IN OMAGGIO
TEST 2013 buyer's guide La guida test con 114 prodotti testati dal nostro staff tecnico
IL RICHIAMO
DEL
NORD Islanda, la penisola di Hornstrandir tra barca a vela e ski-alp
SKI-ALP RACE > Il calendario gare 2012/2013 con oltre 100 appuntamenti
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TIROLO > 4 giorni di scialpinismo da intenditori nella Wipptal ITINERARI > Le proposte di 14 Guide per iniziare la stagione in tutta Italia ALLENAMENTO > Preparazione con gli skiroll. La tecnica e i modelli PEOPLE > Abbiamo messo 'a nudo' Pietro Lanfranchi HALL OF FAME > Piero Ghiglione, il precursore TRAIL > Kilian Jornet e Marco De Gasperi: uguali, diversi
NOVEMBRE 2012 mensile n.85 I â‚Ź 6,00 MADE IN ITALY iSSN 1594-8501
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Edito di Davide Marta
PERCHÈ NON CI AVEVO PENSATO PRIMA?
Ma
dove sono 'ste pelli? Dove sono? Tutti gli anni la stessa cosa. Mi dico che devo ritirarle bene, poi non so nemmeno più dove le ho messe. Eccole lì, guarda che roba… Ragnatele, polvere. Ma come si fa? Bleah, che schifezza, mi sono attaccato colla dappertutto. E polvere. Sono in uno stato terribile… Questa volta le cambio! Tanto non tenevano più. E il top-fix si stacca ogni volta. Ne approfitto, sì ma quelle nuove poi le ritiro come si deve. Tra l'altro non so nemmeno più dove andare a comprarle. Quel negozio dietro l'angolo ha chiuso, magari in qualche grande magazzino? Boh… E gli sci? Devastati! Non c'era un filo di neve l'anno scorso, per tirare due curve sono andato a ficcarmi in mezzo alle pietre e guarda qui che roba. Altro che l'impronta… Massì, cambio anche gli sci. Io sono uno che si accontenta, non voglio mica chissà cosa. L'importante è che non siano troppo pesanti e che in discesa mi facciano sciare. Però avevo già messo via i soldi per gli scarponi. Non posso mica continuare con quelli lì. Hanno un odore… Mah, alla fine cambierò tutto. Gira e rigira, l'anno scorso non ho speso niente con 'sta storia della neve! Vedo cosa dicono gli altri stasera a cena. Ah, loro parlano sempre di montagna, di scialpinismo. E giù a discutere se quello scarpone in carbonio pesa due grammi in più o in meno e se la leva è in titanio o in acciaio. Sono matti quelli lì. Poi mi tirano in mezzo e io non so niente. Ma dove le leggeranno tutte 'ste cose? Oppure quando attaccano con «dove andiamo a fare la prima uscita quest'anno?». E le morose a rompere… «Basta che non vi tiriate addosso una valanga, eh!». Anche se secondo me sperano il contrario! E vengono sempre fuori le solite gite che abbiamo già fatto mille volte. Poi trovi gli stessi
che salgono su al rifugio, c'è sempre quello che vuol fare il fenomeno perché si è allenato come un pazzo e poi dice che non ha mai tempo. Basta, dai… Ci vorrebbe qualche bel posto per provare l'attrezzatura nuova, ecco, senza rompiscatole del paese tra i piedi. Già che spendo i soldi, almeno… Mi piacerebbe una volta arrivare in pizzeria e zak! «Vi porto io in un posto che merita e che non avete mai visto, sapientoni!». Sì, non sarebbe male. Tutto bello, però varrebbe la pena di fare una volta un viaggio come si deve. Ho sentito che ci sono quelle barche a vela che lassù in Islanda ti portano fino a riva, poi metti le pelli e via! Potrei lasciare a casa i 'gagni' e andare con mia moglie, che da quanto non ci facciamo una sciata insieme come si deve… Non ho mai tempo, neanche lei, che stress. È come la storia delle gare. Sono sempre lì a dire che vorrei allenarmi un po', giusto per tenermi in forma e fare qualche garetta. Volevo fare skiroll quest'autunno, ma non sapevo dove andare, se usare le scarpe da fondo o i miei vecchi scarponi. Chissà col caldo che c'era che odore. Mah… Dovrei essere come Lanfranchi. Sarei curioso di sapere come fa quello lì ad allenarsi, a lavorare, a stare con la famiglia. Un mostro! Sì, vabbè, il Lanfra, figurati. Va come un treno quello lì. Vorrei sapere un sacco di cose, intanto sono qui in cantina tra la polvere e con le mani imbrattate di colla e mi faccio solo domande. Come faccio? Niente, come al solito… A chi vado a chiedere tutte queste cose? Alla fine passa tutto in fanteria e la stagione va avanti come l'anno scorso. A meno che… A meno che… Mi sembra che ci sia un modo, me l'ha detto quello là che sa sempre tutto. Ah, sì, perché non ci avevo pensato prima? Vado in edicola a comprare Ski-alper! È uscito proprio in questi giorni...
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14 ski people
92
Pietro Lanfranchi
ADIEU STEPHANE L'ultimo saluto ad un grandissimo dello scialpinismo
Intervista al forte atleta bergamasco della squadra nazionale
18 ski touring
Suonavo la batteria! Poi a causa del lavoro, tornavo a casa tardi e ho dovuto mollare la band. Restavano i fine settimana e mi è venuta voglia di provare lo scialpinismo..
ISLANDA Passaggio tra i Fiordi 18 PEOPLE Maurizio Fondriest 28 PROPOSTE Parola di guida 34 TIROLO Scialpinismo da Wip 44 HALL OF FAME Piero Ghiglione 56 14 proposte di itinerari per iniziare la stagione
82 in agenda IL CALENDARIO DELLA STAGIONE Tutte, ma proprio tutte le gare di ski-alp del prossimo inverno
360° Ski-Alper In omaggio
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116 Kilian e Marco. Uguali, diversi Intervista parallela a due che sulle montagne corrono davvero forte….
MADE IN ITALY Direttore responsabile: DAVIDE MARTA davide.marta@mulatero.it Vice-direttore: CLAUDIO PRIMAVESI claudio.primavesi@mulatero.it Marketing e pubblicità: SIMONA RIGHETTI simona.righetti@mulatero.it Segretaria di redazione: ELENA VOLPE elena.volpe@mulatero.it Area test e materiali SEBASTIANO SALVETTI sebastiano.salvetti@mulatero.it Area touring e viaggi UMBERTO ISMAN umberto.isman@mulatero.it Area ski-alp race: GUIDO VALOTA guido.valota@mulatero.it Progetto grafico e impaginazione: BUSINESS DESIGN info@business-design.it Webmaster skialper.it: SILVANO CAMERLO Contributi fotografici: Ralf Brunel, Matteo Ghezzi, Franck Oddoux, Seb Montaz, Enrico Schiavi, Stefano Torrione Collaboratori: Lorenzo Bortolan, Leonardo Bizzaro, Renato Cresta, Luca Giaccone, Fabio Menino, Flavio Saltarelli, Aldo Savoldelli, Hanno contribuito a questo numero: Alessandro Beber, Luca Beccari, Cecilia Cova, Giorgio Daidola, Riccardo Del Fabbro, Leandro Giannangeli, Tato Gogna, Roberto Iacopelli, Massimo Laurencig, Enrico Marta, Fabio Meraldi, Vittorio Micotti, Fabrizio Pina, Fabrizio Pistoni, Erwin Steiner, Paolo Tassi, Anna Torretta, Marco Zaffiri, In copertina: Discesa dal couloir dello Standahilð sul Lònafjörður durante il tour di quattro giorni nella penisola dell’ Hornstrandir in Islanda (foto Umberto Isman)
Distribuzione in edicola: MEPE - Milano - tel 02 89 5921 Stampa: REGGIANI - Brezzo di Bedero (VA) Autorizzazione del Tribunale di Torino n. 4855 del 05/12/1995. La Mulatero Editore srl è iscritta nel Registro degli Operatori di Comunicazione con il numero 21697. © copyright Mulatero Editore - tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa rivista potrà essere riprodotta con mezzi grafici, meccanici, elettronici o digitali. Ogni violazione sarà perseguita a norma di legge PER FAVORE RICICLA QUESTA RIVISTA MULATERO EDITORE Via Principe Tommaso, 70 10080 - Ozegna (To) tel 0124 42805 - 0124 425878 fax 0124 421848 mulatero@mulatero.it www.mulatero.it
ski-alp race COMITATI Basolo lancia l'allarme 76 PEOPLE «Sono il DT, non l'allenatore» 86 ISMF Olympic dreams 88 NIGHT Carrara, il condottiero 98
«...il mio compito è di organizzare, tenere i rapporti con la Federazione, provvedere al budget, mettere gli atleti in condizione di gareggiare senza il minimo pensiero, concentrandosi unicamente sulla gara...»
trail UTMB Alla ricerca di un nuovo equilibrio 100 EXPLOIT 73 eroi al Tor 106 FACE TO FACE Anna vs Mireia 108 SKYRACE Fattore Z alla Stava 110 LIVE Il Piz Boè incorona Kilian 112
rubriche LIBRI Pareti di carta 16 OPINIONI Cambio di rotta 32 PROPOSTE I viaggi di Ski-alper 43 NEVE E VALANGHE C'è neve e neve 62 PREPARAZIONE Transizione con lo skiroll 64 TRAINING Principi base di allenamento 72
APPUNTAMENTO IN EDICOLA IL 15 DICEMBRE Il secondo numero stagionale di Ski-alper sarà in edicola tra un mese, il 15 di dicembre. Come al solito sarà ricchissimo di novità, che non vi vogliamo svelare in anticipo. Dopo l'abbuffata della Guida Test di questo numero, però, torneranno le prove sul campo dei prodotti curate dal nostro staff tecnico. Se avete qualche indicazione di prodotti che vi piacerebbe vedere provati, oppure qualche prova comparativa che da tempo vi sarebbe piaciuto leggere, non esitate a scriverci. Naturalmente attendiamo i vostri commenti e le eventuali critiche sul numero che state leggendo! Buona lettura!
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Hanno scritto e fotografato Giorgio Daidola
Ha curato la magnifica retrospettiva su Piero Ghiglione. Torinese, classe 1943, è stato per 40 anni professore di Economia Aziendale all'Università di Trento, dove a contratto continua a insegnare Analisi di bilancio ed Economia e gestione delle imprese turistiche. È maestro di sci e giornalista pubblicista con numerosissime collaborazioni con giornali italiani e stranieri. Ha sciato a telemark sulle montagne di tutto il mondo.
Ralf Brunel
Ha scattato per noi le foto della Dolomites e della Stava Sky Race. Trentatrè anni, di Pozza di Fassa, è un fotografo di grande talento, nonostante possa dedicare solo il tempo libero a questa attività (di professione 'gattista' ed escavatorista). Ha iniziato a fotografare a 16 anni praticando l'arrampicata sportiva agonistica, in cui è stato anche campione italiano e vincitore dell'Europacup Junior nel 1986.
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Vittorio Micotti
Seb Montaz Rosset
Classe 1967 di Verbania, è dal 2006 responsabile della preparazione atletica della squadra nazionale maschile di sci alpino. È laureato in scienze motorie e osteopata. Si è occupato degli effetti sull'organismo dell'allenamento in quota.
«Fare un buon film riguarda più la storia che racconti e il collegamento che crei tra soggetto e spettatori… Passione, curiosità e pazienza sono fattori che hanno la stessa importanza di una buona telecamera». Seb Montaz Rosset, francese, guida alpina e maestro di sci, ha iniziato filmando i propri clienti e, giorno dopo giorno, i video sono diventati la sua 'ossessione quotidiana'. Sono sue le foto dell'articolo su Kilian Jornet e Marco De Gasperi.
Fabio Menino
Aldo Savoldelli
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Ha curato insieme al collega Lorenzo Bortolan la rubrica sull'allenamento. 26 anni, di Clusone, dopo la laurea in scienze motorie ha iniziato a collaborare con il CeRiSM, dove si occupa di valutazione funzionale in diversi sport tra cui lo scialpinismo, di cui è un appassionato praticante, tempo permettendo…
Piemontese doc, ha scoperto il trail running nel 2007 ed è stato amore a prima vista. Al suo attivo UTMB, CCC e TDS. Team manager del team Salomon-Carnifast, è a metà tra Tofol Castaner e Dawa Sherpa… non per i risultati ma per l'età! Ha scritto su questo numero gli articoli sull'Ultra-Trail du Mont Blanc e sul Tor des Géants.
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Welcome to nature
14 > rubriche
Lettere alla redazione MAIL: skialper@mulatero.it
SUGGERIMENTI Cercando un po’ di storia scialpinistica delle 'mie' Orobie ho trovato il trailer di un filmato girato nel 1989 che ha come protagonisti Luca Serafini e Mauro Soregaroli. Mi permetto, sperando di fare cosa gradita, di suggerirvelo come spunto per un articolo della vostra rivista. Ciao. Luca Ciao Luca, grazie dei suggerimenti. Penso che contatteremo i due per un'eventuale intervista. SAROGLIA QUINTO O SESTO? Da fondista bisonte chivassese appassionato di gare in montagna, sono piuttosto amareggiato per il trattamento che è stato riservato al mio concittadino e amico Mauro Saroglia al Tor des Géants, dove per motivi ancora tutti da capire - nonostante il tempo ricalcolato sia più basso di quello del quinto - è stato classificato al sesto posto. Senza voler alzare le barricate Canavese contro Valle d'Aosta, mi farebbe piacere se professionisti seri e competenti come voi si occupassero della cosa. Dario Milano Ciao Dario, abbiamo affrontato la questione sul sito. Comunque alla fine credo che il valore della grande prestazione di Saroglia non cambi per la quinta o la sesta posizione. Giusto? DVD DI SEPP CHENETTI Ciao, mi chiamo Luca Mellano ed abito in Valle Varaita: vi scrivo per sapere se avete in programma di riprodurre i DVD realizzati in collaborazione con Sepp Chenetti magari aggiornandoli con le analisi dettagliate che il Sepp aveva curato sul sito del vecchio Fondo Ski-alp. Buona giornata e buona nuova stagione invernale a tutti. P.S. Non sarebbe male un DVD specifico sullo skiroll. Ciao Luca, su questo numero troverai un servizio dedicato all'allenamento per lo ski-alp con l'ausilio di skiroll. Da qualche anno non ci occupiamo più di sci di fondo, ma non si sa mai... CANDIDATURA SPONTANEA La presente per chiedere se è possibile candidarsi ski tester per la vostra rivista. Questo nasce dalla passione immensa per lo sci e per la montagna oltre che dalla continua ricerca delle attrezzature sempre più all'avanguardia e di qualità per praticare tali meravigliosi sport.
Scio da oltre 23 anni, molto frequentemente durante la stagione. Sono libero professionista nel campo economico/ finanziario, risiedo nel Milanese e mi piacerebbe quanto prima poter far parte dei tester d'equipaggiamento da sci. Ideale sarebbe già dalla stagione entrante. Andrea Ciao Andrea, ci fa piacere che tu sia interessato a far parte del nostro team. Tuttavia, al momento, abbiamo confermato lo staff delle ultime stagioni anche per sfruttare lo 'storico' di esperienze acquisite nelle scorse stagioni.
PERSONE FORTUNATE Sul mensile di maggio sono rimasto piacevolmente colpito dal servizio con foto a pagina 144, la Controcopertina. La rivista mi è sempre piaciuta e nel tempo l'apprezzo sempre di più, sia per contenuti che per fattezza. Mi complimento davvero per aver evidenziato che tutti noi possiamo giocare perché siamo persone fortunate. Grazie di averlo ricordato, si tende a dimenticarlo spesso. Claudio I complimenti vanno girati all'autore del servizio, Umberto Isman… Grazie dei complimenti, fanno sempre piacere! ATTENDIAMO IL MATERIALE... Salve, sono uno scialpinista appassionato da anni, istruttore del CAI e direttore della scuola di alpinismo e scialpinismo CAI Valcalepio. Mi piacerebbe leggere sulla vostra bella rivista la storia di un mio amico, naturalmente scialpinista, che si chiama Marco e non manca mai nelle nostre gite più significative. Tutto normale se non fosse che gli manca una gamba... Finché non lo si vede armeggiare con la sua protesi non lo si direbbe. Dovreste vederlo sciare! Se ciò fosse possibile, avrei il piacere di una vostra risposta, posso inviarvi foto e quant'altro fosse necessario. Cordiali saluti Andrea Ciao Andrea, noi siamo altroché disponibili. Però stiamo ancora aspettando articolo e foto.. ;)
CONSIGLI PER LA LETTURA Nel catalogo della nostra casa editrice ci sono due pubblicazioni imperdibili per gli appassionati di scialpinismo. Si tratta di due manuali della collana Easy, con Dvd allegato. Per ordinarli si può inviare una mail a ordini@ mulatero.it, oppure chiamare il numero 0124 428051. Sconto del 15% per gli abbonati alla rivista. SKI ALP BASIC Dalla scelta dei materiali alla conoscenza della neve, dai primi passi con le pelli alla progressione in salita. Dalle prime curve a sci larghi fino al parallelo fuori pista. I fondamentali per iniziare a praticare questa magnifica disciplina con i consigli di Franco Corvisiero, Andrea Basolo ed Alain Seletto coordinati da Enrico Marta. In allegato un Dvd da 22 minuti con le spiegazioni tecniche in video.
Ski-alp basic Mulatero Editore, 2009 112 pagine + dvd 22 minuti € 18.50 SKI-ALP ADVANCED Come affrontare le salite più impegnative con gli sci ai piedi, la progressione con ramponi, le norme di sicurezza e le manovre di corda, la tecnica di discesa sulle nevi più difficili per arrivare fino ai passaggi estremi. Magnifiche sequenze fotografiche e filmati con dimostratori d'eccezione: Alain Seletto, Franco Corvisiero, Andrea Basolo, Rico Elmer e Franz Nicolini. Coordinamento tecnico di Enrico Marta.
Andrea Martino Ziliotto Buonasera, sono ormai da tempo un vostro lettore. E non potevo non aggiungervi su Facebook! Volevo cogliere l'occasione per porre una domanda. Le scarpe che sta utilizzando ora Kilian, le Salomon Lab Sense si trovano in conmercio o sono solo in uso per lui? Ringrazio anticipatamente per la risposta e vi faccio i miei auguri per la vostra meravigliosa rivista! Rivista Ski-alper Ciao Andrea, Kilian utilizza abitualmente scarpe Salomon S-Lab Sense o, in alternativa, S-Lab Fellcross. Le prime sono calzature ‘minimaliste’, quindi caratterizzate da un limitato differenziale di spessore (4 mm) dell’intersuola tra tallone e avampiede e con un’impostazione votata al natural running, ovvero a favorire nettamente l’appoggio su avampiede e mesopiede anziché la tradizionale rullata. Nel primo caso le calzature francesi pesano 195 g, nel secondo, con una particolare vocazione agli ultra trail, 262 g nella misura 42 EU. Sono disponibili in commercio, ma nel caso di Kilian, e di tutti gli atleti Salomon, vengono realizzate su misura. Spesso, infatti, gli atleti hanno piedi di una taglia (ad esempio 42 EU) in lunghezza, ma di un’altra dimensione, ad esempio 42,5 EU, in larghezza. Caratteristiche cui ‘piegare’ la scarpa così da massimizzare le prestazioni e ridurre al minimo il rischio d’infortuni. In aggiunta, i runner d’elite scelgono spesso intersuole diverse da quelle standard, anche in funzione della gara da affrontare. In ogni caso le S-Lab Sense nascono da una specifica richiesta di Kilian di disporre di scarpe leggere da utilizzare senza calze.
Ski-alp advanced Mulatero Editore, 2010 144 pagine + dvd 44 minuti € 22.50
Scarponi race 30,5 MP?
Caro Davide, effettivamente la taglia 30,5 MP crea difficoltà nell’individuazione degli scarponi race più adatti. Dynafit interrompe la numerazione al 29,0 MP sia con Dy.N.A. Evo sia con Dy.N.A. PDG, mentre Scarpa, tanto con Alien quanto con Alien 1.0, non si spinge oltre il 30,0 MP. Oltretutto senza prevedere ½ misure. Non va meglio con La Sportiva: Stratos Evo si ferma al 29,0 MP. Abbiamo interpellato Gignoux e Carbonstreet: l’azienda francese ha come limite il 29,5 MP, sebbene con degli adattamenti gli XP 444 possano ospitare una taglia 30,0 MP, mentre la factory italiana non estende la produzione oltre il 29,0 MP. Nulla da fare? Forse abbiamo una soluzione. Merelli propone gli M3D sino a 29,5 MP, ma grazie ad alcuni accorgimenti tecnici gli scarponi italiani possono accogliere un piede 30,5 MP. Provi a contattare l’azienda bergamasca all’indirizzo info@merelliski.it. Senza dubbio si prodigheranno per venire incontro alle sue esigenze. Ci tenga informati.
Alien e comfort termico Buongiorno, vorrei un parere su Scarpa Alien, che vorrei acquistare. Essendo leggeri, per quanto riguarda il comfort termico come si pongono? Mantengono il caldo? Federico F. Caro Federico, gli Scarpa Alien sono ottimi scarponi, votati soprattutto alle prestazioni. Garantiscono un comfort termico discreto: superiore, per restare in casa Scarpa, ai race Alien 1.0, ma inferiore ai grantour Rush. Uno step intermedio tra un modello da gara e un prodotto da escursionismo. Attenzione, in particolare, all’impermeabilità. Per garantirsi piedi asciutti le suggeriamo di utilizzarli in abbinamento alle ghette dedicate.
facebook.com/skialper
Valentino Dalpiaz Buongiorno! Siamo quasi ai primi di novembre, la neve è venuta a trovarci già qualche volta, a quando il primo numero di Skialper?Arrivederci a presto spero! Ski-alper Vista l'attesa dei nostri lettori, dal prossimo anno anticiperemo l'uscita del primo numero! Ciao Valentino, arrivederci in edicola!
Carlo Mariani Ciao! Ma dove si possono trovare i programmi delle gare di ski-alp per la stagione? Mi ricordo una gara Crazy Idea a ottobre allo Stelvio ma non trovo niente on-line. Vi ringrazio in anticipo! Ski-alper Su questo numero della rivista, naturalmente! E vedrai la nuova versione del sito con calendario interattivo!
Paolo Grisa Ciao, sto lavorando a una tesi di laurea sulla responsabilità sociale d'impresa nel settore delle aziende outdoor per la facoltà di sociologia. Siccome uno degli studi di caso che citerò è quello di Salewa, mi ricordo di aver letto su un vostro numero l'intervista a Heiner Oberrauch, di Oberalp. Per caso potreste girarmela? Ski-alper Ce ne siamo dimenticati… Se ti serve ancora, scrivici una mail alla redazione. Scusa...
CHIMERA SKIS
Fabio Bazzana È ora di togliere gli sci al pipottino di Ski-alper e mettergli un bel paio di scarpette... Ski-alper Caro Fabio, il 'pipottino' ha già rimesso gli sci: prima ha letto la guida Test, ha scelto ed è ripartito con le pelli...
©ed.ge pictures
Caro Ski-alper, vorrei sostituire i miei scarponi race, ora possiedo dei Dynafit Dy.N.A. taglia 30,5 MP, ed ero indeciso tra gli Scarpa Alien e i Dynafit Dy.N.A. EVO. Attratto anche dai Pierre Gignoux XP 444, ho abbandonato l’idea pensando a possibili problemi con una misura ‘XXL’ come la mia. Sono però incappato in una pessima sorpresa: la numerazione degli Alien arriva a 30 MP e quella di Dy.N.A. EVO a 29 MP. Quando i miei scarponi saranno rotti o completamente usurati, cosa farò? Dovrò gareggiare con dei modelli da freeride? Francamente non credo di avere un piede così ‘unico’; il 46, oggi, è condiviso da moltissime persone. Penso che le aziende dovrebbero sforzarsi di estendere le numerazioni almeno sino al 30,5 MP. Grazie per l'attenzione Davide Trebo
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STEPHANE BROSSE
L
testo: Enrico Marta foto: Enrico Marta
e classifiche, il palmarès, i record sono altra storia: per noi Stephane Brosse era semplicemente un amico. Se penso a lui a qualche mese dalla disgrazia lo rivedo sorridente con quel leggero strabismo che trasmetteva simpatia sin da subito, ma ricordo anche l'espressione corrucciata sui traguardi delle gare quando le cose non erano andate per il verso giusto. Impossibile non rimanere colpiti dalla grande determinazione quando da bordo pista lo vedevi passare ai ritmi che solo lui sapeva imporre. E poi la forza che esprimeva in discesa sulle nevi impossibili. Così serio e impassibile in gara, si trasformava, al di fuori delle tracce di salita, per diventare affettuoso e alla mano. Un carattere non del tutto 'francese' il suo, forse più italiano che transalpino. I primi incontri con Stephane li ho vissuti in veste di redattore sportivo della rivista Fondo Ski-alp: erano gli anni in cui seguivo Fabio Meraldi, che stava arrivando all'apice della carriera per poi iniziare l'inesorabile tramonto. E proprio mentre la sua stella si spegneva, ai Mondiali di Serre Chevalier ne nasceva una nuova, quella di Stephane Brosse, che andava a vincere la prova individuale e si laureava campione del mondo. Per essere precisi già dall'anno prima si stava mettendo in luce, prima in coppia con Patrice Bret e poi con il compagno di mille battaglie Pierre Gignoux. Con lui ha vinto tanto, quasi tutto, ed è proprio con Pierre che vogliamo parlare di Brosse. «Stephane era innanzitutto un amico, ci conoscevamo e ci frequentavamo ancor prima di iniziare a gareggiare nello scialpinismo. Molto serio e rigoroso si sottoponeva ad allenamenti estenuanti che erano alla base dei suoi exploit». Stephane un giorno mi confidò che Pierre era molto fortunato poiché madre natura lo aveva dotato di un grande motore, che andava forte anche se si allenava poco, mentre lui si doveva sottoporre a cicli di allenamento molto duri per rimanere al suo livello. «Dopo i primi tempi e le prime gare - continua Gignoux - Stephane è diventato sempre più forte: metodico, curava all'inverosimile i dettagli tecnici, concentrandosi sui tempi per togliere e mettere le pelli, sulla tecnica delle inversioni, in cui ha portato delle innovazioni tali che una 'conversion' agonistica porta il suo nome». Il giorno della gara a coppie ai Mondiali di Crissolo 2006 filmai la salita delle prime squadre, rivedendomi le sequenze mi resi conto che Brosse ed Elmer cambiavano direzione in modo decisamente più rapido di tutti gli altri atleti d'elite: la loro esecuzione era pressoché sovrapponibile… Rico Elmer mi confiderà in seguito che questa virata ebbe modo di copiarla da Brosse un giorno che lo stava seguendo in gara e che era stato attirato dall'atteggiamento così innovativo ed efficace. E ancora Gignoux: «Lui ricercava la precisione senza essere fanatico, cercava sempre di dare il massimo. Anche negli ultimi tempi, quando stava seguendo un programma di record in montagna in compagnia di
la giornata era splendida e avrei voluto poter fare qualche decina di metri su quello stretto passaggio per meglio inquadrare i concorrenti. A quel punto è arrivato Stephane in veste di testimonial-spettatore: con lui al fianco sono riuscito a superare gli sbarramenti e appostarmi nel punto migliore. A Stephane diedi la videocamera e io potei concen-
Adieu Stephane Il 17 giugno è morto sul Monte Bianco Stephane Brosse, uno dei più grandi scialpinisti di tutti i tempi. Il ricordo di Enrico Marta
Kilian, in molti si sono stupiti per le sue capacità tecniche in discesa, soprattutto su terreni ripidi». A lui è dedicata la prima copertina di Ski-alper: sta scendendo una classica del ripido sul Monte Bianco insieme a Pierre Tardivel, uno specialista, che contribuirà a consolidarne il bagaglio tecnico in questo campo. Forte e brusco allo stesso tempo, la sua era una sciata nervosa, fatta di cambi molto rapidi, i suoi sci frangevano le nevi più difficili senza tentennamenti o esitazioni. L'anno in cui effettuai le riprese del DVD 'La tecnica della discesa' avevo sempre timore che Pierre e Stephane potessero avere un incidente tanto era l'entusiasmo e la determinazione con cui si buttavano in ogni pendio, per ripido che fosse. Ricordo il giorno in cui scendemmo lungo la nord della Grande Motte con neve piuttosto dura, in quell'occasione Stephane calzava scarponi Gignoux e sci da gara con attacchini leggeri, anche allora rimasi colpito dalla sua determinazione. Una delle ultime volte che l'ho incontrato coincide forse con la mia ultima partecipazione, come giornalista, alla Pierra Menta. Era il giorno del Grand Mont, gli atleti stavano per sbucare in vetta dalla famosa cresta e quel tratto finale era 'off limit' per noi fotografi;
trarmi sulle fotografie. E lui rideva e filmava, contento di potermi aiutare. Poi non ci siamo più rivisti anche se non mancava di inviarmi foto e racconti dei suoi exploit che io puntualmente pubblicavo sul sito. Sapevamo dei grandi progetti in alta montagna in compagnia di Kilian. E poi la notizia… tremenda. La telefonata a Pierre Gignoux per chiedergli se fosse vero e il pianto a dirotto dall'altra parte del filo: non lo sapeva ancora… Involontariamente ero stato io a comunicargli che il suo grande amico e compagno di pattuglia era caduto e per lui non c'era più nulla da fare. Poi lo strazio del funerale: i due bambini e la moglie in attesa del terzo figlio (dovrebbe nascere proprio mentre questo numero esce nelle edicole), le testimonianze in chiesa di quanti lo hanno conosciuto e hanno lavorato con lui, i sassi posati sul sagrato accanto alla bara, la fila interminabile per l'ultimo saluto. L'ultima immagine è quella dei suoi compagni attoniti, quelli che come Giacomelli, Blanc e Pellissier hanno condiviso con lui la gioia delle ultime grandi imprese nello ski-alp.
17 > ski-alp people
Chi era Nato il 28 aprile del 1972 a Pontde-Beauvoisin, nella Savoia francese, Stephane Brosse nel 2006 è entrato nella nazionale francese di scialpinismo. Nel suo palmarès tre ori mondiali (individuale, a squadre e relay), due argenti mondiali (relay e combinata), due ori europei (individuale e squadre), due argenti europei (individuale e combinata), tre Pierra Menta, un Mezzalama, un Tour du Rutor e due Patrouille des Glaciers. Suo anche il record di salita al Monte Bianco e ritorno (con Pierre Gignoux) in 5h 15' 47'' nel 2007 e quello sulla haute route Chamonix-Zermatt in 21h 11' con Lionel Bonnel. È stato per anni collaboratore della nostra rivista e dimostratore per manuali tecnici pubblicati dalla nostra casa editrice. È morto il 17 giugno sul Monte Bianco durante un tentativo di traversata con gli sci in compagnia di Kilian Jornet Burgada: gli è stata fatale una cornice di neve rottasi sotto gli sci e un volo di 600 metri.
«Dopo i primi tempi e le prime gare Stephane è diventato sempre più forte: metodico, curava all'inverosimile i dettagli tecnici, concentrandosi sui tempi per togliere e mettere le pelli, sulla tecnica delle inversioni, in cui ha portato delle innovazioni tali che una 'conversion' agonistica porta il suo nome» Pierre Gignoux
18 > rubriche
PARETI DI CARTA testo: Leonardo Bizzaro
ELOGIO DEL LIMITE di Fabrizio Pistoni Ediciclo Editore 160 pagine
14,50 euro
IL CORRIDORE di Marco Olmo e Gaia De Pascale Ponte alle Grazie, 140 pagine
12,50 euro
Mitico Tor des Geants Si è chiusa la stagione della corsa in montagna e, in attesa che prendano il via le competizioni di scialpinismo, ecco un gran numero di titoli sull’argomento, usciti negli ultimi mesi. Questo di Fabrizio Pistoni è tra i più interessanti proprio perché non è scritto da un professionista. Un approccio ‘giusto’ alle gare endurance, nato durante il Tor des Géants 2010, che parte da una sorta di mantra ripetuto prima di partire: ‘Sogna in grande e osa fallire’.
La vita è un’ultramaratona Marco Olmo alle ultramaratone ha dedicato tutto se stesso, un riscatto della vita di un montanaro operaio che arriva dal ‘mondo dei vinti’. Con Gaia De Pascale ha scritto la sua autobiografia per raccontare le battaglie, le cose perdute, anche qualche sconfitta, più che i metodi di allenamento e i trionfi nella competizione.
L’epopea del Verdon QUEI PAZZI DEL VERDON di Bernard Vaucher - Edizioni Versante Sud, 248 pagine
19 euro
Quando negli anni Settanta cominciarono ad arrivare in Italia le prime riviste francesi d’alpinismo con le foto di arrampicatori seminudi su pareti lisce e senza vetta (non c’era internet, allora, come ben si ricorderà) la sorpresa fu grande. Lo scandalo più enorme ancora. Ci vollero dieci anni perché le pratiche di salita del Verdon diventassero comuni anche qui e ci si affidasse senza timori a quelle scarpe a suola liscia più simili a una ciabatta che a uno scarpone da montagna. Bernard Vaucher, che di quella storia è stato tra i protagonisti, racconta azioni temerarie e follie, grandi passi avanti dell’arrampicata e bevute leggendarie.
Thriller sul K2 ASSASSINIO SUL K2 di Dušan Jelinčič - Vivalda Editori, 160 pagine
17 euro
La montagna non rende puri gli uomini, scrive Paolo Rumiz nella prefazione. È vero, tanto meno i colossi della Terra, dove l’alpinismo ha perso la sua innocenza fin da quando si è cominciato a sfidarli. Dušan Jelinčič, giornalista, scrittore e alpinista (al suo attivo ha il Broad Peak e il Gasherbrum II) ambienta il suo thriller tra due luoghi lontani ma che nell’immaginario di tutti non possono che essere abitati dal male: la parete nord dell’Eiger e il K2. Una storia di vendetta che rimanda al Trevanian di ‘Il castigo dell’Eiger’, che Clint Eastwood portò poi sullo schermo.
Montagna d’epoca VINTAGE MENSWEAR di Josh Sims, Ray Luckett e Douglas Gunn - L’Ippocampo, 304 pagine
29,90 euro
Avete in programma un raduno di telemark l’inverno che viene? O più semplicemente siete affascinati dallo sci del tempo che fu? Questo grosso volume vi sarà indispensabile, con le sue foto di grande formato e i testi sempre puntuali che ripercorrono la storia dell’abbigliamento maschile sportivo e da lavoro attraverso le collezioni del negozio The Vintage Showroom di Londra. Classiche Norfolk Jacket protagoniste dell’alpinismo inglese, completi in covercoat per escursionismo, pantaloni da sci di lana e ‘smock’, nonno delle moderne softshell. Da sfogliare e, avendo un bravo sarto, da fare copiare.
Alle origini del turismo alpino TURISTI DI TAPPA: VACANZE, NAZIONALISMO E POTERE a cura di Claudio Ambrosi e Michael Wedekind - Fondazione Museo Storico di Trento, 208 pagine
15 euro
La nascita della moderna industria del turismo prende le mosse anche dallo spirito nazionalistico con cui, a cavallo fra Ottocento e Novecento, si organizzavano i viaggi sulle zone di confine. Claudio Ambrosi e Michael Wedekind, che da tempo collaborano alla ricerca su questi temi, uno dal versante italiano, l’altro tedesco, hanno coordinato il nuovo Quaderno di Archivio Trentino della Fondazione Museo Storico di Trento. Sono gli anni in cui comincia il primo turismo di montagna di massa, gli anni della frequentazione delle vette, dall’una e dall’altra parte, con intenti politici prima che esplorativi. Vicende da scoprire per capire meglio le montagne.
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ISLANDA testo: Umberto Isman foto: Umberto Isman
Passaggio tra i
fiordi
I viaggi di Ski-alper
La penisola di Hornstrandir, in Islanda, è completamente disabitata dai primi anni '50 ed è diventata un santuario dello scialpinismo contemplativo. Con dicese che finiscono sempre sul mare. Come albergo, una barca a vela che ha fatto quattro volte il giro del mondo
M
«Mia nonna è nata in un minuscolo villaggio accanto a quella scogliera a picco sul mare. Là in fondo, sulla punta estrema del promontorio. Costruivano le case vicino alle pareti di roccia per una questione di sopravvivenza. Mangiavano soprattutto pesce, ma anche le uova degli uccelli che nidificavano sulle scogliere verticali. I miei antenati costruivano vere e proprie strutture in legno e corda per calarsi e prendere le uova dai nidi». è Örvar a parlare, la nostra giovane guida attraverso i fiordi e le montagne della
penisola di Hornstrandir, all'estremità nord-occidentale dell'Islanda. «Si viveva nel quasi totale isolamento. Ci si poteva muovere solo in barca o a piedi, in inverno con gli sci. Niente strade. Una volta mia nonna e i suoi fratelli avevano saputo di una festa che si doveva svolgere in un villaggio a poco meno di un giorno di cammino dal loro. Partirono in piena notte, per poi scoprire che la festa era in un altro villaggio ancora più lontano. Arrivarono appena in tempo per la festa e ripartirono subito dopo per attraversare di nuovo le montagne e
22 > ski-alp touring
ISLANDA
tornare a casa». Altri tempi, già, ma non nel senso che oggi la penisola di Hornstrandir sia stata riempita di case e strade, anzi dai primi anni Cinquanta è stata completamente abbandonata. Si celebra proprio quest'anno il sessantesimo anniversario dell'abbandono dell'ultimo insediamento umano, ci tengono a precisare i miei compagni di viaggio islandesi, quasi a voler rimarcare l'unicità di questo luogo. Unicità nell'unicità, dato che la stessa Islanda, col suo territorio aspro, tormentato, fatto di montagne, ghiacciai, vulcani, geotermalismo in tutte le sue più incredibili manifestazioni, è di fatto un luogo con caratteristiche uniche rispetto al resto del globo. L'Hornstrandir è anch'esso territorio vulcanico, ma non ci sono crateri attivi, solo qualche raro affioramento geotermale. Anche i ghiacciai sono limitati alla propaggine sud-orientale della penisola, quella che la collega al resto dell'Islanda. Il capoluogo della regione è Ísafjörður, un 'paesone' di circa 2.800 abitanti fondato dai Vichinghi, la cui architettura essenziale e senza fronzoli è lo specchio diretto di quelle che sono le principali attività: pesca e turismo. Ci arriviamo con un volo da Reykjavík, rimandato di un giorno per una tempesta, non infrequente da queste parti. Gli stessi aeroporti locali, quelli per i 'domestic flights', sono poco più che stazioni dell'autobus, con orari flessibili in funzione del meteo e controlli ridotti all'essenziale. Sono seduto accanto a un biologo marino che rientra nel suo paese per una breve vacanza. Mi anticipa la manovra che compirà l'aereo: ingresso radente nel fiordo e
precisa, obbligata virata a 180 gradi per infilare la pista dal verso giusto, quello che decide il vento. Quasi una manovra di parcheggio, ma a velocità da aereo con ripidi versanti di montagne, mare e case che sfrecciano a pochi metri dalle ali. Non si scherza. La pesca era per Ísafjörður un'attività più che fiorente, fino ai primi anni Ottanta, quando il governo, per ridurre il depauperamento della fauna ittica, decise di diminuire del 50 per cento la quantità di pescato. Molti pescatori locali si dedicarono allora alla cattura dei gamberi, ma il riscaldamento globale li fece quasi scomparire verso la metà degli anni Novanta. Che fare allora? Alcuni continuarono con la pesca, anche se molto meno remunerativa, altri dovettero ingegnarsi per trovare nuovi lavori. Nell'estate del 2005 capitò sul molo di Ísafjörður la barca dell'inglese Sir Robin KnoxJohnston, il vincitore della prima regata in solitario intorno al mondo senza scalo, nel 1969. A bordo con lui il famoso alpinista Chris Bonington, anch'egli inglese. Due giovani del luogo, Siggi e Runar, li avvicinarono e scoprirono che quella barca, Antiope Clipper, che aveva già fatto quattro volte il giro del mondo, era in vendita. Detto fatto, la primavera successiva si presentarono in Inghilterra per completare l'acquisto e la riportarono a Ísafjörður, ribattezzandola Aurora. Siggi, architetto navale con la passione della montagna, la prese in gestione, mentre Runar, con una grande esperienza di sci e alpinismo, si occupò di accompagnare i primi clienti sulle montagne del Hornstrandir. La loro attività cominciò nell'estate del 2006, con crociere nei fiordi vicini, ma anche in Groen-
«…normalmente è difficile conciliare le esigenze di scialpinisti esperti con quelle di chi è alle prime armi. Non qui, dove il viaggio da fiordo a fiordo è semplice e con dislivelli limitati, ma lascia nel contempo la possibilità di divagazioni decisamente più impegnative. Il tutto tenendosi quasi costantemente a vista gli uni con gli altri…»
Nella foto di apertura, salita al Tafla dal Veiðileysufjörður. Qui sopra la discesa. Sotto, da sinistra a destra, giochi dei ragazzi a Ísafjörður, una fase di trasferimento dalla barca e una foca che studia i nostri spostamenti
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ISLANDA
Nella foto in alto, la spettacolare discesa dal Lònhorn. Nelle altre foto, momenti di relax e vita di barca
landia, alle Svalbard e nella straordinaria isola di Jan Mayen. Nel pozzetto di Aurora, ancorata nel fiordo di Hesteyrafjörður, l'unico rumore è quello del mare e della brezza che fa tintinnare le sartie. In attesa che i miei compagni si sveglino, leggo il primo racconto de 'La Leggenda dei Monti Naviganti' di Paolo Rumiz. Si parla di mare e di montagna insieme, una coincidenza non voluta che mi fa riflettere, nell'immobilità assoluta di un paesaggio che si anima solo per pochi istanti, quelli della fugace apparizione di una volpe artica che corre chissà dove sulla riva. Aurora è un 60 piedi (18 metri) con 12 posti letto, attrezzata per ogni tipo di navigazione. Siggi (Sigurður Jónsson) è il capitano, una delle tante facce di un personaggio eclettico che parla quattro lingue, è stato progettista e costruttore di barche, istruttore di canoa, paracadutista, ha sciato sulle nevi di tutto il mondo, arrampicato su difficili vie delle Alpi, ha lavorato su navi porta container in
tutti i mari del globo e navigato a vela su rotte estreme. Un uomo di poche parole, poche ma buone. È lui che prepara la colazione e ci accompagna col suo 'dinghy', un gommoncino Zodiac spinto da un piccolo cinque cavalli, sul fondo del fiordo, partenza del nostro viaggio sci ai piedi attraverso la penisola di Hornstrandir. Con me otto islandesi di Reykjavík. Indigeni verrebbe da dire, se non fosse che in questa zona del Paese non sono mai stati e, soprattutto molti di loro sono alla prima esperienza scialpinistica. Normalmente è difficile conciliare le esigenze di scialpinisti esperti con quelle di chi è alle prime armi. Non qui, dove il viaggio da fiordo a fiordo è semplice e con dislivelli limitati, ma lascia nel contempo la possibilità di divagazioni decisamente più impegnative. Il tutto tenendosi quasi costantemente a vista gli uni con gli altri. Örvar è la nostra guida, un telemarker coi fiocchi: non ha un vero e proprio diploma, che in Islanda non esiste, ma un'esperienza e una conoscenza dei luoghi assolutamente all'altezza della situazione. È lui a
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VITA DA FOCHE
«…nel pozzetto di Aurora, ancorata nel fiordo di Hesteyrafjörður, l'unico rumore è quello del mare e della brezza che fa tintinnare le sartie. In attesa che i miei compagni si sveglino, leggo il primo racconto de 'La Leggenda dei Monti Naviganti' di Paolo Rumiz. Si parla di mare e di montagna insieme, una coincidenza non voluta che mi fa riflettere…»
Difficile sapere cosa pensi una foca di uno scialpinista. Ammesso che esista una coscienza collettiva tramandata nelle generazioni dei pinnipedi, ormai dovrebbe anche essere acclarato che le nostre pelli di foca sono sintetiche. E tutto depone a favore di questa consapevolezza, almeno per quel che riguarda le foche della penisola di Hornstrandir, curiose e giocherellone. C'è anche da dire che questa zona è dal 1975 una riserva naturale dove la caccia è assolutamente vietata. Questo probabilmente le foche lo sanno, come lo sa la volpe artica, meraviglioso animale incredibilmente cacciato in altre zone del paese. Anche le foche vengono cacciate, da sempre, anche se in Islanda vige una regolamentazione abbastanza severa che limita il numero delle prede, con una diminuzione costante in questi ultimi anni. D'altra parte le foche fanno da sempre parte dell'economia alimentare, e non solo, delle popolazioni artiche. La carne viene consumata, il grasso serviva per l'illuminazione o come cibo per gli animali, le pelli hanno da sempre svariati usi. Ancora oggi in Islanda i cacciatori di foche sono prevalentemente i proprietari di fattorie sulla costa, che hanno speciali licenze di caccia entro i confini dei loro terreni e hanno fondato una vera e propria società con circa cento membri. Purtroppo però gli animali cacciati sono quasi esclusivamente quelli che hanno poche settimane di vita, verso la fine dell'allattamento, con un limite imposto dalla legge di soli 15 giorni dalla nascita. In Islanda ci sono ben sette diverse specie di foche, ma cinque sono di passaggio e vengono avvistate solo sporadicamente. Le due residenti sono la foca comune e la foca grigia. Si distinguono in parte per la colorazione, che però è estremamente variabile, ma soprattutto per la stazza: al massimo due metri di lunghezza e 150 chili di peso per la foca comune, contro i tre metri e 400 chili per la foca grigia. Anche i periodi di riproduzione sono diversi: tra maggio e luglio la foca comune, tra fine settembre e i primi di marzo la foca grigia. Il periodo di gestazione è per entrambe di circa 11 mesi e partoriscono un unico cucciolo.
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ISLANDA
ITINERARI Islanda
Capitale:
Reykjavik
Temperatura media:
8 °C
Superficie Montuosa:
80%
ISLANDA - HORNSTRANDIR Informazioni generali: La penisola del Hornstrandir è situata all'estremità nord-occidentale dell'Islanda. è un'area protetta, dove non esistono né strade né insediamenti umani. Gli unici spostamenti possibili sono quelli via mare, oppure a piedi in estate e con gli sci in inverno. In generale il clima dell'Islanda è mitigato dalla Corrente del Golfo e le temperature, a dispetto della latitudine, difficilmente scendono sotto i - 10 gradi.
Periodo consigliato: Le crociere 'Sailboat skiing' si svolgono più o meno da metà marzo fino quasi alla fine di maggio e durano una settimana. In questo periodo le ore di luce crescono costantemente e a maggio non è praticamente mai buio. Le condizioni della neve sono estremamente variabili, ma verso fine stagione in genere si consolida un ottimo firn. Informazioni pratiche: La traversata da fiordo a fiordo proposta è indubbiamente la più interessante. Non è però un percorso rigido perché, tenuti fissi i punti di sbarco e imbarco, è possibile divagare e aggiungere cime, discese e dislivello a volontà. I tempi di percorrenza sono assolutamente indicativi e in questo caso sono riferiti a uno scialpinismo non di velocità, ma piuttosto contemplativo, vista la spettacolarità dei paesaggi. Il numero di giorni di scialpinismo è variabile, anche in funzione delle condizioni meteo, e si può in genere aggiungere una breve gita nel fiordo Hrafnfjörður il quinto giorno. L'attrezzatura richiesta è quella standard da scialpinismo. Per i couloir e le pareti più ripide possono essere utili i ramponi e più raramente la piccozza. Da considerare anche un GPS nei casi, non infrequenti,
di scarsa visibilità. Per la barca occorre un sacco a pelo di isolamento termico medio, asciugamano e vestiti di ricambio caldi. Il tutto in una borsa facilmente stivabile e non in una valigia rigida. Il mare è generalmente calmo, ma se si soffre la navigazione conviene premunirsi con gli appositi farmaci. La copertura dei telefoni cellulari è limitata ad alcune zone in quota, mentre sul mare non c'è segnale. Per partecipare alle crociere è indispensabile una polizza infortuni individuale. Lo skipper in genere provvede anche ai pasti, mentre per le gite è previsto l'accompagnamento di un'esperta guida locale. Accesso: Il punto di partenza obbligato per la crociera in barca è Ísafjörður, raggiungibile in aereo da Reykjavík. La capitale dell'Islanda è collegata da diverse compagnie aeree, in genere con uno scalo europeo. Sono da prevedere due pernottamenti a Reykjavík e a volte uno a Ísafjörður. Cartografia: Carta 'Hornstrandir' 1:100.000, edizioni Ferðakort, reperibile facilmente nelle librerie e all'ufficio turistico di Reykjavík. Organizzazione e prezzi: In Italia i viaggi 'Sailboat skiing' sono commercializzati da Avalco Travel (www.avalcotravel.com). Indicativamente il viaggio proposto costa 1.800 euro inclusi i pernottamenti in barca con skipper e pensione completa, guida per le escursioni, pernottamenti a Reykjavik e Isafjordur. Sono esclusi i voli dall'Europa i cui costi variano molto in funzione del periodo scelto. Le quote partono da circa 450 euro più tasse.
info@skialper.it inviateci una mail se avete visitato queste zone, oppure se avete deciso di partire per l'Hornstrandir dopo aver letto questo servizio
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Primo giorno
Terzo giorno
da Hesteyrafjörður a Veiðileysufjörður
Lònafjörður Dislivello in salita: 800 m Lunghezza: 10 km Tempo medio complessivo: 4 ore Difficoltà: MS (OS per il couloir dello Standahilð)
Dislivello in salita: 750 m (1150 m con la salita al Lónhorn) Lunghezza: 11 km Tempo medio complessivo: 4 ore Difficoltà: MS (OSA per la salita e discesa del Lónhorn)
Secondo giorno Itinerario. Dal fondo del fiordo si segue il torrente, stando sulla destra, fino a raggiungere una zona pianeggiante dalla quale si vede verso destra il passo da valicare. Dal pianoro è possibile deviare dal percorso, salendo e poi scendendo alcuni interessanti pendii, sia verso est che verso ovest. Raggiunto il passo, si gode di un bel panorama verso nord sulla baia di Hælavík e la punta estrema del Hornstrandir. Si piega quindi verso destra e si guadagna un'ampia dorsale che conduce a una quota di circa 650 metri. Da qui si scende in direzione del Veiðileysufjörður, prima sulla linea di massima pendenza e poi contornando sulla destra una bastionata rocciosa. Si continua su pendii più dolci con ampi dossi fino al mare. Per chi ama il ripido e ha un minimo di esperienza alpinistica, è possibile, se le condizioni sono sicure, salire e scendere l'evidente versante sud-ovest del Lónhorn. La salita si svolge preferibilmente lungo la dorsale all'estrema sinistra della parete e richiede spesso i ramponi. La discesa è a circa 45° di pendenza e la linea migliore va individuata già in fase di salita.
da Veiðileysufjörður a Lònafjörður Dislivello in salita: 1050 m (1500 m con la salita al passo) Lunghezza: 12 km (18 km con la salita al passo Rangalaskarð) Tempo medio complessivo: 5 ore Difficoltà: BS
Itinerario. Dalla sponda orientale, quasi in fondo al fiordo, si può salire l'evidente dorsale del Tafla fino alle prime rocce, per poi con una bella sciata tornare al mare o tagliare in quota verso sinistra. Si costeggia il fiume per poi attraversarlo e affrontare un ripido pendio esposto a ovest. Si sbuca in corrispondenza di una grossa cornice e, lasciandola sulla sinistra, si prosegue a mezzacosta alla base di una dorsale fino a un'evidente sella sotto alle rocce. Si piega quindi a sinistra su terreno più ripido fino al pianoro sommitale, che può essere percorso per alcune centinaia di metri verso sinistra per raggiungere il punto più alto (656 metri). La discesa verso il Lònafjörður è evidente e si affronta su pendii ripidi che richiedono attenzione. Giunti in fondo alla valle, si raggiunge il mare stando sulla destra del fiume. Prima del tratto finale è possibile risalire la valle alla sinistra del fiume fino al passo Rangalaskarð, da cui si gode una spettacolare vista sulla baia di Hornvík, per poi ridiscendere dalla stessa parte.
Itinerario. Dal fondo dell'insenatura appena a sud-est di quella del giorno precedente si sale in direzione nord-est, puntando all'evidente parallelepipedo roccioso. Lo si lascia sulla destra e si piega a sinistra per raggiungere la dorsale che, ancora verso sinistra, conduce alla cima del Breiðuskarða-hnùkur (709 m). Bellissima vista sulla baia e sulle scogliere di Hornvík. Si scende quindi sul versante opposto (sud-ovest) e, per gli sciatori meno esperti, ci si ricollega all'itinerario di salita. Per affrontare lo spettacolare couloir dello Standahilð (in realtà sono due, quello di sinistra un po' più impegnativo), dopo un tratto di sciata divertente, si mantiene la quota e ci si sposta verso destra attraversando un ampio pianoro. A piedi si risale brevemente la dorsale che si affaccia sul fondo del fiordo e, rimessi gli sci, si scende cautamente verso l'imbocco del couloir, non visibile dall'alto. Questo tratto richiede attenzione assoluta per le condizioni della neve e, soprattutto, per individuare il punto esatto in cui scendere. Il couloir ha una pendenza costante di 45° con un paio di brevi tratti un po' più ripidi. Lo si può affrontare dall'inizio, rasente le rocce, oppure entrandovi poco più sotto. La discesa fino al mare è entusiasmante.
Quarto giorno da Lònafjörður a Hrafnfjörður Dislivello in salita: 1150 m Lunghezza: 15 km Tempo medio complessivo: 5 ore Difficoltà: BS
Itinerario. Ci si sposta in barca nell'ultima insenatura di sud-est del Lònafjörður, dove in genere si vedono numerose foche. Si sale costeggiando il torrente principale sulla destra fino ad attraversare quello laterale (attenzione). Si affronta quindi il pendio ripido a destra di una collina rocciosa e si raggiunge un ampio pianoro. Si continua verso destra, individuando il passaggio tra le barriere rocciose che consente di raggiungere la lunga e ampia dorsale che conduce verso sinistra al suo punto più alto. Si scende quindi con facile sciata verso sud-est, puntando a un'evidente piramide, fino a raggiungere una conca dove si rimettono le pelli. Si affronta un primo pendio ripido, per poi costeggiare sulla sinistra la piramide e raggiungere la dorsale che, con un tratto faticoso, conduce alla cima del Bláfell (736 m). La discesa si effettua puntando direttamente al Hrafnfjörður, facendo attenzione nel primo tratto a un cambio di pendenza con cornice. Si raggiunge quindi una zona pianeggiante e si continua verso destra, affrontando un ultimo pendio molto ripido che conduce al mare.
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ISLANDA Nella foto, in senso antiorario, alcuni scorci di Reykjavik: Frkirkjan, Ásmundur Sveinsson, una Libreria caffè in centro, Museum Art Museum Hafnarhús, Chiesa Hallgrímskirkja
guidarci in questi quattro giorni di traversata attralungo la penisola di Hornstrandir che, se la guardate sulla carta, ha la forma di un doppio pettine immerso nel Mare di Groenlandia fino a lambire il Circolo Polare Artico. È così che la traversata da fiordo a fiordo è una continua rivoluzione del paesaggio: scorci che si aprono e si chiudono improvvisi, mare da tutte le parti. È una carta geografica che diventa realtà, un disegno al centomila che, come raramente accade, riesci a vedere quasi per intero. Difficile perdersi, i riferimenti sono precisi, basta che non arrivi la nebbia, che al contrario rende questo terreno fatto di dossi, costoni e avvallamenti assolutamente indecifrabile. Per quattro giorni gironzoliamo seguendo una direttrice ovest-est che va poi a piegare leggermente verso sud. Una direttrice che ogni giorno ci conduce in un nuovo fiordo, dove lo scafo e l'albero di Aurora, che nel frattempo ci ha seguiti, sono l'unico elemento extra natura, un riferimento preciso per le nostre sciate fino al pelo dell'acqua. E se non basta, su di nuovo, a caccia di couloir, di ripido, con quella sensazione artica di tuffarsi nel mare con gli sci. Nella foto Una delle poche costruzioni sulla costa, tutte abbandonate
UN PAESE UNICO AL MONDO L'Islanda è, dal punto di vista energetico, quasi completamente autosufficiente. Il 73,4 per cento dell'energia prodotta è idroelettrica, il 26,5 per cento geotermica e solo lo 0,1 per cento è ottenuta dai combustibili fossili. Non solo, l'energia geotermica riscalda e produce acqua calda per l'87 per cento degli edifici. Il governo ha inoltre deciso che il paese entro il 2050 dovrà diventare la prima economia all'idrogeno del mondo. Significa che ogni attività che oggi prevede l'uso di idrocarburi (soprattutto i trasporti) sarà interamente basata sull'immagazzinamento dell'energia in composti dell'idrogeno, totalmente indipendenti dai combustibili fossili. Un'economia completamente 'oil free'. L'Islanda è un territorio rimasto disabitato fino a tempi relativamente recenti (IX secolo). Il suo isolamento geografico ha determinato lo svilupparsi di una popolazione geneticamente omogenea in cui, come dicono gli islandesi, tutti sono parenti di tutti. La stessa lingua, di ceppo nordico come il norvegese, lo svedese e il danese, ha mantenuto nel tempo una certa originalità arcaica, anche per una precisa volontà di proteggerla da contaminazioni e neologismi. L'Islanda è anche il paese in cui si leggono più libri, in cui Internet è il più veloce del mondo, in cui più della metà della popolazione crede agli Elfi. In cui la speranza di vita è tra le più alte del pianeta e la natalità ai primi posti tra i paesi europei. Per questo l'Islanda ha uno dei più alti tassi di incremento demografico naturale d'Europa (13,83 nati l'anno ogni 1.000 abitanti contro 6,57 morti). Infine la densità di popolazione: 3,1 abitanti per km² (una delle più basse del pianeta), contro i 201,8 dell'Italia.
«…si celebra proprio quest'anno il sessantesimo anniversario dell'abbandono dell'ultimo insediamento umano sulla penisola di Hornstrandir, ci tengono a precisare i miei compagni di viaggio islandesi, quasi a voler rimarcare l'unicità di questo luogo…»
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MAURIZIO FONDRIEST testo: Umberto Isman foto: Umberto Isman
INTERVISTE
Maurizio Fondriest Buon motore non mente Maurizio Fondriest, campione del mondo di ciclismo nel 1988, va forte, molto forte, anche con gli sci ai piedi. Siamo saliti insieme al rifugio Graffer, sopra Madonna di Campiglio
N
Nato a Cles, in Val di Non, nel 1965, campione del mondo su strada a Renaix nel 1988, vincitore di una MilanoSanremo e di una Freccia Vallone nel '93, quindicesimo al Tour de France del '91 e ottavo al Giro d'Italia del '93. È Maurizio Fondriest, uno che se lo vedi adesso ti sembra uguale a quando correva in bicicletta. Ci incontriamo al parcheggio delle funivie del Grostè, a Madonna di Campiglio, il 23 aprile. L'impianto è ormai chiuso, reduce da una stagione avara di quella neve che, ironia della sorte, ora cade copiosamente. La figura di Fondriest incute una sorta di timore reverenziale, al di là dei suoi noti trascorsi agonistici. La sua prestanza atletica, il suo look, trasudano professionismo anche in tenuta da skialper. «Vai piano!» è la prima cosa che mi viene da dirgli e partiamo sci ai piedi diretti al rifugio Giorgio Graffer. Maurizio, come fai a essere ancora così in forma? «Non ho mai smesso di fare sport, bici d'estate e scialpinismo d'inverno, con una media di tre uscite a settimana. In genere lunedì, mercoledì e poi o sabato o domenica. Ho la fortuna di abitare in montagna e mezza giornata è più che sufficiente per un buon allenamento, anche meno se si parte la mattina presto. Con gli sci faccio tra i 50.000 e i 70.000 metri di dislivello all'anno. Da quando correvo in bici ho messo su solo un paio di chili, tutti di braccia, che per pedalare non servono». In cosa si assomigliano scialpinismo e ciclismo? «Se parliamo di prestazioni in salita, la caratteristica comune è il motore, che è uno solo. Se hai un buon motore puoi ottenere ottime prestazioni in entrambi gli sport. Certo, gli scalatori sono avvantaggiati, perché pesano meno e hanno una predisposizione per quel tipo di sforzo. Poi nel ciclismo ci sono i fenomeni alla Indurain, che aveva una potenza di circa 480 watt contro i 380-400 di un buono scalatore e in salita non perdeva le ruote dei migliori. Una tale potenza, se gestita bene, significa tre o quattro chilometri in più di velocità in una cronometro. Ma nello scialpinismo essere un buon passista non conta quasi nulla».
E le differenze? «Prima di tutto direi la quota. In bicicletta è difficile che si raggiungano quote elevate e comunque solo per un tempo limitato. Ricordo solo il Mondiale in Colombia nel '95, dove si corse in alta quota e alcuni ebbero problemi. Nello scialpinismo invece può essere una variabile importante, basti pensare al Mezzalama dove si gareggia sul filo dei 4000 metri. Altra differenza è la gestione dello sforzo: in bicicletta capita di pedalare anche per otto ore e devi saper dosare le energie, nello scialpinismo invece le gare sono più brevi, si parte e si arriva a tutta. Poi ci sono le gare di più giorni, i grandi giri del ciclismo, che non hanno un corrispettivo nello scialpinismo, se si eccettua la Pierra Menta. Il recupero da un giorno all'altro è molto importante e influisce sulla classifica finale. Infine il gioco di squadra, che nel ciclismo è fondamentale mentre nello scialpinismo praticamente non esiste». Lasciamo per un attimo perdere l'agonismo. Come mai capita spesso che chi è appassionato di scialpinismo vada anche in bici? «Ci sono delle similitudini: un'analoga voglia di libertà, la passione per la natura, la ricerca della solitudine. E poi la fatica, che è la stessa, il piacere di fare fatica, di conquistarsi la cima. Io in realtà non vado mai piano, mi piace anche il confronto con gli altri. Ricordo che quando correvo in bici la fatica era molto più bella se riuscivo a staccare i miei rivali». Che tipo di scialpinismo prediligi? «Non mi ritengo un esperto e preferisco gite sicure, il più delle volte lungo le piste. Sono più attento all'aspetto dell'allenamento e della prestazione che a quello esplorativo. Ho un grande rispetto per la montagna e credo che la si debba frequentare solo con compagni esperti. Quando sono con loro so che posso anche avventurarmi su grandi itinerari fuoripista e lo faccio volentieri». E come la mettiamo con i divieti che imperano nella maggior parte delle località sciistiche italiane?
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«… in bicicletta capita di pedalare anche per otto ore e devi saper dosare le energie, nello scialpinismo invece le gare sono più brevi, si parte e si arriva a tutta».
In alto. Da sinistra a destra Maurizio nell'officina del suo negozio Salita al rifugio Graffer, sotto l'arrivo al rifugio
«Ti dirò, sono fortunato, perché Campiglio è a pochi chilometri da casa mia e qui non 'rompono' più di tanto. È anche il terreno che facilita, puoi salire e scendere fuoripista a pochi metri dalla pista, senza disturbare nessuno. Però capisco che in altre località sia un grosso problema. Bisognerebbe essere tutti un po' più elastici e capire anche che è vero che lo scialpinismo è una nicchia, ma è una nicchia sempre più ampia e porta comunque introiti. Capire anche che c'è molta gente che non se la sente di andare fuoripista. In Austria ad esempio è diverso, ci sono percorsi dedicati agli scialpinisti con apposita segnaletica».
dere la libertà di parlare di ciclismo. Anzi, facciamo un gioco, dico dei nomi e tu aggiungi la prima cosa che ti viene in mente. Indurain... «Gran signore». Fignon... «Fignon è Fignon». Pantani... «Un fenomeno». Bugno... «Ho molta stima». Moser... (attimo di indecisione). Saronni... (idem). «Vedi, Moser e Saronni sono stati due grandi campioni, ma hanno condizionato il ciclismo di quegli anni. Tutto si giocava su quella rivalità e tutto era pensato per favorire a volte uno, a volte l'altro. Era un ciclismo chiuso, limita-
E le gare? Ne fai? «Qualcuna, qui dalle mie parti. Ho partecipato anche a un Mezzalama nel 2003. Non ero mai stato a 4000 metri, avevo messo i ramponi tre volte in tutto e siamo arrivati cinquantacinquesimi». Già, il motore, penso mentre guardo Maurizio incedere con passo sicuro davanti a me. E poi lo vedi subito quando uno ha il passo giusto o non ce l'ha, senza farsi influenzare da tutine e carbonio che ormai tendono a uniformare tutti, almeno nel look. Fondriest non è solo look, mi pare evidente. Saliamo battendo incredibilmente traccia lungo una pista a fine aprile. Il rifugio Graffer deve essere da qualche parte lassù nella nebbia. Ci sbattiamo praticamente contro, accolti da Thor e Ara, i due bovari del bernese di Roberto Manni, il gestore. Roberto ha partecipato nell'estate del 2008 alla tragica spedizione al K2 in cui morirono 11 alpinisti. Non ne parla volentieri e, soprattutto, si astiene da ogni giudizio. Però sfogliamo insieme l'ultimo libro uscito su quella vicenda, quello di Graham Bowley, giornalista del New York Times. Maurizio è letteralmente rapito dai brandelli di racconto che riusciamo ad estorcere a Roberto. Nei suoi occhi si legge tutta la curiosità dell'uomo di sport, dell'appassionato di montagna. Maurizio, ci siamo detti che scialpinismo e ciclismo hanno numerosi punti di contatto, condividono aspetti fondamentali e si intersecano sul piano dei praticanti. Penso che per Ski-alper ci possiamo pren-
«Con gli sci faccio tra i 50.000 e i 70.000 metri di dislivello all'anno. Da quando correvo in bici ho messo su solo un paio di chili, tutti di braccia, che per pedalare non servono»
to all'ambito italiano. Ne hanno fatto le spese atleti fortissimi che nel ciclismo di oggi, più aperto anche se soggetto alle tattiche di squadra, avrebbero vinto molto di più. Penso a Baronchelli, Visentini e in parte lo stesso Bugno». E dal punto di vista tecnico? Mi pare che negli ultimi anni si siano fatti passi da gigante nella costruzione delle biciclette, non tanto nella geometria, quanto nei materiali. Insomma, mi pare che la tua bici del mondiale '88 sia più simile a quella di Binda degli anni '20 che a una di oggi. «Hai ragione, la geometria è più o meno sempre quella, anche perché in gara ci sono regolamenti abbastanza precisi, ma sui materiali ci sono stati progressi notevoli, il carbonio prima di tutto. La mia bicicletta del mondiale pesava 3/4 chili in più di quelle attuali ed era molto meno rigida e performante. Il tutto si traduce, ad esempio, in una differenza di circa un minuto e mezzo su 10 chilometri di salita e vuol dire tanto. Mi viene da pensare che anche nello scialpinismo si possano fare ancora passi avanti. Non tanto su sci, attacchi e scarponi, dove il carbonio e le nuove tecnologie sono arrivate già da un po'. Penso soprattutto alle pelli di foca, l'elemento di scorrimento in salita, credo che le loro prestazioni possano essere migliorate». Prendiamoci un'altra libertà, parliamo di sesso. Si faceva e si fa prima delle gare? «Il ciclismo è uno sport molto vecchio. Fino a pochi anni fa il sesso era assolutamente tabù e alcuni direttori sportivi addirittura lo vietavano. Ricordo la moglie di uno che correva con me lamentarsi che i rapporti in un anno si contavano sulle dita di una mano. Poi sono arrivati gli australiani e gli americani e le cose per fortuna sono cambiate». Scendiamo a Cles. Nella pizzeria di un amico si incrociano sguardi e bisbiglii. I più coraggiosi si fanno avanti a salutare Maurizio. I 'ti ricordi?...' sono spesso per forza di cose unilaterali, ma contribuiscono a cementare il rapporto con il compaesano, con l'atleta che, in bici o con gli sci, è figlio di queste montagne.
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34 > opinioni
PENSIERI BIZZARRI testo: Leonardo Bizzaro Leonardo Bizzaro, torinese da vent’anni, è nato a Trento nel 1958. Nella redazione di Repubblica sotto la Mole scrive di spettacoli e cultura, ma l’attenzione maggiore la dedica alla montagna. Ha collaborato con le riviste del settore, scritto libri, è stato per lungo tempo nel consiglio direttivo del Filmfestival di Trento, colleziona smodatamente libri, e non solo, dedicati alla sua passione. Alpinista, con e senza gli sci ha salito vette e attraversato ghiacciai in varie parti del mondo, dalla Patagonia all’Himalaya.
Cambio di rotta Il turismo invernale tradizionale è in crisi, lo ski-alp e gli sport ‘di fatica’ sono in crescita e intanto a Trento una mostra ripercorre la storia dello sport bianco ioccano in edicola le previsioni stagionali, sulle copertine dei magazine dedicati allo sci. Non servono a nulla, tutt’al più possono fare affidamento sulle statistiche, al massimo fingere di credere ai proverbi popolari. Esercizio divertente, ma scientificamente inesistente. L’inverno, azzarda Valentina Acordon della Società Meteorologica Italiana (www. nimbus.it), ripetendo mille volte che è ancora troppo presto per anticipare qualcosa, potrebbe anche cominciare presto. Almeno in montagna, che poi è quel che ci interessa. Ma la certezza l’avremo solo quando vedremo i primi fiocchi. CRISI BIANCA Più facile una previsione sull’inverno turistico, per quello almeno ci sono i dati dell’Osservatorio Italiano del Turismo Montano, diffusi alla fiera Skipass di Modena. Numeri sconfortanti per l’industria dello sci: il crollo la scorsa stagione è stato clamoroso e in quella a venire neppure si riuscirà a tornare in pareggio. Ma per noi che amiamo un’altra montagna e potremmo pure fare a meno delle piste, la situazione non è così nera. Vale la pena ricordare un’altra rilevazione uscita nelle ultime settimane sui quotidiani: nel corso del 2011 la vendita delle biciclette ha superato, in cifre assolute, quella delle automobili. Notizia ferale per l’economia e soprattutto per chi nell’industria metalmeccanica ci lavora, ma quanto bella per chi ha a cuore salute e ambiente? Non potrebbe essere il segno, finalmente, di un cambio di rotta, di un baluginìo di coscienza tra coloro che, soprattutto nelle metropoli, finora sono andati a motore perfino a prendere il giornale? Così l’appannarsi di un certo modello di sviluppo dello sci va di pari passo, a giudicare almeno dalle rilevazioni del salone modenese, con una richiesta sempre più marcata di altre discipline invernali, diverse dal tradizionale sci di pista. Evviva, qualcosa sta cambiando. Le percentuali sono ancora ridotte, ma crescono gli scialpinisti, gli appassionati delle racchette e perfino chi vede nella settimana bianca semplicemente il momento per camminare sulla neve senza mettersi in coda agli impianti. I grandi comprensori nel frattempo stanno presentando la prossima stagione. Non farò i nomi, non sta bene indicare con un dito gli ottusi, ma credete che tra molti grandi i dati di cui sopra siano stati letti e meditati? Se non sapete, andate a vedere quanti, fra quelli che negli anni scorsi vietavano il fuoripista, quest’anno si sono decisi a permetterlo, sia pure salvaguardando la sicurezza di chi scia sulle piste. La risposta è semplice…
SCI D’ANTAN A fine febbraio in Val di Fiemme vanno in scena i Mondiali di sci nordico. Nel frattempo a Trento il Museo Storico ha allestito in una sede espositiva di grande fascino, le gallerie dell’ex tangenziale di Piedicastello, una maxi mostra dedicata allo sci di ieri, ‘Ski Past’. I materiali arrivano perlopiù dal meraviglioso Skimuseet di Holmenkollen, sulla collina di Oslo, che conserva ad esempio gli attrezzi usati da Nansen per attraversare la Groenlandia, nel 1888. Altro è stato prestato dal Museo olimpico di Losanna. Un allestimento poderoso, diviso in tante mostre tematiche, assolutamente da visitare, che però è in parte carente sul versante della storia locale, lo sviluppo dello sci nel Trentino. Il fatto è che finora nessuno ha affrontato l’evoluzione dello sci italiano, dalla sua comparsa sul versante meridionale delle Alpi fino agli anni Settanta (quando cioè diventa realmente un fenomeno di massa), in maniera compiuta, evitando di fermarsi agli aneddoti per entrare nella storia sociale. Nonostante un bel numero di atenei abbiano studiosi che potrebbero affrontare l’argomento con serietà, un argomento che ha implicazioni sociali, economiche, sportive e che in molti ambiti, da Torino a Trento, è stato fondamentale nelle vicende stesse delle città.
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ITINERARI EASY testo: Umberto Isman
onsigliare itinerari di scialpinismo è sempre una faccenda delicata, specialmente all'inizio dell'inverno, quando le condizioni sono estremamente variabili e la neve non è ancora assestata. L'inverno è anche la stagione in cui si registra purtroppo il maggior numero di incidenti da valanga. A ciò contribuiscono vari fattori, da quelli psicologici a quelli culturali, fino alla meteorologia e alla fisica del manto nevoso, che influiscono direttamente sulla sua stabilità. La voglia di neve repressa per mesi gioca spesso brutti scherzi, come la falsa credenza, purtroppo ancora molto diffusa, riassumibile nelle equazioni freddo = basso rischio, caldo = rischio elevato. Questa è non solo una semplificazione, ma nella maggior parte dei casi esattamente il contrario della realtà. Le prime nevicate invernali cadono in genere su un terreno che ancora trattiene parte del calore dei mesi precedenti. Per contro le temperature dell'aria e della neve sono particolarmente rigide. Questo comporta un elevato 'gradiente termico', che dipende appunto dalla differenza di temperatura tra il suolo e la superficie della neve e dallo spessore del manto. Un gradiente termico elevato, tipico dell'inizio dell'inverno, provoca evaporazione e addirittura sublimazione dello strato di neve a contatto del suolo, con la formazione di 'brina di profondità', un vero e proprio spessore critico a debole coesione, possibile piano di scorrimento dell'intero pendio innevato. A ciò si aggiunge la scarsità di irraggiamento solare, che rende più lento l'assestamento e la stabilizzazione del manto nevoso rispetto alla stagione più avanzata. Dal punto di vista meteorologico, l'inverno è spesso caratterizzato da forti venti, che accumulano e trasformano meccanicamente gli strati nevosi, elevando notevolmente il rischio di valanghe a lastroni. meteorologica a medio e breve termine sono fonInsomma, con le condizioni invernali non si damentali per una corretta analisi preventiva e ALPI GIULIE scherza e le prime gite vanno scelte con raziociper una sicura condotta della gita. Insomma, una guida alpina che ti consiglia o ti nio e accuratezza. Per esempio evitando i pendii accompagna in una gita fuori dalla sua porta di ripidi e l'alta quota, specialmente i ghiacciai. casa è quanto di più sicuro si possa chiedere a Oppure scegliendo versanti almeno parzialmente un'attività che mantiene comunque margini di esposti al sole, che subiscono un più rapido asserischio imponderabili. A ogni guida abbiamo stamento del manto. Anche la morfologia del dato delle indicazioni di massima, uguali per tutterreno va analizzata con attenzione e sono da privilegiare i costoni poco inclinati e le zone di ti, sull'estensione del territorio da considerare e bosco possibilmente non troppo rado. sul metodo di descrizione degli itinerari. A tutti Indispensabile è anche una buona dose di espeabbiamo chiesto di essere il più sintetici possibile, senza però costringerli in schemi prefissati. Quello rienza e, in caso contrario, è buona norma farsi Massimo Laurencig che segue è il risultato: consigli molto eterogenei accompagnare da chi offre garanzie di conoscenwww.massimolaurencig.com nella forma, ma assolutamente affidabili nei conteza del luogo e dei fondamentali principi di sicuinfo@massimolaurencig.com rezza. nuti. Fatene tesoro e, se volete, fatevi accompagnatel. 338.5676100 Le guide alpine sono indubbiamente le figure re proprio da questi professionisti, anche più in là professionali più qualificate e così anche Ski-alnella stagione. Come tutti gli appartenenti al ColCondizioni meteorologiche proibitive, poco tempo a diper quest'anno ha deciso di dare la parola a loro. legio Nazionale delle Guide Alpine, sono una gasposizione e giornate corte, sono solo alcuni degli elementi Abbiamo scelto un 'manipolo' di professionisti ranzia assoluta. che, a volte, limitano la nostra voglia di scialpinismo. Di che per la stragrande maggioranza conosciamo L'ultima avvertenza, ma da mettere in testa a tutseguito alcuni brevi e facili itinerari, a un 'tiro di schioppo' personalmente da anni. A ognuno abbiamo affite le valutazioni nell'organizzare una gita, riguardalla città, da poter fare quando più se ne ha voglia. dato un settore alpino o appenninico, naturalda il bollettino valanghe. Le gite qui descritte Le due vette maggiori nel territorio compreso tra le Alpi possono in gran parte essere percorse fino a perimente il settore dove vive e opera durante l'anno. Giulie e le Alpi Dinariche, noto come Altipiano Carsico e Anche la conoscenza del territorio, della storia colo 3. Con 4 e 5 si sta comunque a casa. diviso tra l'Italia e la Slovenia, sono il Veliki Sneznik delle valanghe di quei luoghi, dell'evoluzione Buon inverno! (Monte Nevoso, 1.796 m) a sud e lo Javornik (Pomario,
PAROLA DI GUIDA 14 proposte per iniziare la stagione dello ski-alp. Direttamente dalle guide alpine...
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ITINERARI EASY
1.268 m) a nord. La quota, l'isolamento e la lontananza dai due golfi di Trieste e del Quarnero, fanno del Monte Nevoso un'area di abbondanti precipitazioni, con permanenza della neve fino a primavera inoltrata. Ideale per piacevoli, seppur brevi (550 m di dislivello) e facili gite scialpinistiche durante tutta la stagione. Lo Javornik, più a nord, con le sue faggete e il buon innevamento invernale, è meta di gite (800 m di dislivello) con qualsiasi condizione atmosferica. Il Monte Matajur (1.641 m) è una montagna delle Prealpi Giulie. Situato nella parte orientale del Friuli, è uno degli itinerari scialpinistici più percorsi (possibilità di ascensione su diversi versanti con 800 m di dislivello massimo) dai friulani e dai vicini sloveni. La possibilità di salire con qualsiasi condizione meteorologica e della neve, la piacevole discesa e il magnifico panorama fanno del Matajur una vera e propria classica. Il Monte Cocco (1.941 m) è senza dubbio la scialpinistica più frequentata del Tarvisiano, per la bellezza dell'ambiente e per la divertente discesa, soprattutto a inizio stagione, con abbondante neve polverosa. Itinerario consigliabile (805 m di dislivello) anche a chi desidera avvicinarsi a questa disciplina. Risalendo il torrente Tamer per boschi radi e pendii aperti si raggiunge la cima del Monte Cocco o, più facilmente, la Cima Bella (1.911 m e un dislivello di 780 m). Vista la vicinanza delle due cime, solitamente si concatenano entrambi gli itinerari. In ultimo la salita al Santuario del Monte Lussari (1.790 m), lungo il sentiero del Pellegrino (960 m di dislivello). È la gita scialpinistica in assoluto più frequentata della regione. Percorso ogni anno da un numero impressionante di scialpinisti, provenienti anche dalla vicina Carinzia e Slovenia, il sentiero del Pellegrino è diventato anche terreno di allenamento per tanti agonisti. Il comodo rientro lungo la pista Di Prampero ripaga della lunga salita.
ALPI CARNICHE
Riccardo Del Fabbro riccardo.delfabbro@alice.it tel. 349.5202323 Le Alpi Carniche sono caratterizzate da valli profonde e spesso ripide, di conseguenza con itinerari di scialpinismo che si presentano generalmente con poco sviluppo e dislivelli che si aggirano sui 1.000 m. Gli itinerari qui proposti hanno come base di partenza i paesi di Forni Avoltri e Sappada, distanti tra loro pochi chilometri. Non sono sicuramente gite esenti dal pericolo valanghe, ma sono il giusto compromesso tra divertimento e
«…Le Alpi Carniche sono caratterizzate da valli profonde e spesso ripide, di conseguenza con itinerari di scialpinismo che si presentano generalmente con poco sviluppo e dislivelli che si aggirano sui 1.000 mETRI...»
sicurezza, esclusivamente per scialpinisti in grado di eseguire la traccia giusta e valutare le condizioni della neve su ogni pendio, ponendo molta attenzione agli accumuli da vento. Per questo motivo a ogni itinerario sono state abbinate varianti più semplici. La prima proposta è quella del Pic Chiadin (2.302 m) classica gita molto frequentata con esposizione ovest/sud (dislivello 950 m, difficoltà MS, tempo 2,30-3 ore). Dopo abbondanti nevicate sono possibili valanghe spontanee lungo la strada. Dalla cima si può ammirare la salita che conduce al Monte Coglians, la montagna più ambita dagli scialpinisti. Da Forni Avoltri si sale fino all’abitato di Collina, lo si oltrepassa e si prosegue fino al termine della strada (eventuali catene da neve) dove si trova il Rifugio Tolazzi (1.350 m). Dal Rifugio Tolazzi si percorre la strada che porta al Rifugio Marinelli. Giunti a Casera Moraretto, si sale integralmente il vallone che porta alla forcella Moraret. Raggiunta l’insellatura, si segue l’ampio costone immediatamente a sinistra fino alla cima del Pic Chiadin. La seconda proposta è quella del Valentin Torl (2.138 m) e del Monte Rauchofel (2.460 m). Gita classica in territorio austriaco al cospetto dell’imponente parete nord del Monte Cjanevate, è consigliabile solo con neve sicura, in alternativa meglio fermarsi alla Valentin Torl. Da Forni-Avoltri si raggiunge Paluzza e il Passo di Monte Croce Carnico, per poi scendere in direzione Kotschach-Mauthen fino al cimitero di guerra (1.050 m). Fino alla prima cima sono 1.090 m di dislivello, altrimenti 1.410 m. L'esposizione è est/sud e il tempo di salita di 3,30-4,30 ore. Dalla piazzola di parcheggio sulla sinistra del cimitero di guerra si segue la strada che conduce alla Untere Valentin Alm (1.220 m). Si prosegue con percorso evidente sul fondo del vallone fino all’ampia sella del Valentin Torl (2.138 m). Si devia a destra e si imbocca un ripido e stretto canale che conduce al catino centrale che si risale fino alla cima del Rauchofel (valutare bene le condizioni della neve sul tratto dal Valentin Torl alla cima del Rauchofel). Da Sappada si può salire invece al Monte Lastroni (2.449 m). Si tratta di una gita su terreno ampio e soleggiato che grazie alla seggiovia Sappada 2.000 richiede poca salita (450 m) e molta discesa (1.200 m). Il tempo di salita è di 2 ore, la difficoltà MS e l'esposizione a sud. Dall’arrivo della seggiovia si scende alla partenza dello skilift. Lo si risale e si prosegue verso nord superando dei dossi fino a raggiungere Casera d’Olbe (2.089 m). Subito sopra la casera si imbocca un vallone che conduce in direzione nord-est a un ripiano posto a un centinaio di metri dalla cima. Lasciati gli sci, si sale a piedi l’ultimo ripido tratto (eventuali ramponi). Dalla cima bellissimo panorama sul gruppo del Peralba. In alternativa al Monte Lastroni si può salire al vicino Passo del Mulo (2.356 m) su terreno più facile, ideale come ripiego con tempo incerto.
TRENTINO
Alessandro Beber www.alessandrobeber.com info@alessandrobeber.com tel. 339.4852008 Ecco una serie di proposte in terra trentina per non farvi trovare impreparati il giorno in cui, increduli davanti al vostro PC, vi ritroverete a leggere sul bollettino meteorologico la tanto agognata dicitura: 'Precipitazioni abbondanti e persistenti su tutto il territorio regionale, nevose sopra i 1000 m'. Recitandola a voce alta come un mantra, probabilmente vi 'fionderete' in garage a preparare l'attrezzatura, elaborando nel frattempo una potenziale gita… Nella zona del Trentino sud/occidentale-Valli Giudicarie merita una visita il Camp'Antic, nome ufficiale Monte Cengledino (2.137 m)... 780 m di dislivello spalmati su un discreto sviluppo (11,5 km circa). La seconda parte della gita è su bei pendii aperti e con pendenze moderate; in vetta panorama da manuale sul gruppo dell'Adamello. Al primo squarcio di sereno siate lesti, l'esposizione è sud-est e la neve soffice non dura in eterno! Nell'Alto Garda il Monte Altissimo (2.078 m), 900 m di dislivello, o il Monte Stivo (2.059 m), 840 m di dislivello, sarebbero perfetti per una sciata 'dal sapore norvegese', con il lago ai vostri piedi che assomiglia in tutto e per tutto ai fiordi delle latitudini artiche. In più, entrambe le cime sono presidiate dai rifugi omonimi, aperti anche d'inverno, quindi potrebbe scapparci una merenda sostanziosa. Nella zona del Lagorai (Trentino orientale) dopo nevicate abbondanti potreste puntare su Cima Paradisi (2.206 m), nell'isolata Valle del Vanoi. Sono 1.110 m di dislivello e il tracciato si svolge quasi per intero nel bosco, ma se vi piace sciare sullo stretto, potrete sbizzarrirvi in tutta una serie di varianti, prima di raccordarvi alla forestale principale. Consigliata ai romantici, amanti del silenzio e allergici all'orologio. Se il bollettino avesse esagerato e la neve caduta non fosse in quantità tale da dover proprio riparare nel bosco, si potrebbe ripiegare sulla Val di Fassa. Ci starebbe allora una puntata su Cima Undici (2.557 m), sopra Pozza di Fassa. L'ambiente suggestivo e le difficoltà contenute ne fanno una salita conosciuta e apprezzata, anche se nella parte alta richiede qualche attenzione maggiore nella valutazione dei pendii rispetto alle precedenti.
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ALTA PUSTERIA
CORTINA D'AMPEZZO
Erwin Steiner www.globoalpin.com info@globoalpin.com tel. 0474.976139 Paolo Tassi www.guidecortina.com info@guidecortina.com tel. 0436.868505 Per un telemarkista come il sottoscritto, le gite d'inizio stagione rappresentano un brivido particolare, perché il rischio d'incorrere in una collisione sasso-ginocchio è alto e può pregiudicare tutto l'inverno. Le escursioni diventano così delle scampagnate da godersi più per la compagnia e il panorama che per la sciata in sé. Ecco alcuni semplici suggerimenti di gite raggiungibili da Cortina. La prima è quella della Forcella Giau - Monte Mondeval (2.455 m). Dal versante di Cortina, sulla strada che porta a Passo Giau, ci sono due piccoli parcheggi da dove partire. Il dislivello è di circa 550 m. Per chi volesse completare il giro, consiglio di risalire anche la forcella Ambrizzola (ancora 100 m di fatica) per poi scendere al rifugio Palmieri e di lì a Cortina per la strada. Un altro consiglio riguarda la Pala dell'Asco (2.302 m). In prossimità del passo di Cimabanche, dopo alcune caserme dismesse, parte la Val di Gotres. Poco prima di passare la Forcella Lerosa si devia a nord per raggiungere la Pala dell'Asco e poi scendere in direzione di Ra Stua. Il dislivello è di circa 800 m. Si può anche pensare di andare ai Cadini di Misurina e alla Forcella della Neve (2.470 m). Il gruppo dei Cadini offre innumerevoli possibilità di escursione. La più accessibile è quella che dalla sponda nord del Lago di Misurina risale il percorso di un vecchio skilift e porta, con un dislivello di 720 m, alla Forcella della Neve. Ultima possibilità: il Monte Nuvolau (2.575 m). Una bellissima escursione che porta a una cima adiacente alle piste e di comodo accesso è quella che parte da Bai de Dones e attraverso un sentiero nel bosco sale all'Alpe di Potor e poi alla cima del Monte Nuvolau. Spesso nevica prima che aprano gli impianti e il dislivello è di 700 m. Da tenere presente che quando gli impianti sono aperti i gestori dell'area battono un'apposita traccia a lato delle piste riservata agli scialpinisti. Un bell'esempio!
«… Le escursioni diventano delle scampagnate da godersi più per la compagnia e il panorama che per la sciata in sé...»
L’Alta Pusteria fa parte delle Dolomiti, ma le sue valli che si estendono verso nord, cioè verso la dorsale alpina, sono spesso meglio innevate. Ci sono tante gite semplici, che di solito sono fattibili anche dopo abbondanti nevicate, quando da altre parti persiste il pericolo valanghe. Per esempio dalla Val Casies alla Forcella di Ciarnil (Kalksteinjöchl, 2.349 m). Si parte dal parcheggio della pista di slittino S. Maddalena e si raggiunge la meta dopo 820 m di dislivello e 3 ore di salita. È un itinerario di rodaggio gratificante e l'esposizione verso nord garantisce in genere bella neve farinosa. Da Dobbiaco si può salire al Monte Calvo (Golfen, 2.493 m) partendo da Maso Kurter, sopra il paese. Si tratta di un Itinerario facile e assai frequentato (850 m di dislivello, 2,5-3 ore), presto percorribile anche dopo abbondanti nevicate. Da Dobbiaco/Braies segnalo anche l'itinerario al Monte Specie (Strudelkopf, 2.307 m). Punto di partenza: Carbonin, sulla strada Dobbiaco-Cortina, dislivello: 856 m, tempo di salita 3 ore. Da non perdere la bella vista sulle Tre Cime di Lavaredo. Sempre da Braies si sale alle Crepe di Valchiara (Helltaler Schlechten, 2.711 m) partendo dal parcheggio Prato Piazza (dislivello 720 m, tempo di salita: 2,5 ore). Classica escursione da pieno inverno in terreno aperto, sul versante soleggiato di Prato Piazza.
è interessato da perturbazioni di varia provenienza, è una garanzia per le prime uscite con le pelli. In Val Senales si può salire alla cima dello Stotz (2.887 m). Si tratta di un itinerario con orientamento est/sud, partenza da Koflhofe e un dislivello di 961 m da percorrere in 3 ore. Proseguendo in Val Venosta, fino al paese di San Valentino alla Muta o Resia (in entrambi questi abitati non è difficile trovare una sistemazione nelle caratteristiche 'zimmer frei' o in pensioncine a prezzi abbordabili) assolutamente da non mancare è la classicissima Elferspitze (2.926 m) oppure la più lunga Ausserer Nockenkopf (2.769 m). La prima salita (1.013 m di dislivello, 3 ore, orientamento nord) parte dal parcheggio degli impianti della Val di Roja. La gita alla Ausserer Nockenkopf ha un dislivello di 1.258 m, orientamento a est e richiede 4 ore. La partenza è dalla stazione a valle del Schleppliftes, alla periferia nord del paese di Resia. Merita un discorso a parte la Val Monastero, che per ragioni storiche complesse è in Alto Adige fino al paese di Tubre e da qui in Svizzera, nell'area romancia del Canton Grigioni. Sia sulla sinistra della valle, con esposizione nord, che sull'opposto e soleggiato versante, si trovano diverse cime di facile accesso e senza pendii ripidi. La più nota e classica salita è sicuramente il Piz Terza/Urtiola (2.909 m). Oppure, appena dopo il Passo del Forno, ma questa volta a nord, vale sicuramente la pena di fare una gita al Munt Buffalora (2.630 m). La salita al Piz Terza ha un dislivello di 989 m e orientamento sud ed è percorribile in 3/4 ore partendo dal parcheggio del caratteristico paesino di Lu. Per il Munt Buffalora si parte dall'omonimo albergo, a 2 chilometri dal passo Forno. I dati salienti: dislivello 662 m, orientamento nord/est/nord, tempo 2 ore.
ALTA VALTELLINA
VAL VENOSTA
Roberto Iacopelli www.discoverydolomites.com iacopelli@alice.it tel. 328.3583653 A ridosso del triplice confine tra Italia, Svizzera e Austria si trova una zona particolarmente favorevole allo scialpinismo di primo inverno. Quando altrove è difficile trovare neve a sufficienza per non grattare le solette, la particolare posizione dell'area del passo di Resia, che
Fabio Meraldi www.guidealpinealtavaltellina.it info@fabiomeraldi.it tel. 328.7654564 Gli itinerari citati sono tra i più sicuri nel periodo invernale, tenendo presente che in Alta Valtellina lo skialp si pratica da fine settembre a fine giugno, grazie anche alle alte quote e alla presenza di numerosi ghiacciai. Dalla Valfurva si può salire al Monte Forcellino (2.842 m), itinerario molto frequentato con un dislivello di 1.500 m in parte nel bosco e dai 2.200 m su pendii con pendenze fino a 25 gradi. Partenza da Sant'Antonio Valfurva, direzione fra-
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ITINERARI EASY
zione San Gottardo. Dal parcheggio, a quota 1.300 m, si sale in direzione baite di Cavallaro. Da lì per dolci dossi si raggiunge la cima. Un altro classico è la salita a Bormio 2.000 con partenza da Bormio zona funivia. Si costeggia la pista di sci di fondo che porta verso la stalla di Daniele Pedrini e proprio in prossimità di questa si comincia a prendere quota in un bosco bellissimo. Si arriva a Bormio 2.000 superando un dislivello di 800 m. La gita non presenta alcuna difficoltà tecnica. Due possibilità di discesa: per lo stesso itinerario di salita o seguendo la pista di sci. L'itinerario Valdidentro - Monte Trela (2.608 m) presenta un dislivello di 1.000 m con partenza da Sant'Antonio di Sciano (1.560 m). Esposizione sud, quindi con neve che si trasforma in fretta. I pendii offrono varie possibilità di passaggio e di volta in volta va scelta la migliore. Da Livigno il mio consiglio è di salire al Monte Rocca (2.810 m) con partenza da Tee di Pila, nella frazione di Trepalle. Per dolci pendenze si raggiunge il Dosso le Piazze e, proseguendo sulla grande dorsale, il Monte Rocca. Dislivello di 800 m. Da Valdisotto si può salire al Dosso le Pone (2.256 m). Si parte dalla chiesetta di Oga, appena dopo il bivio che sale alle Motte. Si sale prima per facile bosco per poi passare dalla Malga San Colombano. Si costeggia nella parte finale l'impianto di risalita, salendo alla Chiesetta San Colombano e raggiungendo infine il Dosso Le Pone. Dislivello di 900 m. Ultimo consiglio: SondaloCima di Savoretta (3.053 m), itinerario con un dislivello di 1.500 m con partenza da Fontanaccia. Si sale lungo una strada sempre ben battuta e si raggiunge la località San Bernardo (grossa chiesa) e le baite di Clevaccio. Da qui si aggira la montagna e, superati due grossi dossi, si raggiunge la sommità.
VAL D'OSSOLA
«… una guida alpina che ti consiglia o ti accompagna in una gita fuori dalla sua porta di casa è quanto di più sicuro si possa chiedere a un'attività che mantiene comunque margini di rischio imponderabili...»
per l'Alpe Misanco. In discesa si può percorrere lo stesso itinerario di salita oppure si seguono le piste del piccolo comprensorio sciistico. Da non perdere anche la gita Val Vannino Monte Clogstaffel (2.967 m, dislivello 917 m dal rifugio e 1.549 da Canza, difficoltà BS). La nord del Clogstaffel propone una splendida sciata continua di quasi mille metri, spesso nella polvere, dal Rifugio Miryam. Prima dell'uscita sulla larga e facile cresta è necessario percorrere un breve tratto a piedi di una decina di metri. L'itinerario deve essere effettuato con neve sicura, sulle cui condizioni ci si può informare al rifugio. Partenza: Rifugio Miryam (2.050 m) in Val Vannino o Canza (1.418 m) in Val Formazza. In Val Vigezzo la meta è quella de La Cima (1.810 m). Quando il pericolo di valanghe è alto ovunque questa gita, senza sacrificare nulla al godimento, offre altissime garanzie di sicurezza. Le quote relativamente basse richiedono però un innevamento fino quasi al fondovalle. L’esposizione nord-ovest e lo sviluppo in un bosco rado, fatta eccezione per l’ultimo panoramico pendio, permettono spesso di sciare nella polvere. Partenza: Val Loana, nei pressi di Malesco (764 m) con dislivello di 1.046 m su un itinerario di difficoltà MS. L'ultima segnalazione riguarda la Valle Cairasca - Pizzo Diei (2.906 m). Il Diei, massiccio di poco inferiore ai 3.000 m, offre la possibilità di coniugare la sciata fuoripista con quella in pista nel comprensorio di San Domenico (comune di Varzo), i cui impianti consentono anche di ridurre il tratto di salita con le pelli. Il canale di accesso alla calotta sommitale è ripido, richiede attenzione e possono essere utili i ramponi in caso di neve dura. Partenza dalla stazione superiore dell’ultimo skilift della Punta del Dosso (2.520 m). Il dislivello è di 400 m in salita e 1.500 in discesa con difficoltà BSA.
LARIO - VALSASSINA VALTELLINA - VALCHIAVENNA
Cecilia Cova (gestore Rifugio Miryam) www.rifugiomiryam.org ceciliacova@gmail.com tel. 0324.63154 - tel. 338.3602640 La Val d'Ossola, da alcuni anni facilmente accessibile grazie all'autostrada A26 per Gravellona Toce, è fra le meno battute dalle grandi vie del turismo, a fronte di montagne e percorsi scialpinistici unici. Per esempio quello da Devero al Monte Cazzola (2.330 m, dislivello 700 m, difficoltà MS), in Valle Antigorio, il perfetto battesimo con le pelli di foca o l'escursione sicura in tutte le condizioni. La salita, con alcune varianti, inizia dalla piana del Devero (1.630 m), per esempio passando
Fabrizio Pina www.orizzontiverticali.eu Le Prealpi che stanno intorno al Lago di Como si prestano molto bene per lo scialpinismo, come del resto le aree contigue a nord, le Orobie Valtellinesi e la valle di San Giacomo. Queste zone sono ricchissime di itinerari un po' per tutti i gusti e tutte le stagioni e, vista la modesta quota e la
relativa vicinanza del lago, sono molte le possibilità per gite facili e tipicamente invernali. Ecco alcune idee per la zona del Lario: Monte San Primo (1.686 m - dislivello 570 m), Cimone di Margno (1.801 m - dislivello 1.100 m). Resegone (1875 m - dislivello 800 m). Nelle Orobie Valtellinesi: Alpe Piazza (1.900 m - dislivello 1.000 m), Pizzo dei Galli (2.217 m - dislivello 1.000/1.400 m - dipende da dove si arriva con l'auto), Pizzo Meriggio (2.358 m - dislivello 1.100 m), Punta Pesciola (2.171 m - dislivello 1.100 m). Infine, due gite per la zona della Valle di San Giacomo: Moncucco (2.390 m - dislivello 1.150 m), Piano dei Cavalli (2.300 m - dislivello 1.000 m).
VALLE D’AOSTA
Anna Torretta www.annatorretta.com anna.torretta@tiscali.it tel. 347.8086082 La Valle d'Aosta è una delle mete privilegiate per le escursioni scialpinistiche. In questi giorni il passaggio dall'autunno all'inverno è affascinante perché la montagna multicolore diventa improvvisamente bianca. Il terreno però è ancora caldo e il pericolo valanghe si nasconde dietro ogni inversione, dietro ogni curva! Tornare indietro o fermarsi prima della vetta non è mai cosa di cui vergognarsi, meglio uno scialpinista vivo oggi che uno... Nella valle di Cogne si può scegliere la classica gita alla Point de la Pierre (2.653 m, dislivello 1.175 m, esposizione nord-ovest, tempo 4 ore). L'intero percorso è dominato dalla mole della Grivola e in lontananza dal Monte Bianco. È la gita più sicura in tutte le stagioni: inizia nel bosco fino alle baite di Champchenille (2.168 m) e prosegue per dolci pendii verso la cima. Partenza da Ozein, Fraz. Dailley, poco dopo gli ultimi garage. Nella Valle del Gran S. Bernardo si può invece salire al Col Serena (2.547 m, dislivello 877 m, esposizione nord-est, tempo 3,30 ore). Una gita altrettanto classica per i suoi pendii, la facilità nel seguire il percorso e la buona probabilità di trovare neve farinosa durante la discesa nel bosco. Valida per gli allenamenti di inizio stagione, ma bisogna prestare molta attenzione agli ultimi 200 m prima del colle, dove sono possibili dei distacchi. Si parte da St. Rhemy en Bosses-Mottes (1.660 m), dal parcheggio degli impianti di Crevacol. In Valdigne da segnalare la gita alla Punta Croce (2.478 m). È un riservato angolo sopra al lago d'Arpy, dalla cui cima si gode un panorama da cartolina sul Monte Bianco. Possibili distacchi nel ripido canale che si incrocia prima di salire al lago d'Arpy, a quota 2.000 m. Si può accorciare il percorso partendo direttamente dal Colle San Carlo sul sentiero per il lago d'Arpy. È possibile la discesa nel bosco sul
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VALLI OCCITANE
versante opposto a quello di salita, a nord-est dalla cima, in condizioni di neve stabile. L'esposizione permette di trovare facilmente neve polverosa. Si parte da Morgex-Arpy (1.670 m), dalla pista di fondo, il dislivello è di 808 m e il tempo richiesto 2 ore e mezza. Da Saint Pierre la Punta Leysser (2.771 m, dislivello 1.100 m, esposizione sud, tempo 4 ore) è un classico con un'esposizione che consente un rapidissimo assestamento della neve. Sui dolci pendii spesso si trova la traccia del gatto delle nevi che porta gli snowboardisti sotto la cima, forse fastidiosa ma utile in caso di neve non assestata. Consiglio di terminare la gita, a inizio stagione e in presenza di colate di fondo, prima del pendio finale sotto alla cima. È una zona molto ventosa, di conseguenza bisogna prestare attenzione alle placche a vento. La partenza è da Saint Pierre, Vétan (1.671 m). In Valtournenche si può salire alla Punta Fontana Freida (2.513 m) e Punta Falinère (2.763 m), due brevi itinerari che attraversano la splendida conca di Cheneil e si sviluppano sui versanti opposti del Colle Fontana Freida, da cui si vede la conca di Chamois. Si parte dal parcheggio di Cheneil (2.023 m) e nel primo caso il dislivello è di 490 m con una percorrenza di 2 ore, nel secondo di 740 m per due ore e mezza. Nella Valle di Gressoney vale la pena di salire al Colle Giassit (2.018 m). Questa gita segue prima la strada poderale fino al torrente Giassit e prosegue su dolci pendii nel vallone, tenendo la sinistra orografica. Esposizione a nord e partenza da Lillianes, S. Margherita, ristorante 'Etoile du Berger ' per un dislivello di 774 m e percorrenza di 2 ore e mezza.
Tato Gogna tatogogna@libero.it tel. 348.3225544 La zona del cuneese è un terreno molto ricco di possibilità per lo scialpinismo, anche a inizio stagione o dopo nevicate importanti, soprattutto nella parte bassa delle valli, al cospetto delle Alpi Marittime e Cozie Meridionali. Gli itinerari consigliati si svolgono principalmente su pendii non molto ripidi ma già interessanti per lo sci. I dislivelli sono generalmente poco elevati, accessibili a tutti o quasi. La quota delle cime può sembrare modesta, ma non dimenticate che ci troviamo in una delle zone più nevose d’Italia. In Valle Vermenagna consiglio di salire al Passo di Giosolette (2.124 m). Partenza da Limonetto (1.294 m), dal parcheggio in paese, circa 500 metri prima degli impianti di risalita. Salire in direzione ovest su ampi pendii che conducono alle baite di Tetti Virula, da qui continuare seguendo un costone che conduce al passo. Tempo di salita 2-3 ore. Discesa
A L P I N E
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sullo stesso itinerario. Un altro itinerario conduce al Monte Vecchio (1.920 m). Partenza da S. Anna, frazione di Limone Piemonte (1.200 m). Parcheggiare in località Tetti Camilla e salire in direzione sud-ovest per ampi e regolari pendii non molto ripidi, fino a un gruppetto di malghe. Proseguire su terreno un po’ più ripido deviando leggermente a destra. Tempo di salita 1 ora e 30-2 ore e 30. Discesa sullo stesso itinerario. In Valle Stura si può raggiungere la Conca di San Giacomo di Demonte (1.312 m). Da Demonte risalire in auto il Vallone dell’Arma raggiungendo S. Giacomo, dove si parcheggia. Da qui seguire la strada innevata che si infila in mezzo alla case in direzione nord, per circa 2 chilometri, e dà accesso all'ampia conca coronata da ben cinque cime (M. Gorfi 2.203 m, Punta dell’Omo 2.299 m, M. Bram 2.357 m, M. Grum 2366 m, Testa Gardon 2.102 m). Da questo punto ampia scelta di itinerari su tutte le esposizioni e pendenze, di lunghezza simile. Tempo di salita 3-4 ore. Discesa sullo stesso itinerario. In Valle Grana si può optare per il Monte Viridio (2.498 m). Partenza da Castelmagno, loc. Chiappi, 1.661 m. Parcheggiare in fondo alla borgata. Seguire le indicazioni GTA in direzione sud-ovest fino all’alpeggio di Grange Borgis (1.876 m). Da qui risalire l’ampio canalone in direzione sud che conduce in punta con un'ampia curva verso destra. Tempo di salita 2-3 ore. Discesa sullo stesso itinerario di salita. Infine in Valle Maira da segnalare
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ITINERARI EASY MONTI SIBILLINI E MONTI DELLA LAGA la salita al Monte Giobert (2.435 m). Partenza da Preit di Canosio (1.540 m). Parcheggiare nei pressi della borgata. Salire in direzione sud-est ampi pendii prativi non molto ripidi, interrotti da brevi più ripidi risalti boscosi, fino a quota 2.000 m circa. Da qui deviare leggermente a destra seguendo un costone che sale verso la cima. Tempo di salita 2-3 ore. Discesa sullo stesso itinerario.
APPENNINO TOSCO EMILIANO
Luca Beccari www.guidelapietra.com luca@guidelapietra.com tel. 347.7372176 L’Appennino Tosco-Emiliano offre numerosi itinerari affrontabili anche con pericolo valanghe grazie alla particolare conformazione delle montagne e alla vicinanza del mare, che stabilizza velocemente il manto nevoso. Le gite dell'Appennino Parmense sono caratterizzate da dolci pendii all’uscita di boschi ben sciabili, quindi sicuri anche in caso di recenti nevicate. La zona migliore è quella del rifugio Lagdei che si raggiunge comodamente in macchina da Parma. Un itinerario semplice e classico è al Monte Marmagna (1.852 m) dal rifugio Lagdei, con dislivello di 600 m e difficoltà MS. La zona dell'Appennino Reggiano è probabilmente la più interessante dal punto di vista scialpinistico di tutto il Parco Nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano. In particolare il gruppo del Monte Cusna presenta svariate possibilità per tutti i gusti, dalla tranquilla sciata nel bosco allo sci ripido. Ecco alcune proposte: Monte Cavalbianco (1.855 m) da passo Pradarena, dislivello 300 m, difficoltà MS; Monte Cusna (2.121 m) da Monte Orsaro per i Prati di Sara, dislivello 1.000 m, difficoltà BS; Rifugio Battisti (1.761 m) da Civago, dislivello 700 m, difficoltà MS. In provincia di Modena molto suggestiva l'area del Lago Santo modenese, alle pendici del monte Giovo. Attenzione alla strada che da Pievepelago raggiunge il parcheggio del Lago Santo: normalmente richiede buone gomme da neve o catene. Ecco due consigli in zona: Monte Rondinaio (1.964 m) dal rifugio Vittoria (Lago Santo), dislivello 450 m, difficoltà BS; Monte Libro Aperto (1.937 m) da Casuglie di Fanano, dislivello 700 m, difficoltà BS.
GRAN SASSO - VELINO SIRENTE - MAIELLA
Leandro Giannangeli www.mountainevolution.com leandro.giannangeli@gmail.com tel. 347.8179989 Con l’arrivo delle prime nevicate, la voglia di iniziare a calzare gli sci e scorrazzare tra le montagne è sempre troppa. Purtroppo proprio in questo periodo spesso le gite più belle richiedono prudenza e un minimo di pazienza nel saper aspettare condizioni migliori. Così dobbiamo accontentarci di uscite per così dire minori, anche se a volte proprio minori non sono e regalano in ogni caso grandi soddisfazioni e belle sciate. Sui Monti Sibillini, nella conca di Castelluccio di Norcia, il Monte Lieto (1.944 m) e il Monte delle Rose (1.861 m) offrono sicuramente la possibilità di non perdere la giornata e compiere una bella gita, con vista sulla piana di Castelluccio e sul Monte Vettore (2.476 m), la vetta più alta del massiccio. Con un dislivello di 450 m, partendo dalla Forca di Gualdo (1.496 m) e risalendo la cresta nord-est si giunge in vetta al Monte Lieto. È una gita sicura e prevalentemente in cresta, che regala una bella sciata sul versante di Valloprare. Occorre prestare solo attenzione alla valletta finale per le slavine che si possono staccare dal versante nord. Altro versante del Monte Lieto, con un dislivello di 600 m, è quello che parte da Pian Perduto di Castelluccio (1.345 m), risale la Val Canatra fino alla ampia sella del Colle Rapegna (1.683 m) e per un ampio crestone conduce in vetta. La discesa regala grandi soddisfazioni, soprattutto se si affrontano (condizioni della neve permettendo) gli ampi pendii che scendono a sud direttamente dalla vetta. Sempre dalla Val Canatra si può risalire al Monte delle Rose con un dislivello di poco più di 500 m. I Monti della Laga si prestano particolarmente in caso di condizioni pericolose. Ad esempio: Monte Di Mezzo (2.155 m), partendo dalla diga piccola del lago di Campotosto (1.316 m). Da segnalare il panorama mozzafiato sulla catena del Gran Sasso e uno scorcio 'scandinavo' sul lago sottostante. Segnalo anche il Pizzo di Moscio (2.411 m) partendo dal Ceppo (1367 m): anche se sciisticamente non regala grosse soddisfazioni, appaga i mangiatori di metri di dislivello che sono circa 1.000. È inoltre possibile raggiungere la vetta più alta del massiccio, il Monte Gorzano (2.458 m), anche in condizioni avverse, partendo da Cesacastina (1.141 m). Si sale lungo la cresta delle Troie, che fa da filo di Arianna per raggiungere la vetta anche in condizioni di scarsa visibilità, superando un dislivello di 1.300 m.
Marco Zaffiri www.mountainevolution.com marco.zaffiri@gmail.com tel. 328.4843009 E chi dice che con il cattivo tempo o quando è pericoloso non si riesce a fare una gita di skialp? Per gli affamati di dislivello e sciate sulla neve fresca, l’Appennino riserva varie possibilità, anche per via della sua conformazione non sempre severa e verticale. Di seguito vi consiglio una scelta delle classiche che percorrono i 'locals' a inizio stagione o con condizioni particolari. Sul massiccio del Gran Sasso spicca la cresta ovest di Monte S. Franco (2.132 m) partendo dal Passo delle Capannelle, a circa 1.300 m, gita di gran soddisfazione sia per il dislivello che per la difficoltà MS, perfetta per l'inizio stagione. In caso di neve assestata è possibile compiere un anello scendendo i versanti a nord della Valle Paradiso verso il rifugio Panepucci e seguire la strada per rientrare all’auto. Altra classica della zona, in caso di abbondanti nevicate e rischio valanghe alto, è la cresta ovest di Monte Cristo (1.928 m), partendo da Valle Fredda, a 1.150 m circa. Ultima classica nel massiccio del Gran Sasso è la conca di Campo Pericoli. Non è una vera e propria gita, non ci sono vette da salire, ma una conca intorno ai 2.300 m nel cuore del massiccio, che alle prime nevicate riempie le proprie vallette e regala sciate sicure e gradevoli. L'accesso risulta sicuro se si passa per il rifugio Duca degli Abruzzi. Altro parco altre gite, quello del Velino-Sirente, che per la sua conformazione offre molte possibilità. Come ad esempio la Serra di Celano (1.923 m), che da Ovindoli verso la Valle dei Curti, con un dislivello di 700 m, regala splendidi scorci, anche se la sciata passerà in secondo piano. Per giungere sulla vetta del Monte Sirente (2.348 m), tra le classiche di inizio stagione si può inserire la salita da Ovindoli per la Valle d’Arano. Il dislivello è di 1.000 m e non ci sono difficoltà tecniche, se non di orientamento in caso di nebbia. Nel Parco Nazionale della Maiella la grande classica per gli abruzzesi, in caso di impossibilità di compiere altre gite, è sicuramente il Monte Rapina (2.027 m). Da San Nicolao (800 m) i suoi lievi pendii regalano una sciata piacevole in totale sicurezza. Altra gita da fare in giornate difficili è il Monte Rotella (2.129 m) da Rocca Pia (1.181 m): una salita non difficile, ma che in caso di neve polverosa regala belle sciate.
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CLUB ALPINO ITALIANO
testo: Umberto Isman
Quelli del raid Fondato cinquant’anni fa, il Gruppo Sci Alpinistico del CAI UGET di Torino organizza più di dieci gite all’anno e una settimana di rifugio in rifugio. La prima nel ‘66: Sestriere-Courmayeur Il 23 ottobre 2013 il CAI compirà 150 anni. Fu fondato a Torino il 23 ottobre 1863, anche se idealmente nacque nell’estate dello stesso anno con la salita al Monviso di Quintino Sella e compagni. Esattamente 50 anni dopo, sempre a Torino, fu fondata la UGET (Unione Giovani Escursionisti Torino), che nel 1931 entrò a far parte del CAI per volere del regime fascista, mantenendo però la sua indipendenza, caso unico di due sezioni del Club Alpino Italiano nella stessa città.
12 dicembre: Ski-alper si presenta Appuntamento con la redazione della rivista alle 21,15 nella sede del CAI UGET (Corso Francia, 192 - Torino) per una serata speciale, in cui verrà presentata l’attività della redazione di Skialper, dai viaggi ai test materiali.
Perché questa anomalia? Lo chiediamo a Guido Bolla e a Roberto Fullone, presidente e vice-presidente del GSA (gruppo scialpinisti) del CAI UGET. «Il CAI di Torino era un’associazione elitaria, fondata dall’alta borghesia di allora. Si entrava solo per selezione, in base anche al ceto sociale. Agli inizi del ‘900 la frequentazione della montagna si era però estesa anche alle classi meno abbienti, operai e artigiani, e così nacque la necessità di costituire nuove associazioni. Ne sorsero diverse, alcune con ispirazione religiosa, altre laiche come la UGET. Fu ideata da Giovanni Ferrari, che con i suoi 19 anni era il più anziano del gruppo. Quanto alle due sezioni del CAI, la UGET riuscì a mantenere la sua autonomia e a non diventare sottosezione proprio per l’alto numero di iscritti e la grande consistenza dell’attività in montagna». E con lo sci come avete cominciato? «Nell’ottobre 1921 si costituì il ‘Gruppo Autonomo Schiatori UGET’, associato alla ‘Federazione Schiistica Italiana’: quota associativa cinque lire annue. Si partecipava a gare di discesa e di fondo, sempre con la stessa attrezzatura. Poi il 22 gennaio del 1922 la prima gita so-
Sopra Uno dei primi raid organizzati dal CAI UGET, nel 1968. La foto è scattata a Gressoney
ciale di scialpinismo, con un centinaio di partecipanti, al Bric della Maddalena sulle colline di Torino. Molti anni dopo, nel 1961, entrò a far parte del sodalizio un gruppo di giovani molto forti e determinati a portare avanti una intensa e impegnativa attività scialpinistica. È così che il 13 novembre 1962 (festeggiamo quest’anno il cinquantenario) nacque il ‘Gruppo Sci Alpinistico’ del CAI UGET di Torino. Il primo presidente fu Piero De Matteis, libraio della Libreria De Matteis, quella che oggi si chiama Libreria la Montagna. Piero fu anche il fondatore, nel 1970, della Rivista della Montagna, che nacque proprio in contrapposizione con quella discutibile idea di progresso che stava riempiendo le montagne di impianti da sci. Ben cinque dei dieci redattori dell’epoca facevano proprio parte del GSA del CAI UGET». Come si è sviluppata in seguito la vostra attività? «Ciò che più ci contraddistingue sono i raid di scialpinismo, traversate di più
giorni da rifugio a rifugio, oppure dormendo in ripari di fortuna. Il primo fu organizzato nel 1966 proprio da Piero De Matteis, partenza da Sestriere e arrivo a Courmayeur. Si trattò in realtà di una staffetta per gruppi, in cui ogni gruppo percorreva una tappa. Ancora oggi, ogni anno organizziamo uno di questi raid, in varie zone delle Alpi. Secondo noi è la quintessenza dello scialpinismo, il completamento del bagaglio di esperienza di ognuno. Nel 1966 al CAI UGET nacque anche la Scuola di Scialpinismo (la prima in Italia era stata nel 1951 quella della SUCAI, sempre a Torino). Nel 1987 si decise però di separare il GSA dalla scuola per questioni logistiche. In questi ultimi anni il gruppo GSA ha potuto contare su un numero di iscritti tra le 100 e le 200 unità, tutti coinvolti in prima persona nelle varie attività. Abbiamo calcolato che dall’anno di fondazione abbiamo organizzato circa 500 gite e continuiamo con un ritmo di circa 12 o 13 all’anno. Si aggiunge ogni anno un raid (nel 2013 sarà la classica Chamonix-Zermatt) e un raduno, in genere all’estero (per il 2013 in Austria, nella Valle dell’Inn). Oltre a ciò una serie di attività culturali e di aggiornamento. Tutto nella nuova sede nello splendido Parco della Tesoriera». Per informazioni il sito internet è www.caiuget.it.
i viaggi di Ski-alper
I viaggi di Ski-alper
Viaggiare nel mondo dell’ OSA*
*Outdoor Sport Avventura
Volete partecipare in prima persona a un reportage di viaggio di Ski-alper? Da questa stagione abbiamo deciso di proporre alcuni tour scialpinistici ai nostri lettori.
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aturalmente solo a quelli più esperti e con una buona capacità di adattamento alle situazioni e agli imprevisti. I viaggi saranno organizzati in collaborazione con Avalco Travel e saranno tagliati su misura per le nostre esigenze. Ci sarà sempre e comunque un tocco di originalità. Diciamo pure il nostro marchio di fabbrica. Tutti i viaggi avranno come accompagnatori una guida alpina, locale o italiana e l'inviato di Ski-alper, Umberto Isman, fotografo, giornalista e responsabile della parte Touring della rivista. Avrete così la possibilità di vivere questa esperienza con un fotografo professionista e di confrontarvi con lui e col suo lavoro. I reportage verranno poi pubblicati su Ski-alper con il contributo di tutti coloro che vorranno partecipare con testi e foto. Questo è il programma di massima dei viaggi. Affrettatevi se interessati, i posti sono limitati. Potete richiedere informazioni all'indirizzo info@skialper.it e trovare altri dettagli e le modalità di partecipazione sul nostro sito www.skialper.it MAROCCO 17-23 febbraio 2013 date da confermare La catena dell'Alto Atlante si presta a interessanti itinerari di scialpinismo. I più belli e impegnativi sono nella zona del Monte Toubkal (4.167 m), la vetta più alta dell'Atlante e di tutto il Nord Africa. In questo viaggio proponiamo la visita al poco frequentato versante del rifugio Lepiney, un angolo un po’ nascosto del massiccio, ricco di canali per lo sci ripido. Da qui ci trasferiamo sul versante nord del Toubkal per affrontare l’ascensione alla vetta e ad altre cime di 4.000 metri di quota, tutte veramente remunerative dal punto di vista sciistico. PIRENEI 7-14 aprile 2013 date da confermare La catena dei Pirenei, e in particolare la zona catalana ed aragonese, offre itinerari molto attraenti per lo scialpinista ben al-
lenato. Nel programma che proponiamo abbiamo scelto un tour ad anello nell’area di Benasque, con salite a vette oltre i 3.000 metri (tra cui le due cime più alte dei Pirenei) e splendide discese nella valli incassate del gruppo Posets-Maladeta. Durante la traversata del quarto giorno si sconfinerà in territorio francese. In montagna si dorme nei rifugi, tutti custoditi tranne uno. ALASKA 18-29 maggio 2013 date da confermare L’ Alaska Range è una formidabile catena di montagne dell’Alaska centrale che culmina con i 6.194 metri del Denali (McKinley). In primavera queste montagne offrono distese di neve infinite, per tutti i livelli di difficoltà, nella wilderness più assoluta della vera Alaska. Proponiamo di visitare il Pika Glacier, una piccola diramazione del gigantesco Kahiltna Glacier, a quota 1.500 metri circa, luogo remoto che raggiungeremo con un piccolo aereo e dove sarà stabilito il campo base. Per una settimana il gruppo resterà in totale isolamento e autonomia, avendo a disposizione una scelta illimitata di linee nella neve vergine, su pendii aperti, ghiacciaio, oppure canali, fino a quote massime intorno ai 2.400 metri. CILE 7-22 settembre 2013 date da confermare La regione dell’Auracania offre allo sciatore d’avventura un terreno tra i migliori del Sud America, in uno splendido ambiente naturale di foreste, laghi e vulcani (mediamente tra 2.000 e 3.000 metri di quota, alcuni attivi) che si estende tra il 39° e il 37° parallelo Sud. I fianchi ripidi dei vulcani regalano belle soddisfazioni allo sciatore esigente. Si tratta di un viaggio itinerante, durante il quale ci si sposta con le jeep (a noleggio) da una montagna all’altra. Le gite si svolgono in giornata; i pernottamenti sono in hotel oppure 'hostarias' o rifugi (in montagna).
Discesa in snowboard dallo Scandinavian Pass, 2760 m, Chugach Mountains (ALASKA) N 61°35’42” W 147°22’32” (WGS84) 2 aprile 2012
VIAGGI, SPEDIZIONI, PROGETTI SU MISURA Il nostro obiettivo è di realizzare i vostri sogni di avventura. Dallo sportivo occasionale al professionista estremo. Non siamo specialisti di una destinazione, ma di un modo di viaggiare.
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WIPPTAL testo: Umberto Isman foto: Umberto Isman
SCIALPINISMO DA
WIP
Fuori dall'Autostrada del Brennero si apre una valle che sembra essere stata 'salvata' dal nastro sopraelevato di cemento che porta da Vipiteno a Innsbruck. La Wipptal è un microcosmo ideale per uno ski-alp selvaggio, per pochi, veri intenditori. La nostra proposta per quattro giorni di scialpinismo per tutti i livelli
Siegfried Zorn (camionista), Georg Wechselberger (impiegato statale), Günter Guguberger (ingegnere civile), Reini Stuefer (bancario), Bernhard Empl (capocantiere). Ci superano a velocità doppia della nostra lungo la Schmirntal, diretti alla cima dell'Olperer loro, a quella del Kleiner Kaserer noi. Guardo Raimund, la nostra guida, con aria interrogativa: «Sono della mia valle, la Stubaital, si sono presi mezza giornata e vengono qui, dove ci sono le gite più belle». Mezza giornata per fare 2.000 metri di dislivello, con gli ultimi 200 alpinistici e impegnativi. Accidenti. E non sono 'tutine', ma scialpinisti classici, classici anche nell'età, tra i 40 e i 60. Li ritroviamo all'osteria, arrivano insieme a noi, ebbri di soddisfazione. Ecco, se gente così, che vive già in montagna, viene a fare scialpinismo qui nella Schmirntal, puoi star sicuro che sei finito nel posto giusto. Specialmente verso la metà di marzo del 2012, quando il resto delle Alpi piange per la mancanza di neve e qui si è invece più volte fermata una nuvola di Fantozzi beneficamente fuori copione.
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WIPPTAL
In apertura. Mike Ruther e Josef Gstraunthaler verso la cima del Hone Warte. Accanto. I contrafforti rocciosi del Hohe Warte
La Schmirntal è in Austria ed è una delle valli laterali della Wipptal, la valle che dall'Italia attraversa i confini del Brennero e arriva a Innsbruck. La Wipptal è una valle di passaggio, ma non basta, la parte austriaca ti accorgi che c'è solo se salti giù dai viadotti dell'autostrada, altrimenti finisci dritto filato nella valle dell'Inn, e arrivederci. Ci devi venire intenzionalmente, rasoterra, senza farti sparare in aria dall'autostrada. La Wipptal è probabilmente la vallata alpina che più è stata sconvolta dalla costruzione dell'Autostrada del Brennero, a partire dal 1971, quando fu inaugurato il tratto transfrontaliero. Uno sconvolgimento in parte paesaggistico, ma che ha soprattutto influito sullo sviluppo dell'intera valle. Un'economia basata fin dall'epoca romana sul traffico di passaggio è stata completamente bypassata da un lungo e sopraelevato nastro di cemento e asfalto. Fino ad allora la Wipptal era stata per secoli incarnazione di un'unità, dovuta proprio al suo essere il migliore dei collegamenti tra i due versanti alpini. Il Passo del Brennero, con i suoi 1.375 metri, è infatti il più basso dei valichi della catena alpina centrale. Già nel 15 a.C. i Romani vi costruirono la prima strada, la Via Claudia Augusta, che poi divenne strada militare e nel medioevo vide il passaggio dei re del Sacro Romano Impero che venivano incoronati imperatori in Germania. Il fatto stesso che il toponimo Wipptal si estenda da ambo i lati del Passo del Brennero la dice lunga sull'unità storica, culturale e territoriale di questa regione. Di norma una valle si sviluppa topograficamente dalla pianura, o da un'altra valle, fino allo spartiacque e non oltre. La Wipptal è un caso a parte, sintomo di un legame primitivo e arcaico, solo in parte spezzato dalla suddivisione tra stati successiva alla prima guerra mondiale. L'unità storica la si percepisce prima di tutto dalle architetture più antiche, che si distribuiscono uniformemente sia sul versante austriaco che su quello italiano. Chiese, masi, vecchi edifici evidenziano immediatamente una comunanza culturale che ne ha plasmato univocamente i principali elementi architettonici. Così le vallate laterali si assomigliano, con i piccoli borghi rimasti quasi impermeabili allo scorrere del tempo, con gli edifici che hanno mante-
«…la Wipptal è probabilmente la vallata alpina che più è stata sconvolta dalla costruzione dell'Autostrada del Brennero, a partire dal 1971, quando fu inaugurato il tratto transfrontaliero. Uno sconvolgimento in parte paesaggistico, ma che ha soprattutto influito sullo sviluppo dell'intera valle...»
Curiosità: ha preso una p Wipptal deriva da Vipitenum, un'antica stazione romana situata dove oggi sorge Vipiteno. Nel 980 l'intera vallata prese appunto il nome di Vallis Vipitina e nel 1200 divenne Wiptal, per poi guadagnare una seconda p successivamente. A seguito delle vicende della prima guerra mondiale e dello spostamento del confine sul Brennero, la parte italiana venne ribattezzata Alta Valle Isarco, ma dagli anni '70 riprese la sua denominazione originaria, anche se con la distinzione Wipptal del nord per il versante austriaco e del sud per quello italiano.
nuto la loro funzione originaria, principalmente agricola. Niente ristrutturazioni irrispettose, fienili che rimangono fienili e non diventano seconde case, alberghi che mantengono dimensioni dignitose e non si appropriano anche del sottosuolo per spazi wellness stile Disneyland. De gustibus, ma chi ama scoprire spicchi di autenticità, nella Wipptal ne trova più che altrove. Forse anche un po' per 'merito' dell'Autostrada del Brennero. Ma torniamo allo scialpinismo, skitouren anzi, visto che stiamo parlando del versante austriaco della Wipptal. Ce n'è per tutti i gusti, con una varietà di itinerari, di esposizioni, di morfologia del terreno, di difficoltà, di lunghezze che è difficile trovare altrove. La Wipptal è la valle principale, da cui si diramano alcune valli laterali: Valstal, Schmirntal, Navistal sul versante orografico destro, Obernbergtal e Gschnitztal sul sinistro. In realtà dal versante sinistro si dirama anche la Stubaital, poco prima di arrivare a Innsbruck, ma è considerata una valle principale a sé stante.
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Dall'alto. Da sinistra a destra. In cima al Kleiner Kaserer. Salita al Kleiner Kaserer. Ultimo tratto di cresta sul Kleiner Kaserer. Discesa del Geier verso la Lizumer Hßtte. Discesa dal Kleiner Kaserer. Primo tratto nel bosco verso il Silleskogel. Si consulta la carta sul Naviser KreuzsÜchl. La birra è meritata dopo la gita al Silleskogel. In salita verso l'Hohe Warte. I cinque amici della Stubailtal incontrati al Kleiner Kaserer.
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ITINERARI Austria Periodo consigliato: Le valli laterali della Wipptal hanno i fondovalle a quote relativamente modeste. Già ad inizio inverno è possibile fare gite tranquille nella fascia boschiva e poi su pendii aperti di pendenza moderata. Gli itinerari più lunghi e complessi arrivano invece fino ai 3.400 metri di quota delle cime più alte e vanno affrontati nel periodo primaverile.
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Accesso: Per la Wipptal austriaca conviene uscire al casello di Brennero della A22 e proseguire lungo la statale in direzione di Innsbruck. Dormire e mangiare: Si può fare base nella valle principale e spostarsi ogni giorno, oppure scegliere uno dei piccoli alberghi delle valli laterali. Nel primo caso, comodo e centrale è l'Hotel Steinacherhof (Steinach am Brenner - www. steinacherhof.at). È un vecchio quattro stelle che probabilmente ha conosciuto momenti migliori, ma è confortevole e si mangia molto bene. Nelle valli laterali: Navistal, Gasthof Eppensteiner (www. gasthof-eppensteiner.com); Schmirntal, Gasthof Olpererblick (www.olpererblick.at); Valstal, Berggasthof Steckholzer (www.gasthof-steckholzer.at); Gschnitztal, Trinserhof (www.trinserhof.com); Landhotel Kirchdach (www.kirchdach.at). Cartografia: Alpenvereinskarte - 31/3 Brennerberge e 33 Tuxer Alpen - 1:50.000. Bibliografia: Daniele Pattaro - Sci alpinismo in Austria - Tamari Bologna, 1996 - pag. 192 - 13 euro, Roberto Iacopelli - Scialpinismo in Tirolo – Versante Sud, 2007 - pag. 340 - 26,50 euro Guide alpine: Raimund Huter (parla italiano) - tel. 0043/699.10209186 - raimund.huter@gmx.at; Mike Rutter - tel. 0043/664.2623692 - rutter@alpenverein-ibk. at; ufficio centrale delle guide di Innsbruck - www. alpenverein-ibk.at Informazioni generali: www.wipptal.at Siti di scialpinismo: www.tourenwelt.at www.alpine-auskunft.at/index.php www.wipptal.at/it/urlaub-in-tirol/sport-and-attivita/scialpino.html Info meteo e valanghe: www.wetter.at www.lawine.at info@skialper.it inviateci i vostri commenti su questi itinerari se deciderete di percorrerli
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ITINERARIO 1
ITINERARIO 2
ITINERARIO 3
ITINERARIO 4
Silleskogel (2.418 m) - Valstal
Hohe Warte (2.687 m) Schmirntal
Kleiner Kaserer (3.093 m) Schmirntal
Tour del Geier (2.857 m) Navistal
È una gita semplice e in genere ben innevata. I pendii della parte alta sono ampi e divertenti. Il tratto finale richiede attenzione. Accesso: da Stafflach si imbocca la Valstal tenendosi a destra al bivio con la Schmirntal. Dopo circa 4 km si imbocca sulla destra la stretta strada a tornanti per Padaun Partenza: dal piccolo slargo sul quinto e ultimo tornante (1.480 m) Dislivello: 950 m Sviluppo totale: 6 km Tempo medio salita: 2 ore Difficoltà: BS Pendenza massima: 30° Esposizione: nord Periodo: dicembre - maggio Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: Alpenvereinskarte - 31/3 Brennerberge - 1:50.000 Itinerario. Dal piccolo parcheggio si imbocca la strada forestale per poi deviare a destra e raggiungere il pianoro di Sillalm. Si imbocca quindi l'evidente valloncello che porta agli ampi pendii soprastanti. Si traversa verso sinistra sotto una grande barriera rocciosa e si raggiunge l'evidente cresta a sinistra della cima. Si lasciano infine gli sci alla base dell'ultimo pendio ripido e a piedi, con attenzione, si raggiunge la cima. La discesa è lungo lo stesso itinerario.
Un itinerario molto vario e divertente in discesa. L'esposizione nord fa sì che la neve si mantenga a lungo in buone condizioni. Da non sottovalutare l'ultimo tratto alpinistico. Accesso: da Stafflach si imbocca la Schmirntal tenendosi a sinistra al bivio con la Valstal. Giunti a Toldern si devia a destra e dopo poche centinaia di metri si lascia l'auto dove d'inverno finisce la strada. Partenza: parcheggio in corrispondenza del ponte sul fiume (1.550 m) Dislivello: 1.150 m Sviluppo totale: 8 km Tempo medio salita: 2/3 ore Difficoltà: BSA Pendenza massima: 35° Esposizione: nord Periodo: dicembre - maggio Attrezzatura: utili a volte i ramponi per la cresta finale Cartografia: Alpenvereinskarte - 31/3 Brennerberge - 1:50.000 Itinerario. Si attraversa il ponte e si segue la strada forestale a mezzacosta fino al secondo tornante. Una deviazione verso destra, segnalata da un cartello, conduce nel bosco che si risale lungo un ripido costone. Si traversa quindi verso destra e si risalgono alcuni dossi che conducono agli ampi pendii sotto la cima. Si raggiunge l'ultimo tratto ripido sotto la cresta, a sinistra della cima, e lo si percorre con attenzione. La cresta, che va salita a piedi, è lunga, a tratti esposta e può risultare più o meno facile e sicura a seconda delle condizioni della neve. Si scende lungo le tracce di salita.
È una gita piuttosto lunga e panoramicamente spettacolare. Peccato solo per la vicinanza degli impianti di Hintertux che però compaiono solo alla fine. La cresta finale è alpinistica, non difficile, ma richiede attenzione. Accesso: da Stafflach si imbocca la Schmirntal tenendosi a sinistra al bivio con la Valstal. Giunti a Toldern si devia destra e dopo poche centinaia di metri si lascia l'auto dove d'inverno finisce la strada. Partenza: parcheggio in corrispondenza del ponte sul fiume (1.550 m) Dislivello: 1.550 m Sviluppo totale: 14 km Tempo medio salita: 3/4 ore Difficoltà: BSA Pendenza massima: 35° Esposizione: ovest Periodo: dicembre - aprile Attrezzatura: utili a volte i ramponi per la cresta finale Cartografia: Alpenvereinskarte - 31/3 Brennerberge - 1:50.000 Itinerario. Si attraversa il ponte e si segue la strada forestale a mezzacosta come per l'itinerario al Hohe Warte, proseguendo poi dritto lungo la valle sul versante destro (nord). Si esce quindi dal bosco su pendii aperti lasciandosi sulla sinistra un baitello a quota 2.085 metri. A seconda delle condizioni e del pericolo di valanghe ci si sposta a sinistra e si imbocca il vallone sotto le rocce che conduce al colle, oppure (più sicuro) si rimane sui dossi di destra per poi attraversare appena sotto l'ultimo ripido pendio, che richiede comunque attenzione. Raggiunto l'ampio plateau in prossimità degli impianti, ci si sposta a sinistra e si raggiunge la base della cresta. Tolti gli sci si prosegue con attenzione, prima sulla destra e poi più o meno lungo il filo di cresta superando un paio di passaggi delicati. La discesa è lungo la traccia di salita, con la stessa alternativa nel primo tratto e con la possibilità di fare una sosta al Baitello che è aperto e dotato di tavolo e panche.
Itinerario ad anello molto lungo, vario, ma non difficile né pericoloso. Permette una vera e propria esplorazione della testata della Navistal e si collega con la Wattental al rifugio Lizumer. Accesso: da Matrei si imbocca la Navistal fino poco oltre il paese di Navis Partenza: posteggio a pagamento alla fine della strada (1.410 m) Dislivello: 2.100 m Sviluppo totale: 23 km Tempo medio di percorrenza: 5/6 ore Difficoltà: BS Pendenza massima: 30° Esposizione: varia Periodo: dicembre - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Cartografia: Alpenvereinskarte - 33 Tuxer Alpen - 1:50.000 Itinerario. Si imbocca un primo tratto di strada per poi proseguire lungo un evidente taglio nel bosco fino alle case di Stöcklalm, tra cui la Naviser Hütte (1.787 m). Si continua verso destra su ripidi dossi fino agli ampi pendii che conducono alla larga sella pianeggiante da cui verso destra si vede la cima del Naviser Kreuzjöchl (2.536 m). Con un ultimo pendio sostenuto e un tratto di cresta si raggiunge sci ai piedi la croce di vetta. Si scende quindi lungo la cresta in direzione est, abbassandosi poi alla sua sinistra fino al pianoro dove si rimettono le pelli. Si raggiunge la conca del Griffjoch e, spostandosi verso sinistra, ci si porta sulla dorsale che conduce in cima al Geier (2.857 m). La bella discesa sull'altro versante può essere effettuata su un'ampia scelta di pendii. Se il pericolo di valanghe è basso si può affrontare un ampio canale che parte verso sinistra appena sotto la cima. Raggiunta l'ampia conca alla testata della Wattental, si segue la valle sul versante sinistro fino alla Lizumer Hütte (2.019 m), dove uno spuntino è d'obbligo. Si rimontano quindi gli ampi pendii in direzione ovest lungo le piste di sci militari e si raggiunge verso sinistra l'ampia sella del Klammjoch (2.359 m). Si scende sul versante opposto senza traccia obbligata in direzione della Klammalm fino al rifugio omonimo, da dove si imbocca la strada prima sul versante sinistro e poi su quello destro della valle. La si segue fino alle case di Grünhöfe, da cui si scende sulla massima pendenza fino al parcheggio.
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«…ancora Schmirntal, ma puntiamo in alto, al Kleiner Kaserer, poco più di 3.000 metri di quota. È la gita perfetta, discretamente lunga, varia, con pendii ideali ricoperti da 30 centimetri di polvere. La cresta alpinistica è poi la ciliegina sulla torta. Unico neo la vicinanza degli impianti di Hintertux quando si arriva sull'ultima sella…» Il versante orientale della Wipptal si estende alla base delle Zillertaler Alpen e delle Tuxer Alpen, mentre quello occidentale è sovrastato dalle Stubaier Alpen. Un territorio che culmina coi quasi 3.500 metri dei ghiacciai più alti, ma che d'inverno, sci ai piedi, si può percorrere dai poco più di mille metri di quota dei fondovalle. Il reportage di Ski-alper comincia con la facile gita al Silleskogel, nella Valstal. Mi accompagna Mike Ruter, guida alpina di provata esperienza, folletto biondo dal dinamismo esplosivo, fuoriclasse sia con gli sci che in arrampicata. È una prima gita di assaggio, nei confronti dell'ambiente finora sconosciuto per me, nei confronti del sottoscritto per la guida. Le curve tirate in velocità nel rado bosco della parte bassa della discesa, in una polvere di cui non ricordavo neanche più l'esistenza, sono il visto finale sul sodalizio per i giorni a venire. Così il giorno seguente ci spostiamo, non di molto, nella Schmirntal, la valle accanto verso sud. Con noi c'è anche Josef Gstraunthaler, presidente dell'Ufficio Turistico della Wipptal, Sepp per gli amici. Sepp è uno ski-alper di lungo corso, uno da 50/60 gite all'anno, uno che la sua valle la conosce come le stanze di casa. Un presidente militante, quando si tratta di accompagnare gente sui suoi monti. Saliamo verso la cima del Hohe Warte, che significa 'alto osservatorio', un punto panoramico d'eccellenza. Purtroppo non raggiungiamo la vetta, sprofondati fino alla cintola nella neve inconsistente della cresta alpinistica. Altra esperienza che non mi capitava da un po'.
La Madonna della mela
Sotto. Il primo tratto di discesa dal Geier.
Il terzo giorno c'è il cambio della guardia: Mike lascia il posto a Raimund Huter, guida alpina anche lui naturalmente, laurea in economia e metà del suo tempo dedicata alle consulenze aziendali. Si aggiunge anche Esther Wilhelm, responsabile marketing dell'Ufficio Turistico del Tirolo, come a dire: conosco e mi piace ciò che vendo. Ancora Schmirntal, ma puntiamo in alto, al Kleiner Kaserer, poco più di 3.000 metri di quota. È la gita perfetta, discretamente lunga, varia, con pendii ideali ricoperti da 30 centimetri di polvere. La cresta alpinistica è poi la ciliegina sulla torta. Unico neo la vicinanza degli impianti di Hintertux quando si arriva sull'ultima sella. In realtà arrivando lì lo sguardo è rapito dalla catena di montagne che si staglia verso sud: Olperer e Fußstein sono due cime alte
Da Matrei am Brenner una strada lunga cinque chilometri si inerpica tra boschi e prati fino al Santuario di Maria Waldrast, a 1.641 metri di altezza. Il nome stesso del santuario, che significa 'foresta del riposo', definisce la bellezza del luogo, immerso nel verde, al cospetto della vetta del Serles, detto l'Altare Maggiore del Tirolo. La costruzione del santuario cominciò nel 1429 con una piccola cappella, in cui fu subito trasportata la statua lignea della Vergine di Waldrast, che si narra fosse stata trovata da due pastori, nel 1407, intagliata nel tronco di un grosso larice. L'aumentare dei pellegrinaggi fece in breve diventare il santuario un piccolo ospizio e poi, nel 1498, una grande casa albergo, aperta ancora oggi. La singolarità della statua della Madonna è che tiene in mano una mela, simbolo del peccato e in qualche modo della riconciliazione, oltre che alimento principale del Tirolo. La storia del santuario è ricchissima di eventi che ne accrebbero via via l'importanza, tanto che nel 1624 fu costruito un convento
e affascinanti, la prima specialmente, con la sua forma perfettamente trapezoidale da un lato e triangolare dall'altro e la geometrica mezzaluna del bordo del ghiacciaio che pare tracciata col compasso. L'ultimo giorno ci vede impegnati in un tour complesso alla scoperta della Navistal. Uno di quei giri che ti fanno fare quando giochi a 'moscacieca' per farti perdere l'orientamento. Fortuna che c'è Raimund, una 'app' vivente per fartelo ritrovare, l'orientamento, con una raffica di informazioni, di impressioni visive, di triangolazioni trigonometriche, che ti danno in ogni momento la consapevolezza per dire: «Ja, das ist Wipptal». Aiutato dai canederli della Lizumer Hütte e da questa straordinaria polvere di Fantozzi.
i cui frati erano dediti a numerose attività. Intorno al 1780 però Giuseppe II, figlio di Maria Teresa d'Austria, decise di sopprimere numerosi conventi. Quello di Waldrast dovette essere abbandonato nel 1785. Gli oggetti più preziosi vennero depredati, insieme alla ricchissima biblioteca, e i tetti del complesso vennero scoperchiati. Nel 1850 i religiosi tornarono e restaurarono il convento, ma dovettero di nuovo fuggire nel 1841, scacciati dai militari della Gestapo. La statua della Madonna fu salvata da due giovani coraggiosi che la tennero nascosta fino al 1945, quando il convento fu definitivamente riaperto. Numerose furono le opere di restauro e abbellimento successive, fino all'epoca attuale, in cui Waldrast è uno splendido luogo di riposo e preghiera. I religiosi non lo abitano più da tempo, ma la cultura è rimasta nelle opere d'arte e nella ricchissima biblioteca che raccoglie preziosi volumi antichi di varia provenienza che si stanno meticolosamente restaurando.
M a m m u t Te a m s u l ‘ E t n a photo: olaf crato
Con l’ utilizzo della nuova Bridge Technology, l’Himalaya fissa nuovi traguardi nella categoria touring.
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LIGHT FAST NATURAL
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INIZIATIVE testo: Claudio Primavesi
ESCLUSIVO
La differenza tra il dire e il fare Dopo aver scalato i 14 ottomila senza ossigeno, Fausto De Stefani ha dato un futuro a centinaia di bimbi nepalesi fondando, con un ristretto nucleo di amici, la Rarahil Memorial School un complesso progetto umanitario che chiunque puó contribuire a sostenere.
«Q
Quelli della mia generazione mi hanno deluso, per questo mi rivolgo ai bambini». Le parole sono pietre e quelle 'scagliate' da Fausto De Stefani, mantovano classe 1952, fanno riflettere. Sono parole supportate dai fatti. Fausto, tra i pochi ad avere scalato le 14 vette sopra gli 8.000 senza ossigeno, si definisce 'alpinista, naturalista, fotografo e grande sognatore' ma è soprattutto un uomo concreto che da più di dieci anni spende gran parte delle sue energie in una nobilissima iniziativa umanitaria in Nepal. «Nel 2000 ho pensato di costruire una scuola per i bambini di strada ma poi ho capito che non era la via giusta perché si sarebbe creato un ghetto, mentre chi ha vissuto la strada deve confrontarsi con gli altri per reinserirsi - dice con entusiasmo De Stefani -. È triste pensare che si riesca a fare qualcosa solo per quei bambini che vivono sulla strada da poco tempo. Purtroppo, per quelli che ci crescono da un tempo più lungo e in una condizione di abbandono totale, il danno causato anche dalle colle che sniffano, rende impossibile il recupero». Il miracolo di Fausto si chiama Rarahil Memorial School ed è una scuola a Kirtipur, sobborgo di Kathmandu, in Nepal. Una scuola che accoglie bimbi dai tre anni fino all'i-
Nelle foto in senso orario Sotto. La lettura dei quotidiani nel cortile della scuola. A destra. gli studenti schierati davanti alla Rarahil Memorial School e di seguito uno scorcio dell'abitato di Kirtipur e degli edifici che compongono il complesso scolastico.
ADOZIONE A DISTANZA, COME PROCEDERE struzione superiore. Una scuola di alto livello, per dare una possibilità a chi è meno fortunato. In dodici anni, con la collaborazione di Anselmo Castelli della Fondazione Senza Frontiere Onlus, Elio Mutti, Sandro Tamanini e Cristiano Coghi, è sorto un istituto che in questo momento accoglie circa 700 studenti di vario grado. «Stiamo parlando di una realtà complessa e all'avanguardia che comprende la scuola primaria e quella secondaria orientata alla formazione di figure professionali da impiegare nella salvaguardia dell'ambiente himalayano. Una scuola con laboratori di chimica, fisica e biologia, 74 computer di ultima generazione, laboratori d'arte in cui si apprende la vasta tradizione artigianale nepalese a rischio di estinzione e, di recente inaugurazione, un ambulatorio medico dedicato alla memoria dell'amico Giuliano De Marchi che offre un servizio sanitario gratuito ai bambini della scuola e a tutta la comunità di Kirtipur. Tutti gli edifici, dotati di pannelli solari e di un sistema di raccolta dell'acqua piovana, sono progettati secondo regole anti-sismiche, costruiti e gestiti interamente da maestranze locali così come lo è anche il corpo docente». Il prossimo progetto 'in cantiere' riguarda la costruzione di un grandissimo parco giochi e di un centro sportivo aperto anche a coloro che non frequentano la scuola. Tutto questo è stato reso possibile grazie all'instancabile attività di De Stefani, che organizza incontri in tutta Italia per far conoscere le proprie iniziative e raccogliere fondi. Fausto ha creato anche in Italia due 'luoghi dello spirito': la 'Collina di Lorenzo' di Castiglione delle Stiviere (Mn) e l'Officina dei racconti e delle favole, dove insegna ai bambini e ai ragazzi a conoscere e rispettare la natura e gli altri. Il seme della respon-
«Mi piacerebbe che tutti potessero vedere direttamente la Rarahil Memorial School, gli obiettivi che raggiunge, per rendersi conto che vale davvero la pena aiutare tutti quei bambini e quei ragazzi, poveri del mondo. Lo studio restituisce dignità e futuro ma soprattutto È una grande occasione di libertà e di riscatto sociale»
sabilità è contagioso, l'esempio di Fausto è prezioso, ma non basta. «L'amico Elio Mutti, insieme al preside della scuola, segue personalmente i casi dei ragazzi piú disagiati offrendo supporto psicologico alle famiglie con problemi particolarmente gravi. Purtroppo le difficoltà sono tante e spesso si è costretti a fare delle scelte prioritarie per affrontare i disagi maggiori mentre si vorrebbe poter aiutare così da vicino tutti». Il progetto di scolarizzazione di Kirtipur è sostenuto in vari modi dall'Italia: attraverso versamenti, donazioni ma soprattutto attraverso le adozioni a distanza a cui si può aderire con circa 420 euro all'anno. Le adozioni permettono di far studiare e pagare il convitto e l'assistenza sanitaria ai bambini più poveri, che provengono spesso da famiglie dove l'alcolismo ha creato situazioni insostenibili o dove i genitori
L'adozione a distanza di un bimbo nepalese che frequenta la Rarahil Memorial School non è un'operazione complicata: basta compilare il coupon di adesione che si trova nella sezione 'adozioni' del sito nepal.senzafrontiere.com e inviarlo via fax alla Fondazione Senza Frontiere (0376 772672) o per posta in via S. Apollonio, 6 - 46042 Castel Goffredo (Mn). Il pagamento della quota di 420 euro può essere effettuato con bonifico in Posta (conto n. 14866461 - IBAN IT74S0760111500000014866461 intestato a 'Fondazione Senza Frontiere ONLUS'). Per i riferimenti bancari si può invece consultare il sito. Attenzione: è fondamentale inserire sempre la causale 'Adozione Nepal'.
sono disabili. Le adozioni, però, non bastano: «Una scuola come la nostra sta in piedi grazie alle rette pagate dalle famiglie benestanti locali che riescono a coprire anche quelle di chi non potrebbe, altrimenti, permettersi 'il lusso' di mandare i propri figli a scuola». Sono fondamentali anche gli aiuti di istituzioni - come ad esempio la Provincia di Trento - di aziende e di tutte le persone che, come l'amico Roberto Giordani di Montura, credono fortemente nella causa di questo progetto. «Mi piacerebbe che tutti potessero visitare la Rarahil Memorial School, gli obiettivi che raggiunge, per rendersi conto che vale davvero la pena aiutare tutti quei bambini e quei ragazzi, poveri del mondo. Lo studio restituisce dignità e futuro ma soprattutto è una grande occasione di libertà e di riscatto sociale» conclude De Stefani.
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SKI-ALP WEB Guido Valota
Il profilo personale dell’utente raccoglie i report inseriti dallo stesso nel tempo, divisi per scialpinismo, roccia, ghiaccio, escursionismo. Un bel diario personale per chi non ama l’interattività diretta del blog. E un curriculum alpinistico pronto per l’uso.
Il form dei report è essenzialE per scelta redazionale accoglie solo tre foto. Inserire altre foto nel forum ‘Dove siamo andati’, uno dei più seguiti, è un po’ macchinoso.
on-ice.it Utilizzato soprattutto nelle Alpi Centrali, è semplice, ‘politically correct’ ma soprattutto pratico e utile On-ice è un sito user friendly, semplice e pratico da consultare. Intervenire e perfino inserire report è molto immediato e veloce, anche se proprio la semplicità del form suscita le critiche di chi vorrebbe maggiori dettagli. Gli admin restano del parere che indicazioni troppo precise equivalgano a un maggior rischio di errore indotto, e anche noi concordiamo: a ciascuno il dovere di informarsi, controllare e integrare quello che trova sul web.
Itinerari Il database non è sterminato ma la qualità delle descrizioni è molto alta; si riscontra soprattutto nella precisione delle salite su roccia, ambiente in cui eventuali approssimazioni si evidenzierebbero. La grandissima parte descrive zone orobiche, le grandi classiche dello scialpinismo nell’arco alpino centrale, nei Grigioni e in Val D’Aosta. Le altre aree decisamente meno, fino a essere perfino assenti dal database. In compenso sono descritti alcuni percorsi di alta qualità e pochissimo frequentati.
LA SCHEDA
Utenti registrati 3.200 Utenti attivi
circa 200
Report Il form non è articolatissimo ma comprende i campi essenziali. Come sempre le valutazioni vanno prese per quel che può valere il giudizio di uno sconosciuto (sul web la responsabilità è di chi legge). Lo spazio per i commenti personali è illimitato; spesso viene usato in funzione social per raccontare l’esperienza personale più che per fornire informazioni.
Visitatori unici
da 4.000 a 7.000 al giorno
Pagine visitate
tra 40.000 e 70.000 al giorno
Forum È piuttosto vivo. Una moderazione con una linea precisa ha imposto rispetto reciproco all’interno della community, che attualmente si confronta con toni educati e praticamente senza che i moderatori debbano mai ‘bannare’. Nel giro dei siti web di montagna il forum di on-ice è giudicato un po’ troppo ‘ecumenico’. Ma la buona educazione sembra dare i suoi frutti e i thread sono più numerosi che in altri forum.
roccia 120
Il record
gennaio 2012 con 1.200.000 pagine visitate
Database itinerari ski alp
300
ghiaccio e misto
200
escursionismo 180
Inserimenti report Nei weekend primaverili con meteo e neve a posto quasi cento al giorno, in prevalenza per lo scialpinismo, ma si leggono più report della stessa salita. In queste condizioni è istruttivo confrontare i diversi giudizi personali sulle stesse condizioni reali: quando spaziano da ‘eccezionali’ a ‘discrete’ si scatena il gossip. Fuori stagione con meteo impossibile i report crollano a una ventina al giorno ma accade di rado.
Grafica Essenziale è dir poco. Recenti problemi con la piattaforma hanno addirittura eliminato gli avatar. Anche le opzioni per gli utenti sono ridotte al minimo indispensabile. Sono allo studio aggiornamenti. In compenso questa semplicità estrema invita a registrarsi un buon numero di quelli che davanti a un pc temono di venire morsicati.
Picchi NEI contatti unici Di gran lunga il lunedì per effetto social: curiosità per le uscite del weekend, condivisione con la community, confronto delle scelte. E il venerdì, ma un po’ meno, per le ultime decisioni.
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PIERO GHIGLIONE testo: Giorgio Daidola
HALL OF FAME
Ahead * precursore L'ingegnere torinese è stato il primo a scendere con gli sci dalle montagne di tutto il mondo, a partire dall'inizio del '900. Un vero e proprio freerider che utilizzava anche sci a doppia punta
P
Piero Ghiglione, ingegnere colto e benestante, nacque a Borgomanero nel 1883. Socio del primo Sci Club d'Italia, lo Ski Club Torino, effettuò uno straordinario numero di spedizioni scialpinistiche ed alpinistiche in tutti i continenti nella prima metà del Novecento, esattamente fino al 1960. Ghiglione, per gli amici 'Piero Presto' perché aveva sempre fretta (di ripartire!) morì in un banale incidente d'auto nell'ottobre del 1960 nei pressi di Trento, di ritorno da un'arrampicata lampo sulla Paganella, durante il Film Festival della Montagna di Trento. Aveva 77 anni, era appena rientrato da una spedizione in Groenlandia dove aveva stupefatto per la sua perfetta forma i suoi più giovani compagni di avventura Carlo Mauri e Giorgio Gualco. Era ovviamente di fretta, doveva allenarsi per la prossima spedizione, non poteva starsene seduto tutto il giorno a seguire film e conferenze del Film Festival! Come ebbe lui stesso a scrivere, la sua vita si può sintetizzare in tre magiche parole. «Una piccola piccola: sci. Che si unisce ad un'altra immensa: montagna. La terza appare candida e silenziosa: neve». Sci-montagna-neve in tutti i continenti, una spedizione dopo l'altra, tutte segnate da un'irrequietezza, una vitalità, un dinamismo davvero unici in tempi in cui si attraversavano ancora gli oceani con i transatlantici. La sua lunga e fraterna amicizia con il grande Marcel Kurz, il padre
dell'alpinismo invernale con gli sci, ovvero dello scialpinismo, la dice lunga sulla levatura di Piero Ghiglione, all'apparenza un uomo piccolo e mingherlino ma tutto nervi, capace di imprese di altissimo valore. Basti citare la prima (ed unica) salita con gli sci al Golden Throne (7250 metri) nel Karakorum, a cui abbiamo dedicato un paragrafo in questo articolo. Lo sciatore Ghiglione fu innanzitutto sciatore, prima di diventare alpinista. Laureatosi brillantemente a Zurigo in ingegneria, lavorò alla Siemens di Berlino e poi per la Fiat e per la Lancia in Germania e in Norvegia. Parlava correntemente cinque lingue. Oltre che allo sci, si dedicò per parecchi anni al pattinaggio artistico, origine di ogni forma di scivolata. Seguace di Adolfo Kind, il padre dello sci italiano, divenne ben presto un buono sciatore e nel 1913, quando lavorava a Berlino, vinse una scommessa alla 'Jules Verne' davvero eccezionale per quei tempi: salire e scendere con gli sci in 20 giorni, andata e ritorno in treno da Berlino, il Kazbek (5045 metri) in Caucaso. Durante la guerra del 1915-1918 venne assegnato ai corsi di sci diretti dal maggiore Umberto Mautino, a cui è stata dedicata la famosa capanna dello Ski Club Torino sopra i monti di Cesana Torinese. Ghiglione praticò anche il salto con gli sci dal trampolino, perché sapeva, avendo letto le opere fondamentali sullo sci di Caulfeild ('How to ski and how not') e di Zarn e Barblan ('L’art du Ski'), che non è possibile diventare grandi sciatori se non si è capaci di saltare con i meravigliosi 'pattini alati'. Nel 1928 lo sciatore Ghiglione è maturo per pubblicare l'insuperato volume 'Lo sci e la tecnica moderna'. Ricco di una documentazione fotografica di prim'ordine e di una grafica densa di particolari di buon gusto, il grande libro è un inno di amore per lo sci e fa di quest'ultimo più di uno sport. Il volume è molto diverso dai classici manuali tecnici
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«… in bicicletta capita di pedalare anche per otto ore e devi saper dosare le energie, nello scialpinismo invece le gare sono più brevi, si parte e si arriva a tutta».
In questa pagina. Da sinistra a destra Il Golden Throne, scalato da Ghiglione del 1934. Piero Ghiglione al ritorno dalla vetta del Golden Throne. Nella pagina accanto. I componenti della spedizione Dyhrenfurth al Karakorum sul 'Conte Verde'
e tende, soprattutto nella seconda parte, dedicata alla 'arte dello sciare', ad assumere un valore universale, fuori dal tempo. Secondo Ghiglione infatti «i principi fondamentali di una qualunque azione sportiva, così come il camminare al bambino, sono e saranno all'uomo sempre i medesimi». Quasi a dire che lui non si occupa propriamente di tecnica sciistica, che è data da un insieme di concetti in continua evoluzione ma di tutto ciò che nello sci non cambierà mai, perché tutt'uno con il senso profondo dello sciare. Una visione dello sci completa e spirituale, quella di Ghiglione, legata alle sensazioni, all'esperienza, al senso della neve. A tutte quelle cose insomma che spesso mancano allo sci dei giorni nostri. Dopo aver passato in rassegna gli elementi che trasformano «lo scivolare sulla neve in una vera manifestazione artistica» avverte che questi elementi, se considerati «isolati e teorici, non hanno alcun valore: solo nel loro insieme possono far toccare le altezze dell'arte, ossia lo stile». Ecco quindi chiarita la differenza fra 'tecnica' e 'stile', una differenza spesso ignorata dai moderni tecnici dello sci. In sintesi lo sci per lui è armonia, ritmo, momento estetico e trova nel salto la sua massima espressione. Si tratta di una visione dello sport bianco alla quale non venne mai meno e che gli permise di realizzare fantastici progetti con le sue 'ali' ai piedi. Ghiglione volle provare tutto dello sci. Mosso da una passione incontenibile andò in Lapponia e scoprì gli sci lunghissimi, difficili da girare ma con un galleggiamento in neve alta e una sicurezza su ghiacciaio insuperabili: non a caso li utilizzò nelle sue salite himalayane. Ma fu anche un precursore degli sci corti, utilizzando aste di soli 120-130 centimetri, facili e leggere, tessendone i pregi con un tale fervore e convinzione da farsi molti nemici. Inventò gli sci pieghevoli, ideali compagni di viaggio in ogni occasione. Fu forse anche il primo a utilizzare sci a doppia spatola, come quelli da freestyle, che gli permettevano, come racconta Guido Tonella (cfr. Storia dello Ski Club Torino, pag. 99), di effettuare «il doppio telemark, avanti e indietro… saltando con la più sorprendente leggerezza al di sopra delle gobbe: un’autentica rivela-
zione per noi tutti, che pure non eravamo affatto alle prime armi». Ghiglione effettuò un numero impressionante di scialpinistiche di alto livello nelle Alpi, spesso da solo, quando non trovava compagni. Ecco due delle sue gite di 'allenamento' alle spedizioni estive: - partenza a mezzanotte dalla capanna Chanrion, traversata dei colli Petit Mont Collon, de l'Eveque, del Mont Brulé e della Tête de Valpelline, arrivo alla capanna Schonbuhl 18 ore dopo (Pasqua 1926); - Capanna Britannia, Adlerpass, salita allo Stockhorn,
L'arte di sciare «…ogni manifestazione artistica ha due valori ben distinti: uno oggettivo, l'altro soggettivo. Il primo desta l'ammirazione e produce un piacere estetico nello spettatore; ma il secondo suscita tutta la gioia intima e personale dell'artista. Anche lo stile, in quanto è arte, procura gioia allo sciatore. Questo godimento, questo puro piacere fisico e spirituale insieme, però soprattutto spirituale, è tuttavia difficilmente spiegabile con parole, appunto perché è un sentimento; ma certo è vivissimo in chiunque compia con sicurezza una grande discesa di stile…» Piero Ghiglione, Lo sci e la tecnica moderna, pag. 262
traversata del ghiacciaio Gorner, salita al Teodulo, discesa al Breuil (da solo, 24 maggio 1926). Ghiglione continuò a usare gli sci ogni volta che poteva nei suoi grandi viaggi in America del sud e del nord, in Nuova Zelanda, in Africa, in Himalaya e in Groenlandia. Per lui gli sci erano insomma degli importantissimi compagni di viaggio. Sulla 'Rivista Mensile' scrisse nel 1927: «Quando vedo ancor oggi alpinisti di ottima fama che si ostinano direi ad improbe fatiche, pur di non usare gli sci... non posso che deplorare la cocciutaggine umana che pure si spezzerà un giorno, non lontano… segnando il più grande trionfo dello sci in tutte le sue forme». Da ricordare in particolare, oltre alla spedizione in Karakorum del 1934 della quale parleremo più avanti, la 'doppietta' del 1937, con la prima traversata in sci di tutto il cratere del Kilimangiaro e la traversata invernale della Lapponia, oltre 500 chilometri da Kiruna a Bossekop. Questa voglia di grande scialpinismo non venne mai meno in lui. A 77 anni, una settimana prima di morire, aveva aperto la stagione il primo ottobre con una salita in solitaria sopra il Sempione, incurante del brutto tempo, perdendosi al ritorno nella tormenta. Come sciatore Ghiglione fu anche un visionario, in quanto aveva capito l'enorme potenziale che aveva lo sci da discesa. Aveva analizzato lo sviluppo delle stazioni invernali svizzere basato sulle ferrovie e aveva profetizzato: «Lo sci verrà inesorabilmente sempre più ad avere un'importanza enorme nella vita invernale della nostra montagna. Lo spirito moderno della gioventù d 'oggidí vi concorre». L'alpinista Ghiglione arrivò all'alpinismo piuttosto tardi, attraverso la pratica dello sci. Certamente durante il periodo della sua attività ci furono alpinisti più dotati. Nessuno ha però esteso come lui il campo di attività alle montagne di tutto il mondo, assumendo quel ruolo di alpinista esploratore proprio dell'alpinismo delle origini. Innumerevoli furono le sue prime salite sulle Ande, in particolare in Perù e nell'Africa equatoriale. Il suo amico Marcel Kurz, grande cartografo
«…questo vecchio sciatore ed alpinista che continua a salire delle montagne ad un’età in cui gli altri hanno da un pezzo rinunciato ad ogni velleità sportiva, non costituisce soltanto un autentico fenomeno dal punto di vista della fisiologia, ma resta un esempio insuperabile di volontà e di energia…» Guido Tonella, Storia dello Ski Club Torino, pag. 100
svizzero oltre che grande scialpinista, lo stimolava a preparare mappe di zone, come quella del Sud del Perù, che erano ancora dei grandi buchi bianchi sulle carte di allora. Tantissime le discussioni fra i due amici, il monumentale Kurz e il piccolo Ghiglione, sulle altitudini delle vette, in quanto per Ghiglione erano giuste solo le sue, rilevate con il sistema barometrico, mentre Kurz insisteva sulla scientificità del sistema trigonometrico e ironizzava sul fatto che le quote rilevate dal torinese erano sempre più alte! Come alpinista Ghiglione era molto prudente e in oltre sessanta spedizioni non ebbe mai un incidente. Arrampicò spesso con grandi guide e grandi alpinisti, da Francesco Ravelli a Gabriele Boccalatte, da Carlo Mauri a Renato Chabod, da Arturo Ottoz a Ottorino Mezzalama. Tra le sue salite più importanti sulle Alpi ricordiamo la parete nord-est del Mont Blanc de Tacul, la sud ovest al Pic de la Brenva, le prime alla sud-est della Tour des Jorasses e la parete nord alla Torre nord delle Aiguilles Marbrées. In montagna era un uomo completamente felice e il suo dinamismo, la sua irrequietezza e la sua arguzia erano eccezionali anche se talvolta sconcertanti. Aveva dei continui cambiamenti di umore e il suo carattere rude tutto scatti e nervosismi gli fece attribuire anche il soprannome di 'Ghiglione il borbottone'. Come capo spedizione venne ingiustamente criticato per la tragedia del Monte Api in Himalaya, dove Roberto Bignami morì cadendo in un torrente durante la lunga marcia di avvicinamento e Beppe Barenghi e Giorgio Rosenkrantz non fecero ritorno dalla cima di 7132 metri. I due forti alpinisti avevano voluto tentare la cima partendo dal campo base. Per Ghiglione si trattava di un dislivello troppo grande, soprattutto a quella quota e su di un terreno sconosciuto. Propose di dimezzare la salita allestendo un campo alto ma, rimasto inascoltato, rinunciò alla salita. La remota zona dell'Api venne abbandonata solo quando rientrò quasi cieco lo sherpa che era con i due alpinisti: Barenghi era scomparso nel brutto tempo nei pressi della cima mentre il freddo, l’altitudine e il brutto tempo avevano stroncato Rosenkrantz durante la salita.
Il capolavoro Golden Throne L'attività scialpinistica di Ghiglione toccò il vertice nel 1934 con la conquista del Golden Throne (7250 m) in Karakorum, insieme agli svizzeri André Roch e Jam Balajeff. Nel corso della stessa spedizione Ghiglione salì anche l'inviolato Queen's Mary Peak (7422 m), utilizzando gli sci fino a 7000 metri. Questi exploit avvennero nell'ambito della spedizione Dyrhenfurth fra i ghiacciai Baltoro e Siachen, una zona di montagne fantastiche purtroppo chiusa all'alpinismo e allo sci da molti anni a causa della logorante guerra di posizione in altitudine indo-pakistana. Il modo in cui Ghiglione era riuscito ad aggregarsi a questa spedizione, pagando beninteso la sua quota, la dice lunga sulla determinatezza e l'entusiasmo dell'uomo. In una nebbiosa giornata del novembre 1933 egli si recò appositamente a Neuchatel in Svizzera e bussò alla porta di casa di Marcel Kurz, che ancora non conosceva ma sapeva essere membro della spedizione. «Sono l'ingegner Ghiglione - disse in un perfetto francese con un bel sorriso e togliendosi il cappello - vorrei partecipare alla spedizione Dyhrenfurth in Karakorum…» I due strinsero subito amicizia e Kurz raccomandò calorosamente Ghiglione a Dyhrenfurth. C'era però un problema. Ghiglione sperava di arrivare in tempo per la partenza, prevista in nave da Trieste per il 13 aprile 1934, perché prima sarebbe stato impegnato in una spedizione in America del Sud, all'Aconcagua...
Salito l'Aconcagua, Ghiglione riuscì ad arrivare in nave a Napoli il 5 aprile e a raggiungere i membri della spedizione Dyhrenfurth a Trieste per il giorno della partenza. Immaginiamo che riuscì anche a passare nella sua bella casa di Torino per salutare la fedele moglie Lucia che non era sportiva e trascorreva le giornate «in perpetua lotta con il postino» nell'attesa di notizie da quel giramondo di marito. A proposito di questo concatenamento di spedizioni Ghiglione scrisse nel sue volume 'Dalle Ande all’Himalaya' (pag. 71): «Per le spedizioni alpinistiche può succedere quello che avviene per le ciliegie, una tira l'altra». Da Bombay la spedizione Dyhrenfurth raggiunse Srinagar in Kashmir e di qui, come era possibile a quei tempi, l'alto Baltoro, con una lunghissima marcia di avvicinamento durata dal 15 maggio al 28 giugno. In particolare la spedizione passò dalla Sella Conway (6350 metri), luogo di estremo interesse scialpinistico, ora irraggiungibile a causa della guerra fra India e Pakistan. La Sella Conway è il passaggio chiave fra i ghiacciai Siachen e Baltoro e permette la più completa traversata scialpinistica del Karakorum. Una traversata compiuta per la prima e unica volta dagli americani Galen Rowell e Ned Gillette nel 1982, poco prima della definitiva chiusura a causa degli eventi bellici. Da notare che tutti i membri della spedizione Dyhrenfurth fecero ampio uso degli sci, soprattutto per motivi di sicurezza nella progressione sui ghiacciai. A
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PIERO GHIGLIONE
questo proposito, per rendere più sicura la progressione Ghiglione, che era fautore degli sci corti, fece un'eccezione alla regola, utilizzando sci lunghi 209 centimetri. In frassino e con le lamine avvitate, attacco Gresvig, permettevano il mezzo telemark e il telemark corto ma la sciancratura modesta (8-5,7-5,8) li rendeva tutt'altro che facili. Ghiglione dormì almeno sette notti nella tendina ai 6350 metri della Sella Conway, con temperature notturne di -15 gradi. «Saporitamente - disse lui - utilizzando il sacco a pelo come materasso, ficcandomi solo in due leggeri sacchi di flanella…». Da questo campo, in compagnia degli svizzeri Roch e Balajeff salì in sci al Golden Throne definito «un monumentale ammasso di ghiaccio». In una delle ricognizioni dell'itinerario raggiunse un colletto a quota 7120 metri da cui ebbe «una completa visione di tutto il bacino glaciale sottostante» e capì che «il Siachen si collega, per una grande valle o altipiano alquanto sciistico ai versanti, pure piuttosto sciistici, del Queen's Mary Peak e del Baltoro. Nel Siachen scende poi quel magnifico, lungo e vago ghiacciaio senza nome, eccelso e tutto candido... che già intravidi dal Colle Pionneer Peak il 24-25 giugno. Da questo ghiacciaio se ne diparte un altro, crepacciato ma a dolce fondo. Si potrebbe scenderlo in sci»(Dalle Ande all’Himalaya, pag. 219). Ghiglione aveva capito che si poteva passare in sci dallo Siachen al Baltoro, attraversando la spalla del Sia Kangri. Si tratta proprio dell'itinerario percorso da Rowell e Gillette 50 anni dopo. Nella spedizione Dyhrenfurth gli sci vennero utilizzati anche nella traversata di colli inviolati come lo Zoji-là fra Kashmir e Baltistan. «In nessuna regione dell'Himalaya lo sci è così utile come in quella del Karakoram - scrive - questi arnesi ci furono talmente provvidenziali che senza di essi non avremmo certamente potuto proseguire nella lunga serie di ghiacciai: anzi persino nelle vaste seraccate ne constatammo l'utilità. La salita in sci a grandi altitudini è molto più agevole che non l'ascendere a piedi. Gli sci importano un certo ritmo nel modo di procedere che è appunto la norma, per non dire il segreto, indispensabile per raggiungere grandi altitudini». L'uomo Piero Ghiglione era ed è più conosciuto all'estero che in Italia. Dopo la sua morte fu la Fondazione Svizzera per Esplorazioni Alpine a dedicargli un intero numero speciale, con allegata la sua preziosa carta orografica del Sud Perù. In Italia, a parte l'eccellente necrologia dedicatagli da Bonacossa sulla Rivista Mensile (1961, pagg. 83-87), un articolo a firma Dino Buzzati sul Corriere della Sera e uno di Guido Tonella nel volume 'Storia dello Ski Club Torino' del 1971, poco o nulla si fece per ricordare le sue imprese, quasi si trattasse di un personaggio scomodo. Il numero speciale svizzero, coordinato da Marcel Kurz, con scritti dello stesso Kurz, di Adolfo Balliano, Francesco Cavezzani, Giorgio Gualco, René Dittert, André Roch, Guido Tonella e altri noti nomi dell'alpinismo internazionale, compagni di avventura di Ghiglione, col-
ma la mancanza di una biografia. O di una autobiografia che Ghiglione, se ne avesse avuto il tempo, avrebbe probabilmente scritto. Da questi ricordi dei suoi compagni di avventura l'uomo Ghiglione traspare in tutta la sua complessità, con i suoi pregi, i suoi difetti e le sue contraddizioni. Che sia stato un precursore e un visionario non c'è però alcun dubbio e soprattutto i giovani avrebbero interesse a conoscere meglio il suo scialpinismo di ricerca. Dino Buzzati sul Corriere scrisse che probabilmente Ghiglione aveva sottoscritto un patto con il tempo del tipo «Ghiglione, prometto di lasciarti giovane ad una sola condizione: che tu non ti fermi mai», Una critica che gli veniva fatta spesso era quella di cadere talvolta in esagerazioni, nei suoi libri ed articoli. Questo, anche a detta dei suoi amici, era vero ma si trattava di piccoli peccati veniali, legati al carattere irruente dell'uomo, che tendeva ad esaltare ed esaltarsi. Se l'accademico Ghiglione ebbe detrattori anche all'interno del CAI e non ebbe onorificenze e biografie in Italia, fu probabilmente per altri motivi. Oltre al suo carattere furono anche le sue invidiate disponibilità finanziarie a renderlo antipatico a molti. I soldi gli permisero di abbandonare il lavoro per vivere pienamente i suoi sogni di sciatore e alpinista, scrivendo libri e articoli quando trovava il tempo di farlo. Da notare che Ghiglione autofinanziò sempre le sue spedizioni, non si fece mai sponsorizzare. Estremamente parsimonioso, secondo alcuni decisamente avaro, viaggiava in modo frugale, senza permettersi alcun confort o lusso, perché temeva che i suoi soldi, prima o poi, finissero! Un'altra sua caratteristica era quella di essere contrario alle regole e ai permessi. La montagna per lui doveva essere espressione di assoluta libertà. Certamente era un individualista impregnato di una filosofia edonistica e questo, malgrado i suoi meriti scialpinistici e alpinistici, non piacque in certi ambienti. Ghiglione era l'esempio lampante della coesistenza nello stesso individuo di un diritto e un rovescio alla Albert Camus. A differenza di molti, non nascondeva questa contraddizione ma la rendeva palese con i repentini cambiamenti di umore, che mettevano a nudo le sue fragilità e i suoi limiti.
In alto. Da sinistra, in senso orario. La parete sud del Queen Mary Peak con l'itinerario di salita. Un campo durante una delle spedizioni di Ghiglione. Sul ghiacciaio Duca degli Abruzzi. A Col Busson in Val di Susa. Salendo al Colle Conway.
Le Opere Lo sci e la tecnica moderna, Istituto d'Arti Grafiche, Bergamo 1928 Sciatore novecento, Gazzetta del Popolo, Torino 1933 Manuale di Istruzione Sciistica, CONIFIS, Torino 1933 Dalle Ande all'Himalaya, Montes, Torino 1936 Montagne d'Albania, Istituto De Agostini, Novara 1941 Males e Shuipnise, Distapur, Tirana 1942 Le mie scalate nei cinque continenti, Hoepli, Milano 1942 A zonzo per il mondo, S.E.I., Torino 1944 Himalaya-Karakorum, De Agostini, Novara 1946 Il Monte Bianco, De Agostini, Novara 1947 Nelle Ande del Perù, Garzanti, Milano 1953 Eroismo e tragedia sul Monte Api, Garzanti, Milano, 1955 Dall'Artico all'Antartico, S.E.I., Torino 1960 Ottorino Mezzalama, Storia dello Ski Club Torino, Torino 1971, pagg. 97-98 In sci alla Vanoise e alla Grande Motte, Storia dello Ski Club Torino, Torino 1971, pagg. 101-104
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Ad esempio, mentre in spedizione viveva come un povero pellegrino, senza concedersi alcun confort, amava avere una casa bella, pulita e ordinata. Durante il secondo conflitto mondiale, quando una bomba distrusse il suo alloggio in Corso Francia a Torino, andò a vivere a Courmayeur, dove si fece costruire una piccola villa. Un'altra delle sue caratteristiche positive fu quella di non parlare mai male dei compagni di spedizione ma di tesserne sempre elogi. Venne spesso criticato, ma non criticò mai nessuno. Un gran signore insomma, riservato, con momentanei scatti di ira tipici del cane che abbaia ma non morde. Nel 1956 perse la moglie Lucia, alla quale era legato da un affetto profondo. Stupì tutti, amici compresi, quando pochi anni dopo, nel 1959, si risposò con la sua nuova segretaria di 22 anni. Un matrimonio in gran segreto, celebrato alle 6.30 del mattino in una chiesa di Milano, perché 'Piero Presto' due ore dopo doveva partire per il Perù!
«…possibile che gli anni passino su di lui come un lieve soffio d’aria sul granito?... All’anagrafe, un vecchio. Nella realtà un uomo in piena forma, che un misterioso incantesimo di giovinezza sembrava sospingesse senza tregua, da un continente all’altro, senza limite di tempo» Dino Buzzati, Corriere della Sera, 11 ottobre 1960
Beh, il lettore a questo punto l'avrà capito. Per chi scrive Ghiglione, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, è stato un grande, «quasi un mito», come scrisse Buzzati. Un uomo di cui ho seguito spesso le tracce con i miei sci e in cui mi ritrovo spesso, specie nel desiderio continuo di viaggiare e nell’irrazionale e pericoloso rifiuto di invecchiare. Ghiglione amava disperatamente la giovinezza e covava nel cuore il desiderio di Faust. Nascondeva con cura i suoi acciacchi, non voleva farsi vedere in condizioni minorate, amava scherzare sui suoi anni dicendo che lui non era vecchio, era semplicemente nato prima degli altri. Il fatale incidente di Trento, per uno come lui, forse è stato meglio del sicuro declino. Mi spiace di non averlo potuto conoscere personalmente. Ma in fondo, è come se ciò fosse avvenuto. Attraverso amici comuni e i suoi scritti a me sembra davvero di aver sciato con lui sulle montagne bianche dei nostri sogni.
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NEVE E VALANGHE testo: renato cresta Renato Cresta è nato a Genova nel 1936. Arruolato come ufficiale degli alpini, ha prestato servizio presso reparti di Alpini Paracadutisti ed ha comandato il Plotone Atleti della Scuola Militare Alpina. Istruttore militare di sci e di alpinismo, maestro di sci, sia di fondo che di sci alpino. Lasciato l’Esercito con il grado di Capitano, si è dedicato alla libera professione come direttore
sportivo della stazione di Macugnaga e, successivamente, degli impianti del Passo dello Stelvio. Attualmente opera come consulente in materia di neve e valanghe, occupandosi prevalentemente di sicurezza in ambienti innevati. È richiesto come insegnante ai Corsi di Formazione professionale per maestri di sci e per responsabili della sicurezza delle stazioni di sport invernali.
(Il tempo in montagna - Zanichelli), la regione alpiuccederà anche quest’anno, ne sono convinto: succederà che, nel tardo na riceve circa il doppio delle precipitazioni (pioggia mattino di un giorno di tardo autunno, mi accorgerò che l’aria è rin+ neve) che si registrano nelle regioni pianeggianti frescata e il cielo si è appannato; nel pomeriggio la luce si farà diversa dei dintorni. Le Alpi Giulie segnalano le medie plue la montagna si metterà lo ‘chador’. Solo allora mi accorgerò che è viometriche annuali più elevate, ma le precipitazioni cessato lo strepito burlone dello stormo di gracchi che, tutto il giorno, è rimasto riunito sui prati vicini al cimitero. Ora che quei fracassoni si sono involati per chissà dove, mi renderò conto che ogni rumore è cessato e, nel silenzio che si è fatto profondo, vedrò svolazzare incerte le prime stelle di neve. Poche e piccole, le vedrò sfavillare un istante mentre attraLa lontananza dal mare e l’incontro delle correnti versano la luce di un lampione lontano e, determinano il clima, la quantità e la qualità delle lentamente, scendere a imbiancare i fili d’erba e i rami spogli degli alberi. È il precipitazioni nevose. Ecco perché una stessa fascino della prima neve, così fragile ed perturbazione porta più o meno ‘oro bianco’ in diversi evanescente. Anche se le previsioni mesettori alpini e appenninici teo m’informano che la perturbazione è profonda e che nevica su buona parte delle montagne dell’Italia del Nord, la neve che imbianca Macugnaga è diversa nevose sono inferiori a quelle delle Alpi occidentali e da quella che, nel frattempo, cade a Limone Piemonte o a Canazei. Poi la perturbazione si delle Alpi Atesine. I flussi che giungono dal Mar Tirsposterà e nevicherà anche all’Abetone e a Roccaraso e queste nevi saranno diverse da quella reno arrivano rapidamente sulle Alpi Apuane e gache sto calpestando nel prato intorno a casa. Sì, sempre di neve si tratta, ma chi se ne intende rantiscono un buon innevamento anche al settore, sa che c’è neve e neve, proprio come c’è vino e vino. Senza allontanarci troppo da casa, prenun poco più all’interno, dell’Abetone e del Monte Cimone, che faticosamente si spinge di poco sopra i diamo in esame le nevi delle Alpi e dell’Appennino.
C’è neve e neve
Il clima dei nostri monti può essere definito di montagna delle zone temperate, ma ha caratteristiche diverse da settore a settore montano, perché è in stretto rapporto con le pianure sottostanti e con il mare, che non è mai troppo lontano. Le Alpi nord-occidentali e centrali distano 200 chilometri dal Mar Ligure; non è molto, ma è già sufficiente a raffreddare i flussi d’aria che giungono dal Mediterraneo, obbligandoli a scaricare, sui rilievi costieri e in pianura, una buona parte dell’umidità trasportata. Le Alpi Orientali, che non distano più di 150 chilometri dalle coste dell’Adriatico, ne sentono un certo influsso. Le Alpi Liguri e le Marittime fanno addirittura il pediluvio nel Mar Ligure. In Appennino le Alpi Apuane sono a quattro passi dal mare e l’Abetone dista meno di 50 chilometri (in linea d’aria) dalle spiagge della Versilia; più a sud, i gruppi più elevati, dai Monti Sibillini, ai Monti della Laga, al Gran Sasso e alla Maiella, distano non più di 60 chilometri dall’Adriatico e sono la pri-
ma barriera che si oppone alle perturbazioni fredde che giungono dai Balcani. Tutto questo ci fa comprendere che effettivamente ci deve essere qualche differenza tra le nevi di un settore montano prossimo al mare e le nevi di un settore dell’interno. Il versante settentrionale delle Alpi è prevalentemente interessato da flussi d’aria umida che giungono dall’Atlantico e che, talvolta, scavalcano il crinale, sopratutto dove questo non è molto elevato, e scaricano il troppo pieno sul versante meridionale. In linea di principio, tutto l’arco alpino italiano e l’Appennino sono interessati in prevalenza da flussi di origine mediterranea. Quando una corrente atmosferica incontra una catena montuosa lungo il suo cammino, urta contro una barriera che deve risalire. La risalita, il raffreddamento dell’aria, la condensazione del vapor d’acqua, le precipitazioni che ne seguono, non sono altro che la conseguenza di questo effetto di risalita. Secondo G. Kappenberger e J. Kerkmann
2.000 metri di quota. I massimi delle precipitazioni delle Alpi centro-occidentali si registrano sull’allineamento Gran Paradiso - Monte Rosa - San Gottardo, mentre i massimi dell’alta montagna si registrano sul Monte Bianco, che è interessato sopratutto dai flussi da ovest, e sul Monte Rosa, con prevalenza di flussi da sud-est. Dal punto di vista delle precipitazioni nevose (sono queste che ci interessano), le Alpi hanno il vantaggio di ricevere flussi umidi da entrambi i versanti, ma alcune vallate, come la Valle d’Aosta, il Vallese e parte della Valtellina, che si sviluppano dentro profonde crepe della catena alpina, ricevono la stessa quantità di precipitazioni che raggiunge il centro della Sicilia (meno di 600 millimetri annui). Anche se il fondovalle di queste vallate, tagliato fuori dal flusso di aria umida, soffre di un regime di semiaridità, la sommità delle giogaie che le fiancheggiano, molto elevate, riceve in tutto il suo vigore il flusso delle correnti e segnala precipitazioni abbondanti che, a causa della
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quota, sono quasi esclusivamente nevose. La cartina delle precipitazioni medie annue (estratta da un lavoro di T. Gazzolo e pubblicata sul volume di Mario Pinna ‘L’Atmosfera e il clima’) mostra la distribuzione delle precipitazioni nevose sull’arco alpino e sull’Appennino centro-settentrionale. Come si vede, la superficie interessata da precipitazioni superiori ai 500 centimetri dell’Appennino abruzzese-molisano è più vasta della superficie alpina interessata da identica quantità di neve che, tra l’altro, sulle Alpi è raggiunta a quote più elevate.
Clima di tipo marittimo o continentale Per clima di un luogo s’intende il regolare succedersi di uguali situazioni meteorologiche che si ripetono negli stessi periodi del ciclo solare. I climatologi riconoscono cinque tipi base di clima (ognuno suddiviso in più sottotipi) in funzione di due parametri: temperatura e piovosità. Alpi e Appennini rientrano in un clima di montagna delle zone temperate, che può essere meglio precisato come marittimo o continentale. Si definisce marittimo quando la vicinanza del mare induce una limitata escursione della temperatura tra il mese più caldo e il più freddo; quando questa differenza si accentua, si parla di clima di tipo continentale e l’ampiezza dell’escursione termica può essere adottata come indice del grado di continentalità. Al clima del settore alpino che comprende le Alpi nord occidentali, centrali e, in parte, le Alpi orientali, in cui le precipitazioni sono abbastanza differenziate da settore a settore, ma avvengono con temperature generalmente fredde, può essere attribuito il carattere di continentale. Hanno un clima marittimo, invece, le Alpi Liguri e Marittime e tutto l’Appennino. Ci sono settori, come le Alpi Cozie, comprese tra le Alpi Marittime e le Alpi Graie, che non possono essere nettamente attribuiti a uno dei due tipi di clima precedenti, ma hanno un clima di transizione tra i due. È indubbio che la stessa perturbazione può portare neve sia sulle Alpi, sia sugli Appennini ma, trascurando la quantità, che è anche associata all’altitudine, la neve dei settori con climi continentali ha caratteristiche diverse da quella dei settori con climi marittimi. Specialmente dopo che si è depositata al suolo, la neve dei settori ‘continentali’ si trova in un ambiente molto freddo, che ne condiziona l’evoluzione in modo molto diverso dal processo verso cui è solitamente indirizzata la
neve dei rilievi che rientrano in un clima marittimo, meno rigido. Ne parleremo nel prossimo numero. Il parere di un climatologo Mario Pinna (Docente all’Università di Pisa) nel suo volume L’Atmosfera e il Clima (Utet) tratta l’argomento piuttosto velocemente, ma in maniera molto chiara, come riporto di seguito. «Nelle nostre Alpi la neve cade abbondante, tanto che sui 2.500 - 2.700 metri si hanno 6-7 metri di neve all’anno… Un breve sguardo alla distribuzione della neve in Italia ci mostra che nella Pianura Padana si passa da circa 10 centimetri nella zona del Delta a 30-35 centimetri nel territorio di Milano e a 40-50 nell’area compresa tra Torino e l’imbocco della Val di Susa. La quantità di neve rimane modesta all’interno delle valli alpine, nei fondovalle, ma poi aumenta rapidamente col procedere verso l’alto, sopratutto nelle Alpi Occidentali, che sono le più interne, le più continentali. A 1.000 metri cadono circa 150 centimetri di neve nelle Alpi Centrali e Occidentali e 110-115 centimetri in quelle Orientali; a 2.000 metri rispettivamente 500 e 400 centimetri. Nel versante tirrenico dell’Appennino settentrionale i valori si abbassano notevolmente, mentre in quello adriatico, almeno intorno ai 2.000 metri, i totali annui non sono inferiori a quelli che si hanno nelle Alpi. Una sensibile diminuzione si ha nell’Appennino centrale… ». A commento dei due grafici relativi all’andamento delle precipitazioni nevose (anch’essi dovuti alle ricerche di T. Gazzolo), il Prof. Pinna aggiunge «… sono più nevosi i versanti che danno le spalle al mare e i rilievi delle zone più interne: è dunque evi-
dente che per la neve i fattori più importanti sono la continentalità e l’altitudine, le quali concorrono d’inverno a determinare le basse temperature». Basta, infatti, uno sguardo ai grafici delle precipitazioni nevose annue per osservare che il versante dell’Appennino Ligure che si affaccia sul mare è ben poche volte bianco di neve, mentre il versante che dà le spalle al mare può contare, mediamente, su almeno un metro di neve. Procedendo verso nord, vediamo come le precipitazioni nevose apportino neve in abbondanza (oltre 4 metri) nelle Valli dell’Ossola e ancor più verso il Gottardo. Nei 42 anni trascorsi da quando ho iniziato a condurre le osservazioni sulle precipitazioni nevose a Macugnaga, ho rilevato una media di 427 centimetri annui, ma alla quota di 1.300 metri, cioè più in basso della quota indicata sul grafico. Devo però precisare che, a meno di quattro chilometri da Macugnaga, si innalza la barriera del Monte Rosa, che blocca le correnti da sud-est e impedisce che proseguano verso il Vallese che, come abbiamo già visto, è piuttosto povero di precipitazioni. Inoltrandosi per la Val Formazza, le correnti si dirigono verso il gruppo del San Gottardo e qui scaricano tutto il carico di umidità che si sono portate appresso. Non per nulla dal Gottardo prendono origine tre fiumi di notevole portata: il Rodano, il Reno e il Ticino. Il secondo grafico, che tratta l’innevamento delle Alpi Apuane -Abetone, è da leggere con attenzione, perché cambia la scala dell’altezza neve (300 centimetri invece di 600), ma mostra comunque come l’Appennino Tosco-emiliano, a quote almeno 1.000 m più basse, riceva la stessa quantità di neve di cui beneficiano le Alpi.
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SKIROLL testo: Guido Valota foto: Enrico Schiavi
TECNICA
Autunno
su tre ruote Lo skiroll è uno strumento perfetto per l'allenamento dello scialpinista nelle stagioni di transizione. Ecco i nostri suggerimenti tecnici e i prodotti più adatti alle esigenze degli ski-alper
estate è terminata da tempo e lo scialpinista ha ormai assimilato le attività a secco di neve: dal running al ciclismo, dall'alpinismo al trail... passando per un sano scarico fisico e mentale nel dolce far niente, magari al mare. E ora l'autunno proietta al momento più atteso: l'arrivo della neve con il ritorno agli adorati sci. Come ingannare l'attesa? C'è uno strumento davvero efficace che riesce ad anticipare le sensazioni della scivolata e dell'impegno fisico globale così caratteristico dello skialp: lo skiroll. Si tratta di attrezzi perfezionati in decenni di pratica intensa e regolare da parte degli atleti dello sci nordico di ogni livello. I tanti scialpinisti provenienti dal fondo hanno subito riconosciuto nello skiroll un metodo perfino più adatto a preparare la salita continua con le pelli che l'alternarsi secco di fuori soglia-recupero delle gare di fondo. Ecco perché anche gli ski-alper puri lo stanno adottando sempre di più per mantenere gesto tecnico, coordinazione con la respirazione e una buona condizione della muscolatura specifica. In realtà rimangono delle differenze tra la sfera tecnico-atletica dello skiroll e quella dello ski-alp: le diverse pendenze affrontate, la resistenza allo scivolamento opposta dalle pelli, la continua varietà degli appoggi e delle spinte nell'ambiente innevato. Però tutti gli altri metodi di preparazione sono molto più lontani dal gesto sulle pelli.
Equilibrio e coordinazione Molti scialpinisti di vertice usano gli skiroll, e li usano bene: sciano, nel senso tecnico del termine, guadagnando terreno in scivolamento come nel passo alternato dello sci di fondo. Anzi, in 'rotolamento', che è una sensazione leggermente diversa (e divertente). La spinta del passo viene ottimizzata fino ad arrivare al completo caricamento del corpo in equilibrio dinamico sull'attrezzo in avanzamento. A questo livello tecnico dello sciatore, la gamba che ha terminato la spinta si scarica e si stacca dal terreno come nella fase di volo della corsa. È semplicemente sci di fondo, ma equilibrio e coordinazione sono capacità molto più importanti di quanto generalmente si creda anche nella camminata con le pelli, quella quasi senza scivolata. Inoltre l'evoluzione dei materiali sta modificando il gesto nella direzione di un maggiore avanzamento oltre l'ampiezza del passo. Si vedano le nuove pelli race sempre più performanti… e siamo solo all'inizio. Comunque l'allenamento su skiroll è efficace anche per chi non esegue un bell'alternato da fondista. Oltre a impiegare un tempo maggiore per coprire la stessa distanza è da considerare che alla fine delle prime uscite avrà speso più energie per imparare a usare i nuovi attrezzi che per coprire dislivello. Uno dei maggiori benefici dello skiroll è proprio lo sviluppo di capacità e adattamenti!
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GUIDO VALOTA 50 anni, bergamasco di Curno, maestro di sci nordico con un passato agonistico di alto livello con gli sci stretti. Skyrunner agli albori della disciplina, scialpinista e alpinista. Ha preso parte a numerose edizioni del Trofeo Mezzalama e della Patrouille des Glaciers. Si occupa da quest'anno dell'area racing di Ski-alper. guido.valota@mulatero.it
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SKIROLL Nelle foto. Il nostro Guido Valota impegnato nel test degli ski-roll sulle rampe del Passo dello Stelvio. Lo potete vedere in azione con assetto da sci di fondo oppure da scialpinismo, quello che ci interessa maggiormente
Come allenarsi Con gli skiroll è possibile effettuare tutti i lavori normalmente previsti nei cicli di preparazione, in volume e in qualità: lunghi lenti, medi, velocità, qualità intervallata. Allo scialpinista interessa solo la salita; pur considerando che si lavora in sovraccarico, con una buona tecnica sciistica i lavori di qualità andrebbero prolungati oltre la durata dei corrispondenti di corsa in salita, per esempio. La personalizzazione va come sempre stabilita esaminando i propri dati con competenza, a maggior ragione negli sport in cui si incrociano variabili come tecnica, attrezzo, terreno. L'impegno aerobico è sufficientemente confrontabile a quello dello scialpinismo a parità di intensità prodotta.
Un parametro generico per un buono scialpinista: con asfalto bello e pendenza media attorno al 10/12%, 10 chilometri di salita con skiroll da training rappresentano un'uscita soddisfacente. Possiamo paragonarla a 1.000 metri sulla neve (che di solito si sviluppano su una distanza minore). La scorrevolezza dell'attrezzo scelto incide sensibilmente e quindi ne va tenuto conto: un'uscita di gruppo con skiroll diversi lo conferma duramente dopo pochi minuti! Cosa fanno gli atleti top «I ragazzi dell'Esercito fanno skiroll un paio di volte alla settimana nell'ambito di una preparazione molto diversificata - ha confermato l'allenatore dei gio-
vani azzurri Lillo Invernizzi -. Sciano esattamente come nel fondo, con attrezzi da allenamento non frenati e scarpe da fondo. Anche Gloriana Pellissier, che non proviene da quello sport, ora tira un bell'alternato». Pietro Lanfranchi li usa regolarmente in estate con attacchino e scarponi modificati. Avvistato in una gara autunnale con parterre qualificato in sorpasso su un forte specialista. Ad Albosaggia Ivan Murada ne produceva, oltre ad usarli. Ora allena i ragazzi, anche su skiroll. Michele Boscacci ha iniziato in ottobre a inserirli nel suo allenamento. Noi stessi abbiamo visto Filippo Beccari all'inizio di ottobre allo Stelvio fare skiroll il pomeriggio dopo l'uscita mattutina di oltre 2.000 metri sul ghiacciaio con i valtellinesi.
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Forse non tutti sanno che... 1- I bastoncini devono montare punte in widia, l'unico materiale che aggancia la grana dell'asfalto. I puntali da fondo di qualità li adottano e sono disponibili come ricambi. Col freddo l'asfalto si indurisce e va prevista ogni tanto una leggera riaffilatura con mola apposita e senza surriscaldare. Nel web fioriscono i suggerimenti tecnologici. Specialisti a parte, un paio di affilature a stagione sono più che sufficienti. L'efficienza dei bastoncini è cruciale per sciare bene. 2- Ruote larghe in gomma sono più confortevoli, assorbendo meglio le vibrazioni degli asfalti vecchi. I diffusissimi tre ruote veloci (diametro 100 mm) montano battistrada in polimeri più duri: meglio restare su strade in buone condizioni. Diametri piccoli subiscono maggiormente la rugosità dell'asfalto e purtroppo anche un'eventualità rara ma possibile: il sassolino della forma sba-
Tre itinerari da non perdere Tre salite che valgono la trasferta. Va organizzato bene il ritorno a valle: può capitare che non passino auto per ore! Alpi occidentali: il Piccolo San Bernardo è la salita dei ragazzi dell'Esercito, ma d'estate è trafficata. Quasi tutte le valli laterali della Val d'Aosta sono adatte. Salite la stupenda Valgrisenche: da Arvier, poco dopo Aosta, più di 1.000 metri in dislivello su circa 17 chilometri di pendenze varie fino alla diga di Beauregard. Ambienti molto vari, traffico minimo, asfalto ottimo. Alpi centrali: il passo San Marco, a 1.991
gliata che si incunea tra asfalto e ruota, bloccandola. Un ottimo compromesso sono gli attrezzi con le tre ruote in gomma, anche se di solito hanno diametro inferiore. A parità di cuscinetti, minor diametro delle ruote corrisponde a minor rotolamento. Mediamente una mescola morbida rallenta l'avanzamento.
In quasi tutte le zone di montagna lo skiroll è tacitamente tollerato, con buon senso: ricambiamo il buon senso salendo a bordo strada, non affiancati, non al buio, evitando le discese, anche se corte e con lieto fine in risalita: l'imprevisto è in agguato, gli skiroll non permettono di arrestarsi in spazi brevi. E l'asfalto è molto abrasivo.
3- Le suole delle scarpe da fondo sono prodotte in materie plastiche. Se si torna giù per il sentiero prevedere scarpe da trail al seguito, magari portandosele legate a un marsupio.
5- Lo skiroll è user-friendly: non si rompe, dura molti anni, le ruote consumate sono disponibili come ricambi, non ingombra in auto, non è traumatico per le articolazioni e soprattutto non necessita di manutenzione! Se usato sotto la pioggia è comunque bene asciugarlo quanto prima.
4- Il codice della strada proibisce espressamente la circolazione con 'acceleratori d'andatura' sulle strade aperte al traffico e perfino sulle piste riservate ai pedoni. Inutile girarci attorno e discutere con gli agenti di PS: hanno ragione loro e basta! Flavio Saltarelli ne tratta compiutamente su questo stesso numero.
metri, collega le province di Bergamo e Sondrio. Sono ben 27 chilometri e quasi 1.800 metri di dislivello da Morbegno, partendo dai boschi di castagni fino agli alpeggi in quota. Pendenze morbide, un tratto più ripido a Albaredo, due brevi tratti pianeggianti. Carreggiata un po' stretta in basso. Attenzione a una brevissima discesa ai 20 chilometri circa: meglio a piedi. Asfalto buono, traffico minimo in autunno, accettabile in piena estate. Il versante bergamasco presenta un tratto centrale di qualche chilometro piuttosto ripido, oltre il 16%, e partendo da Olmo al Brembo si sviluppa per 17 chilometri. Asfalto mediamente buono. Interessante la possibilità di sfruttare la pista ciclabile sulla vecchia ferrovia della Val Brembana: oltre 20
6- Salire in skiroll un passo alpino deserto, con il freddo del primo inverno, appena prima della sua chiusura... non è proprio come fare ski-alp su una montagna innevata, ma qualche bella sensazione la dà!
chilometri in salita leggerissima fino a Piazza Brembana, poi altri due chilometri per l'inizio della salita vera e propria: quasi una PdG! Alpi orientali: in Val di Fiemme ci si allena sul Rolle e sul Manghen, 2.043 metri. Quest'ultimo non è mai trafficato e presenta asfalto eccezionale per via di recenti passaggi del Giro d'Italia. Da Molina sono 17 chilometri e 1.230 metri di dislivello in pineta e poi pascolo. Pendenze in progressione. La seconda parte non scende mai sotto il 10%.
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SKIROLL
scelta Dell'attrezzo Allo scialpinista interessano solo modelli per il training. Nel servizio presentiamo anche skiroll con rallentatore per simulare l'attrito delle pelli, freni che possono quasi azzerare l'avanzamento oltre il passo. Frenati o liberi? Meglio basarsi su gusti e preferenze, ma soprattutto sul proprio livello tecnico! Un buon scialpinista-fondista preferirà comunque sciare godendosi la fase di scivolata su un solo attrezzo. Altrimenti è conveniente affidarsi a skiroll rallentati e procedere come con le pelli, senza grandi necessità di equilibrio. Sono due gesti completamente differenti. Cambiano anche il lavoro muscolare e quello di tutta la catena biomeccanica, ma pure i due sciatori dell'esempio hanno esigenze diversissime! Due o tre ruote? Su tre ruote, di cui le due posteriori ai lati dell'asta, la stabilità è sensibilmente maggiore, ma una volta impostata la direzione non la si corregge se non riposizionando lo skiroll. Sono gli attrezzi preferiti da chi non vuole avere problemi di equilibrio. Invece su due sole ruote (larghe e leggermente bombate, 'a botticella') la pianta del piede provvede a regolare direzione ed assetto sull'appoggio. I due ruote possono richiedere una fase di adattamento più lunga rispetto ai tre ruote, ma poi sviluppano sensibilità che tornerà utilissima sulla neve. Minori rischi di aggancio tra le ruote interne durante lo scambio. Usando gli scarponi la stabilità è massima con qualunque attrezzo. Scarponi o scarpe da fondo? Con lo scafo rigido si guadagna in stabilità, con le scarpe in sensibilità. Ma sulla calzatura devono incidere maggiormente altre considerazioni: clima, costi, praticità e soprattutto il piacere del gesto. Cosa scelgono gli scialpinisti che già li usano? I costruttori interpellati dicono che molto dipende da chi ha iniziato per primo in quella determinata zona: poi si crea un gruppo che ne segue l'esperienza. In generale la maggioranza sceglie le scarpe da fondo, skiroll lenti anche senza meccanismi frenanti, modelli a tre ruote.
6 bolidi
provati per voi
I pesi sono riferiti al mezzo paio senza attacco. La lunghezza comprende la ruota. La larghezza è un valore importante: più largo uguale più stabile... ma anche a maggior rischio di 'inciampare' in aggancio tra i due skiroll. Tutti i costruttori offrono la possibilità di richiedere l'antiritorno sulle ruote in differenti combinazioni. Skirollo ProKlisterpeso ������������������ g 1.300 peso .................................................................. g 1.050 lunghezza..................................................... mm 770 larghezza .........................................................mm 80 diametro ruote ..............................................mm 68 227 euro Un due ruote senza piastra per attacco ski-alp, predisposto per il freno anteriore. Divertente per sciare in libertà, preciso, silenzioso, molto ben rifinito. Antiritorno solo sull'anteriore: il grip è stato limitato in questo modo per scelta; lo apprezzeranno i fondisti, ma basta portare al posteriore la ruota antiritorno e il grip diventa quasi totale. Ski Skett ALP peso ����������������������������������������������������������������������g 1.300 lunghezza .......................................................mm 780 larghezza ����������������������������������������������������������� mm 89 diametro ruote �������������������������������������������������mm 73 261 euro Due ruote, antiritorno posteriore, senza piastra, i fori degli attacchini risultano molto vicini ai fianchi del telaio. Versione a gomme più morbide del Bull, attrezzo collaudatissimo e di successo tra i fondisti. Il peso comprende un freno all'anteriore, con caratteristiche base. Avanzamento morbido e pastoso ma non lento. Con lo scarpone è stabile come un tre ruote.
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Skirollo Vertical Dual Trainer
Ski Skett Biturbo peso ..................................................................... g 950 lunghezza..................................................... mm 755 larghezza....................................................... mm 124 diametro ruote ..............................................mm 80 393 euro (3 ruote antiritorno) Tre ruote in gomma a sezione ovale con antiritorno solo sull'anteriore riducono molto il grip di questo paio. Soluzione adatta ai fondisti che devono sviluppare la sensibilità al grip aleatorio delle scioline di tenuta, non agli ski-alper puri abituati alle pelli; meglio richiedere l'antiritorno integrale. Scorrevole e piacevole ma l'ingombro laterale al posteriore tiene in ansia.
peso ...................................................................g 1.530 lunghezza.................................................... mm 820 larghezza .........................................................mm 80 diametro ruote.............................................. mm 68 396 euro La versione completissima del ProKlister, per scialpinisti. Due ruote antiritorno, grip totale. Il peso comprende piastra pre-forata con viteria per Dynafit-ATK e spessori scarpone più il meccanismo frenante anteriore. Rifiniture e meccanica di evidente qualità. Il freno è molto sviluppato; efficace già appena appoggiato, con più pressione servono proprio gli scarponi per vincere senza deformazioni la resistenza complessiva. Consentirebbe lunghe discese a velocità regolata... ma è vietatissimo!
Skirollo Vertical Trainer 3R/H peso .................................................................. g 1.600 lunghezza .................................................... mm 830 larghezza ....................................................... mm 107 diametro ruote ......mm 68 ant. e mm 100 post. 356 euro Tre ruote antiritorno: stabilissimo anche perché la ruota anteriore è larga e a botticella come sui due ruote. Suscita perplessità (e qualche minimo assestamento posturale in pianura) il leggero dislivello dell'asta causato dai diversi diametri, circa il 2%. Una specie di leggero alzatacco? Il peso include la piastra pre-forata con viteria per Dynafit-ATK e gli spessori, ma non il freno.ruote.
F-RolSki SkiAlp peso .................................................................. g 1.200 lunghezza .................................................... mm 780 larghezza .......................................................mm 108 diametro ruote ..............................................mm 80 308 euro Tre ruote antiritorno, delle quali l'anteriore più larga: non scivola indietro neanche sbagliando tutto. Costruzione precisa ed essenziale, estetica meno rifinita dei modelli presentati sopra. Grip assoluto e scorrevolezza lo rendono adatto a chi vuole anche divertirsi nell'allenamento. Ottimo assorbimento delle vibrazioni.
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NEVE E DIRITTO testo: FLAVIO SALTARELLI Flavio Saltarelli, classe 1963, avvocato civilista, pratica scialpinismo dall’età di 18 anni. Si occupa per passione delle problematiche legate alle responsabilità connesse agli sport in ambiente montano e ha partecipato a diverse competizioni di ski-alp. Per eventuali quesiti: avvocatosaltarelli@studiolegalesaltarelligrassi.191.it
Skiroll,
meglio chiedere l’autorizzazione
La
Il codice della strada ne vieta l’utilizzo sulla carreggiata. Come fare se non si dispone di una pista nei pressi di casa? pratica dello skiroll ha certamente una valenza altamente positiva per lo scialpinista che nel periodo estivo e autunnale vuole allenarsi ‘a secco’, ma non sono poche le difficoltà normative che occorre superare per poter svolgere questa attività sportiva in piena legittimità e sicurezza. Tutto ciò perché il legislatore ritiene e qualifica gli skiroll non come mezzo di trasporto, ma come un semplice strumento sportivo, al pari degli sci. Da questo consegue l’impossibilità di circolare liberamente su strade aperte alla pubblica circolazione dei veicoli o al passaggio pedonale. Il divieto è posto direttamente dal Codice della Strada e precisamente dai commi 8, 9 e 10 dell’art. 190 che di seguito riporto: comma 8. La circolazione mediante tavole, pattini od altri acceleratori di andatura è vietata sulla carreggiata delle strade. comma 9. È vietato effettuare sulle carreggiate giochi, allenamenti o manifestazioni sportive non autorizzate. Sugli spazi riservati ai pedoni è vietato usare tavole, pattini od altri acceleratori di andatura che possano creare situazioni di pericolo per gli altri utenti. comma 10. Chiunque viola le disposizioni del presente articolo è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 24 a euro 94. Da quanto appena esposto si deduce che il divieto non interessa l’utilizzo dei pochi skiroll che consentono di muoversi fuoristrada, purché si utilizzino non su sedi stradali ma su prati. È dunque possibile utilizzare gli skiroll senza incorrere negli strali della legge solamente sulle rare piste esistenti oppure in seguito a specifiche autorizzazioni che è lecito richiedere espressamente agli enti gestori delle strade interessate. Il comma 9 dell’art. 190 del Codice della Strada prevede infatti, come mi risulta che alcuni gruppi e club sportivi abbiamo fatto, la possibilità di presentare istanza a chi sia responsabile della circolazione di una strada (ANAS, Provincia o Comune) per ottenere una specifica autorizzazione anche per gli allenamenti, oltre che per le gare. Questa istanza può essere redatta secondo lo schema del facsimile che è scaricabile dal sito skialper.it. Qualora un soggetto che pratica skiroll senza autorizzazione di sorta sia coinvolto in un incidente stradale con un veicolo, lo stesso skirollista sarà sicuramente sanzionato agli effetti dell’art. 190 del Codice della strada. La sanzione amministrativa per aver violato il divieto non comporta tuttavia la necessaria e conseguente attribuzione della re-
SCARICA IL MODULO
per richiedere l'autorizzazione a circolare con gli skiroll skialper.it/downloads/modulo-skiroll.pdf sponsabilità dell’eventuale sinistro. Infatti la responsabilità dell’incidente, con tutte le eventuali conseguenze ai fini del risarcimento, potrebbe anche ricadere totalmente sul conducente del veicolo, qualora l’evento si sia realizzato per concreta ed esclusiva colpa di quest’ultimo.
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PREPARAZIONE testo: Lorenzo Bortolan e Aldo Savoldelli
Il CeRiSM – Centro di Ricerca Sport, Montagna e Salute, diretto dal professor Federico Schena, è stato attivato nel dicembre 2010 dall’Università di Verona come evoluzione del precedente Centro Interuniversitario di Ricerca in Bioingegneria e Scienze Motorie (CeBiSM) istituito nel 1995 dalle
Università di Brescia, Trento, Udine e Verona. Le principali aree di ricerca e di formazione sono: attività sportiva in montagna, attività fisica e salute, adattamento e risposte funzionali agli ambienti straordinari. Il CeRiSM svolge attività di ricerca di base e applicata nell’ambito dell’attività fisica e
Organizza il tuo allenamento Iniziamo con questo numero una collaborazione con il CERISM (Centro Ricerca Sport Montagna e Salute) di Rovereto per conoscere i segreti dell’allenamento applicati allo scialpinismo. Cominciamo con il monitoraggio del volume e dell’intensità del training
NEL PROSSIMO NUMERO L'equipe del Cerism ci presenterà un esclusivo studio scientifico sullo scialpinismo con dati raccolti al Sellaronda e su un solo soggetto in tre diverse tipologie di gara (vertical, classica e Sellaronda).
Perché ci alleniamo? Ci alleniamo per determinare nel nostro organismo dei cambiamenti tali per cui esso sia in grado di fornire una prestazione migliore. Con l’allenamento si va, quindi, a modificare uno stato di equilibrio del nostro organismo, creando un stress al quale l’organismo reagisce con un meccanismo detto di ‘supercompensazione’. È bene tenere presente che i cambiamenti indotti dall’allenamento sono il risultato della ripetizione organizzata e strutturata di ‘stress’ fisici e che ogni cambiamento è legato alla natura, all’intensità e alla durata dello sforzo stesso. Per far fronte a questa serie ripetuta di stimoli, il nostro corpo reagisce con una serie di adattamenti (fisiologici, anatomici, ecc.) che, nel tempo, portano a un livello di condizione fisica migliore di quella iniziale, consentendoci di compiere un determinato tipo di sforzo in maniera più intensa o
di fare lo stesso più agevolmente. Quindi il ‘volume’ e soprattutto l’intensità dell’allenamento dovrebbero essere continuamente modulati in modo che l’organismo si possa sempre adattare correttamente senza incorrere in stati di affaticamento prolungato che potrebbero condurlo a una ‘sindrome da sovrallenamento’ (ne parleremo in uno dei prossimi numeri). Per questo è importante monitorare l’intensità dello sforzo e il carico di lavoro a cui ci si sottopone durante le sedute d’allenamento. Ciò può essere fatto indirettamente (ad esempio monitorando la durata o il dislivello superato) o direttamente, registrando specifici parametri psicobiologici. Questi ultimi risultano essere lo strumento più adeguato al nostro scopo in quanto consentono di discriminare adeguatamente lo stress fisiologico a cui ogni atleta è sottoposto, anche a parità di allenamento eseguito.
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sportiva con particolare attenzione alle risposte all’ambiente naturale e in condizioni straordinarie (ipossia e ipo/ipertermia), specificità di genere in popolazioni sane, soggetti anziani e soggetti con patologie cronico-degenerative. L’attività didattica si concretizza con corsi di formazione e aggiornamento
per insegnanti, corsi post-laurea finalizzati alle attività motorie in montagna, master internazionale Outdoor Activities for Health, corsi di formazione con la Scuola dello Sport del CONI Trentino su sport e attività fisica, congressi nazionali ed internazionali, incontri di promozione ed educazione sportiva. Il Centro offre servizi
in ambito di valutazione funzionale e fisiologica, supporto medico, consulenze scientifiche e ricerche su commissione per privati, istituzioni, federazioni, enti sportivi ed aziende. Per info: cerism@cerism.it - tel 0462 601605
I parametri che comunemente vengono valutati sono il consumo di ossigeno, la frequenza cardiaca e la percezione dello sforzo (scala di Borg). Se il primo è di difficile utilizzo sul campo, gli ultimi due possono essere rilevati e valutati agevolmente. La frequenza cardiaca va sia monitorata durante l’allenamento (è possibile svolgere, per esempio, un lavoro intervallato a un valore di frequenza cardiaca prestabilito) sia valutata a posteriori per verificare se le prescrizioni della seduta sono state raggiunte valutando, ad esempio, le percentuali del tempo di allenamento passate in diverse fasce d’intensità. Queste è importante che siano determinate in modo personalizzato, sottoponendosi a una valutazione funzionale, un test che non è altro che una fotografia del nostro stato di forma. È utile che questa prova avvenga in laboratorio perché si può disporre di attrezzature specifiche, ma soprattutto per la possibilità di ripetere lo stesso protocollo nel tempo, per verificare se sono stati raggiunti i miglioramenti cercati. L’esecuzione del test dovrà essere però più simile possibile allo sport specifico, per questo motivo sono state cercate soluzioni che permettono di riprodurre il gesto tecnico più vicino allo scialpinismo. Un primo accorgimento è l’utilizzo di tappeti rotanti che consentono di impostare pendenze elevate e sufficientemente larghi da consentire l’uso dei bastoncini. Un ulteriore passo verso la riproduzione del gesto specifico è l’utilizzo di skiroll. Con un test di questo tipo si possono ottenere informazioni riguardo il massimo consumo d’ossigeno (famoso come VO2max) che è il massimo volume di ossigeno (O2) che il soggetto può consumare nell’unità di tempo durante l’esercizio (può essere paragonato grossolanamente alla cilindrata del motore di un atleta). Quindi avremo atleti più potenti e altri meno, purtroppo! Questo valore è utile rapportarlo al peso corporeo, del resto è diverso avere un 2.000 cc. su un’utilitaria o su un camion… Per individuare le fasce d’intensità che verranno poi utilizzate durante l’allenamento si possono applicare diversi metodi che ci danno i valori, per esempio, di frequenza cardiaca a intensità corrispondenti alla soglia aerobica e anaerobica. Questi valori sono molto
«…con l’allenamento si va a modificare uno stato di equilibrio del nostro organismo, creando un stress al quale l’organismo reagisce con un meccanismo detto di ‘supercompensazione’…»
livello di capacità della prestazione sportiva
Nella foto di apertura. Gli atleti del Centro Sportivo Esercito in allenamento. Qui a lato. Alcune fasi del test presso il Cerism con ski-roll su tappeto rotante inclinato.
supercompensazione carico
tempo
recupero affaticamento
correlati con la performance ed è importante dunque che siano alti, più ‘vicini’ possibile a quelli massimali. Riassumendo, da una valutazione di questo tipo si possono ottenere valori di frequenza cardiaca massimale e alle due ‘soglie’, con cui individualizzare le intensità di allenamento da effettuare in funzione del periodo e dell’obiettivo. Infine, per impostare un programma d’allenamento, è necessario conoscere quali sono le richieste fisiologiche e le intensità alle quali vengono sostenute le competizioni, ovvero il modello prestativo. Questo è stato studiato in numerosi sport (corsa e ciclismo su tutti) ma anche nello scialpinismo qualcosa inizia a muoversi. Per raggiungere l'obiettivo è necessario indossare un cardiofrequenzimetro non solo in allenamento, ma anche durante le competizioni, per poter poi analizzare le percentuali del tempo di gara trascorse nelle diverse fasce d’intensità predeterminate attraverso un test in laboratorio. Nel prossimo numero presenteremo degli esempi per approfondire questa tematica nello scialpinismo.
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ALLENAMENTO testo: Vittorio Micotti*
* Vittorio Micotti Coordinatore della preparazione atletica squadre sci alpino FISI
Quota e prestazione Come influisce l’altitudine sulle prestazioni sportive e come allenarsi per le gare oltre i 2.000 metri? Anche se esistono pochi studi sullo scialpinismo, ci sono tanti protocolli per gli altri sport di endurance che possono essere adattati Le competizioni di ski-alp, pur avendo radici negli anni ’30, si sono notevolmente diffuse e sono diventate popolari solo negli ultimi 15 anni. Di pari passo anche il mondo della ricerca scientifica si sta rivolgendo solo ultimamente a questa disciplina. Sono innumerevoli gli studi fatti nel corso degli anni nelle varie discipline sportive di endurance sugli effetti che l’allenamento in quota ha sulle prestazioni a livello del mare e sulle tempistiche e intensità che questo allenamento deve avere per ottenere il massimo rendimento. Sono però pochi quelli che si sono focalizzati sull’allenamento specifico per migliorare le prestazioni nelle competizioni che si svolgono in quota. Sicuramente l’assioma da cui non ci si può esimere è che per ottimizzare le performance sportive fatte in condizioni ambientali di ridotta pressione parziale di ossigeno (ipossia) è necessario che ci sia un adattamento indotto sia dall’esposizione che dall’allenamento fatto in altitudine. I ricercatori, infatti, sono in accordo nel ritenere necessario un periodo di permanenza e di allenamento in altura quando l’obiettivo è quello di competere in quota. L’esposizione e l’allenamento in condizioni d’ipossia determinano un lungo processo di adattamento che interessa tutte le funzioni dell’organismo, che comprendono una serie di adattamenti metabolici, biochimici ed ematologici che vengono sintetizzati nel termine ‘acclimatazione’. L’aria è una miscela gassosa costituita da circa il 78% di azoto, il 21% di ossigeno e lo 0,04% di anidride carbonica più alcuni gas inerti (argon, elio, ozono). La pressione atmosferica è data dalla somma delle singole pressioni parziali di questi gas che la compongono; con l’aumentare dell’altitudine si riduce la pressione atmosferica e pertanto si riducono in modo proporzione anche le pressioni parziali dei singoli gas. Il dato più rilevante dal punto di vista fisiologico è la riduzione della pressione parziale dell’ossigeno (PO2) all’aumentare della quota. A un aumento di altitudine corrisponde una minor quantità di ossigeno a disposizione per i nostri polmoni, dunque il sistema cardiocircolatorio porta meno ossigeno ai tessuti muscolari (per diminuzione della saturazione dell’emoglobina) e ne consegue un minore utilizzo (per diminuzione del gradiente pressorio) dello stesso ossigeno. Di conseguenza si ottiene un calo dell’efficienza e della prestazione per effetto della diminuzione del massimo consumo di ossigeno (VO2 max) e della massima potenza aerobica. Un ulteriore effetto negativo dell’altitudine sull’organismo è che l’aria meno densa costringe l’organismo a ventilare maggiori volumi d’aria, sia in condizioni di riposo sia durante lo sforzo fisico, con conseguente incremento di anidride carbonica eliminata, determinando alcalosi respiratoria (aumento del ph nel sangue) e come risposta fisiologica l’iperventilazione. Come risponde il fisico La risposta che il sistema cardiovascolare adotta per compensare l’ipos-
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Nelle due foto. A sinistra Eydallin e Trento dell'Esercito e qui sopra le due 'bormine' Martinelli e Pedranzioni in azione nall'ultima edizione del Tour du Rutor (foto Areaphoto)
sia dovuta all’aumento dell’altitudine è l’incremento della gittata cardiaca e della frequenza cardiaca con conseguente aumento del volume di sangue che raggiunge i tessuti. Diverse sono le risposte dell’organismo rispetto gli sforzi sub-massimali o massimali. Nel primo caso inizialmente (risposta acuta) si ha, a parità di richiesta di lavoro rispetto alla normossia (pressione di ossigeno come a livello del mare), un incremento della frequenza cardiaca che tenderà a normalizzarsi con il passare del tempo (risposta cronica) e quindi con l’acclimatazione. Nel caso di sforzi massimali la frequenza cardiaca massimale tenderà a diminuire. Un ulteriore adattamento che l’organismo mette in atto rispetto all’esposizione cronica alla quota è quello a livello della composizione del sangue, riducendo il volume plasmatico (parte liquida del sangue) fino a stabilizzarsi nel giro di alcune settimane. Si ha anche un aumento della sintesi di globuli rossi (eritrociti) e quindi anche di emoglobina. Queste condizioni comportano un aumento della capacità di trasporto dell’ossigeno da parte del sangue. I motivi dell’aumento dei globuli rossi sono tre: aumento della mobilizzazione degli eritrociti dalla milza, aumento della secrezione di eritropoietina (entro sei ore dall’esposizione all’ipossia) e riduzione del volume plasmatico per disidratazione. L’incremento del numero di globuli rossi fa aumentare anche l’ematocrito (rapporto tra parte corposcolata e parte liquida del sangue) e la concentrazione di emoglobina. Pur non esistendo delle misure specifiche legate allo ski-alp, in letteratura si possono trovare dei dati sul decremento del massimo consumo di ossigeno (VO2 max), che è il parametro maggiormente correlato alle prestazioni aerobiche, tra misure fatte a livello del mare e quelle rilevate a quote definite. Si va da una riduzione del 5-10% intorno ai 2.000 metri fino al 40% intorno ai 4.500 metri. Range che possono variare in modo evidente in funzione del soggetto analizzato, dalla durata dell’esposizione all’ipossia (acuta e cronica) e dal grado di allenamento. Consigli pratici per lo scialpinista Per competere in situazioni di ipossia bisogna che l’atleta sia abituato alla situazione ambientale, pertanto è consigliabile svolgere allenamenti alle altitudini delle competizioni. Per chi volesse ottimizzare al meglio il training è possibile attenersi alle indicazioni che vengono utilizzate in altri sport per gli stage in quota. Classic altitude training È la pianificazione più semplice e la più utilizzata. Gli at-
leti soggiornano e si allenano a quote variabili dai 1.500 ai 3.000 metri per periodi compresi tra le tre e le sei settimane con lo scopo di perfezionare l’acclimatazione con adattamenti centrali e periferici per migliorare la performance in quota. A supporto di questa metodologia ci sono alcune ricerche scientifiche, fatte su atleti non acclimatati, che indicano un incremento dell’emoglobina del 6-9% dopo un periodo di quattro settimane vivendo e allenandosi ad altitudini superiori a 2.000 metri. Sono stati rilevati anche livelli di lattato, a parità di carico, più bassi di quelli rilevati prima dell’allenamento in altitudine. Ciò corrisponde a un miglioramento della velocità a livello della soglia anaerobica e a una maggior efficienza energetica del sistema aerobico. Per ottimizzare l’organizzazione e per sfruttare al massimo le possibilità del classic altitude training, è raccomandabile scegliere un’altura maggiore o uguale a 2.000 metri e soggiornarci per un periodo di almeno tre-quattro settimane. L’intensità di allenamento deve essere monitorata costantemente. Living High-Training Low Questo protocollo di fatto è stato introdotto e studiato al fine di migliorare le performance a livello del mare, ciò non toglie che gli adattamenti indotti possono avere un effetto positivo anche nelle competizioni in altitudine. La metodologia consiste nel vivere (per circa 10-12 ore al giorno) a una quota naturale di circa 2.500/4.000 metri e allenarsi sotto i 1.000 metri (nello skialp è trasformabile sotto i 2,000 metri). L’obiettivo principale di questa pratica è stimolare i meccanismi di acclimatazione all’ipossia durante il riposo e, contemporaneamente, consentire di mantenere alta l’intensità dell’allenamento, in quanto questo viene svolto in condizioni di normossia. Lo stimolo ipossico può essere applicato durante il sonno notturno o durante il giorno nei periodi di recupero… La durata tota-
le di un protocollo LHTL, inoltre, deve essere di almeno quattro settimane e l’esposizione all’ipossia di almeno 12 ore al giorno. Periodi inferiori, infatti, non sembrano sufficienti a stimolare e a provocare gli adattamenti ricercati. I mezzi di controllo dell’allenamento nello ski-alp L’allenarsi e il competere in altitudine implica un grosso stress psicofisico, il processo di adattamento indotto dall’allenamento è dettato e mediato da processi fisiologici ben definiti ma a carattere soggettivo, che se indagati e monitorati con le giuste modalità possono portare a ottenere gli effetti preventivati. Uno dei fattori che aiutano a ottimizzare il training e la prestazione sono la determinazione dei carichi di allenamento e le modalità di controllo dello stesso. Il punto di partenza per queste attività sicuramente è determinare alcuni parametri funzionali dell’atleta, quali il VO2 max e la soglia anaerobica. Questo lo si ottiene tramite dei test che possono essere fatti o in laboratori specializzati oppure sul campo. Data la peculiarità dell’attività agonistica dello scialpinismo il controllo del carico di lavoro che l’atleta svolge deve tenere conto dei range delle quote in cui viene svolto. La metodologia ideale sarebbe poter svolgere delle valutazioni funzionali in quota in modo da avere a disposizione i valori fisiologici reali in condizioni di ipossia. Gli strumenti utili all’allenatore e all’atleta skialp possono essere: il monitoraggio della frequenza cardiaca, la misura del lattato prodotto, il calcolo delle velocità id ascensione (VAM), i tempi su percorsi conosciuti, il controllo del peso corporeo e della percentuale di massa grassa. Va detto, però, che dal punto di vista scientifico lo ski-alp non è stato ancora indagato come altri sport di resistenza. Ampi sono i margini di miglioramento sia nelle metodologie di allenamento sia nella modalità di controllo.
Quota bassa
Quota media
Quota alta
Quota altissima
Altitudine m
0 ÷ 1800
1800 ÷ 3000
3000 ÷ 5500
5500 ÷ 9000
Pressione atmosferica mmHg
760 ÷ 611
611 ÷ 525
525 ÷ 379
379 ÷ 231
Temperatura media teorica °C
+15 ÷ +5
+4 ÷ -4
-5 ÷ -20
-21÷ -43
> 95%
94% ÷ 91%
90% ÷ 81%
80% ÷ 62%
100 ÷ 96
95 ÷ 88
88 ÷ 61
60 ÷ 8
Saturazione emoglobina % VO2max %
Esposizione acuta all’ipossia: Di breve durata. Poche ore Esposizone cronica all’ipossia: Di lunga durata. Piu’ giorni Normossia: Pressione ossigeno a livello del mare Ipossia: Ridotta pressione ossigeno rispetto al livello del mare Iperossia: Maggior pressione ossigeno rispetto al livello del mare
78 > ski-alp race
PILLOLE Le Alpi Centrali ripartono da Greco-Murada
Sono Adriano Greco e Ivan Murada i due allenatori delle squadre del Comitato Alpi Centrali, che possono contare su undici atleti: tre donne e otto uomini. Le donne: Debora Contrio (1997, Polisportiva Albosaggia), Marianna Majocchi (1994, SC Alta Valtellina), Natalia Mastrota (1995, SC Alta Valtellina), Silvio Bardea (1996, Sportiva Lanzada), Riccardo Bonavetti (1996, Adamello Ski Team), Alessandro Cioccarelli (1993, Polisportiva Albosaggia), Michele Pedergnana (1993, SC Alta Valtellina), Luigi Pedranzini (1993, SC Alta Valtellina), Marcello Ugazio (1996, SC Valle Antigorio), Oscar Vairetti (1997, SC Valtartano), Samuele Vairetti (1993, SC Valtartano). Nettissima la supremazia valtellinese…
Due 'aggregati' per la squadra ASIVA
Piccola ma agguerrita la squadra di ski-alp della Valle d'Aosta. Gli uomini possono contare su Nadir Maguet, classe 1993, dello Sci Club Corrado Gex, e sul coetaneo e compagno di sci club Stefano Stradelli. Due anche le donne: Alessandra Cazzanelli, classe 1992, e Giorgia Dalla Zanna, classe 1996, unica Cadetta, entrambe del Gex. L'allenatore e preparatore è Alessandro Plater. La novità di quest'anno è la presenza di due aggregati, Matteo Gottardelli (Cadetto del '97) ed Enrico Cognein (Junior del '95). Quest'anno la preparazione estiva non ha incluso richiami sulla neve, elemento presente già per un periodo molto prolungato sull'arco dell'anno. Plater ha dedicato più tempo del solito allo sviluppo delle capacità e alle carenze di forza, anche sulla parte superiore del corpo.
FIGLI E FIGLIASTRI IN AOC? A inizio novembre Andrea Basolo, allenatore della squadra del Comitato AOC di scialpinismo che è stata allestita la stagione scorsa, ha inviato una dura mail al presidente del Comitato Alpi Occidentali, Pietro Marocco. «Ho riscontrato un totale disinteresse da parte della dirigenza del Comitato nei confronti dello scialpinismo. Quando ci sono le riunioni del Consiglio, le nostre esigenze sembrano l'ultimo dei problemi, vengono discusse quando metà dei presenti si è alzato dal tavolo. Nelle giornate di FISI in tour a Torino, durante la presentazione delle squadre, sembravamo quasi degli intrusi, nessuno sapeva chi eravamo. Il presidente non ha salutato i ragazzi e c'era un grande imbarazzo da parte di tutti. Ora, mi chiedo se questa squadra e soprattutto questi ragazzi interessino a qualcuno, oppure se siamo solo qui per far vedere che l'AOC segue anche le discipline 'minori'». Deciso Andrea, che insieme alla
guida Matteo Canova ha preso davvero a cuore questi quattro ragazzi con l'obiettivo di farli crescere nel settore dello ski-alp race. «Siamo all'inizio, non si può pretendere chissà cosa. Ma ci sono due atleti davvero meritevoli, Alberto Topazio ('95) ed Erik Pettavino ('96).
Andrea ha un 'motore' di primissimo livello, ma dovrà lavorare molto sulla tecnica di discesa per poter dire la sua nelle gare che contano. Erik è fortemente motivato, ha abbandonato lo sci di fondo per questo sport e si allena con grande dedizione. Insieme a loro ci sono Mattia Dalmasso ('96) e Andrea Fenoglio ('94), un po' più indietro come livello ma anche loro si stanno dando molto da fare». Il Comitato ha messo a disposizione un budget di 4.000 euro per l'attività. «Non ne faccio una questione economica. Non sarà una cifra enorme, ma siamo riusciti ad organizzare due periodi di preparazione sulla neve, per un totale di 7 giorni, e uno a secco di 5 giorni, oltre ad una seduta di tecnica alpinistica di base. Critico in primis l'atteggiamento e il disinteresse dimostrato verso questo gruppo che è composto da ragazzi appassionati che ce la stanno mettendo tutta e che meritano la stessa attenzione dei coetanei delle altre discipline. In fondo abbiamo anche conquistato un argento con Topazio agli Italiani dell'Aprica l'anno scorso…». Staremo a vedere.
Il Veneto fa nove
Ecco le squadre dello scialpinismo del Comitato Veneto FISI per la stagione 2012-2013. Sono nove i ragazzi che vestiranno la tuta della formazione regionale, sei Juniores e tre Cadetti. Gli Juniores sono Simone Bettega (1993, SC Valdobbiadene), Tiziano Tabacchi (1993, SC Dolomiti SkiAlp), Matteo De Min (1993, SC Dolomiti Ski-Alp), Daniele Follador (1993, SC Dolomiti Ski-Alp), Jacopo Facchin (1995, SC Ponte nelle Alpi), Alba De Silvestro (1995, SC Val Visdende). I Cadetti: Fabio Pettinà (1996, Sci CAI Schio), Laura Corazza (1997, SC Dolomiti Ski-Alp), Arianna De Min (1997, SC Dolomiti Ski-Alp). Il consigliere regionale referente è Mario Curto, il coordinatore Vittorio Romor e l'allenatore Luciano Fontana.
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Pronte le squadre trentine
Importanti novità per le squadre dello scialpinismo del Comitato Trentino. Confermati i quadri tecnici, con Rino Pedergnana nel ruolo di responsabile, Franco Nicolini coordinatore tecnico e Carlo Zanon allenatore, tra gli agonisti non ci sono più donne. Gli atleti di interesse del Comitato sono nove: Mirko Ferrari (Brenta Team) 1993, Federico Nicolini (Brenta Team) 1994, Gian Luca Vanzetta (Asd Cauriol) 1994, Danilo Tamè (Brenta Team) 1994, Stefano Bertolini (Brenta Team) 1994, Giovanni Lastei (Bogn da Nia) 1994, Omar Campestrini (Cima Dodici) 1997, Davide Magnini (Brenta Team) 1997, Lorenzo Zanghellini (Cima Dodici) 1993. Al momento di andare in stampa non sono ancora confermati due nuovi innesti, che sono probabili.
Trussardi e i giovani bergamaschi Il Comitato provinciale FISI di Bergamo, nato 'dal basso' e coordinato per lo scialpinismo da Mattia Pegurri, prosegue il lavoro iniziato da un anno che ha dato risultati notevoli e immediati. Agli ordini del tecnico Giannino Trussardi più di dieci giovani, appartenenti ai maggiori sci club della valle Seriana. «Le notturne si sono rivelate il modo migliore per avvicinare allo ski-alp questi ragazzi che già corrono a livelli alti in altri sport» ha detto Trussardi. In particolare due di loro, Norman Gusmini e Giulio Maj, si piazzano rispettivamente tra i primi dieci assoluti e appena dopo nelle gare del circuito 'Sci e luci nella notte', dove il tasso competitivo è elevato. Appena diciottenni, i due fanno squadra nelle gare in coppia. La scelta di aggregare i giovani, che nelle rispettive società sarebbero rimasti isolati, è nata dallo stesso Giannino Trussardi, presenza 'storica' riconosciuta e di valore assoluto fin dai tempi dei Rally oltre che uno tra i migliori Master italiani.
Alta Valtellina prima tra i Giovani È stata resa nota la graduatoria FISI delle società relativa all'attività giovanile. Al primo posto lo sci club Alta Valtellina (Alpi Centrali) con 243.996 punti, seguito dallo sci club Brenta Team (Trentino) con 192.498 punti e dal Corrado Gex (Valle d'Aosta) con 153.794. Lontani gli altri, nell'ordine: Polisportiva Albosaggia (Alpi Centrali) 61.598, Doliomiti Ski-Alp (Veneto) 44.582, Valtartano (Alpi Centrali) 43.740.
Pillole di Valtellina 13
Sono i ragazzi allenati da Davide Spini dello Sci Club Valtartano. La società valtellinese ha deciso di non fare partecipare alle gare per questa stagione alcuni Cadetti per puntare tutto sull'apprendimento della tecnica. Sei i nuovi arrivati, tutti dall'atletica leggera.
30
Una trentina gli atleti delle categorie giovani dello sci club Alta Valtellina per la prossima stagione con un ricambio di 5-6 atleti che vanno a integrare quelli che sono passati nelle categorie superiori o hanno lasciato.
10
I 'giovanissimi' dello sci club Sondalo sono 10 e hanno iniziato a fare sport proprio con lo scialpinismo.
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80 > ski-alp race
CRAZY IDEA testo: Guido Valota
Prodotti nati dalla passione
'Fiesta' nonostante il tempo 'crazy' Un'abbondante nevicata ha costretto al rinvio del Trofeo Crazy, ma l'iniziativa dell'azienda valtellinese è stata comunque un successo Se doveva essere la festa per l'arrivo dell'inverno, il Winter Weekend Crazy Idea ha oltrepassato le aspettative. Infatti proprio il 26 ottobre ha fatto irruzione l'aria fredda da nord dopo un'estate durata oltre sei mesi senza interruzioni, portando una perturbazione che ha imbiancato le montagne fino al livello dei boschi. E quale miglior auspicio, ci si rallegrava durante la festa del venerdì sera al negozio di Castione Andevenno, per il Trofeo Crazy in programma al passo dello Stelvio la domenica? Le ultime parole famose… Gli atleti del Team Crazy, tra i quali Pietro Lanfranchi, Matheo Jacquemoud e Michele Boscacci, si sono mescolati agli appassionati per tutta la serata e qualcuno ha poi anche sfilato indossando i capi della collezione inverno 2012-13... un po' più impacciati che con gli sci sotto i piedi, ma l'happening ne ha guadagnato in coinvolgimento! All'esterno gnocchetti & rock'n roll con degli AC/DC in versione profondo Veneto e veramente tosti; birra, mohito e bresaola per tutti sotto il tendone, anche molto dopo la partenza degli atleti verso lo Stelvio.
Il rinvio del trofeo Il giorno dopo l'inverno così ben propiziato dalla 'fiesta' allo shop Crazy Idea di Castione Andevenno ha presentato il conto. Mentre per tutto il giorno nel negozio La Sportiva, Scarpa, Black Diamond, K2, Atomic, Dal Bello, Dynafit e Voelkl presentavano i loro prodotti, un giretto di ricognizione sul ghiacciaio si è concluso col faticoso ritorno, con gli occhi più che con gli sci, sotto i cavi degli skilift: l'unico riferimento visibile nel white-out più assoluto. Inoltre il vento forte ha spazzato tutti i crinali, pregiudicando il tracciato della gara. «È stata una decisione sofferta, ma non abbiamo voluto creare disagi ai concorrenti e agli spettatori proprio al primo evento - ha detto Luca Salini di Crazy Idea -. Inoltre l'accesso per chi proveniva da nord-est sarebbe avvenuto dal versante di Trafoi, che viene chiuso per pericolo valanghe non appena inizia a nevicare. L'anno scorso la maggior parte dei concorrenti arrivava da quella zona. Per questo abbiamo rinviato la gara e tenuto aggiornati tutti tramite web».
Venerdì sera il negozio Crazy Idea di Castione Andevenno (So) è stato visitato da centinaia di appassionati dopo che per tutto il giorno al suo interno le Case produttrici hanno presentato i loro prodotti e le novità direttamente al pubblico. Si tratta di un negozio moderno e luminoso, con un'offerta vasta e concentrata sugli sport di montagna e sull'alpinismo. Naturalmente la scelta più completa riguarda lo scialpinismo race e touring, materia nella quale Crazy si è specializzata con anni di esperienza e di innovazioni. Proprio il passato agonistico e come tecnico nello ski-alp di Luca Salini e di Valeria Colturi nel fondo, ha portato alla creazione delle prime vere tute progettate per lo ski-alp race e di seguito alla produzione di altri capi pensati in funzione delle competizioni ma poi largamente adottati anche nell'ambito touring evoluto. Lo sviluppo continua sempre, di pari passo con l'evoluzione dello scialpinismo di competizione. I feedback degli atleti del Team Crazy vengono elaborati e applicati, per venir poi testati sul campo anche dai numerosi sci club locali.
ph: Roby Trab
VALLE D’AOSTA: MG MOUNTAIN AOSTA – PARADIS DES SPORTS COGNE – PARETONE ARNAD - ULISSE SPORT COURMAYEUR PIEMONTE: ALBY SPORT NOVALESA (TO) - CUORE DA SPORTIVO TORINO - GRIMPEUR CIRIE’ (TO) - MOSONI SPORT DOMODOSSOLA (VB) - MOUNTAIN SICKS RIVAROLO CANAVESE (TO) - OUTDOOR CUNEO – XL MOUNTAIN SETTIMO VITTONE (TO) LIGURIA: CRAZY IDEA FINALBORGO Finale Ligure (SV) LOMBARDIA: BLOCCO MENTALE BRESCIA – CASA MERELLI CLUSONE (BG) - CRAZY IDEA TIRANO (SO) - CRAZY IDEA BORMIO (SO) - CRAZY IDEA MORBEGNO (SO) - CRAZY IDEA CASTIONE ANDEVENNO (SO) - DF SPORT SPECIALIST LISSONE (MB) - DF SPORT SPECIALIST ORIO AL SERIO (BG) - DF SPORT SPECIALIST BEVERA (LC) - FALETTI SPORT DARFO BOARIO TERME (BS) – F3 SPORT CHIAVENNA(SO) – FIORELLI SPORT VALMASINO (SO) - KAPPA EMME SPORT GROMO (BG) - PUNTO SPORT SONICO (BS) - VERTICAL SPORT MANTOVA – ZANI SPORT TEMU’ (BS) TRENTINO A. A.: ACTIV SPORT S. CRISTINA VAL GARDENA (BZ) - ACTIV SPORT SELVA VALGARDENA(BZ) - LA SPORTIVA ZIANO DI FIEMME (TN) - MAGIC SPORT CADERZONE (TN) – MAKALU SPORT ROVERETO (TN) – PIANETA SPORT MALE’ (TN) )– SPORTDIMONTAGNA MOLINA DI FIEMME (TN) – SPORT TONE BADIA (BZ) - SPORT TRE TRE CAMPIGLIO (TN) – SPORT AMPLATZ CANAZEI (TN) - VERTICAL SPORT ARCO (TN) - VERTICAL SPORT TRENTO - VERTICAL SPORT TRANSACQUA (TN) VERTICAL SPORT PIETRAMURATA (TN) VENETO: ASPORT’S CHIES D’ALPAGO (BL) - LINEA VERTICALE FELTRE (BL) – PUNTO SPORT KRATTER SAPPADA (BL) - ROBY SPORT BELLUNO - STILE LIBERO AGORDO (BL) – TABIA SPORT ZOLDO ALTO (BL) - TUTTO SPORT LONGARONE (BL) - VALLI SPORT SCHIO (VI) FRIULI V.G.: ALTERNATIVA SPORT TRIESTE - CDM STORE SRL MARTIGNACCO(UD) – NICO’S ALP ROVEREDO IN PIANO (PN) TOSCANA: SPORT SERVICE PRATO SICILIA: ETNA WALL NICOLOSI (CT)
82 > ski-alp race
RADUNO GIOVANI testo: Guido Valota foto: Guido Valota
La carica dei 100 Tanti gli atleti delle categorie giovanili presenti allo Stelvio all'inizio di novembre per il Raduno organizzato dalla Commissione scialpinismo della FISI Buon segnale per il futuro del nostro sport. Infatti erano quasi cento i giovani scialpinisti iscritti al raduno organizzato dalla Commissione nazionale scialpinismo in collaborazione con lo sci club Alta Valtellina dall'1 al 4 novembre scorsi. Venerdì e sabato era prevista l'attività didattica sulla neve: come affrontare i diversi pendii, biomeccanica del gesto, tecniche di discesa e di salita, campo prove di ricerca e autosoccorso in valanga. Guide alpine, maestri di sci, atleti top e gli istruttori a disposizione dei ragazzi. Domenica invece gran finale con gara Rally: prove a tempo di salita, discesa, ricerca Artva inserite in un percorso di un'ora e trenta
circa, con misurazioni di lattato e VO2 max su alcuni atleti. Purtroppo il maltempo ha condizionato la tre giorni valtellinese, facendo anche spostare il Rally sulle nevi di Bormio 2.000. Da segnalare il livello tecnico molto alto, in alcuni casi addirittura raffinato, messo in mostra dai ragazzi con esperienza di gara e il grande numero di new entry che si sono iscritte a questo raduno, magari con attrezzatura semi-touring. Tra le varie prove previste nei giorni di didattica un percorso con autosoccorso in valanga, cambi di assetto e tratti ripidi a piedi, tecnica di discesa su percorso obbligato, passo alternato con fase di scivolata e pattinaggio.
83 > ski-alp race
Qui sotto. Giulio Maj e Norman Gusmini del 13 Clusone, A destra. Gli scatenati Maguet e Stradelli, vincitori del Rally nella categoria Juniores
SCOREBOARD Rally a squadre Bormio 2.000 (So) - 4 novembre 2012 Cadetti maschile 1. A. Greco - T. Muscetti (Sondalo) �������������������������������������������53 p. 2. F.Martinelli - P. Canclini (Alta Valtellina.) ��������������������������65 p. 3. A. Calabrini - S. Bardea (Albosaggia) ���������������������������������97 p. Cadetti femminile 1. G. Murada - A. Re (Albosaggia-Antigorio) �����������������193 p. 2. G. Gherardi - D. Contrio (Polis. Albosaggia) ������������347 p. 3. E. Dei Cas - G. Pederzolli (Brenta Team) ����������������������412 p. Juniores maschile 1. N. Maguet - S. Stradelli (Comitato Valdostano) ��������13 p. 2. G. Lastei - L. Zanghellini (Comitato Trentino) ����������29 p. 3. F. Nicolini - G. Vanzetta (Comitato Trentino) ����������33 p.
Come sarà il tecnico dello ski-alp? Il movimento dello ski-alp agonistico cresce in fretta e la necessità di creare la figura dell'allenatore è sempre più sentita. Di questo e altro si è parlato lo scorso 2 novembre a Cepina (So), in una delle serate del Raduno giovani organizzato dalla FISI al Passo dello Stelvio. Fino a notte i tecnici dello scialpinismo dei comitati hanno discusso con il colonnello Marco Mosso (presidente della Commissione nazionale scialpinismo), il direttore tecnico delle squadre Oscar Angeloni, Davide Canclini della Commissione nazionale scialpinismo, Nicola Invernizzi (allenatore squadre giovani) e Benito Moriconi (commissione STF). Il dibattito ha toccato diversi argomenti urgenti: calendari gare, criteri di selezione per la formazione delle squadre nazionali e per la partecipazione ai Mondiali 2013, Scuola Tecnici Federali. Quest'ultimo punto è di particolare importanza per il futuro e ha prodotto il maggior numero di interventi, incentrati soprattutto sui requisiti di ammissione alle preselezioni per i corsi. La creazione di una figura tecnica che non è assimilabile semplicemente a quelle che già operano nel fondo e nell'alpino pone la questione dell'apertura anche ai tecnici 'di fatto' e di grande esperienza nello ski-alp, che però non sono ancora contemplati dalla struttura. Proprio mentre questo numero va in stampa il Consiglio federale sta esaminando la bozza di regolamento che istituisce la figura e i corsi di formazione dei tecnici FISI dello scialpinismo. Ne discuteremo approfonditamente sul prossimo numero della rivista. Non perdete comunque tutti gli aggiornamenti sul sito skialper.it.
Juniores femminile 1. N. Mastrota-G. Compagnoni (Alta Valtellina) ������������������������169 p. 2. A. De Silvestro-L. Corazza (Comitato Veneto) ������������������200 p. 3. E. Rodigari-F. Sambrizzi (Alta Valtellina) �����������������������������������������265 p. Formula Rally a squadre per la gara di chiusura del Raduno nazionale giovani. Con meteo impossibile in quota allo Stelvio, la scelta di Bormio 2.000 ha funzionato molto bene anche se lo scirocco, le nuvole e la pioggia hanno caratterizzato la giornata. Nel complesso gara regolare e visibilità sempre buona. Tre prove cronometrate hanno impegnato i team che si sono avvicendati su ricerca Artva, slalom gigante di 165 metri di dislivello, salita cronometrata sui 100 metri positivi. Il tracciato del gigante presentava cambi di pendenza e irregolarità che lo differenziavano da una gara classica di sci alpino, rendendolo a tratti più simile alla prova in ambiente. Il grande lavoro degli sci club Alta Valtellina e Sondalo ha permesso l'ottima riuscita di un piccolo grande evento molto complesso da organizzare in questa stagione ancora così lontana da condizioni invernali.
23 febbraio Streif Vertical Up Kitzbuehel (Aut)
CIRCUITO ISTITUZIONALE
CIRCUITO PROMOZIONALE
25.11.12 FISI Coppa delle Dolomiti 08.12.12 Dolomiti sotto le stelle 14.12.12 Dolomiti sotto le stelle 15.12.12 Sci e Luci nella Notte 19.12.12 Sci e Luci nella Notte 22.12.12 FISI Dolomiti sotto le stelle 23.12.12 CPI - FISI 26.12.12 Ski-alp sotto stelle e il sole 26.12.12 Dolomiti sotto le stelle 02.01.13 Sci e Luci nella Notte 03.01.13 Dolomiti sotto le stelle 05.01.13 FISI 05.01.13 Dolomiti sotto le stelle 05.01.13 CIA Vert. - FISI 06.01.13 CIA Staff. - FISI 06.01.13 FISI 06.01.13 Coppa dell'Appennino 09.01.13 Ski-alp sotto le stelle e il sole 09.01.13 Sci e Luci nella Notte 09.01.13 Dolomiti sotto le stelle 11.01.13 11-12.01.13 12-13.01.13 ISMF (WC)
DATA
19° Memorial Stedile VII Trofeo San Nicolò XIV La Sportiva - Monte Agnello Trophy Sgranskisciti Revolution 2° Lavaronda 11° Misurina Ski Raid Poyà di Contrebandiè IV Lunagaro Altissimo Race Super Lusia - Super Danilo X Trofeo Majella X Trofeo Ana Trofeo ASD Caspoggio Trofeo ASD Caspoggio Folga Vertical Race Pratospilla SkiAlp Race Tour de Chantornè/ Memorial R.Trono Pojeto in notturna XV Trofeo Mario Iori Mountain Attack 24H Sanvito Endurance Race Skialp Race Ahrntal
GARA
IND (TC) Solo salita (690 m +) Salita e discesa Solo salita (550 m +) Solo salita (700 m +) IND (TC) IND (TC) Vertical Race TC e TL Salita e discesa Solo salita (720 m +) n.d. IND (TL) n.d. IND (TC) SQ (TC) IND (TC) - V IND (TC) Vertical Race TC e TL Salita e discesa (520 m +, 200 m -) Solo salita IND IND/SQ IND (TC) - V
TIPOLOGIA
Jun/Cad M/Sen/Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen M/Sen Jun/Cad n.d. M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen/Jun M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun
CATEGORIE
NOTT.
Passo del Tonale (BS) Canazei (TN) Tesero (TN) Passo del Maniva (BS) Lizzola (BG) Lavarone (TN) Misurina Auronzo (BL) Doues (AO) Passo Brocon (TN) Borno (BS) Località Castelir (TN) Passolanciano Majelletta (CH) Località Pianezze (TN) Caspoggio (SO) Caspoggio (SO) Canal San Bovo (TN) Pratospilla (PR) Torgnon (AO) Aviatico (BG) Alba di Canazei (TN) Saalbach (AUT) San Vito di Cadore (BL) Valle Aurina (BZ)
LOCALITà GARA
AR = Assesment Race CIA = Campionati Italiani Assoluti CPI = Coppa Italia CR = Certified Race IND = Individuale ISMF = International Ski Mountaineering Federation JUN/Cad = Junior/Cadetti M/Sen = Master/Senior R = RELAY (STAFFETTA)
I principali appuntamenti della stagione in Italia e in Europa
Calendario gare 2012-2013
25 novembre Memorial Stedile Tonale
www.adamelloskiraid.com www.bogndania.com massimo@lasportiva.com giacomo@remedio.it sperandio@gm-piccoli.com info@scicaischio.it yanet@libero.it Christian (tel. 331 9583294) sergiosantuari@libero.it jgorghenza@libero.it www.dolomitisottolestelle.it sciclubpretoro@infinito.it SC Valdobbiadene 0423 973123 as.caspoggio@tiscali.it as.caspoggio@tiscali.it usvanoi@alice.it www.coppadellappennino.it Adriano (tel. 335 7077103) gav.vertova@libero.it raidaladina@alice.it www.mountain-attack.at www.skialp24.com www.skialprace-ahrntal.com
CONTATTI
SPR = SPRINT SQ = Squadre (Team) TC = Tecnica Classica TL = Tecnica Libera V = Vertical WC = World Cup - WChamp = Campionati del Mondo GARA DIURNA GARA NOTTURNA
23 dicembre Misurina Ski Raid Misurina
21-24 marzo Pierra Menta Areches Beaufort (Fra)
V IND (TC) IND (TC) IND (TC) - V SQ (TC) Salita e discesa su pista (405 m +) Percorso di 5,25 km su pista n.d. Vertical Race TC e TL IND (TC) IND (TC) IND (TC) IND (TC) Salita e discesa Salita e discesa (600 m +/-) IND (TC) - SPR IND (TC) SQ (TC) IND (TC) Solo salita (550 m +) Salita e discesa su pista (400 m +) 2 percorsi A coppie IND (TC) IND (TC) SQ (TC) A coppie IND (TC) Salita e discesa (550 m +/-) Solo salita T - R - SPR - V - IND IND (TC) IND (TC) SQ (TC) Salita e discesa Solo salita
27 aprile Trofeo Mezzalama Cervinia Gressoney
12.01.13 FISI 5° Skialprace Weissenbach 12.01.13 Coppa dell'Appennino Cerreto Laghi 12.01.13 Abetone Ski Alp Night Race - I Trofeo La Sportiva 13.01.13 FISI 5° Skialprace Weissenbach 13.01.13 FISI 41° Valtartano Ski Raid 16.01.13 Dolomiti sotto le stelle V Pilat Moonlight Ski Tour 16.01.13 Dolomiti sotto le stelle Via del bosco - Eurotel 2000 18.01.13 Dolomiti sotto le stelle EvENTO Emilia - II TrOFEO ATK Race 19.01.13 Ski-alp sotto stelle e il sole Memorial Gontier Giuseppe 20.01.13 CPI - FISI XXVII Valtellina Orobie 20.01.13 FISI XXVII Valtellina Orobie 20.01.13 CIA - CPI - FISI Coppa delle Dolomiti 5° Pitturina Ski Race 26.01.13 Coppa dell'Appennino n.d. 23.01.13 Dolomiti sotto le stelle Memorial Fausto Giacomuzzi - Cup Valli 23.01.13 Sci e Luci nella Notte Monte Pora by Night 25-26.01.13 ISMF (WC) Alpiniski 27.01.13 FISI 8° Monte Floriz 27.01.13 FISI 2° Torgnon Ski Race 27.01.13 FISI La Rampegada Monte Guglielmo 30.01.13 Sci e Luci nella Notte Pronti via... 30.01.13 Dolomiti sotto le stelle XVIII Trofeo Valle del Biois -II prova Circuito 4 Valli 02.02.13 Dolomiti sotto le stelle Carezza Trophy 02-03.02.13 Grande Course Open Altitoy Ternua 03.02.13 CIA - CPI - FISI 34° Pizzo Tre Signori 03.02.13 CPI - FISI 34° Pizzo Tre Signori 03.02.13 FISI 24° Coppa Kleudgen Acquarone 03.02.13 II Extreme BadalÏs 06.02.13 FISI Casta 2013 06.02.13 Sci e Luci nella Notte Vodala di notte 06.02.13 XVI Memorial M. Zagonel - III prova Circ. 4 Valli 09-15.02.13 ISMF (WCHAMP) Pelvoux 10.02.13 FISI 8° Transclautana 10.02.13 FISI Periplo Monte Rosso 10.02.13 FISI 13° Valle di Rezzaolo 10.02.13 VII Skialp Vigili del Fuoco 13.02.13 Dolomiti sotto le stelle Trofeo I Medemi M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad Jun/Cad M/Sen M/Sen M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad M/Sen Jun/Cad
Valle Aurina (BZ) Cerreto Laghi (RE) Abetone (RE) Valle Aurina (BZ) Tartano (SO) Ortisei (BZ) Cavalese (TN) Fanano (MO) Champorcher (AO) Albosaggia (SO) Albosaggia (SO) Comelico Superiore (BL) Piane di Mocogno (MO) Bellamonte (TN) Monte Pora (BG) Les Marècottes - Salvan (SUI) Forni Avoltri (UD) Torgnon (AO) Pezzoro (BS) Montecampione (BS) Falcade (BL) Carezza (BZ) Luz Ardiden (SPA) Alpe Paglio (LC) Alpe Paglio (LC) Monesi (IM) Segusino (TV) San Candido (BZ) Spiazzi di Gromo (BG) S. Martino di Castrozza (TN) Pelvoux - Vallouise (FRA) Claut (PN) Oropa (BI) Valle di Rezzalo (SO) Ziano di Fiemme (TN) Passo San Pellegrino (TN)
9-15 febbraio Mondiali ISMF Pelvoux (Fra)
info@alpenfrieden.com www.coppadellappennino.it info@scimontagnapistoiese.it info@alpenfrieden.com info@valtartano.it www.pevesgherdeina.it www.dolomitisottolestelle.it www.cimatauffifanano.it Amato (tel. 349 8530014) info@polalbosaggia.it info@polalbosaggia.it www.lapitturina.it www.coppadellappennino.it www.cauriol.it I prova Circuito 4 savovince@katamail.com www.alpiniski.ch infoforniavoltri@libero.it sciclubtorgnon@alice.it segreteria@sciclubpezzoro.it giuseppe.carrara@somaschini.com www.cauriol.it www.carezza.com www.altitoy.com www.aspremana.it www.aspremana.it www.caiimperia.com www.dolomitisottolestelle.it silvano.gandino@esercito.difesa.it caivs@tiscali.it www.dolomitisottolestelle.it www.ski-ecrins.com www.sciclubvalcellina.it info@bufarola.it scsondalo@tiscali.it www.dolomitisottolestelle.it www.dolomitisottolestelle.it
CIRCUITO ISTITUZIONALE
CIRCUITO PROMOZIONALE
15.02.13 Dolomiti sotto le stelle 15.02.13 Coppa dell'Appennino 16.02.13 Dolomiti sotto le stelle 17.02.13 CPI-FISI-ISMF(CR) Coppa delle Dolomiti 17.02.13 FISI 17.02.13 FISI 17.02.13 Dolomiti sotto le stelle 17.02.13 Coppa dell'Appennino 20.02.13 Ski-alp sotto stelle e il sole 21.02.13 Dolomiti sotto le stelle 22.02.23 Dolomiti sotto le stelle 23.02.13 FISI 23.02.13 Sci e Luci nella Notte 23.02.13 24.02.13 FISI 24.02.13 CPI - FISI 24.02.13 FISI 24.02.13 FISI Coppa delle Dolomiti 24.02.13 Ski-alp sotto stelle e il sole 28.02.13 Dolomiti sotto le stelle 01-03.03.13 ISMF (AR) 02-03.03.13 FISI - ISMF (WC) 03.03.13 Coppa dell'Appennino 08.03.13 09-10.03.13 ISMF (WC) 10.03.13 CPI - FISI 16.03.13 FISI 16.03.13 FISI 17.03.13 ISMF (CR) 17.03.13 CIA - CPI - FISI - TOP CLASS - ISMF (CR) 17.03.13 FISI 17.03.13 FISI 17.03.13 Ski-alp sotto stelle e il sole 20.03.13 Dolomiti sotto le stelle 21-24.03.13 Grande Course 24.03.13 FISI 24.03.13 FISI 24.03.13 CPI - FISI Coppa delle Dolomiti 24.03.13 Dolomiti sotto le stelle 01.04.13 CIA - CPI - FISI - ISMF (CR) 01.04.13 FISI - ISMF (CR) 01.04.13 06-07.04.13 ISMF (AR) 07.04.13 FISI - TOP CLASS Grande Course C. Dolomiti 13-14.04.13 ISMF (WC) 14.04.13 CIA - FISI 21.04.13 CPI - FISI 27.04.13 Grande Course
DATA
VII Moonlight up hill SkiAlp Night Race Evento Amico - XII Chiaro di luna 5° Tour de Sas 14° Trofeo Alta Val Tanaro 16° Valtrompiaski Trofeo Remedio III Crono Passo Duran Trofeo Schiaffino Cronoscalata notturna Fond. Funivie Oropa VI Memorial Felice Spellini XIV La zuita... che gira de not 30° Transcavallo - 1° tappa MÈla mÈter in pè Streif Vertical Up 30° Transcavallo - 2° tappa 30° Transcavallo Tour Del Monscera 9° Ski Alp Val Rendena Trofeo Cai Chiomonte/ Memorial Walter Blais II edizione Vertical Ciampac Ergan Ski Mountaineering Skialp 3 Presolana - Memorial Angelo Castelletti X Trofeo Crinale Sellaronda Skimarathon Font Blanca 23° Lagorai Cima D'Asta Tre Cime Ski Raid Drei Zinnen 1° Mondolè Olympus Ski Mountaineering 61° Tre Rifugi 2° Trofeo Kreuzspitze IX Trofeo Majella Cronoscalata Valtournenche XVIII Memorial Tita e Marco Pierra Menta 28° Gara del Pizzo Scalino 25° Trofeo Tre Valloni 6° Trofeo Marmotta VIII Raudno Passo Manghen 39° Skialp Int. RACE Dolomiti di Brenta 39° Skialp Int.Race Dolomiti di Brenta VI Vertical Civetta Vigo - Ciampedie Kamchatka Ski- Mountaineering Race Adamello Ski Raid Blatind Arctic race 39° Trofeo Robert Rollandoz 64° Trofeo Parravicini Trofeo Mezzalama
GARA
CATEGORIE
NOTT.
Solo salita (800 m +) M/Sen Jun/Cad IND (TC) M/Sen Jun/Cad Solo salita (400 m +) M/Sen Jun/Cad SQ (TC) M/Sen IND (TC) IND (TL) M/Sen Jun/Cad IND (TC) M/Sen Jun/Cad n.d. M/Sen Jun/Cad A coppie M/Sen Jun/Cad Vertical RaceTC e TL M/Sen Jun/Cad Solo salita (800 m +) M/Sen Jun/Cad Percorso di 4,5 km in salita su pista M/Sen Jun/Cad SQ (TC) M/Sen Solo salita (1000 m +) M/Sen Jun/Cad Vertical sulla pista Streif M/Sen SQ (TC) M/Sen IND (TC) Jun/Cad IND (TC) M/Sen Jun/Cad IND (TC) M/Sen Jun/Cad Salita e discesa TC e TL M/Sen Jun/Cad Percorso di ca.3 km in salita su pista M/Sen Jun/Cad IND - V M/Sen IND (TC) M/Sen Jun IND (TC) M/Sen Jun/Cad A coppie M/Sen IND - V M/Sen/Jun IND (TC) M/Sen Jun/Cad IND (TC) M/Sen Jun/Cad IND ( TC) - V M/Sen Jun/Cad SQ (TC) M/Sen Jun/Cad IND (TC) M/Sen IND (TC) M/Sen IND (TL) M/Sen Vertical Race TC e TL M/Sen Jun/Cad A coppie M/Sen Jun/Cad A coppie M/Sen Jun/Cad IND (TC) M/Sen Jun/Cad SQ (TC) M/Sen Jun/Cad IND (TC) M/Sen Jun/Cad Raduno SQ (TC) M/Sen IND (TC) Jun/Cad Solo salita su pista M/Sen Jun/Cad SQ - IND M/Sen SQ (TC) M/Sen SPR - IND M/Sen IND (TL) M/Sen Jun/Cad SQ (TC) M/Sen SQ (TC) M/Sen
TIPOLOGIA
CONTATTI
Monte Bondone (TN) www.arcobalenoski.it Schia Monte Caio (PR) www.coppadellappennino.it Alpe Paglio (LC) www.aspremana.it Badia (BZ) www.tourdesas.it Garessio 2000 (CN) sciclubgaressio@libero.it Collio Val Trompia (BS) info@valtrompiaski.it Passo Duran (BL) www.sciclublavalleagordina.com Località Lagdei (PR) www.coppadellappennino.it Oropa (BI) Renzo (tel. 331 7962896) Paganella (TN) infofai@visitdolomitipaganella.it Alleghe (BL) Ufficio Turistico Alleghe (tel. 0437 523333) Tambre Alpago (BL) www.trascavallo.it Colere (BG) giuseppe.carrara@somaschini.com Kitzbuehel (AUT) www.verticalup.it Tambre Alpago (BL) www.trascavallo.it Tambre Alpago (BL) www.trascavallo.it Alta Val Bognanco (VB) francocharbo@hotmail.it Pinzolo (TN) www.alpingovalrendena.it Pian del Frais (TO) Vilmer (tel. 338 1248917) Alba di Canazei (TN) www.bogndania.com Erzincan (TUR) www.erzincan.gov.tr Clusone - Colere (BG) www.skialp3.it Febbio - Villa Minozzo (RE) www.coppadellappennino.it Arabba (BL) www.sellaronda.it Ordino (AND) www.fontblanca.ad Val Malene Pieve Tesino (TN) info@cimadastaskialp.it Sesto Pusteria (BZ) events@sesto.it16.03.13 FISI Roccaforte Mondovì (CN) info@trerifugi.com Elassona (GRE) www.eooa.gr Mondovì (CN) info@trerifugi.com Castello - Molina di Fiemme (TN) p.delmarco@virgilio.it Passolanciano Majelletta (CH) sciclubpretoro@infinito.it Valtournenche (AO) Alessandro (tel. 338 9678587) Vigo di Fassa (TN) info@scuolascivigo.com Areches - Beaufort (FRA) www.pierramenta.com Lanzada (SO) info@sportivalanzada.it Valle Stura (CN) magneto.remo@libero.it Val Martello (BZ) www.marmotta-trophy.it Ponte delle Stue (TN) mail@zontecadin.it Madonna di Campiglio (TN) www.sportingcampiglio.it Madonna di Campiglio (TN) www.sportingcampiglio.it Alleghe (BL) www.dolomitisottolestelle.it Pertopavlovsk - Kamchatsky (RUS) www.alpfederation.ru/engversion Passo del Tonale (BS) www.adamelloskiraid.com Tromso (NOR) www.arcticrace.no Rhemes Notre Dame (AO) sciclubgrantaparey@gamil.com Carona (BG) segretaria@caibergamo.it Cervinia (Ao) www.trofeomezzalama.org
LOCALITà GARA
Calendario gare 2012-2013
CATINACCIO JACKET
Freddo intenso e vento radente. Un terzo strato leggero che addosso dà calore quando serve. Lo metto sempre nello zaino. Ruba pochissimo spazio e mi garantisce la termicità necessaria sia per l’allenamento che quando ritorno a casa. Un capo da non dimenticare mai!
Didier Blanc Karpos Team Cervinia 19.12.2011
OUTDOOR EXPERIENCE FROM
SPORTFUL.COM/KARPOS
88 > ski-alp race
squadre nazionali testo: Guido Valota
INTERVISTE
«Sono il DT, non l'allenatore» Oscar Angeloni, allenatore di atletica e tecnico provinciale delle acque, numero uno dello staff tecnico azzurro, risponde così alle polemiche per la mancanza di un titolo negli sport invernali. E ribadisce che gli italiani stanno bene e sono pronti per un'altra stagione di successi
el piccolo viaggio attraverso la struttura FISI, Ski-alper ha incontrato Oscar Angeloni. Ci troviamo in un locale di Longarone dopo l'orario d'ufficio. Gli chiediamo di parlare della direzione tecnica e di fare il punto sul settore prima dell'inizio della stagione sugli sci. Oscar, che cosa fa il direttore tecnico di una squadra nazionale di scialpinismo? «Innanzitutto non fa l'allenatore e va ribadito. Il mio compito è di organizzare, tenere i rapporti con la Federazione, provvedere al budget, mettere gli atleti in condizione di gareggiare senza il minimo pensiero, concentrandosi unicamente sulla gara. In più, punto molto a procurare visibilità alla disciplina attraverso i media, specialmente stampa e social network, in modo che gli atleti ne traggano vantaggio. Anche concreto, perché non dimentichiamoci che per la maggior parte non sono atleti professionisti».
SQUADRA NAZIONALE inverno 2012/2013 SETTORE FEMMINILE Gruppo Senior - Elena Nicolini (Brenta Team), Gloriana Pellissier (C.S. Esercito) Gruppo Espoir - Alessandra Cazzanelli (Cervino Valtournenche), Elisa Compagnoni (Alta Valtellina) Gruppo Cadetti - Giulia Compagnoni (Alta Valtellina) Gruppo Junior - Alba De Silvestro (Val Visdende) SETTORE MASCHILE Gruppo Senior - Dennis Brunod (Mont Avic), Matteo Eydallin (C.S. Esercito), Alessandro Follador (Dolomiti Ski-Alp), Lorenzo Holzknecht (Alta Valtellina), Pietro Lanfranchi (Lame Perrel - GSA Ranica), Damiano Lenzi (C.S. Esercito), Manfred Reichegger (C.S. Esercito), Denis Trento (C.S. Esercito) Gruppo Espoir - Robert Antonioli (C.S. Esercito), Michele Boscacci (Pol. Albosaggia) Gruppo Cadetti - Omar Campestrini - (Cima Dodici), Davide Magnini - (Brenta Team) Gruppo Junior - Luca Faifer (Alta Valtellina), Nadir Maguet (Torgnon), Federico Nicolini (Brenta Team), Stefano Stradelli (Cervino Valtournenche)
E tu cosa fai? «Quello con le squadre è il mio secondo lavoro, ma in pieno! Sono un tecnico provinciale del settore acque, lavoro che mi lascia abbastanza tempo per dedicare una parte del giorno -...e la notte - allo scialpinismo. Ma senza la passione sarebbe molto difficile». Come stanno le squadre? «Stanno bene. Mi sento periodicamente con gli atleti, che per questa parte della stagione sono seguiti dai rispettivi allenatori. Ecco, questi ultimi li sento meno, per mia colpa, ma sono sempre in contatto con i ragazzi per tenerli monitorati. Qualche piccolo acciacco di percorso dovrebbe risolversi per l'inizio della stagione». Chi va e chi viene? «La nazionale riparte in sostanza da dove abbiamo finito. Corinne Clos diventerà mamma a novembre, quindi per quest'anno giustamente niente gare. Martina Valmassoi, che non è stata bene a fine stagione, sta meglio e ha ripreso ad allenarsi. Al momento non è in squadra ma dovrebbe rientrare. Tutti i nomi sono riconfermati e contiamo molto sui giovani:
speriamo che a loro volta confermino questa fiducia facendosi largo». Come gestisci i programmi della squadra nazionale in rapporto a quelli dei singoli atleti e delle società? «Cerchiamo di tenerne conto quando definiamo i calendari internazionali. Anche i club hanno diritto di mettersi in mostra durante la stagione: Campionati Italiani, Grande Course per esempio. La preparazione di base dei singoli atleti è seguita dagli allenatori locali, di società o Comitato. E poi molti atleti hanno due stagioni: Elisa Compagnoni e Dennis Brunod nella corsa in montagna per esempio, Manfred nei Vertical. Rispettiamo queste loro esigenze, ma è chiaro che ci coordiniamo perché se sei in squadra devi finalizzare la tua preparazione allo scialpinismo». A che punto siete con la questione cruciale della forma-
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zione degli allenatori di scialpinismo? «Sì, è un punto fondamentale e ci lavoriamo da almeno due anni. Probabilmente arriveremo a definire la figura tecnica dell'allenatore in questa stagione. Entro la fine dell'anno potrebbe partire il corso di formazione allenatori nei vari moduli, il primo al mondo di questo genere. Non è semplice perché vanno create da zero molte condizioni, però stiamo facendo un bel lavoro e la federazione ci appoggia». Come incide la FISI nelle scelte della federazione internazionale? «I rapporti sono ottimi e la collaborazione è costante: attualmente la sede ISMF è in Italia ed è italiano il presidente, Armando Mariotta. Anche il responsabile della nostra commissione scialpinismo, il colonnello Marco Mosso, è consigliere ISMF, quindi la comunicazione è continua e a diversi livelli». A questo proposito ci sono sviluppi importanti per l'inserimento tra gli sport olimpici. È recente l'incontro a Losanna tra un delegato CIO e il presidente ISMF. «Il CIO ha chiesto un ennesimo dossier entro la fine della stagione, ne hanno parlato anche a Londra e sembrano molto interessati. La prospettiva della gara olimpica è comunque a lungo termine, ma la decisione potrebbe essere vicina». Come certamente sai, nell'ambiente suscita perples-
sità la tua figura di direttore tecnico senza però un titolo negli sport invernali o di montagna: allenatore, maestro di sci, guida alpina. Digitando il tuo nome sui motori di ricerca, tra le prime pagine, si apre anche un forum con commenti forti su questo argomento. Come rispondi alle critiche? «In Italia non esiste la figura tecnica dell'allenatore di scialpinismo, che come dicevo è ora in fase di realizzazione. Personalmente ho un trascorso come allenatore di atletica leggera e lo sono tuttora. Ho partecipato alla creazione del settore scialpinismo nel Comitato Veneto partendo dal nulla. Le critiche ci saranno sempre, ma ribadisco il concetto che la funzione del direttore tecnico non deve essere quella di allenare». Sempre in argomento critiche, la scorsa stagione è nato un caso per la mancata convocazione ai Campionati Europei di Francesca Martinelli e Roberta Pedranzini, tuttora le nostre ragazze più forti. Perché quella scelta? «Ci sono state delle incomprensioni e degli equivoci proprio tra me e loro, dovuti anche a comunicazioni indirette. E a un certo punto è diventata anche una questione di tempi perché non sarei riuscito più a fare la tessera internazionale. Tengo a precisare che sono due grandissime atlete e che per questa stagione abbiamo
già avuto un contatto. In base alle loro esigenze, di lavoro e di famiglia, stabiliremo cosa fare». Quest'ultimo inverno avarissimo di neve in molte zone delle Alpi può aver influito sui numeri delle partecipazioni alle gare, alcuni dei quali molto ridimensionati. Qual è lo stato di salute del movimento? «È comunque in forte crescita e lo dimostrano anche i numeri del tesseramento. Poi bisogna considerare che in Italia vengono organizzate moltissime gare e quindi si creano concomitanze. Il settore giovanile è un indice preciso: quattro o cinque anni fa si iscrivevano ai Campionati Italiani 20-40 ragazzi, oggi arriviamo quasi a 100. È il segnale della vitalità del movimento». Come va con i mezzi a disposizione? Budget, fornitori, sponsor... «La Federazione ci supporta e riusciamo a coprire tutte le esigenze degli atleti. In un anno di tagli il nostro budget non solo non è stato tagliato, ma anzi leggermente aumentato. Rispetto a tre anni fa, triplicato: bisogna riconoscerlo. Abbiamo in uso tre furgoni con il carburante pagato. E poi anche le aziende contribuiscono. Mi farebbe piacere che si sappia: specialmente Haglöfs e Scarpa, oltre a essere sponsor tecnici, contribuiscono notevolmente anche in denaro. Così gli atleti si possono concentrare sull'attività senza altri pensieri».
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ISMF
testo: Luca Giaccone FOTO: Luca Giaccone
Olympic dreams Il presidente della Federazione Internazionale, Armando Mariotta, punta tutto sull’inserimento dello scialpinismo tra gli sport olimpici a partire dal 2022 e crede in un ranking comune tra Coppa del Mondo e gare storiche La sede è a Losanna, ma quella operativa è nel Cuneese, a Villanova Mondovì. Proprio nella cittadina piemontese abbiamo incontrato il presidente della ISMF, International Ski Mountaineering Federation, Armando Mariotta, saluzzese, e il segretario Roberto Cavallo, monregalese. Due cuneesi al vertice dell’ISMF, facciamo un passo indietro, come e perché siete arrivati alla candidatura? «Dopo un percorso direi ‘classico’: la FISI, attraverso la voce di Giorgio Colombo, mi ha chiesto se volevo candidarmi. Come appassionato di scialpinismo mi è sembrato giusto accettare, anche perché sono stato uno dei ‘genitori’ della ISMF, visto che a suo tempo avevo redatto lo statuto. Ma l’ho fatto a condizione di poter proporre un segretario vicino a me per la gestione come Roberto Cavallo con il quale avevo condiviso l’avventura del Campionato del Mondo nel Cuneese».
Quali sono stati i primi provvedimenti rispetto al passato? «Pur avendo fatto un ottimo lavoro, la precedente gestione era concentrata su una sola persona. Il nostro obiettivo era quello di creare, invece, un team il più internazionale possibile. Abbiamo perso alcuni componenti (la tedesca Tamara Schlemmer, il norvegese Jon Dammann e la polacca Magda Zbrzeska, ndr), ma abbiamo subito trovato chi fosse in grado di sostituirli, con l’ingresso della britannica Rebecca Vernon come vice presidente e responsabile della parte sportiva, del francese Alexandre Pellicier come direttore tecnico e dell’americano Michael Silitch che affiancherà Jordi Canals nel settore tecnico. Ci manca ancora la figura del vice-presidente che seguirà la parte marketing, dove ci sono già Carlo Ceola e Riccardo Selvatico. Un organigramma più ampio che trova nella segreteria, dove con Roberto Cavallo c’è anche Ludovica Casolla, il suo punto di riferimento. Con queste premesse il traguardo sarà quello di crescere come numero di federazioni associate: adesso sono 31 in tre continenti (mancano Africa e Oceania, ndr), ma soprattutto portando nuove idee. Molte federazioni non facevano gare e partecipavano alle nostre solo con qualche iscritto, adesso il movimento si sta allargando, sperando prima possibile di avere una tappa di Coppa del Mondo in America». La Coppa del Mondo, qual è il nuovo progetto? «Finora il ‘prodotto’ Coppa del Mondo non era pronto: il primo passo è stato quello di avere un format di gara unico, condiviso da tutte le federazioni, in modo da standardizzare i nostri protocolli, pur rispettando gli organizzatori. A Clusone come a Tromsø da quest’anno ci sarà lo stesso ‘rituale’. È chiaro che in questo momento le nostre gare restano ‘open’ perché sarebbero ancora pochi gli atleti in gara, ma nel futuro la speranza è quella di avere un vero ‘circo’ della Coppa del Mondo di scialpinismo. Era importante partire con un progetto serio, una soluzione che sembra piacere agli organizzatori, visto che quest’anno sono cinque le tappe e magari dalla prossima stagione saranno sette. Se cresce la Coppa, cresce il movimento, arrivano più sponsor, la televisione. E se poi ci fosse il traguardo olimpico...». Appunto, capitolo Giochi Olimpici. «Il dossier per diventare federazione olimpica è già stato presentato al CIO. Speriamo che i tempi sia-
no rapidi: se avremo l’ok, entreremo nel 2014 con un periodo di osservazione, sperando di arrivare pronti per il 2015, quando ci sarà l’assegnazione dei Giochi del 2022». Che tipo di gara sarà quella olimpica? «Il dossier prevede tutte e cinque le nostre gare: sicuramente sarà una prova che dia garanzie di visibilità, accessibilità e sicurezza. Credo che la Sprint potrebbe essere l’ideale dal momento che sintetizza il gesto atletico dello scialpinismo avendo la possibilità di essere vista da vicino dal pubblico, ma potrebbe andar bene anche la Staffetta o la Vertical. Anche l’Individual avrebbe tutte le caratteristiche, ma di sicuro non potrà svolgersi su percorsi in quota. Bisogna insistere sul far vedere lo scialpinismo alle persone, direi quasi di abbandonare l’idea dell’alta montagna: lo ski-alp agonistico è un’altra cosa che può, per esempio, anche trovare spazio in città». Il rapporto con la FIS? «Abbiamo più volte cercato la relazione con la FIS, ma alla fine abbiamo deciso di andare avanti da soli. È chiaro che una nostra candidatura olimpica vuol dire che la loro ‘fetta’ un po’ si riduce e magari non siamo visti di buon occhio. Per questo vorremmo incontrare il presidente della Federazione Internazionale del biathlon, specialità che ha fatto un percorso olimpico e si è staccata dalla FIS. Ma, detto questo, credo che tutto il movimento avrebbe un vantaggio dalla presenza dello scialpinismo ai Giochi Olimpici». Infine, i rapporti con la Grande Course? «Partiamo da un dato: finalmente c’è stato un avvicinamento, ci siamo parlati, grazie anche al lavoro del colonnello Mosso, che fa parte del nostro management con la delega ai rapporti con gli organizzatori della Grande Course. Il primo passo è stato quello dei calendari, dove non ci saranno sovrapposizioni di date tra la Coppa del Mondo e le prove della Grande Course. L’obiettivo sarebbe quello di trovare un giusto modo di convivenza sotto lo stesso ombrello, ma stiamo parlando di gare completamente diverse da quelle previste dal regolamento della Coppa del Mondo. La condivisione dei regolamenti è sicuramente il problema e la differenza maggiore tra noi e loro: speriamo che in prospettiva si arrivi almeno a un ranking internazionale degli atleti che preveda non solo la Coppa del Mondo, ma dove contino anche i punteggi della Grande Course».
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anti-doping testo: Davide Marta
Passaporto biologico ski-alp all'avanguardia Nel programma promosso da Sport Accord, l'International Ski Mountaineering Federation è stata scelta come federazione pilota autunno abbiamo iniziato una ricerca per capire come si affronta il problema del doping nel mondo dello scialpinismo. Siamo partiti, naturalmente, dall'ISMF, anche perché l'obiettivo, che si pongono Mariotta e il suo direttivo, di portare la federazione scialpinistica internazionale nel novero di quelle iscritte al CIO e inserire questo sport nel programma olimpico, non consente di sottovalutare la questione. Il primo approccio è stato un po' deludente: 'page not found' cliccando sull'apposita sezione del sito ufficiale. Abbiamo così deciso di raggiungere la sede di Losanna di Sport Accord, l'ente che riunisce ben 107 federazioni sportive (tra cui proprio l'ISMF) e che si propone di supportare le federzioni stesse in una serie di attività. Tra queste esiste la Doping Free Sport Unit, nata per supportare le federazioni membro affinché raggiungano più velocemente possibile la compatibilità con le direttive della WADA (World Anti Doping Association). Abbiamo incontrato la coordinatrice del progetto, Françoise Dagouret, accompagnata da Matteo Vallini, giovane italiano che fa parte di questo gruppo di lavoro di quattro elementi. Il nostro scetticismo iniziale è stato immediatamente spazzato via. «Lavoriamo magnificamente con l'ISMF, è la nostra 'federazione pilota' nel processo di sviluppo del passaporto biologico» ha spiegato la responsabile di Sport Accord. Addirittura? «Siamo stati contattati dai responsabili dell'ISMF che intendevano implementare il proprio programma anti-doping e perfezionare la fase di test. Una richiesta che è pervenuta proprio mentre si stava discutendo con la WADA dell'opportunità di sviluppare un protocollo per la diffusione del passaporto biologico anche nelle federazioni a budget limitato. Le due esigenze si sono incontrate: lo scialpinismo è uno sport di endurance, tra quelli statisticamente più esposti a casi di doping e senza uno storico adeguato in materia. Così siamo partiti, per dimostrare che anche senza investire cifre folli (30.000 euro il budget stanziato dall'ISMF, ndr) si può sviluppare un protocollo molto serio e attendibile». La stagione agonistica 2011/2012 della Coppa del Mondo ISMF ha visto così i migliori 20 atleti iscritti al Register Testing Pool. Cosa significa? Che sono stati monitorati in ogni spostamento e hanno dovuto costantemente segnalare il luogo di pernottamento, gli orari di inizio e fine di impegni professionali, di studio o di allenamento, fornendo l'indirizzo. Ognuno di essi ha dovuto garantire disponibilità di un'ora al giorno in cui doveva essere reperibile in un determinato luogo. Insomma, potevano essere controllati dovunque e senza alcun preavviso: basti pensare che soli tre 'where about failure', ovvero irreperibilità in caso di controllo, potevano tramutarsi in una potenziale squalifica fino a due anni. Tutti gli altri atleti, al di fuori dei venti elementi selezionati, erano comunque controllabili in qualunque momento, senza però obbligo di segnalare gli spostamenti. Quali i risultati? È stata la stessa responsabile ad esporli. «Straordinari! Non c'è stato un solo ritardo, una sola irregolarità e nemmeno un errore nella
ATHLETE BLOOD PASSPORT SOFTWARE Ecco una schermata dell'Athlete Blood Passport Software (ABPS) il principale strumento di valutazione dei dati utilizzato dalla WADA. Si tratta di una schermata generica, che non si riferisce ad alcun atleta in particolare. I valori necessari per la valutazione di un passaporto ematico sono: emoglobina (HGB), percentuale di reticolociti (RET%), stimulation index (OFFS) ovvero rapporto tra HTC e RET%, abnormal passport score (ABPS), cioè rapporto tra HTC, HGB, RBC, RET%, MCV, MCH e MCHC. Un campione ematico risulta atipico se il valore dell'HGB e/o OFFS è al di fuori dei limiti personali del singolo individuo (in uno stato di condizione fisica normale). Valori anomali (che possono dunque essere considerati per l'apertura di un procedimento per doping) corrispondono invece a misurazioni nelle quali la probabilità statistica percentuale misurata è pari o supera il 99,9%.
PER SAPERNE DI PIU'
Visita la sezione Doping-Free Sport Unit del sito di Sport Accord www.sportaccord.com complilazione delle schede. I valori dei test sono sempre risultati nella norma negli oltre 100 controlli effettuati». Un bilancio lusinghiero per il nostro sport. Questo, comunque, non cancella del tutto lo spettro del doping: sono molte altre le gare in calendario, con diversi criteri di test. Nei prossimi numeri approfondiremo la questione. Per ora accontentiamoci di questo segnale incoraggiante.
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JUNIORES testo: Guido Valota FOTO: Guido Valota
D
avide Canclini, allenatore dello sci club Alta Valtellina, ottimo atleta del fondo e dello scialpinismo, da quasi trent’anni maestro di sci, è consigliere nella commissione nazionale FISI per lo scialpinismo. Davide ci accoglie gentilmente (e con crostata indimenticabile) nella bella casa di famiglia proprio ai bordi della pista Stelvio. Il periodo è quello giusto per parlare di scelte e programmi. La struttura federale si è rinnovata con le elezioni del marzo 2012 dopo quelle annullate del 2011 e i responsabili dello scialpinismo hanno alle spalle una stagione di rodaggio. Davide, come siete strutturati per lo scialpinismo? «La Commissione si occupa di indirizzi e scelte per lo scialpinismo in Italia: il presidente è il colonnello Mosso dell’Esercito e ne fanno parte il consigliere federale Marco Mapelli, Luciano Fontana per le Alpi Orientali, Stefano Mottini per le Occidentali e il sottoscritto per le Alpi Centrali. I tecnici per le squadre nazionali sono Oscar Angeloni per i Senior e Lillo Invernizzi per i giovani».
Priorità giovani Davide Canclini, membro della commissione scialpinismo della FISI, traccia le linee del futuro prossimo dello ski-alp
Quali obbiettivi vi siete dati e con quali differenze rispetto alle precedenti gestioni? «Siamo tutti d’accordo sull’obiettivo prioritario di preparare il ricambio generazionale: è sempre giusto lavorare per il futuro e quindi sui giovani, ma oggi tanti atleti in squadra sono over 30, quindi si tratta anche di una necessità». Qual è al momento la situazione? «Alle competizioni partecipa un numero interessante di giovani: superiamo i cento in quelle di livello nazionale. Stiamo pensando a creare la struttura e soprattutto la figura dell’allenatore di scialpinismo che ancora manca nella nostra disciplina, contrariamente a tutti gli altri sport invernali». Come sono organizzate le strutture delle altre federazioni? Notate modelli interessanti in quelle tradizionalmente di maggior riferimento per lo ski-alp come
Francia, Spagna e Svizzera? «Non conosco il livello ‘politico’ perché sul campo si vedono all’opera le strutture tecniche. Spagna e Svizzera accompagnano i giovani con personale qualificato: per esempio i ragazzi svizzeri sono seguiti da Rico Elmer, ex atleta di altissimo livello che li indirizza soprattutto tecnicamente e molto da vicino». Lo scialpinismo è sempre stato la ‘cenerentola’ FISI in termini di attenzione... e soldi. Novità? «Il consigliere federale Mapelli ci ha riportato le parole del presidente Roda: carta bianca alla commissione scialpinismo per le scelte nella direzione di cui parlavamo e la richiesta di venire aggiornato sugli sviluppi. Il settore è ritenuto interessante». Quali sono i criteri di selezione degli atleti da ammettere in squadra? Eventi appositi come i trials negli USA o gare di calendario predeterminate? Oppure valutazioni dei tecnici durante la stagione con i soliti rischi? «Nessun test o trial. Solitamente sono i risultati nelle gare di Campionato Italiano come nelle altre specialità o eventi importanti. Ci stiamo lavorando: è importante stabilire in anticipo criteri oggettivi per le selezioni nazionali, per evitare queste problematiche. Gli atleti sarebbero contenti». Come giudichi il lavoro fatto finora e come vedi le prospettive? «È presto per dirlo, abbiamo appena iniziato. Abbiamo tanti obiettivi, anche ambiziosi. Sicuramente dobbiamo ragionare tutti insieme, con l’apporto di ogni esperienza disponibile, confrontarle e creare le condizioni per far crescere i ragazzi, perché comunque questa resta una disciplina dura». La prossima scadenza? «Ritorniamo al settore giovani: quando questo articolo sarà stato pubblicato si sarà già svolto il raduno nazionale sulla neve dei primi di novembre allo Stelvio: sarà proprio l’occasione per confrontarci con tutti»
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Libera la passione Lo si pratichi per sport o per divertimento lo scialpinismo è una disciplina che si vive sempre con grande passione. A volte la montagna sa essere difficile, a volte persino dura ma le soddisfazioni che regala non hanno paragoni. L’importante però è viverla in totale sicurezza; a cominciare dalle attrezzature scelte che devono essere sempre al Top tecnologico. Il racer infatti lo pretende per soddisfare la sua passione agonistica, il patito di Touring per godersi appieno il piacere dell’ “avventura”. ATK RAce riesce ad esaudire i desideri di entrambi. con l’attacco SL World Cup, ad esempio, che con i suoi 114 grammi regala ai garisti la sua straordinaria leggerezza o con il modello RT che con il TRIS (Triple Regulation System) permette a chi pratica Touring discese nella massima tranquillità. ATK RAce non è soltanto attacchi ma anche un’ampia gamma di accessori tutti ai più alti livelli di qualità. Perché ATK RACE lavora con grande passione: la stessa che hai tu. www.atkrace.it
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PIETRO LANFRANCHI testo: Guido Valota foto: Umberto Isman
Mi chiamo Lanfranchi risolvo problemi Lo scialpinista bergamasco è uno dei piÚ regolari del circuito, una garanzia per il compagno di turno. Ma anche un ottimo esempio di come si possano conciliare lavoro, famiglia e ski-alp ad alto livello
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IN Pulp Fiction chiamano Mr.Wolf. Mr.Wolf arriva e risolve il problema. Pietro Lanfranchi è uno che sa cosa deve fare quando un impianto elettrico industriale ha un problema. Per esempio, un bel giorno in Lituania si ferma una linea di produzione. Un minuto dopo squilla il telefono in una certa azienda in Valle Seriana. Qualche ora dopo un aereo atterra a Vilnius e sbarca un 'man in black', barba ben curata e valigetta. E sempre per esempio, un bel giorno William Bon Mardion ha un problema: serve un compagno di squadra che non faccia sorprese, uno che non molli mai, niente 'bidoni', cascasse il mondo, che sia sempre in condizioni accettabili. Squilla il telefono a casa Lanfranchi. «…sì però richiami stasera, che adesso è in fabbrica».
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PIETRO LANFRANCHI
Incontriamo il 'Lanfra' dopo la premiazione del Vertical di Valgoglio, a pochi chilometri da casa sua. Ha gareggiato per allenarsi e dice di essere un po' indietro nella preparazione. Ma si è piazzato comunque settimo, esattamente in mezzo agli specialisti e a una dozzina di nazionali vari. Tanto per cambiare. Pietro, come si fa a diventare uno dei più forti al mondo? «Ma no! Diciamo che sono costante nel rendimento. Altri magari hanno il picco, riescono ad andare in gran forma per un singolo periodo e vincono la gara, ma per il resto della stagione sono piuttosto lontani da quel picco. Io invece, come inizio la stagione, la finisco. Non riesco ad estrarre un momento magico ma in compenso non ho grandi cali. E così quando si tirano i conti, essere stato sempre lì fa accumulare tanti punti. Sono contento di essere così. Magari mi manca la vittoria, ma può darsi che per tutta la stagione riesca a piazzarmi sempre tra i primi dieci in Coppa del Mondo. Il mio riferimento è Reichegger: anche lui è così... beh, un po' più forte! Magari gli sfugge la vittoria ma è sempre lì attaccato a dare battaglia. E se il Troillet, il Kilian, il Bon Mardion di turno perdono mezzo passo, lui li infilza». Sì, però non sei sempre stato così in alto nel ranking mondiale! Cosa è cambiato nelle ultime stagioni? «In realtà, nulla di particolare. Sono sempre cresciuto un po' ogni anno, ma così si nota poco. Finché non si arriva davanti, e allora si accorgono di te e sembra chissà cosa. Invece ero appena un po' dietro. Poi, un passettino dopo l'altro... Anche in questa progressione sono sempre stato piuttosto regolare». Com'è iniziata la tua storia sulle pelli? Tu non vivi in montagna. «Prima suonavo la batteria! Poi ho iniziato questo lavoro, tornavo a casa tardi e ho dovuto mollare la band. Restavano i fine settimana e mi è venuta voglia di provare lo scialpinismo: vedevo qualche amico che andava in montagna, così dieci anni fa sono andato al CAI di Nembro…». …dove hai trovato Martino (Cattaneo, ndr) ad aspettarti. «Esatto. Sono andato lì perché volevo imparare e dopo due mesi mi ha iscritto a una gara insieme a lui. Per un po' abbiamo fatto squadra e subito il Mezzalama, la Patrouille. Di quel periodo mi ricordo certe ribaltate! Vedevo là il traguardo e pensavo di non riuscire più ad arrivarci!» Qualche settimana fa sei andato forte in una gara
(ride)... mi manca un po' tutto, ma a uno che non è professionista, soprattutto in autunno, in genere manca proprio il volume. Specialmente adesso che le giornate si accorciano. Io entro in fabbrica alle otto del mattino, ma non sono mai certo di terminare con le otto ore canoniche, quindi esco di casa alle sei di mattina, così sono sicuro di riuscire a fare il mio allenamento. D'estate è facile saltar fuori, ma adesso tocca allenarsi al buio e così non si può fare tutto quel che si dovrebbe».
«…ma dài, non saranno mica spettacolari tutti quei cambi d'assetto con gli atleti sempre fermi! Adesso si pensa che gara tecnica sia uguale tanti cambi. Dieci cambi per gara, non esiste! Lo spettacolo, da dentro e da fuori, è la gente che sale forte quasi in alternato, le inversioni, e scendere velocissimi….»
di skiroll, con molti tra i migliori atleti del fondo, tra cui Dario Cologna… «A me lo skiroll piace tantissimo perché sono molto attento a sviluppare elementi come sensibilità, scivolata, equilibrio. Mi dà soddisfazione percepire progressi e sugli skiroll si evidenziano bene. Per noi scialpinisti che non arriviamo dal fondo è sempre più importante 'fare il piede'. E poi ho una mia teoria, per la quale mi sono procurato anche l'Ercolina: mi sembra proprio che la muscolatura del tronco, i dorsali, gli addominali, siano importantissimi per sostenere la sciata race. Mantenere stabilità e centralità, recuperare l'equilibrio, sopportare le sollecitazioni dei terreni irregolari... mi accorgo della differenza, da quando ci lavoro. E certo: nella gara in salita con gli skiroll loro andavano solo di spinta e passo spinta, tutta un'altra resa, mentre io l'ho fatta tutta in alternato. Il risultato finale è quello che è. Ma negli allenamenti sto iniziando anch'io a inserire il passo spinta: non tanto perché serva nelle gare di scialpinismo, quanto perché tonifica molto la zona del tronco». Però dici di essere in ritardo di preparazione. Cosa ti manca? «A uno come me manca sempre il volume. Cioè,
Come imposti i cicli della preparazione? «Ormai mi conosco e poi mi devo adattare al tempo che ho a disposizione quando non lavoro. Se ho dei dubbi mi sento con un amico preparatore, Eros Grazioli, e vediamo insieme cosa fare. Invece in stagione sto attento ai microcicli settimanali. La gara la domenica è un carico massimale, per cui in settimana cerco di gestirmi: niente grandi dislivelli, niente tirate. Pochi richiami, poca velocità, anche pochi secondi magari. Al massimo una notturna il mercoledì. Piuttosto, sai cosa faccio? Ecco, faccio tanto sci di fondo con le pelli. Vado su in Montagnina, a venti minuti da casa mia, e giro sulla pista di fondo a sciogliere le gambe con i materiali da scialpinismo». Senza la neve cosa preferisci? «La corsa non mi piace tanto. Spesso prendo la mia mountain bike enduro, pedalo fino in cima e poi scendo per sentieri. E così mi diverto, miglioro il passaggio in discesa, insomma ci metto una parte di gioco che fa venir voglia». Ti vogliono spesso in coppia atleti più forti. Sappiamo che sei una garanzia e c'è anche la capacità di tener duro. E...? «E che il rispetto per un compagno più forte che ti ha voluto con lui è una forma di motivazione. Un'altra cosa che mi motiva è che se sei in team con Bon Mardion, quand'è che ti ricapita un'occasione così? Un'altra ancora è che quando corri con loro e passi in testa sul Grand Mont alla Pierra, o al Canalino dell'Aquila al Mezzalama, in quel momento ti accorgi che stai proprio vivendo quello che sognavi!». Una volta che volavi? «Ancora all'ultimo Mezzalama, sul Castore: io per fortuna non patisco la quota, gli altri magari un po' sì, e allora se sento che tiro un po' la corda, la tiro ancora di più... e più la tiro, più mi sento di volare!» Una volta che hai visto i 'sorci verdi'? «Eh, l'ultima stagione tante volte. Comunque Rutor e Pierra Menta me li ricordo ancora molto bene».
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PIETRO LANFRANCHI Data di nascita: 7 novembre 1978 Residenza: Casnigo (Bg) Sci: Ski Trab Scarponi: La Sportiva Attacchi: ATK Race Abbigliamento: Crazy Idea Palmarès: terzo alla Pierra Menta 2012 e vittoria nella tappa del Grand Mont (insieme a William Bon Mardion), secondo al Mezzalama 2011 (per soli 19") con Pedrini e Seletto, terzo nel Vertical di Coppa del Mondo all'Etna nel 2012, secondo alla Patrouille des Glaciers 2010 con Reichegger ed Eydallin, secondo nel Sellaronda 2012 con Troillet, primo al Tour du Grand Paradis 2010 (Campionato Italiano Top Class long distance) con Pedrini, vincitore Trofeo Parravicini 2009 e 2010, Ski Alp Adamello 2009, Pila Race 2008, Ski Alp dei Tre Signori 2008.
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PIETRO LANFRANCHI
In questa pagina, dall'archivio di Ski-alper. Nella pagina precedente, il Lanfra al Tour du Rutor 2012. Qui sotto esultante sul traguardo dell'Etna e in attesa del via al Sellaronda.
Pensi di poter migliorare ancora? «Razionalmente lo vedo difficile, a questo livello, per un 'non professionista' come me. Soprattutto perché gli altri che non stanno certo con le mani in mano. Personalmente invece sono abbastanza fiducioso. Lo spero. Perché no? Dopotutto sono sempre migliorato, pian piano, anno dopo anno. E poi nello scialpinismo si migliora sempre. L'esperienza che si somma è fondamentale! Soprattutto nella gestione dello sforzo, nella sua distribuzione, nell'equilibrio di tutto. L'esempio è Bon Mardion: magari sulla salita secca non entra nei primi cinque, ma se poi c'è da scendere lui sa distribuire perfettamente le sue risorse». La tua qualità migliore in gara? «Direi l'equilibrio nella gestione dello sforzo, riesco ad ascoltarmi». E invece cosa devi assolutamente correggere? «I cambi d'assetto! A volte mi riescono bene, altre faccio disastri. Non avendo tempo, ne dedico troppo poco a un particolare che ne richiederebbe tanto. E poi non mi piace, ma non mi posso permettere di perdere cinque secondi a cambio!». La gara ideale? «Individuale, sui 2.000 metri, tre salite e tre discese, pochi cambi. Magari io vado meglio nelle gare più lunghe, ma quella è la massima espressione dello scialpinismo. Che sogno vincere una gara così importante! E spettacolare: ma dai, non saranno mica spettacolari tutti quei cambi d'assetto con gli atleti sempre fermi! Adesso si pensa che gara tecnica sia uguale tanti cambi. Dieci cambi per gara, non esiste!
sibilmente senza rischiare cadute e intanto recuperare energie».
«Il podio più bello? Il terzo posto all'Etna... sai, è il podio individuale in Coppa del Mondo! Dopo io me ne stavo andando in giro tutto contento con 'sta medaglia' e pagavo da bere a tutti, e l'intervista, e le strette di mano, e i complimenti… A un certo punto arriva lì il Reichegger, tocca la medaglia e mi fa '…eh, Lanfra, Lanfra, sai: io ne ho a casa settantasette di quelle lì!»
Lo spettacolo, da dentro e da fuori, è la gente che sale forte quasi in alternato, le inversioni, e scendere velocissimi. È lasciar lavorare gli sci!». Dove lavorare al miglioramento della prestazione nello scialpinismo attuale? «Nell'economicità della discesa. Scendere veloci, pos-
Il podio più bello? (non sa scegliere, gli brillano gli occhi: prima dice il secondo posto al Mezzalama perché è il Mezzalama, poi la tappa del Grand Mont perché è il Grand Mont. E infine racconta...) «Però il terzo posto all'Etna...sai, è il podio individuale in Coppa del Mondo! Dopo io me ne stavo andando in giro tutto contento con 'sta medaglia' e pagavo da bere a tutti, e l'intervista, e le strette di mano, e i complimenti… A un certo punto arriva lì il Reichegger, tocca la medaglia e mi fa (imita la cadenza sudtirolese e ride) «…Eh, Lanfra, Lanfra, sai: io ne ho a casa settantasette di quelle lì!» (ridiamo, e poi si fa più serio) Settantasette. Europei, Mondiali. Coppa. Queste cose non le dice nessuno ed è un peccato. Lui è l'atleta più medagliato che c'è in giro, anzi tutti compresi, anche del passato. Non c'è mai stato nessun altro come lui. Eppure continua concentrato, come se fosse all'inizio, con umiltà... ed è sempre lì davanti, sempre!» Come te la cavi con la famiglia, lavorando e sciando ai tuoi livelli? «Mi sono sposato con Cristina due anni fa e da poco sono diventato papà di un bellissimo bambino, Riccardo. Eh! Vedremo come si mette adesso!». E nel tempo libero? «Cos'è il tempo libero?».
99 > people
In senso orario. Lanfranchi all'attacco nel Mezzalama 2011. A pochi metri dal passaggio al Grand Mont nell'ultima edizione del Pierra Menta. Al traguardo dell'ultimo Mezzalama con Pedrini e Seletto. Insieme a Floirent Troillet al Sellaronda. Nelle fasi iniziali del Vertical Valgoglio.
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I GUERRIERI DELLA NOTTE testo: Guido Valota
Carrara il condottiero Giuseppe Carrara non è solo guerriero di tante battaglie notturne, ma anche organizzatore e ‘anima’ di gare sotto la luna
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uerriero di mille notti e di mille battaglie, ma soprattutto condottiero. Giuseppe Carrara è uno che non si limita a dar battaglia: la cerca, la procura e conduce le truppe. Beppe, 49 anni, lavora come responsabile qualità in un’azienda meccanica di precisione. Sulle pelli almeno dodici Sellaronda e tutte le classiche compresi Adamello e Mezzalama. Trascinatore del GSA Sovere, fa squadra anche con chi capita se serve, disinteressandosi della classifica. Incidentalmente vince o è tra i primi della sua categoria Master. Sempre presente a tutte le notturne a portata di auto, che sia in forma o no! Per capire il personaggio basterebbe l’immagine di un pullman che parte alle quattro del mattino da Sovere (Bg) per Saalbach. Ski-alper accartocciati tra i sedili per cercare di chiudere gli occhi, coperte, qualche materassino e sacchi a pelo nel corridoio. Il pullman più pazzo del mondo corre a rotta di collo fin nel cuore dell’Austria con una sola sosta al Brennero per consentire la pausa di legge al conducente. Dopo otto ore così, giusto il tempo di ‘stiracchiarsi’, ritirare i pacchi gara, e via di corsa tra le strade all’assalto dei muri del Mountain Attack. Gara, dopogara e premiazione sul podio ballando la techno degli austriaci, birra a fiumi, discoteca fino alle tre, otto ore di pullman, Sovere. Naturalmente questa bella trovata non può che essere di Beppe Carrara. Com’è andata quella volta al Mountain Attack con Guido Giacomelli? «È andata che aveva vinto lui, noi eravamo gli unici italiani, e ancora prima che lo chiamassero ci siamo messi a fare un gran casino sotto il palco. Ci guardavano tutti! Al Mountain Attack danno al vincitore un boccale magnum di birra, così lui l’ha passato giù a noi che l’abbiamo svuotato subito. Ma poi abbiamo continuato a riempirlo e farlo girare in discoteca fino a notte. Girava ‘sto boccale gigantesco e tutti a bere, a passarlo, a riempirlo. Dopo due giorni eravamo a casa stesi, con lo stesso identico virus! Si vede che qualcuno l’aveva addosso già quella sera e ce lo siamo trasmesso per bene col boccale del Guido!». Da vero guerriero vai all’assalto anche quando organizzi tu, dalla prima locandina fino al segnale della partenza. In questi tempi di commissioni, strutture, giudici, moduli 61, è confortante per tutti vederti schierato in prima linea e dare il ‘pronti via’… «Sì, il ‘pronti via’ per noi è quel modo di fare le cose che vanno fatte senza perdere tempo a pensarci troppo. Agli inizi organizzavamo proprio così. E anche se adesso il circuito ‘Sci e luci nella notte’ ci impone di strutturarci bene, con una mole di lavoro notevole, io vorrei che la gara in sé rimanesse soprattutto l’occasione per una serata di socialità. Proprio per stemperare un eccessivo contenuto di agonismo rispetto a questo spirito, ho voluto chiamare ‘Pronti...via!’ la notturna di Montecampione. Comunque ora dobbiamo almeno assecondare questa domanda di competizione, che riconosciamo non solo dall’analisi dei numeri delle iscrizioni. Pensa che, solo qualche anno fa, gli ultimi classificati impiegavano oltre tre volte il tempo del primo: adesso neanche lo raddoppiano!
Nella foto accanto. Beppe ci mostra la sua foto al bivacco Bonatti sul Pilone Centrale del Frêney
Però a me spiace quando uno mi dice che non viene alla notturna perché non è in forma, vuol dire che non ha capito il senso di questi appuntamenti. E non cerchiamo per forza la partecipazione di quelli forti. Se vengono ci fa grandissimo piacere, ma il valore di queste gare non sta nella partecipazione qualificata. Io sono anche contrario ai premi in denaro per i primi e pensa che perfino alcuni di loro ci dicono di fare i cesti di alimentari, di non dare soldi».. La madre di tutte le battaglie per un guerriero della notte? «Sicuramente il Sellaronda: è un’avventura lunghissima, quattro salite di notte, il freddo e il vento. Contro gli avversari, l’orologio, le salite che diventano infinite». La più dura? «L’ultima edizione, con il freddo e il vento, che è stato molto peggio anche di quello con la nevicata forte. Uno che conosco ha recuperato la vista dopo tre giorni, noi appena arrivati ci siamo buttati in un locale con gli altri e la scena era impressionante: tutti che tremavano e battevano i denti, uno in carrozzella, gente portata via in ambulanza. Le mie gambe hanno ‘sbacchettato’ per tre quarti d’ora e non riuscivo a fare nient’altro». Con chi i ‘duelli’ più belli? «Con Giuliano Zanga è un duello infinito. Lui lì davanti per diverse stagioni, poi sono riuscito a prenderlo. Però adesso è tornato davanti nei Vertical estivi, va fortissimo. Per ora sugli sci il confronto è indiretto, ma quando ritorneremo in categoria insieme...». Anche organizzare è una ‘guerra’? «Prevedi di tutto e ti porti anche il cinquanta per cento di pacchi gara in più. Una volta non sono bastati: finiti i duecentocinquanta pettorali abbiamo tagliato quaranta sacchetti di cellophane e scritto i numeri con il pennarello…». Qual è il fascino della notte, che porta in montagna così tanta gente sugli sci? «La luna. Quando c’è capisci perché sei lì. Il primo motivo per provare è stato la luna piena, per tutti. Quando salgo e posso spegnere la pila…». La chiacchierata è iniziata molto prima, coinvolgendo anche la moglie Lorena e i figli Nicola e Luca, e si è prolungata molto oltre; troppo tardi anche per un guerriero della notte. L’indomani mattina Giuseppe Carrara deve organizzare il triathlon skiroll-corsa in montagna-mtb, che pochi anni fa si è inventato alla buona: ‘pronti via’ con pochi amici. Adesso ha contagiato un po’ troppa gente: bisogna almeno segnalare il percorso!
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UTMB
testo: Fabio Menino foto: Franck Oddoux-TNF UTMB
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UTMB
alla ricerca di un nuovo equilibrio L'edizione del decennale della 'Maratona di New York' dell'ultra-trail verrà ricordata non solo per le imprese sportive, ma per la caduta di un tabù: dall'anno prossimo possibili i premi in denaro due sms inviati mercoledì sera ai partecipanti di TDS, CCC e UTMB, le tre gare organizzate all’interno dell’Ultra-Trail du Mont-Blanc®, erano tali da far balenare cattivi pensieri premonitori anche ai più ottimisti. «Attenzione! Previsioni meteo: pioggia, neve a 2000 m, vento, freddo. Temperature in diminuzione fino a -5 C°. Prevedere equipaggiamento invernale». Un’ora dopo: «Condizioni previste molto difficili. Indispensabili 4 strati di indumenti». A dimostrazione che i detti popolari non nascono solo perché suonano bene, quello che recita 'non c’è il due senza il tre', ha trovato la sua ennesima conferma all’UTMB, proprio in occasione del suo decennale. Venerdì pomeriggio, infatti, un terzo messaggio avvisava i partecipanti della gara principale di 168 chilometri intorno all’intero massiccio del Monte Bianco che il percorso avrebbe subito una modifica sostanziale, riducendo a 110 i chilometri e relegan-
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UTMB
dolo interamente su territorio francese. Veniva quindi ritenuto troppo rischioso passare sui colli Bonhomme (2.443 m) e Seigne (2.516 m), esattamente come nel 2010, rendendo impossibile il relativo passaggio dalla Francia all’Italia. Per il terzo anno consecutivo la gara non si sarebbe quindi svolta sul suo itinerario classico. Cosa resterà? A distanza di soli due mesi, è ancora difficile ipotizzare se questo Ultra-Trail du Mont-Blanc® sarà in grado di tramandare ai posteri una qualche immagine indelebile, di quelle che rientrano di diritto nella storia di uno sport segnandone inequivocabilmente il corso. Se ciò avvenisse, sarebbe auspicabile che fosse riferibile a uno dei tanti risultati sportivi conseguiti, come già avvenuto più volte con le nove edizioni passate. Candidati d’obbligo, la vittoria di Francois D’Haene nell’UTMB, seconda per la Francia nella storia della gara, la quinta personale dell’inglese Elisabeth Hawker, oppure l’incredibile tempo dello spagnolo Tofol Castaner, dominatore della CCC, o ancora la vittoria nella TDS del nepalese Dawa Sherpa. È anche ipotizzabile che il ricordo di questa edizione venga legato a qualcosa di più concettuale, alla gestione complessiva della manifestazione o più in generale alla situazione attuale del trail running. Prima le ‘Assises du trail' svoltesi a Courmayeur, poi la lettera aperta indirizzata a tutti i concorrenti e intitolata 'porci e cafoni' e infine la diatriba con l’Ultra Trail di Andorra, fanno riflettere e sono il segno tangibile che tutto il settore è giunto a un inevitabile punto di svolta. Come è giusto che sia, il segnale non poteva che arrivare se non dalla sua massima espressione, dallo stesso UTMB che negli ultimi anni ne ha dettato le regole e le sorti. In dieci anni l’audace progetto iniziale dei Trailers du Mont Blanc, impersonificati nella figura dei coniugi Michel e Catherine Poletti, si è trasformato nella gara di riferimento a livello mondiale, nel 'Sommet Mondial de la Course Nature' capace di dettare le regole e di plasmare a proprio piacimento gran parte dell’intero movimento. Dopo i 67 pionieri del 2003, più di 7.500 atleti sono riusciti nel corso di questi anni a coronare il sogno irrinunciabile per moltissimi appassionati di ultra distanze in natura: il giro completo del Monte Bianco di corsa. Dai 67 finisher del 2003, si è passati a 430 nel 2004, 773 nel 2005, oltre 1.000 in tutte le altre edizioni e 2.122 di quest’anno. Sull’altro fronte, decine di centinaia di organizzatori hanno a loro volta rincorso lo stesso identico sogno di successo, fregiandosi del logo dei punti qualificanti per lo stesso UTMB.
L'esprit trail Una grande unione di intenti, fortemente voluta e magistralmente condotta, che ha trovato il suo principale punto d’incontro nei dettami dell'esprit trail, l’assioma univocamente riconosciuto che vede prevalere ideali di tipo spirituale rispetto a quelli più prettamente agonistici, in qualche circostanza ritenuti addirittura inopportuni o fuori luogo. Un patrimonio da tutelare a tutti i costi, anche da eventuali insidie esterne come è avvenuto nel 2008, anno in cui Kilian Jornet ha fatto irruzione nel mondo delle ultra distanze vincendo proprio l’UTMB. L’esprit compétitif entrava nella scena in punta di piedi, facendo però intuire che avrebbe attirato su di sé attenzioni e seguaci in numero sempre maggiore. Non a tal punto da sostituire l'esprit trail: più saggia e ponderata, quindi, la strategia basata su
In dieci anni l’audace progetto iniziale dei Trailers du Mont Blanc, impersonificati nella figura dei coniugi Michel e Catherine Poletti, si è trasformato nella gara di riferimento a livello mondiale, nel 'Sommet Mondial de la Course Nature' capace di dettare le regole e di plasmare a proprio piacimento gran parte dell’intero movimento
una loro condivisione. I primi pionieri del lontano 2003, identificabili tra gli altri in icone di indubbio carisma come gli italiani Giorgio Simonetti e Alberto Motta, difficilmente avrebbero potuto immaginare che il loro UTMB, non ancora marchio registrato, dieci anni dopo si sarebbe giocato anche sui secondi risparmiati ai ristori o sull’efficienza relativa all’assistenza ricevuta in gara. Ancora più difficilmente avrebbero potuto ipotizzare che quel loro splendido viaggio interiore un giorno sarebbe potuto diventare anche un grande business. Un dettaglio intuito invece proprio dagli stessi organizzatori dell’UTMB che con lungimiranza hanno legato il nome della loro gara a un marchio forte, credibile e globalmente riconosciuto. Ed è a questo punto che il meccanismo ha raggiunto la sua completezza, una sinergia perfetta tra esprit trail, compétitif e commercial, con il primo da far emergere in modo preponderante, il secondo in base alle circostanze e l’ultimo solo marginalmente. Una moltitudine di appassionati desiderosi di vivere il sogno a tutti i costi, gli atleti di vertice consapevoli di avere a loro disposizione una delle poche occasioni di confronto, gli altri organizzatori partecipanti e partecipati e le aziende ben disposte a rendersi visibili in una vetrina di tale portata. Un’armonia da conservare con tutte le forze, ma anche un sottile equilibrio da preservare ogni qualvolta le circostanze lo richiedano senza dare l’impressione che possa trasformarsi in equilibrismo da un momento all’altro. Alle Assises du Trail di Courmayeur Catherine Poletti ha ribadito ai più distratti che l’UTMB continuerà nel tempo a rivolgere le attenzioni maggiori verso la massa consolidata di appassionati piuttosto che sulla minoranza di top, ma ha sottolineato anche ai più attenti che questi ultimi, in ogni caso, potranno continuare a beneficiare della visibilità offerta dall’evento. Allo stesso tempo, ristabilendo un equilibrio perfetto, ha fatto cadere uno dei pilastri costituenti proprio di quell’equitè, che da sempre ha trovato nell’abnegazione verso i premi in denaro il principale mezzo di preservazione sociale. Con buona pace dei vari Dawa Sherpa, Vincent Delebarre, Christophe Jaquerod, Marco Olmo, Kilian Jornet, Jez Bragg e Francois D’Haene, eroi rincasati con molta gloria e con il prezioso campanaccio tipico delle giovenche della valle di Chamonix, dal prossimo anno i vincitori dell’UTMB potrebbero incominciare ad attingere anche loro dal lucroso bottino frutto di questo equilibrio. In segno dell’equitè, ovviamente con un tetto massimo ai premi, anche in questo caso nel rispetto del solito equilibrio, che deve continuare a non essere confuso con l’equilibrismo.
Accanto. Alcuni istanti dell'affollatissima partenza dell'UTMB
Nelle foto: Alcune fasi delle tre gare, pesantemente condizionate dal maltempo..
Gli 'stati generali' del trail
Le Assises Internationales du Trail, convocate dai coniugi Poletti a Courmayeur (Ao), lo scorso 3 settembre, si sono interrogate sulla classificazione delle gare e sui montepremi in denaro. Arrivando a proporre delle regole. La prima, fondamentale, questione riguarda la definizione del trail. Si parte dal trail corto, di non meno di 20 chilometri e non più di 42, per passare per il trail vero e proprio, da 42 a 80 chilometri, per arrivare all'ultra-trail, oltre 80 chilometri in un'unica tappa. Una definizione che contrasta con quella di origine statunitense che vede nell'ultra tutto quello che è oltre i 42 chilometri. I tre tipi di gare si configurano come una gara podistica prevalentemente nella natura, con classifica ma aperta a tutti, che non richiede una tecnica particolare e attrezzatura alpinistica su un tracciato minimo di 20 chilometri. Il trail può essere in autonomia
o semiautonomia, con punti di ristoro intermedi, ma i concorrenti devono essere responsabili e conoscere i pericoli della montagna. Questa è la distinzione principale con la corsa in montagna e lo skyrunning: non solo lunghezze maggiori, ma anche obbligatorietà di diverso materiale che renda sicura una corsa in autonomia. Curioso però il fatto che non si faccia alcun riferimento al dislivello, che ha suscitato qualche perplessità nella platea. Per quanto riguarda i premi, le proposte prevedono che la gara non deve distribuire degli ingaggi e comunque devono esserci dei premi solo se sono previsti regali per tutti i finisher. Se è previsto un budget per concorrenti agonisti (premi in denaro per i primi classificati, rimborso spese viaggio o pernottamento), l’ammontare deve essere al massimo del 10 per cento del totale delle iscrizioni, con un tetto di 15.000 euro.
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ULTRA-TRAIL DU MONT BLANC
SCOREBOARD
UTMB maschile
UTMB Femminile
CCC
TDS
Chamonix (FRA) 31-8-2012
Chamonix (FRA) 31-8-2012
Courmayeur (Ao) 31-8-2012
Courmayeur (Ao) 30-8-2012
1. F. D’Haene (FRA) ������������ 10h 32’ 36’’ 2. J. Buud (SWE) ������������������ 11h 03' 19’’ 3. M. Foote (USA) ����������������11h 19’ 00’’ 4. C. Sa (POR) ������������������������11h 22’ 39’’ 5. C. Nemeth (HUN) 11h 37’ 18’’
1. E. Hawker (GBR) ������������ 12h 32’ 13’’ 2. F. Canepa (ITA) ����������������13h 17’ 01’’ 3. E. Roca (ESP) �������������������13h 23’ 37’’ 4. R. Bosio (USA) ���������������� 13h 43’ 10’’ 5. K. Fori (ITA) ���������������������� 13h 58’ 25’’
Uomini 1. T. Castaner (ESP) ���������������� 8h 46’ 11’’ 2. M. Pasero (FRA) ������������������ 9h 28’ 13” 3. N. Pianet (FRA) ��������������������9h 28’ 45”
TESTA A TESTA: dopo la riduzione del percorso rinunciano due dei grandi favoriti, il francese Julien Chorier e lo spagnolo Iker Karrera. Grande assente anche Kilian Jornet, vincitore delle edizioni 2008, 2009 e 2011. Francois D’Haene azzarda l’impossibile e si porta in testa alla gara dopo soli 20 km. Transita a Les Contamines (57 km) con un vantaggio di 9 minuti su Buud, 17 su Sa e 20 su Rey mentre Chaigneau è attardato di 21 minuti ma recupera la quinta posizione. Si ritira invece Miguel Heras, esattamente come lo scorso anno, quando era in seconda posizione. Trascorre la notte sotto la pioggia incessante. Ad Argentière, 10 km dalla conclusione, D’Haene è sempre più solo con oltre mezz’ora su Buud. Si ritira Chaigneau provato dalla fatica e dal freddo. Alle ore 5:39 di domenica mattina, Francois D’Haene termina la sua impresa in 10h 32’ 36’’.
TESTA A TESTA: l’inglese Elisabeth Hawker non delude le aspettative e conquista la sua quinta vittoria nella corsa. Francesca Canepa ci ha provato ma, forse penalizzata dalla riduzione del percorso, ottiene sì uno storico secondo posto ma con un ritardo di tre quarti d’ora che non le rende pieno merito. Dietro di lei atlete di valore assoluto come la spagnola Emma Roca, l’americana Rory Bosio, la brasiliana Fernanda Maciel e la spagnola Nerea Martinez. La Hawker è partita in testa e ha aumentato progressivamente il suo vantaggio sulle dirette inseguitrici. Mai un segno di cedimento e la solita concentrazione e determinazione dimostrata anche nelle fasi di assistenza oltre che in gara. L'altra italiana Katia Fori, dopo il settimo posto dello scorso anno, arriva quinta. Per lei 1h 26' di ritardo, ma un ulteriore passo in avanti verso l'eccellenza della disciplina. Lo scorso anno, su diu un percorso di 170 km, accusò oltre 5h 36' dalla stessa Hawker.
LE SORPRESE: Francois D’Haene riesce finalmente a mettere un sigillo importante nella sua carriera. Jonas Buud, più volte a medaglia nella 100 km su strada, ha dimostrato tutta la sua classe anche sui sentieri sterrati. Michael Foote: nove anni dopo il secondo posto di Thoper Gaylord e il terzo di Brandon Sybrowsky, è il terzo americano che conquista il podio. LE CONFERME: Csaba Nemeth, sesto piazzamento nei primi dieci e Tsuyoshi Kaburaki, con quattro piazzamenti sempre nei 10. LE DELUSIONI: Per Sebastien Chaigneau doveva finalmente essere l’anno della vittoria dopo il secondo posto del 2009 e il terzo del 2011. Il suo UTMB è iniziato tutto in salita con una clamorosa caduta sulla linea di partenza. Anno nero anche per Miguel Heras che ha dovuto abbandonare la corsa quando era nelle primissime posizioni. Jez Bragg, dopo la vittoria del 2010 non ha più saputo confermare il suo talento. Si è ritirato dopo soli 20 km quando era oltre la duecentesima posizione.
LA SORPRESA: la polacca Magdalena Laczak, classe 1978, sesta classificata in una delle sue prime esperienze nell’ultra trail running. LA CONFERMA: Elisabeth Hawker, terza vittoria stagionale nelle ultra a cui si aggiungeranno quella nella Run Rabbit e alla Spartathlon in Grecia. Francesca Canepa, dopo il secondo posto lo scorso anno nella TDS, un altro secondo posto ma questa volta nella gara più conosciuta al Mondo. LA DELUSIONE: l’americana Krissy Moehl, già vincitrice nel 2003 e nel 2009, non riesce ad andare oltre il quattordicesimo posto e si porta a casa quasi tre ore di ritardo.
Donne 1. E. Greenwood (USA) ����� 11h 06’ 31’’ 2. M. Combarieu (FRA) ������� 11h 40’47’’ 3. M. Gobert (FRA) ��������������� 11h 45’ 49’’ TESTA A TESTA: Dallo Skyrunning al Trail Running; cambia la forma ma non la sostanza. Lo spagnolo Tofol Castaner domina dall’inizio alla fine la gara non lasciando speranze a nessun concorrente. Neanche la pioggia e il freddo riescono a rallentarne la marcia. Al rifugio Bertone, dopo soli 4 km, ha già 3’ sugli inseguitori. All’arrivo di Chamonix diventeranno addirittura 42. Vi giunge pochi istanti prima della partenza dell’UTMB® e riceve l’ovazione di decine di migliaia di tifosi. Su un percorso identico a quello del 2007, il suo tempo di 8h 46’ 11’’ fa impressione se paragonato alle 10h 19’ 46’’ di Julien Chorier. Sfida vera invece per il secondo posto con Mikael Pasero che a pochi chilometri dall’arrivo raggiunge Nicolas Pianet e lo lascia a soli 32 secondi. Più prudente l’inizio di gara dell’americana Ellie Greenwood tra le donne che esce sulla distanza offrendo un risultato finale altrettanto devastante come per Castaner. Con il tempo finale di 11h 06’ 31’, rifila 34 minuti alla francese Maud Combarieu e 39 a Maud Gobert. LA SORPRESA: per Tofol Castaner, classe 1972, sembra essere iniziata una seconda carriera. Dopo i trionfi nello Skyrunning, l’atleta spagnolo dallo scorso anno ha cominciato a cimentarsi anche nelle ultra. L’italiana Simona Morbelli entra nelle top 10 con un ottimo nono posto e a soli 18’ dalle prime cinque. LA CONFERMA: Ellie Greenwood ottiene con la CCC la sua sesta vittoria stagionale. Maud Gobert conferma che gli anni incominciano a passare anche per lei ma che il talento rimane quello di prima. LA DELUSIONE: le prestazioni di Marco Bethaz (trentaquattresimo) e Davide Ansaldo (trentottesimo) sono di alto livello ma non ancora sufficienti per portare l’Italia maschile nel gotha del trail running internazionale.
Uomini 1. D. Sherpa (NEP) �������������14h 37’ 07’’ 2. L. Trivel (FRA) ����������������� 15h 05’ 26’’ 3. A. Guillon (FRA) ������������ 15h 05’ 28’’ Donne 1. A. Herve (FRA) ��������������� 19h 07’ 00’’ 2. J. Blanchet (FRA) ���������� 19h 39’ 53’’ 3. A. Carlini (ITA) �����������������20h 32’ 14’’ TESTA A TESTA: Il nepalese Dawa Sherpa, classe 1969, ritorna alla vittoria in una gara dell’Ultra-Trail du Mont-Blanc® dieci anni dopo quella conquistata nella prima edizione del 2003. Una vera e propria icona del trail running, ancora fortissimo. Denominata dagli organizzatori come l’alternativa, quest’anno la TDS è stata gara vera, con una sfida a breve distanza tra Sherpa e i francesi Lionel Trivel e Antoine Guillon e l’unica delle tre prove a essersi svolta sul percorso integrale. Percorso durissimo di 112 km e 7.100 metri di dislivello positivo. La seconda parte, molto tecnica, è stata resa ancora più difficile dalla pioggia incessante per circa 20 ore. Dawa Sherpa viene accolto dal suo pubblico dopo 14h 37’ di gara. A pari merito, Trivel e Guillon, con quasi mezz’ora di ritardo. In campo femminile, la francese Agnés Herve fa sua la gara in 19h 07’. Dietro di lei Juliette Blanchet a 32 minuti e, terza, l’italiana Alessandra Carlini a 1h 25’. LA SORPRESA: Pablo Villa, classe 1988, alla sua prima esperienza in un’ultra ottiene un quarto posto che vale moltissimo. LA CONFERMA: Non che ne avessero bisogno ma Dawa Sherpa e Antoine Grillo hanno confermato di essere due tra i migliori atleti al mondo in termini di regolarità di risultati. LA DELUSIONE: il ventesimo posto di Paolo Massarenti rende onore all’atleta ma, come per la CCC®, non al movimento italiano dell’ultra trail running che continua a mancare nelle occasioni che contano.
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108 > trail running
TOR DES GEANTS testo: Fabio Menino FOTo: Stefano Torrione
73 eroi al Tor L’endurance monstre valdostana, interrotta per il maltempo, ha visto il successo di Perez e Canepa con prestazioni da primato e pochi atleti a completare l’intero percorso
In pillole Il piemontese Mauro Saroglia è l’unico atleta che è riuscito nell’intento di classificarsi nei primi 10 assoluti in tutte e tre le edizioni del Tor des Geants (ottavo nel 2010, decimo nel 2011 e sesto nel 2012). 319 gli atleti, di cui 28 donne, giunti al km 303 di Bosses dove è stata definitivamente interrotta la corsa. Per 239 (38%) atleti l’avventura è terminata prima dell’interruzione della gara. I primi 100 km di gara, fino a Cogne, si sono dimostrati i più selettivi con 124 atleti ritirati, pari al 52% del totale.
old out per il Tor des Geants alla terza edizione. I 600 posti disponibili sono andati esauriti, via internet, in meno di 24 ore. La competizione di endurance trail che percorre a grandi linee tutto il confine della Valle d’Aosta lungo le Alte Vie numero 1 e 2 per un totale di 330 chilometri e 24.000 metri di dislivello positivo è dunque diventata in poco tempo un must. Nata nel 2010 per volontà dei Valle d’Aosta Trailers, la gara con partenza e arrivo da Courmayeur vedeva al via diversi favoriti, alcuni protagonisti delle due precedenti edizioni come gli svizzeri Jules Henry Gabioud e Marco Gazzola, gli italiani Giancarlo Annovazzi, Giuseppe Grange e Mauro Saroglia, i francesi Christophe Le Saux e Dominique Meynadier, lo spagnolo Pablo Criado Toca. Altri erano alla conquista del primo Tor, come gli italiani Dennis Brunod, Roberto Beretta, Marco Confortola, Marco Zanchi e Nico Valsesia. Tra le donne, le italiane Patrizia Pensa e Giuliana Arrigoni, rispettivamente seconda e terza nel 2011, Francesca Canepa, reduce da una stagione trionfale e Sonia Glarey. La partenza sabato 9 settembre. Nei primi 100 chilometri di gara, fino a Cogne, si sono contati ritiri eccellenti e le sorprese. Tra i primi Dennis Brunod, Marco Gazzola, Jules Henry Gabioud e Nico Valsesia; tra le sorprese, il francese Gregorie Millet, trentesimo nel 2011 e l’italiano Franco Collè, alla sua prima esperienza in un’ultra, che sono transitati nelle primissime posizioni. Tra le donne incominciava invece l’impresa solitaria di Francesca Canepa. Sul terzo Tor des Geants, per la prima volta nella sua recente storia, è però giunto anche il maltempo. L’organizzazione è stata costretta a decretare una prima sosta forzata dalla base vita di Valtournenche, a causa di una frana lungo il percorso, e una seconda nei pressi del Col Malatrà, a causa dell’abbondante nevicata. Ne sono usciti indenni solamente Gregoire Millet, Oscar Perez, Christophe Le Saux, Pablo
Sopra Uno dei primi raid organizzati dal CAI UGET, nel 1968. La foto è scattata a Grssoney
Criado Toca e Franco Collè che sono transitati, nei due punti, più veloci del maltempo; per loro la gara è continuata quindi senza interruzione fino a Courmayeur. Con il perversare del maltempo, il Tor è stato poi definitivamente sospeso nei pressi di Bosses dopo 303 chilometri dal via. Solo 73 gli atleti che sono riusciti a terminare l’intero percorso di 330 chilometri. Con il nuovo record della corsa di 75h 56’ 31’’, lo spagnolo Oscar Perez ha tagliato per primo il traguardo di Courmayeur mercoledì pomeriggio alle ore 13:56. Dietro di lui i francesi Gregoire Millet e Christophe Le Saux, distaccati rispettivamente di 2h 53’ e 4h 17’. Primo italiano e quinto assoluto, senza interruzioni di percorso, Franco Collè in 84h 15’ 19’’. Tra le donne ha dominato la gara Francesca Ca-
CLASSIFICHE Uomini 1. O. Perez (Spa) ��������������������������������������75h 56’ 31’’ 2. G. Millet (Fra) ���������������������������������������78h 50’ 03’’ 3.C. Le Saux (Fra) �������������������������������������80h 14’14’’ 4. P. C. Toca (Spa) ����������������������������������83h 37’ 29’’ 5. F. Collè (Ita) ��������������������������������������������84h 15’ 59’’ Donne 1. F. Canepa (Ita) �������������������������������������85h 33’ 56’’ 2. S. Glarey (Ita) ��������������������������������������96h 59’ 54’’ 3. P. Pensa (Ita) �����������������������������������������97h 06’ 15’’
In alto. Da sinistra a destra Oscar Perez Lopez in un passaggio a Merdeux, la partenza della gara, il passaggio di Francesca Canepa a Gressoney
nepa che ha concluso con un tempo effettivo di 85h 33’ 56’’. Dietro di lei le connazionali Sonia Glarey, con un distacco di 11h 26’, e Patrizia Pensa. La sfida per il primo posto I primi tre classificati, Oscar Perez, Gregoire Millet e Christophe Le Saux, sono tutti transitati almeno una volta in testa alla corsa. Millet è stato il protagonista assoluto fino a Valtournenche, con un unico cedimento nei pressi di Gressoney. Da Valtournenche in poi, invece, il protagonista assoluto del Tor 2012 è stato lo spagnolo Oscar Perez. Il solo Millet è riuscito a recuperare qualcosa nei pressi dell’ultima base vita di Ollomont. Per il resto, i parziali dall’uscita di Valtournenche all’arrivo, ovvero gli ultimi 100 chilometri di gara, descrivono molto bene quanto sia accaduto: Oscar Perez 23h 45’, Gregoire Millet 27h 45’, Christophe Le Saux 27h 40’. Per i parziali a metà gara: da Courmayeur a Sassa (161 km), Oscar Perez ha impiegato 29h 12’ 01’’; da Sassa a Courmayeur (171 km) 46h 44’ 30’’.
109 > ultra trail
PERSONAGGI testo: Davide Marta
INTERVISTE
Elogio del limite
S
Una recente lettura ci ha consentito di conoscere un personaggio di grande spessore umano e tecnico
HA VINTO L'OMBRA (questa volta…)
Considerazioni sulla seconda partecipazione al Tor des Géants di Fabrizio Pistoni «Mi sono ri-iscritto». «Secondo me hai fatto male». «Perchè?» «Perchè non si può rivivere un bel ricordo, rischi di distruggerlo; al massimo lo puoi ricostruire, ma tanto non ne coglierai l'essenza». « ...già fatto, grazie». 165 pagine, una ogni due chilometri, avrò pur capito qualcosa, no?! No. Già: l'essenza... Di quella manco l'ombra. Infatti ho voglia di rimettermi alla prova. Così vedo se ho capito qualcosa. È ri-iniziata così: un confronto con un passato neanche troppo lontano con il quale già dovevo fare i conti. Solo che è dura correre contro la propria ombra. Infatti ne ho viste delle belle, roba che manco immaginavo e a cui non sono ancora riuscito a dare un senso. Adesso posso solo notare che il destino pare aver una gran voglia di prendermi in giro. Ma occorre un piccolo antefatto: Per un caso della vita l'ombra che ho rincorso è diventata libro proprio nel periodo in cui mi allenavo per batterla. Il nome dell'Ombra l'ha scelto Luca, l'editor, immagino sulla base del mio racconto. In effetti quell'Elogio del limite è sincero, anche se mi sembra altisonante: io voglio bene ai limiti, se sono cresciuto è grazie a loro. Li ho sempre cercati. Ma un conto è vivere il limite come confine alla propria libertà d'agire, un altro è considerarlo un segno della mia finitudine. Un 'non lo puoi fare' che non si può aggirare perché il tempo è scaduto. Punto. Game Over. Il bello è che era tutto scritto nel titolo. Maledetta Ombra, questa l'hai vinta tu. Pare sia il bello del gioco. Che è proprio bello.
Seduto su una sedia in una rara giornata di sole di questo inizio novembre, Fabrizio scorre tra le dita le pagine del suo libro. Casca l'occhio sui ringraziamenti. Carrol, Darwin, Daumal, Deleuze, Fellini, Feynman, Gödel, Halliday, Herzog, Joyce, Kant, Melville, Pavese, Prust, Richler, Spengler, Spinoza. Li legge, uno per uno. Poi ci pensa un attimo, alza lo sguardo. «Forse l'ho fatta un po' fuori dalla tazza…» sorride, poi si fa serio. «Eppure ero sincero quando l'ho scritto. Sono autori di cui non ho la pretesa di conoscere a fondo il pensiero, ma che in varie fasi della mia vita mi hanno aiutato a crescere e a capire qualcosa di me e degli altri. Per questo mi è sembrato doveroso citarli. Anche se a prima vista potrebbe sembrare una 'banfata'». Fabrizio Pistoni è di Ivrea, come noi. Classe 1963, è un grande appassionato di montagna da sempre, di scialpinismo e di ripido. Curioso che ci siamo conosciuti solo adesso. Nel suo curriculum ci sono imprese di un certo spessore: nel 1988 ha fatto il giro con gli sci intorno al Fitz Roy e al Cerro Torre e nel 1992 la traversata da Atlian a Juneau tra Canada e Alaska. Ma il suo nome è anche nella classifica del Pierra Menta del 1995, quando gli italiani in classifica si potevano contare sulle dita delle mani. Una delle tante vinte da Fabio Meraldi (insieme a Thierry Bochet, questa volta) in cui Fabrizio si è piazzato in ventunesima posizione insieme ad Alberto Roviera. E poi nelle edizioni successive. Ma anche in chiave 'summer' non si è fatto mancare nulla: ha concluso gli Iroman Embrun ed Elba nel 1996 e nel 1998 ha preso parte al Camel Trophy in Argentina e Cile. Per venire al più recente Tor des Géants, in cui nel 2010 si è classificato ventesimo. «Incredibile pensare a distanza di un paio d'anni a quanto sia una cosa futile rincorrere una sagoma davanti a te per decine di chilometri, ponendoti come unico obiettivo di superarla. In quel momento ti sembra che sia la cosa più importante della tua vita, invece nessuno darà mai peso al fatto che un concorrente si sia piazzato ventesimo o ventunesimo nell'edizione di una certa gara». Fabrizio pensa alle cose prima di parlare, non è uno che parla a caso. «Alla fine conta per te, per quel preciso momento che stai vivendo. E forse è una delle cose più importanti nella nostra vita e non ce ne rendiamo nemmeno conto». La chiacchierata parte dal suo libro 'Elogio del limite' pubblicato recentemente da Ediciclo e che racconta, passo dopo passo, la sua prima esperienza al Tor des Géants. «Non mi passava nemmeno per la testa di scriverci un libro mentre correvo. Nemmeno dopo, a dire il vero. È nato come una cosa intima, una specie di diario. Poi l'ho fatto leggere a un po' di persone che mi hanno spinto a pubblicarlo». Ho letto in pochi giorni l'opera di Fabrizio. Ti fa sentire in corsa lungo i passi e le discese delle montagne valdostane. Ti accompagna con un vero e proprio stream of consciousness
Sopra. Fabrizio in azione nella sua seconda partecipazione al Tor. Sotto. Un'immagine della prima edizione
nelle diverse fasi della corsa, da quelle eroiche a quelle depressive per usare una sua definizione. Ti viene voglia di leggere una pagina in più quando stai per addormentarti, immedesimandoti nell'autore che in quel momento si trovava a rincorrere una avversario nella notte o a percorre le ultime rampe prima di varcare la soglia di un ristoro. «È stato un atto di spogliamento. Ci tengo che gli altri lo leggano, sono curioso di sapere cosa ne pensano. Mi piace l'idea di sentirmi un tramite, di trasferire delle emozioni in chi legge, anche se non ho alcuna pretesa di riuscirci». Le pagine volano via, ci ho messo più o meno quanto l'autore nella sua performance agonistica. Quando mancano pochi metri al traguardo di Courmayeur, il suo pensiero è quasi il tuo. «Trecento metri al posto di trecento chilometri? Non sarei potuto venire direttamente qui? No… il percorso è importante. Questo strano anello era necessario».
110 > trail running
FACE TO FACE testo: Claudio Primavesi foto: Matteo Ghezzi
AnnA vs Mireia
ESCLUSIVO
Una è neozelandese, l'altra catalana. Una cosa le accomuna, sono due delle donne più forti al mondo nelle gare di trail. Le abbiamo messe a confronto, in un botta e risposta serrato, per scoprire tutto di loro Perché corri? Anna: perché mi piace e mi dà la possibilità di viaggiare. Mireia: ho iniziato giusto per mantenere l'allenamento per le gare di scialpinismo ma ora avrei difficoltà a dire se preferisco l'attività invernale o il trail, perché in effetti in estate è più facile fermarsi a guardare il paesaggio. Quante scarpe usi all'anno? Anna: difficile dirlo, alla Transvulcania, per esempio, ne ho 'bruciate' tre, a causa del suolo vulcanico, nella fase di preparazione alla gara. Mireia: mah, forse quattro paia a stagione, in media durano tre mesi. Hai scarpe personalizzate? Anna: con il programma S-Lab di Salomon le scarpe per gli atleti vengono prodotte su misura, più che altro perché spesso abbiamo piedi di una taglia in larghezza e di una taglia in lunghezza. Per il resto le scarpe sono quelle in commercio anche se a volte io le personalizzo. Per esempio posso usare una S-Lab 5 Ground con intersuola della S-Lab 4 senza chassis o suola della S-Lab 5 Soft Ground. Mireia: anche io uso scarpe su misura, come tutti gli atleti Salomon. Usi plantari? Anna: no. Mireia: da questa estate, da quando ho avuto problemi al ginocchio, mi aiuta a farlo lavorare meglio. Qual è l'evoluzione della scarpa da trail? Anna: credo che andremo verso la specializzazione. Mireia: c'è sempre più specializzazione, non esiste più solo il trail, ma il vertical, l'ultra-trail... E i calf? Anna: qualche volta, magari quando fa freddo o sono stanca o devo correre tra i cespugli. Mireia: no, sempre calze corte, anche quando fa freddo.
Usi il cardiofrequenzimetro? Anna: no, capisco quando sono stanca, qualche volta mi tasto il polso per contare le pulsazioni. Mireia: solo in autunno, per tre settimane, per capire qual è il mio stato di forma prima della stagione invernale. In allenamento usi zaini con sistema di idratazione? Anna: no, uso a volte la cintura, anche in gara. Mireia: no, faccio allenamenti corti e mi fermo alle fontane, a volte uso il flask. E in gara cosa mangi e bevi? Anna: energy drink, carbo, acqua.
Mireia: un paio di gel, massimo tre, altrimenti il mio stomaco non li sopporta. La prima colazione del giorno di gara? Anna: avena, dopo (ridendo) Tequila! Mireia: avena al mattino, ma anche frutta, caffè. Dopo mangio quello che il mio corpo ha bisogno senza una regola precisa. Hai un particolare regime alimentare? Anna: no, cerco di non mangiare cibo che mi fa ingrassare, limito i carboidrati, soprattutto i derivati del grano. Mireia: no, però sono golosa di cioccolato, cioccolato nero, vedi anche oggi ne ho un po' nello zaino, ne vuoi un pezzo?
111 > trail running Scatti, luci e ombre Diversi scatti e umori contrastanti per le due intervistate. Le abbiamo incontrate alla vigila del Kilian's Classik a Font Romeu, sui Pirenei
Carta d'identità
ANNA FROST Nata il 1 novembre 1981 Nazionalità neozelandese Città Dunedin Lavoro: insegnante di Yoga e Pilates Palmarès: prima alla Transvulcania 2012, alla SpeedGoat 50 e alla Maxi-Race Annecy prima alla Mt. Everest Marathon 2009 (nuovo record 4h 35'), seconda nel ranking delle Ultra Skymarathon Series 2012. Vincitrice di due TNF Endurance Challenge a San Francisco.
Carta d'identità
MIREIA MIRO' VARELA Nata il Nazionalità Città
31 luglio 1988 spagnola Barcellona,
Palmarès prima al Giir di Mont, Dolomites Sky Race e alla Cross du Mont Blanc nel 2011, seconda nel Vertical e terza nella sky race alla Dolomites di Canazei nel 2012. Nello scialpinismo diverse vittorie (in coppia) nelle gare più prestigiose del calendario (Patrouille des Glacieres, Tour du Rutor, Pierra Menta, Adamello Ski Raid), vincitrice di una Coppa del Mondo, di una Grande Course, campionessa del mondo individuale e vertical, diverse medaglie europeee, 14 podi in Coppa del Mondo.
Allenamento intensivo con ripetute o corsa normale? Anna: punto sulla quantità, tante miglia. Se vedo una montagna ripida e m'ispira salgo più veloce che posso, questa è la mia intensità, ma se non sono al top seguo percorsi più facili. Mireia: per l'inverno faccio anche allenamento di intensità, per l'estate vado a sensazione. Quanto ti alleni? Anna: nei periodi top fino a 30 ore settimanali, non solo di corsa ma anche bici e nuoto. Mireia: da 12 a 20 ore settimanali, in estate faccio anche bici, mentre in inverno conto solo le ore di salita. Quante gare all'anno? Anna: prima 35, ora che faccio ultra-trail, direi 10-15,
con 5 gare lunghe. Mireia: una quarantina tra estate e inverno. Quanto ti riposi dopo una gara? Anna: ho fatto l'errore di riposare troppo poco dopo la Transvulcania e ho dovuto fermarmi per recuperare, sulle ultra-trail devo ancora fare esperienza, comunque credo che il periodo giusto di recupero dopo una gara ultra-trail sia da quattro a sei settimane. Mireia: dipende, tre-quattro giorni. Quanto conta la testa e come la alleni? Anna: la testa è molto importante ma non la alleni perché le emozioni vanno gestite di volta in volta, in gara viene fuori sei sei una dura o no. Nelle ultra si combatte non solo con l'avversario ma con se stessi.
Mireia: sono d'accordo, l'unica cosa che può aiutare nelle gare corte è quella di visualizzarsi, di visualizzare la propria prestazione nei vari passaggi. Hai un allenatore o preparatore atletico? Anna: da giovane sì, ora è diventato più che altro un mentore, al quale chiedo consiglio ogni tanto. Mireia: sì, ma giusto per chiedere suggerimenti per la preparazione invernale. Mireia, com'è il passaggio dal gesto in scivolata dello scialpinismo a quello del trail running? Sicuramente più facile al contrario, dal trail allo scialpinismo, perché il trail sollecita di più le articolazioni e quindi richiede più tempo per adattarsi.
112 > sky running
STAVA SKY RACE testo: Claudio Primavesi foto: Ralf Brunel
Zemmer forever Quando corre lui non ce n'è per nessuno. La Verticale del Cornon, partita poco prima della Sky Race, ha detto che Urban Zemmer, in salita, è imbattibile. Non è bastato neppure un Golinelli sui tempi di Urban della passata stagione (seppur su un percorso leggermente diverso) per mettere in difficoltà l'altoatesino, che quest'anno si è allenato molto. La 'chicca' tecnica riguarda la decisione di Zemmer di affrontare il tracciato senza bastoncini. Una prova generale per gli Sky Games di Ribagorza. Invece il Cornon è stato l'ultimo palcoscenico estivo di Urban. Pochi giorni dopo è stato colpito da due ictus, superati brillantemente anche grazie alla sua fibra di 'lottatore'. Ricovero in ospedale, accertamenti, attese. Poi il 20 ottobre a Fully, il record del mondo di Vertical (30' 26"). Chapeau per un grande interprete di questa disciplina. Zemmer Forever!
Z Fattore
Zinca e Zemmer demoliscono gli avversari alla Stava ma per l'altoatesino è l'ultimo exploit dell'estate: dopo pochi giorni verrà colpito da due ictus, per fortuna superati brillantemente Percorso nuovo di 24,8 chilometri contro i 21,5 della passata edizione. Partenza e arrivo in paese a Tesero, nel piazzale delle scuole. Inserimento nel calendario della neonata challenge 'La Sportiva Gore-Tex Mountain Running Cup'. Quest'anno alla Stava Sky Race e al Verticale del Cornon dello scorso 24 giugno c'erano tante novità a nobilitare una gara già unica per bellezza del percorso, tecnicità e panorami. Una gara che ogni anno attira sempre più 'big'. Basti pensare che erano al via, tra gli altri, Hernando, Caballero, Golinelli, Facchinelli, Zemmer, Zinca, Mamleev, Brizio, Dominguez, Pintarelli, Cappelletti, Lopez, Tavernaro… Il leit-motiv della skyrace, almeno nei giorni precedenti, è stato quello riguardante l'ultima lunga discesa fino in paese, a Tesero. Un'incognita perché inserita per la prima volta nel percorso. Prevista come uno dei punti nei quali si sarebbe decisa la vittoria, perché lunga e ricca di saliscendi proprio alla fine, si è rivelata invece ininfluente. Forse lo sarà nelle prossime edizioni, ma nel 2012 il romeno Ionut Zinca non ha avuto bisogno di questo 'toboga' per imporsi. Ionut è stato protagonista di una prestazione impressionante, con rilevamenti cronometrici che confermano una gara in solitaria: prima qualche secondo di vantaggio, poi un minuto, due, quattro, infine più di sei al traguardo. La temuta discesa ha incrementato ancora il vantaggio, ma non è stata decisiva. Dietro di lui un Hernando incerottato, in dubbio fino all'ultimo per un fastidio al ginocchio (aveva prenotato un aereo che ha preso solo nel pomeriggio prima della gara), che ha comunque onorato la gara, poi Mamleev, mentre Caballero, vincitore nel 2011, non è riuscito a salire sul podio. Tra le donne la solita Emanuela Brizio ha regolato con oltre quattro minuti la pratica Nuria Dominguez e con sette minuti Jennifer Senik. Le altre sono lontane (la quarta, Chiara Gianola) a 23 minuti, a dimostrazione del fatto che lo skyrunning rosa è cresciuto ma deve ancora fare qualche passo.
113 > sky running
SCOREBOARD Caballero, Cappelletti, Lopez, Pintarelli & co non era scontato. Bravo Zinca. La delusione: non ce ne voglia, ma proprio perché era il più forte degli atleti in gara, Luis Alberto Hernando. A sua scusante un fastidio al ginocchio e la decisione di correre all'ultimissimo minuto (è arrivato la sera prima della gara). Quando corre Hernando, però, ci si aspetta sempre la vittoria.
Stava Sky Race Tesero (Tn) 24-6-2012 Sky Race Classifica maschile 1. I. Zinca (Rom) ����������������������������������2h 18' 36'' 2. L. A. Hernando (Spa) ���������������2h 24' 35'' 3. M. Mamleev (Ita) ��������������������������2h 24' 51'' 4. M. Caballero (Spa) ����������������������2h 26' 42'' 5. D. Cappelletti (Ita) �����������������������2h 27' 35'' Classifica femminile 1. E. Brizio (Ita) ��������������������������������������3h 00' 53'' 2. N. Dominguez (Spa) ��������������3h 05' 02'' 3. J. Senik (Ita) ���������������������������������������3h 08' 22'' 4. C. Gianola (Ita) �������������������������������3h 24' 36'' 5. S. Zanon (Ita) �������������������������������������3h 31' 53'' TESTA A TESTA: al passaggio del Forcello Zinca aveva 12 secondi sul castigliano Gispert, velocissimo nella prima ascesa verso il Cornon ma poi in difficoltà nelle parti in discesa. Mamleev passava a un minuto e mezzo, Cappelletti a 1’41”, Ortega a 1’50”. Sul Cornon il vantaggio del primo sul secondo diventava di un minuto, ma da quel momento in poi, quando bisognava lasciare andare le gambe, Gispert non ha tenuto più il ritmo. In località Saline, infatti, Zinca poteva amministrare 2 minuti di margine sulla coppia composta da Hernando Alzaga e da Mamleev, tre sul duo Caballero Ortega-Cappelletti. Sul Monte Agnello il cronometro regalava a Zinca quasi 4 minuti di vantaggio su Hernando Alzaga che a sua volta era riuscito a scrollarsi di dosso la compagnia di Mamleev, superato anche da Cappelletti e tallonato da Caballero Ortega. Al Doss dei Branchi le gerarchie sono quelle definitive: dietro al romeno ci sono Hernando e Mamleev. Da qui in poi i protagonisti badavano solo a gestire le energie e ad affrontare la difficile discesa verso Tesero, uno dei tratti più temuti del percorso, non solo perché nuovo, ma anche perché si fa sentire non poco sulle gambe. Dopo Zinca, Hernando e Mamleev hanno tagliato il traguardo Caballero Ortega, Cappelletti, Lopez Castan, Tavernaro, Zerboni, Pintarelli e Scalet. In campo femminile Emanuela Brizio, vincitrice già nel 2011 a Tesero, ha spazzato via la concorrenza della spagnola di Palencia Nuria Dominguez Azpeleta, staccata di ben 4 minuti, e della friulana Jennifer Senik, che ha chiuso a 7 minuti e mezzo dalla prima. LA SORPRESA: che fosse forte lo si sapeva, ma che potesse vincere contro Hernando,
La curiosità: nuovo percorso, più lungo (24,8 km conto i 21,5 della precedente edizione) con partenza e arrivo in paese a Tesero.
Stava Sky Race Tesero (Tn) 24-6-2012 Vertical Kilometer Classifica maschile 1. Urban Zemmer 2.Nicola Golinelli 3. Marco Facchinelli 4. Marco Moletto 5. Claudio Bettega
44' 21'' 46' 42'' 48' 20'' 48' 42'' 52' 25''
Classifica femminile 1. Francesca Rossi 1h 01' 03'' 2. Irene Senfter 1h 03' 59'' 3. Serena Vittori 1h 06' 52'' 4. Dimitra Theocharis 1h 13' 02'' 5. Veronika Pedevilla 1h 14' 58'' Testa a testa: l’unico con i mezzi per ostacolare Urban Zemmer sul percorso di 5 chilometri e 1080 metri di dislivello era il lecchese Nicola Golinelli che stava facendo i conti con un problema all’alluce in virtù del quale ha scelto di affrontare la sola salita invece della gara lunga. Al Canalin il suo distacco da Zemmer era già di 1 minuto e 20”, quello di Marco Moletto di 3 minuti e 10”, saliti rispettivamente a due minuti e a quattro a Cava Onice, dove però Marco Facchinelli è passato davanti a Moletto. Con questo ordine i quattro hanno tagliato il traguardo poco prima che a valle prendesse il via la Stava Sky Race. Fra le donne acuto della bellunese Francesca Rossi (Sci Club Ponte nelle Alpi), che ha lasciato a quasi tre minuti Irene Senfter e a 5'48'' Serena Vittori. Hanno preso parte al Verticale 59 concorrenti. La sorpresa: Marco Moletto, che successivamente trionferà nel k2.000 di Morgex, dimostra di essere atleta di razza. Il giovane piemontese ha le carte in regola per ben figurare nella specialità. La delusione: nessuna, quando c'è Urban si combatte per il secondo posto. La curiosità: anche il padre di Marco Moletto, Mario, ha partecipato alla gara, facendo segnare un ottimo undicesimo posto.
114 > sky running
DOLOMITES SKY RACE testo: Guido Valota foto: Ralf Brunel
115 > sky running
Il Piz Boè incorona
Kilian
Dopo tre anni di scherzi del meteo la Skyrace di Canazei transita dal Boè. Vittorie di Kilian Burgada ed Emelie Forsberg. Nel Vertical ecco lo sloveno Nejc Kuhar (a sorpresa) e Antonella Confortola
t Nella pagina accanto. Lo spettacolo degli atleti di passaggio alla Forcella del Boè. Qui sotto. Il passaggio solitario di Kilian
ra calendari fittissimi e concomitanze importanti ci sono corse che rappresentano appuntamenti proprio per tutti. La Dolomites Sky Race è il prototipo di queste classiche. L’aria da happening globale che si respira a Canazei risale alla sua longevità, ben 15 edizioni con questa, e all’aver connotato in un momento decisivo la crescita del movimento, che oggi scoppia di salute. E poi tutto quello che si muove tra le Dolomiti sembra assorbire quell’aura fiabesca che resiste perfino agli spintoni della modernità. Lo sanno bene i lettori di Ski-alper che conoscono l’atmosfera della Sellaronda Skimarathon, della Pizolada, della Marcialonga, delle granfondo in superleggera e in mountain bike, per citare solo gli eventi affini al nostro mondo. La 'scala santa' del Vertical L’aria di festa si respirava già venerdì mattina alla partenza del Vertical, disciplina per specialisti in un giorno da specialisti. Sul prato di Alba di Canazei 270 'kamikaze' della picchiata all’insù. Davanti a loro dieci metri pianeggianti e subito i mille ruggenti, una retta tracciata appositamente nel bosco della Crepa Neigra per il chilometro verticale seguendo la linea della goccia d’acqua. Le pendenze sono sempre forti tranne un sospiro di dieci metri ai +100 con la direzione che cambia solo al colletto di cresta. Fondo di terra morbida di bosco, appena compattato dai passaggi e dall’erbetta rasata come al golf club. Nei tratti più ripidi, oltre i 45° misurati, il terreno è sostenuto da rami d’abete; ai +400 una ‘scala santa’ di 80 gradini spara verso l’alto quasi parallela ai larici del bosco. A tratti si passa in tunnel ricavati tra gli abeti troppo fitti. Davvero entusiasmante... se non fosse da aggredire a tutta. Pendenza forte non è sempre garanzia di tempi assoluti, tutt’altro. Qui oltretutto il fondo morbido assorbe un po’ di spinta e il minimo calo nella performance fa subire troppo la pendenza. Non è terreno per muscolari, quasi tutti hanno usato i bastoncini, perfino Kilian e questa è una notizia. Ma perché nessuno ha pensato alle chiodate? Il terreno esalta la gara sull’uomo e lo spettacolo a cui abbiamo assistito dalla cresta lo conferma. Negli ultimi trecento metri, finiti i boschetti, i cinque in fuga sono su terreno aperto: partono attacchi e contrattacchi. Distacchi che si dilatano a dismisura per poi annullarsi in tempi irreali perché c’è un che di irreale nel vedere degli esseri umani salire certe pendenze a certe velocità. Alla bocchetta, addobbata con il grande gonfiabile che trae in inganno, si svolta a sinistra per gli ultimi 100 m +. Qui si sono consumati i drammi di chi ha 'sparato' tutto per il gonfiabile o di chi tra controluce e spettatori disseminati ha avuto l’incertezza che costa due-tre metri sull’avversario
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Dolomites Sky Race Canazei (Tn) 20-7-2012 Vertical Classifica maschile 1. N. Kuhar (Slo) �������������������������������������������������������������������������������������33' 33'' 2. A. S. Padua Rodriguez (Col) ������������������������������������������������ 33' 52'' 3. K. Jornet Burgada (Spa) ����������������������������������������������������������34' 03'' 4. M. Jacquemoud (Fra) ���������������������������������������������������������������34' 53'' 5. L. Alberto Hernando (Spa) ��������������������������������������������������� 35' 10'' Classifica femminile 1. A. Confortola (Ita) �������������������������������������������������������������������������40' 05'' 2. M. Mirò (Spa) ��������������������������������������������������������������������������������������41' 45'' 3. B. Maria Serrano (Spa) ��������������������������������������������������������������43' 34'' 4. L. Orgue (Spa) �����������������������������������������������������������������������������������44' 17'' 5. E. Forsberg (Sve) ���������������������������������������������������������������������������45:' 01'' Testa a testa: al via Kilian Jornet dà subito uno strappone e prende un minuto ma poi rallenta e lo riprendono. Nel gruppo di testa: lo sloveno Nejc Kuhar, scialpinista a proprio agio sul passo ripido e nell’uso agile dei bastoncini; Antonio Saul Padua Rodriguez, giovanissimo colombiano figlio d’arte, 100 per cento corsa; lo stesso Kilian, per una volta coi bastoncini. Ai 700 m+ sbucano su terreno aperto e Kuhar attacca in progressione raggiungendo un vantaggio che pare decisivo, attorno ai 70 metri sul terreno. A questo punto assistiamo a uno spettacolo incredibile: Padua Rodriguez raddoppia ritmo e ampiezza di corsa e su una pendenza impossibile recupera a vista d’occhio Kuhar, lo raggiunge e lo stacca di circa venti metri quando ne mancano circa 50 + al colletto. I due continuano così distanziati, con Kuhar che comunque reagisce limitando i danni. Scollinano vicinissimi ma Padua Rodriguez ha un’esitazione. A pochi metri da loro, sul sentiero che gira verso est controsole, tra il pubblico sparso, dobbiamo mettere a fuoco la situazione anche noi per capire dove vada di preciso il percorso. Indovina tutto subito invece Kuhar. In pochi attimi si consuma l’irreparabile per il colombiano e lo sloveno vince in 33’ 33” scavando in breve un abisso di 19 secondi. A 30” da Kuhar rimonta qualcosa KJB senza dannarsi più di tanto, ma vederlo salire appeso ai bastoni spingendo in alta resistenza non è lo spettacolo solito. A 1’ 20” sbuca Mathéo Jacquemoud con cappellino da ciclista anni ’50 (a visierina alzata oltretutto) che incornicia una faccia molto più giovane dei suoi 22 anni. Motore overboost, idee chiare e quest’inverno team fisso confermato con Jornet Burgada. La gara delle donne ha andamento costante nelle posizioni di classifica lungo tutta la salita: vince la favoritissima Antonella Confortola in 40’ 08”, segue Mireia Mirò a 1’ 40” alle prese con i suoi problemi al ginocchio e a 3’ 29” la connazionale Blanca Maria Serrano. Tra loro lo spettacolo è dato dalla quantità e dal livello delle presenti, 44 all’arrivo. Tutte perfettamente in gara con gli uomini in una specialità che per intensità muscolare si immaginerebbe largamente sfavorevole. La sorpresa: certamente Kuhar, per tecnica, motore e presenza di spirito. La delusione: quella ben mascherata del povero Padua, bravissimo quanto timido ragazzo in trasferta stagionale dall’altra parte del mondo. La curiosità: provate a correre 100 metri a caso sulla Crepa
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DOLOMITES SKY RACE Nelle foto accanto. Nehic Kuhar all'attacco nel Vertical. Sotto. L'azione di Antonella Confortola, vincitrice del Vertical femminile.
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Dolomites Sky Race Canazei (Tn) 22-7-2012 Sky Race diretto. Subito i metri sono diventati dieci e poi trenta… ma all’improvviso è finito tutto. Finalmente il Piz Boè Percorso integrale con la cima del Piz Boè dopo tre anni di tracciati alternativi per maltempo. La neve caduta il mattino precedente è quasi scomparsa. Lo start dei cronometristi è una liberazione per molti. Dalla piazza si corrono in salita le stesse viuzze che ogni quattro anni si risalgono sci ai piedi per la partenza del Sellaronda e che dopo qualche oretta diventano il toboga che scodella al cambio d’assetto/traguardo. Ma adesso è luglio, le piste dello sci alpino vanno risalite e qualcuno riconosce i curvoni dove ogni anno, un venerdì sera di febbraio, si butta giù a ottanta all’ora nel buio. Bene o male fino al Pordoi si sopravvive, anche a costo d'indurirsi un po’. Davanti nessuno ha strappato: è presto, sono tutti freschi, impossibile fare selezione o staccare l’avversario per poi avere margine in discesa. Queste sono cose che vanno
fatte subito dopo il passo o mai più. Alla Dolomites ci sono tre terreni ben distinti: la lunga salita, il misto sull’altopiano, la lunga discesa. Portarsi a spasso su uno gli specialisti degli altri, significa cercarsela. E infatti dopo gli ultimi dossi erbosi davanti si è scatenato l’inferno: su ghiaie sempre più ripide e scomode tutti hanno attaccato o difeso al proprio limite. Non conta solo il distacco scavato sull’avversario alla Forcella Pordoi, bisogna osservare le ripartenze sul traverso di lastroni calcarei che la seguono. I primi trecento metri raccontano molto di come andrà a finire e le differenze sono nette anche in testa: c’è chi ha spinto a 3’ 30” al chilometro e chi si è trasferito onorevolmente verso il Piz Boè. Dopo il lungo semicerchio delle Mesules molti distacchi sono diventati abissi in tempi relativamente brevi. Al Pordoi 'radio corsa' dava il gruppo di testa unito e Antonio Saul Padua Rodriguez a condurre; alla forcella invece Kilian Jornet è transitato primissimo in corsa sciolta con più di un minuto su Mitja Kosovelj che saliva al passo, di ritmo, potenza e bastoncini. Gli altri seguivano staccati. All’imbocco della Val Lasties, la grande discesa, il vantaggio quadruplicava e poi all’arrivo si contavano cinque minuti. KJB è anche un discesista forte e quando qualcuno lo impegnerà su questo terreno, il muro delle due ore diventerà un pallido ricordo. La discesa resta il terreno che fa la maggior differenza, la Val Lasties è lunga e selettiva. Diverse posizioni sono cambiate come è giusto che sia: Ionut Zinca ha recuperato ben quattro posti e diversi minuti, conquistando addirittura il secondo gradino. Tra le donne Emelie Forsberg ha ribaltato le posizioni di due terzi del percorso vincendo davanti a Kasie Enman con due minuti, recuperandone cioè cinque; abissi, e parliamo dell’élite. Chi può gestirsi tatticamente fa il garone, togliendo il riferimento alla vista dell’avversario e agganciandosi a un treno più veloce. Giù a Canazei il poco tempo tra la partenza e l’arrivo dei top runner ha lasciato ai turisti il dubbio che una Skyrace sia il giro dei giardinetti. Solo molto più tardi, quando sono arrivati a valanghe tutti gli altri, veloci e con le facce da duri, gli stessi turisti hanno potuto realizzare che centinaia di persone sono andate e tornate da lassù nella metà del tempo che si impiega in auto più funivia!
Classifica maschile 1. Kilian Jornet Burgada (Spa) ����������������������������������������2h 01' 52'' 2. Ionut Zinca (Rom) ���������������������������������������������������������������2h 06' 31'' 3. Mitja Kosovelj (Slo) �������������������������������������������������������������2h 06' 58'' 4. Luis Alberto Hernando (Spa) �������������������������������������2h 07' 41'' 5. Mathéo Jacquemoud (Fra) ���������������������������������������2h:07':45'' Classifica femminile 1. Emelie Forsberg (Sve) ������������������������������������������������������2h 26' 00'' 2. Kasie Enman (Usa) �������������������������������������������������������������2h 28' 09'' 3. Mireia Mirò (Spa) �������������������������������������������������������������������2h 30' 08'' 4. Blanca Maria Serrano (Spa) �����������������������������������������2h 33' 47'' 5. Silvia Serafini (Ita) ������������������������������������������������������������������2h 35' 39'' Testa a testa: la mattina del grande giorno i 758 partenti sanno che dopo tre anni di scherzi del meteo questa volta transiteranno ai 3.152 metri del Piz Boè. La poca neve caduta 24 ore prima si è sciolta. Partenza di massa suggestiva, specialmente considerando che vanno ad assaltare 1.750 metri di dislivello up & down. Dopo circa 37’ il gruppo di testa è a Passo Pordoi. Sulla ghiaia della forcella si fa la selezione: non è più il tracciolino franoso delle prime edizioni, ma si può far velocità solo di tecnica e intensità. A forcella Pordoi transita in corsa facile Kilian con circa un minuto su Kosovelj; seguono gli altri in gruppetti sparsi a un minuto. Qui si passa in pochi metri da pareti, salita e ombra, al mondo solare degli altipiani di roccia bianca da correre in volo. Kilian guadagna altri 30” attraversando al Boè in 1h 17’ totali e poi altri tre minuti nel misto che porta all’imbocco della Val Lasties, la discesa da temere, molto più dell’innocente salita a forcella Pordoi! Alle sue spalle le posizioni si alternano: Padua Rodriguez cade e si trascina; Kosovelj, Hernando, Kuhar, Roc Amador, Zinca, Castaner si giocano la classifica dal secondo posto. Poi Zinca si produce in una vera impresa, guadagnando quattro posizioni, fino alla seconda. Anche le donne rimescolano le carte dopo la salita ed Emelie Forsberg annulla il distacco con Kasie Enman, giunto a un massimo di tre minuti. Radio corsa non fa tempo a fornire i passaggi a Pian Schiavaneis che già piomba sul traguardo Kilian Jornet Burgada con oltre quattro minuti di anticipo sul precedente record della gara: oggi 2h 01’ 52”. A 4’ 39” Ionut Zinca e a 5’ 06” Mitja Kosevelj, distacchi preparati in salita e realizzati in discesa. Anche le prime due donne stracciano il record con Emelie Forsberg in 2h 26’ e Kasie Enman a 2’ 09”. Terza dopo altri due minuti Mireia Mirò, sanguinante al ginocchio, non bastassero i guai cronicizzati alla stessa articolazione. La sorpresa: la luce forte del sole a Forcella Pordoi. La delusione: già finita??? …all’arrivo i finisher avevano l’aria di chi correrebbe volentieri ancora un po’. La curiosità: perché utilizzare il servizio trasporto bastoncini in quota, se ci vuol più tempo a cercare i propri che a portarli sempre con sé?
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LIVE REPORT
DIARIO DI CORSA
Flavio Saltarelli
Claudio Primavesi
DOLOMITES SKY RACE - CANAZEI 22 luglio
KILIAN'S CLASSIK - FONT ROMEU (FRA) 7 luglio 2012
Avvocato, scialpinista
I
nizio a correre da Piazza Marconi, la mia Dolomites Sky Race parte un’ora prima: sono apripista per Ski-alper. Vogliamo capire come un runner normale, anzi uno ski-alper normale, quasi cinquantenne, possa misurarsi sul terreno di battaglia dei più forti. In realtà di skyrace ne ho corse altre, ma avevo qualche anno in meno e molto allenamento in più. I monti pallidi mi guardano dall’alto, alteri, sono le radici del cielo. E di primo mattino ne sono ancora più consapevoli. Affronto i pratoni in salita del 'Lupo bianco'. In 55 minuti sono al Passo del Pordoi: fossi in gara sarei stato nel cancello. Mi gonfio d’orgoglio. Per ora sono solo, al comando, ma mi sento braccato. Tra poco, penso, i primi (che impiegheranno la metà di quanto ci metterò io) mi saranno addosso. Meglio che mi sbrighi, un apripista deve aprire la gara, se la chiudo proprio ultimo divento la 'scopa'. Ecco la Forcella, la vedo bene. Fa impressione, inizio a temere di aver peccato di 'ubris', il peccato di tracotanza che fu fatale a Prometeo e a Icaro. Sarà un 'folle volo' pure il mio? I primi gradini sembrano una 'scala santa' e viene forse il tratto più duro, prima ghiaione dove l’aderenza è un miraggio, poi lunghi gradini che succhiano le forze. Sorpasso escursionisti, ormai sono in cima. Scene da Pierra Menta: oltre trecento persone mi applaudono come fossi un big. Pelle d’oca, e non per il freddo. Sono frastornato dalle emozioni. Dopo l’altopiano sommitale appare l’ultimo scoglio, il Piz Boè, quota 3152: sembra la prua del Titanic che avanza nel mezzo della tempesta. Ma è una tempesta di emozioni quella che mi investe: sono a manetta, full gas, 170 battiti dice il cardio. I tratti duri e tecnici in salita mi sono sempre piaciuti. Capanna Fassa: non sento i meno quattro gradi. È la nemesi, il sogno sportivo di una vita che si realizza: gli ultimi metri tra l’incitazione degli appassionati saliti fin qui per assaggiare il distillato di fatica degli skyrunner. Dio c’è. Sono le 9.28, da Canazei ho impiegato un’ora e 58 minuti, i primi non mi hanno ancora preso, ma succederà presto. E ora viene il bello… la discesa. Mi sembra realmente di correre nel cielo e non voglio
Vice-direttore Ski-alper
«A
fare ritorno d’improvviso sulla terra. Una cengia esposta, ghiaccio, nevato, un canale con una corda fissa: mi aggrappo e vedo il vetrato, ormai è tardi. Volo, finendo a pelle d’orso. Anche nei sogni esiste la forza di gravità. Sto sciando senza sci, rimbalzando tra i marosi di dolomia, come una pallina nel flipper. Su una leggera salita appare Kilian: corre con passo felpato, sembra immune da ogni fatica. Ci salutiamo, gli dico di correre anche per un amico, Patrick, che non c’è più, ma che lo proteggerà dall’alto. I big mi sono addosso, mi sento un intruso. Mireia, anche se sembra reduce da una caduta, danza sui sassi. La Val Lasties sta per finire. Obiettivo: limitare i danni. Canazei appare finalmente come un miraggio. Grazie alla disponibilità di Diego Salvador e degli altri ragazzi dell’organizzazione ho rincorso me stesso fin in cima al Boè e sono riuscito a raggiungermi. Sono le 11,30 in punto. Ho impiegato quattro ore per coprire 3.500 metri di dislivello complessivo e 22 chilometri di splendida follia. Un abbraccio di mia moglie mi fa capire che è finita: è il premio più bello, quello che cancella una lacrima che spunta sotto gli occhiali da sole. È dal Boè che voleva scendere. Mi corico in Piazza Marconi, sono in crisi di fame, mi gira anche la testa. Non è di certo l’effetto della quota, ma della realtà, devo riabituarmi a camminare tra la gente comune. Gli extraterrestri sono in albergo a farsi la doccia.
ll'inizio, nella prima ora e mezza, mi fa male tutto e penso di non arrivare mai» (Francesca Canepa). «Il trail è uno sport stancante che non stanca, perché quando sei a regime vai senza difficoltà e così diventa possibile guardare la cartina e decidere dove andare a esplorare valli e cime distanti» (Alberto Marazzi). «Quando sono carico di lavoro prendo ed esco, vado in bici o a correre, ed ecco che trovo la soluzione ai lavori in sospeso, ogni volta» (Alessandro Beltrame, regista di 'The Extraordinary Story'). Milano, 11 ottobre. Font Romeu (Francia), 7 luglio. Una sottile linea rossa collega questi due luoghi così distanti e diversi. Mentre ascolto due forti ultra-trailer e il regista di un film sull'Ultra-Trail du Mont Blanc, mentre nel mio piccolo rivivo le emozioni che mi dà la corsa nella natura, con mille metri di dislivello o sulle colline moreniche dietro casa, tutto diventa chiaro. E il pensiero va a quel 7 luglio sui Pirenei. Sono iscritto al Kilian's Classik. D'accordo, potrei prendere la maglietta e non partire. Oppure salire a incitare gli atleti con Anna Frost, infortunata. No, sono qui
e non vedo perché non mettermi alla prova. Senza velleità di risultato. L'idea è quella di fare un lungo trekking (25 chilometri e 1.000 metri di dislivello) e, magari, di non arrivare ultimo. La partenza è subito 'alla morte'. Come si fa ad andare piano quando tutti 'tirano' e Mireia alla prima curva incita i concorrenti? Succede così che arrivo nel bosco con la lingua 'felpata'. Poi il gruppo si disperde, dietro di me sento ancora qualche voce mentre la salita non dà tregua. In discesa metto a frutto la mia esperienza di sciatore e sorpasso una decina di concorrenti. Ora sono entrato a regime, questa 'tranquilla passeggiata' tira fuori l'agonista che si cela in me. Però… Però la foga 'downhill' ha conciato il piede. Non importa, continuo con il mio ritmo, tra paesaggi stupendi, rododendri, laghetti. Il piede mi fa male, penso anche al ritiro, ma tengo duro. Quando credo che si avvicini l'ultima discesa, ecco invece una salita durissima, una pista nera da percorrere a ritroso. Mi fermo a bere e vedo arrivare Kilian, Tom Owens e Greg Vollet (non sono un fenomeno, siamo partiti alla stessa ora ma loro hanno scelto il percorso di 45 chilometri…). All'improvviso, con quelle poche forze che rimangono, esce il tifoso che c'è in me e mi ritrovo a urlare a squarciagola. L'ultima discesa è dura, il piede mi fa male, non ne ho più. Poi… prima di una curva, due ragazzi mi dicono che il traguardo è a pochi metri. E torno a correre tra gli applausi del pubblico. Bello, bellissimo. Tutti quei 'courage' (coraggio, ndr) lungo il percorso e le mani tese all'arrivo sono benzina per chi è in riserva. E anche io, da quel 7 luglio, non vedo l'ora di rimettere le scarpe da trail per partire. Verso dove? Dove voglio, quando voglio. È proprio questo senso di libertà che è diventato la mia droga. E mi perette di trovare la soluzione ai problemi irrisolti. Anche se i primi metri sono sempre duri, durissimi. Come dice Francesca Canepa…
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FACE TO FACE testo: Claudio Primavesi foto: Seb Montaz
Marco e Kilian
UGUALI,DIVERSI Uno ha 25 anni ed è il talento del trail, l'altro ne ha 35 ed è passato con disinvoltura dallo sky-running alla corsa in montagna e viceversa. Kilian Jornet e Marco De Gasperi sono rivali in gara e grandi amici nella vita: intervista quasi parallela a due miti
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FACE TO FACE
K Kilian
A 25 anni hai già vinto tanto, tutto. Ora, con Summits of my life, un altro importante progetto. Dove trovi ancora le motivazioni per partecipare a UltraTrail e gare di Sky-running? «Sì è vero, le gare non mi motivano come una volta, ne farò qualcuna in meno, ma il problema riguarda soprattutto la preparazione perché quando sono alla partenza le motivazioni tornano prepotentemente e poi dipende dai singoli eventi, alcuni mi motivano di più». Ti conoscevamo come scialpinista, come sky-runner e trail runner, adesso hai puntato all'alpinismo? Come te la cavi con l'arrampicata? «In montagna bisogna saper fare di tutto, Summits of my life comunque non prevede particolari difficoltà alpinistiche ma traversate di grandi massicci nel minor tempo possibile; il nostro è un alpinismo 'degli uomini' e non 'della tecnica', come diceva Bonatti, e io cerco di essere più veloce possibile con le mie capacità e senza lasciare segni. Non è una velocità fine a se stessa, è un metodo di trasporto con il minimo materiale possibile. Per quanto riguarda l'arrampicata… non è tra le mie preferenze: fino al quinto grado vado veloce e senza corda, poi mi annoia». A 25 anni sei già un esempio per tanti ragazzini. Ti pesa questa responsabilità? «All'inizio sì, ora mi sono reso conto che quello che facciamo è un nulla nell'immensa storia dell'uomo; piuttosto credo che non dobbiamo pensare a quello che vogliamo trasmettere ma essere noi stessi, libertà vuol dire non seguire nessuno». Non tutti nascono Kilian, quali consigli daresti a chi vuole avvicinarsi al trail? «L'importante è farsi piacere quello che si fa, dall'allenamento alla gara, altrimenti diventa un lavoro. Anche in questo caso dico: non seguire ma essere se stessi». Quante scarpe usi? «Difficile da dire perché spesso ho anche dei prototipi da provare, in genere cinque o sei contemporaneamente, come modelli le Salomon S-Lab Fellcross e le SLab Sense con delle leggere modifiche al tallone».
Quanto c'è di genetico nei tuoi successi e quanto la tecnica di discesa scialpinistica ti avvantaggia nel trail? «Credo che sia difficile separare un elemento dall'altro, in montagna conta tutto: il fisico, la velocità, saper leggere il terreno, la testa».
Carta d'identità Cognome ��������������������������������JORNET BURGADA Nome ����������������������������������������������������������������������KILIAN Nato ��������������������������������������������������� 27 ottobre 1987 Nazionalità ����������������������������������������������������� spagnola Città ���������������������������������������Les Houches (Francia) Palmarès:
Vincitore Ultra-Trail du Mont Blanc 2008, 2009, 2011, vincitore Grand Raid Reunion 2010 e 2012, vincitore WS100 2011, vincitore TNF Australia 100 2011, record di salita e discesa dal Kilimanjaro (280 km, 14.000 m - 38h 32'), vincitore Skyrunner World Series 2007, 2008, 2009, 2012 e di tutte le principali gare di sky-running.
Lavoro: ��������������������������� trail runner e scialpinista
L'allenamento Due sessioni al giorno (3-4 ore la mattina e 1-2 nel pomeriggio) o una lunga di 7 ore. Da 20 a 35 ore nelle settimane di allenamento e 16 in quelle di gara per un totale di 450-500 ore e 200.000 metri di dislivello positivo.
Con la tua attenzione ai social-network hai 'sdoganato' il mondo del trail e dello ski-alp. Quanto ti pesa questa costante esposizione ai media? «Poco, con un telefonino in 30 secondi puoi informare milioni di persone di quello che stai facendo in quel momento: è importante per far conoscere i valori di questi sport. I social media permettono di arrivare a tante persone in poco tempo». Quanto ti alleni e spiegaci meglio quello che sul tuo sito definisci 'principio di continuità'? Faccio circa 450-500 ore a stagione e 200.000 metri di dislivello positivo, con due sessioni al giorno, oppure una lunga di sette ore. Continuità significa che è meglio fare poco tutti i giorni piuttosto che allenamenti importanti saltuariamente». Quanto riposi dopo una gara? «Dipende dalle gare ma soprattutto dal feeling, a volte un paio di giorni. Anche il prima è a sensazione: a volte mi capita di correre tanto anche a un giorno dalla gara, fino a sei ore, a volte no». Cosa mangi? «Sono un disastro… di tutto e male, la mattina prima delle gare un 'gato sport' (integratore) e durante le gare gel, uno ogni ora circa. Alla mattina poi faccio fatica a mangiare, mi costa già tanto alzarmi presto…».
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Kilian vs Marco «Ho conosciuto Marco nel 2007 alla Valmalenco-Valposchiavo e gli spagnoli mi dicevano che era l'unico in grado battere Meija, a quel tempo fortissimo. Ero emozionato di conoscerlo perché era un mito della corsa in montagna, con tanti successi al Mondiale. Poi al Giir di Mont me lo sono trovato dietro e sulle discese cercavo di forzare ma non lo staccavo, allora ho capito che era il mio più grande nemico. Ha iniziato a fare skyrunning e poi è passato alla corsa in montagna. Adriano Greco mi aveva consigliato di fare come lui, perché le lunghe distanze non fanno per i giovani, eppure siamo qui a fare tante gare insieme. Credo che Marco sia il migliore esempio di come si possa rimanere ad altissimi livelli per 15 anni, perché è un professionista nell'allenamento e soprattutto sa ascoltarsi, a differenza di me».
Nelle foto. Le immagini di questo servizio sono tratte da uno stupendo video realizzato da Seb Montaz tra Bormio e lo Stelvio nei giorni precedenti la Dolomites Sky Race di quest'estate.
M Marco
A 34 anni hai già vinto tanto nella corsa in montagna e negli ultimi anni nello sky-running. Dove trovi ancora le motivazioni per partecipare alle gare? «Mi motiva il fatto di andare a fare gare in nuovi posti, viaggiare, questo è lo stimolo più grosso in assoluto. Quest'inverno, per esempio, sono stato in Australia. Ecco la fortuna dell'atleta che corre. Poi, non facendo più solo corsa in montagna ma anche sky-running, ho scoperto un altro mondo».
Sei uno dei miti della corsa in montagna, ora, come agli inizi della tua carriera, anche sky.runner, come mai? Vuoi abbandonare le gare WMRA (World Mountain Running Association)? «La Forestale mi ha sempre lasciato molto libero, l'im-
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FACE TO FACE
portante è che le gare che faccio siano propedeutiche alla preparazione per gli appuntamenti importanti della corsa in montagna, che le due cose vadano d'accordo. Non posso negare che la corsa in montagna sia quella che mi ha dato di più e che sia un collegamento tra la strada e la montagna perché l'allenamento lo puoi metabolizzare anche per le gare su strada e per il cross e perché le prestazioni sono contestualizzabili. Si va alla morte, viste le distanze più corte, mentre nel trail ci sono troppi imprevisti legati all'ambiente e tracciati più lunghi. Però del trail mi piace l'ambiente, la possibilità di correre in paesaggi stupendi e veramente in montagna, cosa che nelle competizioni WMRA, a dispetto del nome, accade sempre di meno. No, non abbandonerò il mio primo amore, non solo perché la Forestale mi obbliga a partecipare alle gare». Ti vedremo mai nell'ultra-trail? «Mi spaventa molto, credo che sia più una sfida con se stessi che una gara, io preferisco le distanze dove posso confrontarmi con gli altri e poi dopo le quattro ore ho visto che il mio corpo inizia a dare segni di cedimento. No, non fa per me». Corsa in montagna e sky-running, due ambienti diversi… «Sì, la corsa in montagna è relegata a posizioni di secondo piano: trincerarsi dietro a dichiarazioni tipo 'noi siamo i migliori' non serve; è un mondo vecchio che non ha saputo capitalizzare le occasioni importanti e l'appeal di pubblico e sponsor, come avremmo potuto fare dopo i Mondiali di Arta Terme del 2001. Il futuro è la collaborazione tra corsa in montagna e trail, come avviene negli Stati Uniti, dove i due mondi sono collegati e stanno in piedi proprio per questo. Con risultati importanti, come dimostrano i successi ai Mondiali di Corsa in Montagna e a quelli sulle lunghe distanze della Jungfrau Marathon». A 35 anni sei già un esempio per tanti ragazzini. Ti pesa questa responsabilità? «Nell'ambiente della corsa in montagna ci sono tanti giovani, mi fa piacere che si avvicinino a me e mi piace confrontarmi ma forse non sono il modello perfetto». Quante scarpe usi? «Difficile dirlo, direi una ventina, uso due modelli, la Scott T2 Kinabalu, che è nata grazie alla mia collaborazione, in gara, e la MK4 in allenamento». Come te la cavi con i social media? «Non sono molto portato, li vedo più per scrivere qualche 'cazzata', per prendersi in giro, non mi piace l'autocelebrazione, meglio magari prendersi meno sul serio; li utilizzo di più quando vado male…». Quanto e come ti alleni? «Ho sempre fatto degli allenamenti autonomi con periodi intensi, di una decina di giorni, in quota, a Livi-
Marco vs Kilian «È fortissimo ma non invincibile, bisogna imparare dalle poche piccole sconfitte. Quello che mi lascia sbalordito però è che spesso, nonostante faccia degli errori grossolani dal punto di vista della preparazione atletica, riesce comunque a metabolizzarli. In Malesia, prima della Mount Kinabalu Climbathon, il mercoledì, è salito e sceso dalla vetta e nel fine settimana ha vinto la gara. In montagna, su terreno tecnico, non c'è nessuno così forte. Quando è venuto a trovarmi quest'estate, in Val Dosdè abbiamo corso su dei pietroni enormi: dopo pochi minuti io non reggevo più mentre lui saltava come uno stambecco. Non è solo questione di gambe ma anche di occhio. Ecco perché finché parteciperà Kilian al Kima non ci sarà speranza per nessuno. Comunque non perde molto neppure in piano: in Malesia mi ha passato sull'asfalto che era il mio pane…».
gno, St. Moritz, Sestriere. Per questi allenamenti mi sono unito a forti maratoneti come per esempio Sergio Chiesa. A casa faccio un paio di sedute, una verso metà mattina di un'oretta, un'oretta e mezza più di qualità e una più blanda nel tardo pomeriggio. Quando non avevo famiglia mi allenavo di più a casa. In estate, se faccio il lungo di un paio di ore, salto uno dei due appuntamenti quotidiani». Quanto riposi dopo una gara? «Calo un po' di intensità, per una settimana vado ad allenarmi solo una volta al giorno, però il lunedì è importante non riposare del tutto, magari bici…». Cosa mangi? «Un po' di tutto, nei giorni precedenti la gara aumento i carboidrati che sono benzina, poi per colazione sto leggero, miele, the. In gara non sono abituato a bere molto».
Carta d'identità Nome �������������������������������������������������������������������MARCO Cognome ������������������������������������������������ DE GASPERI Nato ���������������������������������������������������������� 5 aprile 1977 Città ������������������������������������������������������������������������Bormio Palmarès
cinque volte campione del mondo di corsa in montagna (1997, 1999, 2001, 2003, 2007), una volta campione del mondo juniores corsa in montagna (1996), un oro, tre argenti e quattro bronzi agli Europei di corsa in montagna, vincitore Mount Kinabalu Climbathon 2003 e 2010, vincitore Sierre-Zinal 2008, 2011 e 2012, vincitore Jungfrau Marathon 2010, vincitore European Skyrunning Championship 2007, campione italian Vertical FISKY 2012
Lavoro ����������������������������������������������������������������� forestale
L'allenamento in estate 180 km a settimana e circa 4.000 metri di dislivello. Nelle settimane di scarico 120 km. Una sessione la mattina di 1-1,30 ore e una nel tardo pomeriggio di un'ora. Stage intensivi di dieci giorni in quota con maratoneti.
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rewoolution raid rewoolution raid
Sognando la Ritorna Rewoolution Winter Raid dopo il successo dello scorso inverno: due avventure multisport sulla neve entusiasmanti. In palio un viaggio in Oceania
Calendario 26/27 gennaio Livigno 16/17 marzo Dolomiti
ornano i Rewoolution Winter Raid, raid multi-sport nella migliore tradizione outdoor. Dei team composti da tre rider (sciatori o snowboarder) affronteranno diverse prove: slalom gigante, skicross, freeride, freestyle, mogul e chilometro lanciato. Un’avventura capace di mettere alla prova le capacità dei partecipanti e il loro spirito di squadra. Appuntamento il 26 e 27 gennaio a Livigno e il 16 e 17 marzo sulle Dolomiti. Rewoolution Raid 2013 si candida a diventare uno degli appuntamenti più cool della stagione invernale per gli amanti dell'avventura con gli sci ai piedi. Per sentirsi esploratori, per affrontare la natura e se stessi. Per vincere un viaggio in Nuova Zelanda... Il team che avrà raggiunto la miglior classifica globale e uno estratto a sorte, naturalmente solo fra quelli che avranno preso parte a en-
trambe le tappe, si aggiudicheranno infatti un fantastico viaggio in Nuova Zelanda. Perché la Nuova Zelanda? Perché il brand che sponsorizza l'evento, Rewoolution appunto, produce abbigliamento sportivo utilizzando pura lana merino neozelandese. Un viaggio indimenticabile Ad aggiudicarsi il fantastico viaggio messo in palio per l’edizione invernale 2012 dei Raid sono stati due team: Italian Cowboys, che ha raggiunto la miglior classifica globale sommando i punteggi dei due appuntamenti e Ciumbarumba che, baciato dalla fortuna, è stato estratto a sorte. Sono partiti verso gli antipodi il 7 agosto Simone Carli, Edoardo Cappelletti, Niccolomaria Angriman (Ciumbarumba), Matteo Murer e Diego Schmalz (Italian Cowboys),
Nelle immagini. Qui sopra un momento della gara dell'anno scorso. Le altre foto si riferiscono al viaggio in Nuova Zelanda dei vincitori 2012
insieme a Luca Albrisi, vincitore per entrambe le tappe della categoria snowboard, in sostituzione di Alex Martini che, purtroppo, non ha potuto partecipare. Intense giornate di running, snowboard, mountain bike, backcountry alla scoperta di un territorio unico, patria della lana Merino più pregiata da cui nascono i prodotti Rewoolution. I team hanno avuto infatti la possibilità di visitare gli allevamenti di proprietà del brand e di scoprire le varie fasi di produzione della preziosa materia prima. Un’esperienza indimenticabile per i team, che poteva anche essere seguita attraverso i canali social Facebook e Twitter con l’hashtag #rrnztrip. Come funzionano i Rewoolution Winter Raid Studiando il ‘Road Book’ i team che prenderanno
parte all'edizione 2013 dovranno decidere quali prove affrontare e quali dei numerosi 'check point' disseminati sul territorio scovare, valutando con attenzione il percorso migliore per rientrare al campo base nel tempo limite stabilito. Uno speciale contest fotografico che si terrà durante la gara permetterà ai team di incrementare il loro punteggio finale. Sarà fondamentale pertanto la strategia adottata da ogni squadra per ottenere i punti necessari alla vittoria. Il format dei Rewoolution Raid non termina con le edizioni invernali ma avrà anche due tappe summer in cui i team si cimenteranno in percorsi che includono discipline come mountain biking, orienteering, trail running, roping down, nuoto… www.rewoolution.it
Il calore della lana Merino Rewoolution è un nuovo sistema di abbigliamento tecnico sportivo in pura lana merino. Questa linea di capi non punge ma, al contrario, è molto morbida, grazie alla finezza della sua fibra (17,7 micron di diametro). La complessa struttura della fibra utilizzata garantisce un alto potere assorbente (oltre il 35% del suo peso, contro il solo 5% di una fibra sintetica) che permette di asciugare più velocemente il sudore. Rewoolution nasce da materie prime ed energie rinnovabili.
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AZIENDE DYNAFIT
di metri di dislivello… All'Alpine Athlete Film Tour, in 31 diverse località europee, verrà proiettato anche l'atteso cortometraggio che documenta un anno a tutto ski-alp del canadese Greg Hill
na collaborazione sviluppata in alta quota e che ora scende in città per mostrare al cinema le emozioni dello skitouring. Dynafit, il leader mondiale nello scialpinismo, e PrimaLoft®, l’innovativo produttore di materiali isolanti per l’abbigliamento, hanno organizzato il tour cinematografico Alpine Athlete Film Tour che nei prossimi mesi farà tappa in 31 località tra Germania, Austria, Svizzera, Francia, Italia e Spagna. Tra le storie che verranno proiettate durante il tour, una ha per protagonista Greg Hill. Lo scialpinista canadese racconterà il progetto del 2010 che lo ha visto raggiungere nuovi record attraverso una impressionante sfida personale. Il cortometraggio si intitola '2 Million Reasons', un nome che è tutto un programma: 906.600 metri di dislivello scialpinistico in 365 giorni. Greg Hill descrive in prima persona i cambiamenti subiti dalla propria vita dal primo gennaio al 31 dicembre 2010, per raccogliere ogni giorno metri di altitudine: una media di 1.690 al giorno, per un anno intero. Un coinvolgente racconto di come l’appassionato scialpinista e padre di famiglia abbia conciliato l’ambizioso progetto con la propria quotidianità, riuscendo a collezionare alla fine dell’anno '2 Million Feet'. 'Amicizia a termine' è l’unico lungometraggio che verrà presentato durante la rassegna, non un film di montagna nel senso classico, ma il racconto di un’amicizia che va oltre i limiti del rapporto di fiducia che si instaura solitamente tra due alpinisti estremi. Protagonisti della narrazione due atleti del team Dynafit, Benedikt Böhm e Sebastian Haag, legati da sempre dal grande e comune desiderio di scalare le vette più alte del mondo in tempi record. Cosa potrebbe mai incrinare questa amicizia? La comune scalata del monte Broad Peak, in Pakistan, per raggiungere la vetta a 8.000 metri di altezza, farà vacillare le basi della fiducia reciproca e li riporterà ai loro limiti fisici e mentali. 'Unlimited Middle East' è un cortometraggio presentato all’interno del progetto 'PrimaLoft®
Nelle immagini. Dall'alto in basso. Greg Hill, che ha collezionato poco meno di un milione di metri di dislivello in un anno e la locandina dell'Alpine Athlete Film Tour
Local Hero' che ha l’obiettivo di far sentire la voce di atleti sconosciuti ma protagonisti di imprese straordinarie. Avventuriero outdoor e primo 'hero' l’austriaco Günter Burgsteiner che ha intrapreso insieme al connazionale Gerrit Glomser un’affascinante viaggio in bicicletta. In tutto 5.500 chilometri da Innsbruck fino alla montagna più alta dell’Iran, il monte Damavand a 5.671 metri d’altitudine, per poi salirlo (e naturalmente discenderlo) con gli sci. Tra i momenti più curiosi di questa avventura verrà svelato il motivo per cui i due atleti, arrivati a Teheran, rimarranno improvvisamente senza denaro! In Italia il tour farà tappa il 4 dicembre a Pinzolo (Tn) presso il Pala Dolomiti di Piazzale San Giacomo, il giorno successivo sarà la volta del Bürgersaal di Campo Tures (Bz), per giovedì 6 dicembre l’appuntamento è invece all’interno del Salewaheadquarter di Bolzano e infine l’ultima tappa è prevista per sabato 8 dicembre al Palazzo Bertello di Borgo San Dalmazzo (Cn). Ingresso libero e una sorpresa per tutti i partecipanti: alla fine della proiezione verranno estratti tre nominativi ai quali saranno consegnati tre preziosi premi: uno sci, una giacca e un paio di guanti Dynafit. I biglietti per il Film Tour sono disponibili presso tutti i partner locali e su www.dynafit.it
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MATERIALI MARUELLI
Novità
La factory valdostana svela la versione definitiva delle rivoluzionarie piastre per un avanzamento con le pelli intuitivo, simile alla camminata. Debuttano gli attacchini M1, race da 115 g, e M2, dedicati ai vertical Piastre rivoluzionarie e attacchini race. L’inverno alle porte è ricco di novità per la factory valdostana Maruelli. Gli attacchi low tech si rivolgono agli agonisti: M2, specifico per i vertical, è quanto di più essenziale. Realizzato in lega di alluminio-titanio e ricavato dal pieno mediante macchine a controllo numerico, prevede un puntale minimale in cui le tradizionali ganasce vengono sostituire da una ‘culla’ in metallo con, alle estremità, i perni per l’innesto dello scarpone. La calzata è possibile grazie allo sgancio rapido, di derivazione automobilistica, di uno dei perni. Altrettanto essenziale la torretta, priva della classica molla a U, soppiantata da forcelle che lavorano per deformazione. Il peso dichiarato? 50 g. M2 costa 299,80 euro. Più tradizionale il ‘fratello’ M1, anch’esso in lega di alluminio-titanio e accreditato di un peso di 115 g. In questo caso il prezzo è di 399,80 euro. Sia M1 sia M2 possono essere montati direttamente sullo sci oppure venire abbinati alle piastre Natural Walking Plate (NWP) by Maruelli. Componenti che mirano a replicare la naturalezza della camminata durante l’avanzamento con le pelli, grazie a una spe-
ciale articolazione che consente di progredire sollevando anche la punta degli scarponi. Favorendo una postura del busto più eretta rispetto all’avanzamento tradizionale, con una tensione inferiore dei muscoli dorsali. Allungando al contempo il passo e agevolando il galleggiamento in neve profonda grazie al minor carico in corrispondenza delle punte degli sci. Realizzate in alluminio-titanio e ricavate dal pieno, le piastre Maruelli sono disponibili nelle varianti Vertical Race (150 g e 599,99 euro), riservata ai vertical, Lite (320 g e 484,24 euro), destinata a competizioni e grantour, e FreeRide (620 g e 749,99 euro), votata al freeride mountaineering. NWP Vertical Race e Lite possono essere abbinate a Maruelli M2 e M1 così come a qualsiasi attacchino race, mentre NWP FRD è studiata per lavorare con attacchi Dynafit TLT Radical e skistopper. www.n-w-b.com Nelle foto: 1 - L’attacco Maruelli M2 abbinato alla piastra Maruelli NWP-VR Vertical Race; 2-L’attacco Maruelli M1 abbinato alla piastra Maruelli NWP-Lite; 3-La piastra Maruelli NWP-FreeRide; 4-La talloniera dell’attacco Maruelli M1; 5 - La talloniera dell’attacco Maruelli M2.
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editor's choiCe
VETRINA
Primizie di stagione 12 prodotti ad alto contenuto tecnologico selezionati dalla redazione di Ski-alper per affrontare al meglio la prima neve
La Sportiva Stratos Racing Jkt & Pant Completo race ‘spezzato’, alternativo alla classica tuta da gara. La giacca pesa 355 g (taglia L), ed è dotata di inserti traspiranti e tessuti con fibre di carbonio che agevolano lo smaltimento del sudore e del calore in eccesso. Cappuccio integrato e tasche frontali per le pelli. Il pantalone pesa 390 g (taglia L) ed è caratterizzato da protezioni antivento nella zona lombare e in corrispondenza delle ginocchia. Costano rispettivamente 189,95 e 219,95 euro. www.lasportiva.com
Dynastar Alti Powder Gli entry level francesi strizzano l’occhio al freeride mountaineering grazie alla larghezza di 82 mm sotto il piede. Struttura cap con anima in legno e Rohacell (acrilico). Rinforzi in fibra di vetro. Sciancratura di 114/82/102 mm e raggio di 23 m (170 cm). Costruzione e dimensioni, fatta eccezione per la maggiore ampiezza in centro (+3 mm), sono identiche ad Alti 79. Pesano 1.350 grammi (170 cm). Disponibili nelle lunghezze 153, 160, 170 e 178 cm. Costano 478,00 euro. www.dynastar.com
Camp M3 Light Leggerissimo. Lo zaino italiano pesa solamente 780 grammi a fronte di una capienza di 30 litri. Specifico per lo scialpinismo, è dotato di schienale con canali di ventilazione. La possibilità di apertura lungo il dorso, più precisamente tra gli spallacci, agevola l’accesso agli scomparti in caso di soste in neve profonda. Porta piccozze a scomparsa. Gli sci possono essere fissati lateralmente. Fettuccia porta corda sul cappuccio. Costa 104,00 euro. www.camp.it
Dynafit Dy.N.A. PDG Si collocano un (piccolo) gradino sotto i race Dy.N.A. EVO, rispetto ai quali differiscono principalmente per il gambetto in fibra di vetro anziché in carbonio. Il peso si attesta, secondo la Casa, a 790 g (27,0 MP) contro i 685 g appannaggio dei gemelli da gara. Ciò che cambia sensibilmente è il prezzo: 650 euro contro 1.200 euro. Nessuna differenza quanto a scafo, in Grilamid (plastica) analogamente a Dy.N.A. EVO, mobilità del gambetto, nell’ordine dei 62°, suola e taglie disponibili. www.dynafit.it
ATK Race SL-R World Cup Pressoché identici ai fratelli SL-World Cup, differiscono unicamente per l’innesto dei rampanti integrato nel puntale. Realizzati in ergal (lega d’alluminio) dal pieno, pesano, secondo quanto dichiarato, 117 g contro i 114 g appannaggio di SL WC. Con questi ultimi condividono la molla a U in titanio, lo sportellino a durezza di rotazione regolabile e la talloniera con due posizioni di salita: in battuta sul citato sportellino oppure, ruotata la torretta, sullo sci. Costano 435,00 euro. www.atkrace.it
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Patagonia Mixed Guide Hoody Norrøna Lyngen PrimaLoft60 Jacket Giacca ultraleggera per lo ski-alp caratterizzata dall’imbottitura Primaloft One, simile come consistenza alla piuma d’oca ma garante di un maggiore comfort termico anche in condizioni di bagnato estremo. Idrorepellente e dai volumi contenuti, il capo norvegese può essere indossato come strato esterno o intermedio. Peso contenuto, pari a 350 g, e massima comprimibilità: è ripiegabile in un’apposita tasca da trasporto. Costa 199 euro. www.norrona.com
Soft shell in Polartec Power Shield Pro. Tessuto composto da uno strato superficiale in nylon idrorepellente e resistente all’usura, al punto da avvicinare le prestazioni di un guscio protettivo, e da uno strato interno in soffice poliestere a tutto vantaggio del comfort. Nel mezzo una membrana traforata garantisce protezione dal vento al 98%. Il rimanente 2% d’aria circola favorendo la traspirazione. Cappuccio regolabile con visiera laminata, compatibile con il casco. Costa 300,00 euro. www.patagonia.com
Mammut Spindrift Guide
Scarpa Gea RS Versione lady dei freeride mountaineering Maestrale RS. Scafo e gambetto, realizzati in polimeri termoplastici (plastica), sono adattati alla morfologia del piede femminile. La leva sul collo del piede è del tipo a cricchetto. Suola Vibram Cayman e scarpetta Scarpa Intuition Pro Flex RS WMN termoformabile. Ski-walk mediante la classica levetta posteriore. Il peso dichiarato si attesta a 1.410 g (25,0 MP): 40 g più di Gea ‘base’. Costano 529,00 euro. www.scarpa.net
Zaino dedicato ai grantour più impegnativi, disponibile con capacità di 35 oppure 45 litri. Lo schienale è regolabile in base a 3 diverse configurazioni, così da adattarsi a scialpinisti di qualsiasi altezza. Il peso si attesta a 1.730 g nella versione dalla capienza minore. Gli sci possono essere fissati sia lateralmente sia in diagonale. Le tasche esterne sono destinate a ospitare pala e sonda, oppure le pelli. Costa 160 euro (35 litri). www.mammut.ch
Movement Bond-X Si collocano a metà strada tra i grantour Random-X e i freeride mountaineering Logic-X. L’anima è in legno di Karuba e pioppo rinforzata con inserti in carbonio e fibra di vetro a disposizione triassiale. Disponibili nelle misure 161, 169, 177 e 183 cm, hanno sciancratura di 120/84/109 mm e raggio pari a 19,0 m nella lunghezza 177 cm. Pesano 1.150 g (177 cm) e costano 806,00 euro. Curvatura rocker sia in punta sia in coda. www.movementskis.com
Falke SK Energizing
Kreuzspitze ski-stopper SSK
Forti di spessori a compressione differenziata, le calze tedesche favoriscono il deaffaticamento muscolare e al contempo la riduzione delle tensioni in corrispondenza di tendini e articolazioni. Protezioni antiabrasione sui malleoli. Inserti plantari antishock. Composte al 72% in fibre tecniche sintetiche e al 18% in lana vergine, sono disponibili in versione sia maschile sia femminile nei colori rosso, nero e arancio. Costano 39,00 euro. www.falke.com
Gli ski-stopper trentini, realizzati in acciaio dal pieno, possono essere applicati a qualsiasi attacco dotato d’innesto per i rampanti. Innesto che, in abbinamento a un perno di fissaggio montato nella zona sottostante lo scarpone, garantisce la stabilità del sistema. Peso di 88 g (1/2 paio). Sono disponibili in due misure, con ampiezza tra gli stopper di 75 o 90 mm. Corredati di custodia in tessuto antitaglio per il trasporto, costano 99,99 euro. www.kreuzspitze.com
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CONTROCOPERTINA
testo: Umberto Isman
Nello spazio e nel tempo Per fotografare uno sciatore bisogna cogliere l’attimo fuggente. Per altri scatti il discorso è diverso…
P
rometto (ma non sono sicuro di mantenere la prosforzo di immaginare tutto ciò duecento anni fa, quando svolgeva messa) che parlo ancora una volta di fotografia e poi perfettamente la sua funzione. Poi finalmente mi fermo. Una basta. Ogni fotografia ha un tempo, ne ha tanti in stanza non particolarmente diversa da tante altre, ma con alcuni realtà, a partire dall’epoca storica fino al tempo di segni distintivi, un gioco di prospettiva interessante e, soprattutto, esposizione. In mezzo c’è il tempo per realizzarla. Ma una luce che cattura. nella fotografia di montagna, e non solo, esiste un altro tempo, «Ecco, va bene qui» comunico al mio accompagnatore. quello meteorologico, che significa nubi, vento, ombre e luci che «Dottò, con tutte le stanze che ci sono, la stessa del vostro collega mutano rapidamente, sole che c’è e non c’è, terra che gli gira inavete scelto» Umberto Isman torno. Ogni immagine è un’intrusione discreta in questo tempo «Chi? Quale collega?» complesso, è la scelta o l’imposizione di un attimo. Un attimo che è condiziona- «Mimmo Jodice, è stato qua l’anno scorso» to anche dalla fatica, dalla difficoltà dello spostamento, dall’essere lì in quel mo- «……azz….. Mimmo Jodice (fotografo napoletano tra i più bravi e famosi)?» mento e non in altri. Un attimo che non ha solo a che fare con la tua posizione «Farete anche voi come lui? Così…. per sapermi regolare» in quello spazio e in quel tempo, ma anche con la posizione di chi stai fotogra- «Come lui come?» domando incuriosito. fando, se fotografi qualcuno. E se quel qualcuno si muove velocemente, come «S’è assettato là (una sedia scolastica sgangherata e polverosa) e ha cominciato a sugli sci, quell’attimo è ancora più piccolo, ancora più diverso dall’attimo prece- guardare» dente o da quello successivo. Una foto diventa un infinitesimo del possibile, una «E poi?» combinazione di molteplici fattori unica e irripetibile. E le tue decisioni devono «Poi niente. Guardava. Ogni tanto si alzava, spostava la sedia e guardava di nuoessere fulminee, la tua interpretazione della scena ha poco spazio e poco tempo. vo. Io non capivo che stava affà, che c’era da guardare, una stanza vuota e sudicia. Molto meno che nella storia che vi racconto adesso. Fotografie, mi aveva detto. Non che avessi fretta, sempre meglio che stare in uffiNapoli, settembre 2000. Sto lavorando a un libro sulla città. Ho appuntamento cio, ma non capivo. Ogni tanto facevo un giro, tornavo dopo dieci minuti ed era con un tecnico del comune che mi deve accompagnare a fotografare l’Albergo dei ancora lì, assettato» Poveri (ora in fase di restauro ma all’epoca in completo sfacelo, sgarrupato e ab- «E poi?» bandonato). L’Albergo dei Poveri fu fatto costruire dai Borbone per accogliere «Poi improvvisamente, senza una parola, si è alzato. Ha montato il cavalletto, ha appunto i bisognosi. Un’opera meritoria, affascinante, come molte di quelle rea- avvitato la macchina fotografica, ha guardato dentro per qualche secondo e ha lizzate in epoca borbonica. Un’opera faraonica, la facciata più lunga d’Europa e scattato. Poi ha messo via tutto, mi ha lanciato un’occhiata e con un cenno mi ha una miriade di ambienti (430 stanze) studiati in maniera incredibilmente funzio- indicato la porta per uscire». nale. Col tecnico del comune compio un lungo giro, molto più del necessario. Lo guardo con un grande sorriso. «Non si preoccupi - gli dico - mi piacerebbe Sono incuriosito, affascinato, completamente catturato dalla decadenza e dallo molto, ma purtroppo non ho tempo».
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Crédit photos : Arnaud chidéric - Dan Ferrer
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