LUXURY MAGAZINE Periodico Trimestrale N° 8 - Winter 2010/11 EURO 6,50
TOP MANAGER:
Paolo Pininfarina
L’ITALIA NELLO SPAZIO L’Intervista ai Protagonisti
Range Rover EVOQUE
Il Suv Compatto che Mancava
nuova DUCATI DIAVEL “Cattiva come il Diavolo!”
CHAMPAGNE
Le Bollicine non Bastano
CARTIER
La Storia della Grande Maison
La Regina delle Dolomiti
CORTINA D’AMPEZZO WWW.MYLIFESTYLE.IT
L I F E S T Y L E
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sommario Paolo pininfarina top manager
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la mia vita da designer paolo pininfarina racconta la sua vita di uomo e designer
protagonisti
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con il naso all’insù. l’italia nello spazio intervista a enrico saggese, presidente dell’asi, e all’astronauta roberto vittori
travel
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la regina delle nevi cortina d’ampezzo: stile, bellezza e glamour
LUXURY
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professione? maggiordomo dalla divisa all’i-phone. l’eccezionale metamorfosi del maggiordomo
automobili
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evoque: la range rover che mancava la più piccola, leggera ed efficiente range rover mai prodotta, dall’aspetto irresistibile
moto
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un diavel per ducati
auto trendy top selection
60
toyota iq “spazio” al lifestyle
abitare top selection
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ab stilcasa esclusività made in italy
economia top selection
64
tradizione e futuro, valori e prospettive intervista al dott. massimo valli, direttore centrale di banca popolare pugliese
architettura top selection
68
dal giorgione al fiocca quando la bellezza non ha tempo. la rinascita dell’antico palazzo rao a miggiano
luxury
74
champagne il n’est Champagne que de la Champagne. quando le bollicine non bastano
jewels
84
cartier la storia della grande maison
photo
90
ldpf lucca digital photo fest
auto da sogno
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mclaren mp4-12c
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Top MANAGER
LA MIA VITA DA DESIGNER
IL Design, sintesi tra estetica e prestazione. Paolo Pininfarina racconta la sua vita di uomo e designer. A partire da questo numero, e con un appuntamento fisso all’interno di ogni numero della rivista, My Lifestyle dedica una intera rubrica ai Manager, uomini e personaggi del panorama italiano e internazionale. Esordiamo in questo numero con Paolo Pininfarina, nipote del fondatore dell’azienda di famiglia Pinin. Laureato in Ingegneria Meccanica presso il Politecnico di Torino, nel 1982 ha iniziato la propria attività presso la Pininfarina e nel 1983 ha sostenuto uno stage negli Stati Uniti presso la Cadillac a Detroit e successivamente in Giappone presso la Honda. Dal 1984 al 1986 è stato Responsabile Qualità ed Affidabilità nel programma Allanté per la Cadillac. Dal 1987 al 1989 è stato Program Manager nel programma di Engineering GM 200 per la General Motors. Nel 1987 viene nominato Presidente e Amministratore Delegato della Pininfarina Extra s.r.l., società del Gruppo Pininfarina operante nei settori del disegno industriale, dell’arredamento, dell’architettura, della nautica e dell’aeronautica. Sotto la sua direzione, Pininfarina Extra ha sviluppato in vent’anni circa 400 progetti e consolidato collaborazioni prestigiose con aziende internazionali quali Alenia Aeronautica, Jacuzzi, Juventus, Lange, Lavazza, Motorola, Packard Bell, Primatist, Snaidero, 3M. Il 12 maggio 2006 viene nominato Vice Presidente di Pininfarina S.p.A.. Dal 12 agosto 2008 è Presidente di Pininfarina S.p.A..
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paolo pininfarina
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Top MANAGER
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paolo pininfarina
Una storia iniziata 80 anni fa, una storia di stile italiano fatto di bellezza, eleganza e funzionalità. Come nasce la sua azienda e come, negli anni, è riuscita a conquistare un mercato così eterogeneo ma sempre di classe? «La Pininfarina nasce nel 1930 quando mio nonno Pinin, allora responsabile dell’ufficio stile nell’ambito degli Stabilimenti Farina di proprietà di suo fratello maggiore Giovanni, decide di mettersi in proprio facendo “il gran salto” come lo definisce nelle sue memorie. Nasce così la Carrozzeria Pinin Farina che si caratterizza subito nella realizzazione di carrozzerie per autovetture “di lusso e di gran lusso”. Nel corso degli anni l’attività dell’azienda si è evoluta diventando sempre più industriale, ma l’immagine è rimasta la stessa, fortemente legata alla creatività ed alla qualità dei manufatti. Attraverso questa coerenza, nel corso delle generazioni si è riusciti a conquistare mercati e clienti eterogenei, sempre con l’obiettivo di realizzare progetti e prodotti di classe». Sul suo sito internet, descrive il suo lavoro come “la trasformazione di un sogno estetico in realtà”. Quando è nato in lei questo sogno e come è arrivato ad essere il più grande designer italiano? «C’è lo slogan di una nostra campagna pubblicitaria di circa 10 anni fa che recita “Pininfarina: fulfill your dreams”. Anche lo slogan degli anni ’70, “la tradizione del nuovo”, rende bene l’idea: attraverso una continua tensione verso l’innovazione e una dialettica costante con i requisiti progettuali, si riesce a dare una forma concreta e funzionale a delle idee astratte. Come diceva Walt Disney: “se non hai un sogno, non sarai mai in grado di realizzarlo”. Nel mio caso particolare, ho vissuto la mia infanzia e la mia giovinezza a contatto con chi era l’autore dello stile eccellente di vetture straordinarie e questo confronto mi ha spesso intimorito. Non finirò mai di ringraziare mio Padre che affidandomi a 30 anni la completa responsabilità del design non automobilistico mi ha consentito di misurarmi in una sfida e di rendermi conto delle mie capacità nel mondo del design. Con gli anni ho acquisito una sempre maggiore consapevolezza del mio ruolo». Come sceglie le sue collaborazioni e i suoi prodotti? Qual è la discriminante che la fa propendere per un progetto piuttosto che per un altro? «La Pininfarina è prima di tutto un’azienda italiana, pertanto io ho una logica predilezione per il Made in Italy. In altre parole, se devo lavorare per un’azienda nel mondo del caffè, scelgo la Lavazza e lavoro solo per la Lavazza. Così come fecero mio Nonno e mio Padre con la Ferrari nel settore delle vetture sportive. Per quanto riguarda la scelta dei settori di intervento
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Top MANAGER
ritengo che il design Pininfarina si esprima pienamente nell’ambito di prodotti industriali che abbiano una ragionevole durata nel tempo. Quindi settori estremi quali il fashion design ed il building design sono meno prioritari per la nostra attività, anche se è sempre giusto “mai dire mai”. Inoltre la qualità dei prodotti e dei produttori è un’altra discriminante fondamentale». Non solo automobili (Ferrari, Maserati, Fiat, Lancia, Alfa Romeo, Peugeot, Citroen, Rolls-Royce, Daewoo, Honda, Hyundai, General Motors, etc). Qualche mese fa è stata annunciata la sua collaborazione con il principale cantiere del lusso in Brasile, Schaefer Yachts. Che cosa rappresenta, a livello strategico, questa collaborazione? «La partnership con Schaefer ha per noi una duplice valenza: rappresenta il consolidamento della nostra presenza nel settore della nautica a motore affiancandosi al successo della nostra collaborazione ormai quinquennale con Primatist; inoltre è il nostro ingresso sul mercato brasiliano della nautica, mercato che conosce ed apprezza il nostro Marchio e che ci offre delle notevoli opportunità di sviluppo. In particolare Marcio Schaefer nasce designer prima che imprenditore e questa sua estrazione è sicuramente una buona premessa per il futuro della collaborazione». Reinterpretando le radici artigiane, la sua azienda offre ai collezionisti appassionati di auto uniche, la possibilità di creare la propria “auto da sogno”, tanto da aggiudicarsi prestigiosi riconoscimenti nei principali Concorsi di Eleganza. Come nasce questa sezione aziendale? Che mercato ha, oggi, il collezionismo? «La realizzazione di vetture per clienti particolari (il “gran lusso” a cui mio Nonno faceva riferimento) è sempre stata parte integrante della nostra attività. Vero e proprio “core business” negli anni Trenta e poi vetrina internazionale con i concorsi d’eleganza degli anni Cinquanta e con progetti straordinari per clienti quali il Re del Belgio, Ingrid Bergman, l’Avvocato Gianni Agnelli, etc. Dopo una pausa di alcuni anni, recentemente c’è stato in un certo senso un ritorno alle origini e ci siamo cimentati, prevalentemente su base Ferrari, in progetti speciali molto interessanti che ci hanno consentito e ci consentono tuttora di fare ricerca ed esplorare soluzioni di design particolari ed innovative, così come nel caso delle vetture da salone ma con un maggiore riguardo alla funzionalità. Il desiderio di mantenere vivo il ricordo di un passato glorioso è sicuramente alla base del successo del collezionismo e ad un’azienda come la nostra che ha alle spalle ben 80 anni di storia si offrono delle notevoli opportunità». Abbiamo parlato tanto del suo lavoro. Com’è, invece, l’uomo
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paolo pininfarina
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Top MANAGER
“Paolo Pininfarina”? Come si descriverebbe ad un pubblico che conosce poco il suo privato? «Nella mia vita privata metto in prima posizione la famiglia: a mia moglie ed ai miei cinque figli dedico il massimo del mio tempo disponibile anche a scapito della vita sociale alla quale sinceramente non sono affezionato. Poi ci sono i miei hobbies: il giardinaggio, il vino e la musica che è la mia passione di sempre. Almeno una volta al mese suono la batteria con la mia band e, a questo proposito, ho vissuto recentemente un’esperienza straordinaria: ho avuto modo di suonare insieme ad un chitarrista di fama mondiale, di cui non voglio fare il nome, che è anche un collezionista di vetture speciali. È stata una serata fantastica: una sintesi perfetta tra vita privata e vita professionale!». E se dovesse usare invece tre aggettivi per definire il design italiano? «Classico, duraturo, innovativo». Qual è il futuro del design italiano? «Nonostante la crisi il mondo del design italiano è sempre in fermento. Il design è uno dei punti di forza del nostro paese e come tale è e deve rimanere centrale in ogni sviluppo di progetto futuro. In particolare il tema della sostenibilità può essere di stimolo per la definizione di nuovi prodotti e infrastrutture con notevoli potenzialità per il design. È però indispensabile che istituzioni, imprese pubbliche e private imparino a fare sistema». Si può ancora essere competitivi, in un periodo di grossa crisi, continuando a puntare sull’eccellenza? «L’investimento nel design è fondamentale per uscire dalla crisi: così è stato alla fine degli anni Settanta e così dovrà essere oggi. L’eccellenza del design è quella che decreta la differenza, a parità di qualità e prezzo, tra un prodotto di successo ed un flop. Pertanto, per essere competitive le imprese dovranno puntare sempre di più sul design. Come rilevato recentemente da varie associazioni industriali non tutte le imprese italiane lo fanno; è quindi indispensabile un ulteriore salto di qualità». Che cosa ci dobbiamo aspettare, invece, da Pininfarina? Quali sono i prossimi progetti futuri? «Pininfarina continuerà la sua attività nel design automobilistico e industriale oltre che nell’ingegneria di eccellenza. Inoltre daremo sempre più centralità al tema della mobilità sostenibile con il progetto e lo sviluppo di autoveicoli ed altri mezzi di trasporto a basso o nullo impatto ambientale. Infine proseguiremo nel progetto di valorizzazione del nostro Marchio che è iniziato nel 2010 con la ristrutturazione del nostro Museo a Cambiano e con l’avviamento delle vendite dirette al pubblico di alcuni prodotti Pininfarina».
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paolo pininfarina
© ESA Multimedia Gallery
con il naso all’insù
Un entusiasmante viaggio nell’Italia delle missioni spaziali. Conosciamo, con l’aiuto dei principali protagonisti, il ruolo presente e futuro del nostro paese negli importanti ed ambiziosi programmi di cooperazione internazionale.
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protagonisti
“Intervista doppia” all’ingegnere Enrico Saggese, Presidente dell’ASI, e al Colonnello dell’Aeronautica Militare Roberto Vittori, l’astronauta che nel 2011 raggiungerà la Stazione Spaziale Internazionale a bordo dello Shuttle.
l’italia nello spazio
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Š ESA Multimedia Gallery
protagonisti
Si sente parlare di spazio, di astronauti, di
Esordiamo con Enrico Saggese, nato a Potenza nel 1949, coniugato,
avventure spaziali e di Shuttle, e, chissà
con due figli. Ma soprattutto, uomo con straordinaria esperienza nel
perché, si pensa soltanto all’America, ai film
settore spaziale: responsabile della definizione di missioni di satelliti
di science fiction hollywoodiani, alla Nasa, ai
di telecomunicazioni quali Sirio e Italsat nella Divisione Ricerca e
suoi misteri.
Sviluppo per Telespazio dal 1976-1989, Direttore Generale della fuorvianti
Space Engineering S.p.A. e poi della TeS Teleinformatica e Sistemi
preconcetti e nonostante i ridotti finanziamenti
S.r.l., aziende leader nel settore della progettazione di componenti
(rispetto ad altre realtà internazionali), l’Italia
e sistemi per satelliti dal 1989 al 2002, Amministratore delegato di
assume un ruolo di primo piano nel settore
Telespazio S.p.A. (gruppo Finmeccanica) di cui ha curato il rilancio
legato allo spazio ed alla sua esplorazione.
di immagine e la ristrutturazione economica dal 2002 al 2005,
Eppure,
oggi,
a
dispetto
dei
L’ASI (Agenzia Spaziale Italiana) gestisce
Senior Vice President di Finmeccanica per il Coordinamento delle
missioni spaziali in proprio o in collaborazione
Attività spaziali dal 2005 al 2008. Oggi è Presidente dell’A genzia
con i maggiori organismi spaziali internazionali,
Spaziale Italiana.
prima di tutto l’A genzia Spaziale Europea
Si racconta che una sera del 1969, ad Ischia, la sua vita cambiò.
(all’interno della quale l’Italia è il terzo maggior
Era la notte dello sbarco sulla luna…
contribuente dopo Francia e Germania, e a
«È verissimo. Ero in casa di mio zio e ho visto in tv lo sbarco sulla
cui l’ASI corrisponde una parte del proprio budget), quindi la stessa NASA e le altre agenzie spaziali nazionali.
L’ing. Enrico Saggese - Presidente dell’ASI
Ha un ruolo rilevante nel programma di sviluppo
ed
utilizzazione
della
Stazione
Spaziale Internazionale (ISS), raggiunto non solo
con
la
partecipazione
significativa
al programma europeo dell’ESA per la realizzazione del Columbus Orbital Facility (COF) ed alla sua utilizzazione (cui l’Italia partecipa in misura del 19%), ma anche attraverso l’accordo bilaterale con la NASA. Più recentemente ha sviluppato il programma una
COSMO-SkyMed,
costellazione
satellitare in orbita bassa, equipaggiata con
sensori
radar,
in
condizione
di
monitorare il territorio in qualsiasi condizione meteorologica, in grado di raccogliere dati di interesse ambientale, con elevata frequenza di rivisitazione dei siti, e di renderli disponibili all’utenza in tempi rapidi. Intervistiamo due fra le personalità più importanti
all’interno
all’esplorazione Enrico
Saggese,
dello
del
settore
spazio
Presidente
in
legato Italia:
dell’A genzia
Spaziale Italiana, e Roberto Vittori, pilota sperimentatore dell’Aeronautica Militare, che parteciperà nel 2011 alla missione spaziale
© Agenzia Spaziale Italiana
STS-134 per raggiungere la ISS.
© Agenzia Spaziale Italiana
Lo sbarco sulla luna del 1969
luna. Era un periodo in cui stavo pensando al mio futuro, al percorso da intraprendere all’università, al mestiere che avrei voluto fare “ da grande”. Fu quella mattina del 20 di luglio che decisi che mi sarei occupato di spazio. Si sapeva che l’attività spaziale in Italia sarebbe esplosa da un punto di vista tecnico-scientifico. Quello che si profetizzava, in qualche modo, è avvenuto ed oggi sono qua, con 40 anni di carriera in questo settore». Come si sente ora, a distanza di questi quarant’anni, ad essere il Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana? «Mi sento abbastanza appagato. Al di là dell’Agenzia, che pure è una cosa importantissima, ho percorso una carriera di tutto rispetto: sono stato prima nel privato (piccolo e grande), ho fatto partire una start-up che ho guidato per tredici anni, ho lavorato come amministratore delegato in Telespazio, come “responsabile dello spazio” in Finmeccanica, e mi sono occupato di spazio e di attività spaziale per lo Stato. In qualche modo, quello che era un sogno 40 anni fa, si è effettivamente avverato. E ne sono particolarmente fiero perché l’Italia negli ultimi anni ha compiuto sforzi notevolissimi per portare avanti questi progetti e si è ritagliata un ruolo di tutto rispetto. Per uno Stato come l’Italia, che può contare su soltanto 600 milioni all’anno, potersi sedere al tavolo, con la stessa dignità, con altre realtà che investono miliardi di dollari (ad esempio la NOAA, National Oceanic and Atmospheric Administration, ha un budget di 5 miliardi di dollari) è davvero un successo straordinario. L’Italia ha straordinarie eccellenze da mettere sul piatto, e, da professionisti del settore spaziale, il fatto che l’Agenzia Spaziale si basi sulla nostra cultura e le nostre capacità, ci rende particolarmente orgogliosi». Di recente l’Italia ha registrato un successo dopo aver mandato in orbita, nonostante i primi 4 tentativi andati a vuoto, il satellite “Cosmo SkyMed”, primo sistema di osservazione della Terra completamente concepito e costruito in Italia. Cosa rappresenta questo lancio per l’Italia?
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protagonisti
«Voglio premettere che i tentativi andati a vuoto sono stati dei rinvii provocati da lacune e manchevolezze di poco conto. Il lanciatore aveva semplicemente una finestra di lancio molto stretta: un secondo. Doveva essere lanciato alle sette e venti del pomeriggio per essere inserito nell’orbita con gli altri tre satelliti. Ogni minima disfunzione nel lancio poteva far sì che questa finestra potesse non essere “ incontrata”. I quattro tentativi erano semplicemente dovuti a piccolissime imperfezioni del sistema di lancio. Poi il satellite è stato finalmente lanciato, ha cominciato ad operare, funziona regolarmente, e quindi la costellazione dei quattro satelliti dà all’Italia un ruolo assolutamente importante a livello internazionale. I satelliti vengono utilizzati per questioni molto rilevanti, quale ad esempio, i disastri internazionali: durante uno degli ultimi disastri mondiali, la fuoriuscita del petrolio nel Golfo del Messico, gli Americani hanno acquistato dati Cosmo tre volte superiori rispetto a qualunque altro sistema. E poi lo utilizziamo per seguire il fenomeno delle alluvioni in Veneto o in Basilicata, ovvero il terremoto de L’Aquila. Per un programma che ha richiesto investimenti cospicui (1.100 milioni di euro), l’Italia riceve in cambio un’ immagine a livello internazionale di assoluto rilievo». Alla luce di questi successi, che ruolo ha l’Italia all’interno dell’“avventura spaziale” internazionale? «È sicuramente un ruolo molto importante, di primo piano, che arricchiremo nel futuro. Al di là di quello che facciamo per l’osservazione da terra, che pure è importante, lavoriamo con successo sulla ISS, per la quale l’Italia ha realizzato circa il 50% dello spazio abitabile della Stazione Spaziale. Stiamo lavorando molto per l’esplorazione: l’Italia è leader, ad esempio, in ExoMars, missione congiunta di Esa e Nasa, per l’esplorazione di Marte attraverso un piccolo escavatore a due metri di profondità. Siamo a livelli altissimi nel campo scientifico. Ultimo, e non ultimo, c’è il lancio dei nostri astronauti, tra cui Roberto Vittori, che rappresenta per l’Italia un vanto a livello internazionale.
© Agenzia Spaziale Italiana
Il Satellite Cosmo SkyMed
Passiamo la parola, dunque, proprio a lui, quarantasei anni,
Durante la sua permanenza a bordo della
viterbese, sposato con tre bambini, e una passione “infinita” per
Stazione Spaziale Internazionale (ISS) ha
lo spazio: è Roberto Vittori, l’astronauta italiano che prenderà
lavorato a fianco al resto dell’equipaggio e
parte alla missione spaziale STS-134 per raggiungere la Stazione
seguito quattro esperimenti scientifici per il
Spaziale Internazionale. La missione spaziale STS-134 è l’ultima
programma europeo, diventando il primo
missione del Programma Space Shuttle Endeavour e avrà il
cosmonauta italiano a partire dal porto
compito di trasportare sulla ISS l’esperimento AMS (Alpha Magnetic
spaziale russo di Baikonur alla volta della ISS.
Spectrometer) ed anche 6 esperimenti selezionati nell’ambito di un
Tre anni dopo, è ritornato sulla Stazione per
bando ASI a livello nazionale.
dieci giorni per un programma di esperimenti
Ormai veterano dello spazio, quella del 2011 sarà per l’astronauta
di affaticamento fisico e di germinazione di
italiano la terza trasferta galattica, ma in assoluto la prima a bordo
semi di piante erbacee per una possibile
dello Space Shuttle.
fonte di cibo spaziale.
Nel 2002, Vittori ha partecipato come ingegnere di volo alla
Da grande farò... l’astronauta. C’è chi lo dice,
missione taxi-flight “Marco Polo”, nell’ambito di un accordo di
e continua a sognare. C’è chi, invece, come
programma tra l’agenzia russa Rosaviakosmos, l’A genzia Spaziale
lei, lo fa. Come ci si sente ad essere un
Italiana, e l’ESA.
astronauta, il sogno di molti bambini? Anche lei da bambino sognava di fare l’astronauta? «Da bambino avevo sicuramente estrema
L’astronauta Roberto Vittori
curiosità ed interesse per tutti questi tre mondi, quello dello scienziato-ricercatore, quello del pilota militare, e quello dell’astronauta, ma lungi da me, da bambino, l’ idea che da grande avrei potuto fare un mestiere legato ad uno di questi tre o, addirittura, ad uno che
avrebbe
racchiuso
insieme
queste
tre passioni. Solo da adulto ho pensato in concreto alla possibilità di diventare un astronauta. Tutto nasce da una mia grande passione per la scienza, per la ricerca, ed infatti subito dopo il liceo ho intrapreso il percorso universitario presso la Facoltà di Fisica. L’ ingresso in Aeronautica è stata un’altra tappa fondamentale della mia vita. Anche se l’attività di astronauta mi distrae dal ruolo di fisico e da quello di pilota, volare nello spazio significa mettere insieme sia la parte operativa, quella che ha le radici nel ruolo di pilota-collaudatore, sia quella relativa alla ricerca scientifica, che è maggiormente in sintonia con il filone iniziale della mia carriera, quello legato alla mia laurea in fisica». Come è la vita a bordo della ISS? Ci può descrivere qualche particolare? «Ci sarebbero mille particolari che potrei
© Aeronautica Militare
descrivere, ma la vera “situazione particolare”
© ESA Multimedia Gallery
protagonisti
La Stazione Spaziale Internazionale (ISS)
è il semplice “vivere nello spazio”. Manca sulla terra anche un minimo, piccolissimo, riferimento concreto che possa farci intuire la sensazione che si prova a vivere all’ interno della Stazione. La permanenza a bordo della ISS è caratterizzata dalla condizione di microgravità, per la quale noi astronauti ci svegliamo al mattino galleggiando sul letto, per andare in bagno non camminiamo ma ci spingiamo, apriamo il rubinetto e l’acqua non scorre ma forma una bolla davanti a noi. Tutti gli oggetti che ci circondano galleggiano insieme a noi. C’è una stranissima sensazione di gonfiore e calore in volto. In poche parole, l’uomo si trasforma a metà tra un uccello e pesce. Si tratta di una situazione surreale che lo stesso astronauta, quando torna sulla terra, ripensando alla vita sulla ISS, non può che ricordarla come un sogno». Tra poco più di un anno, dunque, avrà modo di marcare un paio di record di tutto rispetto: sarà il primo astronauta italiano ad aver raggiunto lo Spazio sia sulla Soyuz che sullo Shuttle e allo stesso tempo il primo ad accedere per ben tre volte alla ISS. Come si arriva a questi record? «I record sono frutto di un insieme di fattori. La mia carriera è sicuramente una carriera particolare, fatta di tanta esperienza e tante qualità, ma, come in ogni campo, la fortuna gioca sempre un ruolo fondamentale. Nello specifico, sono stato selezionato nel ’98 quando, grazie ad una serie di progetti e di collaborazioni (anche con la NASA), si stavano gettando le premesse perché l’Italia potesse acquisire un ruolo di protagonista all’ interno delle attività collegate all’esplorazione dello spazio. L’anno della mia selezione è coinciso, quindi, con un periodo di grosso impegno da parte dell’Italia in termini di finanziamenti e di interesse per il mondo dell’esplorazione dello spazio. Ho svolto un eccellente addestramento negli Stati Uniti e ho superato con successo tutti i test, ma se non si fossero verificate in Italia le condizioni adatte, oggi non sarei qui a raccontarvi la mia avventura».
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Come ci ha accennato, prima di poter affrontare una missione è previsto un addestramento impegnativo. Quali sono i requisiti, fisici e psicologici, richiesti per poter fare l’astronauta? «La mia preparazione per la mia prossima missione nello spazio è cominciata nell’agosto del 2008, quindi sono più di due anni di addestramento nel corso del quale ci si concentra soprattutto sull’attività di simulazione, sullo studio dei sistemi e delle procedure, sulla conoscenza della microgravità. Ovviamente diamo per scontato che un astronauta debba possedere una condizione psico-fisica ottimale. Ma una missione è sempre il risultato dello sforzo di una vita». Che percentuali di rischi esistono ad oggi per una missione spaziale? Ha mai avuto “paura”? «La statistica è importante ma non è un elemento su cui mi concentro. Non so dare un numero preciso sulle percentuali di rischio: le missioni sono però tutte numerate ed è quindi abbastanza facile calcolare la percentuale da un punto di vista matematico. Due sono state le grosse tragedie degli ultimi anni, il Challenger nel 1986 e il Columbia nel 2003. Due incidenti tragici su 134 missioni. Vi sono, ovviamente, sistemi molto più complessi per calcolare il rischio, e fanno riferimento alla componentistica, ma il mio mestiere è volare nello spazio e assicurare il successo della mia missione. La questione relativa alla sicurezza la lascio agli ingegneri, che ringrazio vivamente, che svolgono un lavoro sconosciuto, silenzioso ma preziosissimo. Nel pensare o ripensarti a posteriori, è ovvio, c’è sempre un momento di riflessione, in cui si riflette sula difficoltà data da una condizione che non è di normalità, dal disagio che si prova e che è innegabile. La parola “paura”, però, non rientra nel vocabolario dell’astronauta. Il
© ESA Multimedia Gallery
mio, ad esempio, conosce solo impegno, professionalità e passione».
protagonisti
Foto: stefanozardini.com
la regina delle nevi cortina d’ampezzo: Stile, bellezza e glamour
Trovare qualche vocabolo, o anche uno slogan, che descriva sinteticamente Cortina d’Ampezzo, è impresa ardua e sconveniente. Significherebbe, in ogni caso, tralasciare qualcosa. La località ampezzana è molto più di qualche slogan, di qualche frase ad effetto, di qualunque espressione che ne voglia contenere la bellezza, le tradizioni, le passioni, lo stile: Cortina è la “Regina delle Dolomiti”, per il suo patrimonio paesaggistico, turistico e d’immagine. Cortina è storia, città olimpica, luogo privilegiato della dolce vita, vetrina, da oltre un secolo, di esclusività e stile. Cortina è meta dell’élite economica, politica e culturale italiana. Cortina è status symbol, località unica e inimitabile nell’intero arco alpino. La valle da cui sorge è sospesa a 1.224 metri di altitudine, immersa in uno scenario d’incomparabile bellezza, tra alcune delle montagne più affascinanti al mondo, entrate nel 2009 a far parte del Patrimonio Naturale dell’Umanità UNESCO. Uno spettacolo della natura che non conosce paragoni. La straordinaria posizione di cui gode - adagiata in una vera e propria conca dalla forma quasi circolare e delimitata da quattro valichi ai punti cardinali - ne ha fatto nei secoli un palcoscenico mozzafiato da cui poter ammirare le celebri montagne che le fanno da corona. Ma la valle ampezzana non è solo regina di risorse naturali dal fascino smisurato, è anche meta sportiva conosciuta in tutto il mondo per l’offerta sicuramente esclusiva che la contraddistingue. A partire dalle Olimpiadi del 1956, che trasmesse per la prima volta in diretta televisiva confermarono Cortina tra le mete turistiche d’eccellenza a livello internazionale; la “Regina delle Dolomiti” intrattiene un rapporto assolutamente privilegiato con lo sport, come testimoniano anche i grandi eventi che ospita durante tutta la stagione invernale. Piste perfette per ogni grado di preparazione, suggestivi anelli per il fondo, itinerari tra i più belli dell’intero arco alpino, fuoripista mozzafiato e, infine, le ultime novità: il curling, lo sci alpinismo, lo snowboard. Cortina si conferma meta imperdibile per gli sportivi più appassionati che, oltre a partecipare a eventi di portata internazionale, possono cimentarsi in prima persona con ogni genere di sport bianco e non solo, lungo piste e tracciati calcati spesso da atleti famosi in tutto il mondo. Cortina fa parte del Dolomiti Superski, carosello sciistico numero uno al mondo che unisce 12 prestigiose località immerse nelle Dolomiti: un solo skipass per 450 impianti di
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Foto: Paola Dandrea
travel
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Foto: dgbandion.com
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Foto: dgbandion.com
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risalita e 1.220 chilometri di piste percorribili.
passeggiando per le strade del centro, si possono
L’offerta di Cortina (dove statisticamente si può godere
cogliere in anticipo quelli che saranno i nuovi trend delle
di 8 giorni di sole su 10, con 8 ore di sole al giorno)
stagioni a venire.
comprende 3 ski-aree (Faloria - Cristallo - Mietres,
Questo rapporto privilegiato che la valle ampezzana ha
Tofana - Pocol, Lagazuoi - 5 Torri), 66 piste per un
da sempre col mondo dell’eleganza è simboleggiato dalla
totale di 115 chilometri, un dislivello di 1.715 metri, 95%
celebre “via dello struscio”, Corso Italia. Marchi di tendenza
di neve programmata e 37 impianti a fune. 5 funivie, 25
si affiancano a vetrine dal sapore più tradizionale per uno
seggiovie, 6 skilift e una manovia assicurano una portata
shopping naturalmente votato alla raffinatezza.
oraria pari a circa 56.650 persone.
È, infine, un salotto culturale di rilievo non solo nazionale
Ma Cortina non è solo sport: la località ampezzana è
e custode di tradizioni, antichi saperi e preziose memorie
da sempre all’avanguardia in fatto di tendenze, costume
gelosamente conservate nel tempo, che le permettono di
e moda. Dagli anni Cinquanta, infatti, la conca vanta il
guardare al futuro, forte del proprio passato.
primato di località vacanziera più fashion d’Italia dove,
All’interno della cultura secolare che la contraddistingue,
Foto: giuseppeghedina.com
travel
infatti, la località è riuscita a preservare e custodire nel
innegabile - commenta il Sindaco della Città ampezzana,
tempo tradizioni altrove scomparse che, in maniera quasi
dott. Andrea Franceschi - che il clima generale finisca
stupefacente, continuano a convivere con gli aspetti più
per influenzare i consumi anche di chi avrebbe le
contemporanei della cultura moderna.
disponibilità per continuare a spendere come faceva
Istituzioni risalenti all’epoca celtico-romana come le
prima. Fortunatamente a Cortina d’Ampezzo negli ultimi
Regole d’Ampezzo, ordinamenti scolastici ormai unici in
due anni abbiamo registrato dei dati in controtendenza
Europa come la Scuola d’Arte, antichi mestieri e remote
sul fronte delle presenze e degli arrivi, con un incremento
tecniche artigiane, sopravvivono come specie protette
importante dei turisti stranieri.
tra questi luoghi, testimoni più di ogni altro della capacità
Questa è la dimostrazione che se si offrono servizi di
di Cortina di difendere e valorizzare, assieme al suo
qualità, abbinati alla bellezza di un posto unico, anche
heritage, i segreti della propria memoria.
le fasi più difficili possono essere superate di slancio.
Un gioiello, Cortina, che sembra non soffrire neppure
Aspettando naturalmente con fiducia che ritorni presto
lo spauracchio della imperante crisi economica: “È
il sereno”.
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PROFESSIONE? MAGGIORDOMO Dalla divisa all’iPhone. L’eccezionale metamorfosi del Maggiordomo.
Ha un savoir-faire innato, è cortese, mai sopra le righe e con ottime capacità organizzative. Ma è anche, oggi, una persona dinamica, giovane, che usa il computer, l’i-phone, e i mezzi pubblici. Rispetto al personaggio di Alfred Pennyworth del fumetto di Batman, l’identikit del maggiordomo si è modificato moltissimo. Ha certamente mantenuto il suo aplomb in termini di compostezza e di discrezione, ma è cambiato tanto nel suo aspetto estetico, nei rapporti interpersonali, negli incarichi che gli vengono affidati, nelle funzioni che svolge, in casa e in contesti extra-familiari. “Uomo o donna che sia, il maggiordomo moderno - ci spiega Elisa Dal Bosco, presidente dell’ AIM (Associazione Italiana Maggiordomi) - ha smesso la divisa e i modi eccessivamente formali, ed è diventato una persona di casa, di cui ci si fida ciecamente, e alla quale vengono affidate le mansioni più disparate. È un efficiente collaboratore, al quale ci si rivolge per qualsiasi necessità (ad eccezione delle pulizie domestiche, che, pur essendo un lavoro dignitoso e rispettabile, non
ELISA DAL BOSCO Presidente AIM Associazione Italiana Maggiordomi www.maggiordomi.org
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rientrano tra i doveri di un maggiordomo). Sovrintende tutte le figure all’interno di una casa, ne è il gestore, l’organizzatore, il direttore”. In tal senso, una precisazione appare d’obbligo: “Oggi il termine maggiordomo è diventato obsoleto. In realtà, non esiste un vocabolo preciso che lo sostituisca univocamente, ma si possono utilizzare altri termini, ugualmente corretti. Si usa ‘direttore della casa’ perché, possiamo dire, che la controlla totalmente, oppure ‘personal assistant’ perché si occupa di gestire la nostra vita al meglio, sia per quanto riguarda gli impegni lavorativi che gli appuntamenti mondani”. In questo senso, il maggiordomo moderno è anche un prezioso event planner, prenota i migliori ristoranti ed organizza eventi o serate importanti, in contesto domestico o fuori casa, a teatro, a cena, in viaggio. È sicuramente una persona moderna, di cultura, curata nell’aspetto, esperta conoscitrice delle lingue e delle nuove tecnologie. Con l’iPhone sempre in tasca come un
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manager, è in grado di organizzare un congresso, ma anche una festa di compleanno per i bambini, può portare il gatto dal veterinario e, perché no, gestire in modo impeccabile il cosiddetto cambio di stagione negli armadi. Ma è anche colui che si districa bene nello shopping esclusivo, per chi è troppo occupato e per chi ha poco tempo da dedicarsi. Quest’ultima è sicuramente una delle motivazioni più frequenti e rilevanti per chi sceglie di affidarsi ad un personal assistant. “Il vero lusso nel 2010 - afferma Elisa Dal Bosco - è concedersi del tempo libero. La ricchezza oggi non è solo possedere yacht o dimore esclusive, ma anche e soprattutto aver cura di se stessi, dedicarsi alla propria persona e ai propri cari, viaggiare e lasciare a casa le faccende domestiche e professionali. Tutto questo, ovviamente, si può fare se gli impegni lavorativi non hanno il sopravvento sulle nostre vite. E soprattutto, se ci si può affidare ad una persona di fiducia che gestisca i
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nostri interessi in nostra assenza”. I luoghi in cui un ottimo “maggiordomo” può inserirsi oggi sono vari ed in ogni angolo del mondo: dalle navi che solcano oceani alle barche a vela, dai castelli alle dimore storiche, dalle ville alle case private, dagli hotel alle vacanze e per ogni giorno. Diverse location, ma un unico filo conduttore: in ogni posto e in ogni contesto, il maggiordomo moderno punta all’eccellenza del servizio che offre e, quindi, alla sua formazione personale. Oltre agli studi tradizionali, che fanno del maggiordomo una persona interessante, che sappia intrattenere gli ospiti o i figli, esistono in Italia e nel mondo, corsi di formazione e aggiornamento che puntano a migliorare le prestazioni e i servizi resi dai maggiordomi. In Italia, ad esempio, l’Associazione Italiana Maggiordomi organizza corsi bimestrali (un mese di teoria e uno di pratica), tenuti da figure professionali di
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livello internazionale, che portano la loro esperienza e la mettono al servizio degli altri. “L’associazione che presiedo - spiega Dal Bosco - è nata due anni fa, è una no-profit e non è una agenzia di lavoro. Il nostro obiettivo è soltanto quello di promuovere la figura del maggiordomo a livello nazionale ed internazionale. Sul nostro sito sono presenti dei curricula di maggiordomi da noi formati, e li mettiamo a disposizione di chi fosse interessato. Ma non siamo un’agenzia. Come non siamo un ente di formazione. Ci occupiamo semplicemente di organizzare questi corsi (a spese degli interessati) per essere certi della professionalità delle figure che si associano al nostro nome, con l’attiva collaborazione di esperti a livello nazionale ed internazionale, con la speranza di costruire insieme dei maggiordomi che siano simili a dei direttori d’orchestra, che conoscono ogni strumento del loro lavoro e sono alla continua ricerca della perfetta armonia”.
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La RANGE ROVER che mancava
Evoque: la più piccola, leggera ed efficiente Range Rover mai prodotta, dall’aspetto irresistibile. “È un momento molto emozionante per noi, quello che ci vede ampliare la gamma delle Range Rover con un nuovissimo modello. La Range Rover Evoque non solo incrementerà la nostra quota nel mercato mondiale, ma proverà il nostro impegno nella produzione sostenibile di modelli altamente desiderabili (...) L’Evoque definisce un nuovo segmento per i SUV compatti di lusso più sportivi ed eleganti. Rappresenta una forte indicazione della strada intrapresa dal marchio Range Rover ed avrà un formidabile impatto emotivo su un ampio target di acquirenti di veicoli di lusso”. In queste parole il Dr. Ralph Speth, CEO della Jaguar Land Rover, sintetizza l’importanza e le aspettative riposte nella Evoque. Fedele alla filosofia del marchio Range Rover, l’Evoque vanta eccezionali livelli di lusso, prestazioni e di abilità costruttiva, in forma più compatta. Si tratta della Range Rover più efficiente mai prodotta, leggera e con livelli di emissioni di CO2 inferiori ai 130 g/km. La Range Rover Evoque verrà proposta in versione Coupé e 5 porte, a quattro e, per la prima volta in casa Range Rover, anche a due ruote motrici. La Range Rover Evoque verrà commercializzata a partire dall’estate 2011 in oltre 160 Paesi in tutto il mondo.
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Il Design: La nuova Evoque si ispira direttamente alla LRX, il Concept
un profilo più dinamico, con la linea di cintura ascendente
car che tanto successo ha riscosso grazie alla sua nuova
decisamente inclinata, la robusta spalla che corre per
interpretazione dei classici stilemi Range Rover.
tutta la lunghezza della scocca e la rastrematura del
Come ricorda Gerry McGovern, responsabile del Design:
tetto sospeso. L’audace firma grafica creata dal cuneo
“L’accoglienza incredibilmente positiva riservata nel 2008
disegnato della linea dei finestrini, viene infatti enfatizzata
alla LRX in tutto il mondo, ci ha spinti a realizzare un
dai montanti neri.
veicolo di serie capace di suscitare le stesse emozioni
Le ruote ai quattro angoli donano al veicolo un
(...) La Evoque segna un’audace evoluzione del design
aspetto forte e stabile; i passaruota sono larghi, ma
Range Rover, attraverso nuove interpretazioni delle sue
armonicamente integrati alla scocca. Gli angoli scolpiti
linee classiche, pur rimanendo strettamente fedele ai suoi
riducono significativamente gli sbalzi anteriori e posteriori.
valori”.
Il frontale denuncia con forza la propria identità Range
A differenza delle precedenti Range Rover, l’Evoque adotta
Rover, grazie alla grafica orizzontale della griglia traforata
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a due barre ed ai caratteristici fari. La carrozzeria è
La Range Rover Evoque 5 porte rappresenta l’alternativa
elegante e trasmette una sensazione di lusso e qualità
al modello coupé. La 5 porte abbina la dinamicità delle
grazie alle prese d’aria laterali, alla ricercatezza dei gruppi
linee del cross coupé originale alla funzionalità propria di
ottici, agli indicatori di direzione sottili e rastremati. Proprio
questa soluzione.
i gruppi ottici giocano un ruolo fondamentale. La prima
Lunghezza e larghezza restano identiche e, per ampliare
a catturare lo sguardo è la particolare grafica dei fari,
lo spazio interno della 5 porte, la linea del tetto è stata
creata con la tecnologia LED; una grafica simile è ripetuta
lievemente variata nella sezione posteriore, guadagnando
nei gruppi ottici posteriori, dal disegno a petali in 3D.
30 mm di altezza in più rispetto al coupé.
Avvicinandosi al veicolo di notte, sarà possibile notare la
Gerry McGovern sottolinea: “Siamo partiti con l’ idea che
netta grafica lungo le portiere anteriori, messa in risalto
la 5 porte dovesse esercitare lo stesso richiamo emotivo
dalle luci d’illuminazione dei marciapiedi situate sugli
del coupé, con in più l’offerta della preziosa praticità di un
specchietti.
veicolo per la famiglia”.
gli interni: All’interno, la Range Rover Evoque accoglie i suoi
le più importanti informazioni relative al veicolo.
passeggeri in una cabina di lusso realizzata con
L’Evoque è la prima Range Rover ad offrire il nuovo
i materiali di altissima qualità ed eleganza che si
sistema audio da 825 Watt con 17 altoparlanti,
attendono da una Range Rover, rielaborati in
sviluppato con Meridien.
maniera più sportiva ed attuale.
30 mm più alta del coupé, la Range Rover Evoque 5
Seduto leggermente più in basso rispetto alle Range
porte offre più spazio e maggiore versatilità.
Rover più grandi, il guidatore assume una posizione
I passeggeri della seconda fila di sedili dispongono
di guida dominante sportiva, conservando tutto il
di oltre 50 mm di spazio in più per le spalle e di un
controllo legato a questa caratteristica.
altrettanto generoso spazio per la testa.
Il cruscotto presenta due quadranti racchiusi in
Il vano bagagli è largo, profondo e di forma regolare.
alloggiamenti circolari, con cornici cromate e corone
La seconda fila di sedili è divisibile e ripiegabile in
e lancette illuminate.
rapporto 60/40 per aumentare il volume di carico
Il sistema di comandi e di visualizzatori, elegante e
a disposizione, che può arrivare a ben 1440 litri a
chiaro, oltre che di grande semplicità d’impiego, ha il
sedili abbattuti.
suo cuore nel touch screen da 8”, il quale controlla
Inoltre, per la massima comodità, il sistema smart
un’ampia gamma di dispositivi. A complemento del
key permette di salire a bordo e mettere in moto
touch screen, un display a colori da 5”, posizionato tra
senza chiave. Il portellone può essere aperto con il
i due quadranti degli strumenti sul cruscotto, fornisce
telecomando.
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LA TECNICA: Ottenere il voluto carattere dinamico della Evoque ha
La tecnologia principe è però il Terrain Response, che
richiesto un’evoluzione del DNA Range Rover. Partendo
modula la risposta di tutti i sistemi (motore, trasmissione,
dalle dinamiche di guida sportiva della Range Rover Sport,
giunto centrale, sistemi di stabilità, freni) a seconda
gli specialisti Range Rover hanno puntato ad ottenere una
delle condizioni del terreno, ottimizzando la guidabilità
guida più agile e diretta, pur conservando una guidabilità
ed il comfort e utilizzando al massimo tutta la trazione
ed una maneggevolezza piacevoli e prevedibili, scevre
disponibile. Il Terrain Response è a quattro posizioni,
da ogni reazione nervosa, con eccellente controllo della
selezionabili tramite un comando sulla consolle centrale.
scocca e bassi livelli di rollio.
Una posizione aggiuntiva Dynamic è disponibile sui veicoli
La diminuzione dei pesi è stato un altro obiettivo primario,
dotati del sistema Adaptive Dynamics.
per la quale gli ingegneri hanno previsto una quantità
Per chi non fosse attratto dalle leggendarie capacità in
di materiali leggeri e tecnologicamente avanzati, con un
fuoristrada della Range Rover, la Evoque è la prima auto
peso in ordine di marcia che parte dai 1600 kg. Con la
prodotta dal marchio disponibile anche in versione 4x2,
diminuzione del peso totale, migliorano le prestazioni e si
che pesa 75 kg in meno della corrispondente 4x4, con
riducono sostanzialmente consumi ed emissioni di CO 2.
minori consumi ed emissioni. Questa versione è stata
Da vera Range Rover, l’Evoque possiede tutte le capacità
accuratamente ottimizzata per garantirle la stessa agilità
di affrontare qualsiasi superficie o condizione atmosferica.
e maneggevolezza della versione 4x4. La versione 4x2
La trasmissione di serie 4x4 impiega un sistema intelligente
monta l’economico motore diesel eD4 da 150 CV, una
innovativo che varia continuamente la suddivisione della
valida alternativa alle concorrenti ibride.
coppia fra gli assali, ottenendo una motricità ottimale.
I dispositivi di sicurezza per gli occupanti comprendono un
Sull’Evoque sarà disponibile anche il nuovo sistema
sistema di ritenuta ottimizzato con airbag per guidatore
Adaptive Dynamics, che monta gli avanzati ammortizzatori
e passeggero, airbag per le ginocchia, airbag a tendina
MagneRide™ a taratura di risposta continua.
e per il torace.
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I MOTORI: La Range Rover Evoque vanta un’intera gamma di motori
nelle versioni da 190 CV (SD4), da 150 CV (TD4) nonché
turbocompressi benzina e diesel accoppiati ad una
nella versione supereconomica da 150 CV (eD4).
trasmissione a sei rapporti, che può essere automatica
La gamma dei 2.2 turbodiesel è stata completamente
o manuale sulla versione diesel e solo automatica su
aggiornata per erogare una maggiore potenza, con una
quella a benzina. Tutti i motori, benzina e diesel, sono stati
curva di coppia ottimale, livelli di rumorosità ancora ridotti
accuratamente ottimizzati per una migliore efficienza nei
e minori emissioni di CO 2. Di conseguenza, più del 60%
consumi con ridotte emissioni di CO 2.
dei componenti di questi motori sono nuovi o sono stati
Le unità con trasmissione manuale saranno equipaggiate
sostanzialmente modificati.
dal sistema Stop-start per ridurre i consumi e le emissioni
Il nuovo TD4 monta un sistema common rail ad alta
di CO 2 di un ulteriore 8%.
pressione con piezoiniettori, un turbocompressore a
• 2.0-litri Si4 a benzina: Il motore a benzina è il 240
geometria variabile, un sistema a turbolenza variabile ed
CV Si4 da 2 litri con turbocompressore a bassa inerzia,
un nuovo sistema di gestione del motore che ottimizza
iniezione diretta ad alta pressione e valvole a doppia
l’efficienza della combustione. La bassa rumorosità e
fasatura variabile. L’efficienza del sistema di alimentazione
la dolcezza di funzionamento sono dovuti a tecnologie
permette una riduzione dei consumi e delle emissioni
specifiche, quali il monoblocco a doppia parete e i due
di CO 2 del 20%. Il compatto quattro cilindri in alluminio
contralberi.
è anche sostanzialmente più leggero di un motore
• 2.2-litri Turbodiesel eD4: Il motore più parco nei
convenzionale. Ad esempio, il 240 CV 2.0-litri Si4 pesa
consumi è l’eD4 da 150 CV, che vanta un sistema di
circa 40 kg in meno del 233 CV Land Rover i6 da 3.2 litri.
iniezione
• 2.2-litri Turbodiesel: I turbodiesel sono disponibili
carburante ridotta per esaltarne l’efficienza.
completamente
ricalibrato,
con
portata
di
automobili
un diavel per ducati
Un giorno qualcuno, in un gruppo di ingegneri e tecnici Ducati, ammirando le linee del retrotreno, esclamò in dialetto bolognese: “Ignurànt comm’ al diavel!” che significa: “Cattiva come il diavolo!”. Così è nato il nome della nuovissima moto Ducati: ‘diavolo’ in dialetto bolognese. Di grande presenza, il DIAVEL domina la strada pur rimanendo leggero e agile come tutti i modelli Ducati, sempre improntato al massimo comfort. I sistemi ABS, Ducati Traction Control e i Riding Mode Ducati, offrono un’esperienza di guida raffinata e al tempo stesso sicura, mentre il look affascinante e i 162CV di potenza fanno del DIAVEL una “lifestyle motorcycle” comoda e sportiva. La rivoluzionaria ultima nata di casa Ducati è disponibile in due versioni: Il modello DIAVEL e l’ammiraglia DIAVEL Carbon, con il suo mix di caratteristiche estetiche e prestazionali, con l’uso di componenti che vanno dalla carena in carbonio agli esclusivi cerchi Marchesini forgiati e lavorati alla macchina.
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IL DESIGN: “La sfida insita nel creare una moto dal profilo più muscolare invece di un modello da competizione pura è stata vinta con determinazione e delicatezza: il risultato è un anteriore che suggerisce la potenza di un atleta pronto a scattare dai blocchi di partenza”, ha spiegato il team di designer responsabile del progetto. Con i radiatori laterali ad allargargli ulteriormente le spalle, e una silhouette più affusolata man mano che si scende verso il motore e il puntale con il radiatore dell’olio, l’atleta ha preso forma. L’impressionante pneumatico posteriore da 240mm è un esempio perfetto della filosofia senza compromessi seguita dagli ingegneri Ducati e riflette efficacemente l’associazione tra potenza e stile. L’illuminazione degli indicatori di direzione e della luce freno posteriore è affidata a due strisce verticali di LED trasparenti. Le strisce seguono l’esatto profilo delle cover sottosella, assicurando la massima visibilità del retrotreno e preservando nello stesso tempo le linee pulite della moto. Gli indicatori di direzione anteriori sono formati da strisce di LED con lente trasparente, montati verticalmente lungo il bordo anteriore dei pararadiatori laterali. Il proiettore anteriore attribuisce al DIAVEL un inconfondibile tocco Ducati ed è supportato da un involucro esterno in alluminio. I fari abbaglianti e anabbaglianti utilizzano doppi riflettori, mentre le luci di posizione sono formate da una striscia orizzontale di LED. Innovativa la soluzione per il supporto del gruppo targa che comprende un punto di alimentazione ben occultato per fornire alla targa illuminazione LED dedicata, evitando di dover far affidamento sulle luci posteriori e creando una zona retrosella elegante e pulita. La doppia sella è ampia, confortevole ed esteticamente piacevole perché perfettamente integrata nelle linee fluide della moto. Con un’altezza di soli 770mm, offre inoltre una delle sedute più basse della gamma Ducati. La dotazione standard comprende inoltre un bellissimo coprisella monoposto, facilissimo da smontare, realizzato in carbonio per il modello DIAVEL Carbon. Il serbatoio da 17 litri del DIAVEL fa parte integrante del design della moto. La sua linea ampia e allungata si estende dal gruppo ottico anteriore alla sella, fino a scomparire nel telaietto posteriore suggerendo grande continuità estetica. Su entrambi i lati del serbatoio si trovano le ampie prese d’aria in alluminio, che con il loro design altamente funzionale alimentano l’airbox del motore, contribuendo ai 162 Cv prodotti dal propulsore Testastretta 11°. Anche il cruscotto del DIAVEL è un capolavoro di design. Il display LCD superiore è fissato al cavallotto di montaggio inferiore e fornisce i dati principali quali velocità e giri/min, oltre a visualizzare spie, orario e temperatura. Il display inferiore a colori, si inserisce nelle linee del serbatoio e fornisce informazioni sulle selezioni dei Riding Mode, delle marce e delle impostazioni DTC, oltre a visualizzare totalizzatore e percorrenze parziali. A moto ferma, il display inferiore funge anche da quadro comandi, consentendo di personalizzare e poi salvare le impostazioni di DTC e RbW all’interno di ciascun Riding Mode. Il DIAVEL è disponibile nel tradizionale Rosso Ducati con telaio rosso e ruote nere, o nella colorazione pearl white e nero metallizzato con telaio nero e ruote nere. Il DIAVEL Carbon è disponibile nelle colorazioni “red carbon” (rosso lucido su trama matte carbon) con telaio rosso, o “black carbon” (trama carbon nero lucido e matte black) con telaio nero. Entrambe le DIAVEL Carbon presentano cerchi neri, lavorati per svelare l’alluminio naturale sottostante.
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moto
Ducati Diavel: â‚Ź 16.990 (chiavi in mano) Ducati Diavel Carbon: â‚Ź19.990 (chiavi in mano)
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LA TECNICA: Il cuore del DIAVEL è il propulsore Testastretta 11°, sviluppo diretto dei potentissimi motori Ducati Corse, con i suoi 162 Cv e 127,5 Nm di coppia. L’evoluzione dei condotti di aspirazione e di scarico e una radicale modifica della distribuzione, hanno permesso di ottenere una curva di coppia piena ai bassi regimi, per un campo di utilizzo estremamente ampio. L’incremento della coppia nella parte bassa della gamma dei regimi è gestita dal sistema Ride-by-Wire (RbW, un sistema di controllo elettronico della potenza che utilizza tre diverse mappature per regolare l’erogazione di potenza: 162 Cv con erogazione sportiva, 162 Cv con erogazione progressiva adatta per il turismo e 100 Cv con erogazione progressiva per l’uso in città). Il cambio utilizza materiali ad elevata resistenza, per gestire l’aumentata erogazione di potenza ed il maggior grip generato dall’imponente pneumatico posteriore da 240 mm, a doppia mescola, sviluppato con Pirelli. Il telaio a Traliccio prevede tubi di grosso diametro e ridotto spessore. Il risultato offre una maggiore rigidezza torsionale senza compromettere leggerezza e compattezza. All’avantreno
una
forcella
Marzocchi
da
50
mm,
completamente regolabile, consente agilità e controllabilità, con un angolo di sterzata di 70°. Il DIAVEL Carbon utilizza le stesse sospensioni, ma con steli antiattrito al carbonio. Al posteriore, un monoammortizzatore Sachs azionato dal lungo forcellone monobraccio in pressofusione d’alluminio, che garantisce un’ottima controllabilità del retrotreno e angoli di piega fino a 41°. Il DIAVEL monta cerchi a quattordici razze, all’anteriore con cerchio da 3,5 x 17, mentre al posteriore è previsto un cerchio sovradimensionato da 8 x 17. Il DIAVEL Carbon sfoggia invece cerchi Marchesini a nove razze in lega leggera, per un risparmio di peso pari a 2,5 kg. Le prestazioni frenanti sono garantite da freni della Brembo con ABS (compreso nella dotazione standard). Il DIAVEL riunisce tutte le ultime innovazioni tecnologiche di Ducati, compresi i recentissimi Riding Mode: tre modalità preimpostate (Sport, Touring e Urban, selezionabili anche durante la guida) che permettono di modificare il ‘carattere’ del DIAVEL combinando diverse tecnologie quali il RbW e il DTC (Ducati Traction Control, che agisce da ‘filtro’ tra la mano destra del pilota e lo pneumatico posteriore: nello spazio di pochi millesimi di secondo, è in grado di rilevare e controllare il pattinamento della ruota, contribuendo ad aumentare considerevolmente le performance e la sicurezza attiva della moto, mantenendo sempre un certo valore di tolleranza allo slittamento del retrotreno).
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moto
Top Selection
TOYOTA iQ, “SPAZIO” AL LIFESTYLE «Mi affascinava l’idea di creare un’automobile che fosse al tempo stesso ‘piccola ma sofisticata’ e ‘compatta ma con prestazioni elevate’, che cioè cambiasse l’idea tradizionale di auto per dar vita ad un concetto del tutto nuovo (...) volevo creare la prima raffinata ed elegante quattro posti al mondo lunga meno di tre metri, con un abitacolo intelligente, uno stile unico, consumi ridotti, sicurezza ai massimi livelli e grandi prestazioni di guida. Per raggiungere questo risultato, iQ doveva avere dimensioni tipiche di un’automobile del segmento A, prestazioni superiori a quelle del segmento B, con una qualità interna ed esterna pari alle vetture del segmento C». Con queste parole l’ingegnere Capo di iQ, Hiroki Nakajima, sintetizza le caratteristiche di questa incredibile Toyota, che abbatte in modo naturale gli ingorghi urbani, il prezzo crescente della benzina, i problemi di parcheggio e le emissioni di CO². Una Toyota che riesce essere trendy, strizzando l’occhio a quel pubblico metropolitano che cerca la praticità, ma che non rinuncerebbe mai ad un prodotto curato. Nel caso poi di un improvviso desiderio di un weekend fuori porta, la iQ in autostrada può raggiungere una velocità di 150 km/h, garantendo la guidabilità e le prestazioni di un’auto di categoria superiore, tutto nel rispetto delle moderne norme di sicurezza (con le 5 stelle nelle prove di crash-test EuroNCAP). E se si dovesse aver bisogno di un maggiore spazio per i bagagli...è sufficiente abbassare uno dei due sedili posteriori. IN CITTÀ: Il progetto iQ, la quattro posti più piccola del mondo, esibisce tutta l’abilità dei progettisti giapponesi nello sfruttamento degli spazi, come testimoniano i 3 posti (veri e ampi) più uno. Quattro posti ottenuti con soli 29 cm in più di lunghezza e 12 cm in larghezza rispetto alla sua concorrente di elezione, la Smart, che di posti ne ha solo due. Nella guida in città, la citycar giapponese dimostra che piccola e agile non significa scomoda. Visto il segmento di appartenenza, ci si aspetterebbe una certa rigidità delle sospensioni mentre, sorprendentemente, la iQ digerisce senza scossoni pavè, binari, tombini, con un ottimo livello di assorbimento e smorzamento. Per quanto riguarda il capitolo parcheggi, le dimensioni ed il diametro di sterzata da record (8,62 m) permettono alla iQ di parcheggiare in spazi poco più ampi della vettura, elemento di non poco conto nell’utilizzo in città. FUORI CITTÀ: Pretendere che una vettura progettata espressamente per la città abbia una guida appagante nel misto di una strada extraurbana
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auto trendy
sarebbe troppo. Ma anche in questo caso la Toyota iQ riserva sorprese. L’inserimento in curva è sempre molto rapido e per cambiare direzione basta pochissimo angolo di volante. A questo si aggiunge l’azzeccata messa a punto dell’assetto, ottimo compromesso tra comfort e sportività. Gradevole anche l’accoppiata motore-cambio. Il mille da 68 Cv montato sulla iQ non può ovviamente garantire grandissime prestazioni, ha però una buona propensione a girare alto, tanto da garantire un tempo di soli 6,91 secondi nella ripresa da 50 a 90 Km/h (contro i 12,12 secondi della Smart). Valido aiuto al motore lo dà il cambio Multidrive a variazione continua, pronto e dotato della funzione Sport. E se si dovesse fare una puntata in autostrada, nessun problema: l’iQ è ben appoggiata sulle carreggiate larghe. IN PISTA: Per far emergere le caratteristiche di qualsiasi auto, è utile provarla su un circuito, guidandola al limite. Il collaudatore Giampaolo Tenchini ha guidato la iQ sul circuito dell’Autodromo di Franciacorta: “Portare una citycar in pista sembrerebbe quasi un controsenso. Invece, la giapponese non si mostra in difficoltà nemmeno fra i cordoli. Solo spingendo al limite emerge del sottosterzo, progressivo, che non mette mai in difficoltà. Non si avvertono invece perdite di aderenza del posteriore, grazie al buon assetto e agli interventi dell’ESP (mai disinseribile sopra i 50 km/h)”.
Info: Concessionaria Toyota TI AUTO - V.le Grassi 81 - Lecce - Tel. 0832.351909
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Top Selection
AB STILCASA esclusività made in italy
fondata nel 1970, mantiene il suo spirito innovativo e orientato ad una clientela esigente Quarant’anni di successi e di traguardi. Tutti nel segno del made in Italy di qualità e di un target privato di fascia alta. È racchiusa in queste poche parole la storia di AB Stilcasa, azienda salentina fondata nel 1970 da Antonio Bruno ed ereditata nel 1982 dai figli Donato e Walter. Oggi, a distanza di quattro decenni, AB Stilacasa, forte dei suoi punti fermi e della specificità territoriale nella quale è inserita, si è ritagliata uno spazio di tutto rispetto nel panorama della commercializzazione delle ceramiche e dell’arredobagno. In un territorio in cui scarseggiano le grandi commesse legate all’edilizia pubblica, il settore del privato, per AB Stilcasa, è stata una scelta obbligata, ma anche un elemento di successo, nella misura in cui ha permesso di selezionare la clientela e puntare sui prodotti di nicchia e di assoluta qualità.
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abitare
“In un mercato invaso da una marea di prodotti scadenti, realizzati al risparmio di materiali e di manodopera, noi di AB Stilcasa – afferma il titolare Walter Bruno - abbiamo scelto di essere selettivi, puntando sulla qualità, sulla coerenza e sul rispetto del cliente”. L’offerta, legata a servizi mirati ed orientati al soddisfacimento delle richieste della clientela, nel pieno rispetto del gusto estetico e delle prerogative dell’azienda, le ha permesso, a distanza di tanti anni, di ritagliarsi un’importante fetta di mercato. Nonostante il periodo di crisi economica, AB Stilcasa continua a credere fermamente nella scommessa della qualità e dell’innovazione, continuando a potenziare e migliorare l’offerta e i servizi: “Abbiamo recentemente allestito un nuovo showroom di quasi 2000 metri quadri, concepito come una vera e propria fiera, in cui le singole aziende dispongono di uno stand”. Così realizzato, il progetto espositivo di AB Stilcasa permette ai marchi che commercializza di essere ben visibili, in maniera forte e ben identificata. L’area espositiva è stata divisa poi in due grandi aree: la prima comprende la Sala Mostra di 800 mq, adibita ad esposizione di gres porcellanato, naturale o levigato, camini e barbecue, arredobagno ed idromassaggio; la seconda, di circa 1000 mq, è adibita a pavimenti rustici ed ambientazioni da bagno, tutto delle migliori marche. “Recentemente – continua il titolare – abbiamo potenziato l’area idro, wellness e saune. Con due aziende in particolare (GESSI – settore wellness, e EFFEGIBI – settore Hammam, n.d.r.) sono state realizzate aree dove vedere e toccare con mano questi prodotti. Oggi, quindi, il benessere possiamo trovarlo non solo all’interno delle SPA ma anche all’interno della nostra casa. Abbiamo, infine, aperto un’area outlet di 140 metri quadrati per smaltire le rimanenze di magazzino e venire incontro alle esigenze di chi vuole risparmiare un po’ senza rinunciare alla qualità del prodotto. In Sala Mostra disponiamo di personale specializzato che mette a disposizione del cliente tutta la propria capacità tecnica e professionale”. In sintesi, AB Stilcasa si presenta come una piccola oasi, gestita nella semplicità della tradizione familiare, con un occhio di riguardo per l’innovazione, la qualità, l’esclusività del prodotto e del servizio.
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La Banca Popolare Pugliese le cui origini trovano storia sin dall’ultimo decennio del 1800, nasce nel 1994 con l’attuale ragione sociale, dalla fusione tra due pilastri storici della finanza salentina, la Popolare Sud Puglia e la Popolare di Lecce, diventando una fra le più significative realtà finanziarie del meridione. Fin dal giorno della fondazione, si è sempre contraddistinta per il suo spirito dinamico: dal 1996 al 1999 ha compiuto strategiche acquisizioni incorporando alcune realtà creditizie e bancarie del territorio, tra cui la Banca di Credito Cooperativo di Cellino San Marco, la Banca di Credito Cooperativo di San Pancrazio Salentino e la Banca di Credito Cooperativo di Otranto. Il 2007 ha rappresentato l’anno della svolta. Acquisendo 17 filiali da Banca Carime e la Banca di Credito Coopoerativo del Nord Barese con sede a Ruvo di Puglia, BPP ha consolidato la propria presenza strategica in Puglia con ulteriori 14 sportelli (8 in Provincia di Foggia, 4 in provincia di Bari, 1 in Provincia di Taranto e 1 in Provincia di Lecce) ed ha oltrepassato i confini regionali incorporando nella propria struttura distributiva 2 sportelli in Basilicata e 1 in Molise. Oggi, con 97 sportelli, circa 30.000 Soci, 300.000 Clienti ed un organico di più di 870 collaboratori, la Banca Popolare Pugliese rappresenta un fondamentale volano per la crescita regionale mirato alla valorizzazione delle potenzialità di sviluppo della società locale. Intervistiamo il Dott. Massimo Valli, Direttore Centrale della Banca Popolare Pugliese, che ci illustra i punti di forza e le prospettive future di questo gioiello della finanza salentina e non solo. Dott. Valli, se dovesse descrivere BPP in poche parole, quali userebbe? «Userei tre sostantivi: territorialità, autonomia, valori». Partiamo dal primo. In che modo si concretizza la vicinanza al territorio? «La Banca Popolare Pugliese nasce e si consolida come “Banca del Territorio” per due ordini di ragioni: la prima è relativa alla presenza capillare regionale; la seconda quale sostegno delle realtà locali. In questo senso, la BPP è funzionale al suo territorio, supportando l’imprenditorialità agricola, artigianale e industriale di piccole e medie imprese e le famiglie consumatrici, assicurando una consulenza qualificata nelle diverse opportunità di risparmio, investimento,
TRADIZIONE E FUTURO, VALORI E PROSPETTIVE
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architettura
Intervista al Dott. Massimo Valli, Direttore Centrale di Banca Popolare Pugliese finanziamento
e
previdenza.
Banca
Popolare
Pugliese si pone altresì l’obiettivo di promuovere interventi finalizzati alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio storico-artistico e culturale, che possono rappresentare una leva dello sviluppo locale in termini di maturazione della società civile e di crescita economica e occupazionale». In che senso l’autonomia rappresenta un vostro punto di forza? «Banca Popolare Pugliese è una delle poche aziende di credito meridionali rimasta autonoma dalle strategie globalizzate dei cosiddetti “grandi gruppi bancari”. La recente crisi che ha colpito i mercati, unita ai ritardi che caratterizzano il meridione, non hanno scalfito la solidità dell’Istituto, che continua a portare avanti il percorso in cui crede in ottica di crescita con passo ponderato. Mantenere l’autonomia è una delle priorità, perché per essere funzionali ad un Territorio è necessario farne parte integralmente, comprenderne le ragioni ed i bisogni, raccogliere ed investire dove si opera. La nostra azienda è una public company posseduta dai Cittadini
Pugliesi e deve quindi operare
totalmente per le esigenze connesse. Assume quindi importanza determinante anche l’attenzione al patrimonio, costituito sia dai mezzi economicofinanziari che dalla base degli Associati, per questa ragione è allo studio un intervento, del quale non posso ancora anticipare i dettagli, finalizzato
Dott. Massimo Valli
all’espansione di questa base patrimoniale». Terza questione: i valori. Che cosa intende? «Crediamo che per continuare questa crescita
anche nelle zone d’espansione. Solo così crediamo si possa costruire
che ci ha sempre contraddistinto sia necessario
un futuro di certezze e di successi».
puntare su qualcosa di forte: la nostra identità.
A proposito di successi, vuole illustrarci gli sviluppi del Gruppo?
Siamo nati con i valori tradizionali legati al nostro
«Come detto, la distribuzione o, se vuole, i sistemi d’accesso di una
Territorio, e con questi intendiamo crescere e
Banca moderna, non focalizzano più il rapporto con il cliente con il
andare avanti. L’operatività della Banca, nel tempo,
solo servizio offerto dagli sportelli bancari. La telematica ed Internet,
si è spostata fuori dai suoi confini storici originari,
consentono accessi da remoto che di fatto azzerano il concetto
coprendo l’intera Puglia e non solo. Trattandosi di
spazio-temporale per la fruizione dei servizi. La Banca virtuale è
un moderno istituto di credito, non ci si può esimere
dunque una modalità d’accesso già da tempo sviluppata nella nostra
dal guardare con ottimismo alle nuove tecnologie
azienda e permette rapporti di clientela non più legati alla presenza
ed al progresso: crediamo molto nell’innovazione
fisica. Ma oltre alla fruizione a distanza, è importante specializzare
e la nostra azienda utilizza, com’è logico, sistemi
la distribuzione, almeno nei comparti di massa che non prevedono
di accesso ai servizi modernissimi, ma lo fa
necessariamente rapporti di clientela senza soluzione di continuità
sempre con la stessa coerenza, mantenendo
temporale. È il caso del credito alle famiglie o credito al consumo che
vivo il rapporto diretto con il Cliente, nel rispetto
rappresenta la grande evoluzione dei servizi finanziari moderni; per
e nella fiducia reciproca. L’orientamento al Cliente
questa ragione, per essere più vicini alla domanda di credito e più
rappresenta la centralità della nostra azione e della
rapidi nel suo soddisfacimento, nell’anno 2003 è nata BPP Sviluppo,
nostra cultura, questo valore
una SpA controllata al 100% da Banca Popolare Pugliese. Questa
stiamo esportando
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realtà, giovane e dinamica, distribuisce prodotti di credito destinati
Ultima curiosità: in che modo, oltre la sua attività
ai privati consumatori, e sviluppa contatti e relazioni commerciali in
tradizionale, la Banca Popolare Pugliese è presente
Puglia, Basilicata, Molise, Abruzzo, Campania e Sicilia, attraverso reti
nel Territorio?
di Agenti in Attività Finanziaria specializzate per prodotto. La costante
«Gli
attenzione alle esigenze delle reti
interventi
della
Banca
a
sostegno
delle
d’Agenti, la collaborazione con
eccellenze e delle iniziative locali, sono veramente
le circa 100 filiali di Banca Popolare Pugliese presenti sul territorio,
molto numerosi e sarebbe davvero complesso
e la continua spinta commerciale sono gli elementi distintivi che
elencarli
caratterizzano l’attività di BPP Sviluppo nel settore, inoltre, l’attuale
agli eventi chiave che caratterizzano la nostra
dimensionamento territoriale della Banca è oggetto di attenzione per
presenza, oltre il sostegno economico puro e
l’ipotesi di ulteriore rafforzamento della rete tradizionale».
semplice. In primo luogo l’attenzione ai giovani.
La BBP lega la sua ultima campagna di comunicazione ad un’immagine
Banca Popolare Pugliese è stata la prima Banca
(un dipinto) che raffigura la vita nei campi. Perché questa scelta?
Italiana a promuovere programmi di educazione
«Quel dipinto vuole essere la metafora della nostra azione a favore del
finanziaria. Play Bpp, il modulo didattico progettato
Territorio e rappresenta il lavoro, la raccolta, l’impegno ed il sacrificio.
per le scuole, è un must riconosciuto anche
Il punto focale, o se vogliamo il valore aggiunto, è la capacità di
dall’Associazione
trasformare il risparmio della nostra gente, in sostegno autentico
replicato, con successo, da tre anni nelle scuole
dell’economia locale. Questa non è soltanto la nostra specializzazione
superiori dell’intera regione. L’uso del linguaggio
ma è pure il mandato che ci è stato assegnato dalla proprietà, cioè
e dei sistemi d’accesso più vicini ai giovani, si è
dagli oltre 30.000 Soci che caratterizzano la compagine sociale della
rivelato estremamente efficace per la divulgazione
Banca. Questa è dunque la vera responsabilità alla quale siamo
e la conoscenza dei principali servizi bancari e
chiamati a rispondere, consapevoli che nessun altro operatore, per
finanziari. La solidarietà è l’altro tema portante dei
quanto grande, lo possa fare meglio di noi ed è anche la ragione
nostri interventi nel sociale; normalmente la si pratica
per cui la nostra gente sostiene il nostro sviluppo e la nostra voglia
con discrezione, salvo i casi in cui la risonanza del
di futuro».
nostro nome e dell’evento non debbano garantire
tutti;
tuttavia
possiamo
Bancaria
Italiana
accennare
che
viene
il successo dell’iniziativa. È il caso di Cuore La filiale di Banca Popolare Pugliese a Maglie
Amico, l’evento per la solidarietà verso i bambini bisognosi che per il decimo anno consecutivo vede impegnata la Banca insieme ad altre rilevanti realtà pugliesi. Questa kermesse mediatica, ormai è nella tradizione prenatalizia ed è la più importante iniziativa regionale e non soltanto, rivolta alla solidarietà ed alla sensibilizzazione verso i più deboli. La regata Brindisi/Corfù, di respiro internazionale, arrivata alla venticinquesima edizione; il premio Barocco che apre ormai tradizionalmente i palinsesti estivi della Rai; il rally del Salento; Chloris arte in fiore, la manifestazione organizzata dal polo florovivaistico di
Taviano;
Strade
golose,
manifestazione
tradizionale gallipolina a beneficio degli operatori dell’agroalimentare salentino; I mercatini del gusto, organizzati da Slow Food a Maglie, che con la stessa finalità divulgano l’eccellenza dei prodotti alimentari pugliesi,
insieme
ad
altre
numerose
iniziative
ricorrenti od estemporanee, come l’esibizione delle Frecce Tricolori a San Pietro Vernotico, vero fiore all’occhiello dell’estate salentina, sono fiancheggiate e sostenute dalla Banca, perché esportano il nome e la qualità della Puglia, oltre i confini regionali, in Italia e nel Mondo». Dottor Valli, un’ultima battuta! «Cresciamo ancora, cresciamo sempre! Perché non crescere insieme !?».
architettura
IMMAGINI (salvo diversa descrizione): Photografika Studio – Lecce
architettura
DAL GIORGIONE AL FIOCCA: QUANDO LA BELLEZZA NON HA TEMPO La meravigliosa rinascita dell’antico Palazzo Rao a Miggiano. Il Giorgione l’ha magistralmente ritratta in uno dei suo dipinti, nel corpo e nel viso di una donna affacciata da un parapetto, nella cui mano destra, tra il braccio ed il seno, giace un cartiglio con l’affine aforisma “col tempo”. È la vecchiaia, simbolo del tempo che passa inesorabilmente e a cui nessuno può sottrarsi. Tranne l’opera d’arte, che fa del tempo il suo alleato più fedele. Perché l’opera d’arte è sempre contemporanea, a dispetto dell’età e degli uomini che, come sostiene il critico Vittorio Sgarbi, “sembrano contemporanei e invece sono già passati”. L’opera d’arte può conoscere momenti di oscuramento, figli dei corsi e dei ricorsi dell’esistere, ma prima o poi, inevitabilmente e ciclicamente, torna viva, moderna, raggiante come una adolescente. Perché la sua vecchiezza non è bruttezza, ma è “altra bellezza”, resa ancora più splendente dal tempo che passa e, al contrario di una donna che invecchiando va perdendo la sua connotazione sensuale, dona ai monumenti fascino e pittoresca magnificenza, in una sorta di “sublimità parassitaria”.
L’arch. Luca Fiocca e Vittorio Sgarbi durante la tavola rotonda “101010 - Apriti Sesamo” su Palazzo Rao (archivio fotografico Fiocca)
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E così come l’effige della vecchia donna del Giorgione richiama la potenza del tempo, così, in questo parallelismo tra storia e bellezza, tra “vecchiaia” e modernità, tra tradizione e memoria, trova un suo preciso spazio un’altra meraviglia senza tempo, che, dopo decenni di oblio, torna ad acquisire la sua forza, il suo carisma, la sua eterna bellezza. Si tratta di “Palazzo Rao” a Miggiano (in provincia di Lecce), antico laboratorio dello scienziato Diodato, professore di chimica della seconda metà dell’Ottocento, pezzo unico del patrimonio architettonico e culturale salentino e nazionale, capolavoro artistico dell’architetto Luca Fiocca, già autore del “Manuale di un seduttore”, un ironico saggio sull’estetica e le tecniche di approccio al genere femminile. Conciliando il rispetto dell’antico con il gusto per il moderno, l’acciaio con la pietra a vista, le antiche porte d’ulivo secolare con i divani coloratissimi, una piccola Jacuzzi tra piante tropicali con imbrici di centenaria memoria, Fiocca ha cancellato ineluttabilmente le rughe del tempo e il palazzo è diventato straordinariamente contemporaneo. All’interno, una farmacia dell’epoca che conserva ancora una boiserie con una collezione di ampolle di Murano assieme agli strumenti del famoso farmacista, e una cappella di famiglia con decorazioni in oro zecchino, al tempo meta di pellegrini che da tutta Italia, facendo sosta a Miggiano, raggiungevano il santuario di Santa Maria di Leuca. Chiusa per qualche anno, oggi, a seguito di una emozionante inaugurazione alla presenza del grande critico d’arte Vittorio Sgarbi (“senza parole davanti a tanta magnificenza”), la Farmacia Rao è stata riaperta al pubblico, in attesa di diventare verosimilmente un Museo. Il palazzo, impreziosito da arredi “che trascendono il tempo, lo spazio, le nazionalità, il genere e la professione”, è invece residenza privata dei coniugi Luca Fiocca e moglie, discendente dei Rao, farmacisti da sette generazioni. “Apriti Sesamo” è la scritta che campeggia sulla porta d’ingresso della camera da letto matrimoniale del palazzo, cui si arriva da un corridoio curvo rivestito in mosaico, il cui profilo ricorda i fianchi femminili, “in un percorso labirintico alla ricerca della parola magica
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architettura
archivio fotografico Fiocca
archivio fotografico Fiocca
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capace di schiudere le più remote porte della fantasia”. Pareti in pietra luminescente e ciottoli bianchi di Carrara completano il tutto, assieme a un murales Bisazza che ritrae Willy il Coyote e Beep Beep. Tadè, Meridiani, Albed, Gandia Blasco, Fish Design, Venini, Hermes, Baccarat, Taitù, Alessi, Ivv, Versace, Salvadori Arte, Bisazza, Jacuzzi, Cassina, Arclinea, Lema, DePadova e i parquet di Alberani Parketti: sono solo alcune delle aziende che hanno contribuito in modo determinante all’intervento di recupero, e che sono giustamente annoverate nell’olimpo dell’industria manifatturiera italiana ed internazionale. Capita così che un monumento avito occultato dall’oblio dei secoli torni a brillare come un diamante purissimo cui è stata restituita legittima lucentezza. Capita così che la figura di uno scienziato geniale, colpevole solo di essere troppo avanti nella comprensione della realtà, venga recuperata dai cassetti polverosi del Tempo e restituita alla fama e agli onori che merita. Capita così che un “vecchio” capolavoro dell’800 si trasformi in una straordinaria opera dell’arte “contemporanea”, in cui si fondono insieme passato e futuro, scienza e bellezza, tradizione e design.
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luxury
Qualcuno lo definì il “nettare dei re”, dacché le celebri cene di Maria Antonietta, di Madame de Pompadour e del Reggente della Corte di Francia non si concepivano senza Champagne a profusione. Lo Champagne è il vino effervescente che ha costituito, e ancora costituisce, un punto di riferimento per gli altri vini spumanti della Francia e di tutto il mondo, grazie alle sue qualità e alla sua fama, alla sua lunga tradizione, al peso della sua produzione, e alle sue regole draconiane. L’uva che serve per l’elaborazione dello Champagne ha, infatti, caratteristiche uniche al mondo, risultato di una serie di condizioni e norme imprescindibili. Innanzitutto, una specifica situazione geografica: il vigneto della Champagne è situato all’estremo nord della zona di coltivazione della vigna. Questa situazione conferisce alle uve il più alto tenore in esteri al mondo e di conseguenza un bouquet unico, particolarmente fine e un tenore in tannino piuttosto debole. Questi due elementi spiegano in gran parte la delicatezza e la finezza dei vini di questa regione francese, che si trova a 150 km a est di Parigi. Poi un terreno (la presenza di gesso con fossili marini, belemnita quadrata, per esempio, è un elemento essenziale che caratterizza il terreno della Champagne) e un clima particolari. Infine, ma non da ultimo, una normativa specifica che
Il n’est Champagne que de la Champagne Quando le bollicine non bastano
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regola tutte le fasi della produzione, dalla vendemmia
il
alla pigiatura, dalla fermentazione all’impiego di
Champagne).
zucchero, dal grado alcolico alla durata del processo
Ma i precetti non si riferiscono solo alla fase della
di spumantizzazione che può avvenire soltanto nelle
produzione del vino: esistono, inoltre, delle norme
cantine della Champagne.
(della sommellerie francese) da seguire per l’apertura
E viceversa. In Champagne, cioè, si può coltivare
e il servizio della bottiglia di Champagne.
soltanto uva destinata a produrre Champagne e i
Il bicchiere, ad esempio, deve permettere alla
locali destinati alla lavorazione possono accettare
effervescenza e alla spuma di esprimersi al meglio.
soltanto vini accompagnati da una bolla di circolazione
Per quanto riguarda la forma, dovrebbe essere
Champagne.
idealmente alto, in modo che le bollicine abbiano il
I vini di Champagne non possono lasciare la regione
tempo di ingrandirsi prima di raggiungere la superficie,
d’origine prima del completamento dell’elaborazione
oltre che leggermente svasato, per evitare una
che deve effettivamente svolgersi sul posto fino
dispersione dell’anidride carbonica eccessivamente
al
veloce. La flute è quindi da preferirsi alla coppa.
completamento,
compresa
l’operazione
finale
di vestizione della bottiglia (solo a questo punto
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produttore
può
chiedere
la
denominazione
Anche nel versare lo Champagne esistono regole
luxury
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luxury
ben precise da seguire: se la mescita avviene in modo lento e regolare, il collare, cioè la corona di bollicine che si forma lungo la parete del bicchiere, costituita da tre o quattro bollicine sovrapposte, potrà costituirsi in modo armonioso. Il servizio in due tempi favorisce il mantenimento prolungato del collare. Lo
Champagne
va
servito
ben
fresco,
mai
ghiacciato però. Più lo Champagne è giovane e vivo, più converrà servirlo fresco (8 gradi). Uno Champagne maturo o millesimato potrà essere servito a 10 gradi. Una temperatura troppo bassa rovina la percezione degli aromi e dei sapori. Il primo passo per scegliere uno Champagne è saper riconoscere tra un brut, un millesimato, un rosé, un blanc de blancs, una cuvée speciale. Dietro ognuna di queste definizioni si nasconde un vino differente, e un gusto differente. Perché a ognuna corrispondono scelte di vinificazione diverse, che si realizzano nelle tre tappe seguenti: l’assemblaggio, che è la tappa fondante dell’elaborazione dello Champagne, perché determina essenzialmente la tipicità del vino e quindi il suo gusto (si pratica su tre livelli: l’assemblaggio di cru, l’assemblaggio di vitigni, l’assemblaggio di annate); il dosaggio: al termine dell’invecchiamento, il vinificatore elimina il deposito e aggiunge una miscela di zucchero e vino. Questo tocco zuccherino, differente da vino a vino, permette di stabilire una scala dal meno zuccherato al più zuccherato, cioè dall’”extra-brut” al “brut”, “sec” e “demi-sec”; infine, la maturazione, che per uno Champagne, può durare dai 15 mesi ai 5 anni e più. Con il tempo gli aromi evolvono da note semplici a complesse, da note superficiali a profonde, da note nette a sfumate. Maison e Vignaioli propongono diverse cuvée, ognuna ma
frutto
di
caratterizzate
un dallo
assemblaggio spirito
e
diverso,
dallo
stile
dell’elaboratore: il Brut “non millésimé” è il prodotto più rappresentativo di questo stile. Si tratta, in generale, dell’assemblaggio di più annate e di diversi cru; il Millesimato è composto unicamente da vini della stessa annata. Si sceglie di millesimare un vino in presenza di una vendemmia eccezionale. I Millesimati sono vini di forte personalità; il Rosé, originale per colore e carattere corposo, viene elaborato per macerazione delle uve nere
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luxury
o per assemblaggio con vino rosso di Champagne;
Champagne come la Romanée-Conti sta al Pinot
infine, le Cuvée spéciali, millesimate o senza annata,
Nero.
si compongono di vini più fini.
Krug Clos du Mesnil è un blanc de blancs millesimato
All’interno di queste grandi categorie sono possibili
che ha la caratteristica specifica di esser prodotto da
infinite variazioni determinate dalle caratteristiche
un singolo storico vigneto, il Clos du Mesnil appunto,
dell’assemblaggio e dal dosaggio.
che copre appena 1,85 ettari all’interno del piccolo
Una gamma ampia vi permetterà di scegliere
tra
villaggio di Mesnil-sur-Öger, nella celebre Côte des
Blanc de blancs, Blanc de noirs, assemblaggi a
Blancs.
dominante di uve nere o di Chardonnay, brut oppure
Il Clos du Mesnil 1996 rappresenta una superba
demi-sec.
interpretazione di un millesimo storico in Champagne,
Tra le cantine e le annate migliori possiamo citare
uno dei migliori del secolo, e fa capire al mondo
un Clos du Mesnil 1996, un Dom Perignon Vintage
quanto potenziale può avere l’uva Chardonnay se
1995 White Gold Jeroboam, un Shipwrecked 1907
vinificata e “spumantizzata” come si deve.
Heidsieck, un Perrier-Jouët Belle Epoque.
Il celebre marchio Dom Perignon detiene il primato per
In particolare, il Krug Clos du Mesnil sta allo
aver lanciato sul mercato il prodotto vinicolo di gran
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Credits: Centro Informazioni Champagne - www.champagne.it
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lusso per antonomasia con il Dom Perignon Vintage
dell’imbarcazione incaricata del trasporto lungo le
1995 White Gold Jeroboam, lo champagne lanciato
coste della Finlandia e di cui sono state recuperate
ufficialmente nel maggio del 2008, oggi ritenuto tra i
oltre duecento bottiglie nel 1997.
più costosi al mondo e acquisibile per un corrispettivo
Acquisibili presso il meraviglioso hotel Ritz-Carlton di
di 40 mila dollari. La bottiglia, in edizione limitata e
Mosca é stato valutato il più costoso al mondo per il
numerata, é rivestita di un manto in oro bianco che
corrispettivo da capogiro esclusivissimo di 275 mila
avviluppa il vetro nero sottostante, che appena si
dollari.
intravede dall’esterno, un privilegio consentito soltanto
Per Perrier-Jouët, dal savoir-faire antico di quasi due
a pochi.
secoli, l’elaborazione dello Champagne è un’arte,
Shipwrecked 1907 Heidsieck, poi, é un prestigioso
quella d’introdurre le tecnologie più avanzate per il
champagne estremamente raro con i suoi ottant’anni
controllo perfetto ed assoluto dalla fermentazione
e limitato oggi ad un centinaio di bottiglie, le quali
dei mosti al momento della vendemmia. La cuvée
furono
famiglia
Belle Epoque continua ad essere l’incarnazione di
imperiale russa dal vigneto Heidsieck, ma costrette
un modello perfetto di eleganza e raffinatezza, un
all’invecchiamento prolungato in seguito al naufragio
esercizio di creazione dedicato al piacere.
spedite
nel
lontano
1916
alla
luxury
La storica boutique Cartier aperta a New York nel 1909
[ la storia della grande maison ] Nel 1847 Louis-François Cartier (1819-1904) rileva da Mastro Adolphe Picard il laboratorio di gioielleria sito al numero 29 di rue Montorgueil a Parigi. L’anno precedente aveva depositato il suo poinçon de maître: una losanga con un cuore circondato dalle iniziali “L” e “C”. È l’atto di nascita della Maison Cartier. Nel 1853 l’atelier si trasferisce al numero 5 di rue Neuve des Petits Champs, dove si apre alla clientela privata. Grazie alla protezione della principessa Matilde, prima cugina dell’imperatore e nipote di Napoleone I, Cartier conosce un periodo di fortuna, al culmine del quale, nel 1859, si trasferisce al numero 9 di boulevard des Italiens, nel cuore della Parigi mondana. Louis-François Cartier si guadagna il favore dell’imperatrice Eugenia e stringe amicizia con il grande sarto Worth, rapporto che si trasformerà in parentela grazie al matrimonio fra Louis Cartier e la nipote di Charles Worth, Andrée. Deciso a perpetuare la tradizione familiare, Louis-François Cartier insegna il mestiere al figlio Louis-François-Alfred (1841-1925), lo associa all’impresa e gliene affida nel 1874 la direzione. Seguendo l’esempio, nel 1898 Alfred si associa al figlio maggiore Louis. Nel 1899, Cartier sceglie la propria sede definitiva al numero 13 della prestigiosa rue de la Paix, centro dell’eleganza e del lusso. Da questo momento Alfred affida ai tre figli maschi l’avvenire internazionale della Maison Cartier. Con la terza generazione, Cartier s’impone come il più prestigioso gioielliere del mondo. Il principe di Galles, futuro re Edoardo VII, definisce questa consacrazione proclamando Cartier “Gioielliere dei Re, Re dei Gioiellieri” ed onorando
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jewels
la Maison del brevetto di fornitore della corte reale
russa e organizza una serie di viaggi e di esposizioni a
d’Inghilterra. Seguiranno i brevetti concessi dalle corti di
San Pietroburgo.
Spagna, Portogallo, Russia, Siam, Grecia, Serbia, Belgio,
Grazie a una tecnica rivoluzionaria, messa a punto dopo
Italia, Romania, Egitto ed Albania, oltre a quelli della casa
quasi 50 anni di ricerche, ha inizio l’impiego del platino
d’Orléans e del principato di Monaco.
in gioielleria: questi sforzi consentono a Louis Cartier di
I tre fratelli non si limitano ad accogliere una clientela
portare ad un livello ineguagliato di perfezione lo stile
cosmopolita nei salotti felpati dei loro negozi: si aprono
ghirlanda (rivisitazione attualizzata dello stile Luigi XVI).
anche al mondo, intraprendendo viaggi a volte avventurosi.
Louis si circonda di disegnatori di talento e dei migliori
Pierre parte per la Russia, alla ricerca degli smalti più fini
artigiani, come Maurice Couët per le pendole e Edmond
e di sculture di animali in pietre dure che consentiranno
Jaeger per gli orologi.
a Cartier di diventare un valido concorrente di Peter Carl
Fin dall’inizio del secolo, Louis Cartier e i suoi collaboratori
Fabergé. Nel 1910, vende a New York il famoso diamante
portano la gioielleria a un grado estremo di epurazione e,
blu “Hope”, di 44,50 carati, a Mrs Evalyn Walsh McLean.
con l’accostamento di colori forti e di materiali nuovi come
Contemporaneamente intensifica i rapporti con la clientela
l’onice o il corallo, preannunciano fin dal 1906 la nascita
proveniente dai ranghi dell’alta finanza e dell’industria
dello stile che sarà battezzato “Art Déco”.
moderna del Nuovo Mondo: i Rockfeller, i Vanderbilt, i
Con
Gould, i Ford diventano clienti di Cartier.
Louis Cartier sviluppa la fabbricazione delle pendules
Da Londra, Jacques intraprende una serie di viaggi in
mystérieuses che riprendono un’invenzione di Robert-
Oriente. A Parigi Louis accoglie la clientela dell’aristocrazia
Houdin risalente al 1850 circa. I capolavori realizzati in
immagini: Copyright ©CARTIER. All rights reserved. In basso: orologio Tank Française www.cartier.it
Maurice
Couët,
geniale
maestro
orologiaio,
CARTIER
orologio Calibre de Cartier
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jewels
questo settore, caratterizzano Cartier come le uova di Pasqua imperiali Fabergé. Fin dal 1888 gli archivi Cartier segnalano la presenza nello stock di orologi da polso, che conosceranno un enorme successo con la commercializzazione del Santos nel 1911. Il prototipo di questo modello, creato nel 1904 per l’aviatore brasiliano Alberto SantosDumont, fu il primo orologio da polso da uomo su cinturino di pelle. Altri modelli seguiranno negli anni successivi, equipaggiati dal 1909 in poi dalla celebre fibbia pieghevole regolabile. L’orologio Tank, disegnato già nel 1917 in omaggio ai carri armati alleati della guerra del 1914-1918, è commercializzato nel 1919 e s’impone come un classico per l’armonia delle forme. Con Jeanne Toussaint, amica di Coco Chanel, che non disegna i gioielli ma che sa cogliervi ogni minima pecca o caduta di gusto, Louis Cartier continua a concepire i gioielli come parte integrante dell’alta moda. Creato nel 1923, il dipartimento “S” (come Silver) presenta un’elegante collezione di accessori e gioielli con un nuovo approccio agli oggetti di lusso: sempre estremamente raffinati e tuttavia accessibili e quotidiani. Questa intuizione dimostrerà la sua forza assai più tardi con i Must di Cartier. Nel 1933 Cartier brevetta la “montatura invisibile”, il cosiddetto serti mystérieux, particolare procedimento di incastonatura delle pietre preziose. L’ammirazione per l’Art Déco raggiunge il suo apice negli anni 1928-30 con il periodo bianco, dove al platino si accostavano il cristallo di rocca e il diamante baguette. Jacques Cartier muore a Dax nel 1941 e Louis a New York nel 1942. 1948: Claude Cartier, figlio di Louis, succede allo zio Pierre alla presidenza di Cartier New York. A Parigi sarà sostituito da Marion (unica figlia di Pierre) e dal marito di quest’ultima, Pierre Claudel. Anche dopo la dispersione degli interessi nel mondo, dovuta principalmente alla scomparsa dei due fratelli Louis e Jacques, Cartier continua a esercitare un fascino incontestabile. A raccogliere questa eredità sarà l’industriale Robert Hocq. Sotto l’impulso di Robert Hocq, nel 1968, il primo accendino ovale firmato Cartier parte alla conquista del mondo. Questo oggetto di lusso, rivoluziona il mercato. Nel 1969 Alain Dominique Perrin entra alla SA Briquet Cartier. Nel 1972 un gruppo di investitori, raccolto intorno a Joseph Kanoui, assume il controllo di Cartier
anelli Love, Trinity Sauvage, Trinity La Belle
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Parigi, nominando Robert Hocq alla presidenza. Nel 1969 comincia la collaborazione tra Cartier New York e il designer Aldo Cipullo che realizza diverse creazioni, tra cui il bracciale a viti “Love Bracelet”. Il nuovo presidente eredita pienamente la tradizione Cartier ma infonde nell’organizzazione e nelle nuove creazioni un soffio di gioventù e di modernismo. Nel 1973 mette a punto il concetto “Les Must de Cartier” in collaborazione con Alain Dominique Perrin, che nomina Direttore Generale dei Must de Cartier. Sono create nuove linee di prodotto: orologi in vermeil, articoli di pelletteria, penne, profumi porteranno il nome di Cartier. Nel 1974 Cartier Londra è rilevata dallo stesso gruppo di investitori. Un secondo gruppo di investitori, al cui centro c’è ancora una volta Joseph Kanoui, rileva nel 1976 la proprietà di Cartier New York e ne affida la direzione a Robert Hocq. Il 1979 è una data storica: si compie infatti la riunificazione degli interessi mondiali di Cartier, con la creazione di Cartier Monde, che controlla ad un tempo Cartier Parigi, Londra e New York. Nel dicembre dello stesso anno Robert Hocq muore in un incidente e Joseph Kanoui è nominato Presidente di Cartier Monde. Nel 1981 avviene la fusione di Cartier e di “Les Must de Cartier”: Alain Dominique Perrin è nominato Presidente di Cartier SA e di Cartier International. Nel 1982, Micheline Kanoui assume la responsabilità creativa della gioielleria e lancia la prima collezione Nouvelle Joaillerie sul tema dell’oro e delle pietre preziose. Per decisione comune di Joseph Kanoui e Alain Dominique Perrin, viene creata la Collection Art de Cartier, che raccoglie pezzi significativi riacquistati via via nel corso degli anni. La collezione si arricchisce regolarmente
di
nuove
acquisizioni,
per
poter
testimoniare l’evoluzione dello stile Cartier dalle origini. Nell’intento di elevare il prestigio dell’Alta Orologeria, Alain Dominique Perrin istituisce nel 1991 il Comitato Internazionale dell’Alta Orologeria (CIHH), per iniziativa del quale vede la luce il primo Salone Internazionale dell’Alta Orologeria (SIHH). Nel 1993 sono lanciati, con i modelli Pasha, Cougar e Diabolo de Cartier, i nuovi orologi dotati di movimento Chrono Reflex. 1997: anno giubilare… Cartier celebra il suo 150° anniversario con alcune eccezionali parure di Alta Gioielleria (fra le quali un collier composto da un
collana Love, braccialetto Love (1970), braccialetto Love
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jewels
serpente rivestito di diamanti e ornato di due smeraldi
e delicati. Un incontro ludico fra zaffiri rosa, gialli o blu,
taglio poire di 205 e 206 carati). Per festeggiare l’evento
diamanti e perle. Nel mondo dei profumi Cartier inventa
vengono inoltre realizzate serie limitate di orologeria, regali
l’Eau de Cartier, un’acqua mista e allegra.
preziosi e pelletteria.
A fine 2002, Cartier lancia la collezione di gioielleria
1998: L’anello tre ori (creato nel 1924 e già battezzato
Le Baiser du Dragon che coniuga, con estro raffinato,
“Trinity” negli Stati Uniti) è reinterpretato in una nuova
madreperla, giada, onice e corallo allo splendore dell’oro
versione. Anche il profumo è alla ribalta con il lancio della
e del diamante.
terza linea maschile di Cartier: Déclaration. Sempre nel
Nel 2003, Cartier presenta l’orologio Déclaration e crea
1998, Cartier crea una collezione di orologi d’eccezione:
una collezione di gioielleria sul tema delle pietre colorate
la Collection Privée Cartier Paris.
chiamata Les Délices de Goa. Lo stesso anno, Cartier
L’anno 2000 vede la creazione del profumo maschile
reinterpreta in chiave moderna l’animale mitico del suo
Must de Cartier, che continua il successo del grande
bestiario con una collezione all’insegna del nero, del
classico femminile, Must de Cartier, lanciato nel 1981.
bianco e del verde: la collezione Panthère de Cartier.
Il 2000 è un anno che si svolge sotto il tema della
Negli Stati Uniti, anteprima del lancio del profumo Le
gioielleria, con la nascita di una nuova collezione, Cartier
Baiser du Dragon, un grande boisé vetiver al femminile.
de Lune, e con il proseguimento della collezione Paris
Oggi Cartier è uno dei grandi protagonisti del mondo
Nouvelle Vague Cartier.
del lusso e occupa una posizione unica nei settori della
Il 2001 è il primo anno del nuovo millennio: Cartier lo
gioielleria e dell’orologeria. Presente in 5 continenti con
festeggia in un clima di gioiosa leggerezza creando la
oltre 200 boutique e dotato di una delle reti distributive
Collezione Délices de Cartier, una serie di gioielli femminili
più selettive del mondo.
borsa Marcello de Cartier
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lucca digital photo fest Sesta edizione del LDPF, LUCCADigitalPHOTOfest, il festival internazionale dedicato alla fotografia e video arte, uno degli eventi di maggior prestigio in Europa. Tema di questa sesta edizione è La Donna, fotografa e artista, soggetto o musa ispiratrice. 17 mostre, alcune in anteprima assoluta, workshop, conferenze di grandi autori, incontri al Photocafè e lettura dei portfolio, tutti ambientati in sedi inconsuete ed affascinanti di uno dei centri storici più integri e suggestivi del mondo (www.ldpf.it). • “The power of imagination” (Villa Bottini fino al 30 gennaio 2011), retrospettiva di fotografie che ripercorre la brillante carriera di Sandy Skoglund, in collaborazione con la galleria PaciArte Contemporary di Brescia. In mostra anche una delle sue più celebri istallazioni. Autrice di fama internazionale, ha conquistato l’attenzione della critica e del pubblico con le sue fantastiche messe in scena. • In anteprima assoluta la mostra “Bye bye baby, Marylin” (Palazzo Ducale fino al 30 gennaio 2011), un omaggio al simbolo della femminilità: Marylin Monroe, circa 80 immagini dalla collezione privata di Giuliana Scimé. La mostra, dedicata al grande pubblico, è anche un impeccabile percorso artistico per i ‘palati più raffinati’ della fotografia. Curata da Giuliana Scimé, si suddivide in tre sezioni: i grandi fotografi; professione e vita privata; Marilyn e il desiderio collettivo. • “Horst P. Horst” (Palazzo Ducale fino al 30 gennaio 2011), in collaborazione con la Staley-Wise Gallery di New York, 50 fotografie di Horst P. Horst: moda, ritratti e studi di nudo, tra cui alcune rarissime stampe vintage e stampe al platino inedite in Europa. La mostra è a cura di Enrico Stefanelli. Horst P. Horst è stato uno dei più celebrati fotografi di glamour, un genio insuperato per la sapienza delle sue coreografie e per l’uso delle luci.
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Credits: LUCCADigitalPHOTOfest (www.ldpf.it) Pag. 90: © Philippe Halsman: Marilyn Monroe, ‘Listening to Music’, Life cover (7 apr.1952) Pag. 91: © Sandy Skoglund: The Fresh Ibrid, Courtesy Galleria Paci Arte Contemporanea Pag. 92: © Bert Stern: “Crucifix” - The last sitting, 1962 Pag. 93: Coco Chanel, Paris, 1937 © Horst P. Horst Pag. 94: © Sandy Skoglund: The Green House, 1990 © Galleria Paci Arte Contemporanea Pag. 95: Mainbocher Corset, 1939 © Horst P. Horst
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McLaren MP4-12C
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McLaren MP4-12C 97
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PRINCIPALI DATI TECNICI: Motore: centrale con trazione posteriore V8 90° da 3.8 litri Potenza massima: 600 cv a 7000 giri/min Coppia massima: 600 Nm a 3000-6500 giri/min Trasmissione: cambio ‘Seamless Shift’ a doppia frizione e 7 rapporti con funzionalità Pre-Cog PRESTAZIONI (dati preliminari, ottenuti su prototipi): 0-200 km/h: meno di 10 secondi 200-0 km/h: meno di 5 secondi Velocità max: oltre 320 km/h PREZZO: € 201.680 iva inclusa
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MY LIFESTYLE N. 8 Winter 2010/11 Credits Immagine di copertina: Foto: stefanozardini.com Credits Immagine a fianco: Centro Informazioni Champagne Autorizzazione del Tribunale di Lecce: n. 1003 del 24/10/2008 È vietata la riproduzione parziale o totale di articoli e immagini senza la preventiva autorizzazione scritta da parte dell’editore
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