LUXURY MAGAZINE Periodico Trimestrale N° 16 - EURO 9,50
GIOVANNI ALLEVI Genialità o sacrilegio?
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a cura di TIZIANO GIURIN
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CAM
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sommario Moda
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il bello, ben fatto moda, il must dell’eccellenza italiana
musica
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giovanni allevi
alta cucina
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davide scabin uno chef stellato, in tutti i sensi
sociale
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un antidoto alla sofferenza intervista a franco pannuti, fondatore di ant
orologi
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baume & mercier sintesi contemporanea di eccellenza e tradizione
investimenti immobiliari top selection
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campoverde un’oasi di pace nel cuore del salento
economia top selection
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gestioni patrimoniali con bpp nel mondo del risparmio gestito
arte top selection
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steve barney l’evoluzione artistica di stefano bergamaschi
photographer
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gabriele rigon
automobili
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nuova mercedes classe s obiettivo: la migliore auto del mondo
top car
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nautica
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nautica
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moda
Eleganza, qualità e innovazione. Sono queste le parole chiave, diremmo anche i must, che definiscono l’affascinante e prestigioso mondo dell’alta moda italiana, e soprattutto quello dell’alta produzione manifatturiera. Un settore che si nutre di passione e di bellezza, e che unisce la qualità dei tessuti all’estetica e all’innovazione tecnica e materiale. Ne parliamo con il Cavaliere Mario Boselli, Presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, Associazione che promuove lo sviluppo della moda italiana, ne rappresenta i più alti valori culturali e si propone di tutelarne, coordinarne e potenziarne l’immagine, sia in Italia sia all’estero. Nonché Presidente della MarioboselliYarns&Jersey, una delle aziende più illustri, più innovative, più conosciute nel mondo per la produzione di seta di altissimo pregio, che innesta le proprie radici nella tradizione tessile delle colline comasche. Con lui, che è il giusto mix fra l’imprenditore di successo ed il “cultore” appassionato, parliamo di stile, di eccellenze, di Made in Italy, di futuro.
Moda, il must dell’eccellenza italiana
I L B E L L O , B E N FA T T O
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Cav. Boselli, è da poco stato riconfermato Presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana. Di cosa si occupa l’Associazione e quali sono le sue finalità? «La Camera Nazionale della Moda Italiana è l’Associazione senza scopo di lucro che disciplina, coordina e promuove lo sviluppo della moda italiana, rappresentandone i più alti valori culturali. Fin dal 1958, anno della sua nascita, la CNMI rappresenta il settore ed i suoi Associati nei rapporti con le Istituzioni, le Amministrazioni e le Organizzazioni economiche, politiche, culturali sociali in Italia e all’estero. L’Associazione è il punto di riferimento e l’ interlocutore privilegiato per tutte quelle iniziative nazionali ed internazionali volte a valorizzare ed a promuovere lo stile, il costume e la moda italiana. La Camera Nazionale della Moda Italiana organizza sette manifestazioni all’anno: due edizioni di “Milano Moda Donna”, a febbraio e a settembre; due edizioni di “Milano Moda Uomo”, a gennaio e a giugno; due edizioni di “Milano Moda Main”, manifestazione che coordina le aperture degli showroom per le vendite delle collezioni, tra fine gennaio e metà febbraio per la presentazione delle collezioni invernali e tra giugno e luglio per quanto riguarda le collezioni estive; ed infine “Milano Moda Design”, l’appuntamento che si svolge in concomitanza con il Salone del Mobile».
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moda
Quando e da dove nasce la sua passione per la moda? «In realtà io provengo dal tessile, da quando nel 1586 la mia famiglia ha iniziato ad operare nella trattura della seta e ha gestito il gruppo tessile “MarioboselliYarns&Jersey” per più di 40 anni, dagli anni ‘60. Sono poi diventato Presidente della Camera della Moda nel 1999. Nell’ottobre di quell’anno, l’allora Presidente Santo Versace diede le dimissioni, ed io che ero stato nominato Vice Presidente della Camera in quanto Presidente di “Pitti Immagine”, ne assunsi la carica di Presidente, essendo il più anziano. Nell’aprile del 2001 sono poi stato regolarmente eletto dall’Assemblea. Si può quindi dire che sono diventato Presidente della CNMI quasi per caso». La moda e il lusso. Che relazione esiste? «Una parte della moda è lusso, ma una parte della moda quantitativamente molto importante per il Made in Italy è quella che io definirei “Il bello ben fatto”: nel mondo si dice che un abito è “ bello e ben fatto” quando si parla di moda italiana. La nostra eccellenza sta qui, in una sapiente tradizione di lavoro che sa unire la qualità estetica ed immateriale alla qualità dell’ innovazione tecnica e materiale dei prodotti».
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Cosa significa essere “fashion”? A suo avviso, è più una moda o uno stile? «Premetto che per me il concetto di fashion è legato a quello di eleganza. Ora, direi che la vera eleganza, che per me è il modo più giusto di essere “ fashion”, risiede nel sapere essere coerenti con se stessi e di conseguenza nel sentirsi a proprio agio nei propri abiti e coi propri accessori: questo è lo stile. Il proprio stile». Quali sono i segmenti produttivi nei quali il marchio italiano eccelle maggiormente? «L’abbigliamento maschile, in particolar modo nel segmento del Capospalla, prodotto che viene da sempre imitato, ma mai eguagliato in termini di eccellenza e qualità». Se dovesse descrivere in poche parole il prodotto Made in Italy, quali userebbe? «Direi senza dubbio “ bello ben fatto”. La realizzazione di un prodotto “ bello e ben fatto”, che unisce la qualità dei tessuti all’estetica ed all’ innovazione tecnica e materiale, questa è la caratteristica specifica del Tessile-Abbigliamento-Moda Italiano». Ha speso parole molto dure per la lotta alla contraffazione. Quanto i grandi brand di moda risentono di
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moda
questo mercato parallelo? «Bisogna innanzitutto distinguere i due fenomeni: contraffazione è la vendita di un prodotto copiato ed è una pratica certamente nefasta e penalmente rilevante. Il mercato parallelo è invece la vendita di prodotti originali attraverso un canale distributivo improprio. Quindi in questo caso si può parlare di illecito commerciale. La contraffazione è un fenomeno fortemente lesivo per il Made in Italy, la creatività viene sfruttata e le aziende vengono danneggiate sia a livello di immagine che economico. È certamente un fenomeno che va contrastato con azioni e provvedimenti a livello internazionale». Qual è il segreto per preservare la filiera italiana dagli assalti delle altre produzioni? «Qualità, creatività ed innovazione». Certamente, accanto ai grandi brand famosissimi in tutto il mondo, l’Italia ha anche dei fashion designer emergenti. Può farci qualche nome interessante o raccontarci qualche storia di giovane di successo? «Sono sicuro che ci siano dei fashion designer emergenti di grande qualità. Il problema è che rispetto ai loro predecessori i giovani hanno maggiori difficoltà ad emergere perché è cambiato tutto, in particolare
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il mercato. Vi è un affollamento di proposte e per imporsi sono necessarie risorse sia finanziarie che manageriali molto superiori rispetto a prima. Per quanto riguarda i nomi, le storie, mi devo astenere dal farli perché sarebbe ingiusto citarne solo alcuni mentre sono molti ad essere validi». Si nasce fashion designer o si diventa? Quali sono le qualità di uno stilista di successo? «Sicuramente bisogna nascere con una certa predisposizione, dopo di che per avere successo è assolutamente necessario lavorare sul proprio talento, impegnandosi e dedicandosi con grande determinazione ed entusiasmo al proprio lavoro, senza pensare ai sacrifici che talvolta si devono fare». Cosa si aspetta per il futuro della moda italiana? Pensa che si possano ripetere i grandi successi che hanno caratterizzato gli ultimi decenni? «Io sono ottimista, ancora molte cose belle e buone si potranno e dovranno fare in futuro, purché si sappia restare fedeli a quel concetto di qualità e rigore del Made in Italy che ha fatto raggiungere alla moda italiana i livelli attuali. Ciò detto, ritengo che sarà ben difficile riavere i tassi di crescita del passato dati i mutamenti del mercato di cui abbiamo detto prima».
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Š Photo: Alberto Bevilacqua
musica
GIOVANNI ALLEVI È un artista controverso. Su di lui si sono scagliate le critiche più feroci e le lodi più autorevoli. Considerato un sacrilego dai puristi, e un genio dagli innovatori, Giovanni Allevi è, al momento, il compositore contemporaneo più famoso tra le giovani generazioni. Il suo più grande successo, riconosciuto anche dalla critica più spietata, è infatti quello di aver saputo avvicinare, con la sua musica classica contemporanea, i giovani alla musica colta. Prodotto agli esordi da Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, e dal suo fido collaboratore Saturnino, il giovane Allevi comincia una carriera di successi, italiani ed internazionali. Nel 2005 si esibisce sul palco del Blue Note di New York insieme ad altri gruppi italiani, in un concerto organizzato con l’Istituto Italiano di Cultura, all’interno della rassegna Jazz Italiano a New York e nel 2008, tiene il concerto di Natale presso l’aula del Senato della Repubblica Italiana, trasmesso in diretta su RAI 1. Da quel momento, i suoi album raggiungono le vette delle classifiche di vendita e i suoi concerti sono sempre sold out.
© Photo: G. Sarago
Maestro Allevi, lei è un personaggio molto amato ma anche complesso e controverso. Lei stesso si è definito recentemente “artista anticasta e del cambiamento”. Che cosa intende esattamente? «Esiste una casta della Musica Classica, fondata sul finanziamento pubblico della cultura, basata sull’esecuzione del repertorio di due secoli fa. I suoi protagonisti sono grandi interpreti, sacerdoti intermediari tra la musica “alta” e la gente “ ignorante”. Questo sistema è pressoché immobile da quasi cent’anni, ed io non voglio né giudicarlo né combatterlo. Voglio solo proporre un’alternativa, una strada più coraggiosa. Immagino una musica Classica Contemporanea, fondata sull’avvicinamento spontaneo della gente, che si esprime attraverso note composte nel presente. I suoi protagonisti tornano ad essere i giovani compositori, assieme agli ascoltatori ed agli interpreti, tutti sullo stesso piano». Che cosa pensa si debba fare per realizzare il cambiamento? È una questione politica oppure culturale? «È una questione creativa. Bisogna scrivere musica nuova, che mantenendo le forme della tradizione classica, torni a raccontare il mondo che è intorno a noi adesso. Poi in un secondo momento questo cambiamento verrà metabolizzato come un fatto culturale, ed infine politico. Ma la strada è molto lunga, anche perché l’attuale sistema non ha alcuna intenzione di cambiare». Il problema dell’Italia è la meritocrazia. Si sente meritevole dello straordinario successo che ha ottenuto? «Spero di continuare ad esserne degno». Che cosa pensa che sia il merito? «Ognuno di noi nasce con un talento, un’ immagine originaria, un sogno che è il nostro e di nessun altro. Il merito
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musica
Š Photo: Massimo Volta
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Š Photo: Massimo Volta
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musica
è semplicemente quello di non ostacolarlo, di non tradire la nostra inclinazione più profonda per omologarci a ciò che gli altri hanno deciso per noi». Ha parlato di talento. Crede che sia una condizione sufficiente per ottenere il successo? Quali altre condizioni sono necessarie per “farcela”? «Se il mio talento è comporre musica sinfonica, per “ farcela” devo prendere un foglio pentagrammato e scriverla. Quello è il mio successo, non la fama, il consenso della critica, od eventuali risvolti economici e discografici». Quando ha capito che possedeva requisiti per poter diventare un artista? «Quando ho percepito la gioia incontenibile di scrivere ed eseguire la mia musica, quando l’ebbrezza della composizione ha iniziato ad impedirmi il sonno». Cosa pensa di coloro che criticano la sua musica? O meglio, delle motivazioni che li muovono? «Mi amano, e la critica distruttiva è un modo forse infantile per manifestare una ammirazione segreta. Devo aggiungere che molti giovani virtuosi, stranieri, si stanno avvicinando alla mia musica; sono soprattutto violinisti della scena internazionale che hanno voluto eseguire il mio concerto per violino e orchestra. È probabile che per me le cose cambieranno, magari un giorno verrò rivalutato dalla critica, ma che senso ha raccogliere dei frutti prima del tempo?». Ha avuto il merito di aver adattato la musica classica al gusto del pop oppure di essere riuscito ad avvicinare i giovani del pop alla musica classica? «In realtà non penso di avere alcun merito. L’avvicinamento dei giovani alla mia musica sinfonica è un miracolo,
© Photo: Stefanino Benni
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© Photo: Alberto Bevilacqua
per certi versi inspiegabile. Semmai il merito è loro, nell’aver mostrato interesse per qualcosa che è totalmente controcorrente». Come nasce un suo pezzo, o un suo album? Nasce prima l’idea o la melodia viene partorita improvvisamente, repentinamente, senza preavviso? «Il brano arriva nella mia mente senza alcun motivo, ed io nei suoi confronti non ho scelta; non posso cambiarlo per assecondare le aspettative della critica, le esigenze dei discografici o addirittura il consenso del pubblico. Più io mi faccio da parte più la musica si esprime liberamente, trova le sue strade, si sviluppa come vuole e termina quando decide lei. Ed è bellissimo seguirla, farsi condurre verso mondi sempre nuovi». Come è nato il suo ultimo album, “Sunrise”? Come lo descriverebbe? «In una camera d’albergo ad Osaka in Giappone: fogli pentagrammati sparsi dappertutto! Lì ho scritto di getto il primo movimento del mio concerto per violino, il resto è arrivato come una cascata. Non ce la faccio a descriverlo, non riesco a giudicare la mia musica». Il 25 giugno è partito il suo nuovo tour estivo. Quali novità offre al suo pubblico rispetto ai tour precedenti? «È un’altra violinista straniera ad interpretare le note passionali di quel concerto; mentre nei concerti di pianoforte solo cerco di metterci tutto l’amore possibile». Che cosa prevede il futuro di Giovanni Allevi? «Posso dire con ironia che se finirò in un ospedale psichiatrico, venitemi a trovare e portatemi dei dolci».
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[ Uno chef stellato, In tutti i sensi ] Artefice e anima del Combal.Zero di Rivoli, 40mo nella classifica The World 50 Best Restaurants Award nel 2013, Davide Scabin, classe 1965, è considerato dalla critica uno dei più talentuosi interpreti della cucina di ricerca, per la sua capacità di attribuire magia e fragranza ai grandi piatti della tradizione. Chef dall’entusiasmo contagioso, esuberante, geniale, pragmatico, simbolo di una cucina contemporanea ma già futurista, sa dosare disciplina e passione, ricerca sulle materie prime ed estro creativo. I suoi piatti, vere e proprie opere di design culinario, sono pensati per assecondare il piacere di nuove forme, nuovi contenitori, nuove cotture, nuovi cromatismi, ma sempre con l’obiettivo primario del gusto.
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alta cucina
Come nasce la sua avventura in cucina? Ha sempre sognato di diventare uno chef? «Assolutamente no, ero appassionato di informatica e sognavo di diventare…un hacker! Mia madre, però, vedendomi cucinare in casa e riconoscendomi un certo talento innato, mi propose la scuola alberghiera. Al ché mi sono buttato a capofitto nella gastronomia, che in qualche modo ha unito la razionalità della scienza e la fantasia delle arti». Come definirebbe la Sua cucina? «È una cucina in continua evoluzione, innovativa, provocatoria, perfezionista, capace di stupire. Per i miei piatti, infatti, mi ispiro al libro di Bruno Munari “Da Cosa Nasce Cosa”». Recentemente, la sua cucina si è caratterizzata per un ritorno al gusto… «Beh sì, evidentemente si è verificato un ritorno alla natura attraverso una nuova ricerca basata sui gusti primari. La solidità e l’oggettività, raggiunte attraverso sapori puri ed essenziali, diventano aspetti fondamentali del piatto. Il che non significa che
Davide Scabin
la creatività viene messa in secondo piano: semplicemente è stata canalizzata in un’altra direzione, verso la massima qualità raggiungibile in un’ottica di lusso della semplicità». Che cosa intende per “gusto nella forma”? «Il gusto della forma è un marchio registrato che identifica il metodo di ricerca che utilizzo nel mio processo creativo e che prevede un’analisi delle componenti di fisiologia, ergonomia e architettura che compongono il gusto. La forma, che suggerisce alcune scelte e anticipa il sapore dei piatti, viene generalmente “ bypassata”. Dalla sperimentazione del gusto stesso scaturisce il piacere che, con un vissuto a livello inconscio, procura un’emozione in chi lo sperimenta. Quest’ultima, una volta elaborata, diventa esperienza che, sedimentandosi nel tempo, si traduce in ricordo. La mia sfida si gioca in questa fase, in un tentativo continuo di riportare il ricordo e l’esperienza ad un’emozione sempre diversa».
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alta cucina
Il Combal.Zero, il ristorante che gestisce, si trova presso il Museo di Arte Contemporanea del Castello di Rivoli. È un caso che lei sia stato definito il maestro dell’“art & food design”? Che cos’è per lei il design in cucina? «Premettendo che per design non intendo il “ lato estetico della cucina” (che, tuttavia, insieme alle forme a ai colori, costituisce comunque una componente del design), quanto piuttosto l’ergonomia e la funzionalità di un piatto, posso dire che per me il piatto stesso è design, cioè è un progetto. Il progetto è sempre un foglio bianco, un’ idea, possibilmente originale, cui dare una forma e un modo caratteristico di servirla in tavola. Torno nuovamente su Bruno Munari, artista, designer e poeta, a cui ho dedicato uno dei nostri piatti: il Risotto Verde con Mousseline di Ricci ovvero “Metodologia progettuale: l’esempio di Bruno Munari”, che rappresenta la semplificazione del suo metodo progettuale. Nel libro “Da cosa nasce cosa”, Munari spiega come nel design sia necessario innestare la creatività su una progettazione razionale dell’oggetto, e affronta la
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preparazione di un “risotto verde” trasponendo la ricetta in una serie di semplici operazioni logiche come esempio di risoluzione del problema “ fare un risotto verde per quattro persone”. La formula della semplificazione progettuale di Munari è di una semplicità sublime, che passa attraverso la ricetta di un risotto. Che come tale è un autentico progetto di design». Lo stesso Combal.Zero sembra essere organizzato secondo linee di produzione che si risolvono in sequenze di atti studiati nei minimi dettagli fino a farne una catena perfetta… «Lo è, infatti. Con questo modello organizzativo siamo arrivati a dare, poi, un potente contributo all’ innovazione, anche in un settore come il catering, che diventa teatro di performance e palcoscenico per la presentazione di nuovi oggetti». Uno dei suo piatti più famosi? «Senza dubbio il Cybereggs, che amo definire l’ identificazione riassuntiva
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alta cucina
de “Il gusto della forma”. Due fogli di pellicola trasparente avvolgono tuorlo d’uovo e caviale, in una forma simile a quella di un agnolotto contenente due camere d’aria. Si serve con il bisturi, oppure lo si fa scoppiare direttamente in bocca; è progettato per concentrarsi sulla pura sensazione gustativa provocata dall’esplosione dell’uovo una volta messo in bocca». Luca Parmitano, a bordo della navicella Soyuz TMA-09M, porta con sé i piatti gourmet pensati e realizzati da Lei. Come è nato questo progetto? «Sono stato chiamato un paio di anni fa dal responsabile della Argo-Tech, per conto della ESA (European Space Agency), che mi propose di preparare qualche piatto per la cambusa di una navicella spaziale che sarebbe partita dalla Russia intorno al giungo del 2013. Ho accettato subito. Gli astronauti stessi hanno poi consultato una lista con vari piatti della tradizione, indicando quelli che preferivano. Ci sono le lasagne alla bolognese, una parmigiana di melanzana termostabilizzata, risotto al pesto, caponata e tiramisù disidratati».
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Lo scopo? «Alleviare, almeno con il palato, la nostalgia di casa. Una specie di “comfort food” per i momenti di malinconia…». Non sarà stato semplice “progettare” un simile menù… «No, non lo è stato. Si è rivelata necessaria un’analisi attenta delle materie prime e della costruzione del piatto. La cosa più difficile è stata trovare l’equilibrio perfetto tra i sapori, considerando la disidratazione e la successiva reidratazione di alcuni piatti, la sterilizzazione di altri. Senza dimenticare, poi, tutti gli aspetti legati alla conservazione, e quelli connessi al problema della sapidità». Ha un sogno ancora da realizzare? «Non lo so, mi ritengo molto fortunato. Forse, se dovessi pensare ad un sogno, irrealizzabile come solo un sogno può essere, direi di voler diventare il primo chef che cucina su una stazione spaziale. Però non si sa mai che cosa può succedere: da appassionato di fantascienza, non metto limiti alla provvidenza del destino. Magari, fra qualche decina d’anni…».
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Da una Scavolini aspettati sempre qualcosa in pi첫.
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UN ANTIDOTO ALLA SOFFERENZA
Intervista a Franco Pannuti, fondatore di Ant Ricercando in un vecchio dizionario il significato della parola sofferenza, scopriamo che l’etimo del sostantivo deriva dalla composizione della particella latina “sub” e dal verbo “ferre”: “soffrire” è, letteralmente, “portare giù”, sopportare il peso di una malattia, di una difficoltà, di un impedimento. Il suo contrario è “sostenere”, “portar sopra”. L’idea, almeno nell’etimo delle parole, è che il rimedio alla sofferenza sia il sostegno, in qualunque forma esso avvenga. E quando l’idea si traduce in realtà, sono le azioni a supportare i progetti e la loro realizzazione. Ne sa qualcosa il Professor Franco Pannuti, che, 35 anni fa, nella sua Bologna, ha fondato l’Associazione Nazionale Tumori, oggi Fondazione ANT Italia Onlus, con lo scopo di prendersi cura dei sofferenti di tumore nella fase avanzata della malattia, nelle loro case, tra le cose e gli affetti di sempre, portando il conforto di un supporto specialistico con uno standard pari a quello ospedaliero. Il tutto in maniera totalmente gratuita. Negli ultimi 30 anni, ANT ha assistito gratuitamente più di 93.000 malati di tumore in 9 diverse regioni italiane. Venti équipe di operatori sanitari della Fondazione assicurano ogni giorno cure di tipo ospedaliero e socio-assistenziale a circa 3.800 persone, e sono complessivamente
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421 i professionisti che lavorano per la Fondazione (medici, infermieri, psicologi, nutrizionisti, fisioterapisti, farmacisti, operatori socio-sanitari e funzionari) cui si affiancano circa 1.600 volontari iscritti nel registro ANT, impegnati nella logistica e nella raccolta fondi. Un universo di passione, di umanità, di attenzione verso il prossimo. Come nasce la Fondazione ANT? Con quali scopi? «La Fondazione ANT nasce da un’intima, profonda e quanto mai personale esigenza della mente, del cuore e dello spirito. Della mente, quando, primario del reparto di oncologia, vidi chiaramente tutte le carenze del Sistema Sanitario Nazionale nel seguire presso il proprio domicilio il Sofferente al momento delle dimissioni. Del cuore: nel 1978 una grave malattia colpì mio suocero, un duro calvario che lo vide spegnersi in poco tempo. Morì nella sua casa assistito da me e circondato dall’affetto dei suoi cari, solo allora realizzai che questa sarebbe dovuta essere la condizione per molti e non privilegio di pochi. Infine, la Fondazione è il frutto di un’esigenza dello spirito che segna la necessità di portare sollievo e speranza nella consapevolezza della sofferenza. Nel 2002 venne modificato lo Statuto di ANT che da Associazione diventò Fondazione. Questo per ragioni puramente tecniche e per evitare che i valori di ANT (morali, sociali, assistenziali, medici e di ricerca) venissero violati». Quale è la sua idea di “cura del malato”? In che modo ANT realizza i principi cui si ispira? «ANT nella cura del malato si ispira ad un principio imprescindibile, quello dell’Eubiosia - dal greco antico “buona vita” - intesa come insieme di qualità che conferiscono dignità alla vita, dal primo fino all’ultimo respiro. Eubiosia per i Sofferenti di tumore significa “sentirsi bene”, in particolare curati, seguiti, protetti e rispettati. Tale risultato è ottenuto attraverso la professionalità, l’amore e la solidarietà, che consentono di realizzare l’ospedalizzazione domiciliare fornendo al malato la possibilità di ricevere un’assistenza specialistica gratuita senza dover abbandonare la propria casa. La cura del Sofferente abbraccia diversi ambiti: quello medico, psicologico, dei servizi sociali per i pazienti e i loro familiari». Quale è il servizio offerto dalla Fondazione di cui si sente più fiero? Quale progetto non siete ancora riusciti ad attivare?
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«ANT rappresenta il primo e forse l’unico esempio in Italia di ammortizzatore per la sanità: curiamo a domicilio oltre 3.800 malati al giorno a titolo completamente gratuito: li assistiamo e li seguiamo con professionalità, amore e dedizione. Da trentacinque anni ANT è impegnata a portare sollievo e speranza attraverso la diffusione del principio dell’Eubiosia, la vita in dignità, come diritto fondamentale di ogni essere umano, dal momento del concepimento fino alla morte. Tutto questo mi dà la consapevolezza di essere nella direzione giusta, nel pieno rispetto dei valori ANT». Quali sono i costi medi per l’assistenza domiciliare? Quali sono le fonti maggiori di sostegno per la Fondazione? In che modo i singoli cittadini possono contribuire economicamente alle spese di gestione di ANT? «Il costo globale della presa in carico di ciascun assistito ANT (in media 100 giorni) nel 2012 è stato pari a 2.156 euro (esclusi i farmaci che restano a carico del Servizio Sanitario Nazionale, e il cui costo è assimilabile a quello della presa in carico). Secondo una recente elaborazione “Ageing Society“ - Osservatorio Terza Età su dati del Ministero della Salute, Farmindustria - il costo medio per una giornata di degenza in ospedale è di 780 euro (comprensivo di farmaci, servizi, ecc. - dati riferiti all’anno 2009). La Fondazione ANT raccoglie circa 22 milioni di euro l’anno e solo una piccola parte dei proventi deriva da fonti pubbliche - per lo più da convenzioni con le ASL - e dal contributo di banche e fondazioni. Il sostegno dei singoli cittadini è fondamentale per ANT che finanzia la maggior parte delle proprie attività grazie alle erogazioni di privati cittadini, alle manifestazioni di raccolta fondi organizzate, al contributo del 5x1000, ai lasciti e alle donazioni». Negli ultimi anni ANT ha dedicato molte delle proprie risorse verso la diagnostica e la prevenzione. Quanto una diagnosi precoce può prevenire l’insorgere di tumori? «Prevenzione è la parola d’ordine. Negli ultimi 50-60 anni la prevenzione ha portato, unitamente ad importanti scoperte scientifiche e al miglioramento delle condizioni e degli stili di vita, ad una riduzione importante nell’incidenza di alcune malattie. La prevenzione
primaria
sull’informazione
si
finalizzata
basa
essenzialmente
alla
sensibilizzazione
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della popolazione nell’adottare stili di vita sani e misure che vadano a ridurre nel tempo l’incidenza neoplastica. In oncologia la prevenzione è soprattutto di tipo secondario, ovvero diagnosi precoce. La prevenzione secondaria permette di evidenziare la malattia in fase precoce, consentendo di effettuare una terapia tempestiva e, dunque, più efficace. I progetti ANT, sempre gratuiti per chi ne usufruisce, sono rivolti alla diagnosi di neoplasie come il melanoma, le neoplasie della tiroide, quelle genitali femminili e mammarie». Da chi è composta la Onlus? Occorre essere un medico o un infermiere per aderire come volontario alla Fondazione, o chiunque può offrire il proprio contributo? «Dopo aver fondato ANT ho sempre operato da volontario, ma il volontariato non l’ho mai preteso e non l’ho mai accettato a livello dell’assistenza sanitaria diretta. Il rapporto di lavoro dei professionisti che prestano il loro servizio per la Fondazione è regolato da contratti e da regole ben precise. Gli esperti che oggi lavorano in ANT sono 421, tra i quali medici, infermieri, psicologi, nutrizionisti, fisioterapisti, farmacisti, operatori socio sanitari e funzionari. A questi si aggiungono i circa 1600 volontari impegnati nella logistica e nella raccolta fondi. Mi chiede chi può essere volontario ANT? Chiunque aderisca all’etica dell’Eubiosia è un volontario ANT, anche senza saperlo». La Fondazione ANT spegne quest’anno la trentacinquesima candelina ed è ormai tra le Fondazioni più conosciute e sostenute dai Benefattori italiani. Ha raggiunto tutti i traguardi o c’è ancora un obiettivo che non è stato raggiunto? «Oggi ANT occupa la 10ª posizione nella graduatoria nazionale su oltre 30.000 Onlus aventi diritto nello stesso ambito. Questa è una grande responsabilità, ma anche il motore propulsivo per portare avanti nuovi progetti determinati dai bisogni dei Sofferenti, oltre che dalle possibilità economiche di cui disponiamo per farvi fronte. L’idea di fondo rimane, comunque, quella di intensificare l’assistenza e di migliorarla qualitativamente estendendo la formazione dei medici ANT e non, avvicinando il maggior numero di persone a tali problematiche in sinergia con gli enti pubblici: l’assistenza a domicilio deve diventare sempre di più un diritto ma deve essere integrata con il Servizio Sanitario Nazionale».
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sociale
orologi
Nel 1830 la famiglia Baume apre uno dei primi negozi di orologi del Giura svizzero. Frères Baume diventa una delle principali aziende orologiere, grazie ai fratelli Louis-Victor e Joseph-Célestin Baume. L’obiettivo era di realizzare orologi tradizionali di alta qualità arricchiti dalle diverse innovazioni tecnologiche del tempo. La famiglia Baume è innovativa anche dal punto di vista commerciale quando Joseph-Célestin dà vita a una filiale a Londra che si espande rapidamente in tutto l’Impero Britannico. Nel 1876, la seconda generazione prende in mano la società nuovamente con due fratelli, figli di Louis-Victor. Alcide Baume dirige la produzione mentre Arthur Baume si occupa del marketing. La fine della Prima Guerra Mondiale, nel 1918, porta cambiamenti nell’industria e nella società in generale. Dopo l’impiego militare, l’orologio da polso soppianta gradualmente quello da tasca. Il giovane William Baume, stabilitosi a Ginevra, instaura una partnership con un personaggio particolare di nome Tchereditchenko, che presto adotta il cognome francese della madre e diventa Paul Mercier. Con temperamenti diversi, condividono la stessa visione dell’orologeria e creano Baume & Mercier. Il periodo tra la fine degli anni ’30 ed i ’50 del secolo scorso vede una nuova personalità forte a capo di Baume & Mercier, il Conte Constantin de Gorski. William Baume si ritira nel 1935 per motivi di salute e Paul Mercier vende le proprie azioni nel 1937 alla famiglia Ponti, famosi gioiellieri ed orafi italiani. Negli anni ‘40 e durante la Seconda Guerra Mondiale, i cronografi Baume & Mercier diventano orologi di prestigio. Dopo la guerra, viene lanciato uno dei modelli che avrà più successo: il Marquise. Nel 1964 Baume & Mercier sceglie la lettera greca PHI quale nuovo emblema del marchio. Nel 1971 Baume & Mercier è uno dei primi marchi ad adottare i movimenti elettronici a diapason, precursori del quarzo, nel suo modello Tronosonic. Nel 1973 questo viene seguito dal modello Riviera, uno dei primissimi orologi sportivi in acciaio, che sarà l’icona di Baume & Mercier per vent’anni. Nel 1972 il marchio fa sensazione nel campo degli orologi da donna con i modelli Mimosa e Galaxie, entrambi vincitori della Golden Rose. Nel 1973 Baume & Mercier vince di nuovo la Golden Rose per il modello Stardust, con quadrante in onice circondato da 138 diamanti. Gli anni ’80 vedono il successo del modello da donna Linea mentre nel 1988 Baume & Mercier compie una svolta quando il gruppo Richemont acquista Piaget e Baume & Mercier. All’interno del Gruppo Richemont, Baume & Mercier acquisisce un’indipendenza ritrovata e una rinnovata vitalità, presentando un’ondata di modelli: Catwalk (1997) rivive come orologio da polso; l’avventuriero Capeland (1998) e Hampton (1994) diventa un orologio in acciaio classico rettangolare e nuovo emblema del marchio. Nel 2002 Baume & Mercier riapre propri atelier nel Giura svizzero, un vero e proprio ritorno alle radici. Oggi, il successo della società continua con nuovi modelli quali Clifton, Capeland, Hampton e l’intramontabile Linea.
baume & mercier sintesi contemporanea di eccellenza e tradizione
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LINEA: Delicato e femminile, è sempre stato, sin dal suo lancio nel 1987, all’avanguardia. Quest’anno, Baume & Mercier presenta l’edizione limitata Primavera/Estate 2013 Linea di 27 mm al quarzo, proposta su cinturini intercambiabili in pelle colorata e intrecciata creati in collaborazione con l’attrice canadese Emmanuelle Chriqui, nonché due nuovi modelli automatici della collezione Linea 27 mm. Linea automatico, presenta tutta la prestanza di un gioiello ma con un’eleganza sobria. L’orologio possiede un calibro meccanico svizzero che si ricarica automaticamente con i movimenti del polso, tecnologia solitamente non presente sugli orologi da donna. Questo modello, in acciaio o bicolore in acciaio rivestito d’oro, con numerazione delle ore, presenta un fondello trasparente per poter ammirare il movimento automatico. Il bracciale è dotato di un meccanismo brevettato che consente di smontarlo senza
Emmanuelle Chriqui indossa Baume & Mercier Linea10016
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orologi
Linea10114 e Linea 10115
l’ausilio di alcun attrezzo. La Maison ginevrina ha anche realizzato una serie di cinturini intercambiabili in pelle o in satin, declinati in vari colori, per rendere questo orologio conforme ai gusti delle donne ed alle nuove tendenze della moda. Disponibili in acciaio o bicolore, sono dotati di quadrante in madreperla impreziosito da 11 diamanti. Linea 10115: È corredato di cinturino in pelle di agnello intrecciato di colore arancio, colore moda della stagione Primavera/Estate 2013. In acciaio lucido e satinato, è impreziosito da quadrante in madreperla autentica dalle finiture azzurrate. Linea 10116: Questo modello, dal quadrante in madreperla bianca azzurrata e indici rivettati, punta sulle tendenze moda con il cinturino in pelle d’agnello beige intrecciata a mano. Linea 10117: Il cinturino bianco in pelle di agnello intrecciata a mano è ideale per le donne che amano un’accennata allusione floreale.
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Clifton 10052 e Clifton 10053. Nella pagina a fianco: Clifton 1830 10060
CLIFTON: Fin dal 1830, Baume & Mercier è impegnata nel realizzare orologi che si distinguono per equilibrio del design e qualità dei movimenti, che concretizzano la visione aziendale di lusso accessibile. Coniugando tradizione e modernità, da questa filosofia nasce la collezione Clifton, ispirata allo storico modello realizzato negli anni ’50. La linea Clifton si rivolge ad una clientela maschile alla ricerca di un segnatempo di valore, fedele compagno nei momenti speciali della vita personale e professionale. Tutti i modelli Clifton, consentono di visualizzare l’ora, i minuti ed i piccoli secondi ed indicano la data in una finestrella. Impreziositi da una cassa in acciaio dal diametro di 41 mm, sono proposti su cinturino in alligatore o su bracciale in metallo. Le versioni in oro rosso 18K, progettate con un diametro di 39 mm, sono animate da un calibro meccanico a carica automatica e presentano un quadrante con indicazione
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orologi
della data in una finestrella e dei secondi mediante una lancetta centrale. Sobri e raffinati, questi modelli sono proposti su cinturino in alligatore. All’interno della collezione, un esemplare catalizzerà certamente l’attenzione dei cultori dell’alta orologeria: in acciaio, con un diametro di 43 mm presenta un calibro automatico dotato della complicazione Calendario completo (giorno, data, mese e fasi lunari). Tuttavia, i puristi saranno attratti soprattutto dall’orologio Clifton 1830, modello di punta nonché simbolo della collezione. Questo esemplare in oro rosso 18K di 42 mm di diametro, proposto su tradizionale cinturino in alligatore, ospita un calibro di manifattura “La Joux-Perret” a carica manuale e rappresenta la rivisitazione più fedele dello storico modello Baume & Mercier che, quale archetipo del segnatempo urbano, ha ispirato questo nuovo universo orologiero.
Clifton 10057
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C A M P O V E R D E
u n ’ oa s i d i pace n e l c u ore de l Sa l e n t o
investimenti immobiliari
Un frammento inedito di Salento: è la prima impressione che si apre agli occhi quando si entra a Campo Verde. Dentro un polmone verde di macchia mediterranea si svela un villaggio incastonato in trenta ettari di pineta di alberi secolari, fuori dal quale il mondo resta estraneo, spettatore silenzioso. Bianche sono le spiagge del litorale adriatico pugliese ad appena pochi metri, raggiungibili percorrendo un viale che pare attraversare un bosco di conifere, passeggiata d’eccezione che dall’aria forte dei pini conduce al beneficio dello iodio marino. È un piacevole viaggio arrivare a Campo Verde, assolata è la strada che da Lecce conduce alla sua marina, San Cataldo, appena otto chilometri; inattesa scoperta, quando si aprono i cancelli. Un sipario su una dimensione altra, nascosto cuore pulsante del piccolo borgo marino; è un suonare di passi attutiti sul tappeto di aghi di pino, un attimo è alzare lo sguardo, svettano verso il cielo blu le fronde maestose. Incastonati nel verde intenso della natura al suo stato più rigoglioso, gli appartamenti, il residence e le strutture ricettive.
Top Selection
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Raccontano la storia dei vent’anni trascorsi con l’eco
facile restare incantati dal panorama.
di esperienza e tradizione guardando al comfort e
Lo spettacolo prosegue: Campo Verde custodisce
all’innovazione.
ben cinquantacinque ville autonome di proprietà di
E Campo Verde è la storia di San Cataldo, un riferimento
professionisti e imprenditori italiani e stranieri, il cuore
che oggi si rinnova e si declina a nuove suggestioni, è
originale del villaggio che esalta le forme tonde ed
un racconto lungo di strade e lunghe giornate assolate
armoniche degli anni Settanta.
di mare a cercare riparo dal calore del sole del sud.
Un approdo di serenità e sicurezza, l’intero parco è
Percorrendo i residence, il nuovo si immette alla per-
vigilato costantemente, protetto e organizzato per la
fezione negli elementi originari dell’architettura iniziale, i
sicurezza dei più piccoli, aperto per tutto l’anno (gli stessi
larghi e lunghi corridoi pavimentati di colori strabilianti
appartamenti, quando non utilizzati dai proprietari pos-
fanno da tappeto alle nuove porte, indipendenti, di
sono essere affidati alla società di gestione Interno10)
ingresso ai singoli appartamenti che abbracciano varie
e, grazie al clima favorevole, fruibile, attrezzato di
tipologie abitative.
ogni servizio e a due passi dalle location più belle e
Entrarci è trovare casa, comodità, spazio, personaliz-
suggestive del Salento.
zazione, famiglia: nel vento leggero dei balconcini è
La sabbia bianca si offre ad un campo di beach-volley,
investimenti immobiliari
ad un’area riservata ai bambini e ad una serie di servizi
WWF a fare da cornice al villaggio. E a soli 1500 metri
che rendono ogni soggiorno perfetto sotto ogni aspetto.
si trova, inoltre, l’unico campo da golf a 18 buche e la
Il Centro Sportivo poi è, di fatto, il fulcro di tutte le attività
più grande SPA del Salento. Una vera e propria rarità a
del villaggio, dotato di attrezzature all’avanguardia, tre
due passi dalla città più bella della Puglia.
piscine, di cui una riservata esclusivamente ai bambini,
Campo Verde è l’ingresso in un sogno di pace, nel
due campi da tennis in erba sintetica illuminati, un
cuore dell’area interessata dall’espansione urbanistica
campo da calcetto, tennis tavolo, un’area dedicata ai
che vedrà l’unione della città con il suo borgo marino;
bambini con un piccolo parco giochi ed il teatro per gli
rarità abitativa, immersa in un parco protetto che lascerà
spettacoli dell’animazione.
immutato l’assetto architettonico, tutelando il paesaggio
Centro di pace, ma a soli 800 metri dall’aeroporto turistico
di rara bellezza.
Lepore, a due chilometri dalla splendida città fortificata
È difficile lasciare Campo Verde, i cancelli si chiudono
di Acaya (tra le altre cose, sede del “Forum Mediterraneo
alle spalle, custodia di un piccolo universo al centro del
per la Pace” e patrimonio UNESCO), beneficia di quel
Salento, a un soffio dalla città, a un tuffo dal mare, a
respiro verde che la zona di San Cataldo conserva del
portata di respiro di natura.
tutto intatta: è l’oasi delle Cesine, parco naturale protetto
Per info: INTERNO10 - numero verde 800 148 646.
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Top Selection
g e s t i o n i pat r i m o n i a l i con bpp nel mondo del risparmio gestito a cura di Valter Terzano
Nella primavera del 2000, con lo scoppio della bolla delle società internet, è iniziata una lunga stagione di incertezza per i mercati finanziari che ancora non si è conclusa. I risparmiatori e gli investitori istituzionali non hanno più avuto pace nella gestione dei loro risparmi e dei loro investimenti finanziari. La volatilità nei prezzi e nei rendimenti, che registra le loro oscillazioni rispetto alla media storica, è una misura del rischio divenuta pane quotidiano della esperienza di tutti noi, e la sua crescita e variabilità è tale da non poter più definire come sicura alcuna forma di investimento semplice, sia essa azionaria o obbligazionaria. Si ricercano con sempre maggiore attenzione forme di investimento in grado di ripararci dalle fluttuazioni negative dei patrimoni, e contemporaneamente di offrire un rendimento almeno pari al deprezzamento del valore della moneta. In buona sostanza, ciò che cerchiamo è un valore del patrimonio reale stabile nel tempo, così da potervi ricorrere per far fronte alle diverse esigenze della famiglia: la casa, lo studio, la salute, lo svago, la trasmissione generazionale. Pianificare gli investimenti per rispondere alla complessità e varietà delle esigenze non è attività semplice che si possa svolgere in maniera sbrigativa, nei ritagli di tempo e senza le dovute conoscenze tecniche ed esperienza diretta. Quanti risparmiatori hanno dovuto constatare che l’investimento selezionato, per inesperienza o per cercare di risparmiare tempo e denaro che sembrava così promettente, si è rivelato poi inadatto allo scopo di conservare ed accrescere il valore nel tempo. Dal canto suo, l’industria bancaria e del risparmio gestito, insieme con la comunità accademica, in quest’ultimo decennio, hanno sottoposto a verifica molte delle conoscenze e delle tecniche di gestione che si erano affermate nei due decenni precedenti che avevano prodotto risultati anche molto soddisfacenti, rivelatisi però fragili di fronte all’onda d’urto della volatilità dei mercati finanziari, successiva a una serie di eventi tanto drammatici quanto ravvicinati (scoppio della bolla internet, attacco terroristico alle Torri Gemelle, due guerre del Golfo, crisi dei mutui subprime e dei mercati immobiliari, crisi greca ed una recessione senza precedenti per profondità e durata). La nostra Banca si è impegnata a fondo nella rivisitazione delle modalità con le quali ha servito e continua a servire i suoi clienti, principalmente privati, in merito alle esigenze di investimento e gestione del risparmio, ha effettuato investimenti mirati in risorse umane e materiali, arrivando a ridisegnare la sua offerta di servizi di consulenza e di investimento tramite mandati di gestione patrimoniale individuale. Siamo decisamente orgogliosi di avere una squadra di professionisti dedicata e locale che lavora in totale autonomia da gruppi e società di investimento, nazionali e internazionali, pur avvantaggiandosi dei prodotti e servizi da queste offerti. Il metodo di lavoro si sviluppa in maniera sinergica con una qualificata rete di consulenti sul territorio ed un team centrale di gestori professionisti con specifica esperienza pluridecennale. Probabilmente molti lettori nutrono ancora una certa diffidenza nei confronti di un prodotto, le Gestioni
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economia
Patrimoniali, che in passato hanno dimostrato di non
rigida e statica da preferirsi ad una flessibile e dinamica
riuscire a proteggere i patrimoni affidati, soprattutto in
è stato notevolmente ridimensionato, ritenendo che la
presenza di fasi di vero e proprio crollo delle quotazioni
asset allocation strategica possa determinare non più
nei mercati, tipo quella del mercato azionario protrattasi
del 50/60% della performance totale del portafoglio.
tra il marzo 2000 ed il marzo 2003, e tra il giugno 2007
Questo, in pratica, ha portato la BPP a ricercare uno
e il marzo 2009, o quella dei mercati obbligazionari
stile di gestione estremamente flessibile, in grado di
americano, post Lehman, ed europeo durante la
coniugare gli effetti positivi della allocazione strategica
crisi greca e dei paesi periferici del 2010-2011.
con quelli, altrettanto importanti, della:
Invece, è proprio nei periodi di crisi che si evidenziano
2. Asset Allocation Tattica: termine con il quale si
i limiti di alcuni sistemi di gestione rispetto ad altri, e si
identifica l’insieme delle decisioni di modifica della
riesce a mettere in campo interventi risolutori.
composizione degli investimenti, sia in termini di peso
I risultati delle gestioni patrimoniali di BPP nel periodo
percentuale nel portafoglio, che di singoli strumenti
dal 2009 ad oggi hanno dimostrato che il nuovo
finanziari, Sicav, ed ETF, nei quali è investito il patrimonio
processo di gestione realizzato e continuamente
della Gestione. A mercati che sono sempre più instabili e
affinato risulta efficace nel conseguire, nel tempo, il
incerti, bisogna rispondere con decisioni veloci, in grado
duplice obiettivo di proteggere i patrimoni durante le fasi di crisi e di esporli ad investimenti profittevoli nelle fasi di crescita. Per illustrare come abbiamo conseguito questi risultati e come intendiamo proseguire sulla stessa strada nel prossimo futuro della nuova offerta di Linee di Gestione, devo riferirmi ad alcuni principi chiave dell’asset management ed alla loro interpretazione in Banca Popolare Pugliese: 1. Asset Allocation Strategica: con questa denominazione
si
identifica
il
processo
fondamentale
di
costruzione del portafoglio di investimento, decidendo la destinazione degli investimenti nelle tre principali classi di attivo: azionario, obbligazionario e monetario. La teoria accademica (Brinson G.P., Hood R. e G.L. Beebower, “Determinants of portfolio performance,” Financial Analysts Journal, 42(4), 1986) prevalente fino al decennio scorso, e che ha tutt’oggi ancora molti sostenitori, afferma che almeno il 90% della
VALTER TERZANO, Responsabile Funzione Finanza di Banca Popolare Pugliese
performance di un portafoglio di investimenti finanziari è da ricondurre alle scelte di asset allocation,
di cogliere le opportunità o di spostare velocemente i
che andrebbero quindi modificate solo in presenza
capitali dalle aree a rischio a quelle più sicure, anche
di
del
a scapito di rendimenti solo apparentemente modesti.
risparmiatore. Questo spiega l’importanza e la cen-
In certi casi il capitale deve essere difeso, per averlo a
tralità che hanno avuto le decisioni di composizione
disposizione quando si presentano nuove opportunità.
percentuale dei Benchmark nelle tre classi di attivo,
Oggi l’orizzonte temporale dei singoli investimenti non
e la scarsa discrezionalità applicata dai gestori nelle
può più essere considerato un dato stabile, ma deve
scelte di allocazione rispetto ad essi.
essere prontamente adeguato agli scenari in continuo
Oggi, in seguito ad una rivisitazione critica (Ibbotson
mutamento.
R. e P.D. Kaplan, “Does asset allocation policy
3. Diversificazione: è quasi superfluo ricordare l’im-
explain 40, 90, or 100 percent of performance?”
portanza di questo principio chiave nelle scelte di
Financial Analysts Journal, 56(1), 2000) di alcune delle
investimento, pertanto qui voglio solo sottolineare un
conclusioni precedenti, e della evidente modifica e
punto troppe volte trascurato: la diversificazione ag-
variabilità dei rapporti di correlazione tra le diverse
giunge realmente valore solo se riesce a selezionare
classi di attivo, l’assunto di una allocazione strategica
titoli e prodotti che per caratteristiche intrinseche o
modifiche
negli
obiettivi
di
investimento
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Top Selection
orizzonte temporale si rivelino effettivamente poco
due componenti “core” e “satellite”: poiché riteniamo
correlati tra loro o con gli investimenti principali. Se è
che i rendimenti nel tempo delle gestioni siano sempre
vero che non bisogna mai mettere tutte le uova in uno
condizionati dalla composizione strategica del loro
stesso paniere, è altrettanto inutile distribuirle su tre
benchmark, abbiamo fissato il peso della componente
o quattro saldamente legati tra loro: quando il primo
principale (“core”) all’80%, ed il restante 20% alla
cade, gli altri lo seguono!
componente “satellite”. Questi pesi sono uguali per
4. Controllo del Rischio: solo un continuo processo di
tutte le 9 Linee di Gestione.
monitoraggio dei rischi e delle deviazioni di rendimento dei
Questa composizione 80/20 è stata possibile, rispetto
portafogli rispetto alle dinamiche di mercato ci consente
ad altre più sbilanciate verso la componente satellite,
di verificare se i risultati sono in linea con l’obiettivo
perché nelle nostre decisioni di investimento anche
di asimmetricità dei rendimenti, cioè di proteggere il
la parte di portafoglio investita nella componente
capitale nelle fasi di ribasso (quindi esposizione ai fattori
principale è di natura attiva e flessibile, con la
di rischio inferiore ai benchmark) e di consentirne la
possibilità di intervenire sugli investimenti a rischio
rivalutazione nelle fasi positive (esposizione ai fattori di
fino ad azzerarli in condizioni di mercato chiaramente
rischio in linea o poco superiore ai benchmark)
avverse. In secondo luogo, abbiamo ricalibrato il processo di gestione sui tre fattori distintivi del nostro approccio, che hanno dimostrato di essere le tre principali fonti di rendimento addizionale nel tempo: •
Selezione
Multimanager
Quantitativa:
tutti
gli
investimenti della componente principale realizzati tramite Sicav ed ETF sono eseguiti selezionando i migliori gestori attivi o ETF più efficienti, aggiungendo valore alla semplice replica dei benchmark; •
Allocazione
Direzionale
(“Trend
Follower”):
per
migliorare il grado di protezione dei patrimoni il gestore verifica i principali indicatori di trend, e tramite un algoritmo procede a progressivi aggiustamenti delle percentuali di investimento, da valori massimi per trend positivi fino al completo azzeramento delle esposizioni nelle fasi di mercato a prolungata direzionalità negativa; • Allocazione “Tattica”: per operare nel senso sopra esposto, sono impiegati sistemi di market timing e di analisi di scenario, fondamentale e tecnico, che consentono al gestore BPP di effettuare investimenti
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L’approccio alla gestione di BPP che raggruppa i 4
con orizzonte temporale di breve. Rientrano in questa
concetti esposti e che applichiamo alle 9 nuove linee
categoria sia operazioni sulla componente principale,
della nostra offerta viene identificato, nell’industria del
per esempio investendo su singoli tratti della curva
risparmio gestito, con il termine anglosassone “Core-
dei rendimenti obbligazionari, sia operazioni sulla
Satellite”.
componente satellite, per esempio investendo, tramite
La scelta è stata determinata dalla esigenza di
fondi diversificati, sul debito dei paesi emergenti o
conservare i tratti salienti del nostro stile gestionale,
sulle materie prime.
migliorandone il livello di flessibilità e dinamicità, tramite
Mi sia consentito, al termine di questa esposizione,
decisioni che potranno riguardare anche tipologie e
ricordare che lo studio e le tecniche sono di fonda-
mercati di investimento decorrelati rispetto alle classi di
mentale importanza, ma a poco servono se a metterli
attivo strategiche, nel rispetto degli obiettivi, orizzonte
in pratica non ci sono persone di lunga e valida
temporale e limiti all’investimento concordati con il cliente.
esperienza individuale, supportate da una adeguata
Cercando di semplificare al massimo possiamo distin-
organizzazione a ciò dedicata, caratteristiche distintive
guere le seguenti fasi:
della Banca Popolare Pugliese e della sua capacità
in primo luogo abbiamo determinato i pesi da dare alle
di creare valore.
Top Selection
Steve Barney ha uno sguardo particolare, un suo modo di vedere la vita, che gli arriva dritto da quando si chiamava ancora Stefano Bergamaschi, e non era ancora il pittore che (prima o poi, più prima che poi) tutti cercheranno. In questo rimando continuo tra Steve e Stefano, in questa dimensione di tempo simile al passaggio tra il cane e il lupo, si è materializzata una breve ma significativa intervista. Sotto l’occhio di Tiziano Giurin e Simone Viola, mercuriali animatori di Art&Co Gallery, realtà vivissima del mondo artistico internazionale, e a un passo da mostre importanti per l’artista salsese (Marilyn Forever a Caserta e a Parma), Steve-Stefano racconta il percorso che lo ha portato fino ai Nodi dell’ultima produzione e alle sue Marilyn quasi da fumare: alcune sono infatti ispirate a una marca di sigarette che Steve-Stefano ha acquistato per caso una mattina in cui andava a zonzo per Sofia). Intanto, attende come consacrazione finale di un’annata fortunata l’approdo a Lecce, il 28 settembre (sempre con il patrocinio di Art&Co Gallery), della mostra itinerante dedicata alla Monroe, dove 8 inediti barneyani saranno mescolati, senza sforzo, ai Warhol e agli Schifano. Ma procediamo con calma. Quali momenti hanno segnato la tua ricerca espressiva? «Ho iniziato come fotoamatore nei prima anni Ottanta e ho lavorato con le Reflex sino al 2000, la prima macchina è stata una Praktica semiautomatica con un Sigma 180. Poi sono arrivati gli incontri importanti. Il primo con Riccardo Zipoli, docente di Ca’ Foscari, che reputo un grande Maestro. Mi ha dato il la per svoltare, è stato lui che mi ha fatto raggiungere uno standard più che apprezzabile. Ed infatti nel 2007 è giunta la serie di opere intitolate “Le Finestre di Venezia”, si tratta di pezzi unici». Poi c’è stato un altro incontro, abbastanza inconsueto... «2001: entro in bottega, come diceva lui, cioè nello studio a Rocca Paolini sulle colline piacentine, di Lulù Ariggi, falsario stimato dai direttori delle banche svizzere. Persino da loro. Lulù sapeva il fatto suo, non per niente a 18 anni lavorava nello studio di Mario Schifano. Lulù trovava le mie foto affascinanti. Mi diede degli ordini: mi incoraggiò a continuare nella ricerca e mi impose di studiare Mirò a Barcellona. Ho passato decine di weekend alla fondazione Mirò. Ma il vero intento di Lulù, che ha dedicato l’ intera vita alla bellezza, era farmi capire l’arte, conoscerla, amarla. Mi ricorderò per sempre che una domenica mattina gli mostrai un viso di donna fatta con il bitume e dentro ad esso la foto delle vetrate di una chiesa di Lucca, ma rivoltate. Guardò e mi disse: non avrei mai pensato che da uno come te potesse nascere una vera opera d’arte. Lì presi coscienza delle mie possibilità». Mirò ti fa compagnia anche ora, dicono che sei il Mirò italiano... «L’ immagine dell’artista è un qualcosa di impalpabile. A volte, guardo dalla finestra e...come faccio a spiegare a mia moglie che sto lavorando? E che vedo delle cose senza fare nulla? Forse guardo un suono, forse capto un colore nel giardino, e tutto viene poi raccolto nella notte. Sì, perché io dipingo
Articolo a cura di Daniele Kihn
L’evoluzione artistica di Stefano Bergamaschi
S T E V E
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B A R N E Y
arte
di notte, c’ è in effetti un’ora particolare dove nascono le
acquistato una ventina di Nodi per i soci fondatori, è un
opere migliori e sono le 4 del mattino!».
segnale importante, l’alta finanza che investe in un nuovo
Che cos’altro contrassegna Barney come artista?
artista. Mi piace che i Nodi entrino a far parte di case
«Nella mia carriera ho sempre saputo tramutare il
italiane importanti, Aspesi, Guzzini, Berloni, Vecchiola,
negativo in positivo e questo è il leit-motiv della mia vita.
Santucci, Santoni...».
Credo che il vero artista sia una persona normalissima
Parlami della tua ultima fase...
che si da un solo obbiettivo: inventare qualcosa di nuovo.
«Nel 2012 nascono i Nodi, i Nodi di Barney, sono un
Certo, dopo Picasso accade raramente...Io sono stato
gioco di colore, un mix tra Mirò e Pollock: principalmente
fortunato: ho dei geni che mi permettono di viaggiare
l’action painting di Pollock con l’aggiunta dei colori di
senza alcun surrogato, droghe et similia».
Mirò. Il tutto può anche essere servito come un piatto
Quali sono stati i momenti più gratificanti della tua
di Carlo Cracco, l’ insalata invisibile: è un’opera che sto
carriera?
realizzando in questi giorni sul tagliere dove mia madre
«Quando sono stato chiamato a partecipare nel 2010
faceva gli gnocchi. I nodi sono dappertutto e possono
al Festival dei due Mondi a Spoleto ed alla Biennale di
essere tutto, anche un modo per ricordarmi di lei,
Venezia nel 2011, e ricordo sempre con piacere che
scomparsa da poco. Una cosa è certa: davanti ad un
Cosimo Vitola ad di Ethica Corporate Finance Spa abbia
mio quadro non ci si annoia mai».
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© GABRIELE RIGON - Portrait
photographer
G A B R I E L E
R I G O N
Sedurre nel senso più ampio del termine significa attrarre a sé, un magnetismo in grado di sviare altre persone da intenti e distrazioni verso il proprio mondo. Ma la seduzione, in particolare quella femminile, è un concetto di cui molto spesso vediamo dare una visione edonistica e distorta, intesa come manipolazione dell’altro per soddisfare i propri bisogni. Nelle forme di comunicazione più diffuse la seduzione diventa mezzo per ipnotizzare e per suggestionare il partner, quasi non si fosse più in grado né di innamorarsi né di innamorare ed in questo contesto la sensualità diventa un terreno di battaglia che sfinisce e stanca. Diventa una forma di comunicazione forzata, aggressiva quasi violenta che sconfina al di là del vero significato del termine ed in questo modo mette in crisi il delicato equilibrio che regola tutti i rapporti fra esseri umani. Gabriele Rigon definisce invece la seduzione femminile “qualcosa che risveglia i sensi, qualcosa di più del bello della bellezza, è qualcosa di astratto e misterioso”, la considera espressione di intimità, è comunicazione suadente, incantatoria, appena sussurrata, espressione dell’identità profonda di una donna, misura dell’evoluzione interiore che arriva fino alla sfera più delicata delle sensazioni, fino a quei livelli più profondi della persona dove sono contenuti anche timori, paure, tabù e a rendere quindi perfetto proprio quell’equilibrio che rimane sempre sottile come i fili che compongono la tela di un ragno ma resistente ai venti più intensi. È con la fotografia che Gabriele Rigon riesce ad indagare il mondo femminile più impalpabile, etereo, puro, incontaminato e fugace. La fotografia come esplorazione ed espressione della sensualità femminile assurta ad incarnazione somma della Bellezza assoluta: detta così sembra una frase retorica, sembra ciò che tutti vorrebbero fare e molti sono già stati capaci di realizzare. In realtà con Gabriele Rigon ci troviamo di fronte ad una interpretazione dell’equilibrio e della perfezione femminile del tutto personale, ad un contributo originalissimo e a suo modo addirittura eversivo. Quello di Gabriele Rigon è un universo depurato ed essenziale, ma per questo ancora più vitale e reale, un universo di immagini in bianco e nero, composte dalle linee slanciate e sinuose disegnate da corpi ora completamente nudi, ora delicatamente adornati solamente dei puri simboli della seduzione femminile più raffinata, suadente, insinuante e convincente. È proprio il singolo gesto - magistralmente raccolto un attimo prima che si esaurisca - che viene portato nell’eterna fissità della rappresentazione plastica, per diventare celebrazione e simbolo di una Donna vista come fonte e dispensatrice di erotismo, eleganza, sensualità e bellezza. Ed è la luce, materia prima per l’arte fotografica, che si incarica di conferire un dinamismo intimo e più suggerito che mostrato, grazie alla morbidezza dell’illuminazione naturale, o ricercata all’interno di uno studio. Gabriele Rigon afferma che la Bellezza e la Seduzione stanno nella contemplazione silenziosa, nella dilatazione del tempo, nella capacità di percepire il calore del palpito universale dentro il dettaglio di un gesto appena suggerito. Ed è lui che ci invita a verificare la realtà di questa sua testimonianza attraverso la fotografia ed a ristabilire finalmente il delicato equilibrio che solo la seduzione più elevata può generare.
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GABRIELE RIGON Nato nel 1961, è un pilota di elicotteri ed un “Combat Camera” dell’Aviazione dell’Esercito. Ha cominciato a scattare fotografie durante le missioni militari di pace che lo hanno portato in molte delle zone calde del nostro pianeta quali la Namibia, il Kurdistan, l’Albania, la Somalia il Libano, l’Iraq e l’Afganistan. Considerato un eclettico, spazia dal reportage di guerra al nudo femminile, dalla moda allo spazio (ha lavorato sei anni per conto dell’Agenzia Spaziale Europea al seguito dell’Astronauta italiano Paolo Nespoli). Affermatosi a livello nazionale ed internazionale soprattutto per la sua interpretazione della bellezza femminile, ha tenuto diversi workshop sia in Italia che all’estero ed ha lavorato come docente di fotografia presso l’Università IUAV di Venezia, nella facoltà di Architettura e Design. Negli ultimi quindici anni i suoi interessi fotografici si sono spostati allo studio del corpo e della bellezza femminile. Ha realizzato oltre 60 copertine di libri, ha esposto in decine di mostre fotografiche, le sue foto sono state pubblicate in tutto il mondo.
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NUOVA MERCEDES CL ASSE S OBIETTIVO: LA MIGLIORE AUTO DEL MONDO Da decenni la Classe S è la punta di diamante non soltanto del marchio MercedesBenz, ma anche dello sviluppo automobilistico in generale. Anche per questo motivo la Classe S è la vettura di lusso più venduta al mondo. I tecnici Mercedes hanno concentrato il loro lavoro su tre aspetti cruciali: “Intelligent Drive” (una serie di nuovi sistemi per migliorare confort e sicurezza), “Efficient Technology” (efficienza migliorata, con consumi quasi dimezzati rispetto a soli 10 anni fa nella classe di potenza dei 150 kW, grazie al cx di soli 0,24 ed all’utilizzo esclusivo di illuminazione a LED) ed “Essence of Luxury”, con gli allestimenti PREMIUM (che di solito indica il top nel resto della gamma Mercedes-Benz ed è invece la versione “entry-level” dell’ammiraglia della Stella) e la versione MAXIMUM (la versione top della gamma, con innovazioni che anticipano di anni l’adozione standardizzata su tutte le altre vetture). Oltre queste due versioni sarà disponibile per un periodo limitato il modello speciale EDITION 1 che con i suoi allestimenti in pelle nappa Exclusive Designo blu mare/beige Como, l’A irbalance e le luci soffuse rappresenta il massimo del lusso comfortevole. I prezzi della nuova Classe S partono da 88.500 euro per la S 350 BlueTEC a passo corto. Da sottolineare che il prezzo della 350 BlueTEC è più basso della 350 Elegance di quasi 3.000 euro (da € 91.470), lo stesso discorso vale per la 350 Avantgarde e per la MAXIMUM. Differenza ancora più evidente rispetto alla 400 Hybrid.
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Il Design Per sottolineare l’ambizione alla leadership della nuova
tà interna si è volutamente concretizzata in una vettura che
Classe S, la mascherina del radiatore ha aumentato
si può certamente definire “di rappresentanza”. La linea
le proprie dimensioni e si staglia in verticale con un
slanciata del tetto in stile coupé tiene però conto anche
accentuato design tridimensionale. Il cofano motore
dell’ambizione sportiva della nuova Classe S.
lungo, la linea filante e cupoliforme del tetto e la coda
La “dropping line” tipica del marchio, ossia la linea
lievemente digradante conferiscono alla nuova Classe S
caratteristica che dalla parte anteriore discende gradual-
le classiche proporzioni di una berlina.
mente verso quella posteriore, definisce con eleganza la
La ricerca di dimensioni importanti e di un’ampia spaziosi-
struttura delle fiancate, enfatizzando il dinamismo anche
automobili
nella staticità. L’alternanza di superfici concave e con-
la larghezza della vettura nella vista posteriore.
vesse lungo l’intera fiancata dà grande slancio e vigore
L’impronta tipica Mercedes-Benz si ritrova anche nel
al corpo della vettura.
lunotto, che lambisce il montante posteriore. Il vetro
Le superfici e le linee continue della fiancata disegnano
arrotondato nella parte alta imprime un carattere coupé
una rientranza carica di tensione alla confluenza con la
alla vettura.
coda. La forma leggermente discendente è un vantaggio
Infine, i nuovi gruppi ottici posteriori: completamente
in termini aerodinamici. Le linee orizzontali, che dal cofano
incastonati nel corpo della vettura, si fondono nell’insieme
del bagagliaio si estendono fino al paraurti, sottolineano
pur nella loro totale indipendenza.
gli interni Il design degli interni incarna lo spirito di una berlina
destro è dedicato alle funzioni Infotainment e Comfort.
classica, superiore ed al tempo stesso moderna.
L’elemento di comando principale continua ad essere il
Prestigio ed eleganza si accordano alla chiarezza ed
comando multiuso centrale (manopola/pulsante).
alla funzionalità delle forme.
L’immissione vocale del VOICETRONIC permette di
Gli inserti in legno trovano impiego soprattutto nella
inserire un indirizzo con un unico comando. Anche il
plancia portastrumenti e nella consolle centrale. Di pregio
telefono ed i sistemi audio possono essere gestiti con i
le superfici metallizzate degli interruttori, per le quali sono
comandi vocali. È nuova la funzione di lettura vocale dei
previste tre diverse tonalità con effetto perlato.
messaggi di testo (SMS) o delle e-mail.
Per personalizzare il vano posteriore è disponibile l’equi-
Qualità dell’aria, efficacia del sistema di regolazione,
paggiamento “vano posteriore First Class”, una consolle
emissioni acustiche ed efficienza sono gli obiettivi del
centrale business che coniuga sfera privata e comfort
lavoro di perfezionamento dell’intero impianto di clima-
funzionale (integrazione del ricevitore telefonico, vani
tizzazione. È una novità il pacchetto AIR-BALANCE che
portaoggetti, portabevande termorefrigeranti. ecc.)
comprende profumazione, ionizzazione e una funzione
Due display in formato 8:3 da 12,3” formano la nuova
di filtrazione ancora più efficiente di quella prevista per
centrale informativa. Quello sinistro assolve la funzione
la versione base.
precedentemente affidata alla strumentazione. Il display
La funzione di massaggio ENERGIZING è basata sulla
automobili
tecnica Hot Stone, con 14 camere d’aria incorporate nello schienale con funzionalità termica integrata. Tra le altre innovazioni figura il sistema con il quale ciascun passeggero ha accesso a tutte le sorgenti di entertainment. In alternativa al Sound System di serie con dieci altoparlanti è possibile scegliere tra due sistemi audio sviluppati con Burmester: il Burmester® Sound System Surround e il Burmester® Sound System Surround High-End 3D. La principale novità per la navigazione è costituita dalla preparazione interattiva dei contenuti. Tra le nuove funzioni figurano la bussola animata, il “Driveshow” con informazioni per i passeggeri e la visualizzazione di Google Maps sulla head unit e nel vano posteriore. Il nuovo servizio “Live Traffic Information” trasmette in tempo reale i dati sul traffico.
LA TECNICA Con i modelli S 400 HYBRID, S 500, S 350 BlueTEC e S
significativa: con un consumo nel ciclo di marcia europeo
300 BlueTEC HYBRID sarà inizialmente possibile sceglie-
di 6,0 l/100 km, la ML 250 Biturbo BlueTEC 4MATIC è
re fra due versioni ibride, una a benzina ed una diesel. Il
in grado di percorrere circa 1.170 km, con il serbatoio di
downsizing dei motori, il basso Cx e gli estesi interventi
serie da 70 litri, e 1.500 km con il serbatoio da 93 litri
BlueEFFICIENCY, contribuiscono al raggiungimento di
(optional).
una straordinaria efficienza energetica.
L’ampia gamma di soluzioni BlueEFFICIENCY contribuisce
Per i modelli diesel, disponibili esclusivamente come
al raggiungimento di uno straordinario risparmio di car-
BlueTEC con tecnologia SCR per la depurazione dei gas
burante, tra le quali la funzione Start/Stop di serie, il
di scarico, sono fondamentali il downsizing e la riedizione
cambio automatico 7G-TRONIC PLUS, i cuscinetti ad
del V6 CDI.
attrito ridotto.
Sulla ML 250 Biturbo BlueTEC il V6 da 3,0 litri del
Per quanto riguarda l’assetto, la nuova Classe S è la
modello precedente è stato sostituito dal parsimonioso
prima automobile al mondo capace di individuare in
quattro cilindri Euro 6, già apprezzato sulla Classe S.
anticipo le asperità del fondo stradale.
La ML 350 BlueTEC è equipaggiata con un V6 da
Quando il Road Surface Scan registra con l’ausilio della
3,0 litri ampiamente riveduto, omologato Euro 6, che
telecamera stereoscopica un manto stradale irregolare,
assicura prestazioni decisamente migliori a fronte di
il Magic Body Control regola istantaneamente l’assetto,
minori consumi.
adeguandolo alla nuova situazione. Questo innovativo
Il modello a benzina ML 350 4MATIC BlueEFFICIENCY
sistema di sospensioni è disponibile a richiesta per i
sfoggia, invece, la tecnologia della nuova generazione
modelli a otto cilindri.
di motori BlueDIRECT, con l’iniezione diretta di benzina
Elevata
di terza generazione, l’accensione multipla “Multi Spark
rigidità, grazia alla scocca ibrida in alluminio di terza
Ignition” ed un innovativo procedimento di combustione
generazione che ha permesso un miglioramento del
a carica stratificata.
50% della resistenza torsionale in rapporto al peso ed
L’autonomia calcolata con un pieno è particolarmente
alle dimensioni.
la
sicurezza
anti-crash
ed
eccellente
la
mclaren p1
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top car
mclaren p1
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Il Design
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Il design a due posti, con motore montato centralmente,
considerando il grande carico aerodinamico.
riflette i requisiti in termini di carico aerodinamico, senza
Il design consente di convogliare il flusso d’aria sull’ala
tuttavia dimenticare la seconda priorità: realizzare una
posteriore regolabile in modo estremamente efficace.
vettura supersportiva di grande bellezza e fascino.
La forma dell’intera carrozzeria, ed in particolare le
Le parole chiave per il team della progettazione sono
porte scolpite, sono chiaramente modellate dal percorso
state due: “leggerezza” e “agilità”. Il design avrebbe dovuto
dell’aria che scorre sopra ed intorno alla vettura.
letteralmente “avvolgere” i componenti meccanici, ren-
La sopracintura della McLaren P1™ ricorda il tettuccio di
dendo la vettura quanto più compatta e leggera possibile.
un aereo da caccia, per ricreare la sensazione del volo.
La McLaren P1™ “siede” estremamente bassa (1.138
Come con la 12C, il parabrezza è più profondo che
mm di altezza in modalità Race), con una superficie
largo e questa soluzione conferisce una sensazione di
anteriore più piccola della già minuta 12C ed ancora più
leggerezza e di ariosità all’interno dell’abitacolo.
piccola di qualsiasi altra super sportiva. Il coefficiente di
Una buona visibilità è sempre stata una priorità per
resistenza aerodinamico è di appena 0.34, molto basso
la McLaren. I due pannelli di vetro riflettente sopra la
top car
cabina di guida migliorano ulteriormente la visibilità e
fredda che alimenta la presa d’aria snorkel del motore
l’ariosità, mentre il tettuccio a forma di goccia ottimizza il
montata sul tetto. L’aria calda, diretta oltre il tetto della
flusso d’aria verso l’ala posteriore.
vettura, contribuisce ad aumentare la deportanza.
Il musetto a “pesce martello” conferisce alla vettura un
Sul retro, le luci posteriori a LED, invisibili di giorno,
aspetto impattante, con una postura bassa e larga, ma
creano attraenti strisce luminose ultrasottili di notte.
che, come tutte le soluzioni aerodinamiche dell’auto,
La parte posteriore è completamente aperta per
riveste una funzione ben precisa. Questo design serve
ottimizzare il raffreddamento ed estrarre l’aria dai passa-
infatti a dirigere il flusso dell’aria verso i due radiatori
ruota posteriori, agevolando la fluidità aerodinamica.
a bassa temperatura, montati inferiormente, che raf-
Le portiere a diedro sono essenziali per le prestazioni
freddano l’aria sovralimentata del motore a benzina e il
aerodinamiche della vettura. La loro forma complessa
sistema del propulsore elettrico IPAS.
consente di incanalare aria pulita verso i radiatori laterali,
Le prese d’aria del cofano dirigono l’aria calda in uscita
riducendo la turbolenza normalmente presente sui lati di
dai radiatori anteriori, creando un canale di aria pulita e
una vettura.
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GLI INTERNI
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L’abitacolo è completamente focalizzato sul guidatore.
ultra-sottili e montati su staffe e guide leggere, per un
La leggerezza è una priorità, ma la McLaren P1™ offre
peso complessivo di soli 10,5 kg ciascuno. Gli schienali
anche caratteristiche di lusso, come climatizzazione,
dei sedili sono fissati su 28 gradi rispetto alla verticale
navigatore satellitare ed impianto audio su misura.
con la possibilità di regolazione manuale.
All’interno dell’abitacolo a due posti, la fibra di carbonio è
Gli interni ricordano la cabina di pilotaggio di un jet,
utilizzata per cruscotto, pavimento, rivestimento interno,
completa di tettuccio di vetro e parabrezza profondo.
portiere, bilancieri ed unità centrale di controllo.
I selettori e gli interruttori sono in numero limitato e solo i
Per ridurre ulteriormente il peso, lo strato superiore
pulsanti del DRS e dell’IPAS si trovano sul volante.
della resina è stato rimosso, la vettura non è dotata
Davanti al guidatore tre quadri strumenti digitali forniscono
di materiale interno fonoassorbente e la moquette è
tutte le informazioni sulla vettura. Il quadro principale di
disponibile soltanto come optional.
fronte al guidatore può visualizzare fino a quattro piccoli
I sedili sportivi sono racchiusi in gusci di fibra di carbonio
display, a seconda della modalità di guida.
top car
In modalità elettrica, o E-mode, sono visualizzati la quantità di energia utilizzata, il livello di carica e la velocità. In modalità Normal, Sport e Track, tachimetro e velocità sono evidenziati. Quando si passa alla modalità Race, il display si commuta su uno schermo che visualizza l’abbassamento/sollevamento del veicolo e l’estensione/ stivaggio dell’ala posteriore; nel corso del controllo, la trasmissione, il motore e gli pneumatici si illuminano in verde se il funzionamento è corretto ed in rosso in caso di guasto. In modalità Race, il display visualizza informazioni più prettamente sportive, come un tachimetro più grande e la temperatura del motore.
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LA TECNICA
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La straordinaria tecnologia sviluppata per la McLaren
stante elastica adattativa, funzione di gestione del rollio,
P1™ include aerodinamica attiva e sospensioni regolabili,
del beccheggio e dell’ammortizzamento, con una vasta
entrambe correntemente vietate in Formula 1.
gamma di possibilità di regolazione e messa a punto,
Il flusso dell’aria è ottimizzato intorno alla scocca tramite
per una vettura perfetta sia per la guida su strada sia in
l’uso di un’ala attiva e dispositivi sottoscocca. L’ala poste-
pista. In modalità Race, le molle si irrigidiscono del 300%,
riore regolabile può estendersi dalla carrozzeria fino 120
consentendo di affrontare le curve a forze gravitazionali
mm su strada e fino a 300 mm in pista, massimizzando
superiori a 2 G.
i livelli di carico aerodinamico.
La nuova e rivoluzionaria monoscocca MonoCage in fi-
Le nuove sospensioni idropneumatiche consentono di
bra di carbonio forma una struttura completa che incorpora
regolare la distanza libera da terra. Il rivoluzionario RCC
il tetto del veicolo e la sua caratteristica presa d’aria
(RaceActive Chassis Control) può abbassare la vettura
snorkel, uno styling ispirato alla roadcar McLaren F1.
di 50 mm in modalità Race, per produrre il classico
I pannelli della carrozzeria sono in carbonio composito,
effetto suolo aerodinamico. È dotato inoltre di molle a co-
leggero e resistente, con le forme complesse apposita-
top car
mente sagomate per un’aerodinamica ottimale.
Altre aree della tecnologia prese in prestito dalla For-
La McLaren P1™ è stata progettata fin dall’inizio per
mula 1 includono i freni in carboceramica stratificata, il
dare priorità alle prestazioni aerodinamiche, con test
sistema IPAS (Instant Power Assist System), uno sviluppo
nella galleria del vento e modellazione aerodinamica CFD
del KERS utilizzato in Formula 1, mentre il DRS (Drag
(Computational Fluid Dynamics) utilizzati per ottimizzare
Reduction System) offre potenza e velocità aggiuntive in
il flusso aerodinamico, offrendo un incredibile livello di
rettilineo al tocco di un solo pulsante. Il Brake Steer, una
carico aerodinamico, e per raffreddare i propulsori.
tecnologia bandita dalla Formula 1, ottimizza il compor-
Il risultato è 600 kg di deportanza a velocità ben al
tamento e la velocità in curva della vettura.
di sotto di quella massima (257 km) in modalità Race,
Anche il gruppo propulsore a benzina/elettrico IPAS
notevolmente superiore alla maggior parte delle altre
è riconducibile ai nuovi regolamenti della Formula 1.
supercar ad alte prestazioni. Il carico aerodinamico
Infatti, dal prossimo anno (2014), le vetture di Formula
migliora l’aderenza in curva, soprattutto ad alta velocità.
1 saranno dotate di propulsione ibrida, inclusa una
Equilibrio, agilità e controllabilità sono eccezionali.
modalità elettrica per la pitlane.
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I MOTORI
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Per il gruppo propulsore si è cercata una soluzione
727 CV a 7.500 giri/min. ed una coppia di 720 Nm a
potente, dai bassi consumi e con una superba risposta
partire da 4.000 giri/min.
all’accelerazione. Alti livelli di potenza erano fondamentali
Il motore elettrico, incorporato nel blocco motore per una
perché la vettura potesse essere la più veloce su circuito
maggiore rigidità, pesa 26 kg ed eroga il doppio della
rispetto a qualsiasi altra auto di serie.
potenza delle unità KERS utilizzate in Formula 1 (176,5 CV
Il motore a benzina ed il motore elettrico, montati dietro
rispetto a 80,8 CV), con una coppia di 130 Nm, anche
l’abitacolo in posizione centrale, lavorano insieme in
se, poiché è comandato da un multiplo di due, la sua
modo seamless ed erogano complessivamente 900 CV,
coppia effettiva è di 260 Nm. Come tutti i motori elettrici,
con una coppia di 900 Nm ed emissioni inferiori a 200
può produrre una coppia massima istantaneamente,
g/km. Il cambio è a doppia frizione e sette rapporti.
aumentando notevolmente la risposta dell’acceleratore.
L’auto può essere guidata in diverse modalità: alimentata
Le prestazioni sono davvero mozzafiato. La velocità
esclusivamente dal motore elettrico o mediante una
massima è limitata elettronicamente a 350 km/h, mentre
combinazione dei due propulsori.
l’accelerazione da fermo è ancora più sorprendente: da
In modalità IPAS (Instant Power Assist System), la
0 a 100 km/h in meno di 3”, da 0 a 200 km/h in meno
batteria viene ricaricata utilizzando l’energia in surplus
di 7”. A confronto, i tempi della McLaren F1 erano: da 0
del motore a benzina, per esempio quando si decelera,
a 100 km/h in 3,2”, da 0 a 200 km/h in 9,4”.
ma può essere collegata anche alla rete elettrica.
Per garantirne l’esclusività, la produzione sarà di soli 375
Il motore a benzina è un V8 bi-turbo da 3,8 litri da
esemplari ad un prezzo a partire da 866.000 sterline.
SANLORENZO 40 ALLOY La scelta dell’alluminio è stata obbligata per mantenere alti i livelli di performance e qualità. Per imbarcazioni plananti lunghe oltre 33 metri, infatti, la vetroresina risulta essere troppo pesante. Il layout prevede sul main deck la zona living e la cabina amatoriale. Il salone, a tutta larghezza, è dedicato esclusivamente alla conversazione e non vi sono tavoli da pranzo. Qui, a due ampie porte laterali simmetriche e scorrevoli corrispondono sulla falchetta due spiaggette abbattibili che diventano vere terrazze sul mare, e offrono dall’interno una visuale mozzafiato, fino all’orizzonte. La prua del main deck è suddivisa tra la palestra (sinistra-nave) e la cabina amatoriale (destra-nave) che, imponente in dimensioni, è caratterizzata dall’assenza di camminamenti laterali esterni e da un’esclusiva terrazza sul mare. Verso prua si trova il bagno: partendo dalla doccia con bagno turco posizionata al centro, sono stati disposte due aree private per wc/bidet e due lavabi. Sul lato sinistro del bagno, si trova anche la vasca idromassaggio che può affacciarsi sulla palestra. L’area riservata all’armatore prevede inoltre un vero ufficio con un’ampia scrivania che, grazie alle ultime tecnologie, permette di rimanere in costante contatto con il mondo esterno. Una scala a giorno in acciaio inox e cuoio naturale conduce all’upper-deck. Dietro di essa si trova la scala per il lower-deck. Scendendo sottocoperta, si accede al corridoio che attraversa tutta la barca a centro nave, dalla sala macchine di poppa alla cabina VIP situata a prua. Qui, procedendo verso prua, sono state disposte due cabine con letti gemelli e una cabina ospiti con letto matrimoniale a murata. All’interno della zona coperta si trova la timoneria che consente una visuale esterna completa. Qui, per permettere al Comandante di uscire facilmente sui camminamenti esterni durante le manovre sono state realizzate due aperture laterali ad ali di gabbiano, soluzione mai vista per un modello RPH (Rised Pilot House). Niente tavoli da pranzo sul ponte principale dunque, che invece sono stati collocati sull’upper deck, uno interno e uno esterno, e che consentono di essere organizzati in diverse posizioni con coperti che internamente partono da un minimo di 8 persone ed esternamente da 10. A poppa sono stati posizionati due divani a L con tavolino centrale che, abbattibile, trasforma gli stessi in ampi e comodi prendisole. Anche la prua è stata dotata di ulteriore spazio all’aria aperta in navigazione o di privacy per gli ospiti quando la barca è ormeggiata di poppa. Per quanto riguarda le prestazioni, con i due motori MTU da 2775 HP cadauno, la velocità massima raggiungibile è di 28 nodi mentre quella di crociera è di 25 nodi.
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SANLORENZO 104 Una linea inconfondibilmente Sanlorenzo, che sintetizza eleganza, equilibrio dei volumi, bilanciato rapporto di pieni e vuoti. Le linee esterne sono state attualizzate grazie a delicati, ma sostanziali interventi sulla linea di cintura, sulle finestrature, sulla composizione della poppa e del fly. L’elemento di spicco, dissimulato dalla colorazione scura della fascia, sono le finestrature, molto più ampie della precedente versione del SL 100. Lo yacht è disponibile con o senza hard top. La spiaggetta dispone di un inedito sistema di doccia a braccio rotante che fuoriesce dal capodibanda dello specchio di poppa, creando una vera a propria area doccia sulla piattaforma. Altrettanto inedito è il sistema di chiusura a scomparsa dei recessi ancore: due portelloni a movimentazione idraulica chiudono i recessi, continuando la linea dello scafo e nascondendo alla vista le ancore. A fianco delle cubie due telecamere riprendono la movimentazione e il posizionamento delle ancore. La sala macchine è stata razionalizzata: una spessa paratia flottante, contenente il materiale isolante termoacustico, separa la sala macchine dalla zona abitabile confinante. Il design degli spazi interni del SL104 è stato definito con la Dordoni Architetti, studio milanese che si occupa da vari anni di architettura e di interior design. La scelta progettuale è stata quella di applicare al mondo della nautica concetti propri dell’abitazione contemporanea. Caratteristica principale del ponte coperta è il percorso che collega il salone con la zona pranzo‐family lounge a prua che crea una forte continuità spaziale, da poppa a prua, ottenendo una profondità di campo inconsueta per yacht di questa dimensione. Nel sottocoperta Dordoni Architetti ha operato per “sottrazione”, riducendo a tre il numero delle cabine con l’obiettivo di renderle più confortevoli. Dallo sbarco scala si accede a una lounge privata, illuminata da luce naturale, che conduce alla cabina armatore e alle due cabine vip. L’utilizzo di materiali naturali ‐ come legno, marmo, lino e seta ‐ oltre a quelli “inconsueti” per il mondo nautico ‐ come il bronzo e l’acciaio lucido utilizzati per pareti e soffitti ‐ si è tradotto in un concept semplice e raffinato. All’allestimento del SL 104 ha partecipato un vasto gruppo di aziende leader nel settore del mobile arredo design, quali Minotti (divani), Cassina (arredi), Boffi (cucina), Viabizzuno (punti luce), Rapsel (rubinetti), Antonio Lupi (accessori bagno) Vitra (chaise longue di Charles Eams nell’appartamento dell’armatore), Roda (arredo del pozzetto), Paola Lenti (arredo del fly). Come tutti i Sanlorenzo, anche l’SL104 è integralmente personalizzabile. SL104 è motorizzato con due MTU 16V2000M93 di 1.790kW (2.435 cv) che assicurano una velocità massima di 28 nodi e 26 nodi di crociera, a 105 tonnellate di dislocamento medio.
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EDITORE Giovanni Colella editore@mylifestyle.it DIRETTORE RESPONSABILE Vincenzo Paticchio CAPOREDATTORE Annalisa Nastrini redazione@mylifestyle.it ARTICOLI REDAZIONALI Jessica Niglio Si ringraziano per la gentile collaborazione: Beatrice Rossaro Marianna Petruzzi Manuela Fissore Maria Rita Tattini Laura Rossetti Sara Cipolletti IMPAGINAZIONE E GRAFICA Plus Adv - www.plusadv.it FOTOLITO, ALLESTIMENTO E STAMPA Martano Editrice PUBBLICITÀ PLUS Adv Tel. 0832.351933 Fax 0832.093575 info@plusadv.it EpiQure Tel/Fax: 0832.1792792 info@epiqure.it
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MY LIFESTYLE N. 16 Summer 2013 Autorizzazione del Tribunale di Lecce: n. 1003 del 24/10/2008 Credits immagine in copertina: © Baume & Mercier Gli articoli “Top Selection” sono da considerarsi pubblicitari È vietata la riproduzione parziale o totale di articoli e immagini senza la preventiva autorizzazione scritta da parte dell’editore
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