LUXURY MAGAZINE Periodico Trimestrale N° 10 - SUMMER 2011 EURO 6,50
Top Manager: NORBERTO FERRETTI
OFFSHORE
“Fashion Sport”
PAOLO CONTE
L’Intervista in Esclusiva
AUTO DA SOGNO
Mercedes ML e Fisker KARMA
GIANFRANCO VISSANI
L’Uomo, lo Chef, il Personaggio
CONCORSO D’ELEGANZA
Le Auto d’Epoca Sfilano a Villa d’Este
WWW.MYLIFESTYLE.IT
norberto ferretti
sommario nORBERTO FERRETTI top manager
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SULLA CRESTA DELL’ONDA norberto ferretti, la passione per il mare
musica
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quando la musica è immortale paolo conte, illustre interprete di melodie senza tempo
alta cucina
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gianfranco vissani un uomo, uno chef, un personaggio
luxury
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che il buon gusto sia con noi a lezione di eleganza con enzo miccio, wedding planner per passione e professione
lifestyle
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sospesi tra terra e mare i fari, la loro storia e la loro simbologia, nel centenario del servizio fari della regia marina
sport
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offshore mare, motori, spettacolo & coraggio
innovazione top selection
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al via la cartella medica digitale bancomed, un prezioso strumento che mette il paziente in primo piano
manager top selection
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vita di un manager di successo intervista esclusiva al dott. franco fenoglio, direttore della divisione veicoli commerciali piaggio, tra carriera e famiglia
economia top selection
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piccola e media impresa piccolo è bello ma grande è meglio!
luxury
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concorso d’eleganza villa d’este auto d’epoca, tra stile e tradizione
travel
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un salotto raffinato portofino: storia, mondanità, natura e glamour
lifestyle
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borsalino, una leggenda di stile centocinquant’anni tra moda e spettacolo
top car
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nuova mercedes ml eleganza & efficienza
auto da sogno
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fisker karma
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Top MANAGER
SULLA CRESTA DELL’ONDA
Norberto Ferretti, LA PASSIONE PER IL MARE Scrivi “Ferretti” e leggi “luxury yacht”. L’eccellenza tecnologica, le elevate prestazioni, il design innovativo, l’esclusività dei dettagli fanno delle barche Ferretti degli oggetti di culto. Leader nella progettazione e produzione di motor yacht di lusso, con un portafoglio unico di alcuni tra i più esclusivi brand della nautica mondiale (Ferretti Yachts, Pershing, Itama, Bertram, Riva, Mochi Craft, CRN e Custom Line), il Gruppo Ferretti oggi, a distanza di quarantatré anni dalla sua nascita, è un esempio di creazione di un polo industriale di successo. Quarantatré anni di miglioramento continuo, di impegno e di passione, di imbarcazioni sempre più innovative, performanti, tecnologiche e sicure. Quarantatré anni di sfide, successi e lungimiranza, rappresentati dalla raffinata eleganza delle imbarcazioni del Gruppo. Quarantatré anni da quando, in un mondo che cambiava, Norberto Ferretti, Presidente dell’azienda che prende il suo nome, ha lanciato la propria sfida al mare. Sig. Ferretti, lei è universalmente riconosciuto come “l’uomo degli yacht di lusso”. Ma chi è, invece, Norberto Ferretti nel personale? «Norberto Ferretti è probabilmente il costruttore di yacht che più ama vivere il mare, rispettandolo sotto tutti i punti di vista, sia dal punto di vista ecologico, sia per il timore che bisogna avere per il mare e quindi della sicurezza. Amo il tempo libero, che considero la più vera e preziosa forma di lusso, e sono convinto che la serenità sia il massimo del ‘ lusso’ che un uomo può desiderare. Amo vivere la barca e in tutti questi anni sono sempre stato guidato dalla filosofia di navigare rispettando e godendo a pieno il mare; proprio per questo ho sempre voluto che le imbarcazioni Ferretti fossero “ boat to be used and not to be shown”».
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ph. marconofri.com
norberto ferretti
Top MANAGER
Pershing 108’
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norberto ferretti
Come è nata la passione per la nautica? Se non erro, per lei e suo fratello, è stata passione precocissima… «Sì, posso dirle che l’amore per il mare ha caratterizzato tutta la mia storia professionale. Fin dal 1968, quando, con mio fratello Alessandro, creammo una divisione nautica inserendola nel business della nostra concessionaria di auto e moto. Nel 1971, quindi, costruii personalmente la prima barca, il motopeschereccio “Kamshin”, presentandola a Genova dove ebbe un successo inaspettato. Ricordo con grande emozione quel periodo, quando ancora non avevamo ben in mente come e se quest’avventura sarebbe andata avanti, ma l’entusiasmo e la voglia nel raccogliere una sfida così accattivante ci spinsero da subito ad intraprendere quella che 43 anni dopo sarebbe diventato un grande gruppo internazionale». La sua azienda è leader nel settore della nautica da più di quarant’anni. Che cosa rappresenta per lei questo storico successo? «In realtà mi accorgo solo oggi di quanto il gruppo sia cresciuto: forse perché la passione per il mio lavoro e l’entusiasmo quotidiano che insieme al mio team pongo nella continua ricerca di soluzioni sempre più innovative han fatto sì che non ci si fermasse mai a pensare di “essere arrivati”. Credo infatti che il raggiungimento di un risultato sia sempre il punto d’ inizio per un’ulteriore sfida». Quali sono stati, secondo lei, i fattori e le scelte determinanti di questo successo? «Essere innovativi, saper soddisfare sempre le esigenze della propria clientela, offrendole servizi adeguati e prodotti di eccellenza. Per fare ciò sono fondamentali tecnologie sempre all’avanguardia e la continua ricerca di nuove soluzioni. Nel Gruppo Ferretti diamo grande importanza a questo lavoro: nel 1989, infatti, abbiamo costituito la Divisione Engineering, oggi trasformata nell’AYT, Advanced Yacht Technology, uno dei centri di ricerca e progettazione navale più avanzati al mondo. Nella stessa ottica nel 2010 abbiamo creato il Centro Stile Ferrettigroup, un team da me fortemente voluto e seguito, diretto da Gilberto Grassi e composto da un competente staff di architetti e designer in grado di coniugare qualità, attenzione per il design, ricercatezza nei dettagli con la sicurezza e le ottime
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Top MANAGER
Ferretti 720
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norberto ferretti
performance in mare. Alla base di tutto ciò c’è la
dislocante: io amo vivere la mia imbarcazione e quindi
costante ricerca della qualità, in ogni fase operativa,
mangiare, dormire, guardare un tramonto così come
dall’ ideazione alla realizzazione, e persino nella scelta
farei da casa mia. La velocità oggi non mi interessa.
delle componenti minori. Senza la qualità, nemmeno
Dal momento che trascorro in mare il maggior tempo
l’etichetta ‘Made in Italy’ sarebbe sufficiente a contra-
possibile, preferisco il comfort».
stare la concorrenza».
È opinione diffusa che il settore lusso, proprio per le
A quale modello o a quale prodotto è più affezionato?
peculiarità che lo contraddistinguono (target di clienti
Perché?
molto ricchi, concorrenza limitata, etc.) sia esente
«La barca alla quale sono più affezionato…è sempre la
dagli effetti disastrosi della crisi economica. È davvero
prossima! In ogni modello, in ogni nuova imbarcazione
così? O anche il settore lusso ha subito qualche
ci sono innovazioni e soluzioni di progettazione sempre
defaillance? Qual è la sua esperienza?
più all’avanguardia per il comfort e la sicurezza a
«Sicuramente il segmento delle imbarcazioni a più
bordo. Da un punto di vista strettamente personale,
alto pedaggio ha risentito meno della situazione
l’ importante per me è che la mia sia una barca
congiunturale. Ci troviamo, comunque, di fronte a un
Cantiere Riva - La Spezia
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Top MANAGER
mercato nautico e a una clientela profondamente diversa rispetto a quello degli scorsi anni, che richiede alle società del settore di affrontare le nuove sfide in termini di innovazione e di capacità di fare business. Il Cliente è tornato ad essere quello di una volta, appassionato, competente e pertanto attento alla qualità e al comfort della navigazione e questo non può che renderci ancor più competitivi. Nostro obiettivo è continuare a lavorare su prodotti sempre più innovativi e su servizi sempre più completi e customizzati rispetto alle esigenze dei nostri clienti, continuando a mantenere la leadership nel settore nautico». Quali sono i punti di forza di un’azienda per uscire dalla crisi? Voi su cosa avete puntato? «Abbiamo puntato a una grande innovazione di prodotto, lanciando sempre nuovi prodotti, tra cui: il Ferretti 720, il Pershing 108’, il Riva Iseo, i Custom Line 100’ e 124’ e la Navetta 33 Crescendo, a cui si aggiungeranno presto altri importanti lanci anche per gli altri brand. Per CRN tra dicembre 2011 e gennaio 2012 è previsto il varo del CRN 129 di 80 metri, la nave più grande costruita da CRN. Abbiamo inoltre lavorato alacremente per offrire una qualità di servizi altissima. Inoltre stiamo investendo per un ulteriore ampliamento della nostra presenza su mercati meno ‘tradizionali’, come ad esempio la Cina e l’India e al rafforzamento in aree in cui siamo già presenti, come il Nord e Sud America». In qualche recente intervista ha anche parlato di una ‘nuova etica dell’andar per mare’. Cosa intende esattamente? «Stiamo iniziando a compiere i primi passi lungo il difficile cammino della salvaguardia dell’ecosistema, e non solo nel settore nautico. È una prospettiva molto importante alla quale chiunque ha il dovere di dare la massima attenzione. E per questo, ormai da tempo, cerchiamo di promuovere una filosofia che coniughi sistemi altamente tecnologici e rispetto per la natura. Il Nostro Gruppo, infatti, che è da sempre attento ad innovazione e tecnologia, desidera promuovere una ‘nuova etica dell’andar per mare’, che dia più importanza all’armonia tra uomo e natura, consentendo all’armatore di preservare ed esplorare a zero emissioni meravigliosi contesti marini anche in aree protette. Il rispetto dell’ambiente costituisce infatti per Ferretti una direttrice primaria
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norberto ferretti
Ferretti Custom Line 100’
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Top MANAGER
CRN Azteca 72m
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nello sviluppo di nuovi prodotti. Superando, quindi, la
proprio portafoglio prodotti e, infatti, a partire dal
ormai affermata propulsione ‘diesel-elettrica’, l’AYT ha
gennaio 2011 ed entro la fine del 2013, prevede di
sviluppato l’ innovativa propulsione ibrida che unisce
presentare ben 42 nuove imbarcazioni, attualmente
l’affidabilità del sistema propulsivo Diesel tradizionale
in fase di sviluppo».
alla possibilità di navigare in ‘Zero Emission Mode’
Ferretti è da sempre un inesauribile catino di idee e
(ad emissioni zero) con l’ausilio di 2 motori elettrici
novità. Quali sono i progetti in cantiere?
sincroni».
«Sicuramente continueremo a lavorare con l’obiettivo
In un settore dove la tecnologia è un must, l’eccellenza e
di soddisfare le aspettative dei nostri clienti, con-
l’affidabilità non sono cose che si improvvisano. Come
dividendo con loro la passione per il mare e cercando
si riesce a mantenere costanti queste prerogative?
di rimanere uno dei punti di riferimento nel mercato
«Il Gruppo Ferretti pone da sempre al centro della
dei motor yacht a livello mondiale. Vogliamo, inoltre,
propria strategia la continua innovazione e ricerca e
rafforzare ulteriormente la nostra presenza sui mercati
il costante miglioramento dei propri prodotti. Il Gruppo
nautici emergenti, come Cina e Brasile, affiancandoli
è sempre impegnato nell’arricchire ulteriormente il
ai nostri mercati storici, quali Europa e Usa».
Photo: Cesare Cicardini
musica
Ci sono musiche che durano il tempo di una stagione. Sono quei ritornelli talmente orecchiabili, che al terzo ascolto sembrano già “vecchi”. Oppure quelle canzonette senza pretesa, se non quella di risultare godibili agli orecchi dei radioascoltatori. O ancora quelle rime, pur gradevoli nella melodia, che non resistono al passare dei tempi e delle mode. Ci sono musiche, al contrario, che non conoscono confini, né temporali né spaziali. Sono quelle melodie senza tempo, che si aprono ad atmosfere senza età, riuscendo a miscelare musica e testi, dando vita a ritmi straordinari che travalicano i confini materiali, e trascinano mente e cuore, razionalità e passione. Paolo Conte, uomo carismatico, con i tratti di una genialità elegante e romantica, è il più illustre rappresentante italiano di questo tipo di musica. Nato ad Asti il 6 gennaio 1937, laureato in legge e avvocato nella propria città, Paolo Conte coltiva la passione per il jazz, non lasciandosi sfuggire esibizioni di musicisti americani e partecipazioni a concorsi per esperti di jazz. Se ne impregna fino a costituire vari gruppi: Barrelhouse Jazz Band, Taxi For Five, The Lazy River Band Society ed il Paul Conte Quartet, col quale incide un extended play intitolato “The italian
QUANDO LA MUSICA È IMMORTALE Paolo Conte, illustre interprete di melodie senza tempo
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Photo: Alessandro Menegatti
way to swing”. Negli anni Sessanta inizia a comporre canzoni, a volte con la collaborazione del fratello Giorgio. Da quel momento, la preistoria apre una nuova era che vede Conte autore di pezzi per interpreti già ben avviati: “La coppia più bella del mondo” e “Azzurro”, interpretate da Adriano Celentano, “Insieme a te non ci sto più” cantata da Caterina Caselli, “Messico e nuvole” per Enzo Jannacci, “Genova per noi” e “Onda su onda” portate al successo da Bruno Lauzi, e molte altre. Nel 1974 pubblica il primo album, intitolato semplicemente “Paolo Conte”. Un omaggio a se stesso e alla sua musica. Inizia da lì una delle più straordinarie carriere musicali di tutti i tempi, con produzioni che segnano indelebilmente il panorama della discografia italiana e non solo. La sua fama lo ha portato con straordinario successo anche all’estero, specialmente nella sua amata Francia, dove è conosciuto ancor più che nella sua terra natale. Una musica, quella di Paolo Conte, che affascina e rapisce, senza stagioni e senza confini di alcun genere. Perché lui per primo vive la sua arte così, senza rincorrere scadenze, senza obbedire ai ritmi discografici correnti, senza avvicinarsi a quegli eventi artificiali che nutrono mode e tendenze. È un uomo e un artista che vive il suo tempo e la sua libertà, e canta la vita avendo capito che il cuore batte sempre illogicamente, insegue le immaginazioni, i sentimenti,
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musica
le emozioni che scandiscono più di qualsiasi altra cosa il nostro passare dei giorni. Il 12 ottobre 2010 è uscito il suo ultimo splendido album, “Non schiavo della moda e libero nei suoi pensieri”, così come egli stesso lo aveva definito nella conferenza stampa di presentazione. Un album stupendo, ricco delle sonorità tipiche del cantautore, lontano dalle innovazioni “elettroniche” dell’album precedente, “Psiche”, molto classico e, ancora una volta, senza tempo. Lo abbiamo intervistato consci che non sarebbe stato facile estorcergli molto di più di quanto questa intervista ci regala, ma consapevoli, allo stesso tempo, che le poche parole (così come il suo carattere schivo e riservato ci ha concesso di registrare) sarebbero bastate a dare un senso a questo redazionale, che non vuole essere una recensione musicale, né un resoconto sterile della sua attività, ma semplicemente un omaggio ad uno dei più grandi cantautori del panorama musicale italiano. Il suo è un successo senza età. Come si spiega questa straordinaria continuità, che l’ha portata a riempire negli anni i teatri nazionali ed internazionali? «La passione per la musica, sempre lei, vizio meraviglioso».
Photo: Daniela Zedda
Come si fa a stregare una platea così difficile come quella internazionale?
Photo: Roberto Serra
musica
«C’è la barriera della lingua per cui mi resta il rammarico che all’estero non conoscano i miei testi ma so che l’ istinto di un pubblico sensibile fa miracoli». Come dicevamo, lei è spesso in tour all’estero. Quanto questa internazionalità l’ha influenzata cambiandone i connotati? «Il mio stile non è cambiato. Il repertorio che presento all’estero è identico a quello dei concerti italiani. Non adotto strategie di nessun tipo». Ha sempre avuto il favore dei critici. C’è mai stata, però, una critica che non ha condiviso o che, addirittura, le ha fatto male? «Forse qualche imprecisione ma non me ne ricordo più». Quale è stato, al contrario, il complimento o l’attestato di stima più apprezzato fra quelli che ha ricevuto nel corso della sua carriera? «Mi viene in mente il telegramma che mi ha mandato Yves Montand in occasione della mia prima settimana all’Olympia di Parigi». La sua è sempre stata considerata una “musica d’elite”. Per lei è un complimento o, al contrario, una discriminazione? «Ho un grande pubblico formato dalla somma di pubblici d’élite. Tutto questo non ha niente a che vedere con il successo di massa che risponde ad altri requisiti».
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A questo proposito, Le è mai venuta la tentazione di portare le sue canzoni in un festival più popolare? «Mai, meno male». Molti amano la sua musica. Ma lei quale musica apprezza? Quali sono gli artisti che ascolta con frequenza? «Ascolto jazz antico (Anni ’20, anni ’30) e musica classica». C´è una canzone che preferirebbe non aver scritto o qualcuna, di qualche suo collega, che avrebbe preferito aver composto lei? «Non ho categoricamente rinnegato nessuna mia registrazione. Ci sono milioni di canzoni scritte da altri che vorrei aver scritto io. Scelgo a caso “Let’s face the music and dance” di Irving Berlin». Cosa vorrebbe dire a questa Italia? E cosa le augurerebbe per il futuro? «Dobbiamo stare attenti alla politica estera». A proposito di futuro, cosa ci dobbiamo aspettare da un artista senza tempo come lei? Ha qualche progetto in cantiere o qualcosa in mente che le piacerebbe realizzare?
Photo: Alessandro Menegatti
«Sto scrivendo musica strumentale “colta”. Si vedrà».
Il ristorante “Casa Vissani”
[ UN UOMO, UNO CHEF, UN PERSONAGGIO ] Si definisce un timido, ma l’aspetto e la sua sfrontatezza dicono il contrario. Dichiara di non amare il lusso, ma serve i suoi piatti su porcellane di Hermès. Adora la cucina internazionale, ma utilizza soltanto prodotti tipici del territorio. Gianfranco Vissani è tutto e il contrario di tutto. Istrionico, determinato, esuberante, appassionato. Ma anche schivo, discreto, alla mano. Lo intervistiamo tra i fornelli della sua cucina, interrotti dalle urla della sua “allegra brigata” e da qualche altra distrazione di passaggio. Ne viene fuori l’immagine di uomo diverso da quello che siamo soliti vedere in tv, un uomo che si è fatto da sé e che vive con semplicità il successo e la sua straordinaria popolarità, conquistati con un’invidiabile ed invidiata carriera da chef, imprenditore e, non da ultimo, showman. L’avventura di Gianfranco Vissani comincia quando, subito dopo il diploma, lascia la sua terra d’origine, l’Umbria, per lavorare nei più qualificati alberghi e ristoranti italiani, tra i quali l’Excelsior di Venezia, il Miramonti Majestic di Cortina d’Ampezzo, il Grand Hotel di Firenze e Zi’ Teresa di Napoli. Durante questi soggiorni nelle diverse città
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alta cucina
d’Italia, la sua personalità spiccata e la sua curiosità lo portano ad approfondire la conoscenza delle tradizioni gastronomiche locali. Si formano così, come egli stesso ci confessa, “le due componenti di fondo della sua cucina: da una parte la conoscenza e la pratica della cucina internazionale e della grande cucina classica, dall’altra la freschezza, la varietà dei sapori e la fantasia delle diverse cucine territoriali”. Nel 1974 torna in Umbria, rileva l’attività del padre Mario e, grazie alla sua spiccata vena artistico/culinaria, la fa crescere a tal punto che il ristorante oggi è elencato nelle migliori guide gastronomiche italiane. Inizia poi un periodo di intensa attività in cui, oltre a gestire il suo ristorante, viaggia in Europa, negli Stati Uniti e in Giappone dove viene chiamato a tenere lezioni di cucina, dimostrazioni per la stampa, pranzi di rappresentanza, gare gastronomiche. Significativa anche la sua attività divulgativa, esercitata tramite la stampa, la radio e la televisione, che inizia nel 1997 in TV con Rai Uno con il programma Uno Mattina e Uno Mattina Estate e prosegue con formule diverse ma sempre legate alla sua attività, fino oggi.
www.casavissani.it
GIANFRANCO VISSANI
Chi è nel privato Gianfranco Vissani? «Gianfranco Vissani, a differenza di quanto può apparire, è una persona semplice. Sono un uomo che viene dalla terra, e alla terra, ripeto sempre, voglio tornare». Lei è sicuramente tra gli chef italiani più famosi. Quando e da dove nasce la sua passione per la cucina? «Non ricordo il momento esatto in cui è nata la mia passione per la cucina. Forse l’ ho sempre avuta. Frequento le cucine da oltre cinquant’anni, dentro le cucine sono nato, cresciuto e maturato. La cucina, intesa come luogo di lavoro, mi ha insegnato tanto, soprattutto ad essere esigente e meticoloso, non soltanto tra i fornelli, ma anche nella vita quotidiana. Sento di essere un cuoco dentro, per indole, diletto e filosofia». Come si concilia la vita privata con i tanti impegni di chef, di personaggio pubblico, di figura carismatica dello spettacolo? «Mi diletto a fare tutte le cose che mi piacciono, dai fornelli allo spettacolo. Tutto questo mi gratifica molto, ma allo stesso tempo ruba tempo e spazio alla mia vita
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alta cucina
privata. È un po’ triste, forse, ma credo che tutti gli uomini che si dedicano a qualcosa con estrema passione scelgano, seppur inconsciamente, di sacrificare il proprio privato. Io, purtroppo o per fortuna, sono uno di quelli». Come descriverebbe la sua cucina, quali aggettivi sceglierebbe e con quali motivazioni? «Brevemente potrei dire che la mia cucina si caratterizza per due componenti fondamentali: da una parte la conoscenza e la pratica della cucina internazionale e della grande cucina classica, dall’altra la freschezza, la varietà dei sapori e la fantasia delle diverse cucine territoriali». La sua cucina ha conquistato la critica gastronomica e, soprattutto, il gradimento di un pubblico nazionale ed internazionale. Come vive tutti questi apprezzamenti? «Sono un uomo di sessant’anni che ancora, quotidianamente, prepara i suoi menù e si diletta dietro ai fornelli. Tutti questi riconoscimenti, che mi rendono molto orgoglioso e soddisfatto, non mi hanno montato la testa, anzi. Mi portano ogni giorno a cercare
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qualcosa di nuovo, a superarmi, a scoprire qualche sapore o qualche abbinamento diverso. In questa costante ricerca, che mi ha reso così famoso in Italia e all’estero, si colloca, allo stesso tempo, il rispetto e il mantenimento di alcune tecniche di cottura tradizionali, che non possono e non debbono mai essere soppiantate da nuovi esperimenti tecnologici. Basta, quindi, con l’utilizzo indiscriminato di artifici come le basse temperature, che tendono a “ lessare” i piatti, e mano libera al ritorno della “sensualità” in cucina». Abbiamo parlato di tecniche. E i prodotti? Come avviene la scelta dei prodotti che porta sulla sua tavola? «Adoro il mercato, la possibilità di scegliere i prodotti direttamente dal banchetto del produttore. Purtroppo è una pratica che sta scomparendo, a causa dei ritmi sempre frenetici e della mania di ricercare cibi veloci e sbrigativi. Per non parlare dei prodotti geneticamente modificati, che non somigliano, nemmeno per un po’, agli originali. Le verdure, gli ortaggi, le carni hanno perso i sapori di una volta, e di conseguenza le
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alta cucina
ricette non sono più le stesse. Occorre stare molto attenti a tutto questo, e tentare di recuperare ciò che man mano sta scomparendo. Bisogna tornare al mercato a scegliere personalmente i cibi da portare sulla nostra tavola, e magari rivolgersi ad un contadino, un allevatore, qualcuno di fiducia che possa fornirci materie prime di qualità. Solo allora si potrà parlare di cucina di alta scuola, solo quando i prodotti saranno essi stessi di qualità». Cosa rappresenta il lusso per Gianfranco Vissani? cosa significa portare il lusso in cucina? «Non ho mai portato una cravatta in vita mia. Certo, indosso le scarpe rosse, sono un mio vezzo, ma non sono “ lussuose”. Ritengo che il lusso non sia indossare qualcosa di elegante o di sfarzoso, né tantomeno rincorrere spasmodicamente la mondanità. Il lusso è una categoria dello spirito. Il lusso è un anthurium fresco, un tovagliolo di lino e naturalmente l’attenzione al particolare. Poi, se si ha la possibilità di allestire un piatto su una porcellana di Hermès, il lusso è servito…».
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Un piatto da consigliare ai nostri lettori? «Il pollo al cocco, un piatto classico che sa di novità grazie al gusto di un frutto esotico e al profumo della maggiorana…». Ha dichiarato: “Sono un istrione nato, se non fossi cuoco sarei in palcoscenico”. Che ruolo, nello specifico, vedrebbe per sé? «Non ci crederà, e non se ne rende conto nessuno, ma sono una persona molto timida. Forse è per questo che sono affascinato dal mondo dello spettacolo, perché sul palcoscenico puoi mettere una maschera e nasconderti, far finta di essere qualcun altro. Non conta il ruolo, contano, per me, queste opportunità». Vissani e il futuro. Che cosa ci dobbiamo attendere da questa istrionica carriera? «Nel futuro mi piacerebbe potermi dedicare ai giovani, soprattutto a quelli che hanno passione per la cucina ma non hanno la possibilità concreta di metterla in pratica. Non so esattamente quello che farò, né come, ma questo è il mio obiettivo per il futuro».
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E N Z O
M I C C I O
CHE IL BUON GUSTO SIA CON NOI! A lezione di eleganza con Enzo Miccio, wedding planner per passione e professione
Sa trasformare brutte anatroccole in splendidi cigni. Oppure insignificanti festicciole in eventi di grande eleganza. È il sogno di ogni donna, un “migliore amico” che sappia offrire i consigli giusti, che riguardino la moda, il look, lo stile. Stiamo parlando di Enzo Miccio, consulente d’ immagine e wedding planner per passione e professione. Napoletano di origine ma milanese d’adozione, nel capoluogo meneghino ha conseguito il diploma presso l’Istituto Europeo di Design. Ha iniziato il suo percorso professionale nella moda, curando l’organizzazione di sfilate ed eventi. Cultore della lirica, ama organizzare eventi con la teatralità che contraddistingue la messa in scena di un’opera. Oggi con il suo staff mette in scena eventi e matrimoni speciali in tutta Italia, curandone ogni aspetto. Maestro di stile ed eleganza, con la sua decennale esperienza organizza corsi per aspiranti wedding planner. Dal 2005 conduce su Real Time “Wedding planners” e “Ma come ti vesti?!” insieme a Carla Gozzi, con cui ha firmato anche l’omonimo libro per Rizzoli. A breve, come anticipato ai lettori di My Lifestyle, uscirà il suo secondo libro, curato unicamente da lui, con la medesima casa editrice. Dott. Miccio, quale è stato il suo percorso, di studi, umano e professionale, che l’ha condotta fin qui? Come si diventa un famoso organizzatore di eventi? «La ricetta, a dir la verità, non ce l’ ho. Mi piace sottolineare che sono diventato un organizzatore di eventi solo per passione. Sin da ragazzino, ho pianificato e progettato sempre tutto io, dai pranzi domenicali nel salone di mia madre, alla festa con i cugini. Ho sempre avuto una spiccata dote per l’organizzazione e la gestione. Mi è toccato soltanto metterla in pratica negli anni, senza alcun tipo di “formazione” particolare. Certo, gli interessi personali, gli studi successivi e la curiosità (che ho tenuto allenata con la mia passione per i viaggi, il teatro, la musica, le letture…) mi hanno aiutato ad affinare questa dote che possedevo in potenza, e a far sì che questa passione diventasse la mia professione».
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CREDITS: www.enzomiccio.it Real Time: Digitale Terrestre Free Canale 31 Sky canali 124 e 125 - Tivùsat Canale 31
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Qual è l’aspetto più entusiasmante del suo lavoro e perché lo ha scelto? «Amo vedere la soddisfazione dei miei clienti, la gioia nei volti di quegli sposi che mettono completamente nelle mie mani il giorno più bello della loro vita, il momento in cui si complimentano con me, in cui mi ringraziano perché ho esaudito i loro desideri…a quel punto non sento più la stanchezza della giornata, sono felice e pronto per ricominciare il giorno dopo con un altro matrimonio, con lo stesso entusiasmo». Che cos’è, secondo lei, il “buon gusto”? «Non è facile rispondere a questa domanda. Il gusto è personale, ma perché sia “ buono” è fondamentale calibrare tutto senza eccedere, essere all’altezza di ogni situazione, con garbo, con raffinatezza, con savoir faire, con eleganza. Nel corso delle mie trasmissioni ripeto spesso “Che il buon gusto sia con te!”: in realtà, più che un monito, è un consiglio, perché se si ha buon gusto, non si rischia di cadere nell’eccesso e nella volgarità». Wedding Planner: un lusso per pochi o un modo per ottimizzare tempi, costi e sforzi nell’organizzazione di un matrimonio? «La missione che ho intrapreso da tre-quattro anni (in realtà ho cominciato la mia carriera dodici anni fa, ma negli ultimi anni il mio modo di interpretare questo lavoro ha subito dei cambiamenti importanti) è stata proprio quella di provare a “modificare” la figura del wedding planner, pensandola in modo tale che non sia un “ lusso” per pochi eletti, ma un professionista al servizio di tutti, e quindi di ogni matrimonio, di qualsiasi fascia e di qualsiasi tipologia». In che modo ha provato a “cambiare” questa figura? «Ho iniziato ad organizzare dei corsi di formazione per persone che volevano cominciare questo
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percorso lavorativo, cercando di formarli con serietà e professionalità. Negli ultimi anni si è verificato un vero e proprio boom di queste figure professionali, spesso improvvisate e inadeguate, che hanno rischiato di mettere in cattiva luce l’ intera categoria, in un momento in cui in Italia stava per mettere radici e consolidarsi. Credo che contribuire a “formalizzare” questa figura sia servito, paradossalmente, a renderla accessibile ad un pubblico più ampio: il wedding planner sta diventando così, un consulente, che offre la sua professionalità a tutti, così come il fotografo, lo chef, l’autista». Andiamo nello specifico: come si organizza un matrimonio, da dove si comincia? «Premesso che si abbia già a disposizione una data, si comincia dalla scelta della location e del luogo in cui avverrà la celebrazione. Dopo questo primo step, fatto di indagini e sopralluoghi, si passa all’aspetto più creativo, quello che permetterà di mettere in scena tutta la fantasia, per far sì che il matrimonio sia veramente un giorno e una festa indimenticabili. Resta inteso che tutti questi passaggi sono preceduti da una primissima fase di studio degli sposi: quando arrivano da me, cerco di capire i loro caratteri, i loro gusti, le loro passioni, solo in questo modo posso riuscire ad organizzare qualcosa che rispecchi fedelmente la loro essenza, senza stravolgere quindi le loro personalità e i loro stili. Questa è una fase molto importante, è la fase della conoscenza reciproca, all’ interno della quale c’è uno scambio, una corrispondenza di amorosi sensi, senza la quale l’evento non potrebbe avere successo. Deve scattare tra noi una molla, un feeling, un’empatia, grazie alle quali possiamo lavorare all’unisono per raggiungere l’obiettivo comune». Il 2011 è stato l’anno del matrimonio reale tra William e Kate. Punti di forza e punti di debolezza. «I punti di forza sono stati sotto l’occhio di tutti. Si è trattato di un matrimonio impeccabile, con
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un’organizzazione ineccepibile. Bellissima la cattedrale, belli gli sposi, grandiosa la gestione dell’evento.
Enzo Miccio conduce “Ma Come Ti Vesti!?”, in onda su Real Time.
© Raoul Iacometti
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Consideriamo che vi erano 1900 invitati, molti dei quali teste coronate. Rimane ancora impressa la scena, al termine della cerimonia, in cui tutte queste personalità attendevano con ordine il loro turno per salire sui bus che li avrebbero accompagnati a Buckingham Palace. Non è stato facile gestire tutto questo senza alcuna macchia, eppure ce l’ hanno fatta benissimo. Per quanto riguarda le sbavature, farei un appunto soltanto sulla figura della damigella della sposa: la scelta dell’abito bianco per Filippa Middleton e le sue forme sinuose in bella vista hanno fatto storcere il naso a molti, non soltanto perché “oscuravano” la vera protagonista del matrimonio reale, e cioè la sposa, ma soprattutto perché è sembrano un tentativo, troppo forzato, di voler puntare i riflettori su questa ragazza, sicuramente di bella presenza, ma ancora nubile e in cerca di marito. Possibilmente reale». Quale matrimonio, o evento di alta fascia, del passato avrebbe voluto organizzare? E quale le piacerebbe organizzare in futuro? «Non mi interessa di chi sia il matrimonio, o chi abbia organizzato quello di questo vip, piuttosto che di un altro. La sola cosa che mi interessa è il rapporto che si viene a creare con gli sposi, un rapporto esclusivo, di stima reciproca, di passioni. Organizzare un matrimonio significa entrare nell’ intimo non solo degli sposi, ma delle loro intere famiglie, significa diventare uno di loro. Ed è per questo che ho mantenuto bellissimi rapporti con molti di loro, che oggi sono miei carissimi amici e con cui continuiamo a frequentarci. Ho recentemente festeggiato i miei quarant’anni, e alla mia festa hanno partecipato moltissimi dei miei ex clienti. Sono quelli i matrimoni che ricordo con più piacere e che voglio continuare ad organizzare. Quelli in cui il rapporto umano si sposa con quello professionale». Nuove tendenze da segnalare ai futuri sposi?
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«Fortunatamente le tendenze nei matrimoni non sono così veloci come nella moda, o sulle passerelle. Il matrimonio è legato a dei valori importanti, spesso a tradizioni secolari che non vanno intaccate o sporcate. Le nuove tendenze, quindi, riguardano soprattutto il ricevimento, che segue la celebrazione. Segnalerei, quindi, una tendenza che è in voga già da qualche anno, e che prevede una festa di matrimonio spalmata sull’ intero weekend, un wedding weekend, come lo chiamo io, che vede protagonisti amici e parenti, per un periodo più lungo del solito, e spesso in trasferta (in una città diversa da quella di provenienza)». Un’ultima domanda su di lei. “Wedding Planners” e “Ma come ti vesti?!”, i due programmi che conduce su Real Time™, le hanno dato molta notorietà. Come vive questo successo? «Con grande gioia da un lato, e con grande timidezza dall’altro: sono spesso molto imbarazzato da tanto affetto, e non lo so gestire al meglio. Questo affetto, poi, mi arriva in modo trasversale da uomini, donne, bambini e a volte resto senza parole, perché nella mia vita sono stato abituato a farli i complimenti, piuttosto che a riceverli. La cosa che mi fa più piacere è che la gente, guardando i miei programmi, ha capito che non sono un personaggio, ma sono una persona normale, un professionista, che fa il suo lavoro e tenta, attraverso la scatola nera che è la televisione, di trasferire un messaggio, che è un messaggio di passione per il proprio lavoro». Prima di lasciarsi, vuole preannunciarci qualche suo progetto per il futuro? «Ho in cantiere un bel po’ di progetti. Quello a cui tengo di più, in questo momento, è la pubblicazione del mio secondo libro. Con la mia casa editrice, la Rizzoli, sto scrivendo un libro (questa volta tutto mio) in cui racconto, in maniera molto personale, dodici matrimoni, con un bellissimo corredo fotografico. Arriverà presto in tutte le librerie».
Enzo Miccio conduce “Wedding Planner”, in onda su Real Time.
Š IMMAGINI: Marina Militare
Capo Caccia
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lifestyle
SOSPESI TRA TERRA E MARE
I fari, la loro storia e la loro simbologia, nel centenario del Servizio Fari della Regia Marina. Il loro aspetto è grandioso, irruente, propositivo. Mescolano oscurità e bagliore, gravità esistenziale e lievità del vento e dell’aria. Simboleggiano la meta, la lanterna, la guida, il punto fermo. I fari, più che edifici, sono riferimenti sospesi tra terra e mare, luoghi privi di consistenza, ma ricchi di simbologie, di significati poetici, di meditazione e di solitudine. Sono architetture eroiche, poste in lunghi simbolici del paesaggio costiero. My Lifestyle decide di dedicare loro questo spazio nel centenario della nascita del Servizio Fari della Regia Marina. La storia dice che un decreto del 17 luglio 1910 dispose il passaggio del Servizio Fari e Segnalamenti Marittimi dal Ministero dei Lavori Pubblici al Ministero della Marina, lasciando all’amministrazione dei Lavori Pubblici, oggi Ministero delle Infrastrutture, soltanto la costruzione e le riparazioni straordinarie dei fari. La data ufficiale del passaggio del Servizio Fari alla Regia Marina venne però ritardata a causa di problemi burocratici e di bilancio e, con il Regio Decreto n. 294, e fu fissata definitivamente per il 1° Luglio 1911. Oggi, a 100 anni da quella data, i fari continuano a svolgere, seppur con delle differenze importanti, il loro ruolo di guardiani della terra e del mare.
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Isola di Ischia - Punta Imperatore
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Ne parliamo con Luigi Baffigi, sessantenne, da tren-
del faro era completamente gestita dal guardiano,
tacinque anni farista dell’Isola del Giglio.
trascorrevo ore ed ore in solitudine. Camminavo a
Non si può, infatti, parlare di fari senza rammentare
piedi per chilometri prima di raggiungerlo, ed altrettanti
la figura del suo guardiano, in fondo capitano di
per fare ritorno a casa. Da solo. E in solitudine si
una nave ancorata alle rocce, in compagnia della
svolgeva l’ intera mia attività di sorveglianza, di
solitudine e in sintonia con le tempeste, scrutatore nel
gestione dei macchinari, di cura del faro. Proprio
buio e della notte.
questa “solitudine” ha permesso che si venisse a
Che cosa ha rappresentato in passato e cosa
creare un rapporto di complicità col faro: eravamo
significa oggi per lei essere il guardiano del faro? Di
io e lui soltanto, e dopo di noi solo il mare. Ricordo
quali emozioni e sentimenti è investito?
le nottate di tempesta, le ore che non trascorrevano
«Sono sempre stato profondamente orgoglioso di
mai, i sentimenti, di paura e di sconforto, che ogni
essere il “guardiano del faro”. Ho cominciato a lavorare
tanto mi prendevano e mi scuotevano. Poi, lanciavo
per la Marina Militare nella primavera del 1975. Sono,
questa luce nel vuoto, nell’oscurità della notte, e mi
quindi, più di trentacinque anni che svolgo questa
sentivo forte, d’aiuto per la navigazione, che a quei
attività nel Servizio Fari Italiano. Un’attività tanto
tempi era gestita completamente dai fari, e non dai
affascinante quanto strana. Quando, tempo fa, non
gps come ora. Nonostante le tante difficoltà, l’ idea
esistevano i sistemi di automazione e la vigilanza
che fossi l’unico a gestire questa situazione, mi
lifestyle
rendeva fiero del mio lavoro. Oggi, questo mestiere si
appunto, custodisce, cura, protegge. Lui, con la sua
è molto modificato. Ma rimane vivo e fermo, dentro
maestosità, mi sovrasta, ma io, nel mio piccolo, sento
di me, il sentimento di fierezza e di compiacimento
di averlo “curato” come un figlio».
per questo ruolo così importante ed affascinante che,
In un libro del 2002, “Il guardiano del Faro” è una
tanti anni fa, mi fu affidato».
persona che ha visto, dall’alto della sua postazione,
Il faro, in molta letteratura e nel senso comune,
amori di ieri e amicizie e ardori di oggi, paure e
simboleggia la guida, il riferimento, il punto fermo
dubbi di anime alla deriva nell’infinito oceano della
che sovrasta la tempesta e non vacilla mai. Si dice
vita. Lei che aneddoti può raccontarci in relazione
anche che ogni faro abbia un’anima. Quali sono i suoi
al Faro?
pensieri quando lo guarda dalla sua postazione?
«Il faro, in tutti questi anni, ha sorvegliato dall’alto
«Il faro è, per me, la mia casa, e ne sono innamorato.
tutta l’ isola. Ha assistito a tantissimi episodi di vita,
A differenza degli altri, che, nonostante gli riconoscano
alcuni bellissimi, altri tragici. Ricordo ancora, circa
un’aurea di fascino e di misticismo, lo vedono e
vent’anni fa, ero con un collega, Vittorio Alimonti, sul
lo percepiscono come un qualcosa di freddo e di
piazzale del faro. Fu lui, per primo, a sentire un grido
distante, io, che sono guardiano di questo faro da più
d’aiuto. Dapprima lo convinsi che si trattava del verso
di trentacinque anni, percepisco, quando lo guardo,
di un gabbiano. Poi, subito dopo, lo udì anche io,
un’emozione particolare, inspiegabile, quella di chi,
una seconda volta. Ci avvicinammo di corsa verso
Otranto - Punta Palascia
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Capo Granitola
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la scogliera, e contemporaneamente avvisammo le
cambiato con l’avvento dell’automazione?
autorità competenti, i Vigili del Fuoco e la Capitaneria
«Prima dell’avvento dell’automazione era tutto ma-
di Porto. Per due lunghi giorni cercammo, per poi
nuale. Avevamo una stanza piena di batterie, che
trovarlo, il corpo senza vita di un uomo che contro lo
“caricavamo”, sia con un gruppo elettrogeno, che
scoglio, contro quel faro che doveva rappresentare il
con il vento. Eravamo abbastanza avanti coi tempi,
punto fermo, aveva perso la vita».
dacché possedevamo un generatore a vento con
Ci potrebbe raccontare come si svolge una giornata
un’elica di cinque metri. Era, ovviamente, solo un
tipica del guardiano del faro?
prototipo, molto sperimentale, ma funzionava bene.
«Come le avevo preannunciato, il lavoro di “guardiano
Alcuni giorni, quando c’era tanto vento, il gruppo
del faro” si è completamente trasformato negli ultimi
elettrogeno rimaneva spento. Una buona parte della
anni. Oggi, la mattina, mi sposto verso uno dei segna-
attività era a guardia del gruppo elettrogeno e del
lamenti della mia reggenza, e da lì arrivo al faro, dove
generatore. La notte bisognava essere presenti,
svolgo i miei controlli e le mie manutenzioni. Oggi non
nell’eventualità scattasse il segnale di allarme. Oggi
sono esattamente un “guardiano”, seppur io mi senta
l’allarme scatta, invece, al collega di Porto Ercole,
ancora tale. Ma anni fa lo ero veramente, e svolgevo
che gestisce tutta la centrale operativa. Solo se c’è
le attività che quel mestiere mi richiedeva».
bisogno, lui chiama me e poi io intervengo. Oggi non
Come funziona esattamente un faro? E cosa è
esiste più il segnalamento, c’è un computer che lo fa
lifestyle
Capo Bonifati
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Luigi Baffigi ed il faro dell’Isola del Giglio
al posto nostro». Consiglierebbe ad un giovane di diventare “guardiano del faro”? Se si, con quali motivazioni? «Fare oggi il guardiano del faro è di certo molto diverso rispetto a tanti anni fa. Oggi lo consiglierei sicuramente, perché sono venute meno tante condizioni di difficoltà, si pensi alla lontananza da casa e alla solitudine estrema. Oggi, colui che prenderà il mio posto, non avrà di questi problemi: non dovrà più trascorrere le sue giornate sulla punta di un faro posto in un luogo isolato e senza contatti con l’esterno, ma lavorerà in paese, con altri colleghi, in una centrale operativa. Lo avrei consigliato, al contrario, anni fa, solo a chi avesse avuto un forte senso di autonomia e una propensione all’ isolamento e alla solitudine». Come lei anticipava, in futuro, la figura del custode del faro potrebbe scomparire. Cosa pensa di questa eventualità? «È un’eventualità molto prossima, anzi, in linea di massima, come le dicevo, si è già verificata. Mi dispiace molto, tuttavia, che vada a scomparire un mestiere così ricco di fascino e di mistero. Ma provo la stessa sensazione al pensiero che stiano sparendo, in Italia, moltissimi altri “antichi” mestieri, dall’artigiano al muratore, dal calzolaio al contadino, che muoiono per lasciar posto a tante altre attività (mi riferisco a quelle più tecniche) che spesso, pur risolvendo molti problemi, rimangono prive di carisma e di fascino». Il 2011 è l’anno in cui si celebrano i 100 anni di storia del Servizio Fari alla Marina Militare Italiana. Cosa rappresenta per lei questo anniversario? «Non sapevo dell’anniversario, non mi aspettavo né la celebrazione, né i festeggiamenti che sono stati realizzati. Poi un giorno, ad inizio d’anno, è arrivata la comunicazione che il 2011 sarebbe stato l’anno dell’anniversario del centenario. Personalmente ho sentito molto l’evento, avendolo vissuto in prima persona. Mi sento parte integrante di questa “famiglia” e il fatto che, nel corso dei festeggiamenti, la Marina abbia voluto riconoscerci dei premi per la nostra attività, mi ha reso molto felice. Nel corso della cerimonia, che è avvenuta nel mese di giugno, ho avuto modo di incontrare altri miei colleghi che hanno prestato, negli anni, il loro servizio presso altri fari italiani. È stato un bel momento, in cui abbiamo ricordato i tempi passati e in cui abbiamo celebrato, tutti insieme, la magia del Faro italiano».
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LA LUCE Ăˆ NELLA NOSTRA NATURA
mette in luce spazi e architetture
OFFSHORE: MARE, MOTORI, SPETTACOLO & CORAGGIO
Intervista a Vincenzo Iaconianni, Presidente della FIM, Federazione Italiana Motonautica Parlare di Offshore, non è semplicemente discutere di sport. Offshore è molto di più: è passione, è brivido, è sfida, è spettacolarità purissima. A più di vent’anni di distanza dalla tragica morte di Stefano Casiraghi, nel 1990, questo sport, nella memoria dei più, è ancora saldamente legato al suo nome. Ma in realtà grossi passi avanti sono stati fatti per migliorare ed ottimizzare la sicurezza durante le gare, mantenendo intatti la spettacolarità ed il divertimento dei piloti e degli spettatori. Vincenzo Iaconianni, 50 anni, è il Presidente della FIM (Federazione Italiana Motonautica). Per l’avvocato comasco è il terzo quadriennio alla guida di questa Federazione, che in questi anni ha raggiunto grandi risultati sportivi ed ha ottenuto anche una crescita dell’intero movimento sportivo che oggi conta oltre 7.000 tesserati, il doppio rispetto a dieci anni fa. È anche Vice-Presidente della Union Internationale Motonautique, la Federazione Internazionale di Motonautica: questo incarico all’interno dell’UIM ha fatto seguito ad anni di impegno concentrato soprattutto nel settore della sicurezza dei piloti durante le gare di motonautica.
Avv. Vincenzo Iaconianni Presidente FIM Federazione Italiana Motonautica
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sport
Classe1 - ABU DHABI TEAM
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classe 3000 - Campionato Italiano, Napoli 2011
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sport
Ha partecipato da pilota a gare di Campionato Mondiale, Europeo e Italiano nelle categorie F850, F3000, F2 e F1. Per la sua attività di Dirigente Sportivo ha ricevuto il Diploma d’Onore CIO nell’anno 2002 e la Stella d’oro al Merito Sportivo del CONI. A lui My Lifestyle ha rivolto qualche domanda sull’uomo, sulla disciplina sportiva, sulle prospettive future dell’Offshore, in Italia e nel mondo. Avvocato Iaconianni, la conosciamo come Presidente della FIM, Federazione Italiana Motonautica. Che tipo di percorso, professionale ed umano, l’ha condotta a questa carica così importante? «Facendo il Pilota di Motonautica per hobby e l’avvocato per professione mi venne chiesto di occuparmi di alcuni dei problemi dello Sport Motonautico attraverso l’“Associazione Nazionale Piloti”, della quale sono stato eletto Presidente nel 1988. Da lì alla Presidenza della F.I.M. il passo è stato abbastanza naturale, soprattutto dopo essere stato per diversi anni Vice-Presidente di Massimo Moratti, che ritengo essere stato il Presidente F.I.M. più efficace ed innovativo». Quando è nata la sua passione per questo mondo? «Sono sempre stato appassionato e praticante di molti sport, in particolare di quelli motoristici. Dopo il motocross ed il kart ho avuto l’opportunità di provare a Como un catamarano Molinari di Formula 3; era il 1983 e da quel giorno non ho più smesso sino al 2001, correndo in tutte le specialità di Circuito fino alla Formula 1». Il mare, i motori, il coraggio e la grande spettacolarità. Che altro aggiungerebbe per offrire uno scenario completo del mondo dell’Offshore? «Gli obiettivi del Consiglio Federale che mi onoro di presiedere sono, sia nell’Offshore sia nelle altre specialità, anche e soprattutto la sicurezza e l’economia di gestione. Un tempo la Motonautica era ritenuta lo sport dei ricchi incapaci nell’Offshore e dei poveri aspiranti suicidi nel Circuito; in ogni caso ora le cose sono molto cambiate e l’Offshore è diventato una specialità entusiasmante, competitiva e nella quale la sicurezza ed il contenimento dei costi stanno alla base del suo crescente successo». Come si diventa pilota e campione di Offshore? Che tipo di caratteristiche, innanzitutto, occorre possedere? «Per correre in Offshore, in particolare nel nostro “Offshore 3000”, occorrono capacità di guida, coraggio e competenza
classe 1 - SALVAMENTO - classe 3000
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tecnica, le quali, tuttavia, si apprendono velocemente in un ambiente sano e prodigo di aiuti ed opportunità. Basta pensare che spesso i migliori Team dispongono di più di una imbarcazione che i neofiti possono noleggiare a prezzi accessibili». Qual è la situazione della motonautica ed in particolare della categoria Offshore in Italia? «Il mondo sta vivendo un momento economico molto difficile; è normale che gli effetti di questa congiuntura negativa ricadano anche su uno sport come la Motonautica che richiede per chi lo pratica una certa struttura organizzativa e delle risorse finanziarie. Tuttavia in Italia si assiste, rispetto ad altri Paesi “motonauticamente sviluppati”, ad una reale inversione di tendenza, cioè maggiori richieste di organizzazione di gare e numeri in aumento fra i Piloti, soprattutto in Offshore. Credo che questo dipenda anche dai forti investimenti che la F.I.M. ha effettuato in campo televisivo e mediatico in genere». Quali sono le prospettive per il futuro dell’Offshore in Italia? «Vorrei dire, con una battuta, “prospettive preoccupanti”, nel senso che, a forza di nuovi equipaggi che anno dopo anno si presentano al via del Campionato Italiano Offshore, i campi di Gara normalmente utilizzati cominciano a diventare un po’ stretti. Ovviamente stiamo predisponendo tutti i mezzi necessari per adeguare le nostre strutture a questa “crescita demografica” che ci ha portato ad essere il più numeroso Campionato Nazionale del Mondo, con più di venti equipaggi». La prematura scomparsa di Stefano Casiraghi, avvenuta nel 1990 a Montecarlo, è un evento indelebile nella memoria di tutti gli appassionati. Cosa ha rappresentato per il mondo dell’Offshore quella tragedia? «È stato un colpo molto duro, umano e sportivo, sia per la grande popolarità di cui Casiraghi godeva sia perché la dinamica dell’incidente ha sollevato molti dubbi circa l’adeguatezza delle misure di sicurezza esistenti all’epoca. L’unico effetto positivo di questo tragico evento è stato quello della reale presa di coscienza da parte di tutte le componenti dell’Offshore della prioritaria necessità di non pensare più soltanto alle livree cromatiche delle barche o alle dimensioni dei motorhomes ma, anche e soprattutto, al controllo delle potenze e delle prestazioni ed alle misure di sicurezza attiva e passiva».
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sport
Classe1
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VINCENZO Iaconianni vince il G.P. d’Italia di F1 - Milano 1995
È stato recentemente premiato per “l’alto contributo portato alla Motonautica e, in particolare, alla sicurezza degli Atleti nello Sport Motonautico”. Cosa manca ancora, se manca, a questo sport perché diventi ancora più “sicuro”? «Sono molto orgoglioso di questa onorificenza (intitolata proprio a Stefano Casiraghi) che ritengo, senza falsa modestia, costituisca il riconoscimento dell’impegno mio e della F.I.M. a favore della sicurezza agonistica. Credo che negli ultimi venti anni siano state eliminate molte delle cause di gravi incidenti e che oggi la Motonautica sia uno degli sport motoristici più sicuri in assoluto; tuttavia non bisogna mai “accontentarsi” ma individuare nuovi accorgimenti tecnici tesi ad eliminare ogni prevedibile pericolo». Il mondo dell’Offshore ha spesso appassionato e coinvolto personaggi di spicco dello spettacolo, dell’economia, della politica italiani, da Adriano Panatta a Valerio Merola, a tutta la famiglia Agnelli. Da qui, l’idea che l’Offshore sia uno sport di elite. Cosa pensa di questo? È realmente così o si tratta soltanto di uno stereotipo da cancellare? «L’Offshore è sempre stato circondato da una certa aura di “fashion sport” che ha anche contribuito ad aumentarne la
notorietà
presso
il
grande
pubblico
e
non
solo
presso gli appassionati di nautica. Ma, a parte i luoghi comuni che spesso vengono associati agli sport, l’Offshore rappresenta sì un elite di sportivi ma solo nel senso qualitativo del termine, non certo in quello di circolo esclusivo nel quale si entra solo in virtù del portafoglio. Certo, chi possiede una veloce imbarcazione da diporto può trovare nell’Offshore il naturale sbocco della sua passione per la velocità e per il mare; ma se qualcuno pensa che gareggiare in Offshore possa ridursi ad una passerella modaiola (come tanti anni fa) è meglio che continui a limitarsi ad andare al largo a fare il bagno». Cosa direbbe ad un giovane che volesse avvicinarsi a questo sport? «Di venire a vedere una gara del nostro bellissimo Campionato Offshore 3000 e qui di parlare coi Piloti, con gli Ufficiali di Gara e con i competenti e cortesi Dirigenti e dipendenti F.I.M., sempre presenti alle gare; se sino a quel giorno avrà avuto una mezza idea di gareggiare, quella sarà l’occasione per non avere più dubbi. Per conto mio credo che l’unica (scherzosa) controindicazione che si potrebbe scrivere su una barca di Offshore potrebbe essere “attenzione, provoca dipendenza!”».
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Top Selection
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innovazione
AL VIA LA CARTELLA MEDICA DIGITALE Bancomed, un prezioso strumento che mette il paziente in primo piano. Efficienza, risparmio e centralità dell’utente: sono questi i punti cardine sui quali si sviluppa un prodotto innovativo, che rivoluziona l’organizzazione e la gestione delle informazioni cliniche del paziente. BANCOMED, questo il nome del prodotto realizzato da I&T (azienda informatica con sede a Lecce e tra le più importanti del Mezzogiorno d’Italia), è un fascicolo elettronico che permette la creazione e la gestione della storia sanitaria e clinica del cittadino, alimentata attraverso la “digitalizzazione” e conservazione della propria documentazione medica. Bancomed rappresenta un passo in avanti verso una Sanità in cui l’utente diventa il perno, il focus, il protagonista del sistema di raccolta e gestione delle informazioni cliniche. La sua centralità si concretizza nel momento in cui è l’utente, in prima persona, a gestire le informazioni che lo riguardano e a curarne la loro semplice organizzazione. Attraverso una piccola chiavetta, fornita di un software di gestione leggibile su qualsiasi piattaforma, l’utente “carica” le proprie cartelle cliniche, gli esami ecografici, qualsiasi documento o referto che attesti lo stato di salute o di malattia. In questo modo, provvedendo ad aggiornare la propria banca dati Bancomed, il possessore consentirà al medico (o al personale sanitario) di avere sotto controllo il suo intero excursus clinico, anche in una situazione di estrema emergenza, e pur non avendolo mai curato prima di allora. Si pensi alle semplici allergie e ai tanti casi di “presunta malasanità” che si verificano nel momento in cui un paziente viene ricoverato all’improvviso in reparto. In questo caso, Bancomed rappresenta una fonte inestimabile per il paziente e per il medico: il primo non avrà problemi legati alla somministrazione di un farmaco o di altra sostanza alla quale risulta intollerante (ma senza la sua “banca dati” sarebbe stato impossibile constatarlo con rapidità!) e il medico avrà, invece, facilitato il suo compito nell’individuazione della cura più adatta per il paziente. Accanto a tutti i benefici del cittadino, in termini di gestione autonoma e centralizzata delle proprie informazioni cliniche, Bancomed offre al servizio sanitario uno strumento efficace e, allo stesso tempo, molto economico rispetto ai tradizionali metodi di gestione delle informazioni degli utenti. In questa ottica, il connubio tra efficienza e risparmio diventa una operazione strategica di primo piano, per il cittadino e per gli enti pubblici.
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manager
VITA DI UN MANAGER DI SUCCESSO Intervista ESCLUSIVA AL DOTT. FRANCO FENOGLIO, DIRETTORE DELLA DIVISIONE VEICOLI COMMERCIALI PIAGGIO, TRA CARRIERA E FAMIGLIA Abbiamo saputo di poter incontrare Franco Fenoglio, direttore della Divisione Veicoli Commerciali della Piaggio, con solo qualche giorno di anticipo. Avremmo potuto puntare tutto sulle strategie dell’azienda in cui lavora, sui nuovi marchi aziendali o sulle sfide per il prossimo futuro. Da scrivere ce ne sarebbe stato veramente tanto. Ma, dopo un breve scambio di opinioni in redazione, abbiamo scelto di intervistare l’uomo, per carpire i segreti che lo hanno portato al successo e per tentare di scoprire cosa c’è dietro una personalità così importante all’interno di una delle aziende leader nella produzione e commercializzazione di veicoli commerciali e non solo, in Italia e nel mondo. Pensavamo che non sarebbe stato facile. Per il suo ruolo innanzitutto, e per la ritrosia con la quale in genere professionisti di tale spessore si approcciano a questo tipo di incontri. La location, quella per l’appuntamento, all’interno di una delle sale della grande concessionaria Piaggio MIRTO di viale della Repubblica a Lecce, intimoriva anche essa, con quel tavolo al centro, così grande, che segna le distanze tra i soggetti e le amplifica. Nonostante le premesse, e qualche pregiudizio di troppo, pur nella serietà e nel rigore che lo caratterizzano e per le quali è conosciuto nell’ambito lavorativo, la chiacchierata con Franco Fenoglio si è rivelata invece da subito piacevole e stimolante. Abbiamo incontrato un uomo disponibile e cordiale, paternamente rigoroso ma anche simpatico, molto lontano dai soliti cliché che raccontano di personaggi irraggiungibili, austeri, qualche volta addirittura scostanti. Approfittando di questa sua personale predisposizione, lo abbiamo intervistato in una veste molto informale, senza il batti e ribatti tipico di un’intervista tradizionale, ma nella semplicità di una chiacchierata confidenziale.
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Top Selection
Nato nel 1953 a Pinerolo, provincia di Torino, laureato in Scienze Politiche, laurea honoris causa in Scienze Industriali, Franco Fenoglio è nel Gruppo Piaggio dal Gennaio 2008. La sua esperienza lavorativa è iniziata nel 1970 presso la RIV-SKF, dove arriva a ricoprire nel 1979 la posizione di Branch Manager. Dopo una esperienza triennale presso Alessio Tubi in qualità prima di Sales Manager Italia e poi di Purchasing Manager, dal 1987 al 1991 è Marketing & Sales Director and R&D Director presso TRW SIPEA. Nel 1991 entra in Iveco dove ricopre ruoli di crescente responsabilità; inizialmente come General Manager Italian Market, fino al 1996 per diventare poi Sales & Marketing Vice Presidente IVECO e International Operations. Da ottobre 2005 passa in New Holland Construction Equipment SpA – CNH Group in qualità di President e CEO. Da Maggio 2008 invece, passa al Gruppo Piaggio come Vice Presidente e Direttore della Divisione Veicoli Commerciali EMEA e Sud America. Dott. Fenoglio, come si concilia questa attività, così frenetica e di assoluta responsabilità, con la vita privata? «Il mio lavoro è indubbiamente un lavoro di grandi responsabilità, ma allo stesso tempo è ricco di momenti di vita quotidiana: incontro persone di diverse culture in giro per il mondo, sempre molto interessanti e spesso anche simpatiche, stringo rapporti, conosco luoghi nuovi. Tutto questo, come è ovvio, mi costringe a trascorrere lunghi periodi lontano da casa, ma per la verità, anche quando mi trovo nella mia città, il lavoro mi assorbe tanto tempo e tante energie. Nonostante tutto, riesco a vivere tranquillamente la mia dimensione domestica, cercando di curare più la qualità che la quantità della relazione». Com’è la sua vita tra le mura domestiche? Ci racconta qualcosa della sua famiglia? «Con tutte le premesse in riferimento agli impegni lavorativi e ad una vita così fortemente condizionata dal lavoro, le posso assicurare che non è facile riuscire a mantenere una solida relazione matrimoniale ma sono orgoglioso di poter dire che la mia resiste con successo da tanti anni, questo grazie ovviamente anche a mia moglie che condivide le mie scelte e comprende i miei ritmi. Ho poi un figlio di 23 anni che ha studiato negli Stati Uniti, è universitario laureando in Economia English Version e che sta contemporaneamente seguendo un sogno, quello di diventare un giocatore professionista di golf e arrivare magari a giocare sul Tour Europeo. È un percorso molto lungo e duro in quanto a impegni e sacrifici, ma lui ci crede ed io lo sostengo senza remore.
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manager
Credo profondamente che i ragazzi debbano essere
comunque tutta l’azienda. Devo anche io moltissimo al
appoggiati incondizionatamente, soprattutto quando
nostro presidente Roberto Colaninno e agli altri miei “capi”
si impegnano seriamente per cercare di raggiungere
nel corso della mia vita professionale: ho dato molto,
un obbiettivo e realizzare i loro sogni. Purtroppo non
ma senza la loro guida sarebbe stato tutto più difficile».
posso seguirlo fisicamente in gara (ora ad esempio,
Quali sono i progetti per il futuro?
ne sta disputando una in Francia), ma il mio pensiero
«La Piaggio continuerà la politica che ha intrapreso negli
è sempre a lui. È un ragazzo sereno, equilibrato, ha
ultimi anni, nel rispetto degli standard qualitativi che
una ragazza da qualche tempo che si muove con la
l’ hanno sempre caratterizzata. Continuerà a puntare ad
naturalezza di una figlia e alla quale, avendo noi solo
un forte sviluppo nell’area asiatica, e non solo, attraverso
Luca, siamo già molto affezionati».
il rafforzamento della presenza industriale diretta e
Ha degli hobby? Se si, quali sono?
l’ampliamento dell’offerta (anche quella dei veicoli com-
«Beh, si, ho delle passioni e, nonostante il poco tempo
merciali). Sul mercato domestico europeo, le strategie del
a disposizione, cerco di assecondarle. Ho sempre
Gruppo punteranno a consolidare l’attuale leadership,
seguito lo sport, sin da giovane, lo amo per filosofia,
sviluppando e innovando la gamma prodotti. Per i prossimi
perché credo che la cultura sportiva possa insegnare
anni è previsto poi un ulteriore sviluppo dell’attività di
molto sul rapporto con gli altri e sul rispetto nei confronti dell’avversario. Mi piace molto la musica classica, in particolare la lirica. Lo trovo, quello dell’opera, un mondo molto affascinante. Poi, mi piace leggere. Riviste di settore, quotidiani, ma anche libri e romanzi. Un settore che trovo particolarmente attraente è quello della psicologia. Ho letto di recente un libro di Francesco Alberoni, “Abbiate Coraggio”, che mi ha ispirato in modo particolare e allora ho fatto una cosa per me insolita: nel corso della lettura ho sottolineato alcune frasi che trovavo interessanti e ho scritto accanto alcune mie considerazioni e pensieri. Poi l’ ho passato a mio figlio, chiedendogli di leggerlo e di concentrarsi sui punti che avevo evidenziato, questo per poi creare l’occasione di discuterne insieme. Credo che possa rappresentare un bel momento, di confronto, di crescita e di conoscenza reciproca». Quali sono le caratteristiche per essere un bravo dirigente? E quali per un buon “capo”? «Come giustamente lei ha sottolineato nella domanda,
ricerca e sviluppo dedicate, al fine di perseguire una
sul lavoro esiste un piano strettamente professionale, ed
strategia industriale vocata alla competitività. Grazie alla
un altro umano. Con i miei collaboratori so di non dover
capacità di innovazione tecnologica sviluppata al proprio
essere soltanto il loro capo, ma devo poter stabilire un
interno, il Gruppo punterà alla leadership nell’offerta di
rapporto più personale, quasi intimo, di fiducia e di stima
nuove motorizzazioni caratterizzate da basso o nullo
reciproche. Allo stesso modo pretendo rispetto come
impatto ambientale e a ridotti consumi di carburante: il
dirigente, nel senso che sul lavoro sono uno rigoroso,
Gruppo punterà sullo sviluppo e sulla crescente offerta
cerco io stesso di dare il massimo per poterlo chiedere
di veicoli ibridi, elettrici e bi-fuel, nei settori delle due ruote
anche a loro e faccio tutto per ottenerlo. Apprezzo molto
e del trasporto commerciale».
le persone che lavorano con impegno e professionalità,
E il futuro di Franco Fenoglio, invece, cosa prevede?
e nel corso degli anni ho fatto in modo che molte di
«Credo di avere ancora tanto da imparare ma anche
queste, proprio in virtù della loro competenza e della
da dare. Ho uno spirito intraprendente, che non mi ha
loro dedizione, avessero la possibilità di fare carriera,
abbandonato mai nel corso della vita. E quindi, ancora
arrivando a ricoprire ruoli importanti nelle varie società
oggi, pur con tanti traguardi raggiunti, sono qui pronto a
in cui lavoravo. È questa una filosofia che caratterizza
partecipare a nuove sfide».
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Top Selection
piccola e media impresa Si è aperta negli ultimi mesi un’ampia riflessione nel mondo economico, politico e sociale sulla dimensione del nostro tessuto imprenditoriale e sulla sua capacità di tenere il passo in uno scenario quale quello attuale particolarmente difficile e complesso. Prima di svolgere qualche considerazione su tale argomento è utile richiamare la definizione accolta a livello europeo per le piccole e medie imprese (di seguito PMI). Piccola impresa è quella il cui organico (numero dipendenti) sia inferiore a 50 persone e il cui fatturato non superi 10 milioni di euro; media impresa è, invece, quella con meno di 250 dipendenti e fatturato non superiore a 50 milioni di euro. Restano fuori dalla categoria delle PMI altre due classi dimensionali: le grandi (queste ultime sono quelle con “numeri” maggiori delle medie) e le micro che, per quanto si dirà in seguito, assumono specialmente in Italia grande importanza.
Il dr. RICCARDO CAGGIA, Direttore Centrale Crediti e Servizi alle Imprese di Banca Popolare Pugliese
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economia
PMI, piccolo è bello ma grande è meglio! Se consideriamo che complessivamente il totale delle
menti (solo per citarne alcuni) che hanno modificato
imprese presenti nei registri camerali italiani alla fine di
radicalmente gli equilibri economico-politici rendendo, di
marzo 2011 risultava pari a circa 6 milioni non può non
fatto, il nostro pianeta un unico (immenso) mercato nel
destare attenzione la circostanza come il 94,9% sia
quale, per fare un esempio, il produttore di calzature
costituito da microimprese; aziende, cioè, con meno
pugliese è chiamato a concorrere con l’omologo pro-
di 10 dipendenti e fatturato annuo inferiore a 2 milioni
duttore di una delle tante regioni cinesi.
di euro.
Gli effetti negativi per il nostro Paese di questo nuovo
Se a questo aggiungiamo che le stesse occupano il
scenario estremamente complesso e nel quale, ancora,
47,7% del totale degli occupati e sviluppano il 28,9%
le nostre aziende (con qualche apprezzabilissima ec-
del fatturato “Italia” si comprende bene come stiamo
cezione) non hanno messo a punto le proprie strategie,
parlando di un fenomeno rilevantissimo per il nostro
sono in parte riscontrabili nella constatazione (ormai
tessuto economico.
pacificamente riconosciuta) che negli ultimi dieci anni il dimensione
sistema Italia non cresce; come a dire: non abbiamo
aziendale e sul c.d. “nanismo” delle nostre imprese e,
trovato il modo di difendere adeguatamente ed effi-
soprattutto, perché oggi questo tema è diventato di
cacemente le nostre quote di marcato e misurarci con
scottante attualità?
i “nuovi“ concorrenti.
Il Governatore della Banca d’Italia Draghi nelle sue
In tale contesto (già di per se critico) è intervenuta la
ultime Considerazioni Finali (prima di lasciare l’incarico
crisi del 2008 “propiziata” da un eccesso di finanza, da
per passare alla Presidenza della BCE) presentate a
credito “allegro” accordato in certi Paesi (per fortuna non
Roma il 31 maggio scorso ha evidenziato come tra
in Italia) per sostenere consumi e mercato immobiliare,
i diversi motivi che frenano la crescita dell’economia
da una speculazione che per ampliare i propri profitti
italiana vi sia anche la frammentazione della struttura
utilizza - ancora oggi - strumenti finanziari negoziati su
produttiva spesso non incoraggiata ed anzi ostacolata
mercati non regolamentati ed al di fuori di ogni controllo
dalle politiche pubbliche nella sua evoluzione verso
(c.d. over the counter) nonché da una ciclicità “naturale”
dimensioni più coerenti con il contesto internazionale.
che alterna periodi di espansione ad altri di crisi.
E la Presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia,
È di tutta evidenza come, nella vita comune come in
parlando delle “imprese che vogliamo” ha senza mezzi
quella delle imprese, nei momenti di difficoltà i primi a
termini dichiarato come ci sia bisogno per il nostro
subire i contraccolpi siano “i più deboli”!
Paese di imprese più grandi, più presenti sui mercati
Da qui il dibattito su chi siano, effettivamente, i più
internazionali, meglio assistite e meno sottocapitalizzate
deboli con la successiva domanda se sia giusto sia
per concludere che “piccolo e locale sono due condizioni
sotto un profilo sociale che economico impegnarsi
da superare”!
nel sostenerli ovvero puntare nel rafforzare chi offra
Per comprendere meglio il contesto all’interno del quale
maggiori possibilità e prospettive di competere in questo
queste due autorevoli voci del sistema economico
mercato globale.
italiano si esprimono, occorre considerare gli scenari
L’approccio a questa analisi (che dovrebbe essere
nuovi che la globalizzazione da un lato e la recente
prima di tutto economica) può essere molteplice e
(2008) crisi dall’altro hanno posto all’attenzione di tutti.
spesso sconfinare in considerazioni di natura politica,
L’abbattimento (anche fisico) dei muri che dividevano
fiscale e di impianto legislativo.
l’Europa occidentale dal resto dell’Europa e dall’Asia,
Solo per fare un esempio su questi ultimi aspetti va
l’apertura alla Cina dell’Organizzazione Mondiale del
considerato come alcuni vincoli di legge rappresentino
Commercio (WTO), la rivoluzione “internet” sono ele-
un forte “incentivo” a restare piccoli. Intendo riferirmi alla
Perché
allora
questo
dibattito
sulla
PMI, Piccola e Media Impresa
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Top Selection
applicazione dello statuto dei lavoratori (e conseguenti
Qui l’obiettivo che l’imprenditore persegue è quello
effetti sulla possibilità di licenziare) per le imprese che
di qualificare il proprio prodotto rendendolo per tale
hanno più di 15 occupati, all’obbligo di prevedere
via meno “clonabile” e “diverso” da quello dei propri
il Collegio Sindacale e la certificazione di bilancio ad
concorrenti ovvero di immettere sul mercato la “novità”
opera di società di revisione (con i conseguenti maggiori
in grado di assicurare nuovi volumi di fatturato.
costi) allorché il capitale sociale, il numero dei dipendenti
Spesso, però, l’attività di ricerca non approda a
ed il fatturato annuo superi determinate soglie.
risultati concreti suscettibili (almeno nell’immediato) di
Senza alcuna pretesa di fornire risposte ma con il solo
sfruttamento economico e resta, pertanto, un “costo”
obiettivo di riportare i termini principali della discussione,
per l’azienda.
penso sia utile focalizzare l’attenzione su quelli che sono
Può una microimpresa “permettersi” di avviare pro-
oggi unanimemente ritenuti i due principali drivers dello
grammi di investimento in questi campi?
sviluppo delle imprese: la capacità di internazionalizzarsi
Il confronto internazionale offre ancora una volta
e quella di investire in sviluppo e ricerca (R&S).
ulteriori conferme alla tesi che si intende qui sostenere
Con il termine “internazionalizzazione” si intendono, in
(la crescita è strettamente legata alla dimensione
realtà, fenomeni affatto simili: da un lato la capacità
aziendale).
dell’impresa di essere presente su mercati diversi da
Il
quelli domestici (aprendo proprie strutture commerciali
“locomotiva” Germania dove, ad esempio, nel settore
e/o delocalizzando parte del propria attività produttiva)
manifatturiero le imprese hanno in media 36 dipendenti
dall’altro
propria
conto i 9 di quella italiana (ed i 14 di quella francese).
produzione. A tal riguardo va osservato come la limi-
Le stesse imprese tedesche investono, poi, in R&S una
tata crescita dei consumi che si riscontra in Europa e
cifra pari all’1,85 del loro PIL contro il modesto 0,6% di
negli stessi Stati Uniti (storicamente mercati di sbocco
quelle italiane (e l’1,27% di quelle francesi).
per i nostri prodotti) imponga di guardare ai mercati
Non aiuta neppure a superare la riscontrata criticità
emergenti (soprattutto quelli denominati BRIC: Brasile,
dimensionale lo “spirito” dei nostri imprenditori poco
Russia, India e Cina).
avvezzi alla cooperazione (i generosi incentivi per la
Non c’è chi non veda come aggredire questi mercati
costituzione di consorzi e reti di impresa sono ancora
comporti investimenti significativi (analisi, ricerca di
in larga misura poco applicati), con una visione
partners, partecipazione a fiere, trasferte, copertura
familistica e personalistica dell’azienda (poche figure
dei rischi, disponibilità di linee di credito ad hoc, sistemi
manageriali esterne) e con quello spiccata propensione
di monitoraggio, ecc.) e, soprattutto, la disponibilità
all’individualismo che porta con se tanta capacità, intui-
di organizzazione e risorse professionali all’interno
zione, coraggio, tenacia ma che sconta, soprattutto nel
dell’azienda in grado di seguire, monitorare, presidiare
contesto attuale, i limiti sopra evidenziati.
e sviluppare queste linee di business .
Il Governo, negli ultimi mesi, conscio delle problematiche
Sono compatibili questi “pre-requisiti” con le dimensioni
evidenziate ha promosso l’avvio del Fondo Italiano
di una microimpresa?
d’Investimento con una cospicua dotazione patrimoniale
di
collocare
all’estero
la
può
essere
rappresentato
dalla
la
e la cui finalità è quella di creare i “medi campioni
percentuale di fatturato esportato per numero di
nazionali”, aiutare cioè le piccole imprese a diventare
addetti passa dal 36,5 % delle imprese con oltre 250
(almeno) medie attraverso l’acquisizione di altre aziende
dipendenti al modesto 8,5 per quelle con meno di 10!
(ovvero la loro fusione) e/o il finanziamento di program-
Sempre la stessa fonte (ISTAT) rileva, poi, come la
mi di investimento finalizzati alla crescita dei volumi.
produttività per dipendente nel settore manifatturiero
In conclusione le opportunità per il nostro Paese di
nelle imprese con un numero di addetti compreso tra
agganciare la crescita che, seppure lenta sembra
50 e 249 sia maggiore del 30% rispetto a quello di
riaffacciarsi all’orizzonte, passano si attraverso la
imprese con classe dimensionale 20-49: naturale,
salvaguardia di quelle piccole realtà imprenditoriali
quindi, considerare come maggiore produttività significhi
(artigiani, piccoli commercianti, aziende agricole) ma
anche possibilità di competere riducendo i costi di
sopratutto attraverso un deciso e convinto slancio
produzione.
comune per creare le condizioni affinché la crescita
In conclusione, appare evidente come al crescere della
dimensionale delle imprese consenta loro quel salto di
dimensione corrisponda una maggiore produttività ed
qualità, anche culturale, che solo può permettere la
una maggiore capacità di esportare.
difesa e la conquista di quote di mercato e, per tale
Rilevazioni non differenti si osservano allorché si
via, consentire all’Italia di non essere condannata ad un
indaghi la capacità delle imprese di investire in R&S.
campionato di…serie B. (a cura del dr. R. Caggia).
Recenti
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quello
benchmark
dati
pubblicati
dall’ISTAT
dicono
che
economia
Š Leon Beenen - Cruise to Seven
luxury
CONCORSO D’ELEGANZA VILLA D’ESTE AUTO D’EPOCA, TRA stile E TRADIZIONE Nella splendida cornice del lago di Como, adagiato sul bordo del ramo occidentale, si erge il “Grand Hotel Villa d’Este”, incoronato due anni fa dalla celeberrima rivista americana Forbes il “Miglior Hotel del mondo” (così come descritto all’interno dell’articolo apparso sul numero 3 di My Lifestyle) e unico Grande Albergo ad aver dato il nome ad una automobile di grandissimo pregio, la Coupé Villa d’Este, realizzata dalla Carrozzeria Touring nel 1949 su telaio Alfa Romeo 6C 2500 SS. Tra il noto Albergo e le automobili, il legame è quasi centenario ed ogni anno si rinnova attraverso il “Concorso Internazionale di Eleganza per automobili”, l’evento tradizionale di auto d’epoca con carrozzerie speciali che si svolge dal 1929 nello splendido giardino di Villa d’Este. Nell’ultima edizione del concorso tradizionale (1949), prima del rilancio voluto nel 1995 dall’Amministratore Delegato Jean-Marc Droulers, il prototipo della Coupè Villa d’Este venne presentato dalla Carrozzeria Touring e vinse per giudizio del pubblico il trofeo più ambito, la “Coppa d’Oro Villa d’Este”. Considerato già allora un capolavoro dell’arte automobilistica del ventesimo secolo, fu replicato in 25 modelli che presero tutti il nome dall’evento che li aveva consacrati a duratura bellezza. Uno degli splendidi esemplari, tra i più ambìti dai collezionisti di tutto il mondo, entra
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oggi a far parte del parco auto dello splendido Albergo del Lago di Como e riprende ad appartenere al luogo che insieme alla storia dell’Hotel, alla bellezza e allo stile che lo rappresentano nel mondo, segna l’anello di congiunzione tra la tradizione e la capacità di riviverla nel presente. La prima edizione della “Coppa d’Oro di Villa d’Este” nel Concorso Internazionale d’Eleganza per automobili si svolse nel settembre 1929 per iniziativa congiunta dell’Automobile Club di Como, del Grand Hotel Villa d’Este e del Comitato di Cura della città. La notorietà dei luoghi e le impeccabili soluzioni logistiche che si avvalsero degli scenari inimitabili dei giardini di Villa Olmo e di Villa d’Este collocarono la manifestazione ad un livello superiore rispetto ai numerosi show concorrenti organizzati in altre celebri località di villeggiatura. Con oltre ottanta iscrizioni e altrettante vetture di primissimo livello già dalla prima edizione, il Concorso di Villa d’Este entrò di diritto nel novero delle analoghe manifestazioni, pur prestigiose, che si svolgevano a Parigi e a Montecarlo.
Il Dr. Jean-Marc Droulers premia il vincitore della Coppa d’Oro Villa d’Este
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© Vasconi
luxury
In quello che si sarebbe rivelato il canto del cigno delle aziende del settore, vinse il primo premio un’Isotta Fraschini carrozzata Sala. Mancavano solo due mesi al crash di Wall Street e stava per aprirsi un triennio di crisi che portò all’accelerazione dei processi di razionalizzazione produttiva e che porrà fine, almeno nell’Europa continentale, al gigantismo nel campo dell’industria automobilistica. Nonostante tutto, il mestiere dei carrozzieri riuscirà a sopravvivere e gli artigiani delle auto espressero ancora, per un altro ventennio, la loro creatività raggiungendo vette forse mai più raggiunte fino ad oggi. La crisi del settore automobilistico del 1938 determinò la cancellazione del Salone dell’automobile di Milano e, analogamente, del Concorso di Como. L’anno successivo, con decreto del Governo Fascista e a causa delle prime avvisaglie della guerra, il 4 settembre 1939 fu emanato il decreto che vietò la circolazione delle auto private e che anticipò di qualche mese la sospensione della produzione di automobili per uso civile. L’edizione del Concorso nel 1947, due anni dopo la fine della guerra, si presentò come
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© Leon Beenen - Cruise to Seven
un chiaro segno della ritrovata voglia di vivere del settore automobilistico. Più agili e relativamente meno colpiti dalle devastazioni belliche, i carrozzieri furono i primi a muoversi con manifestazioni promozionali, inaugurando nel novembre dello stesso anno e in assenza delle Case automobilistiche, un autentico Salone dell’auto in miniatura nel Palazzo dell’Arte di Milano. La manifestazione del 1949, penultima prima della sospensione, si caratterizzò per una totale divergenza tra le opinioni dei giurati che premiarono un’elegante, anche se scialba, berlina tre luci della Ghia, e il risultato unanime del pubblico che, dimostrandosi molto più perspicace degli addetti ai lavori, consacrò la versione coupé Touring dell’Alfa Romeo, la 6C 2500 SS, come capolavoro assoluto. Il modello prese il nome “Villa d’Este” e contribuì non poco a diffondere nel mondo dell’automobile la fama di questa residenza principesca. Dopo quasi cinquant’anni di sospensione, l’evento è stato rilanciato nel 1995 da Jean-
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Š Leon Beenen - Cruise to Seven
luxury
Marc Droulers, Amministratore Delegato di Villa d’Este, ed ogni anno si svolge sulle rive del Lago di Como richiamando curiosi e collezionisti da ogni parte del mondo. Le auto d’epoca che vi partecipano, nel numero massimo di 50 esemplari, sono il risultato di una selezione severa del Comitato che ogni anno esamina centinaia di richieste. Le auto sono premiate sia dalla Giuria del Concorso con il “Best of Show Award”, che dal pubblico con la “Coppa d’Oro Villa d’Este”. Dal 2000 l’evento è patrocinato dal BMW Group con il quale Villa d’Este condivide l’ambizione di portare al più alto livello mondiale, un evento celebrativo della storia automobilistica, della tradizione e della bellezza che incontrano l’evoluzione del design attraverso la presentazione di concept e prototipi futuristici. Il Concorso d’Eleganza “Villa d’Este” offre una cornice ideale, esclusiva ed elegante, per la presentazione di auto storiche, e pone l’attenzione del pubblico sul carattere intramontabile di questi prodotti di pregevole fattura ed unici nella loro particolarità.
Alfa Romeo Villa d’Este 6C 2500 Touring
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Si ringrazia la Provincia di Genova - www.provincia.genova.it
UN SALOTTO RAFFINATO PORTOFINO: storia, mondanità, natura e glamour
La Calata
“Uno yacht procede lentamente lungo la costa rocciosa in cui piccole baie sabbiose sono incastonate come gemme preziose. Improvvisamente un’ insenatura nascosta si svela... un piccolo villaggio, Portofino, si allarga come un arco di luna attorno a questo calmo bacino, circondato da un bosco di un verde potente e fresco... Mai ho forse sentito un’ impressione eguagliabile a quella che ho provato nell’entrare in questa insenatura...”. Scriveva così, nel 1889, Guy de Maupassant, uno tra i primi Vip a scoprire e a restare stregato dal particolare fascino di Portofino, nota località turistica che si trova nel Golfo del Tigullio, in provincia di Genova. Da quel momento in poi letterati, attori famosi, potenti del mondo intero sono rimasti affascinati da questo prezioso salotto, elegante ed appartato, semplice come solo un borgo di pescatori può essere, ed al contempo raffinato come la più preziosa delle scenografie. Dagli anni cinquanta e sessanta, Portofino è diventato uno dei simboli del lusso e della vita mondana, quando i ricchi e celebri personaggi della “Dolce Vita” - attori, attrici, popstar e ricchissimi nobili - incominciarono a frequentarla per i suoi tramonti, per i party esclusivi e i suoi panorami mozzafiato. Al tempo, la mondanità, da Via Veneto e Piazza di Spagna a Roma, si spostava nei week-end verso Capri, Saint Tropez, Montecarlo, Cortina e Saint Moritz, e Portofino. Ancora oggi, la piccola cittadina di non più di 500 residenti, arrampicata in mezzo alla sua unica baia, continua ad ospitare, sulla banchina del porticciolo, così come nei caratteristici vicoli, i grandi protagonisti dei sogni di tutti: divi di Hollywood, grandi nomi dell’arte, della politica e dell’industria.
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travel
Ma la località ligure non è solo una meta per il turismo dei vip: Portofino è un felice cocktail di tradizione e storia, mondanità e privacy, lusso e semplicità, natura e glamour. Le origini di Portofino si perdono nella più remota antichità: c’è chi la vuole di origine fenicia, chi di origine greca, chi solamente romana. Ma è probabile che la sua nascita risalga alla protostoria, poiché non è pensabile un luogo così riparato dai venti e dal mare senza alcun insediamento umano. E se i fattori geografici favorirono il sorgere dei primi nuclei abitati, questi stessi fattori hanno contribuito a rendere Portofino un centro turistico conosciuto in tutto il mondo. Con la romanizzazione della Liguria, è certo che Portofino divenne colonia romana per poi passare sotto la giurisdizione degli imperatori del Sacro Romano Impero nell’Alto Medioevo. Possesso dei Benedettini della vicina Abbazia di San Fruttuoso, passa nel 1414 alla Repubblica di Genova. Nel 1554 viene eretta, in posizione dominante, l’imponente fortezza di San Giorgio chiamata oggi Castello Brown, dal nome del suo ultimo proprietario, il Console Britannico a Genova Montague Yeats Brown. Attualmente l’edificio, di proprietà comunale dagli anni ‘60, rappresenta un must per chiunque si rechi a Portofino. Dopo una breve passeggiata nel verde della penisola, tra i profumati fiori spontanei della macchia mediterranea o quelli delle numerose ville nascoste nel verde, ecco la fortezza, in posizione spettacolare, circondata da rigogliosi giardini e con un’incomparabile vista sul borgo che permette di ammirare le sfumature dei colori delle case color pastello che si riflettono nel blu della baia. Che sia per una semplice visita o per realizzare un evento privato speciale,
Chiesa di San Martino
Panorama dal Castello Brown
travel
il Castello Brown è imperdibile. All’interno dell’edificio si possono ammirare numerosi bassorilievi e arredi architettonici in marmo o in ardesia sulle pareti. Dalla prima sala, ricca di mobili originali, si accede al terrazzo, trasformato in giardino dal console. Una scala ricoperta da “loggioni” conduce al piano superiore; la sala al primo piano è coperta da volte a crociera di tipo lombardo, in cui campeggia un grande trittico. Il Santuario di San Giorgio Martire, che si trova lungo il sentiero che conduce al castello prima ed al faro poi, eretto nel 1154, fu scelto dai Bizantini dell’Impero Romano d’Occidente come punto di vedetta e stazione di presidio per l’avvistamento costiero in appoggio alla flotta di stanza a Genova. In stile romanico, al suo interno conserva le reliquie di San Giorgio, Santo Patrono di Portofino, portate dai marinai portofinesi reduci dalle Crociate. Prima di partire per mare, i marinai gli rivolgono, ancora oggi, un saluto richiedendo la sua benedizione. Ogni anno il 23 aprile viene festeggiato il Santo Patrono con le celebrazioni religiose che prevedono il trasporto dell’Urna in processione e che si svolgono la domenica successiva. Di interesse turistico e popolare è il grande falò che viene acceso in piazza la sera del 23 aprile dopo la S. Messa e sulle cui braci vengono cotti pesci da distribuire alla popolazione ed ai turisti presenti. Il falò è costituito da legname e vecchie imbarcazioni al cui centro troneggia un tronco: se lo stesso cade verso il mare la credenza popolare afferma che l’annata sarà positiva. Il 24 aprile 1945 terminò anche la seconda guerra mondiale, pertanto la data è doppiamente significativa per i portofinesi. In centro troviamo, poi, la Chiesa di San Martino, che, edificata nel X secolo, venne dedicata al Santo Martino di Tours e domina, con la facciata e il piccolo sagrato, il borgo. Lo stile romanico è riscontrabile nella forma, nel portale centrale, nel rosone e nella torre campanaria. All’interno troviamo diverse opere pittoriche e scultoree tra cui la tela della Madonna del Rosario e un gruppo ligneo raffigurante la Deposizione di Cristo dello scultore Anton Maria Maragliano. Altro edificio da visitare a Portofino, infine, è la Abbazia Benedettina di San Fruttuoso, di epoca romana, situata a ponente del borgo e raggiungibile solo dal mare o dai sentieri percorribili a piedi dal Monte di Portofino. Nel 259 vi vennero trasportate le ceneri di San Fruttuoso, vescovo di Terragona, da cui prese
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Il falò di San Giorgio
il nome. Sulle due facciate rivolte al mare è ancora oggi visibile l’aquila imperiale, stemma della Famiglia Doria. La storia dell’abbazia è infatti strettamente legata a quella della celebre famiglia genovese; il chiostro superiore è stato quasi del tutto ricostruito nel Cinquecento per volontà dell’ammiraglio Andrea Doria. Per chi ama il contatto con la natura, da non perdere il Parco Naturale di Portofino, che offre un intreccio di sentieri sia verso il monte, sia a mezza costa, con scenari mozzafiato sul promontorio. Bellissima anche l’Area Marina Protetta di Portofino, con le sue falesie sommerse e le praterie di posidonie. Il parco è il regno del corallo rosso che qui ha trovato condizioni ideali di sviluppo. Ed eccoci, infine, alla Piazzetta, il simbolo di Portofino, con le sue case colorate ed il porticciolo dove ormeggiano gli yacht da favola. Tutt’attorno e sotto i portici dagli archi a sesto acuto, lungo la Calata e il Molo, fanno da cornice le boutiques di fama internazionale, le attività commerciali, i ristoranti grand gourmet e le piccole bancarelle, in cui anziane signore del posto ancora oggi vendono i loro tradizionali pizzi al tombolo, merletti fatti a mano dalle donne del borgo che trascorrevano così le giornate sotto i portici al fresco in estate o riparate dal maltempo nei mesi invernali, attendendo il ritorno dei mariti dalla pesca. E ancora oggi è frequente incontrare sul molo i pescatori locali, col viso segnato dal sole e dalla salsedine, ricucire le reti. Portofino è un luogo magico in cui la natura incontaminata e la mondanità si uniscono, offrendo un mix di tradizione, bel mondo, natura, bellezza e fascino.
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BORSALINO, UNA LEGGENDA DI STILE
Centocinquant’anni tra moda e spettacolo “Devi metterti a fare il cappellaio, almeno saprai che esiste la testa”: questa frase, secondo molti, fu rivolta un giorno da una donna al figlio Giuseppe. Non è possibile appurare oggi la veridicità di queste parole, ma ci piace pensare che nasce proprio da questo sfogo, che risuona come un’eco tra i corridoi del mondo della moda e del jet set dello spettacolo, la storia di uno dei marchi più famosi e più glamour nel mondo. Di Giuseppe Borsalino, il fondatore, si racconta che fosse un ragazzino molto ribelle, e che alla tenera età di dodici anni lasciò la casa paterna per fuggire in Francia, dove ebbe inizio la sua attività di cappellaio. Rientrato ad Alessandria, a distanza di pochi anni, e con in mano “il certificato” di cui i cappellai girovaghi necessitavano per aprire un laboratorio, armato d’esperienza e di tanta passione, allestì quella “bottega” destinata a diventare il famoso cappellificio: era l’aprile del 1857. Da quel momento sono passate tre generazioni, centocinquant’anni di storia in cui
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lifestyle
Borsalino ha prodotto e diffuso in tutto il mondo il cappello in feltro per antonomasia, indossato da attori, gangsters, vescovi, in un’epoca in cui rappresentava un segno di distinzione, di riconoscimento, d’identità. Da Humphrey Bogart in “Fino all’ultimo respiro” a Totò ne “I soliti ignoti”, da Harrison Ford nella parte di “Indiana Jones” a John Belushi nel film “Blues Brothers”, il borsalino è entrato nella storia dello spettacolo e del cinema, tant’è che l’azienda ha persino dato il nome alla “gangsters story” degli Anni 70, intitolata appunto “Borsalino”, con Jean Paul Belmondo e Alain Delon. Nei primi anni novanta la Borsalino venne acquistata dalla famiglia industriale Gallo di Asti, con il cui ingresso, l’azienda acquistò nuovo slancio soprattutto nel campo che storicamente ne aveva costituito il punto di forza: l’export. Sempre in un’ottica d’espansione, nel 1997 venne acquistato lo storico cappellificio Sabino D’Oria di Lecce, specializzato nella lavorazione di
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cappelli in tessuto e pelle. Oggi Borsalino produce circa 250 mila cappelli l’anno, con un fatturato che supera i 20 milioni di euro (il 60% dal mercato estero, Usa in testa), dà lavoro a circa 400 i dipendenti, e possiede punti vendita in tutto il mondo, dall’Italia agli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna al Giappone. Abbiamo chiesto a Ilaria Barnabei, Communication Manager di Borsalino, quali saranno le proposte per il prossimo futuro: «La Primavera Estate 2012 per Borsalino pone l’accento sul “Prodotto”, un gioco di contrasti tra colori, materiali, lavorazioni, ma non solo, anche tra tradizione e modernità, classicità e stravaganza. Vi è un accurato studio dei materiali da accostare al classico Panama per regalare al cappello uno spirito più disinvolto e contemporaneo, a volte prezioso, altre più decontractè ma sempre realizzato con tecniche artigianali e una particolare
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lifestyle
attenzione alla ricerca nella tradizione. Il risultato sono cappelli estremamente raffinati che attingono dal passato per reinventare il futuro conservando sempre l’eleganza e l’altissima qualità tipica del marchio». Il 2012 sarà, poi, l’anno di un progetto tutto nuovo, denominato Fashion Balloons, per il quale il classico Borsalino vestirà l’arte Neo POP del fumetto, con immagini stampate e dipinte a mano con smalti completamente atossici su paglia e tessuto che interpretano gli intramontabili copricapi. Il trilby, il cilindro, il minicilindro, la bombetta e il roller/l’arrotolabile diventano pezzi unici e irripetibili perché disegnati uno per uno dall’estro del talentuoso Willow, giovane street artist che ha già alle spalle un’esperienza internazionale, le sue opere sono esposte nelle gallerie di Berlino, Miami, Sidney, Francoforte, San Pietroburgo, Colonia, Montreal e Milano. «Willow - continua la Barnabei - mescola l’arte del fumetto alla spinta Otaku,
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genere socio-pop giapponese recentemente approdato in Europa che ha dato radici stilistiche a Takashi Murakami, e ci trasporta in un mondo parallelo, densamente abitato e popoloso, fatto di colori vivaci e di un segno grafico preciso, lineare, senza interruzioni, in un mondo abitato da esseri molto particolari, a metà tra il microorganismo e il virus, che si “parlano”, attraverso i balloons. Immagini non solo ludiche ma anche dotate di indubbia forza comunicativa e di grande, divertente fascino». Grazie a questo continuo mix tra tradizione e innovazione, equilibrio ed estro, l’azienda piemontese si attesta griffe all’avanguardia nella ricerca e nello stile e non limita ai cappelli, ma conferma lo stesso spirito anche per l’intera gamma di prodotti (gioielli, home decor, abbigliamento, intimo, caschi, ombrelli, pelletteria, occhiali, profumi) che completano il lifestyle Borsalino.
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L I F E S T Y L E
NEWS • TOP SHOP • MAGAZINE ON LINE
Da Settembre 2011 sul nuovo portale www.mylifestyle.it facebook: My-Lifestyle LuxuryMagazine
nUOVA mERCEDES Ml
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top car
eLEGANZA & EFFICIENZA
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Il Design La nuova generazione è immediatamente riconoscibile
Le luci diurne a LED sono integrate in un listello cromato
come Classe M per il caratteristico design della sua
all’interno del paraurti. L’ampia e più alta protezione
carrozzeria, con l’inconfondibile forma del montante
sottoscocca dal “look cromato” si estende fino al bordo
posteriore.
inferiore della mascherina del radiatore, sottolineando
Il frontale è dominato dalla mascherina del radiatore (con
così l’aspetto imponente.
Stella al centro) la cui forma possente e sicura di sé
Il profilo slanciato della fiancata sottolinea esteticamente
sottolinea il carattere tipico di questo modello.
la vocazione stradale della vettura, le cui propor-
Il nuovo design dei gruppi ottici risulta elegante e
zioni compatte sono definite dal passo lungo e dagli
innovativo, in particolare con l’Intelligent Light System
sbalzi ridotti.
(ILS), disponibile a richiesta.
Il montante posteriore, ispirato alle precedenti generazioni,
top car
permette alla vettura di distinguersi nettamente dalla
SUV. Per il mercato italiano sono previste due versioni:
concorrenza. Al tal riguardo, il profilo del tetto che
Sport e Premium.
discende verso la coda sottolinea la sportività della nuova
La gamma dei cerchi si estende dal leggero cerchio da
Classe M.
19 pollici aerodinamicamente ottimizzato fino agli eleganti
Il cristallo laterale posteriore si inserisce nel lunotto senza
e prestigiosi cerchi 20 pollici.
che il montante risulti visibile, grazie anche ai gruppi ottici
I cerchi AMG a richiesta da 21 pollici sottolineano il look
posteriori avvolgenti a LED con tecnologia in fibra ottica,
sportivo della nuova Classe M.
suddivisi in due parti, e al tetto ribassato con ampio spoiler.
Con un coefficiente di resistenza all’aria Cx pari a 0.32,
Il paraurti, con protezione integrata del bordo di carico
la nuova Classe M (ML 250 Biturbo BlueTEC) stabilisce,
dal “look cromato”, caratterizza l’aspetto della coda del
inoltre, un nuovo record in questa categoria di vetture.
gli interni I luminosi interni offrono una libertà di movimento decisamente
in avanti entrambi gli schienali posteriori, si crea un vano
superiore rispetto al modello precedente.
di carico piatto, con un volume di 2010 litri fino al cielo.
All’altezza della plancia, spicca l’ampia modanatura disponibile
Gli interni sono disponibili in quattro colori: nero, beige
in quattro varianti, in legno o alluminio, per poter assumere un
almond, grigio alpaca e marrone tabacco/marrone castagno.
aspetto più elegante-esclusivo oppure più sportivo-moderno.
Il sistema multimediale COMAND Online, con monitor a
Il cruscotto, con due strumenti circolari dal design chiaro e ben
colori ad alta risoluzione da 17.8 cm, offre per la prima
leggibile, con al centro un display da 11,4 cm, si apprezza per
volta l’accesso a Internet per la Classe M. I Clienti possono
le forme eleganti. La parte destra della plancia è dominata,
navigare a vettura ferma oppure richiamare un applicativo
al centro della vettura, dall’ampio monitor del COMAND.
Mercedes-Benz (anche durante la marcia) con ricerca
Infotainment, navigazione e comunicazione si gestiscono in
su Google™, accesso a Facebook, meteo, possibilità di
maniera intuitiva grazie al Controller sulla console centrale.
scaricare un itinerario precedentemente configurato sul
I sedili sono progettati per assicurare un comfort elevato
PC tramite Google Maps ed altri applicativi che saranno
nei lunghi viaggi e la massima tenuta laterale. Ribaltando
progressivamente introdotti.
top car
top car LA TECNICA L’equipaggiamento di serie della nuova Classe M offre un
che agisce sulle impostazioni delle sospensioni pneumatiche
comfort elevato, una spiccata maneggevolezza su strada e
AIRMATIC e della catena cinematica.
prestazioni straordinarie in fuoristrada.
La stabilizzazione attiva del rollio ACTIVE CURVE SYSTEM
L’assetto della Classe M con sospensioni meccaniche
agisce sull’asse anteriore e su quello posteriore tramite barre
dispone, per la prima volta, di un sistema di sospensioni
stabilizzatrici trasversali attive, regolandole per compensare
selettive: viaggiando ad andatura normale, su strade con
l’angolo di rollio della carrozzeria nelle curve, aumentando
poche curve o nella marcia in fuoristrada a bassa velocità,
così l’agilità e il piacere di guida.
il sistema reagisce con morbidezza mentre, in presenza
Per
di una guida più grintosa, gli ammortizzatori adottano un
l’equipaggiamento di serie comprende il sistema per il
funzionamento più rigido, garantendo un’elevata stabilità.
rilevamento di sovraffaticamento o sonnolenza del guidatore
Il pacchetto ON&OFFROAD ottimizza la dinamica e la
ATTENTION ASSIST, il sistema di sicurezza preventiva PRE-
migliorare
ulteriormente
la
sicurezza
di
guida,
sicurezza di guida in funzione delle diverse condizioni, grazie
SAFE®, la segnalazione di riduzione pressione pneumatici
a sei programmi di marcia selezionabili tramite una manopola
nonché le luci di stop adattive e il Brake Assist BAS.
I MOTORI Il downsizing dei motori, il basso Cx e gli estesi interventi
sfoggia, invece, la tecnologia della nuova generazione di
BlueEFFICIENCY, contribuiscono al raggiungimento di una
motori BlueDIRECT, con l’iniezione diretta di benzina di terza
straordinaria efficienza energetica.
generazione, l’accensione multipla “Multi Spark Ignition” e un
Per modelli diesel, disponibili esclusivamente come BlueTEC
innovativo procedimento di combustione a carica stratificata.
con tecnologia SCR per la depurazione dei gas di scarico,
L’autonomia calcolata con un pieno è particolarmente
sono fondamentali il downsizing e la riedizione del V6 CDI.
significativa: con un consumo nel ciclo di marcia europeo di
Sulla ML 250 Biturbo BlueTEC il V6 da 3,0 litri del modello
6,0 l/100 km, la ML 250 Biturbo BlueTEC 4MATIC è in grado
precedente è stato sostituito dal parsimonioso quattro cilindri
di percorrere circa 1.170 km, con il serbatoio di serie da 70
Euro 6, già apprezzato sulla Classe S.
litri, e 1.500 km con il serbatoio da 93 litri (optional).
La ML 350 BlueTEC è equipaggiata con un V6 da 3,0
L’ampia gamma di soluzioni BlueEFFICIENCY contribuisce al
litri ampiamente riveduto, omologato Euro 6, che assicura
raggiungimento di uno straordinario risparmio di carburante,
prestazioni decisamente migliori a fronte di minori consumi.
tra le quali la funzione Start/Stop di serie, il cambio automatico
Il modello a benzina ML 350 4MATIC BlueEFFICIENCY
7G-TRONIC PLUS, i cuscinetti ad attrito ridotto.
MODELLI DISPONIBILI AL LANCIO: ML 350 4MATIC BlueEFFICIENCY V6 BENZINA (€ 60.830 Sport; € 69.830 Premium) Potenza: 306 Cv (225 kW); Coppia: 370 Nm; Consumo medio: 8,5 l/100 km Velocità massima: 235 Km/h ML 250 Biturbo BlueTEC 4MATIC l4 diesel (€ 58.500,00 Sport; € 66.540 Premium) Potenza: 204 Cv (150 kW); Coppia: 500 Nm; Consumo medio: 6,0 l/100 km Velocità massima: 210 Km/h; Accelerazione 0/100 Km/h: 9.0 sec. ML 350 BlueTEC 4MATIC V6 diesel (€ 63.650,00; € 71.570 Premium) Potenza: 258 Cv (190 kW); Coppia: 620 Nm; Consumo medio: 6,8 l/100 km Velocità massima: 224 Km/h; Accelerazione 0/100 Km/h: 7.4 sec.
Fisker KARMA Karma è il primo veicolo elettrico di lusso al mondo ad alta percorrenza. La Fisker Karma mantiene l’emozione di guida delle alte prestazioni grazie al sistema EVer™ (Electric Vehicle Extended Range) che permette un’autonomia fino a 300 km .
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auto da sogno
Fisker KARMA 99
auto da sogno DIMENSIONI •Lunghezza totale: 4996 mm •Larghezza totale: 1984 mm •Altezza totale: 1330 mm •Sbalzo anteriore: 913 mm •Sbalzo posteriore: 923 mm •Interasse: 3160 mm •Carreggiata anteriore: 1692 mm •Carreggiata posteriore: 1701 mm
MOTORI Due motori elettrici posteriori, trazione posteriore con gruppo batterie installato al centro e sistema motore a combustione interna/generatore montato nella parte centrale-anteriore. •Motori elettrici di propulsione: 2 x 150 kW (totale 408 CV). •Batteria: da 200 kW agli ioni di litio posizionata sotto il pianale lungo l’asse centrale. •Motore a benzina: GM Ecotec® turbo a iniezione diretta da 264 CV e 2 litri. •Sistema di guida senza trasmissione: singola marcia fissa. •Accelerazione lineare invece che esponenziale. BATTERIA Scheda tecnica: Batteria agli ioni di litio da 22 kW/h (potenza di picco 200 kW) con una composizione al manganese molto stabile. Ricarica: La stazione di ricarica ad alta tensione utilizzata può essere facilmente installata in edifici residenziali dotati di impianto elettrico standard. Durata della batteria: 10 anni o 160.000 chilometri . Costo: Equivalente a 0,15 Euro al litro. In base alle formule SAE risulta un costo di soli 0,02 Euro al chilometro in modalità solo elettrica. Il costo medio effettivo annuo con un utilizzo della modalità solo elettrica del 67%, risulta di 0,05 Euro al chilometro. Risparmio: Dipendente dallo stile di guida. Si stima che in media in un anno si possano risparmiare oltre 1.500 euro rispetto ad un utilizzo simile con auto di lusso e motore V8. Tempo di ricarica: Dipendente dal residuo di carica nella batteria e dalla tensione utilizzata (110V, 220V o 240V), comunque compresa tra le 6 e le 14 ore. TECNOLOGIA CENTRALINA DI COMANDO: I sistemi di comando, climatizzazione, navigazione, audio/intrattenimento, telefono della Karma possono essere controllati mediante una intuitiva interfaccia touch-screen. •Indicazioni visive per le specifiche attività •Feedback aptico in risposta a tocchi e gesti •Touch-screen da 10,2” con vibrazione •Schermate che dipendono dall’applicazione •Opzioni di visualizzazione in base alle condizioni ambientali relative a data/ora/luogo •Rapidi passaggi intuitivi tra attività/modalità •Diverse modalità di interazione per diversi livelli di capacità del conducente AVVIO SENZA CHIAVE: Attivazione immediata della Karma mediante il sistema di avvio con rilevamento a distanza.
MODALITÀ DI GUIDA e prestazioni La Karma mette a disposizione due modalità di guida: la modalità trasparente per un’esperienza di guida elettrica ottimale, rilassata ed efficiente, e la modalità sport per sfruttare la potenza massima del veicolo. Modalità Sport: unisce la potenza di una batteria agli ioni di litio a un motore a combustione interna. • Velocità massima di 200 km/h • Da 0 a 100 km/h in 5,8 secondi • Percorrenza totale di 483 chilometri Modalità Stealth: Nella modalità trasparente completamente elettrica la Karma è alimentata esclusivamente da una batteria agli ioni di litio. • Velocità massima di 153 km/h • Da 0 a 100 km in 7,5 secondi • Percorrenza totale di 80 chilometri
ALLESTIMENTI E PREZZI
(iva inclusa, esclusi IPT e messa su strada)
• karma ecostandard € 102.600 • karma ecoSPORT € 112.200 • karma ecoCHIC € 118.200
auto da sogno
EDITORE Giovanni Colella editore@mylifestyle.it DIRETTORE RESPONSABILE Vincenzo Paticchio CAPOREDATTORE Annalisa Nastrini ARTICOLI REDAZIONALI Si ringraziano per la gentile collaborazione: Fulvia Venturi Alfredo Mele Andrea Biondi Teresa Guccini Luca Vissani Veronica Mitrani Sara Colombi Barbara Ferrieri Gianluca Capaldo Alessandro Busonero Davide Conti Laura Ciuccatosti Patrizia Carpita Isabella Brusco Annamaria Duvia Antonella Chiesa Simona Paletta redazione@mylifestyle.it IMPAGINAZIONE E GRAFICA Plus - Comunicazione & Eventi FOTOLITO, ALLESTIMENTO E STAMPA Martano Editrice
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MY LIFESTYLE N. 10 Summer 2011 Credits immagine di copertina: © Ferretti S.p.A. www.ferrettigroup.com Autorizzazione del Tribunale di Lecce: n. 1003 del 24/10/2008 È vietata la riproduzione parziale o totale di articoli e immagini senza la preventiva autorizzazione scritta da parte dell’editore
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LECCE Via Oberdan 99
GALLIPOLI Via Cavalieri di Rodi 2/b
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Torre del Parco - viale Torre del Parco, 1 - Lecce
Domenica 19 Aprile - h 17,00 / 21,00
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