il peso delle bombole e relativi accessori non giustifica, in un soggetto preparato alpinisticamente, il beneficio che ne può derivare. Purtroppo, anche nel mondo delle alte cime, l’uomo si comporta non sempre in modo eticamente corretto e conforme alla stupenda bellezza e genuinità dell’ambiente. Pure sulle cime più alte arrivano le miserie e le banalità assurde della vita di tutti i giorni. Ciao Walter, noi ti siamo amici e non abbiamo mai avuto dubbi sulla verità di quelle circostanze.
Walter Bonatti, un personaggio da leggenda Walter Bonatti nasce a Bergamo nel giugno 1930 ed è presto affascinato dalla montagna. Le sue prime esperienze sono sulla Grigna, palestra di roccia dei ‘Ragni di Lecco’. Nel 1951 entra con buon diritto nell’universo del sesto grado, salendo la parete Est del Grand Capucin, nel gruppo del Monte Bianco. Nel 1954 è già uno dei nomi di rispetto nella schiera degli scalatori ed è convocato per la spedizione al K2. È di certo, pur essendo il più giovane, uno degli alpinisti più importanti in quell’avventura, ma la sorte gli riserva solo amarezze, probabili gelosie interne e qualche invidia. Nonostante la vittoria la spedizione è raccontata in modo polemico, poco corretto e veritiero, decisamente sfavorevole al giovane bergamasco. Ma lui non si spaventa certo, passa oltre e per circa 15 anni compie imprese da fargli meritare un posto nel firmamento delle leggende dell’alpinismo. L’ultima sua grande e spettacolare impresa alpinistica è l’invernale sulla Nord del Cervino. Bonatti, sicuramente amareggiato e offeso per le inutili e discutibili polemiche sul K2, non è soddisfatto. Così, forse quale reazione, decide di lasciare le montagne e si lancia in altre avventure per esplorare e fotografare i luoghi più remoti e poco conosciuti del mondo. E lo fa soprattutto come inviato di ‘Epoca’, il noto giornale illustrato edito da
Mondadori. Così racconta le sue meravigliose esperienze avventurose in ogni parte del pianeta, dall’Australia alla Patagonia, da Sumatra a Capo Horn, dall’Antartide al Congo, alla Guyana, alla ricerca delle sorgenti del Rio delle Amazzoni, solo per ricordare le più importanti. Nonostante il suo impegno sempre più che trasparente e la capacità di dimostrare che dalla montagna aveva imparato a non barare, a essere soprattutto incapace di raccontare ‘frottole’, non ha mai accettato di stringere la mano, in segno di pace, a Compagnoni e Lacedelli; nemmeno quando, nel 2007, dopo cinquant’anni, il CAI aveva fatto chiarezza, spiegando che i due alpinisti erano saliti in vetta con l’ossigeno e che non era vero che Bonatti e Mahdi lo avevano consumato durante il loro bivacco all’addiaccio a quota ottomilacento metri. È sempre difficile evitare gli errori, ma impiegare cinquant’anni per appurare una verità è difficile da accettare. E Bonatti ha fatto bene a restare ‘arroccato sull’Aventino’. Era un uomo che non cercava certo di apparire. Basta pensare alla sua storia con Rossana Podestà, la famosa attrice cinematografica, vissuta in modo appartato per anni, a Dubino in Valtellina. Era di certo convinto, come Eschilo, che «Anche senza velluti marezzati la buona fama ha grido».
* ospitiamo l’opinione di Claudio Baldessari. Si tratta di un personaggio noto nel mondo della montagna: prima come alpinista (sue alcune ‘prime’ storiche con il grande Cesare Maestri, famosa quella alla Roda di Vael, sul Catinaccio; alla strapiombante ‘Parete Rossa’ sono rimasti aggrappati per 8 giorni consecutivi, bivaccando per 7 notti sulle staffe. Sempre con Maestri, famoso ‘Ragno delle Dolomiti’, ha partecipato nel 1970 alla conquista del Cerro Torre), poi come fondatore e comandante del reparto alpini paracadutisti dell’Esercito, quindi come giornalista di settore ed esperto di comunicazione e organizzatore di grandi eventi sportivi. Trentino di nascita, milanese d’adozione, è stato tra i primi redattori della rivista ‘Sciare’, ha scritto anche per Topolino ed è stato direttore di ‘Sport Invernali’, mensile della FISI, dal 1990 al 2007.
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TOUR PROFESSIONAL cap air super lightcore Sidecut/mm:* 97 - 64 - 78 Raggio:* 22,6 m Peso:* 730 g Lunghezze: 150, 160* cm * Skialper 1/2011
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16 > ski-touring
turchia testo: Umberto Isman foto: Umberto Isman
Discese nella polvere dell’Anatolia Centrale, dove bisogna inventarsi gli itinerari e lasciare per primi la propria traccia, perché in Turchia pochi praticano lo scialpinismo e quasi nessuno su questi vulcani spenti già descritti in passato dal geografo greco Strabone
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ici Turchia e pensi al mare o a Istanbul. Tutta la Turchia è in realtà una zona di altopiani. L’altitudine media del paese è infatti di 1.130 metri, contro i 1.050 metri dell’Asia, dove oltretutto si trovano le montagne più alte della terra, i 650 metri dell’Africa e i 330 metri dell’Europa. Le catene montuose principali sono due: quella del Mar Nero a nord, parallela alla costa, e quella del Tauro a sud, lungo il Mar Mediterraneo. A queste si aggiungono alcuni gruppi isolati tra cui l’Erciyes Daği e, soprattutto, l’Ararat (5167 metri), la montagna più alta della Turchia. Questo per quanto riguarda la geografia, del tutto consona allo sviluppo delle attività sciistiche. Ma come giustamente succede in gran parte dei Paesi impegnati ancora a soddisfare i bisogni primari della popolazione, lo sci non ha certamente avuto quell’impulso che la morfologia del territorio consentirebbe. Tanto meno lo scialpinismo, paradossalmente diventato ormai ovunque una sorta di evoluzione dello sci in pista, in un completo ribaltamento delle sue origini povere ed essenziali. È così che la ricerca di notizie e relazioni scialpinistiche relative alla Turchia, pur nel tecnicismo e nella globalizzazione dell’informazione moderna, porta normalmente a scarsissimi risultati. Abbiamo però trovato una citazione di Strabone, geografo greco, del 30 a.C. circa: «Dicono quelli che vi sono saliti (e sono pochi) che di lì, nei giorni di bel tempo si vedono tutti due i mari, quello del Ponto e quello di Isso». Il monte in questione è l’Erciyes Daği, il vulcano che domina la parte centrale dell’Anatolia,
Lo spettacolare cerchio montano dello Yoncalitas (3463 m), nell'area di Demirkazik.
17 > ski-touring
L'aladaĞlar assoMIGLIA UN PO' ALLE DOLOMITI, CON LUNGHI E SINUOSI VALLONI, SOVRASTATI DA PARETI, GUGLIE E CAMPANILI
18 > ski-touring
turchia
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Itinerari in breve
1. Hasan Dagi (3268 m) Accesso: da Selime Dislivello: 1300 m Tempo medio salita: 3/4 ore Difficoltà: MS Esposizione: nord Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica 2. Emler (3723 m) Accesso: da Demirkazik per la Karayalak Valley Dislivello: 1750 m Tempo medio salita: 4/5 ore Difficoltà: BS Esposizione: nord, ovest e alla fine est Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica 3. Kortekli (3365 m) Accesso: da Demirkazik per la Emli Valley Dislivello: 1600 m Tempo medio salita: 4/5 ore Difficoltà: BS Esposizione: nord, nord-ovest Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica 4. Yoncalitas (3463 m) Accesso: da Demirkazik per la Kucuk Mangirci Valley Dislivello: 1500 m Tempo medio salita: 4/5 ore Difficoltà: BS Esposizione: ovest poi nord e nord-ovest Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica 5. Erciyes Dagi (3917 m) Accesso: Erciyes Ski Resort, nei pressi di Kayseri Dislivello: 1700 m Tempo medio salita: 4/5 ore Difficoltà: 0S Esposizione: est Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica, utili i rampanti e a volte i ramponi
per i Greci e i Romani Asia Minore. I mari erano, e sono tuttora, il Mediterraneo verso sud e il Mar Nero verso nord. Il vulcano, Monte Argaeus per i Romani, all’epoca era attivo, mentre oggi è spento. Dall’alto dei suoi 3916 metri domina la città di Kayseri e l’altopiano della Cappadocia, che ha in gran parte generato con le sue eruzioni. Un motivo di più per andarci, ci viene da pensare, solleticati nella nostra indole avventurosa ed esplorativa. Con i nostri tempi contingentati un’organizzazione di base è però indispensabile. È una sorta di passaparola che ci fa scovare proprio su internet la Sobek Travel, 'specializzata' appunto in viaggi avventurosi sulle montagne turche. Partiamo quindi fiduciosi, memori anche di precedenti esperienze in Turchia, sempre sorprendenti (in barba ad assurdi pregiudizi) per la disponibilità della popolazione e la capacità di adattamento e di risoluzione dei problemi pratici e delle emergenze. Esattamente quello che ci serve.
Foto in sequenza dall'alto. Il Monte Erciyes (3916 m) è stato citato anche da Strabone. Lo sguardo spazia lontano dalla vetta del Monte Hasan. Un momento della salita all'Embler (3723 m). L'atmosfera conviviale del rifugio Demirkazik Un'insolita scultura sulla vetta del Monte Hasan. Dalla vetta del Monte Erciyes si scende fino alla più importante stazione sciistica turca.
SALADINO COME GUIDA Nuri è l’autista del pullman che ci scorrazzerà ovunque, mentre Selo è la nostra guida. Si chiama in realtà Salahdin, dal nome del condottiero curdo musulmano vissuto nel 1100, che in Italia gode di un ingiustificato alone di ferocia, dovuto in gran parte a una fantasiosa figurina inventata dalla Perugina per un concorso a premi. Selo è comunque il ritratto della gentilezza e della disponibilità. È anche in un certo senso il nostro condottiero, pronto a guidarci alla conquista delle montagne dell’Asia Minore. Un condottiero senza cavallo, più che altro uno stratega, che ci guida all’attacco e poi si ritrae quando la neve troppo profonda consente di proseguire solo a noi, con i nostri lunghi legni mercenari, che lui non possiede e non ha ancora imparato a domare. Un lungo viaggio da Ankara ci porta al villaggio di Selime, base di partenza per il Monte Hasan. È anche questo un vulcano spento, alto 3268 metri. Come tutti i vulcani, presenta una morfologia caratteristica, a conoide, con una base appena inclinata che si impenna via via verso la cima, l’orlo dell’antico cratere. Niente valli scavate dai ghiacciai, niente canali incassati erosi dall’acqua, niente acqua, se non quella di scioglimento della neve.
Saliamo sfruttando i solchi lasciati da antiche eruzioni e dalla cima spaziamo sulla pianura. Alla base ci attendono Nuri e Selo, in contatto radio, anche se si è stabilito che servirà solo in caso di emergenza. Svaligiamo il comparto merenda del pullman e partiamo alla volta di Demirkazik, verso sud-est. Demirkazik è un villaggio rurale ai piedi del gruppo dell’Aladağlar, che a sua volta fa parte della catena dei monti Taurus. L’Aladağlar è un massiccio calcareo, di origine sedimentaria. Assomiglia un po’ alle Dolomiti, con lunghi e sinuosi valloni sovrastati da pareti, guglie e campanili. Ma con le Dolomiti certo non condivide l’affollamento, specie in inverno. Provare per credere: tre giorni di vero scialpinismo esplorativo, senza incontrare anima viva. Ci sistemiamo in una grande casa in legno, una sorta di rifugio alpino nella sua declinazione turca. Una sistemazione spartana, che al primo momento ci lascia perplessi. Un’unica grande stanza per mangiare e dormire tutti insieme, due bagni ma una sola doccia, con il suo impianto solare evidentemente soggetto ai capricci del tempo. Ben presto però ci adattiamo, ci costruiamo una nicchia di convivialità, essenziale ma a cui non manca nulla, specie sul piano gastronomico.
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Ankara, capitale della Turchia, conta quasi quattro milioni di abitanti e si estende sull'altopiano anatolico
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Anatolia Centrale Informazioni Generali L'Anatolia Centrale si sviluppa in un raggio di 200 chilometri intorno alla Cappadocia. La montagna più alta è il vulcano spento dell’Erciyes (3916 metri), poi vi è un altro vulcano, l’Hasan (3268 metri) e il gruppo dall’aspetto dolomitico dell’Aladaglar, nei Monti Taurus, con montagne fino ai 3700 metri. Periodo consigliato: Le temperature in inverno sono abbastanza rigide, ma in primavera la neve scompare velocemente. Da metà febbraio a metà marzo è in genere il periodo migliore. Accesso: In aereo ad Ankara, quindi auto o bus su strade ben tenute. Si possono trovare biglietti aerei di andata e ritorno da Milano a partire da circa 300 euro. Per raggiungere i punti di partenza nell’Aladaglar possono servire dei 4x4, che vi fornirà l’agenzia alla quale vi appoggerete per l'organizzazione. Visto: Entrando in aereo per gli italiani è sufficiente la carta d’identità. A Istanbul/Ankara dovrete fare un visto che costa 10 euro. Cambio: Al momento di andare in stampa un euro vale circa circa 2450 lire turche. Cartografia: Praticamente introvabile una topografia dettagliata. Su web si trovano alcune cartine generiche. Pendii: Le gite descritte sono mediamente impegnative, ma tutte con un dislivello superiore ai 1500 metri.
Logistica Un'agenzia locale può facilitarvi la logistica per spostamenti e alloggi: l’albergo ad Ankara, la pensione a Ilhara e in Cappadocia, il rifugio all’Erciyes e l’alloggio in una casa del villaggio di Demirkazik. Per quest’ultima vi servirà un sacco lenzuolo o un sacco a pelo leggero. Vitto ricco e abbondante, comprensivo di viveri per le gite. Per l’organizzazione si consiglia di affidarsi alla Sobek Travel (www.trekkinginturkeys.com), agenzia affidabile e di provata esperienza. Per realizzare tutto il circuito descritto in questo articolo bisogna mettere in conto circa 9 giorni e una spesa tra i 420 e i 480 euro (a seconda del numero di persone),esclusi soltanto i voli e i pasti ad Ankara. Indumenti: Fondamentalmente lo stesso equipaggiamento delle gite invernali sulle Alpi. In inverno però la temperatura può essere molto rigida, quindi regolarsi di conseguenza. Prevedere un ricambio per indumento per poter effettuare gite ogni giorno e capi caldi per il dopo gita. Materiale: ARTVA, pala e sonda, ramponi e piccozza. GPS: Può essere molto utile in caso di brutto tempo. È possibile richiedere il database con le tracce e i waypoint delle gite scrivendo a paolo@paolo-sonja.net Info: www.turchia.it
www.skialper.it nella sezione 'itinerari' tutti i link utili, dalle cartine al meteo e tante altre pratiche info sulla Turchia
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ESPLORAZIONI QUOTIDIANE In tre giorni saliamo tre cime, accompagnati alla base da tre efficientissime piccole fuoristrada: Monte Emler (3723 metri, nella Karayalak Valley), Monte Kortekli (3365 metri, nella Emli Valley), Monte Yoncalitas (3463 metri, nella Kucuk Mangirci Valley). Tre montagne che sembrano realizzate apposta per lo scialpinismo. Lunghi valloni sinuosi che tengono nascosta la meta fino all’ultimo. Ipotesi di salita che mutano in continuazione. Pendii di cui cambia a ogni istante la percezione. Una sorta di avventura primordiale, da soli, senza tracce precedenti, con l’unico ausilio del proprio fiuto e della propria esperienza, per nulla influenzati da relazioni di salita inesistenti. E ogni giorno il ritorno al villaggio, come un ritorno sulle cartine geografiche, dalle quali l’assoluta mancanza di tracce umane ci aveva fatto assentare per qualche ora. Infine i rituali del post-gita, nello spazio ottimizzato della nostra casa rifugio, parte integrante di un meccanismo ormai collaudato e oliato alla perfezione. Da Demirkazik ci trasferiamo alla base dell’Erciyes Daği. Alloggiamo in un “rifugio” architettonicamente agli antipodi di quello dei giorni precedenti. Una sorta di moderno e nello stesso tempo trasandato albergone, che mi fa
rimpiangere il piccolo edificio in cui pernottai esattamente vent’anni fa. Ma l’Erciyes Ski Center è la principale stazione sciistica turca e ha sentito negli anni il bisogno di dotarsi delle necessarie infrastrutture turistiche. Non ci lasciamo tentare dall’impianto di risalita, che ci permetterebbe di risparmiare duecento metri di dislivello, e partiamo prima che apra. Dopo una serie di grandi dossi raggiungiamo la base del largo canale che conduce direttamente in cima. Mille metri di dislivello interamente da tracciare nei quaranta centimetri di polvere scesi nella notte. E quaranta sono anche i gradi di pendenza verso la cima. Intorno un solo grande altopiano a perdita d’occhio. Infine una discesa da antologia, ognuno con il suo personale e perfetto solco sinusoidale. Mai l’espressione 'chiudere in bellezza' fu più azzeccata. A dire il vero chiudiamo con la Cappadocia, da turisti, ad ammirare le sue incredibili formazioni vulcaniche, trasformate dall'erosione e sfruttate sapientemente dall'uomo. Tracce antiche e indelebili. Certamente più indelebili delle nostre, che la prossima nevicata cancellerà per sempre.
In sequenza. Un'abitazione rupestre della Cappadocia. Gli spettacolari 'camini delle fate' della Cappadocia al tramonto. Il mausoleo di Mustafa Kemal Atatürk, padre della Turchia, ad Ankara. Il mercato delle spezie ad Ankara. Le caratteristiche formazioni geologiche in tufo della Cappadocia, patrimonio mondiale dell'Unesco
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giorgio daidola
testo: Umberto Isman foto: Umberto Isman
iorgio aidola L' uomo che visse TRE VOLTE dall’insegnamento all’università, al giornalismo, allo sci esplorativo sulle montagne di tutto il mondo
«I
l pendio non è molto lungo, c’è lo spazio per fare giusto nove curve, ma sono curve di altissima qualità». Comincia così l’incontro con Giorgio Daidola, nel prato inclinato dietro casa sua, un vecchio maso ristrutturato in Val dei Mocheni, laterale della Valsugana, in Trentino.
Su quel piccolo pendio in comproprietà con la montagna, ripido ed esposto a nord, Giorgio ha costruito una manovia artigianale. Un po’ per gioco, un po’ per fare in modo che il figlio Filiberto (oggi quattordicenne) potesse da
bambino fare le prime curve casalinghe. Quel piccolo lembo di prato e di neve racchiude gran parte della filosofia sciistica di Giorgio Daidola: qualità più che quantità. «Qui ogni curva viene vissuta con piacere immenso, viene centellinata come il vino buono. Ogni curva te la ricordi e riesci sempre a migliorarla». È solo una faccia della medaglia però. Difficile credere che Daidola si possa accontentare di questo piccolo lembo di pendio. La sua sete di conoscenza e di esplorazione è sempre andata in profondità, ma ha anche spaziato in orizzontale, e in verticale, su gran parte del mappamondo.
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Il 'professore' nella casa degli ospiti. Sullo sfondo gli sci di un contadino turco della regione del Kackar
Giorgio, quanti viaggi con gli sci hai fatto? «Non ho mai tenuto il conto, né dei viaggi,
né delle spedizioni e nemmeno delle cime salite. Non ho un vero e proprio curriculum scritto, non mi interessa». E da dove nasce questa tua passione per lo sci e l’esplorazione? «Devo quasi tutto a mio
padre Mario, grande appassionato di sci. Mio nonno era ferroviere e lui aveva i biglietti del treno gratis per andare in montagna. I miei genitori si sono addirittura conosciuti sugli sci e io li ho messi prima dei tre anni. La manovia che ho costruito qui sul prato di casa è un po’ una rievocazione dello sci di quei tempi. Poi a fine stagione si
faceva sempre una gita di scialpinismo, che una volta era una pratica esclusivamente primaverile. Lì è nata la passione per lo sci oltre le piste». E il primo viaggio? «Fu nel 1975. Con un amico, Piero Boero, decidemmo che ci sarebbe piaciuto unire la navigazione con lo sci. In due giorni comprammo una piccola barca in società e io spesi tutti i soldi che dovevano invece servirmi per un alloggio a Trento. La prima crociera con gli sci fu a Stromboli, per scendere la Sciara del Fuoco durante l’eruzione. Uno sci un po’ fuori dal comune. Mi sono spesso ispirato alle imprese dei grandi esploratori, quelli che erano prima di tutto viaggiatori e poi mettevano in pratica le
loro conoscenze alpinistiche per raggiungere luoghi inesplorati, Bill Tilman prima di tutti, il mio modello di uomo di avventura. Pensa che all’Everest nel 1938 Tilman, insieme a Shipton, arrivò a 8150 metri senza ossigeno. E due anni prima aveva conquistato il Nanda Devi, montagna difficilissima, considerata ai tempi un ottomila. Fu lui a stabilirne la quota di circa 7800 metri. Poi a 50 anni cominciò a navigare a vela e raggiunse la Groenlandia e l’Antartide. E per ogni spedizione scrisse un libro (Giorgio si alza e pesca a colpo sicuro nella sua preziosa biblioteca un paio dei meravigliosi volumi di Tilman). Due cose ci differenziano: lui non usava gli sci e, soprattutto, era misogino, mentre io sono profondamente
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giorgio daidola
In alto. Discesa dallo Shisha Pangma. Foto centrali. Cotopaxi e Tien Shan photo©giorgio daidola
Sotto. Antartide e Mt Vinson foto©archivio giorgio daidola
convinto che in una spedizione la presenza femminile aggiunga tantissimo» Altri modelli? «Piero Ghiglione, detto Piero ‘Presto’ perché aveva sempre fretta, un maestro per me, curioso e insaziabile. Era ingegnere e si appassionò allo studio della meccanica e della dinamica dello sci (altro libro denso di splendide foto e formule matematiche). Fu il primo italiano ad arrivare a 7000 metri con gli sci». Veniamo al telemark, inevitabile parlando con te. Perché e come hai cominciato? «Credo
che c’entri ancora mio padre. Un uomo, maturando, arriva spesso a un punto in cui sente di volere in qualche modo provare le esperienze dei genitori, capirli e stimarli di più. Mio papà sciava telemark e così ho cominciato anch’io. Risultato: mi chiese se ero pazzo. Ho cominciato nel 1982, con l’attrezzatura di allora: sci quasi da fondo laminati, attacco 3-pin e scarpe di cuoio coi lacci. In qualche modo l’essenza del telemark, quella che con gli anni si è un po’ persa. Leggerezza ed essenzialità contro la pesantezza e la tecnicità dell’attrezzatura moderna. Non dico che la sciata di oggi non sia divertente e soprattutto straordinariamente più efficace, dico solo che negli anni il telemark si è un po’ snaturato. Un attacco 3-pin pesava 300 grammi, uno moderno ne pesa 1600. Lo stesso per gli sci e gli scarponi. L’attrezzatura da scialpinismo si è evoluta verso la leggerezza, a volte estrema ed esagerata, quella da telemark al contrario. E così il telemark, che era nato per lo sci-viaggio, è ormai ridotto a una disciplina da stazione di sci. Ma non vorrei parlare di vera e propria involuzione, io stesso ormai scio solo con l’attrezzatura moderna».
Ma il telemark ha mai avuto qualche vantaggio pratico rispetto allo sci alpino tradizionale o è sempre stata un cosa un po’ da ‘esibizionisti’? «Vantaggi pratici ben pochi.
Solo con condizioni di neve difficili avere la punta dello sci avanzato che fa da sensore può essere utile. Per il resto è vero che è una tecnica più libera e naturale, ma è anche più faticosa. Quanto all’esibizionismo, non credo, almeno non per la maggior parte dei telemarker. È più che altro una sfida con se stessi, un volersi cimentare con una cosa nuova, più difficile e impegnativa. Ma questo valeva qualche anno fa, ora è tutto più facile». Sullo Shisha Pangma sei stato il primo in assoluto a scendere con gli sci da telemark. (Una premessa è d’obbligo. Nella chiac-
chierata sullo Shisha Pangma abbiamo scoperto bugie e mistificazioni varie. Non è però negli intenti di questa intervista svelare i peccati altrui, ma solo sottolineare che Giorgio Daidola, insieme a Didier Givois, nel 1988 è stato il primo a scendere a telemark dalla cima principale dello Shisha Pangma). «Sì, è stata una grande esperienza. Eravamo in tre, Didier Givois con gli sci da telemark come me e Pino Negri che l’ha fatta a piedi. Siamo anche stati fortunati, un tempo strepitoso. In cima ho mangiato anche un panino al salame, come in una gita qualunque. L’unico rischio è stato l’ultimo traverso (ben noto ai frequentatori degli ottomila) e forse siamo stati un po’ incoscienti. Ecco una mia caratteristica, non ho quasi mai avuto paura. Penso di avere spesso rischiato senza rendermi conto, o senza pensarci troppo. Un atteggiamento da folle, molto diverso dal mio amico
Stefano De Benedetti, che ha fatto cose ben più estreme delle mie e con una consapevolezza decisamente superiore (vedi Ski-alper n° 76)». Non ti chiedo qual è il viaggio o la spedizione che ti ha appassionato di più, ma, in generale, quale genere di sci preferisci.
«Mi piace soprattutto lo sci di traversata, i grandi viaggi di più giorni. Mi piace anche perché in quel modo si annullano le differenze tra giovani e vecchi, tra chi è veloce e chi lo è meno. Ognuno tiene il suo ritmo, oppure ci si aspetta se è necessario, ma senza che si crei quell’incompatibilità tipica delle gite in giornata o delle salite alle grandi cime. Io non mi ritengo un grande scialpinista e non sono mai stato veloce. Però ho sempre avuto resistenza e ce l’ho ancora, anzi forse ancor più di prima. Sono diventato più cocciuto, perché mi rendo conto che alla mia età l’orizzonte temporale diventa sempre più fine. Ho ancora tanti progetti, lo stesso entusiasmo di una volta, e mi rendo conto che il tempo stringe». Dimmi qualcosa della tua esperienza giornalistica. «Sono stati gli anni più belli,
alla Rivista della Montagna. All’inizio collaboravo con Alberto Rosso che ne era il direttore. Poi per un po’ di anni l’ho diretta io e infine sono tornato a fare il collaboratore, soprattutto per la parte sci. Dal 1985 al 2001 ho curato il numero speciale “Dimensione Sci” (mi mostra la collezione completa). Giravo il mondo e raccontavo, o facevo raccontare ad altri. Un’esperienza grandiosa. Ora mi sento un po’ orfano, anche se continuo a collaborare saltuariamente con altre testate. In realtà prima o poi mi piace-
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giorgio daidola
Mi piace soprattutto lo sci di traversata, i grandi viaggi di più giorni. Mi piace anche perché in quel modo si annullano le differenze tra giovani e vecchi, tra chi è veloce e chi lo è meno
Una vita per lo sci Giorgio Daidola è nato a Torino nel 1943 ed è stato per 40 anni professore di Economia Aziendale all’Università di Trento, dove a contratto continua a insegnare Analisi di bilancio ed Economia e gestione delle imprese turistiche. È maestro di sci e giornalista pubblicista con numerosissime collaborazioni con giornali italiani e stranieri. Ha sciato a telemark sulle montagne di tutto il mondo e in particolare: Shisha Pangma 8013 m (primo 8000 sceso in telemark, Tibet); Mutzagata 7560 m (Cina); Kedar Dome 6880 m; Bandarpunch 6180 m; esplorazioni con gli sci nella zona del Nanda Devi 7816 m (Garhwal indiano);
Aconcagua 6995 m (Argentina); Ojos del Salado 6890 m (Cile); Chimborazo 6400 m; Cotopaxi 6000 m (Ecquador); Parinacota 6300 m, Huayna Potosi 6000 m (Bolivia); Logan 6050 m (Canada); Mt Vinson 5100 m (Antartide); vulcani della Kamchatka; traversata dei Zailijski Alatau (Kazakistan-Kirghisistan); Pic Lenin (Kirghizistan); grandi traversate in Canada (ghiacciaio Homathko, British Columbia); traversata penisola di Lyngen; ghiacciaio Folgefonna; ghiacciaio Jostedalsbreen; crociera scialpinistica a nord di Trømso (Norvegia); M’Goun 4000 m e Toubkal 4167 m (Marocco , Atlante Centrale);
Ruwenzori Punta Alessandra (prima discesa a telemark, Zaire); Kilimangiaro (Tanzania); traversata scialpinistica del Main Divide (Nuova Zelanda), Demavend 5900 m (Iran); sulle orme di Bill Tilman, esplorazione con prime discese di cime oltre i 6000 metri nel Garhwal orientale; quasi tutti i 4000 ‘sciabili’ delle Alpi; traversata della catena costiera del Libano, della Corsica, dell’Etna, della catena dei Lefka Ori a Creta, dei massicci del Kaskar e dei Tauri in Turchia.
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rebbe scrivere un libro per raccontare le mie esperienze. Per me stesso, ma soprattutto perché mio figlio sappia chi è stato suo padre». Cosa pensi delle gare di scialpinismo?
«Non le critico, penso semplicemente che siano un’altra cosa rispetto allo scialpinismo come lo intendo io. Ma sono in realtà due attività complementari, da cui si possono comunque trarre grandi soddisfazioni. Certo chi fa solo gare si perde il gusto della traccia. Per me la traccia è un momento artistico irrinunciabile. In questi ultimi anni penso che il modo di salire una montagna con gli sci abbia subito una sorta di involuzione. Tracce troppo dritte, angoli netti che non tengono conto della morfologia della montagna e non si armonizzano col pendio. Spesso me ne accorgo da fotografo, più che da scialpinista, perché una bella traccia è una delle cose migliori da fotografare». Giorgio, per concludere, pensando a te mi viene in mente la figura di un guru dello scialpinismo. «Non posso dire che non ne sia lu-
singato, ma non mi riconosco nella figura del
guru. Il guru è più un maestro, il capo di un gruppo o addirittura di una setta. Io ho sempre seguito la mia strada senza volere fare proselitismo e senza essere il maestro di nessuno. Che poi in parte lo sia stato, specie nella mia attività divulgativa, può darsi, ma non è stata una cosa cercata». Concludiamo l’intervista con un giro per il maso di Giorgio. La manovia, le galline che scorrazzano fuori dal pollaio, Filiberto che le rincorre. La slackline (fettuccia da equilibristi), dove padre e figlio si sfidano spesso. E poi la casa, densa di oggetti e ricordi, come gli sci di un pastore della remota regione del Kackar, in Turchia, frutto di uno scambio con gli ipertecnologici sci di Giorgio. Attrezzi più che rudimentali, ma con una sorprendente geometria simile ai più moderni sci da freeride. In realtà le case sono due, una è per gli ospiti, completa di tutto, anche di sauna. Ospiti spesso stranieri, amicizie ‘raccattate’ da Giorgio in giro per il mondo. E a riempire ogni angolo, ogni anfratto, ogni buco, quasi a fare da collante fisico e metafisico: libri, libri, libri. ■
A lato. Giorgio ci descrive la sua pista da sci personale. «Il pendio non è molto lungo, c’è lo spazio per fare giusto nove curve, ma sono curve di altissima qualità». Sotto. Uno scorcio dell'abitazione.
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introduZIONE: Renato Cresta ITINER ARI E FOTO DI: Mario Cossa, Umberto Isman, Enrico Marta, Ruggero Vaia
Partiamo con la pelle giusta
C
irca vent’anni fa ho tradotto per il Servizio Valanghe del CAI il testo di Werner Munter uscito con il titolo ‘Il Rischio di Valanghe’. In quell’occasione ho trovato una citazione di Arthur Schopenhauer che mi pare molto adatta all’argomento che voglio proporre ai lettori: «Ogni forma di ignoranza è pericolosa e la maggior parte degli errori è pagata a caro prezzo. Può parlare di fortuna chi, durante la sua vita, ha mantenuto una convinzione errata nella propria testa e non ne è stato punito». Le valanghe fanno parte di una serie di vincoli, di regole, che limitano la pratica delle attività invernali e che ci impongono il rispetto di norme specifiche. Sono norme che non pos-
Prime nevicate, tanta voglia di calzare le pelli e andare in giro per le montagne. Vi proponiamo una serie di facili itinerari per aprire la stagione. Prima, però, è meglio rinfrescare la memoria sui potenziali rischi, per stare alla larga dai pericolosi ‘luoghi comuni’
siamo negare o minimizzare; al contrario dobbiamo conoscerle bene e applicarle con giudizio. Giudizio (insieme a senno) è un vocabolo che sembra caduto in disuso e che equivale a prudenza, buon senso, corretta valutazione e questi sono termini ancora usati per la definizione di un concetto che tutti dovrebbero essere in grado di comprendere. La saggezza popolare, si dice, è espressa con i proverbi che, vedi definizioni fornite dai dizionari, sono detti che condensano un insegnamento tratto dall’esperienza. I proverbi, in pratica, esprimono una ‘sentenza’ che è conseguenza di una verificata e costante correlazione tra causa ed effetto. È facile accorgersi che i proverbi sono sovente contraddittori perché le esperienze della vita sono spesso discordi e incongruenti.
Non ho nozione di proverbi specifici legati al mondo nella neve, ma conosco numerose asserzioni che sentenziano in proposito. Molte di queste le ho lette sui giornali o ascoltate dai notiziari in occasione d’incidenti da valanga, altre, invece, da professionisti della montagna: ne propongo alcune a chi mi legge perché le consideri e le confronti con le sue conoscenze in materia. Anche se non si tratta di un test, prima di leggere il commento provate a dire cosa ne pensate e poi confrontate le vostre idee con il commento; potreste trovarvi in sintonia oppure essere sorpresi di quanto leggete: non è il caso di esaltarsi o di sgomentarsi, nella maggior parte dei casi si tratta solo di riorganizzare le conoscenze sulla neve. Verifichiamo adesso la validità delle asserzioni.
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Asserzioni sul manto nevoso
1. Quando fa freddo non c’è pericolo di valanghe. Il freddo è utilizzato da tempi lon-
tani per conservare gli alimenti, ma se l’alimento che metto in frigorifero è guasto il freddo non lo migliora. Lo stesso processo accade per la neve: se all’interno del manto nevoso c’è uno strato di neve a debole coesione, il freddo non lo consolida anzi, in caso di freddo intenso e duraturo, la situazione può peggiorare. Per contro, nel caso di un ritorno al freddo dopo un periodo di temperature elevate, l’affermazione può essere veritiera. In questa situazione il freddo, riportando allo stato solido l’acqua che era penetrata nella neve, cementa i grani tra di loro. L’efficacia del freddo è rapportata alla quantità di acqua che è passata allo stato di ghiaccio, che è proporzionale all’abbassamento della temperatura e alla durata del fenomeno.
2. Non c’è pericolo quando il manto nevoso ha poco spessore. La neve di un manto
nevoso sottile si trasforma rapidamente in neve a debole coesione. Diversi anni or sono ho partecipato al recupero del corpo di una donna travolta da una valanga mentre cercava di recuperare le sue capre, bloccate in montagna dalla prima nevicata della stagione: era una nevicata di soli 30 centimetri. Gli inverni freddi e poco nevosi sono quelli che registrano il maggior numero di valanghe provocate dagli sciatori. Non tutti i manti nevosi sottili sono pericolosi, ma un corretto giudizio sulla stabilità deve prendere dapprima in considerazione la qualità della neve e, in subordine, la quantità depositata al suolo.
3. Dopo due giorni dall’ultima nevicata la neve si è assestata. L’assestamento della neve
fresca può avvenire in tempi relativamente brevi se le temperature dell’aria successive alla nevicata sono piuttosto elevate, ma può richiedere
tempi lunghi, anche più di una settimana, se le temperature restano basse e, in ogni caso, i tempi si allungano in misura proporzionale allo spessore della nevicata. Inoltre l’affermazione non tiene conto dell’esposizione del versante, per cui la neve di un versante in ombra richiederà tempi più lunghi della neve depositata su fianchi montani meglio soleggiati. 4. Sono già passati in tanti, dunque è sicuro. In mancanza di utensili adatti, il metodo
più comune per spezzare il filo di ferro consiste nel piegarlo e raddrizzarlo più volte, fino a quando il metallo ‘si stanca’ e si spezza. Noi sappiamo che il filo di ferro si spezzerà, ma non siamo in grado di sapere dopo quanti periodi di ‘piega e raddrizza’. In caso di passaggi recenti, il fatto che la neve abbia resistito al transito di numerosi sciatori può sembrare indice di stabilità, ma è sicuramente un indicatore delle molte sollecitazioni alle quali è stata sottoposta: resisterà ancora oppure, come il filo di ferro, è
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ormai prossima al limite del collasso? Se invece le tracce sono vecchie, la sola conclusione che si può trarre è che la neve ha sopportato le sollecitazioni in condizioni diverse da quelle attuali (pensate alla differenza tra l’effettuare un passaggio nelle ore del mattino e ripeterlo il pomeriggio di una bella giornata primaverile). 5. I ‘woumf’ che produce la neve durante il nostro transito sono indice di assestamento. Questo suono sordo
è dovuto allo sprofondamento di un punto debole localizzato all’interno del manto nevoso, ma potrebbe anche essere prodotto dal cedimento locale del margine di un lastrone di grandi dimensioni. Non fidiamoci mai di queste situazioni. Io paragono questo suono sordo che talvolta proviene dal profondo del manto nevoso al primo tuono di un temporale: tra poco si scatenerà la tempesta, forse proprio sopra di noi.
Asserzioni sull’ambiente montano innevato
Ogni forma di ignoranza è pericolosa e la maggior parte degli errori è pagata a caro prezzo. Può parlare di fortuna chi, durante la sua vita, ha mantenuto una convinzione errata nella propria testa e non ne è stato punito. Arthur Schopenhauer
1. Il bosco è un ambiente sicuro dalle valanghe. A proposito dei boschi, non credo di
essere il solo ad aver osservato che sciare nei boschi densi è sicuro ma non diverte, mentre sciare nei boschi radi è divertente ma pericoloso. Solo i boschi densi di conifere sempreverdi sono in grado di trattenere fino al 70% della precipitazione nevosa con la loro chioma, ma la vicinanza dei fusti e dei rami bassi di questi boschi rende la sciata difficile e complessa. Viceversa, la sciata in un luminoso bosco di larici è facile e divertente, ma quando la pendenza del versante è superiore al 50% è abbastanza facile che si stacchino valanghe anche all’interno di questi boschi. Attenzione, un distacco in un bosco di abeti è meno probabile, ma non impossibile. Inoltre ogni formazione a bosco, anche se modesta, è in grado di frenare il vento e il rallentamento del flusso dell’aria facilita il deposito della neve nelle radure, al margine sottovento; ne consegue la probabile presenza di lastroni da vento in queste zone.
2. Le rugosità del terreno ancorano la neve sul pendio. Un terreno molto accidentato
offre una maggiore abbondanza di ancoraggi al manto nevoso rispetto a un terreno liscio, specie se questo è ricoperto da erbe lunghe. In linea di principio l’affermazione è valida, ma solo fino a quando il manto nevoso non oltrepassa l’altezza delle rugosità perché, superato questo limite, sarà possibile uno scorrimento di neve su neve.
3. Un pendio di dimensioni ridotte non è pericoloso. Il concetto di ‘piccolo’ è solo un
riferimento al volume di neve che si potrà staccare dal versante, ma non ha alcun valore a proposito della qualità della neve. Vi propongo un problema di facile soluzione: Su una superficie di 10 x 10 metri si è depositato un metro di neve fresca, del peso di 100kg/m3. Quanto pesa la neve depositata su questa superficie? Soluzione 10 x 10 = 100 m2 x 1 metro = 100 m3; 100 kg x 100 m3 = 10.000kg = 10 tonnellate. Vi sembra divertente farvi scaricare addosso un Tir di neve? Eppure il pendio è piccolo. 4. Non ho mai visto staccarsi valanghe da questo pendio. Osservazioni sistematiche,
iniziate in Svizzera oltre 75 anni fa, hanno condotto alla constatazione che ogni pendio con inclinazione superiore ai 30° è potenzialmente in grado di staccare valanghe spontanee. È cosa ovvia che i distacchi saranno più frequenti dai pendii molto ripidi (35°/40°) o estremamente ripidi ( > 40°) anche in occasione di nevicate di ordinaria misura, mentre da un pendio meno ripido (30/35°) si verificheranno distacchi solo in occasione di nevicate abbondanti, eventi che possono presentarsi con carattere di rarità. Il fatto di non avere osservato attività valanghiva può essere dovuto solo a una lunga successione di eventi nevosi di moderata intensità (ci sono valanghe che hanno tempi di ritorno superiori ai 30 anni). Fate attenzione: quanto ho appena detto ha valore soltanto per i distacchi spontanei. La nostra presenza sul pendio provoca un
sovraccarico che può essere equivalente o superiore a quello di una forte nevicata e, sotto il sovraccarico, il manto nevoso può collassare e mettersi in movimento anche da un pendio moderatamente ripido. In questo caso dovremo parlare di valanga provocata. Oltre il 90% delle valanghe che hanno causato incidenti è stato provocato dalle stesse persone che sono state travolte. 5. Il versante sottovento è pericoloso, quello sopravento invece no perché la neve è stata spazzata via. Dediche-
rò un intero articolo agli effetti del vento. Anticipiamo soltanto che il vento che attraversa una catena montuosa spazza la neve dai versanti sopravento e la deposita su quelli sottovento, pertanto i versanti sottovento sono molto pericolosi per l’abbondanza dei depositi eolici (lastroni). Però i versanti al vento non devono essere considerati del tutto sicuri perché nelle depressioni, nelle pieghe del versante dove il vento ha rallentato un poco la sua corsa, può essersi formato un deposito che, tranne che nelle dimensioni, è pericoloso quanto i depositi del versante sottovento. A proposito delle dimensioni, rifate il calcolo di prima, ma aumentate il peso della neve dei lastroni ad almeno 300 kg/ m3. Ci siamo resi conto che ogni asserzione non ha valore assoluto, anzi può essere sorgente di equivoci perché contiene, in misure variabili, una certa dose di verità e una certa dose di errore. Non prendiamole mai come sentenze ma come spunto per considerazioni capaci di portarci a una maggiore conoscenza del mondo della neve. Chiudo questo primo incontro stagionale con un’ultima asserzione: le valanghe sono eventi imprevedibili, cadono quando vogliono e dove vogliono. Questa asserzione sembra avere il valore di un verdetto: è impossibile prevedere quando e dove cadranno le valanghe. La previsione del pericolo di valanghe è difficile, perché le valanghe sono fenomeni strettamente correlati all’intreccio delle condizioni meteorologiche, delle caratteristiche della neve, delle forme del versante, della copertura vegetale. Nei prossimi numeri presenterò alcune interviste con gli addetti ai lavori, con quegli uomini e donne che della conoscenza della neve hanno fatto una professione: vedremo come giungono a formulare le loro previsioni. Vi anticipo che la previsione non può essere fatta per ogni singola valanga e neppure per il singolo pendio. La previsione riesce a segnalare che il manto nevoso presenta delle condizioni d’instabilità che, al momento, sono localizzate su alcuni settori montani, a certe quote ed esposizioni, su versanti di determinate inclinazioni. Toccherà a noi cogliere queste informazioni e metterle a confronto con l’ambiente in cui è nostra intenzione muoverci. Ne riparleremo.
33 > ski-touring
Easy non significa necessariamente facili o esenti da ogni pericolo. Si tratta di proposte di itinerario invernali, da percorrere nella prima parte di stagione, quando è meglio evitare pendii soggetti a grandi precipitazioni nevose in fase di assestamento. Una sorta di warm-up, insomma. Vanno dunque percorsi serenamente, ma tenendo conto dei normali accorgimenti che si devono prendere in montagna D'inverno
Cima Torretta, da cui nelle giornate più limpide si può ammirare l'anfiteatro Morenico di Ivrea photo®Enrico Marta
Piemonte - Canavese Monte Soglio (1970 m) Non sempre innevato per via dell’esposizione, rappresenta una meta ambita per i buongustai dello ski-alp. Accesso: strada Ciriè - Corio - Pian Audi Partenza: Alpe Fraschei (1250 m circa) Dislivello: 650 m Tempo medio salita: 2 ore e 30 minuti Difficoltà: BS Pendenza massima: 30° Esposizione: sud, sud-ovest Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: IGC n° 110 Lanzo, Viù, Chialamberto, Locana, Ciriè, Basse Valli di Lanzo 1:25.000
Itinerario. Dal paesino di Pian Audi si prosegue lungo la strada sterrata, non sempre in buone condizioni, che porta all’Alpe Turinetto, mantenendo sempre la destra ai due bivi che si incontrano. Normalmente la strada è sgombra fino all’Alpe Fraschei, ma non è escluso che si debbano calzare gli sci più in basso, seguendo la poderale fin dove sparisce sotto la coltre nevosa quando il rado bosco lascia il posto agli ampi pascoli che caratterizzano la montagna. Si risale il ripido e ampio pendio completamente esposto a sud che permette di raggiungere la dorsale del Monte Soglio, spartiacque con la Valle dell’Orco. Deviando a destra e superando le baite dell’Alpe Ressolo, si raggiunge la cima, estremamente panoramica, con lo sguardo che spazia su tutta la pianura piemontese e in parte lombarda. La discesa, con buon innevamento, può spaziare sull’ampio pascolo che ricopre la parte alta del Soglio: importante prendere come punto di riferimento le baite dell’Alpe Mecio, a 1350 metri circa, per immettersi nella poderale percorsa in salita.
Piemonte - Valle della Dora Baltea Canavesana - Cima Torretta (2182 m) Escursione di un certo livello percorribile tutta la stagione. Accesso: da Settimo Vittone a Trovinasse Partenza: zona Biolassa (1400 m) Dislivello: 800 m Tempo medio salita: 2 ore e 30 minuti Difficoltà: BS Pendenza massima: 30° Esposizione: ovest, nord-ovest Periodo: novembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: Alpi Canavesane 2 (Mu Edizioni) - Carta della Valle Dora Baltea Canavesana 1:20.000
Itinerario. L’auto può essere parcheggiata poco prima di raggiungere la frazione di Trovinasse dove si incontra una deviazione sulla destra. Dopo avere calzato
gli sci si inizia a risalire il pendio nel bosco rado e sui pascoli che sovrastano la zona di Trovinasse. Solitamente le tracce lasciate dagli altri scialpinisti divagano in vario modo sui facili pendii fino a prendere una traccia comune sopra l’Alpe Buri. Da qui si sale in direzione est prendendo come punto di riferimento la dorsale che dalla Cima Torretta scende in direzione ovest. Verso metà salita si supera un tratto più ripido caratterizzato da bassa vegetazione per poi uscire allo scoperto sugli ampi pascoli che introducono alla parte finale della salita. Piegando leggermente verso sud si può raggiungere la dorsale della montagna che si affaccia sul Canavese con vista panoramica sulla zona di Ivrea. Con neve sicura si può puntare direttamente alla cima superando alcuni tratti più ripidi oppure contornarla e aggirarla in direzione nord. La discesa, molto bella e continua, si sviluppa nei pressi della traccia di salita.
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EASY
Uno scorcio del vallone San Giovanni photo©enrico Marta
Piemonte - Limone Piemonte - Vallone San Giovanni (1660 m) Ideale per effettuare una delle prime facili uscite con le pelli approfittando delle nevicate precoci che caratterizzano questa zona. Accesso: Limone - Tetti San Giovanni Partenza: Tetti San Giovanni (1221 m) Dislivello: 450 m Tempo medio salita: 1 ora e 30 minuti Difficoltà: MS Pendenza massima: 20° Esposizione: nord Periodo: novembre - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: IGC n° 114 Limone, Valle delle Meraviglie 1:25.000
Itinerario. Normalmente la strada che da Limone sale nel Vallone San Giovanni per raggiungere la frazione omonima è sgombra dalla neve. In caso contrario si calzano gli sci prima e si segue la strada. Sopra a Tetti San Giovanni si risalgono gli invitanti prati contornati da frassini, superando le Malghe di Rocca Rossa prima e quelle di Valletta poi. Si risale sempre mantenendo l’intaglio del vallone alla sinistra, mentre dai pendii di destra è possibile che transitino sciatori che provengono dagli impianti dell’Alpetta: la zona è rinomata come fuoripista per gli amanti del freeride. Ora il vallone si apre nella zona del Gias Sottano della Perla: si prosegue con le pelli fin dove i pendii s’impennano, sormontati dal Colle della Perla e dal Colle della Boaria verso sud. La discesa si effettua lungo il tracciato di salita. Variante. In primavera, con manto nevoso sicuro, si può proseguire verso sud fino al Gias della Perla e poi deviare a destra per risalire il Col Campanino che mette in contatto il Vallone San Giovanni con il Vallone di Cabanaira. Quest’ultimo può essere disceso per raggiungere la stazione di sci del Colle di Tenda - Tre Amis. Da qui una navetta riporta a Limone Piemonte.
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Valle d’Aosta - La Salle - Court de Bard (2261 m) Escursione facile effettuabile con qualunque condizione.
Itinerario. Si risale la strada asfaltata che da La Salle porta alla frazione di Challancin. Prima del centro abi-
tato si parcheggia l’auto in prossimità di un tornante dal quale inizia una poderale innevata sulla destra. La si segue percorrendone due tornanti per poi abbandonarla in favore di una traccia a destra che taglia il fianco della montagna in direzione est. Si prosegue nel bosco fino alle baite di Arpilles. Ancora in leggera salita si prosegue fino al Col du Bard, dal quale si apre una stupenda visuale sul Vallone del Vertosan. A destra, in direzione sud, l’invitante e facile dorsale che porta alla Cima Court de Bard, un balcone sulla valle nel tratto fra Arvier e La Salle. Seguendo le indicazioni si può vedere l’albero monumentale prima della cima. La discesa si svolge lungo l’itinerario di salita. Variante. Con nevi più assestate dal Col de Bard
si prende a destra e si segue la dorsale che porta alla Punta Falita. Senza raggiungere la vetta si può scegliere di scendere i pendii piuttosto ripidi ma sciabili che portano direttamente alle baite di Arpilles. Per rendere ancora più completa e impegnativa l’escursione si può contornare da est il Falita per raggiungere il Col Falita che si affaccia nella conca ovest della Testa del Frà. Da qui si scende verso la frazione di Morge e successivamente verso Challancin. Questa seconda variante deve essere percorsa con manto nevoso sicuro: la conca della Testa del Frà è stata infatti teatro otto anni fa di una tragedia della montagna, una valanga di grandi dimensioni ha coinvolto un fronte di 500 metri, lasciando però indenne il Col Falita.
Svizzera - Ticino Val Blenio Punta di Larescia (2195 m)
Lombardia - Orobie Valtellinesi - Val Gerola - Monte di Salmurano (2269 m)
Lombardia Triangolo Lariano Monte San Primo (1686 m)
Accesso: strada La Salle - Challancin Partenza: Challancin (1610 m) Dislivello: 650 m Tempo medio salita: 2 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 20° Esposizione: ovest, sud-ovest Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: IGC n° 4 Massiccio del Monte Bianco 1:50.000
Gita invernale, percorribile con ogni condizione di neve. Accesso: autostrada del Gottardo fino a Biasca, poi seguendo la strada del Lucomagno Partenza: Pianezza di Larescia (1120 m) Dislivello: 1075 m Tempo medio salita: 3 ore/3 ore e 30 minuti Difficoltà: MS Pendenza massima: 30° Esposizione: nord-est, est Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: CNS 266S Valle Leventina 1:50.000
Itinerario. Da Pianezza di Larescia s’imbocca la strada forestale che guadagna quota tra radure e boschi. Se ne segue il tracciato oppure si sale più velocemente lungo i prati fino a giungere alla località Rambött (1368 m). A questo punto s’imbocca la mulattiera che sale in un fitto bosco di abeti per uscirne in località Sgianaresc e poi Selvapiana. L’abbondante segnaletica impedisce di sbagliare percorso, raggiungendo quindi le tipiche baite di Pian Cassinella (1738 m). Piegando a destra si abbandona ora il tracciato della strada forestale per l’Alpe Gorda, imboccando quindi una valletta in dolce pendenza che s’innalza verso la sovrastante Punta di Larescia. Tenendo la vetta come riferimento si sceglie il giusto percorso tra dossi e vallette, prestando attenzione alle insidiose e insolite crepe nella roccia che si trovano lungo i pendii, fino a raggiungere la croce di vetta e il vicino bivacco (Baitin), utile per ripararsi nelle ventose giornate invernali. La discesa rimane nei pressi delle tracce di salita.
Facile ma interessante gita su terreni sempre vari, in una valle dove la neve non manca mai. Solo gli ultimi pendii richiedono un po’ di attenzione. Accesso: da Morbegno si imbocca la statale della Val Gerola fino al suo termine, a Pescegallo Partenza: parcheggio impianti di Pescegallo, 1454 m. Dislivello: 800 m Tempo medio salita: 2 ore e trenta minuti/3 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 30° Esposizione: nord-est Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: Kompass n° 105 Lecco Valle Brembana 1:50.000
Itinerario. Dal parcheggio si imbocca la stradina innevata sulla sinistra dell’Albergo Mezzaluna; la si segue brevemente fin dopo il ponte, poi si devia a destra sul pendio di una ex pista di discesa. Si sale quindi fino alla Casera Pescegallo (1595 m) dove, verso sinistra, si raggiunge una strada pastorale e la si segue fino al termine a Casera Pescegallo Lago (1778 m). Da qui, piegando a destra, si percorre una serie di dossi e vallette in direzione sud fino all’altezza delle ultime propaggini settentrionali del Monte Ponteranica. Qui la pendenza cala leggermente e con un facile traverso a mezzacosta ci si porta nell’ampia conca sottostante la cima. Si raggiunge la base dell’ultimo pendio che si sale su pendenza più marcata fin sul crestone di vetta, da dove si arriva alla vetta del Monte Salmurano (o Munt de Sura). La discesa si effettua per il percorso di salita e in caso di scarso innevamento seguendo la forestale fino alle piste da sci di Pescegallo.
Gita classica, molto panoramica e percorribile con ogni condizione di neve. Accesso: da Magreglio, Passo del Ghisallo, Pian Rancio Partenza: parcheggio impianti in disuso a quota 1100 m Dislivello: 600 m Tempo medio salita: 1 ora e 30 minuti/2 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 30° Esposizione: nord Periodo: dicembre - febbraio Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: Kompass n° 91 Lago di Como Lago di Lugano 1:50.000
Itinerario. Parcheggiata l’auto nei parcheggi degli impianti ormai in disuso, si sale sulla destra del primo tratto di pista fino al piazzale dove si congiungono tutte le piste. Si piega quindi a sinistra verso una cascina e, con ampio giro verso destra, si risale il tracciato della vecchia pista, prima in un bosco rado e poi su terreno sempre più aperto. Poco prima della cima del Monte Ponciv (1453 m) si piega ancora a destra attraversando la larga sella dell’Alpe di Terra Biotta. Si ricomincia a salire su pendenze più marcate puntando al vecchio arrivo dello skilift e da qui a un ripetitore. Si segue la dorsale in saliscendi fino alla sommità della Cima del Costone (1614 m). Si scende quindi fino alla sella sottostante e in pochi minuti si raggiunge la vetta del Monte San Primo, col suo bellissimo colpo d’occhio sul Lago di Como e la Pianura Padana. La discesa è per la via di salita, risalendo eventualmente a piedi in pochi minuti alla Cima del Costone, oppure seguendo il percorso della carrareccia che ne taglia il pendio sud fino alla sella dell’Alpe di Terra Biotta. Da qui sul percorso di salita o nel rado ma più ripido bosco fino al parcheggio.
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EASY
Il panorama da Cima Ciadina
Trentino Alto Adige - Val di Fassa Cima Ciadìna (2885 m)
photo©ruggero vaia
Una vetta secondaria dal vasto panorama vicino alla Cima de l’Om (Uomo). Gita per tutto l’inverno, l’esposizione al sole di solito assesta rapidamente il manto nevoso, tranne nei periodi molto freddi. Se la neve è abbondante occorre un’adeguata valutazione. Accesso: circa 2 chilometri sotto il Passo San Pellegrino (quota 1790 m, versante bellunese), sulla strada statale 346 che collega Moena e Falcade, si prende una strada sterrata (indicazioni “Baita Flora Alpina”) e si parcheggia dopo 800 metri nel piccolo parcheggio oltre il ponte sul rio Zigolé (1849 m). Partenza: appena prima del ponte, dove una strada innevata sale nel largo fondovalle del Zigolé, utilizzata dalle motoslitte che raggiungono la località di Fuciàde.
Dislivello: 1050 m Tempo medio salita: 3 ore Difficoltà: OS Pendenza massima: 35° Esposizione: sud-est Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: 4LAND CS-133 Val di Fassa 1:25.000 - Tabacco n° 6 Val di Fassa e Dolomiti Fassane 1:25.000 - Kompass n° 686 Val di Fassa, Marmolada, Gruppo di Sella 1:25.000
Svizzera - Grigioni - Engadina Piz Belvair (2822 m)
Itinerario. Si segue la strada fino al caratteristico alpeggio di Fuciàde (1982 m, 30 min). Si prosegue verso nord, prima su pendii dolci e poi, lasciandosi a destra la valle che continua verso la Forcella del Bachét, si sale un uniforme pendio che conduce alla conca glaciale della Val de Tàs Cia (circa 2300 m), che si segue su pendenza minore senza percorso obbligato per un centinaio di metri di dislivello. Sulla destra si nota un vallone, già ben visibile da Fuciàde, in cui si può entrare con un traverso orizzontale verso destra su terreno ripido (delicato, spesso utili i rampanti). Si risale a zig-zag il largo canalone racchiuso tra alte pareti fino al Passo delle Cirelle (2683 m). Da qui si sale a sinistra, per larga e facile cresta, che solo da ultimo si assottiglia, fino alla cima. La discesa segue l’itinerario di salita.
Lombardia - Valtellina Pizzo Meriggio (2358 m)
Gran classica engadinese, balcone privilegiato per godere degli ampi panorami di queste montagne
Gita classica, panoramica e adatta tutti, anche a inizio stagione.
Accesso: da Sankt Moritz per Samedan verso Zuoz, fino al paese di Madulain. Partenza: dai pressi della stazione ferroviaria di Madulain (1697 m) Dislivello: 1125 m Tempo medio salita: 3-4 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 30° Esposizione: sud-est Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: CNS 1237 Albulapass - CNS 258S Bergün/Bravuogn
Accesso: da Sondrio per Albosaggia e Campelli. Strada transitabile in inverno con catene montate o 4x4 Partenza: Campelli (1296 m) Dislivello: 1050 m Tempo medio salita: 3 ore e 30 minuti Difficoltà: MS Pendenza massima: 30° Esposizione: nord Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: Kompass n° 93 Bernina Sondrio - Kompass n° 104 Foppolo Valle Seriana 1:50.000
Itinerario. Lasciata l’auto nei parcheggi in zona stazione, si salgono gli ampi prati alle spalle del paese incrociando più volte una stradina. Si entra nel rado bosco di abeti e larici per uscirne sui pendi aperti verso l’Alp Belvair (2261 m). Si continua su ampi dossi con pendenza moderata, superando quindi uno strappo più marcato. Si segue adesso l’ampia cresta sommitale che in saliscendi permette di raggiungere la vetta del Piz Belvair, punto privilegiato per godere della bella vista sul Piz Kesch. Discesa su percorso non obbligato, su pendi aperti e quindi rado bosco fino a giungere sugli ampi prati a monte del paese di Madulain.
Itinerario. Si sale per ampi prati fino a raggiungere quel che resta dell’arrivo di un vecchio skilift. Poco prima di giungervi si prende a sinistra una stradina nel bosco. Al primo tornante la si abbandona proseguendo dritti in un bosco rado di larici fino a raggiungere l’anticima della Punta della Piada (2122 m). La si costeggia sulla sinistra, prima in piano poi in leggera discesa, fino a raggiungere una valletta. Si risale il dosso di fronte fino alla sommità, per poi discenderne qualche decina di metri fino alla baita Meriggio (2125 m). Si attraversa il pianoro dell’alpe e, salendo il largo dosso, si raggiunge facilmente la croce di vetta. La discesa segue il percorso di salita.
37 > ski-touring
raffreddare - ma non troppo - e spatolare/spazzolare il tutto. Niente paura: se si spazzola bene la soletta la pelle attacca perfettamente.
Attacchi
Fissare gli scarponi e far lavorare gli attacchi nelle varie posizioni al banco. Tarare nuovamente le lunghezze in base alle indicazioni della casa. Un controllo delle viti e della loro chiusura è fondamentale.
SET-UP DELL’ATTREZZATURA Prima di tornare sulla neve è opportuno verificare lo stato della propria attrezzatura dopo la pausa estiva di Enrico Marta Le prime avvisaglie dell’inverno hanno scatenato l’interesse degli ski-alper, con una corsa all’acquisto delle attrezzature nei negozi. Di questo ce ne rallegriamo. Probabilmente in molti non vedono l’ora di poter calzare gli sci per pestare la prima neve anche se non proprio affrontare grandi dislivelli. Si tratta di uscite preliminari, volte soprattutto alla verifica dei materiali e della loro funzionalità.
Ma quali sono i controlli e gli accorgimenti per verificarne l’efficienza dopo sei mesi di stop? Partiamo dalle attrezzature fondamentali.
Scarponi
Provare a calzarli e verificare che tutte le leve siano funzionali è certamente una buona regola. Accertarsi anche che gli inserti per l’attacchino siano ben avvitati alla scocca, per non rischiare di perderli e dover scendere a piedi.
Sci
Sono stati riposti con uno strato di sciolina? Allora mettiamo mano alla spatola e alla spazzola. Durante questa operazione potremo anche verificare le condizioni di soletta e lamine. In caso contrario è d’obbligo sciolinare gli sci prima dell’uscita sulla neve: scegliere una sciolina universale, rossa o gialla, da colare e distribuire uniformemente con il ferro sulla soletta, lasciar
Bastoncini
Se telescopici verifichiamone la lunghezza: a volte dopo la stagione uno dei due si è sensibilmente chiuso accorciandosi. Il lacciolo deve essere della giusta ampiezza per fermare la mano e le punte, soprattutto se in vidiam, devono essere intere.
Pelli
Questa è forse la parte di attrezzatura più soggetta a deterioramento. Se durante i mesi estivi sono state riposte in un luogo caldo, potrebbero presentare problemi soprattutto per chi le ha lasciate chiuse colla contro colla. Meglio scollarle e reincollarle, per verificare la tenuta e l’efficacia della colla. Potrebbe essere il caso di ricorrere ad un intervento specialistico di laboratorio per ravvivare il collante. I lacci del top fix sono efficienti o sfilacciati? Meglio sostituirli.
ArTva
Se si attiva l’apparecchio possiamo verificare lo stato di carica delle pile. Per il resto dovrebbe funzionare tutto.
38 > ski-touring
EASY
Trentino Alto Adige - Val di Fassa Cima Undici - Sass da le Undesc - (2501 m) Gita classica che raggiunge una vetta molto panoramica. Non è totalmente priva di pericoli e necessita neve assestata. Accesso: da Pozza di Fassa percorrere la strada per la Val di S.Nicolò fino al parcheggio in prossimità del ristorante Soldanella, appena dopo un ponte. Partenza: prima del ponte, dove, sulla sinistra orografica, inizia una strada forestale utilizzata dalle motoslitte che raggiungono i rifugi (1415 m) Dislivello: 1100 m Tempo medio salita: 3 ore
Difficoltà: MS Pendenza massima: 35° Esposizione: sud-ovest Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: 4LAND CS-133 Val di Fassa 1:25.000 - Tabacco n° 6 Val di Fassa e Dolomiti Fassane 1:25.000 - Kompass n° 686 Val di Fassa, Marmolada, Gruppo di Sella 1:25.000
Itinerario. Si segue la strada forestale per un paio di chilometri fino a quando, con un breve tratto in leggera discesa, si ricongiunge nei pressi di Malga Crocifisso (1526 m) alla strada principale, utilizzata come pista di rientro degli impianti del Buffaure. Da qui si prende la strada sulla destra che sale nella Val Monzoni (cartelli). Dopo 3 chilometri si raggiunge la radura della Malga Monzoni (1862 m) e dopo circa 300 metri s’imbocca una stradina ripida sulla sinistra che s’inoltra nel bosco. Gradualmente il bosco si dirada e, giunti in terreno aperto, si prosegue tenendo sempre la destra rispetto al fondovalle. Si raggiunge quindi il Rifugio Valàcia (2275 m) traversan-
do su un breve tratto ripido che richiede neve assestata. Si prosegue a monte del rifugio continuando ad aggirare le pendici ripide del Sass da le Undesc, fino a quando si individua verso destra (nord, quota circa 2350 m) il pendio più percorribile per raggiungere con una serie di inversioni la cresta e poi, più facilmente, lungo il suo fianco destro, la croce di vetta. La discesa segue all’inizio l’itinerario di salita, poi è anche possibile tenersi sul lato destro dell’ampio vallone, scendendo senza via obbligata fino a Malga Monzoni. Dopo Malga Crocifisso conviene seguire la pista da sci sulla destra orografica fino alla Soldanella.
Sopra. Salendo alla volta di Cima Undici photo©ruggero vaia
A destra. A quota 2100 in salita verso il Monte Formin photo©ruggero vaia
39 > ski-touring
Veneto - Passo Giau Lastoni di Formin - Monte Formin (2657 m) Gita classica e abbastanza facile che raggiunge una vetta appagante, con panorama su tutti i gruppi delle Dolomiti d’Ampezzo. La si può percorrere con condizioni di neve stabile. Accesso: da Cortina d’Ampezzo percorrere la strada del Passo Falzarego e, passato Pocol, prendere a sinistra la strada del Passo Giau fino poco prima del ponte di Rucurto (1708 m), oppure venendo da Alleghe/Arabba superare il passo Giau e scendere per circa 4 km fino al ponte di Rucurto. Parcheggio in uno slargo della strada (pochi posti) Partenza: qualche decina di metri a valle del ponte i cartelli segnavia CAI indicano il sentiero n. 437 che scende immediatamente sul torrente e lo attraversa Dislivello: 1100 m Tempo medio salita: 3-4 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 35° Esposizione: nord-est Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: Tabacco n° 3 - Cortina d’Ampezzo e Dolomiti Ampezzane 1:25.000 - Kompass n° 617 Cortina d’Ampezzo e Dolomiti Ampezzane 1:25.000
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Itinerario. Si segue verso ovest il sentiero che sale per una zona boscosa per poco più di 1 chilometro. Con scarso innevamento può essere a tratti necessario togliere gli sci, specialmente alla fine, quando il sentiero s’inerpica su una balza un po’ ripida. Si arriva così su terreno più dolce a un ponticello (circa 1800 m) che si attraversa con attenzione (fin qui circa 45 min). Si abbandona ora il segnavia CAI e si sale il vallone in direzione sud senza percorso obbligato, prima sulla destra orografica per poi portarsi (circa 2000 m) al centro dello stesso, al limite della vegetazione. Il tratto più ripido, dai 2100 ai 2300 metri di quota, va superato per l’itinerario più conveniente, sempre tenendosi nel vallone o un poco a sinistra. Infine si piega decisamente a destra (sud-ovest) su vasto terreno con pendenze dolci: l’itinerario non è obbligato e porta direttamente in vetta al Monte Formin (2657 m). La discesa, entusiasmante con buon innevamento, all’inizio non è obbligata. Si può per esempio tenersi sulla larga cresta e raggiungere la Forcella Rossa di Formin (2462 m), per poi scendere direttamente nel vasto canalone della salita. Con buon innevamento in bassa quota, si può alternativamente partire dal Ponte Pezzié de Parù (1506 m), seguendo il segnavia n. 434 fino in prossimità del ponticello (circa 1800 m).
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WEB
testo: Umberto Isman
DYNAFIT SKI TOURING STORYBOARD È il premio giornalistico, letterario e fotografico aperto a tutti i nostri lettori sul sito skialper.it in collaborazione con Dynafit. Si può partecipare nelle tre categorie: reportage, fotografia o racconti
I
n occasione della presentazione della nuova sezione 'Itinerari' sul sito skialper.it, che sarà dedicata al settore touring, ai viaggi e agli itinerari, abbiamo deciso di lanciare un vero e proprio premio giornalistico e fotografico, in collaborazione con Dynafit. I migliori contributi entreranno a far parte di un esclusivo yearbook che verrà presentato all'inizio della prossima stagione. Ma non solo: ci sono infatti in palio ben 5 paia di sci Dynafit Baltoro che verranno assegnati a chi invierà il materiale più interessante, originale, completo ed esaustivo. La giuria sarà composta da tutta la redazione di Skialper che, di volta in volta, spiegherà i motivi della scelta. Il concorso è suddiviso in tre categorie: Reportage Si tratta di raccontare una gita di scialpinismo nello stile del reportage giornalistico. La prima parte dovrà essere costituita da una cronaca o narrazione accompagnata da foto descrittive. La seconda parte sarà invece una scheda esauriente ma il più possibile sintetica dell'itinerario, con i classici parametri di inquadramento (ma non si esclude di proporre una propria idea di scheda e classificazione) e una breve descrizione del percorso. Verranno premiate la qualità della narrazione, la bellezza e l'utilità delle immagini e la precisione nel descrivere l'itinerario. La scheda della gita dovrà essere obbligatoriamente inserita nel database itinerari del sito www.skialper. it/itinerari. Ognuno potrà partecipare con un massimo di 5 itinerari. Premi: un paio di sci Dynafit Baltoro con attacchi ad ognuno dei tre migliori reportage fra tutti quelli pervenuti in redazione al momento delle tre assegnazioni che avverranno il 20 gennaio, il 5 marzo e il 15 aprile. RaccontO La forma dovrà essere quella del racconto breve (vedi esempio nel box). Lo scialpinismo, come molti altri sport a contatto con la natura che si svolgono in un ampio arco temporale, è fatto in realtà di attimi, di brevi momenti in cui accadono gli eventi più importanti, si prendono decisioni fondamentali, si lascia vagare la mente anche in ambiti lontani. Lo scopo del racconto dovrà essere quello di narrare uno di questi istanti in uno spazio ridotto, al massimo
Lamine Sono andato troppo in là. Potevo anche capirlo che quella crestina non sarei riuscito a superarla. Ora sono in equilibrio precario, ogni piccolo movimento sbagliato può farmi scivolare. Dove? Non so, è ancora buio, sono appena partito dal rifugio. E' lui che mi ha fregato, il buio, una percezione approssimativa del pendio, dell'inclinazione, della neve, una patina sottile sul fondo ghiacciato. Non ho messo i rampanti, freddo, pigrizia, supponenza. Traversi lunghi, poi sempre più brevi, confinati sull'unica striscia di neve che tiene. Costante l'idea di fermarsi a montare i rampanti, progressiva la difficoltà di farlo su un pendio che si impenna sempre più. Poi la possibile scappatoia, quella crestina che porta su una dorsale che fiuto più agevole. E invece no. Sono inchiodato qui, inchiodato nella ricerca di una soluzione. Guardo ancora giù: forse non mi ammazzerei, forse. Porca miseria, non è così che devo ragionare, catturo il brandello di pessimismo e lo rimetto sotto, schiacciato dalla razionalità, dall'esperienza, dalla voglia di cavarmela. Speriamo che ci stia lì sotto, insieme al panico, latente ma controllato. Dunque... Togliere gli sci, difficile la manovra e peggio ancora dopo. Un dietro front sci ai piedi, improponibile con le lamine che percepisco lavorare sul filo del millesimo di grado di inclinazione e del decigrammo di distribuzione del peso. Persino le dita dei piedi sono contratte a sostenere e monitorare la situazione. La mente invece compie per un attimo un'operazione da laboratorio, una microscopia del cristallo di neve, una vera e propria incursione visiva di immedesimazione in una lamina disperatamente aggrappata al pendio. Ok, la retromarcia, non c'è altra soluzione. La ingrano, stacco la frizione con tutta la lentezza possibile, richiamo all'ordine tutti i recettori, o come cavolo si chiamano, tutto ciò che è in grado di dirmi se quello che sto facendo funziona o no. La prima coda pare incastrarsi, provo con l'altra. La lamina scivola lateralmente, modifico col goniometro l'inclinazione. Pare funzionare, devo fare solo un paio di metri, poi sarò salvo. Il mio compagno mi chiama, eh già che ho un compagno, rimosso anche lui, dimenticato per concentrare tutto in questo piccolo e vitale istante di spazio e di tempo. Forse mi aveva già detto qualcosa, ma solo ora lo sento. Mi pare un buon segno: «Eccomi Emanuele, arrivo». Umberto Isman 2000/3000 battute di testo. La brevità del racconto corrisponderà alla brevità del tempo in cui si svolgono gli eventi, ma dovrà in qualche modo dilatarlo in un tempo letterario più lungo. Una specie di approfondimento culturale e narrativo di un evento brevissimo, di un pensiero, di qualcosa realmente accaduto o di pura fantasia. Ognuno potrà partecipare con un massimo di tre racconti. Premi: un paio di sci Dynafit Baltoro con attacchi al miglior racconto tra tutti quelli pervenuti entro il 15 aprile. Fotografia Fotografare lo scialpinismo è un'arte complessa e faticosa. Verranno premiate tecnica, creatività e spettacolarità. Ognuno potrà partecipare con un massimo di tre foto o sequenze fotografiche composte in una singola immagine. Dovranno essere caricate in alta risoluzione. Premio: un paio di sci Dynafit Baltoro con attacchi alla migliore fotografia tra tutte quelle pervenute entro il 15 aprile. Per partecipare è necessario registrarsi al sito skialper.it e accedere alla sezione itinerari, quindi seguire le istruzioni. Sarà possibile caricare materiale a partire dall'1 dicembre prossimo. Per tutte le informazioni si può inviare una mail all'indirizzo info@skialper.it.
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42 > people
alessanDRo foti testo: Enrico Marta foto: Enrico Marta
a F
lessandro oti borsa o montagna, non cambia
L’amministratore delegato di Fineco Bank è abituato a destreggiarsi tra salite e discesa, non fa differenza che si tratti di alta finanza o di pendii innevati
A
lessandro Foti? Non sapevo nulla di lui come scialpinista: è uscito così, dal cappello a cilindro del nostro collaboratore Flavio Saltarelli, che da buon avvocato riesce sempre a escogitarne qualcuna. E così un giorno salta fuori con una proposta: «Sai Enrico, ho un amico che è un pezzo da novanta nella finanza ed è appassionato di scialpinismo, un tipo in gamba…». Potrebbe certamente rientrare nello Ski-alp people, perché non organizzare un’uscita tutti insieme e fare un’intervista direttamente sulla neve? Detto fatto: dopo un paio di mesi l’appuntamento è perfezionato. La località prescelta è Ceresole Reale e la meta è lasciata alla mia scelta.
Della combriccola fanno parte, oltre al personaggio in questione, Flavio e due amici emiliani con i quali è solito effettuare le sue escursioni con le pelli. Appuntamento alle sei davanti all’Aquila Alpina - un alberghetto gestito da un amico di gioventù - per sfruttare al meglio le prime ore in cui la neve dovrebbe tenere. Alessandro Foti mi si para davanti come una persona normale, uno ski-alper vestito con capi Montura: tutto qui. Un po’ riservato ma dai modi semplici e affabili, nulla del grande manager che in realtà è nella vita di tutti i giorni. Ci diamo subito del tu: «Allora, tu Alessandro sali con me, anche Flavio. Gli altri con la seconda auto.» La strada che da Ceresole porta al Serrù a queste ore del mattino è un fuggi fuggi di marmotte che si stanno appostando per osservare il passaggio dei turisti nel weekend. Sui piazzali della diga ci troviamo con qualche decina di scialpinisti che stanno già armeggiando con le pelli: sono i ‘locals’, i super appassionati del Carro, capaci di salirlo anche 8 volte in una sola primavera. Qualcuno punta verso la Basei con salita dal fortino, ma la maggior parte segue la nostra direzione. Superiamo la casa dei guardiani della diga con gli sci nello zaino, ma dopo pochi metri possiamo calzarli. Flavio cinguetta in continuazione, Alessandro è concentrato sulla salita, il pediatra segue a poca distanza, il capotreno ormai viaggia per conto suo mimetizzato fra la
moltitudine di gruppi impegnati nello stesso pendio. Dopo i primi assaggi sulla morena della Capra ci troviamo alla base del canale del Palo così lo chiamiamo noi ‘locals’ per la presenza di un paletto di legno in cima - e tutto intorno è uno sferragliare di coltelli. Il loro suono è particolare: alluminio, lega leggera… Lo riconosceresti a cinquecento metri di distanza, anche il rumore che fanno sotto gli sci è particolare. Delle decine di persone che stanno affrontando questo tratto a non avere montato i rampant siamo in cinque: una pattuglia reduce dal Mezzalama, Alessandro e io… La sicurezza nelle inversioni e la tenuta delle pelli sono indice di grande padronanza del mezzo: il nostro top manager si muove molto bene qui a 40° di pendenza, altrettanto bene di come si muove fra bilanci e investimenti. Al palo lo guardo ammirato. Adesso la salita non presenta più tratti estremi. Saliamo tranquilli gustandoci l’ampiezza di questo ghiacciaio. In vetta, fra una nuvola e l’altra, ci godiamo il panorama su queste fantastiche montagne. Si scherza: l’avvocato è sempre della partita. Un amico bergamasco, a Torino per lavoro, si aggrega alla nostra squadra. Ė il momento delle foto: due battute ancora con i presenti e poi giù: la neve non è difficile anche se fa un po’ di attrito sotto gli sci. Curve ampie, curve strette, ripido, medio, giù… Alessandro ci dà con impegno, inanellando una bella sequenza di serpentine: ancora
43 > people
una volta ammiro la padronanza degli sci che manifesta, in particolare quando scendiamo il tratto del Palo dove siamo andati a cercarci i pendii più ripidi per scattare qualche foto. Ma tu, Alessandro, provieni dallo sci?
«Sì, facevo gare di sci a livello zonale, sono sempre stato appassionato di sci a tutti i livelli». E da quando sei passato allo scialpinismo? «Inizialmente lo scialpinismo era il mezzo
per salire in cima alle montagne per poi effettuare grandi discese, poi gradatamente ho iniziato a prendere gusto anche alla salita e adesso mi diverto in entrambe le situazioni…». Nella vita fai il manager? «Sì, sono l’amministratore della più importante banca diretta italiana, la Fineco Bank». Che vantaggi ti dà nel lavoro praticare queste discipline in montagna? «Diciamo
che nel mio lavoro è importante essere in forma, resistente, e i vantaggi ci sono. Ti dà una marcia in più quando ci sono trattative estenuanti, quando devi stare concentrato a lungo…».
Sopra. Il nostro Flavio Saltarelli in compagnia di Alessandro Foti A lato. Foti impegnato nella discesa photo©Enrico Marta
Nel tuo mondo ci sono altri che praticano questo tipo di sport? «Non credo pro-
prio. Qualcuno non fa assolutamente nulla, altri si allenano e si mantengono in forma con quelle attività che io chiamo ‘in vitro’: corsa, ciclismo, palestra. Seppur impegnative non hanno nulla dell’avventura che si vive negli sport della montagna in cui niente è completamente pianificato e una buona parte di rischio e di imprevisto è sempre presente». Più a valle mi confiderà che nel suo gruppo non viene vista di buon occhio la passione per la montagna: molto probabilmente gli azionisti della Fineco sarebbero più tranquilli se anche lui praticasse una sorta di attività ‘in vitro’. Poi si passa al trascendente, a ciò che certi ambienti ti trasmettono, e qui salta fuori l’animo sensibile del nostro personaggio. L’amico pediatra gli ricorda di quando sul Silvretta, colpito dalla bellezza selvaggia di quella montagna, abbia sentito il bisogno di pregare. «Anch’io - gli fa eco Alessandro - ho sentito qualcosa. Intendiamoci, non sono praticante ma ho una visione per così dire kantiana del divino: lo sento nelle cose, nella natura, nell’arte. Anch’io a volte vengo toccato da certi paesaggi». Adesso la discesa riprende: siamo nella parte bassa. Alessandro, instancabile, ‘mena’ curve con il suo caschetto giallo. Flavio, il nostro avvocato, cerca di mettersi d’accordo con le braccia che tendono a gesticolare in curva quasi fosse nel foro… Poi ci sono le foto di rito. Tutto ok, siamo di nuovo ai piazzali delle auto.
Arriva anche il quinto della comitiva che aveva preferito salire tranquillo a un ritmo suo. Durante la sua attesa affiorano i ricordi di gite precedenti e qui scopriamo che Foti fa ormai parte di questo gruppo di ski-alper e che non appena ha un momento libero aderisce all’invito e alle proposte di gite. Un’ora dopo stiamo scendendo lungo la Valle dell’Orco con le nostre auto. Foti mi tallona con la sua Audi nella quale porta un vero arsenale da sportman: bici da corsa, zaino con attrezzatura da arrampicata, sci e chissà cos’altro. Già, non abbiamo visto sacche da golf ma in compenso quando ha spostato un borsone è rotolato fuori un chiodo da ghiaccio… Sempre per la gioia dei suoi collaboratori. A casa mia Idalba ha preparato uno spuntino a base di cose prodotte da noi. Anche il vino bianco, che dapprima viene giudicato con meno carattere rispetto agli emiliani, inizia a scorrere allegramente tanto che ad un certo punto fra capotreno e pediatra si discute su chi debba stare alla guida durante il rientro. Alessandro e Flavio non si fanno coinvolgere troppo dall’Erbaluce e così arriviamo ai saluti, tutti convinti di aver trascorso una simpatica giornata di ski-alp fra amici «che - come sostiene Alessandro - dipende molto anche dalla compagnia con la quale lo pratichi lo scialpinismo».
Alessandro Foti, 51 anni, è nato a Milano ed è laureato con lode in Bocconi. E’ Ammnistratore Delegato di Fineco Bank da quando è nata, nel 1999. Dal 2003 al 2005 è stato membro del Consiglio di Amministrazione di Ducati Motors Holding Spa e Direttore Generale di FinecoGroup Spa. Dal 2008 è Responsabile della business line Asset Gathering di Unicredit Group e Deputy Chairman of Supervisory Board di DAB Bank AG. Ha una grande passione per lo sport, in particolare per lo sci alpinismo.
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LAGORAI testo: Alessandro Beber e Umberto Isman itinerari: Alessandro Beber, Umberto Isman e Ruggero Vaia CARTOGRAFIA: Sara Chiantore
Italian wilderness
La catena del Lagorai, tra Val di Fiemme e Valsugana, è una delle più vaSte aree selvagge d’ITALIA, una vera e propriA ‘riserva scialpinistica’, dove si corre anche la famosa Lagorai Cima d’Asta. Otto proposte Di itinerariO per i diversi livelli tecnici
‘I Lagorai’... A volte capita di sentire queste montagne declinate al plurale, e questa forma, seppur impropria, è forse quella che meglio rende giustizia ai molteplici volti di un massiccio troppo vasto per poter essere catalogato come un’unica entità. Il denominatore comune è quello di una montagna viva, da secoli sfruttata dagli uomini come irrinunciabile fonte di sostentamento, ma la mano che ha inciso e modellato il paesaggio ha agito in maniera diversa a seconda delle risorse offerte dall’ambiente, connotando le vallate di un’anima propria e ben distinta... Se gli ombrosi versanti del fiemmese recano i
segni del lavoro di generazioni di boscaioli e di un’attenta gestione del legnatico, sul versante opposto, la Valsugana è terra di malghe, un mondo di luce dove il bosco è stato sacrificato in favore dei pascoli. A est il Vanoi, rifugio degli ultimi pastori transumanti, scorcio su un Trentino non ancora trasfigurato dall’industria turistica, e ad Ovest l’enclàve germanica della Val dei Mocheni, residuo di antichi movimenti migratori a sostegno dell’attività mineraria del Tirolo austriaco. Inutile tentare di spiegare a parole il fascino di queste vallate, ma anche se l’inverno restituisce la montagna al silenzio e nasconde sotto la neve
la storia degli uomini, l’invito è quello a guardare oltre il panorama (seppure fantastico!) e di provare a sentire sulla propria pelle l’atmosfera potente di questi luoghi... Arrivando su una cima al sole del tramonto, d’un tratto vi renderete conto di trovarvi di fronte ad un immenso capolavoro, un paesaggio dove uomo e natura, in delicato equilibrio, si sono fusi in una cosa sola. Ne avvertirete la bellezza struggente e per un attimo -non spaventatevi- vi si potrebbe fermare il cuore. Il gruppo Lagorai - Cima d’Asta si estende in un
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Nella pagina a sinistra. Giochi di ombre verso la Cima Ceremana photoŠUmberto Isman
A lato. Lo spettacolare panorama dalla Cima Ceremana photoŠUmberto Isman
46 > ski-touring
LAGORAI
Verso la vetta della Busa Alta photo©Ruggero Vaia
rettangolo delimitato a grandi linee dalla Valsugana a sud, la Valle dell’Adige a ovest, la Val di Cembra e la Val di Fiemme a nord e la Val Cismon a est. La catena del Lagorai è lunga circa 70 chilometri e si estende dal Monte Calisio, poco a est di Trento, fino al Passo Rolle. È una delle zone di wilderness più vaste dell’arco alpino e di tutto il territorio italiano. Ciò è dovuto soprattutto alle sue caratteristiche geomorfologiche, che ne fanno un massiccio compatto e quasi una vera e propria barriera, solcata da vallate strette e difficilmente accessibili. È la stessa geologia di questi luoghi che ne ha determinato le caratteristiche: un insieme di bancate vulcaniche inserite nella piattaforma calcarea dolomitica. Un territorio quindi più inospitale rispetto alle dolci vallate dolomitiche scavate dall’erosione e modellate dalla mano dell’uomo. Un territorio che ancora oggi preserva una natura selvaggia e incontaminata. Anche lo scialpinismo è stato per anni a rispettosa distanza, con il popolo degli appassionati che si dirigeva soprattutto verso le più collaudate mete circostanti, o frequentava il Lagorai solo attraverso le poche e, quelle sì, inflazionate gite classiche. Poi il gusto dell’esplorazione e la pubblicazione quasi contemporanea di diverse guide (e articoli come questo) sullo scialpinismo nella zona hanno un po’ avuto il sopravvento sulla tranquillità di alcuni luoghi. Ciò non toglie che alla natura e soprattutto alla montagna non si comanda. Le gite sul Lagorai non sono mai banali e sono spesso contraddistinte da lunghi avvicinamenti. Tratti quasi pianeggianti che si insinuano con lunghissime strade forestali nei profondi solchi vallivi, per poi impennarsi improvvisamente per superare bancate rocciose difficilmente accessibili, o raggiungere cime alpinisticamente impegnative. Questo vale soprattutto per il versante della Val di Fiemme e della Val Travignolo, il più selvaggio e meno antropizzato. Il più severo anche per l’esposizione nord, nonostante le cime siano in genere meno ripide che sul versante sud, dove spesso precipitano con verticali dirupi rocciosi.
Anche gli avvicinamenti dal versante nord sono mediamente più lunghi, condizionati dalla quasi totale assenza di alpeggi e rifugi in quota e quindi da strade che hanno l’unico, ed estivo, scopo del taglio e trasporto del legname. Strade che sono anche sottoposte ai severi vincoli del Parco Naturale Paneveggio Pale di S. Martino a est e della Magnifica Comunità di Fiemme a ovest. Fanno eccezione soltanto le gite al Colbricon e al Piccolo Colbricon, alle propaggini orientali della catena e quindi in prossimità della strada del Passo Rolle, e le cime raggiungibili dalla Valmaggiore, dove una forestale, che a primavera è percorribile in auto, permette di portarsi in quota e avvicinarsi a Cima Cece e Cima Moregna. Il versante nord è anche per antonomasia quello dove la neve si conserva meglio e mantiene più a lungo le sue caratteristiche. Come ad esempio nel vallone di Ceremana e sul plateau soprastante, dove è possibile trovare polvere da dicembre ad aprile inoltrato.
Diverso è il discorso per il versante sud del Lagorai, quello più ‘popolato’, quello dove le attività umane si sono sviluppate maggiormente. Anche in questo caso i fattori geomorfologici hanno giocato un ruolo fondamentale. L’esposizione a sud è naturalmente un fattore favorevole all’antropizzazione, ma a questo si aggiunge anche la presenza di vallate disposte ortogonalmente alla catena, ampie, popolate e quindi percorse da comode strade asfaltate. Ciò comporta anche una maggior varietà di esposizione dei pendii e quindi una conseguente varietà di itinerari. Un discorso a parte merita Cima d’Asta, geograficamente attigua alla catena del Lagorai e quindi considerata parte del gruppo montuoso, ma geologicamente differente per la preponderanza di graniti contro i porfidi del Lagorai. La stessa morfologia la isola dalle montagne circostanti, rendendola una meta di grande interesse scialpinistico.
franco melchiori e la gara di cima d’asta Tra le ‘piccole’ cime del Lagorai, poco abituate alle luci della ribalta, esiste un appuntamento che nel mondo delle competizioni scialpinistiche ha acquisito una certa fama e ogni anno richiama appassionati da tutta Europa. È il trofeo Lagorai Cima d’Asta, decantato anche oltralpe per il suo tracciato tecnico e spettacolare, forse il migliore in assoluto, dicono gli specialisti, per gare di una singola giornata non in alta quota. Inventore del percorso è Franco Melchiori, guida alpina di Strigno in Valsugana, che nell’87 lanciò l’idea per ricordare due cari amici, Lino Vesco ed Egidio Battisti, caduti mentre arrampicavano proprio sulla parete sud di Cima d’Asta. A quei tempi lo scialpinismo non godeva
ancora della popolarità odierna, ma Franco aveva avuto un mentore d’eccezione, tale Bruno Detassis. Nel ’77, finita l’ultima stagione di lavoro al rifugio Brentei, si vide regalare dal barbuto gestore un paio di Fischer ‘ultimo grido’ da due metri e dieci che lo stesso aveva usato durante l’epica traversata delle Alpi nel 1956. Probabilmente non erano così agili sulle inversioni, ma il suo destino di scialpinista era ormai segnato. Tornando alla gara di Cima d’Asta, a venticinque anni dalla prima edizione Franco è ancora il motore propulsore dell’organizzazione, che coinvolge l’intera conca del Tesino e si avvale del lavoro di tanti volontari. L’inverno prossimo verrà riproposta come tappa di Coppa del Mondo il 2 e 3 marzo e in molti stanno già scaldando i motori!
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Itinerari D’autore
Val di Fiemme - Cima Moregna (2517 m) Gita tranquilla fin sotto alla cima, gli ultimi 150 metri hanno caratteristiche alpinistiche e non sempre sono percorribili in sicurezza; anche rinunciandovi è tuttavia appagante. Accesso: da Predazzo imboccare la strada della Valmaggiore Partenza: parcheggio in uno slargo in prossimità del ristorante Miòla (non parcheggiare nell’area riservata). In tarda stagione con neve assente è possibile salire ulteriormente fino a dove l’innevamento è costante Dislivello: 1400 m Tempo medio salita: 4 ore Difficoltà: BS, OSA per gli ultimi 150 metri Pendenza massima: 30°, 40° negli ultimi 150 metri Esposizione: nord-ovest Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica, ramponi per l’ultimo tratto Cartografia: 4LAND CS-107 Val di Fiemme 1:25.000 - Tabacco n° 14 Val di Fiemme, Lagorai, Latemar 1:25.000 - Kompass n° 618 Val di Fiemme, Catena dei Lagorai 1:25.000
Itinerario. Si segue la strada forestale della Valmaggiore per circa 3,5 km. Raggiunto un tratto pianeggiante che entra nella valle curvando leggermente verso destra in prossimità di una larga radura (loc. Paluàt, 1560 m), si devia a destra su strada forestale che rientra nel bosco di alti fusti. Si prosegue per due chilometri fino a circa 1800 metri, lasciando la strada per salire senza itinerario obbligato lungo la larga dorsale del Bosco dei Cervi. Via via il bosco si fa meno fitto e il percorso converge su un rilievo (2190 m) sotto il quale si trova la Forcella delle Pozze (2172 m). Di qui si segue l’evidente cresta della cima Moregna, che diviene via via più ripida e a un certo punto rocciosa (circa 2450 m), per cui, se le condizioni lo permettono, si deve proseguire traversando per qualche decina di metri a destra (sud) per raggiungere un canalino che porta direttamente in cima. Un’alternativa, con un po’ meno difficoltà ma per un tratto più lungo, è di lasciare presto la cresta a destra e raggiungere la forcella del Coltorondo (2397 m) lungo la valle del lago Brutto, per poi salire direttamente in vetta, eventualmente lasciando gli sci. La discesa si può effettuare sull’itinerario di salita, ma è anche possibile scendere per la Valle delle Pozze, che sbocca comunque sulla strada percorsa in salita. Questa variante è di difficile orientamento: bisogna tenersi in prossimità del sentiero (segnavia 334) e comunque abbastanza alti sulla destra orografica per non ritrovarsi sopra salti rocciosi.
Val Travignolo - Cima Ceremana (2699 m) Gita di grande soddisfazione sul piano sciistico, anche perché i pendii esposti a nord mantengono a lungo condizioni ottimali. Accesso: da Predazzo a Bellamonte e quindi al Lago di Fortebuso (o di Paneveggio) Partenza: dal parcheggio all’estremità est del lago raggiungibile con una breve strada sterrata (1460 m) Dislivello: 1250 m Tempo medio salita: 3/4 ore Difficoltà: BS Pendenza massima: 30° Esposizione: nord Periodo: gennaio - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: 4LAND CS-107 Val di Fiemme 1:25.000 - Tabacco n° 14 Val di Fiemme, Lagorai, Latemar 1:25.000 e n° 22 Pale di S. Martino 1:25000 - Kompass n° 618 Val di Fiemme, Catena del Lagorai 1:25.000 e n° 622 Pale di S. Martino, Fiera di Primiero 1:25.000
Itinerario. Si percorrono circa 2 Km lungo la carrareccia che costeggia il lago sulla sponda sud fino a una deviazione sulla sinistra con indicazione Val Ceremana. Si sale per la mulattiera, mantenendosi sempre sulla destra orografica del Rio Ceremana fino a uscire dal bosco poco prima dell’inizio del tratto incassato della valle. Si continua per il vallone su terreno accidentato fino a uno slargo da cui parte sulla destra un ripido canale laterale. Lo si segue fino
ad un evidente passaggio sulla destra che permette, con un lungo traverso sotto una barriera rocciosa (attenzione alle condizioni della neve), di portarsi su un ampio plateau. Si continua a salire in direzione sud-sudovest per imboccare l’evidente pendio terminale che porta rapidamente in cima. La discesa è lungo l’itinerario di salita, oppure dopo il primo tratto obbligato si scende verso sinistra sull’ampio plateau fino a raggiungere la migliore direttrice di salita verso Cima Bragarolo (2643 m). Si rimettono le pelli e, con un’ultima ripida dorsale, si raggiunge la cima. Si scende quindi in direzione ovest, passando dal bivacco Aldo Moro, fino a raggiungere la Val Bragarolo, poco sotto la forcella. Si segue il vallone fino alla base dove, circa a quota 1600 m, ci si ricongiunge con l’itinerario di salita. Lo sguardo dalla Cima Ceremana spazia lontano photo©Umberto Isman
48 > ski-touring
LAGORAI Val di Fiemme - Lastei di Fornasa (2240 m)
La vetta della Busa Alta photo©Ruggero Vaia
Val di Fiemme Busa Alta (2513 m) Escursione tipicamente invernale, divertente e senza pericoli in un angolo poco frequentato del Lagorai. Non si raggiunge una vetta, ma un costolone da cui si può proseguire con difficoltà alpinistiche verso la cima del Monte Croce (2490m). Accesso: da Molina di Fiemme percorrere la strada del Passo Manghen, che d’inverno viene chiusa al Ponte delle Stue (1240 m) Partenza: piazzole di sosta in prossimità del Ponte delle Stue Dislivello: 1000 m Tempo medio salita: 3 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 30° Esposizione: nord-est Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: 4LAND CS-108 Val di Fiemme 1:25.000 - Tabacco n° 14 Val di Fiemme, Lagorai, Latemar 1:25.000 - Kompass n° 618 Val di Fiemme, Catena dei Lagorai 1:25.000
Itinerario. Dal parcheggio si prosegue lungo la strada del Passo Manghen e quando, dopo due chilometri, questa gira a sinistra con un primo tornante, si devia a destra sulla strada forestale che con leggera discesa porta ad un ponte che attraversa il Rio Agnelesse. La strada passa accanto alla Baita Fornace e si biforca: bisogna prendere la diramazione a sinistra che passa dietro alla baita e continua per 2,7 chilometri sulla sinistra orografica del Rio Agnelesse, per poi cominciare ad innalzarsi sul versante con un tornante. Appena dopo il tornante successivo si vede emergere la Malga Fornasa (1892 m) in fondo a una grande radura che si risale fino al vertice, per poi attraversare verso destra un ruscello tra i larici. Ci si trova ora su pendenze moderate cosparse di larici e qualche abete rosso; senza via obbligata ci si alza puntando sempre più verso destra per raggiungere la cresta di Fornasa (circa 2160 m). Si può ora seguire verso sinistra (sud) il filo della cresta che a destra strapiomba verso la Valletta, fino all’elevazione di 2240 metri. Si può effettuare la discesa sull’itinerario di salita (consigliato). Con buone condizioni si può anche tagliare per un largo canale, oppure scendere per la Valletta, sia puntando per le pendenze meno marcate sul fianco nord del Monte Croce, sia scendendo lungo la cresta nord (qualche tratto a spinta) fino al margine del bosco e poi scendendo tra gli alberi (orientamento non semplice) in direzione nord fino alla strada che si segue, senza scendere nel fondovalle, fino alla Baita Fornace.
Gita primaverile dalle caratteristiche alpinistiche, da percorrersi esclusivamente con manto sicuro. Richiede esperienza su terreno molto ripido. Accesso: da Ziano percorrere la strada della Val di Sàdole Partenza: Malga Sàdole (parcheggio), accanto al Rifugio Cauriol (1587 m). Dislivello: 900 m Tempo medio salita: 3 ore Difficoltà: OSA Pendenza massima: 40° Esposizione: nord Periodo: aprile - maggio Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica, ramponi e piccozza Cartografia: 4LAND CS-107 Val di Fiemme 1:25.000 - Tabacco n° 14 Val di Fiemme, Lagorai, Latemar 1:25.000 - Kompass n° 618 Val di Fiemme, Catena dei Lagorai 1:25.000
Itinerario. Accanto al Rifugio Cauriol si attraversa il torrente e si sale per nevi di valanga verso est lungo il canalone che fa da logica direttrice della salita. Nei primi 300 metri di dislivello, se l’innevamento è sufficiente, si può più comodamente seguire il sentiero (segnavia 349), per abbandonarlo e rientrare più in alto nel vallone (circa 1990 m). Si segue il largo vallone pressoché nel centro, individuando Un passaggio verso il Lastei di Fornasa photo©Ruggero Vaia
l’itinerario più comodo. Verso quota 2050 metri si deve superare un breve dislivello con forte pendenza, eventualmente levando gli sci e procedendo con ramponi e piccozza. Più sopra si sale su pendii meno ripidi seguendo la via più logica, che porta prima un po’ sulla destra, verso la cresta rocciosa, per poi piegare da ultimo a sinistra verso la cresta opposta. Si arriva sotto un canalino stretto, ripido ed aereo che costituisce l’unica via per raggiungere la vetta. Di solito si lasciano gli sci all’inizio del canalino per poi procedere con ramponi e piccozza per gli ultimi 150 metri circa. Discesa obbligatoriamente lungo l’itinerario di salita. Con buone condizioni è possibile scendere sci ai piedi dalla vetta.
49 > ski-touring
Val Campelle Monte Montalon (2465 m)
Val dei Mocheni Anello di Monte Cola (2268 m) e Cima Hoabonti (2342 m) Bell’itinerario invernale che si snoda tra baite e pascoli soleggiati a picco sulla Valsugana. L’unico tratto che richiede qualche attenzione è la breve cresta che conduce in vetta al Monte Cola. Accesso: dalla statale della Valsugana raggiungere e oltrepassare il paese di Roncegno. Continuando in direzione di Ronchi, dopo circa 1,5 chilometri s’imbocca un bivio in salita sulla sinistra con indicazioni per località Le Pozze. Si percorre la strada che sale a tornanti tra i masi fino all’ampio parcheggio del bar-ristorante Le Pozze. Partenza: Le Pozze (1435 m) Dislivello: 920 m Tempo medio salita: 3 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 30° Esposizione: sud-est Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: 4LAND 113 Lagorai Cima d’Asta 1:25.000
La noiosa strada forestale iniziale è il contrappeso da pagare per godersi gli entusiasmanti pendii della parte alta. Assolutamente consigliata con firn primaverile. Accesso: dalla Valsugana attraversare il paese di Strigno e la frazione di Spera, seguendo le indicazioni per il rifugio Crucolo. Da qui si entra in Val Campelle, imboccando a quota 1325 metri una stradina in discesa sulla sinistra (bivio per hotel SAT Lagorai). Disponendo di due macchine conviene lasciarne una in località Ponte Conseria, più avanti sulla strada (1,6 km). Partenza: Ponte Conseria (1460 m), imbocco forestale per Malga Valsorda. Dislivello: 1000 m Tempo medio salita: 3/4 ore Difficoltà: BS Pendenza massima: 30-35° Esposizione: sud-est Periodo: febbraio - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: 4LAND 113 Lagorai Cima d’Asta 1:25.000
Itinerario. Dal ponte ci si alza lungo i numerosi tornanti della forestale fino a un bivio con un capitello di legno, dove si svolta a sinistra per Malga Valsorda Seconda (inizio in leggera discesa). Dalla malga continuare ancora per un tratto in direzione ovest per aggirare una ripida fascia rocciosa, imboccando un pendio che dà accesso alla conca soprastante. Da qui portarsi sui pendii sommitali (direzione nord) assecondando la morfologia del pendio che invita a disegnare una sorta di grande S fino all’anticima, oltre la quale non è più possibile proseguire con gli sci ai piedi. La discesa si svolge lungo la via di salita, con la possibilità di ‘tagliare’ lungo i ripidi canalini sopra Malga Valsorda Seconda.
Salita. Un centinaio di metri prima del bar imboccare una mulattiera segnalata da un cartello di divieto. Salire in direzione nord-est per prati e baite (indicazioni per rif. Serot), incrociando un’altra volta la strada principale e proseguendo nella valletta che piega sotto i versanti del Monte Cola. Attraversare quindi verso destra sotto ad alcune fasce rocciose per poi alzarsi sulla dorsale che immette nella Val Larga. Percorrere il vallone fin nella parte alta (direz. nord-ovest), dove si rimonta a sinistra il crinale che conduce in vetta al Monte Cola. Da qui si prosegue verso Cima Hoabonti, seguendo la cresta in direzione ovest. Discesa. Dalla cima scendere lungo il versante sud-est nell’impluvio della Val d’Ilba. Tenersi sulla destra orografica e proseguire in direzione sud fino alle baite di Malga Presa. Poco più sotto un ponticello permette di attraversare agevolmente il rio, per imboccare un sentiero che scollina in località Stallen (baite). Da qui seguire una stradina verso sinistra per aggirare un ultimo tratto di bosco fitto, ritrovando le tracce di salita poco lontano dal punto di partenza.
Sulla vetta dell'Hoabonti photo©Alessandro Beber
Il tracciato della gita al Montalon photo©Alessandro Beber
Montalon, 2465m
50 > ski-touring
LAGORAI
Val dei Mocheni Anello del Monte Slimber (2203 m) Breve gita in ambiente suggestivo, ideale per iniziare a scoprire il grande potenziale scialpinistico dei monti sopra Palù del Fersina. L’unico tratto che necessita attenzione è la prima parte della discesa dal Passo dei Garofani per la possibilità di accumuli dovuti al vento.
Conca del Tesino Cima d’Asta (2847 m) La salita alla 'regina' del gruppo è una grande classica quasi sempre percorribile già a inizio primavera. Ambiente suggestivo, difficoltà tecniche contenute e l’imparagonabile panorama che si gode dalla cima ne fanno una gita da non perdere. Accesso: dalla SP47 della Valsugana si raggiunge il paese di Pieve Tesino. Da qui seguire le indicazioni per Val Malene - Malga Sorgazza (8 km circa). Utili le catene. Partenza: Malga Sorgazza 1430 m. Dislivello: 1450 m Tempo medio salita: 4/5 ore Difficoltà: BSA Pendenza massima: 35°/40° Esposizione: sud-ovest e est nella parte alta Periodo: febbraio - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica + rampanti e ramponi Cartografia: 4LAND 113 Lagorai Cima d’Asta 1:25.000
Itinerario. Da Malga Sorgazza seguire la forestale fino alla teleferica del Rif. Brentari (1650 m), inoltrandosi poi nel vallone di Cima d’Asta (destra orografica). Dove questo si chiude in un anfiteatro roccioso, alzarsi ripidamente sul versante sud-est (Aia dei Slavazi), traversando poi alla base delle pareti soprastanti. Raggiunto un primo avvallamento, proseguire in direzione nord-est lungo i pendii delle Laste (percorso non obbligato), fino al rifugio O. Brentari. Da qui alzarsi con un’ampia curva verso sinistra, portandosi sull’intaglio (al margine destro della parete sud) che dà accesso al versante nord. Scendere ora per uno stretto canalino (50 metri circa, utili i ramponi) prima di affrontare l’ultimo ripido pendio che conduce alla cima. La discesa è lungo lo stesso itinerario.
Accesso: da Pergine Valsugana risalire la Val dei Mocheni fino a Palù del Fersina, quindi proseguire verso Battisti. Svoltando a destra a un bivio sul tornante (indicazioni per Lago Erdemolo - Rif. Sette Selle), si raggiunge in mezzo chilometro il grande parcheggio in località Fròtten. Partenza: imbocco sentiero per Lago Erdemolo, poco sopra il parcheggio. Dislivello: 700 m Tempo medio salita: 2/3 ore Difficoltà: MSA Pendenza massima: 30° Esposizione: Salita ad ovest. Discesa a sud e a ovest Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica + rampanti Cartografia: 4LAND 113 Lagorai Cima d’Asta 1:25.000
Salita. Appena sopra il parcheggio prendere il sentiero per Lago Erdemolo, che poco dopo si immette in una strada forestale, quindi al bivio sul primo tornante seguire le indicazioni per Passo Palù (a sinistra). Dopo alcune centinaia di metri si dirama a destra il sentiero estivo n. 370: seguirlo fino al limite superiore della vegetazione (1900 m),
quindi continuare sul fondo del vallone; aggirare a sinistra un bastione roccioso, traversando in un secondo momento a destra verso Passo Palù (2072 m). Dalla forcella si percorre il crinale fino al Passo dei Garofani e, togliendo gli sci, con un ultimo tratto più esposto si raggiunge la cima. Discesa. Ripercorrere gli ultimi metri della salita fino al Passo dei Garofani. Invece di scendere direttamente verso sud (pendio sottovento interessato frequentemente da accumuli), dirigersi a ovest verso l’elevazione del Monte Stanga. Ci si abbassa così a una sella che dà accesso a un pendio meno ripido e generalmente sicuro: da qui si percorrono i soleggiati versanti che degradano nella Val del Laner, con la possibilità di compiere una breve deviazione al Rifugio Sette Selle (consigliata!). Seguire la segnaletica del sentiero estivo n. 343/B che conduce nei pressi della miniera “Grua va Hardombl” (l’altro sentiero, il n. 343, è scomodo e spesso poco innevato). Giunti sulla strada forestale, seguirla in discesa fino a ricongiungersi alle tracce dell’andata, poco distanti dal parcheggio.
Slimber, il tracciato della discesa photo©Alessandro Beber
Monte Slimber, 2203 m
51 > ski-touring
Da sinistra in sequenza Cima d'Asta photo©Alessandro Beber
Il Bivacco Aldo Moro sotto la Cima Ceremana photo©Umberto Isman
La salita in campo aperto alla Busa Alta photo©Ruggero Vaia
Il panorama dolce della gita al Lastei di Fornasa photo©Ruggero Vaia
Lagorai, i nostri suggerimenti Periodo consigliato
A seconda degli itinerari e dell’esposizione dei pendii va scelto il periodo più adatto. In generale le gite più semplici possono essere percorse dai primi di dicembre, mentre per quelle più ripide e complesse bisogna aspettare l’assestamento primaverile. Tutto il versante nord mantiene ottime condizioni fino a stagione avanzata.
Accesso
Per il versante della Val di Fiemme autostrada del Brennnero con uscita a Ora. Per la Valsugana uscita Trento centro.
Dormire e mangiare
Val Campelle: Rifugio Carlettini a Scurelle (tel. 345.9724899 - www.rifugiocarlettini.it), un albergo immerso nella natura con cucina tradizionale. Tesino: Camping Val Malene a Pieve Tesino (tel. 0461.594214 - www.valmalene.com), campeggio aperto tutto l’anno con diverse possibilità di sistemazione e numerosi servizi, ristorante compreso. Malga Sorgazza (tel. 346.2304405), alla partenza di Cima d’Asta, ottimi piatti di malga e non solo.
Valsugana: Bar Ristorante Alle Pozze a Roncegno (tel. 0461.764606), ottimo ristorante con alloggi anche in piccole baite distaccate. Rifugio Serot a Roncegno Terme (tel. 335.6025946 - www. rifugioserot.eu), ottima cucina e camerette accoglienti. Val di Fiemme: Hotel Al Polo a Ziano (tel. 0462.571131 - www.hotelalpolo.com), un tre stelle superiore elegante e con ottimo centro wellness. La Cantinetta a Varena (tel. 0462.342695), un ristorante pizzeria con lunga esperienza culinaria e un ottimo rapporto qualità prezzo. Bar Ristorante Miòla a Predazzo (tel. 0462.501924 - www.ristorantemiola. com), all’imbocco della Valmaggiore, in posizione panoramica, con ottima cucina tradizionale e prezzi contenuti. Val Travignolo: Hotel Margherita a Bellamonte (tel. 0462.576140 - www.albergo-margherita.it), in un luogo magico e strategico per lo scialpinismo, con l'accoglienza di una famiglia che da sempre vive qui.
Cartografia
4LAND n° 113 Lagorai Cima d’Asta 1:25.000 e n° 107 Val di Fiemme 1:25.000 - Tabacco n° 14 Val di Fiemme, Lagorai, Latemar 1:25.000 e n° 22 Pale di S. Martino
1:25.000 - Kompass n° 618 Val di Fiemme, Catena del Lagorai 1:25.000, n° 621 Valsugana, Tesino 1:25.000 e n° 622 Pale di S. Martino, Fiera di Primiero 1:25.000
Bibliografia
Alessandro Beber - Lagorai scialpinismo d’avventura - 194 pagine - Tappeiner - Lana (Bz) - Prezzo: 19,90 euro. Alessio Conz e Andrea Reboldi - Scialpinismo in Lagorai Cima d’Asta - 351 pagine - Edizioni Versante Sud, Milano 2010 - Prezzo: 28 euro.
Guide alpine
Val di Fiemme: www.guidealpinevaldifiemme.it Valsugana e Tesino: www.alessandrobeber.com - tel. 339.4852008. Alessandro Beber è autore di parte dei testi e delle foto di questo servizio, nonché dell’ottima guida citata sopra.
Info meteo e valanghe www.meteotrentino.it
Info generali www.valsugana.info www.visitfiemme.it
52 > aziende
mammut testo: Carlo Ceola
Mammut Basecamp un evento così non si era mai visto prima
M
ammut ha deciso di fare le cose in grande per festeggiare i 150 anni dalla sua fondazione. I festeggiamenti per l’anniversario hanno dato il là ad una serie di iniziative e progetti davvero ambiziosi, che rispecchiano gli obiettivi e la dinamicità di questa azienda svizzera. Mammut, grande nome dell’abbigliamento e dell’attrezzatura per la montagna, ha presentato il progetto 150 Peaks, l’ascesa di 150 vette in tutto il mondo, alcune delle quali scelte direttamente dai propri clienti.
Ad ogni ascensione corrisponderà un evento, guide e alpinisti infatti saliranno dotati di micro telecamere e macchine fotografiche per immortalare ogni istante ed ogni particolare. Ad accompagnarli ci sarà la nuovissima Peaks Collection, una linea appositamente creata per il progetto, caratterizzata da un fit accattivante e tessuti innovativi. La presentazione alla stampa di questo grande progetto è avvenuta sul ghiacciaio della Jungfrau in Svizzera, patria di Mammut, dove lo scorso 3 agosto è stato allestito uno spettacolare campo base a 3500 metri composto da 150 tende rosse adagiate sullo splendido belvedere tra Jungfrau, Monch ed Eiger. Eravamo in 200 lassù, tra giornalisti in rappresentanza di 20 nazioni,
Sopra. Uno scorcio del campo base Mammut e il nostro inviato Carlo Ceola photo©Robert Boesch
L'atmosfera all'interno della tenda-bar photo©carlo ceola
guide alpine, importatori e staff della Mammut. Il via alle celebrazioni è stato dato con l’ascesa numero 1 che non poteva che essere la Jungfrau, scalata contemporaneamente dai suoi tre versanti. Un evento nell’evento, dato che in quei giorni ricorreva proprio il duecentesimo anniversario della sua prima ascensione. Nulla è stato lasciato al caso, un’organizzazione incredibile, curata nei minimi dettagli, tanto scenografica quanto efficace ed efficiente.
Un’esperienza davvero unica che Mammut ha voluto riservarci, secondo il proprio spirito che non si limita a raccontare la montagna, ma la vuole fare vivere. Ci hanno vestiti da testa a piedi, ci hanno ospitato nelle loro tende e ci hanno messo a disposizione le guide alpine per arrampicarci in vetta ai 4105 metri del Monch. Abbiamo potuto provare la nuova Peaks Collection, testare gli zaini ed i sacchi a pelo. Ma quel che più conta abbiamo vissuto con loro tre giorni intensi, nei quali ci hanno fatto conoscere la passione che anima i loro progetti ed alimenta la loro creatività. Sono riusciti nell’intento più difficile, quello di comunicare e trasmettere le loro idee coinvolgendo le persone e rendendole partecipi. Non ci hanno raccontato quello che hanno fatto in 150 anni di storia, non ci hanno snocciolato una serie di numeri e tabelle, ma ci hanno portato in montagna, nella loro montagna, l’abbiamo respirata, scalata ed ammirata assieme a loro. Una serie di workshop, dibattiti e conferenze hanno completato il nostro soggiorno al campo base, sempre improntati al futuro, agli obiettivi di Mammut, al confronto e alle relazioni. Insomma, Mammut non si crogiola sul suo glorioso passato, ma vive il presente progettando il futuro.
Solo la combinazione di uno zaino R.A.S., di PULSE o ELEMENT Barryvox®, di una sonda da valanga e di una pala da neve consente la rapida localizzazione e il salvataggio di una vittima di una valanga in una situazione di emergenza.
Removable Airbag System R.A.S. La sicurezza a portata di mano Un airbag è tutto quello che ci vuole. In fuoripista, con gli sci o lo snowboard, grazie alla tecnologia R.A.S. Snowpulse, Mammut offre il primo sistema di airbag per valanghe estraibile per tutti gli zaini Mammut compatibili R.A.S. In caso di valanghe, l’airbag offre un’eccellente spinta ascensionale, aumentando così le possibilità di rimanere sulla superficie della neve. E i compagni ve ne saranno grati. www.mammut.ch/airbags
54 > ski-touring
rifugi testo: Leonardo Bizzaro
Un Ufo sulla montagna Dall'avveniristico cilindro del nuovo bivacco Gervasutti, in Val Ferret, ai primi bivacchi in alluminio dell'ingegner Apollonio: passato, presente e futuro dei rifugi alpini
A
Zwingelstein non servivano i rifugi. Il più grande scialpinista della storia, il primo ad attraversare le Alpi sulla neve (tre mesi nel 1933 pressoché da solo) portava tutto in spalla e dormiva sotto una vecchia tenda Mummery, un triangolo in tela bianca di cotone. Philippe Traynard, l’autore nel 1974 di un manuale di 'ski de montagne' che ha formato generazioni intere di scialpinisti, preferiva invece una truna, uno scavo sul pendio, gli sci appoggiati su due muri di blocchi e gran badilate di neve a far da tetto. La montagna vissuta così torna anche oggi a essere avventura vera, ma costringe a zaini ciclopici e organizzazioni perfette. Il rifugio è nato per rendere le escursioni più facili, tanto più in inverno: un riparo sulla testa, un fuoco per asciugare gli scarponi, un materasso e una coperta, un libro dove leggere di chi è passato prima. E oggi una presa dove caricare cellulare e gps. Dalle prime casupole di sassi ammonticchiati - la Capanna Vincent nel 1785 sul versante sud del Rosa, per chi cercava oro nelle miniere, o il ricovero al Colle Indren per osservazioni scientifiche, costruito nel 1851 - si è passati a edifici in muratura, talvolta autentici alberghi in quota, perfino ad altitudini da primato come la Capanna Regina Margherita sulla punta Gnifetti del Rosa, a 4559 metri. Ipertecnologica già al tempo dell’inaugurazione della sua ultima versione nel1980, la Margherita era comunque una vera sfida al cielo fin dalla prima costruzione del 1893. Ma non ci si è fermati. I progetti dei rifugi della prima 'urbanizzazione' della montagna, se così si può chiamare, si rifacevano per la gran parte a tipologie più o meno omogenee: il classico impianto svizzero, pietra rivestita di legno, con un tetto basso a falda di lamiera. La pendenza accentuata permetteva di scaricare la neve in eccesso. Così i bivacchi, ripari senza gestore d’inverno e d’estate, per ragioni meteoclimatiche o per obiettiva carenza di passaggi, punti d’appoggio che agli
alpinisti offrono l’essenziale, spesso solo quattro pareti per difendersi dal vento. Nel 1922, per iniziativa del CAI, vengono costruiti i primi sulle Alpi occidentali, ma è dal 1947 che prende piede il prototipo in metallo disegnato dall’ingegner Giulio Apollonio, quasi simbolico nella forma, un cubo sormontato da un cilindro tagliato a metà. Era in metallo: nove cuccette e la possibilità di trasportarlo già montato con un elicottero e di fissarlo senza eccessivi pericoli anche su uno strapiombo. Il prototipo, il bivacco Ivrea, venne installato nell’alto vallone di Noaschetta, parco del Gran Paradiso: costò novecentoventimila lire, all’incirca tredicimila euro attuali. Costruiti in serie, nelle sole Alpi occidentali ne furono presto montati altri dodici. Sono quelli che incontriamo abitualmente nei nostri vagabondaggi, immutati, di colore giallo o rosso, anche se in molte aree, soprattutto nel gruppo del Bianco, coesistevano costruzioni in legno e pietra, 'rammendate' con la lamiera di fronte agli insulti del tempo. Si sarebbe probabilmente potuto continuare così per sempre, ma in un mondo 'ricreato' da archistar e designer, prima o poi c’era da aspettarsi che la loro matita si appuntasse anche sugli edifici d’alta montagna. L’hanno fatto gli architetti Luca Gentilcore e Stefano Testa, su richiesta della SUCAI, la sezione universitaria del Club alpino torinese che ha lanciato una raccolta di fondi, con il contributo della Fondazione CRT e di Goretex: alla fine costerà duecentomila euro. Il risultato è un cilindro 'spaziale' che ha sostituito il decrepito bivacco Gervasutti sul ghiacciaio di Freboudze, nell’alta Val Ferret (Ao), sul versante italiano del Monte Bianco. Battezzato LEAP (Living ecological alpine pod), è una sorta di 'lego' con moduli che vengono incastrati in numero variabile uno accanto all’altro, un 'cannocchiale' puntato sulla montagna nelle intenzioni dei progettisti. Il Gervasutti ne avrà quattro, per un totale di dodici posti letto più la zona cucina, l’altra struttura, che dovrebbe essere montata alla base del 'naso' del Lyskamm, nel gruppo del Rosa, chiave di volta del Trofeo Mezzalama, con
55 > ski-touring
La Capanna Mollino in una foto d'epoca photo©per gentile concessione di funivie.org
Storia di una capanna H
Il Bivacco Gervasutti. photo©Gughi Fassino
due moduli potrà ospitare sei alpinisti. Ma la sostituzione del vecchio Gervasutti ha scatenato una bufera di polemiche. Un tubo bianco e rosso di trenta metri quadrati in un 'santuario' della montagna, base di partenza per la leggendaria parete est della Grandes Jorasses, non si può dire che abbia un impatto trascurabile. Forse sono eccessive le parole di Stefano Testa, docente del Politecnico di Milano, oltre che arrampicatore, il quale ha spiegato sul numero dello scorso febbraio de Lo Scarpone come sia «un Ufo per nostra volontà, poiché non altera il contesto ambientale, in quanto architettura temporanea non lascia traccia di sé e i tempi della natura non se ne accorgono». I tempi della natura forse no, quelli dell’uomo sicuramente sì. Ma a che cosa serve un bivacco se un alpinista non lo vede? Anche nella nebbia. Questo d’altronde è il futuro dei ricoveri in alta quota e allora qui ha ragione Testa: «Non si comprende perché a una rivoluzione di abiti e attrezzature per la montagna non debba seguire anche una ricerca moderna sull’ospitalità di un rifugio o un bivacco». Chi avrebbe pensato cent’anni fa che si sarebbe potuta costruire una piramide di vetro nel mezzo del Palais Royal che ospita il museo del Louvre? E prima del Gervasutti la contemporaneità aveva fatto già irruzione sui monti. Nel settembre 2009 è stato inaugurato il Bergkristall, la Monte Rosa Hütte sul ghiacciaio del Gorner, nel massiccio del Rosa, disegnato dagli svizzeri Bearth & Deplazes nel centocinquantesimo anniversario del Politecnico di Zurigo. Un 'cristallo di rocca' in metallo lucente che cresce sulla montagna. Oppure si può pensare al nuovo rifugio Gonella, sulla classica via italiana al Monte Bianco, che appare come una lama d’acciaio ed è stato aperto la scorsa estate. Novità provocatorie? E che cosa si sarebbe dovuto dire della capanna del Lago Nero a Sauze d’Oulx, costruita nel 1946? Era la stazione d’arrivo della slittovia ai bordi d’una pista da sci, non un rifugio costruito in un’area protetta, ma oggi è difesa come un capolavoro, come si spiega nel box in pagina.
a una lunga storia la Capanna del Lago Nero di Sauze d’Oulx, summa del pensiero architettonico di Carlo Mollino. Architetto, designer anzitempo, progettista e pilota di bolidi da corsa, ma anche teorico dello sci (il suo 'Introduzione al discesimo' del 1950 è uno dei migliori manuali tecnici apparsi in Italia) e maestro, per alcuni anni alla guida della federazione delle scuole di sci, Mollino ha lasciato le sue tracce in svariate località alpine. La Casa del sole al Breuil è un esempio di condominio in quota d’impatto certamente minore rispetto a quelli disseminati sulle Alpi negli anni Sessanta e Settanta. Ma è la Capanna del Lago Nero, oggi più nota come Capanna Mollino, l’edificio che meglio rappresenta il personaggio, con le sue forme organiche, la rilettura in chiave moderna delle tipologie alpine più classiche, certe particolarità costruttive in anticipo sui tempi. Nata nel 1946 come stazione d’arrivo della slittovia omonima sulle piste di Sauze d’Oulx, è stata abbandonata quando lo slittone è stato sostituito da seggiovie e skilift e per lunghi anni selvaggiamente depredata. Con la riscoperta di Mollino, a metà degli anni Ottanta, si è cominciato a progettare il suo recupero, tentato più volte e infine riuscito solo in tempi recenti. Per un certo periodo la Capanna è stata anche affidata al Premio Grinzane, che avrebbe dovuto ospitarvi una delle sue ramificazioni dedicate alla letteratura di montagna, prima di essere travolto dalle inchieste giudiziarie. Con l’avvio della stagione turistica riaprirà come ristorante e bar sulle piste. La gestirà la società Abc di Alessandro Perron Cabus, amministratore delegato della Sestrieres S.p.A., che annuncia un grande igloo accessibile agli sciatori, sotto il terrazzo, e al piano superiore un piccolo museo che farà la storia della struttura e probabilmente dello sci in valle.
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EVENTI testo: Umberto Isman foto: Umberto Isman
Landmark I
l 6 ottobre c’è stata la cerimonia ufficiale di taglio del nastro del nuovo quartier generale del gruppo OberAlp a Bolzano. Per chi non lo sapesse, OberAlp è proprietario dei marchi Salewa, Dynafit e Pomoca e distribuisce alcuni altri brand nell’ambito sportivo (Speedo, Rip Curl, Armada, Flow e Loeffler). Il nuovo headquarter, passando in autostrada da Bolzano, non passa certo inosservato. Un sottomarino, un dinosauro, una balena… Se chiedete a un bambino a cosa assomiglia, le risposte saranno queste. Un cristallo di rocca o un massiccio alpino, sostiene Filippo Pagliani, architetto dello studio Park e Associati, che insieme a Cino Zucchi si è aggiudicato l’appalto all’interno di un prestigioso concorso internazionale. Si gioca qui l’essenza estetica dell’edificio, un misto di fantasia e integrazione col paesaggio circostante. Un cristallo di rocca ma anche una montagna, squadrata e assimilabile a quelle che la circondano. Anche un po’ un castello, come quello che sullo sfondo gli fa da partner medioevale. Un trait d’union nel tempo e nello spazio, tra la natura immutabile, le vestigia del passato e la moderna industrializzazione. Ma cos’è che rende unico questo edificio? La forma, innanzitutto, che in questo caso non coincide con la sostanza, con il contenuto. La struttura, infatti, è per tre quarti ricoperta da pannelli in alluminio colorati per elettrolisi che determinano estetica e forma, che in alcune sezioni non corrisponde con i volumi fruibili all’interno. I pannelli sono stati volutamente colorati con diverse gradazioni di grigio, che a sua volta risulta cangiante a seconda delle condizioni di luce. Il risultato è un unicum omogeneo, che solo sul lato nord svela una struttura più tradizionale in acciaio, cemento e vetro. Il lato settentrionale è anche quello che si affaccia verso la città di Bolzano e le montagne circostanti, oltre che quello dedicato all’illumi-
Così è stato definito per l’Alto Adige il nuovo quartier generale di Oberalp. Un edificio dalle forme fantastiche, disegnato da Cino Zucchi e dallo studio Park e Associati, che ospita anche una palestra con 200 vie di arrampicata, un bistrò a km zero e l’asilo nido
Sopra. Vista notturna della torre centrale durante la festa di inaugurazione Nella pagina a destra. L'imponente impianto fotovoltaico Heiner Oberrauch durante la conferenza stampa di presentazione accompagnato dagli architetti e dai vertici dell'azienda The Cube una delle palestre di roccia più grandi al mondo
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nazione naturale degli spazi interni. Ciò che rende il Salewa headquarter ancora più unico è la filosofia che lo anima e l’ha caratterizzato fin dalla stesura del bando di concorso. Una filosofia d’integrazione, non solo concettuale ed estetica, col territorio e la comunità, che ha come fulcro il Cube, la palestra di arrampicata al coperto integrata nell’edificio. Una palestra tra le più grandi e funzionali al mondo, con oltre duecento vie e una flessibilità che permet-
te di modificare continuamente la morfologia delle pareti artificiali. La risposta della città, e non solo, è stata entusiastica e numericamente superiore a qualunque previsione. Lo stesso vale per il Bivac, un bistrò dove chiunque può gustare uno spuntino ‘a km zero’, ossia con prodotti del territorio altoatesino. Più commerciale è evidentemente il Salewa World al piano terreno, dove è possibile vedere e acquistare tutti i prodotti del catalogo. Ma l’attenzione del management di OberAlp si è rivolta evidentemente anche ai dipendenti. Un vero e proprio piano di responsabilità sociale ha fatto sì che al sesto piano dell’edificio ogni lavoratore possa usufruire di uno spazio fitness, che insieme alle aree di ricreazione indoor e outdoor migliora la qualità della vita lavorativa e quindi dei risultati. Così come l’asilo nido interno per le mamme di OberAlp. Dal punto di vista tecnico, un grande punto d’orgoglio e di progresso dell’azienda è il magazzino robotizzato che consente di movimentare oltre 45.000 articoli al giorno. L’aspetto energetico ce l'ha illustrato direttamente l’architetto Cino Zucchi il giorno dell’inaugurazione. Siamo saliti sul tetto dell’edificio, alla base della grande torre alta una cinquantina di metri che racchiude la parte direzionale. Una distesa di pannelli fotovoltaici fornisce l’energia per l’intera struttura e non solo. Più o meno il fabbisogno di 300 famiglie, ci ha detto Zucchi, e molto è stato fatto anche in termini d’isolamento termico e risparmio energetico. Un sistema di controllo microclimatico dell’ambiente ha ulteriormente migliorato il rapporto costi-benefici sul piano energetico. Non è un caso che al nuovo Salewa headquarter sia stato assegnato il marchio di qualità Work&Life della prestigiosa agenzia CasaClima, che tiene conto non solo dei fattori energetici ed economici, ma anche degli aspetti sociali e culturali. Quanto all’inaugurazione, è stata una grande festa, da metà pomeriggio a notte inoltrata, dal caldo di questo strano autunno al freddo della perturbazione giunta in serata a imbiancare le montagne sopra Bolzano e a bagnare le danze sfrenate degli invitati più nottambuli. La vera icona dell’evento, però, è stato il sorriso di Heiner Oberrauch, ‘the boss’, mentre si calava in corda doppia dalla torre, portando il nastro da tagliare. Un sorriso sicuramente di buon auspicio.
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LA NEVE E LE VALANGHE
testo: Renato Cresta
La legge punisce chi provoca uno spostamento di neve, indipendentemente dai danni provocati. Ecco perché è utile non fidarsi dEI luoghi comuni in materia
La valanga è un 'reato di pericolo' P robabilmente qualche lettore sarà sorpreso dal titolo con cui quest’anno apro la mia rubrica. Ho creduto opportuno affrontare subito questo argomento perché ogni tanto mi trovo in contatto con persone che 'sono sorprese' per l’essere state deferite al Tribunale perché 'indagate' in merito a un incidente di valanga. Affronto questo tema perché, ogni tanto, qualche Tribunale mi affida l’incarico di Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) oppure mi trovo ad assistere, quale consulente di parte, l’avvocato difensore di qualcuno che si scopre indagato 'del reato di cui all’art. 449 in relazione all’articolo 426 del c.p.'. In più di un’occasione l’indagato era veramente stupito di essere stato chiamato in causa: «Nessuno si è fatto male», oppure «ma se non c’era nessuno», si giustifica. Non serve a nulla e ci si rende conto del guaio in cui ci si è cacciati soltanto quando l'avvocato ci spiega che «provocare una valanga è un reato contro la pubblica incolumità, perciò non ha alcuna importanza se la valanga non ha travolto nessuno» (in questo caso la pena verrebbe persino aumentata). Prima di inoltrarci nel discorso, mi sembra conveniente precisare bene il significato dei termini. Pericolo: situazione alla quale sono associati elementi capaci di compromettere la sicurezza. Reato: comportamento antigiuridico capace di produrre un evento contrario a un interesse protetto dalla norma penale e pertanto punibile. Un principio basilare del diritto (inteso come il complesso delle norme su cui si fondano i rapporti tra i membri di una comunità) è il diritto (inteso come garanzia degli interessi del soggetto) che tutti hanno a conservarsi quantomeno nello stato di salute in cui si trovano. Vorrete scusare il gioco di parole, ma non dovrebbe essere difficile comprendere che se io provoco una valanga commetto un reato di pericolo, poiché metto a repentaglio la salute di chiunque possa trovarsi sulla traiettoria delle masse nevose in movimento. Un reato di pericolo, quindi, non comporta obbligatoriamente che vi sia un travolto o una vittima; è sufficiente che ne esista la possibilità perché io mi trovi immediatamente indagato. Il semplice fatto di provocare una valanga equivale a commettere un reato che rientra tra quelli compresi nel Titolo IV del Codice Penale: Dei Delitti contro la Pubblica Incolumità. L’articolo 426 del c.p. è molto semplice e si limita a dire: «Chiunque cagiona una inondazione o una frana, ovvero la caduta di una valanga, è punito con la reclusione da cinque a dodici anni». Ce n’è abbastanza per 'farsela sotto' adesso invece che quando si è verificata la valanga. Con ragione, l’art. 449 mitiga la pena a un periodo compreso tra uno e sei anni se la valanga è stata provocata per colpa (cioè involontariamente). Sebbene ridotta alla metà, è sempre una pena gravissima. La lettura dei dispositivi di condanna può aiutarci a compilare una statistica molto semplice; i condannati per questo reato rientrano in una di queste due categorie: gli sprovveduti o i cocciuti. I primi non si sono resi conto del pericolo (imperizia), i secondi si
ritenevano capaci di dominare la situazione (imprudenza). Ogni volta che ci mettiamo in cammino per un’escursione con gli sci, una discesa freeride, un fuori pista con lo snowboard o anche per fare una semplice 'ciaspolata', dobbiamo considerare la nostra sicurezza non solo in visione dei guai che ci possono arrivare se siamo investiti dalla neve, ma pure da quelli che ci possono cadere addosso se dovessimo essere travolti dalla giustizia, che procederà d’ufficio, non appena avuta notizia dell’avvenimento. Nei miei dialoghi con i lettori mi sono sempre sforzato di usare un linguaggio idoneo a fare comprendere, anche ai lettori che si avviano con poca o nessuna esperienza a praticare la montagna invernale, che è necessario acquisire una 'forma mentis' capace di portarli a essere veramente buoni sciatori-escursionisti, coscienti che la conoscenza della neve e dell’ambiente è molto più importante del peso dell’attacchino o del maggior galleggiamento dello sci con spatola da 117 mm rispetto a quella di 112. Non voglio unirmi ora, né l’ho mai fatto in passato, al coro di quei 'tartufi' che affermano che la montagna è pericolosa, talvolta è nemica. Mi sono arrampicato su per i monti, d’estate e d’inverno, ma non mi sono mai sentito 'in lotta con l’Alpe'. La lotta è contesa, duello, discordia e dalla lotta si esce vincitori o sconfitti: la vittoria (quale vittoria?) non mi avrebbe fatto più grande di quanto sono, la sconfitta mi avrebbe distrutto. Neppure durante le mie salite più impegnative mi sono sentito ingaggiato in una competizione; al contrario, sono andato alla ricerca degli aspetti nascosti di un’amica dal carattere bisbetico, a volte lunatico: la montagna. Le sono grato perché mi ha permesso di avanzare dove lasciava passare pochi, riconoscente perché ha tollerato le mie debolezze fisiche e tecniche, debitore perché, ancor oggi, mi accoglie, mi appaga e non vuole nulla in cambio. In questo modo ho stretto un’amicizia con la montagna, un’amicizia, forse unilaterale, che mi ha concesso di vivere in montaUna fase di un'esercitazione per la ricerca gna e vivere di montadi dispersi in valanga. photo©enrico Marta gna, risiedere in una grande palestra nella quale, come me, tutti possono svagarsi e divertirsi praticando molti giochi. La montagna non ci minaccia, è disposta a stare al gioco, ma ogni gioco ha le sue regole e noi dobbiamo rispettarle perché la posta può essere la nostra vita.
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NEVE E DIRITTO testo: Flavio Saltarelli
È importante tenere conto delle capacità dell'accompagnato e delle condizioni dell'itinerario
Flavio Saltarelli, classe 1963, avvocato civilista, pratica scialpinismo dall’età di 18 anni. Si occupa per passione delle problematiche legate alle responsabilità connesse agli sport in ambiente montano e ha partecipato a diverse competizioni di ski-alp. Per eventuali quesiti: studiolegalesaltarelli. grassi@fastwebnet.it
Come organizzare una gita sicura... dalle valanghe della legge
N
ell’ultima puntata della mia rubrica mi ero soffermato sulla responsabilità di chi accompagna uno o più amici, o allievi di una scuola CAI, in un’escursione di scialpinismo. Continuando a indagare lo stesso tema, vediamo ora come organizzare non professionalmente una gita che sia sicura anche dagli strali della legge. Le valutazioni principali che il cosiddetto capo gita deve eseguire riguardano aspetti intrinsecamente collegati tra loro. Il rapporto tra le difficoltà oggettive e i rischi insiti nell’escursione (condizioni d’innevamento della montagna, condizioni atmosferiche, orario d'inizio dell’escursione) va rapportato alle capacità dell’accompagnato (capacità sciistica, capacità alpinistica, condizioni psicofisiche). La conseguenza è quella ovvia: più la gita si avvicina ai limiti tecnici, psichici e fisici dell’accompagnato, tanto maggiore sarà il possibile rischio dell’accompagnatore; non solo, la responsabilità sarà ancora più rilevante quando il meno esperto non abbia particolare predisposizione al rischio o comunque sia stato 'forzato' alla gita, nel senso che il medesimo avrebbe preferito un’escursione meno impegnativa e magari era partito da casa proprio con quell’intenzione. Sono importanti anche la capacità tecnica e fisica dell’accompagnato e dell’accompagnatore e la differenza che intercorre tra loro: infatti, come abbiamo spesso precisato in questa stessa rubrica, tanto maggiore è la discrepanza di livello tra capo gita e aggregato, tanto maggiore sarà la rilevanza della responsabilità che grava sull’accompagnatore. Altro fattore da considerare è l’esperienza dell’organizzatore rispetto alla gita intrapresa. Questo aspetto ha in realtà una duplice valenza in quanto, se è vero che il capo gita ha l’obbligo di scegliere escursioni adatte almeno alla sua esperienza, è anche vero che più il capo gita è esperto
più, per legge, rischia di essere responsabile, essendo pienamente in grado di valutare l’idoneità dell’accompagnato in relazione all’escursione. Senza poi aggiungere che in caso di soggetto particolarmente qualificato, anche l’affidamento dell’accompagnato è di certo maggiore. Viste queste premesse, siamo in grado di estrapolare delle regole da seguire quando si organizza una gita di ski-alp. In primo luogo scegliere una gita pienamente 'abbordabile' per gli accompagnati, anche alla luce delle condizioni di tempo e innevamento, una gita comunque nel corso della quale l’accompagnatore sia in grado di 'fare da balia' agli accompagnati; a tale scopo vanno valutate le capacità tecniche, di resistenza e psicologiche dei partecipanti (anche in relazione al tempo da impiegarsi). Si può scegliere una gita impegnativa solo se il livello del capo gita è simile a quello degli altri, in modo che non ci sia affidamento giuridico sulle capacità del capo gita, il quale sia solo delegato agli aspetti meramente organizzativi, ma non sia invece deputato ad aiutare sul campo gli amici. Suggeriamo di scegliere una gita solo se confortati da un livello di rischio valanghe locale accettabile (inferiore al 3) e dopo avere assunto informazioni di prima mano (guide alpine, soccorso alpino, tecnici Aineva o SVI) sulle condizioni dell’itinerario. È importante informare dettagliatamente, prima della partenza, tutti i partecipanti sull’esatto itinerario, evidenziandone le condizioni e tutte le informazioni di cui si sia in possesso (eventuali placche a vento sul percorso, rocce affioranti, condizioni di neve particolarmente difficili). Il capo gita deve dunque rifiutarsi di portare con sé persone che ritenga non idonee al percorso prescelto; non risponde tuttavia qualora i partecipanti forniscano informazioni false relativamente alla loro capacità, dichiarando ad esempio curriculum scialpinistici non veritieri. Prima di partire per una gita è importante che ogni dettaglio sia stato affrontato e comunicato ai partecipanti. photo©Dynafit
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PREPARAZIONE ATLETICA testo: Vittorio Micotti foto: Mario Curti
l'autore Vittorio Micotti, classe 1967 di Verbania, è dal 2006 responsabile della preparazione atletica della squadra nazionale maschile di sci alpino. Ăˆ laureato in scienze motorie e osteopata. Info: micottivittorio@gmail.com
La preparazione di un atleta dello ski-alp deve tener conto anche della fase di discesa: a VOLTE qui si vincono le gare, ma soprattutto si rischiano infortuni
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IL DIMOSTRATORE Dimostratore d'eccezione per questa rubrica tecnica è Damiano Lenzi, atleta della squadra nazionale e del Centro Sportivo Esercito. Classe 1987, di Domodossola, risiede a Ceppo Morelli e vanta un passato da atleta dello sci di fondo che l'ha visto arrivare fino alla squadra B della nazionale. La scorsa stagione si è imposto nell'individuale di Coppa del Mondo a Zakopane, ma in carriera vanta già numerosi risultati di spicco, come l'oro in staffetta ai Mondiali di Andorra, il secondo posto nella penultima edizione del Mezzalama o nell'edizione del 2011 dell'Adamello Ski Raid insieme ad Eydallin. Alto 179 cm per un peso forma di 72 kg, utilizza sci e attacchi Trab, scarponi Gignoux, abbigliamento Montura, casco e accessori Camp.
PREPARARSI alla DISCESA
L
a performance di una gara di ski-alp è suddivisibile in due parti: la salita e la discesa. È evidente che i due settori hanno dei fattori limitanti della prestazione nettamente diversi, sia sotto l'aspetto tecnico che fisiologico. Pertanto nella pianificazione dell'allenamento necessitano di scelte di mezzi di allenamento specifici. Parlando della discesa, dobbiamo osservare che, con l'evolversi continuo della disciplina, gli atleti hanno la tendenza ad 'alzare sempre di più l'asticella' aumentando la velocità e di conseguenza i rischi di incorrere in infortuni. Un allenamento di potenziamento muscolare specifico, sia a corpo libero che con sovraccarichi, può avere il duplice obiettivo di migliorare la forza e la resistenza dei distretti muscolari impegnati nel gesto tecnico, ma anche di accrescere l’equilibrio, la propriocettività e quindi il controllo di quelle articolazioni che possono essere soggette a traumi, come ginocchia o caviglie. La discesa in una competizione di ski-alp, a differenza di quella di una gara di sci alpino, ha due aspetti che la contraddistinguono: la durata che può arrivare anche a parecchi minuti e il tipo di terreno, che può andare dalla pista battuta al fuoripista più estremo. La pianificazione dell’allenamento a secco deve tenere presente questi fattori, quindi ci si dovrà concentrare sul miglioramento della forza resistente
utilizzando delle esercitazioni che permettano nel contempo di accrescere la stabilità delle articolazioni interessate (balance training), al fine di stimolare quelle caratteristiche neuromuscolari che permettono di stabilizzare le varie articolazioni soggette a carichi elevati, con modalità spesso traumatiche. Una metodologia di allenamento che può soddisfare queste esigenze è il lavoro a circuito. È un metodo di potenziamento a stazioni, con esercizi che interessano più distretti muscolari. Contiene i concetti espressi sopra, cioè un lavoro per la forza resistente che interessa sia l’equilibrio che la propriocettività, in modo da stimolare sia le qualità aerobiche/anaerobiche dei muscoli interessati direttamente nella discesa, che quelle dei muscoli stabilizzatori, come i flessori del ginocchio (bicipite femorale, semitendinoso, semimembranoso popliteo), gli estensori (vasto mediale, medio e grande gluteo). Altri vantaggi sono quello di poter lavorare con più atleti in spazi ristretti e quello di poter allenare anche gli atleti più giovani alla forza, dato l’utilizzo di pesi non troppo gravosi. La forza resistente si allena con molte ripetizioni (maggiori di 15), carichi medio-bassi (minore del 50% del massimale), velocità moderata e poco recupero (un minuto al massimo). All'aumentare del grado di allenamento, tipicamente si incrementano il numero di ripetizioni e il numero delle serie.
Percentuale del carico riferita al massimale
Numero di esercizi
Numero di ripetizioni per esercizio
Numero di circuiti per seduta
Recupero tra gli esercizi
Recupero tra i giri
carico naturale o pesi liberi adeguati al numero di ripetizioni richiesto
8 - 12
a esaurimento (16 - 25 e oltre)
2-4
1’ - 30”
2’ 30”
64 > ski-alp
PREPARAZIONE ATLETICA
ESEMPIO DI UN CIRCUITO GAMBE 1. SQUAT SU PEDANA
Recupero tra gli esercizi 1 minuto Recupero tra i circuiti 3 minuti Numero di circuiti per seduta 3 *sequenze da sinistra a destra
Dalla stazione eretta su pedana propriocettiva bilanciere appoggiato sulle spalle, squat completo.
2. FLESSORI A TERRA UNA GAMBA ALLA VOLTA Da supino, una gamba piegata in appoggio l’altra estesa in avanti, elevare il bacino mantenendo la gamba estesa in avanti.
Dalla stazione eretta, piede appoggiato su materassino, la gamba dietro in appoggio su panca, bilanciere sulle spalle mezzo squat su una gamba.
3. MEZZO SQUAT, UNA GAMBA CON MATERASSINO, L’ALTRA DIETRO SU PANCA
4. ADDUTTORI CON ERCOLINA Dalla stazione eretta, fianco alla spalliera, agganciare un elastico al piede prossimo alla spalliera, addurre l’arto mantenendo l'equilibrio sull'arto in appoggio.
5. STEP SU PANCA Dalla stazione eretta, un piede in appoggio su panca, bilanciere sulle spalle, salire sulla panca e scendere controllando la velocità.
65 > ski-alp
6. FLESSORI CON FIT BALL Da supino, arti inferiori estesi appoggiati su una fit ball. Flettere le gambe tirando verso i glutei la fit ball.
7. ABDUTTORI CON ERCOLINA Dalla stazione eretta, fianco alla spalliera, agganciare un elastico al piede distale rispetto alla spalliera stessa, abdurre l’arto mantenendo l'equilibrio sull'arto in appoggio.
Prono su panca arti inferiori flessi. Estendere le gambe verso dietro-alto.
8. GLUTEI SU PANCA
9. AFFONDO SUL POSTO CON MANUBRI Dalla stazione eretta manubri in mano con arti superiori lungo i fianchi. Portare alternativamente un arto inferiore indietro fino a toccare con il ginocchio il pavimento.
10. SUPER MAN In appoggio su di un arto, busto e arto superiore esteso in avanti, arto inferiore esteso dietro, paralleli al terreno. Flettere arti superiori e arti inferiori fino a portare i gomiti a contatto con il ginocchio dell'arto libero.
66 > ski-alp
PREPARAZIONE ATLETICA
CORE STABILITY Una preparazione a secco specifica per l’agonista dello ski-alp dovrebbe anche includere una parte dedicata allo sviluppo e al mantenimento di una ‘core stability’ adeguata, termine diventato recentemente molto in voga e spesso abusato. Si tratta dell’allenamento delle capacità di operare un controllo motorio fine tale da mantenere una postura corretta particolarmente della zona lombare e pelvica, che rappresentano due distretti delicati di ogni gesto sportivo. In sintesi la core stability è la capacità di controllare la posizione e il movimento del tronco sul bacino e sulle gambe e ha la funzione di fare da base anatomica da cui possono partire i movimenti dei segmenti distali (braccia e gambe).
I muscoli che sono coinvolti nella stabilizzazione del ‘core’ sono principalmente: il traverso dell'addome, gli obliqui esterni, gli obliqui interni, il retto addominale, il quadrato dei lombi, i dorsali, il multifido. La sincronia dell’attivazione di questi muscoli, se correttamente stimolata ed allenata, crea un supporto attivo in grado di: 1. Supportare la colonna nell'ammortizzare i carichi;
vimento. Questo fenomeno è la base per ogni esercizio di core stability, infatti, l’atleta deve essere in grado di pre-attivare questi due muscoli in modo efficace. L’indicazione più semplice per far questo è di portare l’ombelico verso la colonna, utilizzando le dita come feedback su entrambi i lati dell'addome per sentire la tensione del muscolo trasverso.
3. Dare il giusto timing per l’attivazione della catena cinetica (serie di muscoli che partecipano all’esecuzione del movimento) che è basata su schemi pre-programmati di attivazione muscolare. Ad esempio l’azione rapida del braccio inizia dal muscolo gemello controlaterale, procede quindi attraverso il tronco fino al braccio.
Gli errori più comuni nell'esecuzione degli esercizi di core stability sono: - cercare un’eccessiva retrazione del trasverso: poiché l’obiettivo è quello di stimolare la resistenza delle strutture, un impegno gravoso sin dall’inizio dell’esercizio può determinare un affaticamento precoce. - eseguire gli esercizi in apnea. - confondere la retrazione del trasverso con la retroversione del bacino (rotazione del bacino sulle anche). Quest’ultima ha lo svantaggio di determinare una riduzione della lordosi fisiologica, sottoponendo i dischi inter-vertebrali ad un sovraccarico.
Diversi studi hanno dimostrato che la co-contrazione dei muscoli trasverso dell’addome e multifido avviene in anticipo a qualunque movimento lombare. Ciò fa sì che questi muscoli anticipino forze che possono agire sulla colonna e stabilizzino l’area prima che avvenga il mo-
La progressione deve prevedere un periodo di apprendimento della giusta contrazione del trasverso, per poi passare ai vari esercizi. Prima quelli a terra (supino, prono) e laterali, sino a quelli con fit ball o altri attrezzi.
2. Stabilizzare la parte centrale del corpo (il core) dove si inseriscono arti inferiori e superiori, affinchè il movimento degli stessi sia più preciso ed economico;
Sedute settimanali
Numero di esercizi
Numero di ripetizioni
Durata totale seduta
Recupero tra gli esercizi
2-5
5 - 10
20 - 40 oppure 20" - 90"
20' - 40'
20" - 40"
67 > ski-alp
ESEMPIO per esercizi di CORE STABILITY 1. Da supino, gambe in appoggio sulla fit ball portare le ginocchia verso le spalle tenendo la fit ball aggAnciata
2. Da supino arti supERIORI e infERIORI estesi, Portare il braccio e la gamba controlaterali verso l'avanti alto
3. Da pronO su di una fit ball, arti supERIORI estesi avanti, estendere il busto
68 > ski-alp
PREPARAZIONE ATLETICA
4. Da pronO in appoggio sui gomiti mantenere la posizione
5. Da supino in appoggio sui gomiti mantenere la posizione
6. Dalla posizione di decuBito laterale, sollevare il busto andando in appoggio sull’ avambraccio
7. nelle quattro FOTO IN sequenzA: Corpo proteso dietro in appoggio sulle braccia piedi su una fit ball, richiaMAre le gambe al petto
Per concludere Si può dire che l’allenamento a secco per lo ski-alper può avere diversi scopi, tra i quali migliorare la forza resistente che ai fini della performance permette di avere una migliore resistenza locale, sia in salita che in discesa, e quello di avere quei presupposti muscolo scheletrici che consentono di ridurre i rischi di incorrere in infortuni, sia da sovraccarico che da traumi.
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PELLI DI FOCA testo: Enrico Marta foto: Enrico Marta dimostratore: Fabio Meraldi
Questione di FEELING… Le pelli di foca sono la vera essenza dello ski-alp. Inauguriamo questa rubrica tecnica con Fabio Meraldi mostrando come sceglierle, sagomarle e incollarle. Quindi ecco il test di alcuni dei modelli più interessanti sul mercato
L
e pelli sono a tutti gli effetti l'attrezzatura caratterizzante di questa disciplina. Il feeling fra lo scialpinista e le proprie pelli sta alla base di tutto. Qualcuno vede in questo modo di frequentare la montagna la possibilità di effettuare discese da sogno in neve fresca, altri invece l'opportunità di praticare un'attività aerobica in ambiente intatto. Per noi di Ski-alper è invece un profondo rapporto di familiarità con le pelli, in salita, in discesa, in piano… Il resto viene dopo. Se non si sanno usare le pelli non ci si può considerare ski-alper. In questi primi numeri della stagione ci occupiamo di tecnica di salita, di progressioni su terreno impegnativo, di sicurezza. Prima di addentrarci nel vivo degli argomenti tecnici meglio soffermarci su questo importante attrezzo: quale scegliere, come adattarle ai propri sci, quale fissaggio (top fix) adottare, come riporle nello zaino. Ma le pelli non sono tutte uguali: in passato si trattava effettivamente di pelli di foca, oggi i materiali usati per confezionarle sono in prevalenza sintetici salvo una piccola percentuale di mohair - il pelo della capra d'Angola - ed è proprio in base a queste differenze che ogni azienda propone pelli di diversa colorazione con caratteristiche e peculiarità di tenuta/scorrevolezza che vale la pena di prendere in considerazione.
Le pelli prese in esame Esistono due grandi produttori di pelli: Colltex e Pomoca, poi c'è Black Diamond che propone pelli particolari con soluzioni interessanti e Dynafit che commercializza pelli dedicate ai propri sci perfettamente sagomate e con top fix studiato per i loro innesti. Della Colltex abbiamo portato sul campo la pelle azzurra, indicata per l'agonismo, la blu con caratteristiche di polivalenza e la rossa che dovrebbe garantire buona tenuta anche ai principianti. Della Pomoca la rossa e la nera. Della Black Diamond la nera, adatta ad un ampio spettro di utenti.
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Le prove Gli aspetti presi in considerazione sono senz'altro la tenuta nei traversi e nei tratti in massima pendenza e la scorrevolezza. Una pelle che tiene bene ma che non scorre affatica lo scialpinista, sottraendo energie preziose durante la gita. Altri aspetti secondari, ma da considerare, sono la facilità di scollaggio e di reincollaggio anche dopo parecchi 'togli e metti'. Quindi l'idrorepellenza su nevi bagnate e la durata nel tempo. A queste ultime voci non possiamo dare risposta dal momento che dovremmo intrattenerci con le pelli per almeno due anni‌ Ma l'esperienza dei tecnici può dare indicazioni preziose sotto questi aspetti.
72 > tecnica
PELLI DI FOCA
Il taglio delle pelli Le pelli sono pervenute in redazione integre, con fianchi diritti, vale a dire 'da costruire'. La procedura di preparazione della pelle è stata rigorosamente seguita per tutti e sei i modelli considerati. Trattandosi di operazioni manuali può esserci una tolleranza di millimetri nei tagli in punta e coda mentre sui fianchi le dimensioni sono pressoché identiche. Ogni confezione è dotata del taglierino per la sagomatura dei fianchi. Lo sci preso in considerazione per la prova è un Movement Random 167. La scelta è caduta su questo modello dal momento che ne avevamo tre paia in ski-room e questo facilitava l'esecuzione della prova.
A
AttrezzaturA necessariA Un metro per le misurazioni, un pennarello a punta fine che scriva anche su materiale sintetico, il taglierino per le pelli, un paio di forbici piuttosto robuste e ben affilate, un 'fa buchi' del tipo di quelli per bucare le cinture, corda elastica di 4/5 mm di sezione, oggetto rotondo (bicchiere o altro) per segnare il taglio della coda, morse da tavolo per gli sci.
B
C
F
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Accorgimenti di base e operazioni di taglio Una volta che lo sci è stato bloccato nelle morse con soletta verso l'alto, si appoggiano le pelli alla soletta per considerarne le dimensioni e verificare che effettivamente coprano tutta la larghezza e lunghezza desiderata. Le pelli si presentano protette da una pellicola di nylon.
1
La prima operazione consiste nel determinare la direzione del pelo (foto A) che deve essere orientato per scorrere in avanzamento e bloccare in arretramento. Sembra un consiglio banale ma a volte può anche succedere di invertire la direzione.
3
Incollaggio della pelle. La pelle ancora squadrata viene incollata a partire dalla linea della punta fino alla coda in modo che sui fianchi debordi allo stesso modo da una parte e dall'altra.
4
La lunghezza. Solitamente non usiamo pelli fissate alla coda dello sci: misureremo quindi venti cm dalla coda facendo un segno sulla lamina con il pennarello. A questo punto, dopo aver tracciato una linea con il pennarello sulla pelle (foto B), effettueremo il taglio con le forbici.
5
Quando si stacca la protezione di nylon è bene fare in modo che la pelle non cada o si appoggi al bancone con il rischio di incollare tutto quello che incontra, compromettendone sin da subito l'efficienza.
Sagomatura dei fianchi. Con l'apposito taglierino partendo dalla spatola eseguire il taglio preciso sui due fianchi fino all'estremità (foto C). A questo punto la pelle ha la stessa dimensione della soletta dello sci, lamine comprese.
D
E
2
6
Sagomatura finale. Considerando di allestire pelli che lascino scoperte solamente le due lamine procediamo in questo modo: staccare la pelle dalla spatola o dalla coda e reincollarla sulla soletta in modo che da un lato restino scoperte la larghezza di due lamine. Si procede poi ad effettuare il taglio della pelle dalla parte in cui deborda. A questo punto la pelle ha la larghezza desiderata infatti, se la reincolliamo, avremo il risultato di una perfetta copertura della soletta con lamine scoperte.
7
Arrotondare la coda. Con una sagoma tonda del diametro della larghezza della pelle si traccia con il pennarello una semicirconferenza (foto D). Con le forbici si produce un taglio affinché la parte finale della pelle sia tondeggiante (foto E). Questo accorgimento fa sì che la pelle non si scolli all'estremità durante l'utilizzo.
8
Preparazione del top fix. Abbiamo adottato il metodo con elastico e nodo, il più leggero fra tutti quelli normalmente adottati che deriva direttamente dalle esperienze agonistiche. Si traccia con metro e pennarello una prima parte centrale larga 2 cm e lunga 5 che si raccorda ad un punto distante 15 cm dalla punta dello sci. Si procede poi al taglio con le forbici di questo tracciato. La sagoma a triangolo o meglio a trapezio di questa parte anteriore ha il preciso scopo di non prestare fessure in avanzamento all'intrusione di neve - soprattutto quella bagnata - che possa far scollare la parte anteriore durante l'escursione. Viene poi passato un elastico di 30 cm ripiegando i primissimi 5 cm su se stessi. A questo punto con il fa buchi si effettua un foro nel quale passare un ribattino che verrà chiuso. Successivamente si effettua un'asola sull'elastico che determina l'ampiezza dell'anello in funzione del foro o dei fori presenti sulla spatola dello sci per ospitare il top fix (sequenza F).
Scolla E incolla La pelle è fatta, ora non resta che scollarla dallo sci e reincollarla sul supporto in nylon. In seguito ogni ski-alper procederà ad incollare pelle contro pelle per velocizzare le operazioni di togli e metti, soprattutto in occasione di escursioni complesse e lunghe. Qualcuno riesce a mantenere la saggia abitudine di reincollare sempre le pelli all'efficace retina anche se questa operazione in presenza di vento e freddo diventa veramente impegnativa.
74 > tecnica
PELLI DI FOCA
La prova sul campo L
e pelli sono state provate su ghiacciaio: 20 cm di neve nuova, umida, che si è depositata direttamente sul ghiaccio. Le prove hanno previsto una salita classica con inversioni, un tratto in massima pendenza e sul ghiaccio nero affiorante per chiudere con una discesa per valutare anche la scorrevolezza. Fabio Meraldi ha messo in campo tutta la sua grande esperienza valutando attentamente il comportamento delle pelli.
Pomoca Race Colore: nero Composizione: 100% sintetica Peso: 318 g Destinazione: agonismo Sistema di scollaggio facilitato dalla soluzione Pomoca. La pelle nera race - in passato era color petrolio - ha rivelato le sue buone qualità di scorrevolezza con una tenuta all'altezza della situazione anche nell'attraversamento dei tratti più impegnativi.
Pomoca Adventure Glide Colore: rosso Composizione: 70% mohair, 30% sintetica Peso: 340 g Destinazione: grantour La parte della colla è caratterizzata da una zigrinatura nera che facilita notevolmente lo stacco delle due pelli: agevole questa importante operazione con tutte le pelli Pomoca. La prova in salita ha dato risultati positivi: buona la tenuta in tutti i passaggi e sulle nevi incontrate. Un po' meno efficace la scorrevolezza.
CoLltex Special Colore: azzurro Composizione: 100% mohair Peso: 305 g Destinazione: agonismo - grantour Più facile lo scollaggio delle due pelli, accessibile a tutti, non richiede lo sforzo sovrumano degli altri due modelli Colltex. Trattandosi di una pelle da gara ci si aspettava una scorrevolezza maggiore ma una tenuta più risicata e invece Meraldi è stato piacevolmente colpito dall'estrema efficacia di questa race che ha rivelato una tenuta superiore alle altre pelli della stessa casa sommata ad una scorrevolezza notevole.
75 > tecnica
Considerazioni finali Delle sei pelli provate nelle condizioni di neve incontrate sul ghiacciaio della Basei quella che ha rivelato la miglior polivalenza in termini di tenuta e scorrevolezza è stata la race azzurra della Colltex. Altro aspetto non indifferente è quello dello stacco delle pelli dove la soluzione Pomoca ci è sembrata decisamente più funzionale. Il test proseguirà nell'arco della stagione con una relazione finale in primavera sulle sei pelli prese in esame.
CoLltex Extreme
CoLltex Mix
Black DIAMOND
Colore: rosso Composizione: 100% mohair Peso: 328 g Destinazione: esigenza di grande tenuta
Colore: blu Composizione: 80% mohair, 20% sintetica Peso: 323 g Destinazione: grantour, grandi dislivelli
Colore: nero Composizione: 100% mohair Peso: 341 g Destinazione: grantour
I problemi in fase di scollaggio sono gli stessi riscontrati sulla pelle blu. La prova sulla neve ha evidenziato una tenuta molto buona anche nei tratti più impervi del test come il superamento del ghiaccio vivo affiorante.Tutto il vantaggio dell'estrema tenuta si paga un po' nella fase di scorrevolezza, come era facile prevedere.
La blu della Colltex richiede una certa forza per staccare le due pelli. Possiamo ritenere che questo aspetto possa mettere in difficoltà soprattutto l'utenza femminile. Al contrario sulla neve questa pelle si è rivelata estremamente efficace sia nella tenuta che nella scorrevolezza. Anche lo scollaggio dalla soletta dello sci si è dimostrata agevole.
La presenza della riserva centrale, quella ricoperta dal nylon che può essere rimossa nel caso che la pelle non riesca più a rimanere fissata alla soletta, fa sì che lo scollaggio delle due pelli sia estremamente agevole. In salita qualche problema nel superamento delle placche ghiacciate e soprattutto una sensazione di scorrevolezza piuttosto limitata.
76 > sci ripido
Yves e Yannick Anselmet testo: Enrico Marta foto: Enrico Marta
Y
77 > sci ripido
ves e Yannick nselmet
A
Intervista in cresta con due personaggi rappresentativi dello sci ripido e dell'alpinismo savoiardo: padre e figlio, uniti dalla stessa grande passione per l'estremo
L
a prima volta che ho sentito nominare Yves Anselmet è stato nel 1975 in occasione del nostro tentativo di discesa della Nord del Ciarforon: erano gli anni in cui, in compagnia di Nino Viale, si cercava di percorrere alcune discese ripide ancora inviolate con gli sci. Quel giorno a metà salita dovemmo rinunciare per via di una nebbia fittissima che aveva avvolto la montagna: un rinvio in attesa di una meteo più clemente, ma una settimana dopo ecco che questo Anselmet portò a termine sia la Nord del Ciarforon che della Becca di Monciair, un giorno una e un giorno l'altra, se non addirittura lo stesso giorno. Uno 'smacco' per noi e da allora questo nome mi è rimasto impresso. In questi ultimi tempi ho fatto un po' di ricerche e ho scoperto che il nostro personaggio vive a Bonneval, proprio dietro alle nostre montagne. Il sito internet parla di padre e figlio, guide alpine e maestri di sci, che insieme portano avanti la professione a tempo pieno. Una telefonata per metterci d'accordo ed ecco che Yves accetta di buon grado di incontrarci sul Colle del Carro, a 3100 metri, il passo più accessibile per superare lo spartiacque con la Francia. Appuntamento alle 10, i primi che arrivano aspettano. Siamo a inizio maggio e si parte ancora agevolmente dai Chiapili con gli sci. Idalba ed io saliamo tranquilli, il tempo è bello e la neve non troppo molle, per ora… A un certo punto mi rendo conto che mancano appena venti minuti all'appuntamento: impossibile fare gli ultimi 300 metri a questo ritmo, lascio così la mia compagna in un posto sicuro alla base dell'ultimo tratto e cerco di guadagnare quota il più rapidamente possibile. Ultime inversioni, poi via gli sci e avanti a piedi… Vedo qualche movimento sul colle: sono gli Anselmet che mi aspettano, papà, mamma e figlio. Mi diranno dopo che hanno passato la notte in una loro baita che posseggono poco sotto, nei pressi del Refuge du Carro. Il nostro incontro inizia nel migliore dei modi: io stappo la bottiglia del mio Erbaluce che ho portato gelosamente fin qui e loro affettano formaggi e salumi di Bonneval. Yves è un personaggio antico, un vero montanaro: parla delle sue avventure in montagna davanti alla moglie e al figlio. Mi sembra che fra loro ci sia un bellissimo rapporto, sereno. Guardiamo le
78 > sci ripido
Yves e Yannick Anselmet
Mi piace soprattutto il senso di vuoto che c'è sotto gli sci, è la cosa che mi dà le sensazioni più forti
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Ora mi piacciono le creste dalle quali si possono avere ottimi punti di vista su due opposti versanti
montagne attorno: la Levanna si erge con la sua puntina di neve, la Cima del Carro è affollata di scialpinisti, davanti il Gruppo del Gran Paradiso, teatro delle imprese di Yves in passato. Chissà quante volte se le è studiate da qui…
La situazione più difficile? «Quando trovi dei tratti con ghiaccio vivo, lì devi stare davvero attento».
«Bonneval è un paese di grandi cacciatori, un tempo attraversavano la Galisia e cacciavano il camoscio lungo la parete della Basei, poi andava a finire che si sparavano con i guardaparco. Tutti buoni cacciatori quelli di Bonneval. Durante la seconda guerra mondiale una colonna tedesca era partita dal basso per venire a incendiare il paese e uno dei personaggi di allora si era appostato da solo in un punto strategico, da dove inquadrava una curva stretta della strada. Ebbene, da quella posizione riuscì a far fuori 26 tedeschi. Gli altri dovettero battere in ritirata e nella relazione ai superiori scrissero che il paese non poteva essere preso poiché era difeso da una guarnigione molto forte di partigiani».
«Gli ho insegnato sin da bambino e poi mi sono reso conto che era in possesso di una buona tecnica».
Yves, tu sei famoso per le imprese di sci ripido. Che cosa ami di questa disciplina?
Ma tu in gioventù praticavi lo sci agonistico? «Mi è sempre piaciuto lo slalom. Adesso
«Mi piace soprattutto il senso di vuoto che c'è sotto gli sci, ecco questa è la cosa che mi dà le sensazioni più forti». Hai fatto diverse discese estreme, delle 'prime', quante? «Almeno quindici
prime, un buon numero no?».
Quali le più impegnative? «La Nord del Ciarforon, del Gran Paradiso, della Becca di Monciair, della Ciamarella».
Perché hai deciso di insegnare a tuo figlio Yannick a praticare questo sport?
E tu, Yves, sei mai caduto? «Sì, proprio sulla nord della Ciamarella: gli sci si sono bloccati e ho fatto il salto mortale di traverso atterrando trenta metri sotto con gli sci perpendicolari alla linea di pendenza: è ciò che mi ha salvato la vita».
profitto per risalire e scendere qualche pendio impegnativo intorno». Sei mai caduto? «Caduto no, ma una volta ho perso uno sci e sono riuscito a bloccarmi sull'altro: da quella volta è aumentata l'attenzione sugli attacchi, che adesso tiro sempre al massimo». Anche tu Yannick hai gareggiato nello sci? «Sì, e gareggio tuttora per mantenermi in
forma, in slalom gigante. Sono stato nella nazionale francese e ora sono istruttore dell'Ensa». «Era troppo timido per fare strada in nazionale - gli fa eco il padre - e così a un certo punto ha smesso».
Ci rivolgiamo a Yannick, buon sciatore, ottima guida e recentemente anche freerider.
Ci siamo detti tanto, siamo ai saluti, ma quando i due comprendono che Idalba ci sta aspettando più in basso, decidono di accompagnarmi un pezzo per scendere a salutarla. Metto mano alla macchina fotografica ma mi accorgo subito che non pensano minimamente a percorrere la strada della salita e puntano direttamente sulla massima pendenza. 45°, la neve marcia parte da sotto gli sci in rigoli di valanghe. I due si divertono un mondo. Il papà a sci uniti, ma perfettamente padrone della situazione, e il figlio con la tecnica dei freerider. In basso, dopo i saluti, i due Anselmet mettono le pelli e ripartono verso il colle. «Pleisì d'la conusense, se vièn!»
Continui con le discese di sci ripido? «Sì, mi cimento in couloir e pareti soprattutto qui in Haute Maurienne. A volte, quando sono con i clienti e si fa una sosta lunga per pranzo, ne ap-
Un piccolo particolare, Buona parte dell'intervista è avvenuta in patois, lo stesso che si parla sui due versanti della montagna, quello francese e quello italiano.
Pratichi ancora sci ripido? «Non più
tanto: ora mi piacciono le creste dalle quali si possono avere ottimi punti di vista su due opposti versanti».
mi sono comprato un paio di sci da slalom ma nel Challenge dei maestri di sci andavo troppo forte e sono saltato fuori in entrambe le manche…».
FLASHBACK
PRIMA IL RINVIO, POI UN DUELLO EPICO, INCERTO E COMBATTUTO FINO ALLO SPRINT FINALE. INFINE LE ROVENTI POLEMICHE DEL DOPO-GARA. APRIAMO LA STAGIONE 2011/2012 RACCONTANDOVI COME SI ERA CONCLUSA QUELLA SCORSA
Tutti in fila sul lungo traverso che porta al Castore photo©Riccardo Selvatico
Fermo immagine La gara, i concorrenti, visti dal finestrino dell’elicottero, alla ricerca dello scatto spettacolare, tra nubi, vento e gelo. Una corsa contro il tempo per chiudere l'otturatore nel momento giusto
M
i ritrovo a girare per Cervinia come se due anni non fossero passati. Eppure in questi due anni sono cambiate molte cose, parecchie. Sono ancora qui a cercare di raccontare e di fare raccontare nel migliore modo possibile il Trofeo Mezzalama. Anche per questa edizione il Monte Rosa ci ha dovuto mettere del suo per renderci il lavoro ancora più 'divertente'. È lo 'spirito' della montagna, al quale non possiamo che adattarci. Infatti il brutto tempo previsto per sabato mattina ha fatto slittare tutto a domenica mattina. Quando mi sveglio per andare in zona partenza mi spavento, il cielo sopra la mia testa è coperto, ma dove sono le stelle? Mentre salivamo verso Cervinia pensavo a come fare per avere in ogni caso delle foto interessanti. Il fatto di avere Marco (il mago) e Federico (Modica) sul Castore e in zona partenza/arrivo mi faceva stare più sereno, ma quelle foto spettacolari che tutti i giornali chiedono parlando del Trofeo Mezzalama come avremmo potuto farle con un tempo così? In zona partenza c'è il solito delirio, sembra che le oltre mille persone siano all'interno di una gigantesca bolla, la loro passione in quel momento è tutta lì. Il via è posticipato, un segnale che in quota il tempo è bello, basta solo avere pazienza e aspettare. Mi porto a metà del primo muro, per
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Mezzalama testo: Riccardo Selvatico
non faro' tutta quella fatica fisica di quando anche io avevo il pettorale, ma sono comunque agitato, la mia solita tosse nervosa
la terza volta vedo il Trofeo Mezzalama da una prospettiva diversa, sono ben consapevole che non farò tutta quella fatica fisica di quando anche io avevo il pettorale, ma sono comunque agitato, la mia solita tosse nervosa. La gara parte, ho i brividi, mi emoziono a vedere tanta passione e tanta dedizione, sia da parte dei concorrenti, sia da parte di tutti quelli che ci lavorano. Recupero Elisa, Pietro e tutti gli altri giornalisti per iniziare a salire verso il Breithorn, prima con gli impianti e dopo con il gatto delle nevi. Arriviamo al cancelletto, le nuvole non ci lasciano vedere il Castore. Sentiamo sopra le nostre teste gli elicotteri che volano. Sale l'agitazione, le prime squadre stanno per arrivare, la macchina fotografica sente il freddo e non vuole lavorare… Ottimo momento per uno sciopero. Scatto ugualmente in manuale, ma non vedo una foto carina, giusto per documentare… Click! Le nuvole avvolgono ancora il colle del Breithorn, l'elicottero che ci deve prelevare - con me c'è anche l'operatore video - non riesce ad atterrare e quindi chiamo il mitico Mottini perché ci porti con la motoslitta dove il Lama si è posato. In un attimo siamo in mezzo al ghiacciaio, saliamo e ci leghiamo. Dentro si sta un po' stretti, metto le cuffie, si decolla. È uno spettacolo, è semplicemente il mondo dello scialpinismo: agonismo, passione, neve, ghiaccio e sopra di noi un cielo blu spazzato dal vento. Mi piacerebbe riuscire a trasferire attraverso le fotografie quello che fortunatamente sto vivendo. Iniziamo a fotografare, il grosso del gruppo è nel tratto che dal Colle va verso il Castore, le prime squadre stanno affrontando la cresta del Castore. Kilian, William e Didier sono con Pietro, Alain e Daniele. Torniamo verso la pancia del gruppo, sorvoliamo la zona cambio appena sotto la parete del Castore e saliamo verso il terminale dove sono state posizionate le scale metalliche. In cresta c'è molto vento, quindi dobbiamo volare o sotto o più alti, altrimenti le raffiche ci farebbero ballare troppo. I battistrada hanno già gli sci ai piedi e stanno andando verso il Naso. Dobbiamo rientrare su Gressoney per fare rifornimento, ma prima dobbiamo recuperare le videocassette della cima del Castore. Passiamo ancora una volta sulla cresta, quelle piccole formichine che salgono sono ricurve in avanti, non alzano nemmeno la testa per non essere frustate dal vento. Continuo a scattare, chiedo al pilota di stare qualche metro più basso, giusto per mettere il Cervino nell'inquadratura. Click! Recuperate le cassette, voliamo verso l'arrivo, la temperatura in cabina si fa più accettabile, dal bianco passiamo al verde, il 'non profumo' della neve lascia il posto all'odore dell'erba. Rifornimento. In un attimo siamo ancora in volo verso il Monte Rosa, le mani si erano appena scaldate, ma l'aria gelida le riporta in temperatura... bassa. Torniamo sui primi, li seguiamo lungo la nuova variante del Naso, con il pilota cerchiamo la posizione ideale, dietro questa volta c'è il Monte Rosa con le sue crepacciate. Click! L'otturatore si chiude, in quel momento di nero rivedo l'immagine che si è bloccata nella mia mente. Quando scatto ci sono alcune foto
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La discesa dal Castore vista dall’elicottero. photoŠriccardo Selvatico
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Mezzalama
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Il testa a testa tra il terzetto di Kilian e gli italiani, poco più indietro Giacomelli con i suoi photo©riccardo Selvatico
GARA PARALLELA Il Team Atk Race, composto da Lanfranchi, Pedrini e Seletto, ha patito leggermente la partenza a razzo degli avversari, usciti ‘a cannone’ dallo start a Cervinia. Al passaggio del Breithorn, Kilian & C. sono transitati con 46 secondi di vantaggio, spinti dal treno Didier Blanc che là davanti ha mantenuto un’andatura forsennata. Ai piedi della salita al Castore i ranghi erano nuovamente compatti, dato che la neve profonda, con la traccia da battere in alcuni tratti, ha frenato i primi, favorendo gli inseguitori. Dopo un corpo a corpo micidiale lungo la salita (a cui hanno par-
tecipato anche il team di Giacomelli, Pellissier e Holzknecht e la pattuglia dell’Esercito, poi ritirata), Bon Mardion, Blanc e Burgada sono passati al cancello con soli 11 secondi di vantaggio. Da lì in poi è stata battaglia, fino all’ultima chiazza di neve, dove i sei contendenti sono giunti esattamente allineati. Il tratto finale di corsa ha consegnato 18 secondi di vantaggio ai vincitori, dopo quattro ore e mezzo di sorpassi e contro-sorpassi. Un’edizione del Trofeo Mezzalama avvincente come poche.
In alto. La salita al Castore photo©riccardo selvatico
che diventano mie, è come se il mio cervello si sostituisse al sensore e quando chiudo gli occhi le vedo come se fossi ancora lì. La gara continua, le prime squadre sono in discesa, ancora legate, ma per poco. Il pilota si deve impegnare per stare dietro alle due pattuglie scatenate. Vederli scendere è una delle cose più belle che io abbia mai visto. Si controllano a vista, Kilian passa in testa inseguito dagli italiani, Bon Mardion si accorge che Blanc è leggermente staccato e lo aspetta, Kilian rallenta. I nostri passano, come slalomisti volano giù dal Canalino dell'Aquila, ma dietro non si staccano. È talmente avvincente assistere a questa 'battaglia' che devo sforzarmi di scattare. Non tifo per nessuno in particolare, è straordinario il gesto atletico che questi sei ragazzi stanno facendo dopo quattro ore di gara. Però, se vincessero Lanfra, Pedro e Seletto sarebbe fantastico. Il duro è finito, siamo sulle piste di Gressoney, una lingua di neve primaverile scende tra i prati oramai in fiore, le chiazze d'erba vengono,
alcune, saltate sci ai piedi, altre, affrontate di corsa con gli sci in mano. Le due squadre pretendenti alla vittoria scendono mescolate tra di loro. Dopo un tratto a piedi, Lanfranchi ha qualche difficoltà ad agganciare lo scarpone, rimane indietro, ma fortunatamente riesce a rientrare al cambio successivo. Uno dei sei prova la nuova sciolina 'verde erba', ma si pianta con la faccia per terra. Niente di grave, ancora tutti e sei in piedi e sci in mano. La neve è finita, il Trofeo Mezzalama si gioca nell'ultima corsa verso il traguardo. Kilian, William e Didier iniziano a fare girare le gambe, riescono subito a prendere qualche metro. Gli azzurri non riescono a tenere lo scatto e perdono qualche metro. La differenza è lampante, i primi sfrecciano come se ai piedi avessero le scarpette da corsa e se fossero partiti proprio in quel momento. L'entrata a Gressoney è un tripudio. Dall'alto vedo i vincitori con le mani al cielo, immagino la felicità di Kilian e dei suoi compagni. Click! «Torniamo in quota», dico al pilota.
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Mezzalama testo: Enrico Marta
Nella pagina. Alcune fasi del briefing al palazzetto dello sport di Valtournenche
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Sopra. I numerosi pacchi gara dei concorrenti. La tenda di Ferrino, sponsor tecnico della manifestazione. Terzetto elvetico di tutto rispetto: Anthamatten, Marti ed Ecoeur photo©federico Modica
Al briefing si parlava di nodi Il giorno prima della gara le guide dell’organizzazione sono state costrette a ripetizioni sui fondamentali…
N
on si passa indenni all’esame di due vecchie guide come Nino Perino e Giuliano Trucco. In molti si avvicinano al bancone dove i due personaggi emanano consigli e dettagli tecnici per sapere come sia meglio legarsi e qui sorgono le perplessità che hanno accompagnato sia la gara che le polemiche del dopogara. Adriano Favre, che a tratti fa la sua apparizione in zona materiali nella grande palestra di Valtournenche, non crede alle sue orecchie: certe ammissioni non avrebbe mai voluto sentirle e sono quelle che gli tolgono il sonno anche l’ultima notte prima del via - ammesso che sia andato a dormire - e che gli fanno scorrere nella mente i numerosi curricula alpinistici presentati dagli aspiranti mezzalamisti per essere ammessi alla gara… «Ma non sai fare il nodo a ‘otto’?». Fra Perino e Trucco c’è uno scambio di occhiatacce di indignazione e poi inizia puntualmente la spiegazione: corda alla mano ecco che si inizia dai nodi basilari, proprio come al corso base del CAI. Il dilemma è ancora un altro: come dev’essere legato il concorrente che sta in mezzo? Ne abbiamo viste delle belle, qualcuno è passato al Colle del Breithorn con la corda attorno al collo: roba da fare inorridire qualsiasi istruttore. Altri si sono prodotti in un’opera di maxi uncinetto per accorciare rapidamente la lunghezza della corda fra un componente e l’altro della pattuglia. Qualche edizione fa c’è stato chi si è presentato al via legato con corde del tipo biancheria: oggi c’è molto più rigore in questo senso, anche se, dopo le polemiche che hanno investito l’organizzazione, nella
Nino Perino e un concorrente alle prese con corde e nodi
figura di Favre, sarà destinato ad aumentare. «Dalla prossima edizione gliela do io la corda - è lo stesso Adriano a mettere tutti in guardia - chi vuol correre il Mezzalama deve essere innanzitutto un alpinista e conoscere tutte le manovre di corda e di assicurazione. Basta dunque corde inanellate in modo strano o passate all’altezza del collo. Basta abbigliamenti inadeguati, basta gente che viene a chiedermi a cosa serve la piccozza…» Non abbiamo dubbi che qualcosa cambierà per il futuro: dopo che è stato messo alla berlina per più giorni, Adriano Favre risponderà a modo suo e queste sono solo le premesse. ■
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Mezzalama testo: Enrico Marta
Ore 4,45: tutti in piedi. Si respira nell’aria la tensione delle grandi occasioni. Il racconto del primo tratto di gara, dalla partenza al Breithorn
P
Dalla partenza a
er chi ha esperienza di Mezzalama l’impatto con i piazzali pieni già alle 4,45 del mattino è stato certamente una sorpresa che ha confermato la grande aspettativa per la manifestazione che ha richiamato un folto pubblico. Si è stimato che gli spettatori superassero le tremila presenze, anche in virtù della corsa gratuita verso Plateau messa a disposizione dalla direzione della Cervino Spa. L’allineamento delle squadre è sempre un momento molto suggestivo per la maggior parte delle gare. Nel caso del Mezzalama la tensione è maggiore, dal momento che nella prima griglia si allineano tutti i big: la prima fila vede tutti i capisquadra, ai quali spetta il difficile compito di nocchiero, quello che deve pilotare la pattuglia fuori dalla tempestosa bagarre del via. La prassi è la stessa: gli atleti arrivano, posano gli sci sulla linea di partenza e a scalare stesso procedimento per il secondo e il terzo di pattuglia, per un lancio in fila indiana. Quando mancano dieci minuti dal via, tutti si riscaldano lungo il primo muretto del Bardonney e gli attacchi iniziano a scattare mentre le indicazioni dello speaker si fanno più pressanti e accorate: «Cinque minuti alla partenza!». Qualcuno sbadiglia, qualcun altro scherza con il vicino di corsia, altri
controllano i materiali. Ma a questo punto l’atmosfera si fa incandescente: il pubblico sembra dovere invadere la zona di lancio, convergendo sempre di più verso la pista, per non perdere nemmeno un attimo della massa che si muove dopo il via. Ed ecco la spettacolare partenza dal Breuil, con i capi squadra lanciati in un forcing pazzesco per prendere la corda: quella posizione che permette loro di pilotare la pattuglia al giusto ritmo senza perdere di vista la testa della corsa. Groviglio di corde, sibilare di pelli, unico rumore oltre all’assordante incitamento di Silvano Gadin: lo speaker. Poi l’ultimo buio prima dell’alba si inghiotte il plotone che supera di slancio il primo muro in direzione Plateau. Dobbiamo muoverci, è Mezzalama anche per noi. La corsa alla funivia, la ricerca spasmodica della corsia preferenziale, quella riservata ai giornalisti. Ci siamo, da un’ovovia all’altra, sembra di essere sufficientemente veloci in questa fase di arroccamento a Plateau Rosa, ma laggiù il serpentone scuro nelle prime luci del giorno viaggia a ritmo impressionante: i primi sono già all’altezza della stazione a monte della seggiovia… A Plateau bando alle chiacchiere: le pelli sono già montate e l’imperativo è quello di partire immediatamente alla volta del Colle del Breithorn. Una nuvola di freddo in forte movimento da nord a sud avvolge tutto il
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a al Colle del Breithorn
Scatto fotografico in alto. Un suggestivo taglio orizzontale sullo sprint di partenza photo©riccardo Selvatico
Nelle tre foto sopra. Panoramica sui concorrenti. Nell'immagine centrale Kilian si prepara al via: tutti gli occhi sono puntati su di lui. Di fianco. Uno spettacolare momento del lancio da Cervinia. photo©Federico Modica
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Mezzalama
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settore del cancello orario. Saliamo in ordine sparso: qui si fanno i conti con la quota, a una certa età il cambio repentino di metabolismo non porta buoni segnali. Zig-zag lunghi per non affrontare la pista in massima pendenza, dopo la galleria le sensazioni sono migliori, ecco che l’organismo si sta lentamente adattando allo schiaffo dei 3800 metri. Ma lo stress ritorna prepotentemente non appena mi accorgo che i primi hanno già passato il lungo pianoro e stanno iniziando a salire il tratto più ripido. Dalla diagonale si sentono distintamente gli incitamenti del numerosissimo pubblico. Hanno la tutina chiara ma non sono in grado di distinguere la pattuglia, d’altronde la visibilità è quella che è. Ultimi cinquanta metri di dislivello, mi sembra di essere uno di loro, di quelli che devono fare i conti con il cancello orario. Quando arrivo al Colle del Breithorn in zona piazzola ho giusto il tempo di imbracciare la telecamera e parcheggiare gli sci che già la motoslitta che precede i primi sta sopraggiungendo. Blanc con il suo tipico incedere a passetti conduce la pattuglia franco-spagnola. Corro al loro fianco per filmare i volti: nessuna espressione sofferente, Kilian risponde addirittura alle mie domande, se non ricordo male è uscito con il suo solito «ciao, come va?». Ma come vai tu,
grande Kilian… Anche Bon Mardion mi sorride, stanno bene, molto bene. Ecco la pattuglia di Pedrini: il ‘Lanfra’ tiene la corda appena in tensione ma Alain ci sembra padrone della situazione. Quando transita la pattuglia di Guido la concentrazione è massima: Giacomelli a questo punto sta forse architettando un attacco che proverà in effetti verso la cima del Castore. L’Esercito è qui ma non tutti i componenti se la passano bene, a tirare è Lenzi che forse in quel momento è quello che sta meglio. Il commento di Manny, per l’occasione spettatore, non lascia troppe chance ai suoi amici: «Hanno freddo, hanno troppo freddo, non so se ce la faranno…» Ecco gli espoir: gran ritmo il loro, ormai i ‘bocia’ sono a livelli assoluti e ci si può aspettare di tutto. Quando transitano le tre azzurre, Martinelli, Pellissier e Pedranzini, lo stupore è generale: per prima cosa nessuno credeva che potessero passare in quella posizione generale e soprattutto davanti alle fortissime avversarie. E allora è venuto spontaneo a tutti guardare verso il basso alla ricerca del tipico passo che contraddistingue l’azione della Roux ma dal pendio hanno continuato a sopraggiungere solo squadre maschili. Ma se rimaniamo qui a incitare tutti ci perdiamo l’arrivo, però ho perso di vista Idalba che stava fotografando oltre il cambio pelli… Dopo un po’ di telefonate ci ricompattiamo all’inizio del Ventina, dove lei mi sta aspettando. La neve è dura e la pista ben levigata e riusciamo così a percorrerla in un solo fiato. Il trasferimento a Gressoney è sempre piuttosto concitato ma anche questa volta arriviamo in tempo per cogliere l’incredibile arrivo delle prime due pattuglie.
Quando arrivo al Colle del Breithorn in zona piazzola ho giusto il tempo di imbracciare la telecamera e parcheggiare gli sci che gia' la motoslitta che precede i primi sta sopraggiungendo. Blanc con il suo tipico incedere a passetti conduce la pattuglia franco-spagnola...
Nelle foto. Attimi prima del via, c’è chi si prepara, chi sorride per scacciare la tensione photo©Umberto Isman
Nella pagina a sinistra La frenetica partenza dei concorrenti photo©Umberto Isman
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Mezzalama testo: Umberto Isman
FACCE DA MEZZALAMA
93 > ski-alp race
Lassù gli ultimi, laggiù i primi Il primo è felice solo se è primo. L’ultimo è sempre felice L’ultimo ha quasi sempre più freddo del primo L’ultimo non si congela mai. Il primo quasi sempre L’ultimo ha solo il lato A. Il primo solo il B Il primo se non è primo va a casa e picchia i bambini. L’ultimo, i bambini se la tirano con gli amici che il papà ha fatto il Mezza Il primo è il sogno di una Fanta all’arrivo. L’ultimo è la realtà di una birra media alla Gnifetti L’ultimo indossa il duvet. Il primo non ha le tasche Il primo guadagna sempre troppo poco. L’ultimo è benestante Il primo ha classe da vendere. L’ultimo l’ha già venduta tutta Il primo cura la dieta. L’ultimo cura l’alimentazione L’ultimo si porta la frontale, che non si sa mai Tra il primo e l’ultimo non c’è rivalità, ma il primo un po’ si preoccupa per il “beati gli ultimi...” e si guarda le spalle Il primo conosce nel dettaglio le punte dei suoi sci. L’ultimo il Monte Rosa Il primo i fotografi non li vede neanche. L’ultimo si mette in posa Il primo appena arriva deve chiamare la morosa. L’ultimo, la morosa l’ha già chiamato sette volte. L’ultimo non guarda in faccia nessuno
94 > ski-alp race
Mezzalama testo: Carlo Ceola FOTO: Carlo Ceola
Il nostro Carlo Ceola impegnato a batter traccia sulla salita del Castore a meno di un’ora dal passaggio dei concorrenti
«Houston qui Castore, abbiamo un problema!»
Ore 6.40 il racconto del nostro inviato che ha preceduto i concorrenti
V
engo vomitato fuori dalla funivia sul Plateau Rosà alle 5.30. È notte fonda sul ghiacciaio e il vento gelido fa gli onori di casa senza tanti complimenti. Dal fondo valle un bagliore squarcia il cielo, sono le luci di Cervinia, che non ha conosciuto la notte. Mi incammino verso il Castore tra la nebbia, ascoltando il silenzio rotto dallo sfregare delle pelli sulla neve. Un’alba strepitosa mi sorprende sotto il Breithorn. Rimango estasiato a contemplare lo spettacolo di luci e ombre che il sorgere del sole dipinge sulla neve.
Ore 6.40, base del Castore: mi trovo in mezzo a un mare di neve a battere traccia con una guida. La neve caduta il giorno prima, accompagnata dal forte vento, ha infatti cancellato ogni traccia. Giunto al Passo di Verra trovo un addetto intento a realizzare la piazzola per il cambio assetto. Chiedo informazioni, ma il freddo e il vento non incoraggiano tante chiacchiere; neppure lui sembra saperne molto. Hanno posticipato la partenza, mi dice, ma se al giorno dopo o di qualche minuto non mi
95 > race
6.30 del mattino. Lo spettacolo dell'alba
5.30 del mattino Le luci di Plan Maison viste dal Plateau Rosa
è dato saperlo. Non so cosa fare, alla fine decido di proseguire da solo. Tolgo gli sci, non calzo i ramponi che con tutta questa neve fresca non servono a nulla. Inizio a tracciare, sprofondo e ho mani e piedi intirizziti. «Houston io proseguo, ma se non mandate rinforzi di qui non si passa». Salgo ancora, ma non mi piace per niente. Proseguo lentamente e con molta fatica, mi volto e la piazzola inizia ad affollarsi. Un gran fermento laggiù... dai che sono arrivati i nostri. Avanti! Poco prima di superare la prima erta, come dal cielo arrivano degli angeli, è il Camandona con i ragazzi del soccorso che stanno tracciando in discesa dal Castore. Ci incrociamo, un rapido saluto, non c’è tempo da perdere. Io salgo e loro scendono. Ci scambiamo le tracce, io proseguo nella loro in salita, e loro prendono la mia in discesa. Prima però calzo i ramponi. In prossimità dei primi seracchi scorgo una guida con un graduato dell’Esercito intenti a scalinare la traccia. Li raggiungo e mi accodo. Il vento tira così forte che non si sono accorti della mia presenza. Mi faccio sentire, si voltano di scatto, con il terrore che siano arrivati i primi
Poco prima di superare la prima erta, come dal cielo arrivano degli angeli, e' il Camandona con i ragazzi del soccorso che stanno tracciando in discesa dal Castore
concorrenti. No, tranquilli, non sono Kilian! Chiedo strada, devo farmi una piazzola e vestirmi, sono ormai un pezzo di ghiaccio. Mi fermo appena sotto la cresta del Castore, in una posizione strategica, da qui infatti riesco a filmare e fotografare. Nel frattempo mi raggiungono i due di prima, mi lamento che non sento più due dita. La guida mi fa togliere il guanto, mi prende la mano tra le sue e mi infila una moffola. «Le dita sono calde, buon segno, non preoccuparti. Muoviti e vestiti» mi ripete. Piccoli gesti e parole che scaldano più di un fuoco acceso. Grazie. «Houston, qui Castore, ora tutto a posto, attendiamo i primi…».
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Mezzalama testo: Carlo Ceola FOTO: Carlo Ceola
Una poltrona in prima fila
Eravamo lì con loro nel punto più duro e più freddo della gara...
M
i trovo nel cuore del Mezzalama, da solo, a godermi lo spettacolo del Rosa e di questo meraviglioso evento. Una poltrona in prima fila, a dire il vero poco confortevole, ma che da sola vale il prezzo della tribolazione per arrivare fino a qui. Arrivano o no? Mi era chiaro che la partenza fosse stata posticipata, altrimenti sarebbero già in zona, poi, a un tratto, inizio a vedere puntini che si spostano velocemente lungo il ghiacciaio che conduce al Passo di Verra. Sì, sono loro. Le squadre sembrano già distanziate, ma i battistrada trovano traccia profonda, faticano e da dietro si ricompattano. È una lotta serrata, affrontano la salita del Castore appaiati, è Guido che impone un ritmo terribile, corda tesa a tirar su tutto e tutti. Dove la traccia diventa unica si infila per primo lui, deciso a prendere il comando della
Nella sezione video di skialper.it puoi rivivere le emozioni della partenza, del passaggio al Breithorn, ma soprattutto rivedere l’esclusivo filmato della salita al Castore dei protagonisti. Utilizza il codice QR per visionarlo sul tuo smartphone.
gara. Holz c’è, Jean è al limite, occhi fuori dalle orbite, fatica scavata nel volto. Kilian sembra avere la situazione sotto controllo, Bon Mardion pure, Blanc invece proprio per niente. Stesso dicasi per Lanfranchi e Pedrini, con Seletto al gancio, ma deciso a non mollare un centimetro. La squadra di Giacomelli, passato il seracco, si butta a sinistra e segue una traccia dritta per dritta, tutti gli altri stanno in quella sotto, meno diretta, che prosegue in obliquo. 50 metri sotto di loro c’è il team dell’Esercito. Corde allungate e tese, con un indiavolato Lenzi deciso ad andarli a prendere. Tira come un cane da slitta, Eydallin in mezzo a fare da elastico, dietro Trento in palese difficoltà. Sono seguiti da Boscacci, Antonioli e Pinsach. A differenza di chi li precede, loro salgono regolari, non strappano, restano molto vicini, Robert persino mi saluta. L’Esercito, davanti a me, si ferma. Inizio a urlargli di tutto, devono proseguire, una volta in cresta c’è il sole, tutto può cambiare e tutto può
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Il ritiro dell’Esercito VISTO da vicino Sopra. Il forcing di Blanc (a sinistra) e Giacomelli (a destra) per scollinare per primi al Castore photo©carlo ceola
A destra. All’attacco della salita al Castore ben quattro squadre in un fazzoletto, anche a causa dell’abbondante neve che ha rallentato i primi photo©carlo ceola
Finito il Mezzalama molti hanno dovuto fare ricorso alle cure dei medici per principi di congelamento a mani, piedi, naso e orecchie. Una falcidia dovuta al vento, che ha messo a dura prova tutti, senza distinzione alcuna. Lo stesso Guido Giacomelli nei giorni seguenti ha avuto problemi alle mani. Leggende raccontano di atleti senza guanti, altri che in preda alla trance agonistica hanno continuato imperterriti, mettendo a repentaglio la propria incolumità. Sarebbe ora di finirla di parlare degli scialpinisti come dei kamikaze, dei pazzi furiosi disposti a tutto per una gara. Dennis Trento saliva il Castore ripetendo che non sentiva più una mano. Si lamentava, implorava aiuto, era letteralmente congelato. Lenzi davanti non sentiva, Eydallin invece non poteva fare finta di non sentire. Monitorava le condizioni del suo compagno, lo incitava a tenere duro. ‘Eyda’ d’un tratto ha bloccato la corda, ha richiamato Lenzi. «Stop, fermati, è una gara, non possiamo rischiare, Dennis sta male». Dennis piangeva, non ce la faceva più. Non hanno buttato via un Mezzalama, hanno saputo dire basta al momento giusto, dopo avrebbe potuto essere troppo tardi. Proseguire sarebbe stata una scelta irresponsabile, trascinare Dennis
Lenzi ed Eydallin la sera del briefing.
oltre il Castore non avrebbe sortito alcun effetto, se non quello di peggiorare le cose. Si parte in tre e si arriva in tre, con le gambe ma soprattutto con la testa.
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Mezzalama
I tre del team Atk Race hanno appena scollinato al Castore: condizioni proibitive, -20° e vento forte photoŠcarlo ceola
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ancora accadere davanti. Lenzi è una furia, scalpita, da vero leader vuole trascinare fuori dall’incubo Trento. Niente da fare. È ritiro. I giovani appena dietro si trovano intrappolati, traccia unica con l’Esercito fermo a fare da tappo. ‘Anto’ chiede strada, il ‘Bosca’, capita l’antifona, si butta fuori e passano. Mitici. Mi infilo dietro e li seguo fino alla scale per salire in cresta. Lassù c’è un vento terribile con raffiche che ti spostano, preferisco aspettare sotto. Passano alcune squadre, ma c’è n’è una che mi strappa brividi di emozione che riconosco da quelli di freddo che invece mi pervadono ormai da qualche ora. Follador, Trettel e Nejc sono i primi degli umani, viaggiano in sesta posizione, sono rimasti un po’ da soli perché davanti hanno fatto il buco e dietro non si vede nessuno. Follador detta i ritmi, conosce i suoi ragazzi, è lui che ha il difficile compito di non farli andare fuori giri, il condottiero. Lo sloveno Nejc sulla carta è il meno forte dei tre e invece... Testa bassa e pedalare, uno che si esalta, un duraccio. E poi c’è 'Tractor' Thomas, ragazzo con un cuore grande così, un generoso, volontà da vendere, uno che non molla mai. Faticano, sbuffano, arrancano, ma non perdono lucidità e non sprecano nulla. Ci credono, ci credono. Esempio per tutti. Attendo le donne in vetta, cerco l’esile figura della Mireja, ma non è semplice, le squadre sono tutte molto vicine. D’un tratto scorgo invece la sagoma delle nostre tre epiche atlete. Semplicemente chapeau. Francesca, Gloriana e Roberta, la cosa più bella di questo Mezzalama. Immense.
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Mezzalama testo: Tommylive
Sliding doors Pochi istanti, impercettibili. Tu e i tuoi compagni fuori dal cancello, gli altri, quelli che sono stati fermi, incolonnati accanto a te per lunghi attimi nei passaggi obbligati, dentro. Cosa si prova?
D
evo ammettere che quando Ski-alper, a distanza di un mese dal Mezzalama, mi ha chiesto di scrivere un articolo sulla mia esperienza disastrosa al Mezza, mi sono sentito un po’ spiazzato. Lo schiaffo dell’esclusione dal secondo cancelletto mi fa ancora male, ma poi mi sono detto che tutto ha un senso e anche le esperienze negative si possono trasformare in positive e a ben guardare ce ne sono. Veloce rewind ed ecco che la mente torna a quei giorni. Parto per il mio terzo Mezza con una squadra come sempre rimaneggiata all’ultimo minuto e come nelle famose barzellette... Ci sono un trentino, unfriulano e un veneto che rispondono ai nomi di Marco, Paolo e Tommy a chiudere la cordata. Eccoci dunque sulla linea di partenza, legati come dei salami, occhi grossi e speranze; tira il gruppo Marco, sicuro di tenere il ritmo giusto, io da dietro, pronto a controllare i tempi su passaggi chiave, in mezzo Paolo, il ‘bocia’ al suo primo Mezza. I riferimenti sono il ‘baretto’ del Sometta sotto i 56 minuti... Ok, passato. Rifugio Guide 1,50... Ok, passiamo anche qui. Proseguiamo gestendo un po’ le forze fino al primo cancello a 2.20. Perfetto dico... Nei miei due precedenti Mezza avevo gli stessi tempi. Proseguiamo sul pianoro che conduce sotto il Castore in scia-
ta, avendo deciso di togliere le pelli e, a parte qualche strattone alla corda e un atleta preso al lazzo stile cow-boy, ce la caviamo egregiamente. Ci vestiamo, come si fa in montagna quando fa freddo... Marco e Paolo si mettono il loro bel piumino, io la mia giacca, berretto e cambio i guanti. Tutto da manuale CAI. Da subito mi rendo conto che c’e qualche cosa che non va per il verso gusto: di fronte a noi due tracce parallele che avrebbero un senso se una avesse una velocità diversa dall’altra, ma non e’ così; proviamo a passare sull’altra ma non cambia, rassegnati ci mettiamo in fila indiana ordinata come gli svizzeri al supermercato e aspettiamo il nostro turno per fare un passo in avanti, e tre fermi. Comincia a serpeggiare un dubbio sui tempi, ma guardandomi indietro e vedendo altrettanti compagni di sventura, mi consolo circa un sicuro slittamento degli orari, vista la situazione veramente paradossale nella quale siamo imprigionati tutti fino al collo. Sulla cresta prendo l’iniziativa e passo davanti, cercando di forzare il ritmo. Giù in discesa con gli sci legati e poi eccoci al fatidico cancelletto, un nastro blocca la strada, all’interno alcuni dei compagni di salita sono passati pochi secondi prima di noi e sono dentro, ma noi no. Non credo ai miei occhi, sinceramente per alcuni secondi ho creduto a uno scherzo e avvici-
nandomi con aria benevola e conciliante chiedo a un giudice di passare... Ma nulla da fare. In un batter d’occhio il gruppo degli esclusi aumenta e si accalca sulla linea sottile di chi c’è e chi non deve esserci. Prende corpo un sentimento di incredulità che si trasforma poi velocemente in rabbia, volano parole grosse indirizzate ai giudici e agli astanti poveri parafulmini senza colpa e impreparati a gestire una simile situazione. «Ridateci i nostri soldi», tuona qualcuno e si sfiora la rissa. Deci-
diamo di passare lo stesso fuori gara, ma veniamo subito dissuasi in quanto - ci dicono - avrebbero tolto le fisse subito dopo il passaggio dell’ultima squadra e, vista la situazione, magari ci scappa anche una badilata nei denti... Doppio rifiuto, è finita... Un ‘vaffa’ liberatorio e cambiamo registro. Ripieghiamo sulla via di rientro del Quintino Sella attraverso la cresta, slegati e senza protezioni, prendendoci ben più rischi che per tre Mezza messi insieme. Nel lento incedere sulla parete
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Polemiche? di Carlo Ceola
Le lunghe code che hanno generato tante polemiche nel dopo-gara photo©Riccardo Selvatico
dalla triste brigata degli esclusi qualcuno mi riconosce, neanche fossi famoso... Almeno quanto basta per diventare il destinatario di malumori molto più pacati e obiettivi. Ascolto commenti gridati da sopra, amplificati dall’eco della montagna, «Tommy, devi scrivere di questa cosa, promettilo!». E poi «Ho fatto gli straordinari per pagare l’iscrizione». «E adesso chi lo dice a mio figlio che il papà è un buono a nulla». C’è chi mi istiga addirittura alla rivolta, minacciando di boicottare le premiazioni. Ar-
rivato a Gressoney, mi sento come un invitato a un pranzo dove gli altri sono arrivati già al dolce e io lì a mangiare le briciole sulla tovaglia. Ritrovo i miei compagni, ci sediamo sull’erba, ognuno a guardare altrove. Poche parole sincere: «Mi spiace... Forse ho perso tempo a mettere il piumino» e ci scappa una risata, ritroviamo l’unione e l’amicizia e capisco che questa è la cosa più importante. La classifica, il doping... Un’altra storia! Noi, Marco Paolo e Tommy, altrove.
Partiamo da questa considerazione. Uno resta fermomezz’ora sul Castore e poi per una manciata di minuti non passa il cancello del Felik. Un minimo ‘gli girano’, mi parrebbe strano il contrario. Il Mezza racchiude un sogno, il giusto coronamento di tanti sacrifici, e tagliare il traguardo a Gressoney rappresenta l’obiettivo che da mesi un atleta si pone. Ora aggiungiamo un’altra considerazione: 1200 persone devono attraversare l’affilata cresta del Castore, a nessuno frulla per la mente che si possa formare colonna? Si fa colonna tutti i giorni in auto, in posta, al supermercato: al Mezzalama invece non è prevista la colonna? Quando poi invece succede, ecco tutti a scandalizzarsi e a tirare in ballo le partenze intelligenti come fosse l’esodo di ferragosto, diventa un tutti contro tutti che sfocia anche nel becero. Volevo impostare l’articolo partendo da un’analisi delle polemiche, dando spazio ai concorrenti e poi ascoltando gli organizzatori. Ci ho riflettuto, in realtà non avrebbe senso. Stiamo valutando il Mezzalama, una manifestazione estrema di scialpinismo, con le stesse regole e gli stessi metodi applicati a una maratona a piedi o in bici. Se in queste manifestazioni si possono prendere tutti gli accorgimenti del caso per evitare intasamenti, ricorrendo alle partenze scaglionate, alle variazioni di percorso, ecc… al Mezzalama il passaggio sul Castore non lo si può evitare, né raddoppiare, è un punto spettacolare di questa manifestazione, da lì si deve passare, uno alla volta, con il vento e il freddo. Fine di ogni discussione. Chi pratica lo scialpinismo non vuole che in montagna si portino gli stessi format e le stesse regole previste in altre discipline. Lo scialpinismo non deve perdere la propria identità, il Mezzamala non deve essere speciale allo stesso modo di altre gare, non deve assomigliare agli altri ma rimanere autentico e unico come lo era ottant’anni fa. Chi organizza il Mezzalama non lo fa per arricchirsi, basti pensare solo ai rischi che si assume. Piuttosto ha peccato di amore per la propria gara. Ha voluto dare modo a tutti di prendervi parte, con il solo intento di fare conoscere e provare l’ebbrezza di questa meravigliosa avventura. Il Pierra Menta chiude le iscrizioni a 200 squadre senza guardare in faccia nessuno, attirandosi le ire di migliaia di persone. Al Mezzalama dovrà succedere la stessa cosa. Non è possibile fare valicare tutte quelle persone assicurando loro le stesse condizioni. Bisognerà fare delle rinunce e porre dei limiti, volenti o nolenti. Non ci sono da cercare rimedi o alternative! Che poi l’organizzazione in questa edizione ci abbia messo anche del suo, è indiscutibile, ritengo che la macchina organizzativa fosse tarata sulle 300 squadre, quelle cento in più hanno fatto saltare un po’ i piani. Non siamo a un processo, non c’è da ascoltare la difesa e l’accusa, si tratta di una gara di scialpinismo, che ha regole, tempi e metodi ben Adriano Favre precisi. Per quanto si voglia stravolgere o provare a eliminare tutto questo, si è capito che ancora una volta a dettare le regole è la montagna. E a noi piace l’idea che sia così.
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Mezzalama
testo: Enrico Marta
ALAIN SELETTO,
AD UN PASSO DAL SOGNO Da anni è uno dei nostri tecnici di riferimento nei test materiali, per cui abbiamo fatto un po' più di tifo per lui in questa edizione del Mezzalama
A
lla vigilia Alain ha sperato di essere preso in considerazione da uno come Giacomelli, ma i due non si conoscono affatto e forse non si sono nemmeno mai parlati: era certo di potere dare un prezioso apporto, fatto di esperienza e di concentrazione, maturato in anni di militanza nella squadra nazionale di sci alpino, ma non se ne è fatto nulla. Poi la sua attenzione si è rivolta verso il vecchio compagno Didier Blanc, che tuttavia si è defilato: «Je sais qu'il est fort mais il ne fait jamais des courses et il n'a pas le rytme…» (so che è forte ma non partecipa a corse e non ha ritmo…). E adesso, chi rimane? I giovani, forse Boscacci e Antonioli, ma alla fine preferiscono fare la gara con un altro espoir, lo spagnolo Pinsach. Lanfranchi si trova anche lui nella sua posizione: fino all'ultimo ha atteso un cenno da parte di Guido e ora si trova in difficoltà. Daniele Pedrini c'è, come sempre, ma il terzo? Ci sarebbe Seletto, un buon tecnico, ben allenato e affidabile, certamente a proprio agio in quota, dove lavora per la maggior parte dell'anno, ma il 'Pedro' non vuole saperne: vecchie ruggini con i valtellinesi, va un po' a sapere… Alla fine l'opera di mediazione del 'Lanfra' ottiene i suoi frutti e Alain viene finalmente accolto a corte, alla corte dei big che non ha mai potuto frequentare a pieno titolo. Entusiasmo, speranza: Alain non l'ha mai detto, ma ha vivamente sperato che questa fosse la
volta buona. D'altronde il Mezza si corre in casa sua e perché non sognare? Hai temuto di restare tagliato fuori dalle squadre importanti?
«Fino all'ultimo non sapevo nulla: ero veramente preoccupato. C'era una possibilità con Mair, al quale si sarebbe potuto aggiungere Valentin Favre ma a un certo punto, mentre ero in viaggio per il Parravicini, è arrivata la telefonata di Lanfranchi e le cose hanno iniziato a girare per il verso giusto». Per quale motivo non sei stato da subito preso in considerazione?
«Non lo so, però credo che la spiegazione più plausibile stia nel fatto di non avere gareggiato in Coppa del Mondo e non potere quindi fornire punti di riferimento delle mie prestazioni a eventuali compagni». Parlami dei tuoi due compagni e soprattutto del ritmo di Pedrini al lancio.
«Lanfranchi lo conoscevo meglio e mi ero già accorto che andava forte, Pedrini l'ho conosciuto solo in gara, abbiamo comunque corso da vera squadra, aiutandoci l'un l'altro. Nella prima parte ho faticato tanto per il ritmo alto, con Daniele che spingeva forte davanti. A proposito, se qualcuno diceva che il 'Lanfra' e il 'Pedro' non sono dei discesisti, vorrei smentirli: i due se la sono cavata alla grande e posso garantire che di tempo in discesa non ne abbiamo perso affatto rispetto agli altri».
A sinistra. Seletto insieme ai compagni d’avventura Lanfranchi e Pedrini photo©federico modica
Scatti in sequenza. Nella prima immagine. Il duello lungo il canalino che scende a Gressoney. Nelle altre due. Ultima lingua di neve: i due terzetti sono ancora insieme photo©riccardo selvatico
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Gli anni passano, anche se rimane il mio sogno. Ma i giovani vanno molto forte, forse troppo...
Quando hai capito che forse si poteva fare? «In partenza pensavo che i francesi fos-
sero più forti, sono partiti 'a tutta' per ammazzare la gara, io ho rallentato un po' i miei due compagni, poi ci siamo riavvicinati e siamo sempre rimasti lì. All'attacco del Castore eravamo più in forma noi, Didier era in crisi, infatti Kilian portava gli sci. Poi, un po' per colpa della neve ventata che copriva la traccia, le pattuglie dietro hanno potuto riavvicinarsi. Hanno approfittato del fatto che Pietro ha perso un rampone per passarci, ma in cima siamo poi di nuovo arrivati noi per primi». Qual è stato il momento di maggiore gioia e quello di maggiore difficoltà?
«Gioia quando ho trovato i due compagni per
gareggiare e poi anche durante tutta la gara, perché andavamo via proprio da squadra. Difficoltà tutta la prima parte di gara, i primi 30 minuti. E anche difficoltà nel rimettere le pelli, per via di una mano che si stava congelando». Hai un messaggio da mandare a qualcuno attraverso questa intervista? «Un
grazie a Pietro e Daniele e a chi ci ha supportato fra spettatori e rivali, grazie a mio padre e a mio fratello Erik, che mi hanno lasciato allenare nell'ultimo periodo, facendosi carico dello sci club». Credi che dopo il Mezzalama le tue quotazioni di skialper si siano alzate?
«Sicuramente questo risultato mi ha messo più in evidenza».
Quali sono stati i benefici nell'immediato? «Qualche azienda mi ha coinvolto per lo
sviluppo dei materiali».
Il 2013 sarà l'anno buono? «Gli anni passano, anche se rimane il mio sogno. Ma i giovani vanno molto forte, forse troppo…».
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Mezzalama
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Nella sezione video di skialper.it guarda la videointervista alle vincitrici della gara femminile. Utilizza il codice QR per visionarlo sul tuo smartphone
Mezzalama,
l’attimo fuggente
Il Mezzalama 2011 passerà certamente alla storia, oltre che per l’avvincente sfida fra le prime due pattuglie classificate, per le grandi polemiche che sono seguite da parte di quanti non sono riusciti a superare i cancelli a causa di alcuni stop forzati, dovuti al sovraffollamento di pattuglie lungo il percorso. Verrà anche ricordato per la variazione di percorso che, anziché affrontare il Naso dal solito versante, ha portato gli atleti a scollinare sul Colle della Fronte. Eccezionale prestazione della squadra espoir, composta da Boscacci, Antonioli e Pinsach, che ha avuto la forza di salire sul terzo gradino del podio. Crollo delle favorite e grande prova della pattuglia femminile tutta italiana che, sin dal via, impone un ritmo troppo elevato per una delle avversarie, la svizzera Etzensperger. Così si materializza un augurio, quello di vedere tre azzurre sul gradino più alto proprio nella gara che salta a piè pari le nazionalità dei componenti. E poi la grande prova della squadra Atk Race, composta da Lanfranchi, Pedrini e Seletto; sono stati loro a contrastare fino all’ultimo la supremazia, forse troppo scontata, dei vincitori. Una pattuglia nata all’ultimo momento, quando Alain sembrava ormai rassegnato a non trovare compagni in grado di fargli cullare quel grande sogno di vincere una volta nella vita un Mezzalama… A una settimana dalla gara, in un ‘toto Mezzalama’ allestito sul sito skialper.it, le previsioni di vittoria sono andate soprattutto alla squadra di Guido Giacomelli, anche se in molti si sono chiesti se Jean Pellissier fosse in grado di tenere un grande ritmo, visti gli incidenti occorsigli all’inizio dell’inverno. Probabilmente no, anche se non ci è dato di sapere quale dei tre abbia in definitiva condizionato le aspirazioni del team. E che dire di un Esercito orfano per la prima volta negli ultimi anni di un grande come Manny Reichegger, che cavallerescamente decide di fare spazio ai compagni? Probabilmente la sua esperienza e la sua regolarità avrebbero permesso a questa squadra di lottare almeno per il podio. Ma le storie non si fermano alle squadre d’élite: al traguardo ogni pattuglia che arriva ha qualcosa da raccontare, 8/9 ore a manetta con due compagni e in un ambiente di alta quota come quello del Rosa sono un romanzo. A sinistra in sequenza L’arrivo trionfale delle bormine Pedranzini e Martinel li insieme alla valdostana Pellissier photo©Idalba Beda Champagne sul podio per Kilian e i suoi compagni photo©Federico Modica Nathalie Etzensperger saluta i tifosi, per nulla delusa del secondo posto photo©Federico Modica L’arrivo dei giovani Pinsach, Boscacci e Antonioli, terzi a sorpresa photo©Federico Modica Colloquio a fine gara tra Kilian, Giacomelli con la sua bimba e Pellissier photo©Idalba Beda
XVIII TROFEO MEZZALAMA 1 maggio 2011 - Cervinia/Gressoney quota di partenza: 2.020 m quota di arrivo: 1.670 m quota massima: 4.226 m dislivello: 2.900 m direttore di gara: Adriano Favre direttore di percorso: Giuliano Trucco
CLASSIFICA MASCHILE - TOP 15
1. Kilian Jornet Burgada (Spa), William Bon Mardion (Fra), Didier Blanc (Fra) 4h33.58.47 2. Daniele Pedrini, Pietro Lanfranchi, Alain Seletto 4h34.16.32 3. Marc Pinsach Rubirola (Spa), Michele Boscacci, Robert Antonioli 4h38.19.58 4. Nejc Kuhar (Slo), Alessandro Follador, Thomas Trettel 4h41.09.31 5. Martin Anthamatten (Sui), Marcel Marti (Sui), Yannick Ecoeur (Sui) 4h49.00.47 6. Gregory Gachet (Fra), Xavier Gachet (Fra), Alexis Sevennec (Fra) 4h49.24.65 7. Jean Pellissier, Guido Giacomelli, Lorenzo Holzknecht 4h53.24.41 8. Marcel Theux (Sui), Didier Moret (Sui), Alexander Hug (Sui) 4h57.00.15 9. Mirco Valentini, Titta Scalet, Alex Salvadori 4h59.48.55 10. Alberto Fazio, Fulvio Fazio, Paolo Moriondo 5h04.40.00 11. Franco Collé, Matteo Stacchetti, Andrea Basolo 5h18.21.10 12. Filippo Beccari, Graziano Boscacci, Thomas Martini 5h20.44.95 13. Eric Dussex (Sui), Stéphane Millius (Sui), Jean-Pierre Sierro (Sui) 5h22.27.02 14. Giuseppe Lanzi, Giorgio Colombini, Marco Vavassori 5h25.53.22 15. Mattia Roncoroni, Marco Herin, Andrea Peron 5h26.14.23 [… seguono al traguardo altri 221 terzetti…]
CLASSIFICA FEMMINILE - TOP 10
1. Francesca Martinelli, Roberta Pedranzini, Gloriana Pellissier 5h28.36.69 2. Laetitia Roux (Fra), Mireia Miro (Spa), Nathalie Etzensperger (Sui) 5h32.09.00 3. Tatiana Locatelli, Laura Besseghini, Raffaella Rossi 6h33.50.82 4. Corinne Favre (Fra), Gabrielle Magnenat (Sui), Emilie Gex-Fabry (Sui) 6h34.10.75 5. Micol Murachelli, Cécile Pasche (Sui), Alessandra Gianatti 7h26.35.70 6. Nina Silitch (Usa), Valentine Fabre (Fra), Lindsay Meyer (Usa) 7h31.03.23 7. Chantal Daucourt (Sui), Simone Hammer (Sui), Sabine Gentieu (Sui) 7h32.39.85 8. Raffaella Gianotti, Katia Tomatis, Raffaella Miravalle 7h57.53.22 9. Marlen Knutti (Sui), Lucia Näfen (Sui), Monika Ziegler (Sui) 8h03.43.41 10. Valérie Berthod (Sui), Mary-Jérôme Vaudan (Sui), Veronique Ancay (Sui) 8h19.55.73 [… seguono al traguardo altre 7 terzetti…]
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Gli spettatori, numerosissimi a questa edizione, che hanno condiviso freddo ed emozioni con i concorrenti photo©Umberto Isman
Mezzalama testo: Umberto Isman
Riflessioni sul Mezzalama a distanza di qualche mese e di qualche migliaio di chilometri
Yes we can
S
crivo queste note in un campeggio sul margine del Grand Canyon del fiume Colorado, in Arizona. Perché ce lo dici, vi domanderete. Al di là del fattore contingente di dovere consegnare l’articolo entro una certa data, ve lo dico perché è proprio qui che ho trovato l’ispirazione per parlare di Mezzalama in maniera forse un po’ insolita. E proprio da qui vorrei partire, dagli sconfinati spazi dei parchi del West americano. Il Grand Canyon, in particolare, è uno di quei luoghi del mondo dove percepisci, tocchi con mano la fisicità della Terra. Dove ne vedi gli strati, quasi ne senti il respiro, dove la geologia, da scienza, da storia, diventa realtà. Dove la distanza e l’inaccessibilità ti rendono infinitamente piccolo e impotente.Sul territorio italiano non ci sono luoghi così, è evidente. Gli spazi non sono gli stessi e l’antropizzazione ha fatto la sua parte. Ma ci sono alcune aree, prevalentemente montane, dove lo sguardo può ancora spaziare nella wilderness per chilometri e dove gli ‘spazi vuoti’ sono territori vasti e difficilmente percorribili. Uno di questi è la catena del Monte Rosa, che oltre al gruppo dell’Adamello costituisce una delle maggiori aree glaciali dell’intero arco alpino. Grandi ghiacciai significano lunghe distanze di territorio inospitale da percorrere. Il Mezzalama, veniamo a lui, è esattamente questo, la lunghezza di una maratona con quasi 3.000 metri di dislivello in salita, su una distesa di ghiacci che a tratti s’impenna fino a più di 4.000 metri di quota. Gli americani sono bravi ad addomesticarli questi spazi, li studiano, li analizzano, mettono a disposizione dei turisti una grande mole di informazioni. Soprattutto tracciano sentieri, punti di osservazione, modi per penetrare una natura selvaggia e altrimenti inospitale. Impongono regole: se c’è il sentiero vai pure, altrimenti te lo sconsiglio, è tutto a tuo rischio e pericolo, o addirittura te lo proibisco. Molto più di noi italiani, avvezzi piuttosto all’improvvisazione e alla creatività. Ma gli americani sono così, hanno bisogno di regole, di indicazioni precise. Forse è il loro segreto. Quello che certamente si percepisce è che in questo modo l’individuo diventa nazione, a partire proprio dalla semplice frequentazione dei parchi nazionali. Il Grand Canyon rimane sconfinato e selvaggio, ma diventa in qualche modo patrimonio comune, sperimentabile in prima persona.
E il Mezzalama, ancora una volta, cosa c’entra? Ne sentii parlare la prima volta dopo pochi metri di salita della prima gita di scialpinismo della mia vita, 28 anni fa, quando il Trofeo era un ricordo del passato e la nuova era doveva ancora nascere. Gli istruttori del corso di roccia, che mi avevano trascinato in questa nuova avventura, fantasticavano semplicemente
del ‘giro del Mezzalama’, uno dei loro obiettivi di stagione. Io non capivo a cosa si riferissero, cosa fosse questa ‘lama’ e perché solo mezza. In breve però m’informai ed ebbi un’idea un po’ più chiara sull’argomento. Restava comunque un’impresa (tre giorni di traversata) al di fuori delle mie possibilità, presenti e probabilmente future. Un Grand Canyon che solo pochi pazzi o fenomeni erano in grado di affrontare. Poi col tempo crebbero l’esperienza, la tecnica, l’allenamento, l’informazione e il famigerato ‘giro del Mezzalama’ entrò fieramente nel mio curriculum. «Pensa che in passato lo facevano in giornata, pazzesco.....» ricordo che ci dicevamo in quei tre giorni. Da allora sono passati altri anni e il Mezzalama è risorto. Qualche edizione e il tarlo che si fa strada, fino al 2003 quando, più o meno nel tempo di una giornata di lavoro di un impiegato, mi tolsi la soddisfazione.
E allora? «Il Mezzalama si fa con la testa», si dice spesso, più che con la prestanza atletica, ed è vero. Ma il Mezzalama è anche un risultato ‘culturale’, di esperienza e informazione. È il prodotto dell’individuo che si fa, non nazione, ma semplicemente Mezzalama. È un fluido che pervade i partenti e ancora prima chi lo sogna o lo prepara. Un fluido che investe anche gli spettatori, che fa venire la pelle d’oca. Se ne avete la possibilità, la prossima volta provate a gironzolare in mezzo alla schiera dei partenti (facendo attenzione ai preziosissimi sci) e questo brivido lo proverete anche voi. Incrocerete sguardi che dicono: «Se ce la fa quello lì, ce la faccio anch’io», o viceversa «Sarà dura tenere il passo di uno così», «I suoi sci pesano più dei miei, sono avvantaggiato», «Beppe due anni fa è arrivato al primo cancello in due ore e venti, ce la posso fare». Respirerete quel «Yes we can» che è lo stesso che spinge la più eterogenea massa di persone che abbia mai visto, soprattutto in termini di peso pro capite, ad avventurarsi sui sentieri del Grand Canyon. Quella sorta di magia che trasforma la mediocrità in eccellenza e consente ad uno qualunque di agganciarsi al treno dei tanti che vogliono tutti la stessa cosa. E il Monte Rosa? Per un giorno si trasforma anche lui. Il ‘giro del Mezzalama’ diventa semplicemente il Mezzalama. Le distanze paiono contrarsi, il Castore quasi lo si tira a sé, trainandosi uno con l’altro. Illusione sì, ma fa tanto, come fecero tanto gli amici di Ottorino Mezzalama, intitolandogli una linea ideale e geniale allo stesso tempo. Una linea che per un giorno, ogni due anni, si riempie di puntini colorati, per poi svanire completamente. A patto che quei puntini non siano troppi e il tutto non si trasformi in un’americanata.
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SQUADRE NAZIONALI testo: Riccardo Selvatico
Spazio alle giovani Dopo il ritiro delle bormine Martinelli e Pedranzini, saranno Valmassoi, Nicolini e Compagnoni a difendere il tricolore in campo femminile, mentre tra gli uomini sono confermate le punte di diamante della passata stagione. Ne abbiamo parlato con il coach Angeloni
I
mesi estivi sono passati da un po’, le ore di luce si sono accorciate, l’aria è frizzante e profuma d’inverno, molte delle nostre cime si sono già imbiancate un paio di volte, per non parlare di tantiappassionati che hanno calibrato linee di salita e disegnato curve approssimative in alcune decine di centimetri di neve fresca settembrina. La prossima stagione agonistica dei colori azzurri è ormai alle porte e sarà ricca di appuntamenti importanti, i Campionati Europei di Pelvoux e la Coppa del Mondo prima di tutto. Nel 2012 le tappe di World Cup saranno un avvicinamento, una sorta di test event, per le competizioni del 2013 che dovrebbero ricalcare il nuovo modello ISMF del prodotto Coppa del Mondo. Abbiamo chiesto a Oscar Angeloni, responsabile della squadra nazionale, di tracciare un bilancio dopo i mesi di allenamento a secco dei suoi ragazzi.
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Da sinistra Andrea Sartori, Nicola Invernizzi, Damiano Lenzi, Matteo Eydallin, Pietro Lanfranchi, Corinne Clos, Martina Valmassoi, Michele Boscacci, François Cazzanelli, Manfred Reichegger, Alessandra Cazzanelli, Filippo Righi e il dt Oscar Angeloni
Dopo l’estate com’è lo stato di forma dei ragazzi? «In questi mesi mi sono confronta-
to molto con i ragazzi, mi sembra che abbiamo lavorato bene e che siano pronti a rimettere le pelli di foca. Bisogna dire che alcuni di loro gli sci non li hanno mai tolti. Ad esempio i ragazzi dell’Esercito hanno già fatto qualche uscita in ghiacciaio e anche i valtellinesi hanno sciato allo Stelvio. Per il prossimo anno è difficile fare nomi, ci saranno i soliti Manfred Reichegger, Matteo Eydallin, Denis Trento, Damiano Lenzi, Pietro Lanfranchi, e Lorenzo Holzknecht che venderanno dura la pelle per la conquista di ogni singolo podio. Per quanto riguarda Daniele Pedrini e Dennis Brunod, speriamo che riescano a ritrovare il giusto stato di forma. La preparazione estiva di questi atleti è
molto diversificata: alcuni di loro preferiscono la bici e la corsa, altri scelgono allenamenti in piano e camminate lunghe e lente in montagna. Sono tutti ragazzi che si sanno gestire molto bene. Per quanto riguarda il settore femminile siamo un po’ in affanno: le due bormine Martinelli e Pedranzini, dopo anni passati a vincere sulle nevi di tutta Europa, non correranno più per la Nazionale, lasciando alle giovani Valmassoi, Nicolini e Compagnoni il compito di portare delle vittorie in casa Italia. Per fortuna ci sarà il rientro di Gloriana Pellissier che, dopo aver vinto il Trofeo Mezzalama, vuole fare bene anche in azzurro. Non dobbiamo dimenticare Corinne Clos: la valdostana sembra che abbia superato il periodo di ‘acciacchi’ e che si stia allenando nel migliore dei modi».
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SQUADRE NAZIONALI
Le squadre 2011/2012
Il trainer azzurro Oscar Angeloni photo©IDALBA BEDA
Responsabile: Oscar Angeloni Allenatore responsabile settore giovanile: Nicola Invernizzi (CS Esercito)
Senior maschile Dennis Brunod (1978 - Polisportiva Mont Avic) Matteo Eydallin (1985 - CS Esercito) Alessandro Follador (1993 - Dolomiti Ski-Alp) Lorenzo Holzknecht (1984 - SC Alta Valtellina) Pietro Lanfranchi (1978 - Lame Perrel GSA Ranica) Damiano Lenzi (1987 - CS Esercito) Daniele Pedrini (1976 - CS Alta Valtellina) Manfred Reichegger (1977 - CS Esercito) Denis Trento (1982 - CS Esercito)
Espoir Maschile Robert Antonioli (1990 - SC Alta Valtellina) Michele Boscacci (1990 - ASD Polisportiva Albosaggia) François Cazzanelli (1990 - SC Cervino Valtournenche)
Junior-Cadetti Maschile Luca Faifer (1994, SC Alta Valtellina) Mirko Ferrari (1993 - SC Brenta Team) Nadir Maguet (1993 - SC Torgnon ASD) Federico Nicolini (1994 - SC Brenta Team) Michele Pedergnana (1993 - SC Alta Valtellina AD) Stefano Stradelli (1993 - SC Cervino Valtournanche) Gianluca Vanzetta (1994 - ASD Cauriol)
Senior Femminile Corinne Clos (1978 - SC Saint Nicolas) Elena Nicolini (1988 - SC Brenta Team) Gloriana Pellissier (1976 - CS Esercito)
Espoir Femminile Elisa Compagnoni (1992 - SC Alta Valtellina) Martina Valmassoi (1989 - SC Dolomiti Ski Alp)
Junior-Cadetti Femminile Alessandra Cazzanelli (1992 - SC Cervino Valtournanche) Giorgia Dalla Zanna (1996 - SC Tersiva ASD) Silvia Piccagnoni (1993 - SC Alta Valtellina)
Per questa prima fase di stagione ci sono dei raduni in programma? «Certamente.
Dopo la bella avventura dello scorso autunno abbiamo riproposto tre giorni d’allenamento (2427 novembre) a Falcade. Il secondo raduno sarà in occasione della prima prova di Coppa Italia a Misurina, dal 16 al 18 dicembre. In quest’occasione potremo valutare in modo più preciso lo stato di forma dei ragazzi».
Quali saranno gli obiettivi per la prossima stagione? «I primi giorni di febbraio, sul-
le nevi francesi di Pelvoux, si disputeranno i Campionati Europei, l’intento è quello di eguagliare la performance dei Mondiali di Claut. Per quanto riguarda la Coppa del Mondo, mi dispiace che le gare a squadre siano state tolte dai calendari; è vero che alle Olimpiadi questo tipo di gara non sarebbe gestibile, però stiamo anche parlando della vera natura dello scialpinismo e dell’andare in montagna. Programmando la prossima stagione, sono sicuro che ci sarà da battagliare per la vittoria finale, anche se Kilian Jornet Burgada l’anno scorso gareggiava in un altro pianeta. Lo spagnolo quest’estate ha vinto tutto quello che c’era da vincere, magari sarà un po’ stanco?» La Coppa del Mondo inizierà ad Andorra il 21 e 22 di gennaio. Le tappe successive saranno in Italia, il 24 e 25 febbraio in Sicilia sulle nevi dell’Etna, il 2 e 3 marzo sarà la volta del Lagorai Cima d’Asta, nella conca del Tesino. Questa lunga parentesi italiana si chiuderà con il Trofeo Marmotta in Val Martello il 25 marzo. La Coppa del Mondo avrà infine il suo epilogo il 14 e 15 aprile a Trømso, in Norvegia». Dopo il commissariamento della FISI avete avuto difficoltà a svolgere il vostro lavoro? «Assolutamente no. In questi mesi ab-
biamo continuato ad avere buoni rapporti con la Federazione, la fase di pianificazione è andata avanti al meglio. Adesso c’è molta più burocrazia, ma penso che non sia un problema solo dello scialpinismo». Quali saranno i vostri partner per la prossima stagione? «Anche per il 2012 saremo
supportati da Haglöfs, che è il main sponsor azzurro da alcuni anni. In questi giorni c’è stato l’interessamento di Scarpa per proseguire la collaborazione anche per il 2012. A breve la situazione sponsor sarà definita perché stiamo lavorando per avere al nostro fianco anche altre aziende». Qual è per Oscar Angeloni la ricetta per far crescere lo scialpinismo? «Si deve
lavorare su più fronti dalla comunicazione a creare un ‘format’ gestionale condiviso da tutte le organizzazioni. Senza la visibilità non si va da nessuna parte, ma dobbiamo essere sicuri dell'immagine che vogliamo veicolare del nostro sport. Ad esempio, non possiamo avere una gara con un livello comunicativo elevato ma con dei servizi agli atleti scarsi. Si dovrà lavorare su entrambi gli aspetti. Ritengo anche che il mondo agonistico si debba aprire all’intero mondo della montagna invernale, non si dovrebbero fare troppe distinzioni tra chi fa gare e chi va in gita. Sono solamente espressioni diverse per vivere la stessa disciplina. Il passo successivo sarà di andare nel mondo a cinque cerchi, solo facendo quel passo lo scialpinismo e il mondo che ci gira intorno avranno le attenzioni che meritano. Per questo passo bisogna che l’interno movimento sia meno superficiale. Organizzazioni, tecnici, atleti e giudici devono dimostrare di essere professionali, di seguire i regolamenti e le indicazioni della Federazione Internazionale».
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TALENT SCOUT testo: Carlo Ceola foto: Riccardo Selvatico
Marco Camandona, un precursore Alpinista con all'attivo cinque ottomila, il valdostano è l'anima dello sci club Corrado Gex, fucina di campioni del calibro di Jean Pellissier, Denis Trento, Damiano Lenzi e Gloriana Pellissier
S
e in Italia possiamo annoverare una serie di campioni, il merito è di alcuni personaggi che negli anni hanno svolto un lavoro oscuro, fatto di impegno e sacrifici. Un'attività animata da una grande passione, senza alcun riscontro economico e poco riconosciuta. Abbiamo pensato a una serie di articoli per rendere omaggio a queste persone e farle conoscere al pubblico degli scialpinisti. Sono uomini che hanno cresciuto intere generazioni sugli sci, che ancora oggi avviano tantissimi giovani alla pratica del nostro sport, con l'obiettivo di trasmettere una passione e uno stile di vita. Partiamo dalla Valle d'Aosta, incontrando Marco Camandona, alpinista, guida alpina e maestro di sci, scialpinista per vocazione, presidente del comitato organizzatore del Tour du Rutor, atleta e allenatore. Casa Camandona, situata in una centralissima via di Aosta, esala aria di montagna, a ogni angolo un ricordo delle sue straordinarie imprese alpinistiche. Sono ben cinque gli ottomila che ha scalato, tra i quali il temibile K2, e quindi-
ci le spedizioni alpinistiche realizzate in tutti i continenti senza l'ausilio di ossigeno. Nella vita di tutti i giorni dirige l'impresa di onoranze funebri che in famiglia si tramandano da dieci generazioni. Abbiamo iniziato la nostra chiacchierata con un aperitivo in centro ad Aosta, rigorosamente al bar Rutor, in compagnia della moglie Barbara, la donna con la quale Marco ha condiviso tutto. Lei è orgogliosa del suo uomo e lo si capisce da come ci parla di lui. Ci accoglie nella loro bella casa mostrandoci libri e album fotografici di Marco, soffermandosi sui dettagli delle foto e raccontandoci le emozioni che ancora oggi prova nel ricordare quelle imprese. Un paio di sci d'epoca fanno bella mostra sul muro di casa, è l'occasione per iniziare a parlare di scialpinismo. Tutto iniziò nel 1992 quando Marco Camandona era in forza al Centro Sportivo Esercito di Courmayeur e faceva il maestro di sci. A fine stagione era tradizione calzare sci e pelli per affrontare qualche gita e quell'anno anche lui prese parte all'escursione. Non che fino ad allora Marco fosse stato a digiuno di scialpinismo, un uomo di montagna come lui aveva già affrontato parecchi metri di dislivel-
lo, ma il modo di andarci era diverso. Erano tutti ragazzi giovani ed allenati, sopperivano alla mancanza di tecnica con grandi prestazione atletiche, macinavano metri e coprivano distanze in tempi brevi. Erano gli anni dei trionfi di Fabio Meraldi, gli anni in cui Trab mise in commercio i primi sci leggeri e Dynafit progettò gli scarponi race. «In discesa andavano tutti a raspa, io invece giù a tecnica classica, con sfide sempre al limite», ricorda Marco. Da allora fu sempre e solo scialpinismo. Nel 1993 un amico gli parlò di una gara in Francia, la Pierra Menta, e fu amore a prima vista, tant'è che, rientrato in Italia, inventò la prima edizione del Tour du Rutor, coinvolgendo tutta Arvier, i maestri di sci e le guide alpine. «C'era bisogno di gente - continua Marco - bisognava far conoscere lo scialpinismo e l'unico modo era di portarli in montagna a sciare e farli appassionare». All'interno dello sci club Corrado Gex nacque così la sezione di scialpinismo, che si affiancava a quelle del fondo e dello sci alpino, annoverando fin da subito tra le proprie fila numerosi appassionati. Marco diede il là, poi tutto venne in modo naturale, dalle gite ai
113 > ski-alp race
perché lo faccio? Non bisogna chiedersi perché, di certo è un'attività che mi piace, che mi dà grande soddisfazione perché vedere crescere i ragazzi con la stessa nostra passione è qualcosa di meraviglioso Spiegaci un po' come avviene il 'reclutamento'? «Nessuno viene a bussare alla porta,
corsi e alle gare, si mise in moto un tale movimento che in breve tutti capirono che da una passione poteva nascere un'opportunità per il territorio. Marco si è buttato anima e corpo in questa attività, ci ha creduto, ha dedicato il proprio tempo ai ragazzi, ha messo a loro disposizione tutte le sue conoscenze, il suo entusiasmo e le sua grande esperienza. Lo sci club deve essere inteso come la scuola sci, l'iniziazione, il trampolino di lancio per chi vuole intraprendere l'attività agonistica o chi semplicemente vuole provare a sciare. Di gente ne è passata dal Corrado Gex: Jean Pellissier, Denis Trento, Damiano Lenzi e Gloriana Pellissier per citare i campioni. Oggi a dare lustro allo sci club ci sono invece Cazzanelli e Righi e le promesse Giorgia Dalla Zanna, Nadir Maguet e Stefano Stradelli. A Marco brillano gli occhi quando parla di questi suoi ragazzi, è un fiume in piena, si capisce che per lui è motivo di orgoglio quello che è riuscito a fare. «Assieme ai miei colleghi guide alpine organizziamo gratuitamente dei corsi con lo scopo di portare i ragazzi in montagna, insegnare loro a muoversi, conoscere la neve, i pendii e la tecnica di salita e discesa, il tutto sempre con la massima sicurezza».
questo te lo garantisco, il reclutamento avviene casa per casa, qualcuno ci viene segnalato, altri andiamo a convincerli a provare. Noi mettiamo a disposizione l'attrezzatura, che deve essere mantenuta nel miglior stato possibile per garantire poi ad altri ragazzi la stessa opportunità. Casa mia, certi sabati sera, sembra una scuola. Li ospito a dormire, visto che la mattina dopo si parte di buon ora, così evitiamo levatacce anche ai genitori e alla fine è un modo per fare gruppo. Tanti genitori mi hanno firmato la delega a scuola per andare a prendere i ragazzi il mercoledì pomeriggio e portarli a sciare. Perché lo faccio? Non bisogna chiedersi perché, di certo è un'attività che mi piace, che mi dà grande soddisfazione perché vederli crescere con la stessa nostra passione è qualcosa di meraviglioso».
Raccontaci qualche storia … «Denis Trento era stato messo fuori dall'Esercito per mancanza di risultati nel fondo. Una sera a Courmayeur, in occasione di una notturna, mi dicono che c'è un ragazzo che vuole fare scialpinismo. Lo vedo seduto su una sedia, alto e magro, con questi capelli biondi, aveva 18 anni. Proviamo ad andare via con le pelli ed era un mezzo disastro. Non aveva tecnica in discesa e in salita mancava proprio dei fondamentali. Non sapeva fare le inversioni, in compenso tirava un bel passo in alternato. Gli ho spiegato un po' di tecnica, e lui cosa fa? Va per una settimana intera sulla 'Tre' di La Thuile a fare inversioni. Un giorno torna e mi chiede se posso dargli un occhio. Non bisognava essere un genio per capire che il ragazzo aveva talento, ci mettiamo così a curare il gesto tecnico. Due anni dopo vincerà i Mondiali in Spagna nella categoria Espoir e rientrerà nel Centro Sportivo Esercito. Questo non per darmi meriti, lui ha dimostrato sin da subito un grande impegno e di credere nel suo obiettivo. È stato tenace, duro, ci ha messo amore e passione. Io per contro gli ho insegnato lo scialpinismo. Non sono un preparatore atletico, non faccio tabelle e programmi, il mio obiettivo è itrasmettere
la passione per lo scialpinismo e la montagna. Se uno sport ti piace e ti diverte, gli allenamenti non saranno mai un lavoro, al massimo potranno essere un lavoro divertente». A chi sei più legato di questi ragazzi?
«François Cazzanelli è il mio pupillo. È figlio di un mio amico che fa l'istruttore delle guide. Un giorno il 'baffo', ex-presidente dello sci club Cervino-Valtournenche, mi disse che c'era un ragazzino di quindici anni che voleva provare. Data l'età, non poteva ancora fare gare, ma in giù andava già fortissimo; in salita gli ho insegnato io, il resto l'ha fatto da solo. Tra di noi c'è grande amicizia e rispetto reciproco. Per me è l'atleta più completo che abbia mai visto. In montagna è un polivalente, arrampica forte, sta facendo il corso aspirante guida ed è entrato nel Gruppo Alta Montagna del Centro Sportivo Esercito. Arrampica tranquillamente su 8a e in Coppa del Mondo di scialpinismo è nei primi venti». Tante soddisfazioni ma immagino anche qualche cocente delusione… «Naturale che
sia così. Ho interrotto la mia collaborazione due anni fa con l'ASIVA per mancanza di intese nel lavoro e nel coordinamento delle attività. Il risultato è che abbiamo un buco nella categoria Cadetti. Manca la base, il lavoro di ricerca e sostanzialmente non c'è metodo di lavoro. Così sono tornato al mio sci club a fare quello che ho sempre fatto». E i tuoi rapporti con la FISI? «Io, ma anche Adriano Greco, abbiamo dato molto a questo sport, ci abbiamo creduto, e per noi parlano i risultati. Siamo stati scaricati, davamo fastidio, non c'è stato un minimo di riconoscenza da parte dei vertici federali. Noi ci siamo sempre confrontati, abbiamo condiviso le nostre esperienze con i ragazzi, ma la Federazione non ha mai voluto ascoltarci. Fondamentalmente parliamo due lingue diverse, la FISI non è più il punto di riferimento, almeno per quanto mi riguarda».
114 > rubriche
THE PINK SIDE OF SNOW testo: Martina Valmassoi
Inizia con questo numero una nuova rubrica sul lato femminile dello scialpinismo curata da Martina Valmassoi
Classe 1989, cresciuta in una famiglia di sportivi, nazionale di scialpinismo, ama la musica rock e detesta Gigi d’Alessio e il gorgonzola. Dal 2006 è campionessa italiana in carica nell’individuale e Vertical nella sua categoria. Nel 2008 ha vinto una medaglia d’oro ai Campionati Europei dell’Alpago in staffetta con Antonioli e Fognini e un bronzo nel Vertical categoria Juniores sempre nella stessa rassegna. Nella scorsa stagione ha chiuso al terzo posto in classifica generale di Coppa del Mondo nella categoria Espoir. Sempre nella stessa categoria ha vinto il Pierra Menta.
Novembre 2011: compiti per casa Q uando qualcuno ti assegna un compito, di qualunque natura esso sia, sta a significare che, positivamente o negativamente, la tua persona è riuscita ad emergere, ad esprimere qualcosa in più, qualcosa che probabilmente altri non sarebbero riusciti a raccontare. Ora però mi sorge un dubbio. Cosa mai avranno trovato in me per chiedermi di occuparmi di questa rubrica? E vi sembra facile il mio primo compito per casa? Scrivi semplicemente di te, delle tue aspettative ecc… Mi sembra di essere tornata al liceo, quando ti assegnavano tracce all’apparenza banali ma che in realtà celavano insidie insormontabili. Scrivo il solito elenco, quello che tutti si aspettano? Scrivo che mi sto allenando come una forsennata e che non ho tempo per niente e per nessuno? No, forse qui anche chi non mi conosce capirebbe che sto sparando solo ‘cavolate’… Allora che dire? Mi presento a chi (e saranno in molti), aprendo Ski-alper, non ha riconosciuto la mia faccia. Mi chiamo Martina Valmassoi e come avete potuto capire dal lungo ‘tergiversare’ iniziale, ho una personalità abbastanza contorta, ma ritengo che questo sia proprio il mio punto di forza. Anche se sono anagraficamente molto giovane, nel mondo dello ski-alp sono quasi datata, ed è per questo che tanti mi conosco-
no. Faccio parte della nazionale dal 2007, ossia dalla categoria Junior. Negli anni ho conosciuto i miti dello scialpinismo come Kilian e Mireia, senza tralasciare i più grandi o connazionali come Manni Reichegger e Pietro Lanfranchi, persone che sono veramente fiera di avere incontrato e che hanno influenzato fortemente il mio modo di vivere l’agonismo. Sono diventata amica di donne ‘bioniche’, come le ‘bormine’ Roberta e Francesca o come la mia mitica compagna di avventure Corinne Clos. Nella mia rubrica però non si parlerà di me, o meglio, io sarò la portavoce delle donne dello scialpinismo, di quelle che, pur essendo una razza pregiata e rara, vengono spesso oscurate dallo strapotere maschile. Un dietro le quinte nato con l’intento di fare appassionare altre come me a uno sport duro, che prende tanto: energie, tempo… Ma se vissuto come si deve è in grado di regalare sensazioni difficili da trovare altrove. Con questo penso di avere detto tutto, spero che vi siate incuriositi e che possiate seguire ancora i miei rocamboleschi racconti. Ora torno al mio lavoro, alle mie foto e ai miei allenamenti perché, dopotutto, l’obiettivo più grande che ho per questo inverno è cercare di battere Mireia!
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116 > ski-alp race
I GUERRIERI DELLA NOTTE testo: Carlo Ceola
Sabrina Zanon
Meglio di giorno
117 > ski-alp race
Sabrina Zanon, vince di notte nel circuito ‘Dolomiti sotto le stelle’, ma nella vita di tutti i giorni ha ritmi più diurni
Q
uello di notte non sarà considerato scialpinismo, ma è una realtà che muove numeri importanti. Sono nati dei veri e propri circuiti che associano una serie di manifestazioni alle quali partecipano tantissimi scialpinisti. Partire in una notturna infrasettimanale in 500 persone non è più cosa rara e il Sellaronda ne è un esempio. Sono occasioni per stare assieme, per fare degli ottimi allenamenti, per mettere le pelli e fare un po’ di festa. Tutto questo ha un suo fascino, le serate di luna piena con gli sci e le frontali hanno un loro perché. Anche in queste gare ci sono gli atleti da battere, i ‘guerrieri della notte’, quelli che danno il meglio di sé in ‘sgasate’ fuori soglia sempre ‘a tutta’, quelli dei 1000 metri in 40 minuti… Iniziamo una serie di ‘botta e risposta’ con i protagonisti serali partendo da Sabrina Zanon, vincitrice delle ultime due edizioni del Dolomiti Sotto le Stelle, un circuito tra Trentino, Veneto e Alto Adige che annovera oltre 30 gare. Sabrina è un personaggio dello scialpinismo, per due volte argento in Coppa delle Dolomiti, una che se la cava egregiamente anche nello scialpinismo vero, quello fuoripista. Vive a Ziano di Fiemme (Tn) dove con il marito Enrico gestisce un’edicola, è mamma di Sofia, una bellissima bimba di 7 anni, e oltre allo scialpinismo pratica con ottimi risultati anche la corsa in montagna. Fa parte dell’ASD Cauriol, la gloriosa società sportiva di Inox, alias Carlo Zanon, che tra le sue fila annovera anche Thomas Trettel e la giovane promessa Gianluca Vanzetta. È un peperino questa Sabrina, carattere deciso, una di quelle che non mollano mai. Bella donna, spigliata e sempre sorridente, non si tira indietro, neanche quando c’è da far festa.
1
La tua prima volta con le pelli?
«Una delle gite più facili per principianti: sono partita dal tornante del Col Bricon con meta i laghi, ma non sono mai arrivata a destinazione. Avrei dovuto chiudere con gli sci, specialmente quando ho dovuto affrontare la discesa e invece…»
2
Il tuo più grande pregio e difetto?
«Il mio pregio è sicuramente il fatto che riesco ad affrontare la vita con il sorriso. Il mio difetto è quello di non essere diplomatica e di dire quello che penso in ogni situazione, anche quando dovrei stare zitta».
3
La tua mise preferita?
«Jeans e T-shirt. Se voglio essere un po’ più elegante, jeans, camicia e stivali. In inverno un bel maglione con una sciarpa, sembrerà strano ma sono una gran freddolosa».
4
La cosa più pazza che hanno fatto per te?
«Le mie sorelle con i miei genitori hanno registrato una puntata casalinga di ‘Pelli di foca e dintorni’,
con tanto di interviste e servizi sulle gare, il tutto molto comico, ma mi ha dato la carica, perché li ho sentiti vicini».
ce di vivere una vita da single. Non è però un pezzo di carta che cambia i sentimenti di due persone che si vogliono bene».
5
9
Che genere di musica ascolti?
«Non ho mai avuto né il gioco preferito, né il cibo preferito e nemmeno la musica. Non vivrei senza un sottofondo musicale, ma il genere cambia in base al mio stato d’animo di quel momento: ascolto di tutto».
6
Caos o tranquilla serata con amici?
«Con il passare degli anni si cerca la serata tranquilla con gli amici… Anche se chi mi vede nel dopo gara di Caverson, non la pensa così».
7
In quale libro vorresti vivere?
«La mia vita si può definire un romanzo. Penso che se ci fosse una mia autobiografia, vorrei rivivere in quella».
8
Single, convivenza o matrimonio?
«Per quanto mi sentissi uno spirito libero, non sarei stata capa-
Meglio di giorno o di notte?
«Meglio di giorno, la sera faccio fatica a uscire di casa, anche se poi una volta uscita non rientrerei più».
10
Cosa fai nella vita?
«Sono moglie e mamma. Lavoro nell’edicola di mio marito. Nell’arco della giornata ho bisogno di prendermi un po’ di tempo per me e lo impiego ad allenarmi. Mi piace cucinare e ascoltare musica».
11
Il tuo relax preferito?
«Una bella camminata in montagna, tranquilla e sola con i miei pensieri. Il divano a casa non l’ho consumato…»
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Scialpinismo sport maschilista?
«Se ti riferisci al trofeo Cima d’Asta 2011 direi proprio di sì… A
parte gli scherzi, penso di no, vedo che viene dato spazio anche alle donne. Alla fine si diventa tutti una grande famiglia e si crea una bella armonia».
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Una gara in coppia con …
«Solo con Nadia Scola, finché viaggeremo ancora allo stesso livello. È la compagna ideale, sia in gara, sia nella vita… Comunque vada il sorriso non ce lo toglie nessuno».
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Cosa non rifaresti?
«Nella mia vita ci sono stati parecchi momenti difficili ma che comunque mi hanno rinforzato caratterialmente e insegnato a crescere. Rifarei tutto».
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Polenta o panino?
«Un invito a uscire a pranzo o a cena in un ristorante o malga che sia è una bella coccola che mi si possa fare, ma un buon panino, magari sulla cima di una montagna, non ha prezzo».
118 > ski-alp race
sCI CLUB
testo: Carlo Ceola
Alta Valtellina, la culla dello scialpinismo Inizia il nostro viaggio alla scoperta degli sci club che rappresentano il cuore e l’anima dello scialpinismo. Qui nascono e crescono campioni, si coltivano amicizie ma soprattutto si condivide una passione
I
l primo numero non poteva che aprire con lo sci club Alta Valtellina, non solo perché compare al primo posto nel ranking societario della Fisi per lo scialpinismo, ma perché rappresenta un esempio per tutti e racchiude un pezzo di storia di questo sport dell’ultimo decennio in Italia. Tanto per capirci tra i tesserati ci sono Guido Giacomelli, Francesca Martinelli e Roberta Pedranzini, ma soprattutto è lo sci club di tanti ragazzi e di tante persone che lavorano con amore e dedizione. Quando li ho incontrati sono rimasto ad ascoltare il racconto di persone che con fierezza ed orgoglio mi hanno spiegato come i loro campioni sono arrivati a vincere tutto. Scopro che lo sci club Alta Valtellina per la categoria Senior praticamente non fa nulla, tutte le risorse e le energie vengono spese a favore dei ragazzini, seguiti ed accompagnati dalla categoria Cadetti sino agli Espoir e poi messi in condizione di continuare da soli. I Senior raccolgono i frutti di dieci anni trascorsi nel club, il successo gli permette solitamente di trovarsi degli sponsor ed essere autonomi anche economicamente e non gravare sulle casse della società. La formula è chiara: si investe per poi capitalizzare, con la differenza che non è a scopo di lucro, quindi non genera ricchezza, ma diventa il blasone per l’intera comunità. Qui i ragazzi vengono a sciare perché imparano, perché possono contare sull’esempio dei grandi, perché hanno tecnici di prim’ordine, perché il gruppo è affiatato ed unito, perché ci si diverte e si cresce, non perché hanno la tuta gratis o gli vengono pagate le gare.
La Storia - Tutto nacque nel 2003 quando le categorie giovanili dello sci club Sondalo vennero trasferite alla sezione scialpinismo dello sci club Alta Valtellina, che fu costituita con l’intento di creare un bacino di giovani leve da avviare allo scialpinismo. Nessun dissapore con il Sondalo, ma un progetto condiviso e supportato anche dalle realtà locali, come la Comunità Montana, che in cambio di un importante sostegno economico chiese ed ottenne che nella denominazione del sodalizio ci fosse scritto Alta Valtellina. Il merito di tutto ciò ha un nome e cognome: Adriano Greco. Le sue idee sono state lungimiranti, il suo impegno, la costanza e la professionalità sono un dato di fatto. I risultati sul campo sono la prova tangibile del suo successo personale, che gli viene riconosciuto da tutti, anche dai suoi detrattori. Greco non ha fatto tutto da solo, soprattutto nei primi anni ha potuto contare sulla collaborazione di Luca Salini, già con lui ai tempi del Sondalo. Un grande affiatamento il loro, chiarezza di intenti e tanta passione; erano gli anni in cui Guido Giacomelli, Davide Spini, Matteo Pedergnana e Marco Maiori vincevano tutto nelle loro categorie a livello internazionale. Salini negli anni successivi ricoprirà anche il ruolo di responsabile del Comitato Alpi Centrali, Greco nel frattempo diventerà tecnico della squadra nazionale. Una crescita esponenziale di tutto il sistema, lo sci club Alta Valtellina fa scuola. Salini, per motivi di lavoro, limitò progressivamente i suoi impegni, Greco da parte sua, ricoprendo svariati ruoli all’interno della federazione internazionale, non riusciva più ad assicurare quella pre-
A sinistra. Un raduno in Val d'Uzza Sopra. Atleti SCAV a Tartano
senza necessaria per continuare a seguire i ragazzi. Ecco la necessità di trovare qualcuno che portasse avanti il lavoro. Nel frattempo si affacciarono alla ribalta i giovani Holzknecht, Coletti, Davide e Stefano Spini, Laura Lazzeri e Sara De Lorenzi. Salini e Greco capirono che non c’era tempo da perdere, quei talenti andavano seguiti e se non ci si dedicava in modo specifico c’era il rischio di perderli. Individuarono in Davide Canclini la persona giusta per portare avanti il progetto, colui che a tutt’oggi è il responsabile del settore giovanile dell’Alta Valtellina. Oggi - Chi è Davide Canclini? Intanto è il marito di Francesca Martinelli, per cui una certa dimestichezza con pelli e sci larghi ce l’ha, ma la sua grande esperienza arriva dal fondo dove è stato allenatore e maestro di sci. Persona di grande carisma, già presidente dello sci club Alta Valtellina, ha accettato l’incarico, ed intelligentemente non ha stravolto le cose ma, mettendoci molto del suo, ha saputo dare continuità al progetto, continuando a confrontarsi con Greco e Salini. Da lui sono passati atleti del calibro di Antonioli e sta facendo crescere ragazzi come Luca Faifer e Silvia Piccagnoni. Non vive di luce riflessa, sta portando avanti un lavoro immenso, i suoi
ragazzi gli vogliono un bene dell’anima. Conta un gruppo di 27 ragazzi che gestisce con l’aiuto dell’insostituibile Luca Dei Cas, un altro di quei personaggi che compie un lavoro oscuro e che si è guadagnato i ‘gradi’ sul campo. Restano da citare ancora due figure nell’organigramma del gruppo. La segreteria è affidata a Cecilia Cantoni, moglie di Guido Giacomelli: iscrizioni, fax, mail, contatti, telefoni, trasferte, cioè tutto, ma proprio tutto passa da lei. E poi Andrea Maiolani, jolly, persona affidabile e premurosa, uno che per intenderci si occupa di stilare classifiche e cronometrare i ragazzi negli innumerevoli meeting e raduni che lo sci club Alta Valtellina organizza. L’attività - Davide Canclini ricopre il ruolo di responsabile della squadra, suddivisa nelle due categorie Cadetti e Junior, che allena da cinque anni. Li prepara mediante una serie di attività concentrate in tre allenamenti settimanali nel periodo ottobre aprile, che spaziano dalla preparazione atletica, a quella tecnica, alla formazione sulla sicurezza e l’ambiente di montagna. In queste attività è coadiuvato da una serie di guide alpine, tra cui lo stesso Adriano Greco e Luca Martinelli che organizzano nello specifico prove artva, ricerca con sonda, ma soprattutto portano i ragazzi in montagna. Tutte queste attività sono svolte in maniera assolutamente gratuita, non è previsto alcun compenso. Sono tutti volontari, che credono nel progetto e ne vogliono far parte. Ai ragazzi è chiesta una quota annuale, in cambio della quale ricevono la tuta da gara, zaino, ramponi e casco e vengono loro assicurate le spese per le trasferte, oltre che la tessera FISI e l’iscrizione alle gare. Non c’è una strategia di reclutamento, di fatto il passaparola è la miglior campagna pubblicitaria. I ragazzi si raccontano le esperienze e le vogliono condividere. A differenza di altre società nello sci club Alta Valtelina non c’è la ricerca ossessiva del risultato, o quantomeno
non è l’unico parametro per valutare i ragazzi. L’obiettivo primario è di farli crescere in un ambiente sano che sappia trasmettere dei principi, oltre che insegnare una disciplina sportiva e trasmetterne la passione. Tutte queste attività ed esperienze negli anni sono state condivise a livello internazionale. Sono stati organizzati stage di allenamento coinvolgendo ragazzi di altre nazioni, per cogliere un’opportunità di crescita e di confronto, non solo a livello tecnico ma anche umano. Con gli altri comitati ed allenatori si è instaurata una sorta di collaborazione proprio per far crescere il movimento e dare le stesse opportunità a tutti i ragazzi. Un piccolo segreto? L'Alta Valtellina non attinge ai i ragazzi del settore fondo, ma dello sci alpino. Che le gare allora si vincano in discesa? Senior - Esistono anche loro, e se io fossi il presidente di uno sci club, che tra le sue fila annovera atleti che hanno vinto tutto quanto si potesse vincere in carriera, non C starei nella pelle. Ed invece una volta che diventano Senior, per lo sci club la missione è M finita. Certo sono orgogliosi dei loro ragazzi e Y ne vanno fieri, il nome della squadra si trova ai vertici delle classifiche mondiali e questo è CM un onore, ma la loro attenzione rimane rivolta MY ai ragazzi. E tutto questo me l’ha confermato CY Lorenzo Holzknecht che, nel ribadire una riconoscenza a vita allo sci club ed in particolareCMY ad Adriano Greco per tutto quello che ha fatto, K condivide la strategia del gruppo. «Solo così si può assicurare un ricambio - spiega Lorenzo - altrimenti sarebbe impossibile, visto e considerato il costo di un atleta per una società. Non ci si può lamentare, davvero abbiamo ricevuto molto e appena molleremo un po’ toccherà a noi metterci a disposizione dello sci club Alta Valtellina». A sinistra. Un'esercitazione all'utilizzo dell'artva Sotto. Robert Antonioli, uno degli ultimi 'prodotti' del vivaio dell'Alta Valtellina
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120 > ski-alp race
LOCALITÀ
testo: Riccardo Selvatico
La partenza della Sprint dei Mondiali di scialpinismo che si sono svolti l'inverno scorso a Piancavallo
re, illustrare e studiare i possibili scenari per fare crescere in modo esponenziale il rapporto tra il territorio Piancavallo-Dolomiti Friulane e lo sport. Enzo Sima ci ha spiegato a grandi linee il progetto. «La Promotur intende dare spazio a discipline normalmente meno curate, come lo skyrunning e lo scialpinismo. Per esempio, quest’anno metteremo a disposizione la prima pista specificatamente preparata e aperta per la pratica dello scialpinismo. Poiché la legge sulla sicurezza sulle piste da sci ne vieta la risalita, invece di cercare cavilli burocratici o di predisporre dei regolamenti specifici per l’utilizzo secondo orari di queste piste, abbiamo deciso di creare uno spazio dove poter salire e scendere in sicurezza e senza andare contro la legge. Un percorso indipendente dal resto del comprensorio sciistico che potrebbe essere dotato di un rilevamento cronometrico collegato a internet per il trasferimento dei dati dei passaggi degli atleti. Il polo del Piancavallo si sta specializzando nell’organizzazione delle gare Sprint, Staffetta e Vertical. Il nostro comprensorio sciistico è adatto a questo tipo di manifestazioni, riusciamo a garantire spettacolo e ottima visibilità per il pubblico. Lo standard che si vuole fare passare per arrivare nel mondo a cinque cerchi è quello delle gare Sprint o Staffetta con l’inserimento di una nuova formula che si trova nel mezzo tra queste due. A gennaio si disputeranno i Campionati Italiani, c’è la voglia di riportare un appuntamento internazionale? «Sicuramente gli Italiani di Vertical e Staffetta, in programma il prossimo 7 e 8 gennaio sono solo uno step per arrivare molto velocemente a una prova di Coppa del Mondo, anche perché le gare che abbiamo organizzato a febbraio hanno ricevuto l’approvazione sia degli atleti sia dei tecnici federali. A Piancavallo abbiamo applicato un modello legato alla visibilità, al colore e allo spettacolo che fino allo scorso anno era utilizzato solo nelle prove dello sci alpino».
Piancavallo, la prima pista per lo scialpinismo Nella località friulana un tracciato solo per le pelli di foca
P
iancavallo, in provincia di Pordenone, è una piccola realtà turistica legata al mondo della neve che in questi ultimi anni ha saputo ritagliarsi un proprio spazio nel panorama degli sport invernali e dell’outdoor. La località friulana si trova in provincia di Pordenone e i monti dell’Alpago sono il confine naturale con la provincia di Belluno. In queste ultime stagioni, tra lo sport endurance, estivo o invernale, e il polo sciistico di Piancavallo si è creata una stretta sinergia. Un lavoro professionale per raggiungere i migliori risultati in termini di visibilità, servizi agli atleti e offerta turistica. Piancavallo ha iniziato a credere non solo nel mondo tradizionale dello sci alpino e dello snowboard, ma anche in tutti gli sport che vivono la montagna senza filtri e in perfetta sintonia con essa. A sostegno di questa volontà ci sono i responsabili del polo sciistico, in prima linea il direttore Enzo Sima e le numerose società sportive che organizzano eventi sportivi, a cominciare dal Team Montanaia Racing. Proprio da questa stretta collaborazione sono nati eventi di prim’ordine come i Campionati del Mondo di Scialpinismo, che hanno visto svolgersi a Piancavallo le prove Sprint, Staffetta e Vertical. Inoltre anche nei mesi estivi il lavoro organizzativo è frenetico e solitamente termina con la Skyrace del Monte Cavallo. Lo scorso settembre la Skyrace, valida come prova di Campionato Italiano, è stata anticipata da un convegno dal titolo ‘Progetto Sport Endurance Piancavallo-Dolomiti Friulane’ per parlare di sport e di territorio. Un convegno per discute-
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Viabilità e collegamenti Autostrada: A4 fino a Portogruaro e poi sulla A28 fino a Pordenone, quindi proseguire per Aviano e Piancavallo, oppure proseguire sulla A27 fino a Conegliano, sulla SS 13 Pontebbana fino ad Aviano e da qui salire a Piancavallo. Collegamenti autobus: Linea bus ATAP (Pordenone - Piancavallo).
Dove mangiare Taverna all'Urogallo (tel. 0434.655400), un locale della tradizione dove provare le specialità locali. Baita Arneri (tel. 0434.655355), tipico rifugio sulle piste di sci.
Info: Piancavallo Dolomiti Friulane, tel. 0434.6151888 - Ufficio Maniago tel. 0427.71775, www.piancavallodolomitifriulane.it Agenzia Turismo FVG, ufficio di Piancavallo: tel: 0434 655191, info. piancavallo@turismo.fvg.it
121 > info pr
SAVE THE DATE
SAVE THE DATE Lunedì 28 novembre appuntamento con La Sportiva su skialper.it
L'occasione è troppo ghiotta per farsela sfuggire e viene offerta da La Sportiva, l'azienda di Ziano di Fiemme che una volta di più si dimostra all'avanguardia nella comunicazione, oltre ad essere uno dei brand tecnici più apprezzati dagli appassionati di montagna. Si tratta di un vero e proprio 'giveaway' sul sito skialper.it: ti iscrivi, partecipi, il più bravo vince. E che premio! Un paio di sci RST.
Come fare per aggiudicarseli?
1
Documentarsi su storia, prodotti e nuovo catalogo dell'azienda.
2 3
Registrarsi al sito skialper.it.
Una volta trovato il banner, cliccarci sopra e accedere alla pagina del gioco (attiva dalle ore 10 alle ore 18), concentrasi bene e quindi cliccare su 'avvia il gioco'.
5
Da quel momento il sistema registrerà il tempo impiegato a rispondere alle domande a campo chiuso. Il cronometro
si fermerà con il click sul tasto 'invio'.
6
Riceverai una mail che ti informerà delle risposte date e del tempo impiegato.
7
Il giorno dopo, 29 novembre, annunceremo chi ha risposto correttamente nel minor tempo: a lui andrà il paio di sci RST.
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Attenzione: si può giocare dalle 10 alle 18 di lunedì 28 novembre e solo dopo essersi registrati e aver effettuato il login a skialper.it.
Save the date!
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Collegarsi al sito il giorno 28 novembre e cercare tra le varie pagine il banner La Sportiva che annuncia questa iniziativa.
4
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122 > ski-alp race
EMERGENTI
Data e luogo nascita: 29 giugno 1994 Cavalese Residenza: Ziano di Fiemme (Tn) Peso: 52 kg Altezza: 171 cm Sci club: A.S.D Cauriol Categoria: Junior Materiali: sci Ski Trab, attacchi Montura Haereo, scarponi La Sportiva Stratos, abbigliamento Montura Sponsor: Ski Trab, Montura, La Sportiva
‘GIAN’ GIANLUCA VANZETTA Quando la prima volta con le pelli?
Nel 2008 per fare la gare del paese. Il tuo allenatore?
Fausto Bordiga.
guida alpina e il falegname. La gara più importante che hai vinto?
Transcavallo 2011 Tambre.
L
’inverno scorso c’è stata l’esplosione: Vanzetta si è imposto in alcune gare di Coppa del Mondo, mostrando a tutti la propria grinta e determinazione. Nonostante il cognome «da fondista» sembra aver trovato nello ski-alp la disciplina tagliata su misura per le sue qualità. Sa correre sull’avversario e sa gestire la gara come un vero professionista. Se la cava sia in discesa che in salita ma sembra possedere una rapidità superiore alla media che qualcuno imputa alla sapiente mano del preparatore Bordiga. Quest’anno passa di categoria: gareggerà fra gli Junior come i suoi amici-avversari Nicolini e Feifer che costituiscono, con lui, la punta di diamante della nostra squadra giovanile. Pregi e difetti? Ho fatto
rispondere a questa domanda alla mia compagna di banco: pregi l’umiltà, non dover vincere per essere soddisfatto; difetti quando mi annoio sono un po’ troppo rompiscatole, testardo.
allenamenti settimanali?
La gara che vorresti vincere? Mezzalama.
Salita o discesa? Entrambe.
Il tuo campione preferito? Manfred Reichegger.
Piatto preferito?
Un sms al tuo allenatore?
A colazione prima di una gara?
Hai un portafortuna? No.
Il tuo approccio a un grande evento? Mantenere
Cinque.
Pista o fuoripista?
Preferisco sicuramente il fuoripista ma non sempre è possibile, quindi vado molto anche in pista.
Altri sport? A livello
agonistico nessuno, per allenarmi vado in bici, di corsa e in montagna.
Scuola o lavoro?
Per il momento scuola, ma sono stufo, vorrei andare a lavorare. Indirizzo scolastico?
Istituto Tecnico Commerciale di Predazzo. Da grande farò? Spero la
Posso telefonarti? Non ho capito una cosa… I tuoi amici nello sci?
Kikko e Mirko, per nominare solo i trentini. Tre canzoni sul tuo iPod? ‘La locomotiva’ di Guccini,
‘Il pescatore’ di De André, ‘Where Them Girls At’ di David Guetta. Il tuo libro preferito?
Non sono un gran lettore.
Pollo e purè.
Latte, pane, burro e marmellata.
la calma e non agitarsi, sapendo di doversi divertire prima di vincere.
Obiettivi della prossima stagione? Restare in Nazionale. Grazie…?
A mio padre, Carlo Zanon, Fausto Bordiga e tante altre persone che mi hanno insegnato molto.
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124 > ski-alp race
EMERGENTI
N
ella scorsa stagione ha fatto capolino nello ski-alp race, così avaro di atleti in campo femminile e subito ha suscitato l’interesse dei tecnici. Valdostana di Fenis, ha gareggiato nello sci di fondo e nella mountain bike, di qui le buone qualità di resistenza. Deve ancora prendere dimestichezza con i sofisticati aspetti tecnici dello scialpinismo ma certamente dalla stagione entrante potrebbe ottenere buoni risultati.
Data e luogo nascita: 3 luglio 1996 ad Aosta Residenza: Fenis (Ao) Segni particolari: cicatrice sotto il mento Peso: 54 Kg Altezza: 168 cm Sci club: Corrado Gex Categoria: Cadetti Materiali: sci Movement, scarponi Scarpa F1 Carbon, attacchi Atk, abbigliamento Montura, pelli Pomoca Sponsor: Movement, Scarpa, Montura
‘GIO’ GIORGIA DALLA ZANNA Quando la prima volta con le pelli? A14 anni.
Hai un portafortuna? No.
Il tuo allenatore?
Alessandra Cazzanelli.
Alessandro Plater.
Allenamenti settimanali?
Cinque-sei.
Salita o discesa? Salita. Pista o fuoripista?
Fuoripista.
Altri sport? Mountain bike.
I tuoi amici nello sci? Tre canzoni sul tuo iPod?
‘Favola’ dei Modà, ‘In her eyes’ di Basshunter, ‘Certe notti’ di Ligabue.
Il tuo libro preferito? La
biografia di Lance Armstrong.
Pregi e difetti?
Scuola o lavoro? Scuola.
Pregi: non porto rancore, sono una ragazza molto semplice.
Indirizzo scolastico?
Difetti? Mi faccio influenzare
Liceo scientifico opzione scienze applicate. Da grande farò? Alpina
(Centro Sportivo Esercito).
La gara più importante che hai vinto? Coppa Italia. La gara che vorresti vincere? Mondiale.
molto dagli altri.
Piatto preferito? Pizza. A colazione prima di una gara? The, pane e marmellata. Il tuo approccio a un grande evento? Serenità a
casa e in allenamento.
Obiettivi della prossima stagione? Medaglia agli
Il tuo campione preferito? Matteo Eydallin.
Europei.
Un sms al tuo allenatore?
Grazie a…? Mamma e papà.
‘Ciao Ale!’
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126 > ski-alp race
calendario
A CUR A DI: Carlo Ceola, Riccardo Selvatico
SKI-ALP RACE 2011/2012
A
bbiamo creato un pratico calendario con le principali competizioni italiane e straniere (Campionati Europei, World Cup, Grande Course) e le informazioni utili, dalle categorie ai contatti, per programmare nel migliore dei modi la vostra stagione agonistica
1 2 3 4 5 6
LEGENDA
M/Sen=Master/Senior Jun/Cad=Junior/Cad GN=gara nazionale IND=individuale SQ=squadre TC=tecnica classica TL=tecnica libera CPI=Coppa Italia CIA=Campionati Italiani Assoluti SPR=Sprint WC=World Cup, VERT=Vertical TPC=Top Class, NOT=notturna
novembre /dicembre 20 Novembre
gennaio
MEMORIAL STEDILE (Jun/Cad - GN - IND - TC) Passo del Tonale (Bs) mario.sterli@provincia.so.it
2 3 4
SKIRACE MEETING INTERNAZIONALE GIOVANI (Jun/Cad - GN - IND - SQ - RALLY TC) Bormio Valdisotto (So) sciclubaltavaltellina@virgilio.it
18
MISURINA SKI – RAID (M/Sen - Jun/Cad - GN - CPI - IND - TC) Misurina (Bl) yanet@libero.it
7
8
TROFEO MAJELLA - (M/Sen - GN NOT - IND - TL) Passo Lanciano Majelletta (Ch) sciclubpretoro@genie.it VALTARTANO SKI RAID (M/Sen - Jun/Cad - GN - IND - SQ TC) Tartano (So) info@valtartano.it VERTICAL PIANCAVALLO (M/Sen - Jun/Cad - CIA VERTICAL IND - TC) Piancavallo (Pn) scvalcellina@libero.it - info@claut2011.org STAFFETTA PIANCAVALLO (M/Sen - Jun/Cad - CIA STAFFETTA - SQ - TC) Piancavallo (Pn) scvalcellina@libero.it - info@claut2011.org
9 10 11 12 13 14
15
PIZZO TRE SIGNORI (M/Sen - Jun/Cad - CIA - IND - TC) Alpe Paglio (Lc) - sci@aspremana.it
16 17 18 19 20
21 22
FONT BLANCA ARCALIS (M/Sen - Jun/Cad - WC - VERT + IND) Andorra (Esp) - 2 giorni Valle di Rezzalo (M/Sen – Jun/Cad - GN - SQ - TC) Sondalo (So scsondalo@tiscali.it
23 24 25 26 27
28
Campionati nordamericani (Sen - SPR + IND) Colorado (Usa) - 2 giorni Pitturina Skirace (M/Sen - CIA - SQ - TC) Comelico Superiore (Bl) yanet@libero.it COPPA KLEUDGEN ACQUARONE (M/Sen - GN - SQ - TC) Monesi (Im) - coppaka@cai.imperia.com VALTELLINA OROBIE (M/Sen - Jun/Cad - GN - SQ - TC) Albosaggia (So) info@polalbosaggia - www.polalbosaggia.it
29
30
CASTA 2012 (M/Sen - GN NOT - IND - TC ) S. Candido (Bz) sport@comalp.esercito.difesa.it
31
febbraio 1 2
3
SKI - KRONO VARMOST (M/SEN - JUN/CAD - GN VERT - IND - TC) Forni di Sopra (Ud) - skialp@fornidisopra.it INIZIO CAMPIONATI EUROPEI (SEN + GIO) Pelvoux (Fra) (FINO ALL’11) TROFEO MAURIZIO E CARLO FIOU (M/Sen - GN - CPI - SQ TC) Saint Oyen/Flassin (Ao) - sciclubgsg@gmail.com LA RAMPEGADA MONTE GUGLIELO (M/Sen - GN - IND - TC) Pezzoro (Bs) segreteria@sciclubpezzoro.it - fabrizio.pederzani@tin.it TOUR DEL SAS (M/Sen - GN TPC - IND - TC) Badia (Bz) posta@badiasport.org
4
5
6 7 8 9 10 11
12
26
27 28 29
Doues
Valgrisenche
Con il Patrocinio
Ollomont
In collaborazione: con le maggiori stazioni sciistiche
In collaborazione con il Comitato AOC
SELLARONDA SKIMARATHON (GN TPC - SQ - TC) Corvara (Bz) - skiteamfassa@tin.it FINE CAMPIONATI EUROPEI (SEN + GIO) Pelvoux (Fra) (DAL 4) SKI ALP RACE AHRNTAL (M/Sen - Jun/Cad - GN CPI - IND - TC) Valle Aurina (Bz) - info@alpenfrieden.com www.skialprace-ahrntal.com MONTE FLORIZ (M/Sen – Jun/Cad - GN - IND - TC) Forni Avoltri (Ud) - infoforniavoltri@libero.it VALTROMPIASKI TROFEO REMEDIO (M/Sen - Jun/Cad - IND - TC) Collio V.T. (Bs) - giacomo@remedio.it - info@valtrompiaski.it PERIPLO DEL MONTE ROSA (M/Sen - GN - IND - TC) Oropa (BI) - info@bufarola.it
TRANSCAVALLO (M/Sen - Jun/Cad - GN - SQ - TC) Tambre Alpago (Bl) - info@dolomitiski-alp.com - info@areaphoto.it 2 giorni SKIALP 3 MEM. ANGELO CASTELLETTI (M/Sen - Jun/Cad GN - CPI - IND - TC) Clusone - Colere (Bg) - skialp@sciclub13.it
25
Sauze d’Oulx
18
24
Pian del Frais Oropa
Torgnon Valtournenche
Locana
20 21 22 23
Champorcher
13 14 15 16 17 19
Saint Barthélemy Rhêmes Notre-Dame
TROFEO INTERNAZIONALE DELL’ETNA (M/Sen - SENIOR GN - WC - IND - TC - VERT - SPR) Etna Sud (Ct) sc.sudestgmail.com TROFEO INTERNAZIONALE DELL’ETNA (M/Sen - SENIOR GN - WC - IND – TC) Etna Sud (Ct) - sc.sudestgmail.com TOUR DEL MONSCERA (M/Sen - Jun/Cad - GN - IND - TC) Alta Val Bognanco (Vb) - francocharbo@hotmail.it TROFEO ALTA VAL TANARO (M/Sen - Jun/Cad - GN - IND TL - SQ - TC) Garessio 2000 (Cn) - sciclubgaressio@libero.it TRANSCLAUTANA (M/Sen - GN - TPC - SQ - TC) Claut (Pn) scvalcellina@libero.it - info@claut2011.org SKI ALP VAL RENDENA (M/Sen - Jun/Cad - G - IND - TC) Pinzolo (Tn) - info@alpingovalrendena.it
w w w .s kialp .it
128 > ski-alp race
calendario
marzo 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11
LAGORAI CIMA D’ASTA (M/Sen - Jun/Cad - GN - WC - IND TC - SPR) Val Malene - Pieve Tesino (Tn) sergio.santuari@skilagorai.it LAGORAI CIMA D’ASTA (M/Sen - Jun/Cad - GN - WC - IND -TC) Val Malene - Pieve Tesino (Tn) sergio.santuari@skilagorai.it STRALUNATA (M/Sen - Jun/Cad - GN VERT - IND - TC) Aprica (So) - info@stralunata.it TROFEO MISERIN E P. DANNA (M/Sen - Jun/Cad - GN - IND TC) Champorcher (Ao) - marinabrun@libero.it SCIALPINISTICA DELL’ADAMELLO (M/Sen - Jun/Cad - GN CPI - IND - TC) Tonale Ponte di Legno (Bs) info@ugolini-bs.ity
15
INIZIO PIERRA MENTA (SQ - GRANDE COURSE) Arèches (Fra) (FINO AL 18)
16
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SKI RAID TRE CIME M/Sen - Jun/Cad - GN - IND - TC) Sesto Pusteria (Bz) - erents@sesto.it FINE PIERRA MENTA (SQ - GRANDE COURSE) Arèches (Fra) (DAL 15)
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26 27 28 29 30 31
1
TRE RIFUGI (M/Sen - GN - CPI - SQ - TC) Mondovì (Cn) - info@trerifugi.com TROFEO KREUZSPIZTE MEM. WALTER NONES (M/Sen GN - IND - TC) Castello - Molina di Fiemme (Tn) larger@alice.it
9
DOLOMITI DI BRENTA (M/Sen - Jun/Cad - IND) Madonna di Campiglio (Tn)
10 11 12 13 14
15
16 17 18 19 20 21
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TROFEO MARMOTTA (M/Sen - Jun/Cad - GN - WC - IND - TC) Val Martello (Bz) - sportmartell@rolmail.net TROFEO MAJELLA (M/Sen - GN - IND - TL) Passolanciano Majelletta (Ch) - sciclubpretoro@genie.it TORGNON SKI ALP (M/Sen - Jun/Cad - GN - SQ - TC) Torgnon (Ao) - sciclubtorgnon@alice.it GARA DEL PIZZO SCALINO (M/Sen - Jun/Cad - GN - IND TC) Lanzada (So) - info@sportivalanzada.it TOUR DU RUTOR (SQ - GRANDE COURSE) Arvier (Ao)
PIZOLADA DELLE DOLOMITI (M/Sen - Jun/Cad - GN - IND - TC) P.so San Pellegrino (Tn) - info@valdifassasportevents.it TROFEO TRE VALLONI (M/Sen - Jun/Cad - GN - SQ - TC) Valle Stura (Cn) - magneto.remo@libero.it
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DERBY 3000 (M/Sen – Jun/Cad - IND) Gavarnie (Fra)
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TOUR DU RUTOR (SQ - GRANDE COURSE) Arvier (Ao)
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BLATIND ARTIC RACE (SEN - WC - SPR + IND) Trømso (Nor) PALARONDA SKI ALP (M/Sen - GN - IND - TC) S. Martino di Castrozza (Tn) - info@palaronda.it TROFEO ROBERT ROLLANDOZ (M/Sen - Jun/Cad - GN - CIA - IND - TL) Rhemes Notre Dame (Ao) sciclubgrantaparey@gmail.com TROFEO MONTE CANIN (M/Sen - GN - SQ - TL) Sella Nevea (Ud) - gsa.udine@libero.it TOUR GRAND PARADIS TROFEO RENATO CHABOD (M/Sen - CIA TOP CLASS - SQ - TC) Valsavarenche (Ao) info@tourdugrandparadis.it PATROUILLE DES GLACIERS (SQ - GRANDE COURSE) Verbier (Sui) TROFEO PARRAVICINI (M/SEN - CPI - SQ - TC) Carona (Bg) segreteria@caibergamo.it
30 SEGUITE LE GARE SU SKIALPER.IT
Tutte le gare in calendario verranno raccontate dal nostro 'team racing' sul sito skialper.it con anticipazioni, cronaca e commenti. Da sinistra: Massimo Dondio, Tommaso Zanotelli, Marco Sinicato, il responsabile Carlo Ceola, Micol Murachelli e Marzio Bondioli.
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LA SPORTIVA ® is a trademark of the shoe manufacturing company “La Sportiva S.p.A” located in Italy (TN)
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Urban zemmer testo: Carlo Ceola
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iamo stati a casa dell'altoatesino campione del mondo ed europeo di Vertical, un atleta diverso, senza tabelle di allenamenti, preparatori e cardiofrequenzimetro. Un uomo vero che, dopo avere fatto il contadino e l'idraulico, trova anche il tempo per allenarsi perché «correre a 41 anni non può rappresentare un terzo lavoro» La storia di Urban Zemmer sembra uscita da un libro delle favole. Vivere in montagna non è come andarci in ferie e Urban lo sa bene: «Tu vieni qui, vedi questo posto fantastico e pensi che io viva in vacanza da una vita e invece qui la vita è tosta, fatta di sacrifici e tanto duro lavoro». Si alza ogni mattina alle 6 e, dopo un'ora di stalla a sistemare i suoi 20 vitelli, scende a Ortisei dove lavora come idraulico. Dopo le canoniche 8 ore di lavoro, torna in stalla per un'altra ora o va a falciare il fieno. Solo dopo si concede ai suoi allenamenti. Finita la cena, sviene addormentato davanti alla tv. Oggi ha 41 anni, ha iniziato a correre solo 8 anni fa, è campione mondiale di vertical e nessuno riesce a batterlo. Nell'era in cui gli atleti top vengono programmati al computer, sono seguiti quotidianamente da uno staff medico che monitorizza ogni loro sbalzo d'umore e e si allenano secondo tabelle fatte di micro e macro cicli, c'è ancora chi si allena a sentimento. Alla mia domanda su chi fosse il suo preparatore è scoppiato a ridere. Non ha infatti alcun preparatore, si allena in base alle sue sensazioni, non segue alcun programma. «Io mi alleno in base alle forze che mi restano la sera, ci sono giorni che esco a correre e quando vedo che proprio non va, ripiego nel bosco a cercar funghi; vedi - mi ripete - io ho già due lavori, correre a 41 anni non può rappresentare un terzo lavoro. Mi alleno perché mi piace, perché ho una gran passione, perché ho la competizione nel sangue,
rban emmer l'uomo verticale L'altoatesino ha trionfato nella scorsa stagione lungo la terrificante salita della Streif di Kitzbühel
perché sono orgoglioso e continuerò a farlo fino a quando mi diverto e verranno i risultati». Mentre questo numero della rivista è in stampa, in Spagna ci sono gli Europei e lui è chiamato a difendere il titolo. È l'evento clou della stagione, per il quale si sta preparando quando lo intervistiamo, ma il suo problema non sembra tanto la gara, ma come organizzarsi per stare via quattro giorni. Un bel problema, chi si prenderà cura della sua stalla? Alla fine ha deciso che per qualche giorno si affiderà a suo padre e qualche amico. Urban fino all'età di 32 anni ha fatto tanta festa. Non che adesso si tiri indietro, anzi, la sua collezione di grappe ne è la prova, ma diciamo che fino a qualche anno fa invece di andare a correre si fermava sovente al bar con gli amici. Un giorno, per sfida, si è cimentato in una corsa goliardica e ha vinto. Non tanto per la vittoria, ma per la facilità con cui è arrivato in vetta alla montagna, lo hanno convinto a partecipare a qualche garetta locale. «All'inizio ero davvero scarso, mi allenavo poco e saltuariamente, facevo solo tanta fatica, però mi piaceva e ho capito che dentro covava una passione. Inerpicarmi per ripidi sentieri è quello che ho sempre fatto fin da
piccolo, quando accompagnavo mio padre nel bosco a fare legna o a falciare il fieno nei prati, è una cosa che ho dentro». Da qui il passo è stato breve. Allenamenti, tempi che si abbassavano di settimana in settimana, nella classifiche scalava posizioni a vista d'occhio, fino a quando sono arrivate le vittorie. Non stiamo parlando di attività giovanile, Urban tutto questo lo faceva a 34 anni. Di corsa o con gli sci, nel vertical oggi non ha rivali. Lo scorso anno si è recato a Kitzbühel, in Austria, dove organizzano una folle gara in salita lungo la mitica Streif, dove si corre la più terribile discesa della Coppa del Mondo di sci alpino. Un percorso terrificante, dove le pendenze in alcuni tratti sfiorano il 75%; basti pensare che in partenza l'accelerazione da 0 a 80 chilometri all'ora avviene in meno di 3 secondi. Il regolamento non imponeva limiti all'attrezzatura da impiegare, veniva vietato solo l'utilizzo di motori. La pista era ghiacciatissima e Urban ha optato per scarpe da corsa con gli spikes. Ha liquidato la pratica in 32 minuti, con arrivo in solitaria tra il tripudio e lo stupore della gente, diventando un mito anche in Austria. Ha messo in fila tutti, chi saliva con le pelli, chi con i ramponi, chi con le ciaspole.
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L'altoatesino ha trionfato nella scorsa stagione lungo la terrificante salita della Streif di Kitzb端hel
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Urban zemmer
Sponsor e materiali Società sportiva: Bogn da Nia Sponsor tecnico: La Sportiva Sponsor personale: Sport Amplatz di Canazei Sci: Merelli Attacchi: Atk Race Scarponi: Stratos La Sportiva
Questo è Urban Zemmer. Dopo avere conquistato il mondiale nel vertical ad Alba di Canazei, denominato Crepa Neigra, in tanti sono venuti a cercarlo, ma lui non ha tempo per nessuno e non cerca notorietà per quello che fa. Per Urban non è cambiato nulla, certo rimane tanta soddisfazione per avere battuto giovanotti del calibro di Kilian. La sera prima del campionato del mondo aveva mangiato il suo piatto preferito, le lasagne al ragù con tanta besciamella che gli cucina la sua Astrid. Non è scaramantico e non ha delle manie, ma guai a togliergli le sue lasagne. Di quel giorno ricorda che tutti sono partiti come delle furie e solo quando le pendenze sono diventate dure è riuscito a prendere il suo ritmo,
raggiungerli e andarsene. Urban sostiene che soffre molto di più a fare 10 chilometri in piano che a correre per un'ora in salita.
E la discesa?
Non parlategli di discesa, perché davvero non la sopporta. È obbligato a farla per tornare a casa dopo gli allenamenti, ma non gli piace. Neanche con gli sci. Altro capitolo quello delle pelli. I suoi colleghi di lavoro una domenica lo convinsero a partecipare a una gita con le pelli in montagna. Non avendo attrezzatura, ognuno gli prestò qualcosa. Prima di partire gli spiegarono l'itinerario, pregandolo di seguire le loro tracce e che comunque lo avrebbero aspettato in vetta. Con loro c'era un ragazzo che in valle vinceva un
po' tutte le gare, il fenomeno locale. Urban dice che per non restare solo ha sputato l'anima, ma non ha mai mollato le code del campioncino, il quale le ha provate tutte per staccarlo, ma non c'è mai riuscito. Dall'inverno successivo Urban iniziò a vincere tutti i vertical, anche con le pelli nelle salite impossibili lui non ha rivali. Io ero in gara in occasione del suo strepitoso tempo sulla Sylvester a Brunico: 52 minuti è un tempo pazzesco, soprattutto perché fatto da un uomo che all'epoca aveva 37 anni. A riposo ha 32 battiti, in soglia arriva a 178. Ma questo lo sa perché in occasione della visita medica per l'abilitazione all'attività agonistica il medico, resosi conto di avere tra le mani
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un motorhome, ha voluto andare a fondo. Non possiede un cardiofrequenzimetro e per credergli basta vedere la cyclette che usa . Non usa sali integratori, il latte delle sue mucche contiene molto di più di quelli intrugli. Frutta e verdura sono rigorosamente del suo orto, si fa il pane e la pasta all'uovo, macella le sue bestie, le marmellate sono prodotte con i mirtilli e le fragole che crescono nei suoi prati. La birra e il buon vino rosso dell'Alto Adige a tavola non mancano mai, come i deliziosi canederli al cirmolo che cucina Astrid. Urban Zemmer è un talento, di gente come lui ne nasce uno ogni generazione. Ha grandi doti fisiche, la natura con lui è stata davvero generosa. La sua infanzia trascorsa a falciare fieno o trasportare legna a valle l'ha forgiato. La sua grande capacità è quella di sopportare lo sforzo massimale per tempi prolungati, che uniti ai due martinetti idraulici che si ritrova al posto dei quadricipiti completano l'opera. Il motore 'canta' come quello di una Formula uno, pompa che è un piacere, ma si sa che non basta solo quello. La caparbietà di Urban è la qualità che gli permette di raggiungere questi risultati. Non molla mai, se si mette in testa una cosa non c'è verso di farlo tornare sui suoi passi. La determinazione con cui si applica quotidianamente, unita al suo spirito di sacrificio, fanno il resto. La differenza tra un ottimo atleta e un campione è la testa. Quando la sera me ne sono andato da casa sua, non ero soddisfatto per avere fatto una bella intervista, ma per aver sconosciuto una grande persona. la testa e il cuore di questo 'ragazzo' fanno la differenza.
Astrid, l'angelo custode
Dietro un grande uomo solitamente c'è una grande donna. Questa è Astrid, la sua compagna di vita, la persona che con Urban condivide questa grande passione. È un po' la sua manager, si occupa di tutto, oltre che viziare e coccolare il suo campione. Fa la maestra di scuola elementare a Santa Cristina in Val Gardena. Si sono conosciuti 10 anni fa ed è nato subito il grande amore. Convivono nella loro splendida casa a 1500 metri sopra Castelrotto, in un ampio prato soleggiato ai piedi dell'Alpe di Siusi dove, oltre a loro, c'è la stalla e la casa dei genitori di Urban. Una sorta di piccolo villaggio esclusivo, una paradiso insomma. Astrid ama cucinare, prepara deliziose marmellate e la sua specialità sono i canederli al cirmolo. La grappa alle ciliegie rimane però il suo cavallo di battaglia. Dice di Urban: «Se nello sport essere un testone è una qualità, nel rapporto di coppia lo ritengo un difetto. Non parla molto e tende a chiudersi in se stesso, ma ormai lo conosco bene e capisco quando c'è qualcosa che non va. Di Urban si saprà sempre quello che pensa, è diretto, a volte fin troppo. Non ha molta pazienza, tende a innervosirsi e così ci penso io a compensare le sue ire. ll suo pregio è di essere un buono, un generoso, dentro ha una forza d'animo immensa». In estate Astrid predilige la bicicletta e le camminate in montagna, d'inverno adora invece andare con le pelli. Dove? …direttamente dalla porta di casa! ■
Allenamenti e tecnica
Urban Zemmer nel suo 'ufficio' prima di andare ad allenarsi: ci sono 20 vitelli a cui dare da mangiare photo©Carlo Ceola
Urban Zemmer si allena mediamente cinque volte alla settimana. In estate fa due sedute in bicicletta, mtb o strada, non fa differenza, due allenamenti di corsa e uno nel ripido con bastoncini. In inverno non corre mai visto che la neve e il ghiaccio ricoprono strade e sentieri: si allena sempre cinque volte ma solo con gli sci. Sempre in pista visto che può allenarsi solo dopo le 17. Gli impiantisti della Val Gardena lo conoscono, chiudono un occhio e non gli fanno problemi. Nel vertical Urban utilizza sempre i bastoncini, sia in allenamento che in gara. Dal punto di vista tecnico, a differenza dei suoi avversari, si contraddistingue per effettuare passi molto lunghi. Ecco come motiva questa scelta: «Più il passo è lungo, più strada riesco a fare, per me in montagna è sempre stato così». Nei tratti duri, anche quando i suoi avversari corrono, lui cammina sempre. Non disdice le lunghe camminate con i bastoncini che riesce a effettuare nei fine settimana in primavera. È un atleta che non sente la gara in modo particolare. L'approccio è di quelli giusti: concentrazione e determinazione, non c'è spazio per l'emotività anche perché è una parola che non conosce e la traduzione dal tedesco l'ha fatto sorridere.
Urban Zemmer nasce a Castelrotto (Bz) nel 1970 e tuttora vi risiede. È l'attuale campione del mondo ed europeo nella specialità del vertical e fa parte della gloriosa società Bogn da Nia di Canazei (Tn) presieduta da Ennio Dantone. Altezza: 176 cm - Peso: 70 kg Piatto preferito: lasagne al ragù con besciamella Libro preferito: legge solo riviste sportive Hobby: guardare la tv Idolo: Jonathan Wyatt Dislivello: 80.000 metri in inverno con le pelli, 100.000 in estate tra bici e corsa Gara preferita: vertical Alba di Canazei Crepa Neigra Difetto: è un testone, 'da vero tirolese' Pregio: generoso e buono Lavoro: effettua 300 ore di lavoro al mese come idraulico e contadino. Quel che resta lo usa per mangiare, dormire e allenarsi.
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Stava skyrace testo: Carlo Ceola foto: Carlo Ceola Da sinistra in alto. Emanuela Brizio, prima al traguardo. I concorrenti in fila indiana lungo i pascoli. Il podio femminile del Vertical, con Senfter, Simoni e Zanon Da sinistra in basso. Miguel Ortega Caballero. Paolo Larger e Michele Tavernaro in azione Urban Zemmer, trionfatore nel Vertical
Stava Skyrace
spettacolo verde
Trionfo dello spagnolo Caballero e della Senfter in un contesto ambientale unico. Il solito Zemmer vince IL Vertical
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uella dello scorso 26 giugno è stata la gara che non ti aspetti, una di quelle giornate che fanno bene al nostro sport. Il percorso è di quelli che te lo ricordi, sia per la spettacolarità , sia perché il giorno dopo sono le gambe a ricordartelo. Qui vince l'atleta più completo, il polivalente, quello che nella prima parte sa affrontare un vertical, che nella parte centrale riesce a correre a ritmi elevati su un tracciato nervoso con numerosi cambi ritmo e che diventa un funambolo nella discesa finale che piomba sul traguardo di Stava, in Trentino.
Ad imporsi è lo stato spagnolo Miguel Caballero Ortega, una rivelazione, atleta completo, generoso e determinato, dotato di un gran talento. Limita i danni nel tratto vertical dove Manzi attacca come un forsennato per guadagnare minuti. Fa la differenza nel tratto centrale dove imprime ritmi impossibili per tutti e scende come un kamikaze tra i rododendri della Val del Slavin. Vittoria meritata con distacchi importanti, stabilendo oltretutto il record della gara che apparteneva a Nicola Golinelli. Dietro a lui Mamleev agguanta il secondo gradino del podio, ai danni dell'idolo di
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casa Paolo Larger, dovendo far ricorso alla sua classe e rischiando il tutto per tutto in discesa dove risale dalla quinta alla seconda posizione. Gara avvincente, con continui rimescolamenti al vertice, combattuta fino alla fine nella quale gli atleti hanno dato tutto. È sicuramente merito del percorso se si è visto tanto spettacolo, infatti la stessa cosa è accaduta in campo femminile, dove nelle prime due salite Debora Cardone sembrava poter fare il colpaccio e invece nella seconda parte la campionessa del mondo Emanuela Brizio imponeva la legge del più forte, venendo fuori perentoriamente sulla distanza. Raffaella Rossi merita una citazione per la sua performance tutta cuore, sempre all'attacco, mettendoci una gran grinta. All'inizio della discesa, infatti, ha sorpassato la Cardone e si è buttata alla caccia della Brizio. L'ha vista e ci ha creduto, ma non è riuscita a riprenderla, nel finale ha mollato e ha chiuso a un minuto dalla campionessa del mondo. Dietro la lunga teoria degli atleti battagliava per le posizioni di rincalzo, in una giornata di sole che ha regalato spettacolo e tante emozioni. In questa edizione c'è stato anche il debutto del Vertical, una gara nella gara, che preoccupava non poco il direttore tecnico Massimo Dondio che temeva infatti sovrapposizioni e confusione. Tutto liscio invece, ottima organizzazione e grande spettacolo del solito Urban Zemmer che ha vinto a mani basse su un caparbio Ivo Zulian. In campo femminile invece grande bagarre fino a 100 metri dall'arrivo, quando Irene Senfter, Francesca Simoni e Sabrina Zanon si sono presentate appaiate, dando vita a un vero e proprio sprint risolto a favore della Senfter su Simoni e Zanon. Questa è stata l'edizione dei record, sia in termini di partecipanti che per quanto concerne il riscontro cronometrico, ed era la prova di apertura del campionato italiano skyrunning. Un successo meritato per tanti motivi, a partire dal percorso tecnico e selettivo che si snoda in un contesto ambientale unico, con un panorama a 360 gradi sul Latemar e il gruppo dei Lagorai. Ma Stava Skyrace significa anche sensibilità ambientale: il Monte Cornon è un sito di interesse comunitario certificato dalla comunità europea. Sono stati limitati i passaggi con l'elicottero e per il futuro si prospetta la disponibilità a spostare la manifestazione in altra data proprio per salvaguardare flora e fauna che a giugno sono in un momento delicato. La vittoria di Caballero ha dato un tocco di internazionalità a questa bella manifestazione che si pone tra gli obiettivi futuri quello di ospitare una prova del Mondiale o del campionato Europeo. Non è utopia, i numeri parlano di un evento in costante crescita, ottimamente assistito da un'organizzazione di prim'ordine e seguito da un numeroso pubblico. Non è difficile prevedere che questa gara avrà un grande futuro, anche perché entusiasmo e competenza non mancano davvero. ■
Debora Cardone cerca la forza per andare avanti
Stava (Tn) - 26 giugno Classifica maschile 1. Miguel Caballero Ortega (Spa) 2.07.40 2. Mikhail Mamleev (Ita) 2.12.06. 3. Paolo Larger (Ita) 2.12.18. 4. Michele Tavernaro (Ita) 2.13.03 4. Emanuele Manzi (Ita) 2.14.49
Classifica FEMMINILE 1. Emanuela Brizio (Ita) 2.42.40. 2. Raffaella Rossi (Ita) 2.43.54 3. Debora Cardone (Ita) 2.44.18.
VERTICAL DEL CORNON Classifica maschile 1. Urban Zemmer (Ita) 46.30. 2. Ivo Zulian (Ita) 50.16. 3. Stefano Gardener (Ita) 50.37
Classifica FEMMINILE 1. Irene Senfter (Ita) 1.06.21. 2. Francesca Simoni (Ita) 1.06.24 3. Sabrina Zanon (Ita) 1.06.26.
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Dolomites
testo: Carlo Ceola foto: Carlo Ceola
La Dolomites Skyrace habla español
Una giornata incredibile: inverno in piena estate, ma organizzazione pienamente all’altezza
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i sono gare in cui giungere al traguardo diventa l’obiettivo primario, a volte per la giornata no, a volte per le proibitive condizioni meteo. Penso che questo sia stato il pensiero di molti atleti all'edizione della Dolomites Skyrace. Un serpentone silenzioso sferzato dalla tormenta del Pordoi. Sono condizioni estreme in cui però ci si può anche esaltare, in cui viene fuori il carattere e la forza di volontà. Scacciare i brutti pensieri e lottare per raggiungere il traguardo è l’esercizio mentale a cui hanno dovuto ricorrere in molti, tralasciando la classifica ed il risultato alla prossima edizione. È stata dura per tutti, organizzatori, atleti e spettatori. Sì, anche per alcuni spettatori che, incuranti del meteo, si sono avventurati in quota per fare assistenza ai loro beniamini, e invece hanno rischiato di dover chiedere assistenza. A Canazei le facce dei turisti, che vedevano sopraggiungere gli atleti intirizziti dal freddo e resi quasi irriconoscibili dal fango, erano più eloquenti di tanti commenti. Alcuni di loro scuotevano la testa e tiravano dritti, altri allungavano il collo per capirci di più, altri ancora venivano strattonati per la giacca dalle mogli, rei di appassionarsi troppo allo spettacolo. I più incuriositi erano senz’altro i bambini, attirati da un gioco che permetteva di sporcarsi in quel modo. I protagonisti di questa 14° Dolomites Skyrace sono stati i 609 atleti che, incuranti del maltempo, sono partiti ugualmente da piazza Marconi a Canazei. Gli iscritti erano oltre 700 e avevano obbligato l’organizzazione a dichiarare anticipatamente il ‘tutto esaurito’. Questi sono numeri che la dicono lunga sulla crescita di questa manifestazione, anche perché nella starting list era presente il meglio della specialità. La partenza è stata posticipata di un’ora per permettere agli organizzatori di ridisegnare il tracciato, ma lo spauracchio dell’annullamento è gravato sino all’ultimo. Le condi-
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Nella pagina a lato. Il serpentone di atleti nel gelo della salita al Pordoi Due passaggi del vincitore Luis Alberto Hernando Qui sopra. Nicola Golinelli e Michele Tavernaro in azione
Canazei (Tn) 24 luglio Classifica maschile
1. Luis Alberto Hernando (Spa) 1.50.55 2. Miguel Caballero Ortega (Spa) 1.51.05 3. Michele Tavernaro (Ita) 1.51.59 4. Mikhail Mamleev (Ita) 1.54.05 5. Tofol Castanyer (Spa) 1.54.30
Classifica femminile
zioni meteo infatti erano in continuo peggioramento con quota neve in abbassamento. Erano stati previsti e studiati ben quattro tracciati alternativi, il direttore di gara Ivano Ploner ha dovuto inventarsene un quinto perché la neve sino al Pordoi non era stata prevista. Si sale così al Passo Pordoi, si aggira il Sas Becè, si scende al Lupo Bianco, si sale verso il Passo Sella e si ridiscende a Canazei. Il tracciato risulta meno tecnico, forse un po’ più corto, ma è reso duro dalla neve, il freddo ed il fango. Pronti via e lo spagnolo Hernando rompe gli indugi imponendo da subito un ritmo terrificante alla gara. Mi apposto nella salita lungo la pista da sci, i primi quindici procedono allungati in fila indiana, segno che il ritmo è alto, intanto piove acqua gelata e le auto che scendono dal Pordoi ricoperte di neve non lasciano presagire nulla di buono. Mireia passa attorno alla quindicesima posizione, ha già fatto il vuoto. I concorrenti transitano quindi al Pordoi e le posizioni di testa restano immutate, con il solo Tavernaro che sembra riuscire a contenere il distacco sul fuggitivo. Nel frattempo si è messo a nevicare forte e tutto diventa più complicato. Mi sposto allora sulla discesa dal Sas Becè, sempre Hernando al comando, tallonato da Tavernaro che sembra però guadagnare terreno. Come una furia scende invece l’altro spagnolo, Miguel Caballero Ortega, recente vincitore della Stava Skyrace, che in discesa non ha rivali. Il terreno ricoperto dalla neve sembra insidioso per tutti tranne che per lui. A metà discesa ha raggiunto i battistrada, ora la gara si fa una questione a tre. Nella seconda salita verso il Passo Sella lo spagnolo Hernando rimette una marcia impossibile per i due inseguitori, staccandoli nuovamente e guadagnando un buon margine. Nell’ultima discesa Caballero ritenta l’impresa che non gli riesce per un niente. Taglierà infatti il traguardo
1. Mireia Mirò (Spa) 2.06.23 2. Oihana Kortazar (Spa) 2.10.58 3. Brandy Erholtz (Usa) 2.11.47 4. Zhanna Vokueva (Rus) 2.12.34 5. Emanuela Brizio (Ita) 2.15.46
in seconda posizione staccato di soli 5 secondi, mentre a completare il podio c’è uno strepitoso Tavernaro protagonista di una gara generosa sempre all’attacco. In campo femminile Mireia Mirò compie l’ennesima impresa. A piedi o con le pelli non fa differenza, è lei la donna attualmente più forte. Sale leggera con cadenze vertiginose, in discesa vola e controlla. Fa il vuoto senza tanto dannarsi, rifila quasi cinque minuti alla seconda arrivata, la spagnola Kortazar, e ancora di più alla Erholtz. Una fuoriclasse, un vero talento che solo l’amica Roux sembra in grado di poter contrastare. Un plauso grande così all’organizzazione, capitanata da Diego Salvador. Assumersi certe responsabilità non è da tutti. Portare sul Pordoi 600 persone sotto il vento e la neve è stato un atto di coraggio, e non di incoscienza, mosso dalla certezza di poter garantire le condizioni di sicurezza. Nell'ora di posticipo della partenza hanno dovuto compiere il miracolo di ridisegnare il tracciato, spostare ben due ristori e tutto il personale dislocato in quota, inviare sul Pordoi più mezzi e persone disponibili per far fronte all’emergenza, mettere in sicurezza i passaggi lungo le strade e ricoordinare le fasi di gara. Se ce ne fosse stato ancora bisogno, l’ennesima dimostrazione di grande professionalità e capacità. Sarà stato orgoglioso di loro l’indimenticato Diego Perathoner, il cui memorial, assegnato all’atleta che ha ottenuto il miglior piazzamento nel Sellaronda e Dolomites Skyrace, è stato vinto dal valtellinese Giovanni Tacchini e dalla fassana Nadia Scola. ■
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IN BREVE
testo: Carlo Ceola e Riccardo Selvatico
Tor des Géants un’emozione lunga 150 ore A tanto ammontava il tempo limite per concludere questo ultra trail tra i quattro giganti della Val d’Aosta. È una prova di resistenza i cui numeri la collocano ai vertici di queste manifestazioni di endurance con 330 chilometri di lunghezza e un dislivello positivo di ventiquattromila metri. Tutto esaurito per questa seconda edizione partita da Courmayeur l’11 di settembre con ben 500 atleti iscritti e altri in lista d’attesa. Pazzia? Sì, no, dipende… Ognuno la può vedere a modo suo, l’obiettivo per tutti è arrivare, per rientrare nella ristretta élite dei ‘giganti’. Di certo è una grande esperienza di vita, un lungo viaggio con se stessi, una prova di volontà e determinazione, un'avventura. Sonno, fame, fatica, caldo, freddo e la testa che fa strani pensieri sono solo alcune di quelle situazioni che in questi sei giorni hanno pervaso gli atleti, mettendoli a dura prova. Come si fa? Non ci sono stratagemmi, si chiudono gli occhi e si va avanti, per vedere una nuova alba, per realizzare un sogno. I più forti dormono pochissimo e chiudono la performance sotto le 80 ore. Dietro è una corsa per sopravvivere, per restare in tabella di marcia e superare mille avversità. In questa edizione ci si è messo un caldo anomalo a complicare le cose. Quando si scendeva di quota nelle ore centrali si restava vittime del caldo che 'cucinava' i piedi, procurando dolorose vesciche e rallentando la marcia. È stato così per Marco Camandona che le ha provate tutte per resistere, ma ha dovuto ricorrere alle cure del Pronto Soccorso quando era in decima posizione a una maratona dall’arrivo. E storie così ce ne sono tantissime. Forse la più incredibile è però quella successa al vincitore morale di questa seconda edizione del Tor des Géants, lo svizzero Marco Gazzola. Una progressione fantastica la sua, con una seconda parte di gara incredibile che l’ha visto dal quinto posto prendere la testa della corsa e incrementare sugli avversari, che a questo punto lottavano ‘solo’ per il podio. Con un vantaggio di circa quattro ore sul secondo sbagliava percorso, saltando l’ultimo controllo posizionato al Rifugio Bertone. Si è presentato sul traguardo di Courmayeur a braccia levate, è stato incoronato e poi detronizzato, per lui una cocente squalifica dopo 75 ore e 330 chilometri. Sulla buona fede dello svizzero non ci sono dubbi, aveva solo discesa per giungere al traguardo con un margine abissale. Ma queste sono le regole dell’ultra trail, che con molta sportività Marco Gazzola ha accettato. Vittoria dunque per l’altro svizzero Jules Henri Gabioud
sul francese Christophe Le Saux. In campo femminile si è invece ripetuta Anna Maria Gross, conquistando una vittoria strepitosa e chiudendo al quarto posto assoluto. Non ci sono aggettivi che rendano merito a questa sua straordinaria impresa, tutta cuore e grinta. Non bastano infatti muscoli ben allenati e un gran motore, qui bisogna allenare prima di tutto la testa. E lei ha dimostrato di essere una spanna sopra tutti. Nessuna classifica, al Tor des Gèants vincono tutti, organizzatori in primis, perché organizzare e gestire un evento simile è un’impresa gigantissima.
Trail degli Eroi - Trofeo Scarpa lungo i sentieri della Grande Guerra
Domenica 2 ottobre si è disputata la prima edizione del Trail degli Eroi - Trofeo Scarpa, una gara di oltre quarantasei chilometri con duemilaseicento metri di dislivello positivo tra le trincee del Monte Grappa, in Veneto. Le ambizioni di questa competizione sono chiare: diventare un vero e proprio punto di riferimento nel panorama delle competizioni sulla lunga distanza. Sono stati molti gli elementi entrati tra i ricordi dei duecentocinquanta atleti di questa prima edizione. Partire illuminati dai fasci di luce delle lampade frontali, salire allo stesso ritmo della salita dei raggi solari e infine collegare lo sport alla nostra storia, alla storia dei nostri nonni che lungo quei sentieri hanno combattuto per i nostri stessi ideali. Vedere molti atleti farsi il segno della croce attraversando in completo silenzio il sagrato dell’ossario del Monte Grappa è stato emozionante. Lassù sono sepolti dodicimila soldati italiani e austriaci deceduti durante la prima Guerra Mondiale. Ancora una volta lo sport ha dimostrato che attraverso un gesto atletico, in questo caso la corsa, si può vedere senza guardare, si può percepire senza sentire e si può capire senza aver vissuto. Il Trail degli Eroi è nato dopo un’edizione numero zero corsa da Lorenzo Doris, presidente dell’attuale comitato organizzatore, insieme a un manipolo di amici che sin da subito hanno creduto in questa avventura. Non a caso il simbolo del Trail è la cappella che si trova all’inizio del sagrato. Per quanto riguarda la cronaca della gara la vittoria, perfettamente secondo lo spirito trail, è stata condivisa, mano nella mano, da Mirko Righele e Fabio Caverzan. Righele e Caverzan hanno tagliato il traguardo a braccia alzate dopo avere corso la
gara praticamente sempre insieme. Il tempo dei vincitori è stato di 4.35’.13’’. Nicola Giovanelli ha tagliato il traguardo in terza posizione con un distacco di circa dodici minuti. Tra le donne vittoria per Alessandra Bastesin con il tempo di 5.56’.54’’, mentre in seconda posizione si è classificata Genny Fratini. Lorenza Visintin è stata terza con il tempo di 6.16’.58’’.
10° Becca di Nona si è corso sotto la pioggia Come vuole la tradizione, la prima domenica di settembre, si è corsa la decima edizione della Becca di Nona, gara di corsa in montagna che parte dalla piazza principale di Aosta per salire in vetta alla Becca di Nona. Anche quest’anno la gara valdostana era inserita nel circuito della Mountain Running International Cup. Il comitato organizzatore, che ha visto l’avvicendamento alla presidenza tra Stefano Mottini e Stefano Mosca, aveva in programma due tracciati, quello di sola salita, e quello di salita e discesa. Purtroppo già durante il briefing il presidente dimissionario Stefano Mottini aveva annunciato che la gara si sarebbe dovuta svolgere su un tracciato di riserva. A causa delle previsioni meteo era impensabile arrivare fino ai 3142 metri di quota della Becca di Nona. Mikhail Mamleev, già campione tricolore di skyrunning per l’anno in corso, ha preso subito il comando della gara davanti al camoscio messicano Ricardo Mejia, ritornato ad Aosta per festeggiare il decennale della competizione tanto cara al suo rivale storico Bruno Brunod. Al passaggio dei 2.211 metri del Col Plan de Fenêtre, Mamleev è secondo assoluto alle spalle di un incontenibile Damiano Lenzi (impegnato però nella sola salita), Mejia è in ritardo di oltre due minuti. Il forte atleta della Valletudo arriva dunque primo in solitaria all’area sportiva di Plan Félinaz in 2.22’.06’’, senza più davanti Lenzi, con alle sue spalle il piemontese Bert (a 4’.51’’), Mejia (a 5’.16’’), Bosch (a 6’.24’’), i catalani Pere Aurell Bove (a 8’.55’’) e Gabriel Crosas Salvans (a 10’.04’’). In campo femminile la transalpina Corinne Favre, già vincitrice nel 2005, è inseguita dalle favorite della vigilia, la campionessa uscente Emanuela Brizio e le compagne della Valetudo Raffaella Miravalle e Cecilia Mora. Al Lago Chamolé la Favre è ancora in testa, evidentemente ha patito meno delle sue avversarie le brutte condizioni meteo, la Miravalle è attardata di 1’.30’’ e la Mora è a 4’.40’’ dalla leadership. La Favre chiude con il tempo di 2.52’01’’, con a seguire Miravalle (a 49’’), Mora (a 5’.10’’) e Brizio (a 7’32’’).
139 > sky-running
UTMB, grandi Jornet e Hawker «Abbiamo vissuto tutte le stagioni, durante questa edizione: la pioggia alla partenza, la neve, la nebbia, un gran freddo all’alba e un gran caldo in Svizzera. Queste condizioni hanno fatto dell’edizione 2011 una delle più difficili». Sono queste le prime parole di Kilian Jornet Burgada dopo il successo per la terza volta alla UTMB. Quest’anno l’Ultra Trail du Mont Blanc, corsa dal 25 al 28 agosto, è stata caratterizzata da un tempo incerto che ha messo a dura prova tutti i partecipanti. Lo spagnolo Kilian Jornet è il primo ad avere vinto per la terza volta l’UTMB con il tempo di 20.36’43’’. La gara si è decisa salendo da Martigny, quando Kilian ha staccato prima Iker Karrera Aranburu (Spagna), giunto secondo a quasi nove minuti, e poi Sébastien Chaigneau (Francia), terzo al traguardo. Chaigneau, del Team The North Face, ha dimostrato un coraggio e una tenacia particolari, resistendo a lungo al ritmo dei due spagnoli, fino alla fine dei 170 chilometri, dove ha accumulato una decina di muniti dal secondo. «Questa vittoria è stata dura - ha continuato il catalano - ho corso con degli avversari d’alto livello. Visto il meteo incerto, ho voluto rimanere il più possibile con loro. Non ho cercato la vittoria a ogni costo, perché avevo già vinto due volte. Ho voluto soprattutto passare dei bei momenti con i miei amici, con i quali mi alleno spesso. Ed è stato speciale trascorrere questa giornata con loro. Abbiamo condiviso dei momenti magici, tra i quali un’alba indimenticabile al Col de La Seigne innevato». Nella gara al femminile la vittoria è andata a Lizzy Hawker del Team The North Face. La Hawker credeva di non riuscire a tagliare il traguardo. In testa fin dall’inizio, la tripla vincitrice del titolo si è fermata a lungo alla Fouly, vittima di una ferita all’anca che ha rallentato la sua progressione; era indecisa se continuare o no. La britannica ha poi ritrovato un’energia e una forza mentale incredibili per correre gli ultimi 70 chilometri. La portacolori del Team The North Face alla fine di un lungo sforzo ha vinto il quarto e storico titolo dell’UTMB . La spagnola Néré Martinez è finita staccata un po’ meno di tre ore. A lungo terza sul percorso, la campionessa del mondo Maud Gobert (Francia) ha perso posizioni ed è arrivata quinta, preceduta dall’americana Darcy Piceu Africa (terza) e dalla svizzera Denise Zimmermann (quarta). Il programma della UTMB, in realtà, prevedeva altre due gare con classifica finale: TDS (sur les trace des Ducs de Savoia, 109 km) e CCC (Courmayeur-ChampexChamonix, 98 km). La prima è andata a Franck Bussiere (Francia) e Jolanda Linschooten (Olanda), con al secondo posto la nostra Francesca Canepa, la seconda al francese Emmanuel Gault e alla connazionale Virginie Govignon.
Sopra. La partenza dell'UTMB. Dei 2369 iscritti (186 donne), hanno finito la gara solo 341 concorrenti (21 donne) photo©Leonardo Bizzaro
140 > sky-running
LATEMAR VERTICAL KILOMETER
testo: Carlo Ceola foto: Trofeo Latemar
Il Latemar incorona Urban Zemmer campione italiano L’atleta altoatesino fa segnare anche il record della gara
Predazzo (Tn) 28 agosto Classifica maschile 1. Urban Zemmer 35’.41” 2. Roland Clara 36’.27” 3. Stefano Gardener 38’.00’’ 4. Paolo Larger 38’.11’’ 5. Alessando Follador 38’.15”
Classifica femminile 1. Erika Forni 48’.55” 2. Nadia Scola 49’.06” 3. Irene Senfter 50’.26” 4. Francesca Simoni 51’.24” 5. Clara Bettega 51’.47”
L
a quattordicesima edizione del Trofeo Latemar Vertical Kilometer era valida come prova unica per l’assegnazione del titolo di Campione Italiano di specialità. Una classica di fine estate quella che ad agosto è andata in scena sul Latemar, a Predazzo, in Val di Fiemme. Il pronostico era tutto per Urban Zemmer e il forte atleta del Bogn da Nia non ha tradito le aspettative, dando spettacolo lungo il ripido percorso e facendo registrare una fantastica tripletta: vittoria, tricolore e record della gara. Tra le donne l’atleta piemontese Erika Forni ha bissato il successo della scorsa stagione aggiudicandosi il titolo. La giornata era davvero bella, temperatura fresca con cielo terso e tracciato asciutto, condizioni insomma ideali per una corsa sul Latemar. Al via si sono presentati in oltre 160. All’inizio è il fortissimo atleta della nazionale di fondo Roland Clara a forzare il ritmo e prendere la testa della corsa, consapevole che sul tratto più duro Urban Zemmer è imbattibile. La tattica prevedeva di sorprenderlo nel tratto ini-
ziale con l’obiettivo di prendere un vantaggio che gli consentisse di giocarsela nella parte finale. Tutto inutile, a metà gara, in prossimità delle balze rocciose, Urban l’ha messo nel mirino e con il suo passo insostenibile l’ha staccato, tagliando il traguardo in solitudine e abbassando il record di gara che già gli apparteneva. Stesso prologo in campo femminile con Nadia Scola che è partita sparata, guadagnando un buon margine, ma nel tratto più duro Erika Forni ha forzato il ritmo riuscendo ad acciuffare l’avversaria e staccandola sulla linea del traguardo di 10”. Sul terzo gradino del podio in ambito maschile c’è da registrare la grande prestazione di un altro fondista, il giovane Stefano Gardener dei Cornacci di Tesero, mentre tra le donne è Irene Senfter a completare il podio. Sui 1000 metri di dislivello del Latemar in grande evidenza anche gli scialpinisti. Follador, Facchinelli, Zulian e Trettel nei dieci, oltre al grande rientro di Mirko Mezzanotte che chiude in settima posizione. La capacità di soffrire è innata in Mirko, il motore non gli manca, il resto lo fa il pedigree di un campione.
SALOMONruNNiNg.COM
XR CROSSMAX CS
“QUANDO TI ALLENI DURAMENTE TUTTO L’ANNO IL CAMbIO DI STAGIONE E DI CLIMA è MOLTO ECCITANTE. ACCENDE NUOVI INTERESSI E NUOVI STIMOLI.” - jONATHAN WYATT, PLURICAMPIONE DEL MONDO MOUNTAIN RUNNING
COPYRIGHT© SALOMON SAS. TUTTI I DIRITTI RISERVATI. FOTOGRAFO: CHRISTOFFER SjOSTROM. LOCATION: PARCO NATURALE PANEVEGGIO - PALE DI SAN MARTINO, ITALY.
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Aziende dynafit
Il team Dynafit in azione nell'ultima edizione della Patrouille
Dynafit Patrouille des Glaciers, una partnership diversa
Un incontro al vertice tra l'azienda leader nella produzione di articoli per lo scialpinismo e gli organizzatori della Patrouille des Glaciers, la più importante gara di ski-alp al mondo
N
ell’ultimo weekend di aprile del 2012 oltre 4.000 concorrenti si sfideranno lungo il tradizionale tracciato di gara che parte da Zermatt, in Svizzera, e si conclude a Verbier, nel cantone Vallese, e che rappresenta il percorso della più importante gara della specialità: la Patrouille des Glaciers. Il prossimo anno, e per la prima volta nella storia della gara, Dynafit sarà fornitore ufficiale dell’evento. Una partnership che va oltre il 'tradizionale' contratto di sponsoring, previsto per la durata di tre anni, quella tra Dynafit e Patrouille. Infatti nell’ambito della collaborazione nasce anche l’esclusiva collezione Dynafit-PDG studiata specificatamente per lo scialpinismo agonistico che da settembre è disponibile in tutto il mondo nel nuovo shop on-line www.dynafit-pdg-shop.com. «Siamo particolarmente felici per l’avvio della collaborazione con la Patrouille des Glaciers, perché abbiamo riscontrato che per competenza ed esperienza sviluppata nel corso degli anni nello scialpinismo agonistico, condividiamo lo stesso punto di vista - ha commentato Be-
nedikt Böhm, direttore responsabile Dynafit e atleta che ha preso parte più volte alla gara - e siamo orgogliosi di essere partner di un evento così prestigioso e dalla visibilità mondiale». La soddisfazione è reciproca, perché l’Esercito svizzero ha trovato in Dynafit un prezioso fornitore tecnico per il proprio personale. La Patrouille des Glaciers è la competizione internazionale di scialpinismo che si tiene con cadenza biennale dal 1943 e viene organizzata con assoluta affidabilità dall’Esercito svizzero. Nell’ambiente la Patrouille des Glaciers viene considerata come la gara di scialpinismo per eccellenza. La formula di gara prevede la partecipazione in team composti da tre atleti che, stando sempre uniti, devono percorrere i 62 chilometri (e oltre 4.000 metri di dislivello) che separano Zermatt da Verbier. Naturalmente si tratta di una sfida estrema che vedrà all’arrivo solo le squadre composte da scialpinisti ben allenati e affiatati. E se da una parte il profilo altimetrico fa venire i brividi anche ai più esperti, dall’altra la gara vanta numeri straordinari: nel 2010 hanno partecipato alla Patrouille più di 4.300 persone provenienti da 17 diversi Paesi!
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Una collezione esclusiva La collezione Dynafit PDG è disegnata appositamente per le esigenze racing dello scialpinismo. Sono stati impiegati solo materiali altamente funzionali che offrono flessibilità, comfort e protezione nelle condizioni più varie. Oltre alla grande funzionalità i prodotti dalla linea ergonomica si distinguono per il design sportivo e dinamico offerto nei classici colori delle gare sportive. Inoltre tutti i prodotti portano l’etichetta PDG che conferisce alla collezione (composta da tre famiglie di prodotti: Men, Women ed Equipment) un valore particolare. La gamma dei prodotti spazia dall’abbigliamento ad accessori quali berretti o fasce per la fronte. Completano l’offerta dell’attrezzatura zaini, caschi, sci, attacchi, scarponi e bastoncini. Info: www.dynafit-pdg-shop.com
Alcuni prodotti realizzati in esclusiva da Dynafit per lo shop on line della Patrouille des Glaciers
Benedikt Böhm: il fascino della gara alla fine del mondo, così almeno ci sentivamo, abbiamo trovato rifugio nell’ultima spedizione che ancora resisteva sulla montagna, formata solo da svizzeri: è così che io e Ueli Schneider ci siamo conosciuti. Ueli, un ufficiale dell’Esercito svizzero, mi ha messo in contatto con la direzione della PDG, in particolare con Ivo Burgener, il militare che aveva assunto nel frattempo il ruolo di direttore generale della Patrouille. Da allora abbiamo avuto sempre rapporti molto cordiali e dopo vari colloqui abbiamo gettato le basi per una collaborazione solida e duratura».
Hai partecipato alle più grandi gare internazionali di scialpinismo. Cosa rende così speciale la Patrouille des Glaciers? «L’atmo-
sfera del percorso, che si trova in una delle più belle regioni alpine e la perfetta organizzazione della gara: è questo binomio che rende unica la Patrouille des Glaciers. Gli svizzeri sono all’altezza della loro fama e organizzano l’evento, che richiama migliaia di partecipanti, alla perfezione. E dall’inizio alla fine si sente che la gara ha una lunga tradizione. Così tante persone che si preparano a lungo per una competizione che si tiene solo ogni due anni, rendono l’occasione un momento straordinario. La sensazione all’arrivo a Verbier, dopo tanta fatica per la straordinaria esperienza, è incredibile: tutti quei volti felici, che trasmettono la gioia di avercela fatta». Dal 2012 siete partner ufficiali della PDG. Cosa vuol dire per te questa collaborazione, sia come responsabile Dynafit, sia come atleta? «Ricordo che sin dai tempi della mia prima partecipazione alla
PDG, sognavo una partnership con questo evento. Certo non riuscivo bene a comprenderne le strutture, dato che l’organizzazione della gara è in capo alle forze armate svizzere: un esercito molto flessibile, ma al tempo stesso un sistema che ha le proprie regole interne e si devono individuare le giuste persone con cui trattare. Come capita spesso negli amori non corrisposti, ho dovuto aspettare a lungo, fino al 2007, quando è arrivato il momento decisivo. Mi trovavo in una spedizione verso gli 8.163 metri della vetta del Manaslu, in Nepal. Completamente bloccati dalla neve e vicini
Come vedi il futuro dello scialpinismo agonistico? «Credo che siano proprio le gare come la PDG a contribuire all’aumento dell’interesse per lo scialpinismo agonistico. Il 90% dei concorrenti della PDG sono normali escursionisti che si pongono un obiettivo eccezionale che li motiva per due anni, con un entusiasmo ben visibile nello sguardo. In qualità di organizzatori non è facile coniugare l’avventura vera con la completa sicurezza, ma la PDG ci riesce e per questo attrae sia i professionisti sia chi pratica lo sport a livello amatoriale. Spero che in futuro aumenti il numero di organizzatori in grado di comprendere che questa è la strada giusta. A mio parere siamo solo all’inizio: il materiale è di gran lunga migliorato negli ultimi tempi e molte persone hanno cominciato da poco a praticare questo sport. Persone che prima o poi, anche solo per divertimento, vorranno cimentarsi in una gara; e una volta cominciato, tanti non vorranno più smettere, perché le gare di scialpinismo sono divertenti, indipendentemente dalla classifica finale. Non ho mai visto un concorrente scontento: si è attratti anche solo dalla combinazione tra la risalita leggera e la discesa veloce». Come sarà rappresentata Dynafit alla prossima Patrouille nell'aprile 2012? «Dynafit non è solo partner principale della PDG. En-
trambe le organizzazioni investono nella gara allo scopo di offrire sempre di più a coloro che sono appassionati di scialpinismo. Dynafit si adopera per la riuscita della gara e fornisce l’outfit in esclusiva a tutte le formazioni dell’Esercito svizzero che partecipano alla PDG. Ma siamo particolarmente orgogliosi anche del fatto che la partecipazione alla gara si estenda agli atleti Dynafit e ad alcuni nostri collaboratori provenienti da tutti i Paesi del mondo».
Come ti prepari alla prossima Patrouille? «Cerco di non mollare. Continuare come ho fatto finora, ma la PDG è da sola una motivazione sufficiente per alzarmi al mattino presto, prima di andare al lavoro, e allenarmi nuovamente a tarda sera dopo una giornata pesante».
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negozi testo: Gabriele Pezzaglia foto: Gabriele Pezzaglia
Il negozio Montura del capoluogo lombardo è un punto di riferimento per gli appassionati di montaGna
Milano, prossima fermata ‘Alpstation’
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ontagna a 360°, estate e inverno, per tutti i gusti. L'Alpstation Montura di Milano, in via Mantova 21, è quello che mancava nella metropoli lombarda. Nasce nel 2009 per volontà di cinque soci: Roberto Giordani, il 'signor Montura', Franco Donati, Pino Gidaro, Giuseppe Donati e Marco Carlucci. «Un progetto che nasce per la passione comune verso la montagna e poi lo spirito imprenditoriale ed esigenze comuni hanno fatto il resto», ci racconta Franco Donati. «La spinta primaria comunque è stata l'amore condiviso per la montagna. Abbiamo messo in piedi un negozio vivo, che respira, che cambia tutte le stagioni, perché la montagna può essere vissuta tutto l'anno ed è questo il suo enorme vantaggio».
L'Alpstation di Milano vende al 90% abbigliamento Montura mentre se si considerano attrezzi e accessori il volume di vendita complessivo a marchio Montura è di circa il 55%. Non è un 'monomarca' insomma, ma Montura è il 'pezzo da novanta'. «A Milano mancava un punto vendita di questo tipo. Ci sono esperienze commerciali importanti nell'area milanese in questo settore, ma nel capoluogo lombardo si è sempre sentita la mancanza di un centro per la montagna 'estate-inverno' con personale qualificato. L'aspetto della consulenza all'acquisto è davvero fondamentale, qui si trovano guide alpine e maestri di sci, gente che vive la montagna. Una situazione nuova per una realtà come Milano, dove mancano competenze in materia», afferma Pino Gidaro, calabrese di nascita, guida alpina dal 1995 e anche istruttore di guide. Qui si trova davvero di tutto e per
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Sopra. Il team dell'Alpstation nella baita Sotto. Il maso della Valle Aurina al centro del negozio A fianco. Franco Donati, insieme a Pino Gidaro, è l'anima del negozio
ogni disciplina della montagna. Montura e non solo dicevamo, aziende tecniche, le migliori del settore, alto livello e qualità che non vuol dire per forza prezzi esorbitanti. C'è di tutto per l'arrampicata, dal ghiaccio alla roccia, il meglio per il 'verticale': moschettoni, imbragature, scarpette, viti, piccozze e ovviamente l'abbigliamento più tecnico in circolazione. Il negozio è anche un punto di riferimento per lo scialpinismo e per lo sci freeride più in generale: Movement, K2, Nordica, Trab, Stoeckli, Dynastar. Attenzione fondamentale alla sicurezza con tutti i sistemi di ultima produzione: Artva, zaini abs e altri elementi. L'Alpstation di Milano, fra le varie attività, organizza anche corsi per la sicurezza. Non mancano sci e scarponi da discesa e ovviamente l'abbigliamento e le protezioni, dai caschi, ai guanti, corpetti e paradenti. Anche qui si parla di alta tecnicità, con un vasto assortimento di linee da gara delle migliori marche come Rossignol, Atomic, Nordica, solo per citarne qualcuna. «Da noi vengono appassionati che comprano abbigliamento tecnico per trekking nel deserto del Ciad o della Mongolia o per scalare gli 8000 in Nepal. Dall'agonista dello sci alpino, al funambolo delle curve e salti in neve fresca, dall'appassionato di scialpinismo a chi cammina con le ciaspole. È una scelta precisa quella della polivalenza in montagna, che abbiamo perseguito fin da subito», ci tiene a sottolineare Gidaro. Nello store di via Mantova c'è anche Marco Carlucci nel ruolo di co-responsabile, quindi gli addetti alla vendita Ida Cerutti, Filippo Giavardi, Anna Villani e Stefano Claudi, che è un maestro di sci alpino con un passato da agonista. Una squadra competente e appassionata. Come d'altronde i cinque artefici di questo interessante progetto.
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Aziende bergans
Il senso di Bergans per la neve
Il brand norvegese specialista dell’outdoor: dalle esplorazioni artiche di Amundsen al freestyler BackE
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a diversi anni ormai sembra che la Scandinavia sia più vicina a noi. I nuovi trend, dall’arredamento alla musica, dal design alla letteratura, vengono spesso dal nord, dove le nuove idee non mancano e prendono forma in brand e prodotti che sempre più spesso invadono il nostro quotidiano. Parlando di sci, da tempo ci siamo accorti di quanto gli atleti scandinavi siano avversari temibili per il resto del mondo, sempre in corsa per i primi gradini del podio in tutte le discipline. Niente di strano visto che proprio lì è nato lo sci quattromila anni fa e visto che quelle terre sono ricoperte di neve per la maggior parte dell’anno al punto che, come scriveva Peter Hoeg ne ‘Il senso di Smilla per la neve’, gli scandinavi conoscono almeno cento vocaboli per definirla. Sarà per tutti questi motivi che Bergans, azienda norvegese numero uno in Scandinavia per l’abbigliamento outdoor, nata nei pressi di Oslo nel 1908, sta diventando un fenomeno di successo anche da noi. Questi ‘esperti di freddo e di neve’ sono finalmente arrivati anche in Italia con collezioni per lo sci e il tempo libero da non perdere, alcune delle quali perfette per la pratica dello scialpinismo.
Poche e semplici le regole dell’universo Bergans: materiali di altissima qualità (Dermizax NX, Pertex Quantum, Primaloft, Polartec) e cento anni di test ed esperienza su vere spedizioni artiche. Da Roald Amundsen, primo esploratore del Polo Sud, fino ai giorni nostri, con personaggi come Cecilie Skog e Rune Gjeldnes. Bergans si è sempre impegnata nello sviluppo di abbigliamento che renda ogni impresa all’aria aperta confortevole, sia che si tratti dell’attraversamento del Polo o di una semplice discesa sugli sci. E se un freestyler come Anders Backe ha scelto Bergans per le sue performance, si può immaginare che ai contenuti tecnici importanti, il marchio norvegese affianchi anche un look nuovo, fresco, innovativo, da scoprire. «Un numero sempre crescente di persone vuole raggiungere i propri limiti usando la natura come campo di gioco e Bergans vorrebbe partecipare…» è un po’ il motto dell’azienda. Con questa sfida in mente, tanta esperienza su cui contare e la freschezza delle nuove idee, Bergans sta per conquistare il mondo dell’outdoor invernale. www.bergans.com
SKI RACING ADDICTED?* *[malato di sci alpino?]
YOUR MEDICINE...* *[la tua cura...]
RACE SKI MAGAZINE esce in edicola 5 volte nella stagione invernale, è sul web all’indirizzo raceskimagazine.it, è disponibile per gli smartphone con la versione mobile.raceskimagazine.it ed è la prima rivista italiana di sport invernali con una versione per iPad su Apple Store. raceskimagazine.it
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148 > ski-alper
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SOLUZIONE 3 - L’ABBONAMENTO CLASSICO abbonamento per una stagione a 5 numeri della rivista con servizio Postapress (consegna in 24/36 ore) IMPORTO: 30 EURO
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LETTERE ALLA REDAZIONE MAIL: skialper@mulatero.it
LUNGHEZZA DI F1 E ALIEN
ATTACCHINO DYNAFIT
Ciao, sono un appassionato di scialpinismo e della vostra rivista. Avrei una domanda da fare, spero possiate togliermi alcuni dubbi: possiedo i 'vecchi' F1 Carbon e tra poco vorrei acquistare i nuovi Alien 1.0; ho saputo che la lunghezza dello scafo è di molto inferiore, è vero? Questo significa dover per forza ribucare lo sci? Grazie per l'attenzione - Filippo
Vi scrivo per sottoporvi un quesito emerso da una lunga discussione circa l’attacchino Dynafit. Lui sostiene che, in discesa, occorre bloccare totalmente il puntale come in salita (leva alzata) al fine di evitare un possibile sgancio accidentale magari nel corso di una ripida sciata… La tesi sarebbe ulteriormente sostenuta dal fatto che il puntale Dynafit non ha comunque prestazioni di vera e propria sicurezza paragonabili, tanto per capirci, ad un puntale da pista e che si potrebbe evitare il bloccasci superfluo. In tutta onestà io dissento da questa filosofia ma vorrei un vostro parere circa la sicurezza dei puntali Dynafit: sono normati come di sicurezza? Hanno limitazioni rispetto ai vari puntali Fritschi o Silvretta? Sono paragonabili a quelli sicuri e collaudati da pista? Enzo Maccari
Ciao Filippo, abbiamo provato l'Alien nuovo in più occasioni, purtroppo non abbiamo ancora affrontato il problema da lei sollevato che ci sembra degno di approfondimento, abbiamo quindi girato la mail a Massimo Pellizzer responsabile dell'R&D di Scarpa. «In effetti la lunghezza in mm tra F1 Carbon e Alien è diversa a parità di misura. Solo che è importante verificare la corretta taglia dell'Alien che si dovrà acquistare, in quanto la forma è completamente diversa rispetto alla forma del F1. Consigliamo di provare lo scarpone ai piedi per essere sicuri della misura».
FOTO, FOTO, FOTO! Ragazzi, innanzitutto complimenti per la vostra rivista e per quello che fate per il nostro sport. Alla fine il successo che sta avendo un po' è anche merito vostro! Quest'anno ho partecipato a molte gare tra cui Adamello, Mezzalama e vi ho sempre trovati sul percorso, quindi complimenti ancora per l'impegno! Con grande soddisfazione sull'ultimo numero di Ski-alper ho trovato una foto che mi ritrae con il mio compagno di squadra all'Adamello! Mi ricordo che alla partenza della seconda salita ho visto Idalba e gli ho gridato "foto, foto, foto!", ed eccomi sulla rivista! Vi scrivo questa mail per ringraziarvi in prima persona per la foto e per quello che fate per questo sport! Stefano
cartolina
Stefano, grazie a te per i complimenti e continua a seguirci con entusiasmo!
BECCARI ALL'EROICA 2011 Lo skialper Filippo Beccari, insieme all'amico Luca Palla, ha terminato con stanchezza e successo l'Eroica 2011 su un percorso di 205 km su strade non asfaltate in 12 ore e 30 minuti, con due forature. Le biciclette originali dell'epoca sono state fornite dal Museo della Bicicletta di Paolo Cassoli.
Ciao Enzo, possiamo confermarti che la leva sollevata nel puntale del Dynafit inibisce la possibilità di sgancio in rotazione della talloniera. Rimane quella per la caduta in avanti. Personalmente preferisco avere la leva bassa in discesa e tutta alta in salita. (Enrico Marta)
ALL'ESTERO CI VEDONO COSì… Alla ricerca di una foto d'impatto per questo numero della rivista, abbiamo contattato un fotografo straniero tramite il suo sito web. Pur non citando il suo nome, abbiamo pensato che il contenuto della sua risposta fosse interessante. Ecco, una volta di più, l'immagine che all'estero hanno dell'Italia. «I will be very honest, we have stopped licensing images to Italian companies unless we feel very comfortable about it. The reason is we have never had so many problems with image theft, reuse without permission, non payment and unauthorized use. So, I move very carefully when meeting a new Italian client. I really don't like to work this way, but Italian companies have proven to be unreliable. […] In Italy we have seen our images re-used without permission, given to other companies and unable to receive payment for even the first use. It has been frighteningly consistent. So, I am careful». Per chi non avesse dimistichezza con l'inglese, in sintesi, il fotografo dice che ha smesso di lavorare con clienti italiani perché non rispettano le norme sui diritti d'autore, ri-utilizzano le foto pagate per una sola pubblicazione, le regalano ad altri che non avrebbero diritto di usarle. Dulcis in fundo, non pagano le forniture. Non male come quadro, no?
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ABRUZZESI 'INCAZZATI' Dall’Abruzzo con rabbia e sconcerto! L’Abruzzo Sci Club che ha partecipato al Trofeo Mezzalama denuncia la sommaria organizzazione, penalizzante per alcuni e favorente altri, senza criterio di sorta. La griglia di partenza, importante per chi voleva fare o migliorare il proprio tempo, è stata predisposta senza una logica, penalizzando per l’ennesima volta i gruppi del Sud che partecipano con maggior fatica e impegno di altri. Per giustificarsi di fronte ad aperte proteste, il responsabile Favre ha dovuto arrampicarsi sugli specchi, prima dichiarando che nella prima griglia c’erano i più meritevoli, cosa dedotta dai 'curriculum'. Ma li ha visti i 'curricula', i piazzamenti degli anni precedenti? Poi si è corretto: le griglie sono state fatte secondo l’ordine di iscrizione. Grossa bugia, come verificato poi. In ultimo Favre ha detto che comunque fino al Colle Breithorn c’era spazio sufficiente per eventuali sorpassi. Considerazione inquietante e provocatoria! Guardi la partenza nel filmato, cosi si renderà conto di come fosse stato possibile fare i sorpassi. Sì, noi dell’Abruzzo ne abbiamo fatti tanti se, partiti col numero 388, siamo arrivati trentaseiesimi, ma con quale dispendio di energie e comunque imbottigliati per lungo tratto. E perché a noi quel numero da ultima fila? Eppure dei tre uno era alla quinta edizione, un altro alla terza e l’ultimo alla seconda e tutti e tre con un curriculum di riguardo nelle competizioni di scialpinismo. Appassionati di questo sport che si sobbarcano oltre mille chilometri per partecipare al Mezzalama che riteniamo di grande richiamo. Contestiamo poi a Favre - perché lui abbiamo avuto come interlocutore - anche il trattamento discriminatorio; pur avendo
versato tutti lo stesso importo e avuto gli stessi impegni, infatti, c' è chi è stato messo in alberghi di 4 o 5 stelle, chi in quelli di 2 stelle (capitati ai più lontani, quelli per cui forse si doveva avere un occhio di maggiore riguardo). Il materiale consegnato non sempre rispettava quello dichiarato nelle domande di iscrizione: i 'gilet' XL, i calzini 46/47 o le solette 47/48. Per non parlare dei numeri di carta pesta e delle insufficienti spillette per attaccarli (esaurite! Ci è stato detto). Scusate lo sfogo. Lo facciamo anche perché riteniamo il Trofeo Mezzalama uno dei più prestigiosi e più attraenti per gli amanti dello scialpinismo e della montagna e vorremmo che fosse impeccabile e che mettesse tutti nelle medesime condizioni di gara. Ci permettiamo di suggerire di formare le griglie tenendo conto delle iscrizioni o dei piazzamenti all’edizione precedente, dando ad essa una logica. E poi 400 squadre sono troppe per una gara del genere, a meno che non si metta un cancello orario al Colle Breithorn più basso, per eliminare o mettere in coda i più lenti. Riteniamo di estrema importanza trovare soluzioni alternative che garantiscano equità e di far emergere i valori in campo, senza mortificare nessuno. E poi un occhio di riguardo a livello logistico per chi viene da più lontano non guasterebbe, nella consapevolezza che anche al Centro-Sud sta fortemente crescendo lo ski-alp. Crescendo insieme, cresce l’Italia! Cioè tutti. Mandolo Una lettera tra le tante pervenute in redazione dopo il concitato TrofeoMezzalama... Visto che si dice che gli scialpinisti del Centro-Sud godono di scarsa attenzione, abbiamo scelto proprio questa...
WORLD CHAMPION
MIREIA MIRÓ WWW.DYNAFIT.COM
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test 2012 foto: Zoom Agence
Ecco i migliori modelli per lo scialpinismo, divisi nellE categorie Race, Grantour e XXL messi a dura prova dalla redazione tecnica di Ski-alper
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l test degli sci da ski-alp è ormai da qualche anno uno degli appuntamenti clou per la nostra redazione tecnica tra tarda primavera e autunno. L’attenzione con la quale i lettori seguono i risultati delle prove comparative sulla neve è molta e per questo siamo consapevoli della responsabilità di cui siamo gravati quando dobbiamo stilare giudizi e classifiche di merito. L’esperienza, comunque, gioca in nostro favore: la squadra è molto affiatata, prova attrezzi da scialpinismo da parecchi anni ed è in grado di cogliere innovazioni e carenze nei vari modelli. La tendenza è quella di provare gli sci su nevi molto impegnative che possono essere quelle durissime del rigelo notturno o quelle crostose dopo le nevicate che, in occasione dei temporali, si abbattono improvvise sul ghiacciaio. Questo per valutare la risposta degli sci in condizioni estreme, quelle in cui l’utilizzatore deve chiedere il massimo al proprio equipaggiamento. Anche quest’anno non ci siamo limitati a provare gli sci in una sola seduta, ma li abbiamo riportati sulla neve per cercare delle condizioni diverse da quelle incontrate in occasione delle prime uscite. Avremmo voluto testare a fine aprile, purtroppo molte case, troppe, non ci hanno fatto pervenire le attrezzature in tempo, e così abbiamo dovuto salire sulla neve in piena estate nella speranza che la quota degli impianti estivi del Plateau ci riservasse qualche piacevole sorpresa nell’innevamento.
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test 2012
In seguito una provvidenziale nevicata, di abbondanza inusuale, ha ricoperto a metà settembre il ghiacciaio dello Stelvio: abbiamo così ricaricato sci e scarponi sulle auto e siamo ripartiti per l’Alta Valtellina. Quattro giorni a 3000 metri, ospiti dell’Hotel Thoeni, nel cuore delle piste: una grande opportunità che ci ha permesso di sciare mattino e pomeriggio anche grazie alle eccezionali condizioni meteo che hanno mantenuto la neve compatta dal mattino alla sera. Durante questi giorni di sci allo Stelvio sono stati portati sulla neve sia gli sci race, per un’ulteriore verifica, alcuni sci grantour per un ultimo confronto prima della stesura dei giudizi, e tutti gli sci XXL, con i quali si è sciato fuoripista su nevi invernali. Per la prossima stagione ci riproveremo: dopo l’ISPO vorremmo già essere in pista con le novità.
IL TEST DEGLI SCI
Per prima cosa abbiamo espresso un giudizio complessivo sugli sci così come le aziende ce li hanno mandati, provando a metterci nei panni di chi acquista uno sci nuovo in negozio: grado di finitura, dimensione dei fianchi e altre particolarità. Da quest’anno abbiamo introdotto in ogni scheda anche un’intervista agli ingegneri che hanno progettato il modello; le interviste ci sono servite per meglio spiegare le finalità del progetto costruttivo ed il target di utilizzatore che l'azienda aveva in mente. Abbiamo poi proceduto ad una verifica delle misure, messe a confronto con quelle ufficiali dichiarate dalla ditta: ci siamo accorti che c’è la tendenza ad abbondare nei dati relativi alla larghezza dello sci, forse a causa del crescente gradimento dei compratori verso aste di maggiore superficie. Le nostre misurazioni di laboratorio sono state confrontate con quelle riportate in serigrafia o in catalogo. Un altro dato essenziale è quello del peso: la corsa alla leggerezza non riguarda più solo ed esclusivamente i modelli race, ma anche quelli grantour, tipologia nata per gli amanti dei grandi raid e dei dislivelli impossibili, alla ricerca di uno sci ideale che possa essere performante e allo stesso tempo poco faticoso.
I VALORI AL BANCO La nostra 'Testina' ha contribuito a determinare i valori di torsione e flessione: dal momento che è stato applicato lo stesso protocollo nei pesi e nelle misure si possono fare dei raffronti con i dati della precedente stagione, rilevando eventuali scelte costruttive che abbiano irrigidito o ammorbidito lo sci. Valori espressi in gradi per le varie torsioni, in centimetri per quanto riguarda flessioni e lunghezze, in centimetri quadrati le superfici, in millimetri le larghezze, in grammi i pesi.
Chi è Testina? Una storia breve che si inserisce perfettamente nella tradizione canavesana (Alto Piemonte occidentale) secondo la quale nulla è impossibile da realizzare: fra un pizzico di presunzione e una grande inventiva, le piccole industrie canavesane nella seconda metà del 1900 hanno fatto sì che quest’area geografica sia stata chiamata a buona ragione 'la piccola Ruhr'... Fatta la premessa è facile comprendere come sia nata Testina: una putrella montata su gambe di ferro alla cui estremità è stata applicata una testa rotante su cavalletti, in grado di torcere spatole, code e centro degli sci partecipanti al test. Il risultato della torsione viene proiettato con laser su una scala graduata. Semplice e complesso allo stesso tempo. Sulla base delle prove dello scorso anno
è stato stilato un protocollo da utilizzare poi nelle stagioni successive: stessi sovraccarichi e modalità di prova per creare una banca dati in grado di evidenziare cambiamenti costruttivi e strutturali degli sci delle diverse aziende. Importante sottolineare che le prove non hanno valore assoluto né funzioni stressanti per test di rottura, ma semplicemente il compito di raffronto degli sci sottoposti a verifica.
LE MISURAZIONI
La lunghezza effettiva dell’asta è stata ottenuta misurando 'a corda' tutta la soletta dello sci. Il contatto è determinato dalla misurazione dell’effettiva lunghezza del contatto neve della soletta lasciando ovviamente fuori la spatola e parte dell’estremità posteriore.
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COME LEGGERE IL TEST
Il tipo di sciancratura viene rilevato attraverso la misurazione della larghezza dello sci nei tre punti fondamentali: spatola, centro e coda. La combinazione di queste larghezze con il dato relativo al contatto neve consente di calcolare quella che noi chiamiamo 'superficie di portanza'. Le torsioni vengono misurate con la nostra 'testina': alla spatola, al centro e in coda, applicando un carico di 60 kg alla testa rotante del meccanismo. La flessione con un sovraccarico di 26 chilogrammi al centro con sci che poggia sui due punti di contatto. Il valore della flessione,espresso in centimetri, corrisponde alla differenza di distanza tra soletta e piano di riscontro a riposo e con sovraccarico.
FINALITà DELLE MISURAZIONI AL BANCO
L’esperienza ci insegna che non è
possibile prevedere il comportamento sulla neve di uno sci dopo aver determinato ‘a secco’ i valori di torsione o flessione. Il valore di torsione non è direttamente proporzionale alla tenuta sulla neve dura e nemmeno la maneggevolezza può essere letta attraverso i dati di flessione, anzi, spesso i risultati sulla neve contrastano con le aspettative create dalle prove di banco. Va però detto che attraverso la comparazione dei valori emersi da un anno all’altro si è in grado di verificare cambiamenti nelle caratteristiche dello sci, cogliendo eventuali miglioramenti del comportamento sulla neve. Torsione e flessione possono indurre sciatori pesanti ad optare per modelli più resistenti, ad esempio. Ma saranno comunque sempre il campo e la sensibilità dei testatori a determinare il giudizio complessivo.
Su questo numero di Ski-alper potete trovare il test degli sci, suddivisi in tre categorie: race, grantour e XXL. Sull’uscita di dicembre presenteremo scarponi e attacchi nelle stesse categorie. Ognuna delle tre sezioni è introdotta da una precisa descrizione dei parametri che a nostro giudizio delimitano la categoria in questione. Un primo aiuto per indirizzare l’acquirente. Poi vengono presentati nel dettaglio i vari modelli, con grande meticolosità, al fine che la scelta diventi sempre più mirata e ognuno possa identificare lo sci perfetto per le proprie caratteristiche. Ogni scheda presenta la foto dello sci testato (non utilizziamo still-life delle aziende, ma fotografiamo le aste in nostro possesso), ‘quotata’ con le misure rilevate dalla redazione. Nella scheda tecnica, infatti, si possono trovare a confronto le misure ufficiali, dichiarate dal produttore, e quelle riscontrate in laboratorio. Abbiamo quindi calcolato la superficie di portanza effettiva e il raggio di curva. Inoltre, utilizzando il nostro strumento ‘Testina’, abbiamo riscontrato torsione in spatola, centro e coda e flessione di ogni singolo modello. Tutti dati che permettono di confrontare tra di loro i vari modelli. Tutti gli sci sono presentati con una breve introduzione a cura della redazione tecnica, quindi i dati raccolti parlando con i progettisti dell’azienda produttrice per collocarlo meglio sul mercato. Si prosegue con la valutazione ‘al banco’, fatta dai nostri tecnici in laboratorio ed infine con il giudizio dei nostri testatori dopo le varie sessioni sulla neve. Informazioni completate dal prezzo ufficiale di listino e dall’indirizzo web del produttore.
TEST SUL WEB Dopo l’uscita della rivista sarà disponibile una sezione di approfondiomento del test sul sito skialper.it con tutti i commenti video rilasciati ‘a caldo’ dai nostri testatori, modello per modello.
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test 2012
A sinistra. Foto di gruppo davanti allo Sporthotel Sertorelli di Cervinia
SQUADRA CHE VINCE, NON SI CAMBIA…
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bbiamo scelto di confermare anche questa stagione il nucleo storico dei nostri testatori, ai quali è stato affiancato qualche nuovo elemento. Questo per non disperdere l’esperienza accumulata nelle stagioni precedenti di test, elemento molto importante per valutare i miglioramenti o i peggioramenti dei modelli proposti dalle varie aziende. La capacità tecnica nella sciata in
tutte le condizioni di neve è un elemento basilare per un buon testatore, ma ci vuole anche la capacità di capire perché un determinato sci si comporta in un certo modo in una certa situazione e la capacità di trasformare sensazioni di sciata in parole comprensibili per i lettori. La nostra formazione è ben assortita anche dal punto di vista anagrafico e delle esperienze professionali, in modo da toccare i diversi stereotipi di scialpinista.
Qui sopra. I testatori si preparano al lavoro sulle nevi di Plateau Rosa
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I testatori Enrico Marta
Maestro di sci alpino, è il coordinatore del gruppo. Vanta una lunga esperienza nel settore e da molti anni si occupa di testare attrezzatura sulla neve. A lui spetta il difficile ruolo di supervisione e di sintetizzare i giudizi del resto del team.
Franco Corvisiero
Eclettico uomo di neve, che nella sua carriera ha sperimentato tutte le attrezzature. Prima atleta nello sci alpino, quindi maestro di sci e allenatore, poi atleta di spicco nello snowboard alpino, quindi praticante assiduo di telemark, freeride e scialpinismo. Apprezzatissima la sua capacità di ‘sentire’ lo sci nelle diverse situazioni.
Alain Seletto
Maestro di sci e allenatore federale, professione che esercita sulle nevi di casa a Cervinia, vanta un passato agonistico di spicco nello sci alpino, avendo fatto parte della squadra nazionale. Atleta di altissimo livello nello ski-alp (secondo quest’anno al Mezzalama e vincitore di numerose gare) è anche un ottimo ciclista.
KARPOS veste il team di Ski-alper New-entry in veste di fornitore tecnico della redazione per Karpos, il marchio dedicato allo scialpinismo di Sportful. Inconfondibili i nostri testatori nelle loro giacche verdi. Tutta la fornitura è stata apprezzata per l’ottima vestibilità e le notevoli qualità di termicità e traspirazione. Info: sportful.it/karpos
Andrea Basolo
Maestro di sci, responsabile della squadra di scialpinismo del Comitato AOC, da anni gareggia con crescenti risultati nel mondo dello ski-alp. Grande appassionato di corsa in montagna, altro sport che pratica a livello agonistico. Da ormai quattro stagioni fa parte del nostro team di testatori.
Niccolò Zarattini
Secondo anno di attività con la redazione di Ski-alper per questo giovane maestro di sci veronese, con un passato di buon livello nell’agonismo. Pratica un po’ tutti gli sport di montagna, dall’arrampicata alla mountain bike, ma soprattutto gareggia nel freeride: nella scorsa stagione ha vinto la graduatoria generale del Freeride Tour Italia ed è l’italiano meglio piazzato nel ranking internazionale del Freeride World Qualifying.
Simone Origone
New-entry di prestigio nel team di Ski-alper: il recordman mondiale del chilometro lanciato, a 251,400 km/h, vincitore per ben 6 volte della Coppa del Mondo nello sci velocità, disciplina che pratica tuttora. Maestro di sci, professione che svolge d’inverno nella sua Champoluc, è anche un’apprezzata guida alpina con numerosi record alpinistici all’attivo, tra cui il concatenamento delle 21 vette oltre i 4.000 metri del Monte Rosa e del Cervino, in 17 ore e 40 minuti.
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RACE la sfida di combinare leggerezza e robustezza
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l lotto di sci destinati all’agonismo è composto da modelli delle migliori marche: tutte le case costruttrici hanno prestato attenzione a questo settore in netta crescita, un po’ la Formula 1 dello scialpinismo. Va sottolineato che alcune di esse producono anche per altri marchi. Succede spesso che durante le analisi al banco siamo incuriositi da straordinarie similitudini fra modelli di diversa marca, si potrebbe essere tentati di definirli identici ma questo non è compito nostro: noi dobbiamo valutare il rendimento sul campo, l’analisi dei componenti ci riguarda solo in funzione delle prestazioni sulla neve.
Qualche anno fa la partita fra gli sci da gara si giocava quasi tutta sulla leggerezza, in un secondo tempo ad essa si è aggiunta la robustezza e l’affidabilità. Da quest’anno, poi, sembra che le varie case si siano rese conto che gli sci devono anche essere sciabili, maneggevoli, performanti. Tutti i modelli presi in considerazione aspirano a questo impegnativo traguardo: leggerezza, affidabilità, maneggevolezza ed alte prestazioni.
Le caratteristiche
Se si va indietro di dieci anni, non possiamo che prendere atto dell’enorme evoluzione che questi modelli hanno subito: in una dozzina di anni si è passati dal Dynastar con il quale Meraldi vinceva la Pierra Menta (altezza 180 cm e peso di 850 g) a quello di Bon Mardion che quest’anno ha vinto il Mezzalama (altezza 160 cm e peso 650 g). L’evoluzione è stata straordinaria e ci troviamo davanti modelli sempre più corti e affidabili. La grande svolta
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Importante precisazione. Le varie foto che troverete nelle pagine del test si riferiscono sì alle tre sessioni di lavoro sulla neve della nostra redazione tecnica, ma hanno puramente scopo illustrativo. Non sono pertanto riferite nello specifico al modello o alla categoria della pagina in cui sono state collocate
Lo sci ideale Fra le qualità da noi prese in considerazione durante i test, l’unica che non è stata valutata è quella relativa alla robustezza: per portare uno sci a rottura dovremmo sottoporlo ad un ciclo di sollecitazioni che andrebbero indotte da macchinari troppo sofisticati. Dalle prove sulla neve non può emergere questo dato ma esclusivamente quelli di maneggevolezza, tenuta e altre sensazioni che si evidenziano a seconda del tipo di neve e della velocità della discesa. Le preferenze dei testatori vanno infatti agli sci che permettono di percorrere pendii impegnativi con il minor dispendio di energie possibile: se uno sci è facile, maneggevole e mantiene la traiettoria impostata, sarà anche quello che avrà fatto risparmiare secondi preziosi e soprattutto che avrà inciso nel minor modo possibile sulle riserve energetiche. In ultimo si cerca di valutare come alcuni modelli possano essere adottati con successo anche da un’utenza non propriamente agonistica fatta di sciatori esigenti alla ricerca di uno sci leggerissimo con il quale poter comunque inanellare belle curve.
Le misure si è avuta con la comparsa dei Merelli che con un utilizzo totale di carbonio hanno toccato pesi incredibilmente bassi, imponendo a tutte le altre aziende un grande lavoro di ricerca per adeguarsi e non rischiare di perdere quote in questa importante fascia di mercato.
Qualità essenziali Afferma qualcuno: «Gli sci da gara non sono fatti per sciare ma per scendere...». Non siamo d’accordo anche se in alcune oc-
casioni abbiamo assistito a passaggi di atleti fuoripista in cui di curve ce n’erano ben poche. Rimane comunque fondamentale la maneggevolezza e la tenuta di uno sci che permette all’atleta di perdere quota con ampi curvoni veloci su ogni tipo di neve. In più occasioni abbiamo assistito all’interpretazione prettamente sciistica della discesa da parte di buoni sciatori che con quattro ampie curve condotte hanno superato pendii impegnativi. In questi casi, oltre al 'manico', - ed è il caso di atleti come Bon Mardion o Seletto - bisogna avere ai piedi sci di un certo livello, in grado di assecondare al meglio le attitudini.
Quello che più conta non è tanto la lunghezza dell’asta ma piuttosto il contatto con la neve: uno sci può risultare più lungo di qualche centimetro ma avere un contatto neve più corto per via della maggior lunghezza della parte incurvata della spatola o di quella sollevata della coda. Ad esempio il Dynafit, pur non risultando il più lungo complessivamente, è fra quelli con il maggior contatto neve: fra questo sci e il pari categoria Dynastar ci sono quasi sei centimentri di differenza in lunghezza d’appoggio sul piano di riscontro, un dato non certo trascurabile... La sciancratura, che si traduce nelle tre misurazioni di spatola, centro e coda, vede un generale allineamento da parte delle case alla formula 95-64-80 mm, con qualche lieve variazione verso l’alto o verso il basso.
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AtOMIc Ultimate
Da qualche stagione Atomic ha fatto la sua comparsa con uno sci che è già salito sui podi delle più importanti manifestazioni internazionali insieme a Kilian Jornet. Grazie ai suggerimenti dell'atleta catalano, questo sci si sta evolvendo per soddisfare sempre più le esigenze degli atleti e la grande tradizione dell’azienda di Altenmarkt gioca a favore di uno sviluppo ad altissimo livello.
141 cm
79.8 mm Dall’azienda Uno sci sviluppato dal product manager Markus Rehrl in collaborazione con Kilian Jornet con l’obiettivo di produrre un attrezzo da gara ultra-leggero, con grandi performance in discesa ma anche resistente. Risultato ottenuto con l’utilizzo di un’anima in legno di Karuba/Polar e laminati in carbonio con rinforzo in titanio nella zona dell’attacco. La Casa lo indica come prodotto Race o per chi è in cerca della performance, all’interno di un range di sette prodotti touring.
163.5 cm Al banco Molto particolare l’impronta a semicerchio di derivazione alpina, che conferisce un tocco di classe a questo sci. Le lamine, tuttavia, non ci sono parse ben rifinite sul piano soletta: qualche rigatura di troppo ha richiesto l’intervento della lima. La soletta è risultata anche leggermente concava. Abbastanza generose le misure dei fianchi che unite alla lunghezza di contatto gli conferiscono una buona superficie.
64.6 mm Sulla neve Nonostante la generosa portanza riscontrata al banco, non è risultato particolarmente facile in ingresso curva, soprattutto nel fuoripista. I problemi maggiori si avvertono su pendii ripidi e nevi dure, dove alla difficoltà di inizio curva si aggiunge uno strano prendi-molla nella fase successiva. Si difende meglio su nevi morbide, dove consente di condurre traiettorie precise. Sul duro emergono saltellamenti e vibrazioni. Consigliato a buoni sciatori, anche un po’ più pesanti, vista la buona superficie di portanza. Prezzo: 599 euro Internet: www.atomicsnow.com
Blizzard Mountain Attack
93.5 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 163 cm Lunghezza rilevata: 163.5 cm Contatto: 141 cm Superficie di portanza: 1.066 cm² Peso dichiarato: 690 g Peso rilevato: 720-728 g Fianchi dichiarati: 97-65-80 mm Fianchi rilevati: 93.5-64.6-79.8 mm Raggio calcolato: 22,5 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 37 ° Torsione al centro: 1.5 ° Torsione in coda: 39 ° Flessione: 6 cm
Significativa la scelta di un nome tanto altisonante per questo sci ‘made in Austria’. La Mountain Attack è certamente una delle gare più spettacolari ed estreme che si disputano oltre-Brennero e l’impegno della Blizzard nel segmento race si direbbe in crescita. Lo sci di quest’anno ci sembra completamente modificato rispetto a quello della scorsa stagione.
142.5 cm
77.2 mm Dall’azienda La Casa indica questo attrezzo come specifico per l’agonismo o per chi ha come priorità la leggerezza. A una struttura e costruzione tradizionale per uno sci ultra-light da competizione, con impiego del leggerissimo legno di Paulownia, che assicura anche grande stabilità torsionale e inserti multidirezionali in carbonio, si aggiunge la grande punta squadrata pensata per un migliore galleggiamento in neve alta. Il modello è il top di gamma della casa austriaca di proprietà del Gruppo Tecnica.
160 cm Al banco Il Mountain Attack si presenta con una punta piuttosto squadrata, con inserto pelli centrale. Le finiture e la cura dei particolari sono all’altezza della tradizione di questo produttore. Lamine pronte all’utilizzo e soletta con rigatura finissima, quasi impercettibile. Balza all’occhio la notevole differenza di peso fra un’asta e l’altra. Quale sarà il peso giusto per questo modello? 50 grammi di differenza ci sembrano veramente troppi!
64.6 mm Sulla neve È stato apprezzato sia in curve ad ampio raggio che stretto. Uno sci facile e docile che perdona gli errori e segue facilmente gli input che provengono dallo sciatore. Lo sci provato, sia in condizioni di neve dura che fuoripista in nevi più morbide, ha sempre fornito sensazioni positive. Se si vuole ricercare un difetto potrebbe consistere in una certa morbidezza delle aste che nella neve dura e a velocità elevate tendono a sbattere un po’. Consigliato ovviamente ad un ampio spettro di utenza nel mondo race. Prezzo: 629 euro Internet: www.blizzard-ski.com
96.2 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 161 cm Lunghezza rilevata: 160 cm Contatto: 142.5 cm Superficie di portanza: 1.078 cm² Peso dichiarato: 790 g Peso rilevato: 801-755 g Fianchi dichiarati: 98-65-78 mm Fianchi rilevati: 96.2-64.6-77.2 mm Raggio calcolato: 23 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 28 ° Torsione al centro: 2 ° Torsione in coda: 24 ° Flessione: 6,5 cm
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Bottero ski L’ Abisso
Bottero è un grande negozio della tradizione sciistica del cuneese. Da qualche anno il marchio ha fatto la sua apparizione anche sugli sci, prima destinati allo sci alpino e oggi anche allo scialpinismo. Si tratta di una produzione artigianale, che non nasconde comunque ambizioni e competenza.
143 cm
75.8 mm Dall’azienda Bottero Ski, per ammissione della sua ‘anima’ tecnica Elio Bottero, ha l’ambizione di entrare nel mercato dello scialpinismo partendo dal top, con una piccola gamma di sci artigianali all’insegna della leggerezza. L’Abisso è una derivazione del modello Bec Aguss, quindi puramente da gara, ma ulteriormente alleggerito lavorando sugli spessori della soletta, delle lamine e inserendo nel nucleo di legno una parte in schiuma ultraleggera. Questo attrezzo è stato studiato in collaborazione con Stefania Belmondo e la grafica è opera di Donatella Bottero.
161.5 cm Al banco Lo sci arrivato in redazione non era nuovo, comunque ben preparato, con lamine affilate e pronte all’uso. Qualche segno sulla soletta denota che a tratti la rettifica ha insistito per raggiungere la planarità perfetta. Il cap e la serigrafia non nascondono la provenienza artigianale del prodotto ma in ogni caso non mostrano difetti sostanziali.
63.6 mm Sulla neve La caratteristica principale di questo modello che si affaccia per la prima volta nel mondo race è certamente la facilità e la leggerezza. Lo sci si è comportato in modo accettabile nella neve crostosa, dove è riuscito a galleggiare bene, mentre ha mostrato i suoi limiti sulle nevi dure, con qualche cedimento quando si è cercato di chiudere maggiormente l’arco di curva o tenere andature elevate. Consigliato a sciatori di medio livello che si avvicinano al mondo race: le qualità di facilità e leggerezza potrebbero essere molto apprezzate. Prezzo: 399 euro Internet: www.botteroski.com
Dynafit Race Performance
94.6 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 161 cm Lunghezza rilevata: 161.5 cm Contatto: 143 cm Superficie di portanza: 1.064 cm² Peso dichiarato: 720 g Peso rilevato: 764-766 g Fianchi dichiarati: 93-65-79 mm Fianchi rilevati: 94.6-63.6-75.8 mm Raggio calcolato: 23,7 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 36 ° Torsione al centro: 2 ° Torsione in coda: 30.5 ° Flessione: 7 cm
Uno sci avveniristico nella forma, con un peso ancora un po’ elevato, che tuttavia quest’inverno abbiamo già visto ai piedi di alcuni forti interpreti della disciplina. I colori sono quelli della linea Dynafit, in un pendant perfetto con le nuove scarpe da gara Evo.
142.5 cm
79.2 mm Dall’azienda Il nuovo sci Race Performance è indicato dall’azienda per scialpinisti esigenti e atleti. La struttura dell’anima è realizzata in legno di Paulownia e carbonio, come lo sci da competizione World Cup Race. Prodotto in Europa, è realizzato artigianalmente e ha uno strato in fibra di carbonio e rinforzo in fibra di vetro biassiale oltre all’inserto ammortizzante in gomma. Durante i test con il manager dell’international team Dynafit, Javi, il responsabile sviluppo Toni Eder si è spaventato per le rotture dell’attrezzo. La risposta di Javi è stata: «Lo sci è buono, solo che l’ho sottoposto a test pesantissimi». Proprio grazie a questi ‘stress-test’ l’azienda ritiene di avere prodotto un attrezzo ottimo per caratteristiche e resistenza.
161 cm Al banco L’occhio cade subito sulla forma squadrata della punta con due concavità a darle un aspetto ancora più strano. A colpire è anche la coda che termina con un taglio netto a 45°. La soletta denota che lo sci che abbiamo ricevuto è già stato provato: probabilmente ci troviamo di fronte a uno dei primissimi modelli prodotti: un’anteprima dunque che necessita di un piccolo ritocco alle lamine...
64.5 mm Sulla neve Lo sci provato quest’anno non è nemmeno lontano parente di quello proposto nella scorsa stagione: in particolare è stato apprezzato il buon comportamento sulle nevi crostose laddove la spatola abbastanza larga frantuma bene la crosta, favorendo il galleggiamento. Sulle nevi più compatte permette di condurre buone traiettorie sugli spigoli evidenziando risposta elastica e stabilità. Tuttavia se si eccede nel dar pressione si avverte un cedimento soprattutto a livello della coda: anche questo sci non sfugge alla norma dei race con tendenza a vibrare sulle nevi più dure. Consigliato a buoni ed esigenti sciatori. Prezzo: 550 euro Internet: www.dynafit.it
96 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 161 cm Lunghezza rilevata: 161 cm Contatto: 142.5 cm Superficie di portanza: 1.084 cm² Peso dichiarato: 790 g (+/- 30 g) Peso rilevato: 784-778 g Fianchi dichiarati: 96-65-78 mm Fianchi rilevati: 96-64.5-79.2 mm Raggio calcolato: 22 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 31.5 ° Torsione al centro: 1.5 ° Torsione in coda: 27 ° Flessione: 6 cm
163 > materiali
Dynastar Pierra Menta Pro Carbon
Un marchio famosissimo che negli anni ha vinto le più prestigiose manifestazioni internazionali. Ai piedi di William Bon Mardion è salito sul gradino più alto del Mezzalama, rinverdendo gli antichi fasti. Cambiato nella grafica - ora verde, nera e bianca - dovrebbe essere rimasto immutato nei contenuti, che nel test della scorsa stagione gli hanno permesso di mettersi in ottima evidenza.
137 cm
78.5 mm Dall’azienda Uno sci da gara collaudato da William Bon Mardion e plasmato dal ‘mago’ dello scialpinismo di Sallanches, Philippe Rimbod. Il Pierra Menta Pro Carbon è stato studiato per essere la Formula Uno del brand francese. Il nucleo in materiale sintetico Lightcore Glass Carbon, i fianchi dritti, un must in questo segmento per Dynastar, la punta leggermente rivista, il rocker che aiuta l’entrata in curva e il galleggiamento, le leggere modifiche alla sciancratura che rendono più facile l’uscita curva sono i punti fermi e le novità.
160 cm Al banco Accattivante nelle nuove colorazioni della serigrafia, lo sci appare molto ben rifinito. Unico nel lotto race a mantenere la chiusura tradizionale con fianchetti: tutti gli altri adottano il sistema cap. Impronta finissima e ben curata, lamine pronte all’uso anche se non affilatissime.
64.4 mm Sulla neve Possiamo considerarlo il miglior sci race di questo test: all’unanimità i testatori hanno evidenziato le buone qualità del Pierra Menta che vanno dall'estrema affidabilità sulle nevi dure, nelle curve a corto raggio sul ripido, nelle curve condotte sia nel fuoripista che su superfici compatte. Uno sci che non fa rimpiangere la maggior larghezza e lunghezza dei migliori grantour. Adatto ovviamente a sciatori di buon livello, ai quali sa offrire risposte e prestazioni molto elevate. Se una pecca deve esserci, consiste in una leggera mancanza di maneggevolezza. Prezzo: 998 euro Internet: www.dynastar.com
93.5 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 160 cm Lunghezza rilevata: 160 cm Contatto: 137 cm Superficie di portanza: 1.030 cm² Peso dichiarato: 690 g Peso rilevato: 722-730 g Fianchi dichiarati: 96-65-79 mm Fianchi rilevati: 93.5-64.4-78.5 mm Raggio calcolato: 21,7 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 17.5 ° Torsione al centro: 1 ° Torsione in coda: 21 ° Flessione: 5 cm
164 > materiali
test 2012
165 > materiali
Elan Triglav
Continua lo sviluppo del Triglav da parte della storica azienda slovena. Negli anni precedenti, da quando ha fatto la sua comparsa, questo sci ha stupito per la sua grande morbidezza e per l’apprezzabile comportamento sulla neve. A giudicare dalle caratteristiche del modello pervenutoci per i test non possiamo che confermare queste sensazioni.
140 cm
79 mm
160.5 cm
Dall’azienda Il project and design director Luka Grilc ha sviluppato questo sci con lo scialpinista sloveno Davo Karnicar, il primo uomo a scendere l’Everest con gli sci, con l’obiettivo di produrre il più leggero attrezzo con un centro di 66 millimetri. Per ottenere questo risultato è stata sfruttata la tecnologia ‘Bridge’ che utilizza il leggerissimo legno di Paulownia con rinforzi in carbonio. Uno sci sicuro in discesa e leggero in salita per professionisti e scialpinisti estremamente esigenti: questo il posizionamento all’interno della linea Summit Series, che comprende anche l’Alaska, più versatile e orientato al Grantour.
Fischer Tour RCX
Al banco Salta all’occhio il cambiamento di grafica, con colori che rimangono piuttosto naturali: dal legno in trasparenza al verde tenue, con scritte bianche. Sempre presente un costone centrale in rilievo, con una particolare convessità proprio sotto al piede. Soletta dalla rigatura finissima e verticale di pregevole fattura. L’affilatura delle lamine è di ottimo livello. Durante la fase di montaggio abbiamo constatato come la foratura e l’avvitatura degli attacchi debba essere fatta con la massima attenzione per via del materiale tenero di cui è fatto lo sci.
66 mm Sulla neve Possiamo tranquillamente dire che nessuno dei testatori si sarebbe aspettato un comportamento positivo da uno sci con questi valori di torsione e dai fianchi così diritti. Invece dopo le prove su nevi crostose e su nevi molto dure in pista, il Triglav ne è uscito con giudizi positivi che lo pongono secondo alcuni sopra la media dei race testati. In particolare: grande facilità di ingresso in curva e buona maneggevolezza, i fianchi diritti condizionano un po’ il galleggiamento ma a stupire è la buona sensazione di appoggio sulle nevi dure, che conferisce allo sci una apprezzabile stabilità a dispetto della morbidezza di punta e coda. Consigliato a sciatori non troppo pesanti, si adatta bene alle esigenze dell’agonismo. Prezzo: 659 euro Internet: www.elanskis.com
87 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 161 cm Lunghezza rilevata: 160.5 cm Contatto: 140 cm Superficie di portanza: 1.043 cm² Peso dichiarato: 699 g Peso rilevato: 688-698 g Fianchi dichiarati: 89-66-80 mm Fianchi rilevati: 87-66-79 mm Raggio calcolato: 29 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 39.5 ° Torsione al centro: 4 ° Torsione in coda: 38 ° Flessione: 9 cm
Si potrebbe dire che con questo secondo anno di presenza sul mercato dello sci race l’azienda di Ried abbia definitivamente preso atto dell’importanza del settore agonistico. Scritta nera a grandi caratteri su campo bianco: ecco il messaggio di Fischer, che non è troppo distante dalle grafiche degli sci che vincono nella Coppa del Mondo di sci alpino con Kostelic.
137 cm
78.5 mm Dall’azienda Il team ricerca e sviluppo di Fischer, guidato dall’ingegnere Alois Pieber, ha puntato su una ulteriore riduzione del peso e un leggero restyling grafico per il modello da gara. Le carateristiche base di questo sci sono la costruzione sandwich con l’utilizzo del leggerissimo legno di Paulownia e la tecnologia AirCarbon, materiale hi-tech superleggero ed estremamente resistente, originario dell’industria aeronautica.
160.5 cm Al banco Ad un esame esteriore si direbbe che l’RCX abbia molte analogie con Hagan che vanno dalla dimensione dei fianchi al tipo di cap, all’inserto per le pelli, al paracoda e alle indicazioni sul posizionamento dell’area rinforzata dove avvitare gli attacchi. Questo esteriormente: ciò che c’è all’interno dello sci potrebbe invece produrre differenze sostanziali nel comportamento sulla neve. Le finiture di lamine e soletta sono di ottimo livello, come si compete al blasone di Fischer.
64.3 mm Sulla neve Unanimi i giudizi su questo sci: facile e maneggevole, entra agevolmente in curva anche sulle nevi crostose. Gli sciatori leggeri si sono trovati più a loro agio su ogni arco di curva, mentre quelli più pesanti hanno avvertito qualche cedimento sotto al piede e in coda. Sulle nevi dure lo sci mantiene la conduzione finché il raggio di curva si avvicina a quello della sciancratura: se si impostano traiettorie più chiuse si avvertono vibrazioni, così come sui cambi improvvisi di ritmo. Considerazioni che non inficiano l’opinione positiva che questo modello ha generato nei nostri testatori. Consigliato certamente a sciatori agonisti, anche di basso e medio livello. Prezzo: 640 euro Internet: www.fischer.it
92.8 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 160 cm Lunghezza rilevata: 160.5 cm Contatto: 137 cm Superficie di portanza: 1.027 cm² Peso dichiarato: 700 g Peso rilevato: 780-773 g Fianchi dichiarati: 97-64-78 mm Fianchi rilevati: 92.8-64.3-78.5 mm Raggio calcolato: 22 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 38 ° Torsione al centro: 2.5 ° Torsione in coda: 39 ° Flessione: 7 cm
166 > materiali
test 2012
Hagan X-Race
A giudicare dai dati di laboratorio si direbbe che l’impegno nel settore race stia dando i suoi frutti con una notevole perdita di peso rispetto al modello che l’ha preceduto, segno questo che la casa austriaca si sta decisamente impegnando in questo settore. Cambiata la grafica rispetto alla scorsa stagione, ma i colori dominanti rimangono il grigio, il blu e l’arancio.
136 cm
78.8 mm Dall’azienda Il modello da gara, ‘made in Austria’ come tutti gli attrezzi Hagan, sfrutta un’anima in lamelle di legno, doppio laminato in carbonio inferiore e superiore, piastra di rinforzo sotto l’attacco e cap superlight. La novità introdotta da Franz Siegesleuthner, responsabile della collezione, sta nell’evoluzione dell’anima in legno che, avendo costruzione lamellare, ha consentito di abbassare il peso lasciando invariate le prestazioni dello sci in discesa. La Casa segnala che non ci sono state rotture in due anni grazie alle due lamine di carbonio posizionate nella parte superiore ed inferiore rispetto all’anima.
160 cm Al banco Molto ben rifinito con lamine particolarmente curate e soletta con rigatura trasversale a profondità media. Ridotta la lunghezza di contatto, a causa anche della notevole curvatura della spatola e alla coda che presenta un tratto sollevato e in restringimento. Da segnalare l’indicazione sul fianco dello sci ‘mounting area’ in corrispondenza del tratto in cui sono presenti i rinforzi per ospitare i fori della talloniera e del puntale. Durante la foratura abbiamo comunque constatato che due dei fori dei puntali cadevano fuori dalla zona rinforzata.
63.5 mm Sulla neve La particolarità di questo sci, a nostro giudizio, è la sua maneggevolezza. Facile su ogni tipo di neve, si è ben difeso nelle nevi crostose dove è riuscito a galleggiare bene. Sulle nevi dure, se non si cerca di esasperare la chiusura delle traiettorie, si comporta bene. Incomincia a ‘sbattere’ quando la velocità aumenta, come d’altronde la maggior parte dei race provati. La maneggevolezza fa sì che lo sci affatichi poco lo sciatore perdonandogli errori di impostazione. Adatto certamente a discreti sciatori e comunque ad un ampio spettro di utenza. Prezzo: 579 euro Internet: www.hagan-ski.com
92.7 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 160 cm Lunghezza rilevata: 160 cm Contatto: 136 cm Superficie di portanza: 1.015 cm² Peso dichiarato: 700 g Peso rilevato: 704-704 g Fianchi dichiarati: 97-64-78 mm Fianchi rilevati: 92.7-63.5-78.8 mm Raggio calcolato: 20,8 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 34 ° Torsione al centro: 2.5 ° Torsione in coda: 39 ° Flessione: 5 cm
167 > materiali
Merelli Race
Lo sci leggero in carbonio per eccellenza sembra aver interrotto la corsa al sempre più leggero a favore di una maggior affidabilità in fatto di rotture. L’aspetto non cambia: nero carbonio con scritta colorata. Ai piedi di Didier Blanc e di Alain Seletto ha toccato sia il primo che il secondo gradino del prestigioso podio del Mezzalama 2011.
140 cm
78.7 mm Dall’azienda La versione 160 cm di questo attrezzo è adatta a uno sciatore agonista, ma anche ad un semplice appassionato o al pubblico femminile. Il team di Marco Merelli ha realizzato un prodotto performante ma allo stesso tempo di facile gestione, anche per utenti meno esperti, dopo un attento studio delle geometrie. La struttura è studiata per dare risposte corrette su qualsiasi tipologia di percorso, sia su nevi dure, grazie alla rigidità trosionale, che su nevi polverose. Disponibile anche nella nuova grafica R 360 e in colore giallo.
160 cm Al banco Lo sci pervenuto in redazione avvolto nella piccola sacca dedicata era addirittura sciolinato e da spatolare. Curata, dunque, la parte riguardante soletta e lamine. Gli inserti per le pelli presentano sia un intaglio centrale che la classica sagomatura della punta.
64.8 mm Sulla neve I differenti tipi di neve su cui è stato provato hanno permesso di evidenziarne tutte le qualità e i difetti. Sulla neve dura, compatta, levigata si comporta in modo ineccepibile. Sulla neve fresca, sulla neve crostosa può contare sì su una maggior lunghezza di contatto neve, ma la grande reattività non perdona troppo gli errori. Uno sci dal grande carattere che non può essere apprezzato da tutti ma dà il meglio di sé ai piedi di buoni sciatori in possesso di tecnica e di preparazione fisica. Prezzo: 780 euro Internet: www.merelliski.it
93.5 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 160 cm Lunghezza rilevata: 160 cm Contatto: 140 cm Superficie di portanza: 1.056 cm² Peso dichiarato: 640 g Peso rilevato: 659-661 g Fianchi dichiarati: 99-65-79 mm Fianchi rilevati: 93.5-64.8-78.7 mm Raggio calcolato: 23 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 22 ° Torsione al centro: 1 ° Torsione in coda: 17.5 ° Flessione: 6,5 cm
168 > materiali
test 2012
Movement Fish-X
In un paio di stagioni la casa elvetica ha fatto passi da gigante: con l’avvento dei modelli X-Series, leggeri e performanti, ha conosciuto un grande consenso presso gli scialpinisti. La veste è rimasta tale e quale: serigrafia nera che ricorda molto gli sci in carbonio, anche se l’anima del Fish è in legno.
142.5 cm
78,5 mm Dall’azienda Il Fish nella versione X-Series è uno dei più versatili e leggeri sci da gara sul mercato, grazie all’utilizzo di un nucleo in legno di Karuba e di fibre North TPT in Createx (vetro e carbonio) utilizzate originariamente in Coppa America di barca a vela. Consigliato nella misura 156 per la donna. Quest’anno il team di sviluppatori del prodotto, del quale fa parte anche Nanni Tua, ha voluto alleggerire l’attrezzo lungo i bordi e allo stesso tempo aumentare la resistenza di un 20%.
164 cm Al banco Il grado di finizione è decisamente buono. Perfetta la chiusura del cap e altrettanto accurata la rifinitura delle lamine, che non presentano bave o dentellature. L’inserto con l’elemento grafico della mela in spatola non presenta gradini di sorta con la soletta che è caratterizzata da una rigatura piuttosto fine. L’inserto per le pelli è profondo e messo leggermente di sbieco. Un paracoda in caucciù preserva la parte terminale da eventuali colpi.
65 mm Sulla neve Molto maneggevole e facile da inserire in curva, ha dato il meglio di sé sulle nevi più morbide e fuoripista: sulla neve crostosa ha confermato queste sensazioni. Qualche problema in più nei tratti di neve dura e compatta, dove i testatori hanno segnalato qualche difficoltà a mantenere la traiettoria a causa delle vibrazioni. Possiamo tranquillamente affermare che questo sci è perfettamente allineato come prestazioni con i migliori sci della categoria, nel bene e nel male, e può essere consigliato anche ai garisti della prima ora proprio per la sua facilità. Prezzo: 799 euro Internet: www.movementskis.com
Ski Trab Duo Race Aero World Cup
93 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 162 cm Lunghezza rilevata: 164 cm Contatto: 142.5 cm Superficie di portanza: 1.074 cm² Peso dichiarato: 720 g (+/- 20) Peso rilevato: 684 g Fianchi dichiarati: 93-65-79 mm Fianchi rilevati: 93-65-78,5 mm Raggio calcolato: 24,5 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 29 ° Torsione al centro: 2 ° Torsione in coda: 28.5 ° Flessione: 7 cm
La ‘maison’ di Bormio si presenta quest’anno con uno sci cambiato nella grafica, ma crediamo che la sostanza sia quella di sempre, d’altronde sarebbe difficile aspettarsi degli stravolgimenti in un modello che è il cavallo di battaglia di casa Trab: affidabile, robusto e leggero. Un punto di riferimento per quanti si accingono a costruire sci da gara.
141.5 cm
77.2 mm Dall’azienda Lo sci da gara progettato da Daniele Trabucchi ha obiettivi importanti: grandissima leggerezza, eccellenti prestazioni in discesa e affidabilità al 100%. La costruzione è molto complessa con 14 strati di tecnologia. L’anima è in alveolare in Aramide con rinforzi in legno. I materiali in composito carbonio e fibra di vetro danno alla struttura un’altissima rigidità torsionale e l’alta stratificazione permette di avere comunque delle estremità morbide che permettono allo sci di essere maneggevole e allo stesso tempo stabile e preciso.
163 cm Al banco Lo sci pervenuto in redazione denota la solita cura nella costruzione: soprattutto lamine e soletta - un disegno trasversale di ottima fattura - sono all’altezza delle aspettative. La forma è quella di sempre, con dopia sagoma in punta e pin tail in coda.
63.6 mm Sulla neve Il World Cup è stato molto apprezzato da tutti i testatori per una serie di caratteristiche che vanno dalla estrema maneggevolezza e facilità, al galleggiamento fuoripista anche sulle croste più insidiose e in genere per la grande versatilità. Il suo comportamento sulla neve si può comunque dividere in due. Da una parte il fuoripista, dove è veramente imbattibile, permissivo e piacevole nella sciata come d’altronde sulle nevi che si lasciano incidere; qualche problema sorge sulle nevi più dure e alle velocità elevate dove si avverte qualche vibrazione. Più a suo agio su curve ampie è comunque risultato lo sci che si adatta meglio nel maggior numero di condizioni di neve. Adatto sia all’atleta di alto livello che al racer alle prime armi. Prezzo: 859,90 euro Internet: www.skitrab.com
92.4 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 164 cm Lunghezza rilevata: 163 cm Contatto: 141.5 cm Superficie di portanza: 1.050 cm² Peso dichiarato: 720 g Peso rilevato: 711-716 g Fianchi dichiarati: 96/92-64-78 mm Fianchi rilevati: 92.4-63.6-77.2 mm Raggio calcolato: 23,6 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 30 ° Torsione al centro: 1.5 ° Torsione in coda: 24.5 ° Flessione: 5,5 cm
169 > materiali
Considerazioni di fine test Non possiamo pretendere di aver colto tutte le particolarità degli sci provati: nemmeno se avessimo fatto cinque sedute sulla neve al posto di tre effettuate sarebbe stato possibile. Tuttavia crediamo di aver colto l’essenza del comportamento nelle varie condizioni di questi modelli destinati all’agonismo. Nessun voto, ma un giudizio globale dal quale trarre lo spunto per individuare il proprio sci. Abbiamo indicato lo sci race che i testatori hanno riconosciuto come più completo; vale comunque la pena ricordare la grande polivalenza del Trab, le alte prestazioni del Merelli, le qualità di facilità e maneggevolezza di altri modelli che abbiamo puntualmente sottolineato come aspetti essenziali ed indispensabili per avvicinarsi al mondo delle gare scialpinistiche.
170 > materiali
test 2012
GRANTOUR Versatilità innanzitutto
G
li sci compresi sotto questa denominazione devono possedere le qualità essenziali per praticare uno scialpinismo di alto livello, in cui le buone prestazioni in discesa devono sposarsi con la leggerezza in salita. Lo sci ideale deve consentire di affrontare grandi dislivelli e di difendersi e galleggiare su ogni neve in discesa. In occasione dei test della scorsa stagione il miglior rapporto peso-prestazioni era stato appannaggio del Movement Random, autentica rivelazione della categoria. In base ai dati raccolti in laboratorio ci siamo resi conto che alcuni altri modelli hanno cercato di avvicinarsi a questi valori mentre altri hanno proseguito in scelte costruttive completamente differenti, in cui il dato relativo al peso non è poi così fondamentale.
I TRATTI DISTINTIVI DEL GRANTOUR Le prerogative di uno sci da grantour sono essenzialmente due: peso limitato e alte prestazioni. Si tratta di due qualità molto difficili da ottenere insieme: solitamente una drastica riduzione del peso va a discapito della tenuta e della robustezza, compromettendone il comportamento sulla neve. Perché questa esasperata ricerca di leggerezza? Chi pratica scialpinismo di un certo livello è certamente in grado di dare una risposta. Grantour significa dislivelli importanti, scialpinismo vero, quello che comporta anche l’uso di attrezzature alpinistiche come ramponi e corda, quello che si svolge su itinerari di più giorni, quello che impone il trasporto sulle spalle di zaini pesanti che richiedono allo sci prestazioni ben superiori a quelle necessarie
per una banale escursione di mille metri di dislivello in aree protette e frequentate. L’esasperazione nella ricerca di un minor peso è analoga a quella che caratterizza lo ski-alp race: qui non si deve lottare con il cronometro, ma con la fatica di trascinare a monte sci che possono avere un attrito con la neve maggiore o minore in base al peso e alla larghezza complessiva. Uno sci da grantour, benché leggero, può essere così largo da richiedere una pelle adeguata per cui il trascinamento è condizionato dalla maggior superficie di pelle che deve scivolare in avanti. Quando si è obbligati a calzare i ramponi per proseguire a piedi gli sci vengono fissati allo zaino: in questa condizione si apprezza molto un peso contenuto di sci, pelli e attacchi. Non dimentichiamo l’aspetto più importante: la discesa. Uno sci da grantour deve essere molto maneggevole, ‘tenere’ senza vibrare sulle nevi più compatte e galleggiare su quelle profonde. Non può essere troppo corto per non compromettere la galleggiabilità e la tenuta: al peso e all’altezza dello sciatore va sempre aggiunto lo zaino che sposta verso l’alto e all’indietro il suo centro di massa, determinando facilmente condizioni di disequilibrio.
UNa categoria eterogenea
In un primo momento avremmo voluto testare solo sci piuttosto leggeri: quelli che nella lunghezza 170 cm non si scostavano di troppo dal chilogrammo per asta. Poi però ci siamo trovati di fronte a molti modelli più pesanti e allora si è proceduto utilizzando come discriminante la larghezza dello sci sotto al piede. Abbiamo dunque testato sci che sotto lo scarpone non superassero gli 80 millimetri. Nel caso dello Stormrider della Stoeckli - dal
momento che i due modelli erano piuttosto simili - si è ritenuto opportuno inserirne uno fra i grantour e un altro fra gli XXL.
Come abbiamo effettuato le prove Approfittando di condizioni ottimali del ghiacciaio, le prove sono state condotte al di fuori delle piste battute e su nevi trasformate compatte in alto e più cedevoli in basso. Sono condizioni ideali per la pratica dello ski-alp in primavera, quelle che ogni sciatore ricerca durante le proprie uscite con le pelli e quelle che chi affronta un grantour di più giorni vorrebbe trovare. Gli sci sono stati provati su differenti archi di curva: serpentine e curve ravvicinate con pendenze superiori ai 45°, curve ampie e condotte nei tratti meno ripidi, passaggio da pendii esposti a nord ad altri in pieno sole con repentino cambiamento del manto nevoso. Un aspetto importante è che grazie alla quota in cui si sono svolte le prove e alla temperatura non troppo elevata, vista la stagione, ogni sci è stato provato in condizioni di neve simili.
I giudizi Dopo la prova dei primi due modelli si è iniziato ad esprimere davanti ad una telecamera le sensazioni sullo sci appena provato: maneggevolezza, conduzione, eventuali vibrazioni, meglio su curve ampie che su curve strette, velocità ideale di crociera, indicazioni di target per l'utilizzo. Si tratta, come ogni anno, di giudizi globali in cui il testatore esprime le sensazioni ‘a caldo’ senza seguire schemi preordinati: solo in questo modo riteniamo possa venire fuori la vera essenza del modello provato.
171 > materiali
172 > materiali
test 2012
Blizzard Mountain Expedition
Uno sci interessante, con tutte le carte in regola per questo vasto settore di utilizzo. Ad una prima analisi sembrerebbe che l’Expedition non sia cambiato da quello dello scorso anno, con grafica moderna che lascia intravedere in trasparenza il legno della sua struttura. Un tempo si ricorreva ad altri materiali per rendere uno sci appetibile, oggi si ritorna alla materia prima originaria: il legno.
142 cm
94 mm Dall’azienda Uno sci per alpinismo ed escursionismo che offre un compromesso tra leggerezza in salita e massimo controllo e performance in discesa, su tutti i tipi di neve. Erano questi gli imperativi che i progettisti Blizzard dovevano soddisfare. L’anima in legno ultralight è abbinata alla struttura a fianchi dritti e inserti in titanal ultraleggero. La Casa ha optato anche per solette con colori fluo per rendere lo sci immediatamente visibile in caso di caduta con condizioni di scarsa visibilità.
167 cm Al banco Sempre una chiusura in demi-cap, vale a dire una via di mezzo fra il metodo tradizionale con fianchetti e quello più utilizzato oggi che è il cap. Le finiture sono di alto livello: lamine pronte all’uso e soletta trasparente con serigrafia in verde chiaro. Una mancanza? L’inserto per le pelli in spatola che non è presente e obbliga ad un intervento per incidere in qualche modo il bordo anteriore per fissarle.
73.7 mm Sulla neve Piacevole sorpresa di queste prove: l’Expedition ha mostrato su questi terreni tutto il suo carattere. Facile e maneggevole nell’ingresso in curva e nei cambi sulle curve strette. Sul ripido e con neve dura ha evidenziato una perfetta tenuta, infondendo sicurezza e affidabilità allo sciatore. Ampliando il raggio, nonostante la lunghezza (167 cm) fosse un po’ al limite, ha permesso curve veloci in buona conduzione e stabilità. Consigliato ad un’ampia gamma di utenza, dallo sciatore evoluto in cerca di prestazioni, al neofita che cerca uno sci facile e che perdoni gli errori. Prezzo: 529 euro Internet: www.blizzard-ski.com
111.2 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 167 cm Lunghezza rilevata: 167 cm Contatto: 142 cm Superficie di portanza: 1.252 cm² Peso dichiarato: 1140 g Peso rilevato: 1170 g Fianchi dichiarati: 112-74-96 mm Fianchi rilevati: 111.2-73.7-94 mm Raggio calcolato: 17,5 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 29.5 ° Torsione al centro: 2 ° Torsione in coda: 29.5 ° Flessione: 6,5 cm
173 > materiali
Bottero ski Cime du Diable
La grande intraprendenza del commerciante limonese non poteva non fargli giocare la carta scialpinismo e dobbiamo dire che il Cime du Diable possiede quelle qualità di peso e larghezza che lo rendono molto simile al Movement, che probabilmente ha fatto un po’ da musa ispiratrice per i nuovi produttori di sci.
145 cm
102 mm Dall’azienda Il Cime du Diable ha una sciancratura da freeride, adatta allo sciatore di qualunque livello che prediliga la leggerezza per salire, ma che possa godersi la discesa grazie alla forma più larga e quindi a un ottimo galleggiamento. Questa la mission che l’azienda ha voluto per l’attrezzo che prende il nome da una montagna della zona di Limone Piemonte. L’indicazione d’uso di Elio Bottero è per i professionisti della montagna e per gli scialpinisti di eccellente livello.
170 cm Al banco Cosa è balzato all’occhio non appena ci siamo rigirati nelle mani il Cime du Diable è stata l’incredibile somiglianza con il Random della Movement. Più o meno le stesse sciancrature e larghezze, la rastrematura all’altezza della zona attacchi e, soprattutto, il peso, molto contenuto per uno sci pressoché artigianale. Da un’analisi sommaria abbiamo riscontrato tratti in cui la soletta è convessa rispetto al piano lamine.
74.6 mm Sulla neve Al banco ci ha ricordato il più famoso sci svizzero come sagoma e profilo ma sulla neve le risposte e il comportamento non sono stati analoghi. Piuttosto strana la sua reazione in curva quando si vorrebbe una deformazione graduale dell’asta mentre le vibrazioni e i saltellamenti si sono avvertiti, oltre che nel tratto ripido con neve dura, anche in quelli più facili. Probabilmente paga il noviziato del progetto, che come in tutti i casi richiede qualche anno per trovare il giusto equilibrio. Non sapremmo a chi consigliarlo: certamente non ad uno sciatore di un certo peso e struttura. Prezzo: 399 euro Internet: www.botteroski.com
110 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 168 cm Lunghezza rilevata: 170 cm Contatto: 145 cm Superficie di portanza: 1.309 cm² Peso dichiarato: 950 g (+/- 30 g) Peso rilevato: 983 g Fianchi dichiarati: 115-76-105 mm Fianchi rilevati: 110-74.6-102 mm Raggio calcolato: 16,7 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 29 ° Torsione al centro: 2 ° Torsione in coda: 31 ° Flessione: 7 cm
174 > materiali
test 2012
Dynafit Se7ven Summit
L’azienda ha spinto molto su questo sci negli ultimi anni, ottenendone un buon riscontro commerciale. Il modello di quest’anno è rinnovato nella grafica, pur rimanendo su colorazioni tenui con motivo che si completa affiancando uno sci all’altro. Potrebbe essere un buon compromesso, con le caratteristiche per accontentare la maggior parte degli ski-alper.
146 cm
98.7 mm Dall’azienda La geometria biradiale, ampia in spatola e stretta in coda, di questo sci con costruzione Cap-sandwich, permette allo sciatore un alto margine di errore e allo stesso tempo precisione su ogni tipo di terreno. Per il nuovo Se7ven Summit è stata ripresa la rivoluzionaria struttura dell’anima dello sci Stoke con tre lunghi stringer in bambù; questo con l'intenzione di garantire allo sci maggiore slancio e fluidità. Il responsabile sviluppo Toni Eder posiziona questo sci nel grantour classico, per ogni tipo di neve e di terreno.
169 cm Al banco Il legno in trasparenza, le lamine curate e di buona sezione, la soletta con rigatura fine, ci trasmettono una sensazione di robustezza e affidabilità, così come l’inserto per il fissaggio delle pelli in punta, il paracoda importante, il tutto racchiuso da un preciso cap. Il peso non è dei più contenuti anche se siamo in piena tipologia grantour nelle misure essenziali.
77.6 mm Sulla neve I giudizi dei testatori sono stati tutti positivi per il Se7ven Summit. Entrando più nel dettaglio ne è emerso un comportamento particolarmente apprezzato sulle curve ravvicinate, anche su terreno ripido e su neve dura. Assai maneggevole, offre un buon appoggio sotto al piede e una sensazione di affidabilità anche sulle nevi più impegnative. Qualche lieve cedimento in velocità sui tre quarti di curva, quando la pressione si fa sentire e la deformazione dell’asta è massima, soprattutto in presenza di una sciata aggressiva. Le qualità di questo modello lo rendono adatto al buon sciatore esigente ma anche al principiante che qui trova un attrezzo in grado di perdonare gli errori più banali nell’esecuzione della curva. Prezzo: 400 euro Internet: www.dynafit.it
Dynastar Patrouille des Glaciers
110.4 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 170 cm Lunghezza rilevata: 169 cm Contatto: 146 cm Superficie di portanza: 1.330 cm² Peso dichiarato: 1330 g (+/- 30 g) Peso rilevato: 1225 g (+/- 30 g) Fianchi dichiarati: 113-78-100 mm Fianchi rilevati: 110.4-77.6-98.7 mm Raggio calcolato: 19,8 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 25 ° Torsione al centro: 1 ° Torsione in coda: 23 ° Flessione: 5 cm
Uno modello in controtendenza, dai fianchi molto diritti rispetto agli altri concorrenti: data la lunghezza e il peso non lo abbiamo inserito fra gli sci race, proponendolo invece come grantour. Potrebbe incontrare un certo interesse soprattutto per i nostalgici degli sci di qualche anno fa o per coloro che amano lo sci da gara con lunghezza e appoggio leggermente maggiori. La serigrafia riporta la mappa della mitica Patrouille con località e quote.
147 cm
80.8 mm Dall’azienda Nella rastrelliera della maison di Sallanches questo sci occupa lo spazio riservato all’allenamento. Uno sci leggero, quasi da gara, insomma Si tratta di un attrezzo che il ‘boss’ del reparto scialpinismo Philippe Rimbod ha progettato con un’anima in Rohacell (legno e acrilico) e fianchi dritti. Si posiziona sopra all’Altitrail Powder, lo sci tradizionale da Grantour.
168.5 cm Al banco Non poteva che essere tradizionale la tipologia costruttiva di questo sci: fianchetti in abs e paracoda in alluminio, soletta ben preparata con rigatura finissima, lamine pronte all’uso. L’inserto per le pelli è analogo a quello di tutta la famiglia race di Dynastar.
64.2 mm Sulla neve Particolarmente buona la struttura, capace di dare una risposta elastica entusiasmante, quasi come quella dei modelli da sci alpino race di trent’anni fa. Veramente ‘cattivo’ ed efficace sul duro e nelle curve ravvicinate, richiede un po’ di spazio per andare in conduzione su archi ampi, d’altronde il raggio teorico costruito sui suoi fianchi è decisamente più ampio della media. A chi è consigliato? A chi ama sci poco sciancrati, oppure ad agonisti in cerca di un attrezzo versatile, un po’ più lungo e pesante ma allo stesso tempo affidabile. Prezzo: 598 euro Internet: www.dynastar.com
90.6 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 169 cm Lunghezza rilevata: 168.5 cm Contatto: 147 cm Superficie di portanza: 1.102 cm² Peso dichiarato: 900 g Peso rilevato: 809 g Fianchi dichiarati: 92-65-82 mm Fianchi rilevati: 90.6-64.2-80.8 mm Raggio calcolato: 25,1 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 27.5 ° Torsione al centro: 1 ° Torsione in coda: 30.5 ° Flessione: 7 cm
175 > materiali
Elan Alaska
Particolarità costruttive che si rifanno a tutta la linea Elan per lo ski-alp. Legno in grande evidenza e un’impressione di robustezza e portanza fanno di questo modello la proposta grantour della casa slovena.
146 cm
98.4 mm Dall’azienda Sviluppato a partire dalla tecnologia impiegata per il Triglav, l’Alaska è stato pensato dal production and design director Luka Grilc come attrezzo leggero da grantour, versatile e performante allo stesso tempo. Utilizza la tecnologia Bridge con il legno di Paulownia. Nello sviluppo del prodotto è stato coinvolto anche l’importatore italiano Socrep che ha fatto cambiare il nome da Kilimandjaro ad Alaska. Perché? Kilimandjaro = Africa = elefante = pesante...
169.5 cm Al banco La prima sensazione, maneggiandolo, è quella di grande robustezza: una serigrafia curata con legno in trasparenza, i due costoloni in rilievo - il modello race ne presentava uno centrale - con concavità sotto lo scarpone, soletta ben rifinita con rigatura finissima, lamine di sezione importante per resistere agli urti dello scialpinismo. Spatola con sagomatura per l’aggancio pelli, anche se di norma si tende a preferire qualche sorta di intaglio.
78.5 mm Sulla neve Sci rivelazione di questo test: peccato per il peso veramente un po’ eccessivo. Possiamo però sostenere che i 1300 grammi sono stati spesi molto bene in questo Alaska. Le sensazioni generali sono state tutte molto positive. Ha risposto in modo ineccepibile sulle curve a raggio stretto, rivelando una grande maneggevolezza. In conduzione ha permesso di concatenare curve ampie e veloci senza cedimenti di sorta, permettendo un appoggio continuo e rassicurante su tutto l’arco della traiettoria. Ha le qualità essenziali per comportarsi bene su ogni tipo di neve e di terreno. Difficile trovare difetti in questo sci che può essere scelto sia dallo sciatore evoluto in grado di valorizzarne le qualità, sia dal principiante che qui trova uno sci facile e in grado di perdonare gli errori di sciata. Prezzo: 349 euro Internet: www.elanskis.com
107 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 170 cm Lunghezza rilevata: 169.5 cm Contatto: 146 cm Superficie di portanza: 1.323 cm² Peso dichiarato: 1229 g (sul 163 cm) Peso rilevato: 1320 g Fianchi dichiarati: 109-79-99 mm Fianchi rilevati: 107-78.5-98.4 mm Raggio calcolato: 22 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 25 ° Torsione al centro: 1.5 ° Torsione in coda: 19.5 ° Flessione: 7 cm
176 > materiali
test 2012
Fischer Tour X-Tralite
Fischer si presenta finalmente con un grantour all’altezza delle aspettative: rispetto alla scorsa stagione lo sci ha perso più di 100 grammi, se consideriamo che il modello della stagione precedente testato da noi era alto 162 cm e pesava 1.185 g. Rinnovata anche la grafica con qualche motivo colorato sfumato su uno sfondo bianco.
141.5 cm
92 mm
167.5 cm
Dall’azienda Il team di ingegneri coordinato da Alois Pieber classifica questo sci come modello da alpinismo classico. Si tratta però di un modelo di fascia alta all’interno della categoria, che utilizza costruzione sandwich e soprattutto il legno di Paulownia, di notevole leggerezza (da 300 a 400 kg/m³ a seconda della varietà). La Casa austriaca ha negli ultimi anni modificato la filosofia dei propri attrezzi da skialp dando a tutti una connotazione ‘freeride’.
Al banco Gli stessi motivi fuxia e oliva contrastano con il bianco della soletta. Va detto che gli inserti sono serigrafati e non compromettono affatto la planarità della soletta che è improntata con una rigatura verticale finissima. Lamine ben rifinite e pronte all’uso. Robusto paracoda con spazio per la pelle, cosa che manca completamente in punta.
68.7 mm Sulla neve La nuova versione dell’X-Tralite, nonostante risulti completamente rivista, conserva le qualità strutturali che lo rendono reattivo e affidabile. La sua risposta elastica, infatti, gli conferisce una buona attitudine ad inanellare curve ravvicinate, mentre la mancanza di sciancrature estreme non facilita troppo l’ingresso in curva. Nel complesso, comunque, lo possiamo definire maneggevole. Positivo il suo comportamento sia nelle sequenze di curve ravvicinate che in quelle a raggio più ampio. Indirizzato ad un pubblico eterogeneo: dal principiante allo sciatore esigente. Prezzo: 499 euro Internet: www.fischer.it
Hagan X-Ultra
101 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 170 cm Lunghezza rilevata: 167.5 cm Contatto: 141.5 cm Superficie di portanza: 1.206 cm² Peso dichiarato: 995 g (sul 165 cm) Peso rilevato: 1090 g Fianchi dichiarati: 106-69-92 mm Fianchi rilevati: 101-68.7-92 mm Raggio calcolato: 19,2 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 25 ° Torsione al centro: 2.5 ° Torsione in coda: 25 ° Flessione: 6,5 cm
Abbiamo la sensazione che Hagan abbia interpretato nel migliore dei modi le richieste di uno sci grantour ideale, dal peso contenuto e dalle forme generose. L’Ultra nella scorsa stagione non era stato provato, dal momento che il modello era identico a quello del 2009, quest’anno il cambiamento c’è stato, eccome...
148.5 cm
99.6 mm Dall’azienda Sci ‘made in Austria’ con anima in legno, costruzione a nido d’ape, laminato in fibra di vetro superiore ed inferiore e piastra di rinforzo in zona attacchi. X-Ultra è concepito per lo scialpinista esigente che chiede uno sci leggero (non da gara, ma da granturismo), senza rinunciare a una geometria moderna e con caratteristiche di affidabilità elevate. Può essere destinato all’atleta piu ‘fisicato’ che fa molto dislivello ma che, a causa del proprio peso, non può utilizzare uno sci ultraleggero.
169.5 cm Al banco Molto ben rifinito sia a livello di soletta che di lamine. La tipologia costruttiva è quella tradizionale, con fianchetti. Da segnalare un buon salva-coda in caucciù e un profondo intaglio per l’inserimento del top fix in spatola. L’unico aspetto a lasciarci perplessi riguarda il peso: solitamente nel settore grantour vengono da noi pesate entrambe le aste per poi fare una media fra i due valori e determinare il peso del modello, nel caso dell’Ultra siamo rimasti stupiti dalla notevole differenza fra i due sci: settanta grammi. Non sono pochi, eppure i numeri di matricola corrispondono, quale sarà il peso che andrà in commercio?
70.5 mm Sulla neve Dopo aver chiarito qual è il peso reale di questo sci pesando altre aste - dovrebbe attestarsi sui 1.050 grammi per asta possiamo apprezzarne ancor più la grande maneggevolezza e la facilità di conduzione su ogni tipo di neve e su ogni arco di curva. Si esprime certamente al meglio alle basse e medie andature dove diventa molto divertente. Su ritmi più elevati e velocità superiori ci vorrebbe ancor più struttura per sopportare i carichi e rispondere alle pressioni impresse. Può essere considerato un vero grantour, adatto ad uno scialpinismo classico di grandi dislivelli e di più giorni: il peso infatti gioca decisamente in suo favore. Prezzo: 449 euro Internet: www.hagan-ski.com
109.5 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 170 cm Lunghezza rilevata: 169.5 cm Contatto: 148.5 cm Superficie di portanza: 1.295 cm² Peso dichiarato: 1.000 g (163 cm) Peso rilevato: 1.050 - 1.120 g Fianchi dichiarati: 111-71-101 mm Fianchi rilevati: 109.5-70.5-99.6 mm Raggio calcolato: 16,1 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 35.5 ° Torsione al centro: 2 ° Torsione in coda: 34 ° Flessione: 7 cm
177 > materiali
La Sportiva RST
Dapprima la produzione di scarponi race da scialpinismo poi gli sci: la casa di Ziano di Fiemme si sta ormai entusiasmando per il mondo ski-alp e di anno in anno arricchisce il proprio catalogo di nuove proposte. La gamma degli sci va dall’agonismo al freeride, passando per il grantour, seguendo il filone delle calzature.
157 cm
106 mm Dall’azienda La Sportiva ha sviluppato con Colin Lantz una linea di cinque modelli da skialp che rispondono alle richieste del mercato europeo e nordamericano. RST è pensato come sci Grantour molto leggero ma senza compromettere performance e sicurezza in discesa. La costruzione è in legno di Karuba (una varietà della Paulownia) e fibra di carbonio.
177 cm Al banco Il modello giunto in redazione è uno dei più lunghi del lotto degli sci testati: con 177 cm si sopravanza la media degli altri sci, attestati intorno ai 170 cm, aspetto che è tenuto in considerazione ovviamente. La tipologia costruttiva presenta un classico cap. Spatola rotonda, che non offre appigli per le pelli salvo il foro centrale, presente anche in coda. Rigatura finissima su soletta nera con scritta cubitale bianca intarsiata. Le lamine di buona sezione sono pronte all’uso.
76.8 mm Sulla neve La maggior lunghezza di questo modello rispetto alla media si è fatta sentire in qualche modo. È stato definito piuttosto difficile e poco maneggevole, soprattutto su curve ravvicinate in sequenza su ogni tipo di pendio. Più a suo agio su curve ampie e condotte. Se la centralità viene meno diventa problematico il recupero e richiede uno sforzo per riportarlo in traiettoria. Anche la tenuta non si è rivelata eccessivamente affidabile, determinando talvolta sensazioni di scarso appoggio in fase di curva. Situazioni che lo rendono difficile, motivo per cui questo sci è consigliato a sciatori in possesso di un buon bagaglio tecnico, in grado di adattare il proprio assetto alle esigenze dell’attrezzo. Prezzo: 435 euro Internet: www.lasportiva.com
Movement Random-X
114.8 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 177 cm Lunghezza rilevata: 177 cm Contatto: 157 cm Superficie di portanza: 1.470 cm² Peso dichiarato: 1.200 g Peso rilevato: 1.320 g Fianchi dichiarati: 116-77-106 mm Fianchi rilevati: 114.8-76.8-106 mm Raggio calcolato: 18,3 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 15.5 ° Torsione al centro: 1° Torsione in coda: 17 ° Flessione: 7,5 cm
Ancora più leggero! Durante le misurazioni abbiamo tenuto sott’occhio i dati dello scorso anno e ci siamo resi conto che questo sci ha fatto un’ulteriore cura dimagrante di circa 40 grammi: se già era una piuma rispetto alla superficie, oggi si avvicina decisamente ai valori di alcuni sci della categoria race...
145 cm
104.3 mm Dall’azienda Questo modello, che la casa classifica come Grantour di alto livello con una sconfinamento nell’area race, è adatto a una clientela alla ricerca di un attrezzo ultraleggero e performante in discesa, grazie all’anima in legno di Karuba e alle fibre North TPT in Createx (fibra di vetro e di carbonio). La Casa lo indica per professionisti della montagna e esperti con aspettative molto alte. Consigliato nella misura 151 e 159 per la donna, è stato ulteriormente alleggerito pur aumentando la resistenza.
166.5 cm Al banco Nel complesso non abbiamo rilevato sostanziali differenze rispetto allo sci della scorsa stagione: la serigrafia nera, con mela arancio quest’anno. In più gli intagli per far passare il top fix delle pelli, che un anno fa non esistevano, ma per il resto tutto confermato. Impronta finissima sulla soletta e lamine pronte all’uso.
75.8 mm Sulla neve C’era grande attesa per questo modello, che lo scorso anno aveva strabiliato tutti per le sue prestazioni. Purtroppo il Random ha deluso parzialmente le aspettative. Sempre maneggevole e facile in ingresso curva, sia su raggi stretti che su traiettorie ampie, lo sci ha dato il meglio di sé nelle curve condotte con raggi vicini a quelli della sua sciancratura. Qualche saltellamento e vibrazione di troppo nelle curve ravvicinate su neve dura e in quelle più chiuse. Non possiamo averne la certezza ma di sicuro lo sci di quest’anno è diverso da quello della scorsa stagione. Queste considerazioni determinate anche dalla grande aspettativa non devono compromettere un giudizio ampiamente positivo che pone il Random fra i migliori sci da Grantour soprattutto alla luce del rapporto peso prestazione nettamente in suo favore. Prezzo: 802 euro Internet: www.movementskis.com
112.9 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 167 cm Lunghezza rilevata: 166.5 cm Contatto: 145 cm Superficie di portanza: 1.337 cm² Peso dichiarato: 900 g Peso rilevato: 889 g Fianchi dichiarati: 115-76-105 mm Fianchi rilevati: 112.9-75.8-104.3 mm Raggio calcolato: 16 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 21.5 ° Torsione al centro: 2 ° Torsione in coda: 24.5 ° Flessione: 7,5 cm
178 > materiali
test 2012
179 > materiali
Ski Trab Duo Sint Aero
Questo sci rientra a pieno titolo fra quelli che hanno trasformato lo scialpinismo moderno grazie al suo mix di leggerezza e affidabilità: un punto di riferimento per chi ricerca questi risultati. Lo sci che ci è pervenuto porta in sé i contenuti del progetto primitivo, anche se sono apprezzabili le modifiche che di anno in anno hanno portato a questo risultato.
148.5 cm
88.2 mm Dall’azienda Affrontare discese estreme, canali ripidi e ghiacciati o godersi la grande nevicata piuttosto che salvarsi dalle croste insidiose con uno sci che pesa un chilo: ecco in sitesi la mission che Daniele Trabucchi ha pensato per questo sci. Per questo è stata individuata una sciancratura dal buon compromesso salita/discesa e non esagerata per avere una buona conduzione in discesa e un buon grip delle pelli. Massima rigidità torsionale per tenuta e conduzione su pendii ardui e difficili, l'anima è in alveolare in Aramide integrata con piastra fiberplate con nucleo avvolto in una scatola di torsione in fibra di carbonio 100%. Vari rinforzi in legno, in materiale composito e gomma vulcanizzata per garantire la conduzione.
Stöckli Stormrider Light
170 cm Al banco Le due codine, la punta biforcura, la chiusura cap: tutto come tradizione. È lo sci di sempre, con tutte le prerogative della Ski Trab, come la soletta dal disegno trasversale perfetto e le lamine già pronte a scendere in pista.
72.7 mm Sulla neve Occhi puntati su questo Sint Aero anche alla luce del peso molto interessante: potrebbe essere lui il miglior compromesso qualità peso, ma qualcosa è venuto a mancare. Uno sci affidabile ed efficace su ogni tipo di neve e di pendio, senza tuttavia mai entusiasmare per qualche qualità in particolare. A volte risulta un po’ difficile da svincolare anche per via della spatola che continua ad allargarsi oltre il punto di contatto determinando un maggior aggancio della parte anteriore. Si è difeso nel corto raggio sul ripido e nelle curve in conduzione ma ogni volta che si è voluto aumentare le pressioni e i ritmi ha denotato qualche saltellamento e vibrazione di troppo. Complessivamente positivo in ogni situazione ma dall’esperienza Trab ci si aspetterebbe ancora di più. Prezzo: 699,90 euro Internet: www.skitrab.com
102.7 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 171 cm Lunghezza rilevata: 170 cm Contatto: 148.5 cm Superficie di portanza: 1.244 cm² Peso dichiarato: 1.040 g Peso rilevato: 1.055 g Fianchi dichiarati: 105/102-73-89 mm Fianchi rilevati: 102.7-72.7-88.2 mm Raggio calcolato: 24,1 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 22.5 ° Torsione al centro: 0.5 ° Torsione in coda: 23.5 ° Flessione: 5 cm
La casa svizzera fa il suo ingresso ufficiale nel test di Ski-alper, finalmente. Avevamo sentito parlare di questi sci costruiti con cura maniacale e qualche lettore già da tempo ci aveva chiesto di testarli. Nella gamma denominata Stormrider, solo il Light ha le caratteristiche per essere considerato un grantour.
141.5 cm
96.3 mm Dall’azienda Nonostante i ripetuti tentativi, non siamo riusciti ad avere alcuna informazione da parte dell’importatore italiano per scrivere questo capitolo. Già per avere gli sci da testare abbiamo dovuto rivolgerci in extremis alla casa madre in Svizzera.
165 cm Al banco Costruzione tradizionale con fianchetti. Soletta in grafite con rigatura perfetta. Lo sci ci è pervenuto perfettamente sciolitato e spazzolato. Paracoda importante, ma mancanza assoluta di intagli in spatola per il fissaggio delle pelli: un vero peccato intervenire con il seghetto su uno sci così curato...
71.5 mm Sulla neve Ha incontrato buoni apprezzamenti nei nostri tecnici che lo mettevano per la prima volta ai piedi. In particolare ha colpito la grande maneggevolezza e la risposta elastica notevole che l’ha messo in evidenza soprattutto nei tratti più ripidi e nelle curve ravvicinate. La sciancratura piuttosto importante si è fatta apprezzare sulle curve ampie, dove ha permesso una sciata precisa in conduzione. La lunghezza non elevata che abbiamo provato - appena 165 cm - ha impedito di apprezzare queste qualità anche ad andature più elevate, dove sono emerse alcune carenze in fase di conduzione. Non è dei più leggeri, e come tale non rappresenta il nostro ideale di grantour, ma la qualità della sua struttura, la sensazione di affidabilità e il comportamento sulla neve lo rendono adatto ai praticanti dello scialpinismo classico, in cui la discesa ha un’importanza fondamentale rispetto alla salita.
Prezzo: 530 euro Internet: www.stoeckli.ch
106 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 165 cm Lunghezza rilevata: 165 cm Contatto: 141.5 cm Superficie di portanza: 1.222 cm² Peso dichiarato: 1.300 g Peso rilevato: 1.290 g Fianchi dichiarati: 112-72-98 mm Fianchi rilevati: 106-71.5-96.3 mm Raggio calcolato: 16,9 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 28° Torsione al centro: 2° Torsione in coda: 31° Flessione: 5,5 cm
180 > materiali
test 2012
Völkl Mauja
Molto accattivanti le serigrafie di questa collezione Völkl. Legno in trasparenza, fra motivi che tendono al grigio e al nero. Un bell’oggetto anche da guardare. Gli sci sono pervenuti in redazione montati Marker ma, come avevamo anticipato alle aziende, per quest’anno tutti gli sci sono stati montati con ‘attacchino’, anche quelli grantour.
149 cm
101.7 mm Dall’azienda La casa di Bear indica questo sci per un utilizzo 'universal touring', vale a dire per il grantour tradizionale. Tradizionale è anche la struttura che i progettisti, guidati da Patrick Wesch, responsabile dell'area scialpinismo e freeride, hanno pensato, con impostazione camber e anima multistrato in legno alleggerito di Paulownia e poplar. Il precarico camber, nelle intenzioni dell'azienda, dovrebbe facilitare la fase di salita su nevi dure grazie alla maggiore superficie di contatto. Il Mauja si inserisce nel trend degli sci sufficientemente leggeri per la salita e performanti in discesa, anche se ha un'impostazione meno 'freeride'. Völkl lo indica per un utilizzo 30% neve dura e 70% neve morbida..
Black Diamond Guru
170.5 cm Al banco Struttura cap che in trasparenza lascia intravedere l’anima in legno. Soletta e lamine perfettamente rifinite con impronta diritta finissima. Lo sci presenta il classico foro per le pelli dedicate Volkl e un importante paracoda con spazio per la collocazione della fibia tendi pelle.
77.8 mm Sulla neve Uno sci dalle dimensioni generose, dal quale tuttavia ci si sarebbe aspettati qualcosa di meglio. Poco sostegno in fase di curva, non favorisce certamente i cambi rapidi di spigoli nelle sequenze di curve ravvicinate. Con neve dura e pendio ripido tende a sbattere nel momento di massimo carico. Sensazioni migliori nelle curve ampie in conduzione, soprattutto in presenza di neve più morbida, dove risulta ben più piacevole. Dal momento che è risultato un po’ difficile, lo potremmo certamente consigliare ai buoni sciatori. Prezzo: 519 euro Internet: www.voelkl.com
111.8 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 170 cm Lunghezza rilevata: 170.5 cm Contatto: 149 cm Superficie di portanza: 1.375 cm² Peso dichiarato: 1.225 g Peso rilevato: 1.250 g Fianchi dichiarati: 116-78-102 mm Fianchi rilevati: 111.8-77.8-101.7 mm Raggio calcolato: 19,2 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 25 ° Torsione al centro: 2 ° Torsione in coda: 26.5 ° Flessione: 6 cm
Si può dire che Black Diamond abbia voluto allinearsi alle tendenze del mercato, proponendo sci molto più leggeri rispetto a quelli della scorsa stagione. Il metodo costruttivo e la grafica non si discostano invece da quelle del 2010.
146 cm
103 mm Dall’azienda È lo sci più leggero nel catalogo di Black Diamond, pensato per un utilizzo Grantour tradizionale: comodità in salita, performance in discesa. L’accorgimento costruttivo per diminuire il peso è stato di massimizzare la superficie di contatto e allo stesso tempo di ridurre le dimensioni totali, grazie a una punta più corta. La costruzione prevede l’utilizzo di legno di Paulownia, leggero e resistente. Grazie a questi accorgimenti, l’R&D ha voluto aumentare le doti di conduzione anche su nevi difficili.
167 cm Al banco Chiusura cap molto particolare, con nervature verso la coda e verso la spatola mentre la parte centrale risulta molto più spessa. Analizzando la finitura non abbiamo riscontrato una perfetta rigatura della soletta, in particolare alcune ‘bruciature’ al centro della coda e della spatola non sono riuscite a livellare la soletta la cui planarità non è parsa eccelsa ma caratterizzata da una certa convessità, visibile anche senza righello.
75 mm Sulla neve Solitamente quando uno sci viene alleggerito troppo, viene a perdere in quelle che sono le sue qualità fondamentali, che vanno dalla tenuta, alla risposta elastica, alla capacità di mantenere la traiettoria impostata su ogni tipo di neve. Ebbene nel caso del Guru sembra che si sia verificato il fenomeno opposto: rapidità di cambio, conduzione precisa anche sulle nevi dure tanto da ricordare un race carve. Reattivo e affidabile anche sulle nevi ventate e in generale fuoripista. Uno sci polivalente che usato sul duro non fa rimpiangere gli sci da alpino, pur con un peso da buon grantour. Adatto certamente ai grandi dislivelli, ma anche allo sci ripido e, perché no, a qualche bella curva su neve battuta. Prezzo: 399 euro Internet: blackdiamondequipment.com
118 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 167 cm Lunghezza rilevata: 167 cm Contatto: 146 cm Superficie di portanza: 1.354 cm² Peso dichiarato: 1.195 g Peso rilevato: 1.240 g Fianchi dichiarati: 120-75-105 mm Fianchi rilevati: 118-75-103 mm Raggio calcolato: 15 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 30 ° Torsione al centro: 2 ° Torsione in coda: 26.5 ° Flessione: 8 cm
181 > materiali
Considerazioni di fine test
La tipologia Grantour è forse la più controversa: si sono provati sci molto leggeri con peso attorno al chilo - veri grantour per affrontare grandi dislivelli e raid di più giorni - insieme a sci più pesanti, non espressamente ideati per questa interpretazione dello ski-alp ma adatti a coloro che prediligono l’aspetto discesa. Per questi motivi abbiamo pensato in chiave futura di suddividere ulteriormente le tipologie, per rendere più reale il confronto. Sulla base delle prove sul campo è emersa la preferenza per l’Elan Alaska che ha preceduto di poco il Dynafit Se7ven Summit, ma fra i modelli leggeri Hagan, Movement, Trab e Black Diamond si sono battuti in un confronto molto duro all’ultima curva, dove lo sci svizzero non è più sembrato così al di sopra della concorrenza come la scorsa stagione e in cui è stato molto apprezzato l’Hagan X-Ultra.
182 > materiali
test 2012
XXL freeride
mountaineering
S
ono gli sci che fanno tendenza: larghi, moderni nella grafica, galleggiano su ogni tipo di neve e perdonano alcune carenze tecniche di chi li usa. La loro larghezza permette di galleggiare e solcare anche le nevi più insidiose, su quelle leggere e profonde sono un vero sballo... Insomma una famiglia di sci che va ad accontentare quella nascente nicchia di praticanti dello ski-alp con un occhio rivolto più alla discesa che alla salita.
Cosa intendiamo per XXL Certamente extra extra large, come una camicia o un paio di pantaloni: larghezze importanti, tutte superiori agli 80 millimetri sotto al piede, con spatole che superano tranquillamente i 120 mm. Queste sagome generose, sommate alle altezze superiori ai 170 centi-
metri, determinano con una semplice formula matematica una superficie di portanza ragguardevole che può essere tradotta in una caratteristica molto importante: la galleggiabilità sul manto nevoso. Non a caso vengono spesso denominati freeride mountaineering ski. Tuttavia, le nevi del versante sud delle Alpi non sempre sprofondano, spesso ci sono croste di vento, nevi dure trasformate e tutto quello che i nostri scialpinisti ben conoscono, e allora da questi sci ci si attende anche una buona tenuta e una certa versatilità, che permetta loro di districarsi in passaggi stretti e ripidi.
Per non sconfinare Il rischio era quello di sconfinare inesorabilmente nel variegato mondo del freeride, fatto di sci larghissimi ma decisamente più pesanti, e così abbiamo preferito non superare certi pesi per fare in modo che gli sci XXL possano essere adottati anche per le salite con le pelli e non solo per le discese fuoripista.
183 > materiali
Gli sci presi in esame non superano il peso di 1700 grammi con una media molto vicina al chilo e mezzo, che garantisce la possibilitĂ di effettuare salite anche piuttosto importanti con pelli dedicate e allo stesso tempo non penalizza il piacere di discese con archi ampi e velocitĂ anche piĂš sostenute.
184 > materiali
test 2012
in piena sintonia conportanza le tendenze decisamente di mercato: superiore l’aspettoma va con più verso pesi molto il contenuti. Atomic XXXX XXXXXX freeride che lo ski-alp. La Peso tipologia e dimensioni costruttivala del dicono Volare lunga ricalca sullequella aspirazioni del Polvere: rimangono le due codine che fanno ormai parte del family-style Xxxxxx Drifter Xxxxx di questo modello. della Trab ma sparisce la punta doppia per cedere il passo a due inserti staccabili in plastica che possono diventare il Atomic si presenta aLa questi scorsa teststagione XXL conil uno Polvere sci dalla si affiancava linea moderna, allo Stelvio negli sci larghi made in Bormio. Quest’anno è arrivato il Volare con
bloccaggio per le pelli all’occorrenza.
139 cmcm 142,5
75,3 mm 117 mm Dall’azienda Uno sci da sviluppato Touring dal amico product dell’ambiente, manager Markus eRehrl leggero con in l’obiettivo collaborazione di averecon buone Kilian Jornetsucon prestazioni tuttil’obiettivo i tipi di neve. di produrre Questa la un attrezzo mission cheda il product gara ultra-leggero, manager Markus con grandihaperformance Rehrl scelto per ilinDrifter, discesa nato madalla anche resistente. Risultato collaborazione con laottenuto guida alpina con l’utilizzo svizzeradi un’anima Bjorn Hoferincon legno l’idea di Karuba/Polar di ridurre il più e laminati in carbonio possibile le con emissioni rinforzo di in anidride titanio carbonica. nella zona dell’attacco. Anima in Poplar - La legno Casa proveniente lo indica come da vivai prodotto gestiti nelRace rispetto o perdell’ambiente chi è in cerca- edella una performance,diall’interno percentuale materiali riciclati. di un range La Casa di sette lo prodotticome indica touring. prodotto per uno scialpinsmo orientato al freeride mountaineering.
173 cm 160 cm Al banco Cap quadriaxial, Sagoma avveniristica, fibre econ legno, punta cosìquasi recita la serigrafia mozza e coda del Volare. sollevata per il back. La La soletta verde costruzione è in cap chiaro salvo mostra la parte duecentrale, inserti in coda che presenta e spatola. un rinforzo Un paracoda in demidifende cap. le estremità Soletta nera delle con macchiette due codineverdi mentre molto in ben spatolaedue rifinita lamine inserti pronte in plastica all’utilizzo. nera possono essere smontati e sostituiti con un altro inserto allegato che ha la funzione di fissare la pelle dedicata. Finitura di lamina e soletta di alto livello, come sempre, del resto...
95 mm61,9 mm Sulla neve Giudizio Tutti i testatori unanime: hanno unoriconosciuto dei migliori la scigrande provati fuoripista, polivalenza di questo unasci superficie che ha dato di portanza ottime elevata consia sensazioni uninpeso pistacontenuto. che fuori. Buona Galleggiabilità in galleggiabilità e facilità neve fresca, di indirizzamento conduzione in curvasu precisa sono neve le compatta, sue doti principali, buona rapidità si è espresso ad altidilivelli nell’inversione spigoli fuori nonostante dalle pistela anche sulledeinevi larghezza fianchi: crostose. alla fine In pista è risultato è statoil apprezzato miglior compromesso allo stesso fra modo pistaanche e fuoripista. se la larghezza Può esseresotto apprezzato al piededa non chiglisipermette avvicina cambi alla neve rapidi. fresca, ma anche dagli sciatori Le prestazioni evoluti amanti in deldiscesa freeridefuoripista soprattutto si se si sommano opta per 10alcentimetri peso decisamente in più di lunghezza. contenuto che favoriscono il suo utilizzo anche nella pratica dello Prezzo: 499ski-alp euro classico. Internet: www.atomicsnow.com Prezzo: 659,90 Internet: skitrab.com
124 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 173 cm Lunghezza rilevata: 173 cm Contatto: 139 cm Superficie di portanza: 1.498 cm² Peso dichiarato: 1680 g Peso rilevato: 1640 g Fianchi dichiarati: 130-95-119 mm Fianchi rilevati: 124-95-117 mm Raggio calcolato: 18,9 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 15.5 ° Torsione al centro: 1 ° Torsione in coda: 18° Flessione: 6,5 cm
185 > materiali
Black Crows XXXXXX XXXX Xxxxxx Xxxxx ORB
NonLaavevamo scorsa stagione mai avutoil questo Polveremarchio si affiancava ai test: allosiamo Stelvio lietinegli di esserne sci larghi venuti made in in possesso Bormio. Quest’anno è arrivato il Volare con dal portanza momentodecisamente che la tipologia superiore costruttiva ma con ci sembra pesi molto decisamente contenuti.diversa dalla norma. Abbiamo La tipologia ricevuto costruttiva due misure deldello Volare stesso ricalca modello: quella del 168Polvere: e 179. Abbiamo rimangono optato le duepercodine la che fanno ormai parte del family-style misura dellapiù Trab lunga, ma sparisce per apprezzare la puntaal doppia meglio per le sue cedere caratteristiche. il passo a due inserti staccabili in plastica che possono diventare il bloccaggio per le pelli all’occorrenza.
154.5 cm 142,5
75,3 mm 114 mm Dall’azienda ORB,sci Uno unico sviluppato modellodal della product Casamanager francese Markus con una Rehrl collocazione in collaborazione scialpinistica, con è stato Kilian Jornet sviluppato dacon Bruno l’obiettivo Compagnet di produrre ed è un attrezzo definito come da‘sci garadaultra-leggero, guida’. Costruito con con grandi una geometria performance a doppio in discesa raggio,ma l’azienda anche resistente. ne mette inRisultato risalto leottenuto doti progettuali con l’utilizzo di un’anima che esaltano in legno il divertimento di Karuba/Polar in discesa. e laminati in carbonio con rinforzo Originariamente concepito in titanio per ‘tenere’ nella sul zona dell’attacco. duro, è stato ammorbidito La Casa per lo indica renderlo come più prodotto facile e divertente. Race o perCostruzione chi è in cerca tradizionale della performance, con nucleo di all’interno legno e fibre di un di vetro rangebiassiali di sette eprodotti triassiali. touring.
90 mm
179 cm cm 160
Al banco Cap quadriaxial, Grafica modernafibre e accattivante: e legno, così nonrecita la serigrafia alcun presenta del Volare. accorgimento che possa La soletta verde prevedere il fissaggio chiarodelle mostra pellidue anche inserti se il in coda peso none spatola. è così proibitivo. Un paracoda difende le estremitàtradizionali Fianchetti delle due incodine abs amentre sezionein spatola due inserti trapezoidale, ma profilo in plastica dei fianchi nera possono essere smontati decisamente in controtendenza e sostituiti con un conaltro inserto allegato larghezza massima che aha30lacm funzione dalla punta di fissare per la pelle poi rimanere dedicata. tale per tutta la spatola. Finitura bianca, Soletta di lamina cone scritta soletta nera di alto cubitale livello, come sempre, intarsiata per un’asta del resto... e grigia con scritta nera per l’altra che lasciano sentire qualche gradino fra i due colori.
61,9 mm Sulla neve IlGiudizio comportamento unanime: di uno questo dei migliori particolarissimo sci provati sci non fuoripista, è stato proporzionale una superficie alledi portanza elevata con Espressamente aspettative. un peso contenuto. ideato per il Galleggiabilità freeride, non hae dato facilità i riscontri di indirizzamento attesi: la in curva sono sensazione è stata le suequella doti principali, di non riuscire si è aespresso chiudereadl’arco alti livelli di curva, fuori questo dalle piste dovuto anche alla strana sullesciancratura nevi crostose. cheIn chiude pista è verso stato la apprezzato spatola molto alloprima stesso delmodo puntoanche di contatto. se la larghezza Poco galleggiamento sotto al piede e conduzione non gli permette incerta cambineve sulla rapidi. dura. Le prestazioni Uno sci che probabilmente in discesa fuoripista dà migliori si sommano risultati conalsciatori peso decisamente capaci di deformare contenuto chesua la favoriscono importanteil suo struttura utilizzo e dianche sfruttare nellaal pratica la meglio dello sagoma ski-alpdeiclassico. fianchi. Prezzo: euro Prezzo: 539 659,90 Internet: Internet: www.blackcrows-skis.com skitrab.com
123 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 179 cm Lunghezza rilevata: 179 cm Contatto: 154.5 cm Superficie di portanza: 1.611 cm² Peso dichiarato: 1.650 g Peso rilevato: 1.650/1.705 g Fianchi dichiarati: 123-90-114 mm Fianchi rilevati: 123-90-114 mm Raggio calcolato: 20,9 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 18.5 ° Torsione al centro: 1° Torsione in coda: 17° Flessione: 8 cm
186 > materiali
test 2012
Dynafit Manaslu
Sembra continuare la tradizione degli sci larghi e leggeri della Dynafit: una tipologia che ha aperto la strada ad altre scelte costruttive da parte della concorrenza. Il Manaslu, sia nell’aspetto che nelle misure, non sembra essere stato cambiato.
145.5 cm
107 mm Dall’azienda I nuovi sci Manaslu per freeride mountaineering sono stati pensati dal responsabile sviluppo Toni Eder per chi vuole godersi discese mozzafiato senza dover risparmiare sforzi per le dure salite in vetta. Le doti di sciabilità sono state ottenute soprattutto grazie alla spatola lunga 23 cm e alla forte sciancratura biradiale (35/21 m). La struttura in legno leggero di Paulownia, lo stesso utilizzato negli sci Race, e l’utilizzo di lamine di alta qualità garantiscono il giusto equilibrio tra peso, prestazioni e resistenza in uno sci largo ben 95 millimetri sotto l’attacco.
Dynastar XXXXXX XXXX Xxxxxx Light Mythic Xxxxx
95 mm
118 mm
178 cm
Al banco Non ha bisogno di grandi presentazioni: costruzione cap, soletta e lamine molto curate, inserti per le pelli in punta, presenta una spatola molto progressiva e ampia, una coda sollevata per il back e la tradizionale serie di forature per attacchino che in questo caso ci ha messo un po’ in difficoltà dal momento che si era stabilito di montare tutti gli XXL con attacchi Diamir...
Sulla neve Anche il modello di quest’anno ha suscitato commenti molto favorevoli fra tutti i testatori. Grande performance fuoripista grazie alla sua galleggiabilità e alla facilità di conduzione su ogni tipo di neve. Dotato di una struttura che gli permette di difendersi anche sulla neve dura e in pista battuta a patto di non pretendere di chiudere troppo le curve. Qualcuno dei testatori avrebbe addirittura preferito provare uno sci di dieci centimetri più lungo per apprezzarne maggiormente il comportamento in neve fresca. Prezzo: 549 euro Internet: www.dynafit.it
Misurazioni Lunghezza dichiarata: 178 cm Lunghezza rilevata: 178 cm Contatto: 145.5 cm Superficie di portanza: 1.510 cm² Peso dichiarato: 1.410 (+/- 30 g) Peso rilevato: 1.455 g Fianchi dichiarati: 122-95-108 mm Fianchi rilevati: 118-95-107 mm Raggio calcolato: 30,2 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 22.5 ° Torsione al centro: 0.5 ° Torsione in coda: 23° Flessione: 5,5 cm
La scorsaPoche stagione presentazioni il Polvere si peraffiancava questo modello allo Stelvio che dalla negliscorsa sci larghi stagione made abbiamo in Bormio.identificato Quest’anno come è arrivato il Volare con portanzalodecisamente sci di Pierre superiore Tardivel: con ma con lui hapesi disceso moltoalcune contenuti. delle pareti innevate più ripide dell’arco La tipologia alpino costruttiva occidentale, del Volare permettendogli ricalca quella di superare del Polvere: ancherimangono tratti molto le duri due codine e ghiacciati. che fanno ormai parte del family-style della TrabAffidabilità ma sparisce e robustezza la punta doppia ci sembrano per cedere per questo il passofuori a due discussione. inserti staccabili in plastica che possono diventare il bloccaggio per le pelli all’occorrenza.
143 cmcm 142,5
75,3 mm 110 mm Dall’azienda Comescidice Uno sviluppato il nome,dal perproduct l’azienda manager questo Markus Rehrl attrezzo è il ‘mitico’ in collaborazione sci da freeride, con con Kilian Jornetincon costruzione Rohacell l’obiettivo (legno di produrre e acrilico) eunfianchetti attrezzo da dritti. gara L’impostazione ultra-leggero,che con grandi performance Philippe Rimbod, responsabile in discesa dello ma anche resistente. sviluppo scialpinismo, Risultato ottenuto ha datocon al Mythic l’utilizzoè di un’anima in legno tradizionale, all’insegna di Karuba/Polar della performance e laminati in carbonio senza troppicon fronzoli. rinforzo in titanio nella zona dell’attacco. La Casa lo indica come prodotto Race o per chi è in cerca della performance, all’interno di un range di sette prodotti touring.
172 cm 160 cm 90 mm Al banco Piuttosto complessa di la Cap quadriaxial, fibrelae costruzione legno, così recita questo sci,del che non è completamente cap serigrafia Volare. dal momento chechiaro la suamostra chiusura La soletta verde duepresenta inserti in parte le tecnologie. Rimane coda eentrambe spatola. Un paracoda difende inalterata la serigrafia con le solite finiture le estremità delle due codine mentre in di buon due livelloinserti e la stessa ideanera di robustezza spatola in plastica possono rigirandolo fra le emani. Il Mythic nonaltro nasce essere smontati sostituiti con un per lo sci ripido che ma ne alcune inserto allegato ha contiene la funzione di fissare caratteristiche apprezzabili per gli amanti la pelle dedicata. della disciplina, la notevole Finitura di laminacome e soletta di alto larghezza livello, sotto piede edel la coda ben arcuata che comealsempre, resto... permette di basculare avanti e indietro nei canali ripidi e stretti.
61,9 mm Sulla neve Lo sci che sta andando permigliori la maggiore Giudizio unanime: uno dei sci nello ripido nonuna ha superficie fornito buone provatiscifuoripista, di portanza sensazioni di conduzione, elevata condiuntenuta peso econtenuto. soprattutto sulle nevi piùdidure. Fuoripista Galleggiabilità e facilità indirizzamento ha manifestato in curva sono leun suebuon dotigalleggiamento, principali, si è maneggevolezza e facilità ingresso espresso ad alti livelli fuorididalle piste in curva. anche sulle nevi crostose. In pista è stato Probabilmente modello provato eraseunlapo’ apprezzato allo ilstesso modo anche corto (172sotto cm), alcon qualche centimetro larghezza piede non gli permettein più anche la base di appoggio ne avrebbe cambi rapidi. beneficiato. Le prestazioni in discesa fuoripista si sommano al peso decisamente contenuto Prezzo: 558 euro che favoriscono il suo utilizzo anche nella Internet: www.dynastar.com pratica dello ski-alp classico. Prezzo: 659,90 Internet: skitrab.com
88,8 mm 119 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 171 172 cm Lunghezza rilevata: 169 172 cm Contatto: Contatto: 144.5 cm 143 cm Superficie di portanza: 1.597 1.462 cm² Peso dichiarato: 1450 1.520gg Peso rilevato: 1485 1.590gg Fianchi dichiarati: 129-100-116 122-90-110 mm mm Fianchi rilevati: 127-100-115 119-90-110 mm mm Raggio calcolato: 24,9 20,9 m
Valori rilevati Valori rilevati Torsione in spatola: 22.5 ° 17.5 ° Torsione al centro: 1 ° 1.5 ° Torsione in coda: 19.5° 18° Flessione: 6,5 5 cmcm
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test 2012
Fischer Tour X-Superlight
Anche questo modello è decisamente nuovo: leggerissimo, con caratteristiche più vicine al freeride ma con un peso da grantour. Potrebbe essere la chiave di volta per sciare alla grande fuoripista senza troppo peso da portare in salita.
137 cm
105 mm
170.5 cm
Dall’azienda La Casa indica questo attrezzo con destinazione d’uso al 50% alpinismo e al 50% freeride. Per il Superlight il team guidato dal responsabile sviluppo Alois Pieber ha seguito in pieno la nuova filosofia Fischer: scialpinismo sì, ma con inclinazione ‘freeride’. Ecco dunque la sciabilità in discesa ma anche la leggerezza data dall’utilizzo del legno di Paulownia. Il Superlight è uno dei tre modelli in collezione (ne esistono altri tre) ad utilizzare questo particolare legname.
Al banco Piuttosto complessa la costruzione di questo sci che non è completamente cap dal momento che presenta un rinforzo centrale in demi-cap. Alcune nervature in rilievo sono presenti in spatola mentre in coda il motivo è concavo. La coda presenta una buona curvatura e appoggiando gli sci soletta contro soletta, le punte divergono in un rocker contenuto. Soletta e lamine sono rifinite in modo ineccepibile.
82 mm Sulla neve Non è certamente uno dei più larghi del lotto, ma nonostante ciò si è difeso bene fuoripista evidenziando una buona galleggiabilità. Le sue peculiarità sono facilità e maneggevolezza. La risposta elastica, non troppo accentuata, non gli permette di fornire grandi prestazioni per sciatori esigenti sia in pista che fuori, ma può essere consigliato a quanti vogliano fare le loro prime esperienze nel fuoripista. Prezzo: 567 euro Internet: www.fischer.it
112 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 170 cm Lunghezza rilevata: 170.5 cm Contatto: 137 cm Superficie di portanza: 1.305 cm² Peso dichiarato: 1.270 g Peso rilevato: 1.230 g Fianchi dichiarati: 119-82-106 mm Fianchi rilevati: 112-82-105 mm Raggio calcolato: 17,7 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 21.5 ° Torsione al centro: 2.5 ° Torsione in coda: 21.5° Flessione: 7 cm
il Corvus che ci è pervenuto portanza in redazione decisamente sembra superiore avere ma un occhio con pesidi molto riguardo contenuti. per Hagan XXXX XXXXXX questo valore, tanto daLapermettere tipologia costruttiva una salita del anche Volare lunga ricalca con lequella pelli nonostante del Polvere: rimangono le due codine che fanno ormai parte del family-style Xxxxxx Xxxxx Corvus l’elevata portanza. della Trab ma sparisce la punta doppia per cedere il passo a due inserti staccabili in plastica che possono diventare il Anche in questa categoria La scorsa Haganstagione conferma il Polvere la sceltasidiaffiancava puntare sulla allo Stelvio leggerezza: negli sci larghi made in Bormio. Quest’anno è arrivato il Volare con
bloccaggio per le pelli all’occorrenza.
142,5 140 cmcm
75,3 mm 105 mm Dall’azienda Sci con Uno sci anima sviluppato in legno, dal product piastramanager in fibra Markus di vetro superiore Rehrl in collaborazione e inferiore piùcon piastra Kilian Jornet superiore in carbonio. con l’obiettivo Il Corvus di produrre è concepito un attrezzo per inserirsida nelgara panorama ultra-leggero, freeridecon grandi performance mountaineering, destinato in discesa allo scialpinista ma anche resistente.nella esigente Risultato fase diottenuto discesa.con La l’utilizzo di un’anima in elegno costruzione il rocker di Karuba/Polar sono stati pensati e laminati per in carbonio renderlo agile cone rinforzo dinamico, in facile titanioda nella condurre zona dell’attacco. anche con condizioni La Casa di neve lo indica difficilicome oltre prodotto che per un Race buon o per galleggiamento. chi è in cerca della performance, all’interno di un range di sette prodotti touring.
176 160 cm cm Al banco Costruzione tradizionale, con un demi capla Cap quadriaxial, fibre e legno, così recita più vicino del al metodo serigrafia Volare. dei fianchetti classici. Lo presenta coda abbastanza La sci soletta verdeuna chiaro mostra due inserti pronunciata soprattutto per quanti amano in coda e spatola. Un paracoda difende sciare in back. le estremità delle due codine mentre in Finiture di buon livello - lo sci nera ci è arrivato spatola due inserti in plastica possono già sciolinato da espatolare conun rigatura essere smontati sostituiti-con altro finissima della soletta pronte inserto allegato che haelalamine funzione di fissare all’uso. la pelle Piuttosto dedicata. corto il contatto neve per via didispatola Finitura lamina e coda solettaabbastanza di alto livello, pronunciate. come sempre, del resto...
61,9 mm 87 mm Sulla neve Un buon unanime: compromesso permigliori il Corvus, Giudizio uno dei sci che ha datofuoripista, sensazioniuna positive sia indipista che provati superficie portanza fuoripista. checontenuto. può essere usato elevata conUno un sci peso quasi indifferentemente entrambe le Galleggiabilità e facilità diinindirizzamento situazioni. in curva sono le sue doti principali, si è Buono il suo galleggiamento sullepiste nevi più espresso ad alti livelli fuori dalle morbide. anche sulle nevi crostose. In pista è stato Sulle nevi crostose a volte tende ad se la apprezzato allo stesso modo anche infossarsi mentre quelle manifesta larghezza sotto al su piede nondure gli permette qualche limite quando si cerca di chiudere cambi rapidi. maggiormente curve. fuoripista si Le prestazioni inlediscesa Questa carenza di decisamente risposta non contenuto sommano al peso compromette il giudizio positivo che lo sci che favoriscono il suo utilizzo anche nella ha suscitato testatori. pratica dello presso ski-alp iclassico. Prezzo: 449 euro 659,90 Internet: www.hagan-ski.com skitrab.com
116 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 176 cm Lunghezza rilevata: 176 cm Contatto: 140 cm Superficie di portanza: 1.369 cm² Peso dichiarato: 1.470 g Peso rilevato: 1.490 g Fianchi dichiarati: 124-87-109 mm Fianchi rilevati: 116-87-105 mm Raggio calcolato: 22,8 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 17.5 ° Torsione al centro: 1.5 ° Torsione in coda: 18.5° Flessione: 6 cm
189 > materiali
La Sportiva GT
La Sportiva si presenta con uno sci XXL lungo, largo e sufficientemente leggero da affrontare con tranquillità anche salite lunghe. La grafica è quella di tutta la linea, con scritte cubitali su tutta la serigrafia e sulla soletta. L’idea è che la ditta di Ziano non voglia passare inosservata con questo suo grande impegno nello scialpinismo.
147.5 cm
109 mm
177.5 cm
Dall’azienda Colin Lantz, responsabile della progettazione degli sci da alpinismo, ha pensato questo sci come un attrezzo a metà tra ski touring e freeride, per sciate performanti nella neve polverosa ma abbastanza leggero per risalire con le pelli di foca. Nella collocazione della Casa il GT è un 4x4, l’attrezzo da comprare se si vuole un solo sci. Costruito con legno di Karuba e fibra di cabonio, garantisce anche una buona rigidità torsionale per nevi dure o per qualche curva in pista, grazie anche al demi-Cap sidewall che permette una buona trasmissione degli impulsi e presa di spigolo.
Al banco La costruzione di questo sci, vista in sezione, è diversa da quella dell’RST: un demi-cap che potrebbe avere la funzione di irrigidire tutto lo sci tranne coda e spatola. Soletta ben rifinita con scritta cubitale intarsiata che non produce gradini nella planarità della soletta. I due classici fori in spatola e coda ricordano la vocazione scialpinistica di questo modello.
89 mm
118 mm
Sulla neve Abbastanza lusinghiero il giudizio dei testatori per questo modello al suo primo anno di vita. Buona la galleggiabilità fuoripista. Divertente, al passaggio dal fuoripista alla neve battuta si comporta come un race carve, fornendo sensazioni di affidabilità. Una pecca potrebbe essere quella di non deformarsi in modo omogeneo, fatto questo che lo rende un po’ impegnativo. Per questo lo consigliamo a sciatori esperti e con un certo bagaglio tecnico.. Prezzo: 529 euro Internet: www.lasportiva.com
Misurazioni Lunghezza dichiarata: 177 cm Lunghezza rilevata: 177.5 cm Contatto: 147.5 cm Superficie di portanza: 1.493 cm² Peso dichiarato: 1.410 g Peso rilevato: 1.485 g Fianchi dichiarati: 123-89-111 mm Fianchi rilevati: 118-89-109 mm Raggio calcolato: 22,2 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 15 ° Torsione al centro: 1 ° Torsione in coda: 15.5° Flessione: 6 cm
sembrerebbe portanza decisamente identico salvo superiore che per mail con colore pesi della molto mela contenuti. diventata azzurra anziché gialla... Movement XXXXXX XXXX stagione Modello che Lava tipologia non si cambia costruttiva anche del se Volare dal riscontro ricalca quella della del bilancia Polvere: sembrerebbe rimangonoche le due sia stata codinefatta che fanno ormai parte del family-style Xxxxxx Xxxxx un’ulterioredella Logic-X curaTrab dimagrante ma sparisce che porta la punta il Logic doppia su per pesicedere incredibilmente il passo abassi. due inserti staccabili in plastica che possono diventare il La scorsa stagione La scorsaquesto stagione sci ilsiPolvere era aggiudicato si affiancava il miglior allo Stelvio giudizionegli peso/prestazioni. sci larghi madeIl modello in Bormio. di Quest’anno questa è arrivato il Volare con
Diremmo quasi bloccaggio eccessivi per per le pelli unoall’occorrenza. sci destinato soprattutto ai buongustai della discesa.
151.5 cm 142,5 cm
75,3 mm 115 mm Dall’azienda La casa Uno sci sviluppato elvetica definisce dal product questo manager sci un Markus 4x4, perRehrl utilizzo in scialpinistico, collaborazionefuoripista con e in Kilian grazie pista, Jornet alla con leggerezza l’obiettivo didata produrre dall’utilizzo unfibre di attrezzo NorthdaTPT garacon ultra-leggero, Createx (fibra condi grandie performance vetro di carbonio) einnucleo discesain ma legno anche di resistente. Karuba e alRisultato torsion box ottenuto relativamente con l’utilizzo rigido. di un’animaall’anno Rispetto in legnoscorso di Karuba/Polar è stato alleggerito e laminati ein allo carbonio stessocon tempo rinforzo è aumentata in titanio la nella rigidità zona dell’attacco. torsionale del 20%. La Casa lo indica come prodotto Race o per chi è in cerca della performance, all’interno di un range di sette prodotti touring.
176 160 cm Al banco ACap dispetto della larghezza e delcosì peso quadriaxial, fibre e legno, recita la minimo planarità serigrafiala del Volare.della soletta ci sembra buona: eraverde il riscontro più avrebbe La soletta chiaroche mostra due inserti potuto segnaliUndiparacoda un eccessivo in codadare e spatola. difende dimagrimento delladue struttura: in ogni caso le estremità delle codine mentre in il cap ha chiuso alla perfezione rendere spatola due inserti in plastica senza nera possono concava la solettae sostituiti come spesso accade. essere smontati con un altro Ilinserto peso di un’astache è diha70la grammi allegato funzioneinferiore di fissare ala quello dell’altra, eppure i numeri di pelle dedicata. matricola Finitura dicorrispondono... lamina e soletta di alto livello, Per il montaggio casa raccomanda fori come sempre, dellaresto... da 3.5, segno che si è cercato di ridurre su tutte le parti dello sci.
87 mm 61,9 mm Sulla neve Anche modello diuno questa stagionescisi Giudizioil unanime: dei migliori riconferma ad altouna livello. Molto leggero e provati fuoripista, superficie di portanza allo stesso dotato di buona struttura, elevata contempo un peso contenuto. ha dimensioni etalifacilità che glidipermettono di Galleggiabilità indirizzamento galleggiare bene fuoripista. in curva sono le sue doti principali, si è Sulla neveaddura sciata espresso alti permette livelli fuoriuna dalle pistein conduzione, a patto che lo Insciatore in anche sulle nevi crostose. pista èsia stato grado di dare giusta modo pressione in se curva. apprezzato allolastesso anche la Può esseresotto consigliato larghezza al piedesia nonagli gliappassionati permette del fuoripista, cambi rapidi. dove galleggia egregiamente, che a chi non disdegna tirare qualche Le prestazioni in discesadifuoripista si curva in pista. La sua eccezionale sommano al peso decisamente contenuto leggerezza gli permette di guadagnare che favoriscono il suo utilizzo anche nella anche importanti con le pelli. praticadislivelli dello ski-alp classico. Prezzo: euro Prezzo: 810 659,90 Internet: Internet: www.movementskis.com skitrab.com
125 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 176 cm Lunghezza rilevata: 176 cm Contatto: 151.5 cm Superficie di portanza: 1.568 cm² Peso dichiarato: 1.100 g (+/- 20g) Peso rilevato: 1.030 - 1.100 g Fianchi dichiarati: 127-88-115 mm Fianchi rilevati: 125-87-115 mm Raggio calcolato: 17,4 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 16 ° Torsione al centro: 1° Torsione in coda: 21° Flessione: 6 cm
190 > materiali
test 2012
per inserirlo portanza in questa decisamente tipologiasuperiore anche ma con pesi molto contenuti. StöckliXXXXoptato XXXXXX alla luce del suo La tipologia peso piuttosto costruttiva elevato delper Volare ricalca quella del Polvere: rimangono le due codine che fanno ormai parte del family-style Xxxxxx Xxxxx entrare nei parametri Stormrider della Trab deima modelli sparisce Grantour. la punta doppia per cedere il passo a due inserti staccabili in plastica che possono diventare il Pur non trattandosi La scorsa di unstagione vero XXL, il Polvere abbiamo si affiancava allo Stelvio negli sci larghi made in Bormio. Quest’anno è arrivato il Volare con
bloccaggio per le pelli all’occorrenza.
142,5 143 cmcm
75,3 mm 105 mm Dall’azienda Nonostante Uno sci sviluppato i ripetutidaltentativi, productnon manager siamo Markusad riusciti Rehrl avere in collaborazione alcuna informazione con da Kilian dell’importatore parte Jornet con l’obiettivo italiano di per produrre scrivere un attrezzo questo capitolo. da gara Già ultra-leggero, per avere gli sci con grandi da testare performance abbiamo dovuto in discesa rivolgerci ma anche in resistente.alla extremis Risultato casa madre ottenuto in Svizzera. con l’utilizzo di un’anima in legno di Karuba/Polar e laminati in carbonio con rinforzo in titanio nella zona dell’attacco. La Casa lo indica come prodotto Race o per chi è in cerca della performance, all’interno di un range di sette prodotti touring.
170 cm 160 cm 79 mm 61,9 mm Al banco Cap quadriaxial, Molto curata la grafica, fibre e legno, secondo così l’uso recita la serigrafia delelvetica dell’azienda Volare. di curare tutti i dettagli. La serigrafia soletta verde è quasi chiaro d’antan, mostracon dueuninserti foglio in metallo di coda e spatola. che ricorda Un paracoda gli sci degli difende anni ‘70. le estremità La soletta è perfettamente delle due codine rifinita, mentre cosìin spatolaledue come lamine. inserti Il paracoda in plasticainnera metallo possono essere ilsmontati riporta numeroedisostituiti matricola. conLauncoda altroè inserto allegato leggermente sollevata che haper la funzione un eventuale di fissare uso la pelle in back.dedicata. La differenza fra larghezza della Finitura edicentro spatola laminaloerendono soletta diuno altodegli livello, sci come più sciancrati sempre,del dellotto. resto...
Sulla neve Giudizio unanime: Unanime il giudiziouno dei dei testatori: miglioriuno scisci provati fuoripista, decisamente ben una strutturato, superficie simile di portanza in tutto eelevata per tutto conaun unpeso modello contenuto. da pista. IlGalleggiabilità responso delecampo facilitànon di indirizzamento può che in curvapositivo: essere sono le molto sue doti reattivo principali, e divertente si è espresso ad alti sembrerebbe ideato livellipiù fuori perdalle la pista pisteche per ilanche fuoripista. sulle nevi crostose. In pista è stato apprezzatoloallo Qualcuno ha stesso paragonato modoadanche un race se la larghezza carve. A chi sotto lo consigliamo? al piede non Ad gli permette uno sciatore cambi che prediliga rapidi. sciare in pista e che ogni tanto Le prestazioni voglia cimentarsi in discesa con qualche fuoripista salitasicon le sommano pelli per una al peso bella discesa decisamente fuoripista. contenuto che favoriscono il suo utilizzo anche nella pratica dello Prezzo: n.d. ski-alp classico. Internet: www.stoeckli.ch Prezzo: 659,90 Internet: skitrab.com
113 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 170 cm Lunghezza rilevata: 170 cm Contatto: 143 cm Superficie di portanza: 1.344 cm² Peso dichiarato: 1.450 g (sul 160 cm) Peso rilevato: 1.610 g Fianchi dichiarati: 120-79-106 mm Fianchi rilevati: 113-79-105 mm Raggio calcolato: 17 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 21.5 ° Torsione al centro: 1° Torsione in coda: 17° Flessione: 6 cm
191 > materiali
Ski Trab Volare
La scorsa stagione il Polvere si affiancava allo Stelvio negli sci larghi made in Bormio. Quest’anno è arrivato il Volare con portanza decisamente superiore ma con pesi molto contenuti. La tipologia costruttiva del Volare ricalca quella del Polvere: rimangono le due codine che fanno ormai parte del family-style della Trab ma sparisce la punta doppia per cedere il passo a due inserti staccabili in plastica che possono diventare il bloccaggio per le pelli all’occorrenza.
144.5 cm
115 mm
100 mm
Dall’azienda Il progettista Daniele Trabucchi ha pensato a uno sci duttile con un peso accettabile e un flex adatto anche per discese su nevi compatte e dure. La punta ha un flex accentuato che non si oppone in entrata di curva, il centro è più morbido degli sci classici da skialp per migliorare l’adattabilità al terreno e il fatto di non essere rocker garantisce una miglior tenuta su neve dura e una conduzione in fase di curva più omogenea. Tecnologia quadriassiale, con anima alveolare in Aramide integrata con la piastra fiberplate, nucleo avvolto in una scatola di torsione in fibra e carbonio. La costruzione dell’anima in prossimità dell’attacco anteriore è particolarmente studiata e rinforzata per reggere i grandi sforzi dei freerider.
169 cm
Al banco Cap quadriaxial, fibre e legno, così recita la serigrafia del Volare. La soletta verde chiaro mostra due inserti in coda e spatola. Un paracoda difende le estremità delle due codine mentre in spatola due inserti in plastica nera possono essere smontati e sostituiti con un altro inserto allegato che ha la funzione di fissare la pelle dedicata. Finitura di lamina e soletta di alto livello, come sempre, del resto...
127 mm Sulla neve Giudizio unanime: uno dei migliori sci provati fuoripista, una superficie di portanza elevata con un peso contenuto. Galleggiabilità e facilità di indirizzamento in curva sono le sue doti principali, si è espresso ad alti livelli fuori dalle piste anche sulle nevi crostose. In pista è stato apprezzato allo stesso modo anche se la larghezza sotto al piede non gli permette cambi rapidi. Le prestazioni in discesa fuoripista si sommano al peso decisamente contenuto che favoriscono il suo utilizzo anche nella pratica dello ski-alp classico. Prezzo: 659,90 euro Internet: www.skitrab.com
Misurazioni Lunghezza dichiarata: 171 cm Lunghezza rilevata: 169 cm Contatto: 144.5 cm Superficie di portanza: 1.597 cm² Peso dichiarato: 1.450 g Peso rilevato: 1.485 g Fianchi dichiarati: 129/127-99-116 mm Fianchi rilevati: 127-100-115 mm Raggio calcolato: 24,9 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 22.5 ° Torsione al centro: 1° Torsione in coda: 19.5° Flessione: 6,5 cm
alla serigrafia trasparente. portanza La lunghezza decisamente e la larghezza superiorenon ma incidono con pesi troppo molto contenuti. sulla Völkl XXXX XXXXXX bilancia, segno che la casa La tipologia tedescacostruttiva ha tenuto ben del Volare in considerazione ricalca quella l’uso del con Polvere: pelli rimangono le due codine che fanno ormai parte del family-style Xxxxxx Xxxxx Nanuq anche per questi sci nati della più Trab per lama discesa sparisce chelaper punta la salita. doppia per cedere il passo a due inserti staccabili in plastica che possono diventare il Grafica moderna per questa La scorsa linea stagione di sci Völkl, il Polvere con legno si affiancava ben in evidenza allo Stelvio grazie negli sci larghi made in Bormio. Quest’anno è arrivato il Volare con
bloccaggio per le pelli all’occorrenza.
151.5 cm 142,5 cm
75,3 mm 114 mm Dall’azienda Menosciestremo Uno sviluppato del dal 'fratello' product Nunataq, manager che Markus ha una larghezza Rehrl in collaborazione in punta di 139 conmillimetri eKilian un prevarico Jornet con 'fulll’obiettivo rocker', ildiNanuq produrre è un attrezzo costruito condalegno gara multistrato ultra-leggero, alleggerito con grandi di Poplar performance e faggio e ha in discesa una costruzione ma anche resistente. rocker soloRisultato in punta.ottenuto La Casacon lo indica l’utilizzo di un’anima per un utilizzo in legno 'freeride di Karuba/Polar touring', quindi e laminati in carbonio più per discese con che rinforzo risalite, in titanio a causa nella del zona dell’attacco. peso superiore ai modelli La CasaGrantour lo indicaclassici. come prodotto Race L'utilizzo è all'80% o perneve chi èsoffice in cerca e aldella 20% performance, all’interno di un range di sette dura. prodotti touring.
178 160 cm Al banco Codaquadriaxial, e spatola poco Cap fibrepronunciate, e legno, cosìper recita la estenderedel la superficie serigrafia Volare. di contatto, che contrasta i rocker modelli La soletta con verde chiaroesasperati mostra duedeiinserti freeride. lamine curate,difende per uno in coda eSoletta spatola.e Un paracoda sciestremità pronto all’uso. le delle due codine mentre in Il foro indue spatola ricorda la suanera estrazione spatola inserti in plastica possono scialpinistica. essere smontati e sostituiti con un altro inserto allegato che ha la funzione di fissare la pelle dedicata. Finitura di lamina e soletta di alto livello, come sempre, del resto...
96 mm 61,9 mm Sulla neve Uno sci dalle dimensioni Giudizio unanime: uno deiimportanti: migliori sciun vero freeride, ben una strutturato, capace di provati fuoripista, superficie di portanza dare delle tali fuoripista da elevata consensazioni un peso contenuto. renderlo estremamente Massima Galleggiabilità e facilità disciabile. indirizzamento galleggiabilità e facilità conduzione, in curva sono le sue dotidiprincipali, si è quando entra in livelli pista fa sentire che pasta espresso ad alti fuori dalle dipiste è fatto,sulle ricordando un veroInscipista da gigante. anche nevi crostose. è stato Una buona risposta elastica permette apprezzato allo stesso modogli anche se la di essere rapido cambi le larghezza sotto alnei piede nonnonostante gli permette dimensioni. cambi rapidi. Puòprestazioni essere consigliato esperti Le in discesaa sciatori fuoripista si che sappiano approfittare delle sue qualità. sommano al peso decisamente contenuto che favoriscono il suo utilizzo anche nella Prezzo:dello 619ski-alp euro classico. pratica Internet: www.voelkl.com Prezzo: 659,90 Internet: skitrab.com
125 mm Misurazioni Lunghezza dichiarata: 177 cm Lunghezza rilevata: 178 cm Contatto: 151.5 cm Superficie di portanza: 1.632 cm² Peso dichiarato: 1.650 g Peso rilevato: 1.625 g Fianchi dichiarati: 131-96-114 mm Fianchi rilevati: 125-96-114 mm Raggio calcolato: 24,4 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 19.5 ° Torsione al centro: 2 ° Torsione in coda: 20.5° Flessione: 7 cm
192 > materiali
test 2012
Black Diamond Drift
Uno sci dalle dimensioni veramente generose e dal peso estremamente contenuto che conferma l’indirizzo intrapreso dalla casa costruttrice. La grafica è decisamente accattivante e la struttura si rifà a quella degli altri modelli, con nervature in rilievo. Soletta contro soletta lo sci rivela un’altra chicca: un leggero rocker in spatola per allinerasi alle tendenze più moderne nel settore freeride.
149 cm
122 mm Dall’azienda Uno sci ‘fat’ da scialpinismo, con centro di 100 mm, ma nonostante ciò molto leggero. Questa la mission del Drift, secondo i progettisti dell’azienda statunitense. Divertimento in discesa, con un peso contenuto per escursioni scialpinistiche. La costruzione prevede utilizzo del leggero legno di Paulownia (Dual Torsion Technology) per aumentare la rigidità torsionale. Punta semi-rocker per facilitarne l’ingresso in curva su tutte le nevi e code piatte.
176 cm Al banco Nonostante l’elevata superficie delle aste, il peso contenuto e la chiusura cap, la soletta non ha rivelato problemi di planarità. In compenso anche nel Drift il disegno dell’impronta non è troppo curato. L'azienda assicura comunque che già da quest’autunno la qualità delle finizioni sta passando su livelli ottimali...
100 mm
132 mm
Sulla neve A stupire durante le prove sul campo è stata la facilità di conduzione, anche sulle nevi più compatte. In base alle sue dimensioni avremmo creduto di trovarci sotto ai piedi uno sci tipicamente da fuoripista, lento nel cambio di spigoli, e invece lo stupore è nato concatenando curve veloci in conduzione, superando anche settori con fondo nevoso ghiacciato. Nel fuoripista le sensazioni sono state esaltanti: galleggiamento e facilità, nonostante i cambiamenti improvvisi di neve da ventata a farinosa. Insomma, il Drift è la sorpresa di questo test, oltretutto con un peso contenuto rispetto alla grande superficie di portanza. Prezzo: 549 euro Internet: blackdiamondequipment.com
Misurazioni Lunghezza dichiarata: 176 cm Lunghezza rilevata: 176 cm Contatto: 149 cm Superficie di portanza: 1.691 cm² Peso dichiarato: 1.525 g Peso rilevato: 1.565 g Fianchi dichiarati: 136-100-122 mm Fianchi rilevati: 132-100-122 mm Raggio calcolato: 20,6 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 19.5 ° Torsione al centro: 1° Torsione in coda: 15 ° Flessione: 7 cm
Considerazioni finali XXL Dopo le prove dello Stelvio sono emerse alcune considerazioni di fondo: sono stati provati sci espressamente ideati per il fuoripista d’altronde è questa la vocazione degli XXL e qui sono emersi nettamente sci come Black Diamond, Atomic, Dynafit, Trab. Se si cercava uno sci polivalente è stato apprezzato, oltre all’Atomic, senz’altro il Voelkl, un po’ pesante ma decisamente eclettico ed affidabile. Altri sci si sono rivelati più adatti alla pista come Stoeckli, anche se si difendono fuoripista. Difficile quindi stabilire quale sia stato complessivamente il migliore: la scelta è caduta sul Black Diamond Drift dopo un confronto serrato con Dynafit Manaslu, anche se dobbiamo segnalare che l’Atomic è stato molto apprezzato e che il Volare di Trab ha entusiasmato soprattutto fuoripista.
193 193> >materiali info pr
RINGRAZIAMENTI
Vacanze da re sulle orme dei nostri testatori I nostri test si sono svolti sulle nevi dei ghiacciai di Breuil-Cervinia (Ao) e dello Stelvio, a cavallo tra Trentino e Alto Adige, due dei migliori ghiacciai al mondo per lo sci estivo. Due comprensori legati da una linea sottile. A Cervinia, infatti, abbiamo soggiornato al Sertorelli Sport Hotel, gestito da Egidio Sertorelli, della gloriosa scuola sci che è nata proprio allo Stelvio. Una sottile liaison tra le due capitali dello sci estivo, all'insegna del grande sci e dello sport con la 'esse' maiuscola.
CERVINIA, SEMPRE NEVE
Sul ghiacciaio di Plateau Rosa, in territorio svizzero, che da questo autunno è raggiungibile da Cervinia con le nuove cabine panoramiche della funivia, lo sci è di casa sempre. Grazie alla quota massima che sfiora i 4000 metri, infatti, questo comprensorio offre condizioni molto buone in ogni stagione dell'anno. I pendii sono vari e il dislivello alle prime nevicate arriva a sfiorare i mille metri sciabili. Quando poi la prima neve imbianca il versante italiano, la discesa del Ventina è una delle più belle delle Alpi… Info: tel. 0166.944311 - www.cervinia.it
SERTORELLI, LA CASA DELLO SCI
Lo Sport Hotel Sertorelli è uno degli alberghi più belli di Cervinia. Questo quattro stelle dove si respira anche un po' di atmosfera valtellinese (bella la stube nel ristorante) è da sempre la casa di chi ama lo sci. La struttura è stata pensata per rendere una vacanza sulle piste 'facile'. All'interno dell'albergo, per esempio, c'è un servizio di noleggio sci e un laboratorio per la preparazione dell'attrezzatura. Da Egidio Sertorelli, poi,
sono passati tutti i grandi dello sci, tutte le nazionali che si allenano sul ghiacciaio, a partire dagli azzurri. Non poteva che essere così, Egidio è uno de tanti Sertorelli che si sono distinti nel mondo dello sci, tra Olimpiadi, Valanga Azzurra & co… Info: tel. 0166.949797 - www.hotelsertorelli.it
RIFUGIO DELLE GUIDE, APPETITO CON VISTA CERVINO
A Plateau Rosa, proprio accanto all'arrivo della funivia, una baita di legno accoglie gli sciatori dopo le fatiche alpine. Il Rifugio delle Guide è un'autentica istituzione a quota 3480 metri. Da provare assolutamente la carne, specialità della baita. Info: tel. 0166.948369 www.rifugioguidedelcervino.com
PASSO DELLO STELVIO, STAGIONE PERFETTA
Il ghiacciaio del Passo dello Stelvio è sinonimo di 'garanzia neve'. La Sifas, la società impianti diretta dal bormino Umberto Capitani, ha appena portato a termine una grande stagione. Impianti aperti con regolarità dall'ultimo sabato di maggio fino al ponte del primo novembre. Se in Austria in piena estate e in Francia all'inizio dell'autunno le condizioni erano davvero critiche, le nevi perenni dello Stelvio non hanno mai 'sofferto' i cambi climatici e le bizze del meteo. Stagione regolare insomma, grazie a un 'domaine skiable' invidiabile, a un'organizzazione in pista professionale e minuziosa, a una quota (da 3450 a 2700 metri) che garantisce sempre ottime condizioni. La pista 'rientro' fino al Passo, aperta quasi tutto il
periodo, la pista Trincerone e poi i 'classici' del Livrio: Geister destro e sinistro, il Payer e il Cristallo: davvero pendii emozionanti per tutti i gusti. Info: tel. 0342.903780 - www.passostelvio.com
THÖNI 3000, CONFORT IN ALTA QUOTA
La redazione 'on the road' di Ski-alper ha avuto nell'albergo Thöni 3000 di Michele Dei Cas il suo quartier generale allo Stelvio. Situato a 3050 metri, nella zona del Trincerone, il Thöni 3000 è il punto di riferimento del grande sci. Un albergo quattro stelle con palestra e piscina, cucina mediterranea ricca di tipicità valtellinesi e altoatesine, camere con wi-fi, telefono e televisione: il massimo che si può trovare sulle nevi a cavallo fra Lombardia e Alto Adige. Michele Dei Cas è l'anima della struttura, che negli ultimi anni ha ospitato regolarmente la Scuola Tecnici Federali di sci alpino, le squadre nazionali, i Comitati regionali, diversi sci club, e dalla scorsa estate anche il 'pianeta' dello scialpinismo, grazie alla collaborazione con la Mulatero Editore. Info: tel. 0342.903321 - www.thoni3000.it
Dall'alto a sinistra. Cervinia e il Passo dello Stelvio, le località che hanno ospitato i nostri testatori. Uno scorcio dell'Hotel Thoeni 3000 allo Stelvio. Sotto da sinistra. Parte del team schierato davanti allo Sporthotel Sertorelli e un brindisi al Rifugio delle Guide di Plateau Rosa, un ristorante da intenditori a quota 3.480 metri
194 > ski-alper
PROSSIMO NUMERO
ALLEGATO DA COLLEZIONE
APPUNTAMENTO AL 20 DICEMBRE Il numero 81 di Ski-alper vi aspetta in edicola il 20 dicembre. Secondo step dei test materiali: questa volta presenteremo scarponi e attacchi nelle categorie Race, Grantour e XXL. Inizieranno anche le 'prove sul campo' della redazione con alcuni prodotti in anteprima. E poi un sacco di servizi ed interviste esclusive, sia nel mondo touring che in quello agonistico, con le prime gare della stagione. Insomma, se vi è piaciuto questo numero della rivista, non perdete l'appuntamento in edicola con Ski-alper!
In allegato a tutte le copie del numero di dicembre, la prima puntata di un nuovo format editoriale di Skialper, denominato 'Aziende'. Si tratta di 32 pagine da collezionare, dedicate nella prima puntata al Calzaturificio Scarpa, l'azienda di Asolo che ha segnato la storia dello scarpone in montagna. Una lettura avvincente, per scoprire la storia dell'azienda, l'evoluzione dei prodotti, le curiosità e le persone che stanno dietro questo storico brand. Tutto il materiale è stato realizzato in esclusiva dalla nostra redazione: i testi e le interviste sono di Claudio Primavesi, le immagini di Enrico Schiavi. In omaggio con il numero 81 di Ski-alper.