Museo Novecento museonovecento.it
Piazza Santa Maria Novella 10, 50123 Firenze
n°7 - Aprile 2018
#museonovecento
InBetweenArtFilm // Museo Novecento Silvia Giambrone, Sotto Tiro, 2013, (still da video) - Courtesy Galleria Stefania Miscetti, Roma
Alessandro Piangiamore, Around an empty shell, 2014, (still da video) Courtesy the artist e Magazzino, Roma
Marzia Migliora, Forever overhead, 2010, (still da video) - Courtesy Galleria Lia Rumma, Milano
esplorare la complessità del linguaggio e il modo in cui il sistema neurofisiologico riesce a crearlo in maniera così poetica. I suoi lavori oscillano fra desiderio e privazione, realtà e finzione. Nel video DICTA II l’artista esplora il concetto di nonsense attraverso la lettura di una serie di parole “salvataggio” dette “safewords” collezionate in svariati Forum BDSM. BDSM è l’acronimo per Bondage, Dominazione (o Disciplina), Sadismo, Masochismo e indica una vasta gamma di pratiche relazionali e/o erotiche che permettono di condividere fantasie basate sul dolore, il disequilibrio di potere e/o l’umiliazione tra due o più partner adulti e consenzienti che traggono da queste soddisfazioni e piacere. Enunciate con un tono di voce incolore e privo di pathos queste parole formano una specie di dizionario distorto organizzato secondo un metodo criptico ma che imita l’architettura di un linguaggio privo di senso. Il video filma una sessione di lotta fra due uomini inframmezzata da scene di un non specificato gioco in cui vengono tirate su un piano orizzontale sfere di diversi colori e dimensioni. La lotta e il gioco, sottolineate dalla lettura delle “safewords”, esplorano l’idea di violenza consensuale nei rapporti umani con i suoi limiti ma sono anche una metafora dell’attuale stato di democrazia in quanto simulano un linguaggio che è formato solo dal concetto della parola STOP. La giovane Silvia Giambrone (Agrigento, 1981) nei suoi lavori prende ispirazione dalla propria vita, non cerca risposte ma pone molte domande e le interessa la violenza. La violenza come rituale domestico. Qualcosa di così interno al tessuto della vita da non essere più riconosciuta come violenza. Silvia è interessata ai punti di frizione potenti, ma sotterranei, che tendono a sfuggire e quindi a diventare insospettabili. Nel video Sotto Tiro (2011) l’artista, inquadrata dalle spalle in su, davanti a un fondo neutro, è colpita da un
puntatore laser che le scorre sul viso e sul décolleté senza darle un momento di tregua. L’artista si pone su quel confine sdrucciolevole in cui una cosa diventa il suo opposto e viceversa. Chi infligge violenza? Chi la subisce? Esistono davvero ruoli precisi? Domande quindi più che risposte. Un corpo atletico, anche se non più giovane, è il protagonista del video di Marzia Migliora (Alessandria, 1972) Forever Overhead (2010) in cui la macchina da presa si concentra sui movimenti perfetti di un tuffatore che in piedi sul trampolino si lancia incurvandosi verso lo specchio d’acqua sottostante disegnando una parabola curva, che nella sua ascesa/discesa, metaforicamente allude al ciclo completo di una vita che nascendo compie una parabola destinata inevitabilmente a concludersi. Per Alessandro Piangiamore (Enna, 1976) qualsiasi spiegazione delle sue opere potrebbe limitarne le potenzialità evocative, il lavoro è fatto di immagini e, come dice l’artista “le immagini sono per loro natura difficili da comunicare”, sono come dei “presagi” che possono solo essere evocati. Nel video Around an empty shell (2014) la camera inquadra in primo piano le mani dell’artista che tengono una conchiglia dalla superficie madreperlacea che viene grattata senza soluzione di continuità con un coltellino a serramanico. Quest’azione, probabilmente priva di senso ma impegnativa fisicamente, rientra nell’inafferrabile cammino mentale che caratterizza la pratica artistica di Piangiamore. Le sue performance sono sfide al possibile, sono una ricerca di archetipi ancestrali e durante il processo creativo avvengono inaspettate metamorfosi, perdite, sovraccarichi della forma o complete sparizioni come inevitabilmente in quest’azione ripetitiva e ipnotica. L’arte di Marinella Senatore (Cava dei Tirreni, Salerno, 1977) è totalmente relazionale infatti, da sempre, questa
artista globe-trotter lavora a contatto con intere comunità che diventano le protagoniste del processo creativo. Nei progetti di Senatore chiunque può partecipare, utilizzando le piattaforme create dall’artista in molteplici modi, riformulando il ruolo dell’autore e quello del pubblico. Nel 2013 l’artista fonda The School of narrative dance, focalizzandosi sull’idea che lo “storytelling” sia un’esperienza da poter indagare coreograficamente, attraverso un insegnamento privo di gerarchie, con l’intento di creare vere e proprie comunità usando un metodo didattico totalmente libero e non non schematizzato. La Scuola che è nomade e gratuita si trasforma a seconda degli spazi che temporaneamente occupa, proponendo un sistema educativo alternativo, basato sull’emancipazione, sull’inclusione e sull’autoformazione. La scuola offre una vasta gamma di discipline come letteratura, storia, storia dell’arte, falegnameria, artigianato, matematica, teatro, coreografia incoraggiando così ogni partecipante ad acquisire nuove competenze o a condividere le proprie con gli altri in modo da costruire non solo dei gruppi di lavoro ma anche un’idea di comunità allargata. La scuola ha già riunito migliaia di persone provenienti da diversi paesi de mondo, tra cui attivisti, politici, artigiani, analfabeti, studenti, società operaie, pensionati, insegnanti, casalinghe e disabili. Il video The school of narrative dance Ecuador (2014) è stato girato a Cuenca in Ecuador dove l’intera città è stata coinvolta nella realizzazione di questa incredibile performance corale.
Marinella Senatore, The school of Narrative Dance, Equador, 2013, (still da video) Courtesy the artist and Laveronica arte contemporanea, Modica
Masbedo, Until The End, 2011, (still da video)- Courtesy the artists and In Between Art Film
Il corpo è un indumento sacro di Paola Ugolini
Negli ultimi dieci anni l’ibridazione del linguaggio cinematografico con la video arte o con il cinema sperimentale è arrivato ad un punto di fusione perfetto, [...] e la figura dell’artista visivo che diventa regista rientra ormai nella normalità. InBetweenArtFilm è una casa di produzione cinematografica, fondata da Beatrice Bulgari nel 2012, specializzata nella produzione di film e documentari che si basano sull’interdisciplinarietà e lo scambio tra i diversi linguaggi artistici del nostro tempo. Lo sconfinamento dei linguaggi non è certamente una pratica esclusivamente contemporanea, risale infatti al 1916 il Manifesto della cinematografia firmato da Marinetti, Balla, Chiti, Settimelli, Ginna e Corra (i fratelli futuristi Corradini-Ginanni che già nel 1910-11 sperimentavano la pittura a mano sulla pellicola) e non stupisce che questa giovane e dinamica forma d’arte abbia ispirato i pittori futuristi che nei loro manifesti inneggiavano al mito della velocità e del movimento. A questo proposito basti pensare all’olio di Giacomo Balla Dinamismo di un cane al guinzaglio del 1912 in cui il movimento delle zampe dell’animale viene rappresentato come se si trattasse di una ripresa in sequenza o alla scultura Forme uniche della continuità nello spazio del 1913 di Umberto Boccioni. Anche l’artista più concettuale e criptico del Novecento, il francese Marcel Duchamp, nel 1912 dipinge un olio, Nudo che scende le scale, in cui il corpo umano è rappresentato nella sua sequenza motoria. In effetti molto cinema d’avanguardia degli anni Cinquanta e Sessanta è figlio della innovativa lezione teorica futurista che aveva avuto la lungimiranza di immaginare, con lo sconfinamento del linguaggio cinematografico nella
pittura e nella musica, quella che oggi chiamiamo “Ibridazione dei linguaggi” artistici. Gli anni Sessanta e Settanta hanno visto, specialmente a Roma, una fioritura eccezionale di sperimentazioni visive alcune delle quali sono entrate nella Storia della Cinematografia d’Avanguardia come Verifica Incerta del 1964 realizzata da Gianfranco Baruchello e Alberto Grifi. Negli ultimi dieci anni l’ibridazione del linguaggio cinematografico con la video arte o con il cinema sperimentale è arrivato ad un punto di fusione perfetto ma che ancora può riservare molte sorprese e la figura dell’artista visivo che diventa regista rientra ormai nella normalità. La collaborazione fra InBetweenArtFilm e il Museo Novecento di Firenze vuole offrire ad un pubblico sempre più vasto di fruitori delle rassegne di video-arte con cui poter esplorare l’affascinante linguaggio delle immagini in movimento. Queste rassegne sono suddivise per sezioni tematiche ognuna con una durata di quattro mesi. La prima, intitolata Il Corpo è un indumento Sacro, definizione estrapolata da una frase della grande coreografa americana Martha Graham che ha contribuito con il suo lavoro a definire il concetto di Danza Moderna, vede il corpo umano come comune denominatore dei lavori selezionati. Il Corpo, nelle opere di questi otto artisti internazionali, tutti nati fra la fine degli anni sessanta e i primi ottanta, non è utilizzato solo come presenza fisica ma, soprattutto,
è indagato come strumento metaforico per parlare dell’esistenza con le sue contraddizioni e le sue paure ma anche con i suoi momenti di straordinaria, vitalistica e ottimistica coralità. Un corpo suggerito sia attraverso la concentrazione visiva su dei particolari che diventano i protagonisti assoluti del lavoro come le mani o i piedi, che nella sua gloriosa o decadente interezza, che nella sua angosciante cancellazione. Il secondo appuntamento di questa video-gallery proseguirà con Silence and Rituals, una rassegna in cui il silenzio, fisico e mentale, è la colonna sonora che accompagna tutte le opere presentate in questo progetto per il quale sono stati selezionato quei lavori che, pur con profondi significati politici e sociali, privilegiassero un approccio visivo esteticamente lirico e poetico. La terza e ultima selezione intitolata Domestic and Urban landscapes focalizza invece la propria attenzione sia sull’architettura domestica, che, più in generale, sugli spazi urbani. L’architettura ha quindi ispirato delle opere capaci di attivare delle potenti riflessioni per immagini su concetti complessi come i rapporti di coppia, le differenze religiose, la morte delle ideologie, la solitudine, la tragedia della guerra, lo straniamento esistenziale enfatizzato dall’omologazione degli spazi pubblici e la memoria di un passato meno alienante e scomparso per sempre.