Museo n4

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di Francesco Fumelli docente ISIA di Linguaggi multimediali, responsabile del progetto The Wall

Organizzare i dati, selezionarli, rappresentarli e visualizzarli per mostrare una tesi, significa operare una scelta in maniera piena e autonoma. Il dato è, infatti, un valore interpretabile a seconda di chi lo utilizza e del contesto in cui è utilizzato. Anche i dati - contrariamente a quanto considerato dalla maggior parte delle persone non sono neutri.

Dare forma grafica ai dati, trarne un processo comunicativo: questa è la natura dell’infografica, una tipologia di comunicazione molto diffusa che oggi normalmente associamo a notiziari, telegiornali o alla illustrazione di articoli e tesi. I dati sono – ed è una tematica attualissima – la grande ricchezza, ma anche il grande rischio del nostro tempo. I dati sono un capitale da utilizzare con responsabilità; un bene la cui importanza è unanimemente sottolineata da enti, governi, associazioni ed istituzioni economiche, pubbliche o private. Il World Economic Forum ne rende una idea quantitativa in un recente articolo “the value of data” che cita come - secondo una analisi IBM - in un solo giorno si producono “2.5 quintilioni di bytes” di dati. Organizzare i dati, selezionarli, rappresentarli e visualizzarli per mostrare una tesi, significa operare una scelta in maniera piena e autonoma. Il dato è, infatti, un valore interpretabile a seconda di chi lo utilizza e del contesto in cui è utilizzato. Anche i dati - contrariamente a quanto considerato dalla maggior parte delle persone - non sono neutri. L’elaborazione autoriale, del resto, è da sempre soggettiva anche quando siamo di fronte a un qualcosa che, soltanto apparentemente, si presenta come imparziale.

THE WALL - proprio come ogni altra mostra - rivendica ed esprime questa soggettività almeno su due livelli: per primo resta l’arbitrarietà di giudizio e di valore del curatore che definisce elementi e informazioni intorno al tema prescelto. Segue, quindi, l’interpretazione soggettiva di chi esplora e associa tra loro quei contenuti al fine di restituirli sotto forma di schemi visivi proprio come vuole l’infografica. Dati, tesi e progetto grafico sono gli ingredienti base che vengono poi trasformanti in una comunicazione chiara e sintetica, in un racconto figurato. O meglio, in uno dei racconti possibili tra i molti racconti in ipotesi. L’elaborazione dell’infografica per questa mostra che ha per tema il buio, un argomento già di per sé non confinabile, è il frutto di un lavoro quotidiano svolto insieme ai docenti dai ragazzi del primo corso del triennio ISIA ed è stato un impegno che è andato oltre le ore del corso previste dal piano di studi. I circa trenta studenti sono stati divisi in gruppi di lavoro e ad ogni gruppo è stato assegnato un preciso obiettivo. Così il gruppo documentazione ha verificato e reperito le informazioni passate dal curatore; mentre il gruppo infografica si è occupato di analizzare i dati; il gruppo identità ha lavorato sull’immagine complessiva del progetto, ed, infine, il gruppo web e multimedia della presenza della mostra sui vari media. La collaborazione tra i diversi gruppi si è avvalsa di strumenti di pianificazione e collaborazione remota, tra questi il software Trello che permette un costante controllo di gestione di un progetto e la piattaforma Google Documenti per la scrittura e la condivisione di fogli elettronici, utilizzata in maniera particolare per processare i set di dati. Gli strumenti di comunicazione digitale sono stati fondamentali per una collaborazione efficace, e grazie a questi si sono potuti realizzare - in tempi ridotti - tutti gli elementi del progetto: dal logo alla analisi dei dati, dall’elaborazione di ipotesi per la gestione social e sito web sino – ovviamente – alla realizzazione della infografica complessiva. Se una delle tracce di lettura principali di questa mostra è la “luce nel buio”, intesa come il “buio non buio”, è stato fondamentale validare la prima analisi soggettiva della luminosità delle varie opere fatta dal curatore con un metodo più rigoroso di analisi del valore LCH delle singole immagini. Per fare ciò è stato utilizzato un software specifico: Image Color Summarizer. Questo software assegna ad ogni immagine uno score LCH, vale a dire un valore di “luminosità percepita” come un valore medio, corretto secondo il parametro della percezione umana ed è l’evoluzione in termini di visione dei metodi HSV o RGB. LCH significa luminance, chroma, hue. Realizzare questa prima mostra in infografica è stata una sfida avvincente e un nuovo modo per misurarsi con un problema reale da parte di un’istituzione di alta formazione che pone al centro della sua didattica il design della comunicazione. Una sfida didatticamente interessante anche perché ha permesso ai ragazzi di un primo corso di entrare subito in contatto con le dinamiche, ed i ritmi, di un lavoro ricco e complesso, oltre che professionale.

IL BUIO OLTRE L’INFOGRAFICA E THE WALL di Mirko Balducci L’esperimento di The Wall è a tratti inedito perché non vuole rappresentare l’opera d’arte tramite dei dati (pratica di cui esistono molteplici esempi) ma far sì che l’opera stessa sia trattata come un dato, e che insieme ad altri grafici possa contribuire a raccontare una storia, la storia del “buio ai margini della visione”. In questo esperimento assistiamo quindi a una vera mostra, dove anche la disposizione della riproduzioni delle opere ci comunica un’informazione, in un sistema di lettura complesso che, rispetto a cataloghi e mostre tradizionali,

ha il pregio di poter presentare una visione d’insieme. Al centro della parete abbiamo il nucleo della mostra, le opere disposte su due assi ci raccontano in orizzontale la loro temporalità - si passa dalla più recente alla più antica - mentre in quello verticale la loro luminosità - in basso le opere percepite meno luminose, in alto quelle più. La risultante è un racconto che tramite lo scorrere del tempo ci mostra come sia cambiata, anche cromaticamente, la rappresentazione del buio nei secoli. Al di sotto della timeline sono presenti delle linee,

caratterizzate da texture diverse, che uniscono opere distanti centinaia di anni secondo delle categorie concettuali ideate dal curatore. In alto invece possiamo osservare la complessità semantica e linguistica che caratterizza il concetto di buio, in una visione olistica che risulta essere più articolata di quanto si possa essere portati a pensare. Infine alcuni schemi, delle “infografiche dentro l’infografica”, ci raccontano curiosità e approfondimenti.

Museo Novecento museonovecento.it

Piazza Santa Maria Novella 10, 50123 Firenze

n°4 - Aprile 2018

Sezione linguistica

#museonovecento

The Wall un progetto ideato da Sergio Risaliti in collaborazione con ISIA Firenze

Luminosità

LA DIDATTICA ALLA PROVA DI THE WALL

Temporalità

Sezione tematica

Buio Ai Margini della Visione 21 aprile - 21 giugno a cura di Marco Bazzini

Infografica: schema di lettura

The Wall è un diverso e innovativo modo di presentare una mostra. La visualizzazione tipica dell’infografica offre allo spettatore uno schema figurato, ricco di informazioni e di suggestioni tra loro interconnesse, sviluppato graficamente su una delle grandi pareti del chiostro interno del museo. L’obiettivo è quello di raccontare al pubblico, in maniera concisa e visivamente chiara, la ricchezza di un percorso di ricerca scelto tra gli originali ed eccentrici temi che caratterizzano la nostra contemporaneità; temi che, in un

percorso a ritroso, sono rintracciabili anche nelle opere di artisti del passato. The Wall organizza, in un modello grafico facilmente comprensibile, le informazioni i concetti e i dati sulle opere raccolte dal curatore così da suggerire al visitatore nuovi stimoli e nuove tracce di lettura. Le mostre si presentano come un rinnovato Atlas a poca distanza da uno dei maggiori esempi di arte della memoria qual è l’affresco di Andrea di Bonaiuto in Santa Maria Novella. ISIA Firenze è il partner operativo del progetto per l’ela-

borazione grafica e sistemica dei dataset e per la visualizzazione infografica dei dati. ISIA Firenze è un istituto di alta formazione al design e alla comunicazione del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca MIUR-AFAM. Il lavoro è stato elaborato dal primo corso del triennio ISIA anno accademico 2017/2018 sotto la guida del docente di linguaggi multimediali Francesco Fumelli e di Mirko Balducci.

PREMESSA AD UNA GRAMMATICA DELL’ESPRESSIONE VISIVA

Il secondo era destinato a rimanere, come osservava il primo curatore dell’opera Lodovico Domenichi, l’unica testimonianza di uno strumento del sapere al quale Camillo aveva dedicato tutta la sua vita: un “teatro” nel quale raccogliere e ordinare, secondo le tecniche dell’arte della memoria, l’intero sapere umano, fino a far rispecchiare nella sua struttura quella dell’universo. Nel trattato del Vasari migliaia di immagini erano studiate ed interpretate in relazione alla vita, alle intenzioni ed alle capacità dei propri autori. Nel trattato di Camillo, che è solo una versione semplificata del reale Theatro abitabile che l’autore aveva in mente di realizzare, una serie di immagini anonime vengono utilizzate come accessi per la memoria, cioè come indizi che ricollegandosi parzialmente gli uni con gli altri conducono a ottenere qualcosa che prima non si conosceva (lo spettatore si sarebbe trovato al centro della scena e sugli spalti egli avrebbe trovato una serie di immagini disposte in sette file). Da una parte il significato dell’immagine viene spiegato in funzione del suo autore, dall’altro il significato dell’immagine si rivela nel momento in cui essa diviene un elemento per raggiungere una conoscenza che l’osservatore sta cercando. Il successo storico e critico del modello interpretativo del Vasari è noto a tutti, l’uso invece che delle immagini faceva Camillo è stato completamente accantonato (in virtù anche del fatto che, da Galileo in poi, con lo sviluppo della scienza moderna, il sapere non ha potuto più essere inteso in senso globale). Tuttavia si può rintracciare il modello Camilliano dell’uso delle immagini come manifestazione e accessi della memoria nell’attività del più grande innovatore degli studi storico artistici del Novecento, Aby Warburg. L’Atlante della memoria (o Mnemosyne) è l’ultimo progetto di Aby Warburg. A partire dalle raccolte di immagini preparate in vista di conferenze ed esposizioni, Warburg approntò l’opera in forma di un atlante che doveva essere corredato da testi esplicativi e in seguito pubblicato dall’editore Teubner. Al momento della morte,

nel 1929, Warburg lasciò un menabò incompleto (i 63 pannelli dell’ultima versione), l’abbozzo di una Introduzione e una serie di appunti raccolti poi dalla sua collaboratrice Gertrud Bing. Ma lo stato di incompletezza dell’Atlante alla morte dell’autore, le vicende storiche della Germania e il conseguente trasferimento della Biblioteca e dell’Istituto Warburg a Londra, e, soprattutto, la complessità dell’opera, indussero i collaboratori di Warburg all’abbandono del progetto editoriale. Mnemosyne è un atlante figurativo (Bilderatlas) composto da una serie di tavole, costituite da montaggi fotografici che assemblano riproduzioni di opere diverse: testimonianze di ambito soprattutto rinascimentale (opere d’arte, pagine di manoscritti, carte da gioco, ecc.); ma anche reperti archeologici dell’antichità orientale, greca e romana; e ancora testimonianze della cultura del XX secolo (ritagli di giornale, etichette pubblicitarie, francobolli, ecc.). L’atlante contiene un migliaio di fotografie sapientemente composte e assemblate: le immagini sono l’oggetto privilegiato di studio di quest’opera. L’immagine è il luogo in cui più direttamente precipita e si condensa l’impressione e la memoria degli eventi. Dotate di un potere di evocazione maggiore rispetto al linguaggio verbale, in forza della loro vitalità espressiva, le immagini costituiscono i principali veicoli e supporti della tradizione culturale e della memoria sociale, che in determinate circostanze può essere riattivata e riprodotta. Nell’Atlante la giustapposizione di immagini, impaginate in modo da tessere più fili tematici attorno ai nuclei e ai dettagli di maggior rilievo, crea campi di interesse e provoca nello spettatore un processo interpretativo “aperto”. Obiettivo dell’Atlante è illustrare i meccanismi di tradizione di temi e figure dall’antichità – orientale e greco-romana – all’attualità, con particolare riguardo alla ripresa di moti, gesti e posture che esprimono l’intera gamma dell’eccitazione emozionale. Si tratta di Pathosformeln (formule espressive dell’emozione) dedotte direttamente dai modelli

di Marco Izzolino

Prima della diffusione della stampa, la scrittura e le immagini erano considerate due modalità parallele ed ugualmente importanti per la conservazione del sapere. In tutti gli “studioli” dei Signori del Rinascimento erano gelosamente custodite sia immagini evocative realizzate da importanti autori, sia manoscritti di testi fondamentali dell’antichità classica o più moderni. Nel 1550, grazie all’iniziativa della signoria dei Medici, per lo stesso editore Torrentino furono pubblicati due importanti trattati, Le vite... di Giorgio Vasari e L’idea del Theatro di Giulio Camillo Delminio (postumo). Il primo, che contiene - dopo un’introduzione di natura tecnica e storico-critica sulle tre arti maggiori (architettura, scultura e pittura) - una vera e propria descrizione della vita e delle opere di più di 160 artisti da Cimabue fino ai tempi dello stesso autore, costituisce una pietra miliare della storiografia artistica ed è considerato il punto di partenza di discipline come la storia dell’arte e della critica artistica.

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