ski - aLper
Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1 comma 1, LO/MI
Il nostro test: da meno di 600 grammi a oltre due chili
SKI-TOURING > Majella | Alpago | 12 proposte Easy PEOPLE > Sylvain Saudan | Heiner Oberrauch | Razza Boscacci SKI-ALP RACE > Internazionale Giovani | Esercito | Bogn da Nia AZIENDE > Spirito Karpos | Alpstation Sarzana | Bergans PROVE SUL CAMPO > 6 attaccini Race | Diamir vs Marker OPINIONI > Renato Cresta | Fabio Meraldi | Leonardo Bizzaro
DICEMBRE 2011
mensile n.81 I € 6,00 ISSN 1594-8501
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Non desidero una rosa a Natale più di quanto possa desiderar la neve a maggio: d’ogni cosa mi piace che maturi quand’è la sua stagione William Shakespeare, Pene d'amor perdute, 1593/96
REDAZIONE
Direttore responsabile: Davide Marta - davide.marta@mulatero.it Vice-direttore: Claudio Primavesi - claudio.primavesi@mulatero.it Marketing: Simona Righetti - simona.righetti@mulatero.it Ski-alp race: Carlo Ceola - carlo.ceola@mulatero.it Ski-touring: Umberto Isman - umberto.isman@mulatero.it Tecnica: Enrico Marta - enrico.marta@mulatero.it Materiali: Sebastiano Salvetti - sebastiano.salvetti@mulatero.it
Segretaria di redazione: Elena Volpe - elena.volpe@mulatero.it Collaboratori: Leonardo Bizzaro, Renato Cresta, Fabio Meraldi, Flavio Saltarelli, Riccardo Selvatico, Martina Valmassoi Impaginazione: business-design.it Webmaster: Silvano Camerlo Hanno collaborato a questo numero: Raffaele Adiutori, Franco Brevini, Stefano Burra, Mario Cossa, Paolo Passalacqua, Germano Ranieri,
Andrea Rizzato, Marco Sinicato Distribuzione in edicola: MEPE - Milano - tel. 02895921 Stampa: Reggiani - Brezzo di Bedero (VA) Autorizzazione del Tribunale di Torino n.4855 del 24/11/95. La Mulatero Editore srl è iscritta nel Registro degli Operatori di Comunicazione con il numero 21697
IN copertina Per il secondo numero stagionale abbiamo scelto il fondo bianco e una magnifica traccia su terreno inviolato. Un auspicio di una stagione ricca di neve e soddisfazioni. rider: Stefan Kosz photo©Klaus Kranebitter
ski - a Lper
Ski-alper N. 81 - DICEMBRE 2011
SKI TOURING 12 La montagna madre: due giorni di traversata
sulla Majella 22 One man show: intervista esclusiva a Sylvain Saudan 30 Easy feeling: 12 proposte di itinerari facili per aprire la stagione 38 Heiner Oberrauch, dal loden al Gore-Tex e ritorno 42 Selvaggio Est: approfondimento sull’Alpago
RUBRICHE 54 Neve e diritto - Le responsabilità 56 72 80
degli organizzatori di gare Sicurezza - La scelta della meta Prove sul campo: sci race La Sportiva, ramponi Camp Tecnica - Iniziamo la salita con le pelli
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SKI-ALP RACE
Razza Boscacci In principio fu il Trofeo del Rutor Esercito: i professionisti Ski-alp domani: inizio di stagione dedicato al settore giovanile
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MATERIALI Attacchi: Diamir vs Marker Attacchini, il test dei migliori modelli Scarponi, evoluzione continua. Testati 18 modelli
skialper.it
photo©Umberto Isman
MULATERO EDITORE via Principe Tommaso, 70 10080 - Ozegna (Torino) tel 0124 428051/425878 - fax 0124 421848 mulatero@mulatero.it - www.mulatero.it
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6 > rubriche
EDITORIALE testo: Davide Marta
I teli geotessili piazzati dalla Adamello Ski per salvaguardare il ghiacciaio del Presena
BY FAIR MEANS (*con mezzi leciti)
B
ella delusione. Mi sono appena accorto di essere un eco-mostro. Credevo di condurre uno stile di vita attento alle esigenze del pianeta, scopro invece che se tutti gli italiani consumassero come me, ci sarebbe bisogno di un'estensione boschiva 7,4 volte superiore a quella disponibile nella nostra nazione per assorbire le emissioni di Co2. Come se non bastasse, solo per smaltire le mie emissioni ogni anno servono ben 7,3 ettari di bosco! Sto dando i numeri? No, purtroppo sono i risultati del test che ho appena fatto sul sito del WWF nella sezione dedicata al calcolo dell'impronta di carbonio individuale. Poco diverso, ma altrettanto allarmante, è il verdetto che mi ha rilasciato Global Footprint Network: ci vuole la capacità rigenerativa di 2.7 volte quella annuale della terra per assorbire un consumo medio pari al mio. Non male, alla faccia delle convinzioni sull'alimentazione biologica, sul cibo stagionale preferibilmente a km 0, dell'impegno contro il consumo di carne. Ma anche di tante piccole attenzioni quotidiane, come la raccolta differenziata dei rifiuti o l'impegno a sprecare meno possibile sul lavoro. Non a caso da tempo stiamo ragionando sull'ottimizzazione delle tirature delle riviste, preparandoci al balzo nel digitale quando la base dei lettori sarà pronta. Ma perché mi sono buttato sui calcolatori dell'impronta di carbonio? Forse perché solo l'evidenza dei fatti aiuta veramente a riflettere: a metà dicembre le Alpi sono completamente spoglie di neve. Magari sarà solo un caso e quando leggerete questo articolo avrà già nevicato: ricorderemo questo inizio inverno come un'anomalia statistica nel rincorrersi e alternarsi di inverni freddi e nevosi con altri più aridi e caldi. È sempre successo, almeno così dicono gli archivi. Ma che brutta sensazione uscire di casa la mattina con 10 gradi e alzare lo sguardo alle montagne e vedere un paesaggio brullo e desolante. Forse per nostra natura tendiamo a correre ai ripari solo quando il danno è fatto. Tutte quelle parole che da anni sentiamo pronunciare agli esperti di clima, che ci mettono in guardia sull'innalzamento globale della temperatura, improvvisamente sembrano realistiche e ci proiettano in un futuro poi non troppo lonta-
no. Un po' egoisticamente, sotto sotto, abbiamo sempre pensato che questi fenomeni si sarebbero verificati tra qualche secolo e che non ci avrebbero toccati direttamente. Forse non lo sappiamo ma ci siamo già dentro. Dunque è il caso di aumentare la nostra soglia di attenzione e mettere l'ambiente un po' più al centro delle nostre priorità. Piccoli gesti che possono dare la svolta, sommati uno all'altro. Ci sono movimenti molto attivi, su scala globale, come ad esempio Earth Hour, che sta lavorando per far sì che in tutto il mondo vengano spente periodicamente le luci per un'ora: l'iniziativa del 26 marzo scorso ha coinvolto oltre 4.000 città di 128 paesi. Ma la rivoluzione, come sempre, deve partire dal basso, dalle abitudini quotidiane. Da tempo circolano su quotidiani e siti internet alcuni suggerimenti per abbattere le emissioni di anidride carbonica, che vale la pena ricordare una volta di più: sostituire brevi tratti di trasferimento in auto, 5 o 6 chilometri, con l'uso della bici o con una bella camminata (si stima che per ogni individuo, oltre a migliorare lo stato di salute, porterebbe alla riduzione delle emissioni di Co2 di oltre 240 kg all'anno), salire le scale invece di utilizzare l'ascensore, condividere l'automobile con colleghi per andare al lavoro, evitare di tenere accese luci superflue e apparecchi elettronici in stand-by. Quando possibile scegliere elettrodomestici in classe A++, sostituire le lampadine classiche ad incandescenza con quelle a fluorescenza e utilizzare caricabatterie a energia solare per i piccoli elettrodomestici come cellulari o lettori mp3 (aggiungiamo noi gli Artva e i GPS). Per la propria alimentazione puntare su prodotti locali e di stagione, sostituire anche solo un pasto alla settimana a base di carne con uno tipico della dieta mediterranea (può fare risparmiare anche 180 kg di Co2 all'anno). Piccoli gesti che possono incidere sul benessere personale, sul portafoglio e soprattutto sull'ambiente. Proprio in quest'ottica aggiungiamo un undicesimo consiglio: invece di andare a sciare, meglio praticare lo scialpinismo. Un'attività a contatto con la natura, by fair means. Certo, un po' di anidride carbonica salendo la si produce. Sempre meno del motore di una funivia.
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LA SPORTIVA ® is a trademark of the shoe manufacturing company “La Sportiva S.p.A” located in Italy (TN)
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STRATOS EVO [Ski-Mo Pack]
La migliore tecnologia e l’innovazione La Sportiva applicata allo sci alpinismo da competizione. Ski-Mo Pack: scarponi, sci, pelli ed attacchi per le più elevate performance in gara. [1] RSR: sci ultra leggeri da competizione realizzati in carbonio e Paulownia Wood. [2] RSR Binding: attacco da gara leggero approvato ISMF [3] RSR Race Skins: pelli veloci, idrorepellenti e dotate dei migliori collanti sul mercato [4] RSR Skin Attachment: sistema di ancoraggio pelli preciso, veloce e senza nodo di bloccaggio [5] Stratos Evo: il non plus ultra per lo sci alpinismo leggero, solo 534 grammi (1/2 paio). Vincitore del Mezzalama 2011 [6] L’innovazione e la passione maturate in più di 80 anni di esperienza nel mondo della montagna
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8 > internet
DIGITAL EDITION
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SKIALPER.ITon-line nuove funzionalità
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a nuova versione del sito skialper.it, on-line dallo scorso inizio settembre, sta riscuotendo un notevole successo. I lettori hanno immediatamente colto l’intento della redazione, che con la versione web della rivista punta a colmare la mancanza di un riferimento on-line nel settore. In un certo senso è un magazine a se stante, una sorta di quotidiano on-line dedicato allo ski-alp e a tutto ciò che ruota intorno a questo mondo. La suddivisione in pagine tematiche parallele permette di orientarsi al meglio nella lettura, identificando immediatamente i contenuti di proprio interesse. ‘Ski-alp Race’ è dedicata al mondo delle gare e degli atleti, ‘Test e prodotti’ è la sezione sul mercato, con le ultime novità dalle aziende e le anteprime dei test materiali. Dall’uscita in edicola di questo numero, tra l’altro, sarà possibile per tutti gli utenti registrati, consultare gratuitamente on-line i test degli sci pubblicati a novembre, corredati dai giudizi video dei nostri testatori e con la possibilità di commentare e aggiungere i propri punti di vista. Pronta anche la pagina Itinerari, in cui ci proponiamo di costruire un vero e proprio database di scialpinismo curato direttamente dai nostri lettori. L’iniziativa è legata a Dynafyt Storyboard di cui potete leggere i dettagli a pagina 20. Infine la pagina Luoghi e persone è in fase di lancio e conterrà tutto ciò che non rientra direttamente nelle tre sezioni precedenti. Non c’è che l’imbarazzo della scelta, è sufficiente collegarsi ogni giorno a skialper.it!
ttendevamo da tempo l’esplosione del fenomeno Twitter anche in Italia. Non a caso da più di un anno è attivo l’account @skialper che viene quotidianamente utilizzato per comunicare con i nostri follower. I quotidiani parlano di un vero e proprio boom nel Bel Paese, seppure a scoppio ritardato rispetto ad altre nazioni: tre tweet al secondo, duecento al minuto, oltre dodicimila all’ora secondo le ultime statistiche. Cifre davvero importanti. Il mondo di Twitter sembra complicato, con terminologie tutte sue, ma dopo il primo impatto si rivela estremamente semplice. È una piattaforma di micro-blogging che consente un dialogo continuo e un filo diretto tra lettori e redazione. Un’informazione ‘orizzontale’, insomma, in cui tutti possono contribuire a costruire la notizia. Che aspettate dunque? Iniziate a ‘cinguettare’ con la redazione di Ski-alper: per prima cosa cliccate ‘follow’ nel nostro account (twitter. com/skialper) per essere sempre in contatto e ricevere tutti i nostri aggiornamenti. Poi, sfruttando il vostro smartphone, iniziate a mandarci messaggi, foto e video. È sufficiente aggiungere @skialper in testa o in coda al vostro breve messaggio di 140 caratteri. Le vostre gite, i passaggi clou di una gara, i paesaggi da cartolina, considerazioni sui materiali, richiesta di informazioni, qualunque cosa. Verrà pubblicato e condiviso con la community dei lettori di Ski-alper. Le informazioni più interessanti, inoltre, verranno postate anche sul sito skialper. it oppure pubblicate direttamente sulla rivista. Follow us on Twitter!
10 > opinioni
PENSIERI BIZZARRI testo: Leonardo Bizzaro
È un’attesa spasmodica quella dell’oro bianco, descritto e studiato in diversi libri, dalla ‘bibbia’ Snow Crystals all’ultima opera del critico rock Davide Sapienza
Leonardo Bizzaro, torinese da vent’anni, è nato a Trento nel 1958. Nella redazione di Repubblica sotto la Mole scrive di spettacoli e cultura, ma l’attenzione maggiore la dedica alla montagna. Ha collaborato con le riviste del settore, scritto libri, è stato per lungo tempo nel consiglio direttivo del Filmfestival di Trento, colleziona smodatamente libri, e non solo, dedicati alla sua passione. Alpinista, con e senza gli sci ha salito vette e attraversato ghiacciai in varie parti del mondo, dalla Patagonia all’Himalaya.
Aspettando la neve C
on un inverno come questo, Wilson Bentley non avrebbe mai completato la sua folle opera. ‘Snow Crystals’, cinquemila immagini di cristalli di neve raccolte in un libro e ora conservate al Buffalo Museum of Science, è un’impresa che ha assorbito l’intera sua vita. È stato lui, soprannominato ‘Snowflake Man’, fiocco di neve, a spiegare al mondo che non esisteva un cristallo uguale a un altro. E a raccontarci quasi tutto quel che sappiamo oggi sulla neve. Una ristampa recente della sua ricerca si può ordinare a poco su Amazon, pubblicata da Dover Pictorial Archive (226 pagine, 19.95 dollari), ma l’edizione originale è un monumento per collezionisti che non si trova a meno di 1.500 dollari in rare librerie antiquarie americane. L’amore per la neve può indurre alla follia e Bentley c’è andato vicino, come racconta Charlie English, giornalista londinese del Guardian. Non che lui sia stato da meno. Per qualche anno ha viaggiato durante l’inverno da un angolo all’altro della Terra ‘alla ricerca delle nevi più belle del mondo’ (Donzelli, 202 pagine, 17.50 euro). Più profonde e più pure, dice in realtà nel sottotitolo inglese. Un’altra impresa titanica raccontata in questo librettino uscito in Italia nel 2009, viaggi a zigzag per capire l’essenza delle coltri bianche, ritrovate però anche nell’arte (‘Cacciatori nella neve’ di Bruegel), nel cinema (la neve de ‘Gli eroi di
Telemark’ di Anthony Mann), nella letteratura. English sfata alcune leggende, come i cinquecento termini che gli eschimesi avrebbero per descrivere la materia a loro più consona. Una sciocchezza, la presa in giro di un antropologo credulone da parte del popolo delle nevi. E invece, mi diceva Mario Rigoni Stern, con il quale ho condiviso qualche anno nella giuria del Premio ITAS, il suo veneto degli altopiani, impastato di cimbro, quello sì che aveva una miriade di definizioni. «Quando arriva in questa stagione, diciamo che è ‘bristna’: è quella neve leggera che viene dal nord, fredda, brillante, si attacca ai rami degli alberi in maniera molto leggera. Poi abbiamo per esempio la neve ghiacciata, che dopo avere preso l’acqua fa la crosta, e la chiamiamo harnust, che in longobardo vorrebbe dire corazza» mi ha detto in un’intervista nel 2006, al suo ottantacinquesimo compleanno. Ho ritrovato parte di quei ricordi in un delizioso volumetto pubblicato dalla valdostana Liaison, ‘Memoria d’autunno’ (35 pagine, 12 euro), in cui Hervé Gaymard, ex ministro francese dell’Agricoltura, racconta un suo incontro con l’autore del ‘Sergente nella neve’ (eccola che ritorna), entrambi uomini di montagna: «Nascere e crescere nei paesi della neve lascia un’impronta indelebile. Gli altri non possono capire né provare il lungo desiderio, quasi sessuale, del suo arrivo che si aggira tra il giorno di Ognissanti e l’11 novembre, anniversario dell’armistizio». Curiosamente, in quel periodo è caduta anche quest’inverno, almeno sulle Alpi occidentali, peccato che poi non l’abbiamo vista più. Per consolarci, Davide Sapienza, già critico rock ora votato alla religione della montagna, ha intonato qualche settimana fa per Ediciclo ‘La musica della neve’ (96 pagine, 8.50 euro): flash sui cristalli incontrati nei suoi inverni ai piedi della Presolana e nel Grande Nord da lui amatissimo. Da leggere subito, la bella descrizione di spaesamento in un ‘whiteout’, ‘una bianca terra di mezzo dove nulla era ciò che sembrava’..
Un’immagine tratta dal libro Snow Crystals di Wilson Bentley
12 > opinioni
I CONSIGLI DELLA GUIDA testo: Fabio Meraldi foto: Enrico Marta
POCA NEVE POCHI PROBLEMI?
Ci sono precauzioni da prendere nelle prime uscite stagionali in caso di scarso innevamento?
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rendiamo spunto dalla mail di un lettore che ci chiede se uscire con le pelli in un inizio di stagione così povero di neve comporti qualche attenzione particolare. Mi auguro che quando leggerete queste righe, risultino del tutto inutili. Vorrebbe dire che abbondanti nevicate hanno ricoperto Alpi ed Appennini. Tuttavia al 10 dicembre ci troviamo ancora in un’insolita situazione di scarso innevamento, con temperature superiori alla media stagionale, per questo motivo abbiamo deciso di rispondere al nostro lettore e richiamare l’attenzione sulle criticità dell’ambiente montano in queste condizioni. Gli anziani insegnano che anche se c’è poca neve, ce n’è lo stesso a sufficienza e quindi le precauzioni da prendere, alla fine, sono le stesse: ci si può trovare ad affrontare accumuli nevosi portati dal vento o addirittura, nelle ore più calde, condizioni di neve bagnata quasi primaverile. Artva, pala e sonda sempre nello zaino, dunque, dopo un attento set-up di verifica dell’efficienza dopo la lunga pausa estiva. Guai pensare di trovare una situazione priva di pericoli solo perché scarseggia la neve. Quando si parte per le prime escursioni stagionali, anche con le montagne brulle, è sempre consigliabile muoversi in compagnia. Un compagno di gita è fondamentale come punto di riferimento, non solamente in caso di pericolo. Possono verificarsi momenti di disorientamento o un malore improvviso dovuto alla quota, oppure alla stanchezza, oppure rotture dell’attrezzatura. Non a caso le prime classiche nello ski-alp agonistico sono state pensate a coppie. Consiglio che vale anche per sciatori esperti che decidono di Fabio ‘esorcizza’ la mancanza di neve scherzando su una roccia durante le foto per la rubrica tecnica (a pag 80)
FABIO MERALDI, classe 1965, vive a Madonna dei Monti in Valfurva e pratica il mestiere di Guida Alpina a tempo pieno nella sezione Alta Valtellina (www.guidealpinealtavaltellina.it). Fa parte anche del Soccorso Alpino di Forni Avoltri (Ud). Il suo palmarès nel mondo dello ski-alp race è lunghissimo, praticamente impossibile da riportare. Citiamo, come esempio, le 10 vittorie nella Pierra Menta. Potete contattarlo all’indirizzo info@fabiomeraldi.it
dedicarsi per la prima volta allo scialpinismo: meglio prepararsi adeguatamente dal punto di vista fisico e non confidare troppo nelle proprie capacità tecniche, iniziare gradualmente con percorsi più facili, facendosi accompagnare e supportare nella scelta dell’itinerario da persone con esperienza di montagna. Meglio sarebbe, non per tirare l’acqua al mio mulino, affidarsi ad una Guida Alpina, la cui funzione può anche solo essere di ‘ombra’, e di garantire un po’ più di sicurezza nei punti critici. Uscire con la Guida è un po’ come camminare in cresta con la corda in conserva. Tornando al discorso della poca neve, è normale che si vadano a cercare condizioni migliori più in alto, sconfinando sul terreno dei ghiacciai. Non bisogna dimenticare però che c’è ancora poca neve e le insidie sono pressoché le stesse del periodo estivo. Non c’è stata trasformazione e i ponti sopra i crepacci possono essere molto instabili, situazione che rischia di accentuarsi se si sale con le ciaspole per poi scendere con lo snowboard: in questo caso il peso si concentra su una base d’appoggio molto ridotta, aumentando il rischio di rottura dei ponti. In un certo senso le ascensioni scialpinistiche in questo anomalo inizio di stagione invernale hanno ancora un piede nell’alpinismo: non di rado si devono affrontare tratti di roccia magari con la tecnica del dry tooling o semplicemente calzando i ramponi. Ultimo accorgimento: mettere sempre il casco, una banale scivolata può rivelarsi molto pericolosa, ancora di più quando le rocce sono tutte scoperte. Comunque siamo convinti che quando leggerete questo articolo sarà caduta abbondante neve. Anche in questo caso, però, meglio prendere le giuste precauzioni!
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© Patagonia 2011
Primo Jacket Per l’autunno 2011 abbiamo ripensato e riprogettato la linea per lo sci/snowboard per ottenere un prodotto di altissima qualità in grado di fornire le migliori prestazioni possibili. Grazie alla stretta collaborazione con Gore, siamo riusciti ad unire la migliore tecnologia presente sul mercato con il nostro tradizionale design funzionale e ispirato dai nostri migliori atleti. Giacche come la Primo sono il frutto dei test effettuati dai nostri atleti e di un intenso lavoro di aggiustamento successivo. Il risultato: la migliore collezione sci/snowboard offerta da Patagonia in oltre 35 anni e più di storia di innovazione tecnica. Per saperne di più sull’impegno di Patagonia a favore dell’ambiente, visita www.patagonia.com/enviro. GORE-TEX®, GUARANTEED TO KEEP YOU DRY®, Gore and design sono marchi registrati di W. L. Gore & Associates, Inc
14 > ski-touring
MAJELLA
testo: Umberto Isman foto: Umberto Isman
LA MONTAGNA MADRE
15 > ski-touring
Scialpinismo di traversata con vista mare sulla Majella, un santuario scialpinistico poco frequentato, senza rifugi aperti nella stagione invernale ma con bellissimi canali da 1500 metri di dislivello, le 'rave'
16 > ski-touring
MAJELLA
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amolo strano, direbbe Carlo Verdone. Famolo che? Lo scialpinismo, ovviamente. Provate a imboccare la A14 Adriatica e, da Rimini, scendere a Pesaro, Ancona, San Benedetto del Tronto, in un paesaggio sempre più 'meridionale' e soprattutto marino. La vostra testa sarà già a mollo nell'Adriatico e poi, improvvisamente, poco prima di Pescara, una muraglia vi si para davanti, quasi da 'frenare i freni', come direbbe ancora Verdone. Una muraglia bianca, di neve in inverno e di calcare in estate, ma spesso di neve anche a inizio estate o di calcare splendente che sembra neve, a confondere anche le stagioni, oltre alla vostra mente che ormai si aspetta ben altri paesaggi. Parrebbe quasi un miraggio, un gioco di luci e invece è semplicemente uno scherzo della geologia: la Majella, con la j, che non si capisce bene come sia finita lì al posto della i. In realtà ci viene in soccorso una leggenda, quella della dea Maja che seppellì il figlio sul Gran Sasso e venne a morire proprio qui, formando con il suo enorme corpo pietrificato quella che gli abruzzesi chiamano appunto la Montagna Madre. Se andate a vedervela su Google Earth, la Majella vi apparirà come un grosso tronco di piramide a base rettangolare, un po' arrotondata, quasi un enorme spartitraffico, messo lì vicino al mare a dividere l'Adriatica dalla A25 verso Roma. Oppure uno di quei semifreddi con i fianchi inclinati e a volte finemente lavorati. E col semifreddo condivide anche la superficie, la neve, copiosa ma pronta a sciogliersi rapidamente. Ma per farlo strano la geografia non basta, occorre anche farlo diverso dagli altri, farlo in un luogo inconsueto, dove sono pochissimi quelli che osano. La Majella è il luogo perfetto, conosciuta e frequentata da tutti gli scialpinisti della zona; ma quanti sono? Forse un centesimo di quelli che vivono intorno a un qualunque massiccio alpino. E quelli in trasferta? Passano, aggirano lo spartitraffico e vanno al mare, o a Roma. Io stesso ho difficoltà a trovare gli indispensabili compagni di avventura per un'esplorazione come si deve. Pensa e ripensa, affronto la questione dal lato commerciale e mi rivolgo a chi vende sci da quelle parti. Se campa vendendo attrezzatura da scialpinismo, qualcuno la comprerà, la userà, basta che mi dia un numero di telefono. È il numero di un finanziere del Comando Provinciale dell'Aquila. Si chiama Raffaele, a dire il vero una vecchia conoscenza di Ski-alper e di chi bazzica le gare, che però inizialmente non avevo collegato alla Majella. Con lui ci sono Paolo, Daniele (colleghi) e un 'infiltrato', Giuseppe. Mi propongono una traversata di due giorni, da nord a sud, che consente a un forestiero di
Qui sotto. La caratteristica discesa lungo la Rava della Giumenta Bianca Nella pagina a lato, dall'alto. Bivacco Fusco all'Anfiteatro delle Murelle Salita alla Cima delle Murelle Alba salendo verso il monte Amaro
17 > ski-touring
18 > ski-touring
MAJELLA
Discesa dal Monte Amaro lungo la Direttissima o Rava della Giumenta Bianca
Foto in sequenza dall'alto. Il Monte Erciyes (3916 m) è stato citato anche da Strabone. Lo sguardo spazia lontano dalla vetta del Monte Hasan. Un momento della salita all'Embler (3723 m). L'atmosfera conviviale del rifugio Demirkazik Un'insolita scultura sulla vetta del Monte Hasan. Dalla vetta del Monte Erciyes si scende fino alla piÚ importante stazione sciistica turca.
19 > ski-touring
DUE GIORNI IN BREVE Prima tappa: Majelletta (1560 m) - Bivacco Fusco (2455 m) Accesso: da Passo Lanciano seguire la strada verso gli impianti della Majelletta per circa 5 km Partenza: nella zona della partenza degli impianti, dove s'interrompe la strada pulita dalla neve Dislivello: 1000 m Tempo medio salita: 3/4 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 30° Esposizione: nord, nord-ovest Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: Majella 1:25.000 - Edizioni Il Lupo Itinerario: Si sale in direzione sud attraversando in diagonale gli impianti di sci, fino a raggiungere la strada del Blockhaus sulla cresta. Si prosegue quindi a mezza costa in direzione sud-ovest, scavalcando una cresta appena accennata ed entrando in una zona di bassa vegetazione. Si raggiunge di nuovo il filo della cresta e più o meno lo si segue in direzione sud, scegliendo il percorso migliore in funzione dell'innevamento e della vegetazione. In prossimità di un rilievo sulla cresta, la si abbandona per un tratto e si traversa a mezza costa sul lato sinistro fino a un'insellatura. Si continua a seguire la cresta tondeggiante in direzione sud-sud/est, per poi affrontare in diagonale verso sinistra il pendio che porta al Bivacco Fusco. Anello di Monte Acquaviva (2737 m) e Cima delle Murelle (2596 m): È un percorso per buoni sciatori altamente consigliato. Si può effettuare partendo dal Bivacco Fusco sia nel pomeriggio del primo giorno che all'alba del secondo. Il dislivello è di 400 metri e i pendii ripidi che si affrontano in discesa necessitano di condizioni assolutamente sicure. Dal bivacco si sale l'ampia cresta in direzione sud-ovest che, compiendo un ampio giro verso sud e poi verso est, conduce facilmente alla piatta cima del Monte Acquaviva. Si scende quindi sul ripido pendio (35°) che in direzione nord porta alla conca tra il Monte Acquaviva e la Cima delle Murelle. Si rimettono le pelli e si guadagna la cresta sud-ovest della Cima delle Murelle, che si segue fino in vetta (con poca neve la cresta va percorsa a tratti a piedi). La discesa è sul ripido (40°) versante nord-ovest, con uno spettacolare passaggio obbligato tra le rocce, fino a raggiungere la conca sottostante da dove un ultimo tratto con le pelli riporta al bivacco.
Seconda tappa: Bivacco Fusco (2455 m) - Monte Amaro (2793 m) - Passo S. Leonardo (1282 m) Dislivello in salita: 400 m Dislivello in discesa: 1550 m Tempo medio salita: 2/3 ore Difficoltà: BS Pendenza massima: 35° Esposizione: varia per la salita, ovest per la discesa Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: Majella 1:25.000 - Edizioni Il Lupo Itinerario: Dal bivacco si sale l'ampia dorsale in direzione sud-ovest fino al bivio con la cresta del Monte Acquaviva. Si tiene la destra percorrendo l'ampio plateau in direzione del Monte Amaro. Giunti al limite della spianata, per ottimizzare i saliscendi si percorre per poche decine di metri di dislivello la cresta affilata di due grandi dossi, prima in discesa e poi in salita (sci in spalla per un breve tratto). Ci si abbassa quindi sci ai piedi per pochi metri verso sud-ovest e si compie un ampio giro in senso antiorario mantenendosi il più possibile in quota. Si passa a ovest e poco più in alto del Rifugio Manzini (2520 m) e si traversa alla base di una barriera rocciosa. Si sale quindi verso destra e si guadagna l'ampia dorsale che, piegando a sinistra, conduce al Bivacco Pelino, in cima al Monte Amaro. La discesa si svolge lungo la Rava della Giumenta Bianca, che s'imbocca scendendo per un tratto sul versante sud e raggiungendo la sella che dà accesso al versante ovest della Majella. L'entusiasmante sciata termina dove termina la neve, se si è fortunati al Passo San Leonardo, dove si conclude la traversata.
Un'altra immagine della discesa lungo la Rava della Giumenta Bianca
20 > ski-touring
MAJELLA
rendersi rapidamente conto di quanto è particolare la Majella. Due giorni di scialpinismo primaverile sulle Alpi uguale pernottamento in rifugio. Rifugio che c'è anche qui, si chiama Manzini, ma non è in posizione strategica per la traversata e, soprattutto, è chiuso. Chiuso? In un posto così, che se fosse sulle Alpi anche dal satellite lo vedresti arato dalle tracce degli scialpinisti? Chiuso, non c'è niente da fare, neanche per la Guardia di Finanza. Qualcuno ovviamente ha le chiavi, ma non le molla: richieste, autorizzazioni, Ente Parco... un ginepraio che fa desistere più di un tentativo con le pelli alla nord dell'Eiger. E allora bivacco, si chiama Bivacco Carlo Fusco all'Anfiteatro delle Murelle. È la solita (questa sì) scatoletta di latta gialla malandata, forse più malandata di altre per la ruggine, forse perché è 'vista mare'. Già, un bivacco nella neve a 2455 metri di quota, con un triangolo di Adriatico sullo sfondo. Famolo strano... E strano è il modo in cui arriviamo alla scatoletta gialla, da un posto che si chiama Blockhaus, che nella mia fantasia è sempre stato un incrocio tra la Bauhaus e il Lego, con un nome che da ignorante non mi spiegavo come potesse essere tedesco, su una montagna che non è sul confine alpino. Dovevo venirci per scoprire che il nome si riferisce a un fortino utilizzato dopo l'Unità d'Italia da mercenari austriaci che combattevano il brigantaggio. Briganti che hanno lasciato le loro tracce incise sui massi della cresta dove passiamo sci ai piedi. Anche il concetto di cresta qui è diverso che in ambito alpino. Mi tornano reminiscenze delle scuole elementari, quando la maestra ci spiegava che gli Appennini sono più antichi delle Alpi e quindi hanno forme più tondeggianti per la prolungata esposizione agli agenti atmosferici. Tutto torna, anche l'isolamento, la natura selvaggia di
questi luoghi, non a caso sede di antichi eremi scavati nella roccia. Una wilderness che percepisci se solo ti affacci sui due versanti del crestone che verso sud conduce all'Anfiteatro delle Murelle. La Valle dell'Orfento verso ovest, ad esempio: un intrico impenetrabile di rocce e vegetazione. Dal Bivacco Fusco ci inventiamo un fantastico 'sightseeing tour' pomeridiano alla scoperta dell'anfiteatro. Salita al Monte Acquaviva, discesa, risalita alla Cima delle Murelle e ritorno per il ripido versante nord-ovest illuminato dal sole del tramonto. Il bivacco ci accoglie di nuovo, trattamento di pensione completa, con Daniele al fornello che si produce in un liofilizzato gourmet. L'alba arriva dal mare, dalle Isole Tremiti, che sono fuori dal nostro triangolo di panorama adriatico, ma che scorgiamo poco dopo, alzandoci sulla cresta. Per la prima volta in vita mia inseguo la Finanza; non che mi sia mai capitato il contrario, per fortuna, ma la cosa mi diverte, oltre a togliermi tutto il fiato per riuscire a tenere il loro passo. Al bivio con la cresta del Monte Acquaviva, già visitato nel tour pomeridiano, scorgiamo la nostra meta, il Monte Amaro, 2793 metri, la cima più alta della Majella. Siamo ormai sulla parte superiore del 'semifreddo', con ancora poco dislivello da percorrere, in un paesaggio fatto di grandi dossi da valicare e aggirare con la geometrica precisione necessaria per non sprecare metri ed energie. Passiamo a poca distanza dal Rifugio Manzini, sprangato e solitario. Con uno sforzo d'immaginazione provo a ricollocarlo sulle Alpi, in Alto Adige ad esempio, e vedo grandi tavolate al sole primaverile, con scialpinisti saliti da ogni dove, piatti luculliani di uova speck e patate, birra e Radler a fiumi, cameriere in costume tirolese con generosa scollatura. Un altro mondo, senza che ci sia un meglio e un
peggio, anche se, personalmente, l'avere come unico rumore di fondo quello delle pelli che scivolano sulla neve (non esistono neanche più gli attacchi che cigolano), mi fa propendere per un meglio che abita esattamente qui. E mi fa forse pensare che dovrei continuare a consigliarvi di andare sulle Alpi e lasciar perdere la Majella. Bando alle ciance, la cima del Monte Amaro una volta era probabilmente una cima, ora è una spianata spazzata da quello stesso vento che l'ha consumata in milioni di anni. Più recente è il bivaccone che fa da riparo di fortuna, molto di fortuna. Ammesso che la Majella goda di qualche fama scialpinistica, questa è in gran parte dovuta alle 'rave', i lati del semifreddo, specie sul versante ovest. Le rave sono dei solchi profondi e regolari scavati nel fianco della montagna, da cima a fondo. Vedendole per la prima volta ho una sorta d'illuminazione sull'origine del termine 'ravanare', diventato d'uso comune tra gli scialpinisti. E invece no, rava deriva da grava, termine prelatino che significa fosso. Anche perché la discesa dalla Rava della Giumenta Bianca è tutt'altro che una 'ravanata', ma una sciata che se mai qualcuno a Dubai o giù di lì avesse l'ardire di costruire una pista artificiale di 1500 metri di dislivello e la vedesse, probabilmente la copierebbe in toto. Quella della Giumenta Bianca come quella del Ferro, della Vespa, la Pisciarello, toponimi che insieme a Valle di Femmina Morta, di Macchia Lunga e tanti altri, non prendono il nome di nessuno, di niente che non sia Majella. Forse perché nessuno è stato il primo a fare qualcosa, o non si sa chi sia stato, o non importa, perché qui è tutto di tutti e di nessuno, quasi che la Majella sia fatta anche per tenersi i suoi nomi e i suoi segreti. A proposito, non raccontateli troppo in giro, altrimenti poi dove si va a farlo strano? Salita alla Cima delle Murelle. Sullo sfondo le tracce sul Monte Acquaviva
21 > ski-touring Il bivacco 'Pelino' sulla cima del Monte Amaro
Informazioni Generali Periodo consigliato: La Majella è caratterizzata da una grande varietà di pendii ed esposizioni, a partire da 1000 metri di quota fino a 2700 metri. A ciò si aggiunge l'estrema variabilità delle precipitazioni e la vicinanza al mare che trasforma la neve rapidamente. Per questo è difficile individuare un periodo ideale per una visita scialpinistica. Ogni gita è un caso diverso e complessivamente si può sciare da novembre ad aprile inoltrato. Per la traversata proposta i pendii critici sono quelli dell'Anfiteatro delle Murelle e delle rave, dove la neve deve essere perfettamente assestata. Informazioni pratiche: La traversata non è difficile ma, compreso l'anello del Monte Acquaviva, è lunga circa 25 chilometri. Attenzione, il rientro da Passo San Leonardo va organizzato, perché non esistono mezzi pubblici. Per il pernottamento al Bivacco Fusco sono necessari sacco a pelo, fornello, pentole e viveri. Accesso: Da Pescara prendere la A25 in direzione Roma e uscire ad Alanno-Scafa; proseguire per Lettomanoppello e Passo Lanciano. Cartografia: Majella 1:25.000 - Edizioni Il Lupo. Su base IGM, è di facile reperibilità ed è l'unica carta dettagliata della zona. Bibliografia: Scialpinismo nel parco nazionale della Majella - Roberto Tonelli e Antonio Tansella - Menabò editore, 1997 - 176 pagine Alta Via Scialpinistica dell'Appennino Centrale - Luca Mazzoleni e Angelo Grilli - Porzi Editoriali, 2010 - 256 pagine.
Logistica Dove dormire e mangiare: Pretoro: B&B Casa Milà (tel. 0871.898139 - www.bebmila.it). Albergo ristorante Mammarosa (tel. 0871.896143 - www. mammarosa.it) Caramanico Terme: Agriturismo Pietrantica di Marisa e Camillo a Decontra (tel. 338.4045008 - 085.922188), ottimo ma aperto solo su prenotazione. Hotel Ede (tel. 085.922121 - www.hotelede.it). Ristorante Collina del Cavaliere (tel. 085922029), porzioni enormi e prezzo modico Guide alpine: www.guidealpineabruzzo.it. Per semplici passeggiate invernali o percorsi estivi: Giuseppe Liberatoscioli accompagnatore di montagna A.G.A.I. - tel. 0871.897127, 339.2031858 - gliberato@tiscali.it Info meteo e valanghe: www.meteoabruzzo.it
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STORYBOARD
DYNAFIT
DYNAFIT SKI TOURING STORYBOARD
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METTITI ALLA PROVA, PARTECIPANDO AL CONCORSO LETTERARIO, FOTOGRAFICO E GIORNALISTICO INDETTO DALLA REDAZIONE DI SKI-ALPER IN COLLABORAZIONE CON DYNAFIT. I MIGLIORI LAVORI VERRANNO PREMIATI CON UN PAIO DI SCI BALTORO
’obiettivo è quello di realizzare un magnifico ‘storyboard’ con foto, testi e proposte di viaggio realizzati direttamente dai lettori di Ski-alper. Un’iniziativa ambiziosa, ‘sposata’ da Dynafit, che ha creduto immediatamente in questo progetto di comunicazione trasversale. Di cosa si tratta? È molto semplice, abbiamo istituito un premio giornalistico, letterario e fotografico, a cui possono partecipare tutti, gratuitamente. Ci sono in palio cinque paia di magnifici sci Dynafit Baltoro per i lavori più originali - assegnati dalla redazione di Ski-alper coordinata dal responsabile dell’area touring, Umberto Isman - tra il materiale pervenuto da inizio dicembre a fine aprile. Sul prossimo numero della rivista annunceremo il vincitore del primo paio di Baltoro. Le categorie previste sono quelle del reportage, del racconto e della fotografia. I lavori scelti e premiati con gli sci Baltoro saranno pubblicati di volta in volta su Ski-alper. La selezione più ampia del materiale degno di interesse entrerà a far parte del libro che pubblicheremo all’inizio della prossima stagione: il ‘Dynafit ski touring storyboard’ volume 1, che in calce porterà le firme di tutti gli autori selezionati. Potrebbe anche essere un’occasione per scovare qualche nuovo talento e, perché no, prenderlo in considerazione per collaborare con la nostra rivista.
Ognuno può partecipare con un massimo di 5 itinerari. Premi: un paio di sci Dynafit Baltoro con attacchi ad ognuno dei tre migliori reportage fra tutti quelli pervenuti in redazione al momento delle tre assegnazioni che avverranno il 20 gennaio, il 5 marzo e il 15 aprile. Racconti La forma dovrà essere quella del racconto breve. Lo scialpinismo, come molti altri sport a contatto con la natura che si svolgono in un ampio arco temporale, è fatto in realtà di attimi, di brevi momenti in cui accadono gli eventi più importanti, si prendono decisioni fondamentali, si lascia vagare la mente anche in ambiti lontani. Lo scopo del racconto dovrà essere quello di narrare uno di questi istanti in uno spazio ridotto, al massimo 2000/3000 battute di testo. La brevità del racconto corrisponderà alla brevità del tempo in cui si svolgono gli eventi, ma dovrà in qualche modo dilatarlo in un tempo letterario più lungo. Una specie di approfondimento culturale e narrativo di un evento brevissimo, di un pensiero, di qualcosa realmente accaduto o di pura fantasia. Ognuno può partecipare con un massimo di tre racconti. Premi: un paio di sci Dynafit Baltoro con attacchi al miglior racconto tra tutti quelli pervenuti entro il 15 aprile.
le categorie del ‘Dynafit ski touring storyboard’ Reportage Si tratta di raccontare una gita di scialpinismo nello stile del reportage giornalistico. La prima parte dovrà essere costituita da una cronaca o narrazione accompagnata da foto descrittive. La seconda parte sarà invece una scheda esauriente ma il più possibile sintetica dell’itinerario, con i classici parametri di inquadramento (ma non è escludere di proporre una propria idea di scheda e classificazione) e una breve descrizione del percorso. Verranno premiate la qualità della narrazione, la bellezza e l’utilità delle immagini e la precisione nel descrivere l’itinerario. La scheda della gita dovrà essere obbligatoriamente inserita nel database itinerari del sito www.skialper.it/itinerari.
Fotografia Fotografare lo scialpinismo è un’arte complessa e faticosa. Verranno premiate tecnica, creatività e spettacolarità. Ognuno può partecipare con un massimo di tre foto o sequenze fotografiche composte in una singola immagine. Dovranno essere caricate in alta risoluzione. Premio: un paio di sci Dynafit Baltoro con attacchi alla migliore fotografia tra tutte quelle pervenute entro il 15 aprile. Per partecipare è necessario registrarsi al sito skialper.it e accedere alla sezione itinerari, quindi seguire le istruzioni. È possibile caricare materiale da inizio dicembre. Per tutte le informazioni si può inviare una mail a info@skialper.it.
Solo la combinazione di uno zaino R.A.S., di PULSE o ELEMENT Barryvox®, di una sonda da valanga e di una pala da neve consente la rapida localizzazione e il salvataggio di una vittima di una valanga in una situazione di emergenza.
Removable Airbag System R.A.S. La sicurezza a portata di mano Un airbag è tutto quello che ci vuole. In fuoripista, con gli sci o lo snowboard, grazie alla tecnologia R.A.S. Snowpulse, Mammut offre il primo sistema di airbag per valanghe estraibile per tutti gli zaini Mammut compatibili R.A.S. In caso di valanghe, l’airbag offre un’eccellente spinta ascensionale, aumentando così le possibilità di rimanere sulla superficie della neve. E i compagni ve ne saranno grati. www.mammut.ch/airbags
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SYLVAIN SAUDAN
testo: Umberto Isman foto: Umberto Isman
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YLVAIN AUDAN ONE MAN SHOW
Siamo andati a Les Houches, nei pressi di Chamonix, a trovare IL famoso e discusso pioniere dello sci estremo. Non sembra cambiato con gli anni, è sempre un uomo spavaldo e pieno di entusiaSmo
A
metà degli anni settanta comparve su Rai 2 una trasmissione che si chiamava 'Odeon Tutto quanto fa spettacolo'. Fu una specie di rivoluzione mediatica e non a caso Walter Veltroni la annovera tra i programmi che hanno cambiato l'Italia. L'audience di quella trasmissione era assolutamente trasversale e copriva tutte le fasce d'età, con una prevalenza di pubblico maschile, visto che fu lì che avvenne il primo 'sdoganamento' del nudo femminile sul piccolo schermo. Ma insieme a qualche seno e natica ammiccante, erano tanti i servizi interessanti e innovativi. Tra questi ho un vivo ricordo di un 'pazzo' che scendeva con gli sci su pendenze impossibili. Era Sylvain Saudan, uno dei pionieri dello sci estremo, sicuramente il primo a far parlare di sé in quel modo. Saudan nasce a Losanna nel 1936 da famiglia operaia, trasferitasi poi nella fattoria degli antenati a Combarigny. È lì che Sylvain ha il primo contatto con la neve e con gli sci, mezzo di tra-
sporto per andare a scuola e per i tragitti verso la latteria: 20 chilometri al giorno per la scuola e nel pomeriggio il bidone del latte da trasportare. A sette anni, andando a scuola, sperimenta la prima valanga, che fortunatamente lo seppellisce solo fino alla cintola. Poi cominciano le prime gare di sci, con una tecnica approssimativa ma efficace. Il primo risultato nel '43, un quarto posto in una gara nella quale, a sua insaputa, spostano il traguardo e deve risalire alcuni metri per tagliarlo. In estate il padre lo manda all'alpeggio, tre mesi da solo a sorvegliare il bestiame, fino a che, nel 1951, Sylvain trova il primo impiego come manovale per costruire strade e in seguito come camionista. Ma lo sci resta la sua passione e l'idea di vivere dello sport bianco è presente nella sua testa già da bambino. Nel 1961 diventa maestro di sci e comincia con le prime salite e discese impegnative nel gruppo del Monte Bianco. La svolta arriva con un vero e proprio giro del mondo che inizia da New York, dove una cameriera gli butta nei rifiuti gli scarponi che aveva lasciato fuori dalla stanza
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SYLVAIN SAUDAN
…oggi la gente non è più abituata a lasciare la propria traccia. E pensare che ogni traccia ha qualcosa di unico e irripetibile, racconta chi sei…
per farseli lucidare. Il lavoro di lavapiatti è quello che gli permette di trasferirsi ad Aspen per la stagione invernale, dove diventa anche Guida d'Alta Montagna. Poi Sylvain viaggia per tutti gli Stati Uniti in pullman e da San Francisco, in 20 giorni di nave, raggiunge Melbourne, dove però non riesce a trovare impiego come maestro di sci. Gli consigliano la Nuova Zelanda e si ferma per alcuni mesi a Christchurch per sciare e lavorare sul Mt. Cook. È lì che affina la sua particolarissima tecnica di discesa sulle nevi più variabili e difficili e su pendenze via via più ripide. Il giro del mondo si conclude a Londra (dove in una esibizione su pista artificiale sbaraglia la concorrenza grazie all'idea di spalmare sapone sotto gli sci) e infine in Scozia, nel 1964. Saudan è pronto per il rientro sulle Alpi, casa sua, ma soprattutto luogo ideale dove mettere a frutto l'esperienza acquisita sciando sulle nevi di mezzo mondo. Ok, è abbastanza per andare a conoscerlo di persona. Una ricerca su Google, una mail, una chiamata senza risposta e infine compongo un numero francese. «Hello, Sylvain? Yes... Can we meet somewhere?». «Yes, here in Chamonix, on Friday». Parto presto, attraverso il tunnel del Bianco, passo Chamonix e mi fermo a Les Houches, dove Saudan ha un piccolo ufficio. Sylvain, leggendo il libro che parla di te ('Sylvain Saudan sciatore dell'impossibile') sono arrivato al giro del mondo nei primi anni '60, raccontami il resto. Perché hai scelto lo sci estremo?
«Non so cosa sia veramente lo sci estremo. Ognuno ha un suo limite e l'estremo è soggettivo. Per me tutto è cominciato con il Couloir Spencer all'Aiguille de Blaitière, nel gruppo del
Monte Bianco. Prima avevo fatto discese anche molto ripide, ma che in fondo concedevano errori, perché i rischi in caso di caduta non erano mortali. Ormai avevo acquisito una tecnica e un autocontrollo che mi consentivano di andare oltre e di fare qualcosa in cui nulla poteva essere lasciato al caso. Tra l'altro sul Couloir Spencer c'è una storia interessante. Nel '61-'62 erano stati messi in palio 5.000 franchi per chi fosse riuscito a scendere con gli sci. Terray e Lachenal, tra i più forti alpinisti e sciatori dell'epoca, si affacciarono al colle e decretarono che era impossibile. Io lo feci nel '67, ma intanto quei soldi si erano volatilizzati, senza peraltro che io ne sapessi niente. Fu però l'occasione in cui mi resi conto che potevo vivere di sci estremo. Jean Juge, una delle massime autorità in campo alpinistico (fu per anni a capo dell'UIAA, International Mountaineering and Climbing Federation), mi chiamò per una proiezione sulla discesa dello Spencer. Io però avevo solo cinque foto, la feci lo stesso, ma capii che per vivere di quello era fondamentale la documentazione delle imprese». Si dice appunto che fossi un atleta molto 'mediatico', forse anche troppo.
«Per me non è mai troppo! (ridendo). Penso che in ogni caso la documentazione fotografica o filmata sia indispensabile anche come prova. Negli anni ho visto tanta gente che si faceva fotografare con una parete alle spalle e raccontava di averla sciata. Io ho sempre avuto le foto o i filmati delle mie imprese. Come quando scesi dall'Hidden Peak (o Gasherbrum I, 8068 m) nel 1982, è tutto documentato in questo libro e sulla copertina (me la mostra) la montagna sullo sfondo è un settemila e io sono qui che scio
su questo pendio ben più alto. È stata la prima discesa in sci di un ottomila, l'obiettivo finale della mia carriera. Eravamo dodici alpinisti con tre cameraman e 300 portatori, niente doveva essere improvvisato». Quando hai cominciato, lo sci estremo era un disciplina ancora tutta da esplorare, sia dal punto di vista tecnico che psicologico. Come hai affrontato tutte queste incognite?
«Riguardo alla tecnica, non ne ho mai avuta una. O forse ne avevo molte, plasmate di volta in volta sulle condizioni dei pendii che affrontavo. È stato un lungo lavoro di adattamento, il mio scopo era riuscire a scendere dappertutto. Ero molto istintivo: vedevo un pendio ripido e scendevo senza pensarci troppo. Come quella volta ad Arosa, dove ero nell'organico della scuola di sci. Vidi un canale molto ripido e lo scesi senza problemi. La sera in paese avvertii un'atmosfera strana, quasi di ostilità da parte dei miei colleghi. Il capo della scuola mi chiamò a rapporto: «Lo sai cosa hai fatto? Sei sceso dove il campione del mondo di gigante ha dovuto chiamare il soccorso perché incapace di muoversi». Oppure quando feci una cosa simile a Lenzerheide, ma la feci per primo e il campione locale che cercò di imitarmi dovette anch'esso chiamare il soccorso». E l'aspetto psicologico?
«Quello credo che sia in qualche modo un dono acquisito da bambino, quando mio papà mi lasciava solo all'alpeggio. Ho imparato a essere autosufficiente, a carpire i segnali della natura, a mantenere l'autocontrollo. Con la montagna avevo un rapporto fisico, di intesa perfetta. Ad
27 > people In alto. Discesa dallo Shisha Pangma. Foto centrali. Cotopaxi e Tien Shan photo©giorgio daidola
Sotto. Antartide e Mt Vinson foto©archivio giorgio daidola
Un momento dell'impresa al Nun Kun photo©Saudan's Club
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SYLVAIN SAUDAN
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…ho guadagnato parecchi soldi, ma ogni volta li ributtavo nell'impresa successiva. […] Certo, ho avuto belle auto, la mia passione: un'Alfa Romeo Montreal e tre Lotus Esprit, quella di James Bond, ma senza gli 'optional' che aveva lui… esempio, per scendere velocemente dall'alpeggio, avevo ideato una specie di bob molto rudimentale fatto di frasche di abete. Scivolavo a valle velocissimo frenando coi piedi e muovendo sassi che mi rincorrevano. Avevo imparato a riconoscere il rumore e a prevedere le traiettorie dei sassi, e da un sasso che rotola s'impara molto. Unica controindicazione, le scarpe che duravano poco e le botte che prendevo da mio padre. Anche con le mucche avevo un rapporto particolare. L'unica acqua disponibile era una fonte 200 metri più in basso del pascolo e il sentiero era impervio. Le mucche erano venti e ogni giorno dovevo fare venti viaggi da venticinque litri d'acqua. Un giorno ebbi un'idea: conoscevo bene le mie mucche, ma le osservai ancora meglio e feci una selezione in base alle 'capacità alpinistiche'. Quelle più abili cominciai a portarle una alla volta ad abbeverarsi. Un bel risparmio di fatica, ma dovevo stare attento a cancellare le tracce degli zoccoli, se no mio padre... Naturalmente lo scoprì lo stesso, e furono dolori». È con lo stesso criterio che selezioni i tuoi clienti, quelli ad esempio che porti ancora adesso a sciare in Himalaya?
«Assolutamente no. Non seleziono, adatto le discese alle capacità dei clienti. E poi mi piace insegnare, sono sempre stato meglio come maestro che come sciatore. I miei clienti non fanno sci estremo, ma la prima cosa che si deve imparare è comunque il controllo degli sci, fermarsi e fare la curva. Sciare piano è più difficile che sciare veloce. Oggi dobbiamo combattere contro il business dello sci in pista, che è anche diventato pericoloso. Molti miei amici, padri di famiglia, hanno smesso per i troppi rischi. La gente non è più abituata a lasciare la propria traccia. E pensare che ogni traccia ha qualcosa di unico e irripetibile, racconta chi sei. Oggi spesso si dice che la neve è brutta, invece che riconoscere che non
si ha la tecnica. Qualcuno dice: non ho gli sci da powder. No, non sei capace». Come finanziavi le tue imprese?
«Per ventisette anni ho avuto uno sponsor, Salomon, che copriva più o meno il 50 per cento delle spese. Il resto ce lo mettevo io. Avevo capito fin dall'inizio che era fondamentale comunicare sui media e direttamente con la gente, con conferenze e proiezioni. Per questo mi sono dedicato ai film delle mie discese. Il primo l'abbiamo realizzato all'Aiguille de Bionnassay, durava 35 minuti. È stato un vero e proprio lavoro, dovevo in qualche modo dimenticarmi chi ero e capire invece cosa voleva la gente. Dentro e fuori di me in continuazione. I giornalisti sono stati fondamentali, perché il pubblico non viene a vedere i tuoi film se non sei famoso. Ricordo che a Bergamo una volta c'erano 2.500 persone in sala». Quindi con lo sci estremo sei diventato ricco?
«No, assolutamente. Ho guadagnato parecchi soldi, ma ogni volta li ributtavo nell'impresa successiva. Guadagnavo più o meno 5.000 dollari per ogni conferenza, ma me ne restava in tasca solo una piccola parte. Quando ho deciso di cominciare l'attività di heliski in Kashmir, alla fine degli anni '80, 500.000 dollari se ne sono andati solo per avere la licenza in esclusiva. Certo, ho avuto belle auto, la mia passione: un'Alfa Romeo Montreal e tre Lotus Esprit, quella di James Bond, ma senza gli 'optional' che aveva lui». Come ti allenavi?
«Il mio allenamento era lo sci, nient'altro. Ricordo che quando andai a Grindelwald per scendere la parete nord-ovest dell'Eiger, rimasi bloccato parecchi giorni alla Kleine Scheidegg per il maltempo. C'era anche un giapponese
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SYLVAIN SAUDAN
che era lì per lo stesso motivo. L'albergatore mi chiese perplesso come mai il giapponese fosse tutti i giorni in giro ad allenarsi e io invece non mi muovevo dall'albergo. Gli risposi che non ero lì per allenarmi, ma per sciare giù dall'Eiger. Quando fu il momento salii in elicottero fino quasi in cima, scalai l'ultimo tratto e realizzai la prima discesa. L'elicottero del giapponese lo sentii girare tra le nubi ma, vista la parete, se ne tornò definitivamente a valle». Ecco, l'elicottero, la maggior parte degli sciatori estremi sostiene che sia fondamentale salire con ramponi e piccozza i pendii da cui si vuole scendere, per tastarli e rendersi conto delle condizioni. Tu come la pensi?
«Ognuno è libero di fare quello che vuole, ma per me è inutile. Io l'ho fatto solo in pochissime occasioni, al Couloir Spencer ad esempio, dove non c'era altro modo di salire. Altrimenti preferivo le vie normali o l'elicottero. Per me era una sfida anche quella, capire come poteva essere una discesa anche solo osservando l'altro versante della montagna. Quando discesi per la prima volta il Canalone Marinelli al Monte Rosa l'avevo visto solo in fotografia. Sì, ero stato una volta a Macugnaga, ma era brutto tempo e non si vedeva niente. La prima volta che salii dal versante svizzero il tempo era ancora una volta brutto. Telefonai al mio amico Teresio Valsesia per sapere com'erano le condizioni verso Macugnaga, ma quando seppe che volevo
scendere il Marinelli si rifiutò di darmi informazioni. Aveva già perso suo fratello in quel canale e disse che non voleva essere complice di un suicidio. Tornai un'altra volta e mi misi d'accordo col pilota di un piccolo aereo che mi avrebbe portato vicino al colle di partenza. Mi venne a prendere sul ghiacciaio, ma la neve era dura e in atterraggio 'arrivò lungo' e rischiò di precipitare sull'altro versante. Il pilota non ne voleva più sapere di portarmi su. Fu dura convincerlo, ma alla fine ci riuscii. Risultato: per troppa precauzione nell'atterraggio l'aereo non raggiunse il piano ma si fermò su un pendio scosceso. Scendemmo e lo girammo a mano, ma come il pilota dava motore il muso tendeva a impuntarsi. Provai allora a stare in piedi sui pattini per fare da contrappeso, ma fui sparato via e l'aereo si piantò verticale nella neve. Con una corda riuscimmo faticosamente a tirar giù la coda e riprovammo la manovra. Questa volta però mi sdraiai attaccato sotto la coda. Fui trascinato nella neve per decine di metri a grande velocità. Ad un certo punto, senza vedere né capire niente, mollai la presa e quando riaprii gli occhi vidi l'aereo che, barcollante, si librava in aria. Ormai era pomeriggio, raccolsi le mie cose e mi buttai giù dal Marinelli». Quando e perché hai deciso di smettere con lo sci estremo?
«Nel 1969 avevo già in mente di scendere un ottomila con gli sci. Me lo sono posto come obbiettivo finale e la mia carriera da allora si è
sviluppata in quel senso. Dai primi anni '70 ho cominciato a realizzare discese su montagne lontane e più alte delle Alpi. Ho trovato spesso condizioni estreme, come sul Mc Kinley, dove mi si ghiacciarono completamente gli scarponi. Le discese sulle Alpi mi sembravano un gioco rispetto a quelle sulle grandi montagne. Con la discesa dell'Hidden Peak nel 1982 ho realizzato un sogno e insieme chiuso il cerchio della carriera. Se ci penso, è difficile trovare qualcuno che in montagna ha raggiunto i massimi livelli sia sulle Alpi che in Himalaya». Messner a parte…
«Sì… però io sono stato anche un pioniere in entrambi i campi. Messner è stato il migliore, ma ha seguito le orme di altri». Cosa pensi dei tuoi colleghi? Ce n'è qualcuno che hai ammirato in maniera particolare?
«Mah, non saprei. Ognuno faceva le sue cose, spesso su montagne che io non conoscevo. Vedevo delle foto, degli articoli di giornale, ma niente più. Poi qualcuno ha usato anche la corda. Io sono sempre sceso addirittura senza zaino». E che opinione hai di quelli che hanno fatto e fanno tuttora cose altrettanto impegnative, ma solo per se stessi, senza dirlo a nessuno?
«Quelli il lunedì devono tornare in ufficio. È una cosa che io non ho mai voluto fare».
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In questa foto. La spettacolare discesa dall'Hidden Peak. Nelle altre immagini. Alcune fasi della spedizione al Nun Kun photo©Saudan's Club
IMPRESE DA COPERTINA Sylvain Saudan si è dedicato allo sci estremo dal 1967 al 1982. Questo è l'elenco delle sue principali imprese. Couloir Spencer (gruppo del Monte Bianco) Couloir Whymper (gruppo del Monte Bianco) Couloir Gervasutti (gruppo del Monte Bianco) - Canalone Marinelli (gruppo del Monte Rosa) - Parete nord-ovest dell'Eiger - Aiguille de Bionnassay (gruppo del Monte Bianco) -
Parete sud-ovest del Monte Bianco - Parete sud delle Grandes Jorasses - Mt. Hood (3429 m, Oregon) - Mt. Mc Kinley (6196 m, Alaska) Nun Kun (7135 m, Kashmir, Himalaya indiano) - Hidden Peak (8068 m, Pakistan-Cina). La prima parte della carriera di Saudan è raccontata molto bene nel libro 'Sylvain Saudan, sciatore dell'impossibile' di Paul Dreyfus, Tamari Editori - Bologna, 1974.
Sylvain Saudan negli anni d'oro
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EASY
introduZIONE: Franco Brevini e Mario Cossa ITINER ARI E FOTO DI: Raffaele Adiutori, Mario Cossa, Enrico Marta, Paolo Passalacqua, Germano Ranieri, Marco Sinicato
EASY FEELING INIZIARE LA STAGIONE INVERNALE È QUASI UN RITUALE PER LO SCIALPINISTA, VISSUTO DA OGNUNO IN MODO DIVERSO. CONTINUIAMO NELLA NOSTRA PROPOSTA DI ITINERARI EASY SPARSI UN PO' IN TUTTA ITALIA
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hi non l’ha provata, non può capirla. Ma quella da pelli di foca è una vera dipendenza. Si manifesta con i primi di novembre e i sintomi sono inizialmente gli stessi del torcicollo: colpisce il soggetto che scruta insistentemente il cielo alla ricerca delle avvisaglie della fatidica perturbazione. Poi, alla prima imbiancata, si trasforma in una pulsione irrefrenabile verso il manto bianco. Può assumere la forma dell’allucinazione: un pendio immacolato, i cristalli della neve che luccicano al sole, le punte degli sci che solcano la superficie, il fruscio ben noto che basterebbe quello. Le solette stridono, le curve liberano brune tracce fangose, ma come resistere alla perfezione euclidea della prima serpentina? Ogni anno la gita d'inizio stagione è come il primo amore: non si scorda mai. Si cercano ghiacciai miti o pascoli ondulati, si evita il ripido per non portare via tutto, ma finalmente si possono riassaporare il mirabile gusto della madeleine dello scialpinismo, l’aroma del tè di tiglio della poudreuse. Ecco di nuovo il ritmo della salita, il respiro che si regolarizza, la pelle sintetica che scorre, i pendii pregustati nel loro intatto candore, i panorami della cima. I dislivelli rischiano di
essere modesti, le gite sono poco più che passeggiate, ma quel che conta è che restituiscono le sensazioni da cui ci eravamo congedati con le ultime nevi granulose che sapevano già di estate. E invece quello che si annuncia è il tempo della farina, sono i giorni delle scorribande giù per i boschi, la luce radente e le ombre blu dell’inverno alpino, il freddo che richiede il thermos e i guanti di lana cotta. Grazie ai nostri sci a spatola larga, itinerari che i pionieri neppure si sognavano sono diventati per noi il più sottile dei piaceri. Lo scialpinismo invernale è 'for the connaisseur', roba da palati fini. Il piacere di affondare in quella massa inconsistente, di sollevare una nuvola al proprio passaggio, di navigare in una morbida cipria cristallina, una volta provato non si scorda più. Si parte che è ancora buio, i fari fendono la nebbia della pianura, poi di colpo, come fossero state ridipinte nella notte, ecco l’apparizione scintillante delle cime innevate. L’avventura è cominciata, ora tocca a voi. Franco Brevini La classica foto autunnale: il cielo blu, i larici ormai ingialliti e le montagne con le cime spruzzate di neve. Gran contrasto tra il bianco freddo della neve e della stagione e il giallo caldo degli aghi di larice. Bello a fine ottobre, però sia-
photo©Umberto Isman
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Franco Brevini insegna Letteratura italiana all’Università di Bergamo e allo IULM di Milano. Ha scritto venticinque libri e collabora con il Corriere della Sera e L’Espresso. Pratica lo scialpinismo da quarant’anni e ha compiuto numerose traversate nell’Artico.
Mario Cossa, classe 1960, di Monza, diplomato presso l’Istituto Statale d’Arte (architettura e arredamento) è presidente del CAI di Monza e istruttore di scialpinismo da circa 25 anni. Con gli sci e le pelli di foca ha salito molte cime. Quando sparisce la neve gira le montagne in sella alla sua mountain bike ed è anche guida di mtb.
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mo quasi in inverno e l’immagine è ancora quella: ma quando arriverà la neve quest’anno? Ce lo domandiamo tutti con impazienza: quando si comincia? Ormai prossimi alla crisi d’astinenza, scendiamo regolarmente nel box a spolverare sci e scarponi, a controllare la colla delle pelli che puntualmente si staccheranno al loro primo utilizzo, a dare un’ultima regolata agli attacchi. Piccoli gesti che ci fanno sentire meglio, come Linus abbracciato alla sua rassicurante coperta. Iniziamo ad avere fisicamente bisogno della neve, dei piedi stretti negli scarponi, delle mani gelate, del naso che cola dal freddo. Siamo fatti così, e ci piace. Da settimane vaghiamo come zombie nel web alla ricerca di qualche report recente di quell’itinerario che ci piacerebbe fare adesso, per ricominciare. Sfogliamo riviste e guide, studiamo cartine. Ci stiamo preparando fisicamente: palestra, escursioni in montagna, corsa o lunghe pedalate, così, per tenere la gamba pronta. Teniamo d’occhio il meteo e, incollati al pc, cerchiamo ovunque una nuvoletta disposta a fermarsi sulle montagne più vicine e a scaricarvi il suo freddo e prezioso contenuto. E appena ne mette giù abbastanza via, il gioco ha inizio. Le prime uscite devono essere rassicuranti, dobbiamo recuperare il feeling con la montagna innevata e sentire la neve sotto gli sci. Con un po’ di apprensione, ma col fare tipico dell’alpinista di consumata esperienza, scegliamo percorsi che devono avere requisiti per noi fondamentali: neve a sufficienza, meglio se abbondante, dislivello contenuto, pendenza poco accentuata e costante. Uscite al risparmio fisico e confortanti per la nostra psiche. Uscite da cui tornare stanchi ma divertiti e appagati. Diamo tempo al tempo. Per qualcuno sono solo stereotipi, ma in inverno ci piace sciare nella polvere senza prendere troppi rischi, per questo cerchiamo cime dalla quota magari modesta, ma con la giusta esposizione in funzione della neve: una bella abetaia rada e ricca di radure oppure uno spallone che arriva fin sulla vetta prescelta. Tanta fatica per ricominciare: 800, 1000 metri di dislivello in salita possono sembrare pochi, ma abbiamo davanti tutta una stagione per incrementarli. E poi la discesa: coi muscoli delle cosce che urlano vendetta a ogni curva, dobbiamo tirare fuori tutta la nostra esperienza per arrivare a valle senza crampi. Scartiamo le pendenze troppo accentuate: troppa fatica e troppo rischio, vogliamo solo divertirci adesso. Dobbiamo recuperare la forma, non vogliamo avere anche la preoccupazione di trovarci in situazioni di potenziale pericolo. In questo periodo la neve non ha ancora fondo: doppio problema. Lasciamone da parte uno, quello che riguarda la stabilità del manto nevoso, e parliamo dell’altro: gli sci. Se non c’è fondo rischiamo di cozzare contro ogni sasso. Non vorrete concludere le prime uscite distruggendo gli sci? Mario Cossa
PIEMONTE - VALLE MAIRA
Cugn de Goria (2384 m) Itinerario breve ma molto panoramico ed estremamente sicuro sotto il profilo del rischio valanghe Accesso: da Dronero a Stroppo quindi Colle San Giovanni Partenza: Colle San Giovanni (1941 m) Dislivello: 450 m Tempo medio salita: 1 ora e 30 minuti Difficoltà: MS Pendenza massima: 20° Esposizione: sud Periodo: novembre - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: IGC Valle Maira, Acceglio, Brec de Chambeyron 1:25.000 Itinerario. Partendo dai pressi del Colle San Giovanni si risale lungo i pascoli innevati della dorsale che scende dal Cugn con andamento sud, sud-ovest. Su terreno facile e ampio si incontra dapprima l'alpeggio Cavallino e successivamente si passa ben a sinistra dell'Alpe Villanel. La sommità del Cugn de Goria permette di affacciarsi sulla Valle Varaita e in particolare sugli abitati di Sampeyre e Casteldelfino. La vista spazia sulle montagne di questa valle, sul Monviso e su quelle della Val Maira. Potremmo considerarla una gita particolarmente adatta ai principianti e ai bambini dal momento che in nessun punto mette in difficoltà lo scialpinista. La discesa, molto bella e continua, può essere effettuata sulla traccia di salita oppure puntando decisamente più a sud-ovest e raggiungendo l'abitato di Goria: in questo modo si guadagnano 200 metri di dislivello in discesa. Al Colle San Giovanni è aperto il Rifugio La Sostu du Col dove è possibile pranzare.
PIEMONTE - VALLE SACRA E VALLE SOANA
Cima Quinzeina (2231 m) Quando c'è la neve meglio affrettarsi: è una delle più belle e panoramiche scialpinistiche dell'arco alpino piemontese Accesso: da Castellamonte a Santa Elisabetta Partenza: zona Pian del Lupo (1400 m) Dislivello: 830 m Tempo medio salita: 2 ore Difficoltà: BS Pendenza massima: 30° Esposizione: sud Periodo: novembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica
Cartografia: IGC Ivrea, Biella e Bassa Valle d'Aosta 1:50.000 Itinerario. In condizioni normali si arriva fino a Pian del Lupo in auto, altrimenti la si può parcheggiare nei pressi dei ristoranti di Santa Elisabetta e partire direttamente con gli sci. Si attraversa l'unica sciovia della zona per poi spostarsi verso ovest, guadagnando gradatamente gli alpeggi sopra Pian Lupo. La salita si svolge lungo la dorsale sulla quale svetta - ben visibile ahimè anche da lontano - un enorme traliccio del Super Phoenix. Si segue a grandi linee l'itinerario estivo che un po' si affaccia sul versante di Frassinetto e un po' su quello di Santa Elisabetta. L'ultimo tratto diventa piuttosto ripido, tanto da raccomandare prudenza con neve ghiacciata. In vista della vetta si abbandona la dorsale per piegare a destra. Si attraversa il ripido canale dove non si ricordano episodi di valanga (comunque meglio valutare sempre sul posto dal momento che c'è sempre una prima volta) e ci si porta sotto la cima caratterizzata da una grande croce bianca di ferro. I ripidi pendii della Quinzeina sono considerati sicuri grazie alla perfetta esposizione del versante che fa sì che la neve si trasformi molto rapidamente anche in pieno inverno. La discesa, molto bella e continua, può essere effettuata sulla traccia di salita oppure nel canalone che solca tutto il versante sud della montagna. In primavera si possono invece sfruttare i
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A sinistra. Il panorama dalla Quinzeina.
ripidi pendii esposti ad ovest sul versante di Frassinetto, cercando però di rientrare sulla dorsale nei pressi del Super Phoenix.
LOMBARDIA - VALTELLINA
Bormio 2000 attraverso il Tros (2000 m) Frequentatissimo dagli atleti di Bormio quando si allenano, il percorso del Tros collega Bormio con Bormio 2000 senza passare dalle piste di sci Accesso: Valtellina fino a Bormio Partenza: Parcheggi di Bormio (1225 m) Dislivello: 800 m Tempo medio salita: 2 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 20° Esposizione: ovest Periodo: novembre - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: Kompass Alta Valtellina 1:50.000 Itinerario. Si può parcheggiare l'auto nei numerosi parcheggi alla base degli impianti che salgono a Bormio 2000. Si procede poi in direzione sud mantenendo l'abitato e la strada di Piatta alla
sinistra. Gli esperti del posto sanno che la traccia, ben marcata dai numerosi passaggi dei local, passa poco a monte della stalla di Daniele Pedrini. Si scavalca la strada all'altezza della Madonna di Soccorso per proseguire salendo alla volta della Baita di Tros. Raggiunta la Baiteccia si devia verso sinistra raggiungendo a curva di livello le piste di sci fra Bormio 2000 e 3000. La discesa può svolgersi comodamente in pista lungo gli storici muri della Stelvio o ripercorrendo fuoripista l'itinerario di salita.
LOMBARDIA - VALTARTANO
Cima di Lemma (2348 m)
Classica della zona, cima molto frequentata e panoramica Accesso: da Morbegno verso Sondrio, dopo Talamona si segue per Tartano Partenza: parcheggio della Val Lunga, a quota 1400 m circa Dislivello: 950 m Tempo medio salita: 3/3 ore e mezza Difficoltà: MS Pendenza massima: 30° Esposizione: sud Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: Kompass n° 105 Lecco Valle
Brembana - n° 104 Foppolo Valle Seriana 1:50.000 Itinerario. Da Tartano si prosegue con l’auto per la Val Lunga fin dove è possibile, di solito fino alla quota di circa 1400 metri. Messi gli sci si prosegue lungo la valle fin sotto alle case di Arale, dove si passa sulla sponda opposta del torrente su un ponticello in legno. Si raggiungono quindi le due baite di quota 1550 m. Si sale il pendio dietro alle baite fino ai pascoli bassi della Casera della Scala e si attraversano verso sinistra un paio di vallette fino a giungere sugli ampi pendii sotto al Passo di Tartano, riconoscibile da lontano per la gran croce in ferro. Si piega quindi a destra per dossi e vallette (tratti più ripidi) fino a giungere al Passo alla Scala (2340 m). Per cresta si prosegue fino alla vetta della Cima di Lemma. Discesa per il medesimo itinerario.
SVIZZERA - VALLE DEL RENO
Einshorn (2457 m) Gran classica divertente dove la neve si mantiene a lungo farinosa Accesso: Lugano, Bellinzona, tunnel del S. Bernardino, Splugen, Andeer, Donath, Zillis, Mathon Partenza: dal paese di Mathon (1527 m). Un consiglio: se c’è neve abbondante fino in fondovalle raggiungere Mathon utilizzando il 'Po-
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EASY
Lago di Lugano 1:50.000 Itinerario. Parcheggiata l'auto dove possibile lungo la strada nella frazione di Albumo (si può partire anche da Piazzora, la frazione precedente, aumentando di una cinquantina di metri il dislivello), si sale verso nord nel rado bosco passando tra case sparse e portandosi sullo spallone che scende direttamente dalla vetta del Monte Bar. A quota 1390 metri si raggiunge l’Alpe Musgatina. Da qui la pendenza si fa un po’ più sostenuta e, sempre seguendo la larga spalla, si giunge all’accogliente rifugio Monte Bar (1600 m). Lo spallone continua con pendenza costante fino alla panoramica vetta del Monte Bar. Si scende senza percorso obbligato per il medesimo itinerario. Una volta in cima è anche possibile proseguire per la lunga costiera che, passando dalla Cima Moncucco (1725 m) porta fino alla vetta del Gazzirola (2116 m). Il panorama sul lago di Lugano e sull’arco alpino ne fanno una gita da non perdere.
TRENTINO ALTO ADIGE ALTOPIANO DI FOLGARIA
Cornetto di Folgaria (2060 m) Classico itinerario, molto panoramico e sicuro con ogni condizione di neve
Sopra. Il Cornetto di Folgaria
stale', l’autobus di linea; potrete così aggiungere altri 500 m abbondanti di dislivello in discesa ! Dislivello: 950 m Tempo medio salita: 3/3 ore e mezza Difficoltà: MS Pendenza massima: 30° Esposizione: sud-est Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: CNS 257S Safiental 1:50.000 Itinerario. Parcheggiata l'auto dove possibile nel piccolo borgo di Mathon, s'inizia a salire lungo la mulattiera in direzione di Tgoms. La si abbandona quasi subito per salire in maniera repentina attraversando le radure nella ripida abetaia. Raggiunte le baite di Tgoms (1859 m), si prosegue brevemente verso ovest fino a Mursenas (1987 m). Si sale quindi lungo lo spallone sopra l’alpe, fino a circa 2380 metri, quando questo si fa più ripido. Si volge decisamente a destra, verso nord, per giungere in breve sulla vetta dell’Einshorn, sovrastata dalla bella cima del Piz Beverin. La discesa avviene senza percorso obbligato fino all’ampio alpeggio di Tgoms, in una neve che si mantiene a lungo farinosa e su terreni ampi ed aperti. Dall’alpeggio si segue il percorso di salita, oppure si compie un giro più ampio verso nord-est sino a tornare a Mathon. È quindi possibile scendere ancora sfruttan-
do gli ampi prati fino in fondovalle, attraversando più volte la strada cantonale in punti che vengono lasciati appositamente innevati. Al ritorno è d’obbligo la sosta alle terme di Andeer: dopo la sciata un bel bagno nelle calde acque termali, immersi nella piscina all’aperto circondata di neve. Assolutamente da non perdere.
SVIZZERA - ALPI TICINESI
Monte Bar (1816 m) Gita panoramica e di soddisfazione. La quota e la vicinanza col lago di Lugano trasformano velocemente la neve che arriva abbondante e in un attimo sparisce. Accesso: Lugano, Val Colla, Roveredo, Bidogno, Corticiasca Partenza: dal paese di Albumo, prima dell’abitato di Corticiasca (1016 m) Dislivello: 800 m Tempo medio salita: 2 ore e 30 minuti Difficoltà: MS Pendenza massima: 30° Esposizione: sud Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: Kompass n° 91 Lago di Como
Accesso: strada statale SS 330 per Passo del Sommo Partenza: Costa di Folgaria, in prossimità degli impianti, ampio parcheggio con ottima pizzeria (1234 m) Dislivello: 800 m Tempo medio salita: 1 ora e 30/2 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 30° Esposizione: est-sudest Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: Kompass 75 Trento, Levico e Lavarone 1:50.000 Itinerario. Dal parcheggio si seguono le vecchie piste da sci (impianti smantellati) che scendono da Cima 3, con varie possibilità di salita su pendii sempre abbastanza sostenuti e in assenza di pericolo di valanghe. Dopo i primi tornanti della pista si giunge a un tratto pianeggiante a quota 1550 metri dove si trova un rifugio dismesso. Si sale l'evidente pendio (pista) per circa 200 metri di dislivello per poi entrare in un bosco, quasi sempre con tracce. A quota 1900 metri circa, fuori dal bosco, è visibile la stazioncina di arrivo del vecchio impianto. La si supera puntando all'evidente dorsale che si snoda verso il Becco di Filadonna. Da qui in breve fino alla vetta, che si raggiunge percorrendo con attenzione un'esile
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crestina (eventualmente togliere gli sci). Discesa lungo l'itinerario di salita o a piacere lungo le varie piste che si collegano a quota 1550 m in prossimità del rifugio chiuso.
ABRUZZO - GRUPPO DEL GRAN SASSO
Monte San Franco (2132 m) Gita classica, piacevole, non difficile. A primavera la stradina asfaltata che parte dalla statale 80 non è innevata e permette l’avvicinamento in auto Accesso: dall’uscita di L’Aquila Ovest dell’autostrada A24 Roma - Teramo, imboccare la statale 80 direzione Teramo. Oltrepassato il valico delle Capannelle, al km 26,30 a quota 1275 m, seguire per 4 km una stradina asfaltata che sale in direzione est a contornare le pendici settentrionali del Monte San Franco Partenza: quota 1275 m o quota 1425 m lungo la stradina asfaltata Dislivello: 850 m o 700 m Tempo medio salita: 2/3 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 25° Esposizione: nord-nordest Periodo: dicembre - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: cartina C.A.I. Gran Sasso D’Italia 1:25.000
Accesso: da L’Aquila seguire le indicazioni per Rocca Di Mezzo - Altopiano delle Rocche. Giunti a Rocca di Mezzo proseguire in direzione Ovindoli - Avezzano fino a giungere, dopo circa un chilometro, a una rotonda dove si svolta a destra in direzione Piani di Pezza. Proseguire per circa 5 chilometri fino al valico di Pezza, dove termina la strada asfaltata in prossimità di due rifugi. Proseguire su strada sterrata di circa 6 chilometri (attraversando tutta la piana di Pezza in direzione ovest) fino a Capo Pezza Partenza: Capo Pezza (1535 m), in prossimità di un segnale di divieto di accesso Dislivello: 700 m Tempo medio salita: 2 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 25° Esposizione: nord-nordest Periodo: tutto il periodo invernale, purché non ci sia neve sulla piana di Pezza, in quanto, dovendo lasciare l’auto sul valico di Pezza, risulterebbe troppo faticoso e noioso l’attraversamento andata e ritorno (circa 12 km) della piana Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: cartina C.A.I. Velino Sirente 1:25.000 Itinerario. Da Capo Pezza si entra subito nel
Itinerario. Dalla stradina asfaltata si prende a destra, in direzione sud, una mulattiera ben visibile e la si segue fino a una valletta pianeggiante, dove si trova il rifugio Antonella Alessandri o Panepucci. Da qui, in direzione sud-est, si oltrepassa un piccolo valico e si entra nella Valle del Paradiso. La si risale per poco fino a quota 1750 metri circa, da dove si piega in direzione sud andando a prendere la cresta (molto panoramica) che si percorre in direzione ovest fino a raggiungere la vetta. Per la discesa si percorre l’itinerario di salita o in alternativa, se le condizioni di neve sono buone, dopo aver percorso a ritroso un tratto di cresta, si sceglie la linea di discesa che porta direttamente alla Valle del Paradiso.
ABRUZZO
GRUPPO VELINO SIRENTE Punta Trieste (2230 m) Gita classica e facile, molto suggestiva per la varietà di scenari: la prima parte si sviluppa all’interno di una faggeta, la seconda su un terreno aperto, in un catino dall’innevamento sempre abbondante
La cresta finale per Monte San Franco
bosco sulla sinistra e ci si dirige verso una radura. Dopo un centinaio di metri si piega ancora a sinistra, incontrando una cisterna in cemento oltre la quale un fosso privo di alberi indica la via da seguire. La si percorre fino a quando si restringe. Si piega quindi decisamente a destra rimontando il bosco con una serie di inversioni. Appena la pendenza inizia a diminuire si traversa a sinistra uscendo dal bosco. Si continua a salire fino a superare un colletto da dove si apre l’ampio catino compreso tra la Costa della Tavola e la Punta Trieste, sull’estrema destra. Con percorso obbligato si attraversa tutto l’anfiteatro in direzione ovest e con un tratto più ripido si arriva in vetta. La discesa si svolge lungo il percorso di salita.
ABRUZZO
MASSICCIO DELLA MAJELLA Monte Rapina (2027 m) Gita classica, facile e molto panoramica. Percorribile con ogni condizione di neve, molto bella con neve fresca Accesso: dall’uscita Alanno Scafa dell’autostrada A25 Roma - Pescara seguire le indicazioni per Caramanico Terme. Dopo Caramanico dirigersi
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A sinistra. Il bosco di Monte Gorzano
Itinerario. Dal paese, subito prima della piazza in corrispondenza di un bivio, si sale sui pendii terrazzati a sinistra di un fosso. Giunti sotto un pendio ricoperto da vegetazione, tra due grandi tralicci di un elettrodotto, ci si dirige verso sinistra seguendo i fili dell’elettrodotto fino a sbucare in prossimità di due boschetti. Si risale il boschetto di sinistra traversando fino a raggiungere un largo canale. Entrati in quest’ultimo lo si risale fin dove si restringe (circa quota 2000 m). Usciti dal canale si risale il breve pendio finale sulla sinistra, che porta alla vetta. Per la discesa si può seguire l’itinerario di salita, oppure si può organizzare la traversata seguendo la cresta in direzione est fino al paese di Pescocostanzo.
ABRUZZO - MONTI DELLA LAGA
Monte Gorzano (2458 m) Gita classica e facile, molto panoramica e percorribile con ogni condizione di neve. Può risultare impegnativa per lo sviluppo in caso di neve abbondante a bassa quota
verso S. Nicolao e poco dopo il paese fermarsi in prossimità dell’inizio di un rettilineo dove c’è un incrocio con una strada sterrata (poco visibile in caso di molta neve) Partenza: imbocco strada sterrata (930 m); in caso di scarso innevamento percorrerla fin dove inizia la neve Dislivello: 1100 m Tempo medio salita: 2/3 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 25° Esposizione: ovest Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: Majella 1:25.000 - Edizioni Il Lupo Itinerario. Parcheggiata l'auto all'inizio della strada sterrata, per valloncelli e collinette si raggiunge il rifugio Paolo Barrasso. Si guadagna quindi verso sinistra una larga cresta e la si risale fino a circa 100 metri dalla vetta, che si raggiunge percorrendo un pendio quasi pianeggiante. Per la discesa si percorre lo stesso itinerario di salita oppure, vista l’ampiezza del pendio, si può scegliere un linea diversa.
ABRUZZO - MASSICCIO DELLA MAJELLA
Monte Rotella (2129 m) Itinerario facile e panoramico. Si può percorrere con ogni condizione di neve Accesso: dall’uscita di Sulmona Pratola Peligna dell’autostrada A25 Roma - Pescara seguire le indicazioni per Sulmona (SS17) e, senza entrare nella città, proseguire per l’Altipiano delle Cinque Miglia (indicazioni per Roccaraso). Dopo qualche chilometro da Pettorano sul Gizio lasciare la SS17 per entrare nel paese di Rocca Pia Partenza: parcheggio nella piazza di Rocca Pia (1100 m) Dislivello: 1050 m Tempo medio salita: 2/3 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 25° Esposizione: ovest Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: cartina C.A.I. Altopiani d’Abruzzo 1:25.000
Accesso: dall’uscita di L’Aquila ovest dell’autostrada A24 Roma - Teramo, imboccare la Statale 80 direzione Teramo. Oltrepassato il valico delle Capannelle, dopo circa 15 chilometri si raggiunge il paese di Aprati, dove subito dopo un benzinaio si svolta a sinistra. Seguire le indicazioni per Cesacastina. Giunti in paese, si lascia l’auto appena termina la strada asfaltata (1150 m). In caso di mancanza di neve si può risalire con l’auto la strada sterrata fin dove si possono mettere gli sci Partenza: Paese di Cesacastina (1150 m) Dislivello: 1300 m Tempo medio salita: 4/5 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 25° Esposizione: est Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: cartina C.A.I. Monti della Laga 1:25.000 Itinerario. Dal paese si risale la strada sterrata e, giunti in prossimità di un pianoro (località Le Piane 1300 m) dove c’è anche un campo sportivo, tenendosi sulla destra, si sale puntando a una radura che si inoltra in un boschetto. Si sale tenendosi sulla sinistra della radura e si raggiunge il sentiero n° 12, segnato sugli alberi. Lo si risale seguendo il margine della Costa delle Troie, sbucando in breve tempo oltre il boschetto sul largo e poco ripido pendio sotto la cima. Si giunge per via logica fino in vetta. L’itinerario di discesa si effettua lungo la via di salita.
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HEINER OBERRAUCH testo: Umberto Isman foto: Umberto Isman
EINER BERRAUCH
Dal Loden al GORE-TEX e ritorno
Un'escursione con le pelli in compagnia del presidente del gruppo Oberalp. Un imprenditore da 50 giornate di ski-alp all'anno e svariate spedizioni in Paesi esotici, a capo di un'azienda dove lo scialpinismo è la parola d'ordine
I
l nuovo quartier generale Salewa è un riferimento visivo preciso, inconfondibile. La sua sagoma mi sveglia dal torpore di un viaggio all'alba verso Bolzano. Senza bisogno di indicazioni o navigatore, quando lo vedo esco dall'autostrada, ci giro un po' intorno per svincoli e cavalcavia ed entro nel parcheggio. Pochi minuti e arriva Heiner Oberrauch, il presidente del gruppo Oberalp, proprietario dei marchi Salewa, Dynafit, Pomoca e Silvretta. Ci conosciamo da qualche anno, io e Heiner, per lavoro, ma soprattutto perché condividiamo la stessa passione per lo scialpinismo, specie quello esplorativo, e per i viaggi avventurosi. «Sali in auto con me, prendo una cosa in ufficio e partiamo». «Perfetto, così comincio subito l'intervista». Heiner, qualche dato biografico?
«Sono nato a Bolzano nel 1957, secondo di due fratelli, da una famiglia di commercianti». Gli Oberrauch dei loden...
«Sì, la ditta fu fondata nel 1848. In azienda ho
ancora il libro mastro di mio bisnonno. Il loden era in origine il cappotto dei cacciatori, perché lasciava libertà di movimento e camminando non faceva rumore. Io e mio fratello abbiamo portato avanti per un po' l'attività di famiglia e ho anche aperto una piccola attività di produzione di loden. Poi a Vandoies, vicino a Brunico, ho realizzato un vero e proprio museo del loden, dove l'attività di produzione è illustrata a partire dalle pecore che pascolano nel prato fuori dal museo. È un museo interattivo, secondo me molto interessante». E nel campo dell'articolo da montagna quando e come hai cominciato?
«Nel 1977, io avevo 19 anni e mio fratello Georg 21. Nostro padre aprì per noi il primo negozio Sportler a Bolzano. Gliene siamo profondamente grati, perché i figli è giusto che facciano qualcosa che i padri non hanno fatto, e lui l'aveva capito». E tuo padre andava in montagna?
«Altroché! La prima gita di scialpinismo l'ho fatta a 11 anni. Mio papà è del 1930, di quella generazione in cui lo sci coincideva con lo scialpinismo, per-
ché non c'erano impianti e si saliva a piedi. Noi comunque, con le pelli di foca, eravamo una sorta di extraterrestri, ci guardavano tutti, perché da queste parti era una cosa che facevano in pochi. Mio papà ha continuato a sciare fino a un paio di anni fa. Vedi quel vallone là davanti? - me lo indica mentre in auto saliamo verso la testata della Val Senales - È un fuoripista che parte dal ghiacciaio, una discesa infinita. L'ho fatta con mio papà tre anni fa». E poi come sei arrivato a un colosso da 180 milioni di fatturato come il gruppo Oberalp?
«Nel 1981 ho fondato il gruppo Oberalp e ho cominciato a importare maglioni islandesi. Poi nel 1983 ho avuto i primi contatti con Salewa, diventando importatore. Ho avuto così l'idea di mettere a frutto la mia esperienza nel tessile e nel 1985 mi sono messo a disegnare e produrre abbigliamento con marchio Salewa. Questo è stato il vero inizio, eravamo in due, io e un magazziniere a mezza giornata. Adesso purtroppo i giovani hanno meno chance, è più difficile per una piccola azienda sopravvivere e quasi impossibile avere una dimensione internazionale».
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In questa pagina. Heiner nel nuovissimo magazzino di Bolzano, sotto un paio di scatti della gita-intervista in Val Senales Nella pagina successiva, in senso orario. Heiner scherza con i magazzinieri, in azione durante la discesa in Val Senales, sulla terrazza dell'headquarter Salewa a Bolzano, con il libro mastro del bisnonno
Il 'professore' nella casa degli ospiti. Sullo sfondo gli sci di un contadino turco della regione del Kackar
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HEINER OBERRAUCH
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Alla base di tutto sempre la passione...
«Esatto. Quando nel 1990 ho rilevato Salewa, e poi nel 2001 Dynafit, l'ho fatto perché supportato dalla passione e dalla conoscenza tecnica della montagna. Credo che se mi fossi impegnato, per fare un esempio, nel tennis, certamente non avrei avuto lo stesso successo. E così per tutti i miei dipendenti, lo ritengo un requisito fondamentale, almeno per un certo tipo di mansioni. Pensa che d'inverno ogni mercoledì sera è dedicato allo scialpinismo notturno. Ci troviamo nell'atrio d'ingresso dell'azienda, chi c'è c'è, e andiamo a risalire qualche pista o anche a fare qualche gita facile. A primavera a volte mi alzo alle cinque, con chi vuole venire, e alle dieci siamo in ufficio. Poi ogni cinque anni chiudo l'azienda per una settimana, in genere a fine aprile, e facciamo un viaggio tutti insieme, tutti quelli che vogliono venire. L'ultima volta eravamo in 70 e abbiamo vissuto una fantastica avventura tra i villaggi berberi del deserto marocchino. L'anno scorso invece sono riuscito a portare 13 dei miei dipendenti con gli sci in cima al Kazbek, una montagna di 5000 metri in Georgia. In cima mi sono commosso». E chi paga?
«Tutto a spese dell'azienda, e non sono nemmeno giornate di ferie, ma lavorative a tutti gli effetti. Ci tengo molto che i miei dipendenti vivano il lavoro nel miglior modo possibile. In Oberalp nessuno timbra il cartellino, ci sono naturalmente degli orari, ma flessibili. Per i dipendenti ci sono l'area fitness, il bar, il bistrot e l'asilo nido, oltre a tanti spazi di relax e socializzazione. Importanti sono gli obiettivi, come ottenerli rimane in parte a discrezione del singolo dipendente. Ci diamo tutti del tu e io conosco personalmente tutte le 400 persone che lavorano per il gruppo Oberalp. Potrei dire che siamo un'azienda familiare a gestione manageriale. Vedi, non è detto che i membri della famiglia siano le persone migliori per gestire un'azienda. Bisogna assolutamente acquisire risorse umane dall'esterno. Ora sono molto soddisfatto di questa organizzazione e penso che se dovessi assentarmi due mesi dal lavoro, sarei quello di cui si sentirebbe meno la mancanza». Come scegli i dipendenti?
«Preferisco i giovani con curriculum interessanti o con particolari attitudini. Non mi piace prendere gente che è già sul mercato. Piuttosto cerco figure trasversali che mi convincono sul piano umano o per le loro capacità. Reiner Gerstner, ad esempio, che oltre a essere il responsabile del marchio Salewa si occupa dello sviluppo degli sci Dynafit. Reiner viene sì dal mondo dello sci, ma è anche un artista, sensibile come pochi quando si tratta di sentire uno sci sotto i piedi e in più geniale e creativo nella progettazione. Oppure Benedikt Böhm, general manager di Dynafit, in cui si coniugano, e non è facile, grandi capacità sciistiche e manageriali. E Stefan Rainer, che è direttore vendite di Salewa, era il capo scout dei miei figli. Ho visto subito che aveva qualità non comuni e l'ho preso a lavorare giovanissimo. Quello degli scout è un ambiente molto formativo e ancora adesso tutti gli
quando finirà questo 'turbocapitalismo', quando si esaurirà l'era del combustibile fossile, non so bene cosa succederà, ma ho la sensazione che si dovrà tornare alle cose semplici, all'autosufficienza. Un mondo tecnologico sì, ma con un'organizzazione diversa. E così mi preparo, mi porto avanti. Anche la mia azienda è ispirata a questi principi anni vado una settimana a fare il cuoco al loro campo estivo. Stefan poi ha anche sposato mia figlia Ruth e adesso aspettano un bambino». Ah, diventi nonno!
«Sì, proprio ieri ho finito di costruire una culla tradizionale in legno. Mi piace fare il falegname, penso che sarà il mio futuro lavoro. In generale mi piacciono i lavori manuali, quelli che i nostri vecchi hanno sempre fatto. Ho un maso a Tires e lì produciamo tutto quello che mangiamo: verdura, speck, salsicce, formaggio, vino. La scorsa estate con un amico sono stato due settimane in Svizzera a imparare a fare il formaggio. Sveglia all'alba, lavoro duro e ogni giorno tre tonnellate di forme da salare e girare. Il nostro capo era un uomo di 70 anni che nella vita ha sempre fatto quello. Lo vedevi dai gesti, ripetitivi, la pentola che ogni giorno alla stessa ora veniva spostata da un posto all'altro. Gesti semplici, essenziali, che però ti danno la misura di quello che serve veramente, di come farlo al meglio. Una grande lezione». Arriviamo in fondo alla Val Senales, a Maso Corto. Ad accoglierci l'amico Paul Grüner, gestore del rifugio Bellavista. Il quadro è sconsolante: pochissima neve e cielo coperto con folate di vento e bufera. Heiner non è tipo che si scoraggia. Saliamo con la funivia e scendiamo lungo la pista sul ghiacciaio con quindici inaspettati centimetri di neve fresca. La visibilità è scarsa, ma siamo venuti fino qui e perciò non si discute: pelli e su verso la Cima Hintereis. Saliamo chiacchierando, fermandoci quando gli argomenti si fanno più interessanti e il respiro dei tremila metri di quota diventa affannoso. Heiner, quante gite riesci a fare in un anno?
«Più o meno una cinquantina, calcolando anche le notturne. Poi ogni due anni organizziamo una spedizione con gli sci, quest'anno vorremmo andare in Armenia. Facciamo tutto da soli, dai primi contatti in loco, alla logistica, agli itinerari con gli sci. Qualche anno fa, per esempio, sono stato sulle montagne dell'Albania e tutto è nato da un magaz-
ziniere di Salewa che è albanese e ha un cugino che conosce quelle valli. Per la Turchia, zona Lago Van, ci siamo affidati a un venditore di tappeti che con conoscenze varie ci ha organizzato tutto alla perfezione. Ci piace così, senza agenzie né guide, è più avventuroso e hai un contatto più diretto con le popolazioni. Siamo in quattro amici, di solito con le mogli. Un avvocato, un medico, un glaciologo e io, un imprenditore. Bene assortiti, ognuno esperto di un settore, pronti a usare la propria esperienza dove serve, anche l'avvocato, non si sa mai. Mia moglie è anche lei appassionatissima, famiglia di guide alpine da sempre. Fa la psicologa e sostiene che per lei lo scialpinismo è un bisogno primario, come mangiare e dormire». Arriviamo in cima sempre nella mezza bufera, con solo poche e repentine schiarite. «Ho portato io la merenda» esclama Heiner ed estrae dallo zaino tagliere in legno, coltello, salame e pane. «Salame fatto da me e pane da mia moglie» mi comunica soddisfatto. «Quando finirà questo 'turbocapitalismo', quando si esaurirà l'era del combustibile fossile, non so bene cosa succederà, ma ho la sensazione che si dovrà tornare alle cose semplici, all'autosufficienza. Un mondo tecnologico sì, ma con un'organizzazione diversa. E così mi preparo, mi porto avanti. Anche la mia azienda è ispirata a questi principi. In Romania, per esempio, dove c'è una parte della produzione, abbiamo messo in piedi come progetto sociale un vigneto e una cantina che produce vino». Scendiamo inanellando serpentine su neve ideale ma scarsa. Sono in realtà i sassi a farla da padroni, costringendoci a traiettorie divertenti ma limitate. Soprattutto facendo spesso capolino quando ormai per gli sci è troppo tardi. Sono quelli di Heiner a farne le spese più dei miei. Ne toglie uno e mi mostra un grosso ricciolo multistrato di soletta e struttura interna. «Ti toccherà comprarne un paio nuovi» gli dico ridacchiando. «Ma no, non è nemmeno vicino alla lamina, un po' di Attak e via».
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ALPAGO testo: Stefano Burra e Andrea Rizzato FoTO: Stefano Burra e Andrea Rizzato CARTOGRAFIA: Sara Chiantore
La salita a Cima Valgrande
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SELVAGGIO EST
L'Alpago, nel gruppo Col Nudo-Cavallo, non lontano dal mare, racchiude alcune tra le vette pi첫 nevose delle Alpi Orientali e propone gite adatte a skialper di ogni livello tecnico, anche per chi vuole scoprire luoghi nuovi e poco frequentati
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Verso la vetta della Busa Alta photo©Ruggero Vaia
Nelle foto. Due vedute dei valloni del Monte Cornor
N
elle limpide giornate invernali, quando il sole taglia con lunghe ombre i profili delle non lontane Dolomiti, chi si trova sulle coste del Mare Adriatico, magari tra le isole e i campanili di Venezia, noterà sulla skyline delle montagne un sinuoso massiccio completamente ricoperto dalla neve. Se le grandiose scogliere dolomitiche si possono perfino riconoscere una ad una per la loro silhouette, questo massiccio mostra piuttosto una serie di gobbe, dorsali e cocuzzoli piramidali dove i pendii scivolano candidi e regolari quasi a lambire la pianura stessa. Sono le cime del Col Nudo e Cavallo, montagne troppo modeste ma al tempo stesso selvagge e severe, da essere considerate sorelle minori delle vicine Dolomiti. Eppure, poche altre zone nell’arco alpino orientale conservano la neve per tanti mesi, proprio sui quei lunghi pendii perfettamente sciabili e sui valloni di origine glaciale, idealmente riparati dal sole fino a primavera inoltrata. Ecco perché, con la neve, il Gruppo del Col Nudo e Cavallo si trasforma da Cenerentola a principessa, adorata e corteggiata da sempre più appassionati alla ricerca di un regno che sembra fatto apposta per le gite con le pelli e gli sci. Da circa una decina di anni si assiste a un crescente interesse per queste plaghe, un tempo ambiente privilegiato di pochi esploratori, che si spiega con l’immediata accessibilità dalla pianura veneta o friulana, con l’ideale morfologia della montagna e con la bellezza degli itinerari scialpinistici. Qui si trovano gite
adatte a tutti i palati: dalle facili e rilassanti passeggiate per i principianti, alle più 'toste' imprese alpinistiche, che spesso sconfinano con lo sci estremo. Un eldorado bianco dove ognuno potrà scegliere la propria traccia, che quasi sempre saprà riconciliare con i silenzi della montagna, oltre che offrire impareggiabili vedute verso lo scintillante specchio del mare poco distante.
ZONA DI GRANDI NEVICATE Il Gruppo del Col Nudo e Cavallo è una sequenza di cime lunga oltre venti chilometri distesa da nord a sud tra Veneto e Friuli; si eleva dalla pianura, a meno di 50 chilometri dalle coste Adriatiche, fino alle vicine Dolomiti. Poiché la catena non è interrotta da strade praticabili dalle auto, possiamo catalogarla tra le massime aree di wilderness delle Alpi. Le cime sono comprese tra la regione dell’Alpago, vicino a Belluno, la Valcellina, l’altopiano del Piancavallo e quello del Cansiglio. Proprio la posizione di mezzo, tra le calde e umide correnti marine e le fredde correnti provenienti da nord, regala a tutto il gruppo un innevamento abbondante e continuo per tutta la stagione. Normalmente su queste montagne le precipitazioni sono anche doppie rispetto alle vicine Dolomiti, a dispetto della quota media piuttosto modesta; nelle zone al sole la neve si assesta già dopo le precipitazioni e, nelle esposizioni riparate dal sole, rimane fino a primavera inoltrata.
La cima principale è il Col Nudo (2471 m), alle estremità settentrionali della catena, seguito da una sequenza ininterrotta di valloni e cime secondarie, disposte praticamente in linea, fino al Cimon del Cavallo (2251 m), ultimo bastione che sorveglia la città di Pordenone e la pianura. In questa selezione presentiamo gli itinerari sulle vette dell’Alpago, una regione alpina straordinariamente dolce e piacevole, distesa sul versante occidentale del gruppo, che offre innumerevoli possibilità turistiche ed escursionistiche. Anche lo scialpinismo, di conseguenza, trova qui un ideale terreno d’azione, perché le cime digradano verso i paesini di fondovalle con valloni glaciali ben praticabili, dove si snodano moltissime tracce di ogni ordine di difficoltà. Negli ultimi anni, proprio grazie a questi atout, l’Alpago sta conquistando un posto rilevante nelle competizioni internazionali di scialpinismo con la Transcavallo, un percorso che tocca le cime più importanti del gruppo. Non da ultimo, l’ottima viabilità, favorita dall’autostrada A27, fa sì che l’Alpago sia praticamente un’appendice della pianura, da cui dista poche decine di minuti d’auto. Un’occasione da non perdere quindi per chi vuole cimentarsi con itinerari di ampio respiro senza l’impiccio di lunghissimi e scomodi avvicinamenti in auto. Nelle pagine seguenti c'è una piccola selezione di itinerari classici, che possono dare l’idea complessiva del gruppo e della sua vasta offerta di gite. Non sono descritte le due escursioni più note e frequentate, quella sul Monte Guslon e sulla Cima delle Vacche, di cui si può trovare notizia in moltissime pubblicazioni.
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Un bellissimo scorcio della zona del Col Nudo
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Itinerari D’autore
Rifugio Semenza e Monte Lastè (2247 m) Gita classica, abbastanza facile e panoramica. Accesso: Tambre, Sant’Anna, Col Indes, Malga Pian Grande (1211 m) Partenza: da Malga Pian Grande (1211 m), ottimo agriturismo, si prosegue sulla forestale chiusa al traffico Dislivello: 1150 m Tempo medio salita: 3 ore e mezza Difficoltà: BSA S3 Pendenza massima: 30°, 40° negli ultimi 150 metri Esposizione: sud - ovest Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica, ramponi Cartografia: Foglio 012 della Casa Editrice Tabacco
Itinerario. Dalla Malga di Pian Grande si segue per un breve tratto la strada diretta a Malga Pian Lastre e alla prima curva la si abbandona per proseguire dritti, superando alcuni avvallamenti tra gli alberi, fino ai solari alpeggi. Su terreno aperto si sale sulle spianate sotto la Cima delle Vacche, fino a entrare nel bosco del Cansiglio, dove si segue costantemente il tracciato di un’ampia strada forestale. Giunti al bivio per la Casera Palantina, si tiene la sinistra e si seguono le indicazioni per il Rifugio Semenza, fino a uscire sul bel pianoro delle Baracche Mognol, sotto la parete occidentale del Cimon di Palantina. Da qui ci si dirige verso la parte superiore della valle, che presenta subito un ripido pendio sulla sinistra orografica e quindi un passaggio stretto in traversata, che riporta nel rado bosco superiore. Si sale quindi su terreno più ripido e si giunge al grande masso isolato, detto Sasso della Madonna. Qui è già visibile il Rifugio Semenza, ancora lontano, tra il Monte Cornor a sinistra e il Monte Lastè a destra. Si scende un poco sul fondo della Val de Piera, dove ci si inoltra lungamente, per poi affrontare il tratto più
pendente della salita. Superato da destra a sinistra un ripido gradino, si punta sempre a sinistra verso il Monte Cornor e si traversa quindi a destra, per giungere infine al rifugio. Da qui in pochi minuti si sale alla panoramica Forcella Lastè, oltre la quale c’è il bivacco invernale. Si prosegue ora sull’ampia cresta ovest del Monte Lastè e si affronta qualche gradino più ripido, tenendosi a debita distanza dai fianchi che sbalzano verso la Val Sperlonga e la Val de Piera. Avvicinata la calotta terminale, su cui è frequente trovare ghiaccio o vetrato, si raggiunge la vetta, dalla quale sono ben visibili il mare e le severe pareti nord delle cime vicine. La discesa è sull'itinerario di salita.
Monte Cornor (2170 m) Gita classica, panoramica e percorribile con ogni condizione di neve. Presenta spesso neve polverosa. Accesso: da Tambre, Pianon, Malga Cate, raggiungibile anche da Chies Partenza: da Malga Cate (1050 m, parcheggio e ottimo agriturismo), si prende la forestale per la Val Salatis Dislivello: 1120 m Tempo medio salita: 3 ore e mezza Difficoltà: MS S3 Esposizione: nord Periodo: dicembre - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: Foglio 012 della Casa Editrice Tabacco
Itinerario. Dalla Malga Cate parte una stradina che a svolte regolari risale il bosco ed entra nella Val Salatis. Si prosegue sul fondovalle, al cospetto dei ghiaioni che scendono dalle cime in destra orografica e s'incontra la Stalla Campitello e poco distante la piccola Casera Pian de le Stele, dove termina la stradina. Da qui ci sono due possibilità. a) Val Bona: si abbandona il segnavia diretto al Rifugio Semenza per svoltare nettamente a destra, entrando in un avvallamento nel bosco. Questo è lo sbocco della Val Bona in Val Salatis, assai stretto e ripido, almeno nel tratto iniziale. La salita prosegue sostanzialmente nel fondo della valle in ambiente suggestivo, specialmente il tratto in cui si passa tra enormi massi calcarei, dopo i quali ci si tiene sempre sulla sinistra, sotto le pareti, in una serie di canali e valloncelli. Quando finalmente il panorama si apre sui Monti Castelat e Guslon, sulla destra, e su una serie infinita di dossi (quota 1750 m circa), si continua dritti, entrando poco dopo in un vallone oggetto di ricorrenti e grosse valanghe (da evitare con nevi non assestate), oltre il quale si apre il catino sotto la parete nord del Monte Cornor. Si può puntare ora a Forcella Cornor, risalendo l’ultimo erto pendio, e poi la cresta ovest del monte, spesso ventata. Oppure, se questo percorso non sembra sicuro, ci si porta a sinistra, sulla spalla che anticipa la cresta nord, e da lì in breve alla cima (tratto in comune con la variante per il Filon). b) Filon del Cornor: dalla casera si prosegue in direzione del Rifugio Semenza (indicazioni), risalendo un lungo pendio nel bosco rado, fino a una modesta radura, dove
un cartello consiglia di procedere a destra (Col Pezei, 1564 m). Da qui si continua per un suggestivo boschetto di larici fino a uscire su un piccolo pianoro dove un caratteristico piccolo larice, contorto alla base, garantisce di essere sulla giusta via. Si sale ora a sinistra, costeggiando e risalendo dei bei pendii inclinati, fiancheggiati da modeste pareti rocciose, fino a una selletta. Dalla selletta si vede la sottostante Val Bona a ovest, eventualmente raggiungibile scendendo brevemente. Oltre la selletta il Filon prosegue con un susseguirsi di gobbe e depressioni, con progressione entusiasmante, quasi sospesi nel cielo al centro del ventaglio di cime della Val Salatis. Restando sul centro del costone si guadagna la depressione che anticipa la piramide finale del Cornor che si raggiunge con fitti zig-zag sul filo di cresta ed eventualmente a piedi se il terreno fosse gelato. Discesa. Per il percorso di salita, oppure si scende la spalla ovest fino alla forcella Cornor e da lì in Val Bona.
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Cima Val Grande (2007 m)
Monte Sestier (2084 m)
Gita facile, generalmente sicura e molto panoramica. Accesso: da Tambre, Pianon, Malga Cate, raggiungibile anche da Chies Partenza: da Malga Cate (1050 m, parcheggio e ottimo agriturismo), si prende la forestale per la Val Salatis Dislivello: 950 m Tempo medio salita: 3 ore Difficoltà: MS S2 Esposizione: sud Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: Foglio 012 della Casa Editrice Tabacco
Itinerario. Dalla Casera Pian de le Stele (vedi itinerario precedente) si prosegue in direzione del Rifugio Semenza, risalendo un lungo pendio nel bosco rado, fino a un bivio (Col Pezei, 1564 m). Trascurata la deviazione a destra per il rifugio stesso si perde un po’ di quota costeggiando un costone. Quando si esce allo scoperto dalla vegetazione si volge a sinistra e ci si dirige verso la base di un evidente sperone roccioso; alla sua sinistra si punta a una piccola incisione tra le rocce, che sembrano chiudere la via, che dà accesso alla parte alta della Val Salatis. Oltrepassata questa forcelletta si sale per avvallamenti verso la cima rocciosa soprastante (Col de La Banca, 1940 m), costeggiandola sulla destra e tenendosi sempre alti sopra il solco della Val Sperlonga. Passati alcuni grandi e suggestivi massi isolati, si punta per ampi e facili valloni alla evidente Forcella Caulana, a sinistra della Cima di Val Grande, ormai ben visibile. Saliti in forcella, si segue il dorso della montagna che, con un ultimo tratto più affilato, conduce sulla vetta (normalmente senza sci). La discesa è lungo lo stesso itinerario.
Gita entusiasmante per gli amanti dei canaloni ripidi. Accesso: da Tambre, Pianon, Malga Cate, raggiungibile anche da Chies Partenza: da Malga Cate (1050 m, parcheggio e ottimo agriturismo), si prende la forestale per la Val Salatis Dislivello: 1030 m Tempo medio salita: 3 ore Difficoltà: OSA S4 Pendenza massima: 30° Esposizione: sud ovest Periodo: gennaio - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica, ramponi e piccozza Cartografia: Foglio 012 della Casa Editrice Tabacco
Itinerario. Dalla Malga Cate parte una stradina che a svolte regolari risale il bosco ed entra nella Val Salatis. Si prosegue sul fondovalle, al cospetto dei ghiaioni che scendono dalle cime in destra orografica e s'incontra la Stalla Campitello (1389 m) e poco distante la piccola Casera Pian de le Stele, dove termina la stradina. Ci si porta ora sui pendii che scendono da nord, alzandosi gradualmente, fino a raggiungere il canale che scende alla sinistra del Monte Sestier. In alternativa si segue nel rado bosco il sentiero CAI 924 verso la Val Sperlonga, al cartello che indica il Rifugio Semenza si gira a sinistra e si traversa in discesa a mezza costa; raggiunti i ripiani sul fondovalle si prosegue su terreno aperto, puntando ai ghiaioni che digradano dal Monte Sestier, fino a imboccare il canalone che scende alla sinistra della cima. Lo si risale interamente, fino a una forcellina sulla destra. Lì si lasciano gli sci e si risale una ripidissima rampa (50°) e per la cresta, in pochi minuti, si raggiunge la cima. La discesa è sullo stesso percorso.
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Forcella Venàl (1930 m) e Monte Venàl (2212 m) Gita facile e percorribile fino a primavera inoltrata. La salita al Monte Venal, invece, è riservata a sciatori esperti. Accesso: Chies d’Alpago, Funes, Casera Crosetta (tratti non asfaltati) Partenza: da Casera Crosetta (1156 m) stradina chiusa al traffico per Casera Venàl Dislivello: 800 m (1050 per la cima) Tempo medio salita: 2 ore e mezza (altri 50 minuti per la cima) Difficoltà: MS S3 (OSA S4 la cima) Pendenza massima: 30°, 40° negli ultimi 150 metri Esposizione: nord - ovest Periodo: gennaio - fine aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica (ramponi e piccozza per la cima) Cartografia: Foglio 012 della Casa Editrice Tabacco
Itinerario. Dalla Casera Crosetta si sale alla vicina Casera Venàl (1260 m), posta su un bel piano, allo sbocco del Venàl di Funes, da dove si segue l’evidente mulattiera, entrando nel fitto bosco. Dopo poco si abbandona la traccia segnalata per la cima del Crep Nudo, per svoltare a destra su mulattiera che risale il primo gradino de La Valle.
Più in alto si esce su un pendio di ghiaie e pini mughi e con un breve strappo si raggiunge un primo catino, dove normalmente la neve rimane fino a primavera inoltrata. Con ripida salita si monta sulla soglia glaciale dell’ampio vallone, dal quale si scorge distintamente il Dente del Venàl, che farà da riferimento per l’ultima parte del percorso. Si attraversano quindi gli scoscesi fianchi in sinistra orografica e si affronta una ripida rampa, che conduce presso la cresta; si tende a destra al limitare della depressione e si esce sulla Forcella Venàl. Con condizioni sicure, se si vuole salire sul vicino Dente del Venàl conviene raggiungere l’intaglio di cresta sulla sinistra. Se si preferisce invece privilegiare il piacere della discesa è consigliabile guadagnare i pendii alla base del Monte Venàl, dove inizia la via di salita alla vetta. Dalla forcella ci si alza con direzione sud-ovest verso un canale di cui si vede solo la parte terminale. In corrispondenza di una balza più ripida si calzano i ramponi e si supera una strettoia, oltre la quale il canale sale ripido e con una leggera curvatura a destra fino a una forcellina da dove in breve si raggiunge la panoramica cima. La discesa è lungo il percorso della salita.
Capel Grande (2071 m) Gita alternativa al più noto Crep Nudo, di cui condivide ambiente e gran parte del percorso. Accesso: Chies d’Alpago, Funes, Casera Crosetta (tratti non asfaltati) Partenza: da Casera Crosetta (1156 m) stradina chiusa al traffico per Casera Venàl Dislivello: 920 m Tempo medio salita: 3 ore Difficoltà: BS S3 (A la cresta finale) Esposizione: nord ovest Periodo: gennaio - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica, piccozza e ramponi Cartografia: Foglio 012 della Casa Editrice Tabacco
Itinerario. Da Casera Crosetta si sale alla Casera Venàl e, proseguendo sulla mulattiera, si entra nel bosco. Dopo poco si trova la segnalazione per il Crep Nudo, dove si abbandona la comoda mulattiera e si affronta a sinistra un ripido costone, che porta a uscire sotto le rocce del Capel Piccolo. Qui la vegetazione termina, si supera faticosamente un primo ripido pendio, normalmente svalangato e ghiacciato, e poi un secondo, più semplice, fino ad arrivare all’imbocco di un valloncello che sale verso il Crep Nudo. Portandosi a sinistra, lo si percorre fino a che questo termina di fronte a un pendio più ripido, alla base del quale s'inizia una lunga diagonale ascendente verso destra e successivamente si seguono gli avvallamenti che portano
alla cresta che scende dal Capel Grande. Dove questa diventa sottile ed esposta, si lasciano gli sci e la si sale con piccozza e ramponi fino alla vetta. Se non si amano i tratti alpinistici la forcellina rappresenta un valido punto d’arrivo, con una bella vista sulle severe pareti nord del gruppo e sul vicino Crep Nudo. Discesa: si percorre a ritroso l’itinerario di salita. La parte alta del percorso è facile e divertente, invece il tratto finale nel bosco è sciabile con difficoltà. Per immettersi nel valloncello che scende dal Crep Nudo, nella parte iniziale della discesa, anziché percorrere la lunga e facile diagonale di salita, si possono imboccare due canali ripidi tenendosi sulla sinistra.
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Cima Valars (2302 m) Gita impegnativa e poco frequentata, in un ambiente stupendo, richiede nevi assestate. Accesso: Puos d’Alpago, Lamosano, San Martino, Stàol e Casera Polsa, dove la strada termina in località Degnona Partenza: località Degnona (1102 m), sentiero CAI 931 Dislivello: 1200 m Tempo medio salita: 3 ore Difficoltà: OSA S4 Pendenza massima: 45° Esposizione: sud ovest Periodo: primavera Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica, ramponi e piccozza Cartografia: Foglio 012 della Casa Editrice Tabacco
Itinerario. Da Degnona si segue il sentiero CAI 931 con indicazione Monte Teverone fino al letto della valanga; lo si risale e subito si entra nel bosco, seguendo i segnavia CAI. Si risale faticosamente un prato ripido e finalmente si entra nel Valars, dove normalmente inizia la neve (fin qui 1 ora). Si punta ora alla cima in alto a sinistra, scegliendo il percorso più agevole tra i letti delle valanghe. Nella parte terminale la pendenza aumenta e per raggiungere la vetta
bisogna risalire un canalino con pendenza di circa 45° e poi andare in obliquo a sinistra sopra dei salti di roccia. Discesa. Si percorre a ritroso l’itinerario di salita, facendo attenzione ai primi metri, esposti. Anziché scendere a valle, dopo 300 metri di dislivello si può traversare a sinistra e risalire i canali che portano alle altre due cime, ancora più impegnative, in circa ore 1 ora.
Col Nudo (2471 m) È la cima più alta e prestigiosa del gruppo. Garantisce una sciata varia e dal notevole sviluppo. Accesso: Pieve d’Alpago, Plois, Rifugio Carota, Casera Stabili (tratti non asfaltati) Partenza: da Casera Stabili (1049 m) strada forestale per Casera Scalet Bassal Dislivello: 1400 m Tempo medio salita: 4 ore Difficoltà: S3 - BSA (S4 - OSA la cresta finale) Esposizione: sud ovest Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica, ramponi e piccozza Cartografia: Foglio 012 della Casa Editrice Tabacco
Itinerario. Da Casera Stabili si continua sul segnavia CAI 965 e si passa la Casera Scalet Bassa, da dove si prosegue su sentiero ripido, presso le rocce in sinistra orografica. Superato questo tratto, generalmente faticoso, scomodo e da percorrere senza sci, si esce sui solari pendii del Venàl di Montanes, finalmente su terreno aperto. Da qui si tende gradualmente a sinistra, facendo riferimento alla forcella tra la Cima Secca e il Col Nudo, che si punta con un lungo e costante traverso in salita verso sinistra. Giunti sotto la Cima Secca, in corrispondenza di un caratteristico ripiano con grandi massi, si tende gradualmente verso la cima principale del Col Nudo (destra), fino ai ripidi pendii che conducono alla rocca terminale. Questo è il tratto più impegnativo della salita che, in costante pendenza, porta
nei pressi della cresta. Lasciata sulla sinistra la Forcella Bassa del Col Nudo, si guadagna un roccione triangolare detto 'solarium', da dove si attacca un breve canalino tra le rocce (prima del quale è opportuno lasciare gli sci) e si conquista la vetta a piedi, dopo un tratto di cresta normalmente orlata da enormi cornici. Discesa. Si ripercorre la traccia di salita. Raramente il fitto zoccolo boscoso iniziale è percorribile con gli sci, quindi la parte sciistica termina al limitare del Venàl di Montanes.
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Una guida da non perdere
Gli itinerari di questa monografia sono stati riadattati dagli stessi autori del libro 'Scialpinismo in Col Nudo - Cavallo', di Stefano Burra e Andrea Rizzato, una monografia con tutti i percorsi principali della catena montuosa, fresco di stampa e distribuito nelle migliori librerie dalla casa editrice Idea Montagna (www. ideamontagna.it). Sono descritti 78 itinerari scialpinistici, ai quali si aggiungono numerose varianti, sia in salita, sia in discesa, che spaziano dalle più elementari passeggiate sugli sci, fino alle escursioni molto impegnative riservate a ottimi scialpinisti. Il lavoro segue lo storico volumetto di Baccini, De Benedet e Fradeloni, licenziato nel 1986, dopo un quarto di secolo in cui lo scialpinismo nella zona si è notevolmente sviluppato ed ha conosciuto una notevole diffusione. Questo lavoro è frutto di una costante frequentazione del gruppo, che ha portato gli autori su tutte le cime e tutte le vallate, spesso ripetendo le uscite per valutarne attentamente le caratteristiche e i passaggi più importanti. Per informazioni e domande gli autori sono a disposizione all'indirizzo: colnudo-cavallo@libero.it.
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Un mare di nubi oltre la Forcella Venàl
La discesa dal Monte Lasté
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ALPAGO, i nostri suggerimenti Periodo consigliato
Gli itinerari si presentano generalmente bene innevati già da dicembre. L’assestamento della neve è molto rapido nei versanti meridionali, anche nei mesi invernali, mentre nei versanti a nord è decisamente più lento ed è possibile fare molte escursioni anche a maggio.
Accesso
L’accesso da Sud è molto veloce. l’autostrada A27 lambisce i versanti occidentali del gruppo e l’Alpago stesso. Imboccata l’uscita Fadalto-Lago di Santa Croce, la strada che contorna il lago e porta a Farra e Puos d’Alpago. Da queste località si sale poi ai punti di partenza degli itinerari, che si concentrano nei pressi di Pieve d’Alpago, Chies, Tambre e Col Indes.
Dormire e mangiare
Farra d'Alpago: Rifugio Sant'Osvaldo (tel. 0438.585353). Osteria Al Fogher (tel. 0437.472008), cucina tipica. Tambre: Hotel Alle Alpi (tel. 0437.49022 - www.allealpi.it). Hotel Col Indes (tel. 0437.49274 - www.hotelcolindes.com). Albergo Ristorante Trieste (tel. 0437.49086 www.albergotrieste.eu). Pieve d'Alpago: Ristorante Albergo Dolada (tel. 0437.479141 - www.dolada.it). Albergo Ristorante Beyrouth (tel. 0437.478056) Pian Cansiglio: Bar Bianco (tel. 0438.581082), ristorante e rivendita di prodotti tipici biologici.
PUNTI D'APPOGGIO IN QUOTA
Rifugio Semenza (2020 m): sorge sulla Forcella Lastè sotto il Monte Cornor. Con la neve è chiuso e non ha un locale invernale annesso. Sulla forcella, nel versante della Val Sperlonga, è comunque presente il Bivacco Lastè, struttura a semibotte, sempre aperto e incustodito con 9 posti letto. Casera Pian de Le Stele (1421 m): la piccola casera si trova in Val Salatis, sulle pendici del Monte Pianina. È punto di passaggio obbligato per quasi tutte le gite in zona. Dispone di un locale e un soppalco per poter bivaccare.
Cartografia
Edizioni Tabacco - Foglio 012 Alpago - Cansiglio - Piancavallo - V. Cellina 1:25.000
Bibliografia
Antonio e Camillo Berti - Dolomiti Orientali Volume II - CAI-TCI 1982 Scialpinismo in Col Nudo - Cavallo - Ugo Baccini, Mauro De Benedet, Sergio Fradeloni Tamari Edizioni, 1986 Dolomiti di Sinistra Piave e Prealpi Carniche - Sergio Fradeloni - Edizioni Dolomiti, 1990 Scialpinismo nelle Dolomiti - Gianpaolo Sani - Cierre Edizioni, 2001 Scialpinismo di Frontiera - Gianpaolo Sani - Tamari Edizioni, 2009 Scialpinismo in Col Nudo e Cavallo - Stefano Burra e Andrea Rizzato - Ideamontagna, 2011
Guide alpine
Ettore Bona, tel. 380 7027563, ettore.bona@yahoo.it
Info meteo e valanghe
www.arpa.veneto.it www.regione.fvg.it/asp/newvalanghe
NUMERI UTILI
Soccorso Alpino Belluno tel 0437 930961 Sezione CAI Belluno tel 0437 931655 Sezione CAI Alpago tel 346 943654
Info generali
www.visitalpagocansiglio.it www.thetop.it www.ideamontagna.it
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KARPOS testo: Riccardo Selvatico foto: Riccardo Selvatico
SPIRITO KARPOS Giordani e Dell'Agnola, ispiratori della collezione Karpos. Li abbiamo incontrati per scoprirne la filosofia
E
ntrando in Manifattura Valcismon a Fonzaso, in provincia di Belluno, ultimo 'avamposto' prima che la vallata si inerpichi verso le montagne, si ha l’impressione di varcare la soglia di un tempio dello sport. Ci sono foto sulle pareti che raccontano la passione di un’azienda nata per filare la lana e cresciuta al fianco di campioni del calibro di Maurilio De Zolt, Silvio Fauner, Mario Cipollini, Franco Ballerini, Paolo Bettini e Alberto Contador fino ad essere oggi tra le più note e conosciute nel mondo del ciclismo e degli sport di endurance con il marchio Sportful. Passione per lo sport che luccica negli occhi del Presidente, Giordano Cremonese, quando ricorda la nascita del marchio Sportful. «All’inizio lavoravamo per la filatura della lana, poi siamo passati alla produzione di maglieria intima. A quel tempo commerciavamo molto con l’America, ma la loro crisi degli anni '70 ci ha messo in ginocchio. Nel 1972 insieme a un rappresentante abbiamo coniato Sportful guardando semplicemente il vocabolario. Sportful con una 'l' sola significa 'sportivamente', ci è sembrato il termine adatto per un rilancio in un settore dinamico e in grande crescita». Anche la nuova collezione Karpos trae ispirazione da quella passione per lo sport nata negli anni '70, che però si è evoluta con le esigenze moderne dei praticanti. Non solo quindi abbigliamento tecnico per lo scialpinismo, ma un'attenzione al mondo outdoor in
A destra. Giordano Cremonese tra Manrico Dell'Agnola e Maurizio Giordani
generale, con l'obiettivo di mettere in commercio capi che possano essere usati sia al campo base del K2, sia durante una semplice passeggiata. Manifattura Valcismon è legata alle Dolomiti, è un’azienda che vive l’ambiente della montagna ed è stato quasi automatico il passaggio a creare prodotti proprio per la montagna, con investimento crescente di energie e professionalità. Il cuore, la mente e tester di Karpos sono Maurizio Giordani e Manrico Dell’Agnola, entrambi alpinisti di fama internazionale, che trasferiscono le loro esperienze sportive e professionali nei prodotti della nuova collezione.
È proprio dalla confidenza con l'ambiente naturale delle Dolomiti, dove questi due alpinisti vivono, lavorano e si divertono arrampicando o sciando, che nascono i prodotti Karpos. «È una vita che sono in giro per montagne - racconta Giordani - ho iniziato frequentando le Dolomiti, ma non mi sono fermato, ho cercato di conoscere e di scoprire altri luoghi altrettanto affascinanti. La mia passione e la voglia di intraprendere nuovi progetti mi hanno fatto crescere come professionista della montagna. Intrecciando le conoscenze di guida alpina e le mie idee di sviluppo del prodotto nascono i capi Karpos. In questi prodotti cerco di trasferire l’esperienza, che
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mi permette di capire quali siano le caratteristiche tecniche fondamentali, collegandola con le esigenze del mercato che sento vive negli amici e nelle persone che mi stanno intorno. L’obiettivo è di anticipare queste esigenze, creando un prodotto innovativo e di altissimo livello». Se a Giordani è richiesto di sviluppare un prodotto outdoor d’eccellenza, a Manrico Dell’Agnola spetta il compito di rappresentare attraverso la fotografia tutta la filosofia Karpos e di illustrare con uno scatto le caratteristiche e le sensazioni che regala un prodotto Karpos. «Sono quasi trent’anni che lavoro nella
fotografia e nella comunicazione - ci racconta Dell’Agnola -. A Karpos sono particolarmente legato perché l’idea della manina, diventata poi il logo, è stata mia. Adesso dietro questa manina c’è una vera e propria collezione con uno spirito e tanti prodotti concreti». Idee, comunicazione. Un giusto mix per far crescere Karpos tra i marchi di abbigliamento preferiti dagli amanti della montagna. «La mia professione di fotografo inizialmente è partita dalla voglia di comunicare e rivivere quelle sensazioni provate mentre arrampicavo. Adesso voglio far rivivere attraverso la fotografia tutti gli elementi che sono alla base dei prodotti Karpos».
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NEVE E DIRITTO testo: Flavio Saltarelli
Chi organizza deve dimostrare di avere fatto tutto il possibile per evitare danni ai concorrenti e le clausole di esonero sono quasi sempre inefficaci
Flavio Saltarelli, classe 1963, avvocato civilista, pratica scialpinismo dall’età di 18 anni. Si occupa per passione delle problematiche legate alle responsabilità connesse agli sport in ambiente montano e ha partecipato a diverse competizioni di ski-alp. Per eventuali quesiti studiolegalesaltarelli. grassi@fastwebnet.it
La responsabilità degli organizzatori delle gare di ski-alp
L
o scorso anno ho già analizzato la responsabilità degli organizzatori delle competizioni di scialpinismo, evidenziando come si configuri quando l’atleta viene esposto dagli organizzatori a una soglia di rischio superiore a quella intimamente connessa al nostro amato sport. In questo numero della mia rubrica, richiamato questo principio informatore della materia, intendo approfondire l’argomento. L’art. 2050 del Codice civile così recita: «Chiunque cagiona danno agli altri nell’esercizio di un’attività pericolosa per sua natura è tenuto al risarcimento, se non prova di aver utilizzato tutte le misure idonee ad evitare il danno». La pratica scialpinistica è - a torto o a ragione - ritenuta dalla giurisprudenza un’attività pericolosa. Ne consegue che gli organizzatori di manifestazioni del genere (siano esse competitive che non) sono sottoposti, in ipotesi di incidente riguardante un atleta o un partecipante, a una vera e propria presunzione di responsabilità che devono vincere dimostrando di avere fatto tutto il possibile per evitare danni ai concorrenti. Il parametro di riferimento per gli organizzatori non è certo l’uomo medio, ma l’esperto di montagna che gode della miglior scienza ed esperienza, il soggetto che ha a disposizione tutti gli strumenti (bollettini AINEVA, SVI) e i migliori ausiliari possibili (tecnici del Soccorso Alpino, guide alpine). In buona sostanza, se chiamato in giudizio per risarcire l’atleta coinvolto in un incidente nel corso della manifestazione, l’organizzatore deve dare prova che non poteva esserci comportamento migliore di quello da lui tenuto. Si tratta, come è facile intuire, di un onere molto pesante che può essere assolto dagli organizzatori solo in tre ipotesi: a) qualora l’incidente abbia avuto origine da forza maggiore o sia fortuito; b) qualora l’incidente fosse imprevedibile secondo la miglior scienza ed esperienza; c) qualora l’incidente abbia avuto origine da un errore dell’atleta, atleta idoneo per capacità fisica ed esperienza al tipo di gara. Oltre a seguire in modo scrupoloso le prescrizioni imposte dagli organismi sotto l’egida dei quali la competizione si svolge, chi indice una gara e vuole tutelarsi deve quindi: 1) agire con il supporto di esperti (guide alpine, tecnici Soccorso Alpino, meteorologi) che possano garantirgli l’idoneità del percorso di gara in quel determinato giorno, evitando di dare il via alla competizione qualora le condizioni lascino adito a dubbi sulla sicurezza (ad esempio bollettino valanghe indicante pericolo 3, maltempo in arrivo, ecc.); 2) controllare minuziosamente (sotto un profilo documentale) l’idoneità fisica degli atleti e richiedere, in caso di competizioni di particolare difficoltà, un curriculum autocertificato dagli stessi; 3) garantire il controllo Artva pre-partenza; la presenza
di un medico di gara, di un’autoambulanza; di personale del Corpo nazionale del Soccorso Alpino in grado d'intervenire sull’intero percorso di gara; l’esistenza di percorsi per il rientro in sicurezza degli atleti ritirati dall’itinerario di gara; la messa in sicurezza dei punti pericolosi del tracciato (con corde fisse, scale, scalinature, ecc.); l’accurato controllo del materiale di gara individuale degli atleti, materiale che deve essere conforme a norma di regolamento e non oggetto di modifica non autorizzata (si pensi agli alleggerimenti improvvisati così in voga fino a pochi anni or sono); l’esistenza di cancelli e barriere orarie commisurati al tipo di competizione, ma non tali da essere di per sé elemento di pericolosità. Gli organizzatori si trovano in una sostanziale posizione di garanzia rispetto agli atleti iscritti. E ben poco valgono le clausole di esonero da responsabilità di sorta; clausole che nella prassi vengono spesso fatte sottoscrivere agli atleti al momento dell’iscrizione. Infatti l’art. 1229 del Codice civile prevede la nullità di tali clausole quando il danno occorso sia frutto di dolo o colpa grave. Se si considera che in ipotesi di assenza di colpa non sussiste in ogni caso responsabilità, tralasciando (per ovvie ragioni) l’ipotesi dolosa, ogni richiesta danni non può, di fatto, che essere conseguente a fattispecie colposa grave imputata all’agire degli organizzatori; intendendo per colpa ogni comportamento ascrivibile a negligenza, imperizia, imprudenza o inosservanza di leggi o regolamenti. In estrema sintesi, si può pertanto concludere che tali clausole di esonero dalla responsabilità valgono solo quando non servono (in caso di colpa lieve, quando di solito riesce agevole difendersi) con la conseguenza che possono essere ritenute tutt’al più come un mero richiamo agli atleti a prestare la massima attenzione nell’affrontare una competizione in un ambiente severo come quello dell’alta montagna innevata.
Un momento del XVIII Trofeo Mezzalama photo©Riccardo Selvatico
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“QUANDO TI ALLENI DURAMENTE TUTTO L’ANNO IL CAMbIO DI STAGIONE E DI CLIMA è MOLTO ECCITANTE. ACCENDE NUOVI INTERESSI E NUOVI STIMOLI.” - jONATHAN WYATT, PLURICAMPIONE DEL MONDO MOUNTAIN RUNNING
COPYRIGHT© SALOMON SAS. TUTTI I DIRITTI RISERVATI. FOTOGRAFO: CHRISTOFFER SjOSTROM. LOCATION: PARCO NATURALE PANEVEGGIO - PALE DI SAN MARTINO, ITALY.
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LA NEVE E LE VALANGHE
testo: Renato Cresta
La scelta della meta Come si fa a capire quando bisogna cambiare programma leggendo i bollettini delle valanghe
Nella scorsa puntata di questa rubrica ho accennato al fatto che potremmo essere accusati di avere provocato una valanga per imperizia o imprudenza. Ma il magistrato potrebbe anche ritenerci responsabili di una negligenza o di una violazione di norme. Quest’ultimo addebito ci può essere messo in conto solo nel caso in cui un'autorità (solitamente il sindaco) abbia emesso un’ordinanza di divieto di transito in zone soggette al pericolo di valanga, mentre per negligenza si intende un atteggiamento passivo, dovuto a pigrizia o trascuratezza, nel confronto di obblighi o doveri (il dovere di assumere informazioni). Nella mia, seppur limitata, esperienza
di consulente tecnico di alcuni tribunali mi sono accorto che, in più di un’occasione, l’indagato ha ammesso di «non essersi informato in merito alle condizioni di pericolo di valanghe» e tanto è bastato per mutare la sua posizione da indagato ad accusato, con relativa conseguenza di condanna sia civile (rifusione dei danni) che penale (pena detentiva). Obtorto collo, abbiamo già dovuto ammettere che la valanga è un 'reato di pericolo' perciò non vi sarà rifusione dei danni se non vi sono stati danni alle persone o alle cose, ma la spada di Damocle della condanna penale resta sempre sospesa sopra il nostro capo. Teoricamente esiste la possibilità di cavarcela
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se riusciamo a dimostrare che l’evento valanghivo è dovuto a un caso fortuito ed eccezionale, ma questa tesi difensiva è veramente molto difficile da sostenere. In teoria non è compito dell’accusa fornire la prova della nostra colpevolezza, spetta invece a noi provare che l’accusa è infondata dimostrando di aver assunto tutte le informazioni possibili in merito alla sicurezza dell’escursione e che queste erano tutte favorevoli. Successivamente dovremo dimostrare che il nostro comportamento è stato sempre in linea con le misure di prudenza e diligenza. Se non riusciamo a dimostrare di aver assunto le informazioni, saremo accusati di negligenza, se non dimostriamo che non vi è un nesso di causa-effetto tra la nostra presenza e l’evento che si è verificato, saremo accusati di imperizia e imprudenza. Solo dopo che sarà emessa la sentenza (prevista per il prossimo febbraio), narrerò ai lettori l’andamento di un caso che sto seguendo. Dove possiamo attingere le nostre informazioni? Le fonti possono essere numerose, ma solo una fonte
qualificata, oltre a essere preferibile, potrà essere accettata in giudizio; io mi limito a queste: - informazioni tecniche sulle difficoltà (manualistica, guide alpine, sci-escursionisti che hanno già percorso l’itinerario); - informazioni sulla neve (bollettino delle valanghe, eventualmente integrato da informazioni assunte direttamente da guide alpine). Per il magistrato l’unico punto di riferimento in merito alle condizioni di stabilità del manto nevoso è il bollettino valanghe, un documento ufficiale emesso da un ente pubblico appositamente creato e riconosciuto; lo deve diventare anche per noi: possiamo nutrire dei dubbi sulla sua validità, ma non possiamo ignorarlo. È mia intenzione approfondire l’argomento 'attendibilità' nei prossimi numeri, al momento ricordo che, salvo situazioni eccezionali, i bollettini sono emessi il lunedì, mercoledì e venerdì; poiché le condizioni meteo-nivologiche sono in continua evoluzione, talvolta molto
niente, o meglio, vuol dire che il pericolo esiste, anche se non è forte. Il pericolo esiste sempre, infatti la scala non inizia dal livello zero e dovremmo aver costantemente presente che esiste un codice assai più severo di quello penale, la 'legge di Murphy', una legge che si compone di due soli articoli: art. 1 - Se esiste anche una sola possibilità che si verifichi un evento negativo, una volta o l’altra si verificherà, forse già la prossima volta; art. 2 - L’evento negativo si verificherà sempre nel peggiore dei momenti possibili. Verificheremo la validità di questa legge quando commenteremo l’istogramma numero 3, relativo al rapporto incidenti/livello di pericolo. La commissione di tecnici che ha messo a punto la scala europea di pericolo di valanghe ha associato ad ogni valore della scala numerica del bollettino un aggettivo che cerca di precisare la situazione.
Grado
Pericolo
Consolidamento del manto nevoso
1
Debole
manto nevoso generalmente ben consolidato
2
Moderato
manto nevoso moderatamente consolidato
3
Marcato
consolidamento da moderato a debole
4
Forte
manto nevoso debolmente consolidato
5
Molto Forte
manto nevoso debolmente consolidato e generalmente instabile
lentamente, altre volte con grande rapidità, l’attendibilità della previsione diminuisce con il trascorrere del tempo e l’istogramma numero uno ci indica il calo percentuale di attendibilità. È compito nostro verificare se le condizioni indicate dal bollettino si sono conservate inalterate o se ci sono stati dei mutamenti: bastano poche ore di vento per alterare la stabilità di un versante, prima sicuro e ora pericoloso. In questa nostra conversazione voglio invece approfondire la rappresentazione mentale dei gradi di pericolo: mi sono accorto che molti utilizzatori del bollettino si limitano a considerare unicamente l’indice numerico del grado di pericolo e questo equivale a comprare il giornale per leggere solo il titolo degli articoli, trascurando il contenuto. Questo modo di procedere porta a un giudizio apparentemente corretto, ma solo dal punto di vista della statistica: in questa ottica il grado 3 corrisponde al livello medio di una scala di valori estesa da 1 a 5, ma dire che «oggi c’è un grado medio di pericolo di valanghe» non vuol dire
Voglio richiamare l’attenzione sul fatto che i livelli 1 e 2 considerano i versanti come ragionevolmente sicuri, ma può sempre essere presente qualche nicchia pericolosa (meno di 10 distacchi possibili su 100 chilometri quadrati) mentre i livelli 4 e 5 sono facilmente intesi come pericolosi. Per contro, il livello 3 è un livello su cui molti equivocano perché non attribuiscono l’esatto valore all’aggettivo 'marcato' (possibilità fino a 30 distacchi su 100 chilometri quadrati). Anche qui non dobbiamo equivocare: 100 chilometri quadrati equivalgono a una superficie di 10 x 10 km, cioè alle dimensioni di una valle e neppure tanto grande. Torniamo alla definizione marcato: quando ero studente avevo l’abitudine di sottolineare con la matita i passaggi del libro di testo che ritenevo importanti. Avevo da tempo terminato gli studi quando sono comparsi i pennarelli, gli evidenziatori: i primi portavano ben evidente la scritta Marker, proprio per dare a quanto messo in evidenza dal loro utilizzo il significato di marcato, sottolineato, messo in evidenza perché importante. La scala del pericolo è adottata a
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neve e valanghe
livello europeo e ogni lingua usa aggettivi tra loro equivalenti, ma nella scala inglese l’aggettivo marcato non è tradotto con marked o con pronounced: al grado 3 è affiancato un esplicito considerable = considerevole e questo termine mi pare molto più azzeccato e meno equivoco.
PERICOLO VALANGHE
Ho sentito frequenti mugugni circa l’eccessivo utilizzo di questo grado di pericolo ma basta osservare l’istogramma numero 2 per vedere che, mediamente, questo grado è utilizzato per circa il 32% dei bollettini; i gradi 3 e 4 per non più del 5%. Ovviamente, poiché ogni stagione invernale fa storia a sé, ci saranno stagioni in cui si regista una diversa frequenza di utilizzo, periodi in cui il grado 3 compare con una cadenza più o meno elevata.
% di attendibilità dei bollettini in funzione del tempo trascorso 90
70
50
30
10 24 ore
48 ore
72 ore
Per contro, osservando le colonne dell’istogramma in basso a destra, si nota come il maggior numero d’incidenti (su un campione di 594 episodi) coincida con il grado 3 e questo è una conferma che, a tale livello, il pericolo è marcato. Analizzando l’istogramma può apparire strano che il numero degli incidenti verificatisi al grado 2 (moderato) superi quello degli incidenti con grado 4 (forte), ma l’apparente incongruenza è dovuta al fatto che il numero di frequentatori della montagna invernale diminuisce fortemente quando il pericolo raggiunge quest’ultimo grado. Infine, la constatazione che anche con grado di pericolo 1 si sono verificati incidenti ci conferma la validità della legge di Murphy. Continuare a dibattere sui numeri può condurre a discussioni sterili, prive di effetti pratici; come già detto, l’indice numerico è solo un elemento (che io eliminerei) del bollettino valanghe. Prendiamo in considerazione il contenuto del bollettino, nella sua intera formulazione, e vedremo che questo contiene informazioni ragionevolmente esaurienti su: distribuzione della copertura nevosa, consolidamento del manto nevoso, probabilità di distacco, inclinazione dei versanti a rischio di distacco, effetti del vento, cause
% di utilizzo dei gradi di pericolo
del distacco, entità del sovraccarico che può provocare il distacco, dimensioni delle valanghe. E ricordiamo che le previsioni di distacco si riferiscono alla probabilità di fenomeni spontanei in un manto nevoso di determinate caratteristiche. Per sovraccarico s’intende una forza addizionale applicata alla superficie del manto nevoso, che può collassare sia sotto la pressione esercitata da una nuova nevicata, sia a seguito della sollecitazione causata dalla nostra presenza. Mi devo ripetere, ma nelle occasioni in cui sono stato chiamato come consulente, il bollettino segnalava l’esistenza di quelle condizioni critiche del manto nevoso che sono state all’origine della valanga. Era una segnalazione definita nella sostanza e indeterminata nell’ubicazione, è vero, ma è pur vero che si trattava di un avviso di pericolo che è stato sottovalutato, trascurato o del tutto ignorato. «Allora, con questi bollettini che segnalano continuamente condizioni di pericolo, è sempre vietato andare in montagna». Una frase del genere, che ho sentito sovente, è una frase che indica un rifiuto di assunzione di responsabilità. Le situazioni in cui (gradi 4 e 5) è 'sconsigliato' andare in montagna ricorrono in circa il 5% dei bollettini di una stagione invernale tipo; resta quindi un margine di utilizzo della montagna invernale pari al’95% della stagione, ma se volessimo rinunciare anche quando il bollettino segnala il grado 3 (32%), resterebbe ancora un 63% di opportunità per compiere escursioni. E questa è già una visione restrittiva, perché quando il bollettino segnala «pericolo marcato, il manto nevoso presenta un consolidamento da moderato a debole» la possibilità di escursioni non è esclusa, ma soltanto limitata. A questo grado di pericolo «il distacco è possibile con debole sovraccarico, soprattutto sui pendii ripidi indicati»: questo vuol dire che puoi andare, adottando come misura di prudenza l’esclusione dei pendii ripidi, e neppure tutti, perché l’aggettivo 'indicati' equivale a 'segnalati nel testo' (in ombra, sottovento, …) e, anche
Confronto incidenti e gradi di pericolo
50
60
Incidenti
50
40
40
Pericolo
30
30 20
20
10
10 debole
moderato marcato
forte
molto forte
debole
moderato marcato
forte
molto forte
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sui pendii meno ripidi, l’adozione delle frequentemente ricordate ed altrettanto frequentemente ignorate 'distanze di sicurezza'. Viaggiando nel traffico stradale possiamo incrociare semafori verdi, semafori rossi e semafori gialli lampeggianti; ebbene, il paragone può apparire banale, ma possiamo considerare i livelli 1 e 2 come un semaforo verde, 4 e 5 un semaforo rosso e il 3 come un lampeggiante giallo: possiamo passare, ma spetta a noi il giudizio di quando è opportuno transitare senza pericolo per noi e gli altri. Aggiungo che, siccome la mamma dell’imbecille è sempre incinta, dobbiamo prestare attenzione anche quando il semaforo è verde. L’istogramma numero 3 ce ne dà conferma: ben 29 incidenti su 100 si sono verificati in condizioni di stabilità 2: «il manto nevoso è moderatamente consolidato su alcuni pendii ripidi». Chiudendo il sacco prima di metterselo in spalla, qualcuno ha dimenticato di tirar fuori la testa ed è andato in montagna senza guardarsi intorno. Ogni escursione passa attraverso una fase iniziale che potremmo definire di programmazione; questa fase deve considerare tre fattori e verificarne la compatibilità: fattori ambientali, fattori nivo-meteorologici, fattori umani. Fattori ambientali - sono quei fattori che, in medicina, sono ritenuti favorevoli all’insorgere di una patologia. Nel nostro caso dovremo considerare che certe condizioni di pendenza, morfologia, esposizione al sole e al vento e copertura vegetale possono essere fattori favorevoli all’instabilità del manto nevoso. Fattori nivo-meteorologici - sono le condizioni del manto nevoso: quantità e qualità della neve, temperatura, effetti del vento, che mutano continuamente e che, occasionalmente, raggiungono il limite del collasso. Fattori umani - sempre con riferimento alla medicina, equivalgono alle possibilità di contagio: numero dei partecipanti, tecnica, esperienza, allenamento, affaticamento (tutti riferiti all’elemento più debole del gruppo). Possiamo sintetizzarli in tre parole: difficoltà, stabilità, idoneità. Nella fase organizzativa dobbiamo essere capaci di combinarli nel giusto dosaggio: il manto nevoso è in condizioni ottimali per permetterci una gita impegnativa, ma i compagni non sono all’altezza; viceversa, i compagni sono più che idonei, ma abbiamo cattive condizioni di stabilità della neve. Dobbiamo cambiare il programma e scendere a un livello adeguato alla preparazione dei compagni oppure, nel secondo caso, compatibile con le condizioni della neve. Siamo così ritornati al grado di pericolo: la nostra presenza costituisce un sovraccarico che può far salire di un livello il grado di pericolo di distacco naturale. Questo spiega, forse, l’origine dei distacchi che si sono verificati con il grado 2: su qualche nicchia di un pendio ripido il manto nevoso, moderatamente consolidato, non ha sostenuto il sovraccarico del gruppo. Analogamente, al livello 3, il manto nevoso gravato da un sovraccarico passerà da una condizione di 'consolidamento da moderato a debole' a 'debolmente consolidato' su molti pendii ripidi. In questo caso posso programmare un’escursione che non includa questo genere di pendii (prudenza in fase organizzativa) e stare attento a ri-
spettare il distanziamento (prudenza in fase operativa), senza dimenticare di fare attenzione alla qualità della neve, agli effetti del vento... Insomma, devo attivare tutta la mia 'scuola', che non è altro che la somma di conoscenza ed esperienza. Non ho parlato di materiali, ma è ovvio che questi devono essere adeguati all’attività che ci accingiamo a svolgere. Nella mia attività di professionista dello sci mi è successo una sola volta di dover escludere una persona da una gita, ma ho preferito il rammarico dell’esclusione al possibile rincrescimento che avrei dovuto affrontare in caso d’incidente. Qualcuno si sarà ormai chiesto cosa c’entra tutto quanto ho esposto finora con il titolo dell’articolo. Arrivo al dunque. All’inizio della stagione invernale ricevo alcuni programmi di attività escursionistica proposti da Sezioni CAI o Scuole di scialpinismo. Ogni programma propone un calendario di gite, cioè un piano rigido, del tipo: tal giorno - tale gita; io, invece, mi propongo un certo numero di gite, ma lascio la data in bianco, questa verrà decisa in base al calendario del tempo meteorologico invece che al calendario del tempo cronologico. È un programma elastico: oggi non esistono le condizioni per intraprendere questa escursione, ma è possibile metterci in cammino verso questa o quest’altra meta. Per giungere alla decisione vado per esclusione: in queste condizioni di stabilità del manto nevoso devo escludere queste gite perché potenzialmente pericolose; il livello tecnico dei compagni di escursione può portarmi ad escluderne altre, non mi resta che scegliere tra ciò che rimane. Sono ormai lontani i tempi in cui dovevo partire sempre, anzi: «Quanto peggiori sono le condizioni, tanto maggiore sarà l’efficacia dell’addestramento». A quei tempi dovevo obbedire a degli ordini e condurre in montagna il mio reparto; sia ben chiaro, chi mi ordinava di portare a termine un programma di escursioni non era né un fanatico né un imbecille. Io avevo il compito di mettere
alla prova il livello di addestramento del mio reparto e dimostrare le mie capacità di comandante. Tra queste capacità era inclusa l’attitudine a prendere delle decisioni, ma dovevo dimostrare la fondatezza delle mie decisioni e rischiavo di essere giudicato un irresponsabile se fossi passato con condizioni critiche, un incapace se fossi tornato indietro alle prime difficoltà. Sono riuscito a fare quanto mi era stato ordinato di fare, ma per farlo ho dovuto imparare a considerare bene la situazione e questo ha affinato le mie capacità di valutazione e accresciuto la mia esperienza; riconosco che la buona sorte mi ha perdonato qualche sbaglio di cui mi sono accorto solo dopo averlo commesso e, probabilmente, altri errori di cui non mi sono mai reso conto. A quei tempi non ero ancora a conoscenza della legge di Murphy! È giunto il momento di concludere. A mio parere la scelta della gita deve seguire la valutazione che ho indicato sopra, ma al primo criterio di valutazione, le difficoltà tecniche, devo aggiungere un altro parametro: - gita da non effettuarsi con pericolo di valanghe forte; - gita da non effettuarsi con pericolo di valanghe marcato; - gita possibile in ogni condizione, con particolare attenzione a… Come ho già detto, è mia abitudine procedere per esclusione: non posso andare né qui né là, ma posso scegliere tra questa e quest’altra opportunità. Ho usato volutamente la parola opportunità perché mi richiama alla memoria il 'carpe diem' di cui parlava Orazio. Qualcuno lo traduce letteralmente in 'cogli l’oggi', cioè vivi alla giornata; io preferisco quell’interpretazione che dice 'cogli l’attimo fuggente'. Cogli ogni occasione per andare in montagna e, al momento, si presenta solo questa: ci sei già stato? Non t’inquietare, che forse oggi avrai altre ragioni d’inquietudine; tornaci ancora, godi l’attimo fuggente di una giornata serena, perché è questo che cerchi sui monti. Almeno spero.
62 > ski-touring
SICUREZZA TESTO : Sebastiano Salvetti
SALVIAMOCI LE PELLI
60 prodotti antivalanga. Non solo pala, sonda e Artva, ma anche zaini dotati di airbag, segnalatori GPS, kit per il pronto soccorso e la diagnosi della neve. Scelti dalla redazione tecnica di Ski-alper
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ll’inizio è uno sbuffo bianco. Apparentemente la conseguenza di un refolo di vento. Poi si gonfia. Cresce. Si espande. Il fragore copre ogni altro suono. E poco prima della nube bianca arriva il muro d’aria. Che ti solleva, ti sovrasta. Colpisce con la delicatezza di Mike Tyson. Con la leggerezza di un plinto di cemento preme sullo sterno, sugli arti, sul viso. Mentre la neve entra nel collo, nella bocca, negli occhi, a sigillare ogni spazio. Al pari di una bambola di pezza, mantenere un minimo di congruenza morfologica è l’unico obiettivo. Poi buio. Freddo. Gelo. Silenzio. La valanga ha compiuto il proprio corso… Un tempo si assisteva pressoché inermi all’evento più nefasto che ogni ski-alper possa immaginare. Oggi, sebbene l’esatta previsione di un distacco resti utopica, esistono strumenti per scongiurarne gli effetti peggiori. In ogni fase. A partire dalla 'lettura' della neve, per passare all’immediata reazione, affidandosi a tecnologie spesso mutuate dal mondo automobilistico, ovvero air bag che favoriscano galleggiamento e protezione del capo, fino all’epilogo più drammatico: la ricerca del sepolto. Rito affidato alla 'triade' della salvezza composta da Artva, pala e sonda. Triade inscindibile perché il solo Artva, ovvero l’apparecchio per la ricerca dei travolti in valanga, senza utensili che consentano di scavare ed effettuare uno scandaglio meccanico fine, è utile quanto un bicchiere d’acqua in un incendio. E poi il soccorso, con la seguente, febbrile, comunicazione a ulteriori fonti di aiuto. Per non venire mai colti di sorpresa, ecco un’analisi di 60 prodotti che possono salvare la vita. Dalla sonda più semplice ed economica a quella che integra un Artva semplificato, passando per pale in fibra di carbonio o dalla modularità avveniristica, ponendo massima attenzione ai sistemi di ricerca in valanga, agli zaini dotati di airbag, ai trasmettitori GPS e ai kit di primo soccorso. Prodotti da scegliere con i consigli di Ski-alper, senza parsimonia e con la massima attenzione. Da conoscere come le proprie tasche. Perché se mai capiterà di dovervisi affidare, accadrà in un istante. Senza esitazioni. Senza margini d’errore. E soprattutto, senza libretti d’istruzioni.
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Nelle foto, da sinistra Durante un'esercitazione un soccorritore è al lavoro prima con l'Artva, poi con Artva e sonda e infine solo con la sonda
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SICUREZZA
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ARTVA Analogico, digitale, oppure entrambi L’Artva, o strumento elettronico per la ricerca delle persone travolte in valanga, è una ricetrasmittente di segnale impostata sulla frequenza dei 457 kHz. L'apparecchiatura viene indossata in modalità di trasmissione permettendo ai soccorritori di commutare l'apparecchio in ricezione per localizzare gli strumenti dei travolti. Gli Artva di prima generazione erano basati sulla tecnologia analogica. Questa tecnologia prevede che l’individuazione della direzione e della distanza dell’apparecchio da ricercare vengano desunte esclusivamente dall’intensità del segnale acustico emesso dall’apparecchio ricevente che, semplificando, aumenta al diminuire della distanza. Per affrontare meglio i casi di seppellimento multiplo e profondo, i costruttori hanno introdotto apparecchi principalmente a due e tre antenne, così da operare sulle tre coordinate spaziali. Il passaggio a questi sistemi è stato accompagnato dall’avvento della tecnologia digitale. Quest’ultima consente di elaborare il segnale captato, trasformandolo in una vera e propria scansione dell’area di ricerca grazie a indicazioni visive, riportate mediante display, di direzione e distanza dall’apparecchio trasmittente. Schiudendo le porte a un’ulteriore opportunità: la marcatura. Una volta individuato il sepolto, il suo segnale può venire escluso così da non interferire nella ricerca di ulteriori dispersi.
1+ Arva Axis
Apparecchio a 3 antenne in grado di operare in modalità sia digitale sia analogica. In caso di seppellimento multiplo rileva più vittime, creando una lista con priorità di ricerca e possibilità di marcatura dei sepolti. Autonomia di oltre 250 ore. È dotato di rilevatore di movimento: restando immobili per 4 o 8 minuti, ad esempio in fase di scavo o di seconda valanga, commuta automaticamente la modalità ricezione in trasmissione. Cinque anni di garanzia. www.arva-equipment.com Tecnologia: analogico - digitale Antenne: 3 Portata: 50 m Alimentazione: 4 batterie alcaline AAA Peso: 260 g Dimensioni: 135 x 80 x 25 mm Prezzo: 300 euro Pro Funzione rilevatore di movimento Contro Peso
2+ BCA Tracker DTS
Meno funzioni, massima intuitività, come da tradizione americana in materia di Artva. Il display a Led indica direzione e distanza del sepolto più vicino. In caso di seppellimento multiplo è possibile restringere l’area di ricerca, ma non escludere singoli apparecchi. Autonomia di oltre 250 ore. Il comparto batterie è dotato di una speciale schermatura contro freddo e agenti atmosferici. www.backcountryaccess.com Tecnologia: digitale Antenne: 2 Portata: 40 m Alimentazione: 3 batterie alcaline AAA Peso: 245 g Dimensioni: 132 x 86 x 25 mm Prezzo: nd Pro Semplicità d’utilizzo Contro Funzione marcatura assente
3+ Fitre SnowBip II
Il più tradizionale dei sistemi Artva in commercio, caratterizzato dalla sola tecnologia di ricerca analogica e da un’unica antenna. Autonomia molto elevata: 430 ore. Corredato dell’auricolare dedicato (14 euro), consente la localizzazione del sepolto con una precisione nell’ordine dei 30 cm. Tenuta stagna al 100% anche in caso di totale immersione. www.fitre.it Tecnologia: analogico Antenne: 1 Portata: da 60 a 120 m Alimentazione: 2 batterie alcaline AA Peso: 280 g (batterie incluse) Dimensioni: 135 x 80 x 25 mm Prezzo: 289 euro Pro Autonomia Contro Richiede esperienza nell’utilizzo
4+ Fitre SnowBip RT3
Autonomia molto elevata, 450 ore, e software aggiornabile per l’Artva italiano caratterizzato dalla tecnologia di ricerca sia analogica sia digitale. Indicazioni visive di distanza, direzione e intensità del segnale. Display retroilluminato. Non permette di isolare e marcare il singolo segnale in caso di seppellimento multiplo. Tenuta stagna al 100% anche in caso di totale immersione. www.fitre.it Tecnologia: analogico - digitale Antenne: 2 Portata: da 60 a 100 m Alimentazione: 2 batterie alcaline AA Peso: 255 g (batterie incluse) Dimensioni: 135 x 75 x 26 mm Prezzo: 349 euro Pro Doppia tecnologia di ricerca Contro Funzione marcatura assente
5+ Mammut Element Barryvox
Semplicità e intuitività senza rinunciare a funzioni avanzate, oltretutto gestibili con un unico pulsante. Artva digitale a 3 antenne che, analogamente al professionale Pulse Barryvox, permette di isolare e marcare il singolo segnale in caso di seppellimento multiplo. Il display visualizza numero delle persone coinvolte, distanza e direzione di ricerca. Conversione automatica in modalità trasmissione ogni 8 minuti e autonomia di oltre 200 ore. www.mammut.ch Tecnologia: digitale Antenne: 3 Portata: 60 m Alimentazione: 3 batterie alcaline AAA Peso: 210 g (batterie incluse) Dimensioni: 113 x 75 x 27 mm Prezzo: 289 euro Pro Semplicità d’utilizzo Contro Display privo di retroilluminazione
6+ Mammut Pulse Barryvox
Dedicato a guide e soccorritori professionisti, opera in modalità sia analogica sia digitale. Display con indicazioni di direzione a 360°. Set up base o avanzato; quest’ultimo consente anche la ricerca fine a distanza ridotta. Permette di isolare e marcare il singolo segnale in caso di seppellimento multiplo. Il display riporta una mappatura completa delle persone coinvolte. In caso di ricezione da un altro Pulse è in grado di rilevare i parametri vitali del sepolto. www.mammut.ch Tecnologia: analogico - digitale Antenne: 3 Portata: oltre 60 m Alimentazione: 3 batterie alcaline AAA Peso: 210 g (batterie incluse) Dimensioni: 113 x 75 x 27 mm Prezzo: 379 euro Pro Funzioni di ricerca Contro Prezzo
7+ Pieps DSP Tour
Artva digitale a 3 antenne. Il display indica la presenza di più vittime, distanza e direzione da seguire per il soccorso. Permette di isolare e marcare il singolo segnale in caso di seppellimento multiplo. Dotato di connessione per auricolari, è accreditato di un’autonomia di oltre 200 ore. Gestione delle funzioni mediante un unico tasto. www.pieps.com Tecnologia: digitale Antenne: 3 Portata: 50 m Alimentazione: 3 batterie alcaline AAA Peso: 198 g (batterie incluse) Dimensioni: 116 x 75 x 27 mm Prezzo: 310 euro Pro Leggerezza Contro Display piccolo
8+ Pieps Vector
È dotato di 3 antenne per la ricezione più una quarta antenna con funzione di autocontrollo. Contrariamente ai concorrenti sfrutta una batteria ricaricabile al litio; è comunque disponibile un adattatore per pile alcaline. Corredato da un segnalatore GPS, è in grado di trasmettere le coordinate del ricevente a ulteriori soccorritori. Effettua una mappatura dei sepolti permettendo di isolare e marcare il singolo segnale. Interfaccia USB per il trasferimento dati. Commutazione da ricezione a trasmissione con la semplice chiusura dell’antenna. www.pieps.com Tecnologia: digitale Antenne: 4 Portata: 80 m Alimentazione: batteria ricaricabile al litio Peso: 200 g Dimensioni: 132 x 75 x 26 mm Prezzo: 540 euro Pro Ampia portata circolare Contro Prezzo
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SICUREZZA
SONDE Obiettivo rigidità e rapidità
Dopo l’azione dell’Artva tocca alla sonda circoscrivere meccanicamente la zona di ricerca per individuare il sepolto e iniziare l’estrazione. Le caratteristiche più importanti di una sonda consistono nella rigidità, onde evitare deformazioni in fase di penetrazione, e nel poter contare sia su di un sistema di tensione efficace sia su di un bloccaggio del cordino rapido e intuitivo. A questo proposito, il sistema mediante cavo elasticizzato da annodare e incastrare in una fenditura richiede esperienza, forza e precisione, rivelandosi spesso troppo complesso nelle fasi più concitate del soccorso.
1+ Arva Alp
Ideale in caso di condizioni climatiche particolarmente avverse grazie al sistema di montaggio e sblocco rapido. Cordino in Kevlar e diametro tubi di 10,86 millimetri. Tacche di profondità ogni 5 centimetri. www.arva-equipment.com Materiale: alluminio Sezioni: 6 Lunghezza: 240 cm Peso: 230 g Prezzo: 49 euro Pro Sistema di montaggio rapido Contro Punta arrotondata
2+ BCA Spot203
Dagli States una sonda semplice e robusta. Diametro tubi di 11 millimetri. Il cavo di tensionamento è ricoperto da una guaina che ne favorisce la scorrevolezza. Tacche di profondità ogni centimetro. www.backcountryaccess.com Materiale: alluminio Sezioni: 9 Lunghezza: 203 cm Peso: 241 g Prezzo: nd Pro Robustezza Contro Lunghezza ridotta
3+ BCA Carbon 260
Tubi in carbonio da 10 millimetri di diametro per la sonda americana, disponibile anche con lunghezza di 340 centimetri. Tacche di profondità ogni centimetro. Sistema di montaggio e sblocco rapido. Ripiegata ha una lunghezza di 42 centimetri. www.backcountryaccess.com Materiale: carbonio Sezioni: 7 Lunghezza: 260 cm Peso: 213 g Prezzo: nd Pro Leggerezza Contro Non compatibile con il sistema 'pala e sonda in uno' by BCA
4+ Black Diamond QuickDraw Tour Probe 190
Massima semplicità, ma non rinuncia al sistema di montaggio rapido e alla parte sommitale dell’impugnatura rivestita in materiale antiscivolo. Punta più ampia
del diametro del tubo per agevolare lo scorrimento. www.blackdiamondequipment.com Materiale: alluminio Sezioni: 5 Lunghezza: 190 cm Peso: 223 g Prezzo: 39,90 euro Pro Prezzo Contro Lunghezza ridotta
5+ Black Diamond QuickDraw Carbon Fiber Probe 240
6 sezioni con tubi in fibra di carbonio. Nella parte sommitale l’impugnatura è rivestita in materiale antiscivolo per agevolare l’utilizzo con i guanti bagnati. Punta più ampia del diametro del tubo per agevolare lo scorrimento. www.blackdiamondequipment.com Materiale: carbonio Sezioni: 6 Lunghezza: 240 cm Peso: 240 g Prezzo: 79,90 euro Pro Grip impugnatura Contro Peso elevato per una sonda in carbonio
6+ Camp Light
6 sezioni con tubo in alluminio e cordino di connessione da due millimetri in Dyneema, fibra sintetica con resistenza paragonabile ai cavi in acciaio, ma con minore stress in caso di torsioni e piegamenti. Montaggio rapido. www.camp.it Materiale: alluminio Sezioni: 6 Lunghezza: 240 cm Peso: 263 g Prezzo: 44 euro Pro Sistema di montaggio rapido Contro Peso
7+ Camp Carbon
133 g: un vero e proprio record in termini di leggerezza. La sonda Camp è composta da 6 sezioni in carbonio di 44 centimetri con cordino di connessione da 2 millimetri in fibra sintetica Dyneema. Tacche di profondità ogni 5 centimetri. www.camp.it Materiale: carbonio Sezioni: 6 Lunghezza: 240 cm
Peso: 133 g Prezzo: 78 euro Pro Leggerezza Contro Sistema di blocco a nodo
8+ Ferrino Powder
Sonda che fa dell’essenzialità il proprio credo. È composta da 6 tubi in alluminio con sezioni da 40 centimetri. Blocco mediante il tradizionale sistema a nodo del cordino. Completa di custodia. Tacche di profondità assenti. www.ferrino.it Materiale: alluminio Sezioni: 6 Lunghezza: 240 cm Peso: 180 g Prezzo: 48 euro Pro Leggerezza Contro Tacche di profondità assenti
9+ Ferrino Avalanche
Composta da 6 sezioni da 38 cm, la sonda italiana in alluminio beneficia del sistema di montaggio e sblocco rapido. Cavo in acciaio rivestito con guaina antiusura. Completa di custodia. Tacche di profondità ogni 5 centimetri. www.ferrino.it Materiale: alluminio Sezioni: 6 Lunghezza: 230 cm Peso: 230 g Prezzo: 58,70 euro Pro Sistema di montaggio rapido Contro Impugnatura antiscivolo assente
10+ Mammut Probe Light
6 sezioni da 44 centimetri con tubi in alluminio del diametro di 10 mm. Cavo in Dyneema per contenere il peso. Punta in alluminio a forma di goccia. Tacche di profondità ogni 10 centimetri. Custodia con istruzioni per le emergenze. www.mammut.ch Materiale: alluminio Sezioni: 6 Lunghezza: 240 cm Peso: 180 g Prezzo: 55 euro PrO Leggerezza Contro Sistema di blocco a nodo
11+ Pieps Probe Aluminium
Tubi in alluminio di generoso diametro (12,5 millimetri) e 6 sezioni da 42 centimetri. Disponibile anche in versione da 300 centimetri, con peso di 330 grammi. Sistema di montaggio e sblocco rapido. Garanzia di due anni. www.pieps.com Materiale: alluminio Sezioni: 6 Lunghezza: 260 cm Peso: 290 g Prezzo: 50 euro Pro Robustezza Contro Peso
12+ Pieps iProbe One 260
Tecnologia a profusione: funge da ricevente con portata di due metri per trasmettitori Artva, in grado di escludere singoli apparecchi in caso di seppellimento multiplo, segnalando acusticamente l’avvicinarsi dell’obiettivo. Sistema di montaggio e sblocco rapido. Alimentata con una batteria alcalina AA da 1,5 Volt, è disponibile anche nella lunghezza di 220 centimetri (350 grammi). www.pieps.com Materiale: alluminio e carbonio Sezioni: 6 Lunghezza: 260 cm Peso: 390 g (batteria inclusa) Prezzo: 151 euro Pro Efficacia in fase di ricerca Contro Peso
13+ Salewa Lightning 320 Carbon Pro
Massima rigidità e robustezza grazie a tubi in carbonio del diametro di 13 millimetri. Sistema di montaggio e sblocco rapido. 7 sezioni da 45 centimetri. Grazie alla notevole lunghezza è ideale in caso di seppellimento profondo. www.salewa.it Materiale: carbonio Sezioni: 7 Lunghezza: 320 cm Peso: 345 g Prezzo: 79,90 euro Pro Robustezza Contro Peso elevato per una sonda in carbonio
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SICUREZZA
PALE Leggera, telescopica o modulare, purché robusta
Dopo che l’Artva ha individuato i dispersi e la sonda ha stabilito il punto esatto di sepoltura, assoluta protagonista diviene la pala. Leggera o meno, in alluminio o in carbonio, fissa o telescopica, ciò che conta è che sia robusta. Nel dettaglio, sono preferibili modelli con manico non a sezione tonda, in quanto la rotazione dei componenti non favorisce la rapidità d’assemblaggio, telescopici, per agevolare nella fase di scavo contenendo al contempo gli ingombri, e con impugnatura ergonomica. Le benne con profilo superiore rettilineo garantiscono un saldo punto di spinta con il piede, se sufficientemente concave fanno sì che la neve non scivoli di lato adottando movimenti 'a pagaia'.
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Dalla Francia un’innovazione mutuata dagli States: la pala può essere trasformata in zappa, utile lungo i pendii più ripidi, innestando la benna nell’impugnatura a T modificata. Manico telescopico. www.arva-equipment.com Materiale: alluminio Telescopica: sì Manico: 45-60 cm Pala: 24 x 24 cm Peso: 630 g Prezzo: 48 euro Pro Modularità Contro Ingombri impugnatura
2+ BCA B-1 Ext
Punta su compattezza e robustezza la pala americana, forte di una benna con vistose nervature di rinforzo. Disponibile anche in versione con manico fisso da 40,5 centimetri e peso di 525 grammi. www.backcountryaccess.com Materiale: alluminio Telescopica: sì Manico: 40,5-56,5 cm Pala: 23 x 25,5 cm Peso: 595 g Prezzo: nd
Pro Ingombri contenuti Contro Peso
3+ BCA A-1 Probe System
Pala e sonda in uno: il manico, smontabile e disponibile anche in versione telescopica, può ospitare una sonda da 240 centimetri oppure una sega da neve e ghiaccio con lama da 35 centimetri. www.backcountryaccess.com Materiale: alluminio Telescopica: no Manico: 66 cm Pala: 23 x 25,5 cm Peso: 749 g Prezzo: nd Pro Modularità Contro Peso
4+ Black Diamond Transfer 7
Il suo punto di forza è la capacità di rimozione della neve, legata alla benna generosa abbinata al manico telescopico a sezione trapezoidale particolarmente lungo. Impugnatura ottimizzata per l’uso con i guanti. www.blackdiamondequipment.com Materiale: alluminio
Telescopica: sì Manico: 69-86 cm Pala: 39 x 25 cm Peso: 770 g Prezzo: 59,90 euro Pro Capacità di scavo Contro Ingombri per il trasporto
5+ Black Diamond Deploy 3
Obiettivo compattezza per la pala Black Diamond, forte della possibilità di far scorrere il manico, lievemente curvo e a sezione trapezoidale, attraverso l’innesto della benna fino a parziale sovrapposizione. www.blackdiamondequipment.com Materiale: alluminio Telescopica: sì Manico: nd Pala: 31 x 25 cm Peso: 565 g Prezzo: 59,90 euro Pro Ingombri contenuti Contro Appoggio piede non rettilineo
6+ Camp Alu Fix
Obiettivo semplicità. La struttura è in alluminio anodizzato, con il manico a sezione ovale, così da evitare rotazioni, rimovibile.
Impugnatura ergonomica a T. Benna con 4 fori alle estremità per facilitare gli ancoraggi su neve. www.camp.it Materiale: alluminio Telescopica: no Manico: 38 cm Pala: 22 x 25 cm Peso: 558 g Prezzo: 32 euro Pro Prezzo Contro Manico corto
7+ Camp Crest Touring
Nasce per le competizioni e i grantour. Peso ridotto grazie all’abbinamento di manico in alluminio, telescopico e amovibile con sezione a goccia, con benna in materiale termoplastico. Conforme ai regolamenti ISMF. www.camp.it Materiale: alluminio-plastica Telescopica: sì Manico: 35-58 cm Pala: 20 x 20 cm Peso: 400 g Prezzo: 40 euro Pro Leggerezza Contro Capacità di scavo
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8+ Ferrino Storm 1
Impugnatura ergonomica a T e manico telescopico per la pala da neve Ferrino. Brilla per semplicità costruttiva e rapporto qualità/prezzo. Benna con 4 fori alle estremità per facilitare gli ancoraggi su neve. www.ferrino.it Materiale: alluminio Telescopica: sì Manico: nd Pala: 22 x 25 cm Peso: 500 g Prezzo: 35,40 euro Pro Prezzo Contro Appoggio piede non rettilineo
9+ Ferrino Storm 2
Grande capacità di scavo grazie alla benna particolarmente generosa: ben 30 centimetri di larghezza. Impugnatura ergonomica a T. Innesto rinforzato del manico telescopico nella benna. www.ferrino.it Materiale: alluminio Telescopica: sì Manico: nd Pala: 25 x 30 cm Peso: 600 g Prezzo: 44 euro
Pro Capacità di scavo Contro Peso
10+ Mammut Alugator Super Light
Pala smontabile in alluminio anodizzato. Il manico triangolare s’innesta in profondità nella benna onde evitare torsioni e deformazioni. Fori di fissaggio per la creazione di una barella d’emergenza. Impugnatura a T. www.mammut.ch Materiale: alluminio Telescopica: no Manico: 59 cm Pala: 26,0 x 21,5 cm Peso: 530 g Prezzo: 49 euro Pro Robustezza Contro Ingombri
11+ Merelli Race
Una piuma: con un peso di 145 grammi, la pala dell’italiana Merelli è ideale per l’utilizzo agonistico. Struttura interamente in carbonio. Omologata ISMF, ha l’impugnatura sferica anziché a T per prevenire traumi da caduta. www.merelliski.it Materiale: carbonio Telescopica: no
Manico: nd Pala: nd Peso: 145 g Prezzo: 100 euro Pro Leggerezza Contro Prezzo
12+ Pieps Tour
Robustezza ed ergonomia sono i suoi punti di forza. Il manico ovale, amovibile, scongiura torsioni, mentre l’impugnatura a T agevola in fase di scavo. Disponibile anche in versione telescopica (+185 g). Garanzia di 2 anni. www.pieps.com Materiale: alluminio Telescopica: no Manico: 45 cm Pala: nd x 22 cm Peso: 520 g Prezzo: 45 euro Pro Robustezza Contro Appoggio piede non rettilineo
13+ Pieps Racer
Creata utilizzando una lega d’alluminio particolarmente resistente, si rivela funzionale in caso di scavi impegnativi. Impugnatura integrabile nella benna durante il trasporto. Disponibile anche in
versione telescopica (+115 g). www.pieps.com Materiale: alluminio Telescopica: no Manico: 49 cm Pala: nd x 21 cm Peso: 545 g Prezzo: 60 euro Pro Ingombri contenuti Contro Appoggio piede non rettilineo
14+ Salewa Professional
Non punta tanto sulla leggerezza quanto sulla robustezza. Sia il manico sia la benna sono realizzati in alluminio sottoposto a un doppio ciclo di forgiatura. Lama affilata per scavi impegnativi in presenza di nevi ghiacciate. www.salewa.it Materiale: alluminio Telescopica: sì Manico: 43-70 cm Pala: 28 x 22,5 cm Peso: 610 g Prezzo: 44,90 euro Pro Robustezza Contro Peso
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SICUREZZA
ZAINI Cuscino sicuro, ma pesante
Il miglior metodo per scongiurare gli effetti di una valanga? Evitarla. O, quanto meno, non venire sepolti. Una delle soluzioni più efficaci e moderne consiste nel dotarsi di uno zaino corredato di airbag. Soluzione imperniata su di una caratteristica dinamica tipica delle materie granulari, in quanto i grumi di grandi dimensioni tendono a risalire in superficie, laddove i più piccoli si concentrano verso il basso. Coerentemente con questa teoria, una volta gonfiato il cuscino d’aria, lo zaino massimizza il volume dello sciatore e, come un grosso granulo, lo spinge all’estremità superiore del flusso di neve. L’attivazione dell’airbag avviene mediante la trazione di una maniglia collocata lungo uno spallaccio. Entra così in azione una piccola carica che perfora il sistema di chiusura della bombola: il gas, fuoriuscendo, gonfia il cuscino. Un sistema efficace ma costoso, che comporta un sensibile aggravio di peso (circa 1.500 grammi) e che non sempre è tollerato, viaggiando, dalle compagnie aeree.
1+ ABS Powder Base Unit 15L
Sfrutta il sistema Powder Base Unit (1.200 grammi), forte di cintura pettorale con regolazione variabile dell'altezza e airbag laterali in grado di garantire un volume di galleggiamento di 170 litri. Ogni airbag ha un volume di 85 litri. Cartuccia di ricarica in acciaio o carbonio. L’unità si applica mediante zip a uno zaino a singola cerniera nastrata superiore da 5 o 15 litri, dotato di scomparto principale più alloggiamento per l’equipaggiamento d’emergenza. www.absairbag.com Volume zaino: 15 l Scomparti: 2 Idratazione: no Airbag: 2
Volume di galleggiamento: 170 l Peso: 2.200 g (con cartuccia in carbonio) Prezzo: 844 euro (zaino+unità airbag Powder+cartuccia in carbonio) Pro Leggerezza Contro Ridotto numero di scomparti
2+ ABS Vario Base Unit Zip-On 25
Sfrutta il sistema ABS Vario Base Unit (1.200 g) forte di airbag laterali in poliammide in grado di garantire un volume di galleggiamento di 170 litri. La funzione wireless consente di attivare in contemporanea i sistemi ABS dei compagni d’escursione. Ogni airbag ha un volume di 85 litri. Cartuccia di ricarica in acciaio o carbonio. L’unità si applica mediante zip
a zaini da 15, 18, 25 e 40 litri e può sopportare una portata massima di 80 kg. www.absairbag.com Volume zaino: 25 l Scomparti: multipli Idratazione: no Airbag: 2 Volume di galleggiamento: 170 l Peso: 2.600 g (con cartuccia in carbonio) Prezzo: 879 euro (zaino+unità airbag Vario+cartuccia in carbonio) Pro Leggerezza Contro Prezzo
3+ Arva X-Over 28
Adotta il sistema Vario Base Unit (1.200 g) della tedesca ABS, forte di 2 air bag laterali in poliammide da 85 litri in grado
di garantire un volume di galleggiamento di 170 litri. Tale sistema viene applicato mediante cerniere nastrate e funziona anche qualora un singolo cuscino venga danneggiato. Adatto per escursioni giornaliere, ha una capienza di 28 litri. Cinghia ventrale regolabile in altezza. www.arva-equipment.com Volume zaino: 28 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Air bag: 2 Volume di galleggiamento: 170 l Peso: 1.110 g (senza sistema airbag) Prezzo: 130 euro (senza sistema airbag) Pro Volume di galleggiamento Contro Laccioli porta sci senza alcun rivestimento
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4+ BCA Float 18
Piccolo formato, grande sicurezza. Lo zaino americano, caratterizzato da un doppio scomparto cui si abbina uno spazio dedicato esclusivamente a pala e sonda, è dotato di airbag da 150 litri. Il cuscino d’aria, data la collocazione in prossimità della testa, protegge il capo durante le fasi del trascinamento. www.backcountryaccess.com Volume zaino: 18 l Scomparti: 3 Idratazione: no Airbag: 1 Volume di galleggiamento: 150 l Peso: 2.948 g Prezzo: nd Pro Protezione a livello della testa Contro Peso
5+ BCA Float 36
Zaino grande formato con telaio interno in alluminio e cinghie di compressione per il carico. Compatibile con il sistema d’idratazione, è dotato di un unico airbag, collocato in prossimità del capo, forte di un volume di 150 litri. Il sistema airbag pesa, da solo, 1.587 grammi. Tasca dedicata per pala e sonda. Zip termonastrate. www.backcountryaccess.com Volume zaino: 36 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Airbag: 1
Volume di galleggiamento: 150 l Peso: 3.492 g Prezzo: nd Pro Protezione a livello della testa Contro Peso
6+ Ferrino Powder Safe 18
A differenza del più capiente modello CyberSafe, prevede l’alloggiamento dell’airbag in uno scomparto amovibile interno anziché negli spallacci, così da consentire un utilizzo anche estivo dello zaino. Il cuscino si gonfia in 3 secondi e, oltre a favorire il galleggiamento, protegge in particolar modo il capo. Zaino in Cordura con fascia lombare e nastro cosciale anti scalzamento. Tasca frontale per pala e sonda. www.ferrino.it Volume zaino: 18 l Scomparti: 2 Idratazione: compatibile Airbag: 1 Volume di galleggiamento: 150 l Peso: 2.700 g Prezzo: 810 euro Pro Airbag rimovibile Contro Ridotto numero di scomparti
7+ Ferrino CyberSafe 30
Integra un sistema airbag da 150 litri dell’elvetica Snowpulse, forte di tempi
di gonfiaggio nell’ordine dei 3 secondi. Progettato per una temperatura minima di utilizzo di -30 gradi, garantisce, oltre al galleggiamento, un’elevata protezione a livello del collo e della testa grazie alla conformazione a U del cuscino. Zaino in Cordura con dorso e spallacci imbottiti, fascia lombare e nastro cosciale anti scalzamento. Disponibile anche con capienza ridotta a 20 litri (2.950 g). www.ferrino.it Volume zaino: 30 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Airbag: 1 Volume di galleggiamento: 150 l Peso: 3.100 g Prezzo: 819 euro Pro Protezione a livello del collo e della testa Contro Gonfiaggio airbag non simultaneo
8+ Mammut Ride R.A.S. 30
Analogamente al Ferrino Powder Safe 18 prevede l’alloggiamento del sistema airbag dell’elvetica Snowpulse in uno scomparto amovibile interno, così da consentire un utilizzo anche estivo dello zaino. Schienale imbottito con telaio di rinforzo a V in alluminio dallo spessore di 6 mm. Disponibile anche in configurazione da 22 litri. www.mammut.ch
Volume zaino: 30 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Airbag: 1 Volume di galleggiamento: 150 l Peso: 2.400 g (bombola non inclusa) Prezzo: 600 euro (bombola non inclusa) Pro Airbag rimovibile Contro Ingombro sistema airbag
9+ Salewa Mountain Guide 38 Abs Carbon
Sviluppato in collaborazione con la tedesca ABS, ne mutua il sistema Vario Base Unit (1.200 grammi) forte di airbag laterali in poliammide in grado di garantire un volume di galleggiamento di 170 litri. Zaino in Cordura con sistema di chiusura a moschettone che agevola in caso di temperature estreme e guanti ingombranti. Boccole fluorescenti per l’utilizzo notturno. Zip laterale per un facile accesso. www.salewa.it Volume zaino: 38 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Airbag: 2 Volume di galleggiamento: 170 l Peso: 3.760 g (con cartuccia in carbonio) Prezzo: 899 euro (con cartuccia in carbonio) Pro Modularità Contro Peso
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72 > ski-touring
SICUREZZA
ELETTRONICA Mantenere la posizione
Orientarsi, comunicare, chiedere aiuto: priorità dopo il primo soccorso post valanga. Pur escludendo i telefoni satellitari, il cui prezzo supera spesso il valore dell’intera attrezzatura da ski-alp, così come i cellulari, sovente fuori gioco a causa dell’assenza di copertura di rete, esistono strumenti per non essere 'muti' e 'sordi' nei confronti del mondo. Evitando oltretutto di dover abbandonare un compagno in difficoltà.
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1+ Garmin GPSMap 62ST
Navigatore satellitare dedicato a scialpinisti e operatori professionali del soccorso. Il display LCD a 65.000 colori da 2.6” consente di visualizzare la topografia precaricata di 30 Paesi europei inclusi sentieri, fiumi, laghi e parchi naturali. Possibilità di creare e salvare way point. La bussola elettronica a tre assi compensa l’eventuale inclinazione. Corredato di altimetro barometrico, è alimentato mediante 2 batterie alcaline AA per un’autonomia fino a 20 ore. Impermeabile e arricchito dal servizio BirdsEye Imagery che consente agli abbonati di consultare immagini satellitari ad alta risoluzione. Dimensioni abbastanza compatte (160 x 61 x 36 mm, 260 g). Costa 479 euro. www.garmin.it Pro Ricchezza della cartografia Contro Sistema 'chiuso': non consente di chiedere aiuto
2+ Globalstar Spot 2
Localizzatore GPS con cui chiedere aiuto comunicando la propria posizione mediante coordinate. In caso di valanga, e in assenza di copertura telefonica, permette di allertare i soccorsi senza abbandonare il travolto. Invia messaggi di testo preregistrati verso i telefoni cellulari selezionati attraverso la pagina internet dedicata a ogni utente. È possibile contattare a mezzo sms o posta elettronica fino a 10 numeri GSM o indirizzi e-mail, oppure allertare il 911, numero di soccorso internazionale, che attraverso la centrale operativa gestisce gli interventi. Attivo in qualsiasi luogo del mondo, è corredato dalla funzione di tracciamento degli itinerari (39 euro). Il dispositivo costa 179 euro, l’abbonamento annuale ai servizi di soccorso e messaggistica 99 euro. Alimentato con 3 batterie al litio AAA, ha dimensioni compatte (94 x 66 x 25 mm) e pesa 147 grammi. www.findmespot.eu Pro Facilità di utilizzo Contro Tasti piccoli per l’uso con i guanti
3+ Globalstar Spot Connect
Trasforma qualsiasi smartphone con sistema operativo Apple oppure Android
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in un localizzatore satellitare. È sufficiente associare mediante Bluetooth telefono e dispositivo per collegarsi alla rete satellitare mondiale e inviare sia messaggi di testo sia coordinate, indipendentemente dalla copertura GSM. Condivide tutte le funzioni del sistema Spot 2. Costa 199 euro, mentre l’abbonamento annuale ai servizi di soccorso e messaggistica è proposto a 99 euro. Ha dimensioni molto compatte (76 x 66 x 32 mm) e pesa 49 grammi. www.findmespot.eu Pro Ingombri ridotti Contro Tempo richiesto per la connessione Bluetooth
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4+ Midland Ski System
Spesso il cellulare non ha campo, ma quando è possibile utilizzarlo diviene fondamentale avere le mani libere, specie durante le operazioni di soccorso. Il dispositivo Bluetooth Midland BT Ski, applicabile al casco oppure indossabile mediante auricolare tipo scalda orecchie, permette di chiamare e rispondere parlando al contempo in modalità interfono con un dispositivo analogo entro un raggio di 200 metri. Abbinato alle ricetrasmittenti PMR 446 mediante cavo, oppure wireless con il ricetrasmettitore Midland G8 BT, consente di contattare più persone contemporaneamente fino a 12 km. Comunicazione attivabile mediante comandi vocali. Alimentato con batterie al litio, costa 139 euro. Il ricetrasmettitore PMR446 G8 BT (110 x 58 x 32 mm e 114 g senza batterie) è offerto a 138 euro. www.midlandradio.eu Pro Utilizzo a mani libere Contro Portata limitata
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5+ Pieps Backup Transmitter
Trasmettitore d’emergenza in caso di valanga secondaria. Si attiva solo qualora il soccorritore resti immobile e non vi siano altre trasmissioni in corso nelle vicinanze. Viene captato da qualsiasi Artva. Alimentato con una batteria alcalina AAA, ha una portata di 40 metri, pesa 70 g e ha dimensioni di 62 x 47 x 19 mm. Costa 116 euro. www.pieps.com Pro Attivazione automatica Contro Portata limitata
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73 > ski-touring
ACCESSORI Pronto intervento
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Dagli strumenti per analizzare manto nevoso e pendio ai kit di primo soccorso, senza dimenticare i prodotti che possono facilitare la sopravvivenza in valanga o la segnalazione della posizione. Ecco i migliori accessori per rendere completa la dotazione di sicurezza di ogni ski-alper.
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Il kit di primo soccorso francese punta sulla completezza piuttosto che sulla compattezza. Contiene articoli dello specialista in materiale sanitario Hartmann quali coperta isotermica, bende di piccolo, medio e grande formato, fasce elastiche, cerotti di ogni dimensione, garze e un nutrito kit per la medicazione. La confezione ha dimensioni importanti (230 x 200 x 60 mm) e pesa 295 grammi. Costa 40 euro. www.arva-equipment.com
2+ BCA Snow Study Kit
Kit per l’analisi del manto nevoso. Contiene un inclinometro in grado di rilevare pendenze comprese tra 1° e 60° del peso di 28 grammi (100 x 60 x 10 mm), un termometro digitale calibrabile nonché un lentino d’ingrandimento (6x) e una tavoletta in alluminio di 100 x 150 mm per la classificazione dei cristalli. www.backcountryaccess.com
3+ BCA Snow Saw
Coltello da neve e ghiaccio con lama di 35 centimetri. Utile per ricavare blocchi destinati allo studio della stratificazione del manto nevoso oppure alla costruzione di un riparo d’emergenza. Tacche di profondità ogni 5 centimetri. Pesa 220 grammi. www.backcountryaccess.com
4+ Black Diamond AvaLung II
AvaLung, dalla fusione dei termini inglesi avalanche (valanga) e lung (polmone), è un sistema per prolungare la sopravvivenza in valanga. Si compone di una piccola sacca, dotata di valvole, tubi e boccaglio, che permette di separare i flussi inspiratorio ed espiratorio, deviando e allontanando l'anidride carbonica espirata ed estraendo ossigeno dalla massa nevosa. Può essere proposto sotto forma d’imbragatura o di gilet, oppure venire integrato negli spallacci degli zaini Black Diamond. Disponibile in due taglie, S e M, pesa 265 grammi e costa 139 euro. www.blackdiamondequipment.com
5+ Black Diamond FlickLock Snow Saw
Coltello da neve e ghiaccio che s’innesta stile baionetta ai bastoni Black Diamond della serie Traverse, Razor Carbon ed Expedition con tecnologia telescopica FlickLock. Fodero incluso. Pesa 160 grammi e costa 39,90 euro. www.blackdiamondequipment.com
6+ Dynafit First Aid Kit
Kit di primo soccorso concepito per sfruttare al meglio lo spazio 'vuoto' che si viene a creare riponendo i rampanti.
11 Contiene una coperta isotermica da 210 x 160 centimetri, bende, fascia elastica, rocchetto di cerotto 5 metri x 1,25 centimetri, compressa di garza 10 x 10 centimetri e kit per medicazione. Pesa 110 grammi e costa 19 euro. www.dynafit.it
7+ Lifesystems Light Stick
Cala la notte oppure è necessario segnalare la propria posizione? I bastoncini dell’azienda inglese si trasformano in sorgenti luminose per 12 ore. Emettono luce arancio o verde. Lunghi 19 centimetri, pesano 52 grammi e costano 5,95 euro. www.lifesystems.co.uk
8+ Lifesystems Pocket First Aid Kit
Dimensioni tascabili per il kit di primo soccorso inglese. Il passante con bottone a pressione collocato lungo il retro dell’involucro permette l’ancoraggio all’esterno di uno zaino. Il corredo si compone di bende e garze, spille di sicurezza, tessuto e crema antisettici, pinzetta, tamponi, garze e cerotti. Zip impermeabilizzata. Ha dimensioni di 100 x 140 x 50 millimetri e pesa 215 grammi. Costa 16,93 euro. www.lifesystems.co.uk
9+ Lifesystems Thermal Blanket
Coperta termica che, avvolta attorno al dissepolto, riflette più dell’80% del calore irradiato dal corpo. Materiale antivento e impermeabile. Dimensioni di 210 x 140 centimetri. Pesa 62 grammi e costa 6,45 euro. www.lifesystems.co.uk
10+ Pieps 30°Plus
Inclinometro elettronico per la rilevazione della pendenza con precisione di 1°. Funge anche da termometro per la temperatura dell’aria. Grazie all’apposito supporto può essere fissato a qualsiasi bastone. Alimentato con una batteria al litio della durata di oltre 5 anni, rileva fino a un’inclinazione di 90°. Pesa 30 grammi, ha dimensioni compatte (88 x 23 x 22 millimetri) e costa 65 euro. www.pieps.com
11+ Pieps First-Aid Pro
Il grande cappio nella parte retrostante favorisce l’impugnatura con i guanti. Dotato di tasca specifica per stecche da frattura e molteplici scomparti interni, ha dimensioni importanti (260 x 180 x 75 millimetri) e pesa 470 grammi. Contiene coperte isotermiche, bende e garze, spille, tessuto antisettico, pinzette, tamponi, cerotti e lacci emostatici. Costa 60 euro. www.pieps.com
74 > prove sul campo
RAMPONI testO: Enrico Marta
LAMA D’ACCIAiO Prova superata brillantemente dal nuovo rampone in acciaio inox di Camp. Lo abbiamo provato insieme al Race 290
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’impegno della ‘maison’ di Premana in questo settore è conosciuto in tutto l’ambiente dello ski-alp internazionale. Grazie alla tradizione nella lavorazione di metalli è riuscita negli anni a produrre attrezzature sofisticate per alpinismo e scialpinismo. Chi non ha al fondo dello zaino un rampone leggero Camp? Un’ancora di salvezza per chi pratica grantour di alto livello. Oltre ai ramponi ci sono certamente moschettoni, imbraghi, rinvii, chiodi da ghiaccio, piccozze… In occasione di una nostra visita in azienda abbiamo assistito direttamente alle prove dei moschettoni, delle fettucce, dei cordini, stressati con sovraccarichi enormi sotto la lente degli ingegneri. Ma il rampone leggero in acciaio mancava: c’era già in circolazione il leggerissimo 290 Race, caratterizzato dalla fettuccia fra parte anteriore e posteriore. E ora eccolo: Tour Nanotech, tutto in acciaio inox con una sezione da coltello, solo 1,8 mm! Appena ricevuti in redazione li abbiamo portati sulla neve. Anzi, sul ghiaccio.
TOUR NANOTECH
Rampone a 10 punte, completamente in acciaio, costruito con la stessa tipologia del Tour 350 con asta centrale per la regolazione. Il rampone ha la sbarretta anteriore e l’automatico con fibia dietro. Viene fornito con antizoccolo in due parti, molto facile da inserire, che ne completa l’affidabilità. La regolazione avviene bloccando la vite con un bulloncino sulla stanghetta centrale forata. Allo scopo va detto che abbiamo effettuato la prova con uno scarpone lungo 31.5 e che questo a quanto pare è il limite massimo della corsa di regolazione. Il consiglio è quello di effettuare una taratura tale da dover forzare in trazione per far scattare l’automatico posteriore: per nostra esperienza solo in questa situazione si ha pressocché la certezza di non
perdere l’attrezzo nelle condizioni più critiche. Siamo saliti su nevi dure e compatte, su altre gelate effettuando anche un breve passaggio su roccia. Il rampone è molto affidabile e del tutto simile nell’aspetto al superleggero in metallo più tenero ma con il Tour Nanotech la musica è diversa, si possono affrontare con totale sicurezza anche tratti molto ghiacciati affidandosi alle sottili lame delle sue punte. Il peso con antizoccolo non è così basso ma crediamo comunque che sia il più leggero rampone in acciaio mai prodotto (peso rilevato: 636 g con anti-zoccolo, prezzo: 146 euro).
RACE 290
Semplicissimo, quasi banale, eppure geniale. Ramponi che si piegano e stanno nel palmo della mano grazie alla fettuccia centrale di collegamento. Di due colori ma senza destro o sinistro. Sul tallone un supporto in metallo flessibile presenta i due perni come quelli degli attacchini: sono loro che andranno ad incastrarsi nello scarpone, proprio come un attacco, garantendo il fissaggio. Lo abbiamo provato sul finire della scorsa stagione e, all’innovazione tecnologica del progetto, si era accompagnata una certa difficoltà nel regolarne la lunghezza. Abbiamo portato sulla neve il modello definitivo e dobbiamo dire che la regolazione è stata semplificata: due viti da smollare, una fettuccia da far scorrere e il bloccaggio definitivo. Anche qui il segreto consiste nel tarare al meglio l’attrezzo: con più tentativi si arriva alla lunghezza ottimale, quella che impone una forte trazione per fare in modo che i due perni si incastrino e si blocchino negli inserti per l'attacchino del tallone dello scarpone. Solo se l’operazione si conclude con un certo sforzo si ha la certezza che il rampone non si stacchi (peso rilevato: 292 g. Prezzo: 140 euro).
RSR: cuore di legno Abbiamo portato sulla neve il nuovissimo sci da gara di La Sportiva
160 cm
Dall’azienda Con questo RSR il responsabile del progetto La Sportiva Hardgoods, Colin Lantz, aveva l’obiettivo di realizzare uno sci da gara estremamente leggero, ma con un nucleo in legno. Fondamentali i feedback di diversi atleti che utilizzano lo scarpone in carbonio e che, a causa della rigidità dello stesso, hanno avuto difficoltà e problemi con gli sci ‘light’. Per questo è stata posta attenzione massima a prevenire rotture. Come? Con una costruzione che abbina un nucleo in legno ultraleggero e resistente di Paulownia, fibre di carbonio e top sheet in poliammide di 0.2 millimetri ‘made in Austria’. Al banco Alla prima analisi lo sci non ha evidenziato particolarità di rilievo: lamine ben rifinite, di sezione piuttosto contenuta e soletta senza un’impronta specifica. Dall’aspetto sembrerebbe l’ennesimo sci in carbonio, ma non ne abbiamo la certezza, nemmeno dopo averlo forato per il montaggio degli attacchi; il peso è veramente molto contenuto, uno dei più leggeri del segmento. La larghezza alla spatola dichiarata dalla casa risulta superiore a quella riscontrata, forse perché la larghezza della spatola in questo sci non è massima nel punto di contatto, ma aumenta con l’avvicinarsi alla punta. Sulla neve Lo sci è stato provato su nevi fresche ventate, dove questa particolare larghezza in spatola ha fornito ottime sensazioni di galleggiabilità ed una certa maneggevolezza. Sensazioni molto positive sia in salita che in discesa, anche se avremmo voluto provarlo su terreni molto duri per una valutazione più completa. Prezzo: 799 euro Sito internet: www.lasportiva.com
93 mm
140 cm
65 mm
76 mm
Il peso e le caratteristiche non lasciano dubbi sulle velleità e le aspirazioni di questo sci, che compete con i migliori specialisti della categoria. Abbiamo con piacere accolto nella famiglia dello ski-alp Race un altro modello performante, con tutte le carte in regola per affrontare il mondo delle gare.
Misurazioni Lunghezza dichiarata: 160 cm Lunghezza rilevata: 160 cm Contatto: 140 cm Superficie di portanza: 1.047 cm² Peso dichiarato: 680 g Peso rilevato: 668-669 g Fianchi dichiarati: 97-65-76 mm Fianchi rilevati: 93-65-76 mm Raggio calcolato: 25,1 m
Valori rilevati Torsione in spatola: 27 ° Torsione al centro: 1.5 ° Torsione in coda: 39 ° Flessione: 5 cm
1030 Lumens
Splash Proof
76 > prove sul campo
ATTACCHI testO: Enrico Marta
Diamir
Abbiamo messo alla prova, uno contro l'altro, i due attacchi più utilizzati nel mondo del freeride mountaineering
N
el settore freeride mountaineering, nell'attesa di nuovi produttori che facciano l'ingresso nel segmento (atteso per l'ISPO 2012 un interessante progetto congiunto Salomon e Atomic), a farla da padroni sono esclusivamente Fritchi con il Diamir e Marker con il Tour. Sospesa la produzione del modello NX22 di Naxo: l'azienda svizzera era stata acquisita nel 2007 da Rottefella, che nel 2009 ha dismesso il marchio mentre il Silvretta viene usato soprattutto nello scialpinismo classico. Abbiamo così pensato ad un raffronto parallelo fra questi due 'mostri sacri' del settore, per scoprirne pregi e difetti e soprattutto per confrontarli direttamente sulla neve, sia in salita che in discesa. Per poter cogliere appieno le differenze abbiamo deciso di montarli su un solo paio di sci, uno da una parte e uno dall'altra, in questo modo un piede sensibile avverte ancora più accentuate le differenze. Prima di scendere sulla neve abbiamo analizzato al banco i due attacchi.
AL BANCO
La differenza di comportamento tra Marker e Diamir sollevando lo sci dalla neve
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Entrambi i 'concorrenti' hanno funzioni analoghe: corpo attacco composto da puntale e talloniera, fissato anteriormente, parte posteriore avvitata in una posizione tale da permettere il blocco o lo sblocco del sistema per l'uso in discesa o salita. La sicurezza di sgancio è a carico sia
del puntale che della talloniera, molto simile a quella degli attacchi da sci alpino. Abbiamo riscontrato in entrami i modelli: ski-stopper, piastre poggia-suola della punta dello scarpone mobili, grande escursione per adattarsi a numeri diversi di scarpone.
Diamir Freeride Pro
Questo attacco (peso 1135 gr) conserva intatto nel tempo il progetto iniziale. I miglioramenti si sono visti, ma sempre sulla base del meccanismo che prevede puntale e talloniera vincolati ad una barra centrale, fissata nella parte anteriore, che può basculare permettendo allo scarpone di sollevare il tallone portandosi dietro tutto il sistema, talloniera compresa. Il punto di rotazione rispetto al piede è posizionato più o meno alla stessa altezza di un attacchino Dynafit. Il blocco posteriore, che permette di passare alla posizione ski con una semplice pressione, funge anche da alzatacco nella modalità walk. Montaggio e regolazione sono di una semplicità estrema: si raggiungono le teste delle viti che governano queste funzioni con procedimenti facili e intuitivi. Quando lo sci va in massima flessione, con pressione al centro, l'attacco non blocca l'arco di deformazione dell'asta in quanto la parte posteriore permette al sistema attacco principale di scorrere quel tanto che basta per non irrigidire troppo la parte centrale dello sci. Il tutto a vantaggio di una buona conduzione.
77 > prove sul campo
Marker
Gli aspetti negativi sono negati alla notevole altezza della suola dello scarpone rispetto al piano dello sci: si tratta di circa 4 centimetri anteriormente e qualche millimetro in più dietro. Se agli amanti delle grandi 'pieghe' questo potrebbe anche andare bene, impedendo al fianco della scarpa di toccare la neve in curva, va anche detto che tocca poi ad una barra centrale di sezione contenuta resistere alle torsioni e trazioni indotte dallo sciatore in curva. Questo genera dispersione di impulsi e perdita di sensibilità, soprattutto sulle nevi compatte e dure. Quando più sciatori devono provare lo stesso sci, come in occasione di test, è d'obbligo regolare lo schiaccia-punta dell'attacco anteriore trovando la giusta pressione di quest'ultimo.
Il punto intorno al quale ruota tutto il sistema nell'esecuzione del passo si trova di tre centimetri spostato in avanti rispetto alla punta dello scarpone. L'alzatacco viene azionato facendo pressione su una sporgenza al fondo della sagoma dell'attacco che si solleva. Le posizioni sono tre: bassa, media e alta. Il passaggio dalla posizione ski a walk, e viceversa, viene determinato da un meccanismo centrale, sotto la suola dello scarpone, che obbliga lo sciatore a togliersi gli sci per eseguire l'operazione. Va poi fatto notare che nella situazione discesa l'attacco poggia in modo molto preciso sullo sci: anche se in flessione esegue un lieve scorrimento sulla parte posteriore, è difficile che la parte centrale dello sci riesca a flettersi come dovrebbe.
Marker Tour F10
TEST SULLA NEVE
Se il funzionamento di massima del Tour F10 (peso 995 gr) si rifà al Diamir, l'analisi dei particolari meccanici rivela differenze notevoli. Innanzitutto la maggior larghezza del Tour: a distanza del piede dallo sci si riduce a tre centimetri, mentre tutto il corpo attacco poggia in modo molto più solidale sullo sci. Già questo aspetto può essere garanzia di migliore sensibilità e facilità di trasmissione di impulsi. La piastra poggia-punta è mobile, con escursione laterale e in avanti, per una maggior sicurezza di sgancio. Il puntale ha le alette che si aprono indipendentemente a destra e sinistra per lo sgancio, la giusta pressione del puntale sullo scarpone si determina azionando una vite sul davanti che avvicina o allontana il poggia punta, determinando una maggior o minore pressione.
Si sono cimentati con grande interesse all'argomento tutti i nostri tecnici, inizialmente un po' perplessi nel trovarsi davanti un paio di Elan Apex con un'asta montata Diamir e una Marker. Le prove si sono svolte con un passo di salita sulla linea di massima pendenza, una serie prolungata di inversioni e una discesa fuoripista e in pista. Sull'arco delle prove le preferenze sono andate al Marker, per una serie di motivi e di sensazioni abbastanza importanti. L'utilizzo con le pelli montate, concatenando alcune virate, ha infatti evidenziato che è molto più immediata la virata verso monte dello sci montato Marker anche se nella fase di recupero il comportamento del Diamir è stato altrettanto apprezzato. Si è poi effettuata la prova della salita a scaletta, certi che il punto
di rotazione del sistema più avanzato nel Marker avrebbe creato qualche problema: al contrario è stato più difficile tenere sollevato lo sci parallelo alla neve con il sistema Diamir che ha determinato una certa difficoltà nel sollevamento della coda per una corretta salita a scaletta. Secondo la nostra considerazione questo vantaggio è da attribuire al fatto che il Marker 'bascula' con minor libertà - per intenderci, come se avesse un gommino simile agli attacchi da fondo e questo permette di avere lo sci sempre più vicino alla suola dello scarpone. Per lo stesso motivo il passo della salita ha fatto apprezzare maggiormente l'attacco Marker con il quale la spinta in avanti in scivolata dello sci è decisamente favorita. In discesa, sia fuoripista che in pista, la precisione di Marker è fuori discussione: più sensibile e in grado di trasmettere impulsi con maggior rapidità non ha creato nessun ostacolo alla deformazione in flessione dello sci permettendo una buona sciata in conduzione. In Diamir la maggior lontananza della suola dello scarpone dal piano sci ha indotto qualche cedimento in torsione che la sola barra longitudinale non è in grado di contenere.
CONCLUSIONI
Ci troviamo di fronte a due validissimi progetti che stanno andando per la maggiore fra gli scialpinisti di tutto il mondo. Nonostante la grande e provata affidabilità di Diamir, dobbiamo confermare che Marker ha qualcosa in più sia in discesa che in salita. Un aspetto che però non va trascurato è quello che con Diamir si passa dalla posizione di salita a quella di discesa senza dover staccare lo sci. Un vantaggio notevole.
78 > prove sul campo
ATTACCHINI TESTO: Enrico Marta
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MODI DI DIRE ATTACCHINO Abbiamo confrontato in laboratorio e sulla neve 6 diversi modelli da gara
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ell'ultimo decennio abbiamo assistito ad una vera e propria corsa alla produzione dell'attacchino più leggero per l'agonismo: sulla base della tecnologia Dynafit Low Tech sono stati molti i produttori 'artigianali' che si sono cimentati nella fabbricazione di prodotti da gara; ultimamente però, complici i regolamenti più severi ed il rischio reale di una denuncia in caso di incidente, molti fautori del 'fai da te' si sono defilati, lasciando a spartirsi il mercato le aziende più consolidate. Ma come deve essere un attacchino da gara? Leggero, innanzitutto. Per il puntale ci si rifà alla tecnologia Dynafit, con i due pernetti che si incastrano nei fori dello scarpone. Per la talloniera, la tecnologia non si discosta da quella del primo Dynafit Low Tech con perni che, anche in questo caso, si incastrano e si bloccano negli inserti dello scarpone. Uno sportellino viene alzato e abbassato per definire la posizione di salita e quella di discesa. Nelle prove dei vari modelli, non abbiamo affrontato il tema della robustezza dei materiali utilizzati, non essendo in possesso di macchinari idonei ad effettuare questo tipo di test. La differenza sostanziale fra i vari modelli risiede quindi nella facilità o meno di sgancio e nella possibilità di passare agevolmente dalla posizione di salita a quella di discesa. In questo panorama spicca il modello realizzato da Gignoux, che presenta un puntale in carbonio ed una talloniera particolare, dal peso dimezzato rispetto alla concorrenza.
Le prove Da sottolineare la presenza, all'interno del gruppo di testatori, di due atleti in attività; aspetto quest'ultimo che consente una perfetta ed immediata valutazione del funzionamento dei vari modelli. Basta percorrere un tratto in salita, procedere con una veloce operazione di cambio pelli, proprio come in gara, una bella discesa con successivo montaggio delle pelli e rapida ripartenza per capire il comportamento dell'attacco. Anche in questo caso, come per sci e scarponi, abbiamo ritenuto fondamentale confrontarci con i produttori, per informare i testatori sulle finalità dei vari progetti. Un'informazione in più, naturalmente, anche per i nostri lettori.
79 > prove sul campo
ATK RACE SL World Cup
Abbiamo assistito in questi ultimi anni ad un crescendo di consensi per questa casa: i suoi attacchi vengono usati con successo dai migliori interpreti della disciplina. Leggerezza e funzionalità dei prodotti, consentono oggi ad ATK Race di salire ai vertici di questo difficile settore.
Dall’azienda Il product manager Davide Indulti ha sviluppato questo attacco come naturale evoluzione di NX World Cup, il primo attacchino Race prodotto in scala industriale, rimasto sul mercato per cinque anni. L'obiettivo è molto ambizioso: imporre il brand ATK sui campi di gara di tutto il mondo. I focus nella realizzazione di questo attacchino - che l'azienda ci tiene ad evidenziare come il modello più leggero al mondo - sono stati: velocità (soprattutto nel cambio assetto), solidità e leggerezza. Esiste anche nella versione con rampante integrato alla piastra dell'attacco (SL-R World Cup, 435 euro). SULLA NEVE Ineccepibile il comportamento sul campo nelle varie prove di aggancio e sgancio. In un ambito in cui il contenuto tecnologico è pressoché identico dobbiamo riscontrare una perfezione ed una funzionalità di utilizzo superiore alla media. La molla che gestisce la leva anteriore, lo sportellino arcuato per fornire migliori sensazioni di appoggio durante il passo sono alcune delle particolarità costruttive che fanno dell'Atk un leader in questo ambito.
DYNAFIT Low Tech Race Manu
L'azienda di Bolzano ha indubbiamente precorso i tempi con il suo progetto di sviluppo dell'attacchino, che, nel corso degli anni, è stato imitato da numerose aziende, pur rimanendo comunque ineguagliato. Finalmente la casa ha deciso di commercializzare il suo attacco da gara, che non poteva che essere perfetto.
SCHEDA TECNICA Peso dichiarato: 110 g Peso rilevato: 114 g Prezzo: 415 euro Sito internet: www.atkrace.com
SCHEDA TECNICA Peso dichiarato: 115 g Peso rilevato: 125 g Prezzo: 600 euro Sito internet: www.dynafit.com
Dall’azienda Benedikt Böhm, Business Unit Manager & Product Manager Binding ha sviluppato questo prodotto in collaborazione con Fritz Barthel (l'inventore dell'attacco Low Tech) con un obiettivo preciso: realizzare un attacco super leggero. L'importante, però, non era guadagnare tre o quattro grammi, ma avere un prodotto innovativo, affidabile e resistente. Tra gli highlight, una vite di regolazione per l'adattamento all'altezza della suola, un sistema di pulizia della neve dal fondo dello scarpone per una calzata veloce e una microregolazione frontale per adattarsi alla diversa larghezza degli scarponi. I materiali impiegati sono alluminio 7075, titanio e plastica ad alta resistenza. Utilizzando viti in titanio si è risparmiato il 10% del peso ma, poiché sul mercato non ne esistevano di simili, Dynafit le ha fatte realizzare specificamente per questo attacco. SULLA NEVE Il Low Tech Race Manu ha dato una buona sensazione di funzionalità in tutte le fasi di sgancio e aggancio. Oltre al positivo comportamento durante le prove sul campo è da notare il peso contenuto di questo prodotto che si posiziona fra i modelli più leggeri per lo ski-alp race.
GIGNOUX Pack Ultimate
Con il sistema Pack Ultimate Gignoux ha scritto una nuova pagina nella storia degli attacchi da gara. Il puntale di questo attacchino esula completamente dalla tradizione Dynafit, basandosi su una culla in carbonio, che si apre per deformazione su pressione. Anche per la talloniera un metodo di funzionamento diverso da quello classico, infatti questa lavora su deformazione e non sulla tradizionale molla a U.
Dall’azienda Pack Ultimate è stato sviluppato da Pierre Gignoux in collaborazione con Kilian Jornet per avere un attacco da gara leggero e facile da usare in qualsiasi condizione di neve. L'azienda dichiara che pesa solo 60 grammi ed il puntale è realizzato in carbonio rinforzato: basta inserire lo scarpone e sentire il 'clack'. Per toglierlo una semplice pressione del palmo della mano. La talloniera adotta un sistema ergonomico di passaggio dalla posizione di salita a quella di discesa. Viene venduto in abbinamento allo scarpone XP 444 Ultimate, l'unico che funziona con l'attacchino Gignoux, identico al modello racing, ma con inserto specifico per questo attacco (questo scarpone è compatibile anche con gli altri attacchi). SULLA NEVE Rapida ed essenziale la calzata - a patto di avere ai piedi lo scarpone Gignoux con i fori rettificati - con sensazioni esaltanti in salita. Una leggerezza assoluta ed uno snodo in grado di favorire al meglio l'esecuzione del passo. Incredibile facilità nell'esecuzione della virata che si attua con il minimo sforzo in ogni condizione. Comportamento della talloniera e del suo sportellino all'altezza del puntale. Dopo la prova possiamo veramente dire che le sensazioni sono state in assoluto le migliori e non solo per il peso dimezzato, ma per il funzionamento generale davvero al top. Se la robustezza del prodotto si dimostrerà anch'essa all'altezza, davvero chapeau.
SCHEDA TECNICA Peso dichiarato: 60 g Peso rilevato: 68 g Prezzo: 1.800 euro (con scarpa XP 444 Ultimate) Sito internet: www.pierregignoux.fr
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PROVE SUL CAMPO
KREUZSPITZE SCTTT
Un marchio nato nel cuore del Lagorai dalla passione di due scialpinisti della zona: il nome stesso (Monte Croce) indica la mission dell'azienda, che in questi anni ha fatto decisamente un buon lavoro. Il passaggio dall'officina meccanica di precisione alla realizzazione di un attacchino gara che facesse concorrenza a marchi storici del settore non era facile, ma indubbiamente loro ci sono riusciti.
Dall’azienda Il modello più leggero della casa trentina viene indicato dal progettista, l'ingegnere Bruno Terragnolo, per un utilizzo race o per professionisti della montagna come guide e soccorritori. Il focus era la leggerezza unita alla rigidità, velocità nel cambio d'assetto e semplicità d'uso. L'azienda produce anche un modello identico (SCTT) ma con la molla a forchetta della talloniera in acciaio armonico, invece del titanio. Ottenuto dalla lavorazione meccanica per asportazione di truciolo, è realizzato con componenti in Ergal, acciaio temperato, acciaio armonico anodizzato, lega leggera e tecnopolimero. Tutti i prodotti Kreuzspitze vengono realizzati artigianalmente. SULLA NEVE Durante le prove di salita/discesa/salita il modello di Kreuzspitze si è dimostrato funzionale ed in grado di soddisfare le esigenze dello ski-alp race. Se per il puntale il comportamento è risultato buono, per la talloniera avremmo preferito una maggior facilità di apertura/chiusura dello sportellino, che in alcuni momenti ci è parso difficile da azionare; un difetto, quest'ultimo, che potrebbe diminuire o sparire del tutto dopo un po' di uscite.
LA SPORTIVA RSR
La linea gara di La Sportiva da questa stagione è davvero completa: sci e attacco RSR che insieme allo scarpone Stratos Evo compongono un black look davvero accattivante. L'attacchino segue i meccanismi di comportamento tradizionali ed è costruito con una certa cura dei dettagli, come tutti i prodotti del marchio di Ziano di Fiemme.
SCHEDA TECNICA Peso dichiarato: 140 g Peso rilevato: 136 g Prezzo: 439 euro Sito internet: www.kreuzspitze.com
SCHEDA TECNICA Peso dichiarato: 175 g Peso rilevato: 140 g Prezzo: 275 euro Sito internet: www.lasportiva.com
Dall’azienda Nel caso dell'attacco RSR, come per l'omonimo sci, Colin Lantz, che presiede i progetti di sviluppo hardgood di La Sportiva, si è posto come obiettivo principale la resistenza. L'assunto di base è che un prodotto da gara deve essere leggero e veloce nei cambi, ma anche resistente, perché la rottura è il peggiore evento che possa capitare in gara. L'obiettivo iniziale era di avvicinarsi il più possibile ai 100 grammi di peso, ma gli studi effettuati hanno dimostrato che, anche utilizzando alluminio Ergal di ultima generazione e titanio, l'affidabilità, scendendo troppo con il peso, non era garantita. Dopo diverse prove, La Sportiva ritiene di avere trovato il giusto compromesso tra design e peso per garantire la durata del prodotto e prevenire rotture. SULLA NEVE Ineccepibile il comportamento sia in salita che in discesa: facile da sganciare - e questo è un particolare molto importante in gara - e altrettanto agevole il ribaltamento dello sportellino per la fase di salita. Se la sua robustezza sarà all'altezza dell'aspetto e del funzionamento possiamo certamente esprimere un giudizio positivo per questa new entry fra gli attacchi da gara.
SKI TRAB TR Race
Un marchio leader da sempre nel mondo Race, soprattutto con lo sci, forse quello maggiormente utilizzato nel settore, ma anche con l'attacchino gara, che quest'anno si presenta nella nuova veste metallo/dorata. Puntale tradizionale e talloniera con sportelli e perni che seguono il classico metodo di molla a U.
Dall’azienda Un attacco da gara dove peso e finiture sono state messe in secondo piano, anche se naturalmente molto curate. Il focus di Daniele Trabucchi era sull’affidabilità dei materiali e sulla ricerca della massima riduzione possibile dell’elasticità delle ganasce del puntale. Questo ha portato ad una base più spessa ma estremamente stabile ed in grado di garantire il perfetto blocco dello scarpone anche in situazioni estreme e ad alte velocità. La leva del puntale è stata adattata alle ultime richieste ISMF, dove non è prevista la chiusura automatica, ma si chiede un 'opportuno' controllo manuale. Il posteriore è stato progettato per ruotare lateralmente anche dopo anni di usura; questa rotazione permette la camminata su due livelli di altezza: rispettivamente 1 e 3.5 centimetri dal piano sci. Si è cercato anche di rendere facile e funzionale il sistema 'clip' per il cambio salita/discesa del posteriore. SULLA NEVE Questo attacchino è stato provato su uno sci mentre sull'altro era montato il modello SL World Cup di ATK Race. Dopo una lunga serie di togli e metti, con passaggi nella posizione di salita, abbiamo riscontrato un perfetto funzionamento da parte del modello di casa Ski Trab. Lo sgancio risulta facile e l'azionamento dello sportello posteriore è agevolato da un efficace sistema a molla, che fa scattare lo sportello in fase di abbassamento.
SCHEDA TECNICA Peso dichiarato: 141 g Peso rilevato: 143 g Prezzo: 399,80 euro Sito internet: www.skitrab.com
Rider: Kai Preugscha s t - Pho Photto:: J Jacob acob co ob Slo Slott - Loca ca ation: tion ion: St S . Anton ton n
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pelli di foca TESTO: Enrico Marta FOTO: Enrico Marta DIMOSTRAZIONE: Fabio Meraldi
A sinistra. Giordano Cremonese tra Manrico Dell'Agnola e Maurizio Giordani
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INIZIAMO LA SALITA
Seconda puntata della rubrica dedicata alla RIsalita nello ski-alp. Dopo la scelta e il set-up delle pelli, ecco i consigli di Fabio Meraldi per l'incollaggio e la progressione di base
F
amiliarizzare con le pelli è l’essenza dello scialpinismo. Quando si pensa a questa disciplina viene alla mente la discesa fuoripista, le difficoltà delle nevi crostose, il piacere della 'farina', ma a nostro avviso è la fase di salita a fare la differenza, a rivelare la perfetta padronanza dello tecnica in ogni condizione. Vediamo con Fabio Meraldi come si affronta un pendio in salita e quali sono gli accorgimenti essenziali.
INCOLLAGGIO Ci sembra doveroso iniziare dall’incollaggio delle pelli: si presuppone che queste siamo state tagliate ad hoc per lo sci che stiamo usando. Partendo dalla spatola la pelle deve essere applicata in modo corretto e perfettamente centrata con la soletta. A nostro giudizio solo la lamina dovrebbe rimanere scoperta - altri sostengono che la pelle debba coprire tutta la superficie della soletta, lamina compresa - dal momento che in alcune condizioni, salita o discesa a scaletta, tratti da percorrere in discesa con le pelli montate, può risultare importante avere le lamine scoperte che possono incidere il manto nevoso. Va anche detto che una pelle che copre anche le lamine si usura molto presto in quella zona. A destra in senso orario. Pelle della giusta dimensione: solo le lamine restano scoperte. Applicazione di una pelle che copre pressoché tutta la soletta, lamine comprese. Ultime verifice della perfetta aderenza della pelle prima della salita. In evidenza la fondamentale quanto efficace azione della papera da fondo sulla neve
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PELLI DI FOCA
Sopra. Fabio Meraldi ci dimostra il corretto avanzamento su di un traverso Sotto. Avanzamento su terreno ripido mantenendo le pelli a contatto della neve, lo sci a valle viene appiattito il più possibile
PRIMI PASSI Le pelli sono montate, non rimane che intraprendere la salita. Alcuni accorgimenti da tenere ben presenti: 1) I bastoncini hanno un’importanza fondamentale per la tenuta degli sci, andranno quindi impugnati nella manopola con lacciolo. Notiamo spesso ski-alper che salgono impugnando i bastoni a metà asta: questo atteggiamento non è
consigliabile dal momento che per qualsiasi motivo il bastone potrebbe sfuggire di mano e scivolare verso valle determinando una situazione di disagio e pericolo. Va poi ricordato che senza l’aiuto del lacciolo diventa difficile avere un corretto appoggio sul bastone. Il bastoncino interviene in modo determinante nel gesto tecnico in salita, per questo raccomandiamo 'papere' da fondo per una maggior spinta e soprattutto per una maggior tenuta e
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sicurezza nei traversi. 2) Il passo della salita deve essere effettuato come il passo alternato nello sci di fondo: importantissimo fare in modo che lo sci scivoli in avanti sulla neve senza sollevarsi, in questo modo il pelo della pelle si dispone in modo da contrastare l’arretramento in fase di tenuta. Se si solleva lo sci per poi batterlo verticalmente sul manto nevoso il pelo si conficca perpendicolarmente al manto nevoso, perdendo la capacità di grip.
3) La centralità è importante anche in salita: Meraldi raccomanda di avanzare anche il baricentro durante l’esecuzione del passo affinché la parte anteriore della pelle partecipi alla tenuta. 4) È senz’altro fondamentale che la pelle lavori il più piatta possibile sulla neve, sia in linea di massima pendenza che nei traversi. Prestare massima attenzione nel fare sì che la pelle poggi piatta sulla neve anche nei traversi più ripidi. Sotto il profilo biomeccanico risulta difficile appiattire
lo sci a monte, cosa che invece è fondamentale per quello a valle. 5) Altrettanto importante che ognuno scelga le linee di salita in funzione delle proprie capacità e del proprio allenamento: meglio diagonali in lieve pendenza piuttosto che tracce troppo ripide in cui è difficile avere tenuta delle pelli, concatenando delle inversioni fra una diagonale e l’altra.
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PELLI DI FOCA
Fabio impegnato su un terreno estremamente ghiacciato
TERRENI IMPEGNATIVI La capacità di far tenere le pelli è fondamentale per superare senza rischi i terreni più ripidi che a volte sono anche esposti. Il binomio bastone-pelle permette una progressione sicura a patto che si rispettino alcuni accorgimenti basilari. Le nevi più insidiose su pendii con pendenze superiori ai 30° sono quelle bagnate e quelle gelate. Le prime sono quelle che in primavera risentono dell’azione del sole e la cui superficie, a metà mattina, diventa via via più bagnata. In queste condizioni, su terreno ripido, diventa difficile controllare un’eventuale scivolata che può assumere contorni drammatici su pendii molto sostenuti. Per assurdo può essere meno insidiosa la neve dura, su cui una buona tecnica permette di
controllare la progressione scegliendo traiettorie e pendenza della traccia senza incappare in scivolate improvvise e indesiderate, come sulle nevi bagnate. Meno frequenti, ma altrettanto insidiosi, gli strati di neve fine portati dal vento su pendii ghiacciati. La progressione in questi frangenti deve avvenire rispettando i tre punti di appoggio: solo gli atleti e gli ski-alper molto allenati possono muoversi in assoluta libertà. Meglio comunque spingere avanti lo sci potendo contare sull’appoggio dei bastoni e sulla pelle dell’altro sci. In diagonale si avrà, come detto prima, un miglior grip dello sci a valle: quando esso
Sopra. In entrambe le immagini viene evidenziato il diverso appiattimento dello sci a valle rispetto a quello a monte
è ben appoggiato sul manto nevoso si ha una situazione di sicurezza. Quando invece è lo sci a monte a dover sopportare l’appoggio, per permettere all’altro sci di avanzare, proprio per un problema biomeccanico che impedisce un miglior appiattimento dello sci, ci si dovrà poggiare bene su entrambi i bastoni e procedere rapidamente al passo successivo senza insistere troppo sulla tenuta dello sci a monte. Sulla neve dura e gelata è pressoché impossibile, su terreno ripido, appiattire completamente lo sci a valle in modo che la soletta poggi completamente sulla neve, ma vale la penna di eseguire un maggior spostamento verso valle di ginocchio e caviglia per ottenere il miglior contatto della pelle con il manto nevoso. Sulle nevi cedevoli e insidiose, di cui abbiamo detto sopra, è fondamentale che prima di poggiare lo sci e poter contare sulla sua tenuta, si prepari la superficie con una traccia sulla quale fare affidamento. Meraldi riesce in questi casi a spingere in avanti lo sci senza sollevarlo per poi trovare immediatamente la condizione ideale di anti-arretramento. Chi non ha la dimestichezza di Fabio con le pelli dovrà 'allestire', per così dire, la traccia prima di poggiare lo sci: non si tratta di battere sul manto nevoso, ma di adattarlo prima di appoggiare lo sci per la tenuta.
Didier Blanc Pierra Menta & Mezzalama Winner ...più l’allenamento è duro più facile è la gara!
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OUTDOOR EXPERIENCE FROM
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BOSCACCI testo: Carlo Ceola FOTO: Riccardo Selvatico
…che il Miki sarebbe diventato forte, l'avevo capito, perché in montagna si muoveva come un camoscio, veloce, furbo ed imprevedibile… Umberto
M
ichele Boscacci è un talento puro dello scialpinismo, rappresenta il presente ed il futuro della nostra disciplina. Suo papà Graziano invece ha fatto la storia di questo sport. Gran merito di tutto questo va ad Umberto Boscacci, papà di Graziano e nonno di Michele. Lui non lo sa, e se provate a dirglielo fa finta di niente. Un puro,
un uomo tutto d'un pezzo, orgoglioso dei suoi ragazzi, una persona che si può rimanere ad ascoltare per ore. Classe 1945, Umberto Boscacci eredita la falegnameria dal padre che tutt'ora conduce in quel di Albosaggia in Valtellina assieme a Graziano e Michele. Fisico asciutto, tirato, l'ho visto salire nel bosco con gli sci in mano e l'andatura è di quelle che poi si riconoscono nel nipote. Lui va per montagne, le conosce palmo a palmo, è una vita intera che le sale da ogni versante ed in ogni stagione per cacciare
o per andare con le pelli. Passioni che segnano la sua vita e che segneranno quelle di suo figlio Graziano e suo nipote Michele. Ha ripetuto con Michele gli stessi riti e le stesse iniziazioni che aveva riservato al figlio Graziano, mettendoci però l'amore e le attenzioni che solo un nonno sa avere. È lui che porta per la prima volta in montagna con le pelli Michele e lo svezzamento inizia allo stesso modo di Graziano, sul Meriggio, a otto anni. Anche la reazione fu la stessa, entrambi stremati si misero a piangere, ricorda
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azza oscacci
Tre generazioni di scialpinisti a confronto: faccia a faccia tra Umberto, Graziano e Michele Boscacci
nonno Umberto, e così per riportarli a casa li legò ad una corda. Della serie 'sciavano già legati'. Il piccolo Michele non fu affidato al nonno, solo che Graziano nei suoi inverni era via da casa per gli allenamenti e le gare e sapeva che Michele non avrebbe potuto avere un migliore maestro del nonno. Così Umberto il sabato andava a scuola a prendersi il nipotino e trasformava i week-end in stage formativi in materia di montagna, che poi nella vita è diventata passione. A 14 anni Umberto porta a caccia Michele e
gli lascia abbattere il suo primo capo stagionale, era stato così anche per Graziano. Oggi osserva Michele e Graziano sciare ed allenarsi assieme, compiaciuto li lascia andare, ora se la sanno cavare da soli. Mi racconta che Michele è più solare del padre, ha un carattere spontaneo e affronta le cose con più leggerezza, Graziano invece ci pensa ancora troppo. «Io non conoscevo gli altri ragazzi, ma che il Miki sarebbe diventato forte l'avevo
Nella foto di apertura. Da sinistra Michele, Umberto e Graziano Boscacci Nella foto sopra. I tre Boscacci in azione
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BOSCACCI
mi capita di non riconoscere certi posti perché i miei riferimenti sono con la luna o con le stelle. Speravo che il nonno invecchiando diventasse un po' più pigro, ed invece se voglio andar via con lui, devo fare delle levatacce. È già capitato che lui rientri ed io parta... Michele capito perché in montagna si muoveva come un camoscio, veloce, furbo ed imprevedibile». Graziano li guarda mentre si raccontano queste cose, che sono cose loro. Occhi che brillano, che raccontano di emozioni e di un sentimento che sarà per sempre. Raccontano di un amore per il nipote, fatto di piccoli gesti durati tutta una vita che, dosati quotidianamente, hanno saputo conquistare la riconoscenza e il rispetto di Michele per il suo maestro di vita. Graziano li ascolta e li lascia parlare, un monologo di espressioni e battute in dialetto, risate e brevi interruzioni. Ci raccontano anche di nonna Piera che davvero non ne può più di loro tre, sempre ad allenarsi di corsa, con gli sci o con la mountain bike. Vanno e vengono a tutte le ore del giorno i Boscacci, dal lavoro e dagli allenamenti, pranzi e cene, scarpe, maglie e pantaloni sparpagliati ovunque. Fanno disperare nonna Piera che continua a ripetere che è stanca di servirli e riverirli. Nonostante tanto brontolare, sforna sempre delle strepitose torte, cuore di nonna. C'è una cosa che ancora oggi Michele detesta del nonno, quel suo voler partire sempre all'alba. «Mi capita ancor oggi di non riconoscere certi posti perché i miei riferimenti sono con la luna o con le stelle. Speravo che il nonno invecchiando diventasse un po' più pigro, ed invece se voglio andar via con lui, devo fare
delle levatacce. È già capitato che lui rientri ed io parta». Michele ci descrive papà Graziano come un amico, un rapporto fraterno il loro, fatto di complicità e rivalità. Graziano ci ha messo del tempo ad ammettere che Michele va più forte di lui, che il 'fratello minore' ha superato il maggiore. Questi tre fenomeni hanno un solo grande rimpianto. Due anni fa avrebbero potuto fare il Mezzalama assieme, quando mai potrà riaccadere? Non tornerà più questo tempo, come Graziano ha capito di essersi perso il tempo del figlio Michele. E poi c'è Simona, la mamma di Michele, donna premurosa e piena di attenzioni per il suo Miki. Sapeva che sarebbe andata a finire così, una vita di pettorali, e dei «soliti discorsi». Va orgogliosa dei suoi uomini, una razza quella dei Boscacci che la Valtellina si tiene stretta. Questi tre fenomeni vanno ancora a caccia assieme. Partono in tre con un solo fucile e capita anche che durante la battuta finiscano le cartucce. È una loro passione, un momento tutto privato, una tradizione che non si tocca e che si tramanderà. Nonno Umberto inizia a scalpitare, non è abituato ai flash e alle raffiche di domande. In realtà è sorpreso da emozioni impreviste. Forse è la prima volta che i Boscacci si fermano e si trovano a parlare di loro, come quella volta che di nascosto ha pianto per la vittoria del suo Graziano al Mezzalama. Non lo sapeva nessuno. Forse nemmeno lui sa che quella volta ha pianto.
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TOUR DU RUTOR testo: Federica Giommi foto: Archivio Tour du Rutor
Un'immagine della partenza dell'edizione 2011
IN PRINCIPIO FU IL TROFEO DEL RUTOR 1-2 luglio 1933: I GIOVANI DELL'EPOCA si sfidaNO PER LA PRIMA VOLTA con gli sci da fondo in quello che è l'antenato del famoso Tour, nato nel 1995 da un'idea di Marco Camandona
S
acco 'affardellato', sci stretti, anello con uno sviluppo lineare di 18 chilometri, 700 metri di dislivello positivo da percorrere intorno all’immenso ghiacciaio del Rutor, salendo da La Thuile. Così si presentava, sulla carta, il primo e il 2 luglio 1933, il Trofeo del Rutor, gara di sci d’alta montagna, in cordata da tre, riservata ai giovani fascisti e agli universitari piemontesi. Al via, all’alba del 2 luglio, dalla capanna Santa Margherita, si presentarono 20 squadre, formate da guide alpine valdostane, minatori di Cogne e La Thuile e universitari piemontesi. Nello stesso 1933 si era disputata la prima edizione del Mezzalama, dal 25 al 28 maggio, e il Trofeo del Rutor è in assoluto «la seconda gara che si svolge in alta montagna nei ghiacciai della Valle d’Aosta - così si legge nei giornali dell’epoca - ed è la conferma del nuovo orientamento della tecnica sciistica che tende a far sì che in tutte le stagioni dell’anno, anche in quelle in cui sembrerebbe impossibile dedicarsi a tale sport, gli sci non vengano lasciati inope-
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©MIillet Expedition Project
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rosi, ma siano impiegati in magnifiche gite». Parole queste che hanno anticipato il futuro dello sci in senso generale e dello scialpinismo nello specifico che, come afferma Marco Camandona, patron del Tour du Rutor, «è uno sport in continua evoluzione». Ma torniamo alle nostre due magnifiche giornate di sole del luglio 1933. Per partecipare al Trofeo del Rutor, gara di sci d’alta montagna in cordata da tre concorrenti, bisognava essere equipaggiati, secondo il regolamento, di piccozza e 'sacco alpino affardellato'. Gli atleti, dopo il pernottamento al rifugio Santa Margherita (2494 m, nel comune di La Thuile), salirono alla base del massiccio della Grande Assaly, toccarono i colli Loydon (ovest ed est), Avernet e attaccarono, costeggiandola, la cresta del Rutor fino alla capanna Defey (3373 m), culmine della gara. La discesa infine toccava le basi dello Château Blanc e del Flambeau. La vittoria morale andò alla squadra Minatori Fascisti di La Thuile composta da Alberto Chénoz, Francesco Chénoz e Bartolomeo Carrel che, fuori gara, compirono il percorso in un'ora 28’42”, gente dura che gli sci li usava per lavorare. Il Trofeo tuttavia fu appannaggio della squa-
dra A del Comando Federale dei Giovani Fascisti di Aosta, gente non da meno, composta da Giovanni Pellissier, Antonio Gaspard (che in pattuglia con Carrel e Maquignaz aveva già vinto il Mezzalama) e Antonio Hérin, giovani guide alpine di Valtournenche, con il tempo di un'ora 35’47”. Il Tour du Rutor può essere considerato, nonostante la variazione del percorso (oggi la partenza è da Planaval di Arvier e la salita al Rutor si effettua dal versante della Valgrisenche), erede del vecchio Trofeo del Rutor. Come il Mezzalama anche il Tour du Rutor ha avuto un lungo periodo di letargo, fino a quando nel 1995, per volontà dello Sci Club Corrado Gex di Arvier e di alcuni giovani appassionati di alpinismo, viene rilanciato. Da subito entra nel gotha internazionale di questa disciplina proprio perché la gara si caratterizza per la bellezza e la difficoltà tecnica del tracciato, che alterna tratti da percorrere con gli sci ai piedi a tratti puramente alpinistici. Il 17 aprile 1995 sono i forestali Fulvio Mazzocchi e Luca Negroni a mettere il sigillo sulla prima edizione della gara: ai piedi hanno ancora gli sci da fondo, proprio come i primi vincitori nel 1933.
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TOUR DU RUTOR
Foto in sequenza dall'alto. Anno 2009, finale di Coppa del Mondo. Lancio della settima edizione a Planaval, i francesi subito all'attacco Il podio della quarta edizione, con il compianto Leo Follis insieme a Fulvio Mazzocchi sul gradino piÚ alto del podio Anno 2001, Ivan Murada con la piccola Giulia Anno 2005, finale di Coppa del Mondo photoŠCamisasca Alcuni atleti in azione nell'edizione 1999 Il tracciato della prima edizione
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EDIZIONI INDIMENTICABILI
17 APRILE 1995
Nasce da un’idea di Marco Camandona e Gildo Vuillen. La Pro Loco di Arvier e lo Sci Club Corrado Gex accettano la sfida e, grazie all’impegno di molti volontari, in una splendida giornata di sole si disputa il 1° Tour du Rutor. Vincono nella categoria A (sci da scialpinismo) Omar Oprandi e Alberto Stanchina e nella categoria B (sci da fondo) Fulvio Mazzocchi e Luca Negroni.
8 APRILE 1996
Nella seconda edizione viene istituito il Trofeo 'Memorial Remo Bredy' gentilmente offerto dalla famiglia Bredy e assegnato alla prima squadra della categoria scialpinismo. Altra nota importante la partecipazione della coppia composta da Fabio Meraldi e Enrico Pedrini che rappresenta un bel trampolino di lancio per il Tour du Rutor.
3/4 APRILE 2004
Nel decimo compleanno il Tour du Rutor fa il bis. Gli organizzatori decidono di sperimentare i due giorni di gara. La prima tappa si disputa nel vallone dell’Arp Vieille, in Valgrisenche, per un dislivello di 1403 metri e la seconda tappa vede impegnati gli atleti sul tracciato classico del Tour du Rutor con partenza e arrivo a Planaval, per un dislivello di 2294 metri. In campo maschile vince la coppia del centro sportivo esercito formata da Dennis Brunod e Manfred Reichegger e in campo femminile Gloriana Pellissier, ormai alla sua quinta vittoria al Tour du Rutor, in coppia con Christiane Nex.
9/10 APRILE 2005 - FINALE DI COPPA DEL MONDO E STAFFETTA A SQUADRE
Alla sola terza edizione la FISI assegna al Tour du Rutor il Campionato italiano categoria scialpinismo: vince la coppia formata da Meraldi e Pedrini, seguiti da Omar Oprandi in coppia con Fabio Vareschi e da Graziano Boscacci in coppia con Ivan Murada.
Le condizioni meteo dei giorni precedenti non sono state ottimali e pertanto, a malincuore, l’organizzazione ha dovuto annullare la staffetta promozionale a squadre che avrebbe dovuto disputarsi sulle nevi di Valgrisenche. La finale di Coppa del Mondo si svolge regolarmente sabato 9 aprile e a salire sul gradino più alto del podio sono Guido Giacomelli in coppia con Mirko Mezzanotte in campo maschile e le francesi Nathalie Bourillon e Véronique Lathuraz in campo femminile.
13 APRILE 1998 - PROVA DI COPPA EUROPA
9 APRILE 2006 - CAMPIONATO ITALIANO
31 MARZO 1997 - CAMPIONATO ITALIANO
La prima Coppa Europa di scialpinismo risale alla primavera del 1992 e riprende una tradizione interrotta nel 1948, anno in cui si disputa per l’ultima volta la gara della 'Pattuglia Militare' ai Giochi Olimpici di St. Moritz. Fin dai primi Giochi Olimpici (Chamonix 1924) questa gara fu tra le prove regine del programma olimpico. La quarta edizione del Tour du Rutor, prima prova in Italia di Coppa Europa, purtroppo fu caratterizzata dal brutto tempo e pertanto gli atleti furono impegnati in un tracciato ridotto. Viene inoltre introdotto l’obbligo dell’utilizzo dell’Artva e della pala e vietato l’utilizzo degli sci da fondo.
5 APRILE 1999
La quinta edizione del Tour du Rutor viene vinta in campo maschile ancora dalla coppia formata da Fabio Meraldi ed Enrico Pedrini e nella categoria femminile dall’atleta di casa Gloriana Pellissier in coppia con Corinne Favre.
24 APRILE 2000 - CAMPIONATO ITALIANO
Oltre ad assegnare il titolo italiano, la sesta edizione del Tour du Rutor fu anche l’ultima delle cinque prove del circuito denominato 'Criterium italiano scialpinismo Open', l’attuale Coppa Italia. In campo femminile vince la straordinaria coppia formata da Gloriana Pellissier e da Arianna Follis e in campo maschile il duo Luciano Fontana e Luca Negroni.
16 APRILE 2001 - CAMPIONATO VALDOSTANO e 5° PROVA DI COPPA ITALIA
Nasce la prima Coppa Italia, circuito di cinque gare disputate in cinque regioni. In calendario c'erano la Transcavallo (Veneto), il trofeo Giro del Monviso (Piemonte), la Scialpinistica Lagorai-Cima d’Asta (Trentino), la Scialpinistica dell’Adamello (Lombardia) e ovviamente il Tour du Rutor.
14 APRILE 2002 - PROVA FINALE DI COPPA EUROPA e CAMPIONATO EUROPEO JUNIOR E CADETTI
Il Tour du Rutor apre le porte anche ai giovani, tracciando un percorso ridotto per loro. Gli atleti in questa edizione sono costretti a partire con gli sci sullo zaino a causa della mancanza di neve a Planaval. In campo maschile vince l’affiatata coppia Stephane Brosse e Pierre Gignoux e in campo femminile Corinne Favre in coppia con Carole Toigo.
6 APRILE 2003 - FINALE TROPHÉE DES ALPES
Il Tour du Rutor e la Pierra Menta: due gare unite dalla stessa concezione dello scialpinismo agonistico, caratterizzate da percorsi severi dove si alternano valloni e creste affilate, boschi di larici e canaloni, alpeggi e cime elevate. Due gare che si uniscono per la seconda edizione del Trophée des Alpes.
Per la terza volta viene assegnato il titolo italiano a coppie sulle splendide montagne che fanno da cornice a Planaval. Vincono questa edizione la coppia del Centro Sportivo Esercito formata da Dennis Brunod e Manfred Reichegger tra gli uomini e la coppia italo-svizzera formata da Gloriana Pellissier e Gabrielle Magnenaz in campo femminile.
9 APRILE 2007 - 6° TROPHÉE DES ALPES
In una splendida giornata di sole gli atleti hanno percorso l’intero tracciato di gara, attraversando a fil di cielo la cresta che dal colle di Planaval li porta al colle dello Chateau Blanc. Vince nuovamente la coppia Dennis Brunod-Manfred Reichegger in campo maschile e in campo femminile l’atleta di casa Gloriana Pellissier in coppia con l’emergente Laetitia Roux.
3/5 APRILE 2009 - FINALE DI COPPA DEL MONDO
Il Tour du Rutor, oltre a diventare una competizione biennale, diventa Extreme. Lo sci club, infatti, decide di sperimentare la formula dei tre giorni. Viene coinvolto anche lo splendido comprensorio scialpinistico di Valgrisenche, disputando due delle tre prove rispettivamente nel vallone di Plontaz e dell’Arp Vieille, mentre il terzo giorno il tracciato è il classico, già conosciuto da molti atleti. Metri totali di dislivello positivo 6331! Altra novità importante è l’assegnazione del primo trofeo di freeride. In pratica, senza che gli atleti lo sappiano, vengono cronometrate alcune discese e vince la coppia che le percorre nel minor tempo. La discesa più suggestiva è sicuramente quella che dal colle dello Chateau Blanc porta i concorrenti a Planval: 2000 metri di dislivello in un solo fiato. A onorare l’organizzazione il buon numero di squadre che hanno partecipato, la presenza della squadra nazionale cinese e l’ottimo livello degli atleti.
9/10 APRILE 2011
Sicuramente il fattore che ha contraddistinto questa edizione del Tour du Rutor è la temperatura. La colonnina di mercurio ha sfiorato i 27 gradi a Planaval e ha costretto pertanto la macchina organizzativa a modificare i tracciati dando più lavoro ai tracciatori, persone sicuramente fondamentali. Nella prima tappa, per la prima volta nella storia della competizione, gli atleti solcano la Testa del Rutor a 3486 metri per poi discendere verso Planaval. Questa è un'annata di transizione, per testare la macchina organizzativa e poi accedere nel 2012 al prestigioso circuito della Grande Course, che vede racchiuse cinque splendide gare.
30-31 MARZO - 1 APRILE 2012 - 16° MILLET TOUR DU RUTOR EXTREME Tante le novità, venite a scoprirle!
96 > ski-alp race
WINTER WEEKEND CRAZY
testo: Claudio Primavesi e Marco Sinicato
Crazy Idea buona la prima
Grande successo per il trofeo organizzato dagli uomini di Luca Salini a fine ottobre e per la tre giorni all'insegna dello ski-alp e del divertimento
U
n weekend per parlare di skialp a fine ottobre, quando la voglia di sci è al massimo, dopo una lunga, interminabile estate. Un weekend per ritrovarsi tra amici e magari per conoscere da vicino qualche 'big' della specialità. Era questo lo spirito del Winter Weekend Crazy Idea, andato in scena in Valtellina dal 28 al 30 ottobre. Si è iniziato venerdì nei negozi del brand valtellinese di Morbegno, Castione, Tirano e Sondrio, dove era possibile vedere le ultime novità della collezione inverno 2011/12. Poi la sera, nel Crazy store di Castione Andevenno (So) è andato in scena lo Ski Alp Party, con manicaretti preparati dagli chef del Crotto Quartino, cocktail e musica dal vivo a cura del bar Kundaluna. A seguire, grande party con il padrone di casa, Luca Salini, che ha presentato il Team Crazy e la proiezione di un bellissimo filmato dell'ultima edizione della Pierra Menta. Tra i testimonial di Crazy Idea erano presenti Michele Boscacci, William Bon Mardion, Pietro Lanfranchi, Alain Tissières, Robert Antonioli e Valentin Favre. Il sabato era ancora dedicato alla possibilità di vedere e toccare con mano i prodotti Crazy Idea nei vari punti vendita, mentre
domenica, sulle nevi del Passo dello Stelvio, si è ufficialmente aperta la stagione dello ski-alp con una gara dal percorso davvero interessante. La partenza e l’arrivo erano posizionati presso l’Hotel Folgore dove c'era anche il pasta party.
OPENING ALLO STELVIO Erano 137 i concorrenti al via di questa 'prima' assoluta che ha richiamato al Passo dello Stelvio atleti provenienti dall'Italia settentrionale e centrale, dalla Svizzera e dalla Francia. Tra loro anche diversi nazionali della selezione azzurra, svizzera e francese. Il percorso da affrontare era tecnico, veloce, nervoso e muscolare, da percorrere due volte con un dislivello totale di 800 metri (tre salite e due discese) ed è stato creato da Adriano Greco con la collaborazione dei ragazzi dello Sci Club Alta Valtellina e dello Sci Club Tartano. Dopo la partenza sulla pista da fondo, la traccia s'impennava verso il Rifugio Compagnoni. Michele Boscacci ha preso subito la testa del gruppo. Alle sue spalle l’abituale compagno di gare Robert Antonioli a tirare il gruppone dei migliori. 'Boscaccino' prendeva però progressivamente il largo, guadagnando
metri preziosi sia sulla prima veloce discesa, sia sulla lunga risalita verso l’Anticima Scorluzzo. Le posizioni di testa non cambiavano al termine del primo giro, se non per la progressione dell’emergente Matteo Jachemod che s'incollava alle code di Antonioli per poi infilarlo e staccarlo nel secondo passaggio in direzione Anticima. Sempre al comando e con una terrificante progressione, Boscacci vinceva davanti a Jachemod mentre la terza piazza andava al campione di casa Robert Antonioli. Alle loro spalle super volata per la medaglia di legno, che ha premiato un eterno Graziano Boscacci, abile nel superare al fotofinish Filippo Beccari e Valentin Favre. Tra le donne si è imposta la valdostana Corinne Clos che, nonostante alcuni problemi di materiali, è riuscita a mettere alle spalle l’ex nazionale svizzera di fondo Natascia Cortesi e la valtellinese Arianna Guerrini. Primo giovane del ranking Samuele Vairetti (Sci Club Valtartano), mentre tra i Master un ottimo Camillo Campestrini (Favolenze Valli Sport) è arrivato diciottesimo assoluto. Alla fine festa per tutti, con premi per i primi 100 classificati. Un bel modo per iniziare la stagione, insomma.
97 > ski-alp race
Nella pagina a lato. Un momento della gara del 30 ottobre Sotto, da sinistra a destra. Robert Antonioli al cambio, un momento della gara, il negozio di Castione, Michele Boscacci si avvia a vincere la gara, Matteo Jachemod, secondo al traguardo
PASSO DELLO STELVIO (SO) 30 OTTOBRE Classifica maschile 1. Michele Boscacci (Ita) 48' 10'' 2. Matteo Jachemod (Ita) 49' 22'' 3. Robert Antonioli (Ita) 51' 45'' 4. Graziano Boscacci (Ita) 52' 01'' 5. Valentin Fravre (Fra) 52' 02" 5. Filippo Beccari (Ita) 52' 02" 7. Filippo Righi (Ita) 55' 32" 8. Alessandro Daufer (Ita) 57 32" 9. Ivo Zulian (Ita) 57' 49" 10. Remy Cedric (Sui) 57' 51"
Classifica femminile 1. Corinne Clos (Ita) 1h 13' 32" 2. Natascia Leonardi Cortesi (Sui) 1h 23' 43" 3. Arianna Guerrini (Ita) 1h 34' 57"
98 > ski-alp race
TALENT SCOUT testo: Carlo Ceola foto: Riccardo Selvatico
Davide Canclini, il talento in famiglia
Il cinquantenne valtellinese, dopo avere scoperto la vocazione scialpinistica della moglie Francesca Martinelli, si occupa dei ragazzi dell'Alta Valtellina. Roberto Antonioli è un prodotto del suo vivaio
O
ggi Davide ha 50 anni, una vita spesa sui campi da sci, prima nel fondo e ora nello scialpinismo. Nella 'routine' di tutti i giorni fa il geometra in una società idroelettrica e la sua mansione è il monitoraggio delle grandi strutture. Un instancabile lavoratore, fin troppo premuroso nei confronti dei suoi ragazzi, tanto da passare la notte prima della gara a sistemare tutti gli agganci per le pelli. Per lui tutto questo non è fatica o sacrificio, lo fa perché gli piace, lo fa per i suoi ragazzi. Dopo avere condiviso una vita di successi sportivi si accinge a condividere con Francesca anche il ruolo di talent scout. Davide è così, la sua passione è altamente contagiosa e senza vaccino.
Eppure ha iniziato quasi per gioco, 'scoprendo' proprio sua moglie Francesca Martinelli. Visti i risultati, poi, ci ha preso gusto e non ha più smesso. Davide Canclini ha nel DNA la vocazione del talent scout. L'abbiamo visto all'opera con i suoi ragazzi in occasione del Meeting Giovani in Alta Valtellina. Di certo ha un grande carisma, un forte ascendente e una competenza fuori dal comune nel gestire e motivare il gruppo. «Prima di tutto bisogna fare squadra, in una disciplina come lo scialpinismo è il gruppo che fa la differenza» ci confida subito Davide. L'individualità, insomma, è una componente all'interno del gruppo e non viceversa. Davide Canclini ha ereditato la gestione dello Sci Club Alta Valtellina da Adriano Greco nel 2006. Una responsabilità enorme quella
di continuare una scuola e una tradizione che in quegli anni avevano fatto miracoli. Una scommessa vinta, a giudicare da numeri e risultati: oggi Davide coordina un gruppo composto da una trentina di ragazzi suddivisi nelle categorie Cadetti e Junior. Robert Antonioli è un prodotto del suo vivaio, ma guai a fermarsi a parlare dei campioni. «Il nostro intento non è fare crescere dei campioni, ma avvicinare quanti più ragazzini possibile allo scialpinismo. Poi chiaro che, se ci sono i requisiti per fare bene, allora cambiano gli obiettivi e le strategie, ma per noi resta un obiettivo primario quello di trasmettere una passione e insegnare ai ragazzi ad andare in montagna». Ma tu hai sempre praticato lo scialpinismo? «Sì e no, nel senso
che con le pelli ho sempre fatto qualche escursione con gli amici, mai niente di serio. Arrivo dallo sci di fondo, dove ho la qualifica di maestro. Ho gestito il gruppo fondo dell'Alta Valtellina ai tempi di Benito Moriconi, ma non dal punto di vista tecnico, piuttosto in veste di coordinatore. Poi, nel 2003, ho deciso di tornare sul campo, avevo bisogno di cambiare aria e di nuovi stimoli, così mi sono dedicato allo scialpinismo. Allenamenti regolari, alcune gare e oggi eccomi qui». Quando ti sei dedicato allo scialpinismo hai portato nella mischia anche tua moglie…
«Sì, ho condiviso con Francesca questa passione, abbiamo iniziato ad allenarci assieme, poi lei ha coinvolto la sua amica Roberta Pedranzini e sappiamo tutti come sono andate le cose».
LA MARCA DELLO SCI ALPINISMO
TOUR ALL MOUNTAIN sidewall sandwich
Sidecut/mm:* 114 - 74 - 104 Raggio:* 15 m 1.290 g Peso:* Lunghezze: 145, 150, 155, 160, 165*, 170, 175 cm * Outdoor Magazin, edizione 12/2010
Planet Snow, edizione 01/2011 DSV Aktiv 01/2011
Quindi tu sei l'artefice dei loro successi? «Loro sono le ar-
tefici dei loro successi, io ho contribuito con la preparazione e inizialmente con le sessioni di tecnica, il resto l'hanno fatto da sole».
Com'è il ruolo di marito di una campionessa? «Se spegni il regi-
stratore ne possiamo parlare… scherzi a parte la decisione di provare a fare l'atleta è stata condivisa, quindi nulla d'imposto. Chiaro che i successi ripagano di tanti sacrifici, ma credimi quando ti dico che è stata molto dura». Parli al passato… «Sì ora i programmi sono stati ridimensionati, l'impegno agonistico di Francesca è diminuito e quindi si rientra nella normalità; per qualche stagione ho vinto il premio 'casalingo dell'anno', ora lo cedo volen-
tieri a qualcun altro». E con i ragazzi come va?
«È un'esperienza meravigliosa, stare in mezzo a loro è una fortuna: mai nulla di scontato, ogni giorno stimoli nuovi e poi la loro 'verve' è contagiosa. Ti tirano fuori tutto quello che hai, vederli crescere e appassionarsi è un gioia incredibile». Come li alleni? «Nessun segreto, in estate ci si perde un po', per ritrovarsi poi dopo le vacanze. Il fine settimana si va tutti assieme in montagna fino alle prime uscite con le pelli. Durante l'inverno facciamo un allenamento serale a metà settimana e poi le classiche uscite nel fine settimana. Naturalmente non sono solo, Luca Dei Cas è un elemento insostituibile del gruppo, con lui siamo in sintonia e condividiamo ogni cosa».
QUEEN TOUR ALL MOUNTAIN sidewall sandwich
Sidecut/mm:* 114 - 74 - 104 Raggio:* 14 m Peso:* 1.250 g Lunghezze: 145, 150, 155, 160*, 165 cm
hagan-ski.com info@hagan-ski.com
100 > rubriche
THE PINK SIDE OF SNOW testo: Martina Valmassoi
QUALCOSA È CAMBIATO N Per la prima volta sono stata sottoposta a un controllo antidoping, un fatto positivo per il nostro sport
eve, neve, neve. Di questi tempi questa breve parola sbatte senza tregua nella testa e nello stomaco di tutti coloro che vorrebbero cadere a terra affondando comodamente in un polveroso manto bianco. E invece no, la neve si fa attendere, come una donna prima di una serata importante. Più sei fuori dalla porta che imprechi che si sbrighi, più stai sicuro che ti farà aspettare. Nonostante ciò, il raduno della Nazionale a Falcade si è svolto come da programma. La nostra salvezza (o morte, dipende dai punti di vista), è stato il ghiacciaio della Marmolada, che tanto è bello quando ricoperto di powder, quanto ombroso e ripido nelle attuali condizioni. La cosa certa è che vedere sciami di persone salire adagio adagio su un pendio così ostico, muniti di ogni genere di attrezzatura, ti fa capire che qualcosa sta accadendo. Forse quello dello scialpinismo, a poco a poco, sta diventando un movimento rumoroso, un qualcosa che fa discutere e fa parlare e che di certo non passa inosservato. A proposito di questo, vorrei raccontare Martina durante il raduno della squadra nazionale a Falcade photo©Carlo Ceola
Classe 1989, cresciuta in una famiglia di sportivi, nazionale di scialpinismo, ama la musica rock e detesta Gigi d’Alessio e il gorgonzola. Dal 2006 è campionessa italiana in carica nell’individuale e Vertical nella sua categoria. Nel 2008 ha vinto una medaglia d’oro ai campionati Europei dell’Alpago in staffetta con Antonioli e Fognini e un bronzo nel Vertical categoria Juniores sempre nella stessa rassegna. Nella scorsa stagione ha chiuso al terzo posto in classifica generale di Coppa del Mondo nella categoria Espoir e sempre nella stessa categoria ha vinto il Pierra Menta.
cosa mi è successo una di queste mattine. Ore 6.00. Il mio ragazzo si alza dal letto, quasi preoccupato, e va ad aprire la porta. Non viene molta gente a trovarci, poi a quell’ora… Indovinate un po’? Controllo antidoping! I miei capelli stanno su da soli e… in quanto a occhiaia potrei fare concorrenza a un panda in via d’estinzione. Decido di darmi una sistemata, giusto per non spaventare gli addetti al controllo di prima mattina. Scortati dal mio gatto iperprotettivo e sospettoso, li facciamo accomodare. La cosa simpatica è che mi hanno perfino dato una mano a sistemare casa, visto il caos che regna. Diciamo che, dopo il ritiro, avevo un po’ di lavori domestici in arretrato. A controllo concluso ci salutiamo con un arrivederci, che sappiamo verrà rispettato da entrambe le parti. Con questo vorrei fare capire che veramente qualcosa sta cambiando, il fatto che anche il nostro sport inizi a essere seguito e controllato accuratamente da enti più grandi di noi può essere solo un beneficio. Ora però mi sento di dire solo una cosa: che venga veramente la neve?!?
SCI DIMENSIONI SERIE TOURING
JUSTICE DRIFT ASPECT STIGMA GURU STARLET SYNCRA
140/115/125 136/100/122 130/90/117 124/80/108 120/75/105 134/100/121 122/80/107
102 > ski-alp race
I GUERRIERI DELLA NOTTE testo: Carlo Ceola
IVO ZULIAN
SONO UNA CIVETTA
103 > ski-alp race
Ivo Zulian è il ‘cavallo pazzo’ delle notturne, capace di ‘sgasate’ micidiali, ma anche di arrivare con due sci O scarponi diversi al traguardo
S
e cliccate il suo nome su Google vi verranno fuori tutta una serie di articoli che raccontano di vittorie e di ottimi piazzamenti fatti con gli sci o la mountain bike. È un polivalente Ivo, dotato di una cilindrata fuori serie che gli permette grandi performance. Non c’è però nessun articolo che racconti le sue mancate vittorie, che sono altrettanto numerose. Ivo è un cavallo pazzo, genio e sregolatezza, un talento puro, uno che in gara ne combina di tutti i colori. L’ho visto arrivare al traguardo con due sci diversi, e sin qui ci sta, ma con due scarponi diversi, di cui uno due numeri più grande… Pensate un po’ al tipo che è sceso dalla montagna con uno scarpone più piccolo di due numeri. Quante volte Ivo sbaglia strada durante una gara, o è protagonista di cadute impressionanti disintegrando l’attrezzatura? Quando mette il numero, di fatto, effettua una sorta di ‘switch off’… non ha una strategia di gara, parte sempre a tutta, sgomma come una moto GP, se poi lo tallonano, incrementa pure. Non teme nessuno, anzi… Lo scorso anno, alla Pizolada, sulla prima salita, ha urlato a Lenzi di darsi una svegliata là davanti. Poi, in trance agonistica, l’ha anche passato, andando in fuga. Alla fine non ha vinto ed è andato fuori giri, rientrando nelle posizioni di rincalzo. Ivo Zulian rappresenta la categoria dei guerrieri della notte per eccellenza: ‘sgasate’ al sapor di sangue in bocca, progressioni impressionanti, battiti fuori controllo fin dal via. Classe 1980, vive e lavora a Soraga, in Val di Fassa. In estate gestisce assieme ai genitori un laboratorio di sculture in legno di ogni genere e pratica la mountain bike, partecipando a numerose competizioni. In inverno si dedica completamente allo sci, svolgendo l’attività di maestro di sci al Passo San Pellegrino. Finita la giornata di lavoro, infila la tuta da scialpinismo dei Bogn da Nia e, assieme all’amico Umberto, va ad allenarsi con le pelli. Il suo compagno di squadra e di pettorale è Riccardo Dezulian. È un ragazzo simpaticissimo, stare in sua compagnia è un piacere, ma andiamo a conoscerlo un po’ meglio…
1
IL TRATTO PRINCIPALE DEL TUO CARATTERE?
«Sono testardo, quando mi metto in testa qualcosa non cedo di un centimetro».
2
LA QUALITÀ CHE PREFERISCI IN UNA DONNA?
«Mi deve sopportare perchè non sono mica uno facile».
3
IL TUO DIFETTO?
«Sono distratto e mi dimentico le cose, è stato sempre così sin da quando ero bambino».
4
L’ULTIMA VOLTA CHE HAI PIANTO?
«L’anno scorso al Sellaronda,
di felicità».
5 6 7
IL GIORNO PIÚ FELICE DELLA TUA VITA?
«Il giorno più bello spero sia sempre domani».
9 10
A COSA NON SAI RESISTERE?
SE POTESSI, COSA CAMBIERESTI DEL TUO FISICO?
«Al cibo, sono goloso e ingurgito di tutto. Un vero disastro».
LA CANZONE CHE FISCHIETTI PIÚ SPESSO?
«Assolutamente non sono un abitudinario ed al mare non ci penso proprio, non fa per me».
«Niente, vado bene così».
«Fischietto le canzoni dei cartoni animati, ma sono talmente stonato che nessuno le riconoscerebbe».
8
che arrivo la sera stremato e mi addormento sempre sul più bello della festa».
IL DONO DI NATURA CHE VORRESTI AVERE?
«Le batterie Duracell visto
11
STESSA SPIAGGIA E STESSO MARE?
HAI MAI DETTO A QUALCUNO ‘NON ANDARE VIA’?
«Se ad una persona ci tengo non arrivo mai al punto di chiederle di non andar via, sarebbe troppo tardi».
12
LIBRO O FILM?
«Nessuno dei due, se ho un minuto libero resto in compagnia di un amico».
13 14 15
SOGNI O INCUBI?
«Dormo sempre sonni tranquilli». MEGLIO DI GIORNO O DI NOTTE?
«Di notte, come la civetta!». VINO O BIRRA?
«Birra, Pedavena scura!».
104 > ski-alp race
sCI CLUB
testo: Carlo Ceola
BOGN DA NIA, dal rifugio alle medaglie Il Club fassano, del quale fanno parte atleti del calibro di Zemmer, Dezulian, Zulian, Facchinelli e Gross, è nato da un gruppo di amici che si ritrovavano per un'escursione nelle notti di luna piena
Foto: da sinistra a destra. Il direttivo dei Bogn da Nia al gran completo Un gruppo dei Bogn da Nia durante la tasferta all'Etna dell'anno scorso. Ennio Dantone e Valerio Lorenz con il campionissimo Urban Zemmer
A
ltro che buoni a nulla, questi ci sanno davvero fare, a partire dal presidentissimo Ennio Dantone, una di quelle persone a cui lo scialpinismo dovrebbe fare un monumento. Era il 1997 quando, in alta Val di Fassa, un manipolo di appassionati, in occasione delle notti di luna piena, si ritrovava abitualmente per un'uscita con le pelli. Obiettivo dichiarato era giungere al rifugio per concludere la serata a tavola con gli amici. Di certo non avevano in mente di prendere il tempo di salita e, una volta in rifugio, non badavano a diete. In strada non c'era ancora l'alcool test, facile che ci scappasse qualche bicchiere in più… E proprio una di quelle sere, al Ciampac, decisero che il gruppo doveva darsi un nome. Da allora ne hanno fatta di strada questi ragazzi. Tra loro Ennio Dantone, un amore smisurato per lo scialpinismo, a cui si dedica 'anima e corpo'. È sempre in prima fila, non sa dire di no a nessuno, e così si trova invischiato in molteplici attività. Organizza gare, è presidente del circuito Dolomiti Sotto le Stelle, coordina personalmente tutte le attività del gruppo Bogn da Nia, segue i suoi atleti in trasferta, e alla fine pratica anche lo scialpinismo. In poche parole: instancabile. Difficile stargli dietro. Oggi il sodalizio di Canazei conta 150 iscritti tra tesserati FISI e amici e, quando si muovono, si ve-
dono e si sentono. Un gruppo affiatato che tra le sue fila annovera dei grandi atleti. Su tutti Urban Zemmer, campione mondiale ed europeo in carica di corsa in montagna specialità vertical, ma come non ricordare Carlo Battel o Martin Ritz, campioni indiscussi di scialpinismo che hanno portato i colori dei Bogn da Nia sui podi delle gare più importanti. Per la prima volta quest'anno un loro giovane è entrato a far parte del Comitato Trentino, si tratta di Giovanni Lastei. «Troppo poco rispetto agli sforzi profusi per avvicinare i ragazzi a questa disciplina - mi confida il segretario Osvaldo Finazzer -. Abbiamo avviato attività promozionali con le scuole con scarsissimi risultati. Se non c'e tradizione in famiglia, difficile che un ragazzo accetti di buttarsi nello scialpinismo. Dobbiamo creare un gruppetto di giovani che sappia catalizzare l'interesse per la disciplina, diversamente questi resteranno episodi isolati che non garantiscono la necessaria continuità». In squadra oggi ci sono atleti che si mettono in luce a livello nazionale: Zulian, Facchinelli e Dezulian, senza dimenticare Annemarie Gross. Ce n'è uno poi che non vince le gare ma che detiene il record di competizioni disputate in una stagione: Valerio Lorenz, lo stakanovista dello scialpinismo. Da Est a Ovest, in Italia e all'estero, notturne, classiche, individuali o in coppia, sono oltre 30 gare quelle disputate nella scorsa stagione. Passione, non ci sono altri motivi che possono spin-
105 > ski-alp race
un vero Bogn da Nia la fadia non sent mia gere una persona a fare tutto questo. Un generoso, sempre sorridente, comunque vada per lui è un successo. Non molla mai, scherzosamente mi racconta che la fatica più grande non sono le migliaia di metri di dislivello, ma inviare bonifici, modelli 61 e iscrizioni. Uno sci club, questo, sostenuto da un pool di sponsor che garantiscono tutta una serie di attività istituzionali rivolte al gruppo e non ai singoli atleti. È questa la vera forza dei Bogn da Nia, lo spirito di gruppo che ognuno di loro sente addosso e del quale va fiero. Una filosofia che è scritta nel loro statuto: la più bella vittoria è non avere snaturato nel tempo la propria identità ed essere riusciti a trasmettere questi valori al gruppo. In cantiere nel frattempo ci sono tantissime iniziative che da qui a breve verrano svelate. Un evento è top secret, ma se i Bogn da Nia riusciranno a superare certi campanilismi, potrebbe veramente diventare una manifestazione che non esiste ancora. Oltre a tutte le gare stagionali, cene, gite e allenamenti, a febbraio, in occasione della Coppa del Mondo sull'Etna, organizzeranno una gara in spiaggia a Giardini Naxos, in rigoroso assetto da scialpinismo. Ogni tanto è bene non prendersi troppo sul serio, cercando di smorzare i toni per trascorrere qualche ora in allegria! Sci d'aMare, una lunga traccia dalla Marmolada all'Etna per unire simbolicamente l'Italia da nord a sud, sotto il segno delle pelli.
Il video 'sci d'aMare' realizzato dai Bogn da Nia durante la trasferta dell'anno scorso in Sicilia per le gare sull'Etna
106 > ski-alp race
EMERGENTI
Data e luogo di nascita: 28 novembre 1994 Trento Residenza: Molveno (Tn) Peso: 53 kg Altezza: 172 cm Sci club: Brenta Team Categoria: Junior Materiali: sci Ski Trab, scarponi Scarpa Alien, attacchi Montura Haereo, abbigliamento Montura, CAMP Sponsor: Trentino
‘KIKKO’ FEDERICO NICOLINI
F
ederico Nicolini non poteva fare altro che scialpinismo. Papà Franz l’ha allevato a pane e pelli, è cresciuto ammirando le gesta del suo genitore e respirando fin da piccolo l’aria sottile della montagna. L’anno scorso ha spadroneggiato ai Mondiali di Claut nella categoria Cadetti, quest’anno forse patirà un po’ il salto di categoria, come è giusto che sia. Kikko è un ragazzo molto semplice, sempre disponibile, dotato di un gran motore e con le idee molto chiare sul suo futuro. Ora tocca a lui, come dice papà Franz. Le doti e le possibilità ci sono tutte, deve solo rimanere umile e concentrato, la stoffa c’è. QUANDO LA PRIMA VOLTA CON LE PELLI?
A sei anni nei prati vicino a casa con papà. IL TUO ALLENATORE?
Eros Grazioli e Franz Nicolini.
ALTRI SPORT?
In estate corro, arrampico e vado in mountain bike SCUOLA O LAVORO?
Scuola. INDIRIZZO SCOLASTICO?
LA GARA CHE VORRESTI VINCERE?
Il Mezzalama.
Pizza.
Papà Franz.
A COLAZIONE PRIMA DI UNA GARA?
UN SMS AL TUO ALLENATORE?
Thè, fette biscottate e marmellata.
‘Ciao Eros, posso chiamarti?’
IL TUO APPROCCIO A UN GRANDE EVENTO?
HAI UN PORTAFORTUNA?
No.
Rimanere tranquillo perché agitarsi non serve a niente.
I TUOI AMICI NELLO SCI?
OBIETTIVI PER LA STAGIONE?
Mirko, Nadir, Gian, Stefano e tanti altri.
Fare bene le gare importanti, soprattutto gli Europei, anche se con il cambio di categoria non è facile.
Animatore turistico-sportivo.
Di solito cinque.
DA GRANDE FARÒ?
COSA ASCOLTI SUL TUO IPOD?
La guida alpina.
Zucchero, Ligabue, David Guetta.
Salita.
LA GARA PIÙ IMPORTANTE CHE HAI VINTO?
IL TUO LIBRO PREFERITO?
PISTA O FUORIPISTA?
Le due medaglie d’oro ai Mondiali di Claut.
Preferisco sempre il fuoripista, però per allenarsi ci vuole anche la pista.
PIATTO PREFERITO?
IL TUO CAMPIONE PREFERITO?
QUANTI ALLENAMENTI SETTIMANALI? SALITA O DISCESA?
tranquillo. Difetti: m’innervosisco se non mi viene bene una cosa.
Non mi piace tanto leggere. PREGI E DIFETTI?
Pregi: sono un ragazzo molto
GRAZIE A?
Papà Franz che mi ha fatto scoprire questo sport e mamma che mi ha sopportato fino adesso.
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EMERGENTI
‘ALE’
ALESSANDRA CAZZANELLI
A
lessandra Cazzanelli è sorella d’arte. Suo fratello François l’ha trascinata dentro questo mondo perché lei faceva sci alpino. È una ragazza talentuosa, fisicamente dotata, tecnicamente in discesa se la cava molto bene. Aveva iniziato seguendo il fratello, per fortuna ha poi desistito, altrimenti, per dirla alla Eydallin, si sarebbe ‘sfasciata’ in breve tempo. Il Comitato si è preso cura di lei, seguendola e stilando dei programmi personalizzati, portandola ai vertici della categoria. Quest’anno è passata al Corrado Gex sotto le ‘grinfie’ di Marco Camandona e ci ha confidato di essere davvero contenta della scelta. Carattere chiuso, parla poco, è molto riservata e timida. È una che crede nel lavoro, s’impegna tantissimo e quando si mette in testa un obiettivo, prima di mollare le prova tutte. Abbiamo chiesto a Marco Camandona un pregio e un difetto di Alessandra. Pregio: non molla mai. Difetto: deve credere di più in se stessa.
QUANDO LA PRIMA VOLTA CON LE PELLI?
Ehm… bella domanda!
Quattro anni fa con il mio fratellone.
LA GARA CHE VORRESTI VINCERE?
IL TUO ALLENATORE?
La gara di casa, il Mezzalama!
PREGI DIFETTI?
Quando mi arrabbio, mi arrabbio! E non ho pazienza. Pregio: sono sincera e disponibile. PIATTO PREFERITO?
Alessandro Plater.
IL TUO CAMPIONE PREFERITO?
Pasta alla carbonara.
QUANTI ALLENAMENTI SETTIMANALI?
Manny Reichegger.
A COLAZIONE PRIMA DI UNA GARA?
Dipende, mediamente da cinque a sette.
UN SMS AL TUO ALLENATORE?
Purtroppo la Carbocake...
Ok capo! Ricevuto.
IL TUO APPROCCIO A UN GRANDE EVENTO?
HAI UN PORTAFORTUNA?
Tranquilla fino a 5 minuti prima di partire.
SALITA O DISCESA?
Senza dubbio discesa... PISTA O FUORIPISTA?
Ovviamente fuori pista! ALTRI SPORT?
Equitazione. SCUOLA O LAVORO?
Eh, ancora a scuola. INDIRIZZO SCOLASTICO?
Quinta geometra. DA GRANDE FARÒ?
Non uno in particolare. I TUOI AMICI NELLO SCI?
OBIETTIVI DELLA STAGIONE?
Tutto il Comitato, siamo un bel gruppo!
Fare bene gli Europei e la Coppa del Mondo.
TRE CANZONI SUL TUO IPOD?
GRAZIE A?
‘You Shook Me All Night Long’ e ‘Thunderstruck’, entrambe AC/ DC, ‘Somewhere I Belong’ dei Linkin-Park.
In Comitato Alessandro Plater, Franco Collé e il mitico Enrico Tesa, per tutti il Baffo. In sci club Marco Camandona e, purtroppo, mio fratello che mi aiuta sempre.
IL TUO LIBRO PREFERITO?
‘Lo Hobbit’ di Tolkien.
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ESERCITO
testo: Carlo Ceola FOTO: Carlo Ceola
ESERCITO
I PROFESSIONISTI Siamo stati un giorno intero con loro, dormendo in caserma a Courmayeur, condividendo ogni momento della giornata. Mi aspettavo una 'fabbrica di motorini', dove tutto fosse finalizzato alla prestazione agonistica, Ne esco invece con una visione diversa
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Dopo l'alzabandiera diretto da Marco Albarello, tutti sulla neve ad allenarsi
A
lle 7 del mattino salgo le scale della casermetta dove dormono gli atleti, mi infilo nel primo corridoio con l'intento di 'sbrandare' Eydallin e Lenzi, e invece mi ritrovo nell'ala riservata alle donne. I miei ricordi di caserma non prevedono donne, torno sui miei passi con due ragazze che mi scortano all'uscita. Salgo allora l'ala opposta, e dopo varie ricerche, finalmente li trovo. Dormono ancora sonni tranquilli i due atleti, mentre Manny Reichegger ha già digerito la colazione. Accendo la luce, mi prendo i miei 'vaffa', ma alla fine scendono dal letto. Veloce colazione in mensa, e poi tutti in adunata. Incontro uno dei miei miti dello sci di fondo, quel Marco Albarello lanciato in seconda frazione nella leggendaria staffetta olimpica del 1994 a Lillehammer, che conquistò l'oro in casa della Norvegia. Una delle pagine sportive più belle della storia italiana. È lui a dirigere l'alzabandiera in una tiepida mattina di dicembre, all'ombra vigile del Monte Bianco. Aspetto di capire dall'allenatore Emanuel Conta i programmi di giornata. Via, tutti in pulmino, si va a Pila
dove un discreto innevamento consente di effettuare una seduta sulla neve. Risalgo la pista assieme a loro, con il fiatone, chiacchierano tranquillamente, fino a quando decidono che è finito il riscaldamento. Oggi è previsto un veloce e così ho avuto il privilegio di vedere le 'motorette' all'opera. Tre serie da 5 minuti in un tratto misto con salita, piano e salita ancora. Niente male per essere a dicembre. Manny è sempre il primo davanti, Lenzi mi sembra davvero in palla, tira già un gran bel passo. La 'Glo' sfrutta la scia di 'Eyda'. In mezzo Cazzanelli, imprestato dal gruppo alta montagna e a chiudere Dennis Trento, reduce da uno stiramento alla schiena. Finite le fatiche, tutti a mangiare e a parlare di mille cose. Il pomeriggio era in programma una seduta in palestra, partitella di pallavolo, e sauna, ma praticamente sono stati impegnati tutto il pomeriggio con le interviste per Ski-alper. Mi congedo da loro poco dopo le 20. Rientro in macchina verso la redazione, un'ora di autostrada per riavvolgere il nastro e scrivere mentalmente il pezzo.
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ESERCITO L'Esercito è rimasto l'ultimo gruppo sportivo ad annoverare una squadra di scialpinismo, il perché ce lo spiega il comandante della caserma, il colonnello Marco Mosso
A destra. Il colonnello Mosso
LA TRADIZIONE DELLE TRUPPE ALPINE
L
a caserma Perenni di Courmayeur di fatto è un centro sportivo dotato di ogni confort compresi sauna e palestra, un vero fiore all'occhiello. Qui si allenano professionisti del calibro dell'olimpionico Giuliano Razzoli, l'élite insomma degli sport invernali. Lo scialpinismo è la disciplina meno blasonata all'interno del Centro Sportivo Esercito, il parente povero di fondo e sci alpino, ma gode di una grandissima credibilità e di una tradizione da portare avanti ed onorare. Gli scialpinisti sono i grandi faticatori, quelli che probabilmente si allenano il doppio degli altri atleti della caserma. Non ci sono le tv ed i media ad ingigantire le loro prestazioni, ed una loro medaglia conta la metà di un buon piazzamento dei loro colleghi. Orgoglio scialpinista. Con grande disponibilità il colonnello Marco Mosso, comandante della caserma ormai dal 1999, si è sottoposto al 'fuoco incrociato' delle nostre domande.
Colonnello, perché siete rimasti l'unico gruppo sportivo militare ad annoverare una squadra di scialpinismo?
«Fino agli anni '80 molti gruppi sportivi contavano un team di scialpinismo, gli ultimi ad abdicare sono stati i Forestali. I tempi sono cambiati ed ora si tende a sostenere solo le discipline olimpiche. Noi abbiamo una grande tradizione, lo scialpinismo è legato in maniera indissolubile alle truppe alpine e al nostro spirito. Abbiamo una grande storia ed una tradizione alle spalle, non possiamo permetterci di rinunciare a valori così importanti. Investiamo in questa disciplina anche perché crediamo meriti il palcoscenico delle Olimpiadi e vogliamo dare il nostro contributo in questo senso. Dirò di più, lo stato maggiore dell'Esercito, che coordina tutte le nostre discipline, come allineamento generale vuole che si curino le attività strettamente legate alle operazioni militari, e lo scialpinismo chiaramente rientra tra queste».
Cosa significa comandare dei professionisti sportivi più che dei militari?
«I ragazzi sono prima di tutto dei militari, questo va ribadito. Non li reputo semplicemente degli atleti per il fatto che sono dei professionisti delle truppe alpine, ma militari qualificati nell'ambito sportivo dello sci e dell'alpinismo. Noi non formiamo atleti, ma professionisti della montagna, basti pensare che Reichegger è istruttore di alpinismo, Trento sta facendo il corso per diventare guida alpina. Ci sono due anime nel nostro gruppo sportivo, una che vive la montagna in modo agonistico, l'altra sotto forma di addestramento. L'una non può prescindere dall'altra. Chi va in montagna prima deve essere addestrato e formato sotto l'aspetto tecnico, della sicurezza, e della conoscenza dell'ambiente in cui opera. Solo successivamente potrà praticare l'agonismo. Nella maggior parte dei casi gli atleti, una volta finita la carriera sportiva, diventano istruttori qualificati, restano da noi e mettono la loro esperienza al servizio dei giovani. Con noi c'è un gruppo di eccellenza, si tratta della squadra alta montagna, professionisti addestrati per addestrare a loro volta. Operano in condizioni estreme, sono il nostro vanto. In caso di emergenza vengono a formarsi da noi i reparti speciali di tutte le forze armate italiane». Un ufficiale intraprende la carriera militare e ha precisi obiettivi, tra i suoi c'erano quelli di comandare il Centro Sportivo Esercito?
«Mi sono arruolato nel 1978, convinto della mia scelta, con l'ambizione di svolgere un lavoro negli alpini che mi consentisse di vivere in montagna. Se ripercorro la mia vita militare, tutte le aspettative sono state soddisfatte. Ho fatto tutti i miei periodi di comando, la cosiddetta gavetta, per approdare nel 1999 al comando del Centro Sportivo Esercito proprio nel periodo in cui sono stati unificati gli istruttori e gli atleti, montagna e sport. Per me è un vanto, oltre che un grande privilegio, comandare questa eccellenza di professionisti».
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ESERCITO
5 SUPER Atleti Per ognuno di LORO si potrebbe scrivere un libro, tanti sono i successi conseguiti in carriera. Numeri, allenamenti, gare, materiali, sponsor. Tutte cose risapute. Ho preferito soffermarmi sulla loro personalità, sugli aspetti caratteriali, sulle cose che non ci hanno mai detto...
MANNY REICHEGGER Il professor Manny, titolare di cattedra in scialpinismo alla caserma Perenni di Courmayeur, è il capitano di questo team. Si è conquistato i gradi sul campo, per anzianità e per meriti sportivi. È il professionista per eccellenza, meticoloso, preciso e puntuale. Programma tutto e non lascia nulla al caso. Misterioso, quasi enigmatico, della sua vita privata si sa molto poco. Hai 34 anni, sei arrivato a Courmayer a 17 anni, metà della tua vita trascorsa in caserma. «Non avevo mai pensato a questi numeri, fa un certo effetto a sentirlo dire. Se non ci stessi bene non sarei ancora qui, questo è ovvio. Ne ho vista di gente passare e quanta strada ho fatto da casa mia a Selva dei Mulini in Val di Tures a Courmayeur in questi 17 anni». Ti ricordi il tuo arrivo? «Adesso ti racconto questa. Sono arrivato che non parlavo e non capivo una parola di italiano. Mi hanno portato dal comandante, all'epoca il Colonnello Blua, per i saluti e le presentazioni, e alla fine gli ho detto 'ciao', quando neppure sua moglie osava dirglielo. Mi sono meritato subito un bel 'cazziatone' tanto per iniziare. Sono entrato nel Centro Sportivo Esercito come fondista poi, visto che i risultati non erano eccellenti, sono stato dirottato allo scialpinismo. È stato amore a prima vista, anche se scendevo a raspa: stiamo parlando dell'anno 1999. Tu e la montagna.. «È qualcosa che ho nel dna, sono istruttore di alpinismo, mi piace molto arrampicare, attività a cui mi dedico in estate. Lo scialpinismo è montagna, è un vincolo indissolubile, un binomio che rende tutto speciale, perché lo scialpinismo è speciale». Quanto ti manca Dennis Brunod? «Tanto. Ma non come atleta, qui ci sono ragazzi altrettanto preparati che vanno molto forte. Mi manca come persona. Eravamo molto affiatati, si andava d'accordo, avevamo la stessa impostazione di vita. Io e lui ci capivamo con uno sguardo. Era tutto molto più facile, da quando se ne è andato per me le cose sono davvero cambiate».
Qualcosa non va con gli altri del gruppo? «Niente in particolare, solo che a volte questi giovani proprio non riesco a capirli. Devo aspettarli anche mezz'ora per andare ad allenarmi. Per loro è tutto così, senza regole, va sempre bene lo stesso». Sorride Manny, si appresta ad iniziare una nuova stagione e ha lo stesso entusiasmo di dieci anni fa. In allenamento l'abbiamo visto sempre davanti a tirare il gruppo, senza risparmiarsi. Un leader, esempio per i giovani, un professionista poco celebrato che preferisce lasciare parlare i fatti.
GLORIANA PELLISSIER L'unica donna del gruppo, coccolata e protetta dai suoi uomini con i quali compone la squadra. Parlando con loro si capisce che 'Glo' ricopre un ruolo speciale. È l'intermediaria, quella che motiva il gruppo, che trasmette entusiasmo e che si fa rispettare. Un palmarès incredibile, basti pensare che ha vinto per ben tre volte il Pierra Menta. Perché tutta questa fretta 'Glo', dove devi andare? «Oggi festeggio 10 anni di matrimonio e con mio marito stasera andiamo alle terme, quindi vorrei avere la precedenza». Mamma, moglie e atleta, come riesci a conciliare tutto? «Dura, per non dire durissima, ma non sono sola in questo. Intanto mi sono presa una baby-sitter e prima di arrivare in caserma alle 8 porto Nicolas all'asilo nido. Chiaro che prima di riprendere la vita di atleta ho condiviso e pianificato tutto con mio marito. Senza di lui questo sarebbe impossibile» Al parterre del Mezzalama l'ho visto piangere di gioia per la tua bellissima vittoria, non smetteva più… «L'abbiamo vinto assieme il Mezzalama. Io con gli allenamenti, e lui a casa a fare il 'mammo'».
Sei mamma di due splendidi bambini, una carriera in cui hai vinto molto. Ma chi te lo fa fare di proseguire? «Quando sono rientrata dalla maternità, per un periodo ho lavorato in ufficio. Vedere gli altri che andavano ad allenarsi era una sofferenza. Ho capito che avevo ancora voglia di soffrire e che potevo dare ancora molto. Stimoli non so, di certo ho una grande passione per questa disciplina che mi rende felice e dalla quale sarà dura staccarsi. Non sono ancora pronta a smettere». Da 'grande' cosa farai? «Resterò in caserma a prendermi cura dei giovani, come hanno fatto con me coloro che mi hanno preceduta. Mi metto a disposizione, andrò in pensione qui. Da sempre, poi, aiuto mia mamma a portare avanti una casa appartamenti-vacanze ad Arvier, la 'Meizon de Felise'». Delle grandi classiche ti manca solo la Patrouille Des Glaciers, quest'anno rivedremo il dream team con Martinelli e Pedranzini? «A me piacerebbe molto, adesso è ancora presto. Ci sentiremo durante la stagione e decideremo». Poi abbozza il solito sorriso, e se ne va di corsa a festeggiare l'anniversario.
In alto. Manny Reichegger A destra. Gloriana Pellissier
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L'allenatore Emanuel Conta a volte questi giovani proprio non riesco a capirli. devo aspettare anche mezz'ora per andare ad allenarmi. per loro e' tuTto cosi', senza regole, va sempre bene lo stesso
Emanuel Conta è stato atleta del Centro Sportivo Esercito nell'ambito dello scialpinismo. Dismessi i panni dell'atleta ha ricoperto il ruolo di allenatore, succedendo a Carrara, Godioz e Riva che dal 1995 l'avevano preceduto in questo ruolo. Cerchiamo di capire come si allenano questi professionisti. Come preparate una stagione di scialpinismo? «Finita la stagione a maggio, i ragazzi seguono un periodo di mantenimento a casa loro a piacere, senza alcun programma specifico. Sono liberi di tenersi in forma praticando qualsiasi sport. Questo periodo è molto importante a livello psicologico, c'è infatti da smaltire lo stress mentale accumulato durante una stagione intera, aspetto questo molto delicato, da non sottovalutare che va gestito e allenato. Da giugno si riprende a fare sul serio e ci si ritrova a settimane alternate sino a Natale. Questo macro-periodo è fondamentale, ci si allena d'estate per gareggiare in inverno. In tutti questi anni abbiamo maturato una certa esperienza, inventandoci un sistema di allenamento. Di fatto non esistono testi in materia, alla fine vige il confronto tra di noi. Ogni anno si sperimentano cose nuove, che alla fine della stagione si valuta se riproporre, modificare o togliere. Una cosa abbiamo capito: salita e discesa sono due fasi che vanno allenate separatamente. Così il mattino solitamente privilegiamo l'allenamento della salita, il pomeriggio curiamo le qualità che servono in discesa. Una volta alla settimana manteniamo una seduta con le pelli in ghiacciaio, riteniamo fondamentale il richiamo del gesto. Per il resto i nostri allenamenti vengono svolti con sedute di corsa, skiroll, bicicletta e camminate con bastoncini. Queste sono le attività fisse che riproponiamo. Effettuiamo dei periodi di carico massimale, seguiti da una settimana di scarico. Dopo due cicli di carichi crescenti, si fa sempre della velocità per trasformare il lavoro e per permettere all'atleta di assimilare il carico ed evitare l'overtraining. Abbiamo introdotto tre cicli di velocità, uno a luglio, l'altro ad ottobre e l'ultimo sulla neve a fine dicembre, che rappresenta il lavoro di finitura prima dell'inizio delle gare. Durante la stagione agonistica l'attenzione viene posta sull'ottimizzazione del recupero dalle fatiche, non sono previsti lavori di richiamo. Abbiamo capito che alla lunga questo sistema preserva anche l'atleta, permettendogli di resistere nel tempo, e di migliorarsi: un esempio è Manny Reichegger, che a 34 anni nei test estivi ha migliorato ancora le sue performance.
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ESERCITO
Eydallin, Lenzi e Trento. Questa è la squadra del Mezzalama che per note vicende non è arrivata a Gressoney. Li ho presi tutti e tre assieme, rigorosamente davanti ad una birra, e ne sono venute fuori delle belle.
vita su un anello battuto all'ombra in fondo ad una valle, non mi si addice proprio. Necessito di spaziare, di fare le linee che decido io, di salire e di scendere. A me piace sciare e solcare le montagne, non guardarle dal basso». È vero che hai un fan club? «Non ufficiale, perché bisogna fondare un'associazione e c'è la solita burocrazia infinita, ma ho tanti amici che mi seguono. In realtà portano un po' sfiga, perché le due volte che mi hanno seguito ci siamo ritirati: Mezzalama e Patrouille». Obiettivi della prossima stagione? «Tutto!».
DAMIANO LENZI
MATTEO EYDALLIN
Il più giovane del gruppo, arrivato la scorsa stagione al Centro Sportivo Esercito, è di sicuro un grande talento. Carattere estroverso, un combattente, tutto grinta e determinazione. Non ha paura di niente e di nessuno, ma porta rispetto verso tutti. Di lui si diceva un gran bene come fondista, sembrava fosse destinato ad una carriera esaltante con gli sci stretti, e invece cosa è successo? «Esattamente non l'ho mai capito, sta di fatto che non sono stato ammesso in Finanza per motivi di salute, mi hanno detto che avevo problemi di cuore. Evidentemente per fare scialpinismo si può avere anche il cuore malato. Ma non voglio più parlare di questa storia che davvero mi ha disgustato. L'Esercito mi ha dato una grande opportunità e non me la sono fatta scappare. Si è chiusa una porta e si è aperto un portone: alla fine sono felice di come sono andate le cose. Mi reputo uno spirito libero: fare fondo tutta la
È il comunicatore ufficiale del gruppo. Ci sa fare anche con microfoni e telecamere, slang sciolto e mai scontato, anzi…. Carismatico ed egocentrico, gli mancano pochi esami per laurearsi in lingue, pratica che ha momentaneamente accantonato per mancanza di stimoli. Maestro di sci a Sauze d'Oulx, in Alta Val di Susa, arriva a Courmayeur nel 2006. Che ci sappia fare è indubbio e da subito inizia a collezionare vittorie. L'Eyda è un puro, odia le gare in pista, lui vive di gare vere, le grandi classiche per lui rappresentano un'avventura. Ama il sole e visto che a Courmayeur in inverno alle 13 sparisce, si definisce felice per solo mezza giornata, che coincide solitamente con la metà in cui si allena sugli sci. I suoi compagni dicono che nella sua borsa non manca mai la Nivea, crema di cui fa abbondante uso. È un atleta completo, dotato di un gran motore, peso forma 58 kg, necessita sempre
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Da sinistra a destra. Lenzi, Eydallin e Trento
BOTTA E RISPOSTA Sci fondo o scialpinismo? Lenzi : il fondo è paragonabile alla F1, lo scialpinismo al rally. Trento: il fondo è per palati fini, l'aspetto agonistico ha una delle sue massime espressioni, lo scialpinismo è molto più simile ad un'avventura. Eydallin: non ho mai fatto fondo a livelli agonistici per cui non saprei risponderti, comunque sia, per me lo scialpinismo non può essere paragonato al fondo, sono due sport completamente diversi, in comune hanno solo la neve. La vostra tattica di gara Lenzi: si parte per fare bagarre e creare scompiglio, una gara movimentata è sempre uno show. Ho fatto anche brutte figure partendo davanti per finire poi fuori dai 10, ma non sono mai arrivato al traguardo con rimpianti. Ho sempre dato tutto. Quando corro con Manny mi metto dietro e sto buono, attendo ordini. Eydallin: mai partito davanti, lascio fare, sono un attendista. Decido in gara la tattica da adottare in base a quello che accade. Trento: non sono uno che prende l'iniziativa. Mi adatto bene alle situazioni, ho una buona visione tattica e riesco ad essere abbastanza lucido nelle decisioni da prendere. Solitamente mi metto nelle prime posizioni e controllo. Parto sempre dall'idea che è inutile sprecare energie per niente, quindi meglio dosare lo sforzo e arrivare con benzina nell'ultima salita Doveste scegliere una gara tra Pierra Menta, Mezzalama e Patrouille Lenzi: il Mezzalama, la prima parte in pista si addice alle mie caratteristiche, in tre poi diventa una gara tattica. Eydallin: la Patruoille perché si parte di sera senza andare a letto, io odio le levatacce, non fanno per me. Trento: soffrendo la quota, scelgo decisamente il Pierra Menta. Tu e la caserma... Lenzi: ci sono delle regole e vanno rispettate... Eydallin: obbedisco, anche se certe cose le accetto ma non le condivido. Trento: bene, visto che dormo a casa. però di avere stimoli e motivazioni. Per lui l'autunno rappresenta un momento grigio sotto tutti i punti di vista: le gare sono ancora lontane, la neve non arriva, il sole si vede sempre meno e così il ragazzo rischia la paranoia. Adora dormire, odia le gare che partono presto, o le levatacce in genere. Estroverso e creativo, l'artista del gruppo, ha una parola per tutti.
DENIS TRENTO Tra qualche giorno diventerà papà, chiaro che in questo momento tutto il resto passa in secondo piano. Parla volentieri di sci e della squadra, dei suoi allenamenti, ma si vede che ha un obiettivo molto più importante di tutto questo. Ha una grande passione per la montagna, sta facendo il corso per diventare guida alpina, professione che intende esercitare una volta che smetterà con le gare di scialpinismo. Il corso da guida lo sta impegnando molto, punta ad arrivare al top della forma per gli Europei, appuntamento che ritiene il più importante della stagione. Il 'biondo', come lo chiamano in squadra, è persona molto riservata. Con Eydallin e Lenzi fa coppia fissa, carattere comunque deciso, poco accomodante, se si mette in testa un obiettivo lo punta e non molla. Negli anni si è trasformato: ai primi raduni Asiva si presentava con i capelli lunghi colorati, 'Guns n' Roses' negli auricolari a palla, poi cos'è successo? «C'erano due strade da prendere…». Diciamo che hai fatto la scelta giusta. «Ah questo non lo so, forse la scelta più opportuna. Ma se è quella giusta, non te lo so dire».
Cosa consiglieresti ad un giovane ski-alper Lenzi: è meglio iniziare con altre discipline, alla fine un bravo skialper deve essere un polivalente. Eydallin: evitare lo scialpinismo in età giovanile e prenderla con leggerezza, c'è sempre tempo per far fatica. Trento: se non vuoi diventare un aratro, inizia con il fondo o lo sci alpino. Come ti alleni? Lenzi: ti dico solo che sono tre anni che non uso il cardio-frequenzimetro... Eydallin: non intendo diventare schiavo di tabelle e programmi, sono per la semplificazione degli allenamenti. Trento: dopo tanti anni uno impara a conoscersi. L'importante è ascoltarsi e non affidarsi esclusivamente ad un programma di allenamento. Come va con le donne? Lenzi: come il meteo, periodo di secca... Eyda: come nello scialpinismo, sono in un periodo demotivato, cerco stimoli. Trento: la sto fabbricando, visto che diventerò papà di una femmina!
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COPPA DELLE DOLOMITI
testo: Riccardo Selvatico
La Coppa delle Dolomiti si fa in sei Gare in TRE diverse regioni per l'edizione numero venti del prestigioso circuito scialpinistico
V
enti anni di emozioni. La Coppa delle Dolomiti, uno dei primi circuiti di scialpinismo nati in Europa, taglierà proprio in questa stagione il prestigioso traguardo delle 20 edizioni, tutte interessanti e ricche di emozioni. Fino a qualche stagione fa questo challenge comprendeva solamente competizioni sul territorio trentino, ora invece si sono aggiunte alcune fra le gare più importanti d’Italia che hanno un comune denominatore, le Dolomiti riconosciute come Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall'Unesco. Anche per le sue nozze di cristallo la Coppa delle Dolomiti propone dunque sei eventi di assoluto prestigio che vanno ad abbracciare tre regioni: il Trentino Alto Adige, la Lombardia e il Veneto, con uno sconfinamento in Austria. Si va dal Trofeo Marmotta che è gara di Coppa del Mondo, alla Pitturina Ski Race, che invece è prova tricolore, oltre a essere in calendario internazionale. Certificato ISMF anche per il Tour de Sas della Val Badia, che assegna pure i titoli provinciali, così come per la Ski Alp Valrendena di Pinzolo che è prova nazionale e prova di campionato trentino. Le altre tappe sono la Sci Alpinistica dell’Adamello al Passo del Tonale, che festeggerà le 52 candeline, e poi il gran finale con il PalaRonda Ski Alp a San Martino di Castrozza, nello splendido scenario dell’altopiano delle Pale di San Martino. Da non dimenticare la gara giovani, intitolata a Fabio Stedile, alpinista trentino scomparso nel 1994 sul Cerro Torre, che si è disputata sul ghiacciaio Presena a novembre e che ha fatto registrare l’ennesimo record. Fra le iniziative dell’edizione numero 20 di Coppa delle Dolomiti verrà riproposto il concorso fotografico per scegliere la copertina della brochure dell’anno prossimo e l’accordo con Trento Film Festival, che prevede la proiezione di film la vigilia di ogni gara del circuito. www.coppadelledolomiti.it XX edizione I 2012
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LE SEI REGINE Pitturina Ski Race
La quarta edizione della Pitturina è pronta a stupire. Il 29 gennaio sulle nevi della Val Comelico si assegneranno le medaglie del Campionato Italiano assoluto a squadre. Le tracce della Pitturina salgono in un ambiente montano ancora incontaminato, lontano dagli impianti di risalita, a cavallo tra l’Italia e l’Austria. Lo Spiquy Team non pensa solo all’agonismo, infatti, in concomitanza con la competizione, tutti gli appassionati potranno unirsi al Raduno Val Comelico. Data: 29 gennaio 2012 Località: Comelico Superiore (Bl) Organizzatori: Spiquy Team Edizione: quarta Dislivello: 1756 m Lunghezza: 16 km Tipologia: Tecnica classica a squadre di due - Campionato Italiano Ultimi vincitori: Friedl Mair (Mountain Ski SSV Taufers) e Matteo Pedergnana (S.C. Alta Valtellina); Francesca Martinelli e Roberta Pedranzini (S.C. Alta Valtellina) Descrizione: proprio per onorare nel migliore dei modi l'impegno chiesto dalla FISI, lo Spiquy Team ha dovuto modificare il percorso per adattarlo alle caratteristiche richieste per l'assegnazione dei titoli tricolore. Il tracciato della quarta edizione, rispetto a quello affrontato negli anni passati, sarà più corto e con un dislivello minore. Internet: www.lapitturina.it Tour de Sas
La quarta edizione dell’evento sarà il 5 febbraio e si svolgerà nel pieno rispetto della natura, all’interno del Parco Naturale Fanes-Sennes-Braies, Patrimonio Naturale dell’Umanità Unesco. In pochi anni il Tour de Sas ha saputo ritagliarsi una sua nicchia di concorrenti ben precisa. Nel Parco Naturale non si addentreranno solo i migliori interpreti della disciplina, ma anche i semplici appassionati che vogliono salire verso il Sasso della Croce. Data: 5 febbraio 2012 Località: Badia (Bz) Organizzatori: Badia Sport Edizione: quarta Dislivello: 2100 m Lunghezza: 26 km Tipologia: Individuale a tecnica classica Ultimi vincitori: Guido Giacomelli - Orietta Calliari Descrizione: la manifestazione ha uno scopo ben preciso: aumentare la conoscenza dello scialpinismo in Alta Badia e fare visitare agli atleti che partecipano alla gara le Dolomiti diverse, luoghi dove non arrivano gli impianti di risalita, montagne e cime che normalmente si ammirano soltanto in estate. Internet: www.tourdesas.it Ski Alp Valrendena
È una delle più belle competizioni di scialpinismo per la particolarità dei paesaggi attraversati, al cospetto delle
Dolomiti di Brenta, con dei passaggi suggestivi come il sentiero attrezzato della Scala Santa, quello nei pressi del rifugio XII Apostoli o presso la cresta della Pala dei Mughi. L’arrivo è previsto in cima al Doss del Sabion, raggiungibile per il pubblico con la cabinovia che sale da Pinzolo. Data: 26 febbraio 2012 Località: Pinzolo (Tn) Organizzatori: Sci Club Alpin Go Valrendena Edizione: ottava Dislivello: 1850 m Lunghezza: 16 km Tipologia: Gara Nazionale Individuale a tecnica classica e Campionato Trentino categorie senior, junior e cadetti Ultimi vincitori: Guido Giacomelli; Francesca Martinelli e Roberta Pedranzini ex aequo Descrizione: il Comitato Organizzatore, coordinato da Matteo Campigotto, anche quest’anno proporrà la gara light per la categoria femminile come per quella giovani (1200 metri di dislivello). Una scelta che ha portato ottimi risultati di partecipazione lo scorso anno. In abbinata il raduno Memorial Massimo Nella, aperto a tutti. Internet: www.alpingovalrendena.it
particolare intorno a Cima Marmotta, la vetta che dà il nome alla gara. Data: 25 marzo 2012 Località: Val Martello (Bz) Organizzatori: ASD Martell Edizione: quinta Dislivello: 1740 m Lunghezza: 17 km Tipologia: Prova di Coppa del Mondo senior, junior e cadetti, Individuale Ultimi vincitori: Kilian Jornet Burgada e Mireia Mirò Descrizione: il comitato organizzatore, coordinato da Georg Altstätter, sta lavorando per abbinare all’evento agonistico un momento di festa e così nell'alta valle, dove è prevista sia la partenza che l’arrivo della gara, verrà allestito un tendone con una serie di spettacoli e intrattenimenti, mentre il briefing è previsto nel paese di Martello. Internet: www.marmotta-trophy.it PalaRonda Ski Alp
Sci Alpinistica dell’Adamello
Dopo due anni torna una delle competizioni di scialpinismo che hanno fatto la storia di questo sport in Italia, la Sci Alpinistica dell’Adamello, che in passato è stata prova di Coppa del Mondo, di Coppa Europa e più volte gara di Campionato italiano e di Coppa Italia. Dopo la partenza dal Passo del Tonale, la manifestazione sale di quota sul ghiacciaio Presena e ha più punti di scollinamento oltre i 2500 metri, dove la vista spazia sulle incantevoli vette dell’Adamello, col punto più alto alla cima Presena, a quota 3069 metri. Fra le peculiarità il fatto che il percorso si sviluppa in parte su luoghi teatro della Grande Guerra. Data: 11 marzo 2012 Località: Passo del Tonale (Bs) Organizzatori: Sci Club Ugolini - Ski Alp Valli Bresciane Edizione: cinquantaduesima Dislivello: 2100 m Lunghezza: 16 km Tipologia: Tecnica classica a squadre di due, categorie senior, master, cadetti e junior Ultimi vincitori: Pietro Lanfranchi e Veronique Lathuraz Descrizione: il Comitato Organizzatore, coordinato da Aldo Garioni, sodalizio che nel 1982 è stato insignito della stella d’argento al merito FISI, ha deciso di spostare la macchina organizzativa al Passo del Tonale dove, oltre a partenza e arrivo, sono previste la zona briefing e le premiazioni. Quattro i passaggi impegnativi: Passo del Diavolo, Cima Presena, Cima Sgualdrina e Passo del Dito. Internet: www.ugolini-bs.it
Si tratta di una competizione che si snoda nell’altopiano delle Pale di San Martino, una delle catene simbolo delle Dolomiti. Una competizione giovane che però propone un percorso davvero suggestivo e impegnativo, con partenza e arrivo nel paese di San Martino di Castrozza. Il tratto più impegnativo è sicuramente la salita iniziale che dal centro porta alla Funivia Rosetta, con un lungo tratto da affrontare con gli sci nello zaino. Sarà anche quest’anno la finale del circuito Coppa delle Dolomiti. Data: 15 aprile 2012 Località: San Martino di Castrozza (Tn) Organizzatori: Ski Club San Martino Edizione: quarta Dislivello: 1700 m Lunghezza: 18 km Tipologia: Gara Nazionale Individuale senior e Master a tecnica classica e finale del circuito Ultimi vincitori: Guido Giacomelli; Francesca Martinelli e Roberta Pedranzini ex aequo Descrizione: il Comitato Organizzatore, coordinato da Mariano Lott, propone un percorso che arriva per la prima volta nel centro di San Martino di Castrozza e ha previsto la risalita gratuita per tutti i tifosi che vogliono seguire il duplice passaggio nella stazione a monte della Funivia Rosetta. È una gara interessante per il carattere alpinistico e per la varietà del percorso con la prima ascesa impegnativa e il punto più alto ai 2716 metri di Passo Pradidali Alto. Internet: www.palaronda.it
Trofeo Marmotta
Non capita a tutti di vedersi assegnata una gara di Coppa del Mondo di scialpinismo per due anni consecutivi, soprattutto per una competizione che ha solo cinque anni di vita. Merito di un comitato organizzatore giovane e particolarmente professionale, ma anche di un percorso di gara avvincente e proporzionato fra tecnica e spettacolarità, che si sviluppa nel gruppo dell’Ortles-Cevedale e in
XX edizione I 2012
120 > ski-alp race
SQUADRE NAZIONALI
testo: Riccardo Selvatico FOTO: Riccardo Selvatico
RIFONDAZIONE CADETTI
Con il passaggio di Nicolini, Faifer e Vanzetta tra gli Junior, la categoria rimane scoperta e anche tra le donne c'è qualche problema. Ne abbiamo parlato con Nicola Invernizzi, allenatore responsabile del settore Giovani della FISI
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ino a qualche anno fa il settore giovanile dello scialpinismo non esisteva, le gare riservate ai giovani erano inserite nel programma Senior, ma molte volte erano viste come un ulteriore impegno a carico dei comitati organizzatori, una sorta di tassa da pagare… Era difficile percepire cosa unisse questi appuntamenti e che cosa lasciassero in eredità. Oggi, grazie al lavoro degli sci club e dei comitati regionali, quello giovanile è diventato un movimento importante, consolidato e in continua crescita. Lo scorso anno, per la prima volta, all’interno della Coppa delle Dolomiti è stata organizzata una gara solo per le categorie giovanili, il Memorial Stedile. In quell’occasione tecnici, atleti e accompagnatori hanno avuto la conferma che il mondo dello scialpinismo aveva fatto un altro passo in avanti. Oltre alla Coppa delle Dolomiti c’è stata la felice esperienza dell’appuntamento d'inizio stagione in Alta Valtellina per le categorie Junior e Cadetti, aperto ad altri stati europei, Francia e Spagna in primis. Nella stagione appena iniziata queste due importanti iniziative si sono ripetute, ottenendo un notevole successo, che non si misura solo nel gesto atletico durante le gare o nella quantità di atleti presenti alla linea di partenza, ma dall’apprendimento e dal divertimento dei ragazzini nel partecipare. I giovani della nazionale azzurra, guidata da Nicola 'Lillo' Invernizzi, sono la punta della piramide di un movimento alimentato alla base dagli sci club e dai comitati regionali che deve continuare a crescere. Abbiamo voluto fare il punto della situazione con il tecnico azzurro.
Qual è l'atmosfera in squadra? «È buona, anche se purtroppo abbiamo il settore Cadetti da ricostruire. Lo scorso anno in questa categoria, con Nicolini, Faifer e Vanzetta, abbiamo vinto praticamente tutto, ora i tre 'fenomeni' sono diventati Junior, lasciandoci di fatto con una squadra Cadetti da riformare. In questi mesi con Angeloni, responsabile delle squadre maggiori, speravamo di contare su due o tre gare di selezione, ma con la mancanza di neve e quindi con l’annullamento di alcuni appuntamenti, decidere diventa più complesso. Al raduno dell’Alta Valtellina abbiamo visto un buon livello atletico però, mancando il Veneto e la Valle d’Aosta, non possiamo avere dei parametri precisi e soprattutto definitivi. La situazione generale mi dà fiducia, qualche anno fa alle gare per i giovani si contavano una trentina di atleti, adesso superiamo i cento partecipanti. Questo vuol dire che gli sci club e i comitati stanno lavorando molto bene».
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Nelle foto. Invernizzi al raduno di Falcade dello scorso novembre
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Quali sono gli elementi per fare in modo che lo scialpinismo cresca? «Sono convinto che il movimento debba credere nei giovani, altrimenti fra qualche anno tutto si sgonfierà. Inoltre si dovrebbe essere più professionali nel fare e nel seguire i regolamenti, anche se in questi ultimi anni sono stati fatti passi da gigante. Si dovrebbe arrivare ai livelli del fondo o dello sci alpino, per essere più precisi, dovremmo prendere quello che c’è di buono nelle altre discipline. Inoltre penso che dovremo trovare una soluzione per aumentare le 'quote rosa'. I giovani e le donne sono elementi che interessano anche al CIO per continuare la strada verso il mondo a cinque cerchi. Forse per le donne si dovrebbero rivedere i tracciati, disegnarli meno impegnativi, con meno dislivello e perché non inserire la prova Rally?». Che aspettative hanno i giovani nel mondo dello scialpinismo? «A essere sincero nel nostro mondo le attese per fare i professionisti dello sport sono veramente poche. Noi come Centro Sportivo Esercito siamo dei privilegiati, perché il nostro lavoro è allenarci, purtroppo gli altri corpi militari non la pensano come noi, almeno fino a quando non ci saranno delle medaglie olimpiche in gioco. Inoltre, mentre un ragazzo che gareggia nello sci alpino potrebbe pensare al suo futuro facendo in seguito il maestro di sci, nello scialpinismo non abbiamo nemmeno quella figura professionale. Negli ultimi mesi si stava lavorando per fare partire un primo corso allenatori, ma con il commissariamento della FISI tutto si è fermato». Il Meeting di Bormio che importanza ha avuto? «È stato percepito lo status di gruppo. È fondamentale che i ragazzi si riconoscano in un gruppo e che siano affiatati tra loro e siamo riusciti proprio in questo intento. Adesso dobbiamo fare delle scelte, i ragazzi s’impegneranno al 100 per cento per avere un posto in Coppa del Mondo, ma sono sicuro che vivranno queste situazioni con una sana rivalità sportiva».
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Che ruolo ha l’allenatore? «Innanzitutto quello di fare crescere i ragazzi come atleti, di educarli alla competizione, ma deve anche cercare di non farli lavorare troppo. I ragazzi, per loro natura, sono portati ad andare sempre a mille all’ora. Il nostro compito è di dargli un metodo d’allenamento, programmi ben precisi con periodi di carico e di scarico. Sappiamo bene che i giovani tendono a fare gli allenamenti nella disciplina che più gli piace, invece è molto importante che, soprattutto d’estate, il lavoro sia diversificato: skiroll, mountain bike, corsa e passeggiate con i bastoncini. In nazionale i ragazzi arrivano già formati ed educati al rispetto degli avversari, senza trascurare l’ambiente in cui si muovono».
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Quali sono gli obiettivi della stagione? «Naturalmente vogliamo avere una squadra forte e ben formata. Ora sulla carta abbiamo sette Junior e nessun Cadetto. Al raduno di Falcade abbiamo parlato con i ragazzi, per gli Junior ci sono quattro/cinque posti. Alla prima gara di Coppa del Mondo ne porteremo quattro, poi alle gare italiane valuteremo se aggiungere un atleta. I posti per i Cadetti dovrebbero essere tre, però dobbiamo valutare attentamente. Potrebbe essere che ne prendiamo solo due. Il problema grosso è il settore femminile dove Silvia Piccagnoni non correrà più, Alessandra Cazzanelli ha un problema alla caviglia e Giorgia Dalla Zanna, che lo scorso anno ha fatto molta esperienza, deve ancora crescere. Speriamo di tornare a essere competitivi anche tra le donne».
THE FREESKI COMPANY
www.movementskis.com
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GIOVANI
testo: Riccardo Selvatico FOTO: Carlo Ceola
SKI-ALP I
n occasione del Meeting Internazionale, lo sci club Alta Valtellina ha voluto organizzare una riunione tecnica con tutte le figure professionali che ruotano attorno al mondo dello scialpinismo giovanile. Allenatori, accompagnatori e sci club si sono confrontati su alcuni aspetti legati ai giovani, dalla gestione dello sci club alle metodologie d’allenamento, dalla preparazione dei tracciati all'organizzazione della gara. Durante l’incontro si è cercato di capire quali possono essere gli elementi che attraggono i giovani atleti verso uno sport molto faticoso e tecnico come lo scialpinismo. Interessante, a tal proposito, l'opinione di Luca Salini, promotore della serata, convinto che la molla dell’agonismo sia una conseguenza della partecipazione alla vita di club e non un obiettivo da perseguire. Si è parlato anche della gestione delle squadre: la programmazione degli allenamenti, le trasferte, le finanze e la pubblicità sono elementi fondamentali e lo sci club Alta Valtellina in tal senso fa scuola. Da questa discussione è
emerso quanto sia importante la pubblicità e la comunicazione all’interno del club, cercando di dare la massima visibilità ai risultati degli atleti. «Lo scialpinismo - ha commentato Adriano Greco - ha il vantaggio di non essere uno sport precoce ed è un aspetto positivo perché il ragazzo non viene 'pressato' negli anni dell’infanzia. In età più adulta quella di gareggiare e allenarsi diventa una libera scelta, mentre negli sport dove l’età di ingresso è inferiore la scelta spesso è dei genitori. Di conseguenza la ribellione dell’età successiva determina l’abbandono». Per quanto riguarda gli eventi propedeutici alla pratica dello scialpinismo, Greco crede molto nella formula Rally. «Secondo me aiuta l’avvicinamento alla montagna e permette di godere maggiormente dell’ambiente senza abbassare il livello agonistico». Un altro vantaggio della formula Rally è la possibilità di correre a coppie, un fattore che crea feeling, amicizie, competizione sana e richiede il
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DOMANI
Gare di Coppa Italia e di Coppa del Mondo dedicate, formula rally, attenzione al settore femminile. Alcune delle proposte avanzate per renderE più popolare lo ski-alp
reciproco aiuto. Franco Nicolini, giudice internazionale e responsabile insieme a Carlo Zanon dei giovani del Trentino, ha avanzato la proposta di organizzare un circuito di Coppa Italia solamente per i Giovani. A tal proposito Luca Salini ha fatto sapere che lo sci club Alta Valtellina ha portato in Federazione Internazionale la candidatura per una prova di Coppa del Mondo per i Giovani. Per quanto riguarda i regolamenti, l’idea comune che è emersa è di rivedere i dislivelli e pensare in modo più accurato al settore femminile. Questi sono due aspetti che potrebbero incentivare il numero di partecipanti. La Federazione Internazionale era presente a Bormio con il presidente Armando Mariotta. «Siamo conviti - ha detto il presidente ISMF - che queste manifestazioni possano essere il format giusto per lo scialpinismo di domani e ci stiamo attivando perché le altre nazioni facciano qualcosa di simile, magari usufruendo di contributi europei per l'organizzazione».
Sopra. Lo start del Memorial Stedile, gara del circuito Coppa delle Dolomiti interamente riservata ai giovani che ha aperto la stagione 2012 al Tonale A destra. Il presidente ISMF, Armando Mariotta
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GIOVANI
TRE GIORNI DI ALTO LIVELLO
Riviviamo i punti chiave del MEETING GIOVANI organizzatO dall'Alta Valtellina
Edoardo Gianoli dell'Albosaggia in discesa
Cadetti Femminile 1. Giulia Compagnoni - Sci Club Alta Valtellina 5' 12'' 1 2. Natalia Mastrota - Sci Club Alta Valtellina 6' 02" 7 3. Michela Martinelli - Sci Club Alta Valtellina 6' 07" 7
Junior Femminile 1. Elisa De Lorenzi - Sci Club Alta Valtellina 5' 16" 1 2. Arianna Majocchi - Sci Club Alta Valtellina 5' 57" 7 3. Jeanne Fabry - CAF Buech-Devoluy 7' 11" 9
Cadetti Maschile 1. Matteo Toniatti - Sci Club Alta Valtellina 3' 50" 7 2. Andrea Greco - Sci Club Sondalo 4' 15" 2 3. Nicola Tomasi - Adamello Ski Team 4' 26" 4
Junior Maschile 1. Luca Faifer - Sci Club Alta Valtellina 3' 24" 2 2. Michele Pedergnana - Sci Club Alta Valtellina 3' 43" 4 3. Samuele Vairetti - Sci Club Valtartano 3' 43" 7
Arianna Majocchi
SPRINT SOTTO LA NEVE
La gara Sprint, che ha aperto ufficialmente il meeting internazionale Giovani, si è svolta a Santa Caterina sotto una provvidenziale nevicata. Questa prima prova dell'evento organizzato dallo Sci Club Alta Valtellina è stata disegnata sulla pista degli impianti di Santa Caterina davanti al Ristorante 'La Fonte'. I ragazzi partivano a trenta secondi l’uno dall’altro, prima i Cadetti, poi le donne e alla fine i Junior. Il tracciato prevedeva una prima parte da affrontare con le pelli di foca, nel tratto più ripido della pista, poi con gli sci nello zaino, cambio pelli e infine uno slalom gigante. Un format di gara che si è dimostrato un’altra volta molto spettacolare e tecnicamente completo, il giusto mix per avvicinare i giovani al vero scialpinismo.
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Nicolini e Vanzetta durante il Rally della seconda giornata
SI CONTINUA CON IL RALLY
Il secondo giorno di gare prevedeva la prova Rally. I ragazzi, dopo un primo trasferimento con gli sci per portarsi in quota, dovevano affrontare la prova a cronometro. Le partenze, a coppie, erano ogni minuto: un tratto con le pelli, un cambio sci nello zaino e via verso l'arrivo. Dopo avere riposato qualche minuto, sempre in coppia, si affrontavano le porte dello slalom gigante. Alla fine il soccorso alpino aveva preparato un campo Artva per le prove di ricerca. Da segnalare che nella prova Artva i concorrenti non sono stati cosÏ veloci come con gli sci.
Cadetti Femminile 1. Michela Martinelli - Natalia Mastrota - Italia 250 2. Laura Gorina - Laura Balet - Spagna 256 3. Giulia Compagnoni - Francesca Sambrizzi - Italia 309
Cadetti Maschile 1. Nicola Tomasi - Riccardo Bonavetti - Italia 73 2. Andrea Greco - Tomas Muscetti - Italia 77 3. Pietro Canclini - Federico Martinelli - Italia 120
Da sinistra a destra. Le atlete della Catalogna scherzano dopo la gara Faifer, Nicolini e Pedergnana all'attacco Pedranzini e Martinelli, due campionesse 'di servizio'
Junior Femminile 1. Marta Garcia - Ares Izard - Spagna 204 2. Elisa De Lorenzi - Arianna Majocchi - Italia 267
JUNIOR Maschile 1. Federico Nicolini - Gianluca Vanzetta - Italia 26 2. Nicola Salvadori - Omar Cantoni - Italia 33 3. Michele Pedergnana - Luigi Pedranzini - Italia 47
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GIOVANI
A sinistra. Un momento dell'Individuale di chiusura Sotto, da sinistra a destra. Natalia Mastrota e Michela Martinelli Un momento della prova Artva
Cadetti Maschile 1. Aleix Domenech - CTEMC de Catalunya 40' 59" 7 2. Riccardo Bonavetti - Adamello Ski Team 42' 50" 3. Silvio Bardea - Polisportiva Albosaggia 43' 16" 9
Cadetti Femminile 1. Laura Balet - CTEMC de Catalunya 51' 22" 5 2. Natalia Mastrota - Sci Club Alta Valtellina 58' 01" 3 3. Michela Martinelli - Sci Club Alta Valtellina 1h 00' 34" 9
Junior Maschile 1. Federico Nicolini - Sci Club Brenta Team 37' 08" 8 2. Michele Pedergnana - Sci Club Alta Valtellina 38' 09" 4 3. Luca Faifer - Sci Club Alta Valtellina 39' 09" 7
Junior Femminile 1. Marta Garcia Farres - CTEMC de Catalunya 47' 38" 2 2. Ares Izard - CTEMC de Catalunya 52' 45" 4 3. Elisa De Lorenzi - Sci Club Alta Valtellina 54' 28" 3
NICOLINI PROTAGONISTA DELL'INDIVIDUALE
ll meeting internazionale dei giovani si è chiuso con la prova individuale di circa quattrocentocinquanta metri di dislivello positivo diluiti in quattro salite, una delle quali da affrontare con gli sci nello zaino. Il quartier generale è stato il Rifugio Sunny Valley, a quota 2695 metri. Alla partenza erano in 110, primi al via i Junior. Nella prima salita è stato Luca Faifer a fare il ritmo e cambiare per primo. Chicco Nicolini e Michele Pedergana lo inseguivano a brevissima distanza. Nicolini durante la seconda salita ha acceso il turbo e ha continuato la gara in perfetta solitudine vincendo con il tempo di 37' 08", mentre Michele Pedergnana è arrivato secondo con 38' 09". Sul terzo gradino del podio è salito Luca Faifer con il tempo di 39' 09". Tra le donne vittoria per la spagnola Marta Garcia Farres davanti alla connazionale Ares Izard e a Elisa De Lorenzi. Nelle categorie cadetti, partite alle 10,30, hanno vinto gli spagnoli Aleix Domenech e Laura Balet. Riccardo Bonavetti e Silvio Bardea sono arrivati rispettivamente secondo e terzo. Tra le donne si è classificata in seconda posizione Natalia Mastrota davanti a Michela Martinelli. Per quanto riguarda la classifica generale del Meeting hanno dominato Michele Pedergnana ed Elisa De Lorenzi.
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Memorial Fabio Stedile | Gara Nazionale Giovani | Passo del Tonale Pitturina Ski Race | Val Comelico Tour de Sas | Badia Ski Alp Val Rendena | Pinzolo Sci Alpinistica dell’Adamello | Passo del Tonale Trofeo Marmotta | Val Martello PalaRonda Ski Alp | San Martino di Castrozza Showroom Trento - Via di Lamar, 2
20.11.2011 29.01.2012 05.02.2012 26.02.2012 11.03.2012 25.03.2012 15.04.2012
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LETTERE ALLA REDAZIONE MAIL: skialper@mulatero.it
LA CAPACITA' DI ATTIRARE L'ATTENZIONE Bravi. Sono tre giorni che ogni mattina prima di recarmi al lavoro e alla sera al rientro passo all'edicola di fiducia. Sbircio tra le solite riviste degli sport invernali. Questa sera solita occhiata veloce, mi stavo allontanando pensando alla mattina successiva, quando, in mezzo alle altre ho notato una copertina che si staccava dalle altre: "il nuovo Ski-alper". Bravi, bellissima copertina, il logo molto più piccolo. Farsi notare non è un nome a caratteri cubitali, ma la capacità di attirare l'attenzione. Mauro Orlandi Ciao Mauro, ci fa piacere questa tua osservazione. Era proprio il nostro obiettivo quando abbiamo impostato il restyling grafico con il logo così piccolo. Ci fa piacere che qualcuno l'abbia colto! E I BALTORO? Sono un vostro abbonato di Valeggio sul Mincio (Vr) ed oggi ho ricevuto il numero di novembre della rivista. Ho letto con interesse i test degli sci 2012 ed ho notato che non sono stati
inseriti i nuovi sci Dynafit 'Baltoro'. È stata una scelta editoriale, oppure sono arrivati in ritardo per le prove? Ringraziando in anticipo, porgo distinti saluti. Stefano Zevio Ciao Stefano, gli sci Baltoro sono certamente interessanti e affidabili, ma avendo stabilito di presentare un solo sci per ditta in ognuna delle tre tipologie previste dal test, ecco che doverosamente si è optato, nella collezione Dynafit, per il nuovo Seven Summit che in effetti ha ottenuto un buon giudizio complessivo. ABBONATO SCONTENTO Caro Ski-alper, sono un abbonato; ogni anno ci credo e poi vengo immancabilmente deriso dagli amici, che leggono la rivista almeno una settimana prima acquistandola semplicemente in edicola. Oggi sabato 19 la cassetta è vuota, se mi va bene lunedì 21 riceverò i l'edizione con i test. È come aspettare la neve. Saluti. Edoardo Gerosa Ciao Edoardo, sul primo numero abbiamo
avuto un ritardo dovuto al cambio del centro di smistamento da Torino a Milano. Secondo me da questo numero riceverai la rivista prima dei tuoi amici. Facci sapere, siamo curiosi… PER ENRICO E IDALBA Cari Enrico e Idalba, vi scrivo di getto dal divano di casa, dove leggo avidamente il nuovo Ski-alper con il mio bimbo di due anni che mi schiamazza intorno. Sono lettore della rivista da diversi anni. Volevo semplicemente ringraziarvi e augurarvi buone tracce! Grazie di tutto, con grande sincerità. Marco Abordi RIVISTA ARRIVATA Buongiorno Elena, grazie delle informazioni, la copia mancante è arrivata! Colgo l'occasione per complimentarmi con lei e con tutta la redazione, ho trovato questa edizione davvero ottima! Continuate così! Giorgio Ferrari
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gas7t7 Trovata Ski-alper a Marano Vicentino. La sfoglio con avidità. A breve i primi commenti. Mi sa che avrete un nuovo abbonato...;-)
RESPONSABILITA' ALLENATORI SKI-ALP Buongiorno Flavio, sono Davide dello sci club Alta Valtellina, ho letto ieri il tuo articolo su Ski-alper sulle responsabilità nell'organizzazione delle gite di sci alpinismo. Volevo porti un quesito che va un po' oltre le cose scritte nell'articolo: noi alleniamo un gruppo di ragazzi, che va dai 15 ai 22 anni, per le gare di ski-alp; per gli allenamenti ci muoviamo spesso in ambiente fuoripista, per la maggior parte delle volte su tracciati noti e non estremi, se così li vogliamo definire, ma comunque al di fuori delle piste battute; a volte, se non impegnati nelle competizioni, proponiamo anche allenamenti/ gite più in ambiente (quasi sempre una cima delle nostre vallate ...) alle quali partecipano, ma non sempre, anche delle guide alpine che ci danno una mano con i ragazzi. Volevo sapere quali possono essere le nostre responsabilità e come possiamo tutelarci; naturalmente siamo tesserati FISI come tutti i ragazzi. Grazie per la disponibilità Davide Canclini Ciao Davide, innanzitutto ti rimando alla mia rubrica pubblicata sullo scorso numero di aprile, in cui mi occupavo in parte dell’argomento. Riassumendo in estrema sintesi: a) chi è più esperto risponde genericamente dei danni patiti dal meno esperto durante l’attività scialpinistica praticata insieme; b) gli istruttori hanno poi una maggiore responsabilità relativamente alla sicurezza dei loro allievi. In caso di incidente che coinvolga l’allievo devono dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno occorso, quasi prevedere l’imprevedibile. Tale responsabilità è ancora maggiore ove per l’attività si percepisca pure un compenso poiché ex lege si instaura un contratto che prevede tra gli obblighi anche quello di garantire l’incolumità della persona affidata. Tanto premesso, come fare a limitare il rischio che incombe dunque sulla testa degli allenatori come voi? Innanzitutto la presenza delle guide alpine vi sgra-
va enormemente, in quanto l’affidamento dei genitori degli allievi si ripone sulla loro figura professionale e la relativa responsabilità consegue in capo alle medesime guide. In ipotesi che la guida non possa essere presente, si abbia almeno agli atti il consiglio della guida a recarsi in una determinata area in quanto ritenuta sicura. Occorre poi essere sempre in grado di dimostrare di aver agito secondo la miglior scienza ed esperienza, come si dice in 'giuridichese', cioè muoversi con tutte le cautele: - evitare pendii storicamente a rischio; - evitare uscite con rischio valanghe 3; - evitare di portare tanti ragazzi tutti insieme su certi pendii; - ovviamente assicurarsi che i ragazzi abbiano l’artva in funzione; seguire insomma quelle regole che l’esperienza scialpinistica consiglia per evitare guai e che tu certamente sul campo conosci meglio di me. Tutto questo anche perché eventuali assicurazioni non rispondono qualora vi sia un atteggiamento giuridicamente definibile colposo attribuibile all’allenatore. E per colpa ricordo si intende l’imperizia, l’imprudenza e l’inosservanza di leggi (ad esempio incidente occorso mentre si risalgono le piste da sci aperte), l’inosservanza di regolamenti (ad esempio incidente accaduto causa il collasso di scarponi modificati), l’inosservanza di ordinanze (si pensi all’incidente avvenuto mentre si era in violazione di un’ordinanza di divieto di praticare lo scialpinismo in un certo periodo contingente). Se comunque ti interessa parlarne di persona io in primavera vengo spesso a Bormio per praticare skialp con i cari amici Fabio Meraldi e Luciano Bertolina (presidente CAI Valfurva), possiamo vederci e parlarne liberamente e magari stabilire un protocollo pre-gita da osservare per cercare di tutelarsi. In cambio mi porterai a fare una sciata con i tuoi ragazzi. (Flavio Saltarelli) FORO IN PUNTA Ciao, complimenti per la rivista, volevo gentilmente chiederti un'informazione riguardo al taglio in punta dello sci per poter alloggiare l'elastico delle pelli. Questo taglio artigianale può compromettere l'affidabilità dello sci? Ugo
Buonasera Ugo, ti consiglio di bucare la punta con il trapano, cambiando due misure di punta per ottenere un foro di almeno 8 mm, quindi con un seghetto da ferro, anche quelli piccoli, si eseguono i due tagli per poter asportare la parte da togliere. Infine devi intervenire con una lima tonda per arrotondare il foro ed evitare che possa tagliare l'elastico alloggiato. ROBA DA SCI ALPINO? Ciao, vivissimi complimenti per il primo numero! Ho apprezzato davvero tanto l'articolo di Enrico riguardo la manutenzione dell'attrezzatura. Sarebbe bello leggerne uno più approfondito: tuning, lamine, impronta, soletta, scelta della sciolina, spazzole... Cose del genere! Dite che è troppo da pistaioli? In ogni caso a me piacerebbe. Riccardo Ongaro Ciao Riccardo, penso che nei numeri a venire troverai qualcosa di interessante. La messa a punto degli sci diventa fondamentale per godere di belle discese e cercheremo di approfondire l'argomento.
DUBBIO SCELTA ATTACCO Avendo maturato la curiosità di provare uno sci largo XXL, avrei optato per Mythic di Dynastar. Il dubbio è sulla scelta dell attacco, visto che mi è stato consigliato FT vertical in luogo del TLT speed. Considerato il notevole aumento in peso e prezzo e considerandone l'utilizzo, indirizzato più allo sci ripido che al freeride, quali sono i vantaggi tecnico-pratici di una scelta a favore del primo? Grazie e complimenti per i test e la rivista nel suo insieme. Flavio Credo che il risultato sul campo sia analogo. Però vorrei farti notare che Pierre Tardivel nello sci ripido adotta un attacco come lo Speed, al quale applica una placchetta sotto il tallone per fare in modo che durante il salto della crepaccia terminale non si sfondino i pernetti posteriori e tutto sommato affinché si inibisca la possibilità di sgancio della talloniera. Ma qui parliamo di couloir di 55/60°… (Enrico)
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dalla nostra pagina Facebook
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Complimenti a Davide per la prefazione 'Slow Ski'. In una pagina è riuscito a sintetizzare: economia (gli effetti della globalizzazione), crescita economica (la sua insostenibilità), minimalismo (un nuovo modo di vivere nel Nord America), scialpinismo (il futuro di uno sport invernale)…. Da leggere! Daniele Conci
Claudio Pilone
NUOVA VESTE GRAFICA Ho appena acquistato il nuovo numero di skialper. La passione quando c'è si vede! La nuova veste grafica è molto moderna, i contenuti poi sono ogni volta più interessanti. Complimenti, continuate così ! Enrico Perassi iscrizioni alla PatrOuille Salve, scrivo a voi perché sarete sicuramente informati. Non riesco a trovare informazioni circa le modalità o requisiti per iscriversi alla Patrouille des Glaciers, sapete per caso darmi qualche dritta o indicarmi un contatto!? Anticipatamente ringrazio. Ermanno Caro Ermanno, iscrizioni chiuse al 30 ottobre. Sono già state scelte le squadre, non resta altro che pagare il conto e allenarsi...
Maurizio Ravagni di) sono molto meno rigidi, visto che preferisco un po' più sostegno in discesa e mi piace fare roba ripida? Grazie mille per i consigli Claudio Mussner Ciao Claudio, il test degli scarponi è presentato su questo numero della rivista, possiamo comunque anticiparti che i due modelli sono simili: il Rush è fatto con le stesse plastiche del Maestrale anche se la loro densità è tale da renderlo più morbido. Questo particolare, unito alla leva in meno, fa risparmiare 60 g circa di peso per scarpone. Quindi, Maestrale più rigido e Rush più morbido. Il primo polivalente e il secondo più mirato allo scialpinismo classico e grantour. Per quanto riguarda il TLT5 posso garantirle che non ha problemi su nessuno dei terreni che lei intende affrontare, alla stessa stregua degli Scarpa. (Enrico) LAMPADE FRONTALI
MAESTRALE O RUSH?
Salve, vi scrivo per chiedere un piacere, visto che devo acquistare un nuovo paio di scarponi da scialpinismo per questa stagione che è oramai alle porte. Avevo pensato di acquistare o il Maestrale o il Rush della Scarpa: ci sono differenze di costruzione e rigidità tra questi due scarponi o l’unica differenza è il gancio in meno del Rush? Rispetto a questi due scarponi i Dynafit Tlt 5 (gialli e ver-
Buonasera, vorrei avere informazioni sulle lampade frontali. Uso la frontale sia per lo sci alpinismo ma anche per orienteering e vorrei una buona illuminazione senza avere un peso esagerato. Meglio il pacco batterie staccato o attaccato alla frontale? Quale mi consigliate? Michele Ciao Michele, starei certamente nelle lampade Silva. Se devi gareggiare in notturna in gare che prevedano la discesa opterei per un'Alpha 2/4/6 anche se il peso è elevato - quasi 500 grammi - se invece utilizzi la lampada per grantour, opterei per una Mino, leggerissima (80 g) e con tenuta illimitata, anche la serie L è interessante anche se il fatto di avere un alloggiamento pile
sul retro della fascia può risultare più scomodo. Nei nostri zaini portiamo sempre una Mino... Consulta comunque il sito ferrino.it. (Enrico) DURATA LAMINE Ho letto con interesse le recensioni sugli sci e approfitto di questa interlocuzione per suggerirvi (vista l'impossibilità di fare test di rottura) di aggiungere la misurazione dello spessore delle lamine e della soletta in modo da ipotizzare una 'vita' più o meno lunga degli sci, o per lo meno per quante volte potranno essere 'ripassati'. Questo perchè spesso la ricerca della leggerezza fa pensare che uno sci abbia vita corta e i commenti dei negozianti o dei compratori si sprecano: 'durerà al massimo due stagioni' oppure 'è assolutamente uguale agli altri' ecc. Credo che con un calibro e un profondimetro da pochi euro aggiungereste un dato interessante! Spero di non esser stato invadente o supponente nel permettermi di dare consigli. Marco La mail di Marco era preceduta da una (giusta) lamentela per non aver modificato sul sito la notizia dell'uscita in allegato sul primo numero di una guida con i test materiali. Il progetto sarà proposto ad inizio stagione 2012/2013, stiamo già lavorandoci ora. In quanto al suggerimento, ci sembra interessante e ne terremo senz'altro conto. LA TERZA SINFONIA Ciao a tutti, in primo luogo complimenti per il nuovo numero di Ski-alper. Lo definirei eroico, com'è eroica la terza sinfonia di Beethoven, un crescendo alla ricerca di cavalcare lo spirito del mondo narrando l'aria di rinnovamento che soffia sui nostri cuori. Un complimento speciale ad Enrico per l'uscita in punta di piedi nel segno della continuità, della competenza e del rispetto per il lettore. I miei auguri a tutti voi per un futuro ricco di soddisfazioni e successo. P.S. lette le intenzioni di Enrico non mancherò, a partire dalla prossima primavera, di farmi vivo di tanto in tanto per proporre qualche bella via di roccia sulle nostre amate montagne. (lettera firmata)
FREDRIK SCHENHOLM
FREDRIK SCHENHOLM
ISOGAISA JACKET
SIRDAL PANTS
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The ultimate jacket for people who are looking for a waterproof garment with the best breathability on the market. The jacket is made from a 4-way stretch material featuring the new Dermizax NX™ membrane. It offers extremely good freedom of movement and is perfect for active use.
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Aziende bergans
QUALITà outdoor in vetrina
Dalle esplorazioni artiche di Amundsen al freestyler Anders Backe. Il brand norvegese Bergans è uno dei massimi specialisti dell’outdoor. Ecco alcuni highlight dell’ultima collezione 1
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Isogaisa Jacket
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dall’escursionismo allo sci, dallo scialpinismo al freeride. Piacevole al tatto, molto calda rispetto allo spessore e all’ingombro. Prezzo: 240 euro
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Destinata a un pubblico esigente, in cerca di un prodotto sicuro ed efficace per attività in ambiente invernale, ideale per freerider e scialpinisti, che possono affondare nella neve in tutta tranquillità. Tessuto stretch che facilità movimenti e vestibilità, tasche con facile accesso a telefonino e occhiali, cappuccio, cuciture, aperture, regolazioni chiusure, garantiscono termicità e traspirabilità, unitamente alla membrana Dermizax™. Prezzo: 565 euro
Down Light Jacket
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È un ottimo capo termico intermedio e può essere usato occasionalmente come capo finale esterno se abbinato a un guscio di qualità. Utile a chiunque svolga attività in montagna in condizioni climatiche fredde,
Sauda Down Jacket
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Decisamente un capo molto caldo e confortevole! In condizioni ambientali avverse può essere indossata direttamente sopra l’underwear tecnico, senza capi intermedi. Fin dal primo momento la sensazione è di estrema morbidezza e versatilità. In azione asseconda i movimenti grazie alla sua leggerezza. Molto confortevole, morbido e caldo anche il cappuccio, dotato di un tirante di bloccaggio ergonomico e funzionale. L’alta qualità della piuma, lo spessore e l’eleganza sportiva orientano questo piumino anche verso l'utilizzo in giornate molto fredde, sia per usi sportivi, sia per momenti 'after ski'. Prezzo: 330 euro Info: www.bergans.com
SKI RACING ADDICTED?* *[malato di sci alpino?]
YOUR MEDICINE...* *[la tua cura...]
RACE SKI MAGAZINE esce in edicola 5 volte nella stagione invernale, è sul web all’indirizzo raceskimagazine.it, è disponibile per gli smartphone con la versione mobile.raceskimagazine.it ed è la prima rivista italiana di sport invernali con una versione per iPad su Apple Store. raceskimagazine.it
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NEGOZI
ALPSTATION IN RIVA AL MARE N on si può non trovarlo il nuovo Alpstation di Sarzana, in provincia di La Spezia. Si esce dall'autostrada ed è lì a poche centinaia di metri, su un vialone di grande passaggio. Ma cosa ci fa un'Alpstation al mare? Non è una contraddizione in termini? Ce lo spiega il titolare del nuovo negozio, Davide Della Valle, il giorno dell'inaugurazione. «Da queste parti c'è una grande tradizione alpinistica, quelle che vedi là - indicando le montagne che si scorgono verso sudest - sono le Alpi Apuane. Di queste parti è Roberto Vigiani, uno dei pionieri dell'arrampicata moderna e, parlando di sci, la medaglia d'oro olimpica dello slalom Giuliano Razzoli è di Castelnovo ne' Monti e ha cominciato a sciare a Cerreto Laghi, a un'ora d'auto da Sarzana». L'Alpstation non nasce dal nulla. «Questo è un negozio storico - continua Davide - un negozio multisport in cui io gestivo il piano interrato che era dedicato all'alpinismo: 650.000 euro di fatturato l'anno solo quello. Poi i vecchi titolari hanno deciso di smettere e io mi sono messo in società con Roberto Giordani (il proprietario di Montura) per farlo diventare un Alpstation». E lo scialpinismo? «Siamo vicini all'Appennino ToscoEmiliano, non ci sono gite molto lunghe ma interessanti. C'è un tipo particolare di neve, noi la chiamiamo 'corsichina' perché arriva da lì, dalle perturbazioni che giungono da nord e fanno un giro in senso antiorario, raccogliendo anche aria calda dall'Africa e sale marino. È una neve salata, non una vera 'powder,' ma qualcosa di simile al polistirolo». Una posizione strategica quindi quella dell'Alpstation più a sud d'Italia. E in occasione dell'inaugurazione si sono raccolti qui atleti Montura delle più varie provenienze. Da bravi scialpinisti, il primo che incontriamo è Jean Pellissier. Un sorriso che come sempre fa da anticamera a una grande cordialità. «Se devo dirla tutta, non so neanche bene perché sono a questa inaugurazione, non sono più un atleta ai vertici, ma
ALL'INAUGURAZIONE DEL NEGOZIO MONTURA PIÙ MERIDIONALE D'ITALIA C'ERANO BIG DELL'ARRAMPICATA DEL CALIBRO DI ADAM ONDRA E MANOLO
A sinistra. Manolo, 'special guest' a Sarzana. Sopra. La fornita libreria della collana Montura Editing. Nella pagina a destra dall'alto verso il basso. Altri 'vip' del settore all'inaugurazione di Sarzana: Adriano Greco, Adam Ondra e Simone Salvagnin
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siamo vicini all'Appennino Tosco-Emiliano, non ci sono gite molto lunghe ma interessanti. C'è un tipo particolare di neve, noi la chiamiamo 'corsichina' perché arriva da lì, dalle perturbazioni che giungono da nord e fanno un giro in senso antiorario, raccogliendo anche aria calda dall'Africa e sale marino
Montura continua a supportarmi come se lo fossi, mi sono sempre trovato molto bene con loro, sono molto riconoscenti e attenti al lato umano», confessa Jean. Programmi per questa stagione? «Mi piacerebbe partecipare alle grandi classiche, ma non so ancora con chi. Non ci sono più le squadre di una volta, i sodalizi storici in cui si condividevano gare e allenamenti. Adesso si è
tutti un po' più mercenari e opportunisti. Mi piace meno. Ora avrei anche più tempo per allenarmi, non faccio più il gattista a Cervinia, con orari impossibili, ma gestisco con la fidanzata un negozio di ferramenta a 15 chilometri da Ivrea. Purtroppo però le gare in Valle d'Aosta in questi ultimi anni sono diminuite e mi devo spostare più di prima». Anche Simone Salvagnin è un atleta Mon-
tura. Gareggia nell'arrampicata sportiva nella categoria ipovedenti. Molto interessante quello che ci racconta di una disciplina che non conosciamo, ma che quasi certamente entrerà nelle paralimpiadi. «Gareggiamo praticamente sugli stessi tracciati degli atleti normodotati. Nelle prove di velocità, dove i movimenti sono ripetitivi, otteniamo tempi molto vicini ai loro. Più complicate sono le prove di difficoltà, in cui abbiamo bisogno di una guida collegata via bluetooth che con un codice direzionale ci indica i movimenti da compiere. Per intenderci, la via di finale dei Mondiali di Arco, dove ho vinto un oro e un argento, era di difficoltà 7a». Ma, parlando di arrampicata, non si può non citare quella che è forse la punta di diamante del team Montura: Adam Ondra. Il diciottenne ceco è uno dei fenomeni del free climbing, con un curriculum impressionante, a partire da quando aveva solo sei anni. Adam era presente all'inaugurazione dell'Alpstation di Sarzana anche per presentare il nuovo film 'The Wizard's Apprentice' di Petr Pavlícek, che narra la sua vita e le sue imprese, un film ben costruito e con una straordinaria fotografia. Curiosa la presenza simultanea a Sarzana di Ondra e di Manolo, due dei più grandi interpreti dell'arrampicata moderna, due fenomeni che hanno saputo spostare il limite più in là. Avviciniamo il 'Mago' con un approccio 'ski oriented', cercando di carpirgli un consenso a finire sulle pagine di Ski-alper come telemarker di grande livello (pochi lo conoscono in questa veste). Non è la prima volta che ci proviamo, ma niente da fare: «Non scio più da anni, ho problemi di schiena e di ginocchia e così non mi diverto, preferisco concentrarmi sui pochi exploit che ancora riesco a fare in arrampicata». La versatilità di Montura nello sposare cause non strettamente sportive è testimoniata invece dalla presenza di Fausto De Stefani, autore del libro fotografico 'Mani' e ideatore del progetto benefico 'Rarahil Memorial School' in Nepal, a cui vanno le offerte raccolte da Montura in occasione di eventi e spettacoli. Avvistiamo poi tra gli altri Rolando Larcher e Cristian Brenna, fortissimi climber, e siamo anche testimoni di una rara e fugace apparizione di Roberto Giordani, anima e cuore di Montura. Ma la conclusione è di nuovo parlando di scialpinismo, con Adriano Greco, con i suoi occhi vispi e il suo ormai consueto atteggiamento controcorrente. Una cosa però ci dice e sembra sincero: «Bello 'sto Ski-alper, quasi quasi mi abbono».
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Aziende dynafit
scialpinismo sotto le stelle
A PARTIRE DAL 10 GENNAIO DYNAFIT ORGANIZZERÀ PIACEVOLI ESCURSIONI SERALI IN 12 RIFUGI DEL NORD ITALIA PER TRASCORRERE INSIEME MOMENTI INDIMENTICABILI
Il calendario
E
dopo il lavoro... lo ski-alp! È questo lo spirito dell'iniziativa 'Nachtspektakel - Tour the Moon' organizzata per il terzo anno da Dynafit in tutto l'arco alpino con ben 12 appuntamenti. Accompagnati per l'occasione dagli esperti Dynafit sarà possibile salire verso alcuni rifugi nel silenzio della notte per trascorrere insieme a loro una piacevole serata. Un modo per avvicinare allo scialpinismo chi non ha mai provato l'ebbrezza di salire le montagne con le pelli di foca ma anche un'occasione per chi già pratica di passare una serata diversa a pochi chilometri da casa, testando le ultimissime novità in fatto di scialpinismo. Infatti in alcune tappe sarà possibile provare l'attrezzatura Dynafit recandosi presso i negozi convenzionati potendola poi restituire la mattina successiva. L'inizio del 'Nachtspektakel - Tour the Moon' è previsto a gennaio, con itinerari da trecento a mille metri di dislivello nel bosco, lungo i sentieri forestali o a margine delle piste, in piena sicurezza. All'arrivo, nel rifugio, ci sarà un'altra bella sorpresa organizzata da Dynafit: la cena ed un simpatico programma musicale di contorno. Per concludere, dopo una allegra serata in compagnia, ecco un altro piacere unico: la discesa alla luce delle lampade e della luna!
Innerhofer Alm (10/01, 07/02) - Weissenbach (Bz) Rifugio Gremei (12/01) - Piazzatorre Torcole (Bg) Rifugio C. Battisti alla Gazza (13/01) - Recoaro Terme (Vi) Bar Ristoro La Grava (18/01) - Nevegal (Bl) Rifugio Dosso Larici (25/01) - Alpe Cermis/Cavalese (Tn) Rifugio Mont Seuc (25/01, 22/02, 14/03) - Ortisei (Bz) Rifugio Meira Garneri (08/02, 07/03) - Sampeyre (Cn) Rifugio Bristot al Col Toront (15/02) - Nevegal (Bl) Baita Montesel (15/02) - Monte Bondone (Tn) Rifugio Campogrosso (17/02) - Recoaro Terme (Vi) Rifugio Gilberti (23/02, 15/03) - Sella Nevea (Ud) Rifugio Monteorsaro (03/03) - Provincia di Reggio Emilia Per informazioni costantemente aggiornate sugli orari di apertura dei rifugi, le condizioni della neve e indicazioni sull’evento, si può consultare il sito www.dynafit.com oppure la pagina Facebook, www.facebook.com/dynafit
Tour the Moon credit ©Klaus Kranebitter
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GASTRONOMIA FOTO: Zoom
GOURMET A QUOTA 3.480 Carne argentina e vini doc nel rifugio dove si è allenato Kilian
R
ifugio delle Guide, una garanzia. Ai 3480 metri di Plateau Rosa, giusto all’arrivo della funivia che sale da Cervinia, questo storico rifugio è una delle tappe gourmet del comprensorio sciistico internazionale Breuil Cervinia-Zermatt. Tra i tre gestori, neanche a dirlo, c’è una guida alpina, Laurent Nicoletta, affiancato da Eric Windeler e Massimiliano Pession. Sono loro a curare personalmente la scelta dei menu e la cantina, con una cucina curata che spazia dai piatti tipici valdostani ai secondi di carne, vera e propria specialità della casa. Da segnalare i filetti argentini, le
entrecôte irlandesi e la tagliata di Fassone piemontese. La carta dei vini è composta da una settantina di etichette rese ancora più deliziose dalla quota. Il Rifugio delle Guide, oltre che tappa gourmet, offre 39 posti letto in camere da 5 a 7 ed è aperto tutto l’anno. Qui sono venuti ad acclimatarsi per il Mezzalama alcuni grandi dello ski-alp come Kilian Jornet o la squadra delle Dogane svizzere. Un giorno con trattamento di mezza pensione costa 50 euro. Info: tel. 0166.948369 - www.rifugioguidedelcervino.com
WORLD CHAMPION
MIREIA MIRÓ W W W. DY N A F I T. C O M
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APPUNTAMENTI
TORQUE 20
Il nuovo zaino per lo scialpinismo della linea High Lab di Ferrino; è in Cordura Dupont, ha il dorso termoformato e traspirante, spallacci imbottiti e sagomati. A livello della vita è dotato di una fascia imbottita e trapuntata in tessuto reticolare traspirante; dispone di tasche laterali, una tasca di sicurezza ed una porta sonda/pala, oltre a due porta piccozza. Il porta sci frontale ha un sistema di aggancio/sgancio estremamente rapido ed il peso, per 20 litri, è di 630 grammi.
FOTOGRAFA FERRINO E VINCI HIGH LAB Inizierà il primo giorno di gennaio del 2012 il contest fotografico su Facebook firmato da Ferrino a cui potranno partecipare tutti i lettori di Ski-alper L’obiettivo è quello di scovare nuovi talenti nell’ambito della fotografia di montagna, ma anche di regalare al fotografo più abile un bello zaino High Lab! Partecipare è davvero semplice, basterà collegarsi alla pagina Facebook di Ski-alper e caricare una foto del vostro prodotto Ferrino preferito; non deve trattarsi per forza di un pezzo della linea High Lab, potete mandarci anche le foto dell’ultima vacanza in montagna con la vostra affezionata tenda Ferrino al seguito o con qualche capo di abbigliamento sempre by Ferrino. Dovrà essere naturalmente corredata da una breve descrizione dell’autore. Ad inizio febbraio, la redazione di Ski-alper insieme al team marketing di Ferrino, voterà la foto più bella ed il miglior fotografo riceverà in regalo il nuovo zaino Torque 20 di Ferrino. Naturalmente le immagini migliori o semplicemente le più simpatiche verranno pubblicate su Ski-alper. Stay tuned!
23° Raduno internazionale di scialpinismo e ciaspole Date: dal 26/04/2012 al 29/04/2012 Ortles - Cevedale Una tre giorni tutta dedicata al mondo dello scialpinismo, quella che si svolgerà ad aprile sulle montagne del Gruppo Ortles - Cevedale in Alta Valtellina. Tre le escursioni in programma: Cima di Lago Spalmo (3.291 metri), Monte Giumella (3.594 metri) e San Matteo (3.678 metri) ed infine un’uscita sul Monte Pasquale (3.553 metri). Il pernottamento sarà presso il Rifugio Forni a 4 km da Santa Caterina Valfurva. Durante l’evento sono previste anche due serate organizzate dai noti marchi per lo scialpinismo, Dynafit e Ski Trab, oltre alla possibilità di provare i materiali di queste due aziende. Per info: urfber@tin.it - valfurva@caialtavaltellina.it
Orobie Film Festival Dalle montagne di Lombardia alle terre alte del mondo Date: 21/01/2012 - 28/01/2012 Centro Congressi Giovanni XXIII, Bergamo Giunge alla sesta edizione, la manifestazione organizzata dall’Associazione Culturale Montagna Italia e da Teamitalia; tre le tematiche dei concorsi di quest’edizione: le Orobie e le montagne di Lombardia, paesaggi d’Italia e terre alte del mondo. Ai contest parteciperanno documentari e film a soggetto, che verranno proiettati durante la settimana dell’evento; nel programma anche incontri con personaggi a vario titolo legati al mondo della montagna, spazi espositivi dedicati all’editoria e alla fotografia di montagna, oltre al Gran Galà Internazionale della Montagna, che si terrà durante la serata finale e vedrà la consegna ufficiale dei premi ai registi dei film vincitori. Per info: www.teamitalia.com
Master Internazionale in Medicina di montagna Data iscrizioni: fino al 10/01/2012 Data inaugurazione: 27/01/2012 Università degli Studi dell’Insubria, Varese Un percorso formativo di 1.500 ore indirizzato a medici italiani e stranieri (massimo 20 partecipanti) e finalizzato alla specializzazione in un campo, quello della medicina di montagna, ancora poco conosciuto e valorizzato in Italia. Obiettivo del corso è quello di fornire ai medici di spedizione e agli operatori sanitari che prestano la loro opera nel Soccorso Alpino, gli strumenti necessari per intervenire al meglio nel trattamento medico degli incidenti che possono occorrere in quota. Per info: www.uninsubria.it
Mostra ‘I segni del silenzio’ di Tino Aime Date: 02/12/2011 - 05/02/2012 Museo Nazionale della Montagna Duca degli Abruzzi - Torino Una personale dedicata all’artista occitano Tino Aime, che proprio quest’anno festeggia i suoi ottant’anni. Il percorso artistico si snoda fra dipinti, sculture e disegni di un artista che ha fatto della montagna, non solo il luogo in cui vivere, ma anche il soggetto di numerose opere. E’ uno sguardo innamorato quello che Aime rivolge alla natura e al tessuto sociale del territorio montano piemontese. Per info: www.museomontagna.org
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test 2012
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18 modelli di scarponi da ski-alp, da 566 a 2.030 grammi. Li abbiamo provati a secco e sulla neve per aiutarvi nella scelta del più adatto alle vostre caratteristiche
I
l settore calzaturiero per quanto riguarda lo ski-alp ha conosciuto in questi ultimi cinque anni un'accelerazione superiore a qualunque altro attrezzo degli sport invernali. Costruire scarponi è difficile: ogni piede ha proprie caratteristiche, soprattutto se commisurate ad un ambiente in cui le fasi di utilizzo sono molteplici. Dalla salita alla discesa, passando per tratti con ramponi o di corsa, ecco che deve essere di volta in volta scarpa da discesa, da fondo, da corsa e, perché no, anche d'arrampicata. Se al tutto sommiamo l'aspetto leggerezza - che non riguarda solamente l'agonismo, ma anche lo scialpinismo classico - ecco che le case costruttrici hanno trovato un bel terreno su cui misurarsi. Qualche anno fa c'erano Dynafit e Garmont a farla da padroni nello sport nascente dello scialpinismo. Gli atleti non facevano altro che adattare scarponi comuni alle esigenze dell'agonismo. Di solito le migliorie consistevano esclusivamente in un rimaneggiamento delle plastiche e delle leve, fino a raggiungere pesi pressoché dimezzati rispetto al modello originario. Poi è arrivato l'ingegnere Pierre Gignoux che già quando gareggiava si presentava al via con scarpe tutte sue, fatte in casa, frutto di attenta ricerca. Un giorno le fotografai da vicino e pubblicai una foto su 'Fondo Ski-alp': tomaia Dynafit, gambetto in carbonio e leva di bloccaggio posteriore. Scarpa non si fece scappare l'occasione e dopo qualche mese ecco F1: un successo planetario. La storia è poi quella recente che tutti conosciamo, con l'arrivo degli Stratos e di altri modelli leggerissimi per l'agonismo. Intanto il pubblico numeroso dello ski-alp escursionistico iniziava a capire che con una scarpa leggera si faticava meno e si andava più lontano. Ed ecco che Dynafit arriva con il Dy.N.A. a cui poi si aggiungerà il modello TLT5. Anche questo un grande successo. E adesso è la volta di Alien, evoluzione dal progetto dell'Alien 1.0, oppure di Masterlite, un prodotto frutto di lunga e sofisticata progettazione. Nel mondo dello scialpinismo - in cui convivono filosofie differenti, anche a seconda dei paesi - si è assistito da una parte alla grande ricerca della leggerezza (si sono visti negli anni degli escursionisti andare in giro con gli F1) e dall'altro ad una parte consistente di praticanti con ai piedi scarponi pesanti e tecnicamente molto simili a quelli
da sci alpino. Per questo motivo abbiamo scelto di non suddividere i modelli provati in compartimenti stagni, ma ci siamo limitati a metterli in ordine di peso, dal più leggero al più pesante, lasciando ai lettori la scelta del modello più consono alle proprie esigenze e ai propri gusti. Una suddivisione di massima l'abbiamo comunque data, per aiutare il lettore ad orientarsi in questo test e si potrà leggere alla voce 'Indicato per' al'interno delle schede.
SCARPONI RACE
Se è vero che ogni ettogrammo di peso a livello del piede, si traduce in un peso sei volte superiore a livello del bacino, è facile capire come mai le aziende, nel corso degli anni, abbiano lavorato con il bilancino sul banco. Ma la leggerezza da sola non basta: se ne sono resi conto sulla loro pelle gli atleti e di conseguenza le aziende, costrette spesso a riparare e sostituire gli scarponi, che si erano rotti in gara. Proprio per questo motivo, oggi si riscontra nei progetti costruttivi di diversi marchi un'attenzione tutta nuova verso un aspetto in precedenza forse un po' trascurato, quello della discesa; gli atleti si trovano infatti a dover affrontare non solo salite impegnative, ma altrettanto 'importanti' discese, che richiedono di calzare una scarpa che non sia un blocco unico, ma risulti cedevole in maniera proporzionata. Non troppo, viceversa si rischierebbe di penalizzare la sciata, ma neppure poco, altrimenti le probabilità di rottura aumenterebbero in maniera eccessiva. Sono stati messi a confronto cinque modelli, quattro dei quali risultano essere i più utilizzati nello ski-alp race: Alien 1.0 di Scarpa, Dy.N.A. Evo di Dynafit, Stratos Evo di La Sportiva, XP 444 di Gignoux, mentre il quinto, Aragon K di Carbon Street, è, per così dire, una new-entry del settore.
SCARPONI GRANTOUR Il settore grantour è estremamente ampio: si parte dai modelli nati come evoluzione dei progetti Race (quindi leggerissimi e per certi versi meno confortevoli), per arri-
KARPOS veste il team di Ski-alper
New-entry in veste di fornitore tecnico della redazione per Karpos, il marchio dedicato allo scialpinismo di Sportful. Inconfondibili i nostri testatori nelle loro giacche verdi. Tutta la fornitura è stata apprezzata per l’ottima vestibilità e le notevoli qualità di termicità e traspirazione. Info: sportful.it/karpos
vare a quelli grantour/freeride (in cui solo l'inserto per l'attacchino e la suola Vibram ti fanno pensare allo ski-alp), ma per il resto sono del tutto simili a scarpe per lo sci alpino. Da 700 grammi ai due chili e oltre: una forbice molto ampia che ci ha messi in difficoltà nel cercare di suddividere i prodotti in categorie ben definite. Alla fine si è optato per seguire una scala di pesi nella quale inserire ogni modello dal più leggero al più pesante. Attraverso la descrizione dello scarpone, del suo funzionamento sul campo e di una scheda tecnica molto dettagliata - fondamentale il consiglio di utilizzo - ogni lettore potrà trovare il modello più congeniale alle proprie esigenze. La decisione finale spetta poi al piede: ancor più che nelle altre attrezzature, lo scarpone deve innanzitutto adattarsi alle differenti calzate e alla morfologia dei piedi. Il mercato offre un'elevata scelta: da quello leggerissimo, adatto ad uno scialpinismo d'avventura di più giorni, in cui anche cento grammi di differenza nel peso si fanno sentire, a quello delle grandi discese fuoripista in cui è la forza di gravità a portare a valle lo sciatore e il suo 'fardello', e si possono apprezzare scarpe da due chilogrammi dalle prestazioni eccelse.
ski-alp classico, possono fornire ottime prestazioni in discesa senza sfigurare con scarponi da alpino. Un peso più elevato e la presenza delle quattro leve, nonché l'intendimento della casa produttrice, ci ha permesso di individuare il settore freeride. Negli scarponi si sta verificando quanto accade negli sci: qualcuno preferisce portarsi a monte un peso decisamente superiore, pur di assicurarsi le stesse sensazioni che si provano calzando uno scarpone da sci alpino.
SCARPONI FREERIDE
TEST O PRESENTAZIONE?
Il confine fra grantour classico e freeride è molto sfumato: alcuni dei modelli presi in considerazione, pur potendosi ascrivere a pieno titolo nel settore
I GIUDIZI E LE SCHEDE
Come per gli sci, l'analisi degli scarponi inizia in redazione, anzi in laboratorio, dove ogni modello viene 'vivisezionato' per scoprirne le peculiarità tecniche e di progettazione. Poi viene pesato, sia la scocca che la scarpetta interna. Per uniformità di confronto abbiamo preso in considerazione la misura 27: è quella standard, la prima che viene prodotta in fabbrica come test quando si inizia un nuovo progetto.
Anche quest’anno abbiamo deciso di non eseguire un confronto diretto fra i vari modelli, dal momento che lo scarpone è un attrezzo che risente molto
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I testatori Enrico Marta Maestro di sci alpino, è il coordinatore del gruppo. Vanta una lunga esperienza nel settore e da molti anni si occupa di testare attrezzatura sulla neve. A lui spetta il difficile ruolo di supervisione e di sintetizzare i giudizi del resto del team.
Franco Corvisiero Eclettico uomo di neve, che nella sua carriera ha sperimentato tutte le attrezzature. Prima atleta nello sci alpino, quindi maestro di sci e allenatore, poi atleta di spicco nello snowboard alpino, quindi praticante assiduo di telemark, freeride e scialpinismo. Apprezzatissima la sua capacità di ‘sentire’ lo sci nelle diverse situazioni.
Alain Seletto Maestro di sci e allenatore federale, professione che esercita sulle nevi di casa a Cervinia, vanta un passato agonistico di spicco nello sci alpino, avendo fatto parte della squadra nazionale. Atleta di altissimo livello nello ski-alp (secondo quest’anno al Mezzalama e vincitore di numerose gare) è anche un ottimo ciclista.
Andrea Basolo Maestro di sci, responsabile della squadra di scialpinismo del Comitato AOC, da anni gareggia con crescenti risultati nel mondo dello ski-alp. Grande appassionato di corsa in montagna, altro sport che pratica a livello agonistico. Da ormai quattro stagioni fa parte del nostro team di testatori. TEST SUL WEB Dopo l’uscita della rivista sarà disponibile una sezione di approfondimento del test sul sito skialper.it con tutti i commenti video rilasciati ‘a caldo’ dai nostri testatori, modello per modello.
della morfologia di ogni sciatore. Ci siamo limitati a fornire i dati essenziali, ad intervistare i responsabili prodotto delle aziende per carpire le finalità costruttive di ogni modello, oltre naturalmente a presentarvi le impressioni dei testatori sia in fase di calzata, che durante l'utilizzo sulla neve. Un'attenzione particolare è stata infine rivolta al feedback dal campo delle caratteristiche costruttive: ad esempio la facilità di calzata, la funzionalità delle leve e il bloccaggio del piede.
COME SI SONO SVOLTI I TEST? Ogni scarpone è stato calzato, facendo una valutazione preliminare: collo alto, basso, pianta larga, etc. In questo modo i testatori hanno potuto iniziare le prove scegliendo il tipo di scarpone più adatto al proprio piede. Una prova di salita con le pelli, con attenzione all'escursione della caviglia. Facilità di passaggio dalla posizione walk a quella sci e viceversa. Infine abbiamo valutato la precisione e sensibilità in discesa.
Niccolò Zarattini Secondo anno di attività con la redazione di Ski-alper per questo giovane maestro di sci veronese, con un passato di buon livello nell’agonismo. Pratica un po’ tutti gli sport di montagna, dall’arrampicata alla mountain bike, ma soprattutto gareggia nel freeride: nella scorsa stagione ha vinto la graduatoria generale del Freeride Tour Italia ed è l’italiano meglio piazzato nel ranking internazionale del Freeride World Qualifier.
Simone Origone New-entry di prestigio nel team di Ski-alper: il recordman mondiale del chilometro lanciato, a 251,400 km/h, vincitore per ben 6 volte della Coppa del Mondo nello sci velocità, disciplina che pratica tuttora. Maestro di sci, professione che svolge d’inverno nella sua Champoluc, è anche un’apprezzata guida alpina con numerosi record alpinistici all’attivo, tra cui il concatenamento delle 21 vette oltre i 4.000 metri del Monte Rosa e del Cervino, in 17 ore e 40 minuti.
QUES DI PE
SCARPONI SULLA BILANCIA
LIGHT WEIGHT
18 modelli top tra gli scarponi da ski-alp. La bilancia li ha messi in fila
ULTRALIGHT WEIGHT
DA 1000g A 1500g
DA 500g A 1000g
I dati relativi al peso sono quelli riscontrati nella nostra prova al banco. Abbiamo rilevato il peso totale, quello della scocca e quello della scarpetta
1000g
500g
CARBONSTREET ARAGON K 1.700 €
GIGNOUX XP 444 1.300 €
Peso scocca in grammi
Peso: 566 g Peso scocca: 464 g Peso scarpetta: 102 g
DYNAFIT DY.N.A. EVO 1.200 €
SCARPA ALIEN 1.0 1.299 €
GIGNOUX XP MOUNTAIN 1.330 €
LA SPORTIVA STRATOS EVO 1.500 €
SCARPA ALIEN 649 €
DYNAFIT TLT5 PERF. 700 €
GARMONT MASTERLITE 550/570 €
Peso scarpetta in grammi
Peso: 598 g Peso scocca: 460 g Peso scarpetta: 138 g
Peso: 698 g Peso: 710 g Peso scocca: 570 g Peso scocca: 580 g Peso scarpetta: 128 g Peso scarpetta: 130 g
Peso: 754 g Peso: 720 g Peso scocca: 569 g Peso scocca: 582 g Peso scarpetta: 138 g Peso scarpetta: 185 g
Peso: 860 g Peso*: 1.028 g Peso scocca: 670 g Peso scocca: 858 g Peso scarpetta: 190 g Peso scarpetta: 170 g *senza linguettone
Peso: 1.365 g Peso scocca: 1.075 g Peso scarpetta: 290 g
TIONE SO
HEAVY WEIGHT
MIDDLE WEIGHT
OLTRE 2.000g
DA 1500g A 2000g
1500g
SCARPA RUSH 429 €
Peso: 1.440 g Peso scocca: 1.175 g Peso scarpetta: 265 g
GARMONT HELIX 450/470 €
CRISPI SKR!!M 499 €
Peso: 1.600 g Peso scocca: 1.265 g Peso scarpetta: 335 g
Peso: 1.675 g Peso scocca: 1.365 g Peso scarpetta: 310 g
BLACK DIAMOND BLACK DIAMOND PRIME QUADRANT 429 € 469 €
2000g
DYNAFIT DYNAFIT ZZERO4C TITAN ULTRALIGHT 530/550 € 600 €
Peso: 1.730 g Peso: 1.700 g Peso: 1.755 g Peso scocca: 1.370 g Peso scocca: 1.425 g Peso scocca: 1.375 g Peso scarpetta: 330 g Peso scarpetta: 305 g Peso scarpetta: 380 g
Peso: 1.825 g Peso scocca: 1.510 g Peso scarpetta: 315 g
SCARPA MOBE 529 €
TECNICA COCHISE 449 €
Peso: 1.845 g Peso: 2.030 g Peso scocca: 1.600 g Peso scocca: 1.639 g Peso scarpetta: 245 g Peso scarpetta: 391 g
148 > materiali
test 2012
CARBONSTREET ARAGON K Presentatosi la scorsa stagione nell'ambiente delle gare locali, il marchio veneto ha voluto quest'anno allargare la produzione ad un nuovo modello, Aragon K, che va ad aggiungersi al già conosciuto Aragon Race, che ha subito, a sua volta, alcune migliorie. La nostra attenzione si è concentrata maggiormente sul modello Aragon K, visto il peso, pressoché uguale al modello XP 444 di Gignoux. In prima battuta non siamo stati in grado di identificare con precisione i materiali utilizzati, ma l'esperienza ci fa pensare ad un prodotto con scafo in fibra di carbonio e gambetto ibrido in carbonio e kevlar. L'approccio visivo, con il colore giallo, che mostra una trama 'tessuta', è quantomeno curioso.
SCHEDA TECNICA Misura: 27 Peso: 566 g Peso scocca: 464 g Peso scarpetta: 102 g Ideale per: agonismo Predisposizione attacchino: sì Prezzo al pubblico: 1.700 euro www.carbonstreet.net
464 g
102 g
566 g Dall’azienda Dopo due anni di lavoro Matteo Paniz, che realizza i suoi scarponi in maniera artigianale e in piccole quantità, ha prodotto i primi esemplari di questo modello rigorosamente gara e in kevlar. L'utilizzo del kevlar, nelle intenzioni del progettista, dovrebbe consentire di assorbire meglio le vibrazioni e non comportare problemi di scheggiatura in caso di rottura. Aragon K è disponibile solo su ordinazione e dall'anno prossimo, con l'aumento della produzione, il prezzo, che non comprende la scarpetta, dovrebbe essere ritoccato verso il basso. PROVA A SECCO Tomaia che per certi versi ricorda il modello XP 444 di Gignoux, anche se più sagomata sulla morfologia del piede. Questo scarpone è dotato di una ghetta con cerniera mediana per proteggere dalla neve la scarpetta. Il gambetto, molto stretto, è realizzato nello stesso materiale della tomaia; la leva posteriore, con sola funzione walk-ski, si posiziona facilmente nella posizione desiderata, grazie agli elastici che la governano. La chiusura del gambetto è affidata ad un gancetto, che aziona un cavetto per il bloccaggio. La leva posteriore è dotata di altri due fori, che possono essere utilizzati per lo spostamento delle viti, ottenendo così un'inclinazione maggiore della scarpa. La scarpetta è bloccata internamente da due fibbie con cordino, che dovrebbero eliminare l'eventuale sollevamento del tallone durante l'azione. La struttura aperta sul collo del piede permette a tutti di trovare il giusto bloccaggio del piede. L'accesso è facilitato dall'apertura della cerniera sulla ghetta; una volta infilato il piede si deve andare alla ricerca dei due cavi inseriti in un fermo, tipo scarpa da fondo, per ottenere già internamente un buon bloccaggio del piede. Una perfetta e personalizzata chiusura dipende poi dalla regolazione dei cavetti superiori. PROVA SULLA NEVE Sia in salita che in discesa ha evidenziato, rispetto alle altre scarpe race, il problema di agire su due leve per il bloccaggio completo del gambetto. Quest'ultimo si è poi rivelato abbastanza stretto sul polpaccio come già si può osservare da un'analisi al banco. L'escursione del gambetto nell'esecuzione del passo alternato non è apparsa così profonda come ci si sarebbe aspettato. I testatori hanno comunque convenuto che questi problemi possono essere ovviati da un'attenta personalizzazione dell'insieme. Piuttosto preciso in discesa, ha strabiliato per il peso decisamente basso che lo porta ad essere sul livello del Gignoux XP 444.
149 > materiali
GIGNOUX XP 444 Uno scarpone completamente in carbonio sul quale si è già detto tanto negli scorsi anni: in effetti l’ingegner Gignoux non ha apportato sostanziali modifiche a questo suo cavallo di battaglia, che ha vinto un po’ tutto nelle gare che contano. Nella stagione passata lo abbiamo visto salire sui gradini più alti dei podi ai piedi di Kilian e Laetitia Roux. Lo stesso scarpone, nella versione Mountain, può essere utilizzato per lo ski-alp turistico.
138 g
460 g
SCHEDA TECNICA Misura: 27 Peso: 598 g Peso scocca: 460 g Peso scarpetta: 138 g Ideale per: agonismo Predisposizione attacchino: sì Prezzo al pubblico: 1.300 euro www.pierregignoux.fr
598 g Dall’azienda Una scarpa da racing, 'la' scarpa da racing, utilizzata da campioni del calibro di Kilian Jornet, Laetitia Roux, Matteo Eydallyn, Manfred Reichegger, Yannick Buffet. Quando il 'mago' Gignoux ha pensato questo scarpone voleva un prodotto leggero ma con una grande rigidità torsionale e frontale, che permettesse grandi performance in discesa. Risultato ottenuto con l'utilizzo di fibre di carbonio nello scafo e nel gambetto. L'inserimento di una leva posteriore con elastomero permette di regolare la rigidità sui terreni più accidentati mentre per il grip è stata utilizzata una suola Vibram da 5 mm risuolabile. PROVA A SECCO La presenza di velcri e cordini nella parte alta della scarpa, oltre alla possibilità di rotazione della parte superiore della scocca sul collo del piede, rende davvero agevole la calzata di questo modello. Il bloccaggio avviene grazie ad una leva a martinetto, posizionata al livello del collo del piede. La parte alta si blocca con il sistema dei cordini in kevlar: dopo essere stati bloccati nella misura più adatta allo sciatore, è il velcro che ferma il tutto. La scarpetta interna è molto confortevole e di pregevole fattura, leggerissima, contribuisce a fare del Gignoux lo scarpone più leggero del lotto fra i 'big. PROVA SULLA NEVE Oltre alle sensazioni di Basolo, Seletto ed Enrico Marta che lo avevano già utilizzato a lungo, ci interessava l’opinione di Simone Origone, sciatore veloce e di notevole altezza - 187 cm - che ha esordito con un commento positivo sulle prestazioni di questo scarpone, sensibile e performante, nonostante il peso contenuto. Una scarpa che consente un'elevata sensibilità a livello del piede e quindi una grande precisione nella sciata. Ne sono state apprezzate inoltre la facilità di azione in salita - anche se qualcuno vorrebbe ancor più escursione del gambetto all'indietro - e la buona modularità della flessione in discesa grazie all’ammortizzatore in elastomero, situato sulla leva posteriore di bloccaggio, che migliora decisamente la sciata su terreni duri e accidentati. Anche la nuova suola Vibram Alti Tech può fornire maggiori prestazioni quando si sale senza sci ai piedi.
150 > materiali
test 2012
Dynafit Dy.N.A. Evo
Scarpa Alien 1.0
Il modello destinato al settore race della Dynafit è al 99% lo stesso che abbiamo visto ai piedi degli atleti nella scorsa stagione. La soluzione adottata dal prestigioso marchio è quella di tomaia in Grilamid e gambetto in carbonio per una ricerca di maggior robustezza e facilità di produzione. Una scarpa che, nella sua essenzialità, non ha dato grandi problemi di rottura, soprattutto dopo l'abbandono dello snodo anteriore.
Una lunga gestazione per Alien 1.0: già due anni fa, durante la tappa di Coppa del Mondo dell'Etna, lo avevamo visto ai piedi di atleti di spicco, poi, durante la passata stagione, l'inconfondibile scarpone giallo, ha fatto la sua comparsa ai piedi di numerosi atleti, soppiantando lo storico modello F1 nel mondo del racing. Sono tante le innovazioni tecnologiche introdotte su questa scarpa, rispetto ai passati modelli della storica 'maison' dello scarpone: niente più snodo sul metatarso, plastica per la tomaia e carbonio per il gambetto, un mix studiato apposta per consentire le migliori prestazioni e la maggior robustezza possibile.
SCHEDA TECNICA Misura: 27 Peso: 698 g Peso scocca: 570 g Peso scarpetta: 128 g Ideale per: agonismo Predisposizione attacchino: sì Prezzo al pubblico: 1.200 euro www.dynafit.com
128 g
580 g SCHEDA TECNICA Misura: 27 Peso: 710 g Peso scocca: 580 g Peso scarpetta: 130 g Ideale per: agonismo Predisposizione attacchino: sì Prezzo al pubblico: 1.299 euro it.scarpa.net
130 g
570 g
698 g
710 g
Dall’azienda
Dall’azienda
Scarpa gara pensata dal team guidato da Federico Sbrissa con l'obiettivo della leggerezza, del sostegno in discesa e della durata. Risultati ottenuti grazie all'utilizzo di mescole plastiche sottili ma molto rigide, al gambetto in carbonio e al sistema di chiusura Ultra-Lock con rastrelliera posteriore che consente con un unico movimento di passare dalla modalità walk alla modalità ski. Al posto della tradizionale rastrelliera anteriore, una fascia in velcro garantisce l'avvolgimento con minore peso. Contribuisce alla riduzione del peso anche la suola corta.
Quando il team guidato da Massimo Pellizzer, responsabile R&D, ha iniziato a lavorare al progetto Alien 1.0, l'idea era quella di reinventare lo scarpone da gara in modo che fosse leggerissimo ma performante, perché le gare ormai si vincono in discesa. Si è lavorato sempre al limite, con spessori della plastica sottilissimi, gambetto in carbonio ed il sistema di chiusura a cavi metallici Boa®, per guadagnare peso e garantire una chiusura avvolgente. Lo scafo presenta degli inserti in carbonio annegati direttamente nella poliammide (Carbon Core Technology), per garantire la forza e il sostegno senza le problematiche di rigidezza e rottura che il carbonio può creare. Contribuisce alla riduzione del peso anche la suola sottile Vibram Ufo.
PROVA A SECCO
PROVA A SECCO
Molto semplice e intuitiva la calzata di questo scarpone, il cui sistema di chiusura si basa su una leva posizionata sopra al collo del piede e sulla leva principale, apposta sul gambetto, che svolge anche la funzione di bloccaggio in posizione walk. La ghetta termosaldata a livello del collo del piede, pur non presentando fessure o velcri, non ostacola in alcun modo l'accesso al piede, che risulta estremamente agevole.
Il meccanismo di calzata si basa sull'innovativo sistema di chiusura BOA, che consiste in una rotella posta sul collo del piede, che rilascia o stringe delle funicelle d'acciaio, che avvolgono il piede, come se si trattasse di un laccio da scarpa. Quando il BOA è nella posizione di tutto aperto, la calzata risulta estremamente facile. La scarpetta interna fa parte della linea Intuition, ormai super sperimentata. Il bloccaggio del gambetto è stato ulteriormente migliorato, grazie all'accurato funzionamento della leva posteriore, che lavora in maniera 'tradizionale', ma è stata facilitata nelle operazioni di apri e chiudi.
PROVA SULLA NEVE In salita il Dy.N.A. presenta un’escursione decisamente elevata di gambetto, che facilita molto il passo dello ski-alper. Senza sci la rullata della suola non è paragonabile a quella dello Stratos Evo, ma si attesta comunque fra le migliori nell'ambito Race, sia nel caso in cui si debbano percorrere tratti di marcia veloce, sia correndo. Il passaggio dalla posizione walk a quella ski è decisamente facile, grazie all'ormai classica leva, che consente di bloccare e sbloccare con grandissima semplicità il gambetto. La leggera 'spaccatura' della tomaia che, essendo in materiale plastico, ben si presta a questa voluta deformazione, regala all'utilizzatore un effetto ammortizzatore, che consente di interpretare al meglio la tecnica di discesa e di non subire troppi contraccolpi su terreni duri e accidentati.
PROVA SULLA NEVE Una scarpa molto precisa nella trasmissione degli impulsi allo sci, anche grazie ad alcune nervature nella tomaia all’altezza delle caviglie e nella parte laterale del gambetto, ideate espressamente per irrigidire il tutto. L’azione del Grilamid nella parte bassa permette quel tanto di flessione tale da non rendere la scarpa un blocco unico e da consentire una buona ammonizzazione delle asperità del terreno. Da notare la 'sdoppiata' del gambetto in due parti assemblate da rivetti: quella anteriore ed il collarino. L’azione in salita è agevolata dalla grande escursione della parte alta che permette di tirare un ottimo passo. Eventuali sollevamenti del tallone sono contrastati da uno speciale trattamento eseguito sulla parte del tallone della scarpetta. Il labbro anteriore e posteriore sono stati aumentati di volume, al fine di facilitare il bloccaggio dei ramponi.
151 > materiali
La Sportiva Stratos EVO Una scarpa interamente in carbonio, per la cui messa a punto l'azienda di Ziano di Fiemme ha lavorato duramente negli anni, arrivando ad un prodotto che sembra in possesso delle migliori qualità tecniche che uno scarpone gara può avere. Nelle scorse stagioni, alcuni problemi di rottura hanno imposto ai tecnici di La Sportiva un minuzioso lavoro di ricerca per eliminare anche i più piccoli difetti. Oggi Stratos EVO sembra aver raggiunto quasi la perfezione, ma sarà comunque il campo a rilasciare il suo verdetto.
SCHEDA TECNICA Misura: 27 Peso: 754 g Peso scocca: 569 g Peso scarpetta: 185 g Ideale per: agonismo Predisposizione attacchino: sì Prezzo al pubblico: 1.500 euro www.lasportiva.com
185 g
569 g
754 g Dall’azienda Quando Colin Lantz ha progettato lo Stratos EVO aveva come obiettivo la leggerezza e la velocità, perché in gara ogni secondo è prezioso. Stratos EVO è stato studiato per avvicinarsi il più possibile al limite dei 500 grammi di peso fissato dalla ISMF. Il risultato è stato ottenuto con uno scafo interamente in carbonio e ghetta di protezione in tessuto elastico impermeabile. Quando Lantz ha pensato alla velocità, è intervenuto sulla suola, studiata con Vibram, che rende la camminata molto veloce e confortevole a discapito della compatibilità con tutti i tipi di attacchi e sulla rigidità elevata in discesa, che permette performance di livello, garantite dalla scocca in carbonio. Ultimo elemento che può fare guadagnare secondi, il sistema di passaggio da ski a walk con un unico gesto. PROVA A SECCO Alcune delle migliorie riguardano appunto la calzata, sempre un po’ laboriosa per via della scarpetta interna con lacci. La scocca si apre e si chiude grazie ad una nuova ghetta termosaldata, che rende perfettamente stagna la parte sul collo del piede. Quest’ultima si apre con una zip e un velcro. Il bloccaggio sul collo del piede avviene per mezzo di una fettuccia con velcro completamente nascosta dalla ghetta. Una leva laterale sul gambetto è deputata al bloccaggio dello stesso; aperta libera la leva posteriore per la salita, chiusa blocca il gambetto. Proprio nel meccanismo della leva posteriore troviamo le migliorie di quest’anno: costruita in ergal, al posto del carbonio, poggia su una lamella di metallo che la spinge all’indietro per facilitare i passaggi fra le posizioni walk e ski. La parte anteriore del gambetto è in materiale plastico. Da segnalare che la scarpetta, nella zona del tallone, è caratterizzata dall’aggiunta di un materiale antiscivolo per impedire al tallone di sollevarsi durante l’azione. PROVA SULLA NEVE Particolarmente apprezzata la grande facilità di camminata e di corsa, grazie alla rullata, che la suola della scarpa permette. Commenti decisamente positivi, da parte dei nostri testatori, anche sull'escursione del gambetto: sia in avanti che all'indietro, lo Stratos EVO permette grandi prestazioni in salita. La precisione di questa scarpa in discesa è sempre stata fuori discussione: l’efficacia del carbonio nel trasmettere impulsi è infatti notevole, anche se a volte, fuoripista, può risultare eccessiva. Proprio per scongiurare questi problemi, l'azienda ha eseguito una piccola, ma sostanziale modifica alla scarpa, introducendo un ammortizzatore nel punto in cui la leva posteriore si fissa alla tomaia; questo accorgimento dovrebbe scongiurare le rotture e rendere le risposte della scarpa in discesa meno brusche. Il posizionamento delle rondelle, nel punto in cui il gambetto si fissa alla tomaia, dovrebbe inoltre evitare il logoramento del carbonio in quel punto.
152 > materiali
test 2012
Dynafit TLT5 Performance
Gignoux XP Mountain
Tutta la linea TLT5 ha riscontrato un grande successo nella scorsa stagione e pare che la casa costruttrice voglia continuare su questa linea, all'insegna anche della grande robustezza. La nostra sensazione è che il modello TLT5 Performance non rientri perfettamente nella categoria dei prodotti realizzati da Gignoux e Scarpa, e probabilmente Dynafit sta già sperimentando scarpe che in termini di peso possano competere con gli altri, tuttavia, trattandosi dell'unico scarpone di questo noto marchio con un peso vicino al chilogrammo, abbiamo deciso di inserirlo in categoria per la prova.
Il modello XP Mountain di Pierre Gignoux è il fratellino più pesante di XP 444. In realtà differenze strutturali fra le due scarpe non ve ne sono, ma alcuni 'accorgimenti' rendono questo prodotto maggiormente adatto, rispetto alla versione Race, ad affrontare grandi dislivelli, inclusi tratti a piedi e con ramponi. L'aggiunta della fascia in caucciù sulla tomaia, la suola Vibram più spessa ed una ghetta protettiva, per impedire l'ingresso della neve nella scocca, rappresentano queste differenze e fanno lievitare il peso di circa 150 grammi.
SCHEDA TECNICA Misura: 27 Peso: 1.028 g (senza linguettone) Peso scocca: 858 g Peso scarpetta: 170 g Ideale per: sciatori esigenti sia in salita che in discesa Predisposizione attacchino: sì Prezzo al pubblico: 700 euro www.dynafit.com
170 g
858 g
138 g
SCHEDA TECNICA Misura: 27 Peso: 720 g Peso scocca: 582 g Peso scarpetta: 138 g Ideale per: ski-alper esigenti che, oltre alla prestazione in salita e sui grandi dislivelli, vogliono ai piedi una scarpa estremamente rigida e tecnica Predisposizione attacchino: sì Prezzo al pubblico: 1.330 euro www.pierregignoux.fr
582 g
720 g
1.028 g Dall’azienda
Dall’azienda
Questo modello deriva dalla scarpa da gara Dy.N.A. EVO ma è pensato per lunghe spedizioni e grantour. Il team guidato da Federico Sbrissa ha lavorato sulla leggerezza ma anche sulla performance in discesa e il comfort nella camminata. Gli highlight sono il gambetto in carbonio, l'inserimento di una linguetta supplementare ('Downhill Booster') per la discesa e la realizzazione di una zona di flessione di 5 millimetri in punta per agevolare la camminata e la spinta con le pelli di foca. La linguetta per la discesa viene inserita e tolta con un semplice gesto e lo scarpone può essere utilizzato anche senza. Il sistema di chiusura del gambetto 'Ultra-Lock' consente di passare dalla modalità walk a ski con un solo gesto.
XP Mountain è stato pensato da Pierre Gignoux come scarpone leggero e rigido, qualità intrinseche della fibra di carbonio utilizzata per lo scafo e il gambetto. Parente del modello racing XP 444, ha un utilizzo più ampio. Questo modello, per esempio, è ai piedi dello sciatore del ripido Stéphane Brosse e dell'alpinista Patrice Glairon Rappaz, che lo utilizza anche per arrampicare sulle colate ghiacciate. Condivide con XP 444 la leva-elastomero posteriore per regolare la rigidità sui terreni accidentati ma ha una diversa suola Vibram ad alta resistenza e para colpi laterale.
PROVA A SECCO
PROVA A SECCO
Due leve e un velcro in alto, un linguettone che si può togliere e mettere per meglio irrigidire l'insieme, dal momento che il TLT5 Performance viene usato da qualcuno anche nel freeride, con sci di ampia superficie. Gambetto in carbonio che irrigidisce e allo stesso tempo alleggerisce la scocca. Una sola posizione per la discesa, comandata dalla leva alta che va ad inserirsi in un foro posto sul retro del gambetto. Veramente molto facile e agevole l'inserimento del piede. Il bloccaggio avviene per mezzo di una sola leva sulla tomaia mentre quella alta ferma alla perfezione il gambetto attorno alla gamba. I più esigenti e quelli che viaggiano a velocità sostenute fuoripista, apprezzeranno certamente la presenza del linguettone e della fascia con velcro sulla tibia. Quelli più avvezzi ad un grantour classico possono fare a meno di entrambe, guadagnando un certo peso.
L'XP Mountain si calza agevolmente dopo aver aperto il velcro anteriore della ghetta, quello del linguettone sulla tibia, e aver fatto ruotare la parte superiore della tomaia in carbonio. Il piede entra agevolmente e può essere bloccato con estrema precisione azionando il martinetto della leva bassa e regolando alla perfezione i cordini comandati dalla leva posteriore, un sistema che ha fatto scuola in questi anni e che permette di bloccare/sbloccare il gambetto con un solo movimento. Come calzata lo stereotipo Gignoux si adatta piuttosto bene alla morfologia del piede di un gran numero di sciatori, offrendo un'ampia gamma di livelli di chiusura.
PROVA SULLA NEVE Ad un comportamento precisissimo e sensibile in discesa si somma una prestazione in salita che ricorda quasi una scarpa da fondo classic tanta è l'escursione e la facilità di passo con le pelli montate. Potrebbe creare un po' di disagio alle prime uscite la sola posizione di discesa per il gambetto, anche se questa soluzione è stata studiata appositamente per accontentare la maggior parte degli utenti. Si tratta comunque di una scarpa ultra affidabile che ha superato indenne durissime prove.
PROVA SULLA NEVE Una volta eseguita la giusta taratura dei velcri e dei cordini in kevlar, l'XP Mountain offre grandi performance in discesa, che non fanno certo rimpiangere scarpe molto più pesanti. La rigidità del carbonio, in passato ritenuta addirittura eccessiva e non in grado di perdonare eventuali errori nelle discese su nevi impegnative, è stata mitigata con un accorgimento semplice e geniale allo stesso tempo: un pistone in elastomero regolabile inserito nella leva posteriore che può dare la giusta flessione al gambetto irrigidendolo o ammorbidendolo a piacimento. Questo dovrebbe contribuire ad evitare rotture e incidenti. Con leva in posizione walk, il gambetto offre grande escursione in avanti e indietro: sostanzialmente la stessa del modello XP 444, un aspetto molto apprezzato dagli atleti.
153 > materiali
Scarpa Alien Se per Alien 1.0, il modello Race, la gestazione è stata lunga ma perlomeno lo avevamo già visto ai piedi degli atleti di Coppa del Mondo, per l'arrivo di Alien l'attesa e la curiosità, non avendolo mai visto prima, era ancora maggiore. Finalmente, eccone arrivare un paio in redazione e, in men che non si dica, via sulla neve a provare. Il peso ridottissimo ci lascia subito strabiliati: lo si avverte anche solo prendendolo in mano. Ora non ci resta che salire e scendere per carpirne i segreti.
SCHEDA TECNICA Misura: 27 Peso: 860 g Peso scocca: 670 g Peso scarpetta: 190 g Ideale per: ski-alper esigenti alla ricerca della leggerezza assoluta Predisposizione attacchino: sì Prezzo al pubblico: 649 euro it.scarpa.net
670 g
190 g
860 g Dall’azienda Questo modello è derivato dalla scarpa racing Alien 1.0 con l'intento di creare uno scarpone con un ottimo compromesso tra leggerezza e performance a un prezzo di quasi la metà rispetto al fratello maggiore. Lo scafo è molto simile, la differenza sta nell'utilizzo esclusivamente di mescole plastiche, senza parti in carbonio. Nel gambetto, visti gli spessori sottili, per evitare lo 'spanciamento' è stata inserita nel profilo, poco sopra il tallone, una leva-resistenza metallica a omega. Per rendere più pratico il sistema di chiusura del gambetto è stata inoltre inserita una rastrelliera ultraleggera al posto del cordino del modello 1.0. PROVA A SECCO La tomaia di Alien è pressoché identica a quella di Alien 1.0, con il geniale sistema di chiusura a cavetti sul collo del piede. Il gambetto tutto in Grilamid si inclina e passa dalla posizione ski a quella walk, azionando la classica leva posteriore: con regolazione perfetta dei cavi va a bloccarsi nella sua sede, garantendo il bloccaggio assoluto del gambetto. Due le possibilità di inclinazione del gambetto che si ottengono svitando e spostando nell'apposito foro aggiuntivo una vite con un controdado. Il gambetto è fissato alla tomaia con una borchia che si può smontare con una semplice chiave a brugola. La scarpetta interna è una Intuition caratterizzata da inserti a pois in plastica nella zona del tallone per evitare che essa possa sollevarsi durante l'utilizzo. In dotazione anche una simpatica ghetta che copre tutto il gambetto fino al Boa. Da segnalare che, rispetto a modelli della stessa misura, Alien è più corto di almeno un centimetro. Molto agevole l'accesso del piede: basta 'smollare' Boa, leva superiore e velcro in alto. Il bloccaggio con il sistema Boa garantisce un ampio spettro di utilizzo: anche chi ha il piede con il collo alto può trovare sollievo con questo scarpone, che non presenta linguettoni di sorta. Molta cura per trovare il giusto tiro del cavo, che passa poi nella leva posteriore: una volta trovato, il tutto viene comandato dalla leva posteriore. Se la prima sensazione è di una posizione troppo avanzata con la tibia, allora si può sin da subito optare per la seconda possibilità, quella che fa sì che il gambetto si sollevi di qualche grado PROVA SULLA NEVE La sua forma molto stretta ed essenziale attorno al piede non può che fornire ottime sensazioni di precisione e rapidità nella trasmissione degli impulsi. Quando si va in flessione si ha la sensazione che la pressione sul gambetto faccia 'spanciare' l'insieme ma in realtà crediamo che questo sia un metodo per evitare che lo scarpone diventi un blocco unico una volta assunta la posizione di discesa. Questo leggero 'cedimento' in avanti migliora le prestazioni della scarpa nell'uso grantour, senza renderla troppo 'severa'.
154 > materiali
test 2012
Garmont Masterlite La Garmont ha continuato a portare avanti il progetto Masterlite, che la scorsa stagione ha incontrato il favore degli utenti e ha ottenuto buoni risultati nei test. Alcune modifiche lo rendono più pesante. Lo prendiamo in considerazione per capire la portata delle modifiche.
SCHEDA TECNICA Misura: 27 Peso: 1.365 g Peso scocca: 1.075 g Peso scarpetta: 290 g Ideale per: grandi dislivelli e grantour Predisposizione attacchino: sì. Prezzo al pubblico: 550 euro con scarpetta Pad-Lock, 570 euro con scarpetta G-Fit termoformabile www.garmont.com
290 g
1.075 g
1.365 g Dall’azienda Il team coordinato da Paul Parker ha pensato questo modello per uno scialpinismo 'fast and light', per chi cerca soprattutto la leggerezza nella salita con un buon rapporto qualità prezzo. L'obiettivo, però, era quello di avere performance in discesa migliori rispetto ad altri modelli paragonabili. Il target di utilizzatori va dallo ski-touring a chi partecipa alle gare con un obiettivo di divertimento. Il risultato è stato ottenuto con l'utilizzo di un particolare scafo 'a nervature' (Webframe) in Pebax.
PROVA A SECCO Non cambia la struttura e il materiale di questo scarpone, anche la suola è quella dello scorso anno. Sono state modificate soprattutto le leve, che potevano essere considerate un punto debole nella robustezza generale. Quella sulla tomaia risulta piuttosto importante ed è dotata di micro-regolazione; quella sul gambetto è caratterizzata da una funicella, che dovrebbe facilitarne la regolazione di chiusura. La dentellatura di fissaggio dispone di un sistema di sicurezza, per impedire l'apertura indesiderata. Il tutto è coadiuvato da un buon velcro sulla tibia. Queste modifiche indubbiamente giustificano l'aumento di peso di circa 70 grammi della scocca. A sembrare decisamente più curata, con rinforzi posteriori e sul collo del piede, è la scarpetta interna; anche per questa un aumento di peso giustificato dalla cura dei dettagli di circa 100 grammi, rispetto al modello dello scorso anno. PROVA SULLA NEVE Si è confermata anche quest'anno una scarpa affidabile, che i tecnici collocano addirittura a cavallo fra il Race e il Grantour, nonostante l'aumento di peso riscontrato. Sensazioni positive sia in salita che in discesa, dove riesce a fornire buone prestazioni in curva, deformandosi in modo graduale durante la pressione della tibia sul gambetto, a dimostrazione che la particolare scelta costruttiva quasi a monoscocca di Garmont sta dando buoni risultati. Migliorato il sistema delle leve rispetto a quello della passata stagione, il bloccaggio del piede risulta infatti più agevole. Una scarpetta interna molto più imbottita rispetto a quella dell'anno scorso, forse perfino troppo, per alcuni dei nostri testatori, ma certamente in grado di 'accontentare' molti tipi di piede.
155 > materiali
Black Diamond Prime
Crispi SKR!!M Da qualche anno eravamo in attesa dell'arrivo sul mercato di scarponi Crispi per lo skialp. Vista la grande esperienza, la casa veneta non poteva fallire e a quanto pare questo modello sembra contenere alcune soluzioni tecniche interessanti. Piuttosto slanciata e ben modellata attorno al piede, la scocca appare decisamente accativante.
La casa americana non ha variato la propria linea di scarponi. Aspetto e soluzioni tecniche sono le stesse dello scorso anno, d'altronde l'azienda è piuttosto famosa per quell'idea di grande robustezza e affidabilità dei propri prodotti, che spesso non si sposa con un peso contenuto. Qualche modifica importante invece nella scarpetta interna.
330 g 310 g
SCHEDA TECNICA Misura: 27 Peso: 1.700 g Peso scocca: 1.370 g Peso scarpetta: 330 g Ideale per: grandi dislivelli e grantour Predisposizione attacchino: sì Prezzo al pubblico: 429 euro www.blackdiamondequipment.com
SCHEDA TECNICA Misura: 27 Peso: 1.675 g Peso scocca: 1.365 g Peso scarpetta: 310 g Ideale per: scialpinismo classico e discesa fuoripista Predisposizione attacchino: sì Prezzo al pubblico: 499 euro www.crispi.it
1.370 g 1.365 g
1.675 g
1.700 g
Dall’azienda
Dall’azienda
Già il nome lo segnala come 'fuori dagli schemi'. Federico Marcolin ha pensato questo modello per un posizionamento in una categoria di scialpinismo tradizionale, con l'obiettivo della versatilità, facilità di camminata e della precisa trasmissione degli impulsi per la conduzione dello sci in discesa. Per raggiungere questi obiettivi ambiziosi si è puntato su un modello a tre leve, costruito con compositi leggeri che combinano fibre e resine termoplastiche e con l'utilizzo di supporti laterali antitorsione. Lo SKR!!M è il modello centrale di Crispi, a metà strada tra Enigma GT (per chi ricerca la leggerezza in salita, non da gara) e un nuovo scarpone da freeride. Il sistema di passaggio dalla modalità walk a quella ski sfrutta una leva in posizione laterale.
L'obiettivo era semplice quanto ambizioso. Per il team guidato da Thomas Laasko, il Prime doveva essere uno scarpone da scialpinismo tradizionale di alto livello per lunghi itinerari, scalate delle montagne più impegnative e discese ripide. Performance prima di tutto, per un tre ganci con prestazioni da quattro e peso contenuto. Il risultato è lo scarpone da scialpinismo più leggero del brand.
PROVA A SECCO PROVA A SECCO Per certi versi SKR!!M ricorda i modelli realizzati da altri marchi, già affermati nel mercato dello ski-alp, soprattutto se osserviamo la scarpa di profilo. Le soluzioni tecniche più interessanti riguardano soprattutto il sistema di bloccaggio/sbloccaggio del gambetto, governato esclusivamente dalla leva posizionata su di esso. Questa comanda un cavetto, che mette in azione un meccanismo in grado di fermare la corsa e l'escursione del gambetto per mezzo di un perno che si incastra o si svincola dal meccanismo posteriore. In salita leva aperta, in discesa leva bloccata. Per il resto scocca con inserti di diversa durezza e colore, per rinforzare alcune parti della tomaia. Due leve in basso, una a martinetto sul collo del piede e l'altra tradizionale. La suola è Vibram. La scarpetta interna è dotata di lacci.
Scocca composta da inserti di diverso colore, per fare in modo che le plastiche conferiscano rigidità laddove necessita. Tre robuste leve con micro-regolazione, coadiuvate da un bel velcro sulla tibia. Lo scarpone concede la possibilità di regolazione del canting laterale del gambetto sulla tomaia. Il sistema blocca/sblocca è del tipo tradizionale con levetta posteriore e unica posizione ski. La novità di maggior rilievo consiste nella scarpetta interna che si presenta quest'anno, in tutti i modelli Black Diamond, con una rotella che blocca o sblocca i cavetti che la chiudono, dal collo del piede fino alla tibia. Certamente interessante la soluzione anche se per la chiusura dello scarpone diamo sempre maggior importanza allo scafo.
PROVA SULLA NEVE Una buona facilità di calzata, grazie anche alla possibilità di completo ribaltamento del linguettone; una qualità decisamente apprezzata dai nostri testatori, soprattutto tenendo conto delle condizioni disagevoli (temperatura esterna piuttosto rigida) in cui si sono svolte le prove. Un modello maggiormente adatto a utenti con piede magro e collo del piede non eccessivamente alto. L'escursione del gambetto in salita è sufficientemente ampia per un uso grantour. Il bloccaggio delle tre leve permette di fermare bene il piede e di ottenere una buona sensibilità sci - neve nel trasmettere gli impulsi.
PROVA SULLA NEVE Fra tutti i modelli provati i Black Diamond si sono differenziati per una scocca piuttosto grande: anche le sensazioni di calzata e di bloccaggio del piede hanno fornito riscontri in tal senso. Spazi interni abbondanti, certamente adatti a piedi larghi e con collo alto. In questi casi si possono apprezzare le prestazioni del Prime, diversamente si rischia di avere una grande dispersione di impulsi, come è successo a qualcuno dei testatori.
156 > materiali
test 2012
Garmont Helix L'anno scorso avevamo dato spazio ai soli modelli Light dell'azienda di Volpago del Montello, proprio perché costituivano una novità nel consolidato panorama di scarponi per lo scialpinismo che quest'azienda da anni offre. Per questa stagione abbiamo deciso di inserire anche altri modelli realizzati da Garmont, in sintonia con la filosofia dell'azienda nell'approccio allo scialpinismo; una filosofia che non crede nella specializzazione a discapito della versatilità e non prevede il sacrificio di un particolare aspetto dello sciapinismo a beneficio di un altro, ma cerca di offrire prestazioni al top, indipendentemente dal tipo di condizioni che l'utilizzatore si trova ad affrontare in alta montagna. In quest'ottica il modello Helix ci sembra presentare soluzioni molto tradizionali: un tre ganci classico, dall'aria robusta e affidabile, senza eccedere peraltro nel peso.
SCHEDA TECNICA Misura: 27 Peso: 1.600 g Peso scocca: 1.265 g Peso scarpetta: 335 g Ideale per: scialpinismo classico e grantour Predisposizione attacchino: sì Prezzo al pubblico: 450 euro con scarpetta Pad-Lock, 470 euro con scarpetta G-Fit termoformabile www.garmont.com
335 g
1.265 g
1.600 g Dall’azienda Helix è il modello 'centrale' della collezione Garmont da scialpinismo. Paul Parker, che coordina il team che sviluppa i prodotti, lo indica per un utilizzo tradizionale, con lunghe salite e discese impegnative, per i grantour più impegnativi come la Chamonix-Zermatt, con la possibilità di arrampicare con o senza ramponi. Un tre ganci 'allround' con un focus in particolare, prestazioni superiori in discesa. PROVA A SECCO Garmont ha abbandonato, da ormai un paio di stagioni, l'utilizzo nella sua linea di scarponi per lo scialpinismo del linguettone in plastica che si ribalta per dare accesso all'interno, preferendo una sovrapposizione di plastiche, che in quella zona appaiono meno rigide. Tre le leve, di fattezze tradizionali, due sulla tomaia ed una sul gambetto, che in questo modello ha un'altezza contenuta, a ribadire la vocazione scialpinistica del prodotto. Il passaggio da walk a ski è comandato da una leva che risente della presenza di una molla all'interno, che ne facilita il bloccaggio e lo sbloccaggio. La scarpetta, simile a quella utilizzata per il modello Masterlite, appare però irrobustita da alcuni inserti ed in grado di sopportare anche un uso in rifugio, senza la scocca. PROVA SULLA NEVE Facile da calzare, nonostante il sistema delle plastiche sovrapposte. Molto apprezzata la leva posteriore che permette di passare facilmente alla posizione di salita, peraltro caratterizzata da una notevole escursione del gambetto, a quella di discesa. In discesa ha fornito ottime sensazioni in termini di trasmissione degli impulsi allo sci, nonostante la struttura da Grantour classico con soli tre ganci. Una nota importante riguarda la calzata, che risulterà migliore per gli utenti dotati di un collo del piede medio/basso, dal momento che la tomaia comprime abbastanza in quella posizione.
157 > materiali
Scarpa Rush Dopo il grande successo del Maestrale, Scarpa ha voluto affiancargli uno scarpone simile nei concetti di base, ma un po' più leggero e più basso, pensato appositamente per quegli ski-alper che, nell'acquisto dell'attrezzatura, si portano appresso il bilancino.
265 g SCHEDA TECNICA Misura: 27 Peso: 1.440 g Peso scocca: 1.175 g Peso scarpetta: 265 g Ideale per: grandi dislivelli e grantour Predisposizione attacchino: sì Prezzo al pubblico: 429 euro it.scarpa.net
1.175 g
1.440 g
Dall’azienda Questo modello, progettato dal team coordinato da Massimo Pellizzer, è stato studiato per un alpinismo tradizionale con lunghe salite e discese di ogni tipo con un'enfasi maggiore sul comfort rispetto ad altri modelli in rastrelliera. Utilizza buona parte delle tecnologie dei modelli quattro ganci come il Maestrale, per esempio la nuova leva 'Wiregate tour lock' per la veloce chiusura e apertura del gambetto, il sistema 'Evo V-Frame' del gambetto, per una migliore trasmissione della forza nel movimento di flessione in avanti, la costruzione 'Axial Alpine Technology' che permette di trasferire in maniera più precisa la forza e il sistema di ventilazione 'Air Ventilation'.
PROVA A SECCO Confermata la sensazione iniziale di estrema somiglianza di questo modello con il ben noto Maestrale; il Rush risulta però decisamente più basso, tanto da far 'risparmiare' una leva nella zona del gambetto. Le plastiche nella parte superiore appaiono meno rigide rispetto a quelle utilizzate per il 'compagno di scuderia'. L'accesso all'interno della scarpa è facilitato dall'ormai sperimentato ribaltamento laterale del linguettone, mentre il sistema di bloccaggio e sbloccaggio è comandato da una semplice leva posteriore. La scarpetta fa parte della collaudatissima linea Intuition con i diversi inserti, atti ad ammorbidire o irrigidire le varie parti a seconda del posizionamento sulle differenti parti del piede. PROVA SULLA NEVE Questo modello di Scarpa non fa certamente rimpiangere il fratello maggiore Maestrale dal punto di vista della precisione che regala nella sciata. Estremamente semplice la calzata, grazie al linguettone, che si ribalta completamente. L'escursione del gambetto è davvero notevole e consente di tenere un ottimo passo in salita. Insomma un vero Grantour, adatto a grandi dislivelli, molto apprezzato dai nostri testatori anche per la sua grande leggerezza.
158 > materiali
test 2012
Dynafit ZZero4c L'avvento della linea TLT5 non ha offuscato il consolidato successo della Zero, che si ripropone quest'anno nelle nuove colorazioni, che fanno pendant con la linea sci Baltoro e con gli attacchini dedicati; un ulteriore segnale da parte di questo prestigioso marchio nell'ottica, ormai esplicitata appieno, del total look coordinato per gli amanti dello ski-alp.
SCHEDA TECNICA Misura: 27 Peso: 1.755 g Peso scocca: 1.375 g Peso scarpetta: 380 g Ideale per: scialpinismo classico Predisposizione attacchino: sì Prezzo al pubblico: 530 euro, 550 euro con scarpetta termoformabile www.dynafit.com
380 g
1.375 g
1.755 g
Dall’azienda Questo modello è stato pensato dall'azienda per un utilizzo da parte di ski-tourer e free-tourer esigenti. Il team guidato da Federico Sbrissa ha voluto creare un modello tradizionale quattro ganci, con caratteristiche di avvolgimento uniforme e un peso contenuto. Per la costruzione sono state utilizzate mescole Pebax con l'inserimento di power stringer laterali in carbonio per aumentare la rigidità torsionale. Si è cercato anche di lavorare su un buon compromesso tra prestazioni in salita e performance in discesa.
PROVA A SECCO Quattro leve, due sul gambetto e due sulla tomaia, con inserto in carbonio con funzione di irrigidimento nella torsione laterale della scocca. Nonostante le quattro leve, lo scarpone non risulta eccessivamente alto nell'insieme. Un velcro in alto coadiuva il lavoro delle leve nella chiusura. Il passaggio da ski a walk si realizza attraverso l'azionamento del classico interruttore posteriore. La scarpetta, fornita di lacci, fa parte della linea HLS a struttura rinforzata.
PROVA SULLA NEVE Facile da calzare, questo modello di Dynafit è stato soprattutto apprezzato per il suo grande comfort. In discesa risulta decisamente performante grazie alla perfetta chiusura delle leve e all'ottimo bloccaggio del piede. La possibilità di escursione un po' limitata, nella situazione di salita, lo rende meno adatto a grandi dislivelli rispetto ad altri modelli. Può essere calzato anche da sciatori con il collo del piede alto.
159 > materiali
Black Diamond Quadrant
Dynafit Titan Ultralight
Ben riconoscibile fra tutti i modelli grazie al suo colore giallo e verde, molto 'sparato', ha la stessa scocca del modello Prime. Quattro le leve anziché tre, a conferma della sua vocazione più freeride, e certamente una mescola un po' più dura della plastica per consentire maggiori prestazioni in discesa.
Un modello dalla chiara vocazione freeride il Titan, anche se già l'aggiunta del termine Ultralight lascia intendere la particolare attenzione di casa Dynafit al contenimento del peso.
138 g SCHEDA TECNICA Misura: 27 Peso: 1.825 g Peso scocca: 1.510 g Peso scarpetta: 315 g Ideale per: scialpinismo in cui prevale l'aspetto discesa e freeride Predisposizione attacchino: sì Prezzo al pubblico: 600 euro www.dynafit.com
305 g SCHEDA TECNICA Misura: 27 Peso: 1.730 g Peso scocca: 1.425 g Peso scarpetta: 305 g Ideale per: scialpinismo e sciate fuoripista Predisposizione attacchino: sì Prezzo al pubblico: 469 euro www.blackdiamondequipment.com
1.510 g
1.425 g
1.730 g
1.825 g
Dall’azienda
Dall’azienda
Quando Thomas Laasko ha progettato il Quadrant voleva realizzare uno scarpone da 'freetouring' con il focus soprattutto sulle prestazioni in discesa. In pratica l'idea era quella di portare la rigidità e la precisione dei modelli da freeride nello scialpinismo. Questo quattro ganci è indicato per condurre sci da 95 millimetri e più di centro con disinvoltura.
Con Titan Ultralight Dynafit ha pensato allo sciatore che privilegia la discesa. Si tratta di un modello che, nelle intenzioni dell'azienda, deve soddisfare soprattutto due esigenze: prestazione in discesa e versatilità. Grazie a punta e tacco sostituibili, è utilizzabile con tutti i tipi di attacco, mentre la costruzione 'Alpine Overlap' e l'utilizzo delle quattro leve garantiscono prestazioni in discesa paragonabili a quello di un modello tradizionale da pista. La regolazione ski-walk permette un'agevole camminata con rotazione del gambetto di 30 gradi. Rispetto al modello Titan si è lavorato sulla riduzione del peso.
PROVA A SECCO
PROVA A SECCO
A differenza del Prime, il Quadrant presenta due leve di bloccaggio sul collo del piede anziché una; un aspetto, quest'ultimo, che ne conferma la spiccata vocazione alle prestazioni in discesa. Un velcro aiuta a fermare il gambetto a livello della tibia. La scarpetta, più leggera rispetto a quella presente all'interno del modello Prime, presenta però alcuni rinforzi nelle zone più critiche, che conferiscono una maggiore rigidità all'insieme.
Struttura piuttosto rigida per il massimo apporto di prestazioni in discesa. All'altezza dello snodo, nella parte posteriore, un inserto in carbonio contribuisce ad ottenere la massima rigidità della scocca. Quattro leve tutte con regolazione micrometrica. Il meccanismo di blocca/sblocca è ad interruttore e ricorda quello montato sugli ZZero. La suola può essere svitata in toto e sostituita con una dall'approccio più rivolto alla sciata. La scarpetta interna, pur senza risultare pesante, è molto irrigidita nella parte alta, quella corrispondente al gambetto.
PROVA SULLA NEVE PROVA SULLA NEVE Il modello Quadrant non si discosta di molto, per quanto concerne la calzata e le sensazioni nella sciata, dall'altro modello del marchio Black Diamond; la presenza dei quattro ganci per la chiusura e l'utilizzo di plastiche maggiormente rigide nella struttura della scarpa, ne testimoniano però l'approccio più freeride, rispetto al modello Prime. Occorre un piede grosso, che riempa bene gli spazi, per gustarsi davvero quello che questi scarponi consentono di fare in discesa.
Nell'infilarsi questo scarpone, la sensazione che si ha è la stessa di quando si indossa uno scarpone da discesa in pista; nonostante questo, la buona imbottitura della scarpetta rende decisamente confortevole la calzata. La struttura dello scarpone consente un utilizzo anche a quegli scialpinisti che abbiano un collo del piede alto, risultando comunque confortevole. Trattandosi di una scarpa piuttosto rigida, non dotata di una grande capacità di escursione durante il passo in salita, risulta maggiormente adatta a freerider non estremi, che amino la sciata fuoripista abbinata a brevi tratti di salita con le pelli.
160 > materiali
test 2012
Scarpa Mobe
Tecnica Cochise
Con questo modello si entra nel mondo del freeride vero e proprio, infatti, nonostante la presenza dei fori per l'attacchino ed un peso complessivamente non proibitivo, la rigidità della struttura fanno subito pensare ad un prodotto studiato per prestazioni al top in discesa.
Sia nell'aspetto esteriore che dal punto di vista tecnologico, questo modello può essere iscritto appieno nella categoria degli scarponi studiati appositamente per un utilizzo freeride. In questo ambito, l'azienda di Giavera del Montello, può indubbiamente vantare la grande esperienza derivata dal mondo dello sci alpino.
245 g
SCHEDA TECNICA Misura: 27 Peso: 1.845 g Peso scocca: 1.600 g Peso scarpetta: 245 g Ideale per: scialpinismo in cui prevale l'aspetto discesa e freeride Predisposizione attacchino: sì Prezzo al pubblico: 529 euro it.scarpa.net
1.600 g
391 g
1.639 g
1.845 g
SCHEDA TECNICA Misura: 27 Peso: 2.030 g Peso scocca: 1.639 g Peso scarpetta: 391 g Ideale per: freeride Predisposizione attacchino: sì Prezzo al pubblico: 449 euro www.tecnicagroup.com
2.030 g
Dall’azienda
Dall’azienda
Questo modello, posizionato dall'azienda nella rastrelliera dei 'freeride', è nato con l'intenzione di portare la mobilità di uno scarpone da ski-alp in una scarpa da freeride. Le prestazioni sono garantite da quattro leve e dal gambetto 'V-Frame', mono-iniettato e con nervature che ne aumentano la rigidità contenendone il peso. Il sistema 'Power-block tour fr' fissa il gambetto allo scafo per la massima potenza in discesa e allo stesso tempo permette di passare in modo semplice alla modalità di camminata. L'azienda lo indica per la discesa fuoripista e per brevi risalite.
Il progetto del Cochise è il frutto della collaborazione tra l'ingegnere Giorgio Grandin e Stefano Mantegazza, coordinatore del test team, ed è nato ascoltando sia le esigenze delle guide alpine di ultima generazione, sia quelle dei rider che per sciare in condizioni estreme di velocità e neve utilizzavano finora scarponi da gara. Questo scarpone rientra in una categoria denominata 'Freemountain', che esprime un connubio tra il freeride e la montagna a 360 gradi, compresa la salita. Il Cochise è pensato per chi privilegia all'80% la discesa rispetto alla salita. Si possono montare suole per attacchi ISO e suole per attacchi con compatibilità Dynafit. Il Mobility Cuff System permette la verticalizzazione del gambale per una camminata più agevole e per la fase di risalita con gli sci.
PROVA A SECCO Le quattro leve sono d'obbligo per una scarpa con questo tipo di aspirazioni alla discesa in chiave freeride; la possibilità di modificare il canting laterale si allinea anch'essa a questo tipo di filosofia di utilizzo. Le leve sono tutte regolabili micrometricamente. Alla scocca piuttosto pesante e ben 'carrozzata', si contrappone una scarpetta interna Intuition molto leggera. Il sistema di apertura della scocca per la calzata è del tipo tradizionale con linguettone che si solleva. Il blocca/sblocca è azionato dalla classica levetta.
PROVA A SECCO L'imponenza delle quattro leve - quella più in alto manda in tensione un vero e proprio buster - e la struttura della scocca sono del tutto simili agli scarponi da sci alpino. Se non si badasse ai fori per l'attacchino e al carroarmato della suola, che peraltro si può smontare per avvitarne un'altra decisamente più alpina, con questo scarpone si potrebbe fare slalom. Canting laterale presente. Il blocca/sblocca avviene grazie allo scorrimento vero l'alto/basso di un interruttore posto nella solita posizione posteriore sul gambetto. La scarpetta interna presenta notevoli rinforzi nella parte alta.
PROVA SULLA NEVE Molto apprezzate le prestazioni in discesa di questo modello: una volta bloccate le leve, la struttura diventa davvero un tutt'uno con il piede, senza mostrare cedimenti. L'escursione non ampissima del gambetto, lo rende adatto ad un utilizzo finalizzato al freeride o ad uno scialpinismo caratterizzato da medi dislivelli. Qualcuno dei testatori ha fatto rilevare la quasi eccessiva inclinazione in avanti del gambetto, ma su questo aspetto ci sentiamo di dire che si tratta di gusti personali. La calzata, nonostante sia avvenuta in condizioni davvero fredde e all'aperto, è stata notevolmente facilitata dall'accorgimento di calzare prima la scarpetta per poi infilare il piede all'interno della scocca.
PROVA SULLA NEVE All'unanimità è stato giudicato molto simile ad uno scarpone da discesa. Facile da calzare, comodo e confortevole, dotato di una precisa chiusura con tre leve e un velcro-leva, non possiede una grande escursione del gambetto in salita, tuttavia sufficiente per affrontare alcuni tratti con le pelli. Piuttosto pesante rispetto agli altri modelli si è fatto apprezzare per le prestazioni in discesa.
161 > materiali
162 > ski-alper
IN ALLEGATO
THE ART OF BOOTS Primo numero dello speciale da collezione di Ski-alper dedicato alle aziende che hanno fatto la storia dell’attrezzo tecnico: iniziamo dal Calzaturificio Scarpa
I
ai tempi era più facile di oggi, bastava avere voglia di lavorare, non avevamo concorrenza, anche se da Scarpa sono nate poi sette o otto aziende di successo, fondate da nostri collaboratori Luigi Parisotto
RGdesign 3336833251
n allegato a questo numero di Ski-alper troverete un nuovo magazine. Si tratta dello ‘speciale aziende’, un fascicolo monografico di 32 pagine ideato per raccontare la storia dei produttori che nell’ultimo secolo hanno segnato di più l’evoluzione dell’attrezzo sportivo. Si tratta di un pezzo unico, da collezione, che si può trovare solo insieme alla rivista, oltretutto senza alcun sovrapprezzo in edicola. Tutti i testi sono stati realizzati dalla redazione di Ski-alper: curatore di questa edizione è il vicedirettore Claudio Primavesi, le foto sono state scattate da una firma eccellente del settore sportivo come Enrico Schiavi, il progetto grafico è dell’agenzia Business Design. Troverete tutto ciò che si può sapere di Scarpa: dalla storia dell’azienda, alle interviste ai membri della famiglia Parisotto, dagli ‘esplosi’ dei modelli di punta del catalogo, passando per le curiosità sulle varie fasi dell’assemblaggio degli scarponi. Senza dimenticare i modelli che hanno fatto la storia e le campagne pubblicitarie che hanno accompagnato il marchio nella sua inarrestabile crescita. Insomma, un lavoro curato in tutti i dettagli che ci auguriamo sia di vostro gradimento.
ATK SL World Cup
FATEVI SOTTO!
CON SL WORLD CUP ATK LANCIA LA SFIDA. CHI LA RACCOGLIERÀ? - Il più leggero al mondo: 110 grammi! - Forme ergonomiche brevettate per cambi d’assetto fulminei - Rotazione parziale della talloniera che permette lo sgancio - Molla a “U” della talloniera in titanio (B) - Sportellino talloniera molto resistente, ergonomico e rapido - A.U.S. Sistema di bloccaggio automatico brevettato - Disponibile anche con aggancio Rampant (A) - Accessorio incluso: rotellina da 1,3 grammi (B) che permette di ottenere il settaggio semiautomatico dell’ attacco, con le posizioni salita e discesa, come da regolamento ISMF 2012/2013
110 gr. (A) ®
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