Ski-alper 82

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COLAZIONE DA KILIAN

Una giornata alla scoperta dell'uomo che c'è dietro il campione

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SKI-TOURING > Montenegro | Adamello-Presanella | Etna PEOPLE > Tino Aime | Fabio Beozzi | Lorenzo Delladio SKI-ALP RACE > Saalbach Mountain Attack | Coppa del Mondo Andorra TECNICA > La virata classica e la Brosse-Elmer al microscopio PROVE SUL CAMPO > La Sportiva Spitfire MATERIALI > 30 bastoni a lunghezza fissa e telescopici | 30 zaini per ogni esigenza

FEBBRAIO 2012

mensile n.82 I € 6,00




«…cosa odio? L’idiozia di chi pensa di poter cambiare la natura. C’era prima dell’uomo e ci sarà anche dopo. Noi siamo di passaggio, non possiamo cambiare nulla…» Kilian Jornet Burgada

REDAZIONE

Direttore responsabile: Davide Marta - davide.marta@mulatero.it Vice-direttore: Claudio Primavesi - claudio.primavesi@mulatero.it Marketing: Simona Righetti - simona.righetti@mulatero.it Ski-alp race: Carlo Ceola - carlo.ceola@mulatero.it Ski-touring: Umberto Isman - umberto.isman@mulatero.it Tecnica: Enrico Marta - enrico.marta@mulatero.it Materiali: Sebastiano Salvetti - sebastiano.salvetti@mulatero.it

Segretaria di redazione: Elena Volpe - elena.volpe@mulatero.it Collaboratori: Leonardo Bizzaro, Renato Cresta, Fabio Meraldi, Flavio Saltarelli, Riccardo Selvatico, Martina Valmassoi Impaginazione: business-design.it Webmaster: Silvano Camerlo Hanno collaborato a questo numero: Raffaele Adiutori, Franco Brevini, Stefano Burra, Mario Cossa, Paolo Passalacqua, Germano Ranieri,

Andrea Rizzato, Marco Sinicato Distribuzione in edicola: MEPE - Milano - tel. 02895921 Stampa: Reggiani - Brezzo di Bedero (VA) Autorizzazione del Tribunale di Torino n.4855 del 24/11/95. La Mulatero Editore srl è iscritta nel Registro degli Operatori di Comunicazione con il numero 21697


IN copertina Cover story dedicata al vero signore degli sport di endurance in montagna. Con le pelli o di corsa, Kilian è il numero uno, l’unico personaggio ad aver rotto i confini per diventare una vera e propria icona internazionale. foto Riccardo Selvatico

ski - a Lper

Ski-alper N. 82 - FEBBRAIO 2012

SKI TOURING 10 Montenegro, wild beauty. Scialpinismo di ricerca

nella piccola repubblica della ex-Jugoslavia 28 Il Polo Nord italiano, approfondimento monografico sull’area dell’Adamello e Presanella 46 Imperdibile Etna: la traversata dal Rifugio Sapienza a Piano Provenzana

PEOPLE 20 Tino Aime, l’arte e la montagna 40 Lorenzo Delladio, il calzolaio del futuro 56 Fabio Beozzi, pensare ripido

RUBRICHE 48 Neve e diritto - Zig zag tra i divieti 50 Sicurezza - La valutazione dell’ambiente 82 Tecnica - La virata tradizionale e la ‘Brosse-Elmer’

SKI-ALP RACE 92 The wall: cronaca ‘live’ 98 110 120

del Saalbach Mountain Attack Appuntato Inox. Intervista a Carlo Zanon Cover story - Colazione da Kilian Coppa del Mondo, si parte da Andorra

MATERIALI 64 In vetrina: 30 bastoni a lunghezza fissa

e variabile e 30 zaini 76 Prova sul campo in anteprima del nuovo La Sportiva Spitfire 80 Preview Dynafit - Huascaran, 114 cm sotto il piede

skialper.it Kilian Jornet alla partenza della Saalbach Mountain Attack photo©Riccardo Selvatico

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8 > rubriche

EDITORIALE testo: Davide Marta

PENSA UN NOME...

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opertina, cover story, indice. Ma non solo. Anche il reportage sulla Mountain Attack di Saalbach e quello sulla Coppa del Mondo di Andorra. Tutta questo numero della rivista ruota attorno a Kilian. Esatto, proprio come ho scritto. Non c’è nome o cognome, semplicemente Kilian. Uno di quei personaggi che rompono le barriere, che vanno oltre, che si fanno icona a livello internazionale di un certo sport o di uno stile di vita. Mettiamoci alla prova, è un gioco, ma non troppo. Rispondiamo senza pensare. Politico? Barak Obama. Cantante italiano? Vasco. Calciatore? Maradona. Uno sciatore? Alberto Tomba. Pilota di Formula 1? Schumacher. Giocatore di basket? Michael Jordan. Golfista? Tiger Woods. Alpinista? Messner. Motociclista? Valentino. Si potrebbe andare avanti all’infinito. Mi direte voi che avete una risposta diversa dalla mia per ognuna di queste domande, ma qualunque essa sia ricade comunque in una selezionata cerchia di grandissimi personaggi. Poi è vero che se riflettiamo un attimo escono risposte, per così dire, più di nicchia… Facciamo una prova. Politico? Giorgio Napolitano (grazie, Presidente…). Cantante italiano? Ligabue. Calciatore? Alex Del Piero. Sciatore? Bode Miller…. E così via. Qui entra in gioco il filtro razionale, ma se lasciamo libero sfogo alle sensazioni, il nostro inconscio va a pescare qualcuno di quei personaggi che nel recente passato hanno fatto qualcosa di sensazionale. C’è una domanda di riserva, però. Che cosa li rende diversi? Ed è anche il tema del nostro servizio di copertina. Perché Kilian è Kilian? Qui si potrebbero interpellare sociologi, psichiatri e ‘massmediologi’, il discorso si fa estremamente ampio. Credo che in

©GettyImages

ognuno di questi casi si manifesti una sorta di attitudine naturale, un dono particolare che fa sì che ognuna di queste persone sia perfetta per quello che sta facendo. E lo si capisce dai modi, dall’atteggiamento, dalla disarmante facilità nell’affrontare le situazioni. Leggende metropolitane raccontano della tensione nello spogliatoio del Napoli prima della partita di ritorno con il Milan nell’anno del primo scudetto. E di Maradona che improvvisamente, fischiettando, si mette a palleggiare con un rotolo di bendaggi. Piede, testa, tacco. Un gesto che probabilmente per lui non voleva dire nulla, ma che per tutta la squadra si è trasformato in carburante per le gambe e in dosi massicce di coraggio. Questo è Kilian per il nostro mondo. C’è lui? Qualunque gara diventa un evento. «C’era anche Kilian…» raccontano i partecipanti, quasi a dire che più di così non si potrebbe avere come bollino di certificazione. Già, un ragazzo dei Pirenei che è apparso su un gigantesco cartellone pubblicitario a Times Square, uno che vince tutte le gare a cui partecipa, ma che se ti incontra sul percorso mentre cerchi di fotografarlo quasi si sente in colpa se non saluta o almeno non fa un cenno di riconoscimento. Uno che durante un’intervista si mangia un pacchetto di quelle specie di coccodrilli gommosi che si comprano all’Autogrill. Poi, con disarmante facilità, prende la bici da corsa, mette su il piumino, e va fare una sgambata in pieno inverno sopra Chamonix. Ti chiedi cosa gli passi per la testa, ma lui è semplicemente così. Come Michael Jordan, che tirava fuori la lingua nelle azioni più delicate, ma se i giornalisti gli domandavano il perché, lui rispondeva di non essersene accorto. Un discorso contorto per una semplice definizione: fuoriclasse. Skialper? Skyrunner? Kilian!


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LA SPORTIVA ® is a trademark of the shoe manufacturing company “La Sportiva S.p.A” located in Italy (TN)

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10 > internet

DALLA RETE

w n lo a d o d 0 0 ,5 4 e r lt O g e n n a io ! da ot tobre a

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TOP NEWS

Ecco le 5 news più lette sulla versione on-line della rivista all’indirizzo skialper.it, dal 20 dicembre 2011 al 20 gennaio 2012. Una curiosità: in un modo o nell’altro c’è sempre di mezzo Kilian.

1 - KILIAN VINCE, MICHELE BOSCACCI STUPISCE!

(13 gennaio) Il resoconto finale dell’avvincente Saalbach Mountain Attack, che ha tenuto i lettori inchiodati al monitor con le notizie ‘live’ dai nostri inviati.

2 - UNA GIORNATA CON KILIAN, SIAMO AI SALUTI

(9 gennaio) Conclusa l’intervista al campione catalano, Carlo e Riccardo lo incontrano in bici lungo le vie di Chamonix.

3 - AGGIORNAMENTO E CLASSIFICHE DA SAALBACH

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SKIALPER.ITon-line le nuove sezioni

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bbiamo ricevuto una marea di mail dai nostri lettori. «Ma quando attivate la pagina 'Itinerari' del sito?» Eccoci, ce l'abbiamo fatta! Con un po' di ritardo, a causa di problemini tecnici, ma siamo finalmente pronti. Cliccando nella pulsantiera principale su 'ITINERARI' da fine gennaio è possibile accedere alla maschera di caricamento e consultazione. Seguendo alcune semplici istruzioni potete inserire i vostri itinerari preferiti nel database di skialper.it, ma soprattutto partecipare a 'Dynafit Ski Touring Storyboard', l'iniziativa che premierà con 3 paia di sci Baltoro i migliori reportage di itinerari e con un paio di sci sia il miglior racconto breve a tema montagna e scialpinismo, sia la miglior fotografia. Ma non finisce qui: a fine anno verrà stampato uno yearbook che racchiuderà tutti i vostri contributi più originali e approfonditi, scelti dalla redazione. Insomma, non perdete tempo! Contemporaneamente è stata attivata la pagina 'LUOGHI & PERSONE', un contenitore di informazioni per tenervi aggiornati su tutto ciò che accade in montagna. Le altre due sezioni del sito le conoscete già: SKI-ALP RACE, dedicata allo scialpinismo agonistico e MATERIALI, con le news dal mercato e il test sci e scarponi di Ski-alper in libera consultazione. L’appuntamento quotidiano è con skialper.it

(13 gennaio) Ancora la Mountain Attack a tenere banco, con le classifiche ufficiali in anteprima.

4 - L’ALLENAMENTO DI KILIAN

(15 dicembre) Dal sito movescount.com alcuni dati dell’allenamento di Kilian.

5 - VINCE SEMPRE LUI!

(16 dicembre) Il racconto in tempo reale della vittoria di Michele Boscacci al Trofeo Monte Agnello di Pampeago. Grande inizio di stagione per il giovane valtellinese.

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12 > opinioni

PENSIERI BIZZARRI testo: Leonardo Bizzaro

ARRANGIATEVI Il Governo ha tagliato i fondi per il Soccorso alpino, che rischia di chiudere. Ma il problema è un altro: la politica è lontana Dalla montagna e dai suoi frequentatori, non li capisce

Leonardo Bizzaro, torinese da vent’anni, è nato a Trento nel 1958. Nella redazione di Repubblica sotto la Mole scrive di spettacoli e cultura, ma l’attenzione maggiore la dedica alla montagna. Ha collaborato con le riviste del settore, scritto libri, è stato per lungo tempo nel consiglio direttivo del Filmfestival di Trento, colleziona smodatamente libri, e non solo, dedicati alla sua passione. Alpinista, con e senza gli sci ha salito vette e attraversato ghiacciai in varie parti del mondo, dalla Patagonia all’Himalaya.

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iergiorgio Baldracco è stato un giovanissimo esploratore di grotte. Il suo entusiasmo lo ha fatto ammettere ai corsi del prestigioso Gruppo speleologico piemontese prima ancora dei sedici anni canonici. Oggi Baldracco è il presidente nazionale del Soccorso alpino (CNSAS), quello per intenderci che viene a tirarci fuori quando le valanghe ci travolgono. Bene, nei giorni bollenti del naufragio sulle coste del Giglio, Baldracco era lì con la sua squadra di speleosub che si infilavano nei cunicoli della nave come fossero i sifoni di una grotta. È stato chiamato d’urgenza la notte, un aereo è partito apposta da Torino, dove abita, per trasportarlo nei luoghi dell’emergenza. Due giorni prima il governo, nei suoi tentativi di risparmio, aveva dato una cesoiata ai contributi per il Club Alpino Italiano e soprattutto per il Soccorso. In breve, il CNSAS riceverà quest’anno circa 400.000 euro, mentre ce ne vuole un milione solo per pagare le assicurazioni infortuni e vita per i volontari. Baldracco sostiene che il problema a questo punto non è che cosa tagliare, del Soccorso, ma quando chiudere, dicendo ai frequentatori della montagna: arrangiatevi! Un invito che talvolta si potrebbe fare a qualcuno che è andato a ficcarsi nei guai per ignoranza. Ma già alcune regioni alpine hanno deciso, giustamente, di far pagare i costosi interventi in caso di colpa

grave di chi è stato soccorso. La questione però è ben diversa dal tagliare indiscriminatamente su una struttura che non ha, fra i suoi compiti, solo l’aiuto a chi si fa male in montagna. A ridosso del Natale di due anni fa erano morti sotto una colossale valanga nella trentina Val Lastìes quattro volontari del soccorso. Erano intervenuti per cercare due alpinisti a loro volta travolti da una precedente colata di neve. Uno scherzo del destino, la slavina che ha ucciso i soccorritori è precipitata due volte a distanza di poche ore. Il 27 dicembre 2009 Guido Bertolaso, che allora era capo della Protezione civile, da cui dipende il Soccorso alpino - e che mesi dopo venne travolto non da una valanga, ma dalle inchieste sugli affari della ‘cricca’ - minacciò a sua volta di sospendere certi interventi: «È inaccettabile - disse - sono stufo di contare le vittime tra i nostri soccorritori per l’imperizia di molte persone». La decisione recente del governo e lo sfogo di Bertolaso sono in fondo legati, spiegano quanto la politica sia lontana dalla montagna, quanto poco la capisca, quanto non abbia idea di che cosa siano l’alpinismo e le discipline a esso connesse.

Un momento dei soccorsi dopo la tragica valanga in Val Lastìes



14 > ski-touring

MONTENEGRO testo: Umberto Isman foto: Umberto Isman

In alto. Da sinistra a destra. L'escursione al Minin Bogaz regala panorami maestosi. Avvicinamento ‘difficoltoso’ al Maglic. Foreste e rocce lungo l'itinerario al Minin Bogaz. Uno scorcio di Kolasin. Kom Kučki. Costruzione nei pressi di Žabljak. Il massiccio del Durmitor è quello più severo e meglio innevato.


15 > ski-touring

Ăˆ lo slogan scelto dalla piccola repubblica balcanica per affacciarsi al mercato del turismo internazionale. Nessun itinerario conosciuto, niente guide, le ultime tracce della grande foresta vergine europea. Il racconto di un vero viaggio esplorativo in chiave scialpinistica

MONTE NEGRO WILD BEAUTY


16 > ski-touring

MONTENEGRO

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i vediamo sulla strada innevata che si addentra nel Komovi, un gruppo di montagne severe a sud-est di Kolasin. Sono tre, procedono distanziati con passo malfermo. Appena sono a portata di sguardo li osserviamo curiosi. Sci da fondo con scarpe sfondate e tallone che tocca la neve per il primo, ciaspole antiche in legno piegato e corda per il secondo e scarponcini fradici per il terzo. È mattina presto, stanno evidentemente tornando da un'allegra nottata passata in una delle baite poco lontane e il passo incerto non è solo colpa dell'attrezzatura approssimativa. Ci salutiamo con un sorriso e un miscuglio multinazionale di 'buongiorno'. Li guardo sfilare e troppo tardi ho l'impulso d'impugnare la macchina fotografica. Mi volto e mi accorgo che uno dei tre ha avuto la stessa idea. Un volto sorridente e ammiccante mi sta inquadrando nel display della sua

‘compattina’. Marziani loro per noi e marziani noi per loro, il bello della relatività degli incontri tra gente di Paesi diversi. Noi con le nostre tutine, gli zaini aerodinamici, gli sci, gli attacchi e gli scarponi che pesano tutti insieme come un legno dei loro, siamo per gli scialpinisti montenegrini un fenomeno da baraccone. In realtà di veri scialpinisti montenegrini non ce ne sono molti e i tre, che vagamente si avvicinano alla categoria, sono gli unici che ci è dato di incontrare durante la nostra permanenza. Certo, il Montenegro non è l'unico Paese con montagne adatte allo scialpinismo per niente sfruttate dalla popolazione, ma in molti di questi è arrivata la colonizzazione di 'truppe pellate' straniere. Non in Montenegro e la prova più evidente è la ricerca in Google di 'scialpinismo Montenegro', che dà scarsissimi risultati. Da queste parti possiamo parlare concretamente di scialpinismo di ricerca. Non quello che da noi semplicemente esplora tracce di

salita alternative, ma quello che, su scala più macroscopica, ricerca montagne da salire con gli sci. Una dimensione arcaica, usuale in Paesi ben più lontani e meno civilizzati, ma strana in una nazione moderna e a un modesto mare Adriatico di distanza da noi. Così questo articolo non ha la pretesa di essere esaustivo, ma solo di offrire lo spunto per un viaggio di esplorazione. Una prima pietra, o una delle prime, su cui costruire eventualmente un più solido edificio di esperienza scialpinistica. Ed è proprio in questo modo che comincia il nostro viaggio. Siamo in tre, insieme a me Riccardo Del Fabbro, guida alpina della Carnia, e Maurizio Planine, pluricampione italiano, europeo e mondiale di vela, prestato da qualche anno allo scialpinismo, il 'capitano', come lo battezziamo già il primo giorno. Primo giorno che ci porta sul Maglic, esplorato in parte da Maurizio in un precedente viaggio.


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da queste parti POSSIAMO PARLARE CONCRETAMENTE DI scialpinismo di ricerca. Non quello che da noi semplicemente esplora tracce di salita alternative, ma quello che, su scala più macroscopica, ricerca montagne da salire con gli scI

A sinistra. Finalmente 'polvere' per Riccardo Del Fabbro nel massiccio del Durmitor

Vento e bufera ci accompagnano fino in cima, nella quasi certezza che non sia possibile riconoscerla. Invece un provvidenziale e ben visibile libro di vetta ci permette d'imprimere il primo sigillo sul nostro carnet montenegrino. Ci rendiamo subito conto che qui lo scialpinismo è una sorta di novità per tutti, probabilmente anche per le stesse montagne. Sicuramente per i cinque avventori autoctoni di una piccola osteria che ci osservano incuriositi mentre ci facciamo ripetere due volte il prezzo di tre birre, non per incomprensione linguistica, ma per la scala uno a tre rispetto a quanto siamo abituati a pagarle dalle nostre parti. Se esplorazione deve essere, che lo sia fino in fondo, ci diciamo il giorno successivo. Del Maglic conoscevamo già l'esistenza, anche se ne ignoravamo le possibilità sciistiche: potremmo ora aumentare il grado d'imponderabilità con una ricerca 'on the road' di una montagna sconosciuta che si lasci salire. Studiamo la poca cartografia a nostra disposi-

zione e decidiamo di dirigerci in auto verso sud, ai confini con l'Albania. È la zona del Lago di Plav e di Gusinje, nell'ampia vallata che si distende alle pendici settentrionali dei monti Prokleti, la catena che fa appunto da confine con l'Albania. È qui la montagna più alta del Montenegro, il Monte Kolac, di 2535 metri. In realtà i montenegrini, poco propensi a spartirsi con l'Albania la quota più alta del Paese, preferiscono considerare come punto più elevato il Bobotov Kuk (2523 metri), nel massiccio del Durmitor. Ci addentriamo da Gusinje nella Valle Ropojana, lungo una strada sterrata che ben presto diventa percorribile solo con un fuoristrada tipo il nostro. Ci avventuriamo alla ricerca di pendii sciabili solo sulla base di una valutazione cartografica e dell'osservazione diretta dei pendii, che però risultano ben presto troppo ripidi e accidentati. È soprattutto la scarsità di neve a dettare legge, in questa valle come in quella di fronte, la cui apparente imbiancatura sfuma al no-

stro avvicinarsi in un'improponibile pezzatura di neve, prati e sassi. Ci consoliamo miseramente con pochi metri di dislivello pomeridiani lungo un costone neanche degno di menzione sul confine orientale con la Serbia. Un buco nell'acqua, scialpinisticamente parlando, ma non per il nostro intento esplorativo, anche se la scarsità di neve ci costringe a mantenere un punto interrogativo su tutta la zona. La nostra base è Kolasin, una cittadina al centro del Montenegro, la principale località montana del paese. Come nella maggior parte dei paesi balcanici ex-comunisti, anche qui tutto sa di passaggio, di strati storici sovrapposti e spesso incastrati uno con l'altro. Architetture 'realpolitik' che cercano di darsi un'incipriata di modernità, o non ci provano nemmeno e restano tali e quali, testimoni di un'epoca o, più spesso, simboli della loro stessa decadenza. Ma Kolasin è anche una località dina-


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MONTENEGRO

In alto. Da sinistra a destra. Esplorazione al confine con l'Albania. Uno scorcio del centro di Podgorica. In Montenegro c'è uno degli ultimi resti della foresta vergine europea. Un campo da basket in pessime condizioni a Podgorica. Esplorazione al confine con l'Albania. Martina Valmassoi in discesa dal Kom KuÄ?ki. L'interno di un bar sulla Bjelasica. Alcune case della capitale Podgorica. Non mancano le parabole tv...


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terminiamo il viaggio a Podgorica, la capitale. Ci muoviamo anche qui in esplorazione, quasi non riuscissimo a smettere. Una volta si chiamava Titograd. Era un'altra città, un'altra epoca, che di uguale aveva solo le montagne, ancora da scoprire come adesso

mica che ha visto il futuro nello sviluppo turistico. Uno sviluppo che segue in teoria dettami nazionali che sulla carta costituzionale autodichiarano il Montenegro 'stato ecologico'. Un'autodefinizione non priva di contraddizioni e spesso in contrasto con un reale sviluppo sostenibile, perché troppo condizionata da mentalità e gestioni arcaiche. Ma, tant'è, Kolasin è anche località di sport invernali, con i moderni impianti della stazione sciistica di Jezerine, a 10 chilometri verso est. Il terzo giorno vogliamo che sia quello della 'riscossa'. Anche il meteo sembra quello giusto: il primo vero sole da quando siamo qui. Ci dirigiamo verso il massiccio del Durmitor, l'unica area che dalle nostre conoscenze gode di una qualche fama scialpinistica. Il Durmitor è uno dei quattro parchi nazionali del Montenegro e si estende per una superficie di circa 40.000 ettari, con 48 cime oltre i 2.000 metri. Per raggiungerlo, da Kolasin percorriamo un lungo tratto della Gola del Tara, la più profonda d'Europa con i suoi 1.300 metri di dislivello tra il bordo superiore e il fiume. Qualcuno la paragona addirittura al Grand Canyon del Colorado, ricordando che la profondità del tratto realmente incassato di quest'ultimo non supera i 200 metri. Ma è un paragone che sinceramente non regge. Arrivati a Žabljak, località turistica e sciistica, ci mettiamo alla ricerca di una cartina e, dopo qualche tentativo a vuoto, la troviamo in un piccolo supermercato. È lo stesso commerciante a darci

qualche indicazione di massima, corroborata da quote e curve di livello che sulla carta paiono fare al caso nostro. In realtà puntiamo ipoteticamente in alto, al Bobotov Kuk, la montagna più elevata, e imbocchiamo il vallone che pare avvicinarvisi maggiormente. Ci accorgiamo presto che la meta più logica è però il Minin Bogaz e solo dalla cima scorgiamo il Bobotov, sicuramente fattibile ma con uno scollinamento non banale e un ultimo pendio ripido e con qualche incognita. Anche questo ce lo segniamo per una prossima visita, o per chi vorrà provarci. Ci rimane un po' di amaro in bocca, ma il Minin Bogaz vale da solo una visita. A Kolasin ci raggiunge un gruppo di amici, tra cui Martina Valmassoi, nazionale di scialpinismo e giovane collaboratrice di Ski-alper. È la parte più istituzionale del viaggio, per seguire un interessante progetto del Ministero dell'ambiente italiano, in collaborazione con il Governo montenegrino, per promuovere lo scialpinismo sul territorio nazionale e in particolare sui monti della Bjelasica e del Komovi. La Bjelasica comprende il Parco Nazionale della Biogradska Gora, che ha una superficie di circa 5.700 ettari di cui 1.600 di foresta vergine, una delle più importanti aree di natura incontaminata d'Europa. La nostra gita si sviluppa in realtà nelle vicinanze dell'area occupata dagli impianti di sci di Jezerine, ma offre un interessante colpo d'occhio sul paesaggio circostante. Soprattutto si propone, insieme ad altri percorsi della zona, come un terreno

adatto allo sviluppo di uno scialpinismo semplice e senza pericoli. Senza dimenticare un'eventuale ottica sportiva che potrebbe trarre vantaggio proprio dalla localizzazione e conformazione di queste montagne. L'ultima uscita con gli sci la dedichiamo al Komovi, a sud-est di Kolasin. Sono giorni che osserviamo queste montagne, girandoci intorno diretti ad altre mete. Una in particolare ci attrae, il Kom Kučki, di 2487 metri, naturalmente la più alta del gruppo. Ci avventuriamo lungo una stradina innevata (quella dell'incontro con i tre scialpinisti locali) che parte dal Passo Trešnjevik, ma ci rendiamo ben presto conto che il percorso più logico percorre la valle sottostante. Vegetazione poco penetrabile, resti di valanghe, dislivello perso sono motivo d'improperi nei più vari idiomi, fino a quando non riusciamo finalmente a raggiungere il vallone che ci porta sotto la cima. Lo scialpinismo di ricerca è anche questo. Purtroppo raggiungiamo il colle avvolti dal vento e dalla nebbia. Sulla destra ci pare di scorgere un pendio percorribile, la neve è poca, forse in altre condizioni si potrebbe salire ancora un po' sci ai piedi, ma l'ultimo tratto potrebbe comunque essere alpinistico. Oggi di andare oltre non se ne parla. Marchiamo un ulteriore punto di domanda sulla carta. Terminiamo il viaggio a Podgorica, la capitale. Ci muoviamo anche qui in esplorazione, quasi non riuscissimo a smettere. Una volta si chiamava Titograd. Era un'altra città, un'altra epoca, che di uguale aveva solo le montagne, ancora da scoprire come adesso.


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Itinerari DI RICERCA

Minin Bogaz (2387 m) Maglic (2145 m) Accesso: da Kolasin verso sud fino a Mateševo. Al bivio a destra sempre verso sud in direzione Lijeva Rijeka fino alla deviazione a sinistra per Verusa Partenza: dalle poche case di Verusa si continua sulla strada sterrata che si addentra nella valle sulla sinistra orografica in direzione sud-est fino a dove è percorribile (circa a quota 1200 m) Dislivello: 1000 m Tempo medio salita: 2/3 ore Difficoltà: BS Pendenza massima: 30° Esposizione: ovest, nord-ovest Periodo: dicembre-aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica

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Itinerario: Lasciata l'auto nel poco spazio a bordo strada, si continua a percorrerla sci ai piedi fino a un pianoro dove si scende leggermente in direzione di un ponte, che si attraversa. Ci si alza ora sul versante della collina passando a monte di una casermetta abbandonata e si continua lungo il versante nord di un tratto di valle stretto e scosceso. Giunti a un'ampia zona quasi pianeggiante, si punta alla testata della valle, per poi percorrerne i ripidi pendii esposti a ovest prima e a nord-ovest poi. Con un ampio semicerchio verso destra, facendo attenzione alle condizioni del manto nevoso, si raggiunge l'ultimo tratto di cresta. Un passaggio ripido, da percorrere a volte senza sci, conduce alla cima, riconoscibile per il contenitore metallico del libro di vetta. La discesa è lungo lo stesso itinerario.

Accesso: da Žabljak, sul lato est del massiccio del Durmitor Partenza: in auto dal paese si segue verso ovest la strada che porta agli impianti di sci del Pitomine e al Crno Jezero (Lago Nero). Senza scendere al lago, si mantiene sempre la destra fino a dove la strada non è più percorribile (circa a quota 1400 m) Dislivello: 1250 m Tempo medio salita: 4 ore Difficoltà: BS Pendenza massima: 35° Esposizione: nord-est e sud-est per gli ultimi pendii Periodo: febbraio-aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica, utili a volte i ramponi Cartografia: Mountain Map Durmitor 1:25.000 reperibile in loco

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Itinerario: Lasciata l'auto, ci si addentra nel bosco seguendo il sentiero in direzione sud-ovest verso il bivacco di Plan Skloniste. Dopo un tratto in leggera discesa, si comincia a salire nel bosco di faggi fino a un pianoro da cui si vedono i primi impervi versanti. Ci si abbassa in una conca per un centinaio di metri per poi risalire a un colle e continuare per dossi fino al bivacco, sprovvisto di qualsiasi attrezzatura. Si continua ora nell'evidente vallone con poca pendenza fino a dove si restringe e diventa ripido. Questo tratto richiede molta attenzione e condizioni di neve sicure. Si prosegue quindi per la valle fino a raggiungere la direttrice di salita al Minin Bogaz verso destra. Si può affrontare direttamente la salita oppure, consigliabile, proseguire in direzione sud-ovest fino al colle (2190 m) sotto la cima della Bandijerna (2409 m). La salita a questa cima è possibile ma è ripida e deve in genere essere affrontata con i ramponi. Per raggiungere da qui il Minin Bogaz, solo se le condizioni sono sicure, ci si abbassa per qualche decina di metri e si effettua un lungo traverso sul versante sud-est fino alla migliore linea di salita alla cima. La discesa si svolge direttamente verso la conca sottostante, dove ci si ricongiunge con le tracce di salita.


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Bjelasica - Kljucˇ (1973 m)

Kom Kucki ˇ (2487 m) Accesso: da Kolasin si seguono le indicazioni per il Passo Trešnjevik e Andrijevica. Dopo quasi 10 chilometri si supera il ponte sul Drka presso Mateševo e, seguendo sempre le indicazioni per Trešnjevik, si supera l'abitato di Kraljske Bare e s'imbocca sulla destra la strada sterrata che si addentra nella Valle Ljubastica Partenza: in auto si segue la strada sterrata fino dove possibile (circa 1150 m). Utile se non indispensabile un fuoristrada che può essere eventualmente richiesto al servizio taxi di Kolasin. Dislivello: fino alla cima 1350 m, fino alla forcella 1100 m Tempo medio salita: 4 ore Difficoltà: BSA Pendenza massima: fino alla forcella 35° Esposizione: nord, est per l'ultimo tratto verso la cima Periodo: gennaio-aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica, utili i ramponi Cartografia: Montenegro mountain touristic map - Bjelasica & Komovi 1:50.000

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Itinerario: Lasciata l'auto, in genere si percorre a piedi un lungo tratto di strada sulla destra orografica della valle, per poi abbandonarla e continuare lungo il torrente. Su terreno accidentato si continua a seguire il solco vallivo per sbucare in una conca da cui parte un pendio ampio e ripido che conduce verso destra a un pianoro caratterizzato da cirmoli secolari. Si continua a seguire l'ampia valle e per dossi si raggiunge la forcella sotto al Kom Kucki (2177 m). Verso nord-ovest si può salire in direzione della cima, ma il pendio è ripido e non ci sono informazioni precise sull'ultimo tratto. La discesa è lungo lo stesso itinerario.

La gita descritta è una delle numerose possibili intorno al comprensorio sciistico di Jezerine. Le altre mete sono Klisura, Troglava e Zekova Glava. Una brochure dettagliata è reperibile in loco. Accesso: da Kolasin alla stazione sciistica di Jezerine Partenza: bar ristorante alla partenza degli impianti (1450 m) Dislivello: 550 m Tempo medio salita: 1/2 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 30° Esposizione: nord, poi est e nord-ovest per la discesa Periodo: dicembre-aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: Montenegro mountain touristic map - Bjelasica & Komovi 1:50.000

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Itinerario: Si prende la pista di sci in direzione sud per poi abbandonarla verso sinistra, attraversando un pianoro e risalendo un pendio ripido che conduce sulla dorsale del Cupovi. La si segue con una larga curva verso ovest fino all'ampia vetta del Kljuc. La discesa si svolge sugli ampi pendii esposti a nord-ovest fino a un alpeggio. Si segue poi la strada forestale e, senza attraversare il fiume, s'imbocca il tratto di strada sulla destra che, in leggera salita, riporta alla base degli impianti.


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MONTENEGRO

In alto, in senso orario. Tre scatti a Minin Bogaz e Bjelasica. A destra. Tre cime svettano come monoliti nel gruppo del Durmitor

Informazioni generali

Logistica

Il Montenegro è un Paese con diverse catene di montagne. La cima più alta è il Kolac (2535 m), al confine con l'Albania. Le gite descritte si svolgono sui monti della Bjelasica e del Komovi, che sono a est e a sud-est di Kolasin, e nel massiccio del Durmitor, verso nord. In ognuno di questi gruppi ci sono sicuramente ulteriori mete scialpinistiche, come anche in altre zone del Paese, tutte da esplorare.

Lo scialpinismo non è certo un'attività diffusa e per informazioni, trasporti e alloggio bisogna arrangiarsi in qualche modo. Un esperto di scialpinismo in Montenegro è Ennio Rizzotti, guida alpina di Tarvisio, e ci si può rivolgere a lui per essere accompagnati o per semplici informazioni (enniorizzotti@ libero.it). Il sito dell'Ente nazionale del turismo (www.montenegro.travel) è ben fatto e utile per organizzare un viaggio, oppure ci si può rivolgere all'Organizzazione regionale del turismo Bjelasica e Komovi (www.bjelasicakomovi.co.me) e all'Ufficio del turismo di Kolasin (www.kolasin.travel).

Periodo consigliato: Le quote non sono elevate e la neve in genere non si mantiene a lungo. Il viaggio è consigliabile tra gennaio e marzo, massimo inizio aprile.
 Accesso: In aereo a Podgorica (per un volo dall'Italia bisogna prevedere circa 300 euro), quindi auto o bus su strade ben tenute fino a Kolasin, base logistica consigliata. A meno che non ci si voglia concentrare sul Durmitor, l'area più interessante, per la quale si consiglia di fare base a Žabljak. 
 Cartografia: Il territorio è sufficientemente coperto da una discreta cartografia nazionale in scala 1:50.000 reperibile zona per zona.

www.skialper.it nella sezione 'itinerari' tutti i link utili, dalle cartine al meteo e tante altre pratiche info sul Montenegro


LA MARCA DELLO SCI ALPINISMO

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Sidecut/mm:* 122 - 80 - 107 Raggio:* 16 m 1.450 g Peso:* Lunghezze: 154, 162, 170*, 178 cm * Outdoor Magazin, edizione 12/2011

Planet Snow, edizione 03/2011 DSV Aktiv 01/2012

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TINO AIME testo: Umberto Isman foto: Umberto Isman

ino ime L'arte e la montagna Il pittore piemontese, in passato appassionato scialpinista, abita in un PAESINO della Val di Susa dove i suoi quadri sembrano fondersi con la natura circostante e la montagna degli uomini entrare nelle sue opere

RITORNO A CASA TINO AIME, 2010 70X100


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TINO AIME

LA MIA NIPOTINA ANDREA TINO AIME, 2000 TECNICA MISTA SU TAVOLA 50X30

«I

n quei dipinti abita ancora un mondo autentico, frugale e fragrante. Un umanesimo elementare, di cui soffriamo quotidianamente la dolorosa estinzione. Tino Aime ne registrò l’eclissi nelle vaste latitudini del 'mondo dei vinti', la montagna povera e incantata: niente vette, nessuna cartolina, nemmeno l’ombra di torrenti scroscianti. Piuttosto, un lunghissimo backstage, raffinato e rarefatto, senza bisogno di didascalie: unico suono, la carezza della neve... Manuale pittorico per un’ipotesi non infelice di decrescita, l’opera di Aime testimonia una vocazione poetica alla contemplazione consapevole come necessità vitale: non la consolazione di un comodo rifugio per mettersi al riparo dalla catastrofe incombente, ma una sorta di fede lucida e severa, astratta e senza liturgie, nutrita di eleganza scabra e illuminata dal dono dell’incanto. Solo così può capitare di commuoversi, riconoscendo luoghi in realtà mai frequentati. Paesaggio parlante, indelebile, vissuto da un’umanità tradita: a cui si scopre, più che mai, di appartenere». Così scrive Giorgio Cattaneo su libreidee.org a proposito della mostra antologica 'I segni del silenzio' che il Museo Nazionale della Montagna di Torino ha dedicato a Tino Aime nei mesi scorsi. Tino Aime nasce a Roaschia, in Valle Gesso, nel 1931. Nasce nella zona della transumanza delle pecore, da papà pastore, che ben presto comincia una nuova attività di lattaio a Cuneo. Nel 1940 il trasferimento a Torino, giusto in tempo per sentire il fragore delle prime bombe. Aime a Torino frequenta le scuole fino all'istituto commerciale, abbandonato per aiutare la madre in latteria. È un cliente della mamma a vedere i primi disegni e a indirizzarlo a bottega dal maestro Idro Colombi, con cui rimane tre anni. Morto il padre, per due anni Aime lavora come operaio di linea alla Fiat, per poi passare alla Stipel (la compagnia telefonica nazionale) come caposquadra per il pronto intervento sui guasti ai cavi. Ci rimane 21 anni,

…la montagna delle mie opere è quella dove abita l'uomo, fino al rifugio, non oltre. Le vette non sono quasi mai rappresentate, raggiungerle per me è sempre stato più che altro un esercizio sportivo...

fino ai primi anni '70, quando decide di dedicarsi a tempo pieno all'arte. Lo vado a trovare a Bastia di Gravere, in Val di Susa, dove nel '61, con la moglie Giuse, acquistò metà di una baita e dove negli ultimi anni si è stabilito definitivamente in una nuova casa. Al telefono le indicazioni per arrivarci sono precise, quasi pittoriche, o fotografiche nel mio caso. Stupido io che mi affido invece alla tecnologia del mio navigatore satellitare, che mi porta su una, forse più breve, ma certo più scomoda forestale sterrata. Ecco, la tecnologia: varcando la soglia della casa di Aime se ne percepisce immediatamente l'assenza. Si entra in un microcosmo in cui il suo mondo e, soprattutto, la rappresentazione che ne dà è totalmente privo di elementi tecnologici. Un mondo essenziale e arcaico in cui realtà e rappresentazione si fondono in un continuum che dalle stanze pare arrampicarsi sulle pareti ed entrare nei suoi quadri o, viceversa, uscirne e spandersi nella casa. Un continuum dove, non a caso, si fatica a distinguere le finestre vere da quelle dipinte, dove le tavolozze e i colori paiono appartenere allo stesso tempo alla casa e ai quadri. Tino Aime non so bene come chiamarlo, non sono esperto di artisti, mi verrebbe 'maestro', sarei almeno per scriverlo qui, ma no, lo chiamo Aime, come del resto lo apostrofa la moglie al mio arrivo. Aime, come si definirebbe in tre parole?

«Pittore di montagna. Attenzione, non 'di

montagne' ma 'di montagna'. È una precisazione del mio amico Massimo Mila (il famoso musicologo torinese). La montagna delle mie opere è quella dove abita l'uomo, fino al rifugio, non oltre. Le vette non sono quasi mai rappresentate, raggiungerle per me è sempre stato più che altro un esercizio sportivo». Mila è stato anche suo compagno di ascensioni?

«Certo. Ci conoscemmo all'Auditorium di Torino, avevamo le poltrone vicine. Poi ci incontrammo per caso in rifugio e scoprimmo la comune passione per la montagna. Lui era un forte alpinista, metodico, ogni volta voleva salire tutte le cime e anticime che vedeva intorno. Ricordo che una volta eravamo al Rifugio d'Avérole, in Haute-Maurienne, e io fuori dal rifugio stavo disegnando degli schizzi sul mio taccuino. Mila si avvicinò incuriosito e cominciammo a parlare della mia passione per la pittura. Per me quelli erano semplicemente appunti visivi, non opere vere e proprie, ma forse non glielo spiegai abbastanza bene. Tempo dopo, nel '63, feci la mia prima personale alla galleria La Giara di Torino. Mi serviva una presentazione, presi il coraggio a due mani e la chiesi a Mila. Purtroppo trovò una scusa e la risposta fu negativa. Gli mandai comunque l'invito e pochi giorni dopo mi scrisse per scusarsi di non aver fatto quella presentazione, mi disse che si mordeva i pugni. Credeva che le mie opere fossero quegli scarabocchi che mi aveva visto fare al rifugio e vedere i miei quadri fu per lui una vera scoperta». Che legame c'è tra la sua opera artistica e il suo andare in montagna?

«Non vedo un gran legame. La montagna delle mie opere si è sempre fermata più in basso. Alpinismo e scialpinismo sono stati solo una passione, una valvola di sfogo. Certo, ho sempre avuto una sensibilità visiva particolare, una capacità di osservazione forse fuori dal comune. Mi è anche


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FOTO

STORIA

Alcune immagini tratte dall’album fotografico di Tino Aime che rappresentano le imprese alpinistiche e scialpinistiche fatte in gioventÚ


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TINO AIME

…a 15 anni scappai da casa per andare di nascosto al Sestriere. Non avevo i bastoncini, ma pensavo di tagliare dei rami sul posto. Invece a Sestriere non c'erano alberi e dovetti ridiscendere un pezzo a piedi per trovarli. Di quella giornata ricordo soprattutto i ruzzoloni sullo skilift. Tornai a casa e raccontai che ero stato a Superga…

servita per stare alla larga dai pericoli, dai crepacci ad esempio, che avevo imparato a distinguere dalle tonalità e dalla consistenza della neve che li ricopriva». Come ha cominciato a sciare?

«Le mie primissime esperienze furono le discese dal Colle della Maddalena con i piedi su una pala. Poi mio zio mi regalò un paio di sci, che da partigiano aveva fregato a una pattuglia della Decima MAS. Me li ricordo, erano bianchi e senza lamine. Con quelli a 15 anni scappai da casa per andare di nascosto al Sestriere. Non avevo i bastoncini, ma pensavo di tagliare dei rami sul posto. Invece a Sestriere non c'erano alberi e dovetti ridiscendere un pezzo a piedi per trovarli. Di quella giornata ricordo soprattutto i ruzzoloni sullo skilift. Tornai a casa e raccontai che ero stato a Superga. Mio padre mi considerava uno scavezzacollo, e un po' lo ero. Non digeriva il fatto che avessi poca voglia di fare il suo lavoro. Per me non esistevano vacanze, in estate mi mandava a fare il garzone della farmacia, del negozio di vernici o del meccanico. Ai tempi purtroppo non c'era il Telefono Azzurro. D'altra parte i nostri divertimenti erano semplici, non come adesso che i bambini devono andare per forza a Gardaland. Quando mio papà faceva ancora il pastore ci raccontava della pecora che trovava sempre senza latte, fino ad accorgersi che ogni giorno 'allattava' una grossa biscia. Quelle bisce enormi le catturavamo, le scuoiavamo, facevamo essiccare la pelle, la riempivamo di polvere di fieno e ne facevamo gli ornamenti per travestirci da indiani».

E poi, tornando allo sci?

«Poi, siccome di soldi ce n'erano pochi, per poter sciare facevo soccorso piste agli impianti del Frais, sopra Chiomonte. A marzo finiva la stagione e cominciavo con lo scialpinismo, aggregato a vari gruppi, con lo Sci Club Rivoli, con un pullman della Lancia e con compagni occasionali. Quando mi sono trasferito qui a Bastia scendevo dal Frais fuoripista direttamente a casa. Una volta da Pian de Mesdì sono caduto appena qui sopra e mi sono fatto male a una gamba. Con tutta la voce che avevo ho chiamato verso casa e per fortuna mia moglie mi ha sentito». Signora, come vi siete conosciuti?

«A casa di amici. A dire il vero lui guardava mia sorella, ma era fidanzata con un suo amico e così si è accontentato di me». - «E tu hai trovato il tipo da martirizzare» - interviene Aime. «Dopo un po' che filavamo mi ha detto: nella mia vita al primo posto c'è l'arte, al secondo la montagna... se vuoi è libero il terzo. Mi sono in qualche modo rassegnata e siamo sposati da più di 50 anni. Credo che sia giusto che ognuno abbia le sue passioni. Aime ha anche provato a portarmi a fare scialpinismo, la prima volta al Monviso, ma facevo una gran fatica e quando arrivavo in cima... 'dai, veloce che la neve si fa molle'». Aime, non riesco a non chiederglielo, da valsusino cosa pensa della TAV?

«È una gran puttanata, un modo per buttar via i soldi. La linea esistente è più che sufficiente, viene

Accanto, in senso orario. Tino Aime alle prese con un’incisione. Raccolta di disegni nell’archivio di Aime. Con un’opera che rappresenta i pastori delle sue montagne. Con la moglie Giuse e una testa di cavallo intagliata nel legno con l’Opinel quando andava a trovare la famiglia in vacanza


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TINO AIME

INVERNO IN VAL DI SUSA TINO AIME, 2011 186,5x128

sfruttata per il 30 per cento delle sue possibilità, basterebbe rimodernarla. Si sta parlando di una spesa di miliardi di euro per guadagnare sette/otto minuti di percorrenza. La verità è che si vuole a tutti i costi mettere le mani su quell'enorme somma di denaro stanziata dall'Unione Europea. Se vuole un parere personale, se mai cominceranno i lavori, non li finiranno nemmeno». Una delle osservazioni che vi vengono fatte è che ogni volta che si deve costruire un inceneritore, una discarica, un'autostrada, una centrale energetica, gli abitanti della zona insorgono pensando solo ai propri interessi, spesso a ragione, ma a volte rifiutandosi di capire che alcune opere sono assolutamente indispensabili. Cosa mi dice?

«Ha ragione, ma non è questo il caso, mi creda. È una battaglia giusta, sacrosanta, contro uno spreco assurdo. In passato mi sono anche impegnato in prima persona, ho organizzato una mostra NOTAV invitando 20 amici artisti. Poi però la cosa è stata troppo politicizzata, nel movimento sono entrate frange estremiste esterne e questo modo di protestare non mi trova più d'accordo».

Sotto. Tino Aime con Umberto Isman durante l’intervista

…alpinismo e scialpinismo sono stati solo una passione, una valvola di sfogo. Certo, ho sempre avuto una sensibilità visiva particolare, una capacità di osservazione forse fuori dal comune. Mi è anche servita per stare alla larga dai pericoli, dai crepacci ad esempio, che avevo imparato a distinguere dalle tonalità e dalla consistenza della neve che li ricopriva... Aime, ha qualche foto delle sue gite in montagna? Me le fa vedere?

«Le confesso che non le riguardo volentieri, ho dovuto smettere di sciare e andare in montagna cinque anni fa per problemi alla schiena e adesso... occhio non vede, cuore non duole. Giuse, le cerchi? - chiede alla moglie. Quello che posso dire è che la montagna mi ha dato un carattere, qualcosa di importante nella vita».

Sfogliamo l'album delle foto con delicatezza. Aime pare appassionarsi, dimenticandosi la temuta vena malinconica. Poi mi conduce a vedere le sue opere. Guardo quadri e vedo finestre, guardo finestre e vedo quadri. Fotografo uccelli di bronzo e li vedo saltellare nel prato di casa. Guardo il prato di casa e lo rivedo improvvisamente scuro e innevato. Tutto mi avvolge in un mondo quasi autoreferenziale. Un mondo limitato, sì, limitato alla bellezza delle cose semplici.


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ADAMELLO-PRESANELLA testo: Umberto Isman FoTO: Umberto Isman

Discesa da Passo Presena


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Il Polo Nord italiano L'Adamello e la Presanella, a cavallo tra Lombardia e Trentino, con i grandi plateau glaciali e le lunghe valli, sono un santuario dello scialpinismo involontariamente scoperto dai primi skialper del secolo, i soldati che hanno combattuto la Grande Guerra


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ADAMELLO-PRESANELLA

A

damello e Presanella, pur se divisi nella toponomastica, sono in realtà dal punto di vista geologico e morfologico un unico sistema montuoso con al centro un grande altipiano glaciale, tra i 2900 metri e i 3200 metri di quota, dal quale si distaccano vedrette minori che a loro volta confluiscono a raggiera in lunghe valli rettilinee. Sono valli di origine glaciale, dal caratteristico profilo a U, dovuto all’azione erosiva prima dei ghiacci e poi dell’acqua. Da ogni valle principale se ne diramano numerose laterali, per la maggior parte contraddistinte, alla confluenza, da un salto roccioso, alto a volte centinaia di metri e spesso ricoperto di alberi. A ciò si aggiungono le affilate creste rocciose che separano le vallate e poggiano sul ‘costér’, un basamento costituito da rocce levigate dai ghiacciai che, approssimandosi alla cresta, si fa sempre più ripido. È quindi la stessa morfologia della zona a dettare le leggi dello scialpinismo e a imporre una netta distinzione tra l’attraversamento dei grandi plateau d’alta quota, una sorta di piccolo Polo Nord italiano, e la faticosa risalita delle valli di accesso. Così le gite sui grandi ghiacciai al centro del massiccio non sono quasi mai tecnicamente impegnative, ma si risolvono con lunghe marce in sterminate distese uniformi, spesso prive del pericolo oggettivo dei crepacci. La salita alle cime principali si effettua in genere con gli sci ai piedi o con un ultimo tratto di camminata. Il problema maggiore per questo genere di traversate è il maltempo, tanto più insidioso quanto più ampi sono gli spazi e uniformi i pendii. Diverso il discorso per quanto riguarda le valli che convergono verso l’altipiano centrale e ne consentono l’accesso. Obbligano in genere a lunghe salite, rese faticose dalla vegetazione di fondovalle e dai ripidi pendii che conducono alle vedrette sommitali, spesso separate dal circo glaciale principale da stretti e ripidi intagli di cresta. Due sono le vedrette principali: quella del Mandrone, alimentata dall’immensa distesa del Pian di Neve (oltre 400 ettari), e quella della Lobbia, separate tra loro dalla Lobbia Alta, da Cresta Croce e dal Dosson di Genova. I dislivelli tra le due vedrette in passato erano molto attenuati dal livello dei ghiacciai. Ne è testimonianza il rifugio Ai Caduti dell’Adamello alla Lobbia Alta, le cui palificazioni di appoggio furono aggiunte negli anni al progressivo allontanarsi verso il basso del ghiacciaio. Ghiacciaio che ormai non offre più il sostegno necessario e ha imposto radicali opere di

Un passaggio ai Corni di Bedole


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La vista da Passo Venezia

Pian di Neve. Sullo sfondo il Monte Fumo

ristrutturazione dell’edificio. L’accesso più semplice e frequentato al grande altipiano glaciale dell’Adamello è ormai quello dal Passo Presena. Non lo era una volta, prima della costruzione degli impianti, quando la risalita dal Tonale era forse più lunga e impervia di altri solchi vallivi. Da lì l’approccio al ghiacciaio e ai due rifugi principali, Città di Milano e Caduti dell’Adamello, è semplice, anche se richiede un fastidioso tratto di risalita al ritorno. I rifugi sono punti d’appoggio spesso indispensabili, se non ci si vogliono sobbarcare estenuanti marce forzate. Chiusi d’inverno, ma sempre con un attrezzato locale invernale, aprono a primavera, consentendo di raggiungere le cime principali in traversate anche di più giorni. Sul versante trentino l’accesso principale all’Adamello è invece quello dalla Val di Borzago, attraverso il rifugio Carè Alto. È comunque un itinerario da non sottovalutare e da effettuare solo a stagione inoltrata, quando è anche possibile percorrere in auto un buon tratto di strada. Continuando il giro del gruppo in senso orario e tornando in Lombardia, un’altra possibilità è la salita dalla Val Saviore, attraverso il rifugio Prudenzini e la Vedretta di Salarno. Infine la Val d’Avio e il rifugio Garibaldi, un’altra delle valli che s’insinuano nel cuore del massiccio, pur senza violarne l’isolamento decretato dalla natura.


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ADAMELLO-PRESANELLA

Pian di Neve. Sullo sfondo il Monte Fumo

Vedretta del Pisgana

Rally e Ski raid, due gare mitiche Il gruppo dell’Adamello è il teatro di due importanti gare di scialpinismo. La prima è lo storico Rally dell’Adamello, ora Scialpinistica dell'Adamello, organizzata dalla Società Ugolini di Brescia e giunta quest’anno alla cinquantaduesima edizione. Si svolge ogni due anni e in origine era un vero e proprio rally, il primo organizzato solo ed esclusivamente per gli sci larghi. Spesso si svolgeva in due giorni, con un percorso ogni anno diverso e una formula che prevedeva un tempo massimo di percorrenza, in genere abbastanza ampio, un sistema di penalità e tratti cronometrati in salita e discesa. Era in questi tratti che in genere si decideva la gara, mentre il resto della manifestazione lasciava spazio per l’aspetto contemplativo e la socializzazione. Con la nuova tendenza agonistica dello scialpinismo, la formula ha dovuto essere piegata alle esigenze degli atleti e il rally è diventato gara, con il cronometro che scatta alla partenza e si ferma alla fine del percorso. Per non perdere completamente lo spirito originario, gli organizzatori della Ugolini hanno però deciso di alternare negli anni la gara con una serie di trasferte scialpinistiche in cui tratti di itinerario cronometrati per i più giovani fanno da contorno a esperienze più simili al vecchio rally. Lo scorso anno la Società Ugolini è salita in cima all'Etna, al Gran Sasso e al Gran Paradiso, con l'inossidabile Tino Bini che ha portato i suoi 81 anni fino in punta. L’altra gara è l’Adamello Ski Raid, di cui nel 2011 si è svolta la terza edizione e che si alterna negli anni con la Scialpinistica dell'Adamello. L'Adamello Ski Raid è diventata in pochi anni una delle gare più importanti del panorama mondiale e fa parte del circuito La Grande Course. Il percorso e la formula sono paragonabili a quelli dello storico Trofeo Mezzalama, con squadre di tre elementi, 3400 metri di dislivello in salita e 43 km di sviluppo. Per informazioni: www.ugolini-bs.it e www.adamelloskiraid.com

La salita ai Corni di Bedole


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ADAMELLO E PRESANELLA, i nostri suggerimenti Periodo consigliato

Le gite proposte si svolgono quasi interamente su terreno glaciale che, anche se non particolarmente crepacciato, richiede attenzione nell'attraversamento. Le prime nevicate stagionali possono quindi essere un pericolo subdolo e conviene aspettare che i crepacci si siano riempiti o eventuali ponti di neve consolidati. Fa eccezione la Punta Presena, itinerario semplice e generalmente privo di pericoli.

Accesso

Il Passo del Tonale può essere raggiunto da Brescia attraverso la Val Camonica, Edolo, Ponte di Legno, oppure da Trento, Cles e la Val di Sole.

Dormire e mangiare

Passo del Tonale: Hotel La Mirandola (tel. 0364.903933 - www. lamirandolahotel.it), l’alloggio più caratteristico della zona, ricavato in un antico ospizio (parte dell’edificio è ancora intatta). Si parte direttamente dall’hotel, sci ai piedi, per itinerari in Val di Strino-Monte Redival e alla Città Morta (ex cittadella militare austriaca della Prima Guerra Mondiale). Hotel Cielo Blu (tel. 0364.903725 - www.hotelcieloblu.it), discreta atmosfera, recentemente ristrutturato. Vermiglio: Albergo Ristorante Baita Velon (tel. 0463.758279 - www. hotelbaitavelon.com), un albergo con ristorante immerso nella natura alla partenza della gita alla Presanella. Hotel Chalet Al Foss (tel. 0463.758161 - www.hotelchaletalfoss.it), uno storico albergo ristorante lungo la strada del Tonale vicino alla partenza per la Presanella. Ottimi la piscina e il centro wellness. Cané di Vione: Trattoria Cavallino (tel. 0364.94188 - www.residencecavallino.it), alto livello, sia come piatti, compresi interessanti esperimenti culinari partendo da ricette tradizionali, sia come prezzi. È il massimo che offra la zona. Anche camere per la notte. Interessante la risalita con le pelli della Val di Cané. Ponte di Legno: Da Giusy (tel. 0364.92153 - www.dagiusy.com), pizzeria-ristorante-trattoria a conduzione familiare. Ambiente tipico, piatti della tradizione, prezzo ragionevole. Cucina semplice e porzioni abbondanti. Ristorante Tre Archi (tel. 0364.900621 - www. ristorantetrearchi.it), ristorante con grande atmosfera e piatti ricercati. Di recente apertura, è stato ricavato recuperando una vecchia stalla. Prezzi elevati. Al Tabià (tel. 0364.91406), pizzeria-ristorante in centro. Ambiente caratteristico e piatti tipici. Porzioni non eccezionali, discreta scelta di vini. Ristorante Pizzeria Sporting (tel. 0364.91775), zona piscina, è ideale per parcheggiare anche quando il paese trabocca di turisti. Ambiente un po’ freddino, ma pizze e piatti di buon livello. Prezzi nella norma.

Cartografia

Kompass n° 638 Adamello 1:25.000. Kompass n° 639 Presanella 1:25.000. Kompass n° 71 Adamello-La Presanella 1:50.000

Bibliografia

Ulrich Kössler - Scialpinismo nel Trentino - Tappeiner, 2010 - 16,90 euro Casiraghi, Andreolli, Bazzi - Sci-alpinismo in Adamello e Presanella Tamari, 1978 - 10,35 euro

Guide alpine

www.guidealpineadamello.it Mirco Dezulian - tel. 339.6233902, 0463.758585 - www.rifugiodenza. com

Info meteo e valanghe

Vedretta del Pisgana

www.meteotrentino.it www.arpalombardia.it/meteo


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Itinerari D’autore

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Cima Presena (3069 m)

Partenza: dal depuratore in fondo alla deviazione a destra a 2 km dal Passo del Tonale (1830 m) Dislivello: 1250 m Tempo medio salita: 3/4 ore Difficoltà: BS Pendenza massima: 30° Esposizione: nord Periodo: dicembre - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: Kompass n° 638 Adamello 1:25.000. Kompass n° 71 AdamelloLa Presanella 1:50.000

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Itinerario. La cima la si può anche raggiungere facilmente con gli impianti dal Passo del Tonale. Per salire in Val Presena s’imbocca invece la stradina che a tornanti arriva fino a una galleria. Si continua sulla strada fino all’Alveo del Lago Presena (2184 m), passando alla base di una seggiovia dismessa. Si segue la valle, compiendo un’ampia svolta a destra che porta al Passo della Sgualdrina e, passando accanto all’arrivo dello skilift, al Passo Presena (2997 m). Una facile cresta, se ghiacciata coi ramponi, porta in cima. La discesa segue lo stesso percorso. Se si è saliti con gli impianti, all’ultimo tornante si può tagliare a sinistra verso il Tonale.

La galleria dell'itinerario a Cima Presena

Cima Presena è una sorta di spartiacque tra passato e presente, tra natura e 'civiltà', tra noto e ignoto e, per quello che ci riguarda, tra sci e scialpinismo. È una cima non dissimile da tante altre, panoramica sì, ma come ce ne sono molte. È accaduto però che non molti anni fa è stato costruito un impianto da sci, più di uno in realtà, che lambisce la base dell’ultimo breve tratto di cresta. Così ciò che una volta spartiva semplicemente le acque tra il bacino del Tonale e quello del Mandrone ora spartisce le orde degli sciatori dai gruppetti di scialpinisti. Tra i due pare, incredibilmente, che non ci sia contatto. Quei pochi metri (tre minuti a piedi) che separano l’arrivo dello skilift dal passo vero e proprio fanno in qualche modo da baluardo psicologico e spingono in alto soltanto chi ha le pelli di foca nello zaino. Tutti gli altri giù di nuovo a prendere lo skilift, nella beata ignoranza di chi non sa che quei pochi metri alla portata di tutti permetterebbero di fare 'oohhh' di meraviglia davanti ai veri ghiacciai dell’Adamello e non alla loro rappresentazione cartolinesca nel negozio di souvenir del Tonale. E non basta la statua di un Alberto da Giussano di epoca certamente 'pre-bossiana' a indicare dove guardare, perché il buon Alberto è proprio sulla cima e quando sei lì non puoi fare a meno di guardare dalla parte giusta. Ci vorrebbe un cartello all’arrivo dello skilift, un’indicazione, mi viene voglia di dire, combattuto tra il gusto di essere nella minoranza che gode di tanta meraviglia e il desiderio di condividerla anche e soprattutto con chi non sa cosa sia la montagna vera. Un cartello con scritto «in questa direzione - tre minuti», con tanto d'icona della macchina fotografica, come ce ne sono tanti, spesso a sproposito. Verrebbe voglia di mettersi addirittura lì a spingere la gente: «dai, coraggio, ce la puoi fare, vedrai che bello...». Invece non c'è nulla; i 'pistaioli' girano gli sci e riprendono il loro 'loop' infinito, gli scialpinisti sogghignano, se non altro pregustando il loro antico rituale di indicare tutte le cime che si troveranno davanti fra tre minuti tre. In mezzo, a sfumare un po’ la nettezza della separazione, solo qualche curioso, dagli spoiler vertiginosi che rendono incerta la camminata, che in tre minuti avrà già il fiatone, ma che poi andrà a casa a raccontarlo agli amici. Come dirà di avere visto gente sbucare con le pelli dalla Val Presena o gettarvisi a capofitto in neve fresca. E non saprà neanche che l’imbocco della Val Presena si chiama Passo della Sgualdrina, perché durante la guerra si fece conquistare più volte da italiani e austriaci. Anche quella una spartizione, ben più eroica di quella degli sciatori di oggi.


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ADAMELLO-PRESANELLA

Corni di Bedole (3238 m) e Vedretta del Pisgana Alcuni soci della Ugolini di Brescia sono i nostri accompagnatori per la classica gita della Vedretta del Pisgana. Mi sono stati descritti come vecchietti terribili. A vederli, vecchietti non sembrano, ma terribili si riveleranno eccome. D’altra parte sono loro la storia dello scialpinismo in Adamello, almeno per quello che riguarda la frequentazione dalla città e, per fare la storia, l’età ha la sua importanza. La società Ugolini fu fondata nel 1926 come costola dell’UOEI (Unione Operaia Escursionisti Italiani), sciolta per precisa volontà del fascismo. Fu intitolata a Ugolino Ugolini, già segretario dell’UOEI, morto due anni prima per le ferite riportate in guerra. I soci si distinsero subito per l’intensa attività alpinistica e scialpinistica, a quei tempi ancora agli albori. Fu Franco Lomini il principale pioniere dello scialpinismo, seguito negli anni, tra gli altri, da Innocente Spinoni, Mario Barella, Enrico La Micela, Gianni Pelizzari e Agostino Bini. Questi ultimi, tornati da un rally organizzato dal Fior di Roccia di Milano, decisero di organizzare nel 1961 la prima edizione dell’ormai celebre Rally dell’Adamello, che nel tempo ha cambiato formula e con il nome di Scialpinistica dell'Adamello è giunto quest'anno alla cinquantaduesima edizione. Gli 'Ugolini' sono una miniera di esperienza, racconti, aneddoti, preziosa per quello che stiamo facendo. Giovanni Capra è la nostra interfaccia con la storia e la topografia dell’Adamello. Atleta di ottimo livello, ha vinto in passato un’edizione del rally, per poi diventarne uno dei più appassionati sostenitori e organizzatori. Angelo Peloia ci racconta invece di quando da ragazzo frequentava il rifugio Caré Alto con un fantomatico nonno, di nome ma non di fatto, che amava smascherare il rifugista obbligandolo a confessare che quelle cosce nel piatto, troppo grandi Da Passo Pisgana verso i Corni di Bedole

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Partenza: arrivo dello skilift del ghiacciaio Presena (2980 m) Arrivo: Ponte di Legno (1257 m) Dislivello in salita: 850 m Dislivello in discesa: 2600 m Durata complessiva: 5/6 ore Difficoltà: BSA Pendenza massima: 35° Esposizione: sud-est, poi nord-ovest e nord Periodo: febbraio - maggio Attrezzatura: per sicurezza sul ghiacciaio ramponi, piccozza e corda Cartografia: Kompass n° 638 Adamello 1:25.000. Kompass n° 71 Adamello-La Presanella 1:50.000

Itinerario. Si sale a piedi rapidamente al Passo Presena per poi scendere sull’altro versante, prima con un lungo traverso verso destra, poi seguendo una dorsale di grandi rocce. S’imbocca un canalino verso destra che conduce al pianoro del Lago Scuro (2668 m). Senza scendere al sottostante Lago Mandrone, ci si tiene il più possibile in alto verso destra fino circa a quota 2430 m, sotto il Passo Pisgana (2935 m). Si comincia ora a salire su terreno sempre più ripido fino al passo (da qui è possibile iniziare la discesa del Pisganino, che confluisce in fondovalle con quella del Pisgana), per poi piegare in direzione sud-ovest e attraversare il ghiacciaio in lieve pendenza, puntando a un’evidente sella. Un ultimo tratto ripido permette di superarla e di salire in direzione sud-est al colle tra il Monte Mandrone e i Corni di Bedole, la cui cima si raggiunge con un ultimo facile tratto a piedi. La discesa si effettua lungo l’ampia vedretta del Pisgana, senza percorso obbligato, ma tenendone prevalentemente la destra ed evitando le seraccate dei tratti più ripidi. Si continua a scendere fino a un tratto piano, superato il quale ci si trova in prossimità di un salto molto ripido e ghiacciato da passare lungo un ripido e tortuoso canalino all’estrema destra della valle. Una zona accidentata di grossi massi porta ora a un lungo tratto rettilineo sul versante destro, spesso solcato da grandi valanghe. Raggiunta la vegetazione, si passa sulla sinistra del torrente per poi attraversarlo di nuovo e seguire la lunga strada a tornanti che porta alla pista di fondo e al collegamento con la cabinovia che da Ponte di Legno riporta al Passo del Tonale.

per essere di coniglio, erano in realtà di marmotta. Era però lo stesso rifugista a pretendere solitamente che gli alpinisti fossero autosufficienti, adirandosi a ogni richiesta di cibo o bevande. Una bella differenza rispetto ai rifugi di oggi. Tino Bini, classe 1930, coetaneo, amico e compagno di avventure di Walter Bonatti, è la memoria glaciologica del gruppo. Nel 1950, in agosto, salì dal rifugio Garibaldi al passo Brizio con gli sci, roba

che non si fa più neanche d’inverno. Solo trent’anni fa il ghiacciaio del Pian di Neve era più alto di 40 metri, ci dice Tino, che a Passo Lares fece una volta un vero salto nel tempo quando sotto i suoi sci si spalancò un antro di ghiaccio scavato dagli alpini. Quegli alpini di cui ci ricordiamo anche alla fine del Pisgana, quando Giovanni ci racconta di un’intera compagnia annientata da una valanga, proprio dove noi oggi sciamo allegramente. Salita a Passo Pisgana


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Adamello (3539 m) dalla Vedretta del Mandrone

3 Partenza: arrivo dello skilift del ghiacciaio Presena (2980 m) Arrivo: Ponte di Legno (1257 m) Dislivello in salita: 1500 m Dislivello in discesa: 3200 m Durata complessiva: 9/10 ore Difficoltà: BSA Pendenza massima: 35° Esposizione: varie Periodo: marzo - maggio Attrezzatura: ramponi, piccozza e corda Cartografia: Kompass n° 638 Adamello 1:25.000. Kompass n° 71 Adamello-La Presanella 1:50.000

Salita al Passo Presena. Sullo sfondo Cima Presena

Il primo tentativo di salita scialpinistica all’Adamello pare sia stato quello del torinese Ubaldo Valbusa, che il 25 marzo del 1902 partì da solo da Saviore e raggiunse il rifugio Salarno, dove sostò un paio di giorni in attesa del bel tempo. Finalmente il 28 marzo s’incamminò per la cima, munito di un unico bastone, come si usava all’epoca, e bivaccò alla base della calotta sommitale. Il giorno seguente una caduta gli provocò una lussazione alla spalla e lo costrinse alla rinuncia e a un’estenuante ritirata. Si dovette aspettare sei anni prima che qualcuno raggiungesse la cima con gli sci. Ci riuscirono nel dicembre 1908 A. Andreoletti, C. Prochownik e G. B. Bozzino, che salirono in vetta in nove ore dal rifugio Salarno e poi proseguirono in traversata per il Passo del Venerocolo e il rifugio Garibaldi. Nonostante il ritardo nell’esplorazione rispetto ad altri gruppi alpini, specie le Alpi occidentali, lo scialpinismo ebbe un grosso impulso prima e durante le manovre belliche della prima guerra mondiale. Furono infatti i kaiserjaeger austriaci prima e gli alpini poi a realizzare la maggior parte delle salite alle cime minori. Lo sci, durante la guerra, fu uno strumento indispensabile per gli spostamenti, men-

tre per i percorsi in cui era necessario essere nascosti alla vista del nemico furono scavate lunghissime gallerie nel ghiaccio. La principale era quella che collegava il Passo Brizio con la Lobbia e il Corno di Cavento. Fino a non molti anni fa il rifugio Ai Caduti dell’Adamello utilizzava per cucina e riscaldamento il legname che una volta puntellava le gallerie, restituito dal ghiacciaio. Durante la grande guerra lo sci ebbe anche, nel limite del possibile, un aspetto sportivo e ludico. Corsi di addestramento ed esercitazioni erano all’ordine del giorno, così come piccole competizioni, di cui rimangono alcune testimonianze, quale ad esempio il tempo di 8’ e 42” impiegato da un ufficiale degli alpini per scendere dal Passo Brizio al rifugio Garibaldi. Lo stesso vale per l’aspetto esplorativo, tant’è che fu proprio un alpino che combatté sull’Adamello, Mario Bernasconi, a stilare nel 1929 la prima guida sciistica della zona. Negli anni seguenti vennero esplorate tutte le valli periferiche, ad opera di guide ed alpinisti valligiani insieme a un nutrito gruppo di appassionati scialpinisti cittadini, che facevano capo in massima parte alla storica società Ugolini di Brescia.

Itinerario. Vista la lunghezza del percorso si consiglia di pernottare al rifugio Città di Trento (2449 m) o al rifugio Ai Caduti dell’Adamello (3040 m). Dal Passo Presena si scende il primo tratto come per l’itinerario ai Corni di Bedole, per poi abbassarsi ulteriormente fino al Lago Mandrone (2409 m). Si comincia ora la lunghissima risalita della Vedretta del Mandrone in direzione sud-ovest, puntando verso il Corno Bianco. Si oltrepassa la deviazione verso sinistra per la Lobbia e il rifugio Ai Caduti dell’Adamello, per poi aggirare sulla sinistra il Corno Bianco e immettersi sul Pian di Neve. Solo a questo punto compare la vetta dell’Adamello. Si continua in leggera salita in direzione ovest fino alla base della cresta sud-ovest che si sale fino in cima. Molte sono le possibilità di discesa. Quella descritta si ricongiunge con il classico itinerario del Pisgana. Dalla cima si ritorna al Pian di Neve e lo si attraversa nuovamente fino alla base del Corno Bianco. Le possibilità sono ora due. Se le condizioni sono sicure si può compiere un lungo traverso sui ripidi pendii del versante settentrionale del Corno Bianco, per poi mettere le pelli e puntare decisamente in direzione nord verso il Passo Venezia (3226 m). Altrimenti, itinerario più breve ma con più dislivello in salita, ci si abbassa lungo la Vedretta del Mandrone fino a una quota di circa 2900 metri per poi risalire in direzione nord-ovest verso il passo. In entrambi i casi il Passo Venezia si raggiunge con un ultimo tratto ripido che richiede condizioni sicure. Si scende ora traversando leggermente verso destra e ci si ricongiunge con l’itinerario dei Corni di Bedole e del Pisgana.


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ADAMELLO-PRESANELLA

Presanella (3558 m) Mirco Dezulian è il gestore del rifugio Denza, di proprietà della SAT di Trento. Lo gestisce da undici anni, esattamente da quando terminò di ricostruirlo. Mirco è di Vermiglio, il paese a poche centinaia di metri dall’imbocco del sentiero per il Denza. Ha sempre vissuto lì e ha sposato una ragazza del paese: Erica. Da bambino partiva dal maso di Stavel per pascolare le capre sui pendii della Presanella. Passava spesso da quel rifugio, costruito dagli austriaci nel 1898, poi rifatto e ampliato più volte. Mirco si è sempre sentito molto legato al Denza, così come la sua famiglia, visto che suo nonno partecipò ai primi lavori di ampliamento e sua madre vi ha lavorato a lungo. È stato così che quando si è presentata l’occasione, forte del suo lavoro di muratore, si è offerto per ricostruirlo. Per lui e pochi altri è cominciato un periodo di fatica e vita spartana, compensato dalla soddisfazione di vederlo finito, bello e funzionale Abbiamo chiesto a Mirco di accompagnarci verso la Presanella. Non è stagione, la traccia è da battere e quasi certamente non arriveremo in cima. Ma siamo comunque interessati a una ricognizione, nella geografia, ma soprattutto nella storia di questi luoghi. Saliamo verso il Denza dal sentiero di fondovalle. Gli austriaci scavarono un sentiero tra le rocce sulla destra della valle, ma lo si percorre solo in estate, d’inverno è pericoloso. Appena sopra un primo risalto compare tra i rami la parete nord della Presanella, che Mirco ha naturalmente salito più volte e disceso con gli sci dalla cima. Il contrasto è notevole, larici e abeti si stagliano contro il ghiaccio grigio dell’alta montagna e tra gli alberi ancora i resti dei pali per l’elettrificazione voluta dagli austriaci. Raggiungiamo la piccola chiesa costruita col legname recuperato dai baraccamenti della grande guerra. Ancora pochi metri e siamo al rifugio, che d’inverno è chiuso. Apre solo a primavera su prenotazione e poi per tutta l’estate. Ci pare strano, abituati come siamo a vedere rifugi strapieni di scialpinisti per mete spesso meno interessanti della Presanella. Saliamo ancora fino al ghiacciaio e giriamo gli sci. Concludiamo la giornata a Vermiglio, al Bar Turismo. A dispetto del nome è il bar dei locali, quello della scopa, della morra, delle sfide a braccio di ferro e a 'tiradito'. Siamo completamente catturati dall’atmosfera da set felliniano. I litri di Teroldego facilitano l’integrazione e un senso di autenticità aleggia nello spirito. Salita al rifugio Denza

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Partenza: Stavel (1234 m) Dislivello: 2350 m Durata complessiva: 10/11 ore Difficoltà: BSA Pendenza massima: 35° Esposizione: varie Periodo: marzo - maggio Attrezzatura: ramponi, piccozza e corda Cartografia: Kompass n° 639 Presanella 1:25.000. Kompass n° 71 Adamello-La Presanella 1:50.000

Itinerario. È consigliabile dividere l’itinerario in due, pernottando al rifugio Denza (2298 m). Da Stavel si attraversa la pista di fondo inoltrandosi nel bosco lungo il sentiero. Dove questo diventa più ripido, si continua a seguirlo solo in condizioni di scarso innevamento, quando risulta percorribile il breve tratto esposto attrezzato con funi metalliche. Altrimenti è più conveniente affrontare il ripido canale sulla destra che si collega in alto con il sentiero estivo (da non percorrere in inverno) che proviene dalla strada del Tonale. Giunti sul pianoro soprastante, si continua per un tratto a seguire la mulattiera sul lato destro della valle, alzandosi poi sopra di essa per traversare (prudenza) lungamente fino al rifugio. Da qui s’imbocca verso sud un vallone che porta ai pendii più aperti della Vedretta Presanella. Si prosegue in direzione sud-ovest fino quasi al Passo Cercen (3022 m), per poi piegare decisamente a sinistra e salire alla Sella di Freshfield (3375 m). Si scende ora per pochi metri sulla Vedretta di Nardis e, salendo verso est, si raggiunge la vetta. La discesa è lungo lo stesso itinerario..

Discesa verso il rif. Denza


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“QUANDO TI ALLENI DURAMENTE TUTTO L’ANNO IL CAMbIO DI STAGIONE E DI CLIMA è MOLTO ECCITANTE. ACCENDE NUOVI INTERESSI E NUOVI STIMOLI.” - jONATHAN WYATT, PLURICAMPIONE DEL MONDO MOUNTAIN RUNNING

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LORENZO DELLADIO testo: Umberto Isman FoTO: Umberto Isman

orenzo elladio IL CALZOLAIO DEL FUTURO


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Una gita all'Alpe Lusia con il patron de La Sportiva, terza generazione di una famiglia di ARTIGIANI che ha voluto mantenere le proprie radici in Val di Fiemme, spingendo però lo sguardo sul mondo

L Lorenzo Delladio fa manutenzione ai suoi scarponi

e industrie di solito nascono in pianura. In montagna c'è meno spazio, i collegamenti sono difficoltosi, la manodopera, soprattutto quella specializzata, è più difficile da trovare, i cervelli fuggono altrove. E La Sportiva allora? Già, La Sportiva e la Val di Fiemme, un legame finora indissolubile, come la Ferrari e Maranello, o la mozzarella di bufala e la Campania. Alta tecnologia storicamente legata a un luogo e, nello stesso tempo, prodotto unico e in qualche modo immutabile della terra di origine. Sì, perché La Sportiva oggi è Gore-Tex, Primaloft, Pebax, titanio, carbonio, ma una volta era la pelle delle bestie che pascolavano nella valle. Ai tempi di nonno Narciso, ci racconta Lorenzo Delladio, terza generazione di una famiglia di 'calzolai' di Tesero e amministratore delegato dell'azienda. Lo incontriamo prima di tutto sulla neve, onorando la tradizione delle interviste sul campo di Ski-alper. E come da tradizione, lasciamo che sia Lorenzo a scegliere la gita, a dire il vero quasi obbligata, in questo inizio gennaio scarso di neve come non capitava da anni. Appuntamento alla partenza degli impianti di Bellamonte - Passo Lusia per salire nel bosco verso Cima Lusia e poi scendere lungo le piste, unica soluzione possibile per non distruggere gli sci.


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LORENZO DELLADIO

Allora Lorenzo, cosa mi dici di questo nonno Narciso?

«Era una persona speciale, unica. Faceva il calzolaio, specializzato nella costruzione e nella riparazione degli zoccoli dei boscaioli. Un'attività legata a doppio filo con i boschi della Magnifica Comunità di Fiemme. Era bravo e ha fatto fortuna, fino a comprarsi un'automobile, con la quale scorrazzava per la valle, arrotondando i guadagni con un servizio taxi per chi ne aveva bisogno. Ma era soprattutto un intellettuale, uno studioso di Esperanto, utopicamente convinto che dovesse diventare la lingua universale. La conosceva alla perfezione e si esercitava continuamente. E poi era un socialista convinto e faceva frequenti viaggi a Praga e in tutta la Cecoslovacchia, per rendersi conto di persona di cosa significava il socialismo reale».

E gli scarponi da scialpinismo?

«Per quelli, come quasi tutte le altre aziende, ci affidiamo a strutture produttive esterne. Fermo restando che partecipiamo attivamente a tutta la fase di progettazione».

E la dimensione semi-industriale dell'azienda è arrivata con lui o più tardi?

Quanto conta per te essere appassionato di montagna, alpinista e scialpinista?

«No, lui si limitò a un'attività artigianale, anche se già nel 1928 partecipò alla Fiera Campionaria di Milano. La ditta si chiamava Calzoleria Sportiva Narciso Delladio ed era in centro a Tesero. Fu comunque il nonno a inventare le prime scarpe innovative: nel 1947 ad esempio brevettò un sistema di chiusura a cinghia che ebbe grande successo. La vera mentalità imprenditoriale arrivò con mio padre Francesco. A differenza del nonno, il papà era un grande sportivo, sciatore, alpinista, scalatore. Mise a frutto la sua passione per la montagna, venendo incontro alle esigenze dell'epoca e soprattutto creando innovazione. Nel '59 la ditta fu spostata in quella che oggi è la zona industriale di Tesero, ma allora era solo una grande distesa di prati tra due paesi. Il papà dovette anche sobbarcarsi il lavoro di portare fin là elettricità, acqua e fognature. Fu un'impresa basata largamente sulla fiducia, tra tutti, ma specialmente da parte delle banche».

«È fondamentale. Partecipo direttamente allo sviluppo dei prodotti, li seguo in ogni fase. Poi li testo uno per uno e se una scarpa non mi convince fino in fondo, non va sul mercato. La prima scarpetta da arrampicata ad esempio è nata perché nel '76 ero in Polizia e arrampicavo con Gino Comelli (capo del Soccorso Alpino Alta Fassa). Gino era un precursore e scalava con delle Superga da pallacanestro. La suola però non era il massimo e insieme pensammo di sostituirla con l'aerlite, un materiale leggero e con una buona tenuta sulla roccia. Io però correvo anche in auto e mi venne l'idea di usare vecchi pneumatici dell'Alfa 33 per migliorare l'aderenza. È così anche per molti dei miei collaboratori. Il reparto Ricerca e Sviluppo dell'azienda, che io chiamo il 'pensatoio', è fatto di ragazzi con una grande passione per la montagna, creativi, progettisti, disegnatori, ma anche alpinisti e scialpinisti. Addirittura la maggior parte di loro ha il 42 di piede, per poter testare i prototipi, che sono sempre di quella misura. Un po' è un caso e un po' no: se devo scegliere tra due nuove persone da assumere in quel reparto, a parità di requisiti, scelgo chi può avere un feeling diretto col prodotto a cui sta dando forma».

Veniamo a oggi, dammi qualche numero dell'azienda.

Lorenzo verso Cima Lusia, sullo sfondo le Pale di San Martino. Il primo attestato di partecipazione alla Fiera di Milano.

arrampicata e 77 a Montebelluna, dove si fanno quelle da hiking e trekking. Produciamo circa mille paia al giorno e altre mille arrivano dalla Cina, dove viene realizzata tutta la linea da mountain running. Mountain Running è un marchio registrato, abbiamo sette ricercatori dedicati a questo settore e in Cina non c'è solo la produzione, ma sfruttiamo il loro know-how e la loro tecnologia, frutto di un'esperienza pluridecennale con le più grandi aziende del mondo».

«Abbiamo 183 dipendenti nella sede di Ziano, dove si producono le scarpe tecniche da alpinismo e


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La Sportiva è una delle pochissime aziende di questo tipo e di queste dimensioni con una sede in mezzo alle montagne. Vantaggi e svantaggi?

«Cominciamo dagli svantaggi. Prima di tutto i trasporti, perché a Ziano abbiamo, oltre alla produzione, anche tutto il magazzino dei prodotti che arrivano da fuori. Essere in Val di Fiemme non è certo come essere lungo l'autostrada. In secondo luogo la manodopera qui è più costosa, non c'è carenza di lavoro e se vuoi personale altamente qualificato devi garantire superminimi di un certo livello. I vantaggi però sono impagabili. Essere in mezzo alle montagne è fonte di ispirazione e i prodotti possono essere testati, modificati, aggiustati in tempo reale, semplicemente uscendo dall'azienda e provandoli. E poi abbiamo mantenuto la dimensione sociale del nonno, che produceva e aggiustava le scarpe dei compaesani. Conosco personalmente molte delle persone che acquistano le nostre scarpe, alcuni sono amici. Sento un coinvolgimento e una responsabilità speciali nel dover soddisfare le aspettative della gente che vive vicino a me». So che in passato avete provato a darvi un dimensione più internazionale affiancandovi a The North Face.

«Sì, nel '98 abbiamo ceduto il 20% delle quote societarie. È durato un anno e mezzo, poi ci abbiamo ripensato. The North Face è quotata in borsa, ogni settimana dovevo preparare un report finanziario dettagliato. Poi non mi sentivo libero nello sviluppo dei prodotti. Insomma, non mi piaceva rendere conto del mio lavoro a qualcuno che era in qualche modo sopra di me. In più quello è stato l'unico periodo del-

…nel '98 abbiamo ceduto il 20% delle quote societarie. È durata un anno e mezzo, poi ci abbiamo ripensato. […] Il nuovo padrone possedeva anche mezza Aspen, in Colorado. Sono volato da lui con la mia valigetta e l'ho convinto a restituirmi quel 20%... la nostra storia in cui le vendite sono calate. Nel frattempo The North Face aveva cambiato proprietà. Il nuovo padrone possedeva anche mezza Aspen, in Colorado. Sono volato da lui con la mia valigetta e l'ho convinto a restituirmi quel 20%. In fondo La Sportiva è conosciuta in tutto il mondo per la qualità ma anche per la sua ben precisa collocazione geografica, il vero made in Italy». Saliamo nel bosco incrociando qualche scialpinista locale 'affamato' della poca neve di questi giorni. Tra valligiani si conoscono tutti, due chiacchiere e si prosegue. Raggiungiamo l'alpeggio di Canvere e proseguiamo fino a dove la neve ce lo consente. Il passo di Lorenzo è veloce e sicuro, nonostante non sia particolarmente allenato. Predilige attrezzatura leggera da gara e il suo è più uno scialpinismo sportivo che di esplorazione, anche per il poco tempo libero che gli concede l'azienda. Spesso sono solo ritagli, come la sera dopo il lavoro, quando almeno una volta alla settimana viene proprio qui. Un ritrovo fisso con gli amici per risalire le piste e poi scendere quando sanno che i gattisti sono in pausa per la cena. Arriviamo poco sotto Cima Lusia, sulla quale potremmo anche

salire ma non scendere sci ai piedi, e ci ricongiungiamo con le piste. Una veloce discesa, pranzo alla baita Morea, digestivo alla 'voliera' alla base degli impianti e appuntamento in azienda per il giorno dopo. È l'Epifania, non si lavora, ma ad accogliermi ci sono comunque Lorenzo e papà Francesco, classe 1927. Mi guidano nei vari reparti, muovendosi con la precisione dell'artigiano che conosce esattamente lo spazio di lavoro e sa dove trovare ogni cosa. Mi fate vedere prima di tutto le materie prime?

«Eccole, pelle innanzitutto, arriva soprattutto dalla Germania. Bovino adulto per gli scarponi da alpinismo e da trekking e vitello per le scarpette da arrampicata, perché è più elastico e si deforma meno. Le pelli vengono controllate una ad una e divise per qualità. In base allo spessore si danno anche indicazioni sulla taglia di scarpa alla quale sono più adatte. Vengono spesso scolaresche in visita e i ragazzi si preoccupano giustamente per gli animali macellati. In realtà la pelle è un sottoprodotto della macellazione per fini alimentari. Raccontiamo sempre del periodo della mucca pazza, in cui tutti i produttori di scarpe

LA PROPOSTA DI LORENZO CIMA LUSIA (2492 m) Lorenzo in salita a Malga Canvere

Gita ideale in condizioni di scarso innevamento per la possibilità di scendere lungo le piste. Molto panoramica la parte alta.

Cartografia: 4LAND CS-107 Val di Fiemme 1:25.000 - Tabacco n° 14 Val di Fiemme, Lagorai, Latemar 1:25.000 e n° 22 Pale di S. Martino 1:25.000

Accesso: lungo la statale da Predazzo a Passo Rolle, poco dopo Bellamonte deviazione per impianti del Lusia Partenza: parcheggio degli impianti (1560 m) Dislivello: 950 m Tempo medio salita: 2/3 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 30° Esposizione: sud-ovest Periodo: dicembre - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica

Itinerario. Dalla base della seggiovia, sopra il campetto per i bimbi s'imbocca sulla destra la strada che sale nel bosco. La si segue sulla linea di massima pendenza fino a dove diventa sentiero e piega a mezzacosta verso sinistra. Si esce sulla spianata senza vegetazione che conduce in breve a Malga Canvere (1973 m). Si continua dietro le baite imboccando un primo tratto di sentiero, per poi proseguire senza traccia obbligata lungo i grandi dossi del pendio. Giunti circa a quota 2300 metri si può deviare a sinistra e raggiungere l'arrivo della seggiovia Lasté (2327 m). Se invece si vuole salire fino alla cima, si affronta l'ultimo evidente pendio. La discesa può essere lungo la traccia di salita oppure seguendo le piste fino alla base.


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LORENZO DELLADIO «Papà Narciso? Grande idealista e lavoratore. Era convinto che l'Esperanto dovesse diventare un linguaggio universale, come la musica. […] Nel lavoro ha fatto di tutto, in estate il muratore, e una volta l'ho visto rifare la guarnizione della testa della sua auto con il cuoio. E poi, me lo lasci dire... era l'uomo più giusto che abbia mai conosciuto…» Francesco Delladio Lorenzo e il papà Francesco Delladio

credevano che per l'obbligo di sopprimere il bestiame ci sarebbe stato un surplus di pellame e i prezzi sarebbero scesi. Invece è successo il contrario, perché scuoiare le bestie era assolutamente antieconomico e così venivano bruciate. Non si trovavano pelli neanche a pagarle a peso d'oro. Degli scarti di lavorazione ricicliamo quasi tutto. La pelle viene mischiata con la cellulosa per produrre sottopiedi, la gomma diventa asfalto e il resto è a tutti gli effetti rifiuto solido urbano. Siamo anche molto attenti all'ambiente: tutte le emissioni della fabbrica vengono filtrate con carboni attivi, parte dell'energia elettrica arriva da pannelli solari e il sistema di riscaldamento è a pompa di calore». E il magazzino?

«Vieni, te lo facciamo vedere. È completamente interrato, ampliato negli anni con grossi lavori di scavo. Pensa che è talmente esteso che da quella parte arriva fino al confine con Panchià, il comune limitrofo. I prodotti sono disposti e gestiti dal computer. Vengono trasportati da carrelli elevatori manovrati manualmente ma guidati da un apposito GPS gestito dal sistema».

vece è la 'macchina che scia', ma niente foto per favore. L'abbiamo ideata noi per testare gli scarponi. È sostanzialmente un grosso frigorifero in cui, con una serie di pistoni idraulici, simuliamo il movimento di salita e quello di discesa. I prototipi vengono stressati fino a quando qualcosa si rompe e allora interveniamo per modifiche e migliorie». Ma in base a quali parametri decidete se uno scarpone è sufficientemente robusto?

«Ci sono dei parametri di riferimento, ma il sistema migliore è prendere uno scarpone della concorrenza che si sa essere robusto e affidabile e metterlo nella macchina fino a romperlo. Il nostro deve essere almeno altrettanto robusto». E gli scarponi in carbonio?

«Eccoli. Le varie parti vengono prodotte esternamente, il carbonio in autoclave. Qui li assembliamo e facciamo manutenzione e riparazioni. Ma... sì, dai, te lo dico: abbiamo un nuovo progetto in dirittura d'arrivo».

Mi fareste vedere il reparto scarponi da scialpinismo?

Una nuova scarpa in carbonio? Dimmi tutto, sono curioso.

«Sì, vieni, ho controllato e in questo momento non c'è niente che tu non possa vedere. Questo è il 'pensatoio', su tre piani con vista sulle montagne. È qui che si studiano e si testano i prototipi. Questa in-

«Tutto non posso dirti, ma sarà una scarpa rivoluzionaria. Al contrario di tutti gli scarponi da scialpinismo che nascono sulla base di uno scarpone da sci, questo è un'evoluzione di una scarpa da

alpinismo, il settore dove il nostro know-how è assolutamente all'avanguardia. L'idea è nata in maniera quasi fortuita dall'incontro, tramite un amico comune, con uno dei progettisti della Brawn Gp di Formula 1. È un miscuglio di tecnologia automobilistica e aeronautica, con l'utilizzo di materiali di base molto rari e soluzioni tecniche secondo me geniali. Come peso e affidabilità sarà in grado di competere con i prodotti migliori». Francesco, cosa pensa di questi sviluppi avveniristici?

«Penso che sia giusto così. È una linea di continuità con quello che ha fatto mio papà e che ho fatto io. Nel tempo abbiamo depositato ben 49 brevetti e 12 sono ancora attivi. Io stesso ho ideato e prodotto il primo scarpone in cuoio con i ganci e uno dei primi in plastica». Papà Narciso, mi piacerebbe concludere con lui. Che tipo era?

«Grande idealista e lavoratore. Era convinto che l'Esperanto dovesse diventare un linguaggio universale, come la musica. A 80 anni si esercitava ancora e mandava gli esercizi a un centro linguistico per farseli correggere. Nel lavoro ha fatto di tutto, in estate il muratore, e una volta l'ho visto rifare la guarnizione della testa della sua auto con il cuoio. E poi, me lo lasci dire... era l'uomo più giusto che abbia mai conosciuto».


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ETNA

testo: Marco Sinicato foto: Carlo Ceola

Imperdibile

ETNA

La traversata scialpinistica da Etna Sud a Piano Provenzana è un'esperienza che non dovrebbe mancare in nessun curriculum, tra crateri, fumarole e canali che alternano polvere e firn

Nelle foto in senso orario. Il cratere di Nord-Est, sul bordo del cratere, Sinicato in salita verso il cratere. In discesa sul firn.


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S

ciare sull'Etna è una di quelle esperienze che ti entrano dentro. Nulla è scontato. Prima di tutto il luogo, la Sicilia. Esci dall'aeroporto di Catania e lo sguardo va subito al vulcano, imponente e fumante. Un simbolo, una montagna meravigliosa che degrada sul mare. Dall’aeroporto in poco meno di un'ora di auto si arriva al Rifugio Sapienza, località sciistica siciliana e base di partenza per le ascensioni sull'Etna dal versante meridionale. Durante il tragitto, man mano che si sale, il paesaggio cambia in modo radicale: piante di fichi d'India a bordo strada e piante di mimosa in fiore, macchia mediterranea e chiazze di neve, lava, muri di lava e infine muri di neve. Sullo sfondo sempre il mare. Il nostro viaggio inizia da Nicolosi il 'paese di montagna' più particolare che abbia mai visto, abitato da persone apparentemente tanto lontane dalla parola scialpinismo ma così 'vicine' da farti sentire a casa tua. Straordinario, un'ospitalità fuori dal comune, un modo incredibilmente rispettoso di vivere la loro montagna. Lo scorso anno, in occasione della gara sull’Etna, abbiamo prolungato il soggiorno e abbiamo compiuto in giornata la traversata Etna Sud - Etna Nord, un’esperienza che ogni scialpinista dovrebbe avere nel suo curriculum. Una traversata che permette di rendersi conto delle dimensioni di questo colosso, dove la neve, il fuoco e il vento accompagnano costantemente lo sciatore. La salita inizia dal rifugio Sapienza (1900 metri) e segue più o meno le piste da sci fino alla stazione della cabinovia La Montagnola (2450 metri). Da qui ci si inoltra verso nord in un ambiente incredibile, che attraversa piccoli crateri inattivi e percorre ampi canali contornati da rocce laviche dalle forme artistiche. Le tracce sono sempre molto evidenti lungo i

«…durante il tragitto, man mano che si sale, il paesaggio cambia in modo radicale: piante di fichi d'India a bordo strada e piante di mimosa in fiore, macchia mediterranea e chiazze di neve, lava, muri di lava e infine muri di neve. Sullo sfondo sempre il mare…» Etna Sud - Piano Provenzana Partenza: Rifugio Sapienza-Etna Sud (1900 metri) Dislivello: 1500 metri circa Tempo medio salita: 3/4 ore Difficoltà: BSA Pendenza massima: 40° Esposizione: sud, nord Periodo: novembre-aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica, ramponi utili Bibliografia: Saro Messina - Scialpinismo sull'Etna, 'dove la neve incontra il fuoco'. Info: Gruppo Guide Alpine Etna Sud, tel 095.7914755, www.etnaguide.com

circa 500 metri di dislivello con ampio sviluppo e a un certo punto si arriva a un'insellatura che divide il cratere principale da quello di nord-est. Siamo a circa 3000 metri e le quote da qui in poi sono abbastanza indicative. Dipendono dall'attività del vulcano, dopo ogni eruzione la lava modifica il paesaggio e l’altimetria. La mancanza di neve sul pendio ci obbliga a mettere gli sci sullo zaino e procedere a piedi; fa un po' impressione, perché in realtà la neve si è sciolta per il calore che risale dal terreno: 'A Muntagna’ è viva e lo si percepisce chiaramente. In circa 250300 metri di dislivello si guadagna il cratere principale, la bocca del mostro, e ci si può sporgere per 'metterci dentro il naso'. Lo spettacolo è incredibile, parliamo di un cratere largo più di due chilometri e profondo 800 metri, ovunque ci sono fumarole più o meno grandi che si levano alte nel cielo. Costeggiamo il cratere in direzione nord, attraversiamo alcune lingue di neve… ed eccoci su una 'spiaggia' di sabbia lavica nera. Sembra di essere a Stromboli, ma siamo a 3300 metri! Iniziamo la discesa sul versante nord, inizialmente nord-ovest, su neve ghiacciatissima e lavorata dal vento, che nei tratti più al sole è già un firn molto primaverile. Scendiamo portandoci sempre più a nord su dei canali dove troviamo neve ancora polverosa, puntando agli evidenti impianti sciistici che salgono dal basso. Si può scendere un po' ovunque, ogni canale ha un nome più o meno originale. La traversata si conclude a Piano Provenzana (1810 metri), stazione sciistica di Etna Nord, molto frequentata e ricostruita anni fa dopo che una colata di lava aveva sommerso tutto. Nella pianificazione della traversata si consiglia di lasciare un mezzo a Piano Provenzana, oppure organizzarsi per il rientro al rifugio Sapienza. Organizzare una trasferta scialpinistica a cinque stelle sull'Etna è facile, basta aspettare che nevichi, prenotare un volo per Catania e il gioco è fatto. Il resto è tutto da scoprire, provare per credere!


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NEVE E DIRITTO testo: Flavio Saltarelli

Zig-zag tra i divieti Diverse norme, a partire dalla Legge 363 del 2003, regolamentano la pratica dello scialpinismo. Ecco i principali obblighi

Flavio Saltarelli, classe 1963, avvocato civilista, pratica scialpinismo dall’età di 18 anni. Si occupa per passione delle problematiche legate alle responsabilità connesse agli sport in ambiente montano e ha partecipato a diverse competizioni di ski-alp. Per eventuali quesiti studiolegalesaltarelli. grassi@fastwebnet.it

O

ltre al rischio valanghe, un altro pericolo in cui s'incorre nell’attività scialpinistica è quello di violare una delle tante norme che regolamentano la pratica dello skialp. Gli obblighi in materia sono imposti dalla Legge 24.12.2003 n. 363 in materia di divieto di risalire le piste, dai sindaci con svariate ordinanze locali, dalla necessità di avere l’Artva, la pala e la sonda e dai gestori degli impianti. Vediamo di valutarne la portata e, soprattutto, la legittimità, mentre in una prossima rubrica daremo conto delle relative specifiche sanzioni. L’articolo 15 della Legge 363 del 24.12.2003 recita: «È vietato percorrere a piedi le piste da sci, salvo i casi di urgente necessità… La risalita della pista con gli sci ai piedi è normalmente vietata. Essa è ammessa, previa autorizzazione del gestore dell’area sciabile attrezzata o, in mancanza di tale autorizzazione, in casi di urgente necessità, e deve comunque avvenire ai bordi della pista, avendo cura di evitare rischi per la sicurezza degli sciatori e rispettando le prescrizioni di cui alla presente legge, nonché quelle adottate dal gestore dell’area sciabile attrezzata». Si precisa che tale divieto imposto da una legge nazionale riguarda la risalita delle piste, non la possibilità di rimontare appena al di fuori di esse, attività che rimane pienamente legittima. La legge dice anche che, in ipotesi di sinistro tra chi scende e chi eventualmente - anche in violazione al divieto - risalga, potrà anche configurarsi un’ipotesi di concorso di colpa qualora lo sciatore in discesa abbia tenuto anch’esso un comportamento colposo (magari perché imprudente o imperito). I sindaci hanno, in base all'articolo 54 del Tuel (Testo unico enti locali), il cosiddetto 'potere di ordinanza contingibile ed urgente' al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini. Con questi provvedimenti possono pertanto interdire un’area alla pratica scialpinistica purché sussistano i presupposti di legittimità previsti dalla normativa in questione: ricorrenza di situazioni di oggettivo e temporaneo pericolo per la privata e/o pubblica incolumità; impossibilità, data l’urgenza, di ricorrere ad altro mezzo giuridico. Ciò significa che i sindaci possono interdire una zona allo skialp in modo legittimo solo qualora vi sia un pericolo contingibile (cioè momentaneo e circoscritto) e per l’urgenza dell’intervento non sia possibile ottenere in breve tempo un altro provvedimento normativo da parte di un’autorità con potere legiferante generale (ad esempio legge regionale). Da quanto appena detto - e le sentenze del Consiglio di Stato lo confermano pienamente (tra le tante pronunce, ricordo la 2109/2007) - i sindaci dunque non possono vietare per tutta la stagione invernale l’attività scialpinistica in una determinata e generalizzata area. Sarà invece possibile un divieto sindacale per qualche giorno, con una particolare situazione di pericolo momentanea e transitoria, magari in conseguenza di una forte nevicata o di un rilevante rialzo termico. L’articolo 17 della Legge 363/2003 stabilisce che «i soggetti che

praticano lo sci-alpinismo devono munirsi, laddove, per le condizioni climatiche e della neve, sussistano evidenti rischi di valanghe, di appositi sistemi elettronici per garantire un idoneo intervento di soccorso». La normativa nazionale impone dunque l’uso di questi strumenti di sicurezza solo in particolari condizioni di rischio e non ogni volta che si pratica lo scialpinismo. La legge regionale Valle d'Aosta 15-11-2004 n. 27 e quella piemontese regionale n. 7 del 12 marzo 2009 entrano ancora più nel dettaglio imponendo sempre l’uso dell’Artva durante la pratica scialpinistica nonché della pala e della sonda completando - a mio avviso doverosamente - la regolamentazione nazionale e andando a fugare ogni dubbio in merito alla necessità di essere sempre dotati di questi presidi di sicurezza, specificando inoltre quali strumenti di sicurezza vadano adottati (alcuni commentatori della Legge 363/2003 affermarono che, anziché l’Artva, il legislatore quando si riferisce a 'strumenti elettronici' farebbe riferimento all’obbligo di avere il telefono cellulare sempre acceso!). La Legge 363/2003 attribuisce infine ai gestori delle piste da sci e delle cosiddette aree sciabili il potere di regolamentarne in parte l’uso al fine di evitare responsabilità connesse alla gestione medesima, non invece relativamente agli spazi esterni a tali aree. Da quanto appena evidenziato deriva che i divieti di uscire dalle piste posti dai gestori non trovano alcuna giustificazione normativa e non comportano a carico di chi li violi alcuna immediata conseguenza. Però chiunque, sciando in fuoripista, provochi il distacco di una valanga che interessa la zona degli impianti, dovrà subirne tutte le rilevanti conseguenze sotto un profilo penale e da un punto di vista civilistico, con pieno diritto del gestore delle piste che avesse patito un pregiudizio di richiedere gli eventuali danni patiti.

I sindaci non posso vietare lo scialpinismo in una determinata area per tutta la stagione photo©UMBERTO ISMAN


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LA NEVE E LE VALANGHE

testo: Renato Cresta

VALUTAZIONE DELL'AMBIENTE La buona riuscita di un’escursione dipende dalla pendenza, dalle capacità nostre e del gruppo e da neve e meteorologia favorevoli. Ecco i parametri da prendere in considerazione

Un momento di un'escursione su pendio inclinato e con neve fresca photo©KLAUS KRANEBITTER

Lo sci è uno sport di situazione, cioè di costante adeguamento a un contesto che cambia continuamente. È evidente che, tra le diverse discipline dello sci, lo sciescursionismo e lo scialpinismo lo sono in misura maggiore perché la situazione cambia molto più rapidamente e frequentemente rispetto allo sci su pista. Come rappresento nella tabella 1, riferendomi alla pratica dello sci, io attribuisco un padre e una madre alla 'situazione': rispettivamente l’ambiente, con le sue difficoltà, e la neve, materiale dalla stabilità incostante. Ambiente naturale Neve

Difficoltà

inclinazione - morfologia copertura vegetale

Alta

condizioni della neve con particolare riferimento alla stabilità del manto nevoso

Durante un’escursione ci sono i presupposti per una ragionevole riduzione del rischio valanghe quando le condizioni di stabilità del manto nevoso sono equilibrate in rapporto alle difficoltà ambientali, vale a dire: tanto più è impegnativa la gita, tanto maggiore deve essere la stabilità del manto nevoso. È anche evidente che, con qualsiasi grado di pericolo, la stabilità di un pendio si riduce in funzione dell’aumento della pendenza: moderatamente ripido - ripido - molto ripido - estremamente ripido. Ammesso che le condizioni ambiente più neve (e meteo) siano ottimali, entrano in ballo la preparazione e le condizioni del soggetto, fattori invariabili che devono essere proporzionate a breve termine alle difficoltà che deve affrontare, fattore variabile come espongo nella tabella 2. anche a breve termine In conclusione, la buona riu-


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Soggetto

preparazione e carenze

curva delle prestazioni inizialmente in crescita e successivamente in calo con l’avanzare dell’età

caratteristiche atletiche capacità motoria perizia tecnica specifica allenamento

curva delle prestazioni tendenzialmente in crescita con la formazione e l’età

capacità razionali attitudine logica conoscenze esperienze scita di un’escursione dipende dall’equilibrio di questi tre fattori: ambiente naturale (1), difficoltà accessibili per le capacità nostre e del gruppo (2), neve e meteorologia favorevoli (3). Nella mia scelta della meta di un’escursione metto subito a confronto le difficoltà tecniche della gita con le capacità dei potenziali partecipanti e mi chiedo: il gruppo è in grado di affrontarle con un ragionevole margine di sicurezza? Prendo sempre in considerazione un margine di sicurezza, tanto maggiore quanto più elevata è la complessità dell’escursione, perché basta un semplice cambiamento del tempo per fare salire il livello di difficoltà. In caso di risposta negativa è evidente che devo variare il programma oppure cambiare i compagni di escursione; se invece è positiva, perché sono sicuro del corretto equilibrio difficoltà-capacità, vado a verificare se le condizioni nivo-meteo sono favorevoli. In questo articolo prenderemo in esame il primo elemento dei tre fattori che costituiscono l’ambiente naturale. L’inclinazione del pendio Nel seguito del discorso parlerò di versante e di pendio che, a mio parere, non sono sinonimi, ma due cose diverse. Versante: uno dei fianchi di un rilievo montuoso o collinare che si sviluppa dalla linea di displuvio fino al piede del rilievo. Pendio: forma o sagoma di un tratto di versante caratterizzato da uniformità di pendenza, riconoscibile anche dalla sua rappresentazione cartografica mediante isoipse (curve di livello). In pratica, raramente un versante ha un andamento uniforme, ma si articola in più ondulazioni, con singoli tratti, o pendii, caratterizzati da omogeneità della linea di massima pendenza (pendio moderatamente ripido, ripido, molto ripido). Le situazioni d’instabilità del manto nevoso sono localizzate soprattutto in quelle 'nicchie' del versante in cui l’inclinazione è più elevata. Solitamente è in queste nicchie (gli addetti ai lavori le definiscono 'pannelli di distacco') che avviene il cedimento iniziale che, propagandosi, provoca il collasso di una superficie più ampia, che può giungere a interessare anche l’intero versante. La letteratura che tratta il mondo delle valanghe è concorde sul fatto che l’angolo di naturale riposo della neve è di 30°. Questo è l'angolo massimo su cui qualsiasi tipo di neve riesce a restare in equilibrio naturale fino a quando non intervengono cause esterne ca-

paci di metterla in movimento. È il risultato statistico di almeno 75 anni di osservazioni dei versanti alpini. Per la verità si sono osservati fenomeni valanghivi con distacco da pendii d’inclinazione minore, ma si tratta di fenomeni piuttosto rari, legati a particolari o eccezionali condizioni nivo-meteorologiche. Sono proprio questi casi, per quanto rari, che hanno indotto i tecnici della neve a non includere il grado 0 = pericolo assente, nei bollettini valanghe. Vediamo d'interpretare bene quanto ho detto sopra: ogni pendio d'inclinazione superiore ai 30 gradi è potenzialmente pericoloso. Potenzialmente vuol dire che questi pendii possiedono una capacità latente, un’attitudine allo sviluppo del fenomeno. Eccoci al vero problema: può verificarsi che, per molti anni di seguito, un pendio ripido si carichi di neve e che questa rimanga in quiete tutta la stagione invernale, fino alla scomparsa. Poi, un particolare giorno di un certo inverno, quando nessuno se lo aspetta, il pendio si libera della neve.In questo caso, non essendosi verificato nessun cambiamento nel versante, deve essersi prodotto qualcosa d’insolito o di straordinario nel manto nevoso: nevicate abbondanti e intense, venti diversi da quelli abituali, temperature particolarmente elevate… Poiché le condizioni ambientali sono invariabili, il caso di un distacco naturale ci indurrà a cercare le variabili nelle qualità della neve, ma se si tratta di distacco provocato la causa sarà

probabilmente imputabile al sovraccarico dovuto alla presenza di qualcuno. Sempre con riferimento ai bollettini, già al livello 3 questi raccomandano di non affrontare i pendii ripidi indicati. Questo non vuol dire di evitare tutti i pendii ripidi, ma solo quelli indicati, cioè segnalati (pendii sottostanti i crinali, esposti a nord…) dove gli agenti meteorologici hanno creato condizioni critiche per la stabilità del manto nevoso. Rivediamo allora, nella tabella 3, la classificazione dei pendii secondo il codice adottato nella redazione dei bollettini. Se, com’è raccomandabile, durante la fase di preparazione dell’escursione studiamo l’itinerario su una carta topografica, possiamo facilmente determinare quanto è ripido il pendio che vorremmo affrontare. Spero che la sequenza delle colonne inserite nella tabella faciliti la formazione di uno schema mentale

che abbina al linguaggio dei bollettini la variabile legata alla ripidità del pendio, misurabile secondo due sistemi, e le precauzioni da adottare. Ogni carta topografica che usa il metodo delle isoipse, o curve di livello, per rappresentare l’altimetria ci permette di misurare rapidamente la 'pendenza', cioè il rapporto tra il dislivello Dh e la distanza orizzontale i (o intervallo). Proviamo con l’esempio numero 1 dell’immagine: i = 800 m; Dh = 300 m; il risultato di 300 : 800 = 0,375 non è di pratica intuizione, ma

definizione del pendio

inclinazione

moderatamente ripido

25° - 30°

45% -55%

normali misure di prudenza

ripido

30° - 35°

55% - 70%

evitare sempre i sovraccarichi con grado di pericolo 3 evitare quelli indicati

molto ripido

35° - 40°

70% - 85%

con grado di pericolo ≥ 3 evitarli tutti

estremamente ripido

> 40°

> 85%

vogliamo affrontare un pendio da sci estremo?

pendenza

precauzioni da adottare


56 > rubriche

neve e valanghe

possiamo rapportarlo a 100 e paragonare il nostro triangolo che ha una base di 800 metri (intervallo) e un’altezza di 300 metri (dislivello) a un triangolo che abbia la base di 100 metri. Un esempio vale più di molte parole: intervallo 800 metri; dislivello 300 metri; impostiamo la proporzione 800 : 300 = 100 : X e risolviamo 300 x 100 : 800 = 37,5. Nella pratica, possiamo saltare il passaggio della proporzione e applicare la formula Dh x 100 : i per sapere subito di quanti metri s’innalza verticalmente il pendio ogni 100 metri di sviluppo orizzontale. Nel nostro caso il triangolo 800 metri x 300 metri è simile a un triangolo di 100 metri x 37,5 metri, ossia a un triangolo di pendenza 37,5 per 100 che scriveremo 37,5%. Verificando sulla tabella ci rendiamo conto che il pendio è poco ripido (20,5°). È facile renderci conto che il nostro calcolo non ci fornisce un’inclinazione in gradi, ma una pendenza in percentuale; sono due modi diversi per esprimere la verticalità del pendio: il primo usa la nota scala sessagesimale che va da 0° - orizzontale a 90° - verticale, il secondo esprime un rapporto tra dislivello e distanza orizzontale. Il passaggio da inclinazione a pendenza e viceversa può essere facilmente eseguito con una calcolatrice scientifica dotata di funzioni trigonometriche: basta trovare la tangente del valore angolare o, viceversa, l’arcotangente del valore percentuale. Chi non ha la calcolatrice e neppure qualche nozione di trigonometria non si deve demoralizzare, perché può fare tranquillamente le sue gite avvalendosi della tabella che abbiamo visto prima. Vogliamo, piuttosto, interessarci del metodo per misurare dislivello e intervallo? La formula è semplice, ma dobbiamo fare molti calcoli intermedi per ridurre dislivello e intervallo a metri prima di eseguire il calcolo finale con cifre composte da diversi numeri. Bastian contrario per natura, io eseguo il mio calcolo invertendo il ragionamento: invece di trasformare l’intervallo da millimetri in metri, converto il dislivello da metri in millimetri e qui mi avvalgo della scelta, a mio parere pienamente azzeccata, fatta dall’IGM (Istituto Geografico Militare) di adottare un’equidistanza pari a 1/1.000 della scala: 1 millimetri = 25 metri e, viceversa, 25 metri su terreno equivalgono a 1 millimetro sulla carta, e questo millimetro equivale a 25 metri sia in orizzontale che in verticale, pertanto se l’equidistanza o dislivello tra curva e curva è di 25 metri, equivale a 1 millimetro. E allora mi basta contare il numero degli intervalli compresi tra le curve per avere il dislivello già ridotto a millimetri e, dopo avere misurato l’intervallo con il righello, l’operazione di calcolo si riduce a 12 x 100 : 32 = 37,5%. È un’operazione che potremo eseguire anche

con la calcolatrice del cellulare se proprio non vogliamo sforzarci di fare il calcolo mentale. Se usiamo una carta in scala 1 : 50.000, l’equidistanza è di 50 metri (due intervalli compresi tra due curve direttrici), ma il ragionamento funziona ancora perché 1 millimetro corrisponde a 50 metri. Nel caso di prima avremmo rilevato 6 intervalli e misurato una distanza di 16 millimetri e il risultato non cambia perché 6 x 100 : 16 = 37,5% e non può cambiare perché il pendio è sempre lo stesso. Proviamo adesso a risolvere l’esempio n° 2 (vedi tabella sotto):

potenzialmente pericolosi. In più di un’occasione il bollettino valanghe ci segnala che «il distacco è possibile (probabilità di distacco < 66%) con debole sovraccarico sui pendii ripidi», più raramente ci informa che «il distacco è probabile (probabilità di distacco > 66%) con debole sovraccarico sui pendii ripidi». Facciamo bene attenzione ai due aggettivi: se nel primo caso potremmo ancora pensare di andare, con l’adozione di tutte le misure possibili per la riduzione del rischio, nel secondo caso, anche se a malincuore, è preferibile decidere per la rinuncia. equidistanza 25 m

procedimento identifichiamo sulla carta il/i pendio/ii più ripidi

curve di livello ravvicinate

contiamo il numero di intervalli compresi tra la curva di quota inferiore e quella di quota superiore misuriamo con un righello millimetrato l’intervallo tra le due quote estreme applichiamo la formula Abbiamo trovato le due pendenze con un procedimento uguale, ma nel secondo caso il calcolo è stato più rapido. Agli effetti pratici, la prima pendenza non desta nessuna preoccupazione, mentre la seconda ci informa che stiamo per affrontare un pendio al limite del 'molto ripido' e che dobbiamo essere bene sicuri delle condizioni di stabilità del manto nevoso prima di affrontarlo, sempre e comunque con le opportune misure di sicurezza. E se l’equidistanza non corrisponde a 1/1.000 della carta? Dobbiamo fare il calcolo con il metodo classico riducendo tutto a metri. Operando in questo modo abbiamo la possibilità di riconoscere, già sulla carta, i pendii che possono presentare un certo rischio, pendii che è bene evitare quando la stabilità del manto nevoso è dubbia. Adesso che abbiamo appreso come operare, dovremmo essere in grado di rispondere alla domanda «dove posso passare?», domanda che mi è stata rivolta in più occasioni durante le lezioni che tengo ai corsi di formazione per maestri di sci o di allievi di scuole di scialpinismo. Io rispondo: «puoi passare dappertutto, escluso i punti che è bene evitare, quelli che puoi già riconoscere e localizzare esaminando la carta topografica». Studia la carta, cerca su di questa un percorso logico che eviti i punti a rischio e seguilo; se non lo trovi, attendi le occasioni con condizioni ottimali di stabilità del manto nevoso prima di affrontare i pendii

12 intervalli (compresi tra 13 curve) 17 mm 12 x 100 : 17 = 70,6% (35,22°)

E se, mentre mi trovo in montagna, mi vengono dei dubbi sulla pendenza del versante che dovrei attraversare, come posso valutarla? Per compiere misurazioni precise dovremmo avvalerci di quegli strumenti che rispondono al nome di clisimetro o clinometro, di piccole dimensioni, ma relativamente costosi. Possiamo anche avvalerci di una bussola clivometrica, che contiene un piccolo pendolo nel coperchio. Tutto bene, ma per misurare l’inclinazione del pendio dovremmo andare in mezzo al pendio stesso, è questa non è una pratica raccomandabile. Per nostra sicurezza, dovremo accontentarci di stime o valutazioni per approssimazione, restando a ragionevole distanza dal pendio dubbio. Un metodo facile, veloce e ragionevolmente valido per le nostre necessità è quello dei due bastoncini. Pianto un bastoncino verticalmente nella neve. Tenendolo orizzontale, faccio scorrere l’altro bastoncino lungo quello verti-


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bastoncini. Adesso possiamo valutare il rapporto tra altezza (dislivello) e base (distanza orizzontale), come rappresentato nella tabella 5.

Pendenza approssimativa

resta a quota inferiore alla metà del bastone verticale

pendenza inferiore al 50%; ambiente ragionevolmente sicuro

taglia a metà altezza il bastoncino verticale

pendenza di 0,5/1 = 50%; limite dell’ambiente ragionevolmente sicuro

taglia il bastoncino verticale oltre la metà altezza

pendio ripido o molto ripido, potenzialmente a rischio

raggiunge l’impugnatura

pendenza del 100%; vi mettete a fare queste acrobazie con i bastoncini su un pendio del genere?

in solitaria, fece il giro del mondo in barca a vela: era il primo a riuscirci. Conclusa la sua impresa, la Regina Elisabetta gli conferì il titolo di Sir. In quell’occasione un giornalista gli chiese come avesse maturato l’idea: «… studiando una carta topografica, perché una mappa è una finestra aperta sull’avventura». Impariamo a usare le carte topografiche, ci troveremo l’avventura senza correre avventure.

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cale fino a quando la punta tocca il bastoncino e l’impugnatura sfiora la neve (la lunghezza dei due bastoncini deve essere uguale, perciò se il bastoncino verticale è affondato fino alla rotella, l’altro bastoncino scorrerà lungo la rotella). Raggiunta questa posizione tra i due bastoncini, ho costruito un triangolo rettangolo in cui il bastoncino orizzontale rappresenta la base e l’altezza è delineata dal tratto di bastoncino verticale fino all’intersezione tra i due

In questo articolo ho focalizzato l’attenzione sulla discriminante fondamentale: l’inclinazione del pendio o dei pendii più ripidi perché, nei bollettini, la valutazione sulla stabilità della neve è basata sulle qualità del manto nevoso riferite all’inclinazione del pendio. È una valutazione generalizzata, che non fa distinzione tra versanti molto articolati o lisci, tra profili convessi o concavi. Nei prossimi articoli tenterò d'illustrare i punti su cui focalizzare l’attenzione perché, a parità d’inclinazione, la rugosità del versante e la copertura vegetale possono influenzare in meglio o in peggio la stabilità del manto nevoso. Molti anni fa un inglese di nome Francis Chichester, un 'tipetto' di 72 anni, s'imbarcò su una barca a vela lunga una decina di metri e,

Posizione del bastoncino orizzontale

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METEOROLOGIA

TESTO : Renato Cresta

…per valutare il limite neve sono di grande aiuto i modelli di previsione ad area limitata che, avendo una buona rappresentazione dell’orografia, riescono a vedere meglio la permanenza dell’aria fredda nei bassi strati rispetto ai modelli globali. Ecco perché le previsioni basate sui modelli a larga scala spesso non riescono a essere precise come un bollettino scritto da meteorologi che conoscono la realtà locale….

PICCOLO TERRITORIO GRANDI VARIABILI

T

ra i miei amici ho alcuni 'scienziati delle nuvole', alcuni meteorologi la cui attività è sovente e ingiustamente sottostimata, sebbene svolgano un compito importantissimo. Talvolta accade di arrabbiarci se la previsione di 'bel tempo in montagna' è smentita da qualche nuvola o da un acquazzone, ma la previsione del tempo copre, al minimo, un intero gruppo montuoso, mentre la nostra visione del tempo meteorologico è limitata alla sola vallata in cui svolgiamo la nostra attività. Anche in questo caso la nostra è una visione ristretta alla nostra attività, mentre la previsione ha una ben più rilevante importanza per tutta una serie di servizi pubblici, che vanno dalla semplice segnalazione di probabili precipitazioni nevose ai servizi di sgombero neve, agli avvisi di allerta maltempo, all’intera rete dei servizi di protezione civile. Tra questi amici c'è Giulio Contri, un genovese come me che si è trasferito tra i monti (in Valle d'Aosta) per studiare e

comprendere i capricci della meteorologia alpina e metterli a disposizione di tutti coloro che possono averne bisogno. Ne ho approfittato per fargli alcune domande. Dal punto di vista delle dimensioni l’arco alpino della Valle d’Aosta ha un’estensione di circa un quarto rispetto a quello del Piemonte. Questo sviluppo più contenuto può fare supporre una certa omogeneità climatica. Sei in grado di confermarlo? «La Valle d’Aosta è una regione piccola e interamente montuosa, ma questo non significa che al suo interno non possano esistere delle differenze climatiche, anche importanti. In realtà l’alta valle ha caratteristiche diverse dal settore sud-orientale. Quest’ultimo è più soggetto ai flussi umidi provenienti dalla Pianura Padana e la conseguenza è una maggiore piovosità primaverile ed estiva, grazie anche ai frequenti temporali. Il


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settore nord-occidentale è più soleggiato in estate, ma allo stesso tempo beneficia generalmente di un innevamento più abbondante e costante nel periodo tardo autunnale e invernale, perché maggiormente interessato dalle correnti atlantiche. Va comunque detto che nelle stagioni caratterizzate da frequenti affondi depressionari nel Mediterraneo occidentale, l’innevamento sui rilievi della bassa valle può diventare veramente notevole, come nello 'storico' inverno 2008-2009. La vallata centrale, Aosta compresa, ha caratteristiche intermedie tra le due aree, ma in generale si può dire che sia la zona più secca, perché le correnti spesso arrivano prive di buona parte dell’umidità che hanno scaricato sui primi rilievi incontrati nel loro cammino. In gergo quest’aridità si chiama 'xericità intralpina'». La Valle d’Aosta comprende tutte le maggiori vette delle Alpi ma alcune di queste, come il Monte Bianco e il Cervino, sono all’interno dell’arco alpino, mentre altre, come il Monte Rosa e il Gran Paradiso, si affacciano sulla Pianura Padana. Questa differente posizione geografica può creare diversità climatiche e regimi nivometrici differenti? «Le montagne situate lungo le creste di confine, come la catena del Monte Bianco, il Cervino, il Rutor, tanto per citare le più conosciute, possono presentare condizioni meteo del tutto diverse da quelle della maggior parte della regione. Basti pensare a quando sulla media e bassa valle soffia il 'foehn', un vento secco e spesso tiepido da nord-ovest, con il sole disturbato soltanto da qualche nuvola medio-alta (i classici altocumuli lenticolari a forma di ufo), mentre su rilievi e valli di confine può nevicare anche abbondantemente, risentendo quindi dello stesso tipo di tempo presente oltralpe, in Francia e Svizzera. I massicci in prossimità della pianura, come il Rosa e il Gran Paradiso, sono interessati un po’ meno direttamente dalle perturbazioni atlantiche e maggiormente da quelle associate a flussi meridionali. Inoltre hanno un clima più instabile nella stagione estiva: quasi ogni giorno le brezze diurne favoriscono la formazione di cumuli che possono poi evolvere in temporali di calore, fenomeno molto più raro in alta valle».

tendono a perdere d’intensità andando verso l’interno. In generale, più i venti sono intensi e più anche l’alta valle potrà essere interessata dai fenomeni. Le grosse nevicate del dicembre 2008 sono state determinate da una situazione di questo tipo». Esistono particolari fattori da tenere presente nel prevedere la 'quota neve' in una regione alpina come la Valle d’Aosta? «La corretta previsione del limite neve/pioggia è uno degli aspetti più importanti e allo stesso tempo non sempre semplici da risolvere per chi fa previsioni in zone alpine. In generale, si dice che la neve cade fino a circa trecento metri sotto lo Zero Termico nel caso di deboli precipitazioni e che tende a scendere tanto più in basso, tanto più la precipitazione è intensa. Questo è certamente vero e in alcuni casi è nevicato anche oltre mille metri sotto lo zero termico, come nelle nevicate tardive che il 5 maggio 2010 e il primo giugno 2011 hanno interessato anche il fondovalle del settore centro-occidentale della Valle d’Aosta, oltre i settecento metri. In realtà, bisogna tenere presente che molti altri fattori possono complicare lo scenario. Siamo in grado di dire che giocano a favore di un abbassamento del limite della neve, oltre all’intensità della precipitazione, la persistenza delle inversioni termiche nelle valli, l’assenza di ventilazione nei bassi strati, una bassa umidità relativa di partenza e anche un eventuale rasserenamento notturno seguito da un rapido arrivo della perturbazione. Al contrario, la presenza di ventilazione nei bassi strati, dovuta al foehn o a un forte flusso umido proveniente dalla Pianura Padana ('low level jet'), crea un rimescolamento che non permette il raffreddamento dovuto all’intensità della precipitazione. Per esempio, il 14 dicembre 2008 era presente un marcato flusso sud-orientale nei bassi strati e la forte nevicata che avrebbe dovuto interessare anche la città di Aosta, arrivò soltanto oltre i mille metri di quota. Come curiosità possiamo affermare che in Valle d’Aosta le perturbazioni atlantiche provenienti da ovest o da sud-ovest generalmente portano la neve più in basso che oltralpe, perché di solito si tratta di fronti caldi che vanno a scorrere sopra l’aria fredda intrappolata nei bassi strati. Sul versante francese, mancando la protezione offerta dal crinale alpino, lo scalzamento dell’aria fredda è più rapido. Se invece il fronte arriva da nordovest, allora nevica più in basso in Francia, mentre da noi soffia il foehn. Per valutare il limite neve sono di grande aiuto i modelli di previsione ad area limitata che, avendo una buona rappresentazione dell’orografia, riescono a vedere meglio la permanenza dell’aria fredda nei bassi strati rispetto ai modelli globali. Ecco perché le previsioni basate sui modelli a larga scala spesso non riescono a essere precise come un bollettino scritto da meteorologi che conoscono la realtà locale. Basti ricordare quella che è stata la nevicata più importante della scorsa stagione invernale, il 6 dicembre 2010: molte previsioni generiche indicavano pioggia fino ad alta quota, mentre da noi era stato correttamente indicato che avrebbe nevicato abbondantemente».

La Valle d'Aosta è forse l'unica regione italiana che quest'inverno ha goduto di abbondante neve. Iniziamo da qui il percorso di scoperta delle caratteristiche climatiche dell'arco alpino, parlando con Giulio Contri, meteorologo della Regione

Quali sono le principali situazioni meteo che possono portare nevicate abbondanti in Valle d’Aosta? «Le perturbazioni atlantiche sono generalmente abbastanza frequenti nella stagione invernale e interessano più direttamente il settore occidentale della regione. Molto dipende dalla direzione di provenienza della perturbazione: se giunge da nord-ovest, i fenomeni tendono a concentrarsi sul versante nord-alpino e solo i settori della Valle d’Aosta più vicini ai confini sono interessati dalle nevicate (zona di La Thuile, di Courmayeur e del Gran San Bernardo). Se invece la perturbazione è accompagnata da venti occidentali o sudoccidentali, è interessato tutto il settore centro-occidentale, Aosta compresa, e qualche volta, anche contrariamente a quanto previsto dai modelli matematici, che tendono a concentrare le precipitazioni nel versante sopravento, i fenomeni possono risultare più abbondanti che nel versante francese. In ogni caso, con perturbazioni provenienti dai quadranti occidentali, difficilmente le valli più orientali della regione (Champorcher, Gressoney e Ayas) ricevono quantitativi rilevanti. La situazione si capovolge quando, in seguito alla formazione di minimi depressionari nel Mediterraneo, le perturbazioni giungono da sud-est. In questi casi le nevicate più abbondanti si hanno nelle valli del settore sud-orientale (Champorcher, Gressoney e Cogne), mentre i fenomeni

Non ci resta che ringraziare Giulio e, insieme a lui, tutti gli specialisti che ci forniscono quotidianamente quelle informazioni meteorologiche che sono di grande importanza per la sicurezza delle nostre gite in montagna, direttamente e anche indirettamente, perché l’elaborazione dei bollettini delle valanghe si avvale delle informazioni meteo. Basti pensare, per esempio, alla corretta collocazione in quota dello Zero Termico durante la stagione primaverile.


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FABIO BEOZZI testo: Umberto Isman foto: Umberto Isman

BEO pensare ripido

Ăˆ uno dei volti nuovi della scena dello sci ripido. Tecnicamente dotato, con le idee estremamente chiare e un percorso tutto suo

F

abio Beozzi, per gli amici Beo, classe 1974, torinese d'origine, montanaro d'adozione. Vive a Sestriere, dove fa il maestro di sci, ma per un paio di mesi all'anno si trasferisce a Palau, in Sardegna, per gestire un negozio di articoli da surf e windsurf. Lo incontriamo sulle piste,

anzi sul fuoripista che dal Monte Banchetta scende sotto le pendici della Rognosa. Neve brutta, poca e crostosa, giusto per fare qualche foto 'di rappresentanza', certamente meno spettacolari di quelle che Fabio ha nel suo Mac, ordinate per data, per discesa e per quote, fino agli 8201 metri del Cho Oyu (la Dea del Turchese) dello scorso autunno.


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Fabio impegnato sui canalini del Monviso

…il mio scopo è riuscire ad affrontare una discesa non perché è ripida, ma perché mi piace essere là, per il solo gusto di farla…


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FABIO BEOZZI

Fabio, partiamo dalla fine, dal punto più alto, dalla cima.

«Cima un corno! Non ci sono arrivato in cima al Cho Oyu. Dovevo scegliere tra le dita dei piedi e la foto di vetta e ho scelto le dita. Sono partito da solo dal campo 2 a 7200 m, dopo che nella fase di acclimatamento con il mio compagno Roberto Rossi ci avevo dormito altre tre volte, una delle quali con un grosso spavento per una valanga che si è fermata a pochi metri dalla nostra tenda. A mezzanotte, quando sono uscito dal sacco a pelo, la temperatura era di -38°, misurati col termometro. Ho superato campo 3 e ho proseguito, ma ho dovuto fermarmi più volte per frizionarmi i piedi, che negli scarponi da scialpinismo non erano abbastanza protetti dal freddo. Arrivato sul plateau sommitale, a 8100 m, mi mancava solo una facile camminata per arrivare agli 8201 m della cima. Ho preso la decisione più saggia, ho messo gli sci e sono sceso». Come sei arrivato ad affrontare la via Messner?

«La neve era ventata e molto difficile. Arrivato alla fascia gialla sopra al campo 3, ho potuto evitare il lungo traverso verso destra e scendere direttamente grazie all'aiuto dell'amico Cesare Cesa Bianchi, che col binocolo dal campo mi ha guidato via radio attraverso un dedalo di rocce. Mi ha anche dato da bere, per fortuna, perché il mio thermos mi era uscito dal tutone in salita a 7600 m ed era rotolato giù. Quindi ho proseguito fino a campo 2 dove ho dormito. La mia idea iniziale era quella di scendere lungo una linea nuova che avevo individuato, ma mi sono subito reso conto che una grossa placca ventata la rendeva troppo pericolosa. Ho quindi optato per seguire la via normale. Quando però da campo 2 sono sceso fino a 6900 m ho adocchiato la via Messner, ci ho pensato un po' e poi sono sceso di lì. Novecento metri di discesa con pendenze intorno ai 45°, ma per fortuna con il ghiaccio ricoperto da un provvidenziale stratino di neve su cui le lamine mordevano bene. A 6000 m non ne avevo quasi più e camminando mi sono trascinato fino al campo base avanzato». Possiamo considerarla una 'prima'?

«Mah, intanto non sono arrivato in cima, anche se sciare quel pezzo mancante sarebbe stato abbastanza banale. Mi risulta di essere il primo italiano che è sceso con gli sci, dopo che Marco Galliano era già sceso dalla cima con la tavola. Forse è una prima dalla via Messner, ma sinceramente non lo so. In realtà non mi interessa molto e comunque non la ritengo una grande impresa. Il Cho Oyu lo vedo più che altro come un'evoluzione naturale del mio percorso di sciatore, dall'agonismo tra i pali, al freeride, allo sci ripido, fino all'alta quota. Quello che ho veramente capito è che a 8000 metri non si scia normalmente e il ripido conta relativamente. Poi in generale penso che le classifiche inducano un meccanismo sba-

gliato, quasi un accontentarsi di essere il primo, il secondo, il terzo...... senza porsi obiettivi originali, che prescindano da ciò che fanno gli altri». Da dove arriva questa passione per il freeride, il ripido, l'estremo, l'alta quota, gli spazi selvaggi? E' una cosa di famiglia?

«Non direi, anche se mio papà ha un importante passato di volo a vela. È stato però sempre uno sciatore della domenica e non credo che la passione me l'abbia trasmessa lui. Semplicemente quando da ragazzino a Courmayeur facevo pali su pali, avevo la sensazione di essere in un recinto da cui potevo appena annusare fuori. Guardavo le montagne e me le immaginavo che ghignavano a vedere tanta gente che saliva e scendeva sempre nello stesso posto, sempre con le stesse curve. Quando sono diventato maestro lavoravo durante la settimana, spesso con clienti inglesi, e poi il weekend lo dedicavo alle discese sulle montagne qui intorno. Ho sempre cercato di fare cose originali. All'inizio forse anche per trovare conferme dagli altri, ma in seguito soprattutto per seguire un mio percorso, per assecondare una spinta naturale».

Il più grande sciatore estremo di sempre? Voglio un nome solo.

«Stefano De Benedetti, senza dubbio. È uno che ha saputo vedere oltre, che ha spostato i confini del gioco. Poi ammiro tutta la scuola francese, da Jean Marc Boivin a Pierre Tardivel. Il Monte Bianco, non c'è niente da fare, è la vera patria del ripido, come le Hawaii per il surf. E come gli hawaiani leggono l'onda da dietro e la misurano con parametri diversi dagli altri, così a Chamonix e sul Bianco tutto ha una valenza diversa. Discese che da altre parti sembrano estreme, portate lì e confrontate con le loro, ne escono largamente ridimensionate. È una questione di morfologia delle montagne, ma soprattutto di mentalità, di feeling con il ripido, di atmosfera». Cosa pensi del limite dello sci estremo? È un limite fisico, tecnico o psicologico?

«Certamente esiste un limite fisico: oltre una certa pendenza si precipita. Dal punto di vista tecnico si sono fatti grandi progressi, sci sempre più leggeri per la salita e performanti per la discesa. Quello su cui però si gioca tutto è il limite psicologico. Sciare con due palettoni sui pendii di powder dell'Alaska, dove anche se cadi al massi-

…quando da ragazzino a Courmayeur facevo pali su pali, avevo la sensazione di essere in un recinto da cui potevo appena annusare fuori. Guardavo le montagne e me le immaginavo che ghignavano a vedere tanta gente che saliva e scendeva sempre nello stesso posto, sempre con le stesse curve…


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Da sinistra in alto. Una fase della salita al Cho Oyu, superando i ‘penitentes’. Alcune curve nella powder a quota 7000 metri sulla Dea Turchese. Beo nel suo inseparabile furgone. Sotto. In azione sul mitico Coolidge sul Monviso. photo©archivio Beozzi


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FABIO BEOZZI

mo rotoli giù fino in fondo senza ghiaccio né rocce, non è come affrontare un couloir ghiacciato sul Bianco. Anche a parità di pendenza c'è una bella differenza, tecnica, ma soprattutto psicologica. Anche l'ambiente fa la sua parte, ci sono discese che solo a guardarle ti si chiude lo stomaco, altre ugualmente impegnative e rischiose che invece sono in un contesto meno severo e angosciante. Il limite che si può spostare sempre un po' più in là è quello del saper controllare le proprie emozioni. Lo sto imparando poco alla volta e il mio scopo è riuscire ad affrontare una discesa non perché è ripida, ma perché mi piace essere là, per il solo gusto di farla. Vorrei arrivare a non staccare la performance dalla gioia». Che differenze vedi rispetto al passato dal punto di vista della cultura dello sci estremo?

«La differenza principale è la comunicazione. Oggi con internet sai tutto di tutti, c'è una storiografia completa delle discese, sai esattamente quando, come, chi ha fatto una certa cosa. I report degli altri facilitano molto, ma influenzano, indirizzano verso obiettivi specifici. Salvo eccezioni, il campo delle possibilità si restringe in maniera paradossale all'aumentare delle informazioni». Hai mai avuto incidenti?

«Taci, proprio tre giorni fa. Lo vedi quel canale sotto la casetta in cima all'impianto? Ero con un amico cliente, è una discesa che faccio abitualmente. Mi ero accorto che la neve era ventata e poteva essere pericolosa. Ho detto al cliente di aspettare e con tutte le precauzioni sono entrato nel canale, pensando che al massimo avrebbe potuto staccarsi qualcosa davanti o sotto di me. Invece si è staccato tutto e sono partito dentro la valanga. Non vedevo né capivo niente, ho fatto un primo salto, poi un altro che non finiva più, e lì ho pensato di essere morto. Sono volato giù da quella barra rocciosa, la vedi? Saranno almeno 10 metri di salto. La valanga era talmente grande che, invece che seguire il canale, ha tirato dritto scavalcando le rocce. Mi sono fermato con solo la testa e un braccio fuori dalla neve. Niente di rotto, solo qualche botta, un vero miracolo. Però ho perso tutto: sci, bastoni, cappello, occhiali, la radio... Ad un certo punto ho sentito che la neve stava per strapparmi via anche gli scarponi. Ieri sono tornato su con le pelli per cercare, ma non ho trovato nulla. Ero incazzato nero, non certo per la roba persa, ma perché mi era successo, perché non avevo saputo valutare abbastanza bene il rischio. E sì che sono uno molto prudente, preciso, attento. Mi sono messo d'impegno per capire dove ho sbagliato, ci sto pensando ancora. Qualcosa di imponderabile c'è sempre, ma non mi basta. Però devo dire che, nella sfiga e nella fortuna di poterla raccontare, è stata una grande lezione per il futuro».

Fabio in azione nella sua Sestriere


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PROFESSIONE GUIDA testo: Damiano Lenzi

'Jaki'

ve lo racconto io... Damiano Lenzi è l'autore d'eccezione per questo ritratto di Fabio Iacchini. ha intervistato il suo 'mentore', guida alpina, scialpinista e sciatore estremo che a soli 18 anni ha fatto il Canalone Marinelli

O

ggi ho lasciato a casa pelli e sci e ho impugnato una penna. Davanti a un'immancabile birretta, proverò a vestire i panni del giornalista. Per intervistare, o meglio, fare quattro chiacchiere delle nostre, con un caro amico, oltre che ex compagno di gare. È un riferimento a 360° per tutto ciò che riguarda la montagna, per me e non solo, dall’agonismo all’estremo, dalle Alpi all’Himalaya. Un personaggio che dietro la sua 'ghignatina' - e chi lo conosce sa di cosa sto parlando - nasconde un’umiltà incredibile: non racconta troppo di sé e delle sue imprese, ma credetemi, è un grande! Lui è lo 'Jaki', all’anagrafe Fabio Iacchini, è nato il 26 maggio del 1967 e vive a Macugnaga. Per farvi capire chi è Jaki, bastano poche righe: istruttore e guida alpina, maestro di sci, alpinista con all’attivo svariate cime, per esempio due ottomila (lo Shisha Pangma nel 2005, scendendo sci ai piedi da quota 7100 metri, e il Broad Peak nel 2007), il Lila Peak, il Fitz Roy, l'Ama Dablam e tre nuove vie su roccia in Groenlandia con difficoltà fino al 6c in libera e A/2, A/3 in artificiale. Senza dimenticare le salite record, tra le quali il concatenamento dalla Nordend alla Gnifetti partendo di corsa da Macugnaga e scendendo in parapendio, in otto ore e 12 minuti. Una 'cosetta' da poco…

Allora Jaki, una vita tra le montagne, Alpi ma non solo… Come nasce la tua passione?

«Nasce da una tradizione di famiglia, mio nonno e mio papà erano guide e mi hanno trasmesso questa passione. Che anno dopo anno è andata evolvendosi». E tu quando hai fatto il corso guida?

«Appena ho potuto, compiuti i 18 anni mi sono presentato alle selezioni». Come divideresti la tua passione a 360° per la montagna, tra ski-alp, sci ripido, arrampicata, ascensioni in stile alpino e il lavoro di guida?

«A me piace fare tutto, quindi cerco di adattarmi all’attività ideale per ogni stagione, questo mi permette sempre di trovare nuovi stimoli, di non annoiarmi, e per quanto è possibile cerco di confrontarmi con l’élite di ogni disciplina, per migliorarmi. Così da mantenere il mio livello alto e svolgere al meglio il lavoro di giuda e istruttore. Per me è fondamentale». Ma non è facile fare tutto…

«Certo, ma quando ciò che fai ti diverte, tutto è più semplice. Nello stesso tempo questo mio voler fare tutto credo che abbia pregiudicato il raggiungimento della performance assoluta, ad esempio nello ski-alp: mi sarebbe piaciuto applicarmi più seriamente per vedere dove sarei potu-

to arrivare».

Ultimamente si associa sempre più lo scialpinismo al freeride. Tu che nel 1985, a soli 18 anni, hai salito e sceso il canalone Marinelli con gli sci, cosa ne pensi?

«Mah, il freeride lo abbiamo sempre fatto anche noi venti anni fa, lo chiamavamo fuoripista, avevamo sci diversi, ma la sostanza era quella, poi è ovvio che il livello dei top, come in tutti gli sport, si è alzato. La novità è che hanno allargato gli sci e lo hanno chiamato con un nome americano. Che lo si pratichi salendo con gli impianti, oppure con le pelli, poco cambia. Anzi, a volte il freeride lo facevamo anche in pista tra le gobbe, perché i gatti non sempre passavano! Comunque sono contento, perché questa moda sta avvicinando molte persone alla montagna e allo ski-alp. E mi raccomando, sempre con Artva, pala e sonda!». E lo sci ripido? Cos’e per te?

«Sono sempre stato attratto dal ripido. Essendo cresciuto con i pionieri di questa disciplina in pieno spolvero e con la parete più alta delle Alpi davanti casa, sono subito stato 'catturato'. Come dicevi tu, a 18 anni un giorno ho preso sci e scarponi, l’ho salita e sciata. Allora non era cosa da tutti i giorni. Poi ho continuato a cercarlo, sciando numerosi canali e scivoli qui sul Rosa, molte linee senza nome e che nessuno conosce, ma nemmeno m'interessava farlo sapere, lo facevo per divertimento, mi piaceva e mi piace ancora e a me va bene così». Ma le discese più difficili quali sono state?

«Voglio fare una premessa: il difficile dipende molto dalle condizioni che trovi, oltre che dalle difficoltà oggettive del pendio. A volte discese di 45 gradi con neve dura sono peggio di discese di 50 gradi con neve bella. Comunque le due più impegnative e più blasonate che ho sciato sono la Est del Cervino nel giugno 2001 e il Canale Solitudine il 26 maggio 2006, sulla Est del Rosa, tuttora non ripetuto». Dopo il Solitudine, hai in mente qualche altra prima sul Rosa, o qualche altra parete mitica?

«Qualcosa ci potrebbe essere, se capiterà l’occasione e le condizioni saranno buone, perché no?». Così vengo anche io!?

«Hi hi hi, ok poi vediamo, intanto pensa a fare le gare…». Ma a proposito di parete Est del Rosa, la più alta delle Alpi e a detta di molti la più simile alle pareti himalayane: hai trovato questa somiglianza e ti è servito essere cresciuto proprio lì sotto?


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Foto aerea di Jaki in azione sul Solitudine

«In effetti la morfologia delle pareti è simile. Sì, mi è servito tecnicamente, ma in Himalaya c’è la quota. Quando qui si fa fatica, là si soffre nel vero senso della parola. Quindi, oltre che la preparazione alle difficoltà tecniche che montagne del genere ti propongono, è fondamentale l’acclimatamento e stare bene fisicamente». Adesso veniamo a noi. Era bella la nostra coppia '67-'87!

«Bei tempi, ci divertivamo, eri un ‘bocia’ e mi tiravi già il collo, abbiamo fatto belle gare, siamo arrivati quinti al Tour del Gran Paradiso, uno dei miei risultati migliori». Io mi divertivo un sacco, poi imparavo sempre qualcosa!

«Penso sia servito a tutti e due, io ero stimolato ad allenarmi e a spremermi al massimo in salita e tu, ancora fondista, imparavi a scendere. Poi in gara ne combinavamo sempre qualcuna, ma era bello così». E alla Pizolada 2004, ti ricordi? Mi avevi portato a prendere la roba 'larga' tre giorni prima. Era la mia prima gara. Siamo arrivati al Passo San Pellegrino alle 23.30 dopo un viaggio pazzo. Al mattino esco per fare colazione e chiudo la chiave dentro la camera. Risultato? Arrivati alla partenza mentre davano il via. Non avevamo ancora gli sci ai piedi… Lì ti eri 'sfasciato'…

«Eh, eri già un 'fenomeno', quasi non partiamo. Con il viaggio che avevamo fatto certo che mi arrabbiavo!». Dai che eri andato forte! Terzo mi sembra…

«Sì, è vero. Eravamo andati bene: io terzo e tu secondo». E quest’anno che gare farai?

«Non lo so ancora, intanto cercherò di allenarmi, poi se mi sentirò in ‘bolla’, verso metà stagione può essere che metta il pettorale, anche perché a me piacciono le classiche: non amo troppo le notturne di inizio inverno». Allora domani andiamo a fare un giretto, così attacchi…

«Dai, ci sentiamo domani, però solo se vai piano, perché adesso spingi troppo!» tranquilli! Ciao Fabio, a domani.

«Ciao ‘fenomeno’».

E dopo avere salutato lo 'Jaki' devo lasciarvi, cari amici Ski-alper, sperando di ritrovarvi presto. Chi allo start di qualche competizione, chi sul percorso a fare il tifo e, soprattutto, tutti insieme al bar con una birra in mano!


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zaini e bastoni SELEZIONE: Sebastiano Salvetti

Soggetti, non complementi Spesso considerati a torto ‘cugini poveri’ di sci, attacchi e scarponi, zaino e bastoni fanno parte della dotazione nobile e irrinunciabile di ogni scialpinista. Ecco la nostra selezione di 60 prodotti ad alto contenuto tecnologico


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uciano Pavarotti con un walkie tolkie anziché un microfono. PierreAuguste Renoir con un rullo da imbianchino invece di un pennello. Giacomo Leopardi con un Uni Posca piuttosto che penna e calamaio. Avrebbero comunque fatto parlare di sé? Avrebbero eccelso nel canto, nella pittura e nella scrittura? Forse sì, ma con infinite difficoltà. Perché nonostante l’incommensurabile talento, avrebbero mancato di strumenti adatti a magnificare il proprio genio. Allo stesso modo, uno ski-alper con bastoni e zaino di dubbia qualità può possedere sci da 700 g, essere dotato di un motore da Caterpillar e vantare superiori capacità nel ‘leggere’ la neve, ma non andrà lontano. Nel primo caso non riuscirà a bilanciare il corpo e scaricare a terra parte della propria forza, nel secondo non saprà dove agganciare gli sci nelle fasi di camminata; e quando ululerà il vento, incontrerà ghiaccio o il gelo affonderà il proprio morso, non avrà nessun ‘cappello magico’ dal quale estrarre strumenti e capi d’abbigliamento che lo soccorrano. Spesso considerati a torto cugini poveri di sci, scarponi e attacchi al momento dell’acquisto, zaino e bastoni fanno invece parte della dotazione nobile e irrinunciabile di ogni scialpinista. Per entrambi leggerezza, ergonomia e robustezza sono caratteristiche distintive e imprescindibili. Ecco un’analisi di 60 prodotti top. Dai bastoni tradizionali in alluminio a quelli ultralight in Kevlar e carbonio, passando per i modelli dai sistemi di bloccaggio più ricercati, ad esempio mediante tiranti interni stile sonda da valanga. Aria nuova anche nel mondo degli zaini, sempre più spesso corredati di tasche specifiche per pelli e ramponi, ingegnose soluzioni per il fissaggio degli sci e schienali personalizzabili. Prodotti da scegliere, come sempre, con i consigli della redazione di Ski-alper.


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zaini e bastoni

BASTONI La guerra dei mondi Da un lato sono fondamentali in fase di progressione, consentendo sia di scaricare a terra la forza esercitata dalle braccia sia di bilanciare il corpo, dall’altro favoriscono l’equilibrio in discesa. E non vi si può rinunciare. Sono i bastoni, nello scialpinismo moderno divisi in due macro categorie: a lunghezza fissa, ovvero in un unico pezzo e mutuati dallo sci di fondo, quindi solitamente caratterizzati da ‘papera’ e punta corta arcuata in sostituzione delle più tradizionali rotella ampia e punta lunga, oppure a lunghezza variabile, denominati telescopici, forti di due o più segmenti. I primi favoriti sotto il profilo della leggerezza, della tenuta e dell’efficacia in fase di spinta, per questo particolarmente amati a livello agonistico, i secondi apprezzati per la modularità e facilità di trasporto. Condividono l’obiettivo del contenimento del peso e della resistenza a torsioni e flessioni, nonché impugnature ergonomiche con rivestimenti antiscivolo preferibilmente estesi lungo la parte sommitale del tubo per facilitare la presa nei traversi.

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Mirano più alla robustezza che alla leggerezza grazie al tubo in carbonio da 14 mm di diametro con rinforzi in Kevlar nella parte terminale per prevenire i danni da contatto con rocce e lamine. Punta lunga e rotella tradizionale. www.blackdiamondequipment.com Materiale: carbonio Manopola: foam/fibre sintetiche Punta: lunga tradizionale Lunghezze: da 110 a 130 cm ogni 5 cm Peso: 237,5 g (120 cm) Prezzo: 89,90 euro Pro Robustezza Contro Peso

3+ Crazy Idea Nrg Poles

Nascono per le competizioni e sono realizzati all’80% in fibra di carbonio. Rinforzi in Kevlar antischeggiatura. ‘Papera’ di dimensioni generose per l’utilizzo in neve fresca. Punta sdoppiata a vantaggio del grip su ghiaccio e nevi compatte. www.crazyidea.it Materiale: carbonio/Kevlar Manopola: fibre sintetiche/spugna Punta: lunga sdoppiata Lunghezze: nd. Peso: nd. Prezzo: 109 euro Pro ‘Papera’ maggiorata Contro Assenza impugnatura antiscivolo estesa

Al tubo in titanal, lega d’alluminio più leggera del titanio, e alla ‘papera’ derivata dallo sci di fondo s’abbinano l’impugnatura antiscivolo in neoprene, estesa sotto alla manopola in sughero, e la punta in carbide (carburo di tungsteno). www.dynafit.it Materiale: titanal Manopola: sughero/fibre sintetiche Punta: lunga ricurva Lunghezze: da 115 a 145 cm ogni 5 cm Peso: 220 g (130 cm) Prezzo: 60 euro Pro Impugnatura antiscivolo estesa Contro Peso

Sono votati più al freeride che allo ski-alp, come testimoniano il rilevante diametro del tubo (18 mm), a vantaggio della robustezza, nonché punta e rotella tradizionali. Quest’ultima intercambiabile (da 50 e 80 mm di diametro). Impugnatura estesa. www.dynastar.com Materiale: alluminio Manopola: foam Punta: lunga tradizionale Lunghezze: da 110 a 135 cm ogni 5 cm Peso: nd. Prezzo: 62 euro Pro Robustezza Contro Manopola poco sagomata

6+ Ferrino Tour

Non è tutto d’un pezzo. O meglio, può essere smontato in 4 sezioni e ricomposto mediante un sistema di tiranti, come una sonda da valanga. Tubo in avional, lega d’alluminio temprata, e impugnatura estesa in espanso. Punta in vidiam (carburo di tungsteno sinterizzato). www.ferrino.it Materiale: avional Manopola: foam Punta: lunga tradizionale Lunghezze: da 115 a 135 cm ogni 10 cm Peso: 225 g (125 cm) Prezzo: 92,20 euro Pro Ingombri per il trasporto Contro Resistenza a torsioni e flessioni

Il tubo da 14 mm di diametro è in AluCarb, lega d’alluminio rivestita in fibra di carbonio. Il lacciolo con un’ampiezza di 35 mm agevola nelle fasi d’appoggio e spinta. Punta corta ricurva in vidiam e “papera” derivata dallo sci di fondo. www.fizan.it Materiale: AluCarb Manopola: fibre sintetiche/gomma Punta: corta ricurva Lunghezze: da 110 a 135 cm ogni 5 cm Peso: 160 g (120 cm) Prezzo: 59 euro Pro Leggerezza Contro Assenza impugnatura antiscivolo estesa

Parole d’ordine affidabilità e robustezza grazie al tubo in alluminio dal diametro crescente in corrispondenza dell’impugnatura (da 16 a 18 mm). Quest’ultima estesa grazie a un rivestimento in neoprene. Punta sdoppiata a vantaggio del grip su ghiaccio. www.gabel.it Materiale: alluminio Manopola: foam/fibre sintetiche Punta: lunga sdoppiata Lunghezze: da 110 a 150 cm ogni 5 cm Peso: 186 g (120 cm) Prezzo: 69,90 euro Pro Robustezza Contro Estensione impugnatura contenuta

9+ Gipron 777 Haute Route Superlite

Semplici ed essenziali, si compongono di tubi in lega d’alluminio, più precisamente ergal e zicral, e di un’impugnatura estesa in neoprene. Rotella tradizionale particolarmente ampia per nevi profonde. Lacciolo con imbottitura antishock. www.gipron.it Materiale: ergal/zicral Manopola: foam/neoprene Punta: lunga tradizionale Lunghezze: da 110 a 145 cm ogni 5 cm Peso: nd. Prezzo: nd. Pro Lacciolo antishock Contro Ingombri rotella in spinta su nevi compatte

10+ Leki Cima Carbon

Tubo in carbonio da 16 mm di diametro con rinforzi in Kevlar per prevenire i danni da impatto con lamine e pietre, nonché scheggiature in caso di rottura. Lacciolo ad aggancio/sgancio rapido. ‘Papera’ da fondo e impugnatura estesa in neoprene. www.leki.it Materiale: carbonio/Kevlar Manopola: gomma/sughero Punta: lunga ricurva Lunghezze: da 120 a 150 cm ogni 5 cm Peso: 186 g (135 cm) Prezzo: 159,95 euro Pro Lacciolo ad aggancio/sgancio rapido Contro Prezzo

11+ Merelli Leggera

Leggerezza da primato grazie al tubo in carbonio al 100%. La disposizione delle fibre composite è studiata per garantire la massima spinta e al contempo un’elasticità controllata. “Papera” con finitura inferiore zigrinata anti ghiaccio. www.merelliski.it Materiale: carbonio Manopola: sughero/fibre sintetiche Punta: corta ricurva Lunghezze: da 120 a 150 cm Peso: 130 g (150 cm) Prezzo: 130 euro Pro Leggerezza Contro Prezzo

12+ Ski Trab Piuma Vertical

Carbonio al 100% con una speciale finitura di rinforzo nella parte terminale per evitare danni da urto o scheggiature. ‘Papera’ a doppio becco. Lacciolo particolarmente avvolgente a tutto vantaggio dell’efficacia in fase di spinta. www.skitrab.com Materiale: carbonio Manopola: sughero/gomma Punta: corta ricurva Lunghezze: da 120 a 150 cm ogni 5 cm Peso: 160 g Prezzo: 129,90 euro Pro Leggerezza Contro Assenza impugnatura antiscivolo estesa


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LUNGHEZZA VARIABILE 1+ Black Diamond Compactor

Si ripiegano a Z (con un ingombro di 38 cm) grazie a un sistema di tiranti interni e coni di fissaggio. L’effetto telescopico è pari a 20 cm. Disponibili anche con lunghezza adattabile da 115 a 135 cm (298 g). Finitura antiscivolo sotto la manopola. Rotella da 100 mm di diametro con alloggi per le sezioni del tubo ripiegato e finitura inferiore zigrinata anti ghiaccio. www.blackdiamondequipment.com Materiale: alluminio Sezioni: 3 Manopola: gomma a doppia densità Punta: lunga tradizionale Lunghezza: da 105 a 125 cm Peso: 290 g Prezzo: 99,90 euro Pro Ingombri ridotti per il trasporto Contro Funzionalità bloccaggio ‘a rischio’ in presenza di ghiaccio

2+ Dynafit Carbon Broad Peak

Mai più chiusure indesiderate: il sistema di bloccaggio sfrutta specifiche scanalature lungo il tubo inferiore in carbonio, scongiurando gli allentamenti. Sotto alla manopola in foam, materiale espanso spugnoso al tatto, vi è una finitura antiscivolo per agevolare l’impugnatura nei traversi. Rotella tradizionale. www.dynafit.it Materiale: carbonio Sezioni: 2 Manopola: foam Punta: lunga tradizionale Lunghezza: da 115 a 145 cm Peso: 190 g Prezzo: 145 euro Pro Leggerezza Contro Prezzo

3+ Dynastar Nepal 9

Sistema di bloccaggio ‘a bottone’ per la sezione inferiore, a tutto vantaggio della rapidità. La rotella, tradizionale, può essere inclinata per copiare il pendio e non ostacolare in fase di spinta. Punta in carbide e impugnatura estesa. www.dynastar.com Materiale: alluminio Sezioni: 3 Manopola: foam Punta: lunga tradizionale Lunghezza: da 110 a 140 cm Peso: nd. Prezzo: 96 euro Pro Rotella a inclinazione variabile Contro Funzionalità bloccaggio a bottone ‘a rischio’ in caso di ghiaccio

4+ Ferrino Mustang

Tubo in alluminio, punta in tungsteno e impugnatura estesa in neoprene. Vengono forniti completi di doppia rotella, del tipo tradizionale, e rivestimento in gomma del puntale per un utilizzo anche estivo. www.ferrino.it Materiale: alluminio Sezioni: 3 Manopola: foam/fibre sintetiche Punta: lunga tradizionale Lunghezza: da 60 a 135 cm Peso: 250 g Prezzo: 48,40 euro Pro Ampiezza escursione telescopica Contro Lacciolo poco ergonomico

5+ Fizan Quota

Il peso, nell’ordine dei 380 g a paio, è degno di un modello a lunghezza fissa. Impugnatura estesa in neoprene; materiale utilizzato anche per il rivestimento del lacciolo. Sono forniti con rotelle tradizionali da 55 e 85 mm di diametro. Punta in vidiam. www.fizan.it Materiale: alluminio Sezioni: 2 Manopola: foam Punta: lunga tradizionale Lunghezza: da 95 a 135 cm Peso: 190 g Prezzo: 59 euro Pro Leggerezza Contro Tenuta nel tempo del bloccaggio a espansione

6+ Gabel Trail Tour FL

Impugnatura estesa in neoprene e punta in carbide. Spiccano la rotella, via di mezzo tra il componente tradizionale e la ‘papera’ da fondo, e la manopola, derivata dallo sci nordico. Protezione superficiale antigraffio. www.gabel.it Materiale: alluminio Sezioni: 2 Manopola: gomma a doppia mescola Punta: lunga tradizionale Lunghezza: da 81 a 142 cm Peso: 263 g Prezzo: 42,90 euro Pro Conformazione rotella Contro Peso

7+ Gipron 779 Piuma FlickLock

Si compongono di tubi in lega d’alluminio, più precisamente ergal e zicral, e di un’impugnatura particolarmente estesa in neoprene. Disponibili anche nella versione con lunghezza regolabile da 110 a 130 cm. www.gipron.it Materiale: ergal/zicral Sezioni: 2 Manopola: foam Punta: lunga tradizionale Lunghezza: da 125 a 145 cm Peso: nd Prezzo: nd Pro Estensione impugnatura generosa Contro Lacciolo poco ergonomico

8+ Komperdell C2 Carbon Power Lock Tubi in carbonio al 100% e manopola zigrinata per un maggior grip. Punta in carbide. Disponibili anche in versione lady con peso ridotto a 172 g. Lacciolo antishock rivestito in neoprene. Finitura antiscivolo alla base della manopola. www.komperdell.com Materiale: carbonio Sezioni: 2 Manopola: foam/fibre sintetiche Punta: lunga tradizionale Lunghezza: da 110 a 145 cm Peso: 195 g Prezzo: 129,95 euro Pro Leggerezza Contro Prezzo

9+ Leki Venom-Vario Aergon

Tubi in carbonio, Kevlar e alluminio per abbinare leggerezza e robustezza. Impugnatura estesa in neoprene e manopola priva di spigoli. Lacciolo anch’esso rivestito in neoprene a vantaggio del confort. Bloccaggio rapido a guanti indossati. www.leki.it Materiale: carbonio/Kevlar/alluminio Sezioni: 2 Manopola: neoprene/fibre sintetiche Punta: lunga tradizionale Lunghezza: da 110 a 150 cm Peso: 276 g Prezzo: 149,95 euro Pro Manopola ergonomica Contro Peso

10+ Movement Progression 2 Power Lock II

Al tubo in titanal, lega d’alluminio più leggera del titanio, s’abbinano l’impugnatura estesa in neoprene e il lacciolo rivestito nel medesimo materiale. La rotella, del tipo tradizionale, ha un diametro di 100 mm, ideale in caso di neve profonda. Punta in carbide. www.movementskis.com Materiale: titanal Sezioni: 2 Manopola: foam Punta: lunga tradizionale Lunghezza: da 85 a 150 cm Peso: nd. Prezzo: nd. Pro Ampiezza escursione telescopica Contro Bloccaggio esposto agli urti

11+ Salewa Tour Carbon S3

Analogamente a Dynafit Carbon Broad Peak, il sistema di bloccaggio sfrutta le scanalature lungo il tubo inferiore per scongiurare gli allentamenti. Sezioni superiore in titanal e inferiore in fibra di carbonio. www.salewa.it Materiale: titanal/carbonio Sezioni: 2 Manopola: foam Punta: lunga tradizionale Lunghezza: da 74 a 140 cm Peso: 203 g Prezzo: 119,90 euro Pro Tenuta sistema di bloccaggio Contro Assenza impugnatura antiscivolo estesa

12+ Ski Trab Piuma Clip Alp

Lunghezza regolabile, ma senza rinunciare a manopola e ‘papera’ da fondo, solitamente appannaggio dei modelli in pezzo unico. Tubi in lega d’alluminio, più precisamente ergal, da 16 mm di diametro e impugnatura estesa. Disponibili anche con rotella tradizionale da 100 mm di diametro. www.skitrab.com Materiale: ergal Sezioni: 2 Manopola: sughero/fibre sintetiche Punta: lunga tradizionale Lunghezza: da 105 a 140 cm Peso: 240 g Prezzo: 59,90 euro Pro Manopola e ‘papera’ da fondo Contro Tenuta nel tempo del bloccaggio a espansione


74 > editor’s choice

zaini e bastoni

ZAINI Tutto su di te Croce e delizia. Rifugio e cilicio. È lo zaino. Mai troppo leggero, mai abbastanza capiente, mai sufficientemente comodo. Tenerlo sulle spalle per una giornata, una gara o un tour di più giorni può rivelarsi un conforto oppure un tormento. I fattori determinanti sono peso, ergonomia, resistenza alle abrasioni, impermeabilità, facilità nell’agganciarvi gli sci e riporre i ramponi. Due le categorie analizzate: competizione e utilizzo giornaliero, con capienze intorno (quando non inferiori) a 25 litri, oppure grantour, con capacità prossime a 40 litri e più. In entrambi i casi non dovrebbero mai mancare scomparti per pala e sonda, schienali adattabili e la predisposizione per il sistema d’idratazione.

GARA/GIORNATA SINGOLA 1+ Atomic Tracker Part Timer

Non è un prodotto specifico per lo ski-alp, bensì destinato a svariati utilizzi sulla neve. In ogni caso non mancano i supporti per il fissaggio degli sci e della piccozza, così come gli inserti traspiranti lungo lo schienale e gli spallacci. Dimensioni di 52 x 36 x 16 cm. www.atomicsnow.com Volume: 28 l Scomparti: 2 Idratazione: compatibile Peso: 1.100 g Prezzo: 120 euro Pro Inserti traspiranti lungo lo schienale Contro Peso

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2+ Bergans Birken Duo 18L

Dalla Norvegia un prodotto interamente in Cordura (fibra di nylon intrecciata). Dotato di 3 tasche esterne in rete a trama stretta, schienale e spallacci con inserti traspiranti nonché cinghie di compressione del carico, è disponibile anche nella versione con capienza ridotta a 12 litri. Accesso dall’alto mediante cerniere termonastrate. www.bergans.com Volume: 18 l Scomparti: 2 Idratazione: si Peso: 560 g Prezzo: 85 euro Pro Sistema d’idratazione integrato Contro Fissaggio sci non specifico

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3+ Black Diamond Agent

Può essere abbinato al sistema AvaLung (in foto), volto a prolungare la sopravvivenza in valanga deviando e allontanando l’anidride carbonica espirata mediante un boccaglio, estraendo al contempo ossigeno dalla neve. In tal caso il peso cresce a 1.310 g. Fissaggio sci in diagonale. Sistema di trasporto integrato per pala e sonda. Disponibile anche con capienza di 18 litri (900 g). www.blackdiamondequipment.com Volume: 20 l Scomparti: 2 Idratazione: compatibile Peso: 980 g Prezzo: 89,90 euro Pro Compatibilità sistema AvaLung Contro Peso

4+ Camp Rapid 260

Nato per le competizioni, è dotato di due porta sci intercambiabili: mediante gancio lungo lo spallaccio per lo ski-alp classico, oppure con sistema di fissaggio veloce per le gare sprint. Il ‘tunnel’ preformato per l’alloggiamento dei ramponi è accessibile anche a zaino indossato e con una sola mano. Tasca interna per pala, sonda e piccozza. Longe a scomparsa per il traino del compagno in difficoltà. www.camp.it Volume: 20 l Scomparti: 1 Idratazione: compatibile Peso: 260 g Prezzo: 80 euro Pro Leggerezza Contro Votato esclusivamente all’utilizzo racing

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5+ Cilao iZi 11 Alpi

Minimo volume, massima leggerezza. Destinato agli agonisti, è fornito con due diversi tipi di spallacci e cintura ventrale per adattarsi sia allo scialpinismo, sia alla mountain bike, sia alla corsa in montagna. Il sistema di trasporto sci (verticale o in diagonale) è opzionale. www.cilao.com Volume: 11 l Scomparti: 1 Idratazione: compatibile Peso: 235 g Prezzo: 125 euro Pro Leggerezza Contro Sistema trasporto sci opzionale

6+ Columbia Bugaboo Ranger

Ha come punto di forza la tenuta agli agenti atmosferici grazie alla termonastratura delle cuciture particolarmente curata. Il sistema d’idratazione beneficia di uno specifico isolamento termico. Trasporto sci sia in diagonale sia in verticale. La fascia pettorale è corredata di fischietto per le emergenze. Profili riflettenti. www.columbia.com Volume: 11 l Scomparti: 1 Idratazione: compatibile Peso: nd. Prezzo: 75 euro Pro Isolamento termico del sistema d’idratazione Contro Capacità ridotta

7+ CRazy Idea Race Dna Hydro

Ha le gare nel proprio Dna. La tasca porta ramponi, accessibile mediante un’apertura laterale, può essere sfruttata anche a zaino indossato ed è realizzata in materiale antistrappo. Corredato di sacca per l’idratazione da 1 litro, ha alloggi dedicati per pala e sonda. Aggancio rapido per gli sci rivestito in metallo. www.crazyidea.it Volume: 20 l Scomparti: 1 Idratazione: si Peso: nd. Prezzo: 80 euro Pro Sistema d’idratazione integrato Contro Votato esclusivamente all’utilizzo racing

8+ Dakine Pro II

Strizza l’occhio allo snowboard alpinismo, in quanto dotato sia di fissaggio degli sci (in diagonale o a V rovesciata) sia di fibbie per il trasporto della tavola. Tasca esterna per pala, sonda e casco. Il sistema d’idratazione beneficia di uno specifico isolamento termico. Accesso allo scomparto principale anche dallo schienale. Dimensioni di 53 x 30 x 18 cm. www.dakine.com Volume: 26 l Scomparti: 3 Idratazione: compatibile Peso: 1.400 g Prezzo: 119 euro Pro Sistema di fissaggio sci e snowboard Contro Peso

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9+ Deuter Speed Lite 20

A metà strada tra lo ski-alp e il trekking estivo, può ospitare un sistema d’idratazione con capienza sino a 3 litri, non isolato termicamente. Il fissaggio verticale degli sci è affidato, anziché a specifici laccioli, alle cinghie di compressione laterali. Tasca frontale in rete per le pelli. Dimensioni di 48 x 26 x 18 cm. Schienale e spallacci traspiranti. www.deuter.com Volume: 20 l Scomparti: 1 Idratazione: compatibile Peso: 530 g Prezzo: 62 euro Pro Schienale traspirante Contro Fissaggio sci non specifico

10+ Dynafit Broad Peak 28

Capienza contenuta, massima specializzazione. Forte di schienale e spallacci traspiranti, è dotato di fissaggio rapido per piccozza, sci e corda, tasca esterna in rete per le pelli, comparti separati per pala e sonda nonché alloggiamento rinforzato per i ramponi, accessibile anche a zaino indossato. Porta borraccia amovibile lungo lo spallaccio e predisposizione per il sistema d’idratazione. www.dynafit.it Volume: 28 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Peso: 890 g Prezzo: 125 euro Pro Ricchezza dotazioni tecniche Contro Prezzo

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11+ Dynastar Cham Abs Compatible Pro Rider 25

È compatibile con il sistema airbag Vario Base Unit (1.200 g) della tedesca Abs, applicabile allo schienale mediante cerniere nastrate e forte di un volume di galleggiamento di 170 litri. Tasca interna per pala e sonda, agganci per piccozza e bastoni. Gli sci possono essere fissati sia in verticale sia in diagonale. www.dynastar.com Volume: 25 l Scomparti: 2 Idratazione: compatibile Peso: nd. Prezzo: 138 euro Pro Compatibilità sistema airbag Contro Prezzo

12+ Ferrino H.L. Race 15+3

Interamente realizzato in Cordura, nasce per le competizioni ed è corredato da un marsupio (160 g) destinato a ospitare i ramponi. Forte di un doppio fissaggio rapido per gli sci, è dotato di tasca interna per pala e sonda. Cintura ventrale amovibile e spallacci traspiranti. www.ferrino.it Volume: 15+3 l Scomparti: 1 Idratazione: compatibile Peso: 380 g Prezzo: 57,80 euro Pro Marsupio porta ramponi Contro Votato esclusivamente all’utilizzo racing


76 > editor’s choice

zaini e bastoni

13+ La Sportiva Stratos

Dispone di sistema di fissaggio rapido degli sci, azionabile anche in movimento, nonché di porta piccozza, cerniere termonastrate e anello di tenuta per prestare aiuto ‘trainando’ il compagno. Non mancano un vano specifico rinforzato per i ramponi, accessibile a zaino indossato, e una tasca per pala e sonda. www.lasportiva.com Volume: nd. Scomparti: 1 Idratazione: compatibile Peso: 560 g Prezzo: 75 euro Pro Rinforzi anti abrasione Contro Isolamento termico del sistema d’idratazione

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14+ Mammut Nirvana Ride 22L 14 17

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Lo schienale si affida a un telaio a V in alluminio (amovibile) che funge anche da protezione in caso di caduta. Fissaggio sci sia lungo i lati sia in diagonale. Disponibile anche in versione da 30 litri (1.400 g). È dotato d’isolamento termico specifico per il sistema d’idratazione. Dimensioni di 49 x 28 x 21 cm. www.mammut.ch Volume: 22 l Scomparti: 2 Idratazione: compatibile Peso: 1.300 g Prezzo: 100 euro Pro Telaio in alluminio che funge da paraschiena Contro Peso

15+ Millet Beyond 25

Strizza l’occhio all’ecologia, essendo realizzato all’80% con materiali riciclabili. Nonostante il volume ridotto dispone di numerosi scomparti e di gran parte delle dotazioni tecniche degli zaini grantour. Gli sci possono essere fissati sia in verticale lungo i lati sia diagonalmente. Porta piccozza e tasca per pala e sonda. www.millet.fr Volume: 25 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Peso: 920 g Prezzo: 118 euro Pro Sistemi di fissaggio sci Contro Assenza scomparto ramponi

16+ Osprey Karve 16

Consente il fissaggio sia degli sci in diagonale sia dello snowboard in verticale. Dorso rinforzato per resistere all’abrasione delle lamine. Può essere abbinato al sistema d’idratazione Osprey isolato termicamente (24 euro). Tasche per pala e sonda. Disponibile anche con capienza di 6 o 11 litri. Dimensioni di 49 x 31 x 16 cm. www.ospreypacks.com Volume: 16 l Scomparti: 2 Idratazione: compatibile Peso: 980 g Prezzo: 75 euro Pro Rinforzi anti abrasione Contro Assenza scomparto ramponi

17+ Salewa Pure 25 Pro SL

Ricco di dotazioni tecniche quali porta piccozza e bastoni, attacco per corda e ramponi, cintura ventrale amovibile con asole porta materiale, tasche separate per pala e sonda nonché fissaggio sia laterale sia diagonale degli sci. Completano il quadro le cerniere termonastrate e lo schienale preformato. www.salewa.it Volume: 25 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Peso: 960 g Prezzo: 139,90 euro Pro Ricchezza dotazioni tecniche Contro Prezzo

18+ Ski Trab Gara Aero

Pensato soprattutto per le competizioni, consente il fissaggio rapido degli sci in diagonale mediante laccioli rivestiti in gomma antitaglio e l’altrettanto veloce stivaggio dei ramponi all’interno di una tasca specifica rinforzata. Sistema d’idratazione da 1,5 litri incluso. www.skitrab.com Volume: 25 l Scomparti: 1 Idratazione: si Peso: 430 g Prezzo: 69,80 euro Pro Sistema d’idratazione integrato Contro Dorso privo di rinforzi anti abrasione

19+ Vaude Bias Ultralight 20

Dimensioni compatte (48 x 27 x 16 cm), ma senza rinunciare a fissaggio degli sci in diagonale, tasca frontale dedicata a pala e sonda nonché schienale con piastra dorsale preformata estraibile e aggancio per piccozza e bastoni. Alloggiamento esterno specifico per il casco. www.vaude.com Volume: 20 l Scomparti: 1 Idratazione: compatibile Peso: 850 g Prezzo: 110 euro Pro Schienale preformato estraibile Contro Fissaggio sci poco intuitivo


77 > editor’s choice

GR A N T O UR / P I Ù G I O R N I 1+ Arc’teryx Quintic 38L

Si tratta di una novità 2012/2013. Il profilo s’ispira a quello della lama di un coltello da cucina, così da favorire la corretta distribuzione dei pesi concentrando verso il basso, a livello delle anche, le masse più gravose. Gli sci possono essere fissati in diagonale. www.arcteryx.com Volume: 38 l Scomparti: 2 Idratazione: compatibile Peso: nd. Prezzo: 200 euro Pro Distribuzione dei pesi Contro Assenza fissaggio/scomparto ramponi

2+ Bergans Helium 55L

4+ Camp X3 Light

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5+ Cilao iZi 44 M

Grande capienza per lo zaino norvegese proposto sia in versione lady, forte di schienale e spallacci adattati alla morfologia femminile, sia con capacità ridotta a 40 litri. Lo schienale sfrutta un telaio in alluminio conformabile in base al profilo della schiena dell’utilizzatore. Ampia cintura ventrale con inserti traspiranti. Aggancio ramponi esterno. www.bergans.com Volume: 55 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Peso: 1.100 g Prezzo: 210 euro Pro Leggerezza Contro Prezzo

Dalla Francia un prodotto specifico per lo ski-alp di più giorni, forte di schienale con profilo a bretelle per favorire la ventilazione, doppio fissaggio sci (e piccozza) in diagonale e cintura ventrale particolarmente ampia per scaricare gran parte del peso a livello delle anche. Disponibile con schienali nelle taglie S (995 g e 43 litri), M ed L (1.195 g e 45 litri). www.cilao.com Volume: 44 l Scomparti: 3 Idratazione: compatibile Peso: 1.060 g Prezzo: 219 euro Pro Leggerezza Contro Prezzo

3+ Black Diamond Revelation

6+ Dakine Poacher

Gli sci possono essere fissati con un orientamento a V rovesciata. La cintura ventrale è dotata di tasche, laddove lo schienale incorpora un sottile telaio in alluminio. Può essere abbinato al sistema di sopravvivenza in valanga AvaLung (in foto). In tal caso il peso cresce a 1.850 g. Rinforzi per la zona di contatto con i ramponi durante il trasporto. Disponibile anche con capienza di 33 litri (1.350 g). www.blackdiamondequipment.com Volume: 35 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Peso: 1.420 g Prezzo: 149 euro Pro Compatibilità sistema AvaLung Contro Peso

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Adatto sia allo ski-alp sia all’alpinismo, adotta uno schienale con sistema di ventilazione mediante cuscinetti che generano veri e propri canali d’aria lungo la schiena dell’utilizzatore. Fissaggio sci mutuato dalle competizioni. Tasche laterali a rete per le pelli e piccoli scomparti lungo cintura ventrale e spallacci. www.camp.it Volume: 30 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Peso: 790 g Prezzo: 116 euro Pro Tasche specifiche per le pelli Contro Volume ridotto per un utilizzo di più giorni

Sistema di trasporto sci sia a V rovesciata sia in diagonale mediante laccioli a scomparsa. Sono previste fibbie per il fissaggio dello snowboard. Gli scomparti principali risultano accessibili sia dall’alto sia dallo schienale. Il sistema d’idratazione beneficia di uno specifico isolamento termico. Tasca impermeabile per pala e sonda. www.dakine.com Volume: 45 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Peso: 1.700 g Prezzo: 159 euro Pro Accesso anche dallo schienale Contro Peso

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zaini e bastoni

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7+ Deuter Rise32+

Specifico per lo ski-alp di più giorni, è dotato di tasca frontale ad accesso rapido per pala e sonda nonché di sistemi di trasporto per sci (sia in verticale sia a V rovesciata), snowboard e racchette da neve. Dimensioni di 66 x 31 x 24 cm. Il cappuccio espandibile garantisce ulteriori 8 litri di capacità. Telaio in alluminio amovibile a U rovesciata. www.deuter.com Volume: 32+8 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Peso: 1.600 g Prezzo: 125 euro Pro Capacità espandibile Contro Ingombri

8+ Dynafit Baltoro

La capienza standard si attesta a 42 litri, ma rimovendo cappuccio e fondo è possibile passare a 20 o 28 litri, così da disporre sia di un prodotto per escursioni di più giorni, sia di uno zaino giornaliero. È dotato di fissaggio rapido per piccozza, sci e corda, tasca esterna in rete per le pelli, comparti separati per pala e sonda nonché alloggiamento rinforzato per i ramponi.

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www.dynafit.it Volume: 42 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Peso: 1.670 g Prezzo: 170 euro Pro Modularità Contro Peso

9+ Dynastar Cham 40 Light

Tra i punti di forza vi sono l’accessibilità allo scomparto principale anche dallo schienale, la cinghia pettorale corredata di fischietto per le emergenze e il fissaggio per gli sci sia in diagonale, sia in verticale, sia a V rovesciata. Laccioli a scomparsa e tasca interna per pala e sonda. www.dynastar.com Volume: 40 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Peso: nd. Prezzo: 104 euro Pro Prezzo Contro Assenza vano specifico per i ramponi

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10+ Ferrino Aiguille 38

Il peso può essere ridotto a 1.150 g rimuovendo il telaio in alluminio lungo lo schienale e i laccioli addizionali. Disponibile anche in versione da 28 litri (1.300 g) e 48 litri (1.600 g). Tasca specifica per pala e sonda. Possibilità di accedere anche lateralmente agli scomparti principali. Fissaggio sci lungo i fianchi. Laccioli per stivare la corda all’interno del cappuccio. www.ferrino.it Volume: 38 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Peso: 1.400 g Prezzo: 101 euro Pro Prezzo Contro Assenza vano specifico per i ramponi

11+ Lafuma Rootcruiser 60+10

Grande formato dedicato a trekking e grantour di più giorni. Accessibile sia dall’alto, sia lateralmente, sia dal fondo, è corredato da uno zainetto da 10 litri amovibile. Gli spallacci hanno inserti in gel con funzione ammortizzante. Il fissaggio

verticale degli sci è affidato, anziché a specifici laccioli, alle cinghie di compressione laterali. www.lafuma.com Volume: 60+10 l Scomparti: multipli Idratazione: no Peso: 2.490 g Prezzo: 190 euro Pro Inserti in gel negli spallacci Contro Fissaggio sci non specifico

12+ Mammut Spindrift Guide 40L

Il fissaggio degli sci avviene lungo i lati mediante laccioli con chiusura in velcro. Telaio a V in alluminio (amovibile) lungo lo schienale. Quest’ultimo può essere regolato in base a 4 lunghezze per adattarsi alla morfologia dell’utilizzatore. Disponibile anche in versione da 30 litri (1.550 g). Tasca dedicata per pala e sonda. Dimensioni di 64 x 33 x 28 cm. www.mammut.ch Volume: 40 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Peso: 1.650 g Prezzo: 140 euro Pro Schienale regolabile Contro Peso


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13+ Millet Trilogy 32

Fissaggio degli sci frontale (in verticale), porta piccozze, casco e corda per lo zaino francese in edizione limitata, a celebrazione dei 60 anni di Millet. Tasca dedicata per pala e sonda. Non mancano cinghie di compressione per il carico, spallacci ergonomici e cintura ventrale ampia per scaricare parte del peso a livello delle anche. www.millet.fr Volume: 32 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Peso: 1.300 g Prezzo: 161 euro Pro Numerosi punti di fissaggio per l’attrezzatura Contro Assenza scomparti specifici per pelli e ramponi

14+ Osprey Kode 38

Consente il fissaggio sia degli sci in diagonale, sia dello snowboard in verticale, sia delle racchette da neve lungo i fianchi. Dorso rinforzato per resistere

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all’abrasione delle lamine. Può essere abbinato al sistema d’idratazione Osprey isolato termicamente (24 euro). Tasche dedicate a pala, sonda e piccozza. Disponibile anche con capienza di 22 o 30 litri. Dimensioni di 70 x 33 x 33 cm. www.ospreypacks.com Volume: 38 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Peso: 1.560 g Prezzo: 130 euro Pro Scomparti impermeabili Contro Ingombri

15+ Salewa Ascent Tour 38

Lo schienale traspirante e il telaio interno sono progettati per copiare le torsioni della schiena dell’utilizzatore, senza effetto memoria. Vanta dotazioni tecniche quali porta piccozza e bastoni, cintura ventrale con asole porta materiale, tasche separate per pala e sonda nonché fissaggio laterale degli sci. www.salewa.it

Volume: 38 l Scomparti: multipli Idratazione: compatibile Peso: 1.300 g Prezzo: 109,90 euro Pro Schienale adattivo Contro Assenza scomparto specifico per ramponi

16+ Ski Trab Sintesi 35 Dotato di fissaggio rapido degli sci, vanta spallacci particolarmente imbottiti a tutto vantaggio del comfort e una tasca dedicata per pala e sonda. Non mancano porta piccozza, copertura anti pioggia e svasature lungo lo schienale a favore della ventilazione. www.skitrab.com Volume: 35 l Scomparti: multipli Idratazione: no Peso: 1.190 g Prezzo: 91,80 euro Pro Leggerezza Contro Sistema d’idratazione non integrato

17+ Vaude Daytour 30 Lo schienale è caratterizzato da una piastra interna in alluminio preformata e amovibile che garantisce una corretta ripartizione dei carichi. Fissaggio sci sia laterale sia in verticale. Tasca frontale per pala e sonda. Dimensioni di 54 x 30 x 18 cm. Agganci specifici per casco e piccozza. www.vaude.com Volume: 30 l Scomparti: 2 Idratazione: compatibile Peso: 1.305 g Prezzo: 75 euro Pro Prezzo Contro Volume ridotto per un utilizzo di più giorni


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PROVE SUL CAMPO testo: Sebastiano Salvetti foto: Sebastiano Salvetti TESTER: Niccolò Zarattini

LA SPORTIVA

SPITFIRE Abbiamo messo a dura prova il nuovissimo scarpone grantour di La Sportiva. L'abbiamo smontato, pesato, provato a secco e sulla neve. Ecco le nostre valutazioni


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Mobilità del gambetto di 68° A destra, una posa statica che consente di apprezzare l’ampia escursione del gambetto nelle fasi di salita. Durante il nostro test, Spitfire è stato utilizzato con i power strap da 30 mm montati.

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uona la prima. Spitfire rappresenta il debutto di La Sportiva nel segmento degli scarponi in plastica collocandosi, all’interno della gamma della Casa di Ziano di Fiemme, un gradino sotto al modello race Stratos Evo in carbonio. Un’entrata in scena a metà stagione che vede la nuova scarpa italiana posizionarsi immediatamente tra i migliori grantour sul mercato grazie a punti di forza quali peso e volumi contenuti, ampia escursione del gambetto e consistente supporto posteriore in discesa. Come ogni debuttante, anche Spitfire paga però la giovane età. La fase di calzata risente di una perfettibile conformazione dello scafo in corrispondenza del tallone, laddove la ridotta lunghezza delle linguette del gambetto potrebbe creare problemi di sovrapposizione in salita agli scialpinisti dal polpaccio particolarmente voluminoso. Smagliature, in ogni caso, non tali da intaccare il positivo giudizio d’insieme nei confronti di uno scarpone rivelatosi leggero e polivalente, tanto adatto ai grandi dislivelli quanto sciabile in ogni condizione.

COME SONO FATTI

Gambetto in plastica e carbonio

CONDIZIONI DEL TEST Luogo: Alpe di Pampeago (TN) Temperatura: da -6°C a -11°C Condizioni atmosferiche: sereno, vento teso Neve: ventata, crosta superficiale

Due gli elementi di maggiore interesse: il gambetto e il sistema di commutazione dalla fase di discesa a quella di salita. Nel primo caso, ai materiali 'puri' è stata preferita una miscela di poliammide/nylon e carbonio. Il risultato, denominato Crp, sebbene lievemente più pesante è meno soggetto a rotture rispetto alle fibre composite, accreditato di una risposta più progressiva agli impulsi e al contempo più leggero della plastica, Pebax in primis. Per variare l’inclinazione del gambetto, pari a 14° in configurazione standard, è necessario sostituire le placchette metalliche d’aggancio del sistema ski/walk con i ricambi in dotazione. Invertendone l’orientamento divengono disponibili inclinazioni di 12° o 16°. Quanto al citato sistema ski/walk, cuore del meccanismo è la leva superiore che aziona mediante un tirante una camma metallica (una sorta di uncino retrattile) collocata al vertice della vertebra che sostiene il gambetto. Tale uncino fuoriesce dalla propria sede agganciandosi a una placca, anch’essa metallica, avvitata al gambetto stesso; bloccandolo e rendendolo solidale con la vertebra retrostante. Per lo sblocco, quindi in salita, è sufficien-

SCHEDA TECNICA* La Sportiva Spitfire Scafo: Grilamid (plastica) Gambetto: Carbon Reinforced Polymer (plastica/carbonio) Mobilità gambetto: 68° Inclinazione gambetto: 12°, 14°, 16° Leve: 2 + fascia in velcro da 30 mm Suola: La Sportiva LazerGrip by Davos Scarpetta: Palau Skimo Liner termoformabile Peso: 950 g (27 MP) Misure: da 24 a 31,5 MP Colori: nero/giallo *dati dichiarati

IDENTIKIT* Misura......................................... 27,5 MP Lunghezza scafo....................... 297 mm Peso**........... 1.196 g (con fascia in velcro) Peso scocca** 999 g (con fascia in velcro) Peso scarpetta**.............................197 g Predisposizione attacchino..................sì Destinazione d'uso....................grantour Prezzo...................................599,00 euro *dati dichiarati ** dati rilevati

Pro

Isolamento termico

Contro

Sovrapposizione linguette del gambetto


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PROVE SUL CAMPO 1-Scarpetta Made in France La scarpetta Skimo Liner termoformabile, realizzata dalla specialista francese Palau è caratterizzata da cuciture di pregevole fattura. Sono previsti inserti in Cordura nella zona d’appoggio tibiale e lungo il gambetto, in corrispondenza dei punti di contatto con le rondelle dei sistemi ski/walk e di fissaggio della fascia in velcro.

6-Ski/walk a camma retrattile La camma metallica (una sorta di uncino retrattile) al vertice della vertebra che sostiene il gambetto. Azionata da un tirante collegato alla leva superiore, fuoriesce dalla propria sede agganciandosi alla placca metallica avvitata al gambetto stesso; rendendolo solidale con la vertebra retrostante e quindi bloccato in posizione di discesa.

2-Laccio unico L'allacciatura della scarpetta è demandata all’azione di un unico cordino in nylon la cui lunghezza è personalizzabile mediante un nodo in corrispondenza del lembo di velcro che ne consente il fissaggio.

7-Chiusura sulla tibia in base al velcro La leva superiore, oltre ad azionare il tirante che agisce sulla camma del sistema ski/walk, determina il livello di chiusura sulla tibia in base alla regolazione della fascia in velcro a essa vincolata. Tale vincolo, delegato a un archetto metallico, beneficia di una sicura antiscalzamento solidale alla leva. Quest’ultima dotata di placchetta plastica che protegge dall’attrito col citato archetto.

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3-Snodo a soffietto Lo snodo a soffietto lungo il linguettone, in corrispondenza del collo del piede, sovrasta l’unica leva dello scafo, del tipo tradizionale. La rastrelliera metallica offre 3 livelli di chiusura che diventano 6 modificando il fulcro opposto d’ancoraggio del cordino metallico.

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8-Gomma bimescola La suola in gomma bimescola realizzata dall’italiana Davos si estende lungo l’intero arco plantare. In punta vi è un distanziale di centraggio per facilitare l’allineamento con le ganasce degli attacchini.

4-Predisposizione per gli attacchini Spitfire, come ogni scarpone ideato espressamente per lo skialp, è compatibile con gli attacchi sia tradizionali sia low tech.

9-Ghetta impermeabilizzante La ghetta con funzione impermeabilizzante in corrispondenza dell’avampiede, la cui vista è resa possibile dal ribaltamento in avanti del linguettone.

5-Carbon Reinforced Polymer Il gambetto è realizzato mediante una miscela di poliammide/nylon e carbonio. Il risultato, denominato Crp (Carbon Reinforced Polymer), è lievemente più pesante delle fibre composite pure, ma meno soggetto a rotture.

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DETTAGLI Spitfire è corredato di due fasce in velcro (power strap da 30 mm), del peso di 22 g l’una, applicabili agendo sulle viti al vertice del gambetto così da rimuovere la placchetta metallica con il logo La Sportiva. Placchetta, una volta inserito il power strap, agevolmente rimontabile. Nella confezione sono inclusi due inserti adesivi antiabrasione circolari da 50 mm di diametro e una coppia di spoiler in plastica (22 g l’uno), con indicazioni destro e sinistro, da applicare lungo la parte superiore del gambetto a contatto con la scarpetta onde incrementare il supporto posteriore. In aggiunta, sono previste 2 placche metalliche in sostituzione dei componenti standard, punto d’aggancio per il sistema ski/walk. Invertendone l’orientamento è possibile modificare l’inclinazione del gambetto. Immancabili, infine, il libretto d’istruzioni e 4 viti di ricambio.

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GAMMA COMPLETA

Sideral, a destra, è il ‘fratello minore’ di Spitfire. Rispetto a quest’ultimo si distingue principalmente per lo scafo e il gambetto interamente in plastica che portano il peso a 1.065 g nella misura 27 MP. Costa 499 euro. Starlet, a sinistra, è invece la proposta in chiave lady di La Sportiva. Si contraddistingue per conformazione e rigidità di scafo e gambetto (in plastica) adattate alla corporatura femminile. Peso di 1.065 g (26 MP) e prezzo di 499 euro. www.lasportiva.com

te aprire e mantenere aperta la leva, provocando il rientro della camma nella propria sede grazie all’azione di una molla e lasciando così libero il gambetto di muoversi con un’ampiezza dichiarata di 68°. In discesa, il livello di chiusura sulla tibia è determinato dalla preventiva regolazione del velcro vincolato alla leva, non essendo prevista alcuna ghiera metallica. Il linguettone in Pebax (plastica) è caratterizzato da uno snodo a soffietto in corrispondenza del collo del piede, così da favorire la mobilità del gambetto, e una volta aperta la leva lungo lo scafo, del tipo tradizionale, ruota in avanti schiudendo alla vista una piccola ghetta impermeabilizzante. La suola in gomma bimescola è realizzata dalla specialista veneta Davos su specifiche La Sportiva e si estende lungo l’intero arco plantare. Non mancano la predisposizione per gli attacchini e un distanziale di centraggio per facilitarne l’allineamento con le ganasce. Lo scafo è dotato di soletta interna estraibile in poliuretano quale isolamento termico, mentre la scarpetta, termoformabile, è Made in France. Realizzata, più precisamente, dalla transalpina Palau e caratterizzata da inserti in Cordura nella zona d’appoggio tibiale e lungo il gambetto, in corrispondenza dei punti di contatto con le rondelle sia dei sistemi ski/walk sia di fissaggio della fascia in velcro. Spitfire può infine essere personalizzato, per ottenere un maggior sostegno in discesa, montando la fascia in velcro da 30 mm in dotazione che va ad agire in corrispondenza del vertice della tibia.

A SECCO

Calzata a scarpetta indossata

La calzata risulta complessivamente agevole grazie alla possibilità di ribaltare in avanti il linguettone ed esercitare una salda trazione mediante le fettucce della scarpetta. Quest’ultima, dotata di sottopiede estraibile, forte di un’allacciatura precisa a patto di regolare preventivamente la lunghezza del cordino grazie al classico sistema a nodo e successivamente fissarne la parte terminale con un lembo in velcro. Nell’ottica d’agevolare l’introduzione del piede costituisce un valido espediente indossare e personalizzare preventivamente la scarpetta, quindi accedere alla scocca. Facendo attenzione a non piegare inavvertitamente la protuberanza plastica dello scafo in corrispondenza del tallone. Quest’ultima, punto dolente di Spitfire, simile alla parte terminale di un calzascarpe e in teoria deputata a facilitare ingresso e bloccaggio del piede, ma eccessivamente estesa e incurvata nella parte sommitale; di conseguenza esposta a indebiti piegamenti tutt’altro che agevoli da correggere.

SULLA NEVE

Tra i grantour più leggeri

Un’ampiezza d’escursione del gambetto tra le migliori della categoria. E un peso di 1.196 g (1.174 g senza fascia superiore in velcro) nella misura 27,5 MP. Dato degno di nota qualora si consideri che rivali quali Garmont Masterlite e

Scarpa Rush si attestano rispettivamente a 1.365 e 1.440 g nella taglia 27 MP. Spitfire si presta così a coprire grandi dislivelli garantendo una notevole ampiezza di passo. Unica pecca, le linguette del gambetto risultano un po’ corte e quindi inclini, in caso di polpacci particolarmente voluminosi, a sovrapporsi in senso contrario all’orientamento standard durante le fasi di salita. Nulla da criticare quanto a intuitività e immediatezza del passaggio dalla fase di salita a quella di discesa, laddove una volta abbandonate le pelli si apprezza in particolar modo il solido sostegno posteriore che favorisce il recupero della centralità in caso d’arretramenti. In aggiunta, sebbene analogamente alla maggioranza degli scarponi grantour emerga un discreto ‘spanciamento’ della struttura forzando i carichi, tale tendenza non appare tanto marcata da pregiudicare la possibilità di realizzare, ad esempio, curve a corto raggio in presenza di nevi impegnative. Lodi, infine, quanto a comfort. Sebbene il nostro tester abbia piedi a pianta larga che spesso lo costringono a fresare e deformare gli scafi per non soffrire le pene dell’inferno, con Spitfire, pur in assenza della termoformatura della scarpetta, un’intera giornata sulla neve ha portato in dote solamente un lieve indolenzimento da compressione nella zona metatarsale. Nessun problema a livello termico; aspetto ancor più degno di nota qualora si considerino i ridotti volumi sia dello scafo sia della scarpetta.


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PREVIEW

Abbiamo partecipato all'evento Dynafit di Wuhrsteinalm, in Baviera, per scoprire e testare in anteprima le novità 2012/2013

HUASCARAN I l consueto Dynafit Press Event si è svolto quest'anno alla Wuhrsteinalm, nelle Alpi bavaresi, al confine con l'Austria. La Wuhrsteinalm è un rifugio a 1120 m di quota a circa un'ora e mezza d'auto da Monaco. Un luogo raggiungibile in un'ora di cammino dal parcheggio, con montagne non difficili e ideali per uno scialpinismo semplice ma di qualità. In perfetto stile Dynafit, insomma. L'atmosfera è stata come al solito molto informale e a tratti goliardica. Il divertimento non ci ha però impedito di fare le 'persone serie' quando si è trattato di analizzare e testare in anteprima le nuove attrezzature Dynafit per la stagione 2012/2013. Una semplice gita di un migliaio di metri di dislivello, con due cime raggiunte, è stata un test ben più severo e completo del previsto per le singolari condizioni meteo. Un vento teso e impetuoso spazzava il pendio sommitale e ci ha costretti a percorrere a piedi l'ultimo tratto, stando attenti a piantare con forza i piedi nella neve quasi ghiacciata. Veniamo alle novità viste e provate. Prima di tutto i nuovi Huascaran, gli sci più larghi sul I nuovissimi Huascaran, attesissimi dalla stampa internazionale

mercato dedicati specificamente allo scialpinismo, con una larghezza sotto al piede di ben 114 mm. La struttura è quella ormai consolidata, con nucleo in legno di paulownia superleggero (un legname che arriva dalla Slovenia) e stringer in bambù e faggio. Il profilo dello sci si presenta con una curva rocker in punta e in coda e invece un leggero camber nella parte centrale. Questo per garantire massima galleggiabilità e facilità di curva, insieme a tenuta sul duro e sul ripido. Anche la sciancratura è stata studiata per soddisfare queste caratteristiche e per la prima volta è stato introdotto un triplo raggio che diminuisce al centro fino a 20 m, per ottimizzare appunto la presa di spigolo. Rispetto agli altri sci i fianchi sono stati alleggeriti ma nello stesso tempo rinforzati. Anche la coda ha uno spessore superiore di circa 1 mm ed è stata rastremata per velocizzare la manovra di inserimento nei lacci dello zaino. Accattivante la grafica, che unisce lo snow leopard del marchio Dynafit con animali marini della mitologia peruviana. Le sensazione di sciata è stata ottima: uno sci discretamente leggero in salita, che


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Da sinistra, in alto. Le nuove talloniere TLT Speed Superlite e Low Tech Race a confronto. La baita di Wuhrsteinalm che ha ospitato i più autorevoli giornalisti internazionali per l'anteprima Dynafit. Il nuovo scarpone DY.N.A. PDG. con gambetto in fibra di vetro I nuovi modelli Vulcan e Mercury, con spiccata predisposizione freeride. Vento in cresta, i nuovi Huascaran nello zaino. La nuova gamma One di scarponi da ski-alp.

114 mm sotto il piede nella sciata freeride dà il meglio di sé. Con le facili condizioni di neve che abbiamo trovato e i pendii non molto ripidi, siamo riusciti a sviluppare velocità incredibili per un attrezzo da scialpinismo. Il tutto in massima sicurezza, vista anche la notevole lunghezza delle aste (186 cm). Rimane la sensazione che uno sci così largo sia più lento nei cambi di spigolo e probabilmente meno adatto su pendii veramente tecnici di uno sci più stretto e con una geometria più tradizionale. Per quanto riguarda le altre novità nel campo degli sci, è stata rivista la geometria del Manaslu, con un doppio raggio più ampio in punta che in coda, mentre il Broad Peak continua ad essere considerato il miglior sci per lo scialpinismo tecnico. Nella gamma Race, è stata introdotta una punta con un profilo tridimensionale per ottimizzare il rapporto peso/resistenza. Al modello DY.N.A. che pesa 720 g è stato affiancato il PDG, un po' più morbido, con un peso di 780 g e un prezzo inferiore. Anche qui punta rastremata per un migliore inserimento nello zaino. Venendo agli scarponi, piccole modifiche per il sempre più apprezzato TLT5, con l'intro-

duzione di una seconda inclinazione per la discesa. Completamente nuova invece la gamma ONE, dedicata allo scialpinismo classico. Uno scarpone che unisce le caratteristiche del TLT5 con un comfort e un isolamento superiori. Al contrario del TLT5 è compatibile con tutti gli attacchi da touring e un nuovo sistema di ganci permette di tenerli comodamente fissi in posizione di apertura o chiusura. Quattro i modelli con PX e Women's PX in testa e U e Women's U che hanno una plastica diversa e leggermente più pesante. Per accontentare i freerider più esigenti Dynafit propone invece i due modelli Vulcan TF e Mercury TF, il primo con gambetto in carbonio. Per iI settore Race, al collaudato e leggerissimo DY.N.A. EVO, si affianca il DY.N.A. PDG. Con gambetto in fibra di vetro, leggermente più pesante ma con un prezzo più 'abbordabile'. Per quanto riguarda gli attacchi infine, 120 g di peso per l'ultima versione del Low Tech Race, mentre una nuova talloniera TLT Speed Superlite è stata realizzata sulla base del modello da gara, introducendo una molla con regolazione per la sicurezza.


86 > tecnica

VIRATA testo: Enrico Marta foto: Idalba Beda DIMOSTR AZIONE: Fabio Meraldi, Enrico Marta

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bbiamo sostenuto più volte che lo scialpinismo è libertà, possibilità di interpretare il pendio secondo proprie scelte dettate dal livello tecnico raggiunto e dalla familiarità con la neve e l’attrezzatura. Abbiamo posto le pelli al centro di questa libertà di interpretazione: si osserva un pendio innevato nel suo contesto, se ne valutano i pericoli oggettivi e si prova ad immaginare una traccia ideale da seguire, un disegno fatto di diagonali che lo tagliano a zig-zag. La sensibilità della pianta del piede nel rapporto neve-pelle si esalta durante la salita, soprattutto nella fase di inversione della direzione normalmente conosciuta come ‘virata’. Una corretta tecnica di salita, nella quale vengano concatenati con una certa regolarità tratti diritti con inversioni di direzione, permette di abbattere il problema della pendenza: un pendio di 35° può essere infatti superato agevolmente disegnandogli sopra una traccia regolare, con giusta pendenza rapportata alle proprie forze e alla propria preparazione.

LA GIUSTA PENDENZA

Chi pratica normalmente lo scialpinismo sa benissimo quanto sia utile seguire fedelmente la traccia già disegnata da altri: ci si trova però a percorrere un progetto altrui, probabilmente diverso da quello che si sarebbe immaginato davanti ad un pendio vergine. Per risparmiare fatica tutti si adattano alla traccia già presente sull’itinerario, soprattutto se essa è disegnata in neve fresca o comunque profonda. Quando la neve è più compatta o trasformata è più facile uscirne per seguire una propria linea di salita. In passato, sia sui tracciati agonistici che in quelli turistici, sembrava che si facesse a gara per interpretare il pendio con tracce molto diritte, ‘in piedi’, che obbligavano a sforzi di braccia e grande dispendio di energie per non scivolare indietro e far tenere le pelli. Oggi fortunatamente è più raro trovare questo inutile e dannoso sfoggio di potenza. Anche nelle competizioni internazionali si può notare la tendenza a seguire linee che permettano una perfetta esecuzione del passo di salita. A livello amatoriale un tracciato poco ripido fa risparmiare energie preziose e scongiura la possibilità di cadute e incidenti, oltre a fare in modo che tutti acquisiscano per gradi una certa familiarità con le pelli. Una traccia dalla giusta


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Il gesto tecnico per eccellenza nello scialpinismo. Scopriamo i dettagli dell’interpretazione tradizionale e della variante che abbiamo denominato Brosse-Elmer

LA VIRATA


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VIRATa

LA VIRATA TRADIZIONALE pendenza facilita anche l’esecuzione della virata che può essere affrontata con maggior tranquillità senza il rischio di cadute nel momento in cui lo sci viene ruotato nella direzione opposta.

COS’È UNA VIRATA?

Possiamo definirla un cambio secco di direzione che disegna sulla neve un angolo acuto. Per qualcuno è uno dei momenti più difficili della pratica dello ski-alp poiché presuppone una certa base tecnica e una mobilità articolare non indifferente. Durante le uscite domenicali si assiste spesso a interpretazioni molto approssimate della virata: sciatori che arrivati nel punto di inversione sbagliano completamente i tempi di questo particolare gesto, indirizzando i propri sci fuori dalla traccia. Qualcuno ruota uno sci per poi trascinare il secondo in qualche modo nella nuova direzione. Qualcun altro cade in avanti a ‘pelle di leone’. Se ci si soffermasse a bordo traccia in un itinerario molto frequentato risulterebbero percentualmente pochi gli scialpinisti in grado di eseguire una corretta inversione. Il motivo va certamente ricercato nella mancanza di bagaglio tecnico, nella scarsa importanza data a questo gesto, nel non aver avuto qualche istruttore in grado di trasmetterne l’essenza all’allievo. A volte semplicemente nel non aver avuto la costanza e la testardaggine di ripeterlo un numero di volte sufficiente ad acquisirne gli automatismi di base. In questo articolo cercheremo di dare alcuni consigli per l’esecuzione di una virata corretta e funzionale.

Il tracciato non è indicativo della traiettora ma sottolinea solamente la continuità di movimento nell’esecuzione della virata

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QUANTE SONO LE VIRATE?

Sotto un profilo biomeccanico e tecnico possiamo annotarne essenzialmente due: la virata tradizionale e la virata ‘Brosse-Elmer’. La prima è quella più praticata e insegnata, quella dei corsi del CAI e delle Guide, adottata dalla maggior parte degli atleti in gara. La seconda, da me segnalata e descritta qualche anno fa sul DVD ‘Ski-alp, la tecnica dei campioni’, è stata adottata dapprima da Stephane Brosse e poi ripresa dallo svizzero Rico Elmer. Si tratta di un gesto tecnico che permette di ‘rubare’ un tempo alla virata tradizionale e se interpretata nel modo giusto può far risparmiare secondi preziosi nell’economia della gara. Può però essere interpretata anche dallo scialpinista della domenica a patto che prima apprenda correttamente la versione tradizionale.

LA VIRATA TRADIZIONALE

La sua corretta esecuzione rientra nel bagaglio tecnico di ogni buon scialpinista permettendo un risparmio energetico direttamente proporzionale alla perfezione del gesto. Esso consiste

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essenzialmente nella rotazione dello sci a monte nella direzione opposta a quella di progressione con recupero nel secondo tempo dello sci a valle, che va anch’esso ad allinearsi alla nuova direzione di salita. Sembra tutto molto semplice ed essenziale. In effetti lo è, a patto che si adottino alcuni accorgimenti fondamentali. Stiamo per effettuare una virata in salita verso destra, vediamo per punti le fasi essenziali:

11 10 9 8 Il nostro dimostratore Fabio Meraldi esegue una virata tradizionale su terreno molto ripido. Nei fotogrammi 1 e 2 Fabio si avvicina al punto dell’inversione iniziando a ruotare il busto e poi il bacino verso monte, il bastoncino destro viene piantato in un punto che rimarrà tale per tutta l’esecuzione. Nei fotogrammi 3 e 4 inizia la rotazione dello sci destro che viene appoggiato in direzione della traccia di salita (in un’interpretazione evoluta della tecnica di salita). Di seguito, quando sta per appoggiarlo sulla neve inizia anche la proiezione del busto in avanti e nella nuova direzione accompagnata dallo spostamento del bastoncino sinistro che va ad appoggiarsi verso monte (foto 5 e 6). Nei fotogrammi 7, 8 e 9 avviene il caricamento totale dello sci destro e il richiamo del sinistro con ‘calciata’ per proseguire lungo la traccia di salita.

PER APPROFONDIRE

Chi fosse interessato a saperne di più sulla tecnica della virata, può trovare ottimi spunti sul volume edito dalla nostra casa editrice ‘Ski-alp advanced, la tecnica avanzata dello scialpinismo’ (144 pag + DVD, 22.50 euro), oppure sul DVD della collana Quick ‘La tecnica dei campioni’ (52 minuti, 14,50 euro). Per info e ordini: tel 0124 428051, ordini@mulatero.it

VIRATA TRADIZIONALE

A) Salendo con il passo alternato in salita e giunti a un paio di metri dal punto esatto in cui la traccia inverte la direzione si inizia con il ruotare la parte alta del corpo verso monte. B) Importantissimo che le operazioni di virata inizino solo quando gli scarponi sono giunti alla stessa altezza della traccia nella nuova direzione. Se così non fosse ci si ritroverebbe con sci ruotati ma non indirizzati sulle tracce che dovrebbero essere raggiunte con un passo a scaletta… C) Raggiunta la posizione ideale, busto e bacino ruotano decisamente verso monte mentre il bastoncino destro viene appoggiato verso monte il più lontano possibile dagli sci. L’altro bastone viene appoggiato a valle per sostenere i momenti di disequilibrio durante la virata. D) Prima di iniziare la rotazione dello sci destro, è fondamentale che il sinistro sia ben appoggiato e appiattito in modo che la pelle garantisca una buona tenuta. E) Lo sci destro viene spinto in avanti - come se dovesse eseguire il passo di salita - e contemporaneamente ruotato di punta verso monte. Più la rotazione sarà completa e migliore sarà l’esito della virata. Sostanzialmente verrà appoggiato sulla neve con punta in direzione contrapposta rispetto allo sci sinistro: più i piedi si riavvicinano in questa fase, migliore è il risultato. F) Piedi vicini e contrapposti come direzione: una situazione che ricorda la posizione delle ballerine della danza classica. Ovviamente l’articolabilità dei segmenti corporei di ognuno risulta determinante in questa fase, chi non riesce ad assumere questa posizione nel salotto di casa non può certo inventarsela sulla neve… G) Lo sci destro deve essere ora caricato: su di esso viene a gravare quasi tutto il peso dello sciatore che effettua una proiezione di tutta la parte alta nella nuova direzione. Ovviamente lo sci destro dovrà a sua volta essere appoggiato in modo che la pelle entri in azione per garantire un perfetto anti-arretramento. H) Contemporaneamente alla proiezione della parte alta i bastoncini vengono sollevati e posizionati in modo che il destro poggi verso valle e il sinistro verso monte. I) Contemporaneamente deve avvenire quella che comunemente è chiamata ‘la calciata’ e che consiste nel ricupero dello sci sinistro per riportarlo nella nuova direzione. Si tratta di un accorgimento atto a far basculare l’asta in modo


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VIRATa

LA VIRATA BROSSE-ELMER A CONFRONTO che la punta si sollevi e non vada a raschiare sul bordo di neve durante l’inversione: é questo il momento topico della virata. I puntali degli attacchi moderni da scialpinismo permettono una grande oscillazione dello sci per cui è sufficiente un rapido movimento di spinta-richiamo dello sci per ottenere l’impennata della parte anteriore, fondamentale per completare la rotazione dello sci sinistro nella nuova direzione. L) A questo punto la virata è completata, non rimane che ripartire con il passo alternato nella nuova direzione di salita.

INTERPRETAZIONI DELLA VIRATA TRADIZIONALE

Questo tipo di inversione, come abbiamo detto, viene utilizzato sia dagli atleti in gara che dagli scialpinisti alle prime armi. Nel primo caso assistiamo ad un’esecuzione molto rapida in tutte le sue fasi: l’allenamento, la sensibilità e la familiarità con le pelli, la maggior forza nelle braccia, l’uso di bastoncini molto più alti della norma, fanno sì che la virata risulti quasi una continuazione del passo di salita durante la quale l’atleta non arresta la progressione ma fonde tutti i gesti descritti prima nella prosecuzione del passo. Da un’analisi attenta del loro gesto ci si rende conto di come gli sci non fermino la scivolata durante l’inversione: sia il primo sci che viene ruotato che quello richiamato con la calciata vengono appoggiati sulla neve e spinti in avanti senza soluzione di continuità.

A6 A5

A4 A3

I CONSIGLI DI FABIO MERALDI

Adottando attacchini del tipo Dynafit non è così necessario effettuare grandi calciate per far ruotare il secondo sci: il segreto consiste nell’eseguire l’operazione con scarponi piuttosto vicini e ginocchio flesso. In questo modo lo sci si dispone nella posizione ideale senza alcuno sforzo e può tranquillamente essere ruotato e disposto vicino all’altro.

LA VIRATA BROSSE-ELMER

Questo modo di invertire la direzione è stato probabilmente ideato da Stephane Brosse in coppia con Pierre Gignoux ai tempi dei loro grandi risultati agonistici. Rico Elmer, per sua ammissione, ha copiato e interpretato questa virata dopo essere rimasto in gara a lungo sulle code di Brosse ed essersi incuriosito per questo anomalo sistema di invertire la direzione.

A2


91 > tecnica

A9

B9

A8

B8 B7

A7

B6

Nove fotogrammi per un parallelo sui due metodi di effettuare la virata: con la lettera ‘A’ le immagini della virata tradizionale, con la lettera ‘B’ la Brosse-Elmer. Nei primi tre fotogrammi di entrambe le sequenze appare fondamentale adattare l’ampiezza del passo per arrivare nel punto ideale per iniziare l’inversione in base alla traccia presente. Nelle immagini da 4 a 6 balza all’occhio la differenza essenziale fra i due sistemi: nel ‘B’ lo scarpone destro si solleva di tallone come per una calciata permettendo di indirizzare subito lo sci nella traccia verso destra. Oltre a sollevarsi di tallone il piede destro arretra per poi essere spinto in scivolata nella nuova traccia. Nella sequenza A osserviamo come il piede destro faccia molto più strada in avanti-alto per poi essere ruotato con lo sci nella direzione nuova. Dai fotogrammi 7 al 9 il gesto è di nuovo sovrapponibile, comportando il richiamo dello sci sinistro e la ripresa del passo di salita.

B5

B4

B3

B2 B1

A1

VIRATA TRADIZIONALE

A

VIRATA BROSSE-HELMER

B


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VIRATa

LA VIRATA BROSSE-ELMER Nella sezione video di skialper.it è possibile vedere il filmato in HD con il confronto tecnico tra i due stili di virata. Guardalo anche sul tuo smartphone inquadrando il codice QR

A4 B4

B3 A3

Nei 4 fotogrammi presi a confronto appare evidente come l’inizio virata sia molto più rapido nella sequenza B in cui viene adottato il metodo Brosse-Elmer. Nei fotogrammi contrassegnati con lettera A ci vogliono quattro scatti per riprodurre la fase di inizio rotazione dello sci nella direzione nuova. Nella B si risolve tutto in 2 fotogrammi: 3 e 4.

B2 A2

B1 A1 VIRATA TRADIZIONALE

A

VIRATA BROSSE-HELMER

B


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In sette fotogrammi tutta l’essenza della virata Brosse-Elmer. 1 e 2 - L’ultimo passo prima di virare prevede che lo sci che fa da appoggio si disponga con un angolo più o meno accentuato rispetto alla traccia di salita. 3 - L’altro sci anziché avanzare come per la virata tradizionale arretra e si impenna. I piedi sono molto vicini. 4 e 5 - Inizia la spinta in scivolata dello sci destro. 6 e 7 - Il recupero dello sci sinistro e la prosecuzione della salita avvengono in modo tradizionale.

7 4 6

5

In questa sequenza si evidenzia come ad inizio virata lo sci sul quale poggia inizialmente tutto il peso si disponga in una posizione convergente rispetto all’altro sci (1). Questo atteggiamento facilita l’indirizzamento e la proiezione della parte alta nella direzione della nuova traccia (2 e 3) e la spinta dello sci destro in scivolata nella traccia di salita (4).

4

3

3

2 2

1

1


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VIRATa

Oggi solo alcuni atleti della squadra francese e alcuni di quella svizzera la adottano in gara. Personalmente da un paio di stagioni l’ho sperimentata a livello turistico e devo dire che può funzionare, semplificando e velocizzando tutta la fase di inversione.

IN COSA CONSISTE

La differenza fondamentale rispetto alla tradizionale risiede nell’indirizzamento dello sci a monte nella nuova direzione. Nella tradizionale, dovendo effettuare un’inversione verso destra, lo sci destro viene spinto in avanti e ruotato nella nuova direzione. In questa lo sci destro anziché avanzare arretra per poi essere

spinto nella direzione della traccia quasi ad eseguire un passo di pattinata. Il secondo sci viene richiamato in seguito ad una proiezione ancor più accentuata della parte alta verso la salita.Analizzando i fotogrammi di uno sciatore che adotti questo sistema rispetto a quello tradizionale si può subito notare come ci si trovi davanti ad una doppia calciata: si solleva e si impenna di spatola sia lo sci che ruota per primo che il secondo in fase di richiamo.

VANTAGGI

Il piede e lo sci destro fanno molta meno strada, eliminando i tempi della rotazione e disponendosi immediatamente in scivolata

verso la nuova traccia. I benefici di questo metodo sono soprattutto legati al mondo dell’agonismo: un atleta che effettui una buona inversione Brosse-Elmer in gara può guadagnare secondi preziosi e risparmiare energie grazie alla strada ridotta percorsa dal proprio sci a monte. Si tratta di una forma di energy-saving che, moltiplicata per un numero notevole di inversioni (quelle che si affrontano in una tracciato) può avere un peso rilevante sulla performance finale. Sotto l’aspetto turistico può avere gli stessi benefici: risparmio di energie grazie alla maggior essenzialità dei gesti, ma attenzione a non interrompere la fase di spinta...

LA VIRATA FACILITATA

La sequenza mostra l’esecuzione di una virata facilitata. La modalità è la stessa di quella tradizionale ma i tempi sono decisamente più lenti e le traiettorie meno in pendenza. Nei fotogrammi 1 e 2 lo sciatore arriva nel punto di virata e anziché iniziare la rotazione dello sci esce dalla traccia di salita per disporre gli sci il più possibile di traverso alla pendenza. La rotazione dello sci destro è piuttosto accentuata per fare in modo di andarlo ad appoggiare in una posizione altrettanto sicura, di traverso alla linea di massima pendenza (3 e 4). Dopo aver effettuato il richiamo del secondo sci (5 e 6) lo sciatore rientra nella traccia di salita (7).

7

6

VIRATA FACILITATA

5

3

4

2

1


95 > tecnica

SVANTAGGI

L’esecuzione di questa virata su terreni ripidi e con nevi difficili deve avvenire in modo molto rapido: i due piedi si trovano piuttosto distanti fra di loro con l’impossibilità di disporre gli sci in posizione più perpendicolare rispetto alla linea di pendenza. La spinta e la proiezione non possono prevedere tempi morti dal momento che metà virata lo sciatore si trova in posizione a spina di pesce con il rischio di scivolare all’indietro. Indubbiamente richiede una buona condizione fisica per essere svolta con efficacia.

La virata facilitata Più il livello tecnico si abbassa e maggiori saranno i tempi morti nella virata: il principiante sceglie infatti con cura e prudenza il momento propizio per ruotare il primo sci e tutti i suoi gesti avvengono all’insegna della staticità. Un consiglio fondamentale è quello di iniziare questa rotazione solo dopo aver creato una specie di piazzola nella zona di virata affinché gli sci si dispongano perfettamente perpendicolari alla linea di pendenza: in questo modo si scongiura la possibilità che uno sci possa scivolare indietro mentre l’altro sta ruotando. Allo

GRANDI INTERPRETI Con una facile ricerca nell’archivio di Ski-alper abbiamo scelto alcune immagini emblematiche, in cui si evidenziano differenti interpretazioni di virata da parte di atleti di élite. Foto 1: William Bon Mardion ai Mondiali di Morgins vira con il sistema Brosse-Elmer. Dolomiti del Brenta: (2 e 3) sia Ecoeur che Troillet adottano lo stesso metodo - d’altronde hanno avuto l’esempio del loro allenatore Elmer mentre nella foto 4 possiamo osservare il grande lavorio e dispendio di energie da parte di Guido Giacomelli che adotta il metodo tradizionale, come tutti gli atleti nostrani.

stesso modo lo sci che viene ruotato nella nuova direzione verrà poggiato perpendicolarmente alla linea di pendenza. Ultimata la fase di inversione allora i due sci verranno indirizzati sulla traccia di salita. Non sempre purtroppo la consistenza del manto nevoso permette questa variazione di traccia: in alcune condizioni è fondamentale rimanere rigorosamente appoggiati sulle tracce esistenti per sfruttare al meglio l’appoggio delle pelli sulla neve. Quando la virata deve essere eseguita comunque con sci non perfettamente di traverso al pendio diventa fondamentale il corretto e solido appoggio dei bastoncini che possono garantire in ogni fase l’anti-arretramento degli sci.

1

2

4

3


96 > ski-alp race

THE WALL

SAALBACH MOUNTAIN ATTACK testo: Carlo Ceola foto: Riccardo Selvatico


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Sui terribili muri di Saalbach sfida di grande intensitĂ agonistica e umana tra Kilian Jornet e Michele Boscacci sotto una nevicata d'altri tempi

Nella foto grande. I concorrenti alle prese con la bufera Sotto da sinistra a destra. Il centro di Saalbach invaso dagli skialper. Jennifer Senik in partenza. Il lancio nel cuore del paese. All'attacco dei muri senza un braccio. Corsa... allo shopping nel centro di saalbach! I segni del guerriero dopo la gara.


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SAALBACH MOUNTAIN ATTACK

I

muri di Saalbach incutono timore, meritano rispetto, ma alla fine si domano. La Mountain Attack del 2012 è stata un’edizione epica, caratterizzata da una furiosa nevicata accompagnata da raffiche di vento gelido che hanno messo alla frusta i concorrenti, tanto da indurre l’organizzazione ad accorciare il percorso, togliendo 500 metri di dislivello. Ritiri eccellenti come quello di Pinsach, partito per 'fare male', la dicono lunga sulle proibitive condi-

zioni ambientali. Se fossimo stati in Italia probabilmente non si sarebbe gareggiato e posso immaginare le polemiche nel dopo gara, vista anche la scarsa segnaletica in discesa. Non è che noi siamo abituati troppo bene ultimamente? Alla mitica gara austriaca si sono presentati in mille per vivere un sogno, un'avventura unica. Una festa, in pista e fuori, prima, dopo e durante la gara. Diciamolo, è lo spirito giusto dello scialpinismo: partenza e arrivo in piazza, tanta gente

nelle strade e lungo la pista, passione, calore, competenza e ottima organizzazione. Il resto l’hanno fatto gli atleti, che hanno dato spettacolo. Ci si attacca al 'muro' e non lo si molla, con il sorriso o con le lacrime, davanti si vola e dietro s'impreca, ma tutti alla fine avranno vinto la loro sfida. Alcune scene di questo film d'autore: volti sfigurati al parterre, Boscacci che sprinta gli ultimi 100 metri con un cane di fianco che non vuole saperne di mollare, un cambio pelli


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Nalla foto grande. I muri visti dal centro di Saalbach. Accanto dall'alto al basso. Volti tesi alla partenza. Mireia nella fase di lancio in paese. Una fase del duello tra Boscacci e Kilian sui muri di Saalbach. Sotto. Il saluto a Ski-alper di Mireia Mirò.

tra le vetrine nella centralissima Hinterglemm con signore impellicciate che non capiscono dove corra tutta quella gente con il pettorale e gli sci in mano. C'è chi parte senza guanti, chi con un braccio solo, chi monta i rampant e chi affronta i muri direttamente a piedi. I protagonisti principali sono loro, Kilian & Boscacci, da applausi, da Oscar. Avversari gentiluomini che se le sono date a suon di 'pellate', con lo spagnolo che ha fatto valere la sua classe

sul lungo, ma che sente il 'bocia' venir su forte, tanto forte. Italia protagonista con Urban Zemmer, che gode quando si trova su muri così e stravince nel Vertical, con la 'civetta' Zulian che si aggiudica il corto, aggiungendo questo sigillo al filotto di tre vittorie in una settimana. Come non citare poi Graziano Boscacci, sesto al traguardo. In campo femminile Annemarie Gross si aggrappa a un terzo posto tutto cuore. Lanfranchi salta a metà gara, ma non taglia per il

corto, soffre, scala marce fino a inserire le ridotte, comunque non perde il sorriso, è uno di noi! E poi tante storie, di amici che partono per fare la Mountain Attack insieme e si ritrovano in hotel, di chi si ritira per averci provato e di chi prova a ritirarsi ma non ci riesce e taglia il traguardo in lacrime. La Mountain Attack è la massima espressione dello scialpinismo, fatica e festa. Per riviverla, ecco il film della gara attraverso i 'fermo immagine' più significativi.


100 > ski-alp race

SAALBACH MOUNTAIN ATTACK

+

SCOREBOARD SAALBACH (AUT) 13 gennaio 2012 MOUNTAIN ATTACK Classifica maschile

1. Kilian Jornet Burgada (Esp)..............2h 17'14" 2. Michele Boscacci (Ita) .....................2h 20' 16" 3. Rene Fischer (Aut)............................ 2h 26' 41" 4. Konrad Lex (Ger) ..............................2h 27' 55" 5. Anton Palzer (Ger) ............................2h 28' 24" 6. Graziano Boscacci (Ita)................... 2h 30' 37" 7. Johann Wieland (Aut) .......................2h 31' 13" 8. Philipp Reiter (Ita) ..............................2h 31' 18" 9. Roberto De Simone (Ita) ..................2h 32' 29" 10. Stefan Kogler (Aut) ...........................2h 32' 30"

Classifica femminile

1. Michaela Eßl (Aut) .............................2h 54' 54" 2. Andrea Höller (Aut) ...........................3h 18' 05" 3. Annemarie Gross (Ita) ......................3h 21' 49" 4. Rosemarie Pötzelsberger (Aut)....... 3h 41' 18" 5. Evelyne Lachner (Aut) ......................3h 44' 43" 6. Monica Sartogo (Ita) .........................3h 50' 28" 7. Marta Poretti (Ita)............................... 4h 23' 21" 8. Nina Panzenböck (Aut) ....................4h 27' 19" 9. Sarah Wallner (Aut) ...........................4h 35' 49" 10. Uli Schultes (Aut) ..............................4h 37' 43" Tipologia: notturna in pista, 3000 metri di dislivello Testa a testa: partenza show tra le vie del centro e subito Michele Boscacci forza il ritmo sul primo muro, Kilian risponde, i due se le danno di santa ragione e fanno il vuoto. Poi collaborano, addirittura Kilian in discesa aspetta Michele e lo guida. Al secondo cambio pelli si parlano, si scambiano reciproche cortesie, si aspettano e spariscono nel buio. Affrontano la terza salita appaiati, poi nell’ultima Kilian 'apre il gas' e va a vincere a modo suo. La sorpresa: Michele Boscacci incanta ed è solo… alla sua prima Mountain Attack. La delusione: dov’erano i nostri? Da segnalare: grande prestazione di Roberto De Simone, nono in classifica. Organizzazione: ottima, con un solo suggerimento, curare i tanti bivi in discesa o predisporre taxi per riportare la gente all’arrivo. La curiosità: nella 'flower ceremony' i fiori vengono sostituiti con boccali di birra da due litri per il primo, uno e mezzo per il secondo e uno per il terzo. Stesso trattamento per uomini e donne, a Saalbach le chiamano pari opportunità!

Sopra. Un atleta transita nelle zone di controllo. Accanto, dall'alto al basso. Michele e Graziano Boscacci nel dopo gara. Marco Facchinelli. Il podio assoluto maschile con la curiosa birra al posto dei fiori. Primo Kilian davanti a Boscacci e


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102 > ski-alp race

TALENT SCOUT testo: Carlo Ceola foto: Riccardo Selvatico

APPUNTATO INOX « Se c'è Carlo veniamo anche noi, altrimenti sarà per la prossima volta». Questa frase l'hanno detta in tantissimi in Val di Fiemme quando si organizzavano uscite con le pelli. Se c'era anche lui le gite si trasformavano in una festa di paese. Più che un talent scout, Carlo Zanon è un mito dello scialpinismo. Ha fatto avvicinare tantissima gente alle pelli e ha trasmesso la vera passione per questo sport. Siamo andati a trovare questo trentino doc che a Ziano di Fiemme ricopre

ancora il ruolo di consigliere comunale e coordina l'AS Cauriol, nella sua casa di Falcade, in Veneto. A fargli varcare il confine regionale sono stati i motivi del cuore. Ci aspetta sull'uscio con il piccolo Diego tra le braccia: 18 mesi ben portati, occhi furbi, un destino già scritto con un papà così. Cinquant'anni anni (portati molto bene), finanziere dal 1980, Carlo fa parte del glorioso gruppo degli istruttori, al Passo Rolle. Nasce come fondista, a cinque anni inizia a muovere i primi passi sugli sci stretti, poi entra nel Comi-

tato Trentino con i vari Vanzetta e Deflorian e a 20 anni diventa maestro. Da bambino assisteva alla Marcialonga e conserva ancora il pettorale numero 100 della prima edizione, quello del suo papà. Stare dentro ai binari è sempre stata una costrizione per uno come lui che ama sciare libero. Finché lo zio Lino, nazionale di biathlon, gli ha fatto scoprire le pelli di foca con le gite a Malga Bambesta. Salivano con gli sci da fondo ricoperti di sciolina klister, per poi lanciarsi giù a raspa per i boschetti. Capriole, salti, cadute, che divertimen-

to! Tornare nei binari era un limite, meglio i boschi e le discese a 'rotta di collo', le scie voleva disegnarle lui. Una volta, a Natale, i suoi genitori gli regalarono un paio di sci con attacchi Zermatt e scarponi con le corde e due ganci in plastica. Quello fu l'inizio del Carlo Zanon scialpinista. Il suo debutto alle gare risale al 1982, alla Pizolada, con tanto di pantaloni e maglione, poi inanellò una serie di vittorie tra le quali quelle della Cima d'Asta e dell'Adamello, fino a laurearsi campione italiano rally alla Presolana nel 1989. I rally


103 > ski-alp race

Carlo con il figlio Diego, di 18 mesi Sotto. Casa Zanon a Falcade

...finiti gli allenamenti di fondo con i ragazzini, li portavo con le frontali nel bosco, li mettevo in traccia e li facevo salire per qualche centinaio di metri. Portavo via qualche thermos di tè e poi… giù in discesa. Non dovevi più raccontare tante storie, non c'era da convincere nessuno…

alias Carlo Zanon

scialpinistici sono stati la sua vera passione, mentre le vertical e le sprint di oggi non lo entusiasmano più di tanto, ma 'ci stanno', vista l'evoluzione dello scialpinismo. I ricordi tornano spesso alle 'sue' gare, per esempio al Rally del Bernina. Era il 1993 e il sabato rimasero sepolti in undici sotto una valanga di dimensioni impressionanti. Solo la fortuna volle che alla fine sopravvissero tutti. Il giorno dopo Carlo si presentò ugualmente al via: l'unico modo per dimenticare era tornare subito sulla neve. Su centocinquanta concorrenti,

solo cinque rimasero dentro il tempo limite di otto ore. Lui, naturalmente, era tra quei cinque e ricorda bene il tracciato disumano, su neve profonda: fatica alla stato puro, una vera e propria follia. Quando mi racconta questo aneddoto il suo viso cambia espressione, gli occhi si socchiudono e il tono della voce si abbassa. È un evento che l'ha segnato, che ancora oggi suscita grandi emozioni. Carlo è amico di tutti. Sincero, di compagnia, è una persona di cui ci si può fidare, non solo in montagna, ma anche nella vita. La sua ricetta per fare

innamorare dello scialpinismo le persone è semplice. «Finiti gli allenamenti di fondo con i ragazzini, li portavo con le frontali nel bosco, li mettevo in traccia e li facevo salire per qualche centinaio di metri. Portavo via qualche thermos di tè e poi… giù in discesa. Non dovevi più raccontare tante storie, non c'era da convincere nessuno. Oggi tanti di quei ragazzi me li ritrovo in giro per le montagne con le pelli, sono diventati genitori e fanno le stesse cose con i loro figli». Nell'ultima riunione ha detto ai genitori dei ragazzi del Comitato Trentino che

sulla carta c'è scritto che lui è l'allenatore, ma quella parola è troppo grossa, non gli compete perché non si sente all'altezza del ruolo: «Sono il vostro accompagnatore». Oggi Zanon coordina assieme a Franco Nicolini gli otto ragazzi del Comitato Trentino. A sentire lui non ha scoperto nessun talento, ma vi posso assicurare che Thomas Trettel e Gianluca Vanzetta li ha cresciuti lui. Il prossimo? Per lui non ci sono dubbi: il campione del futuro si chiama Omar Campestrin, classe 1997, un vero talento. Parola di Carlo Zanon.


104 > rubriche

THE PINK SIDE OF SNOW testo: Martina Valmassoi

Durante le gare notturne lo spirito agonistico è fortissimo, ma poi ci si ritrova a bere una birretta con il proprio 'nemico'

In guerra tutto è lecito E d eccoci al terzo appuntamento, la neve è arrivata solo in Valle d'Aosta e di gareggiare non se ne parla. Questa volta mi sono trovata in serie difficoltà a pensare a un'argomento che potesse interessare noi scialpinisti. Spero quindi che possiate apprezzare lo stesso. Parliamo di notturne, risalite, vertical, 'suicidi assistiti', e chi più ne ha più ne metta. Un certo Otto Von Bismarck, una volta disse: «Non si dicono mai tante bugie quante se ne dicono prima delle elezioni, durante una guerra e dopo la caccia». Partendo da qui, chiedo quanti di voi, a un semplice «come va?», si sono sentiti rispondere: «Maaaaaaaa, sai: ho iniziato ieri ad allenarmi, ho lavorato tutta l'estate e non ho neanche avuto il tempo di tagliarmi le unghie, sono convalescente dalla malaria africana, nonostante non mi sia mai mosso da casa (ma sai la sfiga è cieca) e sì… ho subito l'amputazione del pollice destro causa zapping estremo davanti al televisore. Per il resto tutto ok! E tu?». Tu dapprima impallidisci, poi fai gli spergiuri e infine, dopo avere preso le distanze, rispondi con voce sommessa «io tutto

ok!» e fuggi a gambe levate. L'amante delle notturne invece no, va al contrattacco, entra nel subconscio dell'avversario per indebolirlo profondamente. Sì, perché se vieni brutalmente battuto a una gara da un semi zoppo, con le emorroidi e per giunta fuori forma, ti poni qualche domanda… Ma sono io? O son tutte balle? Siamo entrati in guerra, dal momento in cui si accende il led della frontale e si spegne quello del cervello tutto è permesso, tutto è lecito. Non esistono più legami di parentela, madre, figlio, fratello, se mi sorpassi sei un uomo morto. Alle donne a cui prima aprivate gentilmente la porta, adesso lanciate uno sci in testa al solo pensiero che vi sorpassino. Se vi imbattete in qualche sventurato steso a terra perché inciampato, non fermatevi a soccorrerlo, potrebbe essere un agguato, vi tirerà a terra per proseguire la sua battaglia. Passategli sopra, le vostre pelli correranno ancora di più! L'importante alla fine è solo una cosa, ed è la cosa più bella. Bere una berretta insieme a quello con cui hai battagliato fino a cinque minuti prima perché, dopotutto, dopo la tempesta viene sempre fuori il sereno. Think Pink! =) Pila sul casco e tutti contro tutti a Saalbach, notturna per eccellenza photo©Riccardo Selvatico

Classe 1989, cresciuta in una famiglia di sportivi, nazionale di scialpinismo, ama la musica rock e detesta Gigi d'Alessio e il gorgonzola. Dal 2006 è campionessa italiana in carica nell'individuale e vertical nella sua categoria. Nel 2008 ha vinto una medaglia d'oro ai campionati Europei dell'Alpago in staffetta con Antonioli e Fognini e un bronzo nel vertical categoria juniores sempre nella stessa rassegna. Nella scorsa stagione ha chiuso al terzo posto in classifica generale di Coppa del mondo nella categoria Espoir e sempre nella stessa categoria ha vinto il Pierra Menta


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106 > ski-alp race

I GUERRIERI DELLA NOTTE testo: Micol Murachelli

Meglio in coppia

L

a prima volta che ho visto Tatiana è stata una domenica di marzo, al trofeo Fillietroz, a Saint Barthelemy, una classica dello scialpinismo in Valle d'Aosta. Credo che fosse a una delle sue primissime gare, non indossava ancora la tuta da ski-alp e aveva un paio di Dynafit grigi e rossi ai piedi. Mi ricordo che già allora partì molto forte, come fa ancora adesso. Io non sapevo chi fosse e rimasi stupita da quella ragazza. Dopo un po' l'ho sorpassata e l'ho salutata, come faccio sempre. All'arrivo ero curiosa di capire chi fosse… Ho conosciuto così Tatiana Locatelli, classe 1979, una ragazza solare che ha iniziato relativamente tardi ad andare con le pelli di foca. Si è avvicinata allo scialpinismo dopo i vent'anni, per amore della montagna. Tatiana vive e lavora a Cervinia, l'unica località valdostana dove si scia praticamente tutto l'anno. Nella scorsa stagione ha vinto il circuito 'Ski Alp sotto le Stelle e il Sole' e ha ottenuto un bellissimo terzo posto al Mezzalama, in squadra con Laura Besseghini e Raffaella Rossi. Dunque, non è solo brava nelle 'sparate' notturne in pista, ma ha un ottimo motore che le permette di difendersi molto bene anche nelle gare lunghe. Da qualche stagione fa coppia fissa con Christiane Nex e nel 2012 saranno presenti insieme al Sellaronda, Pierra Menta e Tour du Rutor.

Tatiana Locatelli, classe 1979, impiegata al Consorzio turistico di Cervinia, ha vinto l'ultimo circuito 'Ski Alp sotto le Stelle e il Sole' ma è anche un'ottima atleta per le gare lunghe in compagnia di Christiane Nex


1 2

Cosa fai nella vita?

«Sono impiegata al Consorzio turistico di Cervinia». Qual è il tuo lavoro ideale?

«Mi sarebbe piaciuto fare la guardia forestale perché mi piace stare a contatto con la natura, anche se il mio lavoro al Consorzio mi soddisfa. Però ho un sogno nel cassetto, quello di aprire un bed and breakfast tutto mio».

3

Qual è la tua vacanza ideale?

«Sicuramente una vacanza attiva, vorrei tanto trascorrere una settimana bianca da turista per godermi la montagna, andare a sciare, al centro benessere. Io lavoro e vivo a Cervinia ma non ho mai vissuto questo ambiente da turista».

4 5

Ascolti musica?

«Sì, non ho un genere preferito, nel mio iPod ho scaricato di tutto». Hai un libro preferito?

««Mi è piaciuto 'Mangia, prega, ama' e al momento sto leggendo 'Secret', due generi totalmente che però mi hanno lasciato qualcosa».

6

Convivenza o matrimonio?

«Convivenza, senza dubbi, sono dell'idea che prima bisogna testare, poi si vedrà!».

7

Qual è la cosa più pazza che hai fatto per amore?

«Sono una persona concreta, nulla di pazzo, preferisco i gesti semplici e sinceri»

8 9

Cane o gatto?

«Cane!». Preferisci andare con le pelli di giorno o di notte?

«Preferisco il giorno»..

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Una gara in coppia con…

«Con Christiane Nex, sempre lei, ormai siamo una coppia collaudata e per questa stagione abbiamo in programma alcune gare lunghe da fare assieme. È più bello correre in coppia, mi diverto di più».

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Pensi che lo skialp sia uno sport da uomini?

«No, secondo me ci sono altri sport più massacranti e poi io ho iniziato a fare scialpinismo perché mi piace vivere le mie montagne e l'amore per la montagna non ha sesso!»

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La macchina che vorresti?

«La Nissan Juke». Doccia o vasca da bagno?

«La doccia, perché è più veloce e io sono sempre di fretta. Certo, se avessi il tempo, non mi dispiacerebbe un bel bagno caldo con le candele profumate…»

14 15

Sei golosa di…

«Adoro il gelato alla nocciola». Cosa cambieresti di te?

«Tutto! È tragico, eh?! Sicuramente il fatto di essere troppo emotiva in qualsiasi situazione».

1030 Lumens

Splash Proof


108 > ski-alp race

TOUR DU RUTOR

Per i giovani sarà

Trophée des Alpes Il Millet Tour du Rutor Extrême, unica tappa italiana della Grande Course. Novità dell'anno è il ritorno del Trophée des Alpes, in combinata con la Pierra Menta, ma solo per le categorie Cadetti e Junior

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li ski-alper veri sanno bene di che cosa si tratta, di quella che nel 2012 sarà l’unica tappa italiana della 'Grande Course', dal 30 marzo al primo aprile. Con quindici anni di storia alle spalle, il Millet Tour du Rutor Extrême è il simbolo dello scialpinismo valdostano: percorsi intensi disseminati di salite e discese affascinanti, couloir attrezzati con grande cura e professionalità dalle guide alpine, creste spettacolari che sembrano dipinte a fil di cielo e che si stagliano su scenari che solo la Vallée sa regalare. L’edizione 2012 ha ancora qualche bella sorpresa in serbo, soprattutto per i più giovani, e non potrebbe essere diversamente per un evento già promosso a pieni voti nelle passate edizioni, soprattutto in quella 2011, con la tappa rinnovata dell’Arp Vieille, che a questo punto dovrebbe… cambiare denominazione. Infatti nell'edizione 2012 si salirà alla Testa del Rutor passando dal couloir appena sotto la Madonna delle Nevi, che fa da corona alla vetta e sarà, senza ombra di dubbio, la tappa più dura, sia dal punto di vista tecnico che atletico, con i suoi 2564 metri di dislivello positivo e 2664 metri di discesa. Le condizioni del percorso sono ottime grazie alle abbondanti nevicate d'inizio anno. Anche per le iscrizioni è stato un Capodanno frizzante: aperte il primo gennaio, hanno cominciato ad alimentare una lista che si sta facendo di giorno in giorno sempre più lunga. La Grande Course è un richiamo importante, il


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«…siamo consapevoli dell’evoluzione rapida della disciplina e anche noi dovremo plasmare i percorsi in base al numero degli atleti, ma senza modificare le nostre regole e sempre con molta professionalità; pensate a correre con gli sci più velocemente possibile, ma prima di tutto pensate all’alpinismo!»

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Nelle foto dell’archivio Tour du Rutor. Alcune spettacolari immagini dell’ultima edizione

Millet Tour du Rutor Extrême pure. Il famoso Trophée des Alpes, consolidato circuito che univa la Pierra Menta e il Tour du Rutor, dall’anno scorso è stato superato dall’unione delle cinque più grandi gare di scialpinismo del mondo, la già citata Grande Course. Ma le due organizzazioni non hanno voluto perdere un così grande bagaglio di esperienza maturato insieme e così è nato il Trophée des Alpes, riproposto per le categorie giovanili. Le due prestigiose competizioni, con i territori del Beaufortain e della vallata di Arvier-Valgrisenche, daranno vita alla più grande manifestazione mondiale dell’anno dedicata ai giovani scialpinisti. Ovviamente, come da manuale per le grandi classiche di scialpinismo, saranno a squadre, anche se la classifica finale è individuale, dando l’opportunità di cambiare partner a ogni gara. La Pierra Menta propone due giornate e percorsi dedicati per le categorie Cadetti e Junior, con classifica finale. Il Millet Tour du Rutor, invece, sarà… Extrême anche per le categoria Junior: tre giorni (30-31 marzo e primo aprile) con dislivelli che in totale superano i 4000 metri positivi. Per la categoria Cadetti si è creato un percorso a parte, da affrontare in una sola giornata di gara, domenica primo aprile. La gara valdostana va preparata con cura, con un allenamento adeguato e intenso, perché è un evento che può 'spremere' anche i più grandi atleti mondiali di scialpinismo come Denis Trento, valdostano e vincitore dell’ultima edizione, che affronta anche lui l’avvicinamento all'evento con partico-

lare attenzione. Le difficoltà sciistiche e alpinistiche che si riscontrano nelle tre tappe sono importanti: passaggi su creste e couloir attrezzati a 45° in salita e in discesa fanno dell’appuntamento valdostano una gara di scialpinismo di altri tempi. I tratti alpinistici si contano a decine, cresta del Sigaro, cresta dell’Alpe Vieille, couloir del Glacier de Morion, couloir della Becca di Planaval, cresta Flambeau, cresta dello Chateau Blanc… La preparazione sempre più accurata degli ski-alper fa in modo che le prime salite siano percorse molto velocemente, ma quando iniziano le difficoltà alpinistiche, quando si cominciano a calzare i ramponi o a utilizzare le corde fisse, nascono i primi rallentamenti e le incertezze. Chi si allena per tutta la stagione invernale sulle piste battute, si ritrova in vera difficoltà. Dunque attenzione ragazzi, non preparatevi solo sulle piste, il mondo dello scialpinismo è diverso! Meglio arrivare con un'adeguata preparazione fisica, allenatevi su terreno misto, fate inversioni e tratti a piedi con rapidi cambi di assetto. Tutto questo al Millet Tour du Rutor Extrême vi potrà far guadagnare tempo prezioso, evitando imprevisti. Marco Camandona, che è l’anima della gara, è molto franco: «Siamo consapevoli dell’evoluzione rapida della disciplina e anche noi dovremo plasmare i percorsi in base al numero degli atleti, ma senza modificare le nostre regole e sempre con molta professionalità; pensate a correre con gli sci più velocemente possibile, ma prima di tutto pensate all’alpinismo!».

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EMERGENTI

Data e luogo di nascita: 5 novembre 1994 Tirano (So) Residenza: Bormio Peso: 63 kg Altezza: 179 cm Sci club: Alta Valtellina Categoria: Junior Materiali: sci Ski Trab, scarponi Scarpa, abbigliamento Crazy Idea

'Faifi' Luca Faifer Quando la prima volta con le pelli?

La gara più importante che hai vinto?

In terza media, con un amico.

La sprint ai Mondiali di Claut nel 2011.

I tuoi allenatori?

Davide Canclini e Luca Dei Cas.

La gara che vorresti vincere?

Quanti allenamenti settimanali?

Lo storico Trofeo Folgore di Bormio.

Quattro o cinque uscite. Salita o discesa?

Vanno allenate entrambe, in discesa però mi diverto di più.

Il tuo campione preferito?

Davide Canclini.

Il tuo libro preferito?

Libri di storia e di montagna. Pregi e difetti?

Sono permaloso ma gentile e disponibile con tutti. Piatto preferito?

Pasta al ragù e arrosto di mia mamma Renata. A colazione prima di una gara?

Tè o latte, miele, marmellata e un panino.

Pista o fuoripista?

Un sms al tuo allenatore?

Fuoripista!

'Oggi come mi alleno?'

Il tuo approccio a un grande evento?

Altri sport?

Hai un portafortuna?

Corsa in montagna e mountain bike.

No.

Di solito non mi agito, sono tranquillo.

Scuola o lavoro?

Tutti, ma in particolare i compagni di club con i quali mi alleno abitualmente.

Per ora vado ancora a scuola. Indirizzo scolastico?

Liceo scientifico. Da grande farò?

Mi piacerebbe saperlo…

I tuoi amici nello sci?

Tre canzoni sul tuo ipod?

'Canzone per un’ amica' di Francesco Guccini, 'Un matto' e 'Bocca di rosa' di Fabrizio De André.

Obiettivi della prossima stagione?

Rimanere competitivo con i miei pari categoria pur essendo al primo anno Junior. Grazie a…?

Allo sci club e soprattutto ai miei allenatori.

L

uca Faifer è un altro talento targato Alta Valtellina. È dotato di un 'motorone', spregiudicato in discesa quanto roboante in salita. Quando 'apre il gas' è capace di progressioni micidiali. Arriva dallo sci alpino, disciplina che ha praticato nello Sci Club Bormio per approdare allo scialpinismo all'età di 15 anni. La sua è stata una rapida crescita fino a conquistare l'oro ai Mondiali di Claut nella sprint, categoria Cadetti, nella passata stagione. Con il suo fare scanzonato è capace di trascinare il gruppo, a volte sembra quasi un leader. Dice di lui il suo allenatore Davide Canclini: «Faifi rappresenta il perfetto mix del montanaro… Sa essere tanto cordiale quanto burbero. A volte non si capisce cosa gli 'frulli' per la testa e quando ti guarda con quella smorfia, mezzo sorridente, diventa disarmante. Come tutti i diciottenni necessita di occasionali 'raddrizzate', dalle quali però ha dimostrato di trarre lo spunto per migliorarsi. È un ragazzo intelligente, frequenta la scuola con buoni profitti, a dimostrazione che studio e sport possono convivere. Nello sport per lui il pericolo non esiste, prerogativa che, unita alle sue doti di discesista, lo porta sempre ad affrontare le discese al limite. Ha la fortuna di avere mamma Renata e papà Lino che lo seguono e lo fanno 'volare basso'».


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EMERGENTI

'Eli'

Elisa Compagnoni

E

lisa Compagnoni vive a Valfurva ed è una delle migliori atlete del vivaio Alta Valtellina. Da due stagioni in pianta stabile nella squadra nazionale di scialpinismo, è una ragazza tanto timida e gentile nella quotidianità quanto caparbia e determinata nella vita sportiva. Ha esordito quasi per gioco al Pierra Menta nel 2010, lei che arriva dalla corsa in montagna, disciplina che pratica a buoni livelli (passione ereditata da papà Venanzio). Studentessa universitaria, riesce a conciliare questo grande impegno con la passione sportiva. Al Nevegal lo scorso anno ha conquistato la medaglia d'argento nel Vertical categoria Espoir e il primo posto ai Campionati italiani di staffetta in coppia con Francesca Martinelli. Quinto posto ai Mondiali di Claut sia nell'Individuale che nel Vertical. Abbiamo chiesto al suo allenatore, Davide Canclini, un pregio e un difetto di Elisa. Pregio: la giusta dose di testardaggine per emergere negli sport di fatica. Difetto: non credere abbastanza nelle proprie capacità e potenzialità… ma sta migliorando. In conclusione, Elisa è una bella persona, equilibrata, solare e sa fare gruppo con le ragazze della squadra… un esempio per le giovanissime.

Data e luogo di nascita: 26 giugno 1990, Sondalo (So) Residenza: Valfurva Segni particolari: avere 21 anni e dimostrarne 15! Peso: 44 kg Altezza: 160 cm Sci club: Alta Valtellina Categoria: Espoir Materiali: sci e attacchi Ski Trab, scarponi Scarpa, pelli Pomoca, abbigliamento Crazy Idea, attrezzatura Camp

Quando la prima volta con le pelli?

Con mio papà, tre anni fa, con gli scarponi tre numeri in meno del mio che pesavano un quintale. Esperienza abbastanza traumatica, soprattutto nel primo fuoripista, più faticoso della salita! Il tuo allenatore?

Davide Canclini 'Toio'. Quanti allenamenti settimanali?

Da grande farò?

Hai un portafortuna?

Bella domanda!

Al momento no.

La gara più importante che hai vinto?

I tuoi amici nello sci?

Magari fossi già ai quei livelli! Però mi è rimasta impressa la vittoria di Coppa Italia lo scorso aprile alle Tre Cime. Non avrei mai pensato di vincere, visto che già pochi metri dopo la partenza mi si sono slacciati entrambi i nodi delle pelli… Grande rincorsa e vittoria.

Cinque o sei.

La gara che vorresti vincere?

Salita o discesa?

Un Mondiale non sarebbe male… ma al momento è un’utopia!

Salita, decisamente! Pista o fuoripista?

Fuoripista. Altri sport?

Corsa in montagna. Scuola o lavoro?

Sono al terzo anno di Scienze della Comunicazione all'Università di Pavia.

Il tuo campione preferito?

Il gruppo del mio sci club, le ragazze della squadra, ma in generale tutto l’ambiente mi fa sentire a mio agio! Tre canzoni sul tuo iPod?

'We found love' di Rihanna, 'Last friday night' di Katie Perry, 'I soliti' di Vasco Rossi. Il tuo libro preferito?

Non ne ho uno in particolare, comunque ultimamente non posso sentire la parola ‘libro’… sto preparando tre esami contemporaneamente.

Più di uno: Marco De Gasperi, Francesca Martinelli e Roberta Pedranzini.

Pregi e difetti?

Un sms al tuo allenatore?

Per eventi importanti mi agito un pochino…

'Ciao Toio, scusa il disturbo… ma volevo chiederti cosa posso fare in questi giorni…grazie mille! =)'.

Pregio: allegra, disponibile. Difetto?

Piatto preferito?

Pizza e gelato… ho già l’acquolina! A colazione prima di una gara?

Té, fette biscottate con miele o marmellata. Il tuo approccio a un grande evento?

Sono sempre abbastanza agitata! Obiettivi della prossima stagione?

Spero di fare bene, intanto cerco d'impegnarmi al massimo… Grazie a…?

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testo: Carlo Ceola foto: Riccardo Selvatico

COLAZIONE DA

KILIAN Kilian Jornet Burgada, o semplicemente Kilian, come tutti lo conoscono. Che fosse un fenomeno lo sapevamo già, le classifiche degli ultimi anni parlano chiaro. Quello che ci interessava scoprire è il perché…


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«L

a vita è ciò che ti succede mentre sei impegnato a fare altri programmi». Kilian mi ha citato questa frase di John Lennon alla mia domanda su cosa volesse fare da grande. «Domani voglio essere felice come lo sono oggi, questo il mio obiettivo. E siccome oggi sono stato felice sciando, domani tornerò a sciare». L'opinione che uno si fa, ascoltando queste parole, potrebbe essere quella di una persona superficiale, che vive alla giornata, incapace di programmare il proprio futuro. Tutt'altro, nonostante la giovane età, Kilian ha una sua precisa filosofia di vita, che riesce a dargli equilibrio e grande serenità. «Non intendo passare la vita a pensare cosa farò domani. Piuttosto non voglio perdermi un istante della mia quotidianità, ogni giorno che passa e che non vivo appieno, è un giorno sprecato; in fondo si resta qui un niente e davvero nessuno può sapere cosa ci riserverà il destino». Temevo che la mia intervista alla fine si limitasse a tabelle, grafici e programmi di allenamento. Kilian invece è un fenomeno dentro, la sua curiosità lo porta a scoprire ogni giorno angoli nuovi e sconosciuti della sua persona, la sua generosità lo rende infaticabile, il cuore si alimenta di emozioni che lui stesso ricerca quotidianamente, il cervello fine necessita di aria sottile per ricercare la sua verità, la ragione e la passione sono il timone e la vela della sua anima vagabonda, il sorriso è il suo sole.

LA MONTAGNA COMPAGNA DI VITA

Si racconta Kilian, arrotolandosi tra le dita il filo del suo Mac, ed il pensiero corre subito alla famiglia, ciò che forse gli manca di più. Mamma Nona, maestra di scuola, l'ha iniziato allo sci prima ancora che sapesse camminare. Aveva un anno Kilian e l'obiettivo della mamma era quello di sopire l'esuberanza di questo vivace bambino. Nessun trauma, Kilian mostrò subito delle doti fuori dal comune adattandosi immediatamente agli sci. Ha trascorso i primi 13 anni della sua vita a Cap del Rec nei Pirenei Catalani, in un rifugio ad oltre 2000 metri che il padre, guida alpina, gestiva. La vita del rifugio ha forgiato Kilian, la scuola distava infatti 10 chilometri dal rifugio; distanza che assieme alla sorella percorreva quotidianamente d'inverno con gli sci e d'estate a piedi. Intanto gli cresceva dentro quella grande passione per la montagna che oggi è il fulcro attorno al quale ruota la sua vita. «I miei genitori mi hanno fatto conoscere ed amare la montagna, non me l'hanno mai imposta. Sin da piccolo quando andavamo a camminare mettevano me e mia sorella davanti a fare il passo. Quando si sbagliava sentiero, ci fermavano e ci spiegavano perché avremmo dovuto prendere un'altra direzione». Kilian brucia le tappe, a cinque anni accompagna i suoi genitori sul monte Aneto, la vetta più alta dei Pirenei, a sei anni il suo primo quattromila sulle Alpi. Il suo destino è già tracciato. Partecipa alle prime gare sugli sci a cinque anni, è la mamma che lo accompagna, dormono accoccolati in macchina al freddo e Kilian ancora oggi ricorda quelle nottate come un momento di crescita e di vita. A 14 anni passa le selezioni al centro tecnico di sci di montagna in Catalogna, dove incontra la persona che illuminerà il suo cammino. Jordy Canals capisce che Kilian è un fuoriclasse, un talento puro, uno che potrà vivere di sport. Oggi è il suo manager, colui che ne cura l'immagine e che gestisce l'agenda sempre più fitta. Kilian nel frattempo inizia la lunga trafila delle giovanili, capisce che lo scialpinismo è la sua vera passione e a questa decide di dedicarsi. A 18 anni la grande decisione. Per i suoi studi poteva scegliere Barcellona, la città che fa sognare tutti gli studenti, preferisce invece una sorta di scuola di montagna, il centro addestramento delle mille medaglie olimpiche di Font-Romeu. «Non è stata una decisione presa a tavolino, mi sono solo ascoltato, volevo fare nella vita ciò che quotidianamente mi rendeva felice e mi faceva sentire libero. Se una cosa la vuoi veramente, la cerchi e dai tutto te stesso per raggiungerla. Non ti devi mai voltare indietro soprattutto nei momenti difficili». E Kilian non si è più voltato indietro. Non l'ha fatto neppure nel 2006, quando la frattura delle rotula del ginocchio sinistro lo costrinse ad uno stop di un anno, senza la certezza di poter tornare quello di prima. «È stato un momento buio della mia vita, ma una grande lezione di vita. Ne sono uscito più forte, con la certezza che la mia decisione era quella giusta.» La montagna è stata la sua vita dal giorno che è nato e questo Kilian l'ha sempre saputo. È diventato indipendente da subito, quella autonomia che prima i suoi genitori e poi la montagna gli hanno insegnato. «In montagna come nella vita è bene non dipendere da nessuno. La responsabilità nel bene e nel male delle cose deve

«…volevo fare nella vita ciò che quotidianamente mi rendeva felice e che mi faceva sentire libero. Se una cosa la vuoi veramente, la cerchi e dai tutto te stesso per raggiungerla. Non ti devi mai voltare indietro soprattutto nei momenti difficili…»


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essere soltanto tua. Se prendi una decisone, deve essere una tua scelta che senti dentro e che non prendi per far felice qualcun altro. La tua vita ti appartiene, ne hai una sola, non puoi permetterti di sprecarla». Le sfide hanno il profumo dell'infanzia e così tre anni fa ha realizzato il sogno di sua mamma. Ha attraversato i Pirenei dall'Oceano Atlantico al Mar Mediterraneo lungo una linea in cresta da lui tracciata. In totale sono stati 830 km con oltre 40 mila metri di dislivello positivo, da Cabo Higuer sino alla penisola di Capo Creus. Kilian li ha coperti in soli otto giorni! Voleva rivedere l'Aneto, nessun record, lui da solo con le sue montagne. La passione ed il piacere, queste le uniche motivazioni che animano le sue imprese. Le emozioni sono la sua benzina, che ricerca quotidianamente. Ci sono le emozioni di una vittoria, di un record, e quelle più semplici, quotidiane. «In un anno partecipo a circa 50 gare. Alla fine sono 50 giorni, e gli altri 300? Se vivessi per quei 50 giorni sarei folle, io vivo per andare in quella vetta lassù il pomeriggio ed aspetto che il calar del sole incendi il cielo. Voglio andarci con i miei amici, voglio condividere le mie passioni e ciò che mi rende felice con chi mi vuole bene. Seguo le orme degli animali, ascolto il silenzio, mi perdo ed è bellissimo ritrovarsi». Con il progetto Kilian's Quest ha voluto dimostrare proprio questo: la montagna non è solo competizione, è molto di più. Sono stato un pomeriggio ad ascoltare Kilian filosofo, il Kilian che non ti aspetti, uno che ti spalanca due occhi neri, e che si emoziona a raccontarti di quello che fa. «Mi emoziona vincere una gara, è bellissimo e gratificante, ma al Pierra Menta quando vedi gli ultimi arrivare e piangere sulla neve per essere riusciti a coronare il sogno della loro vita, non c'è vittoria che tenga. Sono emozioni del cuore, della vita, sono tue e nessuno potrà mai portatele via».

ta cioccolata e caramelle. Ha un concetto tutto suo: «Con quello che mi alleno, brucio tutto, dentro rimane poco, non vedo quale sia il problema». Sulla mensola ci sono tanti barattoli di integratori alimentari, immagino che compensi le sue mancanze alimentari ingurgitando quegli intrugli. Di certo beve molto, l'abbiamo visto in allenamento bere continuamente dalla borraccia.

550.000 METRI DI DISLIVELLO ATTIVO ALL'ANNO

UN PALMARÈS INCREDIBILE

La sua montagna non conosce stagioni, si divide tra corsa e ski-alp. Non ha preferenze tra correre o sciare. Semplicemente in estate non c'è la neve e quindi corre, in inverno quando la neve ricopre tutto non può correre e allora scia. Lui è fatto così. Dopo anni di tabelle e programmi ha imparato a conoscersi ed ascoltarsi e si allena in modo uguale d'inverno e d'estate. Registra tutto sul suo Mac, scarica quotidianamente i dati degli allenamenti e la sua unità di misura non sono i km percorsi ma le ore di lavoro. Sono 1000 le ore di allenamento in un anno che corrispondono a 550 mila metri di dislivello positivo, rispettivamente 300 mila di corsa e 250 mila sugli sci. Semplice! Se nella settimana è prevista una gara, 'riduce' l'allenamento a 15 ore settimanali con un giorno di riposo, che effettua solitamente due giorni prima della competizione. Se non c'è gara, 'doppia' tutti i giorni arrivando mediamente a 25 ore settimanali. Nella prima settimana del 2012 ha sciato per 31 ore con 24.600 metri di dislivello. Kilian, ma tu doppi l'allenamento ogni giorno? «Tu vai a lavorare mattina e pomeriggio, perché non posso farlo anch'io. La montagna è la mia officina!» e se la ride. Nel tardo pomeriggio effettua delle sedute di fisioterapia, poi cura la sua pagina twitter e facebook. Legge molto, ascolta tantissima musica, ma il suo vero hobby è il disegno a carboncino. Si circonda di amici, la sera esce se non deve sciolinare gli sci, ma non rientra tardi perché il riposo è fondamentale per il recupero. Delle sue donne non si sa niente. Se glielo chiedi diventa timido, abbassa lo sguardo e sorride, dice di non aver abbastanza tempo per una relazione stabile. Come si alimenta? Sconvolgente quello che scopro. Intanto non fa colazione, il mattino si alza ed esce ad allenarsi a stomaco vuoto. Solo nelle settimane di grande carico talvolta mangia una fetta di pane con la nutella. Sotto questo profilo Kilian è un disastro. Non segue diete, mangia di tutto. La pasta ogni giorno, carne tre volte la settimana, frutta e verdura quando si ricorda di comprarla. Tan-

IL DOPING? UN PROBLEMA

Si può tranquillamente affermare che Kilian è uno degli atleti che si allena di più al mondo. Ciò che stupisce è la sua capacità di rimanere in forma per 12 mesi all’anno, e di poter correre, vincendo, anche due trail in un mese. Una settimana dopo il Mezzalama ha partecipato ad un Trail Running di 100 km in Australia con un dislivello di 5000 metri, chiudendo sotto le 10 ore ed abbassando il record di oltre 20’. L’onta del doping con lo scandalo Fuentes, getta ombre su ogni vittoria ottenuta dagli atleti spagnoli, nessuno escluso. Ho affrontato il discorso con Kilian e questa è stata la sua risposta. «Il doping è una sconfitta dello sport, un cancro difficile se non impossibile da debellare. So che molti insinuano che io mi possa essere dopato, ma non mi interessa ciò che pensa la gente. La mia droga è la montagna. Io so quello che faccio, quanto mi alleno e quanto sacrificio c'è dietro questo lavoro. Ma lo faccio perché mi piace, è una questione di cultura, se una persona ricorre al doping nello sport significa che non ha capito nulla della vita. Per me lo scialpinismo e la corsa non sono un lavoro, ma un piacere. Se mi drogassi prima di tutto avrei fallito come persona, non come sportivo. Io amo lo sport e non potrei mai tradirlo». Per riportare le vittorie ed i suoi record non sarebbero sufficienti delle pagine, ci vorrebbe un hard-disk. Ha iniziato sin da piccolo ad inanellare vittorie su vittorie, un palmarès impressionante, tant’è che fa quasi più notizia un suo ritiro od una sconfitta. Ha fatto incetta di medaglie sia ai Campionati Europei che ai Mondiali, ha vinto dal 2009 la Coppa del Mondo, campione spagnolo da sempre in tutte le specialità, ha vinto il Mezzalama e tre volte il Pierra Menta. Nella corsa sono innumerevoli i suoi record, una striscia di performance al limite dell’impossibile. Ne cito due: ha compiuto la traversata della Corsica GR20 in 32 ore (190 km e 12 mila metri di dislivello) e detiene il primato di salita e discesa del Kilimanjaro in poco più di 7 ore

@KILIANJ

Kilian è un grandissimo comunicatore, forse l’unico in questo mondo. Uno dei pochi che riesce a far parlare degli sport minori come lo scialpinismo o la corsa. Per lui le televisioni corrono, se partecipa ad una gara la richiesta di accredito dei giornalisti schizza alle stelle. È sbagliato pensare che faccia questo solo per un ritorno di immagine da vendere agli sponsor. «Voglio far capire quanto è bella la montagna, quante cose si possono fare, ed in quanti modi la si può vivere. Amo lo scialpinismo, faccio il possibile per promuoverlo. Anche perché chi è preposto a farlo nelle nostre federazioni purtroppo non lo fa. È una disciplina che suscita grandissime emozioni, che lascia spazio all’immaginazione e alla fantasia. Io con i miei video vorrei far passare tutto questo. Chiaro che per farlo necessito delle aziende che mi supportino e che poi mi promuovano. Non basta dire ‘vogliamo andare alle Olimpiadi', c’è bisogno di comunicarlo e di farlo entrare nel cuore della gente». Potete seguirlo sul sito kilianjornet.com, vedere i suoi video nel canale youtube o seguirlo sugli account facebook e twitter (@kilianj), sempre aggiornatissimi.


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«…in montagna come nella vita è bene non dipendere da nessuno. La responsabilità nel bene e nel male delle cose deve essere soltanto tua. Se prendi una decisone, deve essere una tua scelta che senti dentro e che non prendi per far felice qualcun altro. La tua vita ti appartiene, ne hai una sola, non puoi permetterti di sprecarla…»


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Da sinistra a destra. Kilian sulla terrazza con i suoi inseparabili scarponi. Dettaglio del nuovo top-fix ideato da Kilian e presto commercializzato da Atomic. Il puntale dell'attacchino Gignoux. La talloniera dell'attacchino Gignoux. Due scatti con i dettagli degli scarponi Gignoux

materiali

CONTRIBUTO ATTIVO ALLO SVILUPPO

Kilian dedica molto tempo ai suoi strumenti di lavoro, e se ne prende cura. L’ho visto riporre gli sci asciugandoli delicatamente, stendere le pelli sull’appendino ad asciugare, insomma per essere uno a cui regalano l’attrezzatura, ne ha una cura quasi maniacale. Non è solo questione di educazione e rispetto, Kilian si affeziona ai suoi attrezzi, anche perché collabora attivamente con le aziende per svilupparli. Li vede nascere. Sviluppa gli scarponi Gignoux e gli sci Atomic testando i prototipi. Compila schede e propone modifiche, partecipa personalmente alla fase di ricerca e sviluppo. Ha convinto Atomic a produrre pelli di foca con un top fix minimo ma di grande efficacia che sarà sul mercato dalla prossima stagione. Guai poi toccargli i suoi attacchini Gignoux. La sua incolumità è affidata ad un attacchino da 70 gr, ma assicura che tutto funziona alla perfezione e che hanno superato tutti le prove in laboratorio, ma soprattutto i suoi test in montagna. «Se hanno passato indenni una stagione con me, puoi stare sicuro sulla loro affidabilità». Suunto è l'inseparabile cardiofrequenzimetro che registra ogni suo allenamento. C’è anche qualcosa di italiano nel suo pool di sponsor, dal momento che Crazy Idea è il fornitore dell’abbigliamento invernale. Una linea dedicata e personalizzata di cui lui orgogliosamente fa sfoggio. «Ritengo fondamentale che la mia partnership con le aziende non si limiti solo a veicolarne l’immagine. Poter mettere a disposizione la mia esperienza quotidiana sul campo è un valore aggiunto che produce un doppio beneficio: le aziende migliorano i loro prodotti, io le mie performance».


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IL SUO MOTORE I suoi sono numeri di una fuoriserie, strabilianti. Per essere un corridore di long distance fa registrare perfomance di altissima qualità, degne di uno sprinter. Agile, veloce, scattante, corre in salita e vola in discesa, una meraviglia della natura. È capace di correre per delle ore ad una frequenza cardiaca altissima, vediamo nel dettaglio un po’ di dati: Altezza: 171 cm Peso: 56 kg Percentuale di grasso corporeo: 8% Massimo consumo di ossigeno (VO2max): 85-90ml/min/kg Capacità polmonare: 5,3 litri Frequenza cardiaca massima: 205 ppm Frequenza cardiaca a riposo: 34 ppm Soglia anaerobica: 185 ppm Ematocrito: 49% Riposo: 8 ore di sonno giornaliere Altura: correndo prevalentemente in montagna è chiaro che passa gran parte del suo tempo sopra i 1500/2000 metri. Effettua però anche degli stage specifici in quota per periodi anche abbastanza lunghi.


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BOTTA& RISPOSTA

Fai il lavoro più bello del mondo?

«Ogni lavoro che hai scelto di fare è il più bello del mondo».

Alleni anche la sofferenza?

«Non sono un masochista, la sofferenza è una sensazione che bisogna imparare a gestire, farsela amica e non temerla».

Ti succede di andare in crisi?

«Tutti vanno in crisi, dal primo all’ultimo, è un passaggio obbligato per arrivare in vetta o al traguardo».

Hai rimpianti?

«Non guardo al passato, vivo per il futuro. Tutto le scelte che ho fatto, giuste o sbagliate, le rifarei perché le ho volute io».

Tu che sei un mito, hai un mito?

«Walter Bonatti è il mio grande mito, che scrisse: «La montagna mi ha insegnato a non barare, a essere onesto con me stesso e con quello che facevo. Se praticata in un certo modo è una scuola indubbiamente dura, a volte anche crudele, però sincera come non accade sempre nel quotidiano. Se io dunque traspongo questi principi nel mondo degli uomini, mi troverò immediatamente considerato un fesso e comunque verrò punito, perchè non ho dato gomitate ma le ho soltanto ricevute. E' davvero difficile conciliare queste diversità. Da qui l'importanza di fortificare l'animo, di scegliere che cosa si vuole essere. E, una volta scelta una direzione, di essere talmente forti da non soccombere alla tentazione di imboccare l'altra. Naturalmente il prezzo da pagare per rimanere fedele a questo ordine che ci si è dati è altissimo'».

Cosa temi?

«La puntura delle api, visto che sono allergico».

Una virtù?

«Io penso sempre positivo».

C'è qualcosa che odi?

L’idiozia di chi pensa di poter cambiare la natura. C’era prima dell’uomo e ci sarà anche dopo. Noi siamo di passaggio, non possiamo cambiare nulla».

A cosa ti ispiri?

«Alle emozioni che la quotidianità mi riserva».

Le tue rinunce?

«Quando si rinuncia a qualcosa è perché si sono fatte delle scelte, e si torna al solito discorso. Ho rinunciato all’agio, a Barcellona, alle donne e agli studi per fare ciò che mi piace. Ho rinunciato a tutto questo per avere molto di più: la mia felicità».

«…in un anno partecipo a circa 50 gare. Alla fine sono 50 giorni, e gli altri 300? Se vivessi per quei 50 giorni sarei folle, io vivo per andare in quella vetta lassù il pomeriggio ed aspetto che il calar del sole incendi il cielo. Voglio andarci con i miei amici, voglio condividere le mie passioni e ciò che mi rende felice con chi mi vuole bene…»



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COPPA DEL MONDO

testo: Riccardo Selvatico foto: Riccardo Selvatico

ANDORRA andata e ritorno Prima tappa di Coppa del Mondo: Kilian è un marziano, ma gli azzurri rispondono presente

Sopra. Il campo di gara visto dall’elicottero Da sinistra a destra. L’arrivo di Kilian nel Vertical. Eydallin e Holzknecht, ottimo avvio di stagione ad Andorra


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Dopo solo qualche ora di sonno si parte per seguire la gara individuale. Il campo di gara lo conosco abbastanza bene perché proprio qui nel 2010 sono state assegnate le medaglie dei Campionati del Mondo. Arrivo in partenza con le pelli e gli sci, incredibile! Peccato che solo le pelli siano le mie, tutto il resto no. Grazie ad una ‘simpatica’ personcina che ha deciso di portarsi a casa i miei scarponi, io ho dovuto chiedere a Carlo (n.d.a. Ferrari) di prestarmi sci e scarponi per seguire la gara. Le partenze delle gare si susseguono, ma per fortuna ho un’idea abbastanza chiara di come seguire gli atleti. Lascio andare i Cadetti, gli Junior e le donne, quando partono gli uomini salgo in seggiovia e vado quasi al termine della prima salita. Intanto inizia il filo diretto con Carlo per gli aggiornamenti via Twitter. Gli atleti mi sfilano davanti, 'Bosca' tira il gruppo, dietro Kilian, Holzknecht, Antonioli, Reichegger, Anthamatten ed Eydallin. In discesa passa per primo Kilian, sembra un camoscio in fuga, dietro gli italiani lo inseguono come cacciatori. È uno spettacolo. Nella salita sono ancora tutti insieme. Antonioli e Boscacci si staccano. Manni tira il gruppetto. Nel tratto a piedi salgono tutti con un gran ritmo. Nel secondo

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er fortuna che in Andorra ci sono già stato qualche volta. E sì, perchè se fosse stato per questa trasferta nel Principato non saprei cosa raccontare. Nei famosi appunti di viaggio potrei annotare queste parole: neve (poca), camera d’albergo (la mia) e furto scarponi (i miei). Dopo il transfert Barcellona-Ordino con il CT, che sembrava più il coordinatore di un team di Formula Indy, che il responsabile di una squadra di scialpinismo, arriviamo al briefing giusto in tempo per il ‘Buona gara a tutti!’ di Carlo Ferrari, patron della manifestazione. Il sabato mattina è tempo di Vertical Race, colazione e subito verso i campi di gara. Anche in questo caso l’eterno dilemma di come seguire la gara: partenza donne? Partenza uomini? Prendo l’impianto per capire i tempi. Decido: seguo le donne alla partenza poi prendo l’impianto e scendo a cercare un buon passaggio per gli uomini. In zona partenza tutti sono sereni, la stagione sta per iniziare e sembra che le vecchie asce di guerra siano riposte negli zaini. La gara parte, il gruppetto delle donne inizia a salire, dalla mia postazione aerea noto che nel giro di un paio di minuti la Roux è già davanti a tutte, dietro Mireia Mirò e Gloriana Pellissier. Passo per l’arrivo, ma fotograficamente parlando non mi sembra valido anzi, così inizio a scendere. Le motoslitte scortano Laetitia, in un attimo mi è di fronte, alle sue spalle ancora non si vede Mireia, eccola. Mi sembra appesantita, sul tratto pianeggiante allunga il passo, ma appena dopo si pianta, passa Gloriana molto più pimpante e concentrata. «Dai Glo - le urlo - Mireia è appena davanti ed è un po’ in crisi». La valdostana si avvicina alla seconda posizione, ma negli ultimi metri la spagnola ritrova lo spunto e aumenta ancora il ritmo. Niente da fare, però il terzo posto va benissimo. Transitano davanti a me anche Elisa Compagnoni (decima), Corinne Clos (undicesima) ed Elena Nicolini (tredicesima). Mi preparo per gli uomini, dopo una decina di minuti ecco Kilian che sbuca sul piano, alle sue spalle il vuoto. ‘Tiro il tele’ per capire chi lo sta inseguendo. Due tute azzurre, bravissimi ragazzi. Lorenzo è secondo e il Mambo è terzo. Poco più dietro Yannick Buffet, Michele Boscacci e Martin Anthamatten. Il Bosca, vengo a sapere alle premiazioni, ha avuto un problema con uno sci, peccato altrimenti sarebbe stato vicino a Holz. Dopo qualche minuto, abbastanza staccati l’uno dall’altro, passano Lanfranchi, Follador e Brunod. Le prime tre posizioni non cambiano e così salgono sul podio. La prima gara di Coppa del Mondo va in archivio con le premiazioni, ma per me si aprono le porte della mia cameretta tipo celletta di clausura per sistemare foto, testi, sito e video. Intanto in Andorra inizia la movida del sabato sera, ma per questa volta ne vivo solo il ricordo.

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COPPA DEL MONDO

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Denominazione: Prima prova di Coppa del Mondo ISMF Dove: Ordino (Principato d’Andorra) Data: 21-22 gennaio 2012 Tipologia: Coppa del Mondo - prova Vertical e Individuale

ANDORRA

Vertical Maschile 1. Kilian Jornet Burgada (SPA)............35.17 2. Lorenzo Holzknecht (ITA)................36.01 3. Manfred Reichegger (ITA) ..............36.15 4. Martin Anthamatten (SUI) ...............36.27 5. Yannick Buffet (FRA) .......................36.32 6. Michele Boscacci (ITA)....................36.39 7. Pietro Lanfranchi (ITA)......................37.00 8. Alan Tissières (SUI)..........................37.10 9. William Bon Mardion (FRA).............37.14 10. Marc Pinsach Rubirola (SPA)........37.19

Vertical Femminile 1. Laetitia Roux (FRA)..........................25.22 2. Mireia Mirò Varela (SPA)..................26.25 3. Gloriana Pellissier (ITA)....................26.53 4. Maude Mathys (SUI)........................28.13 5. Michaela Essl (AUT) .......................28.31 6. Alba Xandri Suets (SPA) .................28.39 7. Marie Troillet (SUI) ...........................28.57 8. Victoria Kreuzer (SUI) .....................29.05 9. Marta Riba Carlos (SPA) .................29.06 10. Emilie Gex-Fabry (SUI) .................29.21

Individuale Maschile 1. Kilian Jornet Burgada (SPA) ........1.27.02 2. Matteo Eydallin (ITA) ....................1.27.27 3. Lorenzo Holznecht (ITA)...............1.27.48 4. Manfred Reichegger (ITA)............1.28.11 5. Martin Anthamatten (SUI) ............1.29.57 6. Michele Boscacci (ITA) ................1.29.58 7. William Bon Mardion (FRA) .........1.30.31 8. Valentin Favre (FRA) ....................1.31.27 9. Robert Antonioli (ITA) ...................1.31.32 10. Matheo Jacquemoud (FRA) .....1.31.34

tratto a piedi le cose cambiano di poco. Dalla balconata rocciosa sbucano all'improvviso i tre azzurri, in discesa volano, Eydalin è in testa. Kilian è staccato, quarto. Tra le foto, gli spostamenti e le telefonate a Carlo rischio di andare in tilt, ma sono fortunato: oggi il mio multitasking funziona alla grande! I ragazzi passano in zona arrivo, è un tripudio di gente. Appena passa la testa del gruppo mi sposto in zona traguardo, giusto in tempo per vedere l’arrivo di Gloriana Pellissier dietro alla vincitrice Roux e alla Mirò. Le altre donne non riesco a seguirle, scoprirò poi che Corinne Clos è arrivata tredicesima, mentre la ‘nostra’ Martina si è portata a casa la vittoria nella categoria Espoir, seguita da Elisa Compagnoni. Tra le Junior Alessandra Cazzanelli è seconda e negli uomini Faifer e Nicolini hanno reso la vita difficile al fenomeno Anton Palzer. Tra le Cadette podio anche per Giulia Compagnoni, seconda. La gara uomini continua, decido di guardare le fasi finali di gara da una prospettiva diversa e salto sull’elicottero. Gli italiani sono perfetti nei cambi e riescono a guadagnare una decina di secondi, ma passano solo un paio di minuti prima che lo spagnolo piombi sulle code dei battistrada: inserimento della freccia e via in volata solitaria. I tre moschettieri azzurri ri-

Vincitori di categoria gara Individuale Cadetti: Aleix Domenech (SPA) 1.05.35 Ina Forchthammer (AUT) 1.26.01 Junior: Anton Palzer (GER) 1.19.25 Jennifer Fiechter (SUI) 1.14.03; Espoir: Michele Boscacci (ITA) 1.29.58 Martina Valmassoi (ITA) 1.45.44 Individuale Maschile 1. Laetitia Roux (FRA).......................1.25.03 2. Mireia Mirò Varela (SPA) ..............1.31.03 3. Gloriana Pellissier (ITA) ................1.33.51 4. Marie Troillet (SUI) ........................1.36.11 5. Michaela Essl (AUT) ....................1.39.42 6. Maude Mathys (SUI).....................1.43.36 7. Marta Riba Carlos (SPA) ..............1.43.40 8. Martina Valmassoi (ITA) ...............1.45.44 9. Nina Silitch (USA)..........................1.46.05 10. Emilie Gex-Fabry (SUI) ..............1.49.02

mangono insieme. Nell’ultima salita Kilian è da solo, proteso verso la vittoria. Mambo Reichegger si stacca, Eydallin e Holz si giocano la piazza d'onore. Eydallin in discesa è scatenato, scende deciso e senza sbagliare una traiettoria. La seconda posizione è sua. Holz conferma la terza piazza. Sotto il traguardo arrivano anche Michele Boscacci, sesto e Robert Antonioli, nono. La loro prestazione è ottima, dimostrano di essere in forma e di gestire molto bene la gara. I due dell’Alta Valtellina si portano a casa la medaglia d’oro e d’argento tra gli Espoir. L’altro azzurro Damiano Lenzi è undicesimo, Pietro Lanfranchi è quindicesimo e Alessandro Follador diciottesimo. Peccato per Dennis Brunod, ritirato. Cala il sipario, Angeloni indossa i panni di responsabile di un team di Formula Uno e in un lampo ci troviamo (per errore) in una zona pedonale di Barcellona, seduti su due furgoni che si dirigono, con notevole ritardo, verso l’aeroporto. Prendiamo i biglietti mentre stanno per iniziare l’imbarco, una bella corsa e per il rotto della cuffia riusciamo a salire tutti a bordo, anche se Manfred ha consegnato alla hostess la ricevuta dell’auto a noleggio, anziché il biglietto aereo. Rientriamo in Italia. Niente giro di consolazione per le vie della Rambla: sarà per la prossima volta!

Sopra. Da sinistra. Una fase del Vertical femminile. Il forcing di Laetitia Roux. Nadir Maguet al via. Qui sotto. Il lancio della prova femminile


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«…in discesa passa per primo Kilian, sembra un camoscio in fuga, dietro gli italiani lo inseguono come cacciatori. È uno spettacolo.…» LE GARE - Il Vertical di sabato non aveva convinto né tecnici né atleti: tutta in pista, nessun tratto tecnico e troppo pianeggiante nel finale. L’Individual Race invece è stata una gara bellissima, l’anfiteatro del campo di gara era interamente visibile dal parterre, poi gli atleti ci hanno messo del loro per disputare una gara entusiasmante e ricca di colpi di scena. Questo potrebbe essere il format giusto per le gare di scialpinismo. LA SORPRESA - Il settore giovani sembrava essere in crisi invece gli azzurrini hanno portato a casa bei risultati lasciando ben sperare per il futuro. Queste medaglie sono la dimostrazione

dell’ottimo lavoro dei Comitati Regionali. Bravi. Avanti così. La delusione - La Francia. Se non fosse per wonder-woman Roux, i cugini d’oltralpe avrebbero poco da festeggiare. Alla Vertical hanno schierato pochi atleti per tenere le gambe fresche per domenica, ma Bon Mardion all’Individuale è solo settimo. Vanno quasi più forte Valentin Favre e il giovane Matheo Jacquemoud. Che si vogliano risparmiare per gli Europei di casa? Può essere. Da segnalare - Tutti gli azzurri, anche se un plauso particolare va a Michele Boscacci e Lorenzo Holzknecht, che sono riusciti a rendere la vita dura a Kilian. Ottime le discese di Matteo

Eydallin, strepitoso il recupero di Pietro Lanfranchi. Da ricordare la prima vittoria di categoria per Martina Valmassoi. Due belle prove anche per l’austriaca Michaela Essl. ORGANIZZAZIONE - A prima vista ‘traballante’, ma con il tracciato della gara individuale ha acquisito punti. La strada è quella giusta, ma c’è da lavorare. LA ‘CHICCA’ - Il Principato d’Andorra. Anche se la situazione neve è molto simile alla nostra (versante Est della Penisola), il Principato ha sempre il suo fascino. Il comprensorio sciabile è sempre perfetto e ogni rifugio ha il wifi free!


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COPPA DEL MONDO

INDIVIDUALE MASCHILE, IL FILM DELLA GARA

-Si ricomincia a salire, secondo strappo e gli azzurri si avvantaggiano leggermente -Manny Reichegger scappa, Kilian lo insegue -Si ricomincia a salire, Kilian è sempre nella morsa degli azzurri con i due dell'Esercito a tirare e Holz a chiudere il gruppo -Nel tratto con i ramponi i nostri volano verso lo scollinamento, Kilian sembra perdere un po' di terreno

-di nuovo tutti in discesa, Kilian è passato davanti e troniamo ad inseguire -Ultima salita, Manny e Eyda provano a tenere botta, ma ormai Kilian è andato -Ultime rampe per il campionissimo prima della volata sul traguardo -Un film già visto, Kilian in trionfo tra la folla, ma grande Italia con Eydallin secondo e Holzknecht terzo


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-Si parte, è subito bagarre con ritmi altissimi -I più forti tutti davanti, è Michele Boscacci a tirare il gruppo nei primi venti minuti di gara -dopo il primo scollinamento Kilian prova a scappare, ma Eydallin, Holzknecht e Reichegger non mollano -Gli azzurri all'inseguimento, sembra una gra di skicross

-I nostri imboccano il ripido canalino al comando, l'Italia prova ad andare in fuga -Matteo Eydallin è una furia indiscesa e prende il largo sui compagni di squadra -Calzate le pelli si ricomincia a salire, l'ombra di Kilian è sempre presente -I nostri provano a darsi una mano e forzare il ritmo, ma alle loro spalle lo spagnolo rinviene una marcia in più


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COPPA DEL MONDO

testo: Riccardo Selvatico foto: Carlo Ceola

Torna la Coppa del Mondo sull’Etna

Daniele Pedrini a bordo cratere

Programma Il week end dell’Etna si aprirà mercoledì 22 febbraio con l’arrivo delle prime delegazioni e con l’apertura dell’ufficio gara. Giovedì mattina i concorrenti potranno salire al Rifugio Sapienza per effettuare il sopralluogo dei tracciati di gara. Nel pomeriggio e precisamente alle ore 17.30 al Centro Congressi di Nicolosi ci sarà il briefing tecnico per gli atleti con le ultime novità riguardo ai percorsi. Alle ore 18.30 la carovana della Coppa del Mondo si sposterà nella centralissima piazza di Nicolosi per la sfilata delle delegazioni. La sfilata degli atleti è un momento al quale non si può mancare! Le gare entreranno nel vivo venerdì mattina, con la partenza alle ore 10 della gara Vertical. Il briefing per la gara individuale in programma venerdì 24 febbraio si terrà sempre al Centro Congressi alle ore 17.30. Sabato mattina l’Individual Race partirà alle ore 9 in punto, le premiazioni sul campo dei vincitori si effettueranno subito dopo l’arrivo dei terzi classificati. La festa di chiusura della seconda prova di Coppa del Mondo inizierà appena terminate le premiazioni ufficiali, previste per le ore 17.30.

Lorenzo Holzknecht

La novità di questa stagione è l’inserimento nel programma del Vertical. L’appuntamento è per il 24 e 25 febbraio

L

a scialpinistica dell’Etna ha un sapore del tutto speciale: la Sicilia, i suoi abitanti, la loro ospitalità entrano di prepotenza nelle menti e nei ricordi di chi per un paio di giorni si prende una pausa dall’inverno, una parentesi di sci ‘quasi estivo’. Scendendo dalle scalette dell’aereo basta respirare a pieni polmoni per essere trasportati in un altro mondo: il profumo del mare, la temperatura da maniche corte e magari la colonna di fumo che esce dal cratere principale del vulcano sono il benvenuto più bello che si possa ricevere. Dopo l’esperienza del 2010, una prova di Coppa del Mondo di scialpinismo torna sulle nevi del vulcano attivo più alto d’Europa. Il Comitato Organizzatore, forte dell’esperienza acquisita in questi anni e con l’aiuto dei molti volontari sia locali sia provenienti dal Nord, sta allestendo una competizione tecnica e spettacolare a cui si aggiunge un nuovo appuntamento agonistico: la Vertical Race. I ragazzi dello sci club Sud Est Ski Team Aetna, seguendo le nuove direttive della Federazione Internazionale ISMF, hanno inserito nel programma anche la gara di sola salita con un dislivello totale di 750 metri. La competizione partirà alla base dei Crateri Silvestri (quota 1890 metri) per salire sino alla Montagnola (quota 2640 metri). Nella parte alta del tracciato è stato predisposto un tratto da affrontare a piedi con gli sci nello zaino. La gara individuale, in programma per sabato 25 febbraio, avrà un dislivello totale positivo di 1320 metri, diluito in tre salite. La partenza della gara sarà sempre alla base dei Crateri Silvestri. La prima salita porterà gli atleti al cambio d’assetto al Colle Girolamo a quota 2574, passando per il Rifugio Piccolo. Dopo la discesa di 454 metri si riprenderà a salire lungo la traccia della Vertical del giorno precedente, sino alla Montagnola. La seconda discesa porterà i concorrenti alla base dei Crateri Silvestri, dove inizierà l’ultima breve salita prima del tuffo verso il traguardo. L’Internazionale dell’Etna, oltre a essere prova di Coppa del Mondo, è aperta anche a tutti i tesserati Fisi. Un’occasione da non perdere per sciare sulla montagna dal cuore di magma che si rispecchia nel golfo di Catania. Questo è l’Etna ed è davvero magico!



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NEGOZI

testo: Niccolò Zarattini FoTO: Niccolò Zarattini

KURT ASTNER il cuore pulsante dell'Alpstation L’

Alpstation di Brunico nasce nel 2003, ed è il primo dei negozi specializzati Montura ideati da Roberto Giordani. Non è un caso se il progetto delle Alpstation ha avuto inizio proprio in Val Pusteria, nel cuore delle Alpi, sulla fascia che separa le Dolomiti dal Tirolo. Il gestore, Kurt Astner, è una figura che vive in strettissimo contatto con la montagna, e da dieci anni pratica la professione di guida alpina. Una passione radicata nel suo stile di vita. «È molto tempo che pratico alpinismo - racconta Astner - mi dà soddisfazione mettere a disposizione la mia esperienza per consigliare bene molti appassionati della montagna e costituire il punto di riferimento di un gran numero di sportivi della valle e non solo». Data la sua esperienza sul campo, Kurt conosce a fondo le caratteristiche, i punti di forza, i dettagli degli articoli che ha in negozio, ma soprattutto può fornire esaurienti spiegazioni ai clienti, visto il suo utilizzo costante di attrezzatura tecnica. Fin dall’inizio ha creduto nell’affiancamento di una selezionata scelta per l’alpinismo all’abbigliamento firmato Montura: dalle corde e scarpette per l’arrampicata, agli sci e scarponi da scialpinismo, alle piccozze e ramponi per l’arrampicata su ghiaccio. «Inizialmente avevamo a disposizione un locale molto più piccolo con uno spazio contenuto e a parte l’abbigliamento esclusivo Montura, le attrezzature tecniche erano selezionate e ristrette ai marchi più competitivi a livello di prestazioni». Anche dopo il ‘trasloco’ nel 2006, nell’ambiente più ampio in cui si trova ora il negozio, la filosofia è rimasta la stessa. Kurt ama la qualità e l’attrezzatura di alto livello, arrampica su 8b+ in falesia, ha aperto alcune vie sulle Tre Cime di Lavaredo assieme a Christoph Heinz, faceva gare di arrampicata su ghiaccio, disciplina in cui ha preso parte ad alcune tappe di Coppa del Mondo, e partecipa ad un paio di spedizioni estreme all’anno. La polivalenza del gestore si rispecchia nella vasta gamma di prodotti che offre alla clientela appassionata, nelle molte linee valide non solo per chi pratica sport in montagna ma anche, ormai, per un uso quotidiano. «Nel mio negozio non si trovano più

Il team dell'Alpstation

…É nostra intenzione spiegare al cliente l’importanza di avere equipaggiamento adeguato, anche per chi non pratica attivitÁ quotidianamente. Solo così si può essere nelle condizioni di divertirsi veramente e soprattutto nella massima sicurezza e comfort...

di due o tre marchi per prodotto tecnico, qualunque esso sia, è nostra intenzione spiegare al cliente l’importanza di avere equipaggiamento adeguato, anche per chi non pratica attività quotidianamente. Solo così si può essere nelle condizioni di divertirsi veramente e soprattutto nella massima sicurezza e comfort». La qualità dei prodotti, il servizio e la flessibilità sono i punti forti delle Alpstation Montura, e di quella di Brunico in particolare. Cerchiamo di essere molto rapidi, se un cliente desidera assolutamente un articolo particolare o un capo di abbigliamento di un determinato colore, ad esempio, è possibile ordinarlo in tempi brevi. C’è anche un piccolo laboratorio adiacente al magazzino dove si possono effettuare le più semplici modifiche e riparazioni, infatti una schiera sempre maggiore di amici e clienti si affida al negozio con la garanzia di assistenza qualificata. «Con molte persone si


133 > info pr

Kurt Astner, gestore dell'Alpstation di Brunico

Guida alpina e grande appassionato di montagna. Attorno a lui è cresciuto il negozio di Brunico che ha aperto la numerosa famiglia delle Alpstation Montura

è creato un rapporto di fiducia - continua Kurt -, se un appassionato vede che l’articolo è valido e che dura nel tempo ritornerà sempre in futuro; addirittura se qualcuno rompe un attrezzo, io cerco di dargli qualcosa di mio in sostituzione, in modo che non rimanga senza materiale in attesa della riparazione». Una cortesia particolarmente apprezzata dai super appassionati che fanno riferimento all’Alpstation Montura di Brunico. Il servizio è impeccabile in ogni settore del negozio, dove ci sono persone preparate e scelte da Kurt per rispondere alle esigenze degli sportivi più preparati. «Tanti clienti arrivano qui e sanno già esattamente che cosa vogliono e ne hanno letto tutte le caratteristiche su internet, per questo ho selezionato personale qualificato e con molta esperienza pratica che possa fornire spiegazioni anche ai clienti più pignoli». Chi si recherà all’Alpstation nel centro della cittadina di Brunico, ad esempio, potrà incontrare Hermann, maestro di sci ed appassionato scialpinista che segue il reparto sci, Daniel, arrampicatore molto valido su roccia e ghiaccio che lavora nel reparto dedicato all’alpinisimo, e le ragazze, precise ed impeccabili, che curano la parte dell’abbigliamento.


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SOLUZIONE 3 - L’ABBONAMENTO CLASSICO abbonamento per una stagione a 5 numeri della rivista con servizio Postapress (consegna in 24/36 ore) IMPORTO: 30 EURO

SOLUZIONE 4 - DUE STAGIONI: UNA COPIA IN OMAGGIO abbonamento per la stagione invernale 2011/2012 e per quella 2012/2013 con servizio Postapress (consegna in 24/36 ore) IMPORTO: 55 EURO


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AAA TESTATRICI CERCASI La redazione tecnica sta cercando testatrici per il 2012/2013. Ecco un esempio dei prodotti che saranno portati sulla neve. Le candidature vanno caricate sulla pagina Facebook di Ski-alper (facebook.com/ skialper).

NON SONO AUSTRIACO! Ciao sono Philip Götsch. Nell’articolo su skialper. it c’era scritto che Lorenzo Holzknecht era l’unico cittadino italiano all’evento Dynafit di Schladming. Volevo solo informare che anche io sono cittadino italiano e non austriaco. Cordiali saluti. Philip Götsch Ciao Philip, hai perfettamente ragione! Ti conosco, perchè hai vinto la Ötzi-Alpin-Marathon. Segnalerò immediatamente a Dynafit questa correzione, dal momento che il comunicato è stato scritto da loro. Mia colpa non essermi accorto ed aver pubblicato l’articolo con questa indicazione sbagliata! (Carlo Ceola) ERRATA CORRIGE ATTACCO LA SPORTIVA RSR Ci è stato segnalato dall’azienda trentina un’imprecisione nella scheda dell’attacco RSR pubblicata sul numero scorso a pagina 78 nel test attacchini. Il

LETTERE ALLA REDAZIONE MAIL: skialper@mulatero.it

POSTA peso ufficiale è infatti di 145 grammi ed il prezzo di 275 euro è da intendersi come prezzo al negoziante, non al pubblico. Ci scusiamo con l’azienda e con i lettori per l’imprecisione MOVEMENT RANDOM X: QUALE LUNGHEZZA? Seguo da anni la vostra rivista e quest’anno, dovendo cambiare sci, avevo visto nei vostri test la prova del Movement Random X. Volevo un vostro parere sulla lunghezza dello sci, dicendovi che io sono alto 173 cm e peso 69 kg. Il mio sci attuale è lo Stöckli Stormrider Light da 164 cm. Claudio Toso Buongiorno Claudio, puoi tranquillamente optare per il 167: si tratta di uno sci facile e leggerissimo.

GRAN BELLA RIVISTA Cara redazione, sono un appassionato scialpinista vicentino, vostro lettore dal 2005. Ho sempre apprezzato la passione e la genuinità di Enrico. Talvolta il giornale mi è sembrato però fin troppo ‘amatoriale’, con errori di ortografia e impaginazioni un po’ grossolane. Desidero complimentarmi con voi per il netto miglioramento che ho potuto osservare sui primi due numeri di questa stagione. I viaggi-avventura, la qualità delle foto e i contributi di Umberto Isman e Leonardo Bizzaro, il riferimento a Giorgio Daidola, l’ottima monografia tratta dalla guida sull’Alpago pubblicata dall’amico Stefano mi hanno riportato all’indimenticabile Rivista della Montagna-Dimensione Sci dei primi anni Novanta. Continuate così! Un grazie anche per la vostra presa di posizione a favore di uno sviluppo sostenibile e rispettoso dell’ambiente. Scialpinismo è anche saper testimoniare un mondo diverso. Infine un suggerimento: perché non raccontare i forum di scialpinismo presenti sul web? In ‘Over the top’, ad esempio, ho incontrato


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LETTERE ALLA REDAZIONE MAIL: skialper@mulatero.it

POSTA un gruppo di amici sincero e solidale che è in grado di esprimere, attraverso i contributi presenti sul forum, interessanti spunti di riflessione. Franco Fabris

Ciao Franco, grazie dei complimenti. Ti assicuro comunque che la base da cui parte tutto è proprio la professionalità e la competenza di Enrico. Certo, lui faceva quasi tutto da solo ed era più difficile curare i dettagli. In quanto al tuo suggerimento sull’argomento ‘forum’, ci sembra interessante. Su uno dei prossimi numeri pubblicheremo un servizio chiamando in causa direttamente i partecipanti alle varie discussioni. LA GARA DI SKI-ALP PIU’ ANTICA Gentile redazione di Ski-alper, tralasciando i convenevoli ed i complimenti che sono sottointesi, vorrei porgervi questa domanda, visto che da anni trattate quasi esclusivamente di ski-alp ed in particolare di gare. Sapete dirmi quale è la gara di ski-alp più antica, in assoluto e tra quelle che si svolgono ancora? O sapete dove è possibile fare ricerche di archivio? Grazie e... buona stagione a tutti! Marco Ciao Marco, premesso che prendiamo spunto dalla tua mail per documentarci più approfonditamente sulla questione. Si è sempre scritto che la gara

più antica di scialpinismo fosse il Mezzalama, la cui prima edizione fu disputata nel 1933. In realtà qualche anno prima, esattamente nel 1929, fu organizzata dal Cai di Imperia la prima edizione della Coppa Kleudgen, meglio conosciuta come la gara di scialpinismo del mare. Il prossimo 29 gennaio si disputerà la 22° edizione di questa gara. Ma non dimentichiamoci del Trofeo Parravicini, giunto quest’anno alla sua 63° edizione, che debuttò nel lontano 1936. (Carlo Ceola)

rubrica preparazione atletica di Damiano Lenzi ed il suo allenatore Micotti. Atleti vicini di casa, dato che abito a Verbania! Spero nei prossimi numeri di poter continuare a leggere altri aspetti della loro preparazione, carpendo qualche segreto da questi big! Continuate così ragazzi a far conoscere questo magnifico stile di vita! Buon anno di montagna

NOTA PER I GRAFICI Ciao, volevo farvi i complimenti per la rivista e una piccola lamentela: graficamente i caratteri bianchi su sfondo chiaro sono molto eleganti, ma risultano molto poco leggibili, sopratutto se piccoli. Sapete, l’età avanza... Alla prossima. Luca

Ciao Andrea, nella fretta non siamo riusciti a dare continuità a quella rubrica, che però ha avuto grande successo. Ti assicuro che sarà un punto cardine in futuro sulla rivista.

Ciao Luca, prendiamo nota. Promesso che ci staremo più attenti in futuro! PREPARAZIONE ATLETICA Buon giorno a tutti, sono un vostro assiduo lettore da ormai due anni, trovo molto interessanti i test materiali e consigli sulla sicurezza. Nel numero di novembre 2011 ho apprezzato particolarmente la

Andrea Candelu

RESPONSABILITA’ IN AREE ANTROPIZZATE E NON Gentile avvocato Saltarelli, ho iniziato a praticare lo scialpinismo da qualche anno appassionandomi parecchio: sono entrata quindi nella Scuola di Alpinismo Castiglioni della Sezione Cai di Treviso interessandomi anche delle questioni assicurative e legali. Ho letto quindi la Sua rubrica con interesse e nell’ottica di sensibilizzare gli scialpinisti sull’aspetto di responsabilità, a breve devo preparare una mini presentazione per il corso SA1. Mi sto leggendo un po’ di materiale oltre ai

RICEVUTI IN REDAZIONE Baby Mountain bruno terzolo

di Bruno Terzolo ‘Kanalin’ «Baby Mountain, in montagna con i bambini» 254 pagine prezzo 55 euro Per averne una copia telefonare a: 0171 74270 oppure honegg@libero.it

Un librone con tanto di rilegatura importante come il formato: 22,5 x 31,5 cm. Un’opera incredibile: anche dopo averla letta non siamo riusciti a darle una collocazione precisa. ‘Kanalin’, al secolo Bruno Terzolo, illustra con una dovizia di documentazione fotografica impressionante tutta la sua vita sportiva, condivisa dai suoi due figli Florian e Yannich con la partecipazione della moglie Karin. Qualcuno potrebbe credere che il nostro personaggio, noto soprattutto nell’ambiente dello sci ripido per le sue imprese, abbia voluto allestire un album di famiglia in grande stile ma a dire il vero così non è. A fare da padrone sono le situazioni a volte curiose e incredibili in cui Bruno Terzolo ha trascinato i suoi due rampolli. Lo vediamo in punta alle montagne che tira con le pelli a mo’ di skilift il figlio più piccolo o impegnato in discese proibitive con gli sci o in mountain bike con Yannich e Florian già più grandicelli. Bravo papà Kanalin: ecco mille proposte per portarsi la famiglia appresso, ma non sul prato innevato dietro a casa bensì su quelle cime che fanno da contorno al cuneese, ben che vada, perché in certe immagini la spericolata famigliola viene ritratta anche all’estero, al nord, in Francia e Germania. L’ultimissima parte è dedicata ad alcuni degli itinerari raffigurati nelle immagini del libro: 346 in tutto. Volete mettervi sulle tracce del nostro amico con i vostri figli attingendo a qualche suggestivo accorgimento tecnico per poterveli trascinare in vetta al Monviso? Non resta che leggere per intero questo libro, ma mi raccomando: sul divano di casa, dal momento che ha un peso superiore ai due chilogrammi.


VINCI FERRINO SU FACEBOOK

Dimitri De Gol Concorso Ferrino - Salita scialpinistica al Monte Elbrus (5642 m - Russia). Bivacco nei pressi del ‘rifugo Pryut’ 4000 m slm circa. Vista sulla Catena del Caucaso dall’ingresso della nostra truna di neve. La cima più imponente è il Monte Ushba (4710 m). Belle le foto che hai caricato Dimitri. Mi sa che sarà dura ‘strapparti’ lo zaino Ferrino Torque 20 in palio. Però gli altri lettori possono ancora provarci. Ricordiamo che è sufficiente postare una foto con un prodotto Ferrino sulla pagina facebook di Ski-alper (facebook.com/skialper). C’è tempo fino al 15 febbraio, affrettatevi!

Suoi articoli, e su un documento di un workshop della provincia di Bolzano datato 12 dicembre 2010, pubblicato credo sul numero di aprile 2011 della rivista ‘il Soccorso Alpino’ (ho un pdf trovato su internet) ho trovato una suddivisione tra zona antropizzata/sciistica e non antropizzata. Mentre nel primo caso si rischia un procedimento penale ex 426 anche senza persone coinvolte, nel secondo caso solo in caso di persone ingiuriate (per omicidio colposo o lesioni personali) mentre non succede nulla se nessuno è coinvolto. È corretto o è solo un’interpretazione? Nel caso potesse rispondermi, la ringrazio in anticipo. Adesso mi studio la questione del soccorso alpino & elisoccorso a pagamento o meno a seconda delle Regioni… Ciao! Martina Rodaro Ciao Martina, la normativa vigente, che è poi quella ancora del c.d. Codice Rocco, prevede (art. 426 Cod. Pen.) la possibilità di essere incriminati per il solo fatto di aver staccato una valanga indipendentemente dalla circostanza che si sia danneggiato qualcuno o qualcosa qualora si sia originato un pericolo per l’incolumità pubblica. In ipotesi invece che la slavina mossa non abbia causato alcun rischio (e dunque si sia al di fuori di zone antropizzate) nessun addebito potrà essere mosso a chi ha cagionato il distacco in questione. Da quanto ho appena evidenziato emerge in modo palese come la minaccia all’incolumità pubblica possa sorgere solo in aree montane frequentate da persone, persone ovviamente diverse da coloro che hanno staccato la slavina. Tra le zone antropizzate risultano certamente quelle adiacenti le piste da sci, al di là dell’apertura o meno degli impianti al pubblico, per la potenziale presenza di persone, sciatori ed addetti alla manutenzione. Se pertanto si cagiona una slavina fuori da zone antropizzate non si potrà essere accusati del reato di frana o valanga (art. 426 Cod. Pen.) ma eventualmente di quello diverso configurato: omicidio colposo, lesione colposa o danneggiamento colposo a seconda del bene colpito (rispettivamente vita umana, integrità fisica, integrità di cose). Si tratta dunque di fattispecie colpose, non volute, cioè dall’autore. A questo punto occorrerebbe sviscerare il concetto di colpa che si ravvisa nel comportamento negligente, imperito, imprudente o in violazione di leggi e regolamenti. Colposo sarà ad esempio l’atteggiamento di chi abbia tracciato in modo improprio un pendio dopo una nevicata, colposa sarà ancora l’avere intrapreso una gita partendo ad ora troppo tarda, sarà l’aver sciato in fuoripista in violazione ad una legittima ordinanza di divieto. Tanto premesso emerge che - essendo il distacco di una valanga in area non antropizzata non punibile a meno che vi siano gli estremi di diverso reato colposo - la segnalazione di tale evento in zona non antropizzata non comporta di per sé alcuna conseguenza penale, costituendo così un vero e proprio dovere mora-

le dello skialper responsabile ed eticamente corretto. (Flavio Saltarelli) CAI UGET DI TORINO VERSO I 50 ANNI Buongiorno Sig.ri Marta e redazione tutta. Mi chiamo Roberto Fullone ed ho il piacere di rappresentare il Gruppo Sci Alpinismo del C.A.I. U.G.E.T. di Torino. Complice l’organizzazione per festeggiare, il prossimo novembre 2012, il nostro cinquantesimo anno di attività, ci siamo domandati se la nostra storia potesse interessare la stampa di settore. Da molti anni alcuni di noi leggono con passione la vostra rivista, Ski-alper, siete stati quindi, il nostro primo pensiero. Il G.S.A. nasce appunto il 13 novembre del 1962 e la nostra è una storia appassionante che parla di leggendarie traversate delle Alpi, raduni di scialpinismo e soprattutto di Raid. Dopo mezzo secolo di attività, per la qualità delle gite e per il numero dei partecipanti, riteniamo essere un punto di riferimento nello scialpinismo Torinese e Piemontese. Da alcuni anni ormai il nostro lavoro di narrazione è contenuto sul sito del gruppo. All’interno di questo contenitore si trovano le relazioni delle gite, gli appuntamenti tecnici, i programmi e soprattutto i report fotografici delle nostre uscite. Ritengo ci sia molto materiale interessante per gli amanti dello scialpinismo e quindi, solo a titolo di esempio, vorrei lasciarvi un articolo scritto in occasione dell’ultimo 46° Raid compiuto nelle nostre amate Alpi Marittime nel 2011. Crediamo infatti che il Raid, con la R maiuscola sia l’appuntamento più tecnico, più completo e più ambizioso dell’intera stagione, ed è quindi il nostro miglior biglietto da visita. Con queste righe, che spero vi appassioneranno, vi saluto con la speranza di una possibile futura collaborazione. Si tratta naturalmente di un articolo scritto per un sito internet e quindi non concepito con le caratteristiche di un pezzo scritto per una rivista. Ovviamente il tutto si può modificare, e disponiamo inoltre di quasi 200 foto di ottima qualità, che per non appesantire il tutto ho preferito non allegare. Roberto Fullone Ciao Roberto, sicuramente siamo interessati sia alla storia della vostra storica sezione CAI, sia a valutare materiale da pubblicare o eventuali altre forme di collaborazione. Avevo infatti provato a rispondere alla tua mail, ma ogni volta mi tornava indietro, come se ci fossero problemi di consegna. A questo punto ho approfittato del più lento, ma sicuramente efficace, strumento della risposta su rivista. Contattateci pure e magari organizziamo un incontro conoscitivo. (Davide Marta)

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PARETI DI CARTA testo: Leonardo Bizzaro

SCIALPINISMO IN LAGORAI E CIMA D’ASTA

di Alessio Conz e Andrea Reboldi Edizioni Versante Sud, 352 pagine 28 euro

APPENNINO BIANCO

di Stefano Ardito Guide Iter, 2 volumi di 144 pagine ognuno 9,90 + 9,90 euro.

APPENNINO MERIDIONALE

di Luigi Ferranti CAI-TCI, 608 pagine 36 euro

L’EUFORIA DELLE CIME

di Anne-Laure Boch Ediciclo editore, 96 pagine 8,50 euro

GELO

di Bill Streever EDT, 314 pagine 20 euro

COLPEVOLE D’ALPINISMO

di Denis Urubko Priuli & Verlucca, 336 pagine 18,50 euro

Scialpinismo in Lagorai È una delle palestre dello scialpinismo nel nord est, spazi selvaggi come se ne trovano pochi su Alpi e Prealpi. Il Lagorai vale un viaggio, da qualsiasi parte d’Italia. Scarsissime le aree colonizzate dagli impianti, ridottissimo il numero di rifugi, è il paradiso dell’avventura. Versante Sud gli dedica una nuova guida con 150 itinerari che, a differenza delle precedenti, si apre anche allo sci ripido, o al freeriding. Ottimo il lavoro dei due professionisti della montagna Alessio Conz e Andrea Reboldi, che intrecciano la struttura classica delle guide immortali di Philippe Traynard con le scale di difficoltà introdotte da Volodia Shahshahani.

La neve a sud… Ho conosciuto Stefano Ardito trent’anni fa, nella redazione della Rivista della Montagna, allora l’unico periodico ‘laico’ che si occupava di montagna. Orgogliosamente romano, era ed è un conoscitore attento e curioso delle Alpi e non si contano i titoli da lui dedicati alle montagne dell’Italia settentrionale. Oggi torna ai suoi Appennini con due volumetti che dimostrano quanto ‘perdano’ i frequentatori delle Alpi non spostandosi d’inverno verso sud. ‘Appennino bianco’ è uno splendido viaggio attraverso Sibillini, Monti della Laga, Gran Sasso, Terminillo, Velino e Sirente, Simbruini ed Ernici, Majella. Salite su ghiaccio, racchette, sci di fondo: c’è solo l’imbarazzo della scelta.

L’altro Appennino Ultimo volume della benemerita Guida dei Monti d’Italia, in attesa dei due che dovrebbero completare l’opera (con la speranza che CAI e TCI non consentano l’eutanasia di un monumento editoriale come questo), ‘Appennino meridionale’ racconta gli itinerari, estivi e invernali, di Campania, Basilicata e Calabria. Ribadisce, se ce ne fosse bisogno, le possibilità di montagne poco conosciute dagli alpinisti. Valgono le parole scritte per la guida di cui abbiamo detto sopra, d’estate e d’inverno. Con la differenza che, anche solo le fotografie, lasciano volare la fantasia su pareti e canali dove spesso non esiste nemmeno un itinerario. L’ebbrezza di spazi mai percorsi finora dall’uomo.

Emozioni montane Abbiamo già scritto nello scorso numero di Ski-alper di un altro volumetto della collana francese ‘Piccola filosofia di viaggio’ tradotta da Ediciclo. Qui vogliamo consigliare il titolo che apre la serie. L’autrice è un medico, Anne-Laure Boch, laureata in filosofia e alpinista dilettante. Nessuna scoperta sensazionale nelle sue parole, né provocazioni, semplicemente ciò che si prova - lei e tutti noi che andiamo per montagne - nell’euforia delle cime. Perfettamente descritto, dalla gioia della vetta alla depressione della sconfitta, la fatica, la delusione, il piacere, l’adrenalina. Un libretto da leggere e da portare nello zaino per rileggerlo, ma soprattutto da proporre a chi non capisce la nostra passione. Perché provi a comprenderla meglio.

Elogio del gelo L’editore torinese EDT, che ha imposto in Italia le benemerite guide Lonely Planet, va pubblicando da qualche anno mirabili libri di viaggio di cui finora pochi si erano accorti nello sterminato panorama del mondo letterario. Tra i molti dello scorso anno, abbiamo tirato fuori questo ‘Gelo’ che è uno splendido reportage - come solo i giornalisti americani sanno fare - attraverso la Terra sotto lo zero. Per Bill Streever, biologo di Anchorage, in Alaska, il freddo non è una sensazione che ti costringe ad alzare il termostato e magari a non uscire in bicicletta, ma un elemento fondamentale della natura. C’è anche lo sci, ma non solo, perché il gelo vuol dire tante cose e Streever le ha esplorate tutte.

LA BIOGRAFIA DI URUBKO In questi giorni Denis Urubko è assieme a Simone Moro e Cory Richards sul Nanga Parbat, nel tentativo di salire per primi la ‘montagna nuda’ d’inverno. Alpinista straordinario, veloce, duro come sanno esserlo gli appassionati della montagna di quel pezzo d’Europa e d’Asia ex sovietiche, il kazako Urubko ripercorre in ‘Colpevole d’alpinismo’ la sua vita alpinistica e non solo. I quattordici ottomila, i cinque settemila dell’ex Unione Sovietica in 42 giorni, vari Piolet d’Or, i massimi riconoscimenti assegnati a chi va per montagne. Urubko è in realtà abbastanza diverso dalla tipologia dell’uomo che viene dal freddo e non stupisce che in breve tempo sia diventato anche nel mondo occidentale un personaggio conteso dai media e dagli sponsor.


- best in the alps!


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Aziende testo: Claudio Primavesi

Vibram

Quando è meglio non scivolare

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a 70 a 200 milioni di fatturato negli ultimi cinque dei 75 anni di storia, con un pallino fisso: la sicurezza. Vibram (abbreviazione del nome e del cognome del fondatore, Vitale Bramani) è uno dei simboli del ‘made in Italy’ nell’outdoor. E proprio nel simbolo, nel logo, l’azienda varesina (la sede è ad Albizzate) crede molto, tanto da rifiutare commesse milionarie se non c’è il famoso ottagono giallo. Non è facile riuscire a caratterizzare il componente di una scarpa o di uno scarpone da scialpinismo, riuscire a portare il consumatore finale a chiedere un prodotto perché c’è una suola di un particolare brand, eppure è proprio quello che Vibram è riuscita a fare, come GoreTex nell’ambito dell’abbigliamento tecnico. Ecco, è in queste poche righe il segreto di un brand unico, nato con la missione della sicurezza. «Il fondatore Vitale Bramani, alpinista, ebanista che nel suo negozio sportivo nel centro di Milano riparava i primi sci, grazie all’esperienza nella lavorazione del legno, prese l’ispirazione da una grande tragedia, quella della ‘Rasiga’, nella quale sei alpinisti, sorpresi dal maltempo, ebbero la peggio» racconta Adriano Zuccala, direttore generale. Bramani capì che una suola di cuoio con i chiodi non andava bene in montagna e iniziò a pensare a una soluzione più sicura. Il caso volle che tra i suoi conoscenti ci fosse un certo Brambilla, sposato con una Pirelli… ecco come si è arrivati alla gomma, alle suole antiscivolo delle scarpe da trekking o alle ‘five fingers’, le celebri scarpette a forma di piede. L’impiego dei prodotti Vibram è ormai a 360 gradi e una parte dei prodotti è sempre più utilizzata proprio negli scarponi da scialpinismo. Per capire il fenomeno Vibram, siamo stati nell’headquarter di Albizzate, dove ci sono gli uffici amministrativi, un centro stile e l’area test. La globalizzazione ha interessato anche il marchio varesotto, ancora nelle mani dei discendenti di Vittorio Bramani, e la sede italiana è solo una parte di un piccolo impero che ha nella Cina e negli Stati Uniti gli altri due poli. Ad Albizzate ci sono uno dei reparti design, gli uffici amministrativi e una minima parte della produzione, per un totale di 250 collaboratori, mentre in Cina ce ne sono altri 100 e in Nord America 50. Una storia che approfondiremo in futuro. Una cosa è certa: quando è meglio non scivolare, conviene affidarsi a Vibram!

Il marchio leader nella produzione di suole in gomma per l’outdoor è sempre più presente anche nello scialpinismo

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4 1 L’ufficio stile, dove nascono i prodotti open e quelli studiati con i brand. Ne esistono altri due, in Cina e Nord America 2 Le suole vengono sottoposte a numerosi test di laboratorio 3 Pani di gomma naturale nel magazzino. Tra i Paesi d’origine Thailandia e Cambogia 4 Una lastra di marmo bagnata per simulare l’aderenza su superfici scivolose


SKI RACING ADDICTED?* *[malato di sci alpino?]

YOUR MEDICINE...* *[la tua cura...]

RACE SKI MAGAZINE esce in edicola 5 volte nella stagione invernale, è sul web all’indirizzo raceskimagazine.it, è disponibile per gli smartphone nella versione mobile.raceskimagazine.it ed è la prima rivista italiana di sport invernali con una versione per iPad su Apple Store. raceskimagazine.it

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142 > info pr

Aziende dynafit

SNOW LEOPARD DAY

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l suo habitat si riduce di anno in anno, mentre aumenta il numero dei suoi nemici. Le ossa, dalle presunte capacità taumaturgiche, sono troppo ambite e la sua pelliccia troppo preziosa. È così che per tutelare il leopardo delle nevi è nata un'associazione. L’organizzazione internazionale Snow Leopard Trust si batte dal 1981 per la salvaguardia degli esemplari rimasti, impegnandosi allo stesso tempo nello studio di questo felino a rischio di estinzione. Un animale meraviglioso che la natura porta a vivere e a insediarsi a tremila metri, la stessa quota 'frequentata' da Dynafit, l’azienda di scialpinismo che si identifica nel leopardo delle nevi al punto tale da essersi posta, in qualità di partner del progetto, l’obiettivo di un sostegno a lungo termine. È proprio per questa ragione che Dynafit organizza per la terza edizione consecutiva lo Snow Leopard Day. Un evento itinerante di scialpinismo che prevede la raccolta di fondi in varie località europee. A ogni singolo evento i partecipanti dovranno percorrere con gli sci in 12 ore il maggior numero di metri di dislivello possibile. Perché? Semplice: i metri conquistati verranno convertiti da Dynafit in denaro contante (un centesimo per ogni metro di dislivello!) da destinare all’associazione Snow Leopard Trust. In Italia l’evento si terrà il 10 marzo all’Alpe Devero, in Piemonte, e il 24 marzo a Racines in Alto Adige. L’anno scorso lo Snow Leopard Day ha permesso di raccogliere più di 5.500 euro, coinvolgendo quasi 1.100 scialpinisti che hanno sciato 554.238 metri di dislivello. L’idea della manifestazione ha riscosso un grande successo: partecipanti di ogni livello hanno percorso il tracciato con entusiasmo, senza badare alla velocità o alla forma, con l’unico intento di contribuire ad aumentare la somma della donazione. Lungo il percorso alcuni cartelloni informavano sulla situazione dei leopardi delle nevi. Naturalmente l’obiettivo di ogni Paese per quest'anno è di superare il risultato della scorsa edizione. Non importa se si è principianti o se si pratica scialpinismo da decenni, se si è atleti élite o semplici appassionati delle alte quote con sci e pelli, l’importante è partecipare ed essere protagonisti allo Snow Leopard Day con un unico obiettivo: tanti, tantissimi metri da raccogliere. Per avere maggiori informazioni sullo Snow Leopard Day gli appassionati di scialpinismo possono collegarsi al sito www.dynafit.it o alla pagina Facebook dell’azienda (facebook.com/dynafit).

Il 10 e 24 marzo Dynafit organizza lo Snow Leopard Day: per ogni metro di dislivello, un centesimo verrà devoluto per la salvaguardia del MAGNIFICO felino in via d'estinzione

Nelle foto. Alcuni momenti dell’ultima edizione dello Snow Leopard Day


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ATTACCO 3 IN 1

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igiti www.r3i.biz sulla tastiera del computer ed in un lampo ti ritrovi immerso nell'ingegnoso mondo di Marco Rigat; già la frase di apertura della homepage ti fa capire quale sia l'idea di prodotto di Marco:«Light Innovative Constructions», sottotitolo «La forza della forma». Per Ski-alper si tratta di una conoscenza di vecchia data, che da ormai un paio di stagioni ci stupisce con iniziative sempre nuove. Questa volta il 'Rigat pensiero' si è diretto verso un attacco multifunzione che permette all'utilizzatore di passare dal telemark allo ski-alp e di arrivare fino allo sci alpino. Follia? Una realtà, grazie all'estro di Marco. Tutto nasce

Un solo attacco per telemark, ski-alp e sci alpino. Impossibile? Non per l'ingegnoso Marco Rigat di r3i.biz 1 2 3

L'attacco in posizione salita da ski-alp L'attacco chiuso in posizione discesa La rotazione della talloniera consente un utilizzo telemark

da una modifica tecnica agli attacchi Rottefella NTN abbinati ad un'inedita talloniera rotante. A breve saranno commercializzati anche i dispositivi che permettono la pratica dello sci alpino con i puntali telemark da 75mm. Incuriositi dall’ingegnosità del sistema, siamo in attesa di alcuni esemplari per un test approfondito. Nel frattempo, tutte le creazioni r3i.biz sono disponibili compilando la scheda per l'acquisto online oppure presso il negozio San Sicario Sport, dove gli attacchi sono visionabili e testabili. In attesa di ricevere il nuovo attacco 'Tutto in uno' e di farlo provare sulla neve al nostro team di esperti testatori, possiamo solo consigliarvi una gita fuori porta per toccare con mano i prodotti r3i.biz o almeno una visita virtuale al sito internet del negozio all'indirizzo www.snowpatroller.org.

SANSICARIO SPORT: IL MESE DELLO SCARPONE

Grande promozione nello storico punto vendita di Sansicario, in Valle di Susa

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l mese di febbraio si apre all'insegna della convenienza da San Sicario Sport, il negozio di Sansicario di proprietà di Marco Rigat, vulcanico ideatore della linea di prodotti r3i.biz. Le promozioni riguardano in particolare gli scarponi da scialpinismo e telemark ed è davvero ampia la gamma di prodotti che si possono trovare in questo negozio: Scarpa, Garmont, Dynafit, Crispi, solo per citare i modelli delle case più note. Ma l'offerta di San Sicario Sport non finisce qui infatti a 'casa Rigat' sono disponibili non solo prodotti per lo scialpinismo, ma anche le migliori marche nel mondo dello sci alpino, del telemark, del freeride e dello snowboard; un'offerta davvero a 360 gradi per gli amanti della montagna e dell'outdoor, che non delude neppure gli appassionati di trekking, che potranno uscire dal negozio con ai piedi un bel paio di scarponcini da escursionismo.

San Sicario Sport è aperto tutti i giorni, tutto l'anno e per i più tecnologici è anche possibile acquistare a distanza, infatti l'intera offerta del negozio, con foto e prezzi, si può visionare all'indirizzo www.snowpatroller.org. E per il solo mese di febbraio la spedizione è gratuita in tutta Italia.

INFO San Sicario Sport, fraz. San Sicario 30 - 10054 Cesana Torinese tel. 0122 832500 - 0122 811564 www.snowpatroller.org info@snowpatroller.org


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LUOGHI

VALSUGANA & LAGORAI

Altro scorcio di Cima d'Asta

Un pieno di natura, per tutte le esigenze, sia d'estate che d'inverno, lontano dai tradizionali luoghi affollati

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n Valsugana e nel Lagorai l’immancabile protagonista della vacanze è la natura. E sono innumerevoli le occasioni per cogliere, tra il fondovalle e le cime montuose, tutti gli aspetti suggestivi e caratteristici di questo territorio, davvero ideale per trascorrere attivamente un periodo di relax sia d’estate, sia d’inverno. Ogni giorno offre la possibilità di scoprire nuovi panorami, tracce della storia, della cultura e delle tradizioni che qui ancora si mantengono.

Gli sportivi che scelgono la Valsugana come meta della loro vacanza non avranno che l'imbarazzo della scelta. Le favorevoli condizioni climatiche, la presenza dei laghi incastonati nel verde e circondati da montagne ricche di fitti boschi e prati rappresentano l’ambiente ideale per rilassarsi e ritrovare il contatto con se stessi e la natura. Per tenersi in forma, in vista della bella stagione e per 'fare il pieno' di storia, cultura e gastronomia, l’ideale è prendersi del tempo per percorrere la pista ciclabile della Valsugana, gli itinerari di mountain bike del circuito Dolomiti Lagorai Bike nonché gli innumerevoli percorsi di trekking.

L’ACQUA È IL PRIMO ELEMENTO I laghi rappresentano uno dei tesori naturali più importanti della Valsugana e del Lagorai. La presenza di numerose distese d’acqua sul territorio dà la possibilità di praticare molte attività: si va dal nuoto, alla vela, al windsurf, allo sci d’acqua, alla canoa e canottaggio, passando per il dragon boat, fino alla pesca. Il lago di Caldonazzo è il più grande nel territorio, l’unico dove è possibile praticare lo sci nautico. Il lago di Levico è il secondo per estensione ed è diventato una forte attrattiva turistica grazie alla vicina stazione termale e ricorda per la sua conformazione un fiordo norvegese. Le sue rive sono attrezzate con due stabilimenti balneari e una spiaggia libera. L’attività più praticata è la pesca grazie alle tante specie che vi abitano: da ricordare il biotopo Canneto di Levico che si trova all’estremità meridionale del lago. IL VERDE IN TUTTE LE SUE SFUMATURE Un ambiente montano incontaminato e costellato di suggestivi laghetti alpini attende i visitatori a poca distanza dai laghi di Levico e Caldonaz-


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INFORMAZIONI L’area Valsugana e Lagorai offre tante strutture ricettive sui laghi di Levico e Caldonazzo oppure nella catena del Lagorai: hotel da 1 a 4 stelle, campeggi, bed & breakfast, appartamenti, affittacamere, agriturismi, rifugi e baite. APT VALSUGANA Lagorai-Terme-Laghi Viale Vittorio Emanuele, 3 - 38056 - Levico Terme tel 0461 727700 - fax 0461 727799 numero verde 800 018925 www.valsugana.info - info@valsugana.info

zo. Nella catena del Lagorai, la più estesa del Trentino, ci sono numerosi percorsi di trekking per ogni livello tecnico e di preparazione, lungo i quali visitare le malghe dove ancora si produce il formaggio secondo antiche tradizioni o trovare ristoro in accoglienti rifugi. Per gli amanti delle vette un emozionante percorso in quota è l’Alta Via del Granito, percorribile in più giorni, lungo la quale spicca Cima d’Asta con i suoi 2.847 metri. Da scoprire anche a cavallo o in bicicletta, seguendo gli itinerari del circuito Dolomiti Lagorai Bike. LA CICLOPISTA DELLA VALSUGANA La ciclopista della Valsugana, che collega il Lago di Caldonazzo con la splendida Bassano del Grappa, è un'autentica 'chicca': 80 chilometri lungo i quali si intrecciano cultura, storia e paesaggi naturali a cavallo tra Trentino e Veneto, lungo il corso del fiume Brenta. Le sue acque accompagnano i ciclisti lungo un percorso facile, prevalentemente pianeggiante, adatto a tutti, dotato di ben tre punti di ristoro. Possibilità di rientro in treno, con servizio potenziato durante la stagione estiva. PISTE DA SCI DAL SAPORE ANTICO La natura incontaminata del Lagorai, la catena che abbraccia la Valsugana orientale e il Tesino, d’inverno si ammanta di neve e diventa lo sfondo ideale per lo sci alpino. Lontani dallo stress dei grandi centri turistici ed immersi in un ambiente naturale di grande suggestione, il Lagorai e il Passo Brocon sono indubbiamente la meta ideale per chi è alla ricerca di un luogo dove tutta la famiglia ha la possibilità di sciare con serenità e in sicurezza, su piste perfettamente innevate tra 1610 e 2010 metri di altitudine, servite da cinque impianti. Lo sviluppo totale è di 15 chilometri, interamente coperti da innevamento artificiale (www.skilagorai.it). A soli 15 km dalla località termale di Levico, poi, c’è Panarotta 2002, la moderna skiarea con nove piste per tutti i gusti e un totale di 18 km di area sciabile, immersa in un incantevole panorama sulle Dolomiti di Brenta (www.panarotta.it). LA NEVE A 360° Molteplici le possibilità di divertirsi con lo sci da fondo sia con la tecnica classica sia con il pattinato, a partire dalle lunghe piste del Centro Fondo di Enego sull’Altopiano di Marcesina, al tranquillo circuito della Val Campelle, per arrivare alle pittoresche piste della Val di Sella e del Circuito Sette Casare al Passo Brocon e a quelle dell’Altopiano di Vezzena del Centro Fondo Millegrobbe. Per trascorrere una splendida giornata sulla neve con le ciaspole vengono organizzate escursioni guidate sulla Panarotta e sul Lagorai, anche al chiaro di luna con arrivo finale in un caratteristico locale di montagna con cena tipica trentina. Naturalmente gli amanti dello scialpinismo possono 'sbizzarrirsi' tra percorsi classici e molto frequentati e la ricerca di nuove tracce lungo la catena del Lagorai.

COPPA DEL MONDO LAGORAI - CIMA D’ASTA Il Trentino nei primi giorni di marzo (sabato 3 e domenica 4) ospiterà la terza prova di Coppa del Mondo di scialpinismo. Sarà la Conca del Cesino il quartier generale a cielo aperto per due gare d’altissimo livello, sabato al Passo del Brocon si correrà la spettacolare Sprint Race, mentre domenica ritornerà l’appuntamento classico all’ombra del Cima d’Asta con la prova individuale. La salita al Cima d’Asta è diventata un simbolo condiviso da tutti gli appassionati della montagna, non sarà solo la stanchezza e la quota a far aumentare i battiti cardiaci, ma anche il panorama a 360 gradi avrà un ruolo importante in questo non programmato 'fuori giri'. Lo Ski Team Lagorai, che cura l’organizzazione dell’evento, ha lavorato sodo per predisporre due eventi agonistici all’altezza della Coppa del Mondo. La gara Sprint si svolge presso gli impianti delle Funivie Lagorai. La formula è semplice, dopo una prima qualificazione, dove passeranno alle semifinali i primi trenta atleti, si correranno le batterie da sei concorrenti che andranno a qualificarsi per le finali. La gara è spettacolare e completamente visibile dal parterre nei pressi dello Chalet Heidi. L’obiettivo del Comitato è sensibilizzare gli appassionati affinché arrivino al Passo del Brocon per applaudire i campioni in gara. Pubblico e spettacolo il primo passo per portare lo scialpinismo alle Olimpiadi.

Il magnifico paesaggio che si presenta agli atleti alla Lagorai - Cima d'Asta


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PROWINTER

Alcune immagini dalla gallery della scorsa edizione di Prowinter

Prowinter 2012 focus scialpinismo

I

La fiera di Bolzano, in calendario dal 18 al 20 aprile, si svolgerà in contemporanea con Alpitec, l’appuntamento biennale dedicato alla tecnologia

l mondo degli sport invernali e il settore della tecnologia di montagna sono in continua evoluzione. Con la 12° edizione di Prowinter e la 7° di Alpitec, in accoppiata biennale dal 18 al 20 aprile 2012, Fiera Bolzano si conferma ancora una volta il punto di riferimento per scoprire in anteprima le novità e le tendenze del mercato di settore. Due fiere di successo che, edizione dopo edizione, hanno saputo integrare la propria offerta, coinvolgendo nuovi comparti produttivi, stringendo partnership strategiche con associazioni ed enti internazionali, introducendo momenti di approfondimento dedicati alle novità emergenti. Negli anni Prowinter ha confermato un trend in continua ascesa, dai 3.200 visitatori del 2001 ai 5.800 del 2011; ben 24 le nazionalità rappresentate durante la scorsa edizione (Paesi dell’Europa Centrale e dell’Est ma anche Russia, Stati Uniti, Cina e Giappone). Anche il numero degli espositori dimostra come la fiera sia oramai diventata un immancabile appuntamento per tutti gli addetti del settore: 246 aziende provenienti da 15 Paesi diversi. Prowinter si configura proprio come una vetrina per presentare le novità in tema di prodotti e servizi, un laboratorio per il confronto e lo scambio di idee, un’occasione d’incontro dedicata a tutti gli addetti ai lavori. La grande novità

della prossima edizione è che Prowinter lancerà una nuova proposta, in linea con le tendenze del mercato attuale, introducendo una piattaforma interamente dedicata allo scialpinismo, la disciplina sportiva invernale che nelle ultime stagioni ha registrato il maggior incremento in termini di appassionati. «Sempre più sciatori tradizionali passano o praticano anche lo scialpinismo e persone che fino ad oggi non erano sciatori si avvicinano alla montagna attraverso questa disciplina o attraverso le ciaspole – ha spiegato Reinhold Marsoner direttore di Fiera Bolzano –. Questo nuovo megatrend è confermato anche dai dati di vendita e dalle statistiche effettuate dalla Guardia Forestale nella Provincia Autonoma di Bolzano che ha registrato in una giornata di fine settimana circa 6.000 persone che praticavano scialpinismo sul territorio». Appuntamento quindi a Bolzano, con Alpitec, Prowinter e l’inaugurazione della nuova vetrina per lo scialpinismo, dal 18 al 20 aprile prossimi, per conoscere materiali, tecnologie e strategie per il futuro degli sport invernali. Saremo presenti anche noi di Ski-alper con uno spazio interamente dedicato. Sarà l’occasione per incontrare i nostri lettori e per presentare una grandissima novità. Ma non chiedeteci di svelarla prima, l’appuntamento è a Prowinter 2012.



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COMING SOON

IL LATO ESTIVO DI SKI-ALPER

S

Cosa vi piacerebbe leggere nella versione estiva di Ski-alper? Mandateci i vostri suggerimenti, i primi 50 riceveranno in regalo il Buff di Ski-alper

olitamente ci rechiamo all'ISPO di Monaco di Baviera per scoprire le tendenze e le novità del settore. Quest'anno, però, abbiamo anche noi qualcosa da presentare. Già, perché da tempo ci rendevamo conto che nel settore della montagna mancava una rivista che coprisse in modo tecnico ed esaustivo la stagione estiva. Una frase di Kilian Jornet nell'intervista che abbiamo pubblicato ha confermato la nostra sensazione: «Non preferisco correre o sciare, semplicemente in estate non c'è la neve e quindi corro, in inverno quando la neve ricopre tutto non posso correre e allora scio». Questo è lo ski-alper, il nostro lettore, e non importa che sia un agonista o un appassionato di viaggi e itinerari. Quando c'è neve si calzano le pelli, quando si scioglie, allora via con scarponcini, mountain bike, di

corsa o camminando. E così abbiamo rotto gli indugi. A inizio giugno sarà in edicola la prima edizione estiva di Ski-alper, con una piccola modifica nel logo. Lo 'ski' invernale sarà sostituito dallo 'sky' estivo. Il verde prende il posto del rosso e l'omino dello storico scudetto lascia gli sci per salire con le pedule. Vogliamo dare continuità all'appuntamento in edicola con i tantissimi lettori che ci seguono con grande passione. A proposito: visto che ci teniamo particolarmente al vostro parere, inviate una mail in redazione (skialper@mulatero.it) indicandoci quali argomenti vi piacerebbe leggere in questi numeri estivi, quali rubriche potrebbero interessarvi e quali no, ed eventualmente suggerite qualche ‘firma’ di vostro gradimento a cui affidare i servizi. Ai primi cinquanta spediremo in omaggio il famoso e introvabile Buff 'griffato' Ski-alper. Una nuova edizione che nasce facendo brain-storming con i lettori... non male!

WORLD CHAMPION

MIREIA MIRÓ WWW.DY NA F I T.C OM




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