MY LIFESTYLE n° 11

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LUXURY MAGAZINE Periodico Trimestrale N째 11 - FALL/WINTER 2011 EURO 6,50

CROCIERE

Magici Itinerari al Sole

NUOVA LANCIA THEMA Il Gusto del Made in Italy

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Ernesto Gismondi

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ernesto gismondi

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sommario artemide dai missili alle lampade di design

ernesto gismondi top manager

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lifestyle

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una vita da style coaching intervista a carla gozzi, maestra di stile

musica

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l’anima elegante di mario biondi storia e successi della voce più black d’italia

alta cucina

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un masterchef d’eccellenza dietro i fornelli con carlo cracco

abitare

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interior designer professione: progettare ed arredare con stile

travel

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crociere magici itinerari al sole

ambiente top selection

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l’energia rinnovabile è il futuro ambientefuturo, per una proposta di qualità, professionalità e rispetto del territorio

comunicazione top selection

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una banca, il territorio, le sue eccellenze banca popolare pugliese ed il nuovo spot girato da edoardo winspeare

salute top selection

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la salute a portata di click la rivoluzione culturale di I&T è bancomed

wine top selection

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una vendemmia a cinque stelle le eccellenze di angelo maci, enologo e patron di cantine due palme

travel

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un lago...di emozioni la provincia di como, concentrato di bellezze

luxury

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marinella l’eleganza di un nodo

top car

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nuova lancia thema il meglio dei due mondi

auto da sogno

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pagani huayra

photo

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intolerance zero

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Top MANAGER

ernesto gismondi Dai missili alle lampade di design ARTEMIDE Ingegnere aeronautico e missilistico, con interessi svariati dall’arte alla politica, allo sport, Ernesto Gismondi è uno dei più importanti imprenditori italiani nel mondo. Il Gruppo Artemide (fondato nel ’59 con l’architetto Sergio Mazza) è oggi leader mondiale nel settore dell’illuminazione residenziale e professionale d’alta gamma. Con sede a Pregnana Milanese, ha un’ampia presenza distributiva internazionale, in cui spiccano gli showroom monomarca nelle più importanti città del mondo e gli shop nei più prestigiosi negozi di illuminazione e di arredamento. Dagli anni ’90, con il lancio della filosofia The Human Light, promossa da Carlotta de Bevilacqua, Artemide ha rivoluzionato il modo di concepire e sviluppare i propri prodotti in funzione dell’uomo e del suo benessere. Artemide è oggi sinonimo di Design, Innovazione e Made in Italy. Immagini di doversi presentare ai nostri lettori. Chi è Ernesto Gismondi? «Sono nato a Sanremo nel giorno di Natale del lontano 1931. Nel 1957 mi sono laureato in Ingegneria Aeronautica al politecnico di Milano e due anni dopo ho conseguito la laurea in Ingegneria Missilistica alla Scuola Superiore di Ingegneria di Roma. Subito dopo la laurea, ho cominciato a lavorare nel campo della missilistica, con ottimi risultati. L’azienda per cui lavoravo mi fece un contratto per cinque anni, con la clausola che non avrei potuto lasciare prima della scadenza. Vi chiedete come sia stato possibile passare dai missili alle lampade…».

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ernesto gismondi

L’Ing. Ernesto Gismondi

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Artemide Lotek (Javier Mariscal - 2011)

Ebbene si, come è avvenuto questo passaggio? Come è nato il suo “impero della luce”? «Ad un certo punto, seppur ancora appassionato di missilistica, decisi che volevo realizzare qualcosa di mio e, capendo bene che non potevo mettermi, con le mie esigue disponibilità economiche, a progettare e produrre missili, mi dedicai, a partire dai primi anni ’60, alla progettazione ed alla produzione di apparecchi per l’ illuminazione, fondando, con il designer Sergio Mazza, Studio Artemide S.a.s., dal quale si svilupperà, poi, il Gruppo Artemide». Ernesto Gismondi tra imprenditorialità e famiglia. Quali le differenze? Come si riesce ad armonizzare questi due mondi, a volte, ai suoi livelli, così inconciliabili? «Il mio lavoro prevede un grosso impegno in Italia ma anche e soprattutto all’estero, mi riempie la giornata e la vita, costringendomi ad orari di lavoro assurdi e a trasferte lunghissime. Allo stesso tempo, ho sempre pensato che la mia professione fosse conciliabile con la vita privata e ho creduto nella possibilità di avere una famiglia. Le difficoltà sono state tante e non nego che ci siano stati dei problemi nella sua gestione, ma si è trattato di problemi personali, non legati alla mia professione ed ai suoi ritmi». Il brand della sua azienda in tutto il mondo significa innovazione e qualità della luce. Quali sono gli ingredienti per raggiungere questi risultati? «Il principale ingrediente del nostro successo è stato il desiderio di soddisfare i bisogni dei consumatori, dovunque e chiunque essi fossero. La strada è stata quella dell’andare a

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ernesto gismondi

cercare gli amanti del design nel mondo. La mia azienda, a seguito di un boom in Italia, ha creduto fortemente nell’esportazione dei propri prodotti. Abbiamo “sguinzagliato” nostri agenti in tutto il mondo ed ora Artemide ha 17 società (di cui l’ultima è in India). Abbiamo creduto che fosse necessario e lungimirante conoscere i paesi, studiare la loro cultura, trovare designer del posto, introdurre la nostra filosofia con sensibilità e tatto. Non è stata una cosa facile: esistono paesi che credono molto nel design, e altri che, per cultura, non lo accettano. Ancora oggi, vendere i nostri prodotti in Cina è un miraggio. Ma, al contrario, siamo arrivati in tantissimi paesi del mondo. Quest’anno Artemide supererà i 130 milioni di euro di fatturato». Avete sempre puntato sulla ricerca… «Esattamente. La ricerca dell’eccellenza nelle performance dei prodotti è sempre stata un fattore chiave del successo dell’azienda. I fronti della ricerca Artemide coinvolgono tutto quanto compone un apparecchio di illuminazione e riguardano le sorgenti luminose innovative; l’utilizzo di materiali eco-compatibili; il sistema di controllo della qualità; il perseguimento del benessere dell’uomo. Cuore di queste attività è il Centro di Innovazione Giacinto Gismondi di Pregnana Milanese. Con le sue divisioni di ottica, progettazione elettronica, materiali e sorgenti luminose, il Centro di Innovazione Giacinto Gismondi sviluppa e mette a punto ogni nuovo prodotto dalla sua concezione sino alla produzione industriale, garantendo i migliori risultati in termini di qualità e conformità agli standard internazionali. Alcune delle più recenti

Artemide Boalum (Livio Castiglioni e Gianfranco Frattini - 1970)



ernesto gismondi

Nella pagina a fianco: Artemide Copernico (Carlotta de Bevilacqua - 2010)

linee di prodotto ad alto contenuto tecnologico sviluppate dal Centro sono la gamma di lampade a sorgente LED, il sistema di illuminazione Metamorfosi e la linea My white light». Le luci di Artemide vanno al di là del connotato funzionale dell’illuminare: non a caso i prodotti Artemide fanno parte delle più rappresentative collezioni di design, come quelle del Victoria and Albert Museum a Londra e del MOMA e del Metropolitan Museum a New York. Dove dovrebbe andare il design, quali sono le tendenze e le prospettive future? «Viviamo nel tempo della globalizzazione. Parlare di globalizzazione oggi non significa soltanto parlare di mercati aperti, ma di inserimento di popoli nuovi, di culture differenti, di usi diversi. Credo che il design debba continuare sulla strada della “comprensione” e decifrazione dei mercati. Occorre, come dicevo prima, andare nei posti, assorbirne l’aria, realizzare prodotti che rispecchino quella cultura, senza perdere l’ identità aziendale». Come imprenditore ha ricevuto importanti riconoscimenti, dal Premio Compasso d’Oro alla Carriera all’European Design Prize. C’è un sogno, personale o professionale, che non ha realizzato? Quale premio (anche simbolico) vorrebbe raggiungere? «Sono stato un uomo molto fortunato. Lei ha ricordato i premi, ma nella mia vita le grosse soddisfazioni le ho ottenute dai prestigiosi incarichi che ho avuto e gli importanti ruoli che ho ricoperto. Sono stato vice presidente dell’ADI – Associazione Design Industriale - e ho ottenuto numerose cariche nell’ambito dell’Associazione Industriale Lombarda (Assolombarda),

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Top MANAGER

Federmeccanica, Confindustria, Ente Autonomo Fiera di Milano e presso il Ministero per l’Università e la Ricerca. Sono membro del Comitato Scientifico didattico dell’I.S.I.A. (Istituto Superiore per le Industrie Artistiche/Industrial Design) di Firenze, con nomina del Ministero della Pubblica istruzione, del Collegio dei Probiviri del COSMIT (Comitato Organizzatore del Salone del Mobile di Milano) e del CNEL, su designazione della Presidenza della Repubblica. Sono stato Vicepresidente di Confindustria. Ho lavorato al massimo livello possibile. Non c’è nulla, sul piano professionale, che non abbia desiderato e che non abbia ottenuto». E sul piano più strettamente personale? «Che dire. Mi viene in mente, essendo appassionato di mare e di regate, che desidererei una barca più grande, con cui vincere qualche regata in più. Ovviamente, sto scherzando. Credo che sia corretto, oggi, da parte mia, non voler chiedere nulla di più». Gismondi e Artemide Group. Cosa prevede per il futuro di entrambi? «Sono un uomo anziano ed ho un fisico che risente dell’età, e chiede di poter vivere in maniera più tranquilla. Sono pronto a fare un passo indietro e i miei figli sono pronti a subentrarmi. Artemide, invece, continuerà a crescere, conta di andare in borsa (c’era stato un tentativo già in passato, ma ci siamo dovuti fermare) nel momento in cui la situazione generale della finanza ci metterà nelle condizioni di poterlo fare, per poter avere i mezzi per fare operazioni di un certo livello e per consolidare la nostra posizione sul mercato internazionale».

Artemide Tolomeo (Michele De Lucchi e Giancarlo Fassina - 1987)



Una vita da style coaching Intervista a Carla Gozzi, maestra di stile Il suo volto, conosciutissimo a milioni di telespettatori in Italia, è sinonimo di classe, stile, ed eleganza. Capelli platinati, abiti bon ton, silhouette invidiabile, stile rigoroso, Carla Gozzi, alias Carlà in onore alla première dame francese, è uno dei personaggi più interessanti nel panorama televisivo italiano. Da sempre, come lei stessa sostiene, “inzuppata nel fantastico mondo della moda” (product manager di Ermanno Scervino e in precedenza del gruppo Burani e Max Mara), la sua agenda personale è cadenzata dalle date della Camera della Moda, delle sfilate, dei periodi di ricerca trend, di eventi. L’unico strappo alla regola per il tempo libero riguarda la famiglia, composta dal compagno Richard Bryan ed i loro animali domestici. Ha lavorato in passato come assistente per grandi stilisti, imprenditori, uomini e donne dello spettacolo, gente dalle personalità complesse, stimolanti, energiche e instancabili. Come lei del resto. Nel 2009 comincia la sua attività come fashion blogger, in network con colleghi di fama internazionale, partecipa a sfilate come opinionista e realizza servizi su prodotti e collezioni. Il suo blog diventa uno fra i più cliccati fra le fashion victims e coloro che hanno bisogno di consigli, opinioni, riferimenti sul look e lo stile. Oltre al lavoro di style coach per managers e privati, nel 2010 nasce la “Carla’s Academy”, corsi di quattro livelli, interamente dedicati allo stile personale e al suo raggiungimento, corsi per personal shopper e per stilisti, venditori, rappresentanti. La sua longeva esperienza nel fashion e la personale attitudine di style coaching la catapultano nell’avventura della trasmissione televisiva “Ma come ti vesti?!”, condotta insieme a Enzo Miccio (già protagonista di “Wedding Planners”) e prodotta per Discovery Real Time da Magnolia, dal format BBC “What not to wear”. Ogni puntata inizia con la richiesta d’aiuto da parte dei “mandanti”, amici o parenti, che desiderano regalare un nuovo look a una persona cara. Il protagonista, dopo

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Š PHOTO: Jerry Lee Ingram

lifestyle


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lifestyle

essere stato “spiato” dalle telecamere a sua insaputa, incontra i due esperti di stile che commentano il look e danno consigli per migliorare l’aspetto e per valorizzare i punti di forza. Da lì inizia una strabiliante avventura alla ricerca di un look più grintoso e convincente. Le mani esperte del hair stylist e del make-up artist sono il tocco di classe finale di una splendida trasformazione. Carla Gozzi è inoltre co-autrice del primo manuale di stile di “Ma come ti vesti?!”, sul mercato da ottobre 2010 ed edito da Rizzoli. Come nasce Carla Gozzi “maestra di stile”? Come e quando si sviluppa la sua passione per la moda? E quando è finalmente diventata la sua professione? «La mia passione per la moda l’ ho scoperta al collegio, quando, rimasta inorridita dai grembiuli neri che dovevo indossare, mi dissi “c’è bisogno di estetica, bellezza”. E gli studi successivi li orientai all’arte ed alla moda». Cos’è, secondo Carla Gozzi, la moda? E cos’è lo stile? «Lo stile è comunicare se stessi per immagini, forme e colori. La moda è lo specchio dei tempi ed è lo strumento dal quale scegliere i pezzi per completare il proprio stile». Nel corso della sua carriera, ha avuto la possibilità di incontrare e lavorare con nomi importanti del mondo dello spettacolo e della moda. Cosa le hanno lasciato? «Ho collaborato con tantissime persone di talento ed importanti, tutte a loro modo mi hanno trasmesso dedizione al progetto intrapreso, visione ed energia. Da ognuno di loro ho imparato che senza la passione non accade nulla!». My Lifestyle, nei mesi scorsi, ha ospitato tra le sue pagine il suo collega Enzo Miccio. Com’è lavorare al suo fianco? E com’è stata, più in generale, l’esperienza televisiva di “Ma come ti vesti?!”? «Lavorare con Enzo è molto divertente, ha un senso dell’ ironia tipicamente napoletano. Ci divertiamo molto insieme e credo che questo traspaia anche ai nostri telespettatori. Il set televisivo è incredibilmente mutevole tutto può accadere in pochi secondi. La definirei un’esperienza unica». Guardando la trasmissione, si ha l’impressione che esista ancora molta gente che non ha cura della propria immagine e del proprio corpo. A cosa imputa questa tendenza che si sta facendo, purtroppo, sempre più imperante? «Molte persone non curano l’ immagine convinte che sia superficiale. E costoso. Invece nei primi 5 secondi gli altri ci

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giudicano solo osservando come siamo vestiti e ribadisco che si può ottenere un proprio stile anche con un budget limitato». Dovesse aiutare una donna a riempire da zero il suo guardaroba, quali capi e quali accessori non dovrebbero assolutamente mancare? «Ecco i miei “mai più senza” per il guardaroba di una donna: almeno 3 tubini neri (uno da giorno, uno da sera ed il terzo da cocktail), la collana a 3 fili di perle, il decolleté altissimo nero e color nudo, la fusciacca in tessuto o eco, il trench color kaky, la blusa anni ‘40». Com’è invece il suo look? Lei, Carla Gozzi, “come si veste”? «Il mio look è il mio stile personale da sempre, rigoroso e mai troppo lezioso. Sarà retaggio del collegio? Mi si riconoscono abitini e due pezzi con gonna e blusa, calzature alte e assenza completa di bijoux». Da Carla Bruni a Kate Middleton, da Charlene Wittstock a Michele Obama, quali donne dello spettacolo ritiene siano ben vestite? «Adoro lo stile di Olivia Palermo, Vicktoria Beckam». E le italiane? Cosa pensa dello stile delle donne di spettacolo nostrane? Quali sceglierebbe nella sua personale classifica di gradimento? «Le italiane sono un vero disastro! L’unica che non getterei nel bidone è Victoria Cabello…». Negli ultimi due/tre anni abbiamo visto la Canalis sui red carpet di tutto il mondo… «La Canalis non trasmette né bellezza né eleganza! Nonostante sia indiscutibilmente una donna attraente. Quando non si è “confident” con noi stesse il risultato è quello ottenuto da lei nelle apparizioni pubbliche». A proposito di Italia, come giudica oggi la moda italiana? «La moda italiana ha bisogno di giovani. È un paese dove l’arte e il talento si sprecano, tuttavia dei veri nuovi nomi non escono. Credo molto in un caro amico e designer, Gabriele Colangelo, che sta avendo incarichi importanti oltre a disegnare la sua linea. Incrociamo le dita per il suo futuro!!». Un’ultima domanda su di lei. Torneremo a vederla nei panni della maestra di stile? Ha altri progetti in cantiere che vorrebbe anticipare ai nostri lettori? «Io non mi fermo mai, ho sempre mille progetti tutti coerenti a ciò che sto facendo e che porto avanti con tenacia...Ma tutto si svelerà il primo gennaio 2012».

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musica

L’ANIMA ELEGANTE DI MARIO BIONDI

Storia e successi della voce più black d’Italia Una voce calda, profonda, sensuale, eppure limpida e sicura: Mario Biondi, all’anagrafe Mario Ranno, ha coltivato con cura e pazienza la sua passione musicale, a partire dagli ascolti fatti già in tenerissima età accanto al padre cantante, Stefano Biondi, in ricordo del quale Mario ha assunto l’attuale nome d’arte. Tante diversissime esperienze sono valse a formare il grande artista d’oggi: dai cori in chiesa ai turni nelle sale di registrazione per etichette di nicchia, senza trascurare lo studio e il perfezionamento della lingua inglese, lui, catanese per nascita e per indole. La sua assoluta naturalezza espositiva e la sua voce l’hanno consacrato nel gotha del soul, antesignano del modern sound che mutua dal jazz, lo scompone e lo ricompone in archetipi black particolarmente accattivanti. Appassionato di musica soul sin da piccolo, dal 1988 apre alcuni concerti di interpreti ed autori del panorama internazionale, primo tra tutti Ray Charles. Ma l’opportunità più grande gli si prospetta con la pubblicazione in Giappone del singolo This is what you are, che rimbalza sulla consolle di Norman Jay, celebre dj della BBC1, che, innamorato del pezzo, lo rilancia per tutta Europa.

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Nel 2006 esce il primo album, Handful of Soul. Il disco si articola in 12 brani, alcuni inediti ed altri tratti dal repertorio classico: una scelta accurata dalla quale Mario ha escluso gli standard più frequentati. L’esordio è accolto subito con grande calore dal pubblico tanto quanto dagli addetti ai lavori così da conquistare ben quattro dischi di platino in pochi mesi. Da lì si sviluppa una carriera di grande successo. L’anno successivo è particolarmente intenso per Biondi e lo vede impegnato su più progetti d’ampio respiro: partecipa al festival di Sanremo nelle vesti di ospite big duettando con Amalia Grè nella canzone in concorso Amami per sempre. E sempre del 2007 è la pubblicazione del doppio live I love you more, nel quale Mario canta affiancato dalla Duke Orkestra. Anche questo nuovo album si rivela presto un successo discografico, conseguendo 2 dischi di platino. Il lavoro include la ghost track This is what you are, uno dei brani più amati del repertorio dell’artista catanese. Dopo questo straordinario successo, una nuova, divertente prospettiva: l’interpretazione di due brani della colonna sonora del rifacimento del grande

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musica


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musica

classico disneyano del cinema d’animazione “Gli Aristogatti”: le canzoni Everybody wants to be a cat (“Tutti quanti voglion fare il jazz”, nella versione italiana) e Thomas O’Malley (“Romeo il gatto del Colosseo”). È di questo periodo, su invito di uno dei più grandi compositori del XX secolo, Burt Bacharach, una nuova partecipazione sanremese in duo con Karima Ammar nella canzone Come in ogni ora. Mario duetta inoltre con Renato Zero nel brano Non smetterei più, incluso in Presente, ultimo album di inediti dell’artista romano. If, pubblicato nel 2009, è il secondo album di inediti di Mario Biondi, lavoro che inaugura la collaborazione con la sua nuova etichetta, Tattica. Il disco, registrato tra Roma e Rio de Janeiro e anticipato in radio dal singolo Be lonely, canzone che vanta una permanenza di mesi nell’air-play dei maggiori network nazionali, si caratterizza per il respiro internazionale del progetto artistico e della produzione, avvalorati dal prezioso contributo degli archi registrati a Londra dalla Telefilmonic Orchestra London e da musicisti tra i più affermati del panorama mondiale: da Herman Jackson (piano) a Michael Baker (batteria), da Jacqués Morelenbaum (violoncello) a Ricardo Silveira (chitarra), da Sonny Thompson (basso e chitarra) a Lorenzo Tucci (batteria), da Fabrizio Bosso (tromba) a Giovanni Baglioni (chitarra). In questo lavoro Biondi dà vita a un soul-jazz caldo e passionale, che sa interpretare con accenti ironici. La collaborazione con Burt Bacharach, nata in occasione del duo con Karima al Festival di Sanremo 2009, si approfondisce ed arricchisce con un dono, generoso e prezioso, di Bacharach a Mario: il brano Something that was beautiful, inserito tra le tracce del disco. If consacra Mario Biondi al grande pubblico e si traduce in un nuovo successo di vendita, vincendo 3 dischi di platino e raggiungendo, con la pubblicazione in digitale (distribuzione Kiver/Tattica), un vero e proprio record di permanenza in classifica iTunes: per oltre 2 mesi risulta infatti tra i dieci album più venduti dal primo canale digitale italiano. La fama internazionale di Biondi è confermata anche dal fatto d’essere uno tra i primissimi artisti italiani ad avere un profilo su Ping, il social network di iTunes, lanciato nel settembre del 2010. Ed a questa fama è da ascrivere una nuova, prestigiosa collaborazione artistica: quella con Bluey, leader degli Incognito, che ha remixato No’ Mo’ trouble, un brano estratto da If, in vetta all’air play radiofonico italiano per tutta l’estate. Bluey, entusiasta di questa prima collaborazione, ha chiesto a Mario di partecipare al disco con il quale la storica band festeggia i suoi trent’anni di carriera interpretando due canzoni: un duetto

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insieme a Chaka Kahn e un brano da solista (Can’t get enough), osannato dalle radio londinesi. Mario torna a vestire i panni del doppiatore di personaggi d’animazione e di interprete delle loro canzoni nell’autunno 2010, con la partecipazione al film disneyano “Rapunzel” - l’intreccio della torre, in cui presta la sua voce al brigante dal cuore tenero Uncino, e ancora nell’aprile 2011, diventando il cattivissimo pappagallo Miguel nel film “Rio”. Il 26 novembre 2010 esce per Tattica il doppio live Yes, you, una testimonianza del tour estivo che Biondi ha portato sui maggiori palchi italiani, registrando il tutto esaurito. Il 21 maggio 2011, per il suo quarantesimo compleanno, ha inaugurato con un sold out al Gran Teatro di Roma il nuovo Tour, con la Big Orchestra da 40 elementi, proprio come 40 sono i suoi anni. Uno spettacolo completamente nuovo, con nuovi arrangiamenti che rispolverano la natura jazz di Mario Biondi, in cui protagoniste assolute sono la musica e la sua inconfondibile voce, calda ed elegante. Mario Biondi ha da poco pubblicato il suo ultimo doppio album: Due.




alta cucina

Vicentino di nascita e milanese d’adozione, è uno dei cuochi italiani più creativi e riconosciuti a livello internazionale, premiato dalle più prestigiose guide gastronomiche per il suo ristorante di via Victor Hugo, a pochi passi da piazza Duomo a Milano. Carlo Cracco è un professionista fra i più rappresentativi del “made in Italy” gastronomico, apprezzato nel mondo grazie alla personalità inconfondibile delle sue ricette, opere d’arte gastronomiche tanto godibili alla vista quanto al palato. Nato a Vicenza nel 1965, ha frequentato l’I.P.C. a Recoaro Terme, vicino Vicenza, che fa parte dell’Associazione Europea delle Scuole Alberghiere e del Turismo. Nel 1986 ha cominciato la sua carriera professionale da Gualtiero Marchesi a Milano, il primo ristorante italiano che ha raggiunto le tre stelle Michelin e un notevole riconoscimento dalla guida dei ristoranti Michelin. In seguito ha lavorato presso la “Meridiana” di Garlenda (Savona), di appartenenza alla catena dei Relais & Chateaux. Ha vissuto per 3 anni in Francia dove ha imparato la cucina francese da Alain Ducasse (Hotel Paris) e Lucas Carton (Paris, Senderens). È poi tornato in Italia, a Firenze, dove è stato primo Chef presso l’Enoteca Pinchiorri. Durante la sua conduzione ha ottenuto le tre stelle Michelin. Gualtiero Marchesi lo ha chiamato per l’apertura del suo ristorante L’Albereta”, Erbusco (Brescia), dove Cracco ha lavorato come Chef per tre anni. Subito dopo ha aperto “Le Clivie” in Piovesi d’Alba (Cuneo), il quale, solo dopo un anno, ha guadagnato la stella Michelin. Successivamente, ha accettato l’invito della famiglia Stoppani, proprietaria del negozio di gastronomia più famoso di Milano del 1883, per l’apertura del ristorante Cracco Peck, dove

Un masterchef d’eccellenza Dietro i fornelli con Carlo Cracco

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Cracco oggi lavora come Chef Executive. Il ristorante è aperto dal 2001 in un edificio elegante nel centro di Milano e la sua cucina rivisita in modo contemporaneo le specialità tradizionali milanesi, guadagnando le due stelle Michelin, 18,5/20 Espresso e 3 forchette per il Gambero Rosso. Dal 2007 è tra i 50 migliori ristoranti al mondo. Da Luglio 2007 è unico proprietario del ristorante. Stupire il commensale con sempre nuove creazioni è la sua gioia, rivoluzionando con semplici ed essenziali invenzioni piatti classici, come l’insalata russa, che caramellata diventa un piatto di grande glamour, o il tuorlo d’uovo marinato, simbolo dell’ossessione dello chef per questo alimento, un piatto che si mangia in un solo boccone, ma che richiede invece una preparazione lunga ed elaborata, quasi fosse un esperimento scientifico, una vera e propria magia per il palato. Cracco definisce la sua una cucina cerebrale e di cuore, un atto d’amore basato sul grande rispetto per il cibo, perché la ricerca costante non si separa mai dalle emozioni gustative. Come nasce Carlo Cracco chef? Come e quando è nata la sua passione per l’alta cucina? «A differenza di molti miei colleghi non nasco “chef ”. La passione per la cucina è nata col tempo. Frequentavo l’ istituto alberghiero a Vicenza, ma avevo “quattro” in cucina. Non mi entusiasmava, non mi attraeva. Sono stato bocciato, e ho cominciato a lavorare presso un ristornate della mia città. Lì, a quattordici anni, tra i fornelli e gli ingredienti, ho cominciato a sentire il fuoco sacro della passione. E non ho più smesso».

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alta cucina

È oggi uno dei più apprezzati e famosi chef del panorama nazionale e internazionale. Come, se è accaduto, questa popolarità in giro per il mondo ha influenzato il suo modo di fare cucina? «È accaduto esattamente il contrario. Non soltanto le mie trasferte all’estero e il successo che ho raggiunto in altri paesi non hanno influenzato il mio modo di fare cucina, ma forse, paradossalmente, hanno contribuito a farmi ancorare maggiormente alle mie radici italiane. Più conosco le altre cucine, e più mi innamoro della mia. La nostra, a differenza della nouvelle cuisine o della cucina spagnola, è una cucina strutturata, che declina gli ingredienti in infiniti modi. La ritengo, per questo motivo, la più adatta al mio modo di cucinare: a voler analizzare le ricette di un tempo, ad esempio, c’è materiale da rielaborare sufficiente per decenni senza ripetersi…». La sua filosofia prevede che vengano ripresi piatti tipici della cucina territoriale, rivisti in chiave contemporanea. Perché questa scelta, ad esempio, di proporre nei suoi ricercati menù anche la cotoletta alla milanese? «Prima parlavamo della mia italianità. In realtà, come giustamente sottolinea lei, più che italiano, mi sento addirittura un lombardo. Amo riprendere i piatti della mia regione, il risotto o la cotoletta alla milanese. Penso che chiunque entri nel mio ristornate, a Milano, pretenda di trovare piatti tipici della città. Poi, è ovvio, questi piatti vanno rivisti e rivisitati. In fondo, non si mangia più come una volta, per cui la cotoletta che si faceva grande, a orecchia di elefante, è diventata piccola.

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alta cucina

L’ importante è conservare il gusto e le caratteristiche del piatto: carne, uovo, pane e la cottura con burro chiarificato e olio. È la stessa cosa, solo che cambia la forma: tagliando la carne a cubo poi, rimane un po’ più rosa, ed è molto più buona di quella troppo cotta. Forse siamo riusciti perfino a migliorare la cotoletta, e soprattutto a renderla più attuale». Ho letto in una sua intervista che, secondo lei, il piatto principale è il secondo, da cui discendono o risalgono tutte le altre portate. Ci può spiegare meglio questo suo punto di vista? «Non è esattamente così. Forse in quell’ intervista non sono riuscito ad esprimere bene quello che intendevo. Volevo dire che spesso la cucina italiana tende a considerare il “primo” come il piatto principale. E non è così, anche un secondo può esserlo. Personalmente, credo molto nei “piatti unici”, come piatto principale. Sono tutti piatti abbastanza completi: se ne possono preparare due o tre, magari scegliendone uno a base di verdura, uno con le uova e uno di pesce: così si compone un menu in cui non c’è nemmeno bisogno di mangiare il pane. È quello che chiamo solitamente il “panettone gastronomico”». Si sente un cuoco dolce o salato? «Mi sento un cuoco agrodolce. Spesso mi è stato detto che nei miei menù i dolci hanno un ruolo da comprimari, ma non è così». Se dovesse consigliare ai nostri lettori un menù autunnale… «Non ho un vero e proprio menù da consigliare. L’autunno offre tanti e tanti prodotti di stagione

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che potrei stilare una lista di menù. Penso ai funghi, alla cacciagione, alla zucca, alle castagne, alle verdure e agli ortaggi di stagione. C’è l’ imbarazzo della scelta…». Negli ultimi anni, la passione culinaria ha coinvolto ed invaso il piccolo schermo. Anche lei ha partecipato ad un talent sulla cucina, “Masterchef Italia”, sul canale Vivo della piattaforma Sky. Cosa ne pensa, in realtà? Pensa che possano essere davvero una fucina per nuovi talenti? «C’è da fare una precisazione importante. Non si diventa chef in tre mesi, è un mestiere che si impara con tanta gavetta e tanta esperienza sul campo. Pensare che qualcuno, seppur appassionato, possa diventare uno chef di livello dopo così poco tempo e con così poca esperienza, è impensabile. Sono, tuttavia, favorevole a questi programmi, perché ritengo che possano far veicolare una cultura, quella culinaria, troppo spesso ai margini dell’attenzione dei media. I giovani devono sapere cosa c’è dietro ai fornelli, la passione e la sacralità della cucina, l’ impegno e la dedizione, la bellezza di questo mestiere. E se un programma televisivo può contribuire a far passare questo messaggio, beh, allora ben venga». Che cosa ci dobbiamo aspettare per il futuro da Carlo Cracco? Cosa prevede la sua agenda? «La mia agenda prevede ancora lunghe trasferte in giro per il mondo. In realtà non accadrà nulla di diverso da quello che è accaduto negli ultimi vent’anni. Posso garantire, questo sì, un costante lavoro di ricerca, che fa tesoro della tradizione come una sorta di trampolino per balzare verso nuove scoperte del gusto, dando forme nuove e sorprendenti ad una ricetta».




abitare

INTERIOR DESIGNER

PROFESSIONE: PROGETTARE ed arredare CON STILE Un tempo costruire una casa significava semplicemente mettere su quattro mura, organizzare gli spazi, renderla funzionale alle proprie esigenze quotidiane. Oggi, in un mondo che vive di design e segue le tendenze dell’estetica e del gusto, costruire non basta. Occorre anche saper arredare e gestire gli spazi con stile e personalità. Che si tratti di una villa in collina o di un appartamento in città, non si può più prescindere da una figura professionale, quella dell’Interior Designer, che negli ultimi anni si sta ritagliando un ruolo di primissimo piano nel settore dell’arredamento e della progettazione di interni. L’Interior Designer “risolve creativamente i problemi attinenti la funzione dell’ambiente interno ed esegue servizi che includono programmazione, studio del progetto, progettazione del sito, estetica ed ispezione del lavoro, impiegando la propria pratica e conoscenza specializzata circa la costruzione d’interni, il sistema edilizio e i componenti, le norme edilizie, l’attrezzatura, i materiali e l’arredamento”. Otre agli aspetti più squisitamente tecnici, l’Interior Designer, poi, sa modulare e comporre la dimensione di arredi, luci e colori, cogliendo le tendenze del gusto e l’evoluzione degli stili nel contesto culturale e sociale, e interpretando le esigenze e le aspettative del cliente. La sua figura professionale si propone a chi desidera un’abitazione esclusiva o a chi, acquistando in fase di costruzione, desidera personalizzarne il look o, infine, a chi vuole, tramite un intervento di restyling, riqualificare uno spazio abitativo o di lavoro.

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abitare

Ne parliamo con Sebastiano Raneri, Presidente di AIPi, Associazione Italiana Progettisti d’ interni, che, nata a Milano nel 1969, è oggi l’unica associazione di categoria in Italia che qualifica la professione di Progettista d’Interni - Interior Designer - con l’obiettivo di migliorarne costantemente la qualità e valorizzarne l’immagine e la presenza nel contesto economico. L’Associazione da diversi anni ha assunto un ruolo da protagonista nel mondo dell’architettura degli interni e del design in generale, profondendo molto impegno per aumentare la propria visibilità nel mondo dell’Interior Design nazionale ed internazionale. Dott. Raneri, presiede l’Associazione che da più di quarant’anni è in Italia il punto di riferimento per tutti i professionisti nella progettazione di interni. Verso quali linee direttrici si sviluppa l’AIPi? «L’Associazione che presiedo, nata nel lontano 1969, ha come obiettivo la valorizzazione e l’ istituzionalizzazione della figura dell’Interior Designer in Italia. Il nostro è, infatti, uno dei pochi paesi in Europa in cui la figura professionale dell’Interior Designer non è ancora formalmente riconosciuta. Attendiamo per i prossimi mesi il decreto che regolarizzi questa situazione. Quello che chiediamo è la ristrutturazione degli ordini professionali e il riconoscimento delle associazioni professionali». Chi è un Interior Designer? Quali sono le sue specifiche e quali gli studi effettuati? «L’Interior Designer è quel professionista che risolve creativamente i problemi attinenti la funzione dell’ambiente interno ed esegue servizi che includono

programmazione,

studio

del

progetto,

progettazione del sito, estetica ed ispezione del lavoro, impiegando la propria pratica e conoscenza specializzata circa la costruzione d’ interni, il sistema edilizio e i componenti, le norme edilizie, l’attrezzatura, i materiali e l’arredamento. È un professionista che basa la sua attività su una costante ricerca nel settore dei materiali. Come dico spesso ai miei studenti, “siamo preti che celebrano matrimoni impossibili”, perché mettiamo insieme materiali che apparentemente sembrerebbero non essere in sintonia. Ma lo facciamo perché ne conosciamo bene le caratteristiche e le possibilità. Per quanto

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riguarda la formazione, un Interior Designer può conseguire una laurea in architettura d’ interni, oppure seguire uno dei tanti corsi organizzati da scuole professionalizzanti». La figura dell’Interior Designer evoca quella di un progettista di case o strutture molto lussuose, architetture di grandi dimensioni e con possibilità infinite per la scelta dei materiali e dei complementi d’arredo. Quanto è vera questa affermazione? Quanto, invece, si discosta dalla realtà? «Spesso nel mio studio entrano persone con delle riviste sotto il braccio e mi dicono “mi piacerebbe realizzare questa casa”. Si, è vero, spesso la nostra figura è legata ad immagini di case lussuosissime, e la gente pensa di dover avere bisogno di noi soltanto in casi come questi. In realtà, l’Interior Designer può progettare anche la cuccia del cane. L’ importante è farlo col giusto mix di stile, gusto, ricerca dei materiali ed innovazione». In un periodo di grande difficoltà economiche, come trovano spazio queste figure professionali così specifiche? «In Italia stiamo vivendo una crisi molto strana. Si, è vero, ci sono grossi problemi di liquidità, ma il tenore e gli stili di vita non si sono modificati radicalmente. Bisogna considerare il contesto di riferimento. Le persone con grosse disponibilità di denaro ci sono sempre, e sono loro, principalmente, che si rivolgono a figure professionali specializzate. Poi non dimentichiamo che la nostra professionalità è richiesta anche fuori dai contesti europei, in India, Cina, Brasile. Quindi la situazione economica italiana non è determinante». In che modo le recenti tecnologie della domotica e l’interesse sempre più crescente verso il risparmio energetico influenzano le scelte del Progettista di Interni? Come sarà lo spazio vissuto del futuro? «Sarà uno spazio caratterizzato da ricerca ed innovazione. Come associazione, siamo stati tra i primi a portare la domotica nei progetti, ed eravamo considerati dei marziani. Ora non più, la domotica è parte integrante della progettazione di interni. La casa del futuro, a maggior ragione, sarà una casa completamente domotizzata, con un’attenzione costante verso le energie alternative che permetteranno di ammortizzare i costi».

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abitare

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Nell’ipotetico decalogo dei valori del Progettista quali

via di mezzo, che potremmo definire addirittura

principi non potrebbero mancare?

neoclassica. C’è un ritorno al legno, non più lac-

«Credo molto nell’umiltà del professionista, che si-

cato, ed a tessuti caldi e ambienti accoglienti. Chi

gnifica

professionalità.

negli ultimi anni ha arredato la propria casa in stile

Occorre, poi, una naturale predisposizione al confronto

eccessivamente moderno, ora chiede di poterci

(con i colleghi e con le altre professionalità del set-

inserire qualche pezzo più classico, oppure, al

tore), che è fonte di aggiornamento, di rinnovamento

contrario, chi ha una casa troppo classicheggiante,

e di crescita».

si orienta verso oggetti di design e stili più moderni.

Quali sono le tendenze più attuali nell’arredamento e

C’è, quindi, una tendenza a combinare gli stili, con

nella gestione degli spazi interni ad una casa?

stile e gusto. L’ importante, in ogni caso, è che la

«Negli ultimi periodi si è registrato un cambiamento

casa rispecchi le personalità di chi le abita. E in

importante. Venivamo da un decennio in cui si

questo, il ruolo dell’Interior Designer, che recepisce

sono costruite abitazioni solo in stile moderno. Ora

e traduce il carattere e il gusto del committente, è

siamo passati da una eccessiva modernità ad una

fondamentale».

coscienza

Sebastiano Raneri - Presidente AIPi

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della

propria



Magici itinerari al sole Se di sole e mare proprio non si può fare a meno e difficilmente si digerisce l’inesorabile incedere dei primi freddi dell’autunno, non è mai troppo tardi per regalarsi piacevoli momenti in cui assaporare ancora le calde atmosfere estive e salutare definitivamente e senza nostalgia le spiagge assolate e le acque azzurre. Tra Mar Rosso e Mar Mediterraneo, tra la vivace Spagna e l’affascinante Egitto, ci si può ancora concedere un piacevole viaggio all’insegna di acque limpide e sole caldo, coccolati dai comfort sfrenati di maestose navi da crociera. Queste prime settimane di autunno, infatti, stanno dando il via alla lunga stagione delle crociere invernali e tutti i migliori operatori del settore si preparano a far salpare le splendide navi delle loro flotte alla volta di magnifiche mete dal fascino intramontabile. Per conoscere in maniera approfondita il settore, alla ricerca di consigli che possano aiutare nella scelta della Crociera più adatta ai propri gusti ed alle proprie necessità, My Lifestyle ha scelto di rivolgere la propria attenzione verso quella che è stata la prima compagnia italiana di navigazione a dedicarsi all’attività crocieristica ed oggi prima compagnia di crociere in Europa: Costa Crociere. La crociera come vacanza nacque dall’evoluzione della “prima classe” sulle rotte transatlantiche tradizionali. Nel corso degli anni ’60 e ’70 la domanda per i collegamenti di linea diminuì in maniera consistente e

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travel

© Immagini: COSTA CROCIERE

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Costa Crociere si fece trovare pronta non solo a offrire vacanze in crociera, ma anche a realizzare una flotta che rispondesse alla nuova richiesta turistica che si andava affermando. Nel corso degli anni ‘80 si affermò in modo inequivocabile l’idea della nave come vero e proprio albergo galleggiante e in quest’ottica, la nave stessa diventò luogo di vacanza, sparì completamente la divisione in classi, furono uniformate le cabine e si moltiplicarono i luoghi di divertimento: bar, teatri, casinò, discoteche. Tutto a disposizione di tutti. In pochi anni la crociera passò da un target ristretto, ma pur sempre familiare, ad un pubblico allargato, internazionale, con prezzi più accessibili, navi nuove, programmi per famiglie e bambini. Lo scenario attuale è competitivo e complesso, la crociera si rivolge a ogni genere di pubblico, ed è la miglior vacanza come rapporto qualità/prezzo nel turismo organizzato. Le mete “classiche” più ambite sono mar Mediterraneo e i Caraibi, anche se per l’inverno 2012, sono state introdotte diverse novità. A cominciare dagli Emirati Arabi, un itinerario

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travel

che combina passato e futuro, proposta per prima volta da Costa nel 2006. Il prossimo inverno le crociere a Dubai prevedono due grandi novità: la prima è Costa Favolosa, ultima ammiraglia della flotta, che sarà la nave da crociera più grande e moderna mai impegnata in quest’area; la seconda novità è rappresentata dal nuovo scalo di Khasab, in Oman, con le sue spettacolari scogliere e acque turchine, aggiunta all’itinerario di 9 giorni, che comprende anche Dubai, Abu Dhabi, Muscat e Al Fujairah. Un’altra tendenza è rappresentata dalla crociera nel Mar Rosso, un itinerario che combina relax e cultura millenaria in una sola vacanza, mare dalla bellezza straordinaria e tesori culturali e archeologici di inestimabile valore come la meravigliosa città rosa di Petra o la Valle dei Re. Un itinerario dal fascino unico che Costa propone per tutto l’anno a bordo di Costa Voyager. Nel 2012 Costa offrirà anche due Grandi Crociere, una a bordo di Costa Victoria, che partirà dal Brasile e raggiungerà la Cina in 72 giorni e un’altra a bordo di Costa neoRomantica, che partirà da Savona e raggiungerà la Nuova Zelanda in 107 giorni.

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Abbiamo intervistato Pietro Sinisi, comandante di Costa Crociere, che ha inaugurato lo scorso anno l’itinerario nel Mar Rosso. Comandante, lei è stato il primo ad inaugurare l’itinerario nel Mar Rosso lo scorso inverno. Quali emozioni ha provato? «Per me è stato motivo di grande orgoglio essere stato il primo Comandante a fare questa esperienza. Si tratta di luoghi che hanno molto da offrire dal punto di vista turistico, ancor di più se visitati tutti in un solo viaggio, arrivando dal mare. La nostra Compagnia ogni anno inaugura nuovi itinerari: trovo che questo in particolare sia davvero molto stimolante: ci siamo spinti in Giordania, in Israele e fino alla punta estrema della Penisola del Sinai, per cui, quando ho saputo che avrei fatto per primo questo itinerario così interessante, sono stato molto contento. Concordo con i nostri Ospiti che hanno affermato che questa crociera è unica nel suo genere, si tratta di una crociera davvero indimenticabile. I luoghi che abbiamo visitato sono estremamente suggestivi e tutti diversi. I nostri Ospiti sono sempre tornati dalle escursioni soddisfatti ed entusiasti».

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travel


Cosa significa inaugurare un itinerario dal punto di vista della navigazione? «In questo viaggio abbiamo raggiunto la penisola del Sinai, Israele, la Giordania. La navigazione verso questi luoghi è molto tranquilla: nel Mar Rosso è difficile trovare condizioni meteo-marine avverse, il mare è calmo e la temperatura oscilla sempre tra i 22 ed i 30 gradi. Questo permette di raggiungere i porti senza trovare grandi difficoltà lungo la rotta». Qual è il luogo più affascinante? Ci dia qualche dritta… «A mio avviso, Petra è la località di maggior fascino, costituisce sicuramente un punto di forza della crociera. Un luogo davvero incantevole che consiglio a tutti di visitare, fa rimanere “senza fiato”. Poi, scegliendo questo itinerario, si ha la possibilità di vedere le Piramidi ed i siti archeologici di Luxor in Egitto, ma anche il Mar Morto e la Fortezza di Masada in Israele. E chi preferisce la natura e il relax, può decidere di visitare le spiagge più belle del Mar Rosso, da Sharm El Sheik a Safaga…c’è solo l’imbarazzo della scelta».

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L’ENERGIA RINNOVABILE è IL FUTURO

Ambientefuturo per una proposta di qualità, professionalità e rispetto del territorio. Intorno al tema delle energie rinnovabili si incrociano, talora scontrandosi, le più disparate ed opposte posizioni: da un lato gli allarmisti che, per meri interessi personali, fomentano le folle riducendo l’intero discorso al problema legato alla salvaguardia ambientale e, dall’altro, gli spregiudicati, che pur di realizzare un impianto, ricorrono all’uso indiscriminato delle tecnologie, contribuendo ad alimentare questa sterile battaglia. All’interno di questo audace ed insensato testacoda, c’è, invece, chi riesce a trovare il giusto equilibrio: promozione e valorizzazione di impianti per l’energia rinnovabile da un lato, e grandissima attenzione al territorio ed alla sua geologia in tutte le fasi produttive, dall’altro. È il caso di “AmbienteFuturo”, un’azienda nata nel 2009 dall’esperienza maturata dai soci fondatori Nicola Krampera e Vincenzo Vadrucci, con l’obiettivo di proporre sulla scena nazionale ed internazionale nuove ed importanti idee per produrre energia da fonti rinnovabili. La società, che concentra la sua attività sul fotovoltaico e le biomasse, si propone come un interlocutore in grado di svolgere in piena autonomia tutti i servizi richiesti nell’ambito della realizzazione di impianti da energia rinnovabile. A partire dalla scelta dei siti, la progettazione e l’assistenza nella scelta dei materiali, il team di AmbienteFuturo realizza l’opera nel pieno rispetto del territorio e, con la stessa filosofia, continua a curare la gestione e la manutenzione dell’impianto. L’intera attività viene condotta con pratiche e metodologie che sono frutto di una serie di determinanti fattori: il know-how acquisito nel progettare impianti in diversi contesti; la conoscenza delle procedure locali, regionali e nazionali; un network di professionisti ed imprese collegate, in grado di soddisfare ogni esigenza; la presenza di un nucleo di ingegneri con forte esperienza sul territorio nazionale.

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ambiente

Vincenzo Vadrucci, socio fondatore dell’azienda,

di impianti domestici, ma anche grandi opere, quali

spiega lo spirito con cui viene condotta l’azienda:

l’installazione e l’esecuzione di centrali fotovoltaiche.

“Siamo un team di giovani professionisti che ha

“Per tutti i nostri servizi - spiega Krampera - l’obiettivo

deciso di unire le proprie forze per un unico scopo:

è quello di progettare e realizzare, rendendo noi ed i

rendere l’ambiente in cui viviamo più vivibile per noi,

nostri clienti fieri di ciò che stiamo costruendo. Inoltre,

ma soprattutto per i nostri figli. Lavorare divertendoci

sparare a zero oggi contro le energie rinnovabili

è la nostra filosofia; se poi lo si fa in un settore in cui

significa non voler guardare al futuro, non avere

si crede…beh è il massimo”.

occhi lungimiranti, non poter sperare in un domani

Nicola e Vincenzo si conoscono da almeno 15 anni

migliore per tutti. Noi di AmbienteFuturo siamo i primi

e per tutto questo tempo hanno affrontato sfide di

a condannarne l’uso indiscriminato e, anzi, lavoriamo

varia natura in settori diversi, ma ugualmente vicini

nel pieno rispetto del territorio, convinti che il nostro

all’ambiente. Poi hanno deciso di unire le forze, mettendo

lavoro non faccia rima con annientare, quanto

la loro professionalità a disposizione della nuova sfida

piuttosto con preservare, risparmiare, migliorare, e

energetica, proponendo progettazione e realizzazione

crescere”.

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UNA BANCA, UN TERRITORIO, LE SUE ECCELLENZE: BPP e il nuovo spot, girato da E. Winspeare Riuscire a comunicare in pochi secondi un messaggio e, soprattutto, una filosofia, uno stile, una storia, non è cosa semplice. Ci è riuscita benissimo Banca Popolare Pugliese, con la collaborazione dell’agenzia Bamakò, di South Productions, e la regia di Edoardo Winspeare. In uno spot di circa 30 secondi, hanno saputo coniugare tutti quegli elementi che fanno di BPP un punto di riferimento per decine di migliaia di soci e correntisti in tutto il territorio pugliese, e cioè attenzione al territorio, alle sue eccellenze, alle sue professionalità. “I protagonisti dello spot - spiega lo stesso regista salentino - sono un velista, un contadino, un’enologa, una cassiera, un ingegnere aeronautico: una serie di professioni per raccontare la Puglia tradizionale e la Puglia innovativa, moderna, che guarda verso il futuro”. A proposito del commercial e del messaggio che la Banca ha inteso trasmettere, intervistiamo il dott. Ugo Latrofa, Responsabile Comunicazione & Innovazione di Banca Popolare Pugliese. Come e quando è nato il progetto di questo nuovo spot pubblicitario di Banca Popolare Pugliese? «Nacque dalla normale pianificazione della comunicazione pubblicitaria e dall’incontro con un regista della caratura di Edoardo Winspeare che si propose per uno spot di “qualità”. In un tempo segnato dalla forte crisi economica dei paesi più evoluti, il meridione risente più di altri della congiuntura sfavorevole. La nostra Banca, nel limite possibile, sostiene il sistema regionale per dare respiro alle famiglie, alle capacità del lavoro, alla creatività ed alle eccellenze di un sud sottovalutato che non gode ancora di giusta visibilità. Mentre pensavamo al messaggio da elaborare su questa sintesi per il nuovo piano di comunicazione, incontrammo Winspeare, egli stesso un’eccellenza pugliese e la coincidenza fu un buon viatico per la nostra progettazione». Cosa significa per BPP rivolgersi ai suoi clienti con il motto “abbiamo i numeri per crescere insieme”, titolo del commercial? «I numeri sono ciò che il territorio ci ha generosamente concesso: la nostra proprietà, i clienti, le imprese che sosteniamo, i comuni che serviamo con il nostro presidio. Questi numeri rappresentano meglio di ogni parola il rapporto osmotico con la gente. Lo spot, fateci caso, è muto perché non servono altri commenti oltre ai numeri, linguaggio semplice, per spiegare l’intreccio vissuto con l’habitat che ci ospita. Una Banca Popolare non ha un padrone, appartiene alla gente comune, al territorio (ai 32.000 soci appunto), questo è il valore che la muove, il muro maestro della sua costruzione. Per tale valore, noi operiamo

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comunicazione

attenti al bisogno di sostegno e di sviluppo della nostra terra». I numeri e le persone sono i protagonisti di questo spot, con la Puglia a far da splendida cornice. Qual è il filo conduttore che lega una banca al suo territorio? «È ciò che prima ho esposto. Nella regione, “la Popolare Pugliese” non è soltanto una banca, in questa veste sono presenti diversi operatori. Noi siamo una “parte sociale”, la componente del credito di proprietà del territorio, sulla quale grava una responsabilità civica più ampia: la funzionalità alle esigenze economico ambientali della regione. Non è un caso che molte aziende locali siano nate con il sostegno della “Popolare Pugliese”, poi, espandendosi, l’impresa diversifica le fonti operative e finanziarie, com’è logico ed auspicabile ma l’incipit di un buon numero di nuovi imprenditori, fa riferimento alla parte sociale più vicina, costituita nel territorio con questa missione e noi siamo una Banca Cooperativa. Col perdurare di forti tensioni finanziarie, il sistema Bancario è restio ad impiegare liquidità, creando una stretta creditizia che taglia il fiato a molte imprese, nel frangente, la “Popolare Pugliese” ha surrogato il sistema come possibile, assumendo responsabilità da “parte sociale” e non solo di banca. Altro tasto dolente è il fabbisogno finanziario delle famiglie mentre si alza l’asticella della soglia di povertà. È un tema complesso, il rischio del sovraindebitamento familiare è forte e, se per un verso è una minaccia per l’ente finanziario, d’altro canto è un rischio sociale elevato. Intervenire a sostegno delle famiglie richiede coraggio ed un principio etico preciso che potremmo sintetizzare con un solo termine: “nonsolobusiness”. In questo senso e con questo spirito siamo presenti sulla soglia sociale più delicata, non rinunciando a finanziare “la famiglia” ma con modalità (reti d’agenti e consulenza) e formule blindate per assicurare che non s’incoraggi l’indebitamento insostenibile». La scelta di Edoardo Winspeare come regista conferma, ancora una volta, questa attenzione…Come è stato lavorare con Winspeare e come il regista salentino ha risposto a questa nuova, ennesima, sfida? «Rispetto a quanto ho già detto, posso aggiungere che l’eccellenza già nota è emersa subito, per la professionalità profusa nel lavoro. Vi assicuro che realizzare un film di quarantacinque secondi, frazionabile in 30, 15, 7 secondi, per i mezzi sui quali deve essere trasmesso, comporta maggiore complessità creative e di realizzazione di un film di 90 minuti. La strumentazione e lo staff impiegati, la ricerca maniacale delle location e delle riprese più felici sono state equivalenti a quelle usate per un lungometraggio. Il regista non si discute e la sua partecipazione “all’opera” è andata anche oltre il ruolo. Con Edoardo s’è discusso, pensato a lungo il soggetto, lo storyboard, le finalità, il ruolo, le aspettative della banca e di In alto: Il dr. UGO LATROFA, Responsabile Comunicazione & Innovazione di Banca Popolare Pugliese

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Top Selection

tutto ciò che si voleva comunicare. Il linguaggio ridotto

allo “sportello”, all’agenzia, che si può individuare sulle

ai numeri, calati in un pot pourri d’immagini pugliesi, è

proprie piazze. Sino ad oggi la relazione Banca-Cliente

stata una sua felice intuizione e lo spot, con semplicità

si è retta su questo caposaldo e sul rapporto fisico ed

e solarità, s’è dimostrato subito di grande appeal

umano. La rivoluzione dei costumi innescata da internet

come si conviene alle opere di qualità, o di grande

ribalta questa relazione, rendendola più impersonale

comunicativa. L’uomo, poi, non è diverso dal regista:

ed anonima. Si potrebbe dunque supporre che in

acuto, ironico, gioioso in un contesto professionale

futuro i servizi bancari diventeranno più fruibili ma di

sempre rigoroso».

minore qualità. Io credo, al contrario, che siamo di

Quello tra BPP e il territorio, come dicevamo, è un

fronte ad un salto di qualità e d’ampiezza dei servizi

legame antico, ma allo stesso tempo moderno

per, la straordinaria evoluzione dei sistemi d’accesso.

destinato a durare nel tempo, grazie al processo di

L’assenza di barriere spazio temporali, già oggi, con-

continuo ammodernamento tecnologico che la banca

sente di operare in qualunque momento sulle proprie

segue per far fronte alle sfide del futuro. Che cosa ci

disponibilità finanziarie da ogni parte del mondo, con

dobbiamo aspettare per il futuro?

la sicurezza e la velocità dell’informatica, questo è

«Rispetto al territorio, il ruolo di “parte sociale” della

importante, perché il timing dell’azione umana, tende

banca resterà inalterato, almeno entro i confini pu-

a razionalizzare le attività produttive ed a contenerne il

gliesi, quanto al futuro, oltre alla naturale evoluzione

costo. Il format dei servizi standardizzati in evoluzione,

tecnologica che tocca qualunque operatore dei servizi,

genera

valutiamo lo sviluppo progressivo ma inarrestabile del

solo dieci anni fa, con un beneficio crescente per i

mercato virtuale. L’identità di una banca è legata

fruitori. Per converso, la Banca rimarrà se stessa e,

un

rapporto

qualità/prezzo

inimmaginabile

via via che gli strumenti telematici, realizzeranno la surroga dell’uomo per i servizi basici e di largo utilizzo, si proporrà con competenza crescente e con tempi più adeguati, per i servizi specializzati non fungibili da strumenti virtuali, come la consulenza verso gli investimenti ed i finanziamenti, la previdenza e la sicurezza, anche di matrice assicurativa. Trent’anni fa pareva strano non dovere cambiare un assegno per ottenere contanti, affidandosi al temutissimo e freddo “Bancomat”. Oggi, nessuno saprebbe immaginare una filiale bancaria sprovvista di quello

strumento,

che nel frattempo si è evoluto, diventando una vera piattaforma self service. L’aumentata disponibilità di tempo da “problem solver” farà crescere la qualità del nostro servizio al territorio e saremo meglio organizzati per ascoltare, consigliare e servire la gente, realizzando quell’orientamento al cliente lungamente auspicato nei decenni passati. L’evoluzione o metamorfosi dei servizi segna il passaggio definitivo della Banca da istituzione ad azienda. Il tempo ci sta dimostrando che mentre si alza la qualità del servizio standardizzato, legato alla soluzione telematica e virtuale, migliora la qualità del servizio specializzato e personalizzato, fruibile one to one, in un rapporto professionale ed umano. Mi fermo qui con una considerazione di chiusura, dovuta quando si parla di futuro. L’agire virtuoso non consiste nel possedere tutte le risposte ma nell’essere aperti a tutte le domande e noi siamo un cantiere sempre aperto».

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comunicazione


Top Selection

Un’azienda, I&T, che da anni ormai si occupa con successo di servizi informativi; un prodotto, Bancomed, che mira a rivoluzionare il modo di gestire le informazioni mediche e il rapporto del paziente con le istituzioni sanitarie. Un binomio, quello di I&T e Bancomed, che punta a una vera e propria “rivoluzione culturale”, un sovvertimento di ruoli, di principi, di prassi, di convinzioni. Ne parliamo con il dott. Salvatore Lia, presidente del Gruppo I&T e “padre” di Bancomed. Dott. Lia, la sua azienda I&T è da anni leader nel campo dei servizi e delle soluzioni informatiche. Come e quando è nata questa avventura? «L’avventura I&T è nata nel 1992, quasi venti anni...Dovevo dare concretezza alle mie fantasie sulle applicazioni informatiche e sulla costruzione di una Software Factory. L’esperienza da Dirigente nella più grande Società Italiana del tempo, la “Italsiel”, era giunta al termine; sentivo la necessità di volare nei miei sogni: l’informatica applicata alla Comunicazione Sociale e alla Sanità. Un saluto al passato e una rinuncia ad un futuro sicuro e tranquillo e...I&T è fatta». “Bancomed”, uno dei prodotti della sua azienda, è stato più volte definito un’evoluzione culturale. Può descriverci brevemente questo progetto così all’avanguardia? «BANCOMED è uno dei sogni. Come i sogni, nasce da un’osservazione della realtà e da un desiderio interiore: costruire un Sistema utile per tutti in un campo di grande sensibilità; più del denaro, la salute. Aiutare il Cittadino ad essere soggetto attivo nella cura delle proprie informazioni cliniche. Il progetto nasce da una semplice constatazione: la storia sanitaria del Cittadino è certamente nelle sue mani. Si tratta di dargli la possibilità di costruire attivamente il proprio fascicolo sanitario con i documenti in suo possesso. Abbiamo costruito un software che permette al cittadino di alimentare il proprio fascicolo sanitario e, attraverso un processo molto semplice, consente la consultazione delle informazioni del fascicolo stesso e senza necessità di alcuna conoscenza informatica». Con Bancomed cambia il ruolo del paziente nella gestione delle informazioni che riguardano la sua salute. Che tipo di reazioni avete colto, in questi mesi, tra i Cittadini, veri protagonisti di questo rivoluzionario “processo”? «L’abitudine a delegare al medico e alle strutture sanitarie la cura delle proprie informazioni cliniche è diventata una cultura. Indubbiamente il cambiamento che proponiamo affascina e preoccupa nello stesso tempo. Bisogna creare

LA SALUTE A PORTATA DI CLICK

La rivoluzione culturale di I&T è Bancomed

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salute

intorno al Cittadino un ambiente di accoglienza che renda tranquillo il nuovo modo di agire. La crescita culturale è un processo lento e non coinvolge tutti contemporaneamente». A che punto è questa “evoluzione”? Come hanno reagito, invece, le istituzioni? Quali traguardi sono stati raggiunti? «Abbiamo cantierizzato, attraverso le Amministrazioni Comunali e l’Associazione AIPD, circa 1000 Fascicoli Personali. I Cittadini si sono rivelati abbastanza autonomi nell’alimentazione del proprio Fascicolo contenuto nella pen-drive. Seguirà un’azione per verificare il grado di utilizzo e di gradimento del Cittadino. Non le nascondo la mia grande soddisfazione riguardo l’ottima accoglienza che Bancomed ha ricevuto da parte delle Istituzioni. I Sindaci hanno colto questa occasione per dare ai Cittadini un servizio socialmente utile in un settore, la Sanità, fino ad oggi ritenuto piuttosto marginale per i Comuni. I Medici hanno l’opportunità di arricchire la Cartella Clinica e quindi di seguire meglio quei Pazienti, dotati di un archivio ordinato e di una maggiore consapevolezza circa i propri documenti sanitari. Le Farmacie hanno colto l’iniziativa come un’opportunità di rendere alla popolazione un utile servizio di carattere sociale». Nel mese di novembre 2011 è stato organizzato a Lecce un convegno di presentazione di

Il Presidente del Gruppo I&T, Dott. Salvatore Lia

Bancomed, al quale hanno aderito i Distretti Sanitari, Federfarma, molti Primari degli ospedali del territorio. Qual è il ruolo dell’informazione e

to del Cittadino, e che ho voluto riservare prioritariamente a

della comunicazione nell’affermazione e nella

questo territorio, sarà condiviso in altre zone d’Italia e non solo».

veicolazione di questo messaggio?

Oggi, più che mai, essere un imprenditore al Sud non è

«Quella del quattro di novembre ha rappresen-

facile. Quali difficoltà ha incontrato e cosa rimprovera, se lo

tato la prima manifestazione in provincia di

rimprovera, alla sua terra?

Lecce organizzata per una partecipazione

«Oggi non è facile essere imprenditore da nessuna parte, in

allargata. Le adesioni che vi sono state mi

Italia. Al sud bisogna fare qualche sacrificio in più e dotarsi

inducono a pensare che siamo sulla buona

di grande pazienza e disponibilità a viaggiare; in provincia

strada e che stiamo proponendo un percorso,

di Lecce, poi, meno acqua, meno energia, meno reti di col-

unico in Italia, che potrebbe essere di grande

legamento, meno accesso al credito. Una distanza di 200

utilità per il Paziente e per le Strutture Sanitarie.

chilometri ti consente di arrivare a Bari; e una volta a Bari,

Siamo ancora agli inizi; molta strada dovrà

sembra di essere in un mondo sconosciuto per l’attenzione

essere percorsa per ottenere risultati signi-

vera che ti viene riservata. Malgrado tutto è sempre la nostra

ficativi in termini di larga diffusione. Il ruolo

terra e, anche se ci accorgiamo che il fascino del vicino risulta

dell’informazione e della comunicazione è fon-

vincente, noi facciamo di tutto per avere credibilità e dimostrare

damentale, forse il più importante; la bontà

di poter dare, oltre al nostro cuore, ancora qualcosa di più di

dell’iniziativa non è sufficiente, bisogna che sia

quanto oggi ci viene di fare bene altrove. Le idee e la capacità

conosciuta e adottata da un gran numero di

di vincere non ci mancano perché abbiamo una forza che

Cittadini e strutture sanitarie. Sono convinto che

deriva da sofferenze millenarie...e andiamo avanti. Mi chiedo

il percorso intrapreso, basato sul coinvolgimen-

quanto ancora possa durare».

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una vendemmia a cinque stelle Raccontare la storia di un uomo di successo attraverso le sue produzioni è sempre cosa molto semplice: basta stilare un elenco di record stabiliti, risultati raggiunti, investimenti effettuati, onorificenze ricevute. Ma quando, accanto ai numeri di un successo personale e aziendale, c’è di mezzo anche la passione, l’abnegazione, l’amore per il proprio lavoro, i propri prodotti e i propri dipendenti, le fredde cifre non possono bastare più. Parlare con il pluripremiato imprenditore Angelo Maci, patron della società cooperativa Cantine Due Palme, una realtà consolidata, attiva, che produce e commercializza 3 milioni di bottiglie nel mondo, significa entrare in un mondo fatto di valori e di virtù, di tradizioni e di certezze consolidate, di passioni e di dedizioni. Lo incontriamo a vendemmia appena conclusa, con lo sguardo di un uomo, e non solo di un imprenditore, soddisfatto del risultato e delle prospettive che verranno.

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wine

Le eccellenze di Angelo Maci, enologo e patron di Cantine due Palme. Dott. Maci, come è iniziata la sua avventura di viticoltore e imprenditore nel settore enologico? «Sono figlio della vigna. A sessantotto anni, ho 50 vendemmie alle spalle. Ho cominciato giovanissimo, nei vigneti di mio nonno (lui aprì una cantina nel 1940, io nacqui tre anni più tardi), e lì si è alimentata la mia passione, che mi ha portato fino a qui». Come nasce Cantine Due Palme? «è una storia iniziata più di vent’anni fa, fatta di amore per il territorio, di passione per la qualità e di competenza di gestione. Cantine Due Palme è un’azienda cooperativa nata nel 1989 a Cellino San Marco, in provincia di Brindisi. L’azienda ha 1000 soci conferitori e 2200 ettari di vigneti (tutti localizzati nel triangolo di terra che abbraccia le province di Brindisi, Taranto e Lecce, nel cuore del Salento), che sono la base di una produzione di qualità che la nostra passione e la capacità dei nostri esperti modellano in vini d’eccellenza, fortemente connotati dalle condizioni pedoclimatiche della regione». L’idea di successo fu quella del cooperatisvismo… «Assolutamente si, da bancario capì che, per produrre vini di qualità e sfondare da un punto di vista imprenditoriale, era necessario riunirsi in cooperativa.

L’enologo Angelo Maci

Servono infatti ingenti somme per costruire una cantina ed attrezzarla, come pure per pubblicizzare

identitarie fa da contraltare una gestione oculata e

il prodotto e venderlo in maniera remunerativa. Non

strategica dell’azienda, che permette di promuovere le

tutti dispongono dei soldi, capacità ed esperienza per

produzioni d’eccellenza sui mercati esteri, ampliando, di

mantenere i indipendenti o gli esperti. La cooperativa

anno in anno, la platea dei paesi nei quali è presente».

è anche certezza di vendere il proprio prodotto e di

Quali i suoi vini preferiti?

vederlo pagato in maniera equa. All’epoca fu una

«Come un padre nei confronti dei suoi figli, non posso

sfida, oggi è una realtà di successo».

sceglierne uno. Li amo tutti, indistintamente. Ho una pre-

Che cosa rappresenta la vostra esperienza per la

dilezione, diciamo cosi, per gli autoctoni Negroamaro,

Puglia ed il territorio?

Primitivo, Malvasia Nera e Moscato…ovvero quei vitigni

«Cantine due Palme è diventato un simbolo della Puglia

con i quali la Puglia è entrata a buon diritto nel gotha

d’eccellenza, un testimonial importante del territorio,

dei territori di eccellenza produttiva. Allo stesso modo,

della storia e della cultura del Salento. L’elemento

però, ho sempre amato sperimentare e mi piacciono

che contraddistingue Cantine Due Palme è quello di

molto gli alloctoni Sangiovese, Montepulciano, Cabernet

credere fortemente nella tradizione vitivinicola salentina

Sauvignon, Merlot, Syrah, Pinot Bianco e Nero,

(soprattutto nel sistema di allevamento ad alberello

Chardonnay e Sauvignon».

pugliese) grazie alla valorizzazione, efficace, di tutte le

Una menzione speciale per il Primitivo e il Negroamaro,

risorse che provengono del territorio. Alle solide radici

figli del territorio…

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Top Selection

64

«Come dicevo, sono molto legato a questi due vini, che

che ha limitato il settore vinicolo del 20% in tutta Italia.

rappresentano il frutto di un territorio che ama quello che

La qualità è ottima (per un 60% è un vino addirittura a

fa. Il nome “Primitivo” deriva dalla tendenza di queste

5 stelle), frutto di un team che cura quotidianamente le

uve a maturare prima delle altre, solitamente verso i

proprie vigne, e di un’organizzazione di lavoro degna di

primi giorni del mese di settembre. Dalle uve Primitivo si

nota: esiste un rapporto privilegiato, infatti, tra i nostri

ottiene un vino di estrema qualità, dall’alta gradazione

esperti della cantina e i lavoratori nei vigneti, che si

alcolica e da un sapore ben bilanciato, squisitamente

aggiornano continuamente tramite riunioni cicliche e

tannico e potente, di gran corpo. Il Negroamaro, invece,

tramite sms quotidiani. Un lavoro di squadra che spiega il

risulta di colore rosso con riflessi amaranto, con profonde

successo della vendemmia».

venature di un rosso cupo. Oggi, solo due tipologie sono

Cosa prevede per il futuro?

ampiamente coltivate, la Malvasia Nera di Brindisi e

«A parte la solida professionalità e dedizione che ha

la Malvasia Nera di Lecce, le cui caratteristiche sono

sempre contraddistinto il nostro lavoro, abbiamo in

pressoché simili. Due vini, il Primitivo ed il Negroamaro,

cantiere un progetto che piacerà molto ai nostri clienti:

ottimi, pregio della nostra cantina».

nascerà a breve un Wine Resort, con 29 camere, una

Parliamo dell’ultima vendemmia. Com’è andata? Che tipo

SPA di ottimo livello costruita all’interno delle cisterne, una

di prodotto possiamo aspettarci?

splendida sala ricevimenti da destinare ai soci ed alle loro

«La vendemmia di quest’anno ha avuto inizio il 17 agosto

famiglie. Un progetto in cui sono stati investiti 20 milioni

ed è terminata il 5 ottobre. Abbiamo ottenuto 15 mila

di euro e che testimonia, ancora una volta, l’eccellenza

quintali in più rispetto all’anno scorso, nonostante la crisi

della nostra azienda».



Si ringrazia la Provincia di Como (Assessorato al Turimo, Ufficio Promozione) www.provincia.como.it


UN lago...di emozioni La provincia di Como, concentrato di bellezze


Villa Carlotta (Tremezzo)

Visitare la provincia di Como significa soprattutto aver voglia di scoprire cose insolite, di approfondire interessi particolari, di guardare il paesaggio e l’ambiente con l’occhio di chi non si accontenta dei luoghi comuni e delle ovvietà. Il territorio del comasco offre molto in poco spazio, e soprattutto molte cose, diverse fra loro, che quasi si toccano. Gli itinerari si intersecano ed offrono di volta in volta spunti differenti a seconda del punto di vista, o anche solo del mezzo di trasporto. A piedi, in mountain bike, in auto, la provincia di Como offre itinerari paesaggistici vari e inusuali, strade di alta montagna o percorsi di collina, natura selvaggia o giardini curatissimi, famosi per le loro fioriture: c’è solo l’imbarazzo della scelta. In particolare la zona costiera del centro lago è la più ricca di giardini, mentre tutta zona dell’alto lago offre ambienti selvaggi ed incontaminati, ricchi di fauna. Il perimetro del lago è tutto un’escursione. Sentieri di diversa difficoltà, in generale ben tenuti e ben segnalati, disegnano un reticolo di gite, per lo più in luoghi dal panorama mozzafiato. Si può sconfinare in Svizzera e programmare trekking anche impegnativi appoggiandosi ai diversi rifugi. Degni di menzione sono la Via dei Monti Lariani, l’Alta Via del Lario, il Sentiero delle 4 Valli (così chiamato perché attraversa la Val Senagra, la Val Cavargna, la Val Rezzo e

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travel

la Valsolda). Gli amanti della bici trovano pane per i loro....polpacci, dai facili percorsi brianzoli alle scalate più impegnative. Al Passo del Ghisallo, ad esempio, si trova il Santuario della Madonna del Ghisallo, protettrice dei ciclisti. Nell’attiguo Museo del Ciclismo sono esposti trofei e biciclette, da quelle “d’epoca” dei tempi di Binda e Girardengo, Coppi e Bartali fino a quelle dei nostri giorni. Una tappa obbligata, ma anche un’occasione per percorrere una strada panoramica partendo da Erba e arrivando fino a Bellagio. I monti del comasco sono il regno delle mountain bike, con percorsi segnalati e di diverso impegno. Nella Valle dell’Albano i rifugi sono spesso raggiungibili in bicicletta da Dongo o Consiglio di Rumo. E numerose sono le escursioni in mountain bike a partire da Gravedona e Domaso, intorno al Sasso Pelo, nella Valle di Livo e nella Valle di Gera. Per i turisti più romantici, esiste la possibilità di visitare il lago ed i suoi paesi con i percorsi in battello, che offrono una prospettiva unica sulle ville d’epoca con i loro pontili ed i parchi secolari che scendono fino in riva al lago. Danno un’emozione intensa e un gusto alle vacanze che ricorda i Grand Tour dei giovani nobili d’altri tempi. I battelli sono il mezzo di collegamento ideale per raggiungere e visitare i giardini delle ville aperte al pubblico sulle

Ponte Romano (Nesso)


Villa Melzi (Bellagio)

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travel

Villa La Rotonda (Como)

due diverse sponde del lago. Le ville del Lario rappresentano l’aspetto più sorprendente ed affascinante: in primavera non c’è un’altra zona d’Italia che possa offrire un’esplosione di colori così intensa. I giardini di molte ville si aprono alle visite degli appassionati che vengono da tutto il mondo. Queste ville attorno al lago rappresentano il primo dei tre motivi, o filoni di interesse, che rendono il paesaggio di questo pezzo di Italia artisticamente diverso e unico. Il secondo, più nascosto e colto, è costituito dall’incredibile concentrazione sul territorio di chiese romaniche, a testimonianza di un medioevo comasco tutt’altro che buio, molte delle quali sorprendentemente in ottimo stato, che oggi costituiscono un grandissimo laboratorio di analisi per gli storici dell’arte e che hanno rivelato, in alcuni casi, elementi stilistici autonomi come la pittura affrescata. Il terzo, più evocativo e intrigante, è costituito dalle numerose opere di fortificazione di diversa epoca, con relativi aneddoti e leggende, a memoria di un passato turbolento e avventuroso. Oggi non si può parlare di sistema organico di fortificazione, perché ciò che ci è rimasto è una stratificazione di testimonianze che vanno dall’età del ferro (abitato fortificato a Caslé di Ramponio in Val d’Intelvi) all’età moderna, a testimonianza dell’alto valore strategico della

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Lenno

zona del lago, confluenza di strade da ben quattro valichi alpini: Stelvio, Bernina, Maloja e Spluga. Numerosi sono i castelli intorno a Como. I castelli di Rezzonico, di Musso, di Corenno Plinio, di Vezio, di Spurano, di Lecco, le torri di Lenno, di Bellagio, di Crebbio, di Mandello del Lario, le fortificazioni dell’Isola Comacina e il castello Baradello a Como, ci parlano di secoli turbolenti e di lotte per la supremazia del territorio. Tre patrimoni artistici che propongono il territorio comasco per una scoperta artistica non banale, stimolante e facilmente accessibile. Nella piccola provincia di Como, infine, c’è posto anche per il turista buongustaio, che troverà almeno tre cucine locali, tre culture alimentari ben caratterizzate e diverse tra loro, e alla fine scoprirà tre territori molto più distanti in pentola che sulla carta geografica. La prima, più importante e forse più conosciuta delle tre cucine è quella del lago con il suo naturale protagonista, il pesce; la seconda è la cucina delle valli, più arcaica e quasi segreta, incentrata sulla polenta e sul formaggio; la terza è la cucina di pianura che troviamo in Brianza, e che propone soprattutto piatti di carne robusti ed è un po’ l’espressione nordica della cucina padana. Un piccolo spazio, quello della provincia comasca, per un sacco, o un lago, di emozioni.

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Βουκέφαλος

(Bucefalo)

MICHELA MANNARINI ARTE Info: 392.8835490


Maurizio Marinella

[ L’ELEGANZA DI UN NODO ] L’alta sartoria italiana, sinonimo di eleganza, gusto e stile inconfondibile, ha in “E. Marinella”, a Napoli, uno dei massimi interpreti dello stile che ha reso il nostro paese conosciuto nel mondo. L’intuizione di Eugenio che, nel 1914, decise di aprire una piccola bottega in Piazza Vittoria sull’elegante Riviera di Chiaia di Napoli, si è trasformata oggi in un marchio inconfondibile che dal golfo partenopeo si affaccia sul mondo per vestire i colli delle più importanti personalità della scena politica internazionale. La vocazione cosmopolita del piccolo atelier era già nota nel secolo scorso, quando il giovane Eugenio, dopo aver avviato la produzione di camicie e di cravatte, intraprese i primi viaggi nella capitale londinese per fornirsi delle pregevoli produzioni sartoriali inglesi che contribuirono a rendere Marinella uno scrigno prezioso per autentici tesori di raffinatezza e di gusto. La camiceria, attività principale di Marinella nei primi anni della sua apertura, si avvalse della

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luxury

professionalità di abili artigiani napoletani che Eugenio volle formare a Parigi, dai maestri del taglio dei tessuti. Nonostante le camicie, dal taglio ormai inconfondibile, il fiore all’occhiello di Marinella, oggi, sono le cravatte, realizzate con maestria e sagacia ed uniche nella loro consistenza e pregevolezza. Maurizio Marinella, cresciuto nell’atmosfera magica del negozio, dove da ragazzino ne “respirava l’aria” per volere del nonno, ha raccolto l’eredità di un marchio che sempre più, nel mondo, si è imposto ai massimi livelli per eleganza e raffinatezza. I capi di stato accorsi a Napoli in occasione del G7 nel 1994 e omaggiati delle ormai celeberrime cravatte sono stati così affascinati dall’arte sartoriale di Marinella, da essere diventati i primi testimonial, nel mondo, della bottega partenopea. Le cravatte di Don Eugenio sono state indossate dai personaggi più importanti del Novecento. Tra i clienti più famosi, i Marinella possono vantare personalità dello spettacolo

www.marinellanapoli.it

MARINELLA


come Fred Astaire, rampolli delle famiglie Kennedy e Rockfeller, oltre a uomini politici e dell’imprenditoria come Bill Clinton, Francesco Cossiga, Silvio Berlusconi o Luca Cordero di Montezemolo. La storica azienda napoletana è oggi presente nelle città più prestigiose della moda internazionale. Dopo l’apertura a Milano, Parigi, New York e, quattro anni fa, a Tokyo, nell’ultimo anno un atelier Marinella ha aperto le proprie porte anche a Lugano, capitale economica della Confederazione Elvetica, e nel Mayfair, famoso quartiere londinese tempio dello shopping di lusso. Don Eugenio, capostipite dei Marinella, ha rincorso per tutta la vita l’eleganza maschile, le camicie inamidate, i cappelli a cilindro, le ghette ed i bastoni. In lui era innato il senso del buon gusto e del rigore formale. Tra gli insegnamenti che Don Eugenio ha lasciato ai posteri, c’è un decalogo

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luxury

che ogni uomo dovrebbe conoscere. Dalle misure delle cravatte, di larghezza compresa tra i 8,5 e i 9,5 cm nel punto più largo, al nodo che non bisogna stringere troppo, per evitare l’effetto “impiccato”, i consigli di Marinella sono un tesoro da custodire gelosamente. Una cravatta, per essere unica, deve avere la stoffa giusta: seta jaquard per le regimental, seta più leggera tipo foulard per gli stampati, fantasie per le cravatte dal tono elegante, lana a righe o fantasie scozzesi per l’abbigliamento invernale sportivo. Evitare la cravatta chiara e di fantasia di sera e scegliere quella da indossare in maniera istintiva, attraverso un atto irrazionale che, però, deve seguire una certa logica che faccia evitare i disegni molto grandi e vistosi, come tinte troppo smorte o anonime. Rammentava ai propri clienti, Don Eugenio, che la cravatta deve riconoscersi nell’ab-

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bigliamento, di colore più scuro della camicia e più intenso di quello della giacca. Ancora oggi, nella boutique napoletana, Maurizio invita alla prudenza i propri clienti nella scelta della camicia, un campo minato in cui solo il buongusto può guidare: da evitare sempre la sovrapposizione di una cravatta dal disegno fitto su una camicia a quadretti o l’abbinamento “tutto righe” di una cravatta regimental, camicia rigata e giacca in tessuto operato. Mai il coordinato cravatta e fazzoletto da taschino: è un’inutile quanto anacronistica affettazione. Evitare sempre di avere un aspetto d’insieme troppo curato e lezioso e optare per un’eleganza decontractée. Indossare una cravatta Marinella significa distinguersi nello stile ed entrare in contatto con una tradizione artigianale centenaria, oltre che condividere i valori di un marchio che ha fatto dell’eleganza la parola chiave per la realizzazione delle proprie creazioni.

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il meglio dei due mondi


automobili

La nuova Lancia Thema nasce sulla base della nuova Chrysler 300 e, come la Thema del 1984, affronta il segmento di mercato più difficile e prestigioso con l’ambizione di offrire una vera alternativa. Eleganza, comfort e qualità: il marchio interpreta il tema della grande berlina di prestigio impiegando materiali di pregio, non solo in funzione del loro aspetto estetico ma anche delle reazioni sensoriali che sanno dare. E non basta. La nuova Thema vanta una qualità costruttiva di altissimo livello grazie all’impiego delle più moderne tecnologie di produzione industriale. Lancia Thema è disponibile in tre allestimenti - Gold, Platinum ed Executive - e due motorizzazioni: il benzina 3.6L V6 da 286 CV, con cambio automatico a 8 rapporti, e il nuovo turbodiesel 3.0L V6 da 190 CV e 239 CV, dotato di cambio automatico a 5 rapporti.


Il Design: Europa ed America si incontrano lungo i confini seducenti

Sul frontale, la griglia fonde in un unico disegno il

della nuova Thema, grazie ad uno stile inedito che riscopre

logo Lancia, con le barre orizzontali che esprimono

le linee di sempre per spingersi ancora più lontano.

precisione e rigore formale. Le finiture cromate delle

Lunga 5.066 mm, alta 1.488 mm, larga 1.902 e con

barre ed i contorni del logo forniscono un particolare

un passo di 3.052 mm, l’ammiraglia Lancia a trazione

contrasto all’interno della cornice, anch’essa cromata.

posteriore vanta dimensioni generose e presenta delle

I classici fari, dal bordo inferiore smerlato, contengono

proporzioni classiche sviluppate secondo uno stile dalla

gli innovativi proiettori dotati di tecnologia a LED di forma

forte personalità.

semicircolare, per un’inconfondibile presenza su strada.

La forma scolpita del cofano della Lancia Thema si lega

Il profilo della nuova Thema è caratterizzato da una linea

al fascione ed ai parafanghi anteriori, creando un insieme

di cintura alta che, unitamente alla distribuzione dei tre

dalle linee pulite e raffinate.

volumi e alle forme scolpite, accentua le sue proporzioni


automobili classiche ed inconfondibili allo stesso tempo.

Il posteriore si presenta con uno spoiler integrato sotto il

Il frontale importante si congiunge con le linee del tetto

quale è incastonato centralmente il logo Lancia e i due

per fondersi nel “tre-quarti” del posteriore dove spiccano

armoniosi fanali a LED, congiunti tra loro da una fascia

le originali fanalerie che ne completano la silhouette.

cromata che enfatizza la classe della nuova ammiraglia.

Grazie alla marcata inclinazione del parabrezza, l’effetto

Attraversato dai gruppi ottici verticali, il fascione posteriore

aerodinamico è assicurato mentre la dimensione conte-

della Thema è impreziosito da una modanatura che

nuta dei montanti consente al guidatore di beneficiare di

collega gli elementi delle luci posteriori.

un’ottima visibilità.

Infine, gli scarichi ovali doppi si sposano alla perfezione

Inconfondibilmente pronunciate, pur essendo quasi im-

con il resto della vettura che, grazie ai cerchi in alluminio

percettibili, le linee della spalla rimandano alla forma dei

da 20 pollici, sembra essere ancora più “schiacciata” a

passaruota anteriori e posteriori.

terra, evidenziando le elevate doti di tenuta di strada.


GLI INTERNI: La nuova Thema combina gli standard di riferimento

Inoltre, il quadro strumenti del nuovo modello è trattato

del segmento con l’inconfondibile comfort e classe che

con tecniche cast skin rendendola simile alla pelle mentre

da sempre contraddistinguono le vetture Lancia. Come

i pannelli delle porte con doppia grana tridimensionale ne

dimostra un abitacolo di qualità realizzato con materiali

accentuano le qualità estetiche e di flessibilità.

nobili, caldo ed esclusivo, molto lontano dalle fredde e

La plancia è impreziosita da cromature discrete e da un

razionali superfici di altre vetture del segmento. Gli interni

cruscotto dal design innovativo a doppio cluster (elementi

della Thema si distinguono per materiali soft touch,

circolari) con illuminazione Sapphire Blue, tonalità che

rivestimenti di pregio con la disponibilità di sedili in pelle

ritroviamo anche nell’illuminazione a LED dell’abitacolo.

Nappa riscaldati, plancia sellata in pelle Poltrona Frau®,

Al fine di assicurare un comfort best-in-class, i sedili sono

inserti in vero legno su consolle centrale, pannelli, porte e

stati progettati con una nuova architettura che include

volante (in pelle bi-colore sull’allestimento Executive).

una sospensione a serpentina.


automobili

Lancia Thema offre di serie Uconnect® Touch, il sistema

e connettività disposti sulle razze del volante sia un

infotelematico con lo schermo touch-screen più grande

innovativo dispositivo “vivavoce” ad attivazione vocale.

del segmento (8,4 pollici), dove vengono visualizzate,

Infine, a partire dall’allestimento Platinum, Lancia Thema

in modo chiaro e immediato, tutte le informazioni

offre di serie l’esclusivo sistema di navigazione Garmin,

necessarie alla guida e al comfort di bordo. Dal sistema

abbinabile a un impianto audio premium dotato di 9

di navigazione touch-screen al climatizzatore bizona,

speaker più subwoofer per un totale di 506 Watt di

consente di controllare i sistemi dell’abitacolo ed assicura

amplificazione, a richiesta su allestimento Platinum e di

una straordinaria esperienza per il guidatore e per i

serie su Exeuctive. Sempre su quest’ultimo allestimento

passeggeri, sempre in totale sicurezza e comfort.

è disponibile, come optional, un impianto audio Harmon

Inoltre, sempre all’insegna della massima sicurezza e

Kardon dotato di 19 speaker più subwoofer, per un totale

semplicità d’uso, sono disponibili sia i comandi audio

di 900 Watt di amplificazione.


LA TECNICA: La nuova Lancia Thema propone un’innovativa struttura

sterzata variabile in base alle diverse condizioni di guida.

ultra rigida nata dall’architettura di Chrysler Group e

L’EHPS analizza l’angolo di sterzata, la velocità del veicolo,

destinata alle berline di grandi dimensioni con trazione

il regime del motore ed i sistemi di controllo del telaio 13

posteriore.

volte al secondo, per dare una sensazione precisa della

A trasmettere al guidatore la nuova capacità di tenuta

manovrabilità e delle prestazioni della vettura.

di strada della nuova Thema è il nuovo sistema EHPS

Allo stesso modo, l’architettura delle sospensioni, l’ec-

(Electro Hydrualic Power Steering). A seconda della

cezionale rigidità strutturale ed il sistema frenante ad alte

modalità di controllo, il sistema EHPS applica uno sforzo di

prestazioni, assicurano una guida fluida e sicura, merito


automobili anche dell’innovativo sistema di sospensioni anteriori

se dotata di cerchi e pneumatici da 20”).

e posteriori multi-link che garantiscono prestazioni da

Massimizzando l’innovativo design strutturale ultra rigido,

Gran Turismo.

la nuova Lancia Thema presenta una silenziosità a bordo

Due le messe a punto delle sospensioni e gli abbinamenti

ai vertici della categoria, grazie all’adozione di numerosi

cerchi/pneumatici

su

elementi fonoassorbenti: dai due pannelli sottoscocca

versioni Gold e Platinum con cerchi e pneumatici da 18”)

in materiale composito al parabrezza acustico con due

e “Touring” (di serie su versione Executive con cerchi e

pannelli, dalle vetrature laminate alle porte con triple

pneumatici da 20” e, a richiesta, sull’allestimento Platinum

guarnizioni.

disponibili:

“Comfort”

(di

serie


I MOTORI: La nuova Thema propone due motorizzazioni a sei cilindri,

Il diesel 3.0 V6 (costruito da VM Motori e sviluppato con

tutte con trasmissione automatica e trazione posteriore.

Fiat Powertrain) è dotato di un cambio automatico a 5

Il motore a benzina Pentastar V6 (Euro 5) di origine

rapporti ed eroga 190 CV o 239 CV a 4.000 giri/min.

Chrysler Group si avvale delle tecnologie più innovative,

La versione 239 CV ha una coppia massima di 550 Nm

che gli consentono di raggiungere una potenza di 286 CV

ad un regime di 1.800-2.800 giri/min, mentre la versione

a 6.350 giri/min. ed una coppia massima di 340 Nm a

190 CV ha una coppia massima di 440 Nm ad un regime

4.650 giri/min., con emissioni CO 2 di 219 g/km (consumo

di 1.600-2.800 giri/min. Le emissioni di CO 2 sono pari

ciclo combinato: 9,4 l/100 km). Così equipaggiata la

a 185 g/km ed il consumo nel ciclo combinato è di 7,1

velocità massima è di 240 km/h con un’accelerazione

l/100km per entrambe. La velocità massima è di 230

0-100 km/h in 7,7 secondi. Questo risultato è ottenibile an-

km/h con un’accelerazione 0-100 km/h in 7,8 secondi

che grazie al nuovo cambio automatico a 8 rapporti ZF.

(239 CV) oppure di 220 km/h e 9,7 secondi (190 CV).


automobili


Pagani HUAYRA

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auto da sogno

Antiche leggende degli Aymara narrano di Huayra Tata, dio del vento, che comanda le brezze, i venti e gli uragani che investono le montagne, i dirupi e i pendii della cordigliera Andina. Si narra che Huayra Tata viva sulle alture e nelle vallate abbandonandole solo per dimostrare la propria forza alla moglie, Pachamama, dea della Madre Terra. Con la sua potenza il dio del vento Huayra Tata può sollevare le acque del lago Titicaca e trasformarle in pioggia che riversa sulla fertile Pachamama. Quando Huayra Tata riposa, le acque ed i fiumi sono tranquilli. Ma la calma prima della tempesta sta per essere interrotta...

Pagani HUAYRA 91


Il Design: Inspirata all’eternità dell’elemento “Aria”. Delicato ed etereo eppure capace di erodere i materiali più resistenti dando loro le forme che riconosciamo in natura. Elegante, muscolosa, Huayra combina passato presente e futuro in un’interpretazione senza tempo. Lo stile è stato perfezionato nel corso di cinque anni, dando ad ogni linea un chiaro inizio ed un’altrettanta chiara fine. Centinaia di disegni, 8 modelli in scala e 2 a grandezza naturale che ne hanno man mano perfezionato le forme e la sostanza mediante una scrupolosa attenzione per il dettaglio, in una continua ricerca di proporzione ed eleganza. I fari bi-xeno, eredità della Zonda R, e le luci diurne a Led sono armoniosamente integrate nella forma ellittica della bocca frontale. Il paraurti posteriore integra il diffusore dominato da una cornice ellittica che circonda e valorizza i quattro terminali di scarico, simbolo e continuità di un elemento caratteristico del marchio Pagani.

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auto da sogno

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LA TECNICA: L’utilizzo di materiali compositi avanzati come il carbo-titanio e di tecnologie prima testate sulla Zonda R, ha permesso di raggiungere i più alti livelli di rigidità e leggerezza. I semi-telai in cromo-molibdeno offrono un rapporto rigidità/peso eccezionale, permettendo alle sospensioni di lavorare al meglio e di incorporare una struttura avanzata di assorbimento dell’energia per proteggere gli occupanti in caso di impatto. Un altro esempio di costante ricerca del contenimento del peso viene dai condotti dell’impianto di raffreddamento e climatizzazione, integrati nella struttura della monoscocca. Il risultato si riassume in un veicolo di 1.350 kg che fa di Huayra la supercar più leggera del segmento.

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auto da sogno

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IL MOTORE: Mercedes-AMG fornisce il cuore di Huayra.

I due radiatori posizionati ai lati della bocca anteriore

Il motore biturbo 12 cilindri a V di 60° con 5980 cm³

garantiscono la miglior efficienza di raffreddamento degli

di cilindrata è stato sviluppato per soddisfare non solo

intercooler posti sopra la testa dei cilindri. Questo circuito

l’applicazione tecnica e gli aspetti qualitativi più rigidi, ma

di raffreddamento a bassa temperatura è stato progettato

anche per conferire all’auto il suo doppio carattere.

per funzionare nelle condizioni più avverse della Death

La calma e la perfetta armonia che si percepiscono alla

Valley, con temperature ambientali superiori ai 50°C.

guida di una delle GT più raffinate di oggi, sono interrotte

Il motore M158 è omologato per le più restrittive normative

nel momento in cui il pilota chiama Huayra a scatenare gli

ambientali EURO 5 e LEV2 e, nonostante il notevole

oltre 700 CV ed la coppia di oltre 1000 Nm.

incremento di potenza rispetto ai motori sviluppati in

Le turbine sono state progettate per offrire una risposta

passato da Merceds-AMG per Pagani, i consumi di

immediata alla minima sollecitazione della farfalla, dando

carburante e quindi le emissioni di CO 2 sono stati talmente

al pilota la possibilità di un completo controllo sulla

abbattuti che Huayra detiene il record tra le sportive a 12

potenza, a qualsiasi numero di giri, prevenendo così

cilindri, con valori vicini a vetture sul mercato di cilindrate

indesiderati ritardi nella sua erogazione.

e potenze inferiori.


auto da sogno


Photo 1

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photo

INTOLERANCE ZERO Ulitsa Lesnaja a Mosca, via Valdonica a Bologna, Barron Road a Barnwell: Anna Politkovskaja, Marco Biagi, Fiona e Francesca Pilkington hanno perso la vita in questi luoghi, in questo primo decennio del XXI secolo, che si apre con l’attacco alle Torri Gemelle di New York. Non semplici spazi, ma testimoni incancellabili di morti ingiuste all’insegna dell’intolleranza. Donata Pizzi li ha cercati, e fotografati, insieme a molti altri, per ricordare la storia che ciascuno di essi porta in sé ma anche per dire che ancora oggi nessun luogo sfugge dal poter diventare prima o poi scenario di episodi di discriminazione e sopraffazione. Da questo viaggio negli spazi della coscienza è nata Intolerance Zero, la mostra fotografica tenuta alla Triennale di Milano e promossa dalla Triennale stessa, dalla Robert F. Kennedy Foundation of Europe e dalla Fondazione Doppia Difesa con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Ministro per le Pari Opportunità. Ancora oggi bisogna lottare per difendere ciò che pensavamo di avere definitivamente acquisito: il diritto a una corretta informazione, la libertà di pensiero, il rispetto di culture o valori diversi dai nostri, l’integrazione di chi è portatore di handicap o parte di una minoranza etnica, religiosa o di genere, la tolleranza nel senso più ampio e completo del termine. Le fotografie di Donata Pizzi vogliono introdurre e provocare una riflessione sul tema dell’intolleranza attraverso i casi di persone morte nel primo decennio del XXI secolo perché portatrici di un’idea di libertà e giustizia. Uomini e donne come Hina Saleem, la ragazza pakistana uccisa l’11 agosto 2006 vicino a Brescia, nella casa di famiglia, dal padre e da alcuni parenti per non aver accettato il marito pakistano scelto dalla famiglia. Come padre Anthony Kaiser, ucciso a Naivasha, in Kenya, per aver denunciato la corruzione del governo e aver difeso il diritto agli insediamenti delle tribù keniote più deboli. O come Eudy Simelane, capitano della nazionale sudafricana di calcio, 25 anni, violentata e uccisa nel 2008 in uno stupro collettivo nella township di Kwa Tema, nel Gauteng, in Sudafrica, dove era nata e dove viveva apertamente la sua omosessualità. “Queste persone che muoiono ora, sono vicinissime a me, sono miei coetanei, e tante sono donne, che vivono e lottano nel mio stesso tempo. Ho pensato di testimoniare il loro impegno fotografando i luoghi dove sono state assassinate, per ricordarle oltre il momento cruento della cronaca. Tutti questi luoghi, lontanissimi tra loro, ma vicinissimi alla vita di ognuno di noi (una qualsiasi strada, un anonimo interno, un grande magazzino, un paesaggio), vogliono ricordare l’incongruità e la diffusione oggi di una violenza che ci riporta ai secoli bui. Nella mia convinzione le immagini ci aiutano a non dimenticare, a riflettere, per mantenere vivi l’energia e l’impegno di queste persone generose e libere, che hanno vissuto vite vere”, commenta Donata Pizzi. Intolerance Zero vuole essere la prima pietra di un progetto più ampio dedicato a sensibilizzare ed educare rispetto al tema della tolleranza, attraverso dibattiti, eventi, incontri nelle scuole, l’istituzione di una giornata dedicata, un Intolerance Zero Day, la divulgazione attraverso il web e i social network. Un continuo work in progress che si nutrirà della partecipazione dei navigatori in rete, degli studenti, dei giornalisti - di chiunque vorrà portare una sua testimonianza.

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1. Padre John Anthony Kaiser: Nakuru-Naivasha Road,

archiviato come suicidio, è stato riaperto su richiesta dei

Kenia 24/8/2000, 67 anni, da 36 in Africa, prete della più

giovani magistrati kenyoti che avevano sostenuto Kaiser

grande congregazione missionaria, la St. Joseph Society,

nelle sue battaglie. Indagini successive, che hanno coinvol-

meglio conosciuta come Mill Hill. Era stato soprannominato

to l’ambasciata USA a Nairobi, hanno svelato particolari di

Seven Oxen, Rhino, poi The Key o The Voice of the People

interessi e accordi segreti tra i governi americano e keniota.

per la sua forza e determinazione nella denuncia della cor-

2. Alexander Litvinenko: Pine Bar, Millennium Hotel, Grosvenor

ruzione attorno al presidente Arap Moi e per difesa del

Square, Londra 23/11/2006, 44 anni, ex-agente dei servizi

diritto agli insediamenti delle tribù keniote più deboli. Padre

russi, poi dissidente e rifugiato politico a Londra, è morto di

Kaiser è stato trovato all’alba nella sua Toyota, ai lati del-

infarto dopo una tremenda agonia durata 3 settimane per gli

la strada Naivasha-Nukuru, con accanto una pistola con

effetti di un isotopo radioattivo del polonio 210. Apparente-

il caricatore completamente scaricato. Il caso, dapprima

mente il veleno fu versato nel suo tè, mentre si trovava con


photo altri due ex agenti del KGB. Prima di morire, Litvinenko ha accusato pubblicamente il presidente russo Vladimir Putin come responsabile del suo avvelenamento e come mandante dell’omicidio della giornalista Anna Politkovskaja. 3. Theo Van Gogh: Pista ciclabile, Linnaeusstraat, Amsterdam 2/11/2004, 47 anni, cineasta, ucciso con otto colpi di pistola una mattina mentre in bicicletta si recava al lavoro. Il suo assassinio viene fatto risalire ad una fatwa pronunciata nei confronti suoi e di Ayaan Hirsi Ali, olandese di origini somale, per il loro cortometraggio Submission, nel quale si vedono dei versi di una Sura del Corano, scritti sulla schiena della protagonista. Nel corpo di Van Gogh l’assasino Mohammed Bouyeri, cittadino marocchino e olandese, piantò due coltelli uno dei quali tratteneva un documento di cinque pagine con minacce ai governi occidentali, agli Ebrei e a Hirsi Ali. 4. Marco Biagi: Via Valdonica, Bologna 19/3/2002, 51anni, giuslavorista, ucciso sotto casa mentre rientrava in bicicletta. A lui è dedicata la riforma del lavoro varata dal Governo “Berlusconi Bis” poco tempo dopo l’attentato. I risultati di questa legge sono stati oggetto di forti dibattiti: chi la difende sottolinea l’effetto positivo sul ricambio dell’occupazione, chi la contesta denuncia l’aumentato stato di precarietà per i lavoratori. È in realtà una legge complicatissima, di circa 80 articoli, applicabile solo in piccola parte. Sempre a lui è stata intitolata la Facoltà di Economia dell’Università di Modena e Reggio Emilia, dove ha insegnato negli ultimi anni. Le indagini hanno sottolineato le numerose e impressionanti analogie con la rivendicazione, da parte delle Nuove Brigate Rosse, del precedente delitto D’Antona. 5. Hrant Dink: Sotto la redazione di AGOS, Halaskargazie Caddesi Sebat, Osmanbey 802220, Istanbul 19/1/2007, 53 anni, direttore del giornale bilingue turco-armeno AGOS, Dink era riconosciuto come uno dei grandi sostenito-

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ri della riconciliazione tra i due popoli e sostenitore dei diritti umani e delle minoranze in Turchia. Era contemporaneamente critico sia della negazione del genocidio armeno da parte dei turchi che della campagna armena per il riconoscimento internazionale della diaspora: è stato assassinato vicino alla redazione del suo giornale da un 17enne nazionalista turco. 6. Eudy Simelane: Il campo sportivo di Kwa Thema a Springs nel Gauteng, Johannesburg 28/4/2008, 25 anni, violentata e uccisa in uno stupro collettivo nella township dove era nata e dove viveva apertamente la sua omosessualità. Giocatrice dello Springs Home Sweepers F.C. e capitano della nazionale sudafricana, era anche un’attivista per i diritti LGBT. È stata la vittima più famosa di un’ondata crescente di violenze antiomosessuali. Almeno venti donne sono state uccise negli ultimi 5 anni nelle townships attorno a Johannesburg, vittime di un fenomeno definito come stupro correttivo: lo stupro di una lesbica da parte di un uomo, sia per punirla che per correggere il suo orientamento sessuale. 7. Pym Fortuyn: Un parcheggio in costruzione, Media Park, Hilversum, Paesi Bassi 6/5/2002, Politico, sociologo, saggista, aveva fondato una sua lista. Apertamente omosessuale, era stato al centro di infinite polemiche per le sue idee radicali sull’immigrazione e l’Islam. È stato assassinato durante la campagna per le elezioni politiche del 2002. Il suo assassino al processo ha dichiarato di aver ucciso Fortuyn “per aver sfruttato i musulmani come capri espiatori” e “per aver cercato, attraverso le parti deboli della società, di raggiungere il potere politico”. 8. Fiona e Francesca Pilkington: Vicino alla A27 Earl Shilton Barron Road, Barnwell, Inghilterra 19/9/2009, Fiona Pilkington, 38 anni, di Barnwell, sobborgo di Manchester. Assediata per 11 anni dagli insulti e le offese dei suoi vicini di casa, e ignorata da tutti quelli a cui aveva rivolto richiesta di aiuto e assistenza, decide il 24 ottobre 2007 di ribellarsi e con la figlia disabile Francesca, si dà fuoco in una strada di campagna poco lontano dall’autostrada A47.

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EDITORE Giovanni Colella editore@mylifestyle.it DIRETTORE RESPONSABILE Vincenzo Paticchio CAPOREDATTORE Annalisa Nastrini ARTICOLI REDAZIONALI Si ringraziano per la gentile collaborazione: Nora Parini Giovanna Solinas Valentina Vanotti Francesca Giuliani Samantha Iorio Rosa Fanti Daniela Gandolfi Davide Barbano Monica Neroni Roberta Croci redazione@mylifestyle.it IMPAGINAZIONE E GRAFICA Plus - Comunicazione & Eventi FOTOLITO, ALLESTIMENTO E STAMPA Martano Editrice PUBBLICITÀ PLUS - Centro Media Tel. 329.7888992 Tel/Fax 0832.351933 magazine@mylifestyle.it EpiQure Tel. 320.3708285 Tel/Fax: 0832.241651 info@epiqure.it

MY LIFESTYLE N. 11 Fall-Winter 2011 Credits immagine di copertina: © Pagani Automobili S.p.A. www.paganiautomobili.it Autorizzazione del Tribunale di Lecce: n. 1003 del 24/10/2008 È vietata la riproduzione parziale o totale di articoli e immagini senza la preventiva autorizzazione scritta da parte dell’editore

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2012

Il calendarIo

La Marina Militare per i bambini di Haiti.

Grazie ad una sinergia con la Fondazione Francesca Rava N.P.H. Italia Onlus con la quale si è instaurato un solido rapporto di collaborazione a seguito del terremoto di Haiti del 2010, i proventi della vendita del calendario istituzionale 2012 della Marina Militare saranno devoluti a questa Fondazione, per supportare il programma “Scuole di strada” a favore dei bambini di Haiti. Il calendario della Marina Militare sarà in vendita nelle edicole dal 19 novembre e potrà essere acquistato con un’offerta minima di € 2,00

www.marina.difesa.it

numero verde 800.86.20.32

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