Aprile - Maggio 2022

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aprile/maggio 2022

Bimestrale n. 2/2022 – anno XXXI/BO - € 2,00

Un concerto straordinario per dire grazie ai nostri Donors I fiati del Signum e di Sabine Meyer, il pianoforte di Sokolov In viaggio con le note fra Parma e il Varignana Music Festival

Sheku e Isata Kanneh-Mason

Quando la musica è di casa








SOMMARIO

n. 2 aprile / maggio 2022 13

Editoriale

Tempo di bilanci di Fulvia de Colle

La bella Stagione

Trentacinque… e non sentirli! di Alessandra Scardovi

Imprenditoria e cultura

Daniele Ravaglia / Emil Banca di Riccardo Puglisi

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StartUp

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Musica Insieme per i giovani Nuove vibrazioni

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Teatro Comunale di Bologna

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I viaggi di Musica Insieme

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Pionieri… della bellezza! Martino Colombo, Clarissa Pirillo

Un ricco cartellone primaverile

Parma e il Castello di Montechiarugolo

Varignana Music Festival 2022

Un’estate di stelle

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I luoghi della musica

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Storie della musica

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Maddalena a Palazzo Fava di Maria Pace Marzocchi

Benjamin Britten di Brunella Torresin

Di... segni e di versi

Amorose note di Nicola Muschitiello ed Erico Verderi

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I concerti aprile / maggio 2022 – Articoli e interviste Signum Saxophone Quartet, Alexej Gerassimez 38 Sabine Meyer, Nils Mönkemeyer, William Youn 42 47 ORT, Borrani, Dindo, De Maria, Cadario, Scifoni Grigory Sokolov 52 Sheku Kanneh-Mason, Isata Kanneh-Mason 54 Per leggere

Il regno di Concertosa, il teatro di Cumani, i ricordi di Arruga di Chiara Sirk

Alexej Gerassimez

Jae Hong Park

Sabine Meyer

Lorenza Borrani

Enrico Dindo

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Le “prime” di Kanneh-Mason, Signum e Taralli di Roberta Pedrotti 60

Da ascoltare

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MUSICA INSIEME

In copertina: Sheku e Isata Kanneh-Mason (© Decca)

Grigory Sokolov








EDITORIALE

TEMPO di bilanci Dante l’avrebbe collocata “nel mezzo del cammin di nostra vita”: la trentacinquesima stagione di Musica Insieme, che in questi due mesi si avvia alla conclusione, è sicuramente tempo di bilanci, per ciò che l’ha preceduta, per ciò che sta accadendo ora intorno a noi, e per il desiderio, potente ma atterrito da questo presente, di guardare avanti e di immaginare un futuro che riparta dalle macerie dell’oggi. E pure, come racconta la Presidente Alessandra Scardovi nelle prossime pagine, ci sono stati e ci sono momenti di grande emozione, grazie alla passione e all’arte degli interpreti che si sono succeduti in questi mesi, e grazie all’affetto e all’impegno dei sostenitori e del pubblico, che hanno creduto nella bellezza della musica e della sua condivisione nel rito del concerto. Un pubblico che è cresciuto di settimana in settimana, e che ha dimostrato a Musica Insieme una vicinanza che vogliamo ricambiare con il concerto straordinario del prossimo 6 maggio, che offriremo appunto a tutti i Donors in segno di gratitudine per non averci mai fatto mancare il loro sostegno anche nei tempi durissimi della pandemia. Tempi che non sono realmente passati, ma che sono ora oscurati dallo spettro della guerra. E viene da pensare a un ricordo di Sviatoslav Richter, che narrava di aver suonato nel gennaio 1944 durante l’assedio di Leningrado, in una Filarmonica dove tutte le finestre erano esplose a causa di una bomba, e il pubblico ascoltava assiepato e stretto nei suoi cappotti, la temperatura glaciale riscaldata dalla bellezza di quel momento di musica. Certo noi possiamo, parafrasando Primo Levi, vivere sicuri nelle nostre tiepide case, ma è la guerra – sono le tante guerre – ciò che sta accadendo intorno a noi. Che fare, dunque? La risposta, o almeno una risposta, è certa: continuare a credere nella bellezza dell’arte e della cultura, lavorare per custodirle e farle crescere in noi. E questa crescita non può che partire dalle fondamenta, ossia dai nostri ragazzi e bambini: l’educazione all’ascolto e la promozione dei talenti, come raccontiamo fra queste pagine nell’approfondimento sui progetti di Musica Insieme per i giovani, devono permeare ogni nostra iniziativa. A caratterizzare I Concerti è da sempre un sostanziale equilibrio fra interpreti riconosciuti e nuove energie creative. Così sarà anche fra aprile e maggio, quando due maestri che hanno consolidato la propria carriera con decenni di lavoro, com’è il caso di Sabine Meyer – prima donna nella storia dei Berliner Philhar-

Il Grand Opening del Varignana Music Festival sulla Terrazza Bentivoglio

moniker ad averne espugnato lo scranno di primo clarinetto solista – e di Grigory Sokolov, interprete leggendario quanto riservato nella vita ed estremamente accurato nelle scelte artistiche, si alterneranno a due formazioni di giovani e sbalorditivi talenti, tutti al loro debutto a Bologna: il Signum Saxophone Quartet e il duo di violoncello e pianoforte formato dai fratelli Sheku e Isata Kanneh-Mason. E se questi ultimi chiuderanno la Stagione con un excursus sulla sonata da Beethoven al Novecento, i quattro sassofoni uniranno le forze con le percussioni di Alexej Gerassimez per un viaggio interstellare che dai Pianeti di Holst ci porterà alla colonna sonora di Star Wars. La bella stagione, d’altronde, è anche tempo di gite fuori porta, e Musica Insieme riprenderà con slancio la longeva tradizione dei viaggi culturali. Ripartiremo dal cuore della nostra tradizione, dalle bellezze ed eccellenze del territorio, portando i nostri appassionati a visitare Parma e le terre dell’antico Ducato, ma anche ad assistere a un importante concerto della Filarmonica Toscanini. E ci sarà poi l’ottava edizione del Varignana Music Festival a ricordarci che le note possono viaggiare anche nella libertà di cieli stellati e anfiteatri naturali, specie se a suonarle sono grandi maestri come Romanovsky, Carbonare, Dego, Campaner… Fulvia de Colle

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MUSICA INSIEME

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La bella Stagione

La XXXV Stagione volge al termine e risuonano ancora nei ricordi gli applausi per i grandi artisti che abbiamo ascoltato, ed altri ancora ne ascolteremo nelle prossime settimane: artisti di fama internazionale, ma anche giovanissimi talenti che ci stupiscono ed entusiasmano per la loro freschezza e bravura. Quando si abbassano le luci e si dischiude la porta che dalla sala regia conduce al palcoscenico, quando il pubblico applaude e gli artisti entrano in scena, hanno inizio i novanta minuti per cui tutta la squadra di Musica Insieme e decine di persone tra segreterie artistiche, consulenti, responsabili di servizi e tecnici hanno lavorato per mesi. Il momento del concerto è di fatto la punta di un iceberg, e rappresenta solo una frazione dell’enorme massa sommersa che custodisce origini e segreti di ciò che riusciamo a percepire: il dono prezioso di un concerto dal vivo. Desidero quindi oggi condividere con voi una riflessione sulla funzione sociale che, talvolta a nostra stessa insaputa, svolgiamo per la comunità nel nostro lavoro quotidiano, e sulle espressioni di resilienza, di coraggio e di disciplina applicate all’amore per la bellezza che celebriamo insieme. Resilienza è quella della macchina organizzativa di Musica Insieme, che in tempi davvero complicati ha consolidato e ampliato le proprie attività con impegno e passione, acquisendo nuove competenze, stringendo collaborazioni e sviluppando reti a livello nazionale, partecipando a tavoli di confronto e impegnandosi in prima linea per il raggiungimento di obiettivi comuni a tutte le associazioni musicali del Paese. Coinvolgere testimonial di ambiti extra-musicali ci ha insegnato inoltre che, al di là dei modi in cui si esprime, la Cultura rappresenta un bene indivisibile che appartiene a tutti e deve essere un diritto per tutti. Coraggio è quello dimostrato dai nostri amici, sponsor e sostenitori che non ci hanno abbandonato e hanno continuato a credere nel nostro lavoro, instillando in noi quella dose di fiducia ed energia indispensabili per essere sempre più creativi e andare avanti con uno sguardo positivo verso il Futuro. Disciplina è quella del nostro amato pubblico, che ci è rimasto accanto così numeroso e appassionato, in molti casi rinunciando alla quota residua del proprio abbonamento e poi affrontando con pazienza file, controlli, misurazioni, mascherine e continuando a raggiungerci anche da tutta la Città metropolitana con otto pullman che nei giorni di concerto approdano in via Indipendenza con il loro carico di anime desiderose di condividere quella serenità e bellezza che, ci auguriamo, riscalderà i loro cuori per tutta la settimana. A tutti voi diciamo Grazie, e avremo modo di ripeterlo

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Alessandra Scardovi con Avi Avital

Foto Andrea Ranzi

Trentacinque… e non sentirli!

in occasione del Concerto straordinario fuori abbonamento che avrà luogo venerdì 6 maggio 2022, sempre al Manzoni, con l’Orchestra della Toscana diretta da Alessandro Cadario e con un quartetto di splendidi solisti – troverete tutti gli approfondimenti sfogliando le pagine di questo numero. Questo bellissimo concerto vuol essere una sorpresa e un regalo: i nostri Donors e i nostri Sponsors avranno un invito speciale e potranno parteciparvi gratuitamente, e i nostri fedeli abbonati godranno di condizioni speciali. Questa XXXV edizione de I Concerti 2021/22 ha richiesto lo sforzo maggiore di sempre da parte di tutti noi, ma grazie a un impegno di squadra e alla forte motivazione che guida ogni nostra decisione, grazie alla coesione che unisce Musica Insieme ad ogni sostenitore e ad ogni singolo spettatore, ancora una volta siamo riusciti ad affrontare questa ripida salita e a realizzare una Stagione che ricorderemo, come per altri versi quella dell’anno scorso, per la sua eccezionalità. L’arte e la musica sono bellezza, la bellezza rappresenta il bene, e Musica Insieme vuole dare il proprio contributo per proiettare una luce di bellezza in questo momento così oscuro, una luce che desideriamo donare ai nostri giovani che quest’anno ci seguono con particolare entusiasmo, affinché la custodiscano e illumini i loro sogni. Musica Insieme non si ferma, e sono in cantiere numerose novità: alcune ve le sveleremo in queste pagine ed altre arriveranno, ma nella strada che percorreremo insieme cercheremo sempre di farci guidare dalle stelle luminose della conoscenza, verso un futuro di pace, serenità e tanta grande Musica. Alessandra Scardovi Presidente Fondazione Musica Insieme



Imprenditoria e cultura

IL CUORE nel territorio Daniele Ravaglia, Direttore Generale di Emil Banca, nell’arco di quarant’anni di carriera ha gestito sette fusioni tra diciannove istituti di credito cooperativo e oggi racconta a Musica Insieme le origini del suo innamoramento per la cooperazione

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ome nasce Daniele Ravaglia? Nasco da un’esperienza di due mesi di lavoro, ancora da studente di quarta ragioneria, fatta in uno sportello di una Cassa Rurale. Una passione che mi prese da allora, anche se quando iniziai a lavorare in banca non fu in una cassa rurale. Infatti, in occasione del 500° anniversario della fondazione della Banca del Monte di Bologna e Ravenna fu indetto un concorso per l’assunzione di duecento giovani, al quale partecipai piazzandomi tra i primi classificati. Fui assunto e in breve sviluppai una carriera piuttosto importante nella Banca del Monte, ma avevo nell’anima la voglia di lavorare in una cassa rurale anche perché ero “figlio d’arte”, dato che mio padre era stato cassiere nella Cassa Rurale ed Artigiana di Monzuno, e l’esperienza fatta lì non la dimenticavo. Quindi, appena mi fecero la proposta per andare a lavorare in quella Banca ho accettato subito, lasciando dopo sei anni il mio posto alla Banca del Monte di Bologna e Ravenna. Avevo trent’anni ed ero l’ultimo arrivato, il set-

timo elemento di quella banca, così è iniziata la mia carriera professionale e parallelamente la crescita della nostra azienda che nel tempo mi ha personalmente visto curare sette fusioni tra diciannove banche di credito cooperativo e fatto guadagnare l’appellativo di “direttore più fuso d’Italia”. Partendo da Monzuno, che era la sede iniziale da cui ha avuto origine tutto, oggi Emil Banca copre Ferrara, Bologna, Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza con un centinaio di filiali lungo tutta la via Emilia. Qual è la differenza tra una banca tradizionale e una banca di credito cooperativo? Le banche di credito cooperativo, per norma e per statuto sono sostanzialmente diverse dalle banche commerciali: essendo cooperative non hanno lo scopo di massimizzare gli utili da distribuire ai propri azionisti come di norma avviene nelle banche commerciali, ma quello di far crescere i territori ove operiamo. I nostri interlocutori primari non sono le grandi imprese ma le famiglie, le PMI, i professionisti; nel nostro operato, consideriamo poi le relazioni personali come elemento fondamentale. Questa attenzione che mettiamo nella conoscenza personale dei clienti e dei Soci permette di instaurare rapporti di fiducia che si consolidano nel tempo, e ci premia, visto che siamo una tra le banche in crescita costante e con coefficienti di solidità molto positivi. La rivista di settore Milano Finanza ci ha indicato, per il secondo anno consecutivo, come banca più solida della regione. Quello che però personalmente mi dà maggior soddisfazione, oltre a questi positivi aspetti di natura patrimoniale, è il rating sociale: il punteggio che si ottiene quando una banca fa l’interesse del cliente e raggiunge obiettivi sociali. Quello di Emil Banca è “A-”, un rating che siamo stati i primi in Italia ad ottenere e che ancora oggi è assegnato soltanto a due Banche. Quindi anche una funzione sociale per il territorio e una particolare attenzione alla crescita delle realtà locali e al benessere della comunità. Per noi questa finalità è espressa a livello normativo: il secondo articolo nello statuto delle banche


di credito cooperativo dichiara che lo scopo della banca è quello di fare crescere le comunità nelle quali opera, dal punto di vista economico, culturale e sociale, creando coesione sociale. Abbiamo di fatto connaturati diversi obiettivi dell’Agenda 2030: sconfiggere la povertà, migliorare le condizioni sociali, morali ed economiche delle persone, promuovere l’educazione al risparmio, operare per una crescita responsabile e sostenibile. Noi lavoriamo proprio per questo, siamo nati per questo: siamo nati per ridurre le disuguaglianze, per dar credito a chi non aveva accesso al credito, siamo nati nelle periferie, e ancora oggi come allora questa attenzione ci contraddistingue. Come si svolge la vostra attività e quali sono le principali aree d’intervento? Operiamo con tutte le realtà locali, siano esse privati o imprese di medie dimensioni ed enti. In particolare curiamo alcuni settori per i quali operiamo con specialisti dedicati: nell’agro-alimentare, nel no profit e nel terzo settore, nelle startup. Il livello di competenze dei collaboratori è veramente altissimo, e questo crea un’ovvia relazione di fiducia da parte dei clienti, che sentono di poter parlare con una persona che capisce bene i loro problemi. I nostri specialisti hanno una competenza specifica talmente alta che risulta preziosa persino per l’imprenditore che riceve il consiglio. Questo vale anche per i settori citati ed in particolare per il no profit, che è un settore in grande espansione dove non vale nessuna regola contabile, e vale per le startup. In tale ambito Emil Banca ha realizzato MUG, un collettore di imprese e di startup con ambienti idonei a sviluppare le proprie idee e spazi dedicati al co-working. In tutti questi settori siamo particolarmente forti, ma va detto, ovviamente, che anche le famiglie sono un nostro target importante. Emil Banca sostiene Musica Insieme e nello specifico l’attività di Musica per le Scuole, che quest’anno ha ottenuto un record di presenze con 300 ragazzi degli istituti superiori. Questo ci fa davvero molto piacere, quando abbiamo incontrato la direzione di Musica Insieme abbiamo manifestato grande interesse per i progetti rivolti ai giovani e alle scuole. Educare i ragazzi all’arte in generale e alla musica in particolare per noi rappresenta un grande valore aggiunto e un importante elemento positivo di crescita delle nuove generazioni. I giovani rappresentano il nostro domani e per questo sosteniamo il progetto Musica per le Scuole di Musica Insieme. Come riuscite a diffondere le attività socioculturali di Emil Banca così capillarmente su tutto il territorio, anche nei comuni dell’Appennino bolognese?

In montagna le distanze sono molto più evidenti e quindi anche i comuni che si trovano a soli 10 km di distanza, a differenza di quelli in pianura o collegati dall’autostrada, risultano di fatto molto più distanti tra loro, anche dal punto di vista culturale. Considerando che oltre a questo in montagna la mentalità è generalmente campanilista (e lo era specialmente in passato), noi abbiamo da sempre cercato di far collaborare alcuni comuni dell’Appennino Bolognese; penso a Monzuno, Loiano, Monghidoro e San Benedetto. Con quest’idea che l’unione fa la forza, anche in campo culturale la Banca ha sostenuto iniziative specifiche come il Gruppo di Studi Savena Setta Sambro, di cui sono tuttora presidente, che ha la finalità di promuovere diversi comuni della nostra montagna sotto vari aspetti: ambientale, culturale, enogastronomico. Anche questa associazione si è sviluppata e lo scorso anno ha festeggiato i trent’anni di operatività. La sua attività si concretizza con la realizzazione dell’omonima rivista semestrale Savena Setta Sambro, della stampa di monografie culturali che parlano delle nostre comunità, della valorizzazione, con visite guidate e mostre, della cultura e delle tradizioni dell’Appennino bolognese. In questa direzione dedichiamo i nostri spazi di proprietà in provincia ad esposizioni d’arte permanente come la Quadreria del Ritiro San Pellegrino presso la sede storica ad Argelato, la Pinacoteca Bertocchi Colliva a Monzuno, il centro di raccolta e documentazione della religiosità popolare “Minima Devotio” a Loiano. Così come numerosissime sono le iniziative estemporanee che organizziamo nei nostri spazi, come proprio in questo periodo la mostra “WOMAN – Donne d’Arte”, che abbiamo inaugurato l’8 marzo al MUG per rendere omaggio alle donne artiste. (a cura di Riccardo Puglisi)

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StartUp

PIONIERI…della bellezza! Proseguono le nostre ricognizioni dei più vivaci talenti del territorio: Martino Colombo e Clarissa Pirillo ci spiegano l’importanza di seguire le orme dei Maestri

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infanzia in un borgo autentico, una laurea in Giurisprudenza all’Università di Bologna, la passione per i viaggi e il profondo legame con la famiglia e gli affetti sinceri: Clarissa Pirillo

è un’imprenditrice determinata a proiettare nell’evoluzione digitale Rougj Group, di cui è Communication Manager. Animato come lei da un instancabile desiderio di bellezza è Martino Colombo,

bolognese: vincitore per due edizioni consecutive, nel 2017 e nel 2018, del Premio “Alberghini” dedicato ai giovani talenti del territorio, vanta già un’attività concertistica intensa e appassionata.

Martino Colombo 18 anni, violinista – Instagram: martinocolombo.violin

Perché hai scelto il violino come tuo “strumento d’espressione”? Devo il mio avvicinamento al violino a Uto Ughi. A due anni circa lo ascoltai in tv in vari concerti di Mozart; i miei genitori raccontano che da lì in poi i miei pianti fossero destinati principalmente al violino che era esposto nella vetrina di un negozio vicino a quello dove lavorava mia mamma. Così un giorno me lo comprarono. Pur essendo più grande di me, provavo quotidianamente a “suonarlo”, ma solo dopo mesi, consigliati da una violinista e didatta giapponese amica di famiglia, i miei genitori mi iscrissero a una scuola. Qual è stato un concerto che ti ha particolarmente emozionato? Non dimenticherò mai una bellissima esecuzione dei Concerti KV 216 e KV 218 di Mozart suonati da Anne Sophie Mutter al Teatro alla Scala. La sua eleganza e la sua forza musicale, ma anche mentale, mi strabiliarono da subito. Un modo di suonare Mozart assai romantico, che però porta con sé un’emozione esplosiva. Qual è il percorso formativo che stai seguendo in questo momento? Sto studiando con due grandissimi Maestri. Uno è Klaidi Sahatci, Konzertmeister della Tonhalle Orchester di Zurigo; l’altro è Ilya Grubert, so-

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lista di altissimo livello. Penso sia molto utile avere punti di vista differenti, anche sulla scelta del repertorio. Sto inoltre terminando il Conservatorio a Cesena. Qual è un tuo idolo musicale? Il mio idolo più grande è il mio Maestro, Ilya Grubert. Non solo un violinista ai limiti dell’umano, ma anche un uomo speciale. La sua personalità artistica ha avuto fin da subito un grande impatto sulla mia vita, cambiandola in modo radicale. La ricerca costante del bello, e l’enfasi sui più piccoli dettagli sono solo alcuni dei principii fondamentali che mi sta trasmettendo. Oltre ai molti insegnamenti musicali, in lui ritrovo ideali umani che penso debbano essere alla base non solo di ogni musicista, ma anche di ogni persona, come la modestia e l’onestà. Definisciti in tre aggettivi... Sono una persona pignola; non mi accontento mai di quello che faccio e desidero sempre di più, cosa a volte buona ma anche frustrante. Poi posso definirmi entusiasta, ho le idee chiare e la dedizione è un mio punto forte. Infine direi che sono un sognatore, non ho mai apprezzato troppo la razionalità contemporanea. C’è un compositore della storia con cui ti sarebbe piaciuto collaborare?

Forse mi sarebbe piaciuto vedere da vicino la creazione delle opere di Eugène Ysaÿe, che considero fra i massimi violinisti e compositori del secolo scorso. Anche Schubert mi ha sempre attratto molto. E un interprete o un direttore d'orchestra? Con questa domanda si apre un mondo. La lista sarebbe lunghissima; senz’altro avrei voluto conoscere grandi violinisti come Kogan, Heifetz, Kreisler e Milstein. Fin da bambino ho avuto però il sogno irrealizzabile di incontrare Christian Ferras. Certamente poi avrei voluto suonare con Leonard Bernstein, Claudio Abbado (che conobbi a Bologna da bambino) e Mariss Jansons. Oggi sarei onorato di poter suonare con Blomstedt e Martha Argerich. Cerca di convincere un tuo coetaneo ad andare a un concerto di “classica”... È un modo per provare emozioni e colori che solitamente troviamo separati nella nostra vita: un concerto può svilupparli tutti insieme e nel medesimo momento!


Clarissa Pirillo 29 anni, Communication Manager di Rougj Group - Instagram: claripi_ e @rougj_italia

Come ti descriveresti? Come una ragazza curiosa e appassionata, sempre in cerca di nuovi stimoli e ispirazioni. Molto legata alla famiglia, amante dei viaggi ma ancor più di Bologna, dove non vedo l’ora di tornare ogni volta che me ne allontano. Parlaci del tuo iter accademico e delle tue esperienze professionali. Di cosa ti occupi? Dopo la maturità linguistica, che mi ha permesso di imparare oltre alla lingua inglese anche il francese e lo spagnolo, mi sono iscritta alla facoltà magistrale di Giurisprudenza presso l’Università di Bologna, dove mi sono laureata dopo 5 anni di percorso. Attualmente mi occupo di tutta la parte di comunicazione e innovazione digitale in Rougj, azienda dermocosmetica che quest’anno compie i 35 anni di età, un’eccellenza italiana che distribuisce i suoi prodotti in farmacia e parafarmacia. Quali sono le tue passioni? Tra le mie passioni c’è sicuramente viaggiare, in paesi esteri ma anche nella nostra bellissima Italia. Oltre a questo, sono appassionatissima di skincare: amo provare prodotti nuovi, fare ricerca di nuovi lanci-prodotto in mercati esteri, come ad esempio quello coreano, tra i pionieri in questo campo. È soprattutto l’Italia tuttavia a offrire molta innovazione in fatto di cosmesi, basti pensare che il 65% della produzione mondiale del segmento avviene proprio qui da noi, nell’hinterland milanese, in quella che è stata soprannominata dagli addetti ai lavori la make-up valley. Qual è la tua giornata ‘tipo’ fra lavoro, tempo libero, amici e famiglia? Durante la settimana, devo dire che la maggior parte della mia giornata si concentra sul lavoro: mi divido

tra il nostro ufficio bolognese di Galleria Cavour e quello milanese in cui risiede il mio team. Mi piace molto ciò che faccio e soprattutto l’ambiente che abbiamo creato, i miei colleghi di Milano sono quasi tutti Under 30 come me, la maggior parte poi sono ragazze. Ci confrontiamo su ogni aspetto, dalla vita lavorativa a quella personale; c’è sintonia tra noi, e spesso condividiamo momenti insieme anche davanti ad un drink dopo il lavoro. Durante il fine settimana invece mi dedico interamente ai miei affetti: il mio ragazzo Luca, la mia famiglia a cui sono legatissima e le amiche di una vita, che conosco sin da piccola e insieme alle quali sono cresciuta. Quali sono o sono stati i tuoi Maestri, le figure che hanno segnato la tua crescita personale e professionale? Sicuramente la figura che in assoluto mi ha segnato ed insegnato di più è mio papà Antonio, un uomo votato alla famiglia e al lavoro: mi ha insegnato l’importanza dell’equilibrio fra questi due elementi, il significato del sacrificio e soprattutto la tenacia di continuare a rialzarsi dopo ogni caduta, anche le più dolorose, metaforicamente parlando; ha sempre detto che è così che si fa la differenza. Ho poi un’ammirazione speciale per mio

fratello Andrea, di 5 anni più piccolo, ma da sempre l’ometto di casa, e indipendente grazie al suo lavoro di youtuber da quando era ancora minorenne. Lui è di poche parole, ma rappresenta l’esempio concreto e quotidiano dei valori che nostro papà ha saputo trasmetterci. Loro sono le A della mia vita. Qual è la tua madeleine proustiana, che cosa risveglia in te un ricordo autentico e legato a un periodo significativo della tua vita? Pur essendo legatissima a Bologna, i miei anni d’infanzia li ho vissuti a Budrio, un piccolo paesino, distante una ventina di km dal centro. Quando mio fratello ed io torniamo lì a trovare la nostra dada Mirna, immediatamente veniamo ricondotti indietro nel tempo, ai nostri ricordi più preziosi che hanno segnato nel profondo ogni cosa di noi. Quel periodo, pur essendo piccoli, ha rappresentato tanto, e oggi entrambi siamo convinti che la grande gratitudine che abbiamo verso chi siamo e quello che facciamo debba molto, immancabilmente, a quella tappa della nostra vita. Quali obiettivi vorresti aver raggiunto tra dieci anni e quale innovazione attueresti nella tua azienda? Tra dieci anni vedo la mia vita in equilibrio tra famiglia e lavoro, non penso sarei appagata se mancasse uno di questi due aspetti e questo è il mio obiettivo e desiderio più grande. Sul piano lavorativo, l’innovazione più grande che vedo da qui a dieci anni è permettere a Rougj di diventare pioniera nell’evoluzione digitale non solo del mondo beauty, ma anche del canale farmacia; un’evoluzione di cui mai come in questi due anni si sono viste le infinite potenzialità e la grande autorevolezza, ad oggi sfruttate in solo in minima parte.

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Musica Insieme per i giovani

NUOVE

vibrazioni I grandi solisti hanno la capacità di esprimere la propria umanità attraverso la tecnica e riescono a condividere con l’ascoltatore le proprie emozioni, ma ci sono alcuni giovani che possiedono un talento speciale di Riccardo Puglisi

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l rito del concerto è il culmine di una celebrazione profana di purificazione dello spirito. Le corde emotive sono diverse in ognuno di noi, ma se sollecitate in maniera corretta vibrano fino a sciogliere lo schermo delle emozioni e donarci un rapporto intimo e privilegiato con noi stessi per cullarci, tra gioia e malinconia, nella dimensione dei ricordi e delle speranze. Questa è la nostra musica, questo è il nostro mondo. Un mondo atipico, che riconosce il sublime ma ne ricerca immediatamente un’alternativa da contrapporre, da confrontare, un mondo strano, che analizza e soppesa le tecniche esecutive al limite dell’autòptico, pronto a esaltarne o negarne valori e limiti seguendo un ideale codice assoluto inscritto nella discrezionalità soggettiva di ognuno di noi. In questo mondo, difficile e molto competitivo, che celebra i propri miti in un batter di mani e con altrettanta rapidità ne decreta la fine, vengono proiettati alcuni giovani artisti colpevoli di posseder

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talento, sopravvissuti a rigide selezioni e già reduci da anni di studi forzati. Giovani sfuggiti alla mediocrità, che si affacciano alla scena con quella timidezza di chi non ha avuto sufficienti conferme per alimentare la propria autostima e si sente ancora sotto esame. Di fatto gli esami per i professionisti della musica non finiscono mai e ogni esibizione è soggetta ai giudizi del pubblico, in genere spietati, raramente imbevuti di una sorta di bonaria tolleranza per le lievi imprecisioni o per le posture ancora goffe, ma allo stesso tempo implacabili nei paragoni con le divinità di riferimento e i successi da loro riscossi in età giovanile. A questi giovani ormai da molti anni la Fondazione Musica Insieme dedica una speciale attenzione, raccogliendo segnalazioni e proposte, valorizzando e coinvolgendo i talenti più promettenti in ambiti diversi a seconda dei casi e indirizzandoli verso una tra le numerose attività che svolge nel corso dell’anno, sul territorio locale e nazio-


nale, secondo un principio di tutela della loro crescita professionale e maturazione artistica. In tal senso una delle vetrine più ambite dai giovani solisti è rappresentata dal ciclo di concerti che Musica Insieme realizza in collaborazione con l’Università di Bologna: MIA – Musica Insieme in Ateneo, che consolida quest’anno la sua XXIV edizione. Occasione per valorizzare le realtà artistiche del territorio, come il Collegium Musicum Almae Matris dell’Università di Bologna o i vincitori del Concorso “Giuseppe Alberghini” con cui la Fondazione Musica Insieme collabora sin dalla sua istituzione. Ma tra i giovani che si alternano sul palcoscenico del DAMSLab abbiamo anche il privilegio di ascoltare il vincitore del biennale Concorso pianistico internazionale “Ferruccio Busoni”, foriero di giovani promesse già mantenute all’avvio di una carriera brillante a livello mondiale, come è stato negli ultimi anni per il ventunenne bulgaro Emanuil Ivanov e come sarà quest’anno per il sudcoreano Jae Hong Park, vincitore dell’ultima edizione 2021. Il colto pubblico di appassionati talent scout che condivide la platea con gli studenti dell’Università di Bologna potrà incontrarlo venerdì 8 aprile 2022 nel concerto che si terrà alle 20,30 all’Auditorium del DAMSLab. A partire da quest’anno inoltre la collaborazione di Musica Insieme con i concorsi pianistici internazionali si è arricchita di una new entry di grande spessore: la prima edizione del Concorso pianistico internazionale “Antonio Mormone” di Milano, grazie al quale lo scorso febbraio abbiamo potuto applaudire a MIA la straordinaria cinese Ying Li. Ma le occasioni per godere di una ventata di nuove proposte non si esauriscono con MIA: in cantiere per giugno è infatti la prossima edizione di Musica con Vista, il festival nazionale diffuso realizzato dal Comitato nazionale Amur che riunisce diciannove associazioni musicali lungo tutta la penisola. Musica con Vista riserverà non poche sorprese al pubblico che il 14 giugno a Palazzo di Varignana assisterà ad una interpretazione transculturale dell’omaggio alla poetica di Pier Paolo Pasolini in un’interazione atemporale tra musica, danza, recitazione e ritmica. Tutta un’altra musica sarà invece quella che risuonerà nella sontuosa intimità di Palazzo Boncompagni che il 27 luglio ospiterà nella Sala del Papa il giovanissimo Quartetto Goldberg, con un programma che si snoda attraverso tre secoli, da Haydn a Webern, realizzato nell’ambito della collaborazione con l’Associazione Le Dimore del Quartetto. Concludiamo in bellezza con una novità assoluta che riguarda ancora il Comitato, che ha indetto il concorso Amur per i nuovi Talenti, aperto ad ensemble strumentali fino a

sei elementi, vocali o misti, di qualsiasi nazionalità purché residenti in Italia e di età media non superiore a 30 anni. Un concorso che nel prossimo futuro farà di certo parlare di sé e sarà un ulteriore banco di prova per le nuove proposte del nostro Paese. La tutela della qualità è alla base di ogni scelta di Musica Insieme, fatta sempre nell’interesse del nostro pubblico, dei nostri partner e dei nostri artisti, e ancor più tuteliamo un bene così delicato e prezioso come il talento dei nostri giovani, che va sempre incoraggiato e accresciuto ma con quell’attenzione che si riserva alle cose preziose che più ci sono care.

Sopra, Jae Hong Park, Premio “Busoni” 2021. Sotto, il Quartetto Goldberg

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Teatro Comunale di Bologna

UN RICCO Titoli lirici, concerti e balletti: tutti gli appuntamenti di aprile e maggio 2022

Foto Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

OPERA In primavera l’appuntamento con la Stagione lirica prosegue in Sala Bibiena con una pagina di rara esecuzione che racconta la toccante storia di una ragazza non vedente e inconsapevole di esserlo, che guarisce non solo grazie alla medicina ma anche grazie all’amore. È l’ultima opera di Pëtr Il’ič Čajkovskij, Iolanta (7 e 9 aprile), su libretto del fratello Modest tratto dalla pièce König Renés Datter (La figlia di re Renato) di Henrik Hertz, proposta in forma di concerto. L’appuntamento segna il debutto lirico al Comunale dell’ucraina Oksana Lyniv nella veste di Direttrice musicale, che propone questo titolo dopo averlo già affrontato durante il suo incarico all’Opera di Odessa. Protagonisti Liudmyla Ostash, Dmytro Popov e Vitaliy Bilyy. Presenting partner di Iolanta è Alfasigma. Vede finalmente la luce, dopo essere stata sospesa nel 2020 a causa dell’emergenza sanitaria, la nuova produzione della Lucrezia Borgia di Gaetano Donizetti (7-13 maggio) nella messinscena affidata a Silvia Paoli, spettacolo co-prodotto con l’Auditorio de Tenerife (dove è stato rappresentato nel novembre 2020), l’Ópera de Oviedo e il Teatro de la Maestranza di Siviglia, che arriva per la prima volta in Italia. La direzione d’orchestra è di Andriy Yurkevich, già sul podio a Tenerife, al suo ritorno dopo il successo bolognese con Simon Boccanegra nel 2018. In scena artisti di rilievo quali Olga Pe-

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Foto Andrea Ranzi

cartellone primaverile

retyatko, Marta Torbidoni, Stefan Pop, Francesco Castoro, Mirco Palazzi e Lamia Beuque. Presenting partner di Lucrezia Borgia è Rekeep.

SINFONICA All’Auditorium Manzoni, per la Stagione concertistica, venerdì 1° aprile è protagonista con l’Orchestra del TCBO il direttore tedesco Hartmut Haenchen, cresciuto nell’ex Germania dell’Est e successivamente trasferitosi in Olanda, per poi lavorare nei maggiori teatri del mondo, da Parigi a Londra, da Tokyo a Madrid, fino al debutto nel 2016 al Festival di Bayreuth, dove è stato acclamato per il suo Parsifal. Particolarmente apprezzato nel repertorio tedesco, propone la Quinta Sinfonia di Schubert e la Terza Sinfonia di Bruckner. Nella settimana di Pasqua, giovedì 14 e venerdì 15 aprile, è in programma un appuntamento speciale fuori abbonamento, che diventa un’occasione di riflessione spirituale grazie allo Stabat Mater di Rossini, interpretato da Jonathan Brandani, dall’Orchestra e dal Coro del Teatro Comunale – preparato da Gea Garatti Ansini – e con le voci soliste del soprano Patrizia Biccirè, del mezzosoprano Lamia Beuque, del tenore Marco Ciaponi e del basso Nahuel Di Pierro. Aprile si chiude giovedì 28 con il ritorno dell’americano James Conlon, attuale Direttore musicale dell’Opera di Los Angeles e Artist Advisor dell’Orchestra Sinfo-


DANZA La Stagione di Danza inaugura venerdì 22 e sabato 23 aprile con il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala, diretto da Manuel Legris, in un titolo simbolo, Giselle, con la storica coreografia di Jean Coralli e Jules Perrot, ripresa da Yvette Chauviré, étoile che nel 1950 fu anche interprete della sfortunata contadinella al Teatro alla Scala. Il balletto scaligero si avvale dell’allestimento di Aleksandr Benois, rielaborato da Angelo Sala e Cinzia Rosselli. Le musiche, di Adolphe-Charles Adam, sono eseguite dall’Orchestra del TCBO guidata da Valery Ovsyanikov. Su libretto di Jules-Henry Vernoy de Saint-Georges e Théophile Gautier, Giselle è divenuto negli anni patrimonio della compagnia e degli artisti scaligeri che l’hanno rappresentato nel mondo, rinnovandone a ogni ripresa il fascino insuperabile.

Foto Cristiano Zane - Eclipse

nica di Baltimora. Nella sua lunga e brillante carriera ha ricoperto incarichi in teatri come l’Opéra di Parigi e l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai ed è stato Direttore Musicale Generale della Città di Colonia, guidando contemporaneamente la Gürzenich e l’Opera cittadina. In programma la prima esecuzione assoluta di Poesia in forma di rosa, brano commissionato dal TCBO al compositore italiano Matteo D’Amico per celebrare il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini. Solisti il soprano Fiorenza Cedolins e la voce recitante di Roberto Latini. Completa la serata la Sinfonia n. 3 di Beethoven detta “Eroica”. Il 23 maggio il violino di Marc Bouchkov e il violoncello di Narek Hakhnazaryan sono protagonisti del “Doppio concerto” di Brahms con la Filarmonica del Comunale. Sul podio è impegnato il direttore russo Vassily Sinaisky, che chiude il concerto con la Quarta Sinfonia di Schubert detta “Tragica”. Main partner della Stagione Sinfonica 2022 del Teatro Comunale di Bologna è Intesa Sanpaolo.

Segue, martedì 17 e mercoledì 18 maggio, il debutto bolognese del Gala Internazionale di Danza Les Étoiles, prodotto e curato da Daniele Cipriani. Una parata di stelle della danza mondiale, tra le quali Sergio Bernal, già primo ballerino del Ballet Nacional de España, Vadim Muntagirov, primo ballerino del Royal Ballet di Londra, e Isaac Hernandez, primo ballerino dell’English National Ballet, riunite per celebrare il grande repertorio. Divenuto un evento di culto dopo i successi a Roma, Venezia e in altre città, Les Étoiles è un esaltante mosaico in movimento, con programma e artisti appositamente scelti per il Comunale. Pas de deux e variazioni tratti da titoli celebri e rarità del repertorio classico si alterneranno ad assoli, duetti ed estratti da capolavori contemporanei e nuove creazioni firmate dai maggiori coreografi internazionali. Sul podio dell’Orchestra del TCBO il direttore ucraino Sasha Yankevych, vincitore nel 2021 del secondo premio al Concorso Arturo Toscanini di Parma. Pelliconi & C. S.p.a. è main partner della Stagione Danza 2022 del Teatro Comunale di Bologna.

Piazza Verdi - Bologna Da martedì a venerdì dalle 12 alle 18, il sabato dalle 11 alle 15 Tel. +39 051.529019 / Email. boxoffice@comunalebologna.it Nei giorni di spettacolo (danza e opera): in vendita nei feriali da due ore prima e fino a 15 minuti dopo l’inizio e nei festivi da un’ora e mezza prima e fino a 15 minuti dopo l’inizio (Ingresso Largo Respighi 1). Nei giorni dei concerti: in vendita all’Auditorium Manzoni (Via de’ Monari 1/2) da 1 ora prima e fino a 15 minuti dopo l’inizio dell’evento. Informazioni su www.tcbo.it

Foto Nikolaj Lund

BIGLIETTERIA TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA

Qui accanto: il soprano Fiorenza Cedolins, sotto: Marc Bouchkov. Nella pagina accanto, in alto: Oksana Lyniv sul podio dell’Orchestra del TCBO, sotto: Giselle, titolo inaugurale della Stagione di Danza


I viaggi di Musica Insieme

PARMA e il Castello di Montechiarugolo

Un concerto del Festival Toscanini nell’Auditorium progettato dall’archistar Renzo Piano, la grande mostra dedicata ai Farnese e la magia di uno dei borghi più belli d’Italia: i viaggi di Musica Insieme riprendono dalle eccellenze del territorio

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sabato 18 – domenica 19 giugno 2022 usica Insieme presenta un nuovo viaggio, alla scoperta degli affascinanti palazzi storici della Capitale della Cultura 2020/2021 e di un maniero del Quattrocento alle porte di Parma, corte insigne di umanisti ed artisti. Si parte sabato 18 giugno con una visita all’elegante centro storico di Parma e all’imponente Complesso Monumentale della Pilotta, dove una guida riservata ai nostri ospiti ci illustrerà la grande mostra dedicata alle straordinarie committenze artistiche della famiglia Farnese dal Cinque al Settecento, che comprende anche un prezioso manoscritto händeliano di recente scoperta. A seguire, una visita privata ci porterà a Palazzo Marchi, edificio dalle forme neoclassiche tra i più suggestivi della città, fra le cui sale sarà allestita per noi un’esclusiva degustazione. Cuore della serata sarà il concerto della Filarmonica Arturo Toscanini per la I edizione del Festival omonimo, nello splendido Auditorium Paganini, scrigno dell’arte contemporanea inaugurato nel 2001. Con la direzione di Carlo Goldstein, già alla guida della BBC Philharmonic e Principal Guest Conductor della Wiener Volksoper, ascolteremo la Novelletta, il primo Notturno e La canzone dei ricordi di Giuseppe Martucci, con l’esperta voce solista di Carmela Remigio. A concludere il concerto, la Sinfonia del mare, evoca-

A destra: Palazzo Marchi. Sopra: il Castello di Montechiarugolo e l’Auditorium Paganini 24

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MUSICA INSIEME

tivo poema sinfonico di Gian Francesco Malipiero. La giornata di domenica 19 giugno sarà invece dedicata alla visita del Castello di Montechiarugolo, costruito da Guido Torelli nel secolo XV, con i suoi antichi camminamenti a strapiombo sul torrente Enza. Si apriranno per noi le porte del castello merlato con il ponte levatoio, i due giardini, le sale arredate, gli arazzi e il loggiato. Il weekend, organizzato in collaborazione con Only4U, si concluderà con un pranzo in esclusiva per i nostri ospiti nella Corte del Castello, un’occasione preziosa per assaporare le eccellenze enogastronomiche dell’antico ducato.

Per informazioni: Fondazione Musica Insieme – Tel. 051 271932 info@musicainsiemebologna.it App MusicaInsieme



Varignana Music Festival 2022

Foto Jarek Wierzbicki

Sopra, inaugurato nel 2021, l’Anfiteatro sul Lago è uno degli splendidi scenari del VMF. Sotto, Gloria Campaner, in trio con Carbonare e Pietrodarchi per un omaggio a Piazzolla; la Filarmonica Arturo Toscanini, protagonista di una “Mozart soirée” il 30 giugno

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di stelle

opo le straordinarie emozioni vissute nella scorsa edizione, emozioni amplificate dalla scelta di organizzare l’intera manifestazione “en plein air”, inaugurando uno spazio magico come il nuovo Anfiteatro sul Lago immerso fra le colline del resort, l’ottava edizione del Varignana Music Festival conferma e sviluppa questa formula di successo con un calendario di grandi appuntamenti, che ci permetteranno di ascoltare interpreti celeberrimi, ma anche di scoprirne di nuovi, coniugando il momento musicale con il piacere dell’incontro – di persone, di idee – che sempre ci accompagna nei giorni del Festival. Mentre si riconferma l’apprezzatissimo servizio navetta per il pubblico proveniente da Bologna, una nuova formula, con particolari agevolazioni per i nostri abbonati e per gli Under 35, fa precedere tutti i concerti da aperitivi e degustazioni dei prodotti a km 0 dell’azienda agricola di Palazzo di Varignana, da assaporare ammirando gli splendidi tramonti di Varignana. La direzione artistica di Musica Insieme e l’arte dell’accoglienza che ha fatto di Palazzo di Varignana uno dei resort più apprezzati del territorio (e non solo) promettono insomma di riconfermare la qualità assoluta del Festival, che ha già ospitato fra gli altri artisti e intellettuali come Mischa Maisky, Ezio Bosso, Giovanni Sollima, Philippe Daverio, il Brodsky Quartet e il Quartetto di Cremona. Ed è ormai un appuntamento irrinunciabile il Grand Opening affidato il 29 giugno a Coro e Orchestra del Varignana Music Festival, compagine ufficiale della rassegna, ospite di sedi che vanno dal Gewandhaus di Lipsia al Vaticano. Il programma, con l’esperta direzione di Lorenzo

Bizzarri, ci trasporterà sulle note dei più celebri cori, arie e duetti della storia dell’opera, anche grazie alle voci soliste del soprano Elena Borin e del tenore Valerio Borgioni. Fra le molte novità della nuova edizione, il 30 giugno risuonerà un secondo appuntamento sinfonico, con l’Orchestra ufficiale della Regione Emilia-Romagna, oltre che una delle più apprezzate compagini italiane: la Filarmonica Arturo Toscanini, guidata da Alessandro Cadario, direttore fra i più acclamati della sua generazione, e con una violinista dalla carriera stellare come Francesca Dego, impegnati in un programma tutto mozartiano che comprende anche la celeberrima Serenata Eine kleine Nachtmusik e il Quinto Concerto “alla Turca”. Un trio di straordinari solisti sarà quello formato da Alessandro Carbonare al clarinetto, Mario Stefano Pietrodarchi al bandoneon e Gloria Campaner al pianoforte, in un omaggio ad Astor Piazzolla che comprenderà l’esecuzione dei suoi brani più amati, con la partecipazione di Andrea Vighi e Chiara Benati, campioni mondiali di tango argentino. Attesissima infine la presenza di Alexander Romanovsky, che il 5 luglio dedicherà un recital a uno dei suoi numi tutelari, Sergej Rachmaninov, di cui ricorrerà nel 2023 il 150° anniversario della nascita, e chiuderà il Festival il 7 luglio accanto ai Solisti della Royal Concertgebouw di Amsterdam, la massima orchestra olandese, fra le note di Mozart e Chopin, di cui completerà l’integrale dei Concerti per pianoforte iniziata proprio a Varignana nel 2017.

Foto Luca Pezzani

UN’ESTATE

L’incanto dei luoghi e l’arte dell’incontro fra la grande musica e i sapori del territorio: Palazzo di Varignana e Musica Insieme presentano l’VIII edizione del Festival, fra grandi nomi e novità



I luoghi della musica

MADDALENA

a Palazzo Fava Il dipinto di Lorenzo Pasinelli, con un giovane Angelo musicante, è fra le 84 opere della Collezione Poletti in mostra fino al 24 luglio

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Lorenzo Pasinelli, Maddalena penitente in meditazione con l’angelo musicante 28

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MUSICA INSIEME

di Maria Pace Marzocchi

uando il biografo Gian Pietro Zanotti descrive i dipinti realizzati negli anni Ottanta del Seicento dal bolognese Lorenzo Pasinelli, nota che nel 1686 «gli furono dall’Eminentissimo Spada… ordinate molt’opere», ma che «altro non ebbe però Sua Eminenza, che una Santa Maria Maddalena ed una Sibilla…». Il committente era il cardinale Fabrizio Spada, che ampliò la collezione di famiglia avviata dal prozio, il cardinale Bernardino Spada amico di Guido Reni e del Guercino. Fra le 350 opere elencate nell’inventario steso alla morte del cardinale Fabrizio nel 1717, nella “Prima camera” (ora prima sala della Galleria Spada a Roma) era indicata «una Madalena con la croce in mano». Un soggetto molto frequentato dal Pasinelli, come ricorda ancora lo storico: «nel replicare i Quadri, mutavali però sempre… Più di tutti replicò le Maddalene, nelle quali spesso introdusse un Angelo, che suona il violino, con teste di Serafini». La Maddalena di Palazzo Spada è menzionata ancora nel 1816, poi se ne perdono le tracce per oltre un secolo, fino a che, nel 1959, ne scrive Carlo Volpe identificandola con la tela ubicata in una collezione privata romana, dove è rimasta fino a pochi mesi fa. Messa all’asta a Vienna, la Maddalena penitente in meditazione con l’angelo musicante è approdata nella collezione Poletti nel Castello di San Martino in Soverzano: una pinacoteca costantemente in fieri che oggi conta oltre cinquecento dipinti, incentrata soprattutto su opere bolognesi ed emiliane dall’inizio del Cinquecento alla fine del Settecento e poco oltre. Una selezione di 84 dipinti (e una piccola scultura di Donato Creti) sarà in mostra sino al 24 luglio a Palazzo Fava, e sarà ancora una volta l’occasione per rivedere i fregi dei giovani Carracci, Ludovico, Agostino e Annibale, che qui esordirono nel 1584 nella loro prima rivoluzionaria opera pubblica commissionata dal conte Filippo, così famosa che nel secolo seguente il conte Alessandro aveva allestito dei ponteggi nella “Sala di Giasone e Me-

dea” perché gli affreschi potessero essere visti e studiati con agio: anche dal Pasinelli, di cui il proprietario del palazzo era protettore, «grande amico» e collezionista, se nel 1675 tra «le pitture che sono in casa» si contavano trentuno sue tele. Tra i molti dipinti della Pinacoteca Poletti che vantano una provenienza illustre e documentata va annoverata anche questa Maddalena, che costituisce un prototipo più volte replicato dal Pasinelli per soddisfare le richieste dei suoi numerosi estimatori. Tra questi anche Michelangelo Poletti, imprenditore di successo e Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, che nella sua raccolta conta altre quattro tele del pittore bolognese. La bellissima Maddalena, il profilo perfetto incorniciato dalla chioma bionda e fluente, medita sulla Croce e sul teschio: la veglia, alle spalle, un giovane Angelo ad ali spiegate, accompagnando la meditazione della penitente con il suono del suo violino, che si propaga fino ai serafini, nell’atmosfera ombrosa di un paesaggio crepuscolare. Il dipinto, come tutti gli altri della raccolta, è stato studiato da Angelo Mazza, curatore della mostra e del catalogo della quadreria. La sera dell’apertura al pubblico _ il 7 aprile _ in San Colombano si terrà un concerto, dove la musica sarà intercalata dallo scorrere delle immagini di alcuni dei dipinti in mostra, a cominciare dalla Maddalena e dal suo Angelo musicante. LA QUADRERIA DEL CASTELLO. Pittura Emiliana nella Collezione di Michelangelo Poletti Palazzo Fava, via Manzoni 2 Dal 7 aprile al 24 luglio 2022



Storie della musica

BENJAMIN

Britten

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Sopra: Rostropovič e Britten in una fotografia del 1964 (National Portrait Gallery, London)

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enjamin Britten conobbe Mstislav Rostropovič il 21 settembre 1960 a Londra, in occasione della prima esecuzione inglese del Concerto per violoncello di Dmitrij Šostakovič. E già l’indomani accettò di scrivere per lui quella che sarebbe divenuta la Sonata in do maggiore op. 65. Rostropovič ricorderà di quell’incontro «l’eccezionale magnetismo» che irradiava dalla persona di Britten. La Sonata venne composta nei mesi di dicembre di quell’anno e gennaio 1961. Il 30 gennaio, in una lettera («Dear Slava…»), Britten annuncia a Rostropovič l’invio della partitura: «Non vedo l’ora, immensamente, di lavorarci assieme a te». Slava, che all’epoca ha 33 anni, risponde con un telegramma dell’11 febbraio: «Pieno di ammirazione e d’amore per la grande Sonata». Il mese successivo, in viaggio verso il Sud America, il violoncellista si ferma una notte a Londra e il 5 marzo 1961, nell’appartamento di Britten a St. John Wood, compositore e solista la provano assieme per la prima volta. «E per altre innumerevoli volte», ricorderà Rostropovič: «È stata per me una giornata eccezionalmente felice». Smettono solo quando il violoncellista non può più tardare a raggiungere l’aeroporto. La Sonata in do maggiore op. 65 concluderà il recital di Sheku e Isata Kanneh-Mason, e anche I Concerti 2021/22 di Musica Insieme, il 16 maggio 2022. Straordinarie sono sia la Sonata sia l’amicizia che da quell’anno lega Mstislav Rostropovič e la moglie, il soprano Galina Višnevskaja, a Benjamin Britten e al tenore Pe-

La Sonata in do maggiore op. 65, affidata il 16 maggio a Sheku e Isata Kanneh-Mason, sarà il brano finale del concerto finale della Stagione di Musica Insieme di Brunella Torresin ter Pears, compagno d’arte e di vita. Nei decenni successivi Britten dedica a Rostropovič cinque composizioni e per Višnevskaja scrive la parte per soprano del War Requiem e di The Poet’s Echo. Nell’estate del 1961 i due artisti russi sono ospiti di Britten ad Aldeburgh, nel Suffolk, dove il compositore vive e lavora e dove ha fondato e dirige l’omonimo festival, e sono protagonisti di quattro concerti: la Sonata viene eseguita in prima assoluta il 7 luglio 1961 alla Jubilee Hall, Rostropovič al violoncello, Britten al pianoforte. Torniamo indietro di poco meno di un anno, al 27 ottobre 1960. È il giorno della morte di Ethel Bridge, la moglie di Frank Bridge, insegnante di composizione e mentore di Britten, scomparso nel 1941. Britten ne è addolorato: «Si è spezzato un altro legame con Frank», scrive. La necessità di salvare dalla dispersione i manoscritti musicali di Bridge lo induce ad adoperarsi anche per valorizzarne l’opera. I diari sono ricchi di riferimenti al maestro, alla sua musica, alla sua eccellenza come direttore e violista, ma nulla è rimasto della loro corrispondenza epistolare. Tanto più preziosa, per questo, è la corrispondenza in musica cui darà vita la scelta di Sheku e Isata Kanneh-Mason di eseguire anche la Sonata in re minore H. 125 di Bridge. Gli ci vollero quattro anni per portarla a termine: iniziata nel 1913, prima dello scoppio della prima guerra mondiale, la concluse nel 1917 con sentimenti indicibilmente più angosciati. È tuttora uno dei suoi brani più eseguiti.



Di… segni e di versi

AMOROSE note

In questo numero, l’acquerello di Erico Verderi è ispirato all’acrostico dedicato da Nicola Muschitiello a Musica Insieme… e all’amore

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omposta dal nostro “poeta ufficiale” in occasione di San Valentino, questa nuova poesia racconta il connubio tra musica e amore con un acrostico costruito sulle iniziali del nostro nome. Se, come diceva Tolstoi, la musica è la stenografia dell’emozione, è

particolarmente affascinante l’esercizio stilistico proposto da Nicola Muschitiello, che con la suggestione delle sue parole coinvolge uno dopo l’altro i cinque sensi: una sfida non facile da rappresentare in immagini, ma raccolta con la consueta creatività e fantasia da Erico Verderi.

MUSICA E AMORE

Musica e amore sono Un connubio che risuona Senza parole perfino, In ogni bacio e in ogni Caro sospiro di fiati. Ance di umide labbra Insieme colle segrete Note di tenere corde Sulla bocca degli orecchi, In un accordo di dita Estatiche per i tocchi Mossi sui tasti di ibis E di cigno del tuo cuore...

Nicola Muschitiello

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Ci ha lasciati Franco Calarota, gallerista e filantropo con un grande amore per l’arte, fondatore della Galleria d’Arte Maggiore g.a.m. e presidente di ACP - Art Capital Partners “Un appassionato di arte, che di questa passione ha fatto la sua professione con la Galleria d’Arte Maggiore aperta nel 1978 (...) un punto di riferimento nazionale e internazionale per chi ama l’arte e, in particolare, il suo amato Giorgio Morandi. Franco Calarota ha infatti portato e fatto conoscere e apprezzare Morandi nel mondo” - Quotidiano Nazionale 18 marzo 2022 Franco Calarota, attraverso la Galleria d’Arte Maggiore g.a.m., ha sempre valorizzato gli artisti in cui credeva lavorando con estrema passione su due fronti: il mercato e la promozione culturale, realizzando così alcune mostre entrate nella storia dell’arte, tra cui “Giorgio Morandi. Ettore Spalletti. Dialogo di luce” (2015-2016) tra le mura della sua galleria e attraverso numerose iniziative fortemente volute e curate, come la mostra “Giorgio Morandi. Silenzi” al Museo di Palazzo Fortuny a Venezia, “Giorgio Morandi e Robert Ryman” a Los Angeles (2015), Henri Moore a Bologna (1995), Giorgio de Chirico alla Philips Collection di Washington D.C. (2013), le molteplici esposizioni realizzate all’Estorick Collection of Modern Italian Art di Londra e tante altre. E poi le collaborazioni con musei ed istituzioni in Italia e all’estero tra cui commissioni pubbliche, come il monumento “Rampante” di Arman (1999) dedicato alla Ferrari F40 e collocato all’ingresso dell’autodromo Enzo e Dino Ferrari a Imola e “Giorgio de Chirico. La Fabrique des Rêves” al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (2009).

Dal 2019 Franco Calarota aveva poi concretizzato il suo obiettivo di creare una nuova realtà totalmente dedicata alla promozione dell’arte con sede a Venezia: ACP – Palazzo Franchetti, proponendo mostre importanti come “Jean Dubuffet e Venezia” e “Massimo Campigli e gli Etruschi. Una pagana felicità”, segnando, ancora una volta, fondamentali tasselli all’interno della storia dell’arte. È volontà di Roberta e Alessia Calarota realizzare alcuni dei progetti culturali su cui Franco stava già lavorando, tra cui l’importante mostra dedicata a Mark Rothko e Giorgio Morandi che sarà allestita nel 2023/24 e le prossime manifestazioni in concomitanza con la Biennale 2022.

Buon viaggio, Franco!

ACP - Palazzo Franchetti San Marco 2842 30124 Venezia Tel. +39 041 2689389 www.acp-palazzofranchetti.com

ACP srl via Montebello 2 40121 Bologna via D’Azeglio 15 40123 Bologna info@artcapitalpartners.com

G.A.M. - Galleria d’Arte Maggiore via D’Azeglio 15 40123 Bologna fa parte del gruppo ACP www.maggioregam.com



I CONCERTI aprile / maggio 2022 Lunedì 4 aprile 2022

TEATRO AUDITORIUM MANZONI ore 20.30

SIGNUM SAXOPHONE QUARTET ALEXEJ GERASSIMEZ..............................................percussioni Gerassimez, Holst, Williams, Psathas, Cangelosi, AC/DC Il concerto fa parte degli abbonamenti: “I Concerti” e “Invito alla Musica” - per i Comuni della Città Metropolitana di Bologna

Lunedì 11 aprile 2022

TEATRO AUDITORIUM MANZONI ore 20.30

SABINE MEYER...............................................................clarinetto NILS MÖNKEMEYER...................................................viola WILLIAM YOUN...............................................................pianoforte Mozart, Robert e Clara Schumann Il concerto fa parte degli abbonamenti: “I Concerti” e “Musica per le Scuole”

CONCERTO STRAORDINARIO FUORI ABBONAMENTO Venerdì 6 maggio 2022

TEATRO AUDITORIUM MANZONI ore 20.30

ORCHESTRA DELLA TOSCANA LORENZA BORRANI....................................................violino ENRICO DINDO.................................................................violoncello PIETRO DE MARIA.....................................................pianoforte GIOVANNI SCIFONI......................................................voce recitante ALESSANDRO CADARIO.........................................direttore Respighi, Ghedini, Čajkovskij

Lunedì 9 maggio 2022

TEATRO AUDITORIUM MANZONI ore 20.30

Lunedì 16 maggio 2022

TEATRO AUDITORIUM MANZONI ore 20.30

GRIGORY SOKOLOV.....................................................pianoforte Beethoven, Brahms, Schumann Il concerto fa parte degli abbonamenti: “I Concerti” e “Invito alla Musica” - per i Comuni della Città Metropolitana di Bologna

SHEKU KANNEH-MASON.....................................violoncello ISATA KANNEH-MASON........................................pianoforte Beethoven, Šostakovič, Bridge, Britten Il concerto fa parte degli abbonamenti: “I Concerti” e “Invito alla Musica” - per i Comuni della Città Metropolitana di Bologna

Biglietti da € 10 a € 60 disponibili presso Bologna Welcome (Piazza Maggiore, 1/E), online sul sito Vivaticket, nei punti vendita convenzionati e il giorno del concerto presso il Teatro Auditorium Manzoni dalle ore 17. I biglietti per il Concerto straordinario di venerdì 6 maggio 2022 saranno disponibili con le medesime modalità a partire da giovedì 7 aprile 2022. Il concerto sarà offerto gratuitamente a tutti i Donors in segno di riconoscenza per aver sostenuto Musica Insieme durante i difficili mesi della pandemia, rinunciando al rimborso della quota di abbonamento per i concerti rinviati. Per ulteriori informazioni rivolgersi alla Segreteria di Musica Insieme: Galleria Cavour, 3 - 40124 Bologna - tel. 051.271932 info@musicainsiemebologna.it - www.musicainsiemebologna.it - App MusicaInsieme


STARRY Night Per il loro debutto a Bologna, Alexej Gerassimez e il Signum Saxophone Quartet ci accompagneranno in un viaggio nello spazio interstellare, oltre i confini della musica di Fabrizio Festa

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otte stellata, uno tra i più celebri Van Gogh, che fai tu Luna in ciel, dimmi che fai, seconda stella a destra, e poi dritto fino al mattino. E un bel giorno tra quelle stelle naviga l’Enterprise, sul ponte l’indimenticabile capitano Kirk con il fido Spock, nel mentre spunta la prima luna artificiale: la morte nera. Han Solo insegue guadagni facili, incontrando l’amore, versione aggiornata di John Wayne, mentre Luke Skywalker e Obi-Wan finiscono nella balera spaziale di Mos Eisley frequentata dal miglior peggio che le galassie riescano a mettere assieme. Saloon spaziale o club sulla Cinquantasettesima, non può

Foto Andrej Grilc

Lunedì 4 aprile 2022


mancare la musica: una band “aliena” (Alienum sum, alieni nihil a me alienum puto) suona una musichetta vagamente anni Venti. John Williams parodizza nel comporre l’ormai celebre pezzetto della Kolossal soundtrack di Guerre Stellari. Tra una citazione di Prokof’ev, una di Holst ed un’altra di Šostakovič, trova anche il modo di infilarci un rimando al re del jazz: quel Paul Whiteman per il quale Gershwin compose la Rapsodia in Blue. Correva l’anno 1977, quello di Star Wars era l’episodio quarto (ma il primo visto sullo schermo). Da allora il cielo stellato ha cambiato faccia: Don’t Look Up e Space Force dalle colonne di Netflix ci raccontano di brogli stellari e guerricciole lunari tutte troppo umane, balle spaziali gigantesche che finiscono in evitabili tragedie. Al confronto il pessimismo cosmico leopardiano sembra l’ingenuo tremito di uno scolaretto, in piedi di fronte all’infinito, quiete fatale di ermi colli che quieti non sono più da un pezzo (magari sotto ci passa persino un’autostrada a sei corsie). Sapendo come va a finire, i protagonisti di questo nostro concerto più di un cenno all’oggi lo fanno. Basta ascoltare Bad Touch (titolo esplicitamente programmatico) di Casey Cangelosi (percussionista e compositore, classe 1981, il brano è stato composto nel 2013) per capire che Peter Pan e Luke Skywalker appartengono ad un passato remoto, remotissimo, spazzato via già dal Cyber Punk, a sua volta spazzato via dai nerd di The Big Bang Theory e dagli oscuri presagi dei cineasti seriali, che allietano le nostre serate pandemiche e post-pandemiche, con un rimando ad Aphex Twins. E guardatevi su YouTube il video originale di Thunderstruck degli AC/DC: gli immancabili pantaloncini corti di Angus Young, chitarrista, co-leader e co-fondatore della rock band australiana – i pantaloncini corti sono il suo costume di scena – lo fanno apparire come uno di quei bad boys che la ripresa spielbergiana di West Side Story ha riportato in auge. Un drugo dalla terra dei canguri. E il titolo: Thunderstruck! Stupefatto, basito, sbalordito, reso muto per la sorpresa. Come colpito (struck) da un tuono (thunder). Nel mezzo di un binario – questa è la prima strofa – sapevo di non poter tornare indietro. Vacilla la mente. So che non potrai aiutarmi. Il suono dei tamburi colpisce il mio cuore, il tuono delle armi mi schianta. Conclusione: Whoa, baby, baby You’ve been thunderstruck, thunderstruck. Thunderstruck, thunderstruck You’ve been thunderstruck. Vien proprio voglia di gridare: «Telefono. Casa». Chi può raggiungere delle biciclette volanti?! «Telefono. Casa», E.T. è in salvo, FBI in scacco, i buoni vincono, la mamma (che è sempre la

LUNEDÌ 4 APRILE 2022 ORE 20.30 TEATRO AUDITORIUM MANZONI

SIGNUM SAXOPHONE QUARTET

BLAŽ KEMPERLE sassofono soprano HAYRAPET ARAKELYAN sassofono contralto ALAN LUŽAR sassofono tenore GUERINO BELLAROSA sassofono baritono

ALEXEJ GERASSIMEZ

percussioni

Alexej Gerassimez Rebirth Gustav Holst da The Planets: Venus John Williams da E.T.: The Flying Theme John Psathas Connectome Alexej Gerassimez Asventuras Gustav Holst da The Planets: Jupiter Casey Cangelosi Bad Touch AC/DC Thunderstruck John Williams da Star Wars: Cantina Band

I PROTAGONISTI

Nel 2006 a Colonia si incontrano quattro giovani sassofonisti, la cui irriverenza e audacia li ha fatti paragonare ai Beatles. La formazione del Signum Saxophone Quartet, parigina e viennese, viene arricchita dall’influenza dei Quartetti Ebène e Artemis e di Gabor Takács-Nágy. Il riconoscimento sulla scena musicale non si fa aspettare, tanto che ricevono premi internazionali e vengono invitati a festival europei, tra cui il Rising Stars Award 2014/15 della European Concert Hall Organisation. La ricerca di nuovi orizzonti musicali guida la loro curiosità e li porta a prodursi assieme a partner brillanti come Kai Schumacher, con il quale eseguono la prima mondiale di Goldberg Nights. Attenti al pubblico del futuro, sono ideatori del progetto SIGNUM4kids. Nato a Essen, Alexej Gerassimez è docente di percussioni alla Hochschule di Monaco. Capace di destreggiarsi con naturalezza nel repertorio classico come nel contemporaneo, è attivo sia come solista – invitato da orchestre prestigiose come i Münchner Philharmoniker – che come musicista da camera e compositore. Nel 2022 si esibirà con il duo pianistico dei fratelli Jussen e con il pianista jazz Omer Klein.

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Foto Nikolaj Lund

Lunedì 4 aprile 2022

DA ASCOLTARE S’intitola semplicemente Debut il primo album del Signum Saxophone Quartet, apparso nel 2011 per Ars Production e comprendente lavori di Grieg, Ravel, Bartók, Iturralde, Escaich e Šostakovič, tutti caratterizzati da una spiccata identità “danzante”, fra tradizione popolare e ammiccamenti all’antico. Altrettanto eloquente il titolo del secondo album del Quartetto, Balkanication, realizzato nel dicembre 2014 con la propria etichetta SIGNUMfive sulla struggente tradizione musicale est-europea, dai gitani al klezmer. Nel 2021, ben due titoli arricchiscono la discografia del quartetto: Starry Night, per Berlin Classics, firmato proprio insieme ad Alexej Gerassimez e da cui è tratto appunto il programma del loro recital per Musica Insieme, ed Echoes (del quale si parla nella rubrica Da ascoltare di questo numero), che per il Signum ha rappresentato anche l’occasione per la scalata alla regina delle etichette discografiche, Deutsche Grammophon. L’album attraversa cinque secoli di musica, da Dowland a Vasks, ricercando partiture che riecheggino – questa la suggestione del titolo – i tempi che stiamo vivendo.

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MUSICA INSIEME

Lo sapevate che si può comporre anche con una bottiglietta? È quello che fa Alexej Gerassimez in Soul of Bottle, catturando (giocosamente) l’anima degli oggetti quotidiani mamma, una delle poche certezze planetarie ed interplanetarie) sorride felice e John Williams azzecca una delle sue più famose melodie (1982). L’orecchio all’amato Holst, non solo quello dei Planets, anche la colonna sonora di E.T. (vincente il far coppia con Steven Spielberg) è passata alla storia. È bene ricordare che Holst componendo tra il 1914 ed il 1917 i suoi Pianeti non pensava certo a E.T. e tantomeno a Guerre Stellari. Sono i pianeti del mito greco quelli che Holst celebra, con un occhio all’astrologia. In fondo, la sua è ancora l’Inghilterra della Società teosofica, della passione per la cultura indiana antica, oscillante tra vagheggiamenti mediterranei in abiti di lino bianco e lussuose crociere sul Nilo, magari in compagnia di Hercule Poirot. Una visione del mondo che neppure due guerre mondiali riusciranno completamente a dissolvere, come ci insegna Lawrence Durrell nel suo mitologico cretese Il labirinto oscuro pubblicato nel 1947. Eccoli, allora, Marte, Venere, Mercurio, Saturno, Giove, Urano e Nettuno. Chissà cosa ne avrebbe pensato Kepler, che nello Harmonices Mundi aveva messo in partitura il “vero” suono dei pianeti? A completare questo singolare zodiaco ecco i due brani del percussionista Gerassimez – Rebirth, che lo vedrà impegnato insieme al Signum, Asventuras per rullante solo – e Connectome del neozelandese John Psathas. Un grande compositore, uno dei migliori, e, me lo si lasci dire, un caro amico, di cui il pubblico bolognese ha potuto ammirare nel 2000 lo straordinario Concerto per sassofono, batteria (appunto) e orchestra, nella mirabolante esecuzione di uno dei più grandi sassofonisti della storia: Michael Brecker: Omnifenix. Alle percussioni John Psathas si è dedicato, peraltro, con continuità, e nel suo catalogo sono molti i titoli che hanno le percussioni come protagoniste. Connectome è una pagina del 2019 commissionata da Gerassimez e dal Quartetto Signum. Il titolo neurologico – il connettoma è la mappa delle connessioni neurali cerebrali – rimanda, nelle tre parti in cui il brano è diviso, alle molte domande che in quest’epoca d’intelligenza artificiale e di emotion recognition non possiamo non farci.


Un’esplosione di suoni Il 4 aprile vi attendiamo per la prima volta a Bologna per I Concerti 2021/22: che cosa vi aspettate dal pubblico? «Quello che notiamo è che c’è sempre un pubblico eterogeneo: sono molti i giovani che si interessano ai nostri programmi. Al di là della performance artistica poi, i miei compagni di avventura _ io sono l’unico italiano _ sono sempre molto entusiasti del nostro Paese, dal cibo alla bellezza di ogni singola città». Al mattino sarete protagonisti di Che Musica, Ragazzi!, in dialogo con gli alunni delle scuole primarie e medie: cosa possiamo fare per convincere i giovani a venire a teatro? «Abbiamo capito che bisogna abbattere il muro fra artisti e pubblico proponendo programmi accattivanti. Anche il modo di porsi sul palco e il fatto stesso di suonare a memoria può far nascere una maggiore interazione. In fondo siamo un gruppo di giovani, e l’informalità dei nostri concerti può contribuire ad abbattere molti pregiudizi: ad esempio i nostri amici pensano che gli artisti “classici” siano noiosi, e si sentono respinti da una presunta etichetta formale da mantenere, mentre per noi è la musica il punto centrale del concerto!». Come nasce il vostro nuovo album Starry Night, che proporrete al pubblico di Musica Insieme? «Tutto scaturisce da tre domande esistenziali, che ci hanno portato ad intraprendere questo viaggio: chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? In Starry Night cerchiamo di descrivere diverse fasi: la prima è quella del Big Bang, in cui sfruttiamo tutta una gamma di effetti sonori per evocare un’esplosione. La seconda è quella del caos, quando i pianeti, le stelle e le galassie cercano la propria posizione nello spazio, fino ad arrivare alla terza fase, quella dell‘assestamento. Il primo brano in programma è di Alexej Gerassimez, e lascia ampio spazio all’improvvisazione. Abbiamo inoltre inserito degli estratti dalle colonne sonore di John Williams. Ascolterete poi un brano scritto dal neozelandese John Psathas: Connectome, ovvero la mappa neurale del cervello umano. Il primo movimento è intitolato Pashupatastra, che nella mitologia indu è l’“arma letale”. L’autore è partito da una riflessione sull’uomo e sul suo essere artefice della propria distruzione, un messaggio purtroppo più che mai attuale. Nel secondo tempo,

Farewell to the Flesh, Psathas ha immaginato che l’anima lasci il corpo e venga immagazzinata nel Cloud di un supercomputer cosmico. Nel terzo tempo infine, Rom in Space, c’è l’essenza dell‘essere umano come nomade, che lascia la terra e trova posto nello spazio». Un quartetto di sassofoni non è affatto frequente nel panorama delle stagioni “classiche”, ad esempio rispetto al quartetto d’archi… «Il quartetto di sax ha molte più sonorità [ride]. Noi eseguiamo anche repertorio originale per quartetto d’archi, tanto che dopo un concerto al Mozarteum di Salisburgo, a cui aveva assistito il violoncellista del Quartetto Hagen, questa è stata la sua recensione: «Il Quartetto di Haydn che avete eseguito suona meglio con i sax che con gli archi! Avete un range sonoro più ampio, dal super pianissimo a un forte ben presente». Il sax poi ha qualità espressive che si possono paragonare a quelle degli archi, come il vibrato e il legato, ed è lo strumento più vicino alla voce umana». Vi hanno paragonato ai Beatles, che hanno senz’altro lasciato un segno epocale nella storia della musica. E voi, che tipo di eredità volete lasciare? «Il paragone mi sembra un po’ esagerato! Da una parte cerchiamo di ampliare il nostro repertorio originale, e dall’altra proponiamo brani per quartetto d’archi e trascrizioni di brani sinfonici nei quali diamo l’illusione di un’ampia tavolozza timbrica. Ad esempio, quando abbiamo eseguito i Quadri di un’esposizione di Musorgskij il pubblico non credeva che un sax soprano potesse suonare come un flauto, oppure che il sax baritono avesse il colore di un fagotto. Il sax è il re del jazz nell’immaginario comune, ma lo si trova anche nella classica, nel rock, nell’elettronica e nella disco music. In quindici anni di attività, il nostro contributo consiste anche nell’arricchire il repertorio delle trascrizioni e nel commissionare nuovi lavori a cui possano attingere molti giovani sassofonisti. Questa è una soddisfazione, e ne siamo fieri». (a cura di Melania Zizi)

Foto Andrej Grilc

> Intervista > Guerino Bellarosa - Signum Saxophone Quartet


Lunedì 11 aprile 2022

sonore

Affascinante il programma del Trio guidato da Sabine Meyer, dove la fantasia timbrica di Mozart fa da cornice a rare pagine musicali di “casa Schumann” di Mariateresa Storino

LUNEDÌ 11 APRILE 2022 ORE 20.30 TEATRO AUDITORIUM MANZONI

SABINE MEYER clarinetto NILS MÖNKEMEYER viola WILLIAM YOUN pianoforte

Wolfgang Amadeus Mozart Sei Variazioni su Au bord d’une fontaine KV 360 per viola e pianoforte Robert Schumann Märchenerzählungen op. 132 per clarinetto, viola e pianoforte Fantasiestücke op. 73 per clarinetto e pianoforte Clara Schumann Ich hab’ in deinem Auge op. 13 n. 5 Geheimes Flüstern hier und dort op. 23 n. 3 trascrizioni per pianoforte di Franz Liszt Robert Schumann Widmung op. 25 n. 1 trascrizione per pianoforte di Franz Liszt Wolfgang Amadeus Mozart Trio in mi bemolle maggiore KV 498 – Kegelstatt-Trio per clarinetto, viola e pianoforte

Foto Christian Ruvolo

ALCHIMIE


I PROTAGONISTI

Sabine Meyer esordisce come primo clarinetto dei Berliner Philharmoniker, per dedicarsi poi con sempre maggiore intensità alla carriera solistica, che l’ha portata a calcare i palcoscenici più prestigiosi del mondo a fianco dei Wiener Philharmoniker come della Chicago Symphony Orchestra, della London Philharmonic e della NHK Symphony di Tokyo. Artista in residenza allo Schleswig-Holstein Music Festival 2019, è protagonista laboratori didattici e di progetti speciali insieme al Trio di Clarone, con cui si dedica alla riscoperta di opere raramente eseguite. Il pianista William Youn, già allievo di Menahem Pressler, si esibisce come solista al fianco della Cleveland Orchestra, dell’Orchestra del Mariinskij e della Philharmonic Orchestra di Seul. Il violista Nils Mönkemeyer è ospite regolare del Musikverein di Vienna, del Royal Concertgebouw di Amsterdam e della Wigmore Hall di Londra.

stato fruttuoso, con composizioni sinfoniche, concerti, musica vocale; Robert si muove ormai con sicurezza da un genere all’altro, tra forme ampie e brevi, alla ricerca di combinazioni strumentali cangianti, di effetti timbrici visionari, di armonie inconsuete, destinati ad una Hausmusik per pochi intenditori. Phantasiestücke per clarinetto e pianoforte op. 73 è uno dei tanti esiti della produzione da camera schumanniana del 1849. Così come nelle coeve Tre Romanze per oboe e pianoforte e nei Fünf Stücke im Volkston per violoncello e pianoforte, Schumann prescrive una sostituzione ad libitum degli stru-

Foto Irène Zandel

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l 1840 è un anno di grazia per Robert Schumann; dopo aver condotto una lunga battaglia – anche legale – con Friedrich Wieck, padre dell’amata Clara, il compositore riesce a coronare il suo sogno d’amore e a congiungersi a colei che sente come completamento essenziale e irrinunciabile della sua personalità d’artista. È a Clara che Schumann dedica Myrthen op. 25, uno dei tanti inestimabili cicli di Lieder che costellano quell’anno miracoloso; la raccolta è il suo dono di nozze per la sua «anima, il suo cuore, la sua quiete, la sua pace», come recitano i versi di Friedrick Rückert nel Lied Widmung (Dedica) posto in apertura del ciclo. La stessa effusione di sentimenti pervade la produzione liederistica di Clara. A distanza di pochi mesi dal matrimonio, sul comune diario che la coppia verga di giorno in giorno per eternare ogni attimo del proprio idillio amoroso, Robert scrive del progetto di pubblicare un volume di Lieder insieme a Clara; il desiderio che la sua «Clärchen» possa dedicarsi alla composizione sembra sincero, ma ella recalcitra, si nasconde dietro ai pregiudizi dell’epoca: «Le donne non sono nate per comporre!». Le sollecitazioni di Robert non restano tuttavia lettera morta e l’8 giugno 1841, in occasione del suo genetliaco, il compositore riceve un regalo insperato: quattro Lieder su testi di Rückert, seguiti negli anni a venire da altre prove d’amore: da Ich hab’ in deinem Auge op. 13 (Io vedo nei tuoi occhi, quinto numero di un ciclo di 6 Lieder) a Geheimes Flüstern hier und dort (Dolci e segreti sospiri qui e lì), terzo numero dei Sechs Lieder op. 23 su versi tratti dalla novella Jucunde di Hermann Rollett. Numericamente, la produzione liederistica di Clara non è paragonabile a quella di Schumann, ma, a prescindere dalla quantità, il passaggio dall’una all’altro avviene senza fratture, uniti nella condivisione che «la sola voce non possa rendere tutto». È il pianoforte che può far emergere la preziosità delle immagini poetiche, in un’unione con i versi che potrebbe svelarsi perfino senza il mezzo vocale. L’aspirazione degli Schumann troverà piena realizzazione nelle trascrizioni per pianoforte elaborate da Franz Liszt nell’arco di circa un ventennio (1848-1874): il testo non è più presente, ma ogni sua singola sfumatura echeggia costantemente nel fluire strumentale. Dal 1850 Schumann è direttore stabile a Düsseldorf; Clara si destreggia tra la famiglia, in costante aumento, e gravose tournées concertistiche a cui non può sottrarsi. Lo stato psichico di Robert è vacillante. Il precedente decennio è


Lunedì 11 aprile 2022

DA ASCOLTARE

Foto Irène Zandel

Non è eccessivo affermare che Sabine Meyer abbia inciso la quasi totalità del repertorio per clarinetto solista, da camera e con orchestra. Sin da quando nel 1990 Emi Classics le ha dedicato Künstler unserer Generation (Artisti della nostra generazione), dove allineava una schiera di compositori, da Mozart a Schumann, da Poulenc a Stravinskij, la straordinaria solista tedesca è comparsa in oltre trenta titoli, uno fra tutti il cofanetto di 5 cd che Warner Classics le ha dedicato nel 2014, riassumendo incisioni che vanno dai Berliner di Abbado (il Concerto di Mozart, la Première Rhapsodie di Debussy), a un jazzistico omaggio a Benny Goodman con i Bamberger Symphoniker e Ingo Metzmacher. Ma non manca un’incisione del Mozart in programma per Musica Insieme, e con gli stessi Mönkemeyer e Youn: del 2016 è infatti Mozart with Friends (Sony Classical), che al celebre Trio dei birilli accosta anche il breve Trio dal “Quaderno di Londra” vergato nella capitale inglese a soli otto anni.

menti solistici monodici con altro strumento. Nei Phantasiestücke il clarinetto potrebbe cedere il proprio ruolo al violino o al violoncello nella conduzione di un phantasieren di hoffmanniana memoria in tre parti, in cui l’unità dell’insieme è sottesa da una rete di connessioni tematiche con esplicite reminiscenze motiviche o nascoste allusioni originate da una comune Stimmung. Al termine dell’attività compositiva, e sempre più stretto nella morsa di quella malattia mentale che di lì a poco lo getterà nell’impenetrabile oscurità della mente, Schumann evoca il mondo dei cantastorie; le Märchenerzählungen op. 132 per clarinetto, viola e pianoforte (1853), forse ispirate ai racconti di Ludwig Tieck e ai dipinti di Moritz von Schwind, narrano di un mondo fiabesco senza tempo e senza luogo, dall’instabilità leggiadra del primo movimento e dal carattere marziale del secondo in forma di Scherzo alla «calma e soave espressione» del terzo, fino all’animato estinguersi del quarto. L’organico prescelto da Schumann per quest’opera d’ispirazione fiabesca richiama il celebre Trio KV 498 di Mozart (1786), noto come Kegelstatt-Trio o Trio dei Birilli poiché composto, secondo un aneddoto, durante una partita a birilli. L’influenza dell’amico clarinettista Anton Stadler nella scelta dell’organico non può essere celata, data soprattutto l’attenzione che da questo momento in poi Mozart dedicherà allo strumento a fiato (emblema ne è il Concerto per clarinetto KV 622). La scelta dei tempi risulta singolare: un Andante, che ben si confà alle tinte suadenti del clarinetto e della viola, seguito da un Menuetto con un ombroso Trio; infine un Rondò dall’inesauribile vena melodica. Ancora sulla stessa linea di Schumann, in questo caso per l’intercambiabilità dello strumento monodico, sono le Sei Variazioni su Au bord d’une fontaine KV 360 per viola (o violino) e pianoforte che Mozart compone al suo arrivo a Vienna (1781) su una chanson del XVI secolo. Le prime variazioni assegnano alla viola un ruolo subalterno, ma, dopo poche pagine, il dialogo diventa serrato e i due strumenti si rincorrono in nuove rigenerazioni del tema scaturite dall’inesauribile vena creativa di Mozart.

Lo sapevate che Sabine Meyer ha iniziato suonando prima il piano, poi il violino e l’organo, ma a otto anni ha capito che il suo vero amore era il clarinetto


La vita in un soffio La celebre clarinettista tedesca racconta con semplicità e profondità quanto la musica sia per lei da sempre una “condizione naturale”, a dispetto di un ambiente a forte impronta maschile. Uno status quo che lei stessa ha contribuito a cambiare, con il suo talento e la sua passione per la scoperta del repertorio e delle più originali commistioni sonore. Suo padre suonava il clarinetto. Come è avvenuto il suo avvicinamento alla musica? «Mio padre era un musicista e un ottimo insegnante. Aveva anche un negozio di musica dove si potevano trovare quasi tutti gli strumenti, quindi io sono cresciuta con la musica, per me era una cosa naturale, come mangiare, bere e dormire! Ho provato tutti gli strumenti a partire dal pianoforte, poi il violino, seguito dal clarinetto e dall’organo. Per anni ho suonato e studiato tutti e quattro gli strumenti, ma presto il clarinetto è diventato il mio preferito!». Ha proseguito gli studi con Hans Deinzer alla Hochschule für Musik und Theater di Hannover: quali sono gli insegnamenti che ha appreso da questo Maestro? «Hans Deinzer era un insegnante incredibile. Per lui era di fondamentale importanza non solo la tecnica della diteggiatura, ma anche il controllo dell’intonazione, il fraseggio e la cura dei colori e delle infinite sfumature timbriche del clarinetto. Il suo insegnamento mirava a fare di noi dei cantanti, ancor più che dei clarinettisti!». Herbert von Karajan l’ha fortemente voluta fra le prime parti dei Berliner Philharmoniker, sfidando la tradizionale esclusività maschile. Secondo la sua esperienza, com’è cambiata nel tempo la figura femminile in musica? «Allora quella dei Berliner Philharmoniker era un’Orchestra rigorosamente maschile. Ma i tempi sono cambiati, sempre più donne suonano nelle orchestre e come soliste. Non solo, oggigiorno le donne direttrici d’orchestra sono sempre più numerose, e protagoniste di luminose carriere. Ma non dobbiamo comunque dimenticare che nel mondo per le donne è sempre tutto più difficile che per gli uomini. Spero comunque di poter dare il mio contributo nell’incoraggiare le donne a perseguire con assiduità e coerenza la propria strada». Come è avvenuto il passaggio da prima parte di un’orchestra a solista?

«In principio non volevo diventare una solista, ma dopo l’esperienza con i Berliner Philharmoniker avevo alle spalle davvero tantissimi concerti, e ho iniziato a sentirmi un po’ stanca di suonare in orchestra, quindi ho intrapreso la carriera solistica. Poco dopo sono diventata due volte mamma, e il lavoro “free-lance” da solista si armonizzava indubbiamente meglio con la vita in famiglia. Ma adoro anche la musica da camera: ogni anno, più del 50 % dei miei concerti sono dedicati alla cameristica; inoltre sono estremamente felice di aver suonato per dieci anni nella Lucerne Festival Orchestra con Claudio Abbado, è stata una delle esperienze più belle della mia vita». A Bologna avremo occasione di ascoltare sonorità e colori davvero speciali: come descriverebbe in particolare il Kegelstatt-Trio di Mozart? «In questo Trio l’accostamento inconsueto di viola, clarinetto e pianoforte è un’invenzione di Mozart: lo scopo era suonare con il suo caro amico Anton Stadler, clarinettista, e con la sua allieva Franziska von Joaquin al pianoforte. È una meravigliosa combinazione fra lo spirito della musica da camera e i brillanti assoli dei tre strumenti». Uno sguardo speciale è riservato poi in questo programma alla “famiglia Schumann”: cosa vi ha colpito di questo straordinario sodalizio musicale? «Schumann ha seguito l’esempio di Mozart e ha composto un Trio per viola, clarinetto e pianoforte, oltre a brani straordinari di musica da camera per la viola e per il clarinetto. Sono convinta che amasse i colori particolari degli strumenti un po’ “scuri”». Quale ritiene sia la modalità più efficace per far conoscere la musica ai bambini e ai giovani in generale? «È molto importante suonare il più possibile per i bambini, proponendo naturalmente della buona musica. E loro la adorano. Ho vissuto sempre ottime esperienze quando ho suonato per i bambini: sono così liberi e spontanei che a volte ho l’impressione che siano molto più reattivi alla musica di quanto non lo siano gli adulti!». (a cura di Carla Demuru)

Foto Christian Ruvolo

> Intervista > Sabine Meyer



Venerdì 6 maggio 2022

UNO SGUARDO

originale

Foto Marco Borrelli

La rilettura dei capolavori del passato, quelli musicali come quelli letterari, accomuna i tre autori in programma nel concerto straordinario che Musica Insieme offrirà ai Donors di Luca Baccolini

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Venerdì 6 maggio 2022

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he l’Italia debba ancora fare i conti con Ottorino Respighi sembra un paradosso, ma la realtà dice proprio così: quando si tenta di rendere giustizia al genio di questo compositore, si tende perlopiù a ricordarlo per il suo Trittico di poemi sinfonici romani (Fontane, Pini, Feste), perimetro rassicurante, ma poco rappresentativo di una personalità cosmopolita, capace di stare a proprio agio in ogni angolo di mondo, fosse New York, Berlino o Mosca. Già nel 1903, non ancora ventiquattrenne, Respighi aveva accumulato due anni di lavoro in Russia, dov’era finito a inizio Novecento per rimpolpare le file dell’orchestra nella Stagione d’Opera italiana al Teatro imperiale di San Pietroburgo. Čajkovskij era morto da meno di dieci anni, due del “Gruppo dei Cinque” erano ancora vivi e Skrjabin contendeva già a Rachmaninov la bussola del pianismo dell’avvenire. Il primo impatto col nuovo mondo fu fulminante. In buca il giovane Respighi, da violinista, si trovava a eseguire Tannhäuser, Gioconda, Trovatore, Bohème,

CONCERTO STRAORDINARIO FUORI ABBONAMENTO VENERDÌ 6 MAGGIO 2022 ORE 20.30 TEATRO AUDITORIUM MANZONI

ORCHESTRA DELLA TOSCANA LORENZA BORRANI violino ENRICO DINDO violoncello PIETRO DE MARIA pianoforte GIOVANNI SCIFONI voce recitante ALESSANDRO CADARIO direttore

Ottorino Respighi Rossiniana, Suite per orchestra Giorgio Federico Ghedini Concerto dell’Albatro per violino, violoncello, pianoforte, voce recitante e orchestra Pëtr Il’ič Čajkovskij Romeo e Giulietta, Ouverture-fantasia

L’Orchestra della Toscana, fondata nel 1980, è considerata tra le migliori compagini italiane, attenta sia al repertorio che al contemporaneo sin dall’imprinting ricevuto da Luciano Berio. Ospite delle più importanti sale, dalla Scala di Milano alla Carnegie Hall, collabora con musicisti come Martha Argerich, Myung-Whun Chung, Salvatore Accardo e Yo-Yo Ma. Sul podio Alessandro Cadario, Direttore ospite principale dell’Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano, e al suo fianco un quartetto di straordinari interpreti. Lorenza Borrani, violinista e direttrice, solista e camerista invitata dalle maggiori istituzioni, è la fondatrice di Spira mirabilis, laboratorio d’orchestra la cui originale concezione ha ispirato il documentario La Spira di Geràld Caillat. Enrico Dindo vince nel 1997 il Concorso “Rostropovič” di Parigi, per intraprendere poi una carriera solistica che lo vede collaborare con le più prestigiose orchestre, spesso nella doppia veste di violoncellista e direttore. Il pianismo di Pietro De Maria gli è valso la vittoria a numerosi concorsi, fra cui il “Dino Ciani” e il “Géza Anda”, e l’ha visto diretto da bacchette illustri come Chung, Gatti, Noseda, Mariotti. Voce della serata sarà infine Giovanni Scifoni, diplomato nel 1998 all’Accademia Nazionale di Arte Drammatica, e oggi brillante drammaturgo, regista e attore noto al pubblico televisivo per la serie DOC della rete RAI.

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MUSICA INSIEME

Foto Leonardo Ferri

I PROTAGONISTI


Foto Piera Mungiguerra

Onegin nel giro di una settimana. Ma l’incontro decisivo fu quello con Rimskij-Korsakov, suggellato dal famoso aneddoto dell’anticamera: dopo esser riuscito a ottenere un appuntamento col venerato maestro, Respighi gli sottopose alcune partiture; osservando le prime pagine, Rimskij-Korsakov s’alzò e disse alla segretaria che quel giorno non avrebbe più ricevuto nessuno. Da quei colloqui Respighi uscì con una nuova consapevolezza sui colori e gli impasti orchestrali, già percepibile nel Preludio, Corale e Fuga che nel 1901 gli valse il diploma in composizione a Bologna. Tornato poi in Russia (e padroneggiandone già la lingua), Respighi incontrò il mondo favoloso dei balletti, una fascinazione che non lo avrebbe mai abbandonato. Nel 1919, basandosi su alcuni brevi pezzi del catalogo rossiniano dei Peccati di vecchiaia, scriverà La boutique fantasque per la coreografia di Léonide Massine, anima dei Ballets Russes di Djagilev. Su quella traccia s’inserisce anche la Suite Rossiniana, partorita nel 1925 accanto a capolavori come il Concerto in modo misolidio, il Poema autunnale e il ciclo di liriche Deità silvane. Come nella Boutique, Respighi prende in prestito quattro brevi pezzi pianistici di Rossini procedendo attraverso una varietà di stati d’animo, dal quasi esageratamente tragico allo sfrenato, e le doti del magnifico orchestratore rimskijano sono in mostra ovunque, specialmente nel breve Intermezzo, che brilla di luce propria come un piccolo gioiello. La Tarantella di chiusura è interrotta da una musica che suggerisce che qualcuno sia effettivamente morto per il morso della tarantola, ma una volta transitata la processione religiosa le danze riprendono, e la Suite finisce con toni di colore perfino sgargianti. Respighi è un compositore modernista con lo sguardo proteso al passato. Il suo procedere non è diverso da quello del coevo Ravel, che rompe i ponti col romanticismo per allacciarsi direttamente ai grandi padri del Sei-Settecento francese, in un territorio in cui non esistono sentimenti esibiti, ma un perfetto equilibrio tra intelletto ed emozione. È una predisposizione condivisa anche da Giorgio Federico Ghedini, che alla fine del 1945 presenta il Concerto dell’albatro per violino, violoncello, pianoforte, voce recitante e orchestra, uno sguardo retrospettivo al concerto grosso pur senza citazioni stilistiche esplicite. La misteriosa melodia affidata agli archi, che evocano spazi sconfinati attraversati solo da silenzio e inquietudine, vale già come dichiarazione d’intenti: sembra di intravederla davvero in lontananza l’imbarcazione che interrompe impercettibilmente la linea piatta dell’oceano. Ghe-

BIGLIETTERIA I biglietti saranno disponibili da giovedì 7 aprile 2022 su Vivaticket, presso Bologna Welcome e nei punti vendita convenzionati, e il giorno del concerto presso la Biglietteria del Teatro Auditorium Manzoni a partire dalle ore 17.

Nella pagina accanto, il pianista Pietro De Maria. Qui sopra: Lorenza Borrani. Nella pagina successiva, Enrico Dindo e Giovanni Scifoni

PREZZI BIGLIETTI

INTERO Platea € 40 - Galleria € 30 - Balconata € 10

ABBONATI MUSICA INSIEME Platea € 30 - Galleria € 20 - Balconata € 10

UNDER 30 Platea € 25 - Galleria € 15 - Balconata € 10

DONORS Ingresso gratuito (su prenotazione)

Musica Insieme offrirà gratuitamente il concerto a tutti i Donors in segno di riconoscenza per aver sostenuto la Fondazione durante i difficili mesi della pandemia, rinunciando al rimborso della quota di abbonamento per i concerti rinviati. Per informazioni e prenotazioni: 051 271932 info@musicainsiemebologna.it

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Foto Adriano Heitmann

Foto Gennari

Venerdì 6 maggio 2022

DA ASCOLTARE Della ricca discografia dell’Orchestra della Toscana segnaliamo un progetto originale come il trittico dedicato alla riscoperta del sinfonismo del Novecento storico italiano sotto la guida di Daniele Rustioni, fra le bacchette più interessanti della sua generazione, Direttore principale dell’ORT fino a maggio 2020 ed oggi Direttore artistico della compagine. In co-produzione con Sony Classical, i tre cd omaggiano rispettivamente Giorgio Federico Ghedini nel 2016, Goffredo Petrassi nel 2018 e Alfredo Casella nel 2019, in quest’ultimo caso con Alessandro Taverna al pianoforte. L’incisione più recente dell’ORT, Affinità elettive, pubblicata nel 2021 da NovAntiqua Records, contiene invece il meraviglioso Concerto per clarinetto KV 622 di Wolfgang Amadeus Mozart, interpretato da Nicolai Pfeffer e diretto da Markus Stenz.

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MUSICA INSIEME

dini, 13 anni più giovane di Respighi e come lui appassionato di musica antica, trasse ispirazione dall’episodio di Moby Dick in cui Melville descrive il primo incontro con un albatro sulla tolda del Pequod, quasi una visione mistica scaturita dal contrasto tra l’enorme e inquietante uccello e l’oscuro destino dell’uomo. Guardare al passato per scrutare il futuro (o sopportare meglio il presente) è in fondo quello che fa pure Čajkovskij, dichiaratosi sempre seguace del classicismo, con punte di venerazione per l’amato Mozart, un balsamo per il suo animo inquieto. In Romeo e Giulietta, forse il suo primo vero capolavoro orchestrale, scritto nel 1869 sotto la supervisione di Balakirev, il tema introduttivo è un corale dalle tinte scure, che gioca sulle suggestioni di un’atmosfera medievaleggiante, cornice perfetta per il dramma. Il linguaggio musicale di Čajkovskij tenderà sempre a riempire gli spazi ereditati dalla tradizione, senza aspirare a uscire dal perimetro delle forme stabilite. In questo, il dualismo drammaturgico shakespeariano offre la struttura portante perfetta della tragedia come contrasto di forze inconciliabili. La faida feudale tra Capuleti e Montecchi è il tema dell’Allegro giusto, al cui lato opposto troviamo il tema dell’amore, “dolce ma sensibile” come recita l’indicazione espressiva in partitura. Il rincorrersi di questi due temi sarà anche la sintesi della vita di Čajkovskij, anima tormentata e ipersensibile, il “ragazzo di vetro” che Nina Berberova raccontò meglio di ogni altro nella sua mirabile biografia.


L’arte dell’incontro In questo programma ci sono delle preziose rarità, a partire da Ottorino Respighi, bolognese, che proprio “in patria” fatica ancora a trovare quel riconoscimento che il resto del mondo gli tributa. Per quale motivo, secondo te? «Credo che anche nella musica vi siano mode e periodi, e il grande valore di Respighi non sia stato mai pienamente riconosciuto. Come c’è stata una ripresa della fortuna di Rossini, dando il giusto spazio al suo genio operistico, per Respighi andrebbe fatta la stessa cosa, specie nell’ambito sinfonico, nel quale il suo contributo è stato fondamentale. Io lo assimilo un po’ al Ravel italiano: Respighi più di tutti ha portato gusto e genialità nell’orchestrazione, riscoprendo fra l’altro proprio i classici italiani, come nel caso della Rossiniana che eseguiremo con l’ORT». Un altro fil rouge di questo programma è la danza… «Sì, la definirei una “danza delle immagini”, a partire da Rossini, dove il riferimento è esplicito: ad esempio nella Tarantella troviamo un colore quasi folcloristico, dal fascino molto contemporaneo e fresco. Poi ci sono Ghedini e Čajkovskij, dove la musica racconta una storia con grande potenza. Nel Concerto dell’Albatro di Ghedini le atmosfere cupe del secondo dopoguerra si riverberano nella musica sul racconto del Moby Dick di Melville, mentre Čajkovskij concepisce una Ouverture-fantasia – che più “alla moderna” chiameremmo poema sinfonico – dove il dramma shakespeariano di Romeo e Giulietta si traduce in ritmi e melodie, tra cui il bellissimo tema dell’amore, forse uno dei più famosi e amati di Čajkovskij». Il brano di Ghedini è un unicum anche per il suo organico. «Sì, se si eccettua il Triplo Concerto di Beethoven, è uno dei pezzi più interessanti del repertorio per questo organico, a metà fra la sinfonia concertante e il concerto solistico, con in più la voce recitante che lo trasforma in una sorta di melologo. In effetti in questo programma vi sono forme molto sperimentali: l’Ouverture-fantasia di Čajkovskij, un brano non facilmente etichettabile, poi questo Triplo Concerto di Ghedini, e la rilettura originale di Respighi. Di certo non è un programma che si ascolta tutti i giorni». Il concerto da te diretto lo scorso 17 maggio 2021

è stato il primo “a porte aperte” per Musica Insieme, e a sua volta questo concerto straordinario sarà offerto a tutti i Donors che ci sono stati vicini in un momento difficilissimo. Quali sensazioni porta con sé la ripresa delle attività? «Oggi abbiamo ritrovato una sorta di “normalità dello straordinario”, e c’è un grande desiderio di andare oltre, con mille attenzioni ma senza quella paura che all’inizio ci bloccava. Purtroppo all’uscita di questo tunnel siamo precipitati nuovamente nello sconforto per i tragici avvenimenti della guerra. Per noi musicisti è quasi inconcepibile, abituati come siamo a collaborare a prescindere dalla nostra nazionalità, orientamento politico o religione. A noi interessa fare musica insieme, e ogni volta ci accorgiamo che è più quello che ci unisce di quello che ci divide. Quindi è un grande peccato non riuscire a trovare un punto d’incontro ad un tavolo diplomatico: tutto ciò ci impoverisce invece di arricchirci, come invece fanno la musica e la cultura». Accanto a te e all’Orchestra della Toscana ci sarà un quartetto di eccellenti interpreti italiani. «È la prima volta che collaboro con loro e ne sono entusiasta, mentre nel caso dell’ORT, che frequento da sempre, c’è anche una ragione affettiva che mi lega al suo Direttore artistico e già Direttore principale, Daniele Rustioni, non solo un caro amico, ma anche un compagno di studi all’Accademia Chigiana e un grandissimo musicista». Un grado di separazione, e arriviamo al Varignana Music Festival 2022, dove dirigerai la Filarmonica Toscanini e una solista che a Rustioni è decisamente legata, Francesca Dego. «Con lei abbiamo suonato tantissimo, e credo che ritrovarsi non solo con grandi solisti, ma soprattutto con solisti con cui si è condiviso più volte il palcoscenico sia anche un’esperienza umana preziosa: è come una narrazione che non s’interrompe fra la vita vera e il palco, una narrazione continua che amo molto e che si verifica con pochi altri artisti. Mi fa anche piacere tornare sul podio della Toscanini, un’altra Orchestra che ha segnato i miei inizi». (a cura di Fulvia de Colle)

Foto Lorenza Daverio

> Intervista > Alessandro Cadario


Lunedì 9 maggio 2022

BRANDELLI

d’Ottocento

Attesissimo il recital di uno dei massimi pianisti al mondo, che ci accompagnerà in un turbinio danzante di note di Elena Cazzato

U

n programma che attraversa l’intero Ottocento quello che il leggendario pianista russo Grigory Sokolov ha scelto di proporre quest’anno per Musica Insieme. Tre capolavori del repertorio pianistico tutti molto diversi tra loro, ma allo stesso tempo legati da una connessione d’animo tra i loro compositori e da un fil rouge: si tratta infatti di tre opere tutte strutturate su brevi frammenti, sebbene in forme diverse. Si aprono le danze, come si suol dire, proprio con un tema di balletto: siamo all’inizio del secolo, precisamente nel 1802, quando Beethoven compone le sue ormai celeberrime variazioni, riutilizzando

GRIGORY SOKOLOV

Foto Anna Flegontova

Nasce a Leningrado nel 1950 e si avvicina al pianoforte all’età di cinque anni. A sette è già entrato al Conservatorio cittadino, nella classe di Liya Zelikhman, per poi continuare gli studi con Moisey Khalfin. Debutta nel 1962 con un recital solistico e dopo soli quattro anni diventa il più giovane vincitore della Medaglia d’oro nel prestigiosissimo Concorso internazionale “Čajkovskij” di Mosca. Nonostante i tour internazionali, è con le registrazioni dei suoi concerti in patria che si guadagna presto lo status di pianista quasi mitologico in Occidente. Con la caduta dell’Unione Sovietica comincia a suonare presso le più prestigiose sale da concerto in tutta Europa e nei maggiori festival, sia come solista, sia in collaborazione con orchestre di fama mondiale. Da alcuni anni si dedica esclusivamente al repertorio solistico e si esibisce in circa 70 concerti ogni stagione, immergendosi completamente in un unico programma con cui si sposta per tutta l’Europa.

il tema del rondò finale de Le creature di Prometeo, balletto in tre atti musicato l’anno precedente. La composizione è poi diventata familiare al grande pubblico con il nome di Variazioni Eroica, proprio perché lo stesso materiale tematico comparirà tre anni più tardi nel movimento finale della sua imponente Terza Sinfonia, denominata per l’appunto Eroica. Beethoven ha 32 anni e il suo sperimentalismo si fa ormai sempre più insistente: stanco del classicismo viennese, si spinge verso nuove forme e armonie, che preluderanno allo sviluppo del Romanticismo. Già in età giovanile si era cimentato con la Variazione – un genere che lo accompagnerà poi per tutta la vita – per lo più in lavori agili e meno impegnativi, mentre con l’op. 35 il processo di ricerca si fa nettamente più ardito e complesso. La scelta iniziale rappresenta già una totale novità: la composizione non si apre infatti immediatamente con il tema, come di consueto, bensì con un’introduzione basata sul basso. Segue dunque il tema vero e proprio con le sue quindici variazioni, per poi concludersi con una Fuga, altra forma cara al nostro compositore, e un Andante con moto finale. Sebbene non siamo ancora giunti ai capolavori di perfezione formale assoluta del Beethoven più maturo, possiamo sicuramente

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LUNEDÌ 9 MAGGIO 2022 ORE 20.30 TEATRO AUDITORIUM MANZONI

GRIGORY SOKOLOV

pianoforte

Ludwig van Beethoven Quindici Variazioni e una Fuga in mi bemolle maggiore op. 35 (Variazioni Eroica) Johannes Brahms Tre Intermezzi op. 117 Robert Schumann Kreisleriana op. 16

considerare quest’opera come una chiave di volta all’interno del suo percorso di ricerca compositiva. Sokolov prosegue dunque il suo “ballo” con un balzo: arriviamo per direttissima alla fine del secolo con gli Intermezzi op. 117 di Johannes Brahms, composti nel 1892. Il salto non consiste solo nella distanza temporale: balziamo anche perché siamo di fronte a un genere di composizione completamente diverso e profondamente intriso di Romanticismo, sebbene si parli di Brahms, il compositore che più ha dovuto e voluto raccogliere l’immensa e sfiancante eredità beethoveniana. L’op. 117 è una delle ultime del catalogo del compositore e si dispiega in tre piccoli e cesellati frammenti, tipici dell’estetica romantica, ma intrisi di contrappunto ed equilibrio neoclassico. Il primo si apre, etereo, con una melodia di ninnananna, che si dispiega placidamente emergendo nitida all’orecchio. Il secondo, invece, ha una forma più elaborata, studiato come fosse un Allegro di Sonata, si caratterizza per un’armonia decisamente più ardita e per un sentimento di profonda agitazione. Il terzo e ultimo Intermezzo, invece, riconduce alla calma iniziale, sebbene in un’atmosfera molto più ombrosa e austera. Una sorta di dolce malinconia fa da Leitmotiv per tutta l’opera; d’altronde nello stesso anno il compositore aveva subito due gravi lutti: la sorella e l’amica Elisa von Herzogenberg l’avevano abbandonato. Le danze si chiudono con Robert Schumann, l’anello mancante nell’evoluzione di questo denso programma: fu proprio la moglie Clara Wieck a scoprire l’immenso talento di Brahms, designato poi dal marito quale degno erede di Beethoven. Torniamo quindi indietro sulla nostra linea temporale, poiché quando Schumann compone la Kreisleriana siamo nel 1838. Anch’essa caposaldo del repertorio pianistico classico, rappresenta lo specchio della schizofrenia del suo autore: non a caso il titolo la associa a Kreisler, maestro di cappella tedesco morto in preda alla follia, creato dal genio di Hoffmann. In una lettera alla moglie, Schumann rivela di avere scritto

questo ciclo inscindibile di otto pezzi in soli quattro giorni, pervaso dall’energia instancabile della primavera. Il compositore definisce queste pagine Phantasien: ci troviamo nuovamente nel pieno dell’espressione romantica, che urla a squarciagola la necessità di una forma libera da vincoli. Sebbene sia scomparsa la maniacale attenzione beethoveniana per l’ampia elaborazione formale, non possiamo nemmeno definire la poetica schumanniana come totalmente frammentaria: questi otto capolavori, infatti, conservano il loro pieno significato solo se eseguiti integralmente e nell’ordine scelto dal compositore. Ciò che di Beethoven aleggia ancora nell’aria è la precisione nello sviluppo tematico, che si lancia in questo caso nella manifestazione dei sentimenti più profondi dell’animo scisso di SchuLo sapevate che mann: le sue turbe interiori lo Sokolov è da sempre trasportano da un momento interessato alla meccanica all’altro dall’agitazione più profonda a una quiete quasi del pianoforte e collabora leggiadra. spesso con i tecnici per Un mondo ricchissimo, dunottenere il suono ideale que, quello dell’Ottocento, tanto variegato quanto segnato da una maestosa presenza: Beethoven rappresenta un marchio a fuoco nella storia della musica e le sue immense opere segnano un prima e un dopo. Ciò che è certo è che nessuno venuto dopo di lui può esimersi dal confronto, che cerchi di emularlo o che provi a distaccarsene. Forse è proprio questo che Sokolov vorrà farci scoprire, con un percorso quasi circolare e interconnesso attraverso il XIX secolo.

DA ASCOLTARE Da anni il leggendario pianista russo collabora con Deutsche Grammophon, la nota etichetta tedesca che recentissimamente ha prodotto un nuovo album in uscita per i primi di aprile 2022. Un lavoro da non perdere, dedicato a uno dei più grandi esponenti del classicismo viennese: il compositore austriaco Franz Joseph Haydn. Proprio in omaggio a questa pietra miliare della storia della musica, il cofanetto è in realtà una registrazione avvenuta presso l’Haydnsaal di Schloss Esterházy, nella città austriaca di Eisenstadt, ovvero il luogo in cui il compositore ha vissuto e lavorato e dove si è esibito per quasi la metà della sua vita. L’album contiene tre sonate di Haydn, gli Improvvisi di Schubert D 935 e una corposa selezione di bis, tra cui opere di Rameau, Chopin, Debussy, Griboedov e ancora Schubert.

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© Decca

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ARMONIE

familiari

La XXXV Stagione di Musica Insieme si conclude con il debutto a Bologna di un duo di giovani, straordinari talenti, per un programma dal cuore novecentesco di Maria Chiara Mazzi

C

i sono cose che accomunano violoncello e pianoforte, oltre alla considerazione che entrambi producono suono con le corde, se pure variamente sollecitate. Il pianoforte deve aspettare la seconda metà del Settecento per trovare una sua definitiva collocazione e per trasformarsi nell’onnivoro strumento che da quel momento abbiamo conosciuto. Il violoncello, da metà Seicento e per quasi un secolo, esiste quasi solo nelle mani dei virtuosi, contro l’ostilità di teorici e storiografi che lo ritengono un presuntuoso concorrente alla sacra maestà della viola da gamba, sia come solista sia nella funzione di arco grave per il continuo. E se escludiamo Bach, che se ne esce con vere e proprie sonate per violoncello e clavicembalo concertante, occorre aspettare proprio la fine del Settecento perché qualcuno provi a rimettere insieme, in una pagina cameristica, il violoncello e, trattandosi di Beethoven, il pianoforte. Beethoven, appunto, le cui sonate per violoncello sembrano marcare il territorio nella sua vicenda compositiva e collocarsi quasi come pietre miliari all’interno dei famosi “tre periodi” coi quali si è soliti suddividere la sua opera. Le due Sonate op. 5, all’inizio del periodo “dell’assimilazione”, mostrano come ancora il giovane tedesco risenta dei maestri e si adegui nel suo camerismo alla piacevole facilità tardo-settecentesca, nella quale è ancora lo strumento a tastiera a prevalere. Nel bel mezzo del “secondo periodo”, quello eroico, sta, quasi come su un pennone solitario, la Sonata op. 69, nella quale intreccio delle parti e struttura interna assumono ben altre funzioni. In fondo, ad aprire il misterioso cancello per il quale si entra nel mitico “ultimo periodo”, quello dell’introspezione, stanno le due Sonate op. 102, che decretano l’inizio di uno stravolgimento formale e contenutistico che a lungo non potrà essere uguagliato. Se l’ispirazione, come afferma in un celebre detto Napoleone, «è la risoluzione immediata a un pro-

LUNEDÌ 16 MAGGIO 2022 ORE 20.30 TEATRO AUDITORIUM MANZONI

SHEKU KANNEH-MASON violoncello ISATA KANNEH-MASON pianoforte Ludwig van Beethoven Sonata n. 4 in do maggiore op. 102 n. 1 Dmitrij Šostakovič Sonata in re minore op. 40 Frank Bridge Sonata in re minore H. 125 Benjamin Britten Sonata op. 65

I PROTAGONISTI

Cosa rende così incredibili i Kanneh-Mason? La condivisione di una vivace passione per la musica, trasmessa loro sin dalla più tenera età dai genitori, provenienti dalla Sierra Leone. Isata (1996) e Sheku (1999) sono cresciuti a Nottingham e si sono diplomati nei rispettivi strumenti alla Royal Academy of Music. A soli 17 anni Sheku, violoncellista, vince il Concorso “BBC Young Musician of the Year” ed è spesso invitato dalle più prestigiose compagini, tra cui la Philharmonia Orchestra, l’Orchestre Philharmonique de Radio France e le Sinfoniche di Seattle e di Atlanta, per citarne solo alcune. Lo stesso avviene per Isata, pianista, Young Artist in Residence della Royal Liverpool Philharmonic Orchestra per la Stagione 2021/22, e ospite della Dallas Symphony come della BBC Scottish Symphony. Nel suo debutto in recital alla Wigmore Hall per la Giornata internazionale della Donna, ha eseguito un programma dedicato alle grandi compositrici della storia. Durante il lockdown, tutta la famiglia Kanneh-Mason (formata da sette fratelli) ha accompagnato Isata nel Primo Concerto per pianoforte di Beethoven, trasmesso in streaming dal salotto di casa, ottenendo oltre un milione di visualizzazioni.

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Lunedì 16 maggio 2022 blema a lungo meditato», si può dire che l’ispirazione fantastica della Sonata op. 102 n. 1 tragga il suo senso dall’eterno problema della dialettica formale che Beethoven si pone sin dall’inizio della sua attività. Osservata dall’esterno, essa propone quattro tempi alternati agogicamente: ma basta aprire la partitura e Lo sapevate che attivare la nostra attenSheku ha suonato zione per comprendere come in realtà i tempi al Matrimonio Reale siano soltanto due, e del Principe Harry e di come i due movimenti Meghan Markle, e Isata lenti altro non siano che l’introduzione ai due mosi è esibita a Los Angeles vimenti veloci che immecon la band di Elton John diatamente li seguono. Innovative nella forma e nella sostanza, nella loro stretta connessione tra le parti, nel cooperare continuo dei due strumenti e nell’idea che la musica da camera possa diventare l’essenza stessa della scrittura strumentale di un autore, le Sonate, composte nel 1815 e dedicate a Joseph Lincke, vengono pubblicate solo due

DA ASCOLTARE Il debutto discografico di Sheku Kanneh-Mason, intitolato Inspiration, è uscito nel 2018 per Decca Classics e comprende il Concerto per violoncello n. 1 di Šostakovič con la City of Birmingham Symphony Orchestra e Mirga Gražinytė-Tyla. Il fenomenale successo della registrazione ha proiettato Sheku Kanneh-Mason direttamente nella classifica Official UK Album e al n. 1 della Classical Chart. Accanto a opere di Šostakovič, Offenbach, Casals e Saint-Saëns, l’album contiene l’arrangiamento di Sheku Kanneh-Mason di No Woman No Cry di Bob Marley, che è diventato immediatamente virale sui principali social media, registrando un milione di visualizzazioni solo su Spotify nell’arco del primo mese. Da parte sua, Isata ha esordito per Decca Classics nel 2019 con Romance – The Piano Music of Clara Schumann, che ha subito scalato tutte le classifiche, piazzandosi al primo posto nella UK Classical Chart. Ma non solo: Gramophone l’ha definito «uno dei debutti più affascinanti e coinvolgenti» dell’anno. Nel luglio 2021 Isata ha bissato con Summertime, un viaggio nel repertorio pianistico dell’America del Novecento, che ne illustra la straordinaria varietà collegando la Sonata di Samuel Barber alle canzoni di Gershwin, alla prima incisione mondiale dell’Improvviso in si minore di Samuel Coleridge-Taylor.

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anni dopo. Ed è inutile dire che la loro lezione dovrà attendere ancora molto tempo e altri straordinari solisti per trovare dei seguaci. Nemmeno a dirlo, è il Novecento a recuperare non solo la libertà all’interno di una forma (la sonata) almeno all’apparenza prestabilita, ma anche le possibilità che questo insieme cameristico offre ai compositori e ai grandi interpreti. Il primo – in ordine cronologico e non di programma – della seconda parte del concerto è Frank Bridge, il quale, quando si accinge a comporre nel 1913 la sua Sonata per violoncello, decide inizialmente di fare riferimento ai precedenti esempi tardoromantici. Ma allo scoppio della guerra la sonata non può più procedere secondo il piano prestabilito e il compositore, davanti all’orrore del mondo, completa nel 1917 il brano con un secondo (e ultimo) movimento nel quale condensa pensieri tormentati, che sembrano intrecciare frammenti di melodie popolari e tristi presagi di morte. Bridge è maestro e quasi “padre putativo musicale” di Benjamin Britten, che compone la sua Sonata, come le altre quattro opere dedicate al violoncello, grazie alla conoscenza diretta con Mstislav Rostropovič, che nel 1960 era giunto a Londra per eseguire il Concerto di Šostakovič. È lo stesso violoncellista a chiedergli un brano e l’inglese non se lo fa ripetere due volte, preso da un’ammirazione sconfinata per il grande solista, davanti al quale si mostra a tal punto imbarazzato da “chiedere venia” se qualche passo non sia scritto in maniera consona allo strumento e allo strumentista. Vale la pena ricordare che in quell’occasione era presente anche Šostakovič, al quale Britten fa un omaggio diretto proprio nell’ultimo tempo della sonata, dove il moto perpetuo è costruito sulle lettere DSCH tradotte in note secondo il sistema anglosassone (re, mi bemolle, do, si naturale). E a Šostakovič siamo finalmente arrivati. Šostakovič che, pur amico personale di Rostropovič, dedica questa Sonata op. 40 ad un altro grande solista, Viktor Kubatzky, che la eseguirà in prima assoluta il 25 dicembre del 1934. Una sonata che, unica per questo organico nella produzione dell’autore, si colloca in una posizione precoce in un catalogo che approderà al camerismo solo dopo gli anni Quaranta. Particolare perché, assieme al suo consueto sarcasmo, il compositore sente ancora potenti i ricordi del grande passato, dall’ineliminabile lezione strutturale del classicismo viennese del primo movimento alle melodie popolaresche ispirate dal romanticismo del secondo, fino alle movenze giocose, virtuosistiche e brillanti del rondò conclusivo.


Note da condividere Siete sette fratelli e sorelle, tutti musicisti. Da dove proviene questa passione condivisa? Isata: «Credo derivi dal fatto che siamo sempre stati attorniati dalla musica. Siamo cresciuti ascoltandola ovunque, in auto e sul lettore cd di casa, e così iniziare a suonare uno strumento è stata la cosa più naturale da fare». Sheku: «Penso che la nostra passione sia nata perché nella nostra famiglia la musica era una parte importante della vita quotidiana. Siamo cresciuti ascoltando (e ballando!) tutti i generi di musica, in casa, alla televisione, ai concerti». Come gestite la frontiera tra la sfera professionale e la sfera familiare? Isata: «In realtà abbiamo due chat, una si chiama Kanneh-Mason Business chat e una è solo la Kanneh-Mason Social chat, così distinguiamo quando si tratta di affari o di famiglia: penso che funzioni abbastanza bene!». Sheku: «Suonando insieme sin da quando eravamo molto giovani, ci sembra una cosa così naturale che per noi è sempre fantastico provare, esibirci, insomma fare musica assieme». Il mattino del 16 maggio sarete protagonisti dell’appuntamento finale di Che musica, ragazzi!, dedicato alle scuole. Secondo voi, cosa si dovrebbe fare per conquistare i giovanissimi alla magia della musica? Isata: «Penso che il modo migliore sia semplicemente abituare i bambini ad andare ai concerti. Ritengo che sia un bene per loro essere circondati dalla musica. Anche le prove aperte sono un buon mezzo, perché se i ragazzi possono ascoltare la musica classica dal vivo in un ambiente informale e porre anche domande agli esecutori, si sentono più coinvolti in cose che normalmente sono loro estranee». Sheku: «Penso che assistere a un’esecuzione sia un modo meraviglioso per accostarsi alla musica. C’è un’energia potentissima in una performance dal vivo, è qualcosa di molto speciale». Che emozioni avete provato quando durante il lockdown avete trasmesso in streaming il Terzo Concerto di Beethoven, in cui Isata era accompagnata da fratelli e sorelle nell’intimità del salotto di casa? Isata: «È stato davvero bello, perché ero molto triste per la cancellazione di questo concerto, a

cui tenevo in modo particolare. E così, quando abbiamo deciso di farne una versione cameristica ne sono stata entusiasta: penso che sia uno dei pezzi che funzionano meglio anche in veste da camera, e poi ci siamo divertiti molto a scegliere chi avrebbe suonato quale parte, a fare le prove… insomma, è stata una bellissima esperienza». Sheku: «Ci siamo divertiti a costruire insieme la realizzazione di un concerto. Siccome Isata, a causa del Covid, non ha potuto interpretarlo con l’orchestra, è stato bello ricavarne una versione che potevamo eseguire a casa e trasmetterla al pubblico di tutto il mondo». Da “nativi digitali”, come usate i social media? Isata: «Voglio condividere quello che sto facendo. Penso che sia interessante per il pubblico scoprire com’è la vita di un musicista, dalle tournée alla scelta delle musiche da suonare: è un modo per coinvolgerlo». Sheku: «Grazie ai social media spero di condividere l’amore per quello che faccio, e magari di ispirare le persone e trasmettere la meraviglia di questa musica». Com’è nato il vostro nuovo album Muse, che avete registrato in piena pandemia? Isata: «Sheku ed io avevamo in programma di eseguire questi pezzi dal vivo, quando tutti i concerti sono stati cancellati. Allora abbiamo pensato che il modo migliore per mettere a frutto il grande impegno che vi avevamo profuso sarebbe stato registrarli, così da poterne curare ogni dettaglio e condividere con tutti gli ascoltatori quel che avevamo fatto». Sheku: «I numerosi recital che abbiamo dovuto cancellare prevedevano l’esecuzione delle Sonate di Rachmaninov e di Barber. Entrambi amiamo infinitamente questo repertorio e volevamo esplorarlo il più a fondo possibile, sicché farne una registrazione ci è sembrata anche una buona ragione per approfondire ancora di più i pezzi». (a cura di Camille Lauridon)

© Decca

> Intervista > Sheku e Isata Kanneh-Mason


Per leggere / di Chiara Sirk

Claudio Cumani Cresciuti a pane e teatro. Bologna in scena dal 1958 ai giorni nostri

(Pendragon, 2021)

Claudio Cumani da oltre quarant’anni è giornalista culturale al Resto del Carlino. Da quest’osservatorio ha a lungo studiato il mondo del teatro a Bologna. Quella per il teatro è però una passione che ha radici ancora più lontane, quando assisteva ad un movimento che andava dal palcoscenico classico ai luoghi alternativi, all’apparire di nuove compagnie che si affiancavano a quelle tradizionali. Un mondo cambiava e lui lo seguiva. Ha continuato a farlo come giornalista. Ciò che ha visto, ascoltato, le sue riflessioni adesso sono raccolte in un bel libro edito da Pendragon che s’intitola Cresciuti a pane e teatro. Bologna in scena dal 1958 ai giorni nostri. C’è molto da raccontare in una città non troppo grande eppure capace di dare spazio a tutti: i primi gruppi di ricerca (Teatro Evento, Nuova Edizione, Gruppo Libero), l’arrivo dei maestri (il Living, l’Odin, Grotowski), la nascita del Dams. E ancora: i comici di “Bologna Sogna”, gli esperimenti del Link, i lustrini del Cassero. Senza dimenticare i teatri ufficiali (Arena, Duse, Dehon), la lezione di Leo de Berardinis, la poesia declamata dalla torre degli Asinelli da Carmelo Bene. Tanti ricordi guardando al futuro. Lorenzo Arruga Accordi. 40 personaggi della mia vita

(Archinto, 2021)

Giornalista, scrittore, regista, curatore di mostre (anche per il Museo Teatrale alla Scala), Lorenzo Arruga ci ha lasciati nel 2020. Esce postumo Accordi. 40 personaggi della mia vita, pubblicato da Archinto, ultimo atto d’amore di Arruga per la musica e per il teatro: un carnet di dialoghi con musicisti e scrittori, regine del canto e della danza, direttori e solisti, attrici e registi, cantautori e impresari, letterati e maestri di pensiero. Da Claudio Abbado a Luchino Visconti, da Riccardo Muti a Placido Domingo, da Giorgio Strehler a Umberto Eco, da Maria Callas a Luca Ronconi, da Fanny Ardant a Sonia Bergamasco, da Carla Fracci a Italo Calvino, da Riccardo Bacchelli a Giorgio Gaber. Nell’incontro, il giornalista intervistatore Arruga li ascolta, e scatta, come un accordo musicale, «quel rapporto istintivo e fatale che ci lega agli artisti più amati». In quaranta accordi, il mondo dell’arte e della cultura accetta di svelarsi e si salva alla memoria, grazie alla fiducia nella parola di uno scrittore che sapeva essere curioso della vita degli altri col sorriso sulle labbra, con intelligenza, con finezza. 58

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MUSICA INSIEME

ACCORDI

d’amore I tre volumi che presentiamo in questo numero nascono tutti da un infinito amore per la musica, per il teatro e per i loro straordinari “abitanti” Chiunque ami la musica conosce Concertosa, la città dove la musica regna sovrana. Essa è governata da Gedeone Re Sol e dalla di lui consorte, la Regina MiLa, un primo violino con un gran caratterino. Pensate di non esserci mai stati? Impossibile, forse ve ne siete dimenticati e a ricordarvi tutti i particolari di questo luogo incantevole, dove se guardi in alto ci sono gli stendinote fatti di cinque fili ciascuno e i bambini sanno leggere le note lì appese perché a scuola studiano la pentagrammatica, ci pensa un libro speciale. S’intitola Concertosa. Il Fantaregno della Musica, il testo è di Sara Culzoni, le illustrazioni sono di Cristina Portolano. È un libro bello, scritto in grande, pieno di disegni coloratissimi e si può persino ascoltare. Lo ha voluto La Toscanini, una grande orchestra con sede a Parma, ed è pubblicato dalle Edizioni Musicali Curci. Sembra un piccolo libro, sono solo 80 pagine, ma dentro c’è un mondo di idee, di suoni zampillanti, di pensieri geniali. Il primo è raccontare la musica nel centenario della nascita (2020) di Gianni Rodari, alla cui poetica la fiaba si ispira. Il secondo è rendere questa lettura accessibile a tutti. Il carattere è ad alta leggibilità, adatto a lettori con dislessia. E se non si sa ancora leggere? Semplice: si inquadra con uno smartphone il QR code e si ascolta tutto raccontato dalla voce di Tullio Solenghi, che le

storie le sa leggere assai bene, e suonato dalle orchestre de La Toscanini, ovvero Filarmonica Arturo Toscanini, Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini e La Toscanini Next. Il lettore, piccolo o grande (perché è un libro così simpatico che anche gli adulti ne vengono catturati), si troverà in una vicenda molto importante incentrata su “Le avventure del piccolo Arturo contro i Musimostri e Tiberius Solimì”. Chi sia il piccolo Arturo è facile immaginarlo, ma per conoscere i Musimostri e Tiberius Solimì bisogna proprio leggere il libro, o ascoltarlo. Sarà un viaggio avventuroso tra buoni e cattivi, in un mondo dove volano le DOlombe e le REndini, dove si mangiano uova straStonate e spaghetti alla chitarra, un mondo dove c’è chi vuole attentare all’armonia e far sparire il ritmo regolare che lo governa. Riusciranno lo gnomusico insieme al piccolo Arturo, al geniale inventore Mastro Melodio e al Maestro Arrigo Di Rigo a vincere i Musimostri e a sventare il perfido progetto di Tiberius Solimì? Leggete il libro, regalatelo ai bambini che conoscete perché è una storia davvero molto bella, una storia fantastica che racconta la bellezza e la necessità della musica, per tutti. Sara Culzoni e Cristina Portolano Concertosa. Il Fantaregno della Musica

(Edizioni Musicali Curci, 2021)



Da ascoltare / di Roberta Pedrotti

PRIME volte

Brillano per originalità le incisioni dei Kanneh-Mason e del Signum, come originale è la concezione della nuova Missa di Marco Taralli Dowland, Richter, Glass, Fauré, Albinoni et al.

Signum Saxophone Quartet (Deutsche Grammophon, 2021) Echoes

Deutsche Grammophon non aveva mai pubblicato un album dedicato a un quartetto di saxofoni. La notizia non stupisce più di tanto, data la particolarità dell’ensemble, dunque ai Signum va riconosciuto, con il primato, il merito di aver rotto il ghiaccio in favore di uno strumento relativamente giovane (brevettato nel 1846), dalla letteratura “colta” forse non celeberrima ma nemmeno trascurabile. L’invenzione di Adolphe Sax, canneggio cilindrico come l’oboe e il fagotto, ancia semplice come il clarinetto, con il suo caldo squillo peculiare mostra, infatti, una straordinaria versatilità: lo avreste immaginato a sostituire il liuto nelle composizioni rinascimentali di John Dowland? Eppure così si apre un cd sorprendente, in cui il consort di saxofoni riprende l’uso barocco di complessi di strumenti omologhi in registri diversi e l’ininterrotta pratica di riscritture e trascrizioni. I sax guardano a Bach o all’Adagio attribuito ad Albinoni, diventano canne d’organo per il Requiem di Fauré (voce, quasi astratta, di Grace Davison) o attraversano il Novecento fra Hindemith e Glass, Max Richter, Joep Beving e altri autori viventi sviluppando un potenziale che risulta familiare e tutto da esplorare. Marco Taralli

Coro, coro di voci bianche e Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, Veronica Simeoni, Simone Alberghini, Antonino Fogliani (Tactus, 2022) Cantus Bononiae - Missa Sancti Petronii

Ogni anno il repertorio dell’archivio di San Petronio, destinato nella quasi totalità dei casi allo spazio della Basilica, celebra la festività del Patrono, occasione sacra, certo, ma anche laica e civica, erede dell’antica celebrazione dell’identità della polis nel nome di un eroe o una divinità. Il principio si rinnova in commissioni contemporanee com’è questa dell’associazione Messa in musica e del Teatro Comunale al compositore Marco Taralli: all’Ordinarium Missae si unisce il Proprium civile di testi dal Liber Paradisus, che sancì l’abolizione della schiavitù in una sorta di prima costituzione della Civitas bolognese. Il legame di Taralli con la tradizione è forte, ben consapevole del Novecento neoclassico e volto a ripensare gregoriano, modalità ecclesiastica, evoluzione della polifonia. Ne sortisce un lavoro ben articolato nella modernità e nell’arcaismo delle scansioni metriche e ritmiche, così come nella costruzione melodica, affidata non a caso a registri centrali (Simone Alberghini, baritono, e Veronica Simeoni, mezzosoprano) che conferiscono alle parti solistiche una più diretta e umana comunicativa, con i complessi del Comunale sotto la direzione di Antonino Fogliani.

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La madre docente universitaria nativa della Sierra Leone, il padre uomo d’affari, i nonni paterni di Antigua: i sette fratelli inglesi Kadiatu, Isata, Braimah, Sheku, Konya, Janeba, Aminata e Mariatu Kanneh-Mason sono tutti musicisti. Delle celebrità, non solo in patria, grazie alla partecipazione a Britain’s Got Talent e ad alcuni video virali sui social. Sheku, classe 1999, è stato anche invitato a suonare il violoncello al matrimonio del principe Harry con Megan Markle. Tuttavia, il suo curriculum non è quello di una star crossover, bensì di un giovane artista con tutte le carte in regola, studi seri, sana apertura a linguaggi diversi. Solista con la City of Birmingham Symphony Orchestra e con la London Symphony, si esibisce anche in trio con il fratello Braimah (violino) e la sorella Isata (pianoforte). Con quest’ultima – nata nel 1996, ha già inciso un cd solistico per Decca e vinto quattro premi della Royal Academy – propone ora un programma discografico che accosta Samuel Barber a Sergej Rachmaninov. Abbinamento non troppo consueto, ma sensatissimo: est e ovest, uno dei capisaldi storici della musica, per così dire, colta statunitense e un russo che più russo non si può e che varcato l’oceano trovò davvero l’America. E fa benissimo ascoltare una volta ogni tanto anche un Barber che non sia solo quello dell’Adagio, ma quello di una produzione cameristica capace di spigoli e soluzioni non condiscendenti senza rompere con la tradizione. E fa benissimo sentirlo con il contraltare del lirismo slavo di Rachmaninov, autentico, profondo, quanto capace di appagare la sete di immediato color locale del pubblico globale. I fratelli Kanneh-Mason sono inevitabilmente affiatatissimi e quindi spontanei, complici: sono bravi, si divertono seriamente, senza smancerie, con una visione ampia e smaliziata del repertorio. Due ragazzi di oggi, a dirci che magari fra il mondo dei talent e dei social e quello dei conservatori e dei concerti non c’è sempre la distanza che immaginiamo. Barber, Rachmaninov

Sheku e Isata Kanneh-Mason (Decca, 2021) Muse



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Hanno collaborato

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