s t rao rd i na r ie
Parafrasando una storica pubblicità, il “logorio della vita moderna” pare essersi trasformato negli ultimi mesi in un vero e proprio turbinio di avvenimenti, ne cessariamente dettati dalla legge della velocità: ogni giorno accade qualcosa in ogni angolo della città, ed è (quasi) sempre qualcosa di bello, di interessante, di qualità. La celebre “poetica della fretta” di Donizetti intesa non come frettolosità, ma semmai come sti molo, nell’urgenza, a creare meglio e ottimizzando le risorse pare essersi estesa alla vita culturale bo lognese, una città che non dorme mai e che oggi più di sempre ha tanto da offrire a chi la abita e a chi la visita. Musica Insieme, da parte sua, è reduce da un’edizione “pilota” del Festival Respighi Bologna, nato dalla geniale intuizione di Maurizio Scardovi di una “mancanza” nel panorama cittadino, che ci ha re galato dieci giorni di fulminante bellezza, riunendo le forze amiche delle principali istituzioni del terri torio, come Università e Conservatorio, Teatro Co munale e Fondazione Toscanini, Accademia Filar monica e Teatro Duse, Senzaspine e Baraccano, Cineteca e MirArte: un elenco sicuramente incom pleto ma che già provoca una vertigine per la densità di energie creative e la qualità delle proposte che ha riversato in città (e stiamo già pensando alla prossima edizione…). Il turbinio della vita moderna può anche fare danni, come è accaduto per l’agenda di Daniil Trifonov, spazzato via il suo concerto fino al 14 giu gno 2023 per un’agenda tanto fitta da far perdere per così dire il bandolo della matassa a chi l’agenda di questo incredibile pianista la deve gestire a livello mondiale… Ma la dinamicità e l’unione delle forze di cui sopra ci porta in cambio un regalo inatteso, un’altra sorpresa per chi ama la musica: il ritorno dopo dieci anni di Evgeny Kissin, per un concerto che segna diverse “prime assolute” come il suo de butto al fianco dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna e la joint venture di tre storiche istituzioni della musica come Bologna Festival, Musica In sieme e, appunto, il Teatro Comunale Questo acca drà sabato 5 novembre al Manzoni, e domenica 6 no vembre saremo già all’Oratorio di San Filippo Neri, pronti a raccontare al nostro pubblico grazie a un pre zioso docu film di Bruno Monsaingeon la Vita stra ordinaria di Nadia Boulanger, la leggendaria com positrice, direttrice e didatta francese che ha influenzato profondamente la vita culturale del No vecento Ma tutte queste occasioni straordinarie non
fanno che accompagnare e accrescere l’emozione per l’inizio dei nostri cartelloni “regolari”, con i quali ci auguriamo di tornare a una nuova, meravigliosa quo tidianità Innanzitutto I Concerti 2022/23, con l’im magine di speranza e di futuro dedicataci da Mark Kostabi, che intervistiamo in questo numero: apriamo il 24 ottobre con un altro grande protagoni sta come Joshua Bell, presentato per la prima volta a Bologna da Musica Insieme nel 1993, per continuare con due concerti simbolo e dal significato speciale, prima di salutarci per le festività natalizie con la maestria dell’Accademia Bizantina. Beatrice Rana e Francesca Dego hanno segnato infatti due momenti fondamentali dell’annus difficilis 2021, l’una prota gonista del primo streaming di Musica Insieme nella platea vuota del Teatro Comunale, l’altra del primo concerto della riapertura dei teatri: due momenti di versamente emozionanti che resteranno impressi nella memoria di tutti noi. Ma il 26 ottobre segnerà anche l’inizio della VII edizione di Bologna Mo dern, che porta avanti l’impegno di MICO Musica Insieme COntemporanea per la scoperta delle musi che d’oggi: partiremo dalla Francia di Graciane Finzi per un giro del mondo in cinque concerti, all’insegna della contaminazione e dell’unione fra le culture, e fra i popoli. Qualcosa di cui c’è bisogno, e in fretta.
Fulvia de ColleI COLORI della Musica
Le sue opere sono esposte in tutto il mondo e si trovano nelle collezioni permanenti del Whitney Museum e del MOMA di New York, come al Guggenheim di Venezia, al MACRO di Roma, al MUSEION di Bolzano e in molti altri templi dell’arte contemporanea Mark Kostabi ha accolto con entusiasmo il nostro invito ad interpretare con un suo quadro la nuova Sta
gione I Concerti 2022/2023 In attesa di incon trarlo a Bologna nel gennaio del nuovo anno, lo abbiamo raggiunto nella sua casa di New York per rivolgergli alcune domande e presentarlo al pubblico di Musica Insieme Pittura e musica, che origini hanno queste due grandi passioni?
Entrambe sono state incoraggiate dai miei geni tori, immigrati estoni, mentre crescevo nel sud della California degli anni Sessanta e Settanta. Ho iniziato a disegnare all’età di sei anni ed eviden temente dovevo essere piuttosto bravo perché ho ric evuto un en orm e inc oraggi amento e molti complimenti dai miei genitori, fratelli, compagni di studi e insegnanti.
Quando hai iniziato ad avere successo come pittore?
Dipende da quello che si intende per successo: dai sei anni fino ai dodici ho fatto solo disegni, poi ho deciso che era ora di “diplomarmi” in pittura Ho così realizzato il mio primo dipinto ad olio, mentre ero seduto sul tetto del mio garage a Whit tier, in California. Penso di aver scelto il tetto per simboleggiare il trionfo e il successo e, sebbene sia stato difficile lavorare con la pittura a olio per la prima volta, il risultato è stato davvero un suc cesso Molti anni dopo, quel dipinto fu esposto in una mostra collettiva a New York, che presentava i primissimi lavori degli artisti. Ricordo che al l’inaugurazione il famoso pittore Philip Pearlstein si complimentò con me dicendo che era “un ot timo dipinto” Il quadro si chiama Spook House e lo si può vedere riprodotto a pagina 146 della mia monografia: Kostabi: The Early Years Ho quindi studiato disegno, pittura e musica alla Ca lifornia State University di Fullerton e mi sono poi trasferito all’età di ventidue anni a New York Nell’estate del 1983, quando ho iniziato a esporre in molte mostre collettive nell’East Village e SoHo di New York, i miei lavori hanno iniziato a riscuotere grande successo, e da ciò è derivato anche un significativo risultato economico, seb bene comunque già vendessi disegni professio nalmente quando ero ancora studente d’arte in California, dove facevo anche occasionalmente
Mark Kostabi, il pittore statunitense famoso per le sue figure senza volto, musicista, compositore e grande amante dell’Italia si racconta ai nostri lettori di Riccardo Puglisi
ritratti su commissione. A partire dal 1987 i miei dipinti sono stati ampiamente esposti nelle gal lerie di New York e in modo prominente negli Stati Uniti, in Giappone, in Germania e in Au stralia Nel 1988 ho avuto una grande eco sulla stampa internazionale quando ho fondato Ko stabi World, il mio studio d’arte a Manhattan. Di cosa si trattava?
Era un grande edificio pieno delle mie idee e avevo decine di assistenti pittori che le realizza vano su mie indicazioni Ho guadagnato molta fama condividendo apertamente il mio sistema di studio attraverso i mass media di allora. Ora i miei assistenti lavorano a distanza, dalle loro stesse case, e io supervisiono via Internet.
Perché le tue figure non hanno un volto?
Perché senza volti le mie figure diventano un lin guaggio internazionale che trascende le barriere razziali e nazionali Le figure sono più aperte al l’interpretazione personale individuale.
Qual è il tuo legame con l’Italia?
Ho esposto per la prima volta a Roma nel 1985, in una mostra collettiva di artisti dell’East Village, ma è stato solo all’inizio degli anni Novanta che i mercanti d’arte italiani hanno iniziato a visitare frequentemente Kostabi World a New York per acquistare dipinti in blocco allo scopo di allestire mostre in Italia: prima a Trento, poi a Torino, Fi renze, Verona e Bologna dove vengo spesso per ArteFiera Sono stato invitato spesso alle inau gurazioni di mostre e gallerie d’arte e mi sono in namorato dell’Italia: per le persone, per lo spirito di accoglienza, la storia dell’arte e il cibo. Avere una seconda casa a Roma è stata una scelta facile: è la città più bella del mondo!
Da musicista e compositore, quali sono i tuoi autori preferiti?
I miei preferiti sono Debussy, Ravel, Fauré, Sa tie, Stravinskij, Musorgskij e Čajkovskij. Ovvia mente amo anche Bach, Beethoven, Mozart e Chopin, ma c’è qualcosa nella musica francese e in quella russa che trovo particolarmente attra ente
Hai qualche hobby particolare?
Colleziono mobili e sedie in miniatura Quali sono i tuoi prossimi progetti nel mondo e in Italia?
La cosa più importante per me in Italia è l’im minente acquisto di una villa a Monteverde Vec chio a Roma, dove ho intenzione di ospitare molti concerti e feste a partire dal 2023, ma è an che in arrivo una mia grande mostra al Museo delle genti d’Abruzzo a Pescara, che inaugurerà il 25 febbraio.
Che suggestioni ed emozioni ti evoca la no stra città e quando verrai a trovarci?
Ho sempre amato Bologna, per i portici, le grandi piazze, le torri pendenti e la passione per l’arte contemporanea ArteFiera è stata un’esperienza molto importante e significativa della mia vita, soprattutto negli anni Novanta e Duemila Ma non è possibile parlare di Bologna senza parlare di buona cucina, e anche se sono vegetariano adoro mangiare al Diana, ho ricordi di pranzi e cene memorabili in quel ristorante con grandi ar tisti, scrittori e mercanti d’arte Ci sono rimasto davvero male quando ho saputo che gran parte di quello storico locale così rappresentativo e fa moso a livello internazionale per la città di Bo logna è ora diventato un negozio di biancheria in tima... Sono anche stato onorato di avere Lucio Dalla come collezionista e caro amico Cammi nare con lui per le strade di Bologna è stato me raviglioso perché parlava con tutti in modo ami c h ev o l e , d a i s e n z a t et t o a i p i ù r i cc h i E r a simpatico e tutti lo amavano. Conto di tornare a Bologna all’inizio del 2023.
Qual è il significato dell’immagine che hai de dicato alla Stagione di Musica insieme?
Oltre ad essere un omaggio a Bologna, l’immagine che ho dedicato alla Stagione I Concerti 2022/2023 di Musica Insieme mostra come attraverso le pro prie opere l’artista si eleva e può guardare lontano, esprimendo la propria visione del futuro.
L’immagine dedicata da Mark Kostabi alla Stagione 2022/2023 di Musica Insieme
K I S S I N ergia
Sono trascorsi dieci anni dall’ultima volta che lo straordinario pianista Evgeny Kissin si è esibito per il pubblico bolognese, ospite di Musica Insieme. E questa opportunità di poterlo riascoltare il 5 novembre, per la prima volta in sieme all’Orchestra del Teatro Comunale di Bolo gna, nasce dalla preziosa collaborazione fra Mu sica Insieme e gli amici Maddalena da Lisca, Sovrintendente e Direttore Artistico di Bologna Fe stival, e Fulvio Macciardi, Sovrintendente del Tea tro Comunale di Bologna; un sodalizio che ha rac colto fin da subito il sostegno di partner sensibili alla cultura e al benessere della collettività, come Banca di Bologna, Alfasigma, Confindustria Emi lia e Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, cui va come sempre la nostra gratitudine Penso di poter affermare con certezza che si tratti di un avvenimento unico vedere riunite tre fra le più importanti istituzioni musicali della nostra città, un segnale molto significativo di coesione e pro fessionalità all’insegna della grande musica, che mi piace definire una splendida KISSINERGIA! La si nergia in generale può essere definita come la rea zione di due o più agenti che lavorano insieme per produrre un risultato non ottenibile singolarmente: ne sono convinta e sostengo da sempre che il la voro di squadra ottiene risultati superiori a quelli derivanti dalla somma del lavoro dei suoi singoli componenti Di fatto i leader moderni stanno sem pre più andando in questa direzione: sono nati nel l’era della digitalizzazione, del web, di Wikipedia e di Facebook, stanno vivendo il cambiamento, la fluidificazione delle professioni, la nascita di nuovi mercati, hanno opportunità e carriere prima inim maginabili e proprio per questo i nuovi leader sono flessibili e pronti a lavorare in squadra. “Nes sun uomo è un’isola” è il celebre verso che amo moltissimo di una poesia di John Donne, ma anche il titolo di un saggio degli anni Novanta di Thomas
Merton In entrambi i casi si sottolineava come ogni persona fosse parte di una realtà più ampia E questa realtà più ampia in ambito musicale a Bo logna è costituita da vere e proprie eccellenze con le quali Musica Insieme, al fine di creare progetti di ancor più ampio respiro, si vanta di collaborare spesso e con grande piacere, perché la condivisione noi di Musica Insieme l’abbiamo inscritta nel DNA, a partire dal nostro nome. E questo grande concerto “a sei mani” dimostra proprio la moder nità di tre istituzioni come Bologna Festival, Mu sica Insieme e Teatro Comunale, che le porta ad unire per l’occasione le proprie isole per formare un grande arcipelago È con molto orgoglio che Musica Insieme annovera quello di Evgeny Kissin come uno dei più impor tanti debutti bolognesi della sua storia. Era il 1994 quando un giovanissimo pianista (aveva appena 22 anni) si esibì in una performance sbalorditiva, mostrando da subito spiccate inclinazioni per il virtuosismo romantico di matrice trascendentale Uno splendido musicista, che dopo avere entusia smato i fortunati spettatori con un programma che esplorava i capolavori della tastiera ottocentesca, ha ipnotizzato il pubblico con una serie infinita di bis, coi quali si può quasi dire che avesse confezionato un secondo concerto, costretto ad interrompersi
Torna a Bologna il grande pianista Evgeny Kissin grazie alla collaborazione di tre importanti istituzioni musicali della città
solo a causa dell’intervento perentorio dei vigili del fuoco che dovevano chiudere il Teatro
Da allora Kissin è divenuto un ospite abituale di Musica Insieme contando ben otto concerti fino al l’ultimo, del 2012 appunto Kissin, vero e proprio astro della galassia del concertismo internazio nale, Kissin amico di Bologna, che in un pro gramma sontuoso riesce sempre a celebrare i fasti della letteratura per tastiera, in particolare del primo e secondo romanticismo Kissin è un artista che amiamo molto in virtù della sua lettura perso nale e imprevedibile, che è da tempo andata al di là della ricerca dello stupore. Possiede il dominio della tastiera in tutte le più svariate dinamiche, dall’impercettibile sussurrio fino al limite della rottura della corda dello strumento, e ciò gli per mette di imprimere al suo fraseggio una tale gamma di timbri che fa restare affascinati per la lu cidità, l’infallibilità e la logica costruttiva delle esecuzioni. Ma quello che davvero lo contraddi stingue è il feeling che Kissin vuole e sa costruire
col suo pubblico dopo il concerto, là dove inizia sempre un altro concerto, quello dei bis, in cui ap paiono chiari il cuore, l’anima e la volontà del musicista di farsi amare da chi lo ascolta. Kissin sembra un pianista di altri tempi proprio per que sto rapporto affettivo che instaura col pubblico, ol tre che per la tecnica sbalorditiva, l’espressività, il carisma, ma soprattutto per il senso del rischio che solo i grandi virtuosi della tastiera possiedono. Il pianismo funambolico di Kissin si è arricchito poi negli ultimi anni di una profonda maturità in terpretativa, che gli consente di toccare vette su blimi e dolorosi abissi, per andarsene, puro, intoc cabile, come un dio pentito di aver ceduto per un attimo alla caducità umana.
Questa speciale occasione vede il suo debutto con l’Orchestra del Teatro Comunale in una delle pagine più iconiche e amate del repertorio piani stico: il Concerto n 3 in re minore per pianoforte e orchestra di Sergej Rachmaninov, presentato per la prima volta a New York nel 1909 durante una tournée americana. Il cosiddetto “Rach3”, forse il più complesso e impegnativo tra i quattro concerti del compositore russo, è attorniato da un’aura di leggendaria difficoltà tecnica, grazie anche al film Shine, che è valso un Oscar e un Golden Globe a un inarrivabile Geoffrey Rush, che in terpretava la vita tormentata del pianista David Helfgott, la cui psiche già minata dalle terribili vessazioni paterne sprofonda nella pazzia per la spasmodica tensione causata proprio dall’esecu zione del “Rach 3”
A dirigere l’Orchestra del Teatro Comunale, al suo debutto in Italia, sarà il rumeno Radu Paponiu, Direttore Associato della Naples Philharmonic Or chestra, Direttore Stabile della Naples Youth
P h i l h a r m o n i c O r c h e s t r a e D i r e t t o r e S t a b i l e presso la Southwest Florida Symphony Orche stra, che propone anche la Sinfonia n 8 in sol maggiore op 88 di Antonín Dvořák, fortemente impregnata di ritmi e melodie popolari, che ap partiene alla piena maturità del compositore e ne esprime alcuni degli umori più tipici. Più che nel l’audacia di complesse elaborazioni, il fascino di questa musica sta nell’assoluta evidenza delle idee poetiche che si incarnano in ritmi elementari di im mediata presa e in suggestive atmosfere timbriche, creando figure musicali che si imprimono nella memoria ancor prima di aver raggiunto la loro completa espansione sonora
Si preannuncia una serata ricca di emozioni, pren dete posto e lasciatevi trasportare insieme a noi dalla bellezza della grande Musica
Bentornato a Bologna caro Evgeny, ci sei mancato!
Alessandra Scardovi Presidente Fondazione Musica Insieme Sopra, l’Orchestra del Teatro Comunale. Sotto, Radu PaponiuNOTE in viaggio
Contaminazioni Con la nuova edizione di Bologna Modern, organizzata come sem pre con il fondamentale contributo di Pel liconi, si inaugura anche un nuovo viaggio attra v e r s o i c o n t i ne n t i e l e m u s i c he c h e d o n n e e uomini di ogni dove hanno “estratto” ora dalle proprie origini, ora dall’incontro con terre e ci viltà lontane, per scoprire in fondo che la musica queste terre e queste civiltà le unisce come fa l’oceano con i continenti Come per ogni viaggio, partiamo da casa, mer coledì 26 ottobre all’Oratorio di San Filippo Neri, con le nuove musiche del Vecchio Continente. A guidarci sarà la compositrice francese Graciane Finzi (1945), la cui fecondissima produzione comprende un centinaio di lavori e sette opere tea trali, che si racconterà al pubblico con le note af fidate all’Ensemble Calliopée e con le parole, tra dotte per noi da un’illustre italiana “emigrata” in Francia, Maria Perrotta, che dell’ensemble è anche la splendida pianista Et si tout recommen çait è il titolo dell’album antologico di Graciane Finzi uscito nel 2021, e del brano per violino e pianoforte che dà il via al concerto, con un varie gato programma, dal violoncello solo al quartetto con pianoforte, per concludere con un capolavoro come il Quartetto op 15 di Gabriel Fauré, com pletato nel 1879 Un brano molto amato dalla stessa Finzi, che sottolinea i molti punti in comune con il “predecessore”, dall’amore per il piano forte, alla tipica alternanza fra accenti romantici e momenti di violenza, alla libertà da influenze e correnti compositive in genere, che ne fanno un compositore senza tempo Il viaggio prosegue giovedì 10 novembre verso il Nuovo Continente con il Cuarteto Latinoame ricano, che si presenta per la prima volta a Bolo gna forte di quarant’anni di successi in tutto il mondo, impegnato instancabilmente nella diffu sione della musica americana Fondato in Mes sico, il Cuarteto è dedicatario di più di cento opere contemporanee, e vincitore di due Latin Grammy nel 2012 e nel 2016. Il suo programma è tanto va rio e vasto quanto la cultura, la storia e la geografia della terra che lo ospita, dalla Rio de Janeiro di Villa Lobos alla Buenos Aires di Ginastera, agli
Stati Uniti di Barber e Gershwin, fra calore po polare, jazz e linguaggio della tradizione occi dentale. Esiste un termine brasiliano, “choro”, che definisce proprio la contaminazione fra anima sudamericana e tradizione europea, e Villa Lobos, che di queste commistioni ne sapeva qualcosa avendo licenziato ben 17 quartetti per archi ben due in più di Beethoven e di Schubert riconosce nel ch o ro niente di meno che “l’essenza del l’anima musicale brasiliana”. Questo medesimo assorbimento della tradizione popolare è evidente anche negli Studi in ritmo africano che apriranno il 17 novembre il recital pianistico di Gabriele Carcano, lanciando que sta volta un ponte verso l’Africa. Se Fred Onov werosuoke, classe 1960, nei suoi Studi miscela la formazione “classica” occidentale alle remini scenze delle proprie origini ghanesi e nigeriane, nel secolo scorso l’idea di Africa caratterizza le composizioni di Bartók e Ligeti, dove l’elemento percussivo ha un grande rilievo basti pensare alla spinta propulsiva del bartokiano Allegro barbaro. L’irresistibile suggestione afri cana ispira anche la prima esecuzione as soluta di un nuovo lavoro di Silvia Bor zelli, Self portrait (with Anats ui in the background), che verrà presentato al pub blico dalla stessa autrice, e i brani di De
Al via la VII edizione di Bologna Modern, che ci trasporta
i continenti della musica, con prime assolute e italiane e incontri con gli autori di Fulvia de ColleSopra, il Cuarteto Latinoamericano. Sotto, Gabriele Carcano
bussy legati al jazz e al sogno de L’Isle Joyeuse, dove il Mediterraneo, culla delle nostre culture, “unisce i Paesi che separa”
“E ora… ah, il deserto assordato / dal vento, lo stupendo e immondo / sole dell’Africa che illu mina il mondo / Africa! Unica mia / alternativa” I versi finali del Frammento alla morte di Pier Paolo Pasolini rimandano a una poetica della con taminazione che per il grande scrittore, poeta e in tellettuale bolognese rappresenta anche la diver sità e il conflitto fra generazioni e fra classi sociali. Interamente concepito sulla multidisciplinarietà fra danza, musica e letteratura, lo spettacolo Le strade di Pasolini, con la regia e la drammaturgia di Riccardo Puglisi, vedrà sul palco del Teatro Duse martedì 22 novembre la giovane violinista Sofia Manvati, impegnata nelle musiche di Bach tanto care allo scrittore, e le cui note interagi ranno con le improvvisazioni del beatboxer Alien Dee, figura assai nota sulla scena live italiana In serito nelle celebrazioni per Pasolini 100, anni versario UNESCO 2022/23, questo nuovo ap puntamento di Bologna Modern prevede ascolti dallo Studio sullo stile di Bach, dalle poesie, dai saggi e dal romanzo Ragazzi di vita, affidati ai gio vani attori selezionati dalla Bernstein School of Musical Theater e alternati alla performance di una crew di street dancers, con le coreografie di Kris, vero e proprio pioniere italiano dell’hip hop. Solista sarà uno straordinario danzatore e coreografo come Carlos Kamizele, già ospite di Roberto Bolle a “Danza con me”, interprete e do cente richiestissimo sulle scene internazionali Il viaggio di Bologna Modern alla scoperta delle musiche del mondo si concluderà l’1 dicembre nel Paese del Sol Levante, ed è proprio da questi luoghi che l’Ensemble Zipangu, protagonista della serata, trae il proprio nome, ispirandosi al
l’omonimo pezzo di Claude Vivier, che ricalca la denominazione data al Giappone Gipangu da Marco Polo nel suo Milione. Zipangu è prima di tutto una categoria della mente, il piacere della sco perta di panorami sonori nuovi, il coraggio di ten tare là dove nessuno è ancora arrivato Questa es senza si rispecchia nell’attività dell’Ensemble, formato dagli archi del Teatro Comunale di Bolo gna e diretto da Fabio Sperandio, che inserirà in programma ben tre importanti prime esecuzioni italiane: dal Concerto per gu zheng (un tipico stru mento a corde cinese) di Tan Dun a Birrung di George Lentz, per giungere ai colori dell’Oceania con la String Sonata n 3 di Peter Sculthorpe A coronare questa ricognizione nella ricchezza culturale e musicale dei luoghi e delle genti del mondo, una simbolica apertura del concerto sarà l’installazione Il suono della lingua di Mariate resa Sartori, lavoro già apprezzato da Umberto Eco e ospitato all’Auditorium Parco della Musica di Roma come a Radio Rai3, che riunisce 11 te sti poetici in altrettante lingue, a cui è stato sot tratto il significato per concentrarsi sul suono, il ritmo e la melodia Una sorta di ritorno alle ori gini, quando ancora bambini non capivamo il si gnificato delle parole, ma ne accoglievamo la musicalità come un elemento assolutamente fa miliare. E insieme un’evocazione simultanea dei tanti luoghi e civiltà di quel mondo che il nostro viaggio ha attraversato.
APP-untamento con il futuro!
Continua la nostra avvincente ricognizione dei talenti del territorio, con la nuova app di Valentina Anzani e il violoncello creativo di Tiziano Guerzoni
icercatrice universitaria presso l’Ateneo bolognese e a Madrid, Valentina Anzani è anche un’im prenditrice che, insieme al fratello Si mone, ha creato una app per connettere gli
Tiziano
amanti dell’Opera con la passione per la musica. La stessa passione anima fin dalla tenera età Tiziano Guerzoni, giovane violoncellista e compositore che vanta una solida formazione ed esperienze in
ternazionali Intervistandoli abbiamo sco perto che oltre alla musica (e alla tecno logia) hanno in comune un nobile e pre ciso obiettivo: il raggiungimento della tranquillità e della felicità interiore
Quali sono secondo te il miglior pregio e il peggior difetto del tuo carattere?
La pazienza e l’accondiscendenza. Lascio a voi stabilire quale sia il pregio e quale il difetto Qual è il tuo primo ricordo legato alla musica?
Le lezioni della domenica di piano e solfeggio con mia madre. Poi c’è un salto temporale e mi ritrovo con mio padre a suonare il violoncello sui pattini in Sala Borsa a Bologna C’è anche un video su YouTube molto divertente Qual è stato un concerto che ti ha particolarmente emozionato e perché?
4 marzo 2013, ad un anno dalla morte di Lucio Dalla Era la prima volta che suonavo in Piazza Mag giore, per omaggiare uno dei più grandi artisti bolognesi. Si esibivano anche molti tra i più noti artisti ita liani Un’emozione che a 15 anni lascia il segno Qual è il percorso formativo e pro fessionale che stai facendo ora?
Dopo la magistrale a Bologna, un post Master a Santa Cecilia e un di ploma di quattro anni a Parigi posso dichiarare il mio percorso formativo completato Attualmente sono in
quella fase pre professionale di spe rimentazione in cui faccio un po’ di tutto Suonare in orchestre, gruppi da camera, eventi privati. La strada giusta pian piano arriva da sé. Hai delle fonti d’ispirazione, dei Maestri (anche non necessariamente del tuo “ambito”)?
Chiunque sia riuscito a trovare la felicità interiore è per me un mae stro. Non è facile capirlo perché c’è chi è molto bravo a fingere, ma si curamente è facile vedere chi non l’ha trovata
C’è un artista del passato con cui ti sarebbe piaciuto suonare? Senza dubbio fra i classici italiani Vivaldi e Paganini, fra i più recenti
invece Freddie Mercury, Mstislav Rostropovič e Lucio Dalla.
E con chi ti piacerebbe suonare fra gli artisti di oggi?
Ce ne sono diversi Se devo sparare due nomi grossi posso dire Sting per il pop e Mischa Maisky per la classica.
Come pensi si possano conqui stare alla musica classica i tuoi coetanei?
È molto difficile Oggi i ragazzi sono abituati a ritmi più veloci di quelli di un tempo, basti pensare ai social network: le storie di Insta gram durano 15 secondi, superato questo tempo l’attenzione deve pas sare ad altro La musica classica in vece ha bisogno di spazio, per evol versi e creare emozioni Ci vuole allenamento.
Qual è il tuo motto?
Minimo sforzo, massima resa, che spesso è male interpretato e si pensa ci si debba sforzare il meno possibile per ottenere quello che capita Biso gna invece puntare sempre al mas simo, con il metodo più veloce e meno dispendioso. In questo modo si può puntare a fare tanto Come ti vedi fra dieci anni?
Con qualche capello in meno, ma spero sereno ed in forma smagliante
Parlaci del tuo iter accademico e delle tue esperienze professionali. Gli studi di musicologia sono stati a Bologna, poi il dottorato mi ha por tata all’estero. Faccio ricerca sul l’opera e sui cantanti all’ICCMU di Madrid e mi occupo di critica musi cale, radio e divulgazione Sei la creatrice, insieme a tuo fra tello Simone Anzani, di Opera Meet, l’app Made in Italy dedi cata all’opera. Com’è nata l’idea e di cosa si tratta?
Volevamo trovare una soluzione per portare all’opera quante più persone possibili I neofiti si sentono respinti da questo mondo perché chiuso o incomprensibile nelle informazioni più essenziali: come scelgo lo spet tacolo? Come compro il biglietto? E soprattutto: con chi vado? Con l’app risolviamo questi problemi: Opera Meet suggerisce, in base ai tuoi in teressi, spettacoli dei quali ci sono poi descrizioni, date, link ai biglietti e ai social degli artisti, approfondi menti, e i podcast del divertentis simo gruppo di “Opera a colori” Ma non solo: è anche un social network con cui fare nuove conoscenze, o trovarne direttamente nel foyer.
Il sottotitolo di OperaMeet è “L’app che fa incontrare le passioni”. Quali sono le tue passioni?
In primis l’opera, ovvio! Mi piace andare in teatro, incontrare amici ed emozionarmi per la musica. Poi la ri cerca d’archivio: scovare documenti antichi sui musicisti è un lavoro da investigatore che mi diverte Qual è la tua giornata “tipo” fra lavoro, tempo libero, famiglia e amici?
Funziono a blocchi: giorni in casa al pc (in orari notturni poco raccoman dabili), giorni in un’altra città per archivi o teatri Vedo amici e fami glia principalmente quando viaggio
molto paziente e a cui piace cuci nare! Per staccare ballo valzer e ma zurke francesi.
Quali sono o sono stati i tuoi Mae stri, le figure che hanno segnato la tua crescita personale e professionale?
Primo fra tutti, Marco Beghelli, su pervisore del mio dottorato: è un professore sui generis che mi ha sempre spinta a seguire d’istinto i miei entusiasmi e a fare in modo che portassero a risultati concreti Fon damentale poi l’affettuoso supporto della mia famiglia
Qual è la tua “Madeleine prou stiana”, cosa risveglia in te un ri cordo autentico e legato a un pe riodo significativo della tua vita?
dente, ci fu un trimestre molto in tenso: andavo a lezione di filologia musicale e storia dell’opera, poi in biblioteca e la sera a teatro. Le gior nate erano un turbine: il periodo in cui sono cresciuta di più! E ogni mattina uscivo addentando le fette tostate per le scale
Quali obiettivi vorresti aver rag giunto tra dieci anni? Come ti vedi?
Vorrei non essere più precaria in università e aver creato una com munity internazionale di amanti del l’opera; vorrei anche aver imparato a lavorare meno e vivere con più tranquillità il quotidiano, per pas sare più tempo con i miei cari e la mia nipotina Viola (e portarla in tea tro, se vorrà!)
Due affreschi conservati nella Casa di Marco Lucrezio a Pompei: a sinistra, Simposio con Eroti, a destra, Concerto con Psychai (I secolo d C )
L E D O M U S
rovengono dal Museo Archeologico Nazio nale di Napoli le oltre 100 opere ora espo ste all’Archeologico di Bologna quasi tutte pitture murali, ma anche vetri, sgabelli, tripodi e vasi nel suggestivo allestimento di Panstudio che introduce il visitatore nelle stanze delle antiche domus romane di Pompei, Stabia ed Ercolano, le cui pareti erano pressoché ricoperte di pitture dalle cro mie squillanti: ocra gialla e rossa, cinabro, blu egi ziano ricavate dalle piante e dai minerali Non solo quelle delle dimore più ricche, dato che i pic tores, schiavi o liberti, erano pagati come artigiani, di cui non è noto quasi alcun nome Sepolte dalla lava del Vesuvio e preservate fino a noi, sono sca late dal I secolo a.C. a quel fatidico 79 d.C. L’esposizione, promossa da Comune di Bologna, Museo Civico Archeologico e MANN e curata da Mario Grimaldi, è articolata in sette sezioni, cia scuna connotata da una cromia diversa I pictores, le tecniche e i pigmenti, i soggetti, il mito, le nature morte, architetture e paesaggi, Teatro e Musica. Qui sono esposti cinque affreschi che decoravano il triclinio della casa di Marco Lucrezio (sacerdote del culto di Marte e ed esponente del consiglio cit tadino di Pompei), ricca dimora di età imperiale decorata secondo un programma iconografico con nesso alla funzione degli ambienti. Le raffigura zioni rispecchiano le consuetudini di vita del tempo: perciò, nel triclinio che ospitava i ban chetti del ricco possidente, musica e danza sono ef figiati a rispecchiarne la realtà Sulla parete nord,
in un motto vergato dal pittore, si legge “facite vo bis suaviter et ego canto”. Canti, suoni, danze... Gli strumenti raffigurati sono quelli più in voga nel l’antica Roma, talvolta mutuati dalla coltissima Gre cia, come la tibia, modellata sull’aulos Strumenti a fiato, a corda, a percussione Tuba e cornu, lyra e ce tra, cymbalo e sistro, liuto e chitara… Sulla parete est li suonano gli Eroti (amorini alati) insieme alle Psychai mentre banchettano sotto una tenda al l’aperto, accompagnando la danza con la musica, che risuonava davvero allietando il banchetto del si gnore e dei suoi ospiti La casa di Marco Lucrezio, Villa San Marco a Stabia, le maschere e gli spetta coli teatrali… secondo una consuetudine avviata nel mondo romano dal II secolo a.C. con la conqui sta della Grecia ed il progressivo assorbimento della sua cultura e delle raffinate consuetudini di vita In un continuo rimando fra realtà e illusione prende forma l’“inganno splendido” di tanti pictores rima sti sconosciuti, di cui nessun documento quasi mai parla, che con la loro sapienza, manuale ma anche intellettuale, hanno creato un mondo che, riaffiorato nel Settecento con i primi scavi (1739 Ercolano, il decennio successivo Pompei e poi gli altri centri della costa vesuviana dove i ricchi Romani si reca vano a villeggiare), non finisce mai di ammaliare
I PITTORI DI POMPEI Bologna, Museo Civico Archeologico Via dell’Archiginnasio, 2 Fino
Nella mostra allestita al Museo Archeologico si ammirano
preziosi affreschi musicali di Pompei di Maria Pace Marzocchi
d e l l e a r t i
Storie della musica
FRANCK César
Sopra, immagine del dipinto di Jeanne Rongier: “César Franck all'organo di Santa Clotilde”, 1888
Organista, compositore e docente di mu sica, César Franck era nato a Liegi il 10 dicembre 1822 e si era trasferito quin dicenne a Parigi per frequentarvi il Conservato rio. Non lasciò mai la capitale francese, dove si spense il 10 novembre 1890 Nel 2022 ricor rono dunque i duecento anni dalla nascita e l’ese cuzione della sua Sonata per violino e pianoforte in la maggiore, che Francesca Dego e Alessan dro Taverna offriranno nel Concerto di Musica Insieme del 14 novembre 2022, celebra questo importante bicentenario La Sonata si ascrive agli ultimi anni della vita di César Franck, che la compose durante l’estate del 1886 nella resi denza di Quincy, oggi Quincy sous Senart De dicata al giovane violinista belga Eugène Ysaÿe, conosciuto a Parigi nel 1877, era intesa come re galo per il suo matrimonio con Louise Bour deau Lo stesso Ysaÿe la eseguì per la prima volta il 16 dicembre 1886 a Bruxelles, accom pagnato al pianoforte da Léontine Marie Bordes
Pène, e a differenza di altre pagine tardive del compositore essa ottenne un successo imme diato e una vasta eco. «Suonerò questo suo ca polavoro ovunque io trovi un pianista artistico», scrisse a Franck l’entusiasta interprete, e man t e r r à l a p r o m e s s a , r i s a r c i m e n t o p a r z i a l e a l l a grandezza di un artista «ignorato da Parigi e dalla Francia».
Sette anni dopo la sua scomparsa, Gustave De repas, docente di filosofia e critico musicale, pub blicò a Parigi un breve Studio sulla vita, l’opera e l’insegnamento del compositore Sono pagine
in cui emergono non soltanto il rimpianto per lo scarso riconoscimento di cui aveva fino ad allora goduto César Franck, ma soprattutto la sua sta tura umana. È uno sguardo, quello di Derepas, che si posa intimo e commosso sulla figura di un maestro al quale ci si rivolgeva con familiarità ri spettosa come al "père Franck" e che, docente di musica per quarant’anni e organista per trentadue, ogni domenica sedeva alla tastiera del grande strumento Cavaillé Coll della basilica di Santa Clotilde a Parigi «con la sua bella testa coronata da una capigliatura naturalmente ondulata, lo sguardo profondo e meditativo, l’ovale del volto incorniciato dai folti favoriti bianchi » Nel 1886, l’anno in cui la Sonata di Franck è pro posta per la prima volta in pubblico, Marcel Proust ha quindici anni. Ne trascorreranno altri ventisette prima che lo scrittore pubblichi, presso l’editore Grasset, Dalla parte di Swann, il primo volume della Recherche In esso compare la fi gura di un pianista e compositore modesto e ap partato, Vinteuil, che si scopre essere l’autore di una Sonata per pianoforte e violino particolar mente cara a Swann. Proust ha trasfigurato, nel personaggio di Vinteuil e nella natura segreta della sua Sonata, il capolavoro di Franck? La leggenda vuole che sia così, benché non se ne ab bia certezza Ma una cosa è certa: si tratti o meno di qualcosa di più di una suggestiva corri spondenza, la Sonata per violino e pianoforte di César Franck è indissolubilmente legata alla p r o u s t i a n a , i m m a t e r i a l e , d a n z a n t e , i n e ff a b i l e “Sonata di Vinteuil”
La Sonata in la maggiore, capolavoro del compositore belga di cui ricorre il bicentenario della nascita, corona il recital di Francesca Dego e Alessandro Taverna di Brunella Torresin
BIZANTINA
violino
CONTESTO
I Concerti 2022/23 si aprono con il recital di uno dei massimi violinisti al mondo, che torna a Bologna con tre secoli di grandi sonate e un brillante talento al suo fianco di Andrea Salerno
sonoro
iò che ci circonda ci influenza, influenza le nostre azioni e le nostre relazioni. Il contesto è considerato un agente pla smante dell’essere umano e di conseguenza i n o s t r i c o m p o r t a m e n t i n e s o n o c o n d i z i o n a t i , spesso a livello inconscio Trasponendo questo concetto in musica è ben chiaro che il contesto in cui ha vissuto un determinato compositore in fluenzerà lo stile, le regole formali e il carattere stesso delle sue opere La Sonata n 3 in sol mi nore L 148 di Debussy non avrebbe mai avuto una tale forma ad esempio se il compositore non avesse vissuto in circostanze tragiche: il conte s t o e s t e r n o e r a d i l a n i a t o d a l l ’ a n g o s c i a d e l l a guerra, e il contesto interno, quello del proprio corpo, era prostrato da una malattia spietata De bussy affida il suo ultimo messaggio proprio a questa sonata per violino e pianoforte, che non può essere in alcun modo dissociata dagli anni e dal clima in cui viene composta, tra l’ottobre 1916 e l’aprile 1917. In essa il musicista sogna anche un altro contesto, quello francese del se colo d’oro: profondamente toccato dagli orrori della guerra, il suo animo nazionalista risuona con prepotenza nella forma «Claude Debussy, musicien français».
Se Debussy negli ultimi anni vive in un contesto di tormento e angoscia, Robert Schumann invece, nonostante la precarietà delle sue condizioni psi cologiche, trova l’energia creativa per comporre la Grosse Sonate, ovvero la Sonata n 2 in re minore op. 121, spinto proprio dall’ambizione di superare la sua Prima Sonata in la minore op. 105. Una composizione densa di stati d’animo differenti e colorature di diversa intensità: dalla frenesia rit mica dei primi movimenti ai toni più introversi ed enigmatici degli ultimi Un chiaro dipinto delle at mosfere romantiche dello “Sturm und Drang”, fra il tormento della tempesta e il dolce ricordo me lanconico del passato, ma sempre lontano dai sa lotti ottocenteschi della musica da camera.
Un’opera naturalmente non è solo lo specchio del momento storico in cui nasce, ma è anche capace di evocare un particolare immaginario: nella Gaz zetta musicale di Lipsia l’ascolto della Sonata n. 2 in la maggiore op. 12 n. 2 di Beethoven viene descritto come una lunga passeggiata in compa gnia di un amico intellettuale, attraversando un bosco, misterioso quanto affascinante, funestato a ogni tratto da ostacoli che trattengono e affer rano: soltanto alla fine del percorso, esausti, è possibile uscirne e liberarsi.
Se queste tre composizioni sono strettamente le gate al contesto in cui operavano i loro autori, come agisce il contesto sugli esecutori? Joshua
LUNEDÌ 24 OTTOBRE 2022 ORE 20.30
TEATRO AUDITORIUM MANZONI
JOSHUA BELL violino PETER DUGAN pianofor te
Beethoven
Sonata n 2 in la maggiore op 12 n 2
Schumann
Sonata n 2 in re minore op 121 Grosse Sonate
Debussy
Sonata n 3 in sol minore L 148
Bell impara a suonare il violino nella fattoria di Bloomington, nell’Indiana, in un contesto parti colarmente bucolico: il piccolo Joshua suona al l’aria aperta, gioca con il pallone e cresce curioso del mondo. Se la lontananza dal periodo storico dei brani eseguiti richiede un lavoro di appro fondimento e spesso di immedesimazione per rievocare i linguaggi e le atmosfere del passato, anche il contesto fisico segna e plasma la per formance. Ci ritroviamo in teatri, in auditorium, in sale da concerto, in un religioso silenzio e nella penombra delle luci di scena, con impianti acustici sofisticati e cellulari che vibrano ru
I PROTAGONISTI
L’esordio di Joshua Bell ha un sapore un po ’ italiano: a quattordici anni infatti è apparso per la prima volta come solista con la Philadelphia Orchestra diretta da Riccardo Muti. Inizia così una carriera di successi e trionfi lunga più di trent ’anni che lo ha visto collaborare con le orchestre più impor tanti del mondo come solista, concer tista, musici sta da camera e anche direttore d’orchestra. Ar tista impe gnato nel campo della musica contemporanea ed esplo ratore di variegati generi musicali, Bell ha al suo attivo più di quaranta cd che hanno ricevuto prestigiosi premi, dal Grammy al Mercur y. Nel 2020 Bell collabora con Peter Dugan per il progetto At Home With Music. Il gio vane pianista viene definito “sbalorditivo” dal Los Angeles Times e “audacemente atletico” dal San Francisco Chroni cle. Dugan ha presentato numerosi recital nelle maggiori sale americane, come la Carnegie Hall e la Chamber Music Society of Palm Beach, esibendosi con la San Francisco Symphony, la Houston Symphony, la Kansas City Symphony e la New World Symphony.
Anc he i migliori hanno dovuto reinventarsi durante il 2020, anno c he ha imposto a tutti uno stato di fermo forzato Il violinista Joshua Bell, nel mese di agosto di quell’anno in cui tutto si è fermato, ha pubblicato l’album At Home With Music (Live) dove già nel titolo è possibile riscontrare due termini spesso adoperati durante il primo grande loc kdown, seppur antitetici: home e live All’inter no di questo full length c he si propone di essere tanto costretto all’ambiente domestico quanto percepito in una condizione dal vivo, compare anc he il pianista Peter Dugan I due vir tuosi trovano la complicità in un reper to rio c he attraversa Henr yk Wieniawski, Antonín Dvořák e Fr yder yk Chopin. Per c hi volesse poi approfondire le singole carriere dei due vir tuosi, per Bell segnaliamo The Essential Joshua Bell (SONY Classical 2007), mentre consigliamo The Journey Home (Brancy Ar ts LLC, 2021) per conoscere più da vicino Peter Dugan.
morosamente nelle borse e nelle tasche… Una situazione spesso preconfezionata, in cui tutto il potere rievocativo è affidato ai musicisti A sua v o l t a p e r ò d i v e n t a q u e s t o i l c o n t e s t o d e l l’ascolto, la culla in cui il pubblico è immerso, un luogo preparatorio alla musica. In questo particolare gioco di incastri e reminiscenze, un ambiente diverso risulterebbe dunque inappro priato, perché solo nella sacralità di un teatro sarà possibile ottenere quella concentrazione tale da poter permettere una riconnessione con il passato: ma allora fino a che punto il contesto influenza l’esecuzione?
Il Washington Post nel 2007 organizza con Jo shua Bell un concerto in incognito, dove il vio linista si esibisce alla Enfant Plaza Station alle sette del mattino con indosso jeans, t shirt e il cappello della squadra di baseball dei Washing ton Nationals. Bell si ritrova a suonare tra fra casso, indifferenza e lanci di monetine, e per quarantacinque minuti la musica del maestro pare non funzionare al di fuori del suo contesto abituale Si ferma un bambino di pochi anni che percepisce l’unicità dell’evento ed è genuina mente attratto dalla musica. Ogni sovrastruttura è crollata, il contesto si annulla e resta l’ascolto. Tirando le somme, se per i compositori il pe riodo storico, culturale e personale plasma la scrittura e la forma, a concerto il contesto con venzionale del teatro incanala il pubblico in uno stato di concentrazione, mentre dall’altra parte la rievocazione degli stili è affidata alla maestria dei musicisti. Bell e Dugan ricercano quella connessione con la musica che li porta a “in carnare” le sonate di Beethoven, Schumann e Debussy, ricreando quella passeggiata beetho veniana, facendo vibrare gli animi con la soffe renza di Debussy e rievocando la tempesta ro mantica di Schumann. All’interno di un teatro o in una metropolitana, il contesto di una musica può essere difficile da afferrare, ma la sua es senza riesce ad arrivare ovunque, se si è capaci di ascoltare
Lo sapevate che Peter Dugan ha creato Operation Superpower, un progetto che lo ha visto esibirsi in decine di scuole di New York incoraggiando gli studenti a usare al meglio i loro talenti - i loro “superpoteri”
due
i più acclamati giovani talenti italiani, Dego
Taverna presentano a Musica Insieme un ’antologia di “pezzi unici”, con un omaggio al bicentenario di César Franck di Luca Baccolini
Lo sapevate che
nel 2019 Francesca Dego ha inciso un album suonando il leggendario “Cannone”, il Guarnieri del Gesù del 1743 appartenuto a Niccolò Paganini
Per tutto il Novecento gli studenti di pia noforte italiani hanno conosciuto Franck attraverso il Preludio, Corale e Fuga e il Preludio, Aria e Finale, parte di quella ristretta se lezione di classici da scegliere per il diploma Franck è da sempre un mito anche per gli organi sti (fu titolare dello strumento a Sainte Clotilde, vicino a Les Invalides). La sua forma sinfonica è debitrice invece di Schumann, Brahms, Liszt e proprio con quest’ultimo si contende il primato di “invenzione” del poema sinfonico Ma è l’armo nia, con i suoi percorsi riccamente cromatici e le ardite modulazioni, a rendere Franck il parente più prossimo di Wagner nel mondo francese. Questo però non significa ammi razione incondizionata: il rifiuto di germanizzarsi rimase il totem di quella generazione orgogliosa mente “gallica” a cui ap partiene anche Franck, di cui quest’anno si celebra il bicentenario della na scita Un tenace malin teso ci ha lasciato di lui l’immagine di organista austero, combattuto tra la
I PROTAGONISTI
Con il suo prezioso violino Francesco Ruggeri del 1697, Francesca Dego è fra le violiniste più acclamate della scena internazionale Collabora con compagini come la BBC Symphony, La Verdi, la NHK Symphony diretta da Fabio Luisi, l’Orc hestre des Champs Élysées diretta da Philippe Herreweghe, l’ORT diretta da Daniele Rustioni Direttrice ar tistica del Gravedona Chamber Music Festi val sul lago di Como, è dedicataria di molti lavori con temporanei e raf finata camerista, al fianco di colleghi come Salvatore Accardo, Alessandro Carbonare, Misc ha Maisky, e della pianista Francesca Leonardi con cui collabora da quasi vent ’anni. Dalla sua af ferma zione a livello internazionale al Concorso pianistico di Leeds nel 2009, Alessandro Taverna è apparso nelle più impor tanti sale, dal Teatro alla Scala di Milano al Musikverein di Vienna, dalla Royal Festival Hall alla Konzer thaus di Berlino, sia in recital che come solista, diretto fra gli altri da Maazel, Chailly, Luisi, Chung, Harding, Mariotti. Insignito nel 2012 del Premio Presiden te della Repubblica per meriti ar tistici e per la sua carriera internazionale, Taverna è docente all’Accademia Pianistica “Incontri col Maestro” di Imola, al Conser vatorio di Pado va e presso la Fondazione Santa Cecilia di Portogruaro.
devozione mistica per lo strumento e un interesse esclusivo per la musica assoluta Questo ritratto è stato paradossalmente coltivato dai suoi allievi più fedeli, che hanno insistito sulla sua tempra morale, sul suo disinteresse per le mode e sul l’alto grado di intellettualismo dei suoi processi creativi. L’intento era quello di santificare un mo vimento musicale francese capace di combattere l’estetica della “nuova” musica, su tutti Wagner e Debussy Fuorviati da questi filtri, i posteri hanno finito però per conoscere solo una piccola parte de gli oltre cento numeri d’opera che Franck annoverò nel suo catalogo. Ecco perché del compositore belga si conoscono perlopiù pezzi “unici”, scelti per dare l’impressione di una genesi priva di tentativi ed errori: la Sinfonia in re minore, il Quintetto, il Quartetto, e “la” Sonata per violino e pianoforte Forse fu proprio quest’ultimo capolavoro a tenere in auge la fama di Franck nonostante i pregiudizi alimentati involontariamente dai suoi stessi allievi. E pensare che la Sonata nacque nel 1886 come re galo di nozze per il violinista Eugène Ysaÿe e ri schiò di naufragare già alla prima esecuzione, per ché inserita in un concerto pomeridiano al Museo d’Arte Moderna di Bruxelles, che per regolamento non ammetteva l’illuminazione artificiale; soprag giunta l’oscurità, i custodi invitarono il pubblico a lasciare le sale, ma gli spettatori si rifiutarono e ri masero nella penombra, evidentemente catturati dal dialogo sempre cangiante dei due strumenti, dalla limpidezza delle idee melodiche, dal loro ri proporsi in forma ciclica, scambiandosi spesso i ruoli principali (cosa che in questo programma non accade nella Fantasia op 47 di Schoenberg, a intera conduzione violinistica, col pianoforte che ha una funzione di semplice accompagnamento) L’im mediata fortuna della Sonata (che in Francia aveva avuto assai pochi precedenti, dovuti a Lalo, Fauré e Saint Saëns) fu consacrata anche dal fatto di es sere considerata una delle composizioni ispiratrici della “Sonata di Vinteuil” di cui narra Proust in Dalla parte di Swann, primo volume della leggen daria Recherche
Quasi negli stessi mesi, nel 1887, un giovanissimo Richard Strauss si cimentava nell’ultimo grande saggio di musica astratta prima di darsi anima e corpo al poema sinfonico e al teatro musicale Il fatto che sia frutto del lavoro di un ventitreenne non deve trarre in inganno: questa Sonata di esu berante fantasia è animata dal tipico stile melodico e ritmico del compositore, che ha il dono teatrale innato di tenere l’ascoltatore sempre in tensione, in attesa di nuovi accadimenti. L’influsso brahm siano è ancora evidente nella forgiatura dei temi e nello slancio romantico, ma nuova è la visione “sinfonica”, come se violino e pianoforte fossero
espansi in un afflato orchestrale (non per caso la stesura della Sonata procedette di pari passo con il poema sinfonico Don Juan) La dedica di que sto lavoro, rimasto un unicum nel catalogo straus siano, andò al cugino Robert Pschorr. La prima esecuzione fu data il 3 ottobre 1888, quattro mesi dopo uno degli episodi più importanti della gio vinezza di Strauss: l’ascolto, al Teatro Comunale di Bologna, della prima italiana di Tristan und Isolde, nel mezzo del Grand Tour italiano che ogni rampollo tedesco di buona famiglia intra prendeva per venire a contatto con le bellezze raccontate da Goethe. Nel caso di Strauss, però, c’era un motivo in più: a diciassette anni il futuro compositore di Salome era stato ufficialmente in terdetto dal padre dall’avvicinarsi alla partitura “velenosa” del Tristan Il divieto suonava para dossale, provenendo dalla bocca del primo corno dell’Opera di Monaco, dove Tristan aveva trovato battesimo nel 1865 alla presenza di Re Ludwig II. Per Franz Strauss, padre di Richard, Wagner era nient’altro che “l’impostore di Bayreuth” ed era intollerabile che il figlio perdesse tempo su quella musica “dolciastra e venefica” Facile immaginare con quale spirito di clandestina soddisfazione, la sciate le minacce paterne a seicento chilometri da casa, il giovane Strauss sia entrato al Comunale in una calda serata di giugno, facendosi sopraffare dalla musica «Dopo questa presa di coscienza confessò lui stesso divenni un wagneriano con vinto». E non ci fu più tempo per pensare ad altro.
DA ASCOLTARE
Reduce da una celebratissima incisione integrale per Chandos dei Concer ti di Mozar t con la Royal Scottish National Orchestra diretta da Sir Roger Norrington di cui si legge nella Rubrica Da ascoltare di questo numero, Francesca Dego è altrettanto attiva come camerista, pub blicando una selezione delle sonate mozar tiane per violi no con la sua compagna di recital di lunga data, France sca Leonardi. Uscito nel 2022 sempre per Chandos, l’al bum riunisce le Sonate KV 301, 303 e 305, ed è costruito, come commenta la stessa Dego, «attorno alla nostra So nata preferita, la KV 454 in si bemolle maggiore, che ese guiamo da molti anni e in cui la semplicità e l’esuberanza di Mozar t coesistono in per fetta armonia» Dal canto suo, Alessandro Taverna può vantare una discografia variega ta, spaziando da Bach a Liszt, da Ravel a Debussy, ad un apprezzatissimo album dedicato a Nikolay Medtner. Gli album dal vivo hanno il potere di mostrare quei chiaroscu ri emotivi che le registrazioni in studio tendono a livellare A questa categoria risponde Musica Velata Schumann & Brahms, un live album del 2019 che cattura la per forman ce di Taverna eseguita nel medesimo anno presso il Tea tro Grande di Brescia in occasione del 56° Festival Piani stico Internazionale di Brescia e Bergamo.
Genesi di un duo
Francesca Dego e Alessandro Taver na> Intervista >
Com’è nata l’idea di un recital insieme e cosa vi accomuna?
F r a n c e s c a D e g o : «Con Alessandro ci cono sciamo da anni, ma non c’è stata mai occasione di collaborare fino a quando non ci siamo trovati nella Sala Fazioli di Sacile per la registrazione di un brano, e nel giro di un’ora, senza aver mai suo nato prima insieme, siamo rimasti sbalorditi dalla facilità del nostro incontro musicale e dal fatto che ci capivamo senza nessun problema, sicura mente aiutati anche da una grande ammirazione e stima nei confronti l’uno dell’altro».
Alessandro Taverna: «È una prima, nel senso che per la prima volta in questa stagione abbiamo deciso di unirci come solisti per formare un duo In realtà, proprio pensando a Bologna, c’è stata un’anteprima al Festival di Portogruaro di questa estate dove abbiamo battezzato il programma che ascolterete. Volevamo provare e provarci, sentire la nostra intesa e siamo andati molto d’accordo Ho sempre stimato Francesca, è una personalità artistica straordinaria, quello che mi piace di lei è una singolarissima intelligenza musicale, ossia la capacità di unire talento, istinto e progettualità sia nella performance che nelle idee».
Che percorso avete seguito nella scelta di questo programma, che fra l’altro alli nea in un certo senso tre “pezzi unici” dei loro autori?
F D : «È un programma assoluta mente rappresentativo di questo in contro artistico, di grandissimo im patto per il pubblico C’è un enorme romanticismo con la punta di pepe del brano di Schoenberg in apertura che in realtà è molto inte ressante perché si collega con Strauss. È incredibile pensare che i due autori siano stati contempora nei: rappresentano due lati per mille motivi comple mentari del Novecento, che sappiamo essere il secolo musical mente più pieno di contrasti stilistici e di poetica La
Fantasia di Schoenberg è breve, ma sembra una sonata condensata, in cui sentiamo rimandi di valzer viennesi, momenti cantabili e altri di grande virtuosismo, ma in un linguaggio nuovo, quello dodecafonico, che ci provoca una sensa zione alienante, quasi sconcertante a tratti ma di enorme potenza espressiva: insomma, la trovo un capolavoro, come del resto le altre due opere in programma La Sonata di Franck è la bellezza di un duo che nasce. Era imprescindibile anche come omaggio all’amicizia perché Franck l’ha dedicata a Ysaÿe in occasione del suo matrimo nio, presentandosi e suonandola insieme a prima vista È stato quindi anche un regalo, il che mi piace molto a livello simbolico per una prima collaborazione!».
A.T.: «Nell’anno 2022 abbiamo pensato a un omaggio a Franck. La scrittura è davvero diffi cile, ma siamo dinanzi al grande repertorio per violino e pianoforte, da cui il legame con la So nata di Strauss, che è anche tra le più difficili per i violinisti È una pagina giovanile che si ascolta raramente e che risente di un momento partico lare, un’epoca che si sta sgretolando, diciamo l’impero tedesco di fine secolo, con le sue spe ranze e la sua decadenza; ecco, è questo che mi suggerisce ed è bello metterlo in relazione con il grande romanticismo di Franck La Fantasia di Schoenberg, invece, opera dodecafonica, breve e straordinaria, mi affascina per la concezione matematica che c’è sotto ed è uno squarcio verso la musica del futuro In questo programma ab biamo lo spaccato di una strada: quella che co mincia con il tardoromanticismo di Franck, per passare al crepuscolo di un’era con Strauss e aprire poi il futuro di Schoenberg; ma la speri mentiamo al contrario, c’è una specie di per corso a ritroso»
Il 14 novembre sarete protagonisti di Che Musica, Ragazzi!, l’appuntamento riservato da Musica Insieme agli alunni delle scuole prima rie e medie: qual è secondo voi il modo migliore per avvicinare i ragazzi all’arte dei suoni?
F D : «Quello che fate voi insieme ad altre illu minate società concertistiche è la cosa migliore che possiamo offrire in questo momento Ri mane il fatto tragico a mio avviso che la musica
classica non è presente nel percorso scolastico degli studenti, come in Germania per esempio. E questo fa la differenza, ma ben venga tutto q u e l l o c h e s i p u ò a t t u a r e a ff i n c h é q u a l c o s a cambi in un Paese con una fortissima tradizione musicale come l’Italia Credo che ci siano al giorno d’oggi molti modi di comunicare, ci sono musicisti che hanno un loro seguito sui social e anch’io faccio una piccola parte con i giovani, ma perlopiù il loro “fuoco” si è già acceso, di so lito grazie a qualche insegnante o alla famiglia Io stessa, che vengo da una famiglia di non mu sicisti ma appassionati, ricordo che la musica era sempre presente in casa. Rimane però un’ini ziativa individuale dei singoli genitori, della scuola, di un insegnante Credo, come per la letteratura e per l’arte, che l’importante sia dare ai ragazzi la possibilità di innamorarsi della mu sica, e anche se alla fine se ne conquisteranno solo alcuni sarà già un successo».
A.T.: «Credo che l’esempio, e parlo dell’azione musicale, sia la cosa più efficace soprattutto su una platea di giovani e non musicisti, perché po chissimi saranno quelli che hanno già un interesse musicale Non dobbiamo farci illusioni, è un re pertorio a suo modo complesso per chi non co nosce la musica, e magari anche per i ragazzi che in una sala da concerto non sono mai stati, però c’è qualche cosa di affascinante, e su questo pun teremo Intanto la sinergia di due strumenti, vio lino e pianoforte che dialogano tra loro, ricorda le relazioni interpersonali, e secondo me sarà im portante spiegare come gli intenti di due persone, come nel nostro caso, che creano un progetto musicale, possano trovare realizzazione Penso poi che i ragazzi non siano colpiti tanto dai di scorsi e dalla teoria, ma dal “provare” Immagino che per loro sia ancor più efficace trovarsi in una sala da concerto perché in questa dinamica parti colare si crea poi un rito, una sorta di magia. Do vremmo cercare di stimolare questo senso, che nei ragazzi esiste, di un livello superiore, che non è quello di tutti i giorni, non è quello del te lefonino, ma è una magia destinata poi a durare e magari a ripetersi».
Cosa vi aspettate dal vostro debutto in duo a Bologna?
F D : «Con Bologna ho un bellissimo rapporto È una città a cui sono legata perché all’Eremo di Ronzano ho inciso i Capricci di Paganini per Deutsche Grammophon, è stato il mio debutto da ventiduenne, esattamente dieci anni fa, ricordo le giornate passate a Bologna per affrontare una delle cose più difficili della mia vita, tra l’altro era una di quelle estati di caldo atroce, un’esperienza
indimenticabile che sarà sempre legata al mio percorso. Così come la riapertura per Musica In sieme con l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali dopo il lockdown è stata indimenticabile, ho pro vato una grande emozione con una punta di ner vosismo che non sperimentavo da anni perché ve nivo da un lungo periodo di mancanza di un reale rapporto con il pubblico. È stato molto vivo come ricordo, molto reale la sensazione sul palcosce nico e credo molto elettrica per tutti Sono feli cissima che sia stato un successo suonare un brano scritto per me da Taralli e un mio cavallo di battaglia di Ravel, che è la contrapposizione tra il nuovo e un brano che ho suonato tantissime volte. Non vedo l’ora di tornare». A T : «È un momento che aspettavo e desideravo perché quella di Musica Insieme è una stagione prestigiosissima Sono stato a Bologna e torno dopo un’esperienza particolare perché nel se condo lockdown ho registrato i cinque concerti di Beethoven per pianoforte e orchestra con l’Or chestra del Teatro Comunale, a teatro chiuso, quindi respirare Bologna con uno sguardo di verso e in un posto diverso nel magnifico Audi torium Manzoni è bellissimo e devo dire che es sere in compagnia di Francesca in questo debutto è quanto di meglio potessi desiderare». (a cura di Melania Zizi)
PIANISMO
Re c i t a l : “ n e l l ’ u s o i n t e r n a z i o n a l e , p r o gramma di canzoni o di musica ese guito da un solista”, recita la Treccani E se volessimo aggiungere la voce “recital pia nistico”? Dovremmo innanzitutto attribuire il merito dell’invenzione al leggendario Franz Liszt: proprio a lui il pianoforte deve la sua at tuale fama di strumento capace di ammaliare pubblici numerosi con mirabolanti acrobazie, senza necessità di ulteriori presenze sulla scena Liszt, infatti, fu il primo a portare nei teatri programmi di pianoforte solo, che per l’ap punto definì “recitals” per la loro spettacolarità quasi teatrale. Successivamente, se volessimo aggiungere alla nostra voce un esempio tratto dai tempi odierni, sicuramente potremmo ci tare il programma che Beatrice Rana, orgoglio nazionale, porterà in concerto questo autunno Un tripudio di compositori che sono stati anche talentuosissimi pianisti, del cui repertorio ascol teremo alcuni capisaldi della letteratura nonché emblemi del virtuosismo
I n i z i a m o d a l l ’ a u t o r e p i ù r e c e n t e , A l e k s a n d r Skrjabin, del quale incidentalmente ricorre il 150° anniversario dalla nascita Oltre alle am pie dodici sonate, il compositore dedicò gran parte della sua vita alla stesura di brani piani stici più ridotti, seguendo la scia di quella poe tica del frammento tanto amata dai suoi ro mantici predecessori, primi fra tutti Chopin e Liszt In particolare Skrjabin si cimentò con la forma del Preludio, proseguendo idealmente il modello di Chopin, autore di 24 Preludi per pianoforte, uno per ciascuna tonalità. L’idea iniziale del pianista russo era in realtà ancora più ambiziosa: avrebbe voluto scrivere ben due cicli di Preludi, ma riuscì poi a completarne solo uno (l’opera 11), mentre del secondo ri mangono solo alcuni brani sparsi. Questo pro getto ci rimanda ancora più indietro nel tempo, in particolare a un mastodontico lavoro per ta stiera, Il Clavicembalo ben temperato di Jo hann Sebastian Bach: per l’appunto un’opera in due volumi contenenti ciascuno 24 Preludi e F u g h e c h e e s p l o r a n o t u t t e l e t o n a l i t à e c h e hanno ispirato compositori di tutti i tempi, tra i quali anche Clementi, Hummel e Liszt. Ancora Chopin rappresenta il modello per altre composizioni brevi di Skrjabin, gli Studi: come
Nata in una famiglia di musicisti, Beatrice Rana inizia i suoi studi all’età di quattro anni e debutta come solista in orc hestra all’età di nove Un prodigio c he dal “tacco” della penisola italiana giunge nelle sale da concer to e nei festival più rinomati di tutto il mondo: la sua musica vola in Europa, dal Musikverein di Vienna alla Royal Alber t Hall di Londra, dal Théâtre des Champs Elysées di Parigi alla Alte Oper di Francofor te Un viaggio c he pro segue oltre oceano per approdare sulle coste del Pacifi co, alla Hollywood Bowl di Los Angeles Numerose an c he le collaborazioni con impor tanti orc hestre e diretto ri, come Yannic k Nézet Séguin, Antonio Pappano, Fabio Luisi, Riccardo Chailly. Non possono mancare nella fio rente carriera dell’ar tista i primi premi nazionali e inter nazionali nelle più famose competizioni, come il Concor so “Muzio Clementi”, il Concorso internazionale della Repubblica di San Marino e la Bang&Olufsen
nel caso del suo predecessore, il nostro compo sitore scrive questi brani a partire dalla risolu zione di un problema tecnico (terze, quinte, ritmi particolari, note ribattute, ecc ), che affronta non attraverso semplici esercizi, ma apportando una cura formale ed espressiva tale da rendere le composizioni degne dei più famosi palcoscenici e dei più talentuosi interpreti. In un programma così idiomatico per il pianoforte n o n p o t ev a a s s o l u t a me n te m a nc a r e F r y d e r y k Chopin, che d’altra parte dedicò l’intera vita a c o m p o r r e e s c l u s i v a m e n t e o q u a s i p e r i l s u o amato strumento E quale opera simboleggia ap pieno la sua grandezza di romantico visionario se non la sua Seconda Sonata? Nonostante il ri chiamo al classicismo intrinseco nel nome, que sta composizione in realtà va ben al di là dei con fini della tradizione sia classica, sia romantica Il fulcro della sonata, nonché uno dei brani più noti del compositore, è rappresentato dal terzo movimento, la Marcia Funebre, composta un
DA ASCOLTARE
Beatrice Rana registra in esclusiva per Warner Classics. Nel 2015, il suo primo album con il Concer to n. 2 di Prokof ’ ev e il Concer to n 1 di Čajkovskij, eseguiti con An tonio Pappano e l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, ha ricevuto riconoscimenti internazionali, tra cui il prestigioso “Editor ’ s Choice” del Gramophone Magazine e il premio “Newcomer of the Year” del BBC Music Maga zine. L’anno 2017 rimarrà una pietra miliare nella sua carriera grazie all’acclamatissima pubblicazione delle Variazioni Goldberg di Bach, insignita di impor tanti rico noscimenti come “Young Ar tist of the Year” ai Gramopho ne Awards e “Discover y of the Year” agli Edison Awards. Beatrice Rana ha registrato inoltre la Sinfonia n. 2 di Bernstein, Age of Anxiety, nel disco di Antonio Pappano comprendente l’integrale delle sinfonie dell’autore, che ha riscosso un gran successo di critica. Sfogliando i suoi lavori più recenti, nel 2019 Rana allinea Maurice Ravel, con Miroirs e La Valse, e Igor Stravinskij, con le musiche per i balletti Petruška e L’uccello di fuoco, guadagnandosi il “Diapason d’Or” e lo “Choc de la Classique” in Francia. Dell’autunno 2021 è il suo ultimo album, con l’integrale degli Studi op 25 e degli Scherzi di Chopin, quegli stessi che ancora conser viamo nel cuore dalla sua registrazione live al Teatro Comunale nel silenzio della pandemia.
paio d’anni prima come pezzo a sé stante, poi ar ricchito da un primo movimento G r a v e , uno Scherzo e un Presto a conclusione Il riferimento alla sonata riguarda forse solo la struttura in quattro movimenti, mentre le forme interne ven gono esplorate in maniera estremamente libera da vincoli armonici e strutturali, com’era del re sto tipico delle compos izioni più brevi dello s t e s s o a u t o r e U n a s o n a t a t a l m e n t e a l l ’ a v a n guardia da oltrepassare addirittura l’estetica ro mantica, poiché la sua tragicità e le sue continue dissonanze la collocano quasi nello stile mo derno, tanto che contemporanei di Chopin del ca libro di Schumann e Mendelssohn non riuscirono a comprenderla appieno e, anzi, la criticarono Del resto, il modello di riferimento supremo per questa forma era allora Beethoven, che con le sue 32 sonate stava facendo sudare i teorici della musica. Quale migliore autore, dunque, se non il nostro Ludwig van per concludere questo mira bolante recital denso di rimandi e interconnes sioni? Ovviamente non parliamo di una sua com p o si z io n e g i o v a n il e , b e n s ì d e ll ’o p e r a 1 0 6, l a cosiddetta Hammerklavier Si tratta della Sonata più lunga, articolata e virtuosistica del nostro compositore, che dedicò lungo tempo a schizzi e ripensamenti prima di giungere all’imponente risultato finale, maestoso almeno quanto un’in tera sinfonia per orchestra Il brano che ne uscì fuori andava infatti talmente oltre le possibilità tecniche del pianoforte e del pianismo del tempo che lo stesso autore era consapevole di aver messo in difficoltà non solo i musicisti suoi con temporanei, ma persino i posteri Un recital pianistico, quindi, che ci propone un viaggio a ritroso dall’epoca moderna, al roman ticismo, al classicismo, pur presentandoci in tutti e tre i casi opere assolutamente innovative e quasi avveniristiche, legate da un fil rouge di ri mandi tra i loro compositori e da una spettaco larità insita in questo genere di concerto
Lo sapevate che con il suo festival “Classiche Forme”, Beatrice Rana ha abbattuto la barriera fra spettatori e palcoscenico, portando la musica tra i fasci di fieno e in un frantoio ipogeo
Desideri esauditi
Finalmente potremo accoglierti in carne ed ossa dopo il recital a porte chiuse del 2021, che ha aperto la Stagione “digitale” di Musica Insieme, tanto necessaria quanto sofferta… «Sono felice di tornare a suonare dal vivo, ma in realtà questa è tutta una stagione di ripartenza. Tornare nelle città dove ho avuto modo di suonare in streaming poi è doppiamente significativo, per ché si tratta veramente di ritrovare il pubblico in carne ed ossa, e questo fa un’enorme differenza: la relazione fra artista e pubblico è a tutti gli effetti un contatto umano che è stato decisamente messo alla prova durante l’ultimo periodo. Già prima av vertivo enormemente la forza dell’incontro con il pubblico, ma adesso ne percepisco l’importanza, se possibile, in maniera ancor più amplificata»
Qual è oggi il tuo rapporto con la trasmissione in streaming dei concerti?
«Lo streaming è stata un’ottima maniera per man tenere il contatto con il pubblico nel momento in cui non c’erano alternative. Altrimenti avremmo dovuto subire uno stop ancora più forte Allo stesso tempo però dobbiamo fare attenzione, per ché lo streaming ha la pretesa di essere emozio nalmente valido come il concerto e digitalmente e tecnicamente perfetto come una registrazione: ma non è nessuna delle due cose, perché la vera emo zione del concerto si può vivere solamente in sala, mentre la registrazione di un cd è qualcosa di completamente diverso dalla mera registrazione da cima a fondo di un concerto Nel momento in cui però lo streaming diffonde a un pubblico più ampio un concerto che già avviene per un pub blico in sala, è una cosa bellissima: penso per esempio alla Digital Concert Hall dei Berliner, che questa operazione la fanno da una vita, ed è una maniera bellissima per ampliare il pubblico, rag giungere il numero maggiore possibile di persone e in un certo senso anche promuovere ciò che ac cade a Berlino. Ma se la domanda è se lo strea ming sia un sostitutivo del concerto, allora la ri sposta è: assolutamente no».
Sei il nostro orgoglio nazionale: direttrice artistica, ideatrice di un festival nella tua terra e na turalmente solista acclamatissima. Che sogni hai ancora nel cassetto?
«Ne sto realizzando uno proprio in questo tour
europeo di recital con l’opera 106 di Beethoven, che eseguirò anche a Bologna, un brano da sempre nella mia “to do list” Devo ammettere che questo è stato un regalo della pandemia, perché non pen savo che avrei mai avuto il tempo di studiare per bene la Hammerklavier, invece durante il lock down ho avuto ovviamente molto tempo libero per dedicarmici, e portarla in concerto è un desi derio che si sta realizzando proprio da qualche giorno: ne sono molto contenta Poi di desideri ar tistici ce ne sono ancora tantissimi, i brani che vorrei suonare e gli interpreti con cui vorrei colla borare sono molti… ma c’è da dire anche che sono molto felice di quello che faccio, e mi augurerei semplicemente di continuare a condividere la mu sica con il pubblico, perché questa è stata la cosa che più mi è mancata nei mesi passati»
Poco prima di venire a Bologna sarai a Roma con Sir Pappano, con il quale ti esibirai anche in un concerto cameristico: che effetto fa suo nare a quattro mani con un pianista-direttore d’orchestra?
«Mi piace sempre tantissimo suonare musica da camera insieme ai direttori d’orchestra con i quali è possibile, poiché si instaura un rapporto ancora più forte. Suonare a quattro mani ovviamente au menta di molto anche l’intesa reciproca ed è anche un modo diverso di esplorare il fare musica in sieme È stato un mio desiderio chiedere a Tony Pappano di suonare insieme, poiché abbiamo un rapporto che ci lega da qualche anno. Abbiamo alle spalle già tanti concerti, tante tournée e registra zioni insieme, e fra l’altro sono stata invitata come Artista in residenza a Roma proprio nel suo ultimo anno da Direttore musicale a Santa Cecilia: mi sembrava quindi un omaggio dovuto per un artista che ha davvero migliorato la scena musicale ro mana e italiana anche all’estero, quindi il mio vuol essere un personale ringraziamento non soltanto come artista ma anche come cittadina romana» Suonare con un direttore e suonare in famiglia: cosa cambia quando ti esibisci invece con tua sorella Ludovica, splendida violoncellista che fra l’altro sarà con noi a maggio?
«Sicuramente con lei c’è la voglia di suonare in sieme, e c’è stato anche più modo di farlo, visto che nell’ultimo periodo le famiglie musicali sono
diventate una vera e propria risorsa alla quale at tingere Con Ludovica ho suonato tantissimo du rante il lockdown, ma fare musica insieme con una parte della famiglia è sempre una cosa bellissima, che rientra nella naturalezza dei rapporti. Fra l’al tro stiamo imbastendo proprio un interessante pro gramma di famiglie musicali con Ludovica, che contiamo di portare in tour nei prossimi mesi». C’è un percorso che hai voluto seguire in questo recital? Oltre a celebrare il 150° della nascita di Skrjabin…
«In realtà non lo sapevo nemmeno! [ride] Il pro gramma è incentrato su due grandi sonate in si be molle: la Hammerklavier di Beethoven e la Se conda di Chopin, che sono in realtà due sonate simili per certi aspetti, nonostante la Hammerkla vier sia un’opera gigantesca, un vero Everest della letteratura pianistica, e invece la Marcia funebre della sonata chopiniana sia molto più nota al l’orecchio del pubblico. Però questo Chopin è uno Chopin un po’ “beethoveniano” nella struttura molto condensata e Beethoven è un Beethoven molto lirico, soprattutto nel movimento lento, forse il più ampio di tutti. E poi a fare da cornice a que sti due lavori c’è una selezione di Skrjabin che strizza un po’ l’occhio alla Sonata di Chopin. Il programma è pensato in ordine “retrogrado”, da Skrjabin a Chopin a Beethoven, però in realtà quando si ascolta il concerto è come fare un viag gio nel futuro, perché Skrjabin è uno Skrjabin gio vanile molto romantico, lo Chopin della Seconda Sonata è uno Chopin già un po’ enigmatico, e in vece il Beethoven della Fuga dell’opera 106 po trebbe chiamarsi tranquillamente Stravinskij » In questo periodo si parla molto della questione femminile, balzata tragicamente agli onori della cronaca per la battaglia per i diritti civili delle donne iraniane: parlando di musica, la scelta di eseguire ad esempio Clara Schumann e Fanny Mendelssohn è un modo per perorare la causa delle donne?
«Sì, l’unica maniera per promuovere la musica delle donne è suonarla Per me il Concerto di Clara Schumann che eseguirò per l’Accademia di Santa Cecilia è stato una rivela zione, vittima com’è di diversi “boicottaggi” Clara stessa di ceva di non avere la pretesa di essere compo sitrice, in quanto era donna, moglie e madre Quindi questo concerto non trovava sponsor in primis nella sua compositrice, e pur tr o p p o n o n è s t a to m a i a ff r o n t at o d a grandi pianisti, quindi non ho avuto a disposizione delle registrazioni di riferi mento, però l’ho suonato molte volte nelle ultime stagioni, e devo dire che è un concerto stupendo, anzi è incredibile
se si pensa che è stato scritto da una Clara quat tordicenne! Con mia sorella Ludovica al violon cello eseguiamo poi la Fantasia di Fanny Men delssohn, un brano davvero stupendo, e con una storia ancora peggiore perché probabilmente lei ha pubblicato molta musica con il nome del fratello, quindi non è ben chiaro che cosa e quanto abbia scritto Certo, ci vogliono istituzioni che si fac ciano promotrici di questo repertorio, e sono si cura che il pubblico sia sempre contento di sco prire belle cose».
Hai proposto tu quindi il Concerto di Clara Schumann a Santa Cecilia?
«Sì, l’ho proposto io a Roma, ma a mia volta l’ho praticamente scoperto parlando con il direttore ca nadese Yannick Nézet Séguin: abbiamo deciso di portare in tournée insieme Clara e Robert, e così è stato; da questa tournée è nato anche un nuovo cd che uscirà quest’inverno, e ne sono molto con tenta». (a cura di Fulvia de Colle)
LUNEDÌ 12 DICEMBRE 2022 ORE
TEATRO AUDITORIUM MANZONI
ACCADEMIA BIZANTINA
del violino
violino
DANTONE clavicembalo e direttore
Corelli
Concerto grosso in re maggiore op. 6 n. 4
Geminiani
Concerto grosso in mi minore op. 3 n. 3
Händel
Concerto grosso in fa maggiore op 6 n 2
Corelli
Concerto grosso in fa maggiore op 6 n 6
Geminiani
Concerto grosso in re minore op 3 n 4
Händel
Concerto grosso in si bemolle maggiore op 6 n 7
L’Accademia
A destra, Ottavio Dantone.
Nella pagina a fianco, ritratto di Händel (Balthasar Denner, 1726 28)
uando si adopera il costrutto “concerto grosso” si fa riferimento ad una forma tipica del barocco italiano che prevede l’utilizzo dell’intera compagine degli archi: vio lini, viole, violoncelli e contrabbassi, a cui si af fiancano uno o più strumenti aventi funzione di “basso continuo” (una sorta di base o sostegno armonico fondamentale) come, ad esempio, l’ar ciliuto o il clavicembalo Peculiarità sostanziale del concerto grosso è il dialogo tra un gruppo so lista, anche detto concertino o soli, generalmente rappresentato da una coppia di violini a sostegno dei quali si può affiancare un violoncello, ed il re sto dell’orchestra, che prende il nome di tutti o ri p i e n o , o ancora, per l’appunto, di c o n c e r t o grosso L’organizzazione interna di tale forma di concerto prevede, inoltre, l’alternanza di movi menti maggiormente distesi ad altri di natura più incalzante, dando continuità a quell’idea di dia logo data dall’interazione fra gli strumenti I so listi possono, ad esempio, esporre un tema che l’orchestra ha facoltà di variare o di sviluppare elaborando il materiale melodico ritmico, cre ando così dei “blocchi sonori” messi a servizio di una struttura che occhieggia in qualche modo ai principi organizzativi dell’architettura barocca Arcangelo Corelli (1653 1713) è forse il mag giore rappresentante di questo genere di com
I PROTAGONISTI
Nel 1983 quattro talentuosi compagni di Conser vatorio fondavano l’Accademia Bizantina. Questa orchestra oggi vanta una ricca discografia, riconoscimenti e collabo razioni nazionali e internazionali Nel 1996 vi approda il Maestro Ottavio Dantone, massimo esperto della musi ca barocca e fra i clavicembalisti più brillanti della sua ge nerazione. Una grande architettura musicale che si arric chisce nel 2011 con la presenza del violinista e concertma ster Alessandro Tampieri, col quale l’ensemble si affer ma come una delle orchestre di musica barocca più acclamate ed accreditate nel panorama internazionale. Diapason d’Or, Midem, Choc di Classica, Opus Klassik, Grammy Music Award e Gramophone Awards sono solo alcuni dei prestigiosi premi che l’Accademia ha ricevuto nel corso del suo operato, approdato nei teatri e nei festival di tutto il mondo: Carnegie Hall e Lincoln Center a New York, Wigmore Hall e Barbican Centre a Londra, Théâtre des Champs Elysées a Parigi e Opéra Royal a Versailles, e l’elenco è ancora molto lungo
posizione, e non a caso sarà il suo Concerto grosso op 6 n 4 ad aprire il programma, inti tolato L’Orfeo del violino proprio in suo omag gio, considerando che all’epoca il compositore era noto anche come “il nuovo Orfeo”, con un esplicito rimando al cantore solitario della mi tologia ellenica Ma Orfeo è anche colui che in carna il tema del viaggio, inteso sia come la spe dizione volta al recupero del vello d’oro con gli Argonauti, sia come discesa in Averno per ria vere la sua Euridice.
Accanto al nome di Corelli, in cartellone tro viamo anche l’allievo Francesco Geminiani (1687 1762), seguito da Georg Friedrich Händel (1685 1759), con l’esecuzione alternata di due concerti grossi per ciascuno dei tre compositori.
Di Corelli verranno proposti il Concerto grosso n. 4 in re maggiore ed il Concerto grosso n. 6 in fa maggiore, entrambi appartenenti a una raccolta postuma, l’opera 6, data alle stampe solo nel 1714 e divenuta un modello di riferimento per i suc cessivi compositori. Di questi due lavori è possi bile apprezzare la delicatezza dei movimenti più lirici e distesi, alternati alle architetture sonore tensive proposte sul registro grave, che trovano soluzione in una nuova cantabilità, soprattutto nel Largo del secondo concerto in programma
Di Geminiani verranno eseguiti invece il Con certo grosso in mi minore ed il Concerto grosso in re minore, rispettivamente i numeri 3 e 4 del l’opera 3. La cifra stilistica di queste composi zioni è determinata dalla tessitura del virtuosismo. Quel che differenzia i Concerti dell’op. 3 rispetto al modello ispiratore corelliano è la presenza della viola come ulteriore strumento dialogante, tra il concertino e il tutti, che si fa determinante nell’ampliamento della tavolozza timbrica Ad intervallare l’alternarsi tra i due percorsi italiani saranno due opere di Händel, ovvero il Concerto grosso n 6 in fa maggiore e il n 7 in si bemolle maggiore Anche in questo caso le opere subiscono l’influenza di Corelli Non a caso Händel rende omaggio al compositore ita liano numerando come opera 6 la propria rac colta di “Grand Concertos”. Se da una parte si nota la volontà di ricalcare le impronte della metodologia tricolore, dall’altra i concerti hän deliani trasudano la volontà di integrare ele
Lo sapevate che nel 2021 l’Accademia Bizantina
è stata premiata come miglior orchestra europea e seconda migliore orchestra al mondo ai prestigiosi Gramophone Awards, gli Oscar della classica
menti sia contemporanei che personali. L’ar chitettura interna conserva tuttavia la struttura codificata da Corelli, soprattutto nei movimenti iniziali, dove in entrambi i casi il compositore tedesco propende per un approccio disteso e li rico Nel Concerto grosso in fa maggiore, ad esempio, il movimento d’apertura vede una Pa storale in cui si intersecano la fermezza del ri pieno e la morbidezza del concertino. Il percorso proposto dall’Accademia Bizantina si preannuncia, dunque, intenso e ricco di spunti di riflessione, in particolare prospettando una com parazione fra queste tre menti imperiture, cia scuna con una diversa storia, che qui si misurano con la medesima struttura formale. Al pari di Or feo, che riusciva a trascendere i luoghi dell’uomo e degli dei con la propria lira, la musica barocca attraversa il tempo grazie ai propri compositori, incantandoci ancora anche dopo tre secoli
DA ASCOLTARE
L’Accademia Bizantina possiede senza alcun dubbio un copioso numero di frecce al proprio arco Le sue registrazioni sono così abbondanti che andando sul sito ufficiale dell’ensemble, www.accademiabizantina.it, alla voce Discografia appare il quesito “Cosa vuoi ascoltare oggi?” Bach, Händel, Haydn, Mozart sono solo alcuni dei nomi a disposizione per creare un percorso d’ascolto. Il direttore Ottavio Dantone ed il primo violino Alessandro Tampieri hanno appena finito di consegnare ai microfoni le esecuzioni dei Concerti grossi di Corelli e Geminiani, la cui pubblicazione è prevista per il 2023. In attesa di poter frui re di questa nuova fatica discografica, che peraltro il no stro pubblico potrà assaporare dal vivo nel concerto di di cembre, Musica Insieme consiglia l’ascolto del settimo volu me dei Concerti per violino di Antonio Vivaldi, Per il Castel lo, registrati nell’aprile 2019 presso la Chiesa di San Giro lamo a Bagnacavallo (RA) per l’etichetta Naïve Classique
Il fascino del Barocco
Ottavio
e Alessandro Tampieri
Musica Insieme ha il piacere di accogliere nuo vamente a Bologna l’Accademia Bizantina di retta da Ottavio Dantone. Dal 2011 è con voi come primo violino e concertmaster Alessandro Tampieri: come nasce la vostra collaborazione? Ottavio Dantone: «Alessandro Tampieri è stato uno dei fondatori dell’Accademia Bizantina nel 1983. A quell’epoca rivestiva il ruolo di prima viola, ma era stato il direttore Carlo Chiarappa a spingerlo verso quello strumento. Ricordo che an che come violista era straordinario Successiva mente ha fatto altre esperienze: è stato violista alla Scala e poi è approdato all’Academia Montis Regalis come primo violino, cosa che gli ha per messo di dare libero sfogo alle proprie capacità. Poi, nel momento in cui Stefano Montanari ha imboccato la strada verso la direzione, lo abbiamo ritrovato Alessandro è così tornato in Accademia Bizantina Non potrei immaginare un primo vio lino migliore di lui Tampieri possiede tecnica, in
telligenza musicale, ha un carattere aggregante ed è veramente il musicista con il quale mi trovo me glio a condividere le mie idee»
Alessandro Tampieri: «Con Accademia Bizan tina ci sono praticamente nato Ne ero membro già trent’anni fa, mentre come spalla ne faccio parte dal 2011. L’Accademia è una sorta di coo perativa dove vige il pensiero che tutto possa partire da ogni singolo musicista. L’apporto di Ottavio Dantone dalla fine degli anni Ottanta in poi è sempre stato fondamentale È un contributo che tiene presente l’ottica della direzione e que sta democrazia tra i vari musicisti che accolgono e discutono le singole proposte. L’Accademia Bizantina nasce inoltre come ensemble di stru m e n t i “ c l a s s i c i ” d a t o c h e n e l 1 9 8 3 , i n I t a l i a , l’aderenza totale alla filologia musicale e l’im piego di strumenti d’epoca non erano ancora co dificati come li conosciamo oggi» Quali sono le peculiarità che rendono unica la forma del concerto grosso, il famoso “antenato” del concerto solistico?
O D : «Il concerto grosso nasce nella seconda metà del Seicento Questa forma si evolve dal concerto e dalla sinfonia attraverso il dialogo Trovo che più che l’antenato del concerto solistico, il concerto grosso sia una forma a sé, perché pre senta una propria ricchezza formale con un dialogo fra ben tre strumenti che in Geminiani diventano addirittura quattro Quello che rende tali concerti interessanti è proprio questo dialogo tra i solisti ed il basso continuo C’è quindi un’estrema varietà di colori. Rispetto al concerto solistico, che rag giunge una propria dignità più avanti, il concerto grosso si delinea come una forma con caratteristi che soltanto sue Ritengo che il vero archetipo del concerto grosso sia quello di Corelli, in quanto più che la perfezione egli tocca l’“apollineità” nel l’uso di questa forma che condizionerà poi i suoi successori, fra cui troviamo proprio Geminiani e Händel. È per questo che presenteremo un pro gramma con questi tre compositori»
A T : «A me piace analizzare la storia della musica partendo dalla praticità con cui i brani nascono Nel Barocco non vige solo il principio secondo il quale si fa qualcosa partendo dal proprio volere,
ma si parte dalle necessità Il concerto grosso na sce dalla sonata a tre, dove gli elementi coinvolti sono due violini, a cui si aggiunge un basso che possa fare da fondamento. Il concerto grosso non è che un’estensione della sonata a tre L’aumento degli esecutori comporta dunque la necessità di creare una musica che possa andare bene sia per tre musicisti che per organici più ampi Pertanto la ne cessità è che ci sia un gruppo principale, il con certino, in grado di portare avanti il discorso mu sicale ed uno ad esso subordinato. Soprattutto Corelli, codificatore del concerto grosso, fa na scere questo tipo di composizione dalla sonata a tre Con Händel o Geminiani abbiamo un con certo che è già pensato per un numero di musici sti molto più importante».
Ecco la ricchezza di questo confronto: la musica italiana vista da un italiano, da uno straniero e da un italiano che si sposta all’estero». Di Geminiani, in particolare, sta per essere pub blicato un album con i Concerti per violino, è corretto?
A T : «Intanto per novembre 2022 è prevista la pubblicazione dei Concerti grossi di Händel op 3 ed op. 6. L’op. 6 è parecchio cara allo stesso Hän del, che la compone come dimostrazione della propria capacità di scrivere per orchestra. Inoltre abbiamo già registrato tra maggio e luglio scorso l’opera 3 di Geminiani Questo materiale dovrebbe essere pubblicato il prossimo anno» La musica barocca ha un fascino ancora at tualissimo per le orecchie di oggi: che chiavi d’ascolto darebbe al nostro pubblico?
«Corelli era un musicista
tutta
A cosa si riferisce il titolo del concerto “L’Or feo del violino”?
O D : «Orfeo del violino era soprannominato Ar cangelo Corelli Tutto parte da lui Questi era un musicista “mitologico”, dato che nonostante non fosse mai uscito dall’Italia era comunque cono sciuto in tutta Europa. Come Orfeo, Corelli era in grado di incantare il pubblico grazie al proprio strumento»
Maestro Dantone, come descriverebbe il percorso che verrà proposto attraverso questi sei concerti grossi, con due autori italiani e un te desco come Händel, che comunque conosceva bene questa scuola violinistica e che in qualche modo ne ricalca le caratteristiche?
O D : «È interessante appunto mettere a confronto questi tre autori poiché ciò ci permette di vedere da una parte la purezza dello stile di Corelli, padre del concerto grosso, e dall’altra l’influenza italiana nella scrittura di Händel, musicista tedesco che in occasione del suo viaggio in Italia avrà modo di confrontarsi proprio con Corelli Geminiani è in vece un italiano che è stato a Londra Egli ha, dunque, una visione del concerto grosso che parte dall’Italia e si sposta successivamente all’estero.
A T : «La musica barocca ha ancora un grande fa scino perché usa il medesimo linguaggio tonale dell’odierna musica di consumo Se Rameau nel Settecento lo classifica, Corelli lo fissa Tale lin guaggio lo possiamo ricollegare a Sanremo, o alla musica leggera del secondo Novecento. Il Ba rocco assorbe inoltre i canoni della musica popo lare, che viene in qualche modo ripensata e riela borata C’è dunque una ricerca musicale che ha una sua immediatezza, dove immediatezza non è sinonimo di superficialità. Trovo che il Barocco sia ancora incredibilmente attuale, nonostante siano passati trecento anni». (a cura di Sergio R. Rizzo)
mitologico”:
Pubblicato alla fine del 2021, il romanzo La rivelazione di Rita Marchesini, protagonista della vita musicale bologne se, edito da Pendragon (268 pagine), presenta un’utopia, un viaggio tra passato, pre sente e futuro. Nella sua società ideale, perfetta, in Australia, dove una donna riesce ad esprimere il proprio talento, la protagonista incontra in sogno (ma siamo sicuri che siano solo sogni?) artiste del passato che ebbero una vita complessa per i con dizionamenti sociali e i preconcetti relativi all’idea che l’arte non potesse essere una professione femminile Si tratta di “incontri” con donne real mente vissute. Sono compositrici, musiciste, dan zatrici che hanno dovuto affrontare dure prove per portare avanti il loro desiderio di affermarsi Ma il dilemma di come conciliare vita privata e crea tività, benché siano stati fatti molti passi avanti, non ha ancora trovato del tutto una risposta. La con clusione è riuscire ad armonizzare gli opposti, le diversità, trovare un punto in cui incontrarsi La ri velazione è un romanzo di formazione, ricco di ri flessioni, di emozioni e di domande importanti che si rivolge a lettrici e lettori curiosi
INCONTRI
ravvicinati
È di recente uscita il volume di Roberto Favaro Parola, spazio, suono Il teatro musi cale di Adriano Guarnieri (Marsilio editore, 272 pagine, prefazione di Paolo Petazzi) Bologna bene cono sce il compositore Adriano Guarnieri, ha assistito al debutto delle sue opere Trionfo della notte e Nel l’alba dell’umano, lo ha visto prima studente e poi docente del Conservatorio Giovan Battista Marti ni Segnaliamo quindi la pubblicazione la prima dedicata al teatro musicale del compositore di Ro berto Favaro, musicologo, docente, autore di nu merosi saggi Guarnieri è stato protagonista della musica contemporanea, autore complesso, inelu dibile punto di riferimento, la cui musica lirica rin nova e attualizza un genere che si rivela capace di trasformarsi in modo sorprendente Lo scritto di Fa varo è chiaro e coinvolgente per ogni lettore, non solo per lo specialista, perché mette in campo con tinui riferimenti multidisciplinari. Alla musica si uniscono la letteratura, la poesia, il cinema, l’ar chitettura in un continuo dialogo, quel mescolar si di linguaggi sempre presente nelle opere di Guar nieri Un utile breviario per comprendere una doz zina di lavori di grande forza e impatto
Domenico, detto Mimo, non ha una vita facile Suo padre è il celeber rimo Alessandro Scarlatti, com positore affermato e conteso tra Roma e Napoli da principi, cardi nali e regine. Tutti lo vogliono e lui compone opere di successo, orato ri, cantate (quasi settecento), sere nate, sinfonie Un campione per sti le raffinato e velocità di scrittura, ma anche un uomo esigente, seve ro, ambizioso. Domenico cresce nella sua ombra, rivelando una precoce predisposizione per la mu sica Può seguire le orme del padre, ma con lui non avrà mai un rapporto sereno e i nodi, si sa, prima o poi vengono al pettine. Di questo, del suo genio, della sua vita tormenta ta e di come si sbroglierà la matassa potete leggere nella bellissima gra phic novel intitolata La musica nel sangue Alessandro e Domenico Scarlatti (2021, 75 pagine). Il vo lume inaugura Scarlatti Musico mics, una nuova linea di fumetti vo luta dall’Associazione Alessandro Scarlatti di Napoli e da Guida Edi tori A Chiara Macor si devono il soggetto e la sceneggiatura, a Ema nuele Parascandolo i disegni, a Chiara Imparato i colori della pri ma biografia a fumetti di Alessan dro e Domenico Scarlatti Che un talento della musica clavicembali stica possa diventare il “super eroe” di un fumetto sembra un’idea ardita. In realtà l’esperimento è perfetta mente riuscito Domenico è una fi gura complessa, ha una vita srego
lata, la sua professione e i suoi af fetti ne risentono Sta male, non rie sce a liberarsi dal vizio del gioco, la moglie lo abbandona. Crolla. Solo un amico fidato e pieno di comprensione può aiutarlo. Quel la figura buona ha il nome di Car lo Broschi, meglio conosciuto come Farinelli, cantante ammirato in tut ta Europa per la sua voce sublime che trascorse l’ultima parte della vita a Bologna, in una meraviglio sa villa piena di stupende opere d’arte e di strumenti musicali Qui lo troviamo in Spagna, per aiutare l’amico Mimo Lo fa con saggez za e fermezza e un po’ d’ironia. Se guiamo passo dopo passo la vicenda fatta di musica e di sentimenti, as sai ben disegnata e raccontata Un modo per scoprire la storia, oggi sconosciuta ai più, di due geni del la musica. Un libro destinato ai gio vani, ma gradevolissimo anche per gli adulti che sono una buona par te tra gli acquirenti di graphic no vel Sarà il primo di una serie di li bri destinati a raccontare vite di grandi musicisti che tanto hanno dato a Napoli. Iniziare con un omaggio a Domenico e Alessandro
Scarlatti è una scelta indovinata che speriamo porti a riscoprire il ric chissimo patrimonio di composi zioni che entrambi hanno lasciato
Chiara Macor, Emanuele Parascandolo, Chiara Imparato La musica nel sangue. Alessandro e Domenico Scarlatti (Guida Editori, 2021)
Roberto Favaro Parola, spazio suono. Il teatro musicale di Adriano Guarnieri (Marsilio, 2022) Rita Marchesini La rivelazione (Pendragon, 2021)Una graphic novel, un romanzo e un saggio: tre modi di raccontare i grandi protagonisti della musica
IMPRESE creative
Le integrali di Francesca Dego e Andrea Macinanti, l’opera live di Accademia Bizantina: quando la passione incontra la ricerca
Georg Friedrich Händel SerseAccademia Bizantina, Arianna Vendittelli, Marina De Liso, Delphine Galou, Luigi De Donato, Monica Piccinini, Francesca Aspromonte, Biagio Pizzuti, Ottavio Dantone (HDB Sonus, 2022)
Nel 1738, Serse di Händel non ebbe un gran successo al suo debutto al Kin g’s Theater Il motivo è presto detto: l’intrigo complesso per un pubblico non madrelingua, e decisamente fuori moda con il suo carattere tragico mico, fra alti sentimenti e tratti paradossali quando non buffi Eppure, il libretto che risultava antiquato a suo tempo aveva avuto un successo stra ordinario Il testo di Nicolò Minato aveva offerto a Francesco Cavalli nel 1654, se non l’occasione del suo capolavoro musicale, uno dei suoi più apprezzati lavori teatrali, innovativo allora sì per l’ambientazione sto rica, seppur romanzata, e la quasi totale assenza di elementi sovrannatu rali. Tramite la revisione di Stampiglia per Bononcini nel 1694, l’opera di Händel si asciuga ancora, ma evidentemente ai londinesi non bastò, seb bene l’aria “Ombra mai fu” sia diventata una delle melodie più celebri di tutti i tempi. Anche Ottavio Dantone tende a sfrondare e, in questa regi strazione contestuale a una produzione teatrale, attua forse qualche taglio di troppo. Si apprezza, però, moltissimo il cast che, oltre alla souplesse sti listica, vanta una bella confidenza con la lingua e la retorica del libretto.
Nel 2005 una collaborazione fra il Teatro Comu nale e il Conservatorio di Bologna riportò alla luce l’inedita opera Malombra di Marco Enrico Bossi, compositore e didatta nato a Salò nel 1861 e mor to durante una traversata dell’Atlantico nel 1925, legato prima come stu dente e poi come direttore allo stesso Conservatorio felsineo Tuttavia, la sua fama si deve, più che al teatro, all’oratorio o ai lavori per orchestra, soprattutto all’attività come organista di respiro internazionale, determi nato ad affermare lo strumento al di là della funzione liturgica, anche in rapporto concertante con voci e altri strumenti Per questo, l’impresa di un’integrale di Bossi per organo completata da Andrea Macinanti con que sto quindicesimo volume per Tactus assume un significativo valore, tan to più che l’accostamento di pagine originali a trascrizioni di Paganini, Liszt o Mendelssohn curate dallo stesso Bossi aiuta a definirne sia il valore di musicista, sia l’attenzione allo sviluppo tecnico dello strumento e al l’emancipazione del repertorio Da sottolineare l’utilizzo di organi stori ci, che permette anche di confrontarsi con l’opera di Bossi da una prospettiva più completa e consapevole sul piano del timbro e degli equilibri sonori
Non aveva nemmeno vent’anni, Mozart, quando scrisse i suoi cinque Concerti per violino e or chestra, presumibilmente tutti nell’arco di pochi mesi nel 1775 Partiture talmente pure e perfette sul piano degli equilibri formali e della sincerità dell’invenzione melodica, che sarebbe difficile scri verne senza scadere nel più vieto luogo comune. Sarebbe talmente scontato ripetere elogi che la trap pola dell’esercizio di stile lezioso è dietro l’angolo Sarà per questo che qualcuno privo di argomenti e in cerca di visibilità ha tentato, viceversa, di far si notare vituperando il genio? Non ce ne curiamo: al genio è molto meglio guardare con un rispetto che ci ispiri più alte riflessioni, sia che si usino le parole sia che ci si accosti come interpreti alla sua musica Perché, al di là delle difficoltà tecniche, quelle poetiche tendono di continuo le trappole del lo scontato e del superfluo A questi rischi Fran cesca Dego impegnata qui a completare con i Concerti n. 1, 2 e 5 l’incisione dell’integrale mo zartiana risponde con un suono cristallino, dal vibrato controllatissimo, prediligendo agogiche di stese, una serena cantabilità aliena da abbandoni leziosi, seppur accurata nelle sfumature dinamiche Da questo punto di vista è interessante proprio l’in contro fra una violinista poco più che trentenne e un esponente storico della scuola britannica come Sir Roger Norrington, classe 1934 Nemmeno nel rondò turchesco del Concerto n 5 il maestro di Ox ford si abbandona all’estroversione, ricercando, piuttosto, una classica, olimpica compostezza Il che, ancora una volta, non significa rinuncia a va riazioni, accenti e dinamiche, che, viceversa, ap paiono ricercati con estrema cura. Tuttavia, è una cura sempre figlia del rigore, della volontà di sfron dare il superfluo e non cedere alle sirene del can tabile seducente o del virtuosismo giocoso La Ro yal Scottish National Orchestra, fedele a questa tra dizione di chiarezza e trasparenza, ben si amalgama con la voce solista di Dego, che spicca comunque per lucentezza
Wolfgang Amadeus Mozart Violin Concer tos Vol 2 Francesca Dego, Sir Roger Norrington, Royal Scottish National Orchestra (Chandos, 2022)
Marco Enrico Bossi Opera omnia per organo vol XV (Tactus, 2022)Editore
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