ski - aLper
HI-TECH
sciare con 700 grammi ai piedi
STORIA
da Lord Guinness a Troillet, 73 anni di emozioni
DIETRO LE QUINTE
Supplemento al numero 81 di Ski-alper
la fabbrica perfetta
THE ART
OF BOOTS
IN COLLABORAZIONE CON
TIMONE
THE ART OF BOOTS | TIMONE |
testi: Claudio Primavesi foto: Enrico Schiavi foto storiche: archivio S.C.A.R.P.A.
Il futuro è oggi
Dallo scarpone che pesa 700 grammi a quello prodotto con plastica ecologica ricavata dal ricino. Per domani non sembra esserci più niente da inventare. Ecco come nasce un prodotto S.C.A.R.P.A. e quali saranno le prossime sfide
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Piacere, S.C.A.R.P.A!
Dietro a un acronimo c’è una famiglia, quella dei Parisotto, che in 70 anni ha scritto la storia della calzatura sportiva e dello scarpone. Con due comandamenti: lavoro e qualità
Una storia irripetibile
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La nascita nel 1938 grazie a Lord Guinness, l’ingresso di Luigi, Francesco e Antonio nel 1956, la scalata inarrestabile verso il successo. Il racconto delle vicende di un’azienda, dalle domeniche passate in bicicletta a vendere le scarpe prodotte all’arrivo della plastica
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L’evoluzione della specie
Archivio
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Come nascono scarponi e scarpe: macchine hi-tech e...tanta manualità.
Un vento che quando soffia d’inverno può creare le condizioni per fitte nevicate.
Fotostoria: dalla pelle alla plastica
Il deposito delle pelli è il cuore nascosto dello stabilimento di Asolo
Handmade in Asolo
Tira un Maestrale...
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Supplemento al numero 81 di Ski-alper REDAZIONE
Direttore responsabile: Davide Marta - davide.marta@mulatero.it Vice-direttore: Claudio Primavesi - claudio.primavesi@mulatero.it Marketing: Simona Righetti - simona.righetti@mulatero.it Segretaria di redazione: Elena Volpe - elena.volpe@mulatero.it Area racing: Carlo Ceola - carlo.ceola@mulatero.it Area touring: Umberto Isman - umberto.isman@mulatero.it Area test: Sebastiano Salvetti - sebastiano.salvetti@mulatero.it
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THE ART OF BOOTS | S.C.A.R.P.A.
Collaboratori: Leonardo Bizzaro, Renato Cresta, Fabio Meraldi, Flavio Saltarelli, Riccardo Selvatico, Martina Valmassoi Progetto grafico e impaginazione: business-design.it Webmaster: Silvano Camerlo Distribuzione in edicola: MEPE - Milano - tel. 02895921 Stampa: Reggiani - Brezzo di Bedero (VA) Autorizzazione del Tribunale di Torino n.4855 del 24/11/95.
La Mulatero Editore srl è iscritta nel Registro degli Operatori di Comunicazione con il numero 21697. MULATERO EDITORE via Principe Tommaso, 70 10080 - Ozegna (Torino) tel 0124 428051/425878 - fax 0124 421848 mulatero@mulatero.it - www.mulatero.it
Un semplice cordino per la regolazione del gambetto
Il gambetto è in carbonio, leggero e resistente
2 1 L’ innovativo sistema di chiusura BOA® garantisce una chiusura efficace e di semplice utilizzo in ogni condizione
La leva in lega leggera, insieme al cordino, permette la chiusura del gambetto con un unico movimento
3 4 Footfoam è lo speciale inserto nello scafo, che migliora l’isolamento termico e il comfort
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Lo scafo, realizzato con un sistema d’iniezione con una speciale mescola di plastica e con il carbonio, è un brevetto di Scarpa, denominato Carbon Core Technology
La suola Vibram Ufo, tanto sottile quanto performante
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Lo scarpone Alien 1.0 prima di essere assemblato: solo 700 grammi di peso per prestazioni da gara top THE ART OF BOOTS | S.C.A.R.P.A.
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THE ART OF BOOTS | R&D |
Il futuro è oggi r
Dallo scarpone che pesa 700 grammi a quello prodotto con plastica ecologica ricavata dal ricino. Per domani non sembra esserci più niente da inventare. Ecco come nasce un prodotto S.C.A.R.P.A. e quali saranno le prossime sfide
B
asta provare a sollevare questo modello per rendersi conto che qui tutto è al limite, in un equilibrio perfetto e difficilissimo da raggiungere. Il peso è incredibilmente inconsistente. Alien 1.0 è la summa di tutte le innovazioni che S.C.A.R.P.A. ha portato nel mondo dello scialpinismo e del telemark, il risultato finale, quasi perfetto, ma non un punto d’arrivo.
Pantofole in salita, slitte in discesa
Solo a guardarlo, Alien 1.0 è qualcosa di diverso. D’altronde anche lo scialpinismo, quello agonistico, è cambiato. Una volta le gare si vincevano in salita, oggi conta anche la discesa. Ecco dunque che in S.C.A.R.P.A. hanno pensato ad uno scarpone leggerissimo ma allo stesso tempo performante in discesa. Un progetto ambizioso che ha portato alla commercializzazione del modello nell’autunno 2011. Un progetto pensato per gli atleti di punta ma con ricadute positive per tutti gli scialpinisti. Con pochi accorgimenti, infatti, è nato Alien, che dalla stagione alle porte sarà disponibile nei migliori negozi. Il peso è di poco superiore, 890 grammi contro i 700 del ‘fratello’. Vediamo quali sono le caratteristiche delle due scarpe e le tecnologie impiegate. Alien 1.0 è stato realizzato utilizzando spessori sottilissimi, impensabili fino a qualche anno fa. Il gambetto è in carbonio, materiale leggerissimo che consente però un perfetto sostegno e trasmissione degli impulsi allo sci. La parte bassa dello scafo è un’altra sorpresa e vede l’applicazione della ‘Carbon Core
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Technology’, un brevetto esclusivo, la vera chiave di volta di tutto il sistema scarpone. Grazie a un innovativo sistema di co-iniezione, infatti, sui lati il carbonio è stato inserito direttamente nella poliammide, garantendo la forza e il sostegno senza le problematiche di rigidezza e rottura che il carbonio può creare. Il sistema di chiusura è un’ulteriore innovazione, mai vista nel settore. Osservando qualche scarpone da snowboard, infatti, è stato sviluppato, in collaborazione con Boa Closure System, un meccanismo avvolgente con cavo metallico e ghiera di regolazione che riduce il peso rispetto alle tradizionali rastrelliere e permette un avvolgimento uniforme, senza punti di pressione. Contribuisce alla riduzione del peso
700
> TECHNICAL DATA
grammi. È questo il peso di uno scarpone Alien 1.0, la Ferrari dello scialpinismo.
anche la suola Vibram Ufo, estremamente sottile quanto performante. Dallo scarpone top race al modello fuoriserie il passo è breve. Per sviluppare Alien il reparto R&D di S.C.A.R.P.A. ha sostituito il gambetto con uno in materiale plastico molto sottile, come il resto dello scafo. Per rendere più pratico il sistema di chiusura del gambetto ha inserito una rastrelliera ultraleggera al posto dei ganci e del cordino in kevlar del modello 1.0. Il gambetto in plastica, visti gli spessori limitati, presentava il rischio di ‘spanciate’ se sollecitato. Per questo è stata inserita nel profilo, poco sopra il tallone, una leva-resistenza metallica a omega. Una leva in lega leggera, posizionata dietro, consente, come nel modello 1.0, di liberare o bloccare il gambetto con un solo movimento e l’apertura o chiusura anteriore del gambetto stesso. Il modello Alien si differenzia perché non adotta la tecnologia Carbon Core, utilizza invece una scarpetta con lingua centrale a spessori differenziati. Inoltre il gambetto è dotato del rapido sistema di chiusura (Speed Lock system). Suola, scarpetta (termoformabile) e sistema di chiusura sono identici.
LA ‘GESTAZIONE’ di un prodotto
Il lancio sul mercato di Alien è solo una ‘scusa’ per capire meglio come nasce un progetto così innovativo. Il primo ‘comandamento’ in S.C.A.R.P.A. è legato al rapporto con i professionisti. Ogni prodotto viene fuori da un continuo colloquio con gli atleti di punta,
< Alien 1.0 retro
THE ART OF BOOTS | S.C.A.R.P.A.
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THE ART OF BOOTS | R&D | ESPERIENZA
Sandro Parisotto, predidente di Scarpa, dinamico manager su scala internazionale, fortemente legato ai valori della famiglia, che da anni conduce l’azienda. Un lavoro che non sarebbe possibile senza il contributo di tecnici specializzati che da anni dedicano il proprio impegno alla realizzazione di progetti sempre più performanti
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le guide alpine e i grandi alpinisti e da loro specifiche richieste. Non è facile, però, tradurre nella pratica i sogni di ogni scialpinista. Ecco perché, mediamente, dalla prima riunione alla realizzazione di uno scarpone passano circa 18-24 mesi. Sono mesi intensissimi, nei quali si testano i prototipi quasi ogni giorno. La vicinanza della Marmolada aiuta, anche nei mesi più caldi. Dai test emergono problemi, rotture. Nelle successive riunioni si apportano le modifiche. C’è qualcosa di anacronistico in questo lavoro. Nell’era della tecnologia il risultato finale è nelle mani di alcune persone di grande esperienza. Prima di tutto di Davide Parisotto, responsabile R&D e produzione, poi dei ‘maghi’ del reparto plastico, i fratelli Renzo (capo reparto delle linee di produzione interne) e Gabriele Marcolin (responsabile del reparto stampi e iniezione) e di Palmiro Dal Pai (responsabile produzione linea plastica). Sono loro a tradurre le indicazioni dei tester. Sono loro, in riunioni spesso animate, a decifrare, a determinare il successo del prodotto. Le riunioni servono a creare un processo di ingegnerizzazione più dettagliato possibile, ad avere dei protocolli finali di produzione sempre più precisi, perché ogni operaio, ogni capo reparto deve poter essere sostituibile e ogni scarpa uguale all’altra. Il punto di partenza è sempre lo stesso, quella maniacale attenzione alla qualità, alla performance,
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THE ART OF BOOTS | S.C.A.R.P.A.
alla funzionalità. Si deve produrre uno scarpone performante e comodo, che risponda alle richieste dei professionisti. Un prodotto ‘alla giapponese’, anche se oggi sulla manovia di assemblaggio della plastica succede piuttosto di vedere qualche cinese. È il segno dei tempi che cambiano. Se qualcosa non funziona, meglio ritardare il lancio perché il prodotto finale deve essere perfetto. Così sono nati i primi scarponi da telemark in plastica, i mitici Rally e Denali da scialpinismo, grazie anche alla
stretta collaborazione con Total Fina nello sviluppo delle migliori mescole plastiche. Così nasceranno gli scarponi del futuro. Perché il futuro ha un cuore antico.
Ecologia
Produrre scarpe e scarponi che visiteranno i luoghi più belli della terra significa anche cercare di recare meno danno possibile al pianeta. Per questo è nato il progetto ‘S.C.A.R.P.A. Planet Friendly’ per
comunicare la sensibilità verso il pianeta, anche con la scelta di materie prime eco-sostenibili. La svolta è arrivata con l’impiego di Pebax Rnew di Arkema, una mescola plastica ricavata utilizzando una materia prima biologica e rinnovabile: la pianta del ricino. Questo materiale è interamente riciclabile e permette una riduzione dell’energia utilizzata da fonti non rinnovabili del 29% e una diminuzione del 32% delle emissioni di anidride carbonica. La linea di scarponi da scialpinismo è al 40% Planet
Friendly, ma in prospettiva si sta già lavorando per far crescere ancora questa percentuale e sono in programma passi importanti in questa direzione.
DOMANI
Finito un progetto, brevettata un’innovazione, il cuore e la mente degli esperti del reparto R&D sono subito rivolti alla prossima sfida. Quali sono gli sviluppi prevedibili nel campo dello scialpinismo? Difficile a dirsi. La chiave di volta
sembra essere quella dei materiali, delle mescole plastiche. Quello che oggi non sembra realizzabile, domani lo sarà. Per questo c’è un continuo contatto con le aziende produttrici di materie plastiche. Per arrivare al prodotto finito, però, servono investimenti importanti. Il percorso di sviluppo, che comprende la fase di design, prototipizzazione e la linea completa di stampi per la produzione in tutte le taglie, può costare fino a 800.000 euro. Insomma, il bello inizia ora!
< TECNOLOGIA E MANUALITà
Nello stabilimento di Asolo si completano e si integrano alla perfezione la componente tecnologica e di ricerca e la sapiente manualità, frutto di anni di esperienza nel settore
THE ART OF BOOTS | S.C.A.R.P.A.
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THE ART OF BOOTS | PEOPLE |
LA FAMIGLIA
Da sinistra, Andrea, Cristina, Luigi, Antonio, Francesco, Davide e Sandro: due generazioni a confronto
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PIACERE S.C.A.R.P.A. r
Dietro a un acronimo c’è una famiglia, quella dei Parisotto, che in 70 anni ha scritto la storia della calzatura sportiva e dello scarpone. Con due comandamenti: lavoro e qualità
È
difficile gestire un’azienda che nel 2010 ha fatturato 47 milioni di euro (55 se si considera il consolidato con S.C.A.R.P.A. North America)? Decisamente sì, eppure il gioco sembra facile visto dall’esterno, se si considera che S.C.A.R.P.A. non ha mai messo nessuno in cassa integrazione e che il fatturato è sempre aumentato; ai tempi della gestione dei ‘padri fondatori’ Luigi, Francesco e Antonio, ma anche dagli anni Ottanta, quando l’azienda è passata gradualmente nelle mani della seconda generazione, quella dei Davide, Sandro, Cristina, Piero e Andrea. Da allora l’azienda è passata da 12 miliardi di lire di fatturato ai valori attuali. Eppure questo successo è dovuto anche all’incontro-scontro di due generazioni. Ancora
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THE ART OF BOOTS | S.C.A.R.P.A.
oggi, infatti, Luigi e Francesco sono regolarmente in reparto tutti i giorni, pur avendo più di 80 anni, e dispensano consigli a tutti. Forse il grande sviluppo di S.C.A.R.P.A. è anche frutto di questo equilibrio, a volte delicato, di generazioni. I cugini si sono divisi i compiti, ognuno seguendo le orme del padre. Ecco dunque che Sandro e Cristina lavorano negli uffici, il primo presidente e ceo, la seconda product manager, Davide è direttore R&D e di produzione, mentre Andrea è chief financial officer e Piero administration manager. Com’è avvenuto il ‘passaggio di consegne’? (risponde Sandro Parisotto) «Davide è stato il primo a entrare in azienda,
non voleva proseguire gli studi e allora Luigi lo portò in fabbrica a lavorare, apriva le porte alle 7 e le chiudeva alle 8 di sera. Io sono entrato negli anni ‘80, dopo il servizio militare, ho iniziato in contabilità, Cristina è arrivata più tardi e successivamente Andrea. Siamo cresciuti con il lavoro nel sangue, anche prima, in estate, se volevi andare in vacanza o comprarti la moto, passavi qualche mese a lavorare». Insomma, è stata dura all’inizio... (interviene Davide Parisotto) «Ho fatto di tutto, ho girato il mondo con una macchina da cucire e quattro colleghi, pronti a riparare qualsiasi scarpa, sono stato negli Stati
Uniti, dove i nostri prodotti venivano distribuiti da Chouinard Equipment, ho partecipato alla realizzazione dei primi scarponi da telemark, il Boot Sauvage e il Boot Extreme. Ricordo che una volta abbiamo avuto un problema con un soffietto di cuoio che, irrigidendosi, creava problemi ad un modello: le scarpe tornavano in fabbrica da tutto il mondo e il giorno successivo ripartivano, riparate, con corriere espresso. Rifarei tutto, certo con il cuoio era più facile, con la plastica il rischio è altissimo e ogni errore lo paghi». Cristina, lei è l’unica donna nel management, come è arrivata in S.C.A.R.P.A.? «Non volevo occuparmene, volevo essere libera e poi percepivo la fabbrica come un ambiente maschilista, ma mio padre mi persuase a iniziare: ‘Scegli tu cosa fare, mi disse, inizia a lavorare, poi vedremo’. Avevano troppo bisogno del nostro apporto giovanile: senza l’azienda non sarebbe andata avanti. Certo, non sempre è stato facile, a volte ci hanno detto ‘Cosa pensate di fare?’. Per esempio quando abbiamo cambiato di corsa la collezione perché negli Stati Uniti si vendevano moltissime scarpe da trekking leggere e noi non ne avevamo o quando nel 1995 abbiamo fatto produrre, con ottimi risultati, una scarpa di corda in Cina. In questo caso l’hanno avuta vinta e ci siamo fermati». Qual è, secondo lei, Andrea, il segreto del successo?
«S.C.A.R.P.A. è nata per servire l’utilizzatore della montagna più esigente e per questo è sempre stata all’avanguardia e ha sempre ascoltato i professionisti della montagna. Oggi depositiamo 4-5 brevetti europei all’anno, ma lo vede questo scarpone da sci in cuoio? Guardi bene, vede che sopra al tallone c’è un soffietto in cuoio più morbido? Ecco, già allora eravamo innovatori». Com’ è suddiviso oggi il fatturato? Auspicate che le proporzioni rimangano invariate? (risponde Sandro Parisotto) «Circa 2/3 della collezione riguardano la montagna e 1/3 la linea invernale, l’ideale sarebbe aumentare nella stessa maniera in entrambi i segmenti. Certo, S.C.A.R.P.A. copre tutti i settori della montagna, è un’azienda completa e ha dunque diversi competitor in ogni segmento, naturale dunque che non sia sempre facile rimanere in equilibrio ovunque, ma la storia insegna che siamo spesso stati innovatori». Davide, lei si occupa della ricerca e della produzione, quali sono state le innovazioni più importanti? «Direi il Terminator, il primo scarpone da telemark in materiale plastico, un modello monoiniezione che ci ha veramente impegnato. Poi nello scialpinismo non possiamo dimenticare, dopo Rally e Denali, grandi successi, F1, prima scarpa nella quale è apparso il soffietto, come nel telemark e primo modello con una forma
più snella. Da quel momento lo scarpone da scialpinismo non sarebbe più stato lo stesso. Arriviamo infine all’ultima fatica, una lavoro veramente al limite, messo sul mercato in meno di un anno, Alien 1.0 e successivamente Alien. La ricerca che è stata fatta su questo modello ha portato a raggiungere veramente il limite estremo nell’utilizzo dei materiali e non faccio fatica a dire che nello sviluppo abbiamo speso tanti soldi che non ritorneranno, perché per essere innovativi bisogna anche provare e non sempre va bene». S.C.A.R.P.A. ha fatto del made in Italy, della qualità, una delle proprie armi, è possibile andare avanti ancora ignorando la Cina? (risponde Cristina Parisotto) «Il problema non è la Cina ma la qualità dei prodotti. Esiste una Cina ‘cheap’ ma ne esiste anche una tecnologicamente all’avanguardia, bisogna guardare a questo grande Paese non solo per la produzione, ma anche per il suo enorme mercato. Il mondo è cambiato e non si può fare finta di niente, noi andremo avanti fedeli alla nostra ricerca della qualità e della funzionalità sfruttando i fattori positivi, le opportunità della globalizzazione, la sfida del futuro è questa». Non temete i falsi? (risponde Cristina Parisotto) «Meglio essere copiati che copiare, meglio anticipare il mercato che seguirlo, veniamo copiati tutti i giorni, ma certi prodotti sono inimitabili». THE ART OF BOOTS | S.C.A.R.P.A.
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UNA STORIA IRRIPETIBILE r
La nascita nel 1938 grazie a Lord Guinness, l’ingresso di Luigi, Francesco e Antonio nel 1956, la scalata inarrestabile verso il successo. Il racconto delle vicende di un’azienda, dalle domeniche passate in bicicletta a vendere le scarpe prodotte all’arrivo della plastica 10
THE ART OF BOOTS | S.C.A.R.P.A.
C’
è qualcosa d’incredibile nella storia della S.C.A.R.P.A. A partire da quel nome geniale e dal suo fondatore. Una storia da romanzo nella sua prima parte e da film nella seconda. Una saga famigliare degna di una sceneggiatura alla Ettore Scola, un esempio di capitalismo all’italiana con influssi veneti, giapponesi, calvinisti, gandhiani. Giapponesi per quell’ossessione per la qualità che è anche della tradizione artigiana veneta, calvinisti per quell’idea ‘religiosa’ del denaro da reinvestire nella produzione, gandhiana per la felicità che deriva dall’orgoglio del proprio lavoro piuttosto che dal possesso materiale e dalla ricchezza. È forse in questo condensato di saggezza il segreto del successo di un marchio che è passato da 17 a 180 dipendenti in 50 anni, di una fabbrica che non ha mai conosciuto la parola cassa integrazione o disoccupazione e che continua a crescere anche in anni di crisi. La nascita della S.C.A.R.P.A. è stata da Guinness e non è un gioco di parole. Nel 1938, infatti, Rupert Edward Cecil Lee Guinness, lord anglo-irlandese, fonda la Società Calzaturieri Asolani Riuniti Pedemontana Anonima. È il Guinness della famosa birra, uomo d’affari, politico, filantropo, inventore, per promuovere il marchio della sua birra, del libro del Guinness dei primati... e della prima industria calzaturiera di quello
che diventerà il più importante distretto mondiale del settore. Lord Guinness aveva delle proprietà ad Asolo e, su richiesta del parroco e di un avvocato locale, accettò di creare la fabbrica per dare lavoro agli asolani, a patto che le quote fossero divise tra lui, il parroco e lo stesso avvocato, anche se questi ultimi non dovevano versare alcun capitale. Il coinvolgimento serviva a rendere responsabili e motivate queste due persone locali. È nel 1956 che il destino di S.C.A.R.P.A. e della famiglia Parisotto si incrociano. In quell’anno, infatti, a Luigi, Francesco e Antonio Parisotto viene proposto di rilevare l’azienda asolana. In realtà Luigi aveva già lavorato come apprendista alla S.C.A.R.P.A. Era il 1943 e, a soli 11 anni, durante la guerra, ottenne il lavoro spacciandosi per il fratello più grande Francesco... Allora la fabbrica produceva scarpe per i soldati tedeschi (erano gli anni della Repubblica di Salò) che presidiavano gli stabilimenti. Ecco dunque che dopo la guerra Luigi e Francesco fondano la fabbrica ‘San Giorgio’, specializzata nella lavorazione ‘a catena’ di scarpe ‘da montagna’, nella stalla della vecchia casa del parroco alle Coste di Maser. Si lavorava sodo, «anche 19-20 ore al giorno» dice Luigi. E il sabato e la domenica si andava dai contadini a prendere le misure o a vendere le scarpe. In bicicletta, zaino in spalla. Luigi e Francesco iniziarono da Lamòn, a una sessantina di
chilometri dal paese, per poi arrivare fino a Levico, San Martino di Castrozza. Fu proprio a Lamòn che Luigi rischiò di essere arrestato. All’ingresso del paese due carabinieri lo fermarono e gli chiesero dove andava con quella merce. Luigi spiegò che stava portando degli scarponi fatti su misura. «E tu ce l’hai la licenza per vendere?» gli chiesero i carabinieri. «Il sindaco del paese, il signor Pante, era anche proprietario del negozio di scarpe e, su consiglio del maresciallo, andai a trovarlo per mostrargli i nostri scarponi; il prodotto era ottimo, di qualità, fu così che comprò lui lo zaino pieno di scarponi e divenne il nostro primo cliente». Il lavoro cresceva, le ordinazioni aumentavano e il vecchio laboratorio artigiano non bastava più. Nel 1956 ai Parisotto viene proposto di rilevare la S.C.A.R.P.A. «Con 250.000 lire abbiamo rilevato un’azienda con 10 milioni di debiti» ricorda Francesco. «I proprietari erano nobili e signori ricchi, che non conoscevano il lavoro, per questo l’azienda aveva dei problemi». I Parisotto chiesero soldi a parenti e amici, sicuri di poterli restituire e la seconda vita di S.C.A.R.P.A. era iniziata. «Ai tempi era più facile di oggi, bastava avere voglia di lavorare, non avevamo concorrenza, anche se da S.C.A.R.P.A. sono nate poi 7/8 aziende di successo, fondate da nostri collaboratori» dice Luigi. Bastava avere voglia di lavorare, sì, ma sono i THE ART OF BOOTS | S.C.A.R.P.A.
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THE ART OF BOOTS | IERI | fatti a spiegare il successo dell’azienda in quegli anni Sessanta: la produzione passa da 10.000 a 120.000 paia all’anno, i dipendenti da 17 a 50, i prodotti, esportati negli Stati Uniti, Canada, Inghilterra, Germania e Australia, comprendono ben 40 modelli tra scarpe da montagna, scarponi da sci, da fondo e da telemark. S.C.A.R.P.A. inizia a fornire i corpi militari italiani, americani, francesi, spagnoli, indiani e diverse guide alpine, da Cortina a Courmayeur. Dietro al successo, però, non c’è solo il prodotto. Lo spiega bene Plinio Marotta nel suo ‘Poco fa nel Medioevo’: «Nessuno dei tre Parisotto aveva un ufficio personale in cui rinchiudersi per analizzare i diagrammi. Ognuno di loro aveva un deschetto in mezzo agli operai, al quale tutte le mattine, all’apertura della fabbrica, andava a sedersi per mettersi a lavorare... Erano lì per rispondere alle loro domande, per aiutarli nel loro lavoro, ma soprattutto per insegnare con l’esempio l’orgoglio delle cose ben fatte... Il capitale esiste esclusivamente in funzione del lavoro, dal quale proviene, al quale ritorna... non è speso in beni di lusso, non è usato per ostentare ricchezza, non è investito in speculazioni finanziarie, ma religiosamente reinvestito in fabbrica». Negli anni Settanta il 1000, modello basso da ‘ingegnere’, rimasto in produzione per 40 anni, cede lo scettro di prodotto faro al primo scarpone d’alta quota in materiale plastico, il Grinta, seguito dal Vega, realizzati in Pebax®, allora utilizzato solo per le racchette da tennis. Nel 1986 Jerzy Kukuzcka, a tre mesi di distanza da Reinhold Messner, è il secondo uomo a conquistare tutti gli 8000 e ha ai piedi proprio il Vega. I mitici anni Ottanta segnano anche l’ingresso in azienda della nuova generazione, Davide, Sandro, Cristina, Piero e, più tardi, Andrea. Le collezioni si ampliano: alta quota, mountain, trekking, hiking, outdoor, climbing, telemark. Nasce la Cinque Terre, prima scarpa bassa da outdoor e approach. Nasce da un’idea semplice, cambiando la suola a una scarpa da arrampicata. Semplice e geniale. In questi anni viene anche introdotto il Gore-Tex®: Bootie è la prima
scarpa al mondo con calza termosaldata di questo famoso materiale hi-tech. Gli anni novanta vedono l’ulteriore ampliamento della collezione a oltre 100 modelli, l’apertura di nuovi mercati nei Paesi Scandinavi, in Europa dell’Est e nel Far East, la trasformazione (nel 1992) in società per azioni e l’inaugurazione del nuovo stabilimento (1996) che porta la superficie da 2500 a 6500 metri quadri, la nascita del famoso pay-off ‘nessun luogo è lontano’, inventato da Franco Bortolazzo. I Novanta, però, sono soprattutto gli anni della rivoluzione plastica. Si comincia con il telemark. A partire dagli anni Settanta, con l’avvento dello scarpone di plastica, infatti, i fratelli Parisotto si erano concentrati sui settori di eccellenza in cui erano specializzati, sospendendo la linea sci, ad eccezione del telemark. Nel 1992 Luigi, osservando la gomma che ricopre
> UN PO’ DI STORIA
SETTANTA ANNI DI SUCCESSI E INNOVAZIONE
1938
Rupert Edward Cecil Lee Guinness fonda la Società Calzaturieri Asolani Riuniti Pedemontana Anonima.
1930 12
THE ART OF BOOTS | S.C.A.R.P.A.
1943
1956
Ai Parisotto viene proposto di rilevare la S.C.A.R.P.A.
Anni ‘70 Anni ‘60
La produzione passa da 10.000 a 120.000 paia all'anno, i dipendenti da 17 a 50
A soli 11 anni Luigi ottenne il lavoro spacciandosi per il fratello più grande Francesco
1940
gli ammortizzatori delle moto da cross, si convince che sia possibile realizzare un soffietto che resista alle sollecitazioni delle flessioni del telemark. Dalla collaborazione con Paul Parker e Pietro Aimonetto nasce il Terminator, primo scarpone da telemark in plastica. Negli anni Ottanta, invece, era già apparsa la plastica nei modelli da scialpinismo con il Rally, che ha un ottimo riscontro. Poi ancora una pausa e nel 1993, dalla collaborazione con l’amico alpinista e distributore svizzero Romolo Nottaris, nasce Denali, un successo di mercato strepitoso. Sono Luigi e Sandro a raccontare un episodio che avrebbe potuto cambiare la storia di S.C.A.R.P.A.: «A metà degli anni Ottanta Romolo Nottaris ha portato in azienda, una domenica pomeriggio, Fritz Bartel, inventore dell’attacco Low Tech, ce lo avrebbe dato in esclusiva in cambio della royalties,
1950
1960
40 modelli esportati nel mondo
1970
< LUIGI E FRANCESCO
Rappresentano la prima generazione di Parisotto e sono spesso ancora in azienda, di cui in un certo senso rappresentano l’anima
< LABORATORIO DI IDEE Un importante contributo nello sviluppo delle scarpe da arrampicata è venuto dal grande Heinz Mariacher (nella foto a sinistra insieme al vulcanico responsabile della comunicazione Riccardo Milani)
ma a quell’epoca non eravamo pronti». La favolosa storia dello scialpinismo made in S.C.A.R.P.A. era iniziata, arrivarono in seguito il Laser, primo modello a 3 ganci e, all’inizio del secolo, F1, primo modello con soffietto e forme snelle, che ha stravolto il mercato. Il resto, Alien 1.0 e Alien, è il presente e il futuro... Gli anni Duemila segnano un ulteriore passo: 145 modelli in collezione, export all’80%, nuova innovazione tecnica con il sistema New Telemark Norm (NTN), nuova linea approach con l’eccellente Zen, nuova linea di prodotti per l’arrampicata con la collaborazione del mitico Heinz Mariacher. È di questi anni anche la nascita della linea Lifestyle, voluta da Cristina, unica voce femminile della famiglia. Una linea che ha prodotto alcuni modelli di assoluto successo, come Mojito, e ampliato ulteriormente la collezione.
«Volevo una scarpa comoda e trendy, da poter mettere tutti i giorni, per andare al lavoro come per fare quattro passi, per questo mi feci creare un prototipo in fretta e furia che indossai al meeting con la forza vendita» racconta Cristina. «Appena diversi rappresentanti stranieri lo videro, chiesero di poterlo vendere. C’era anche qualcuno, però, che era un po’ diffidente e non capiva il senso di questo nuovo prodotto; per porre fine ai dubbi dissi che quella scarpa era nata per uscire alla sera a prendere un Mojito». Ecco come nacque il nome. «Per produrre velocemente qualche campione da portare in fiera abbiamo dovuto cercare tutte le ‘croste’ (il pellame, ndr) disponibili in magazzino e abbiamo utilizzato colori molto particolari, dal viola al verde brillante, che sono poi rimasti in collezione e hanno fatto il successo di Mojito». Nel 2005, per meglio
1986
1996
Jerzy Kukuzcka è il secondo uomo a conquistare tutti gli 8000 e ha ai piedi il Vega.
Inaugurazione del nuovo stabilimento che porta la superficie da 2500 a 6500 metri
1993
Romolo Nottaris, alpinista e distributore di S.C.A.R.P.A. per la Svizzera, è tra i protagonisti dello sviluppo del Denali, uno scarpone da scialpinismo che è diventato una pietra miliare
1980
penetrare nel mercato nord- americano, a Boulder, nel Colorado, nasce Scarpa North America Inc. «Gli Stati Uniti sono un mercato fondamentale, abbiamo venduto per anni con il marchio del nostro importatore ‘Fabiano for Scarpa’ e, quando si è imposta la scarpa da trekking leggera, abbiamo dovuto buttare via una collezione per crearne al volo una più fresca» ricorda Sandro Parisotto. Storia passata, come quella che nel 2008 ha visto S.C.A.R.P.A. spegnere le 70 candeline con una grande festa alla quale erano presenti tutti i nomi che hanno fatto grande l’azienda, gli alpinisti, gli scialpinisti, i collaboratori. Dopo tutto l’ingrediente del successo è semplice: ossessione per la qualità, made in Italy, collaborazione con chi usa i prodotti nelle condizioni più estreme per tradurre i desideri in realtà. E così ‘nessun luogo è lontano’.
1990
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Alien e Alien 1.0, scarponi da scialpinismo dal peso piuma che ridefiniscono gli standard nel race
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In questi anni si raggiungono i 165 dipendenti, 100 collaboratori e 145 modelli in collezione
2000
2010 THE ART OF BOOTS | S.C.A.R.P.A.
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Questo scarpone da sci aveva una costruzione solida e molto tradizionale: suola spessa, tomaia in pelle impermeabilizzata, ganci metallici. Oggi sembra un gioco, eppure ai tempi si sciava così
CORTINA 1968
Il Rally, molto diverso dai moderni scarponi in plastica, utilizzava il Pebax e montava suole Vibram. La ghetta impermeabile lo distingueva dagli altri modelli da alpinismo
RALLY 1984
Il Maestrale, basato sulla nuova Axial Alpine Technology, stabilisce nuovi standard negli scarponi da alpine touring con l’obiettivo della sensibilità e della riduzione di peso
La tecnologia degli atleti di Coppa del Mondo, con qualche minimo accorgimento, è alla portata di tutti con prezzi decisamente inferiori. Questo modello deriva dall’1.0 e pesa 890 grammi
MAESTRALE 2008 ALIEN 2011
L’evoluzione della specie Fotostoria: dalla pelle alla plastica
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Ogni scarpone esce dall’azienda curato come se dovesse essere un pezzo unico: la qualità dell’artigianato coniugata alla produzione industriale su vasta scala
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RALLY 1984
Tre ganci metallici garantivano la giusta tenuta in disecsa
L’utilizzo di materiale plastico Pebax è una prima mondiale e inaugura l’epoca dello scarpone da scialpinismo moderno
Il Rally utilizzava già suole in Vibram per un migliore grip
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Una ghetta impermeabile garantiva piedi asciutti anche nella neve alta. Questa soluzione è stata poi abbandonata negli scarponi sviluppati successivamente
ALIEN 2011
Scarpetta HRP intuition Disegnata con lingua centrale per un maggiore confort, è termoformabile e realizzata con una speciale schiuma modellabile
Adjustable speed lock system Composto dalla leva ‘A.Light’ in lega leggera, permette di liberare o bloccare gambetto e scafo e, contemporaneamente, l’apertura o chiusura anteriore del gambetto
Boa® closure system Sistema di chiusura con cavi metallici che permette un’efficace e pratica chiusura con regolazione millimetrica e un fit personalizzato
Suola ufo in gomma Vibram ice trek Estremamemente leggera e sottile in punta, per la massima sensibilità su roccia e terreni ripidi, offre un notevole grip e resistenza all’usura. Lo spazio tra i chiodi del battistrada agevola la pulizia da fango e neve
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1980 60007G
1970
1970
ANNAPURNA S
1990
ZG 65 LADY XCR
ANNAPURNA
I MITICI Hanno fatto la storia della montagna, in salita come in discesa: ecco i modelli S.C.A.R.P.A che hanno cambiato la nostra vita
2000
PHANTOMLITE
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1970
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CERVINIA
CINQUE TERRE
1980 CUMBRE
1970 GUIDA
1970 LAVAREDO
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HAND MADE IN ASOLO r
Come nascono scarponi e scarpe: macchine hi-tech e... tanta manualità. Dietro a ogni prodotto c’è un uomo o, molto spesso, una donna, magari con le mani piene di quella sapienza, di quel saper fare che sempre meno si trova nel mondo industriale moderno, di certo mani con tanta esperienza e pazienza. Perché per produrre una S.C.A.R.P.A. ci vogliono non meno di tre giorni. La fabbrica è anche un ‘melting pot ’ dove ognuno ha la sua specializzazione: i cinesi, veloci e precisi, per esempio sono i ‘maghi’ della linea plastica. Ieri come oggi, Francesco e Luigi Parisotto passano ancora da una linea di produzione all’altra a dispensare consigli ai più giovani, perché il futuro ha sempre radici in un cuore antico
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1| P lotter per il taglio laser dei pellami/materiale sintetico che andranno poi a comporre la tomaia di una scarpa. 2| A ltri pezzi piĂš grandi vengono tagliati con la trancia a mano, utilizzando delle fustelle in funzione della taglia di scarpa che si andrĂ a produrre
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3| D opo che sono state segnate le linee per la cucitura con una penna bianca, utilizzando una maquette in cartone, si procede con la fase di orlatura. Nei punti delicati dove si richiede maggiore resistenza per garantire la massima qualitĂ viene effettuata una doppia cucitura.
4| L e parti metalliche, come i ganci passa lacci vengono applicati meccanicamente. 5| D opo la cucitura, le tomaie sono predisposte su appositi carrelli per essere trasferite ad una differente fase della produzione.
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6| N ella tomaia viene inserita la forma (diversa per ogni numero e modello) sulla quale viene fissato il sottopiede. La tomaia viene allacciata con un laccio di nylon, che a fine lavorazione verrĂ sostituito dalle stringhe definitive, visto che queste sono piĂš suscettibili agli allungamenti ed ai cambiamenti di
temperatura delle fasi di incollaggio dei bordi in gomma e delle suole. Per ogni modello, nella fase di produzione sono utilizzate a rotazione dalle 250 alle 800 forme nelle differenti taglie. 7| L a tomaia viene chiusa sulla forma con un apposito macchinario
denominato premonta. La costante ricerca applicata alle macchine per calzature, coadiuvata dallâ&#x20AC;&#x2122;alta tecnologia elettronica, hanno permesso di realizzare un nuovo tipo premonta veramente straordinario. S.C.A.R.P.A. ha applicato questa filosofia progettuale in tutto il suo processo di sviluppo
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e produttivo così da poter sempre garantire prodotti innovativi e con la massima qualità. La punta e i lati (nella foto) della tomaia vengono chiusi con due diverse premonte che in modo specifico inseriscono una colla con un processo termico; poi segue la fase di chiusura vera e propria della tomaia con la trazione del pellame tramite delle pinze oleo-dinamiche e la chiusura in fasi sequenziali.
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8| T utte le tomaie dopo la fase di chusura al premonta vengono rifinite con una mola a nastro di carta vetrata, cosi da lisciare i bordi e spianare il fondo prima dell’applicazione delle suole. 9| L a manovia trasporta le tomaie in lavorazione con la forma inserita verso il reparto dove verrano predisposte per l’incollaggio del fascione in gomma e poi della suola. Sul fascione in gomma viene
applicato uno speciale collante per garantire tenuta nel tempo. Questa lavorazione necessita diversi minuti tra un fase e l’altra, questo sistema serve per dare massima garanzia di tenuta nel tempo al fascione anche con gli utilizzi più estremi. Uno speciale forno riattiva il collante tra le varie fasi, fino all’ incollaggio finale. 10| Le tomaie vengono lasciate in forma nelle fasi successive della
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lavorazione per 24 ore senza che venga effettuato alcun intervento. Questo tempo permette alla tomaia di fissare tutti i volumi della forma ai materiali, a garanzia di una calzata perfetta. Complessivamente, dal taglio alla fase dell’inscatolamento, il processo di produzione di una scarpa dura in media 3-4 giorni.
e professionisti è strettissimo. In questa immagine lo scalatore e product manager Heinz Mariacher (al centro) controlla la realizzazione dei modelli da arrampicata. 12| L e stringhe su ogni singolo paio, vengono inserite a mano.
11| I n ogni fase della lavorazione e progettazione il rapporto con atleti
13| U na serie completa di stampi per lo stampaggio degli scafi in plastica degli scarponi.
14| L ’iniezione delle materie plastiche negli scafi viene realizzata nello stabilimento della vecchia sede di S.C.A.R.P.A. 15| D opo l’iniezione gli scafi devono raffreddare anche per 30 giorni. 16| U n procedimento speciale (brevetto S.C.A.R.P.A.) consente di segnalare con delle piccole tacche e frecce i due fori anteriori del sistema di attacco Low Tech quando la neve
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li ricopre, permettendo la calzata degli attacchi in modo veloce e preciso. Questo sistema è molto apprezzato dagli atleti di Coppa del Mondo di scialpinismo.
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17| G li scafi, dopo la fase dell’applicazione delle suole, sono pronti per la fase di assemblaggio dei vari componenti e delle leve di chiusura. 18| S ulla linea di montaggio della plastica vengono predisposti gambetti, scafi e scarpette da assemblare. Ad ogni postazione viene effettuata una differente fase di lavorazione. In questo caso viene inserita la parte metallica nel tallone necessaria per il funzionamento della talloniera dell’attacco Quick Step In e Low Tech. 19| I l para-acqua viene prima incollato e poi pressato meccanicamente, così da garantire la tenuta, la resistenza e la massima impermeabilità nel tempo. 20| L e leve vengono fissate meccanicamente e controllate una ad una con un dispositivo speciale. 21| L ’assemblaggio della linguetta e del gambetto. 22| D opo avere infilato manualmente la scarpetta, lo scarpone Rush viene pulito e inserito nella scatola di imballaggio. L’intero processo d’assemblaggio, dall’inizio fino all’inscatolamento, dura circa 4 ore. La produzione avviene a cicli, si procede per numeri e modelli, prima il 39 di un modello, poi magari il 40 di un altro e cosi via fino a concludere le paia totali di ogni taglia.
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LE manI THE ART OF BOOTS | PRODUZIONE |
Mescole hi-tech, scanner elettronici, linee di produzione computerizzate. La tecnologia è entrata prepotentemente anche nella produzione calzaturiera, ma la differenza tra una scarpa top e una normale sta ancora nella manualità, in quei tanti gesti quotidiani frutto di un’esperienza unica
UOMINI E DONNE > Fissare un tallone, ma anche cucire una tomaia o infilare e allacciare le stringhe: ognuno ha il suo ruolo da svolgere, con forza o delicatezza...
dI S.C.A.R.P.A. DETTAGLI > Anche il modo di allacciare una scarpa, più o meno stretta, può fare la differenza e i ‘vecchi’ non si stancheranno mai di farlo notare ai più giovani
NON SOLO LAVORO> Anche in produzione non si rinuncia al look, con unghie smaltate e anelli
THE ART OF BOOTS | HIGHLIGHT |
PHANTOM 6000
MOJITO
scarpa da ‘high altitude’ in Outdry® per le grandi quote. La linea è nata dalla collaborazione con Ueli Steck per la scalata record del Shisa Pagma in 10 ore e mezza
nasce dall’esperienza sportiva delle ‘climbing shoes’ e mantiene la sua vocazione sportiva nell’uso quotidiano
VITAMINE
nasce dall’esperienza tecnica dei modelli approach, ma ha nella sua natura quella vocazione sportiva e trendy che piace ai giovani
KINESIS PRO GTX
scarpa per backpacking ed escursioni impegnative in Nabuck e Gore-Tex®
VAPOR
scarpa da arrampicata progettata da Heinz Mariacher
THIMPU GTX
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La nuova pedula da trekking, adotta l’innovativa Active Fit Technology, suola Vibram e fodera Gore-Tex.
BOOTS YOU MUST HAVE MONT BLANC GTX scarpa ‘tech mountain’ per l’alta quota in Gore-Tex®. Nella foto la versione woman
MAGIKO
scarpa per attività sportive dall’approach tecnico, avvicinamento, arrampicata, facili sentieri rocciosi, trekking o uso giornaliero
REBEL GTX
la calzatura polivalente della linea ‘mountain elite’, ideale per vie ferrate, alpinismo, escursionismo alpino e trekking
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THE ART OF BOOTS | COMUNICAZIONE |
CONSIGLI PER GLI ACQUISTI
IN ORDINE SPARSO, ALCUNI STORICI LAYOUT PUBBLICITARI DI S.C.AR.P.A.
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Il deposito delle pelli è il cuore nascosto dello stabilimento di Asolo
ARCHIVIO
Le scorte di pellame, nelle varietà ‘pienofiore’ o ‘scamosciate’, sono sufficienti per la produzione di 30 giorni. Sarebbe più sostenibile economicamente una scorta minore, ma il pellame scarseggia a causa della maggiore richiesta dalla Cina e non è facile l’approvvigionamento ‘just in time’
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THE ART OF BOOTS | SCARPONI |
TIRA UN MAESTRALE... Wiregate tour-lock
Nuova leva di chiusura superiore per mantenere un serraggio confortevole in salita e la facilità di chiusura per la discesa
100% Pebax Rnew, plastica realizzata utilizzando una materia prima biologica e rinnovabile: la pianta del ricino
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Air ventilation
Tre prese d’aria consentono un’adeguata ventilazione del gambetto
Mirage ski-walk
Una regolazione per la salita e due per la discesa
Evo v-frame
Particolare struttura del gambetto che irrigidisce la parte posteriore aumentando la trasmissione della forza nel movimento di flessione in avanti della gamba
34 PEZZI compongono il Maestrale:
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un puzzle intrigante 1 Scafo: in Pebax® Rnew, materiale ecologico ricavato dalla pianta del ricino 2 Suola: si chiama Cayman ed è prodotta da Vibram. Le scanalature verticali e orizzontali aumentano la trazione su ghiaccio e neve e offrono un ottimo grip sulla roccia 3 Gancio: una leva più grande blocca efficacemente il collo del piede 4 Gambetto: il nuovo profilo migliora leggerezza e sensibilità 5 Lingua asimmetrica: si chiama T-wing e offre supporto in discesa e un’efficace trasmissione degli impulsi 6 Strap: l’Active Power Strap garantisce un buon sostegno in ogni situazione
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