Museo n1

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GRAFTS MARCO BAGNOLI / PAOLO MASI / MAURIZIO NANNUCCI / REMO SALVADORI

Marco Bagnoli, Paolo Masi, Maurizio Nannucci, Remo Salvadori

Quattro grafts, innesti contemporanei, firmati da Marco Bagnoli, Paolo Masi, Maurizio Nannucci e Remo Salvadori attualizzano le architetture rinascimentali del chiostro e del loggiato esterno. Sulla facciata l’intervento di Remo Salvadori, parte della serie Nel momento avviata nel 1974, si ricollega ai precedenti motivi che decoravano fino alla fine dell’Ottocento l’Ospedale delle Leopoldine. L’installazione dialoga con le decorazioni musive della facciata di Santa Maria Novella: anch’essa è espressione di un’arte che ha come fondamento la geometria e le proporzioni musicali di Leon Battista Alberti e Vitruvio. All’interno del Museo, il neon blu di Maurzio Nannucci, già installato nel 2014, materializza il rapporto tra immagine, linguaggio scritto e architettura. L’installazione, Everything might be different (1988), invita chi osserva a svolgere un ruolo attivo di decodifica e completamento del suo significato. L’opera dialoga con Araba Fenice (2013) di Marco Bagnoli, una ‘mongolfiera’ posta al centro del chiostro. Elemento catalizzatore delle linee e dell’energia sviluppata dal colonnato rinascimentale, l’opera poggia su un piedistallo in cui viene ritagliato il profilo dell’Araba fenice, simbolo della rinascita spirituale e della rigenerazione umana. La riscrittura degli spazi viene completata dall’installazione Invaders (2018) di Paolo Masi. Gli elementi circolari che compongono l’opera, oltre a caratterizzare le vetrate del chiostro, reagiscono al variare della luce nel corso della giornata, proiettando sulle pareti del loggiato coperto un intenso gioco di geometrie e colori che ricorda le lanterne magiche.

Museo Novecento museonovecento.it

Piazza Santa Maria Novella 10, 50123 Firenze

n°1 - Aprile 2018

museo s.m. — dal lat. Musēum, gr. Μουσεῖον der. di Μοῦσα “musa” (propr. “luogo sacro alle Muse”), nome di un istituto culturale dell’antica Alessandria d’Egitto. Raccolta di opere d’arte, o di oggetti aventi interesse storico-scientifico, etno-antropologico e culturale; anche, l’edificio destinato a ospitarli, a conservarli e a valorizzarli per la fruizione pubblica, spesso dotato di apposito corredo didattico. dal Vocabolario Treccani

Cortile interno del Museo Novecento

IN BETWEEN ART FILM IL CORPO È UN INDUMENTO SACRO

Anahita Razmi, Middle East Coast West Coast, 2014, Courtesy In Between Art Film

OUTDOOR Nell’ottica di una maggiore valorizzazione delle collezioni civiche, anche al di fuori delle mura del Museo, e della nascita di relazioni con altre istituzioni del territorio, il Museo sta organizzando una serie di iniziative volte a raccontare e rileggere gli artisti e le opere della propria raccolta. In questo contesto si inserisce il progetto Outdoor, che prevede di esporre dipinti e sculture delle collezioni novecentesche all’interno di scuole, ospedali, carceri, istituti per

anziani, biblioteche e case private. L’iniziativa risponde al duplice intento di promuovere la conoscenza delle raccolte del Comune di Firenze intercettando e mettendo al centro pubblici diversi in contesti quotidiani, talvolta anche molto lontani dalla dimensione museale, e di favorire un incontro diretto con l’opera d’arte, mettendo in luce aspetti della sua storia. Le opere saranno di volta in volta accompagnate da un mediatore dell’Associazione Mus.e che presenterà l’artista e il suo lavoro, e da un restauratore che illustrerà

GOOD MORNING di Sergio Risaliti Direttore Artistico e Coordinatore Scientifico Museo Novecento

Con la rassegna Il corpo è un indumento sacro il Museo Novecento avvia una collaborazione con In Between Art Film, casa di produzione cinematografica fondata da Beatrice Bulgari nel 2012. La programmazione, ideata da Beatrice Bulgari e curata da Paola Ugolini, presenta i lavori di otto artisti internazionali: MASBEDO, Anahita Razmi, Lucy Harvey, Damir Ocko, Silvia Giambrone, Marzia Migliora, Alessandro Piangiamore e Marinella Senatore, che indagano il corpo come elemento non solo fisico, ma anche mentale, misura dell’esistenza nella nostra dimensione terrena ma, allo stesso tempo, metafora di complessi scenari esistenziali. In questa occasione sarà inaugurata la nuova Sala Cinema e Conferenze. La collaborazione proseguirà con altri due cicli di proiezioni intitolati Domestic and Urban Landscapes e Silence and Rituals.

tecniche e peculiarità del manufatto. Per il 2018, in collaborazione con l’Assessorato all’Istruzione del Comune di Firenze, il Museo intende avviare una prima fase sperimentale con il coinvolgimento delle scuole di ogni ordine e grado. Ad un primo momento, dedicato all’ascolto e all’osservazione, seguirà un laboratorio svolto insieme agli insegnanti, durante il quale gli studenti saranno chiamati a lavorare in autonomia sull’opera.

#museonovecento

Fortunato Depero, Nitrito in velocità, 1932 ca., collezione civica Museo Novecento, dono Alberto Della Ragione

La nascita nel 2014 del Museo Novecento nell’ex Leopoldine in piazza Santa Maria Novella ha sancito un nuovo rapporto con la storia dell’arte moderna e contemporanea, non più considerata ancella del passato ma fonte viva di cultura, degna di essere conservata, tutelata e valorizzata in una cornice museale. La Firenze dei musei e del collezionismo non è più da considerarsi oggi solo culla del rinascimento. Abbiamo accettato il fatto che la storia è in progress, che anche l’arte è un continuo divenire tra continuità e discontinuità. Da quando il novecento abita la casa delle Muse guardare il passato è un modo creativo di progettare il futuro. Si stanno infrangendo a poco a poco muri ideologici, pregiudizi culturali, quella certa immaturità psicologica che impedisce a diversi attori sociali di superare il trauma della fine dell’età dell’oro e di elaborare il lutto per la fine dell’illusione, il crollo di un mito, creato essenzialmente nel secondo ottocento, quello della esistenza di una città e di una bellezza ideali. Vivere da protagonisti la contemporaneità significa continuare quel progetto di avanguardia, quella sperimentazione artistica e scientifica che ha fatto di Firenze una ‘scuola del mondo’ con Giotto prima e con Brunelleschi poi, con Michelangelo e con Galileo. Il Museo Novecento è nato in ritardo di un secolo almeno, ma ha recuperato in pochi anni il tempo perduto.

Chi mi ha preceduto ha saputo posizionare il Museo Novecento a livello locale e nazionale. In special modo è stato fatto un importante lavoro di mediazione culturale e di comunicazione, vero punto di forza dell’istituzione. Un progetto di valorizzazione che ha fidelizzato un pubblico vasto e variegato nel territorio toscano e italiano grazie all’intensa attività di MUS.E. La collezione di dipinti e sculture di importanti maestri del Novecento – che riunisce opere della donazione Alberto Della Ragione assieme a quelle dei fondi Palazzeschi e Rosai, quelle del MIAC e altri lasciti – rappresenta il nucleo generativo del museo stesso. Questa ragion d’essere nata dal gusto e dalla cultura di privati lega il presente alla storia passata e il Museo Novecento alle altre realtà museali fiorentine – come le Gallerie degli Uffizi, Palazzo Pitti, i Musei Bardini, Stibbert, Horne, le Fondazioni Romano e Loeser – tutte nate da intenzioni e ambizioni di uomini illuminati e munifici. Questa è una delle identità forti del nuovo Museo Novecento, il perno intorno a cui ruota la più complessa articolazione di progetti espositivi temporanei, di cicli e focus tematici. La Collezione Della Ragione sarà dunque protagonista della nuova stagione, e sarà presentata secondo logiche storico artistiche diverse rispetto al passato. Un percorso tematico in sintonia con il gusto del collezionista genovese che scelse Firenze non a caso, spinto dagli eventi drammatici del novembre 1966, e forse anche dall’aura della città di Cosimo il Vecchio e Lorenzo il Magnifico, quei mecenati entrati nel mito che hanno di fatto promosso in senso moderno la cultura del collezionismo. Il Museo a cui pensiamo è una realtà fluida, un laboratorio e una palestra; un’istituzione multitasking, che genera molteplici esperienze e pratiche, e predilige la dinamicità alla immobilità. E’ un luogo di narrazione e contemplazione, di formazione e scoperta. In questo senso dobbiamo essere capaci di problematizzare quotidianamente l’identità e la funzione stessa del museo, superare la rigidità dei modelli e dei paradigmi passati sfidando l’inerzia intellettuale con nuove idee e scenari più consoni allo spirito del tempo. Senza mai tralasciare la ricerca e l’approfondimento, il Museo Novecento sarà luogo di meraviglia e scoperta per i bambini, i giovani, le famiglie. E quando possibile si sposterà con le sue collezioni e opere perfino nelle scuole e nelle case, negli ospedali e nei luoghi di detenzione, per ridurre la distanza tra l’arte e la vita.

UN MUSEO GIOVANE INTERVISTA AL SINDACO DARIO NARDELLA

La nascita del Museo Novecento, quattro anni fa, ha colmato una lacuna: era l’unico secolo a non essere rappresentato nel panorama dei musei fiorentini. Perché è così importante avere un museo dedicato al Secolo Breve nella geografia culturale della città? DN: Firenze è stata per troppo tempo per così dire imprigionata nella sua stessa bellezza e nel suo passato: una città-scrigno perfetta ma troppo immobile. Eppure i nostri collezionisti, i nostri storici dell’arte, i nostri stessi artisti erano stati più lungimiranti di noi e avevano lasciato un immenso patrimonio al Comune perché lo esponesse e ne facesse un altro pilastro della cultura cittadina. Il museo Novecento ha colmato un vuoto e nel contempo ha creato nuova energia e nuove condizioni per rinnovare il dibattito e la creatività legati al contemporaneo.

Come è cambiato il rapporto tra Firenze e l’arte contemporanea negli ultimi quattro anni, ovvero dall’apertura del Museo Novecento ad oggi? DN: Il rapporto è senza dubbio cresciuto e si è arricchito: penso per esempio alle grandi esposizioni di arte pubblica, da Antony Gormley a Glenn Brown, da Jan Fabre a Jeff Koons, ma anche a tutta l’effervescenza di tante associazioni ed enti culturali che hanno prodotto e produrranno grandi eventi legati al contemporaneo, sia progetti inediti che rivisitazioni di manifestazioni consolidate. continua a pagina 3 →


IL DISEGNO DELLO SCULTORE ADOLFO WILDT / JACQUES LIPCHITZ / DAVID SMITH / LOUISE BOURGEOIS / LUCIANO FABRO / REBECCA HORN / RACHEL WHITEREAD

IL TAVOLO DELL’ARCHITETTO

PARADIGMA MARIO CUCINELLA

Strumento volto ad una prima, essenziale, definizione visiva del pensiero, il disegno ha avuto sin dall’antichità un ruolo fondamentale nell’ambito della creazione artistica, rappresentando sia un elemento imprescindibile della progettualità, che una forma espressiva autonoma. Nell’arco del novecento il disegno è entrato di diritto nella pratica di molti artisti e nella medialità pittorica, acquisendo sempre maggiore autonomia. Negli ultimi decenni molti musei hanno dedicato attenzione a questo mezzo, da un lato riconoscendo al disegno un ruolo sempre meno marginale all’interno della storiografia artistica, dall’altro facendone una chiave di lettura e di interpretazione spesso inedite del lavoro di molti artisti. In linea con queste premesse il Museo promuove un progetto espositivo pluriennale che si fonda sulla idea di disegno e di scultura. Con apparente anacronismo, il disegno non appartiene unicamente alla dimensione progettuale della figuratività pittorica, e della relativa superficie bidimensionale, ma assume una sua specificità, una sua alterità, che si colloca alla base della nozione di rilievo, di corporeità che tante declinazioni ha assunto nel Novecento e nell’arte contemporanea.

La prima esposizione Il disegno dello scultore, dislocata nelle sale al primo piano del Museo trasformate in spazio per le temporanee, si propone di analizzare e rimettere in gioco fondamenti e modelli propri dell’esperienza artistica e più in generale delle culture visive moderne e contemporanee attraverso schizzi, disegni e bozzetti. Ricerca, analisi e studio delle immagini sono le basi di questo progetto espositivo che ripercorre l’intero arco della storia dell’arte contemporanea, dai primi del Novecento al presente. Alternando figurazione e astrazione, studi sul corpo e indagini sullo spazio, la prima mostra presenta una selezione di schizzi, bozzetti e progetti firmati da Adolfo Wildt, Jacques Lipchitz, David Smith, Louise Bourgeois, Luciano Fabro, Rebecca Horn e Rachel Whiteread. Accanto alle opere sono esposti in alcuni casi sculture di piccole e medie dimensioni che consentono di contestualizzare i disegni sia all’interno della ricerca e della pratica dei singoli artisti, sia in una riflessione più ampia sulla processualità artistica e sul rapporto tra progettazione ed esecuzione.

Il tavolo di studio rappresenta per l’architetto ciò che per il pittore è il cavalletto e per il musicista è lo spartito, ovvero il grado zero della creazione,

il piano orizzontale su cui mettere in scena e far recitare ispirazione e progettualità nelle più svariate forme, dallo studio al plastico.

UN MUSEO GIOVANE

THE WALL IL BUIO

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Come dovrebbe essere il museo civico ideale? DN: Uno spazio aperto, attraente, inclusivo. Palazzo Vecchio ha raddoppiato i visitatori da quando ha aperto di nuovo tutte le sue porte e aumentato i servizi per il pubblico, tra i quali una caffetteria al piano terra, che trasforma il cortile in una nuova piazza della città, vissuta anche dai cittadini e non solo dai turisti. Mi piace poi l’idea di un museo per tutti, a partire dai giovanissimi, e per questo ringrazio Mus.e che porta i bambini a scoprire tutti i segreti dei nostri musei e organizza tantissime iniziative didattiche anche per gli adulti.

Perché l’amministrazione comunale deve/intende puntare ulteriormente sul Museo Novecento? DN: Perché è un museo ‘giovane’ e originale nel panorama cittadino: col nuovo riallestimento saremo in grado di ‘cambiare’ il museo ad ogni esposizione per renderlo sempre inedito ad ogni visita, aumenteremo gli eventi collaterali e siamo certi che il pubblico continuerà a crescere.

MUSEO PAOLO PARISI

Punto di partenza di questa indagine è, quindi, l’ipotesi che una visione al buio valga quanto una visione in piena luce, se non di più. The Wall è un diverso e innovativo modo di presentare una mostra. La visualizzazione tipica dell’infografica offre allo spettatore uno schema figurato, ricco di informazioni e di suggestioni tra loro interconnesse, sviluppato graficamente su una delle pareti del chiostro interno del Museo. Le mostre si presentano come un rinnovato Atlas a poca distanza da uno dei maggiori esempi di arte della memoria quale l’affresco di Andrea di Bonaiuto in Santa Maria Novella. L’elaborazione visiva dei dati è realizzata da ISIA Firenze, istituto di alta formazione al design e alla comunicazione del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca. La prima esposizione di The Wall, a cura di Marco Bazzini, indaga il tema del buio che, al contrario di quanto normalmente pensato, non è assenza di luce o avversione alla conoscenza. Punto di partenza di questa indagine è, quindi, l’ipotesi che una visione al buio valga quanto una visione in piena luce, se non di più. Infatti, è possibile vedere al buio e nel buio. In mostra è stato preso in considerazione come gli artisti abbiano utilizzato, vissuto o raffigurato il buio a partire dalla contemporaneità per poi procedere a ritroso nei secoli. È nato, così, un percorso che evidenzia come il buio muti a seconda della cultura e del tempo. Se gli artisti più recenti invitano a stare nell’oscurità, altri protagonisti del Novecento si rifanno al buio come materia per l’espressione pittorica o per l’indagine introspettiva. Un percorso di oltre 60 opere che procedendo al contrario arriva alla rappresentazione dei notturni, un genere pittorico il cui primo episodio si trova a Firenze, nella Cappella Baroncelli di Santa Croce, con l’Annuncio ai Pastori di Taddeo Gaddi.

DUEL ULLA VON BRANDENBURG

Mario Cucinella, foto di Luca Maria Castelli

Il Museo Novecento dedica un’ala del loggiato rinascimentale a Paradigma – Il tavolo dell’architetto, un progetto che vede protagonisti celebri architetti, designer, collettivi e studi di architettura del panorama contemporaneo, invitati a raccontarsi al pubblico attraverso immagini, disegni, progetti, maquettes e modellini ‘apparecchiati’ su un tavolo. Strumento per eccellenza della pratica dell’architetto, il tavolo di studio rappresenta ciò che per il pittore è il cavalletto e per il musicista è il leggio, ovvero il supporto della creazione, il piano orizzontale su cui mettere in scena e far recitare ispirazione e progettualità nelle più svariate forme, dallo studio al plastico. La sistemazione del tavolo racchiude in sé l’organizzazione mentale della persona che ci lavora e, tra una pila di fogli, l’agenda ed il portapenne, si ritagliano il proprio spazio oggetti legati ai rapporti personali, alle idee, alle abitudini; piccole madeleine che schiudono la memoria al mondo del design e della progettazione. Di volta in volta figure dell’architettura si alterneranno per svelare al pubblico i segreti del proprio operare a partire da uno sguardo che nasce dal tavolo di lavoro. Le inedite riflessioni che potranno emergere forniranno l’occasione di osservare l’operato degli architetti da un nuovo punto di vista, più intimo e personale. Allo stesso tempo il contesto museale offrirà ad architetti e giovani studiosi l’occasione per confrontarsi con le sue pratiche. L’architettura entra, dunque, da protagonista al Museo Novecento, edificio che, affacciandosi su piazza Santa

Maria Novella, assume il ruolo di trait d’union tra le opere d’arte esposte all’interno e uno dei massimi capolavori dell’architettura rinascimentale: la facciata della chiesa opera di Leon Battista Alberti. È sembrato doveroso invitare l’architettura ad entrare in un edificio che della visione di essa usufruisce così intensamente. L’arte e il suo “contenitore”, l’architettura, danno così inizio ad un armonioso dialogo che auspichiamo possa risultare di grande interesse. Mario Cucinella (Hon FAIA, International Fellow RIBA) è il fondatore di Mario Cucinella Architects. Con oltre 20 anni di pratica professionale, MCA ha sviluppato una grande esperienza nella progettazione architettonica, con particolare attenzione ai temi della sostenibilità e dell’impatto ambientale degli edifici. Nel 2016 il Royal Institute of British Architects (RIBA) ha assegnato a Mario Cucinella la nomina di International Fellowship 2016 e nel 2017 l’American Institute of Architects (AIA) gli ha conferito il prestigioso Honorary Fellowship Award. Per la Biennale di Venezia del 2018 sarà curatore del Padiglione Italiano. Nel 2012 ha fondato Building Green Future, organizzazione no-profit con l’obiettivo di integrare architettura sostenibile ed energie rinnovabili per migliorare le condizioni di vita e l’accesso alle risorse nei paesi in via di sviluppo. Nel 2015 ha costituito a Bologna S.O.S. - School of Sustainability, una scuola volta alla formazione di nuove figure professionali nel campo della sostenibilità.

La facciata del Museo Novecento ospita un intervento dell’artista Paolo Parisi, realizzato in collaborazione con gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Firenze. Da semplice punto di osservazione sulla piazza, luogo per definizione della socialità, il loggiato quattrocentesco del museo è stato trasformato in un elemento attivo di comunicazione e distinzione. La grande parola, MUSEO, che campeggia sulla cancellata è un omaggio al Novecento e a tutta la sua sperimentazione verbo-visuale. Ciascuna lettera, nello stile e nella forma, è un tributo ad un artista o a un movimento del secolo scorso, con particolare riferimento alla cultura artistica fiorentina (nell’ordine, a partire dalla M, Luciano Ori, Firenze Futurista, Beppe Chiari, Corrado Cagli e Paolo Scheggi). “Parlare (un dialogo al posto di un monologo, come suggerisce la piazza) attraverso alcune opere rappre-

sentative delle correnti del Novecento, e delle sue istanze, promuove e rappresenta l’attualità della memoria della nostra civiltà contemporanea” ha dichiarato l’artista. Il MUSEO di Parisi si svincola dalla mera funzione di segnaletica per assumere quella di oggetto di valore estetico e di manifesto, richiamando alla mente l’esperienza delle avanguardie storiche, segno non solo denotativo ma connotativo. La grande parola è un invito ad entrare nel museo e, allo stesso tempo, un modo per portare l’arte del Novecento all’esterno, fuori nella piazza.

Nell’ambito del progetto Duel, accolto nelle sale espositive al piano terra, curatori ospiti sono chiamati a collaborare con artisti attivi sulla scena internazionale per realizzare interventi ispirati alla collezione del Museo. Il titolo del ciclo rimanda a un duello dialettico tra artisti contemporanei e il patrimonio civico museale. Duel viene inaugurato dalla prima mostra monografica in Italia di Ulla von Brandenburg (Karlsruhe, 1974), a cura di Lorenzo Bruni. In un percorso che si snoda attraverso film, installazioni e collage, l’artista propone un inedito dialogo con la pittura di Felice Casorati, le cui atmosfere magiche e sospese entrano in risonanza con le sue opere. Il ricorso ai metodi e alle procedure del teatro servono ad affrontare questioni sociali e storiche, in cui la separazione tra attore e spettatore, realtà e illusione si dissolve ripetutamente.

Ulla von Brandenburg, Singspiel, 2009 courtesy the artist, Art : Concept, Paris, Pilar Corrias, London and Produzentengalerie Hamburg


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