Aprile 2021

Page 1

Bimestrale n. 2/2021 – anno XXX/BO - € 2,00

aprile/giugno 2021

L’arte dell’arco di Accardo e Brunello, i debutti eccellenti di Dego e Cadario

Prime assolute e giovani talenti: Musica Insieme guarda al futuro

Continua la grande Musica alla scoperta dei tesori di Bologna












SOMMARIO n. 2 aprile / giugno 2021 Editoriale

La bella stagione di Fulvia de Colle

13

I Concerti 2021

Nel mezzo del cammin... di Alessandra Scardovi

14

L’intervista

20

StartUp

22

Antonio Pirillo / Rougj

Comporre le idee... Matteo Giuliani, Guidalberto Bonora

Di... segni e di versi

24

I luoghi della musica

Le Collezioni Comunali d’Arte di Maria Pace Marzocchi

26

Storie della musica

Camille Saint-Saëns di Brunella Torresin

28

I concerti aprile / giugno 2021

35 39 42 47 51

Note da guardare di Nicola Muschitiello ed Erico Verderi

Massimo Quarta, Pietro De Maria Quartetto Prometeo, Mariangela Vacatello Orchestra da Camera Italiana, Salvatore Accardo Giuseppe Albanese Orchestra I Pomeriggi Musicali, Francesca Dego, Alessandro Cadario Mario Brunello, Atelier dell’Errore, SolistInsieme, Quartetto Fauves

Per leggere

Le note di Fabbrini, Johnson e Clericetti di Chiara Sirk

Massimo Quarta

Mariangela Vacatello

Salvatore Accardo

Giuseppe Albanese

54

Francesca Dego

58

Dego, Albanese e il Quartetto di Cremona di Roberta Pedrotti 60

Da ascoltare

In copertina: Bologna: l’“effetto cannocchiale” a San Michele in Bosco - foto Andrea Ranzi 10

MI

MUSICA INSIEME

Mario Brunello




EDITORIALE

LA BELLA stagione I dati Auditel (un termine dal sapore piacevolmente arcaico…) parlano chiaro. Soltanto in febbraio, ogni domenica pomeriggio hanno seguito i nostri Concerti circa 28.000 persone sulle frequenze di TRC Bologna, e più di 21.000 sono stati gli spettatori delle repliche del martedì sera sulla stessa rete televisiva. In realtà, considerando che la televisione si guarda magari in famiglia o in compagnia, questi dati sono più che approssimati per difetto. Sono quindi dati che ci confortano nel proseguire con questa nuova modalità di vicinanza al nostro amatissimo pubblico, che ci manca come un parente caro che non possiamo incontrare, o come quegli “amici del lunedì sera” che accoglievamo a teatro come fosse a casa nostra, ansiosi di condividere i nostri concerti e di scambiarci opinioni ed emozioni… In questi mesi ancora non ci è possibile tornare a teatro – e ci coglie quasi una vertigine nel pensare a un anno fa, quando anche nelle nostre più buie previsioni non avremmo neppure immaginato che i sipari dei teatri italiani sarebbero stati ancora chiusi. Ma come ogni sfida che si rispetti, abbiamo colto l’opportunità di inventare nuove strade per arrivare al nostro pubblico. Così ecco che ormai metà del calendario de I Concerti 2021 è arrivato “nelle case degli italiani” fra televisione e web: grazie alla professionalità di TR Media, La grande Musica… Insieme a Bologna è divenuto infatti un vero e proprio format televisivo. Un format che ci consente di compensare questa lontananza dalle sale con una nuova vicinanza: quella dell’ascolto e della vista, quella della bellezza, non soltanto delle magnifiche sale storiche nelle quali i concerti hanno risuonato, ma anche di un particolare del viso, dei dettagli di uno strumento, di mani in movimento su una tastiera o sulle corde di un violoncello. Un focus sui nostri Artisti, un’amplificazione dei sensi coi quali il mezzo audiovisivo ci consola, nell’attesa di accoglierli ancora di persona. Nelle prossime pagine la Presidente di Musica Insieme Alessandra Scardovi ripercorre i momenti salienti di questo cammino, quasi sfogliando un album di bellissimi ricordi grazie alle fotografie di Andrea Ranzi, che immortalano l’emozione degli artisti nel potersi esibire di nuovo dal vivo e le meravigliose testimonianze dei nostri illustri “anfitrioni”, che hanno dato il benvenuto a Bologna raccontandone i luoghi

Il concerto di Beatrice Rana “visto” dalla regia mobile di TR Media

più belli e spesso nascosti. Accanto alla Stagione in corso, ecco che possiamo anche riprendere la consuetudine di raccontare i concerti al nostro pubblico sul nuovo sito di Musica Insieme, che vi proponiamo oggi interamente rinnovato nella grafica e nei contenuti, e naturalmente sulle pagine di questo magazine, che ospitano sempre nuovi protagonisti, come i giovani talenti della rubrica StartUp e la nostra ultima invenzione, Di… segni e di versi, con la penna del poeta Nicola Muschitiello e gli acquerelli di Erico Verderi. In queste pagine vi presenteremo i prossimi appuntamenti da aprile a giugno, quando con Mario Brunello ci congederemo – e ancora la speranza di poterlo fare “di persona” non ci abbandona. Ma sarà soltanto un breve arrivederci, perché già fervono i preparativi per la settima edizione del Varignana Music Festival, quando riporteremo i grandi concerti a Palazzo sotto le stelle di luglio, e per la seconda edizione di Musica con Vista, il Festival nazionale diffuso che abbiamo varato nel 2020 con gli amici del Comitato Amur, che riunisce ormai una ventina di istituzioni fra le più antiche e prestigiose d’Italia: e allora, con il beneficio della bella stagione, contiamo di incontrarvi tutti. Fulvia de Colle

MI

MUSICA INSIEME

13


I Concerti 2021

NEL MEZZO del cammin...

Fra le suggestive immagini degli Artisti e dei luoghi storici della città che Musica Insieme ha “portato a casa” degli appassionati per I Concerti 2021, la riflessione della nostra Presidente Alessandra Scardovi

G

In alto: Cesare Cremonini al Comunale. Accanto: Giorgio Comaschi, “guida” dell’Oratorio dei Fiorentini. Nella pagina accanto, sopra: Beatrice Rana e Massimo Spada, sotto: l’Ensemble Europa Galante. Tutte le foto sono di Andrea Ranzi 14

MI

MUSICA INSIEME

iunti quasi a metà percorso dei nostri undici appuntamenti, sento il bisogno di condividere con Voi le emozioni più intense che ho provato nel realizzare questo progetto. La prima parola che mi viene in mente è gratitudine: è quello che provo verso quanti hanno collaborato alla realizzazione di questi concerti, per il loro impegno e per la loro passione. Non solo abbiamo ricevuto aiuto e solidarietà, ma anche fiducia, poiché tutti, in primis i nostri sostenitori e le istituzioni, hanno creduto in questa ambiziosa e romantica idea di fare musica in luoghi non sempre convenzionali, ma di forte impatto emotivo. Che cosa abbiamo scoperto? Che l’arte e il talento degli interpreti sublimano il luogo nel quale si esibiscono, e che per quanto esso possa essere bello e prestigioso, è la musica a renderlo magico. A


San Michele in Bosco, per esempio, era come trovarci in un teatro: tutti noi eravamo soggiogati e intimoriti da questa magia e dal rispetto che gli artisti incutono sempre quando sono intenti alla loro opera. C’era una sorta di religiosità nella loro esecuzione, che spero sia stata percepita anche da voi a casa. Gratitudine è quanto ho raccolto anche da loro, dagli artisti. Ho avvertito la loro vicinanza e la loro amicizia, che trasparivano dall’entusiasmo di essere nei luoghi che avevamo scelto per loro. Alla fine di ogni registrazione tutti erano grati e felici, sentendosi privilegiati per aver eseguito un concerto in un momento di silenzio e di assenza del mondo musicale. Tutti hanno aderito con gioia all’idea di presentare l’uno il concerto dell’altro, come una squadra nella quale ognuno ha un ruolo ben definito, ma tutti giocano per il risultato finale. Quindi gratitudine ma anche solidarietà, soprattutto da parte degli amici di sempre che hanno voluto essere coinvolti in questo progetto raccontando la propria storia legata alla passione per il teatro e la musica. Cesare Cremonini ci ha commossi ricordando quando da bambino andava al Teatro Comunale per assistere all’opera, e da lì è nata la passione per il canto e per la musica che lo ha portato al successo. Mauro Felicori ci ha ricordato che Bologna racchiude innumerevoli luoghi sconosciuti e di incomparabile bellezza, che ora stiamo abitando con i nostri concerti; e lo ha fatto

MI

MUSICA INSIEME

15


I Concerti 2021

dandoci il benvenuto dal Complesso di San Colombano, luogo prezioso con affreschi di Guido Reni e del Domenichino, che ospita una straordinaria collezione di strumenti musicali antichi che tutto il mondo ci invidia, donata alla città di Bologna dal Maestro Luigi Ferdinando Tagliavini. Giorgio Comaschi ci ha raccontato con orgoglio e sapienza, e con un’eloquenza tutta petroniana, la storia di Corte Galluzzi e del suo mirabile oratorio dei Fiorentini nella Bologna delle torri, quando l’importanza di una famiglia si riconosceva dall’altezza della torre che costruiva. Ci ha ricordato che i Galluzzi erano una famiglia guelfa che si scontrava spesso con le fazioni ghibelline della città, fra cui gli odiati Carbonesi, con i quali furono protagonisti di un episodio simile a quello fra i Capuleti e i Montecchi. Gian Luca Farinelli, dal Teatro settecentesco di Villa Aldrovandi Mazzacorati, vero e proprio gioiello inaugurato lo stesso anno del Teatro Comunale, ci ha spiegato quale set cinematografico sia l’Emilia-Romagna con

16

MI

MUSICA INSIEME


Foto Cristiano Zecchi

la sua storia, i suoi teatri e i suoi personaggi, motivo per il quale la nostra regione annovera un gran numero di registi di successo. Matteo Lepore ci ha raccontato la storia affascinante del Complesso di San Michele in Bosco che dall’alto domina e protegge la città di Bologna, un luogo di incredibile bellezza nato monastero, che racchiude una splendida chiesa cinquecentesca affrescata da Guido Reni e Carracci, diventata poi caserma e prigione durante l’epoca napoleonica, successivamente villa per il Cardinal Legato e dimora del Re d’Italia. Alla fine fu acquistata da Francesco Rizzoli che la trasformò nel rinomato istituto di cura e di ricerca, a tutt’oggi punto di riferimento e di eccellenza in campo ortopedico in Italia e all’estero, e che proprio nel 2021 si appresta a celebrare i 125 anni dalla sua fondazione. Tutti questi amici, appassionati uomini di cultura, hanno accettato di essere ciascuno testimonial di uno dei nostri concerti e questo per noi è motivo di orgoglio e di gratitudine.

Nella pagina accanto: il Quartetto di Cremona, Giovanni Sollima, Fabio Biondi, i 6%Cellos. In questa pagina: Mauro Felicori, Matteo Lepore, Alessandro Cadario, I Virtuosi Italiani e Alessandro Carbonare

MI

MUSICA INSIEME

17


I Concerti 2021

In alto: il recital inaugurale di Beatrice Rana al Comunale. Accanto: Gian Luca Farinelli al Teatro di Villa Aldrovandi Mazzacorati

18

MI

MUSICA INSIEME

E una grandissima e affettuosa gratitudine va al nostro pubblico che ci ha seguiti con amorevole costanza in questo difficile cammino, nuovo anche per noi. Registrare un concerto in un teatro è già un compito delicato, farlo in luoghi diversi diventa ogni volta una nuova avventura per i molti problemi che si incontrano: logistici, acustici, burocratici… Per noi è stato ogni volta come scalare una piccola montagna, ma alla fine è stata un’avventura appassionante e di grande soddisfazione, visti i risultati ed il grande consenso raccolto ovunque: perché la musica che si sposa alle immagini di opere d’arte o di monumenti storici, alle navate delle chiese o ai saloni sontuosi, funziona davvero alla perfezione. Ma siamo solo a metà del nostro viaggio e abbiamo ancora tanti luoghi da scoprire, tanti artisti straordinari da ascoltare, tanti amici da incontrare per continuare a ricreare la magia della grande Musica nei luoghi storici della città. Riprendiamo quindi il nostro bellissimo percorso sempre uniti e con tanta voglia di tornare presto a Teatro, per il bisogno di salutarci e abbracciarci realmente e dal vivo, per sentire vibrare gli strumenti, per riguadagnare i nostri spazi storici e per stare nuovamente Insieme a tutti voi con la nostra Musica.



L’intervista

BELLEZZA

green

Antonio Pirillo, CEO di Rougj, azienda all’avanguardia in una concezione di dermocosmetica che guarda al benessere delle persone come al futuro dell’ambiente, ci racconta la sua visione

L

evoluzione della bellezza… in farmacia. In ’ queste parole si concentra un grande impe-

gno, quello di Rougj, che dall’Italia è riuscita a conquistare l’Europa come il Messico, la Cina e la Russia, all’insegna della qualità e della sicurezza dei suoi prodotti. Siete nati a Trieste, ma il cuore della vostra Azienda si trova ora a Bologna. «Assolutamente sì. Rougj mantiene la sede amministrazione e vendite a Trieste, dove è stata fondata nel 1987, ma tre anni fa abbiamo portato il cuore e in qualche modo anche la testa a Bologna, spostando la sede legale e l’ufficio direzionale e di rappresentanza in questo luogo straordinario che è Galleria Cavour, che simboleggia anche la direzione in cui vogliamo portare quest’azienda di grande tradizione». La sperimentazione e la ricerca sono fondamentali nel vostro settore: che misure mette in atto Rougj in questo senso? «Innanzitutto i nostri prodotti sono distribuiti soltanto in farmacia: le nostre clienti non devono rinunciare a nulla in termini di glamour, immagine e fashion, e in più possono affidarsi alla garanzia di

sicurezza che otteniamo attraverso i nostri test. Stiamo investendo molto in percorsi di verifica e di testing sull’efficacia dei prodotti. Se parliamo di effetto antirughe, o di allungamento delle ciglia, o di un intensificatore di abbronzatura (che nella nostra linea di attivatori solari lavora sul principio dello sviluppo della melanina), possiamo dimostrarne l’efficacia perché effettivamente testata. Riteniamo che la farmacia sia il luogo giusto perché questo messaggio possa arrivare alle nostre consumatrici». Altro elemento fondamentale per Rougj è il made in Italy… «Infatti, in questo senso Rougj ha una storia molto bella. L’azienda nasce 35 anni fa a Trieste per l’intuizione vincente di due soci, Marco Giraldi e Antonio Russo, le cui iniziali ne compongono proprio il nome. Tuttavia in quel periodo la cosmetica made in Italy non aveva un grande appeal, era più la Francia – e in misura minore la Svizzera – a dettare le tendenze, a dare autorevolezza e garanzia al mondo della cosmetica. In Italia naturalmente non mancava la qualità, era piuttosto un fatto di comunicazione e di immagine, un aspetto che i francesi sanno curare più e meglio di noi. Quindi, questo nome composto da due cognomi tipicamente italiani è stato francesizzato in Rougj perché in quel momento dava un po’ quell’allure che si richiedeva alle aziende di cosmetici. Poi le cose sono molto cambiate, e i dati degli ultimi anni mostrano che l’Italia è il luogo dove si produce il 60% della cosmetica che viene venduta in tutto il mondo, e anche i più prestigiosi marchi francesi vengono a produrre da noi. Quindi il made in Italy è diventato un cavallo di battaglia importante, e sta prendendo quota in Europa come sul mercato asiatico: passato per primo nel mondo del fashion e della moda, sta ora velocemente coinvolgendo anche il mondo del beauty e della cosmetica». L’attenzione per l’ambiente vi ha portato poi a lanciare progetti innovativi, dal Point of Purchase per cosmetici sostenibili al nuovissimo progetto di economia circolare, varato proprio negli scorsi mesi… «Devo dire francamente che questa è un’altra delle cose di cui siamo molto felici, perché quando alla fine del 2017 abbiamo acquisito la società, fra le


persone che hanno creduto in questo progetto c’era anche un giovane imprenditore bolognese, Alessandro Fier, e ho visto con forza in quel momento la possibilità di avviare un progetto che avesse radici profonde, ma potesse anche integrare la sua grande tradizione con l’innovazione, cominciando a costruire la Rougj del futuro. Quindi a inizio 2018, con tre giovani “pionieri”, abbiamo aperto un ufficio marketing, ricerca e sviluppo a Milano, ovvero in quella che era e tornerà ad essere la capitale d’Europa. Grazie anche a questa intuizione imprenditoriale, fin dal primo anno i ragazzi – molto più di noi adulti che siamo magari orientati a business maturi e consolidati – hanno cominciato a guardare in avanti e ad interessarsi al mondo del green e dell’economia circolare. Abbiamo capito che Rougj doveva fare da apripista su questa strada, e abbiamo sviluppato la prima linea di make up green, cui si aggiunge oggi il nuovo packaging al 100% riciclabile. Ma non solo, il packaging avrà anche un refill: al primo acquisto, il cliente sceglierà la propria crema o siero acquistando un contenitore in materiale riciclabile, e successivamente non sarà più necessario ricomprare la confezione intera, ma soltanto la ricarica, cosicché ci sarà un’economia nel riacquisto del prodotto e nei materiali, che seppure riciclabili vengono comunque ulteriormente limitati». In cosa si riflette soprattutto il legame di Rougj con il territorio? «Sempre proseguendo in questo percorso, la forte sensibilità dei “ragazzi di Rougj”, che chiamo così anche se cominciano ad essere ormai uomini e donne adulti, ha identificato la possibilità di partecipare a un progetto molto importante che stava prendendo il via proprio qui, dalla nostra Bologna. Con la partnership di Bologna Business School e Sarno, hanno cominciato a lavorare per un progetto di economia circolare che ha già portato in due note farmacie di Bologna, la Aicardi e la San Lorenzo, il primo espositore in cui conferire il vecchio packaging, ossia il prodotto esaurito, non solo di Rougj, ma anche di qualsiasi altra marca: del resto la caratteristica dell’economia circolare è proprio di essere larga e aperta. Così rispettiamo l’ambiente: il recupero avviene attraverso l’organizzazione di Hera, che effettua il riciclaggio o lo smaltimento secondo le norme ambientali. Dopodiché, se il cliente deciderà di acquistare un prodotto Rougj riceverà uno sconto, ossia il suo vecchio packaging avrà un valore: così risolveremo un problema sia al consumatore che all’ambiente, e in più daremo un premio al consumatore che avrà questo tipo di sensibilità». A proposito di bellezza, siete vicini a molte attività culturali del territorio e – anche fisicamente – a Musica Insieme.

«Questo è un altro nostro orgoglio, perché nella cultura e nella tradizione di Rougj c’è sempre stata la bellezza, quella di cosmetici di alto livello e molto curati, ma ovviamente se la mettiamo in relazione con il mondo la bellezza è un concetto molto più ampio. Qui siamo nel paese della bellezza, e i primi elementi che la costituiscono vengono dalla cultura: siamo un museo a cielo aperto, siamo la patria di tanti grandissimi musicisti e artisti. A Bologna abbiamo avuto anche l’opportunità di fondere il nostro concetto di bellezza con quello della bellezza dell’animo, perché certamente se parliamo di Musica Insieme parliamo di un mondo straordinario, che va a sollecitare e a risvegliare quelle emozioni e quelle sensazioni che rendono più bella e piacevole la vita. Abbiamo trovato quindi molto stimolante avvicinarci a questo mondo, e con un pensiero forte: non con una finalità puramente commerciale, ma per cercare di dare il nostro piccolo contributo al piacere e al benessere delle persone. Così come l’operazione di economia circolare che ho descritto prima non porterà certo, almeno per ora, a benefici economici, ma crediamo che l’ambiente e il green debbano essere centrali nel nostro operare, come lo sono e lo saranno nelle politiche europee». L’arte in questo momento è un servizio necessario più che mai, e anche grazie a Rougj Musica Insieme può offrire questa stagione che arriva nelle case di tutti, in un modo che possiamo in un certo senso definire green… «Crediamo molto nell’unione fra il benessere del corpo e quello dell’anima, ed è per questo che abbiamo sposato volentieri il progetto di Musica Insieme, come pure un progetto di danza, molto sinergico e molto vicino a noi, che ci vede accanto al Teatro Comunale di Bologna. La musica poi, nelle nostre vite sotto pressione, ci regala isole dove respirare ossigeno puro». (a cura di Fulvia de Colle)

Sopra: un interno della sede bolognese di Rougj. Nella pagina accanto: Antonio Pirillo

MI

MUSICA INSIEME

21


StartUp

COMPORRE le idee

Quando l’energia creativa incontra la chiarezza di visione: giovani imprenditori e artisti del territorio si raccontano per la rubrica di Musica Insieme

G

uidalberto Bonora, 23 anni, è co-fondatore di EdilGo, una piattaforma online che mette in contatto le aziende di costruzioni con progettisti, professionisti e fornitori. Per

lui la Start-Up è davvero una filosofia di vita, fatta di creatività, dedizione e grande dinamismo. Matteo Giuliani, ingegnere informatico e compositore premiato anche nell’edizione 2019 del

Premio Alberghini, riceve commissioni da Festival e istituzioni come Rondò del Divertimento Ensemble, Milano Musica, Auditorium Parco della Musica di Roma.

Matteo Giuliani Compositore. Lo trovate su Soundcloud (m_giul)

Hai un primo ricordo musicale, o ricordi il momento in cui hai capito che la musica era la tua strada? La prima immagine che mi viene in mente è una vecchia tastiera giocattolo arancione con cui ho iniziato a sperimentare sin da piccolissimo. Emetteva un unico timbro (morbido, senza decadenza) e i tasti non erano pesati: era comunque bellissimo improvvisarci, liberamente! Nel frattempo, ho iniziato a studiare il pianoforte e a lavorare col coro (prima come cantore, poi, a partire dai quindici anni, anche come direttore). Ho comunque sempre sentito il desiderio di fare della musica mia: da ragazzino, ancora senza alcuna competenza compositiva, passavo moltissimo tempo a scrivere, solo per me, decine e decine di brani al computer. Potresti descrivere il tuo processo creativo? Posso partire da un’idea astratta (i numeri primi), da una suggestione visuale (gli Schizzi di Paul Klee), dal fascino di una storia (come quella su Hildegard von Bingen, di cui scrive Oliver Sacks) o da un suono specifico (come i suoni multipli del flauto o del sax) ma sento comunque la necessità di formalizzare l’idea. La possibilità di con-

22

MI

MUSICA INSIEME

centrarmi sui parametri che, di volta in volta, trovo rilevanti per la sua realizzazione mi permette anche di delegare ad una “sorte controllata” quelli più flessibili, in un dialogo creativo e affascinantissimo col caso, che spesso mette in luce aspetti del materiale compositivo che mi erano ignoti in partenza. Fra i tuoi studi c’è anche la direzione di coro. Che benefici porta a tuo avviso il cantare insieme? Oltre a permettere una conoscenza approfondita del coro – a volte secondario nella letteratura contemporanea rispetto ad altri strumenti – cantare insieme è salutare sia per il fisico, sia per l’orecchio e dovrebbe far parte del bagaglio formativo di ogni musicista. L’essere cresciuto tra i cori – di ispirazione popolare, di musica antica e contemporanea, persino con brevissime incursioni nella musica d’uso (la partecipazione, divertentissima, ad una serie di concerti di Iskra Menarini) – ha reso pervasiva nella mia musica la presenza anche implicita dell’idea di canto, non solo in brani vocali. Hai delle fonti d’ispirazione, dei maestri (anche non necessariamente in campo musicale)? Oltre ai miei maestri principali (Chiara Benati, Ivan Fedele e Ales-

sandro Solbiati) per cui provo moltissima gratitudine, Monteverdi, Brahms, Ravel e Berio sono tra i compositori che amo di più. Ho poi estrema ammirazione per le vite di Oliver Sacks e di Frank Ostaseski, esempi inarrivabili di consapevolezza e profondità di ricerca. Come pensi si possano conquistare alla musica i ragazzi, che oggi non sono certo perlopiù tra i “frequentatori di concerti”? Benché sia legato alla ritualità del concerto, mi sembra che l’arte si stia proponendo sempre più attraverso una pluralità di mezzi che possono favorirne la fruizione ed attirare anche il pubblico più giovane. Mi pare però necessaria una vera alfabetizzazione musicale (anche all’ascolto) che credo possa avvenire soprattutto attraverso l’istruzione di base, su cui tendo ad essere meno ottimista.


Guidalberto Bonora Co-Founder & Chief Product Officer di EdilGo. Lo trovate su Linkedin

Come ti descriveresti con due aggettivi, uno positivo e uno negativo? Intraprendente (positivo) e testardo (negativo). Parlaci del tuo iter accademico e delle tue esperienze professionali. Il mio iter accademico non è convenzionale, infatti ho conseguito la maturità classica nel 2016, quando ho finito il liceo non avevo le idee chiare e non avevo trovato nessun percorso di studi che mi facesse scattare quella famosa “scintilla”, a mio avviso fondamentale, cosa che invece è successa grazie ad EdilGo e al fermento che si respira in una StartUp ancora in stato embrionale. È stato amore a prima vista e ho sposato completamente il progetto diventandone socio. A settembre 2020 ho ufficialmente fondato insieme ad un mio amico Estro Studio, un’agenzia di marketing e comunicazione, che è in forte crescita ed è l’ultima avventura in cui mi sono lanciato. Come nasce l’idea della tua StartUp EdilGo? L’idea è nata a Londra da due ragazzi di Bologna e Bergamo che, accortisi delle difficoltà in cui versava il settore dell’edilizia, hanno deciso che la loro missione sarebbe stata quella di fornire agli operatori del settore uno strumento tecnologico che permettesse loro di digitalizzare ed efficientare i loro processi. Da quel momento è passato molto tempo ed EdilGo è cresciuta enormemente: ora contiamo migliaia di iscritti e il nostro team è formato da 10 persone. Quella che fino a poco tempo fa era solo un’idea ambiziosa di due ragazzi che sognavano di cambiare il settore dell’edilizia sta prendendo sempre più forma. Siamo consapevoli che il viaggio è ancora molto lungo, ma abbiamo le idee molto chiare su quello che vogliamo fare, e grazie al supporto di

tutti i ragazzi che lavorano con noi ogni giorno siamo sicuri che riusciremo a raggiungere i nostri obiettivi. Quali sono le tue passioni? Che interessi coltivi? Il mio interesse più grande è sicuramente legato al mondo dell’imprenditoria, in particolar modo a tutto l’ecosistema delle Start-Up che è immenso e in costante fermento, non solo negli Stati Uniti come molti credono: anche l’Europa negli ultimi anni sta riconoscendo il valore delle Start-Up. Il mercato sta crescendo molto velocemente e di questo dobbiamo essere tutti molto felici, in quanto si tratta dell’opportunità di attrarre anche capitali stranieri che in questo momento stiamo perdendo, e soprattutto creare posti di lavoro per i giovani. Per quanto riguarda le mie passioni credo che le due principali siano proprio i viaggi e la musica. Purtroppo per il momento i viaggi non sono più parte della nostra vita, ma sono sicuro che proprio grazie a questo difficile periodo riusciremo ad apprezzare ancora di più quelli che faremo in futuro. Qual è la tua giornata “tipo“ fra lavoro, tempo libero, amici, hobby e famiglia?

La vita di un Founder è decisamente incentrata sul lavoro: si tende davvero a diventare un tutt’uno con la tua società ed il pensiero è costante 24h/24h, però è assolutamente fondamentale prendersi dei momenti in cui staccare il cervello e ricaricare le energie, perché non siamo delle macchine. Questi preziosi momenti preferisco passarli sicuramente con i miei amici facendo tutto quello che dei ragazzi di 23 anni fanno: uscire a cena, andare a ballare, praticare sport ecc. Spesso non è facile riuscire a ritagliarsi del tempo, ma se si riesce a sfruttarlo bene non si sente troppo questo peso. Quali obiettivi vorresti raggiungere nei prossimi 10 anni? Sicuramente riuscire a far crescere EdilGo ed Estro Studio, facendole affermare a livello internazionale. Successivamente, il mio sogno nel cassetto sarebbe quello di creare un mio fondo di venture capital/acceleratore di Start-Up per aiutare le persone che vogliono entrare in questo mondo a realizzare le proprie idee. Hai un modello di riferimento? In realtà non ho un vero e proprio modello di riferimento, credo che si possa prendere spunto dalla vita di qualsiasi persona per crescere ed imparare cose nuove anche molto lontane dalla nostra quotidianità. Se però devo citare una persona da cui ho tratto molti spunti a livello lavorativo questa è sicuramente Jack Dorsey (Founder di Twitter), che ha sempre dato una grande importanza ai consigli che riceveva dagli utenti di Twitter con grande umiltà, e questo è stato fondamentale per il suo successo. Essere assolutamente egoless, come lo è stato lui, credo sia un valore molto importante per un imprenditore e spero di riuscire ad esserlo anche io.

MI

MUSICA INSIEME

23


Di… segni e di versi

da guardare

Musica Insieme propone da questo numero un appuntamento con le poesie e gli acquerelli “musicali” di Nicola Muschitiello ed Erico Verderi

scoltare, leggere, contemplare. Prendersi il tempo per lasciare che le impressioni musicali si traducano nei versi di un poeta, e che la poesia a sua volta dia ispirazione ad immagini dipinte con la delicatezza dell’acquerello. In questa nuova rubrica di Musica Insieme l’arte dei suoni incontra i versi di Nicola Muschitiello, poeta e studioso di letteratura francese la cui traduzione dei Fiori del male di Baudelaire (BUR-Rizzoli, 2012) secondo Enzo Bianchi dà ai

Fiori «una lucentezza straordinaria, come se li rigenerasse nella lingua italiana». Poeta con «una vera voce» secondo Italo Calvino, i suoi versi sollecitano a loro volta la fantasia di Erico Verderi, dirigente del settore bancario la cui passione per gli acquerelli è divenuta negli anni una compagna fondamentale: sua è fra l’altro la copertina del recente volume dedicato da Leone Magiera a Karajan. Ritratto inedito di un mito della musica per La nave di Teseo (2020). Buona visione!

NOTE

A

ARIOSO

Di lontano, da un relitto di filodiffusore mi giunge stanotte un arioso, come se fosse una benedizione. Sono passati tanti anni da quando m’incantai ad ascoltare quel brano mai più riascoltato – era un disco raro, con un direttore un po’ dandy, Stokowski. E ora, stanotte, come un azzurro di cielo, tinge tutte le ombre di quel colore che ammirai nel ricordo vivo dei tuoi occhi. (Nicola Muschitiello da La rosa eterna, 2015)

24

MI

MUSICA INSIEME



I luoghi della musica

UN MUSEO

in Comune

Scopriamo il ricchissimo patrimonio custodito nelle Collezioni Comunali d’Arte di Palazzo d’Accursio, che racchiude secoli di opere in spazi affascinanti, dalla Sala Urbana alla Galleria Vidoniana, dove presto risuonerà uno dei nostri Concerti… di Maria Pace Marzocchi

N

Foto Giorgio Bianchi

La Galleria Vidoniana delle Collezioni Comunali d’Arte, che sarà sede di uno dei Concerti 2021 di Musica Insieme

26

el 1936, nelle sale che per oltre tre secoli avevano ospitato l’Appartamento d’inverno del Cardinal Legato al secondo piano di Palazzo d’Accursio, furono inaugurate le Collezioni Comunali d’Arte con l’allestimento di Guido Zucchini. Qui trovò dimora e riorganizzazione un ricco patrimonio (in parte già conservato presso l’ottocentesco Museo Civico) costituito perlopiù da eredità e donazioni pervenute al Comune tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento – Palagi, Baruzzi, Pepoli, Pizzardi, Rusconi… – e strettamente connesso alle vicende del luogo, che si rispecchiano nelle decorazioni di soffitti e pareti, negli arredi e negli oggetti esposti. Come per il Museo Davia Bargellini aperto nel decennio precedente, l’identità e il fascino di questa istituzione cittadina sono affidati al carattere composito delle raccolte: gli imponenti mobili bolognesi di parata nelle prime sale dai soffitti a cassettoni, i dipinti barocchi nelle coeve cornici intagliate e dorate, miniature e ventagli, vetri, argenti e maioliche, i ritratti del Palagi e i manufatti dell’Aemilia Ars…

Nel braccio più moderno la Pinacoteca, scalata dal Duecento alla fine dell’Ottocento (Vitale da Bologna, Francesco Francia, Giuseppe Maria Crespi, Tintoretto, Hayez…); nel braccio cinquecentesco il cosiddetto “Appartamento Rusconi”, con l’infilata delle stanze che ricreano l’atmosfera di un’aristocratica dimora del Settecento, e in fondo la “Deliziosa”, una delle ultime stanze-paese del decoratore bolognese Vincenzo Martinelli. Tra gli ambienti più imponenti la Sala Urbana, detta anche “Sala degli stemmi” per via delle insegne dei Governatori e dei Legati bolognesi disposte alle pareti su più registri, e a decorare il soffitto la precoce quadratura prospettica affrescata nel 1630 da Angelo Michele Colonna: uno dei primi episodi di finte architetture – presto esportate nelle più prestigiose corti italiane ed europee – dove l’illusionismo è ancor più amplificato dalla coincidenza fra le partiture luminose dipinte e la luce vera che entra dagli alti finestroni. Ancora più spettacolare la Galleria Vidoniana, centro ideale e reale del percorso del museo. Commissionata nel 1665 dal legato Pietro Vidoni per uso di passeggio (honesto deambulantium otio) e allestita secondo la tipologia della Grande Galerie barocca, affacciava sul “giardino dei semplici”, cui il Cardinale poteva accedere dall’appartamento d’estate al piano terreno. Fasto, eleganza ed armonia: sulla volta a botte le pitture illusive di Caccioli e Santi, che accompagnano il lungo spazio ancora nell’allestimento storico del 1936, con una compresenza di arredi, statue e dipinti. La terracotta del Canova e le statue all’antica di Cincinnato Baruzzi, tavoli a muro intagliati e dorati, e la sequenza delle diciotto tele di Donato Creti, pervenute al Senato bolognese nel 1744 grazie al lascito Collina Sbaraglia: nitide nelle forme eburnee, smaglianti nell’assoluta purezza dei colori smaltati. Fra i dipinti delle Collezioni ci sono anche alcune tele di soggetto musicale tra cui la Suonatrice di liuto riferita a Tiburzio Passerotti e l’Allegoria della Musica realizzata nella “stanza” del Cignani, e inoltre strumenti musicali sulla volta della Sala delle Virtù e delle Arti, decorata in età napoleonica. Ma in questo 2021 che chiude i musei e ancor più a lungo i teatri, dove le esecuzioni musicali sono precluse agli spettatori in presenza, grazie alla stagione in corso della Fondazione Musica Insieme, che ha scelto di trasmettere i suoi concerti ambientandoli in luoghi-simbolo della città, il museo cittadino che affaccia su Piazza Maggiore diventa luogo dove si fa musica davvero… COLLEZIONI COMUNALI D’ARTE Bologna, Palazzo d’Accursio Piazza Maggiore 6

MI

MUSICA INSIEME



Storie della musica

CAMILLE

Saint-Saëns

Musica Insieme celebra il centenario della scomparsa di questo autorevole enfant terrible delle sette note con l’esecuzione del suo più celebre lavoro cameristico di Brunella Torresin

E

ra stato Émile Blavet sulle colonne di Le Figaro a svelarlo, il 19 maggio 1886: non lasciatevi ingannare, esortava lo scrittore e giornalista, «sotto la scorza glaciale e scoraggiante» di Camille Saint-Saëns, sotto quella sua «aria da lutto anche in abiti chiari», si nasconde un gavroche, un monello, «dotato di tutte le caratteristiche che distinguono questa specie parigina e, sopra ogni altra, del senso della parodia». All’epoca l’autore di Samson et Dalila aveva 51 anni. Il 9 marzo 1886, per il concerto annuale del violoncellista Charles Lebouc, Saint-Saëns aveva eseguito assieme agli amici Le Carnaval des animaux, composto nelle settimane immediatamente precedenti durante un soggiorno in Austria. La nuova creazione era stata riproposta qualche giorno più tardi alla Società La Trompette, un circolo musicale fondato da Émile Lemoine, matematico e trombettista, e infine il 2 aprile nel salotto di Pauline Viardot, in occasione di una visita di Liszt a Parigi. Tre concerti, offerti nella sfera circoscritta degli affetti e degli amici, che tali dovevano rimanere: in vita Camille Saint-Saëns non ne autorizzò mai la pubblicazione né l’esecuzione, con l’unica eccezione del tredicesimo numero, “Il Cigno”. Quest’anno si celebra il centenario della morte dell’autore, e il 20 giugno saranno il violoncellista Mario Brunello, il laboratorio d’arti visive Atelier dell’Errore e l’ensemble SolistInsieme, tra le cui file milita uno dei più promettenti quartetti italiani, il Fauves, a proporre l’esecuzione della «grande fantasia zoologica per due pianoforti, due violini, viola, violoncello, contrabbasso, flauto, clarinetto, harmonium, xilofono e celesta»

28

MI

MUSICA INSIEME

che è Le Carnaval des animaux. E così I Concerti 2021 di Musica Insieme anticipano anche un secondo centenario: è nel 1922, infatti, che il pubblico di Parigi ascolta l’opera per la prima volta. Il 25 febbraio 1922, in tempo di Carnevale, o meglio di Mi-Carème, così come era accaduto nel 1886, l’orchestra dei Concerts Colonne festeggia la prima di Le Carnaval. Di nuovo su Le Figaro, il compositore Antoine Banès lo definisce «il più straordinario capolavoro di musica buffa che io conosca», una «fantasia aristofanesca» che suscita l’entusiasmo del pubblico in delirio – «impressionante», commenta Banès. Due settimane più tardi, il 14 aprile 1922, su Le Temps, Théodore Lindenlaub rievoca la leggenda di un Saint-Saëns che non sa resistere alla stravaganza di un’idea bizzarra e crea con la spensieratezza di un bambino il suo fantastico zoo musicale, salvo poi proibirne la diffusione. «Pagine squisite» – scrive Lindenlaub –, pagine di poesia pura, d’incantamento e di gioco. Con buona pace di Offenbach: due motivi del suo Orphée aux Enfers risuonano nel quarto numero, quello delle Tartarughe. E di Berlioz: Saint-Saëns attinge al balletto delle Silfidi della Damnation de Faust per evocare, nel quarto numero, la grazia di un Elefante. Sublime gavrocherie, monelleria di genio – aveva ragione Blavet.






I CONCERTI aprile / giugno 2021 Domenica 11 aprile ore 17 su TRC Bologna da Lunedì 12 aprile ore 20.30 su musicainsiemebologna.it Martedì 13 aprile ore 22 su TRC Bologna

Domenica 18 aprile ore 17 su TRC Bologna da Lunedì 19 aprile ore 20.30 su musicainsiemebologna.it Martedì 20 aprile ore 22 su TRC Bologna

Domenica 2 maggio ore 17 su TRC Bologna da Lunedì 3 maggio ore 20.30 su musicainsiemebologna.it Martedì 4 maggio ore 22 su TRC Bologna

Domenica 9 maggio ore 17 su TRC Bologna da Lunedì 10 maggio ore 20.30 su musicainsiemebologna.it Martedì 11 maggio ore 22 su TRC Bologna

Domenica 23 maggio ore 17 su TRC Bologna da Lunedì 24 maggio ore 20.30 su musicainsiemebologna.it Martedì 25 maggio ore 22 su TRC Bologna

Domenica 20 giugno ore 17 su TRC Bologna da Lunedì 21 giugno ore 20.30 su musicainsiemebologna.it Martedì 22 giugno ore 22 su TRC Bologna

MASSIMO QUARTA.........................................violino PIETRO DE MARIA...........................................pianoforte Brahms, Campogrande

QUARTETTO PROMETEO MARIANGELA VACATELLO................pianoforte Beethoven, Debussy, Stroppa, Schumann

ORCHESTRA DA CAMERA ITALIANA LAURA GORNA.......................................................violino ERMANNO CALZOLARI............................contrabbasso SALVATORE ACCARDO.............................direttore e solista Rossini, Bottesini, Verdi

GIUSEPPE ALBANESE................................pianoforte Weber, Delibes, Čajkovskij, Stravinskij, Debussy, Ravel

ORCHESTRA I POMERIGGI MUSICALI FRANCESCA DEGO..........................................violino ALESSANDRO CADARIO........................direttore Martucci, Taralli, Ravel, Fauré

MARIO BRUNELLO..........................................violoncello ATELIER DELL’ERRORE SOLISTINSIEME Crumb, Saint-Saëns

Tutti i concerti saranno trasmessi gratuitamente sulla rete televisiva TRC Bologna (canale 15 del digitale terrestre) in due repliche (la domenica pomeriggio alle 17 e il martedì sera alle 22) e saranno disponibili sul portale, sul canale YouTube e sull’App di Musica Insieme In ottemperanza alle disposizioni governative legate all’emergenza epidemiologica, le date e gli orari dei Concerti potrebbero subire variazioni. Sarà cura di Musica Insieme informare il pubblico di eventuali modifiche al calendario utilizzando i propri canali di comunicazione Per ulteriori informazioni rivolgersi alla Segreteria di Musica Insieme: Galleria Cavour, 3 - 40124 Bologna - tel. 051.271932 - fax 051.279278 www.musicainsiemebologna.it – info@musicainsiemebologna.it – App MusicaInsieme



11 – 13 aprile 2021

LE RADICI

del futuro

Due capolavori brahmsiani ispirano la nuova opera commissionata da Musica Insieme a Nicola Campogrande, che rilegge la “struttura felice” della forma-sonata di Maria Chiara Mazzi

vane pianista, inizia dalle sonate per pianoforte, manifestando l’intenzione di voler rimanere ancorato ad una forma ‘antica’ in un momento nel quale vige la moda della distruzione programmatica delle forme della tradizione. In maturità arrivano le forme sinfoniche, abbandonate infine per la musica da camera e il piccolo pezzo per pianoforte, nei quali la storia non viene dimenticata, ma arricchita dall’esperienza di una vita e dalle nuove istanze dell’ultima fase del Romanticismo, e dove, sotto l’apparenza, si agitano le acque sempre più mosse della ricerca di un linguaggio che superi gli schemi. Grazie quindi al ritrovato amore per il camerismo e ad una scrittura pianistica più rarefatta e meditata, Brahms affronta seriamente la sonata per violino e pianoforte, prendendo a prestito la concezione classica di retaggio beethoveniano, riproponendo la suddivisione in tempi, ma trasformando il genere in una sorta di summa del proprio pensiero estetico e di apice della propria rivoluzione musicale. Composta nel 1879 e pubblicata l’anno successivo, la Sonata op. 78 “Regensonate” (ovvero “Sonata della pioggia”), la prima delle tre per questo organico, recupera l’idea schubertiana di derivare una composizione strumentale da un

DOMENICA 11 APRILE 2021 ORE 17 su TRC BOLOGNA da LUNEDÌ 12 APRILE 2021 ORE 20.30 su musicainsiemebologna.it MARTEDÌ 13 APRILE 2021 ORE 22 su TRC BOLOGNA

MASSIMO QUARTA violino PIETRO DE MARIA pianoforte

Brahms Sonata n. 1 in sol maggiore op. 78 Campogrande Forme di felicità – prima esecuzione assoluta Brahms Sonata n. 3 in re minore op. 108

Foto Marnan49

C

una progressività nell’itinerario com’ èpositivo di Johannes Brahms: da gio-

MI

MUSICA INSIEME

35


11 – 13 aprile 2021

I PROTAGONISTI

Direttore musicale dell’Orchestra Filarmonica dell’Università Nazionale del Messico (OFUNAM), Massimo Quarta è considerato uno dei più importanti violinisti della sua generazione. A soli 26 anni vince il prestigioso Concorso internazionale “Paganini”, unico italiano ad ottenere tale titolo dopo Salvatore Accardo. Accanto all’attività concertistica e di direttore d’orchestra, si dedica anche alla musica da camera, collaborando con Maestri come Giovanni Sollima, Enrico Dindo, Pietro De Maria. Sarà proprio quest’ultimo ad affiancare Massimo Quarta nel concerto per Musica Insieme. I Primi Premi al Concorso internazionale “Dino Ciani” di Milano (1990), al “Géza Anda” di Zurigo (1994) e al Concorso “Mendelssohn” di Amburgo (1997) sono solo alcuni dei riconoscimenti ricevuti da Pietro De Maria. Il suo repertorio spazia da Bach a Ligeti, ed è il primo pianista italiano ad aver eseguito pubblicamente l’integrale delle opere di Chopin in sei concerti.

proprio Lied. Qui Brahms utilizza “Walle, Regen, walle nieder” (il terzo Lied dell’op. 59), che circola palesemente o sotto traccia in tutta la composizione, trasformando una forma apparentemente tradizionale in tre movimenti in una innovativa struttura ciclica. Se la ritmica del Lied originario è caratteristica del primo tempo, nel secondo emerge invece il tema melodico, se pure camuffato dall’inversione, mentre nel terzo appare interamente il segno distintivo dell’originario brano vocale. Nella forma antica del Rondò, il violino intona la melodia del Lied mentre il pianoforte procede con un descrittivo disegno di note ribattute (il cadere della pioggia) che prenderà il sopravvento nella conclusione. Pubblicata nel 1889 (dieci anni dopo la prima), e composta assieme alla seconda, la terza Sonata rappresenta il suo contraltare: quanto è intima e personale quella, tanto questa sembra nascondersi dietro una apparente maschera di formalismo. Apparente, appunto, perché la sua ricchezza tematica grandiosa e il suo straordinario principio stilistico e costruttivo sono assai difficili da inquadrare in uno schema classico precostituito. Intanto, la parte del pianoforte assume un’importanza assolutamente nuova (non è un caso che la pagina sia dedicata al grande pianista e direttore d’orchestra Hans von Bülow), al punto da diventare spesso predominante nel discorso musicale e da essere quella in cui Brahms adotta le soluzioni più avveniristiche e


FORME DI FELICITÀ

Commissione della Fondazione Musica Insieme per Massimo Quarta e Pietro De Maria

Quando esplose il Romanticismo, a lungo si pensò che Brahms non avesse capito niente. Si era certi che la Storia e il progresso andassero in una direzione, e lui – che componeva sonate e sinfonie anziché notturni e poemi sinfonici – in un’altra. Poi, quasi un secolo dopo, Schoenberg scrisse un saggio, Brahms, il progressivo, nel quale spiegò che forse, a pensarci bene, le cose non stavano così. Ora, nel mio piccolo, sfidando il rischio di sembrare irriverente, devo confessarlo: da anni anche io ho il sospetto che il presente, e il futuro, si possano inventare solo se si ama il passato. Se si accetta la sfida di raccoglierne l’eredità. Per poi farne altro, certo, come insegna Brahms; ma non sfuggendo al confronto. Così fin dalla mia Prima sinfonia ho cominciato a flirtare con una struttura forte ed efficace come la “forma-sonata”, che mi è piaciuto trasformare, rileggere, usare in modo libero. Perché è una struttura forte, solida, ma anche teatrale, colorata. Per me, è una struttura felice. E di questo credo che abbiamo bisogno, soprattutto adesso, in piena pandemia: di trovare luoghi, anche immaginari, nei quali dare forma alla felicità. Nicola Campogrande

sorprendenti. Questo fatto però non cancella l’intreccio e l’interconnessione tra i due strumenti, che raggiunge anche spessori polifonici nel densissimo primo tempo, cui seguono un Adagio dalla accorata sensibilità, contemplativo e lirico, e uno Scherzo leggerissimo, staccato e arpeggiato. Il conclusivo Presto agitato è reso, infine, drammaticamente angoscioso dal movimento ternario aggressivo e incalzante nel quale si aprono, a tratti, improvvisi momenti di calma, accordali o lirici, rotti dalla tensione creata dagli sfasamenti ritmici e dai diversi andamenti contrastanti ma contemporanei dei due strumenti. Un finale di un’energia quale raramente si era riscontrata in composizioni per questo organico cameristico, tale da fare della sonata una delle più alte espressioni di questo genere musicale. Come ponte fra la prima e la terza Sonata di Brahms si colloca una nuova composizione di Nicola Campogrande, Forme di felicità, commissionata dalla Fondazione Musica Insieme per gli esecutori di questo concerto e che, nell’intenzione dell’autore, proprio a Brahms fa riferimento. Un lavoro che, forse non casualmente, prende il posto della sonata brahmsiana mancante, collocandosi per contenuti ed emozioni sullo stesso piano espressivo.

Lo sapevate che Massimo Quarta è stato definito la “personificazione dell’eleganza” dall’American Record Guide per la sua rilettura del repertorio paganiniano

DA ASCOLTARE

Il vincitore del “Paganini” non poteva non inciderne i 24 Capricci (Chandos) e l’integrale dei Sei Concerti per violino e orchestra, eseguiti in versione autografa come direttore e solista per Dynamic: un album definito “una vera e propria pietra miliare” (Il Giornale della Musica) e nominato tra gli Chocs de l’année di Classica. Sempre per la Dynamic, nella veste di solista e direttore con l’Orchestra “Haydn” di Bolzano ha pubblicato i Concerti n. 4 e 5 di Vieuxtemps. Da parte sua, Pietro De Maria ha registrato l’integrale delle opere di Chopin, Il clavicembalo ben temperato e le Variazioni Goldberg di Bach per Decca, ricevendo importanti riconoscimenti dalla critica specializzata, tra cui Diapason, International Piano e Pianiste. A fianco di Enrico Dindo, ha inciso inoltre sempre per Decca l’integrale delle opere per violoncello e pianoforte di Beethoven e un cd con la Sonata in mi e le Quattro Fantasie di Guido Alberto Fano per Brilliant Classics.

MI

MUSICA INSIEME

37



18 – 20 aprile 2021

FANTASIE

DOMENICA 18 APRILE 2021 ORE 17 su TRC BOLOGNA da LUNEDÌ 19 APRILE 2021 ORE 20.30 su musicainsiemebologna.it MARTEDÌ 20 APRILE 2021 ORE 22 su TRC BOLOGNA

sonore

QUARTETTO PROMETEO

Dallo studio al quintetto con pianoforte: un’affascinante esplorazione di linguaggi e di colori per cinque artisti che sanno coniugare originalità e comunicatività

MARIANGELA VACATELLO

di Marco Maniscalco

GIULIO ROVIGHI violino ALDO CAMPAGNARI violino DANUSHA WASKIEWICZ viola FRANCESCO DILLON violoncello pianoforte

Beethoven Quartetto per archi in fa minore op. 95 – Serioso Debussy Étude n. 1 pour les cinq doigts d’après Monsieur Czerny Stroppa Deux études pour piano Schumann Quintetto per pianoforte e archi in mi bemolle maggiore op. 44


18 – 20 aprile 2021

I

l Quartetto per archi n. 11 in fa minore op. 95, noto come Quartetto Serioso, prende il nome da uno dei movimenti, il terzo, ed è il più breve dei quindici quartetti beethoveniani. Appartiene al cosiddetto periodo artistico di mezzo del suo autore. Fu composto nel 1810, tra lo sboccio dello stile personale giovanile e la maturità artistica del compositore, e venne eseguito per la prima volta nel 1814, ma pubblicato solo due anni dopo. Nei suoi quattro movimenti già si anticipano molti elementi dello stile maturo, con l’accenno al flusso continuo delle melodie che come in una concatenazione di eventi si evolvono l’una di seguito all’altra. Il tono, che può sembrare cupo e predominato dai bassi, in realtà è riflessivo, e i momenti di maggiore irruenza sono scoppi di scintille che indicano un’evoluzione del discorso tematico che si protende verso un piano puramente metafisico. Si ha l’impressione di un mare oscuro in cui si intravedono zampilli di luce sottomarina che illuminano la notte riflessiva della mente con impeti improvvisi di entusiasmo giovanile. L’Allegro iniziale irrompe appunto dal fondo di questa marea e afferma la sua vitalità con poche note ma decise, per evolvere in un discorso continuo, come si è detto, che ci accompagna ininterrottamente sino al finale, altrettanto impetuoso ma ragionato. Il lavoro rispetta le forme classiche della struttura del quartetto, ma è costruito sulla base del contrasto tra motivi “positivi” e “negativi”, rappacificati infine dal loro fondersi insieme.

I PROTAGONISTI

Mariangela Vacatello si impone giovanissima sulla scena internazionale, aggiudicandosi premi al Concorso “Liszt”, al “Busoni” e al “Van Cliburn” . Riconosciuta per la curiosità e la versatilità degli orizzonti esecutivi, è invitata dalle principali istituzioni, come Teatro alla Scala di Milano, IRCAM di Parigi, Wigmore Hall di Londra, Walt Disney Hall di Los Angeles, collaborando con Orchestra Nazionale di Santa Cecilia, Orchestra della Rai di Torino, Filarmonica della Scala, Prague Chamber Orchestra, RSI Lugano. Vincitore della 50° edizione del Prague Spring International Music Competition nel 1998, il Quartetto Prometeo ha dato recentemente il benvenuto alla violista Danusha Waskiewicz. Ospite del Concertgebouw di Amsterdam come del Wiener Musikverein, del Festival di Aldeburgh come del Festival Primavera di Praga, è particolarmente apprezzato per la tenuta interpretativa e intellettuale, oltre che per la capacità comunicativa sia nel repertorio “tradizionale” che nella contemporanea.

40

MI

MUSICA INSIEME

Completamente diversa è la temperie del Quintetto in mi bemolle maggiore per pianoforte e archi op. 44 di Schumann, composto nel 1842 ed eseguito in pubblico per la prima volta nel gennaio 1843. Esso appartiene a un’altra stagione artistica dell’Ottocento musicale tedesco. Il Romanticismo, di cui appunto Schumann è uno dei più fulgidi rappresentanti, si incarna perfettamente in quest’opera complessa e originale, che non tralascia comunque il desiderio di sperimentare forme “particolari”, nobilitandole e facendo scuola per le generazioni future (come sarà con Brahms). Il sinfonismo è presente, ma ancora visto come meta, anziché come base stabile dell’impianto melodico. I movimenti rispettano la forma classica: il primo è un Allegro brillante a cui segue un movimento Alla marcia. Il terzo tempo è il classico Scherzo con incastonati due Trii. L’ultimo movimento è infine un Allegro, ma non troppo che nell’arabesco di motivi fa emergere il tema finale quasi con timidezza, tanto per sottolineare la circolarità dell’opera (con un procedimento tipico dell’autore in quasi ogni sua creazione). Il percorso artistico di Schumann è un processo evolutivo di forma, contenuto e ricerca di generi da mettere alla prova. Il Nostro comincia la sua parabola artistica con la composizione di pezzi per pianoforte solo, passa al Lied e approda infine alla musica da camera, per poi cimentarsi con la sinfonia. Questo processo di avvicinamento al sinfonismo, sintomo di continua ricerca e attento studio delle varie forme compositive per cercarne l’innovazione e l’originalità, non tralascia mai però il liederismo: un elemento presente soprattutto nelle composizioni per organico da camera, e particolarmente in questo Quintetto, dove a farla da padrone è il pianoforte, che supplisce la voce, esprimendo melodie in continuo contrasto con gli archi. Schumann era anche un maestro dell’arabesco, e qui motivi diversi tra loro coabitano, caratterizzando l’impianto complessivo dell’opera; nel corso del Quintetto sono esposte melodie che combattono per la propria vita e non vincono, ma giungono a un compromesso che è la forma-sonata, rivitalizzata dal sot-

Lo sapevate che nel 2012 il Quartetto Prometeo ha ricevuto il Leone d’Argento alla Biennale di Venezia, uno dei più alti riconoscimenti musicali in Italia


tofondo passionale che accompagna tutta l’opera. Splendido il terzo movimento, con due Trii diversissimi tra loro che ci ricordano il Beethoven della maturità per veemenza e potenza. Debussy, invece, maestro del Novecento musicale francese, con l’Étude n. 1 pour le cinq doigts d’après Monsieur Czerny, composto nel 1915, apre le porte a nuove forme musicali. In questo pezzo, egli esprime tutto il suo amore per i giochi di parole e note con il suo amato pianoforte. Nella continua ricerca formale che lo contraddistingue, riesce a creare atmosfere fiabesche e magiche, allora inedite per questo strumento, giocando qui intorno a una semplice scala di cinque note. Marco Stroppa ci porta, infine, con le Deux Études pour piano, verso una ricerca quasi astratta, e con i suoi incessanti viaggi melodici si conferma un odierno maestro della composizione pianistica. In particolare, con l’Étude pour les “cinq sons”, d’après Monsieur Claude, qui nella versione approntata appositamente per Mariangela Vacatello, si confronta in modo esplicito ed arguto con la scrittura del Maestro Debussy.

DA ASCOLTARE

Brillantezza dei classici, virtuosismo e sensualità. Non a caso si chiama Brilliant Classics l’etichetta per cui Mariangela Vacatello ha inciso l’integrale degli Studi trascendentali di Liszt nel 2011, gli Studi di Debussy nel 2012, e nel 2015 un doppio cd con l’opera pianistica di Alberto Ginastera, dove per l’imminente centenario della nascita di uno dei massimi compositori del Novecento argentino ha riscoperto la sua prolifica produzione di danze, sonate e brani di grande originalità. E sono già a quota dodici le incisioni del Quartetto Prometeo, equamente suddivise fra classico e contemporaneo. Sempre per Brilliant Classics brillano un’integrale preziosa come quella di Hugo Wolf (2012) e un album con i Quartetti di Debussy e Szymanowski nel 2015, mentre per etichette “moderne” come ECM, Limen o Kairos i Quattro hanno inciso opere di Fedele, Sciarrino, Scodanibbio. Una illuminata visione della musica senza confini temporali che è emblematicamente rappresentata da Arcana, album di trascrizioni e reinvenzioni contemporanee di brani antichi e barocchi (Sony Classical, 2015).

MI

MUSICA INSIEME

41


2 – 4 maggio 2021

OPERISTI

da camera

L’Orchestra fondata nel 1996 da uno dei nostri massimi violinisti e didatti si cimenta con un programma che omaggia l’Italia dell’Ottocento di Luca Baccolini

Lo sapevate che Salvatore Accardo ha esordito in pubblico a soli tredici anni eseguendo “semplicemente” i Capricci di Paganini

42

MI

MUSICA INSIEME


T

utti i compositori italiani dell’Ottocento che si sono cimentati nella musica strumentale devono scusarsi di qualcosa. Lo sa bene anche il sessantenne Giuseppe Verdi, che nel 1873, quando a Napoli compone il suo unico Quartetto per archi, tergiversa, e non poco, prima di renderlo di pubblico dominio. È un paradosso tutto italiano quello che nel XIX secolo porta il teatro e la musica “pura” a non parlarsi più, o a farlo pochissimo, fino a quando le istanze musicali “del Nord” non bucano prepotentemente la vita degli ascoltatori e il percorso di studio dei musicisti. Ma bisognerà attendere i giovani degli anni Ottanta – i Respighi, i Casella, i Malipiero – perché i frutti di quella contaminazione germoglino a dovere. Anche la generazione precedente, pur sedotta dalle scuole tedesche, finirà per inginocchiarsi (e non metaforicamente) a Brahms, senza proporre modelli davvero innovativi. È quello che fece, alla lettera, Giuseppe Martucci, con un atto di sottomissione che deve aver imbarazzato assai il compositore tedesco nel suo viaggio in Italia. Dunque un’identità strumentale schiettamente italiana non era possibile? Come può essere accaduto che dopo Corelli, Vivaldi, Tartini, Locatelli, Viotti, Paganini si sia esaurita quella vena? È un dibattito ancora apertissimo: vi confluiscono ragioni filosofiche (in Germania i compositori si nutrivano tanto di Bach quanto di Hegel, dialettica e forma-sonata, musica come alternativa del pensiero verbale), motivi sociali (il salotto borghese schubertiano con il culto del fare musica insieme), motivi economici (la febbrile industria teatrale italiana assorbiva ogni energia ai compositori). Fatto sta che a un certo punto tonnellate di musica strumentale italiana prodotta ed esportata in tutta Europa (si pensi al lucchese Boccherini diventato spagnolo d’adozione a suon di Quintetti) finiscono in un cono d’ombra. E chi si ostina a comporla, semplicemente non campa più. Ora è Verdi che parla: «Mi ha sorpreso assai nel sentire che siasi eseguito il Quartetto a Vienna. Non avendone mai visto cenno nemmeno nella vostra Gazzetta, suppongo un fiasco, malgrado il buon successo che dice il vostro telegramma. Ditemene pure qualche cosa francamente e con verità: la voluttà del fiasco è qualche cosa nella vita dell’artista». Scrivendo al suo editore Giulio Ricordi, il compositore che due anni prima aveva fatto parlare di sé nel mondo con Aida (diretta nel 1871 da Giovanni Bottesini), quasi si crogiola nel sapere che il suo lavoro è stato suonato nella patria del quartetto. In realtà per molto tempo Verdi negò il consenso a pubbliche esecuzioni. Rifiutò persino la richiesta della sua Parma: «Sono veramente dolente di non poter aderire. Non mi sono più curato del Quartetto che scrissi per semplice passatempo». Era vero? Lo

DOMENICA 2 MAGGIO 2021 ORE 17 su TRC BOLOGNA da LUNEDÌ 3 MAGGIO 2021 ORE 20.30 su musicainsiemebologna.it MARTEDÌ 4 MAGGIO 2021 ORE 22 su TRC BOLOGNA

ORCHESTRA DA CAMERA ITALIANA LAURA GORNA violino ERMANNO CALZOLARI contrabbasso SALVATORE ACCARDO direttore e solista

Rossini Sonata a quattro n. 2 in la maggiore Bottesini Gran Duo concertante per violino e contrabbasso Verdi Quartetto in mi minore (versione orchestrale)

era. Nel marzo 1873 Verdi si trovava a Napoli per il debutto di Aida al San Carlo. Un guaio capitato a Teresa Stolz aveva ritardato la prima e, nei momenti liberi, per non rimanere con le mani in mano, si decise a scrivere un Quartetto, eseguito lì per lì all’albergo Crocella davanti a sette ascoltatori. L’episodio poteva facilmente essere dimenticato, ma in quell’hotel alloggiava il corrispondente della Gazzetta Musicale di Milano, che non si fece sfuggire lo scoop. Pochi giorni dopo nella capitale musicale d’Italia si leggeva questo titolo: “Un quartetto di Verdi!”. Tempo tre anni e si arrivò alla prima esecuzione, nel 1876, in quella Milano dove da quasi un decennio era attiva, per

I PROTAGONISTI

Salvatore Accardo vince il Primo Premio al Concorso di Ginevra a 15 anni, e due anni dopo, nel 1958, è primo vincitore assoluto dall’epoca della sua istituzione del Concorso “Paganini” di Genova. Suona regolarmente con le maggiori Orchestre, affiancando all’attività di solista quella di direttore. Nel 1996 fonda l’Orchestra da Camera Italiana con i migliori allievi ed ex allievi dell’Accademia “Walter Stauffer” di Cremona. Discendendo tutti – unico esempio al mondo – dalla stessa scuola, gli archi dell’OCI raggiungono un’unità espressiva, tecnica e stilistica senza pari. L’OCI è ospite, tra gli altri, del Festival dello Schleswig-Holstein, della Cité de la Musique di Parigi, della Fondazione Gulbenkian di Lisbona, dei Festival MITO e di Verbier. Nata in una famiglia di musicisti, Laura Gorna si perfeziona con Salvatore Accardo. Primo violino dell’OCI, nel 2005 fonda EsTrio insieme alla violoncellista Cecilia Radic e alla pianista Laura Manzini. Perfezionatosi con Franco Petracchi all’Accademia “Stauffer”, Ermanno Calzolari è primo contrabbasso dell’OCI e dell’Orchestra del San Carlo di Napoli.

MI

MUSICA INSIEME

43


2 – 4 maggio 2021

volontà di Arrigo Boito e Tito Ricordi, la Società del Quartetto, affiancata ad analoghe imprese a Firenze, Bologna e Vicenza. Insomma, qualcosa si stava svegliando anche da noi. Del resto, il Quartetto verdiano, nella sua unicità, più che competere con i modelli tedeschi vuole rivendicare uno stile italiano. E che Verdi concluda il lavoro con una Fuga, banco di prova capitale del magistero contrappuntistico teutonico, dice tutto sull’assenza di sudditanza nei confronti dei vicini.

DA ASCOLTARE Salvatore Accardo festeggerà nel 2021 gli ottant’anni. L’Arte di Salvatore Accardo: una vita per il violino ne raccoglie per Deutsche Grammophon fra il 2011 e il ’14 alcuni tra i più famosi brani della letteratura violinistica di ogni epoca, fra cui i Capricci e i Concerti per violino di Paganini con Charles Dutoit, le Sonate e le Partite di Bach, l’integrale per violino e orchestra di Max Bruch con Kurt Masur, il concerto di Mendelssohn con Charles Dutoit e quelli di Brahms e Beethoven ancora con Kurt Masur. Nella sua “Vita per la musica”, come recita uno dei prestigiosi premi che costellano la sua carriera, Accardo ha inciso molto anche insieme all’Orchestra da Camera Italiana: segnaliamo per Foné il Concerto per la Costituzione e nel 2003 l’integrale delle opere per violino di Astor Piazzolla in 3 super audio cd. Da non perdere la sua terza incisione dei 24 Capricci di Paganini (edizione originale) e la terza incisione delle Quattro Stagioni di Vivaldi (edizione Urtext) con l’OCI.

44

MI

MUSICA INSIEME

Disimpegnato come il Quartetto verdiano nacque anche il ciclo delle Sei Sonate a quattro del dodicenne Rossini, che nel 1804, trovandosi ospite nella villa ravennate di Agostino Triossi, uomo d’affari e contrabbassista per diletto, accontentò il suo amico con un po’ di musica da camera che prevedesse l’ingombrante presenza dello strumento. Come Verdi, anche Rossini mostrerà una divertita sprezzatura del suo lavoro: «Sei orrende sonate composte da me nella casa di campagna del mio amico e mecenate Triossi, all’età più giovane, non avendo mai avuto una lezione di approfondimento. Erano tutte composte e copiate in tre giorni», una fretta che si ritroverà poi anche nella stesura delle opere. Musica da prendere sul serio? Sì e no, perché ogni Sonata, pur rinunciando a veri momenti di travaglio, mostra chiare influenze mozartiane e haydniane. Quelle che portarono Rossini a essere soprannominato “Il tedeschino”, confermando il fatto che spingersi nei territori della musica strumentale voleva già dire essere un po’ meno italiani. E che dire del “Paganini del contrabbasso” Giovanni Bottesini, il primo direttore di Aida (poiché Angelo Mariani, designato al debutto del Cairo, era stato spodestato dallo stesso Verdi)? Nella sua produzione per contrabbasso riecheggia il debito verso i caratteri più melliflui dell’opera italiana. Si sente, e parecchio, nel suo Gran Duo concertante, iniziato come lavoro per due contrabbassi, finché la parte di uno dei due venne riscritta per violino anche grazie a Camillo Sivori, l’unico allievo riconosciuto di Paganini. C’è grazia, leggerezza, spunto melodico. Ma l’influenza dell’opera la fa ancora da padrona.




9 – 11 maggio 2021

LA DANZA del pianista

Un omaggio al balletto che fonde l’arte della trascrizione e il virtuosismo trascendentale per il mio debutto nel cartellone di Musica Insieme di Giuseppe Albanese

I

nvito alla danza è la mia terza incisione per Deutsche Grammophon. È un programma di cui avevo avuto una vaga idea già qualche anno fa, quando mia figlia studiava danza, ed è nato in maniera molto naturale. Sono partito da alcuni brani che avevo già in repertorio e che avevo voglia e necessità di registrare. Da lì in poi mi sono sentito attratto dal genere della trascrizione, per cui è stato molto naturale compilare il programma come un omaggio al balletto. L’ho chiamato Invito alla danza perché il brano di apertura è il brano di Weber ma, programmaticamente, può dare il titolo a tutta la raccolta, nel senso che tutto il programma può essere considerato un mio personale invito alla danza. Mi piace dire che i pianisti sono dei ballerini nella misura in cui producono il suono tramite movimenti ben precisi, quasi facessero una coreografia. Ogni idea che l’interprete ha al pianoforte, la più trascendente e spirituale o astratta che possa essere, si deve tradurre in suono e, per essere tra-

dotta in suono, il pianista fa effettivamente dei movimenti. Quindi, dal punto di vista didattico, a volte spiego che il pianista, come ovviamente ogni altro strumentista, è a suo modo un ballerino. L’Invito alla danza è stato compilato partendo anche dal presupposto che tutto quello che andavo a eseguire sarebbe stato una trascrizione. Il primo brano, Invito alla danza di Weber, è l’unico concepito non per orchestra ma per pianoforte, ma nel disco e nel programma che eseguo in concerto lo presento nella trascrizione di Carl Tausig, l’allievo di Liszt che ne ha fatto un brano che potremmo definire “in veste da concerto”. Peraltro, l’Invito alla danza di Weber presenta anche il problema della parte finale, dove in genere scatta l’applauso del pubblico prima che il brano sia finito, e allora Tausig collega con una cadenza il tutto in modo da renderlo più intelligibile secondo la logica dello spettacolo. Molto interessante è il fatto che si tratta di musica a pro-

DOMENICA 9 MAGGIO 2021 ORE 17 su TRC BOLOGNA da LUNEDÌ 10 MAGGIO 2021 ORE 20.30 su musicainsiemebologna.it MARTEDÌ 11 MAGGIO 2021 ORE 22 su TRC BOLOGNA

GIUSEPPE ALBANESE

pianoforte

con la partecipazione di MATILDE STEFANINI danzatrice e FILIPPO GAMBERINI detto „FILO‰ street dancer coreografie di ARTURO CANNISTR¤ e DENIS DI PASQUA Weber Invito alla danza (trascrizione di C. Tausig) Delibes Valzer da Coppelia (trascr. di E. von Dohnányi) Čajkovskij Suite da Lo schiaccianoci (trascr. di M. Pletnëv) Stravinskij Suite da L’uccello di fuoco (trascr. di G. Agosti) Debussy Prélude à l’Après-midi d’un faune (trascr. di L. Borwick) Ravel La Valse


9 – 11 maggio 2021

Sopra: Filippo Gamberini detto “Filo”. Nella pagina accanto: Matilde Stefanini, protagonista nel 2017 de Il viaggio della Pigotta al Comunale

GIUSEPPE ALBANESE

Già Premio “Venezia” 1997 (assegnato all’unanimità da una giuria presieduta da Roman Vlad) e Premio speciale per la miglior esecuzione di un’opera contemporanea al Concorso “Busoni”, Albanese vince nel 2003 il “Vendome Prize” (presidente di giuria Sir Jeffrey Tate). Tra i più richiesti pianisti della sua generazione, tiene recital e concerti con orchestra per istituzioni internazionali quali la Steinway Hall di New York, la Konzerthaus di Berlino, la Laeiszhalle di Amburgo, il Mozarteum di Salisburgo, la Salle Cortot di Parigi. Tra i festival, di particolare rilievo sono gli inviti al Winter Arts Square di Yuri Temirkanov a San Pietroburgo, al Castleton di Lorin Maazel (USA), all’Internazionale di Brescia e Bergamo, al MiTo SettembreMusica, alla Biennale Musica di Venezia. In Italia ha suonato per tutte le più importanti stagioni concertistiche (incluse quelle dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e della RAI di Torino) e in tutti i più importanti teatri.

48

MI

MUSICA INSIEME

gramma, e proprio Weber, di suo pugno, spiega il significato del brano nell’introduzione, ovvero nell’invito da parte del ballerino nei confronti della ballerina, che prima declina, poi accetta, poi conversano, si presentano, si dispongono, e poi parte la danza. Quando si chiude la danza – peraltro, storicamente, il primo valzer di vaste dimensioni – il ballerino riporta a sedere la dama. Il programma è dedicato non solo alla danza ma anche, in maniera specifica, al balletto. Le Suites dello Schiaccianoci di Čajkovskij e dell’Uccello di fuoco di Stravinskij sono a tutti gli effetti balletti, La Valse non è un balletto ma un poema coreografico scritto da Ravel per la compagnia dei balletti russi di Djagilev – comunque un brano pensato per essere coreografato – mentre Coppélia è a tutti gli effetti un balletto. Abbiamo quindi tre balletti accertati e un poema coreografico che rientra pienamente nella letteratura ballettistica. Inoltre, abbiamo l’Invito alla danza, il brano strumentale di Weber, che entra nel repertorio perché è stato coreografato. Infine, il Prélude à l’Après-midi d’un faune di Debussy è un brano sinfonico storicamente molto importante perché apre le porte alla musica moderna e, dopo la coreografia del grande Nižinskij, è stato più volte ballato e coreografato. Quest’ultimo è forse l’unico brano, assieme a quello di Weber, che non è stato concepito come balletto, pur rientrando pienamente nel repertorio. Il brano per or-


chestra è stato trascritto da Leonard Borwick. È da notare che tutti i brani in programma sono stati trascritti, con l’eccezione di quelli di Weber e di Ravel. Ravel ha scritto di suo pugno la versione per pianoforte solo de La Valse, ma si trattava di una specie di brogliaccio, una bozza che gli serviva per mettere su carta la versione per orchestra e per due pianoforti. Tanto è vero che generalmente gli esecutori integrano o modificano o migliorano la scrittura de La Valse. Il complimento più simpatico e gratificante che ho ricevuto da parte di un collega è stato che, sentendomi suonare La Valse, non si rimpiange la versione per due pianoforti. Il genere della trascrizione mi appaga molto perché, da lisztiano appassionato, avendo frequentato alcune Parafrasi e Fantasie di Liszt su vari temi d’opera, trovo che la trascrizione esalti le potenzialità strumentali del pianoforte. Quindi il rapportarmi all’orchestra mi predispone alla ricerca delle infinite potenzialità timbriche dello strumento. Inoltre, il programma è estremamente virtuosistico, alcuni passaggi de Lo Schiaccianoci o de L’Uccello di fuoco rasentano l’ineseguibilità. Le musiche sono splendide e il pianoforte ne esce esaltato. Inoltre, il concept è fortissimo e il programma è diviso in due parti, la prima dedicata all’Ottocento e la seconda ai primi venti anni del Novecento con autori che sono pietre miliari nello sviluppo del linguaggio musicale del ventesimo secolo. È stato infine sorprendente notare una curiosa coincidenza: il primo brano del programma è stato scritto nel 1819, l’ultimo completato nel 1919 e io ho registrato nel 2019. Abbiamo in pratica un secolo di letteratura musicale eseguita ad un secolo di distanza.

DA ASCOLTARE

Giuseppe Albanese debutta nel 2014 su etichetta Deutsche Grammophon con un concept album dal titolo Fantasia, con musiche di Beethoven, Schubert e Schumann. Segue nel 2015 il suo secondo album DG Après une lecture de Liszt, interamente dedicato al compositore ungherese. Il suo terzo album per DG, Invito alla danza, del 2020, è recensito fra queste pagine nella rubrica Da ascoltare. Nel 2016 Decca Classics inserisce nell’opera omnia di Bartók in 32 cd la sua registrazione (in prima mondiale) del brano Valtozatok (Variazioni). Prima di allora, Albanese ha riscosso singolare successo con il cd monografico dedicato a Debussy e pubblicato a gennaio 2012 dal mensile Amadeus per l’anniversario dei 150 anni della nascita del compositore francese. Il suo album 1900 – Yearbooks of 20th Century Piano, con musiche di Skrjabin, Szymanowski, MacDowell e la prima registrazione assoluta delle Variazioni di Bartók, è stato cd del mese per Suonare News e 5 stelle sia nel giudizio tecnico che artistico del mensile Amadeus.

Lo sapevate che Albanese è un pianista-filosofo, e a soli 25 anni è stato docente di Metodologia della comunicazione musicale all’Università di Messina

MI

MUSICA INSIEME

49



23 – 25 maggio 2021

RAFFINATE

armonie

L’originale visione del sinfonismo in Italia e Francia sposa il violinismo più brillante, con una prima esecuzione commissionata da Musica Insieme di Elisabetta Collina

N

egli ultimi decenni dell’Ottocento, in Francia e in Italia, avviene una piccola rivoluzione che ha l’obiettivo di “recuperare” la tradizione della musica strumentale, trascurata da quasi un secolo in entrambi i paesi in favore del melodramma. In Italia, dagli anni Sessanta in poi, artisti curiosi come i direttori d’orchestra Angelo Mariani o Luigi Mancinelli, o come il pianista Giovanni Sgambati, cominciano a proporre esecuzioni pubbliche di musica strumentale della grande tradizione classica e romantica austro-tedesca. Una scia sulla quale si collocano poco a poco anche i compositori, fondamentali avanguardie nella ricerca di un linguaggio strumentale “italiano”, che riesca ad attirare al nuovo genere strumentale gli ascoltatori abituati alla melodia operistica o alla piacevole cantabilità del foglio d’album. Tra essi, Giuseppe Martucci, di cui molti brani, spesso di semplice e immediata malinconia come il Notturno op. 70 n.

DOMENICA 23 MAGGIO 2021 ORE 17 su TRC BOLOGNA da LUNEDÌ 24 MAGGIO 2021 ORE 20.30 su musicainsiemebologna.it MARTEDÌ 25 MAGGIO 2021 ORE 22 su TRC BOLOGNA

ORCHESTRA I POMERIGGI MUSICALI FRANCESCA DEGO violino ALESSANDRO CADARIO direttore

Martucci Notturno op. 70 n. 1 Taralli Concertino IV per violino e orchestra – prima esecuzione assoluta Ravel Tzigane – Rapsodia da concerto per violino e orchestra Fauré Pelléas et Mélisande Ravel Le Tombeau de Couperin

1 (trascritto per orchestra dalla versione pianistica nel 1901), per troppo tempo trascurati in favore del “grande repertorio”, tornano oggi ad essere riscoperti e rieseguiti. Analoga, come abbiamo detto, è anche la situazione in Francia, dove il movimento del renouveau recupera un ruolo significativo alla musica


23 – 25 maggio 2021

Commissione della Fondazione Musica Insieme

La genesi del mio Concertino IV ha una storia lunga: con gli amici di Musica Insieme ne incominciammo a parlare già un paio di anni fa, e devo dire che comporre qualcosa per un’istituzione così prestigiosa che abbia come protagonista una fuoriclasse come Francesca Dego è una sfida davvero stimolante. Poi è successo quello che tutti sappiamo, il progetto ha rischiato di essere rinviato, ma non è accaduto, grazie alla tenacia e alla determinazione di un bel gruppo di persone, ma tutti abbiamo sperimentato e stiamo ancora vivendo la brutta sensazione che abbiamo ogni volta che incontriamo un amico e non possiamo neanche stringergli la mano. Sarà una coincidenza allora che il mio lavoro mano a mano che procedeva prendeva sempre più le caratteristiche di una sorta di forma-sonata? Perché in fondo cos’è la forma-sonata se non il dialogo-fusione fra due elementi tematici come fossero due persone che si incontrano, si presentano, parlano di sé, dialogano, si confrontano, magari possono anche scambiarsi idee in maniera più o meno accalorata ed intensa, per poi alla fine salutarsi abbracciandosi e andare via ognuno più arricchito? E magari incontrare ognuno un’altra persona pochi metri o pochi minuti dopo? In un’eterna spirale, ogni volta simile ma ogni volta diversa. Marco Taralli

Lo sapevate che Francesca Dego ha cominciato a suonare il violino a 3 anni, a 5 suonava già un Concerto di Vivaldi e a 7 ha debuttato con l’orchestra suonando Bach

Foto Lorenza Daverio

CONCERTINO IV

sinfonica e cameristica attraverso l’utilizzo di strutture musicali “tedesche”, come sonata e sinfonia. Su queste basi, tuttavia, dopo la caduta del Secondo Impero, i compositori cambiano direzione e imboccano una strada nazionalistica, rileggendo con occhi nuovi forme e linguaggi dal gregoriano fino al barocco, utilizzati “contro” la musica tedesca come basi di un nuovo stile francese. Centrale in questo contesto è Gabriel Fauré, il cui particolarissimo “ritorno all’antico” costituisce una base di partenza solidissima per le elaborazioni dei giovani della generazione successiva, Debussy in testa. Debussy appunto, al cui dramma omonimo troppo a lungo sono state paragonate le musiche di scena preparate da Fauré nel 1898 per una rappresentazione teatrale inglese del Pelléas et Mélisande di Maeterlinck. Musiche dalle quali lo stesso autore trae nel 1904 quattro episodi, che spiccano per la loro trama raffinatissima e il loro splendore coloristico. Alla generazione ancora successiva appartiene invece il basco Maurice Ravel, allievo di Fauré a Parigi, che ha al suo arco le frecce di una ricerca già compiuta e di un pubblico ormai abituato alle


I PROTAGONISTI

L’Orchestra I Pomeriggi Musicali nasce a Milano nel 1945 con un progetto di straordinaria attualità: dare alla città un’orchestra da camera con un solido repertorio classico ed una specifica vocazione alla contemporaneità. Per i Pomeriggi hanno composto Casella, Dallapiccola, Ghedini, Malipiero, Pizzetti, Respighi, dirigendo spesso le proprie musiche. Dal 2016 il suo Direttore Ospite Principale è Alessandro Cadario. Diplomatosi al Conservatorio “Verdi” di Milano, si è poi perfezionato con due diplomi di merito all’Accademia Chigiana. Ha inoltre conseguito il diploma di violino, direzione di coro e composizione. Francesca Dego è tra i giovani violinisti più richiesti sulla scena internazionale. Vincitrice di numerosi concorsi, nel 2008 è stata la prima violinista italiana ad entrare in finale al Premio “Paganini” di Genova dal 1961, aggiudicandosi inoltre il premio speciale “Enrico Costa” riservato al più giovane finalista.

DA ASCOLTARE

Dall’opera alla musica vocale, dal repertorio sacro a quello strumentale barocco e contemporaneo, I Pomeriggi Musicali animano una produzione regolare e di grande varietà, ma con una importante parola d’ordine: rendere giustizia ai compositori italiani del Novecento, in particolare quelli della cosiddetta “generazione dell’Ottanta”. Così, Alfredo Casella e Ildebrando Pizzetti sono presenze regolari nella loro discografia, come nei cd del 2009 per Bottega Discantica con la direzione di uno specialista come Antonio Ballista, o nell’album dedicato nel 2013 per Naxos a Casella e a Ghedini (Concerto dell’albatro). Nelle incisioni degli ultimi anni spiccano compositori dell’oggi come Carlo Galante e il suo Tropici del Nord per Sonzogno (2015), o Corghi, Sani e De Rossi Re nell’album Fatales Fagott (EMA Vinci, 2019), solista Paolo Carlini e direttore Alessandro Cadario, dove troviamo anche il “predecessore” del brano in programma per Musica Insieme: Concertino III di Marco Taralli.

raffinatezze strumentali. Cresciuto nella Parigi negli anni precedenti e immediatamente seguenti la Grande Guerra, vive nella sua opera tutte le contraddizioni e i fermenti estetici che animano la capitale francese dall’ultimo decennio dell’Ottocento. Da un lato non riesce a resistere al richiamo dei grandi virtuosi che girano l’Europa, come la violinista Jelly d’Arányi, preparando pagine affascinanti come la Tzigane (1924), brano figlio della moda ungherese che invade in quel tempo salotti e sale da concerto. Ma d’altro canto, ancor prima che il neoclassicismo estetizzante divenga per tutti gli artisti un riferimento o un atteggiamento dopo la prima guerra mondiale, egli vi dichiara la sua appartenenza musicale e vi aderisce al punto da trasformare l’estrema cura della scrittura, la chiarezza di pensiero e la perfezione della ricerca timbrica in componenti fondamentali della struttura stessa delle sue composizioni. Questo pensiero trova uno degli esempi più compiuti nel Tombeau de Couperin, composto per pianoforte nel 1917 e trascritto (se pur non integralmente) per orchestra nel 1920, nel quale i modelli formali forniti dalle danze tipiche delle suites del Settecento francese, algidi nella loro compostezza, sembrano stridere irrimediabilmente con le dediche di ciascun brano a un soldato caduto nel Grande Conflitto. Una “astrazione per non piangere” alla quale si rifà anche Marco Taralli nel Concertino IV, realizzato su commissione della Fondazione Musica Insieme, che recupera la lezione delle antiche forme per ragionare sul momento presente. MI

MUSICA INSIEME

53


Foto Gianni Rizzotti

20 – 22 giugno 2021

UNA FESTA della musica Il nostro viaggio si conclude con un Carnevale di suoni, immagini e parole, un progetto inedito che riunisce giovani talenti intorno a un grande Maestro di Fulvia de Colle

C

osa succede quando un artista visivo incontra la prorompente fantasia di un gruppo di bambini della Neuropsichiatria Infantile dell’AUSL di Reggio Emilia? Quell’artista è Luca Santiago Mora, e da 13 anni ha dato vita a un’incredibile e potentissima avventura: «All’inizio mi sembrava un errore essere lì, con loro. Poi ho scoperto che loro si sentono quasi sempre errori, grazie a noi normali: a scuola, sull’autobus, alle feste di compleanno dove non vengono invitati mai... Ma anche che sull’errore si può costruire un meraviglioso metodo di lavoro per riscattare la potenzialità poetica di questi ragazzini, sconosciuta a molti, a me per primo. Almeno per questi tre motivi il nostro lo abbiamo chiamato Atelier dell’Errore. In atelier abbiamo disegnato sempre e solo animali. Animali che nessuno ha visto mai, animali che, contrariamente all’aspetto spesso feroce ed aggressivo (è solo ti-

54

MI

MUSICA INSIEME

midezza, o legittima difesa, dicono di loro in atelier) si fanno docili e con infinita pazienza portano sulle loro spalle molte proiezioni delle problematicità di questi ragazzini, portandole lontano, almeno per un po’, con grande sollievo, di tutti noi». Gli animali immaginari dell’Atelier, insomma, sono mostri meravigliosi, che incarnano ed esorcizzano le paure e i problemi di questi ragazzini speciali, rivelandone spesso tratti geniali, poetici, emozionanti. Le loro sono “opere d’arte relazionali”, nelle quali i disegni si animano anche grazie alla recitazione di testi approntati dagli stessi ragazzi: la relazione è davvero la chiave di volta, e non solo per l’Atelier dell’Errore. Poter mettere in relazione con il mondo la propria modalità di esprimersi, trovare una chiave per entrare in relazione con gli altri, essere capiti, apprezzati, amati, è un desiderio fondamentale dell’essere umano. Un desiderio che spesso si scontra con


paure, pregiudizi e chiusure, e che ci impone – se ne siamo capaci, e se siamo disposti a farlo – di indossare una maschera per partecipare alla recita che si compie intorno a noi. E dalla geniale intuizione di Mario Brunello, che abbiamo invitato a concludere I Concerti 2021 con un progetto speciale, inclusivo, in relazione con i giovani, non poteva che nascere un cortocircuito con la mascherata per eccellenza della storia della musica: quel Carnevale degli animali, firmato da Camille Saint-Saëns nel 1886, che nasconde, con l’ironico sottotitolo di “grande fantasia zoologica”, una pungente allegoria della società dell’epoca. Forse anche per questo suo carattere sottilmente irriverente, inusuale per Saint-Saëns, che rappresentava “istituzionalmente” e autorevolmente la categoria dei musicisti, egli ne proibì la pubblicazione fintantoché era in vita. O forse Saint-Saëns si volle semplicemente concedere la libertà un divertissement, uno scherzo da consumare fra amici, al di là e al di fuori della recita della società – e il martedì grasso del 1886 sedeva al pianoforte insieme all’amico Louis Diémer, che sarà maestro di Cortot e Casadesus, entrambi con indosso una maschera zoomorfa… Il resto è storia, la storia di un brano che, a dispetto delle precauzioni dell’autore, diverrà il suo più celebre lavoro, destinato, per la felicità dell’invenzione e la giocosità dei suoi riferimenti, a divertire davvero “grandi e piccini”. Ma tornando all’allegoria, nei quattordici “numeri” del Carnaval si celano ora personaggi o categorie sociali della Francia della Terza Repubblica, ora citazioni e autocitazioni umoristiche, ora piacevoli musiche descrittive. Se l’Introduzione e Marcia del leone esalta la solenne autorità del re della foresta (sottolineata da vere e proprie imitazioni del suo ruggito), i successivi Galli e galline ed Emioni sono vere e proprie imitazioni, rispettivamente dei versi dei pennuti e delle corse a perdifiato di questi (ben poco comuni) cavalli selvatici delle praterie dell’Asia. È poi la volta delle citazioni, con l’ironica versione del Can Can di Offenbach al rallentatore per rappresentare la danza delle Tartarughe, e a seguire una altrettanto

DOMENICA 20 GIUGNO 2021 ORE 17 su TRC BOLOGNA da LUNEDÌ 21 GIUGNO 2021 ORE 20.30 su musicainsiemebologna.it MARTEDÌ 22 GIUGNO 2021 ORE 22 su TRC BOLOGNA

MARIO BRUNELLO violoncello ATELIER DELL’ERRORE SOLISTINSIEME

QUARTETTO FAUVES RITA MASCAGNA violino PIETRO FABRIS violino ELISA FLORIDIA viola GIACOMO GAUDENZI violoncello

VERONICA RODELLA flauto STEFANO BORGHI clarinetto PIETRO FRESA, GIULIA CONTALDO GIULIO MARIGNETTI contrabbasso ROBERTO MARRA percussioni

pianoforti

Crumb Black Angels Saint-Saëns Le Carnaval des Animaux

Lo sapevate che grazie ad una tecnologia capace di catturare e convertire in suoni i più piccoli segnali fisici provenienti dagli alberi, nel 2015 il Quartetto Fauves ha suonato sotto (e insieme) ai più maestosi alberi monumentali europei MI

MUSICA INSIEME

55


20 – 22 giugno 2021

I PROTAGONISTI

Solista, direttore, camerista e di recente pioniere di nuove sonorità con il suo violoncello piccolo, Mario Brunello è stato il primo europeo a vincere il Concorso “Čajkovskij” di Mosca, nel 1986. Il suo straordinario talento è al servizio di un ampio repertorio che va dalla musica antica alla contemporanea, e lo vede sui palchi di tutto il mondo a fianco di colleghi come Gidon Kremer, Martha Argerich, Yuri Bashmet, Andrea Lucchesini, Frank Peter Zimmermann, Giuliano Carmignola, Maurizio Pollini. Brunello sarà alla guida della nuova formazione dei SolistInsieme, originariamente diretta da Giuseppe Sinopoli e ora rifondata, dopo oltre vent’anni, da Musica Insieme riunendo i talenti del Quartetto Fauves e di sei giovanissimi interpreti italiani. A curare la parte visiva e teatrale, l’Atelier dell’Errore, il laboratorio di arti visive progettato nel 2002 da Luca Santiago Mora per la Neuropsichiatria Infantile dell’AUSL di Reggio Emilia. Insignito di numerosi riconoscimenti, l’Atelier è ora uno studio d’arte cooperativo, accolto dalla prestigiosa Collezione Maramotti, i cui soci lavoratori sono gli stessi ragazzini dell’atelier, divenuti maggiorenni e assunti come disegnatori professionisti.

56

MI

MUSICA INSIEME


umoristica Danza delle Silfidi, questa volta di Berlioz, applicata all’animale più pachidermico al mondo, L’elefante, interpretato dal più pachidermico fra gli strumenti, ossia il contrabbasso. Ancora il mimetismo della musica descrittiva ci regala poi una carrellata di animali e atmosfere, dai salti dei Canguri alla liquidità dell’Acquario, dal raglio dei Personaggi dalle lunghe orecchie alla magia atmosferica del Cucù nel bosco o della Voliera. Dopo questi abili e piacevolissimi blandimenti, SaintSaëns è pronto a colpire: comincia con lo scimmiottare i pianisti, impegnati in noiosissimi e interminabili esercizi di scale (un po’ maldestri, ma così è scritto in partitura), per poi scagliare il suo colpo più perfido, paragonando i critici musicali ai Fossili, con quattro citazioni che vanno dalla propria Danse macabre all’Aria di Rosina dal Barbiere di Siviglia di Rossini. Prima del Finale, che riunisce in una immaginaria sfilata molti dei personaggi di questo Carnevale, ecco il più celebre ed eseguito dei suoi movimenti: Il cigno, la cui melodia struggente è anche l’unica ad aver risuonato in pubblico con il permesso dell’autore per le coreografie di Fokine, affidate nel 1905 all’étoile Anna Pavlova. Nel centenario della morte di SaintSaëns, l’omaggio al suo brano più scanzonato e canzonatore ha dato spunto ai ragazzi dell’Atelier dell’Errore per nuove rappresentazioni, visive e testuali, dei loro “animali”, che si sveleranno in prima esecuzione assoluta per Musica Insieme. Ad aprire la galleria di personaggi e umori sarà un’altra allegoria, stavolta tragica e novecentesca, affidata ai virtuosi talenti del Quartetto Fauves in versione “elettrica”: Black Angels, trenodia dedicata nel 1970 da George Crumb all’orrore della guerra in Vietnam, che fa da contraltare ai tredici

personaggi del Carnaval con “Tredici immagini dalla terra oscura”. Riferendosi alla simbologia biblica dell’Angelo Nero, ossia l’Angelo ribelle, caduto dal cielo, Crumb vuol tratteggiare un viaggio dell’anima, dalla perdita dello stato di grazia alla redenzione, con un surrealismo sonoro che non si accontenta di fare ricorso a tutta la tavolozza timbrica degli strumenti, ma prescrive al quartetto di usare anche la voce e un intero armamentario di “accessori”, dalle maracas ai tam tam, ai bicchieri musicali.

Sopra: Pietro Fresa e Giulia Contaldo. Nella pagina accanto: il Quartetto Fauves, Stefano Borghi e Veronica Rodella

DA ASCOLTARE

Pescando soltanto le uscite più recenti nel mare magnum della discografia di Mario Brunello, condividiamo con lui la passione per il violoncello piccolo con l’ascolto dell’integrale delle Sonate e Partite di Bach originariamente destinate al violino (Arcana, 2019), seguite l’anno dopo da Sonar in Ottava, dove Brunello rivisita insieme a Giuliano Carmignola i Doppi Concerti di Bach e Vivaldi. Ma le potenzialità del violoncello piccolo vengono esplorate appieno nel terzo disco, pubblicato a novembre 2020 con l’Accademia dell’Annunciata, e dedicato a Giuseppe Tartini per il 250° anniversario dalla morte, con musiche di Vandini, Meneghini e dello stesso Tartini. Dalla stretta collaborazione con la Kremerata Baltica e Gidon Kremer sono nate poi altre registrazioni d’eccezione, come Searching for Ludwig – tributo a Beethoven per AlphaOuthere (2020) che vede due quartetti di Beethoven nella versione per orchestra d’archi dividersi la scena con brani contemporanei d’ispirazione beethoveniana di Léo Ferré e Giovanni Sollima.

MI

MUSICA INSIEME

57


Per leggere / di Chiara Sirk

Stephen Johnson Come Šostakovič mi ha salvato la vita

(EdT, 2020)

Il volumetto di Stephen Johnson (EdT, 2020, 156 pagine) è perfetto per questi tempi. Parla di depressione e di speranza, del potere catartico della musica e della capacità di emozionarsi. L’autore, giornalista radiofonico, compositore, scrittore e documentarista, collabora regolarmente con i maggiori media britannici, fra cui BBC Radio 3, 4 e World Service. Prendendo spunto dalla sua battaglia personale contro il disagio psichico e dal ruolo decisivo che in essa ha giocato la conoscenza del percorso creativo e biografico di Dmitrij Šostakovič, Johnson si chiede: perché l’ascolto di una musica triste o cupa ha spesso il potere di mostrare un raggio di luce alla mente incagliata fra le secche della depressione? Da dove viene questa misteriosa capacità di una composizione musicale di suggerire all’umanità sofferente un invito alla resistenza e alla speranza? Queste sono alcune delle domande cui Johnson cerca di dare una risposta attraverso la musica del compositore russo, fra le più intense, aspre e strazianti scritte nel ventesimo secolo. Dunque possiamo “curarci” tutti ascoltando Šostakovič.

Giuseppe Clericetti Camille Saint-Saëns. Visionario, artigiano, sperimentatore

(Zecchini, 2020)

Giuseppe Clericetti è un musicologo svizzero che da una decina d’anni sta dedicando la sua attenzione alla musica francese. Siamo grati a lui, e alla casa editrice Zecchini che lo pubblica, per l’impegno profuso nel valorizzare autori che si vorrebbero ascoltare più spesso nei concerti. Clericetti torna a scrivere di Camille Saint-Saëns. Dopo Il Re degli spiriti musicali (Zecchini, 2016), e in occasione dell’anno centenario della scomparsa, l’autore si china di nuovo sulla musica del compositore. Lo fa in Camille Saint-Saëns. Visionario, artigiano, sperimentatore (Zecchini, 2020). Attraverso cinque incursioni nell’officina compositiva di Saint-Saëns, e in 292 pagine, investiga i poemi sinfonici che inaugurano il genere in Francia, l’impressionante corpus delle 127 mélodies, i nessi con la musica di Mozart, i curiosi autoimprestiti, la prima partitura d’autore dedicata all’accompagnamento musicale in àmbito cinematografico, per finire con un esercizio di confronti interpretativi sulle prime registrazioni di Samson et Dalila. Un libro che arricchisce la non vasta bibliografia su questo grande compositore che è ben più del suo celeberrimo Carnaval des animaux. 58

MI

MUSICA INSIEME

SUONI

d’autore

Tre percorsi di ricerca originali sviscerano i mestieri della musica, dall’accordatura dello strumento alla “cura” dell’ascolto, all’officina creativa di un compositore Pianoforte: delizia dell’ascoltatore, strumento per l’esecutore, sfida estrema per l’accordatore. Questo in sintesi il contenuto del libro (imperdibile per chiunque frequenti il repertorio pianistico) scritto da Angelo Fabbrini, “accordatore” per eccellenza. Lui si è raccontato a Pietro Marincola intrecciando emozioni e ricordi legati alla sua vita professionale e privata. Ne è nato un delizioso libro, La valigetta dell’accordatore. La ricerca del suono perduto (Passigli, 2020, 160 pagine), in cui ripercorre oltre sessant’anni di attività. Leggerlo significa incontrare una strabiliante galleria d’interpreti, da Alfred Brendel ad András Schiff, da Martha Argerich a Maurizio Pollini, e conoscere un rapporto con lo strumento molto particolare. Quello di chi ha la responsabilità di consegnarlo, di accordarlo secondo le richieste del pianista, di risolvere i problemi che si presentano di volta in volta. Tra un monumentale Steinway da concerto e l’esecutore c’è l’accordatore, che deve possedere innumerevoli conoscenze di tipo tecnico, perfetta sensibilità per l’acustica del luogo, grande capacità di capire le richieste (e gli umori) di chi a quel pianoforte si siederà per un concerto. Una responsabilità enorme, una vita piena di soddisfazioni, come anche di imprevisti, di contrattempi, di esigenze specifiche. Siamo a Vicenza: Alexis Weissenberg si la-

menta dei tasti neri troppo alti, decimi di millimetro, per noi poca cosa, una montagna per chi affronta un programma impervio. Fabbrini rimedia abbassandoli il più possibile senza riuscire a eliminare del tutto il difetto. Passa un anno, questa volta alla Scala. Weissenberg si siede davanti al pianoforte e al solo sfiorare i tasti si gira verso Fabbrini ricordandogli che quel piano non è di suo gradimento. Un’altra volta Benedetti Michelangeli gli fa smontare infinite volte la tastiera perché un tasto a suo parere non funziona come dovrebbe. Dopo innumerevoli tentativi si scopre che ha ragione, perché nel rullo di quel martelletto la pelle è stata incollata per il verso contrario e oppone una resistenza allo spingitore diversa dagli altri. Da questi episodi si capisce che il rapporto tra i musicisti e Fabbrini è basato su una fiducia totale. Scrive l’autore: «… I pianoforti viaggiano spesso dall’Europa all’Asia agli Stati Uniti e poi ancora in Europa. Quello di Pollini oggi è a Vienna, domani viene trasferito ad Amsterdam e poi a Londra...» e lui viaggia con loro, in compagnia dell’indispensabile valigetta. La sua è una vita ricca di gratificazioni, con un unico cruccio: quello di non aver ancora trovato il suono perfetto. Angelo Fabbrini La valigetta dell’accordatore. La ricerca del suono perduto

(Passigli, 2020)



Da ascoltare / di Roberta Pedrotti

CARTOLINE e

omaggi

Dagli archi al pianoforte “danzante”, brillanti e originali le ultime fatiche discografiche di tre protagonisti del cartellone de I Concerti 2021

Wolf, Mozart, Borenstein, Cˇ ajkovskij

Quartetto di Cremona, Ori Kam, Eckart Runge (AVIE, 2020) Italian Postcards

Registrate alla fine del 2019, le cartoline del Quartetto di Cremona sono arrivate al termine di un anno, il 2020, in cui di viaggi ne abbiamo potuti far pochi, di molti luoghi e suoni dal vivo abbiamo dovuto fare a meno. Quantomai opportuni, allora, questi souvenir dal fondamentale Gran Tour intellettuale fra Sette e Ottocento: caldo sole cisalpino, vestigia romane, arte rinascimentale, mito della melodia e della cantabilità italiana. Cartoline, appunto. Nella bacheca del Quartetto di Cremona, Wolf fa il paio con una novità di Borenstein (classe 1969), a Mozart in soggiorno a Lodi risponde Čajkovskij. Per il sestetto di questi, ecco la viola di Kam e il violoncello di Runge a dar più sostanziosi contrappesi alla conversazione guidata dai violini. Fil rouge, l’ispirazione italiana cristallizzata oltralpe: cantabile, brillanti ritmi di danza popolare, aromi folklorici, pizzicato a ricordare i mandolini. E proprio là dove sarebbe fin troppo facile indulgere in stereotipi, gli archetti guizzano agili in un continuo moto dinamico e la cavata non si amplia mai compiaciuta: l’incontro fra il Quartetto cremonese, due austriaci, un russo, un franco-anglo-israeliano non è senza buoni frutti.

Weber, Delibes, Cˇ ajkovskij, Stravinskij et al. Giuseppe Albanese (Deutsche Grammophon, 2020) Invitation to the Dance

Facile che qualcosa sempre a portata di mano sfugga all’attenzione. Quando viene a mancare, la si riscopre fondamentale. Dopo un anno di contatti, esperienze dirette e musica dal vivo non più scontati, ripensiamo al corpo, alla fisicità, all’aspetto materiale del suono, vale a dire di quanto di più inafferrabile l’ingegno umano abbia pensato di modellare. La musica è gesto, è movimento, sia nell’evidenza del ritmo e del metro, sia nella consistenza di una dinamica, nel volgere di una transizione armonica. La musica prende forma nella danza, ma la danza può anche essere evocata da un solo strumento, nel gesto di un pianista. Leggiadro, sinuoso o perentorio, lo intende bene Giuseppe Albanese in un cd che prende il nome dall’Invito alla danza di Weber ed è in gran parte dedicato alle suites dallo Schiaccianoci e dall’Uccello di fuoco. L’apoteosi del balletto classico e il primo capolavoro per i Ballets russes, che due anni dopo, nel 1912, allestiranno L’après-midi d’un faune di Debussy, pure accarezzato prima di concludere con La Valse di Ravel. Il cerchio così chiude, da trascrizioni di coreografie all’evocazione di un’idea di danza mobile ed evanescente, fatta solo d’aria.

60

MI

MUSICA INSIEME

Ci vogliono spalle molto larghe per sopportare il peso del mito. In primo luogo, per il mito stesso, come nel caso del violino favorito di Niccolò Paganini, Il Cannone, serbato quasi come una santa reliquia dopo la morte del virtuoso. E Il Cannone, per quanto quasi intoccabile e solo occasionalmente ostenso all’ascolto nelle mani di selezionati posteri, le spalle per sostenere la propria fama le ha ben forti. Subito, quando lo si sente risuonare si sobbalza, e non è suggestione (provare per credere un ascolto alla cieca). Anche in cd si percepisce un’inusitata ricchezza di armonici, un colore pieno, screziato, che Francesca Dego definisce «nobile, vellutato e saggio […] fa pensare alla lava o alla cioccolata calda» o, aggiungeremmo, a un bel vino rosso strutturato ed elegante, di quelli che si rivelano nel corso del pasto ad ogni sorso. Una qualità e una classe fuori dal comune, indissolubilmente legati al leggendario proprietario, ma pure capace di svincolarsi in relativa autonomia e prestarsi come interprete a più svariati e trasversali omaggi postumi a Paganini. Insomma, vien da parlare del Cannone come di una persona, anche leggendo la storia della sua conservazione, il suo respirare quasi come essere vivente in attesa di far vibrare ancora suoni nell’aria. Di fronte a cotanto strumento, ha nondimeno le spalle abbastanza larghe Francesca Dego – e con lei, in duo, la pianista Francesca Leonardi. Imbracciare Il Cannone significa percorrere insieme due secoli di storia del violino nel segno di Paganini. Dagli arrangiamenti di Fritz Kreisler, compresa la dedica a Ysaÿe, a creazioni originali recenti e recentissime di Corigliano e Boccadoro. Da Rossini, che di Paganini fu intimo amico, a Schnittke e Szymanowski. Un programma non scontato, che si modella su misura per lo strumento e le interpreti, a raccontare l’eredità di Paganini e il riverberarsi di un suono mitico anche in tutte le declinazioni future di quell’idea di violino estrema e demoniaca, nobile e saggia. Paganini, Kreisler, Rossini, Schnittke et al. Francesca Dego, Francesca Lombardo (Chandos, 2021)

Il Cannone. Francesca Dego plays Paganini’s Violin



Fondazione Musica Insieme Galleria Cavour, 3 – 40124 Bologna Tel. 051 271932 – Fax 051 279278

Editore

Fulvia de Colle

Direttore responsabile Carla Demuru, Cristina Fossati, Riccardo Puglisi, Alessandra Scardovi

In redazione

Luca Baccolini, Elisabetta Collina, Irene B. Grotto, Marco Maniscalco, Maria Pace Marzocchi, Maria Chiara Mazzi, Nicola Muschitiello, Roberta Pedrotti, Chiara Sirk, Brunella Torresin, Erico Verderi

Hanno collaborato

Kore Edizioni - Bologna

Grafica e impaginazione

Grafiche Zanini - Anzola Emilia (Bologna)

Stampa

Registrazione al Tribunale di Bologna n° 6975 del 31-01-2000

Musica Insieme ringrazia: ALFASIGMA, ARETÈ & COCCHI TECHNOLOGY, BANCA DI BOLOGNA, BANCA MEDIOLANUM, BOLOGNA PLACEMENT AGENCY, BPER BANCA, CASETORRI, CENTRO AGRO-ALIMENTARE DI BOLOGNA, CONFCOMMERCIO ASCOM BOLOGNA, CONFINDUSTRIA EMILIA, COOP ALLEANZA 3.0, EMIL BANCA, FATRO, FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO IN BOLOGNA, FONDAZIONE DEL MONTE DI BOLOGNA E RAVENNA, GALLERIA D’ARTE MAGGIORE G.A.M., GRAFICHE ZANINI, GRUPPO GRANAROLO, GRUPPO HERA, GRUPPO UNIPOL, GUERMANDI GROUP, INTESA SANPAOLO, PALAZZO DI VARIGNANA, PELLICONI, PILOT, ROUGJ GROUP, S.O.S. GRAPHICS, STAREMILIA MERCEDES-BENZ, UNICREDIT SPA MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO, REGIONE EMILIA-ROMAGNA, COMUNE DI BOLOGNA

62

MI

MUSICA INSIEME






Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.