MY LIFESTYLE n° 9

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LUXURY MAGAZINE Periodico Trimestrale N° 9 - Spring 2011 EURO 6,50

Top Manager: NERIO ALESSANDRI

RICCARDO MUTI

L’Intervista Esclusiva

SANTO VERSACE

Fondazione Altagamma

NAUTICA DI LUSSO Pirelli PZero 1100

AUTO DA SOGNO

Ferrari FF e Bmw Serie 6

MONETA UNICA

Il Sogno Diventa Realtà

Speciale GOLF Federazione Italiana Golf l’Intervista al Presidente WWW.MYLIFESTYLE.IT





sommario nerio alessandri top manager

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la mia passione è il “wellness lifestyle” technogym: quando “giovane e italiano” è sinonimo di maestria e di successo

musica

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tutti muti, parla il maestro intervista esclusiva al maestro riccardo muti, direttore d’orchestra per passione

luxury

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eccellenza italiana di altagamma intervista a santo versace, presidente di “fondazione altagamma”

sport

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non è uno sport per ricchi il periodo d’oro del golf, sport d’elite intervista a franco chimenti, presidente fig

lifestyle

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casinò...infinite emozioni intervista all’on. ivo collé, segretario generale di federgioco

economia

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sogno che sia l’unica al mondo il sogno di una moneta unica globale. la parola a sandro sassoli, promotore della ufwc

lifestyle

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vespucci, la più bella del mondo “non chi comincia ma quel che persevera” la nave vespucci nelle parole del comandante

wine

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così degustò luca gardini il vino tra analisi e godimento

formazione top selection

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team building e leadership workshop “fly to the moon”

economia top selection

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una banca tecnologica la diffusione delle nuove tecnologie determina epocali cambiamenti socio-economici

travel

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capri l’isola di pietra

top car

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ferrari ff la prima ferrari 4 posti con 4 ruote motrici

automobili

90

il coupé ha nuovi confini nuova bmw serie 6 coupé

nautica

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pirelli pzero 1100 lusso, design & tecnologia

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Top MANAGER

n e r i o

a l e s s a n d r i

la mia passione è il “wellness lifestyle” Quando “giovane e italiano” è sinonimo di maestria e di successo. Il caso di Nerio Alessandri di Technogym, eccellenza del Wellness Lifestyle nel mondo.

Un gruppo composto in media da professionisti sotto i trent’anni, ed un maestro che, poco più che ventenne, diede vita ad una delle realtà italiane più di successo sul panorama internazionale. L’azienda è Technogym, leader mondiale nei prodotti e servizi per il Wellness e la riabilitazione. Lui è Nerio Alessandri, nato a Gatteo (FC) l’8 aprile del 1961, formazione da Industrial Designer, che la fondò nel 1983, a soli 22 anni. Oggi, cinquant’enne, è uno degli imprenditori italiani più affermati al mondo. Da subito, l’intuizione e la grande determinazione lo hanno portato alla ricerca di una continua innovazione con prodotti sempre nuovi e unici nella tecnologia e nel design indirizzati alle palestre, alle case e ai centri medici. Nel 2005, l’azienda ha ottenuto l’ambìto riconoscimento “Risultati 2005”, istituito da Bain & C. in collaborazione con l’Università Bocconi di Milano, quale premio alle aziende che continuano a creare valore nel tempo. La forte cultura aziendale, unita alla costruzione di un Team motivato e caratterizzato da mission, vision e valori condivisi, ha poi portato nel 2003 all’assegnazione del Great Place to Work, identificando così Technogym come il miglior luogo di lavoro in Italia. Risultato bissato, anche a livello europeo, l’anno seguente quando viene selezionata fra le migliori 10 aziende europee dove lavorare dal Great Place to Work Europe. Oggi Technogym impiega oltre 1.400 collaboratori diretti (con età media di 30 anni) e dispone di 12 filiali in Europa, Usa, Asia e Sud America, fornisce oltre 50.000 centri Wellness nel mondo (con 16 milioni di regolari utenti) e circa 20.000 prestigiose abitazioni private solo in Italia.

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nerio alessandri

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Dott. Alessandri, nel 2001 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi l’ha nominato Cavaliere del Lavoro (il più giovane mai avuto in Italia) e nel 2003 ha ricevuto il premio “Imprenditore dell’anno 2003” per la sua sorprendente attività con Technogym. Com’è nata questa straordinaria avventura? «Tutto nasce dal sogno di diventare imprenditore. Technogym nasce nel 1983 nel garage di casa, in cui giovane appassionato di design, meccanica e sport, progetto e realizzo i primi attrezzi per il fitness per una palestra locale. Poi, grazie a passione, impegno e creatività sono riuscito, anno dopo anno, giorno dopo giorno, ad inseguire e realizzare i miei sogni, puntando su una squadra di collaboratori affiatata e valori condivisi. I premi ed i riconoscimenti raccolti in questi anni sono solo un punto di partenza per realizzare nuovi progetti e raggiungere gli obiettivi prefissati. I premi sono un traguardo che ci spinge quotidianamente a migliorare produttività ed efficienza per essere il numero uno al mondo nel nostro settore per innovazione, qualità, competitività e servizio e rendere soddisfatti i nostri clienti, sempre». Che cosa è il wellness per lei? Che cosa significa occuparsi di wellness oggi? «Wellness Lifestyle è un perfetto connubio dove movimento, alimentazione sana ed un approccio mentale positivo sono i fondamenti per condurre una vita nel pieno benessere psicofisico. Wellness significa mettere al centro la persona. In estrema sintesi, Fitness è

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nerio alessandri

apparire, Wellness è essere. Mentre il fitness è un concetto estetico, il Wellness è lo stile del vivere bene in perfetto equilibrio tra l’aspetto fisico, mentale e sociale. Occuparsi di Wellness oggi significa migliorare la qualità della vita delle persone a vantaggio di tutti: collettività, Stato e aziende. Questo è un obiettivo che ci vedrà impegnati, sempre di più, in futuro». Il vostro marchio è facilmente riconoscibile, dacché negli anni ha saputo conquistare, attraverso la professionalità, la fiducia del cliente e un’ottima reputazione internazionale. Quanto è importante l’affermazione del vostro brand? «È un work in progress che ci vede impegnati quotidianamente per affermarci sempre di più nei nuovi mercati ed essere riconosciuti leader mondiali del Wellness Lifestyle». Technogym è l’unica azienda al mondo ad ottenere un contratto esclusivo per quattro olimpiadi consecutive: Sidney, Atene, le invernali di Torino e l’ultima a Pechino nel 2008. Come si arriva a questi importantissimi risultati? «Grazie al gioco di squadra che ci ha permesso di ottenere la fornitura ufficiale anche per le prossime Olimpiadi di Londra 2012. Il ventennale impegno di Technogym nella diffusione del Wellness come opportunità sociale ha avuto un ruolo fondamentale, al di là delle innovative tecnologie che l’azienda ha messo in campo per gli atleti». Technogym è considerata da molti un modello di riferimento per il Made in Italy nel mondo. Cosa vuol dire oggi, in questo periodo così difficile per i mercati, essere un’azienda italiana



nerio alessandri

all’estero? Ci sono ancora delle potenzialità da sfruttare? «Technogym esporta il 90% del fatturato, e siamo stati capaci di portare i nostri prodotti e la nostra idea di Wellness negli altri Paesi, adattandola ai vari mercati. La massima “pensare globalmente ed agire localmente” resta valida, perché ogni paese necessita di una strategia diversa che va perseguita con coraggio ed umiltà. Occorre un grande sforzo culturale per andare a caccia di occasioni di business in tutto il mondo». Technogym ha ricevuto anche riconoscimenti ufficiali che premiano l’ambiente di lavoro. Il vostro team è composto prevalentemente da giovani sotto i trent’anni. In che cosa consiste questa “oasi”? Come motivate i vostri dipendenti? E che cosa rappresenta questo aspetto per voi? «In azienda promuoviamo il benessere delle persone e la nostra attenzione è visibile in ogni processo, dalla produzione alla distribuzione. Stiamo inoltre costruendo a Cesena il “Technogym Village”, il nuovo stabilimento che sarà a basso impatto ambientale, realizzato con materiali naturali (legno, vetro, alluminio e acciaio) e garantirà un’alta qualità dell’ambiente di lavoro. L’ intera struttura sarà, infatti, dotata di grandi vetrate per captare la luce naturale e disporrà di un innovativo centro di formazione, di una palestra e di diversi altri servizi alla persona». La timeline delle vostre innovazioni è davvero incredibile, praticamente un brevetto all’anno!

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Top MANAGER

Come si fa a diventare un caso di marketing, ad essere citati come un esempio di imprenditoria da seguire? «Curiosità, umiltà e passione sono alcuni degli ingredienti che hanno da sempre guidato la mia avventura imprenditoriale che nasce dalla volontà di coniugare tre aspetti fondamentali: la formazione da industrial designer, la passione per la progettazione meccanica e l’amore per lo sport». Chi è nel privato Nerio Alessandri? Quali sono i suoi hobby, le sue passioni, le sue abitudini quando è al di fuori dell’azienda? «Quando non sono in azienda o in viaggio per business, amo stare con la mia famiglia e condividere con loro momenti di divertimento e svago». Abbiamo letto in giro sul web una sua massima “Se un prodotto ha successo significa che è obsoleto”. Che cosa sta preparando di super innovativo? «L’ultima novità è “Recline Personal”, la nuova cyclette di design che combina l’esperienza di Technogym con il design di Antonio Citterio. È la prima cyclette connessa ad internet grazie al display VISOweb integrato, un touch screen dall’utilizzo intuitivo, dotato di semplici applicazioni visive che permettono, a chi desidera lavorare, di collegarsi direttamente alla propria e-mail, o a chi desidera rilassarsi e divertirsi online, di accedere alla TV, al proprio iPhone e naturalmente ad una vasta gamma di programmi di allenamento».



Appears by courtesy of : www.riccardomuti.com - By Todd Rosemberg Un concerto con la Chicago Symphony Orchestra

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musica

TUTTI MUTI, PARLA IL MAESTRO

L’intervista esclusiva al Maestro Riccardo Muti, Direttore d’Orchestra per passione. Ci sono incontri che un cronista ricorda con più orgoglio e un pizzico di vanità. Intervistare un personaggio famosissimo e carismatico come Riccardo Muti non è cosa da tutti giorni. Lascia, nel ricordo di chi lo ha incontrato, una sensazione di appagamento e un filo di stupore. Si, perché pensando al Maestro Muti si è soliti immaginare un carattere schivo, restio, un po’ rigido, nel rispetto della figura classica del Direttore d’Orchestra. Ed invece, chi ha avuto la fortuna di conoscerlo personalmente o di scambiare quattro chiacchiere con lui sa bene che è l’esatto contrario, una persona disponibile e gentile, dai modi pacati e dal sorriso rasserenante. Non mette in soggezione, anzi, nonostante una carriera ed un curriculum straordinari. Senza dimenticare gli innumerevoli riconoscimenti e premi che ne hanno scandito l’intera carriera: tra gli ultimi, nel 2010, il “Musician of the year” dalla importante rivista “Musical America”, e due Grammys Awards per l’esecuzione e la registrazione live della Messa da Requiem di Verdi con la C.S.O.

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Prima di un concerto (1952) - La copertina dell’Autobiografia

Si racconta che lei deve tutto a suo padre, medico con la voce da tenore, per il quale conoscere la musica era un obbligo morale, e che l’ha obbligata, insieme ai suoi fratelli, ad ascoltare l’opera sin da piccolo. Ci racconta come ha vissuto la sua giovinezza e quando ha capito che quel “dovere” sarebbe diventato la sua passione? «Si, mio padre era un uomo straordinario, che aveva ereditato a sua volta la passione per la musica lirica da mio nonno. Tutta la famiglia, quindi, ha vissuto negli anni con questa colonna sonora. Mio padre, in particolar modo, possedeva una grande e bellissima voce da tenore, da giovane aveva persino cantato nella Messa da Requiem di Verdi e nello Stabat Mater di Rossini. Aveva ritenuto che la cultura musicale fosse fondamentale nell’educazione dei figli. Tutti e cinque i figli, quindi, me compreso, hanno studiato sin da piccoli uno strumento musicale. Sapevamo che era un corollario, un’infarinatura che doveva servirci

RICCARDO

come formazione culturale. I miei fratelli hanno poi

MUTI

abbandonato lo studio, seppur a tutti è rimasto l’amore per la musica. Io, per una serie di fortuite coincidenze, e di incontri, tra cui quello fondamentale con Nino Rota al conservatorio di Bari, che mi ha convinto di possedere

Prima lA MUsICA, poi le pAROle

alcune qualità per le quali fosse opportuno non mollare, ho continuato gli studi musicali. Pur essendomi iscritto all’università, sentivo che la musica era la mia vita e dovevo dedicare a lei quanto più tempo possibile. Raggiunta una formazione e una preparazione tale per cui era chiaro che dovessi fare della musica il mio mestiere, ho lasciato

Autobiografia

Rizzoli

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gli studi universitari e mi sono dedicato completamente alla

musica,

diplomandomi

prima

in

pianoforte

a

Napoli, e poi in composizione e direzione d’orchestra al Conservatorio di Milano». Lei ha detto: “Sogno concerti dove i musicisti, vestiti come i loro ascoltatori, spiegano e condividono ciò che stanno per fare, un concerto senza sacerdoti separati dai fedeli, un concerto dove tutti siano concelebranti...”. Ci può spiegare bene cosa intende? «Mi riferivo agli apparati. Il mio auspicio sarebbe il superamento dell’antico rituale per cui i musicisti sono da una parte e il pubblico dall’altra. Questa ovviamente è una situazione che, per una serie di motivazioni, si deve sempre verificare, ma allo stesso tempo si possono trovare delle soluzioni per “avvicinare” il pubblico alla musica, tipo ciò che accade alla Sala della Filarmonica di Berlino, in cui


musica

l’orchestra è al centro del pubblico. A mio avviso, bisognerebbe abbattere quelle forme e quelle formule troppo accademiche ed obsolete, ormai diventate routine, per cui andare ad un concerto diventa una “visita sociale” per la quale bisogna comportarsi, vestirsi, agghindarsi in un certo modo, piuttosto che in un altro. Non mi piace la formula “Io suono, tu paghi il biglietto, assisti allo spettacolo e te ne vai con il tuo giudizio, le tue ottime impressioni o le tue perplessità”. Sognerei invece una forma più “dialogante” per cui si possa verificare uno scambio costruttivo tra il musicista e lo spettatore. È evidente che è una cosa che va studiata, approfondita e pensata nei modi e nelle forme più consapevoli e più opportune». A proposito di barriere, al tempo di internet, dei social network e degli sms, in cui la semplificazione del linguaggio sembra avere la meglio su tutto il resto, come può il linguaggio dell’opera lirica essere pienamente compreso da un pubblico giovanile? Come si possono conciliare questi due diversi modi

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di comunicare?

Lo skyline di Chicago

«Sono straconvinto che non vi sia alcuna grossa barriera tra il teatro e il pubblico giovanile. Anzi, i nostri teatri, di prosa come di lirica, sono colmi di giovani, che apprezzano la musica e l’arte, e la conoscono, molto probabilmente con una consapevolezza maggiore che nel pubblico adulto. L’abolizione di certi rituali obsoleti, come dicevo prima, può contribuire ad aumentare ancora la presenza del pubblico giovanile, che a volte, come lei ben sottolinea, trova nel teatro una formula che poco si confà alle modalità di comunicazione e di comportamento che usualmente utilizza e che negli anni ha allontanato il pubblico, diciamo più “semplice”, desideroso di conoscere ed apprendere la cultura musicale. Ma è un allontanamento dai “luoghi”, mai dalla musica. Nell’ultimo Nabucco all’Opera di Roma, nel corso dei festeggiamenti per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, abbiamo avuto una grande presenza di giovani. Se poi abbassassimo il costo del biglietto dei teatri, contribuiremmo ad agevolare ed incrementare questa importante presenza».

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Durante una prova con l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, da lui fondata

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musica

Una volta ha dichiarato: “Nel silenzio dei teatri credo che l’uomo ritrovi la parte più profonda di sé”. In che cosa consiste questa funzione “educativa” del museo? «Lei sta toccando un tema che mi sta molto a cuore, quello dell’educazione musicale. Ritengo sia fondamentale, e obbligatorio per uno Stato che si rispetti, garantire lo studio della musica già nelle scuole primarie. L’educazione musicale nelle fasce di pubblico giovanissimo contribuisce in maniera importante nello sviluppo dell’identità personale, e soprattutto negli indirizzi che la persona seguirà da adulto. Chi ha imparato a conoscere la musica sin da piccolo, frequenta le sale da concerti e i teatri con una percentuale molto maggiore rispetto a colui che non l’ha studiata. Questo è un discorso molto ampio, che non coinvolge solo l’ambito musicale, ma tutta la sfera dell’educazione della persona e della cultura di uno Stato». Un anno e mezzo fa, ha diretto con la Chicago Symphony Orchestra la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi. Per quella esecuzione a febbraio scorso a Los Angeles è stato premiato, per il Miglior Album Classico dell’anno, con i primi Grammys della sua vita. Che cosa rappresenta per lei questo riconoscimento internazionale e che messaggio crede possa portare nei nostri confini nazionali? «Non sempre le cose premiate sono le migliori. Ci sono tanti grandi compositori che hanno scritto capolavori, che non hanno mai ricevuto un tale riconoscimento. Ad ogni modo, non posso che essere molto felice per questi due Grammys: in particolar modo, sono molto contento che questo riconoscimento internazionale, che corrisponde all’Oscar per la musica, sia arrivato per un’opera Appears by courtesy of : www.riccardomuti.com - By Silvia Lelli

di uno dei più grandi compositori dell’800 italiano, Giuseppe Verdi, scritta in onore di un altro grande italiano dell’epoca, Alessandro Manzoni, ed assegnato ad un musicista italiano, nell’anno del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. Credo, quindi, che l’evento abbia un valore ancor più grande se lo consideriamo, non soltanto un premio al mio lavoro, ma un riconoscimento alla grandezza della storia dell’Italia e della sua cultura. In questo senso, i due Grammys hanno un peso ed un significato ancor più rilevante». Com’è lo stato attuale dell’opera e della musica lirica in Italia in un periodo di crisi economica e non solo? «È un problema antico. I teatri, in quanto istituzioni, hanno subìto grossi cambiamenti, sono stati vittime di lottizzazioni, hanno attraversato momenti di grandi conflitti e lotte interne ed esterne. Tutto questo è stato il risultato di un atteggiamento dei nostri governanti, e non mi riferisco al governo attuale, ma a tutti i governi che lo hanno preceduto, che non si sono occupati dell’assetto

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politico, sociale ed educazionale delle istituzioni culturali italiane. È ovviamente un discorso ampio che coinvolge i teatri d’opera, le istituzioni sinfoniche, i teatri di prosa, i cinema. Abbiamo attraversato periodi in cui si temeva persino la chiusura dei teatri, abbiamo assistito a scioperi, a manifestazioni, richieste varie da più parti. Adesso si è arrivati ad un assetto economico che ne permette quantomeno la sopravvivenza. Va ripensato però tutto l’assetto teatrale italiano, va ordinato, va assistito dallo Stato con consapevolezza, affinché queste istituzioni possano continuare a lavorare con tranquillità, senza l’assillo o la paura che possano chiudere da un momento all’altro. I nostri musicisti, i nostri tecnici, i nostri operatori dei teatri sono eccellenze nel settore, validissimi come professionisti e come persone. In quanto tali, vanno messi nelle condizioni di poter lavorare in maniera sicura, con delle programmazioni che siano frutto di menti intelligenti, consapevoli e vigili. È chiaro che deve sparire tutto quello che nel passato è stato oggetto di privilegi, di nepotismi, di lottizzazioni in modo da renderli più efficienti e snelli. Non si tratta di un auspicio, ma di necessità». Tra i suoi progetti più recenti, c’è “Prima la musica, poi le parole”. Cosa spinge un uomo così famoso a scrivere un’autobiografia? Cosa c’è che il pubblico ancora non conosce di un personaggio così famoso come lei? «Molta gente conosce il personaggio, ma non la persona. Avvicinandosi i miei settant’anni, i miei figli mi hanno chiesto di scrivere questa autobiografia, affinché io potessi raccontare i miei pensieri o episodi della mia vita che non sono mai trapelati. In quanto musicista che gira per il mondo da oltre quarant’anni, ho pensato che una mia autobiografia potesse essere utile ai tanti musicisti e agli appassionati di musica che vedono in me un esempio, un riferimento, o un modello da seguire».

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Nella platea del Teatro alla Scala

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Versace Home

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luxury

eccellenza italiana di altagamma

Promuovere in tutto il mondo le industrie italiane di eccellenza è la mission di Fondazione Altagamma. My Lifestyle ha incontrato il Presidente, Santo Versace. Metti insieme il cognome Versace e il meglio delle aziende italiane nel mondo: il mix è un concentrato di cultura, di stile, di alta qualità, di eccellenza, che porta il nome di Altagamma. La Fondazione Altagamma riunisce aziende italiane di reputazione internazionale, che operano nella fascia più alta del mercato ed esprimono la cultura e lo stile italiani nella gestione d’impresa e nel prodotto, distinguendosi per innovazione, qualità, servizio, design e prestigio. La sua mission è “promuovere l’industria italiana di eccellenza e la cultura che la sostiene”. Nei loro prodotti le Imprese Altagamma coniugano una prassi imprenditoriale di eccellenza con il patrimonio culturale, storico e naturale italiano: questa sintesi rappresenta il vantaggio competitivo del “Sistema Italia” nel mondo. Intervistiamo Santo Versace, primo Presidente della Fondazione e figura chiave nell’affermazione del marchio Versace nel mondo: la sua supervisione di ogni aspetto del business, dalle vendite alla distribuzione, produzione e finanza, ha fatto sì che in breve tempo Santo divenisse uno degli imprenditori più stimati e considerati nel settore dell’alto di gamma.

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Sanlorenzo 46 Steel

“Fondazione

DNA. Dall’altra, è la storia del secolo scorso, soprattutto

Altagamma”. Di cosa si occupa e quali sono le sue

del dopoguerra: quando il design prima e la moda poi

finalità?

hanno saputo inventare un modello industriale vincente,

«In sintesi, la finalità ultima di Altagamma è quella di

valorizzando e mettendo a sistema le competenze

promuovere l’industria italiana dell’eccellenza e la

diffuse in alcuni distretti (del tessile e dell’arredamento)

cultura che la sostiene. Attenzione: in queste parole c’è

attraverso un approccio innovativo e altamente creativo,

un mondo. Quando parliamo dell’alto di gamma italiano,

in particolare grazie al genio individuale di stilisti e

si tratti di moda, design, alimentare, ospitalità, velocità,

designer. L’importanza per il Paese di quest’ultimo

gioielleria, ci troviamo a disagio con la parola lusso, che

fenomeno imprenditoriale non può essere sottovalutato:

è limitativa e in parte fuorviante. Lusso richiama concetti

è grazie ai grandi stilisti ed ai grandi nomi del design

quali elitarismo, prezzi alti, al limite anche esibizione. È

che nell’ultimo trentennio del Novecento la percezione

un’idea che - con tutto il doveroso e sincero rispetto -

dell’Italia nel mondo è cambiata. Dalla P38 sul piatto

attiene forse di più al lusso francese, che ha un’altra

di spaghetti con cui eravamo rappresentati su Der

storia ed un’altra tradizione. In Italia possiamo leggere

Spiegel, siamo passati a ben altra reputazione: quella

l’alto di gamma attuale come il risultato di due processi

del Paese che insegna al mondo come si vive. L’Italian

storici: da una parte, una secolare tradizione artigianale

Lifestyle, appunto».

ed artistica, un saper fare cose belle e ben fatte con

Quali sostantivi per descrivere l’Italian Lifestyle di

abilità e passione, e soprattutto con un valore aggiunto

Altagamma?

di creatività e senso estetico che fa parte del nostro

«Creatività, innovazione, gusto per il bello e per il ben

Ha

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fondato,

ed

oggi

presiede,

la


luxury

Santo Versace - Presidente di Fondazione Altagamma

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Emilio Pucci

fatto, gioia di vivere, che poi sono fra gli elementi comuni e trasversali delle Imprese Altagamma. È, come ho detto, nel DNA. Ma è un DNA che va nutrito, promosso, tutelato dalle molte minacce che oggi fronteggia. Ecco perché parliamo non solo di industria italiana dell’eccellenza, ma anche della cultura - diffusa che la sostiene. Altagamma opera nell’area della formazione, per far sì che il modello imprenditoriale alla base dei successi delle nostre imprese sia fatto proprio dai manager di domani, che devono saper gestire non solo numeri ma anche simboli, emozioni, sogni. Le imprese devono anche essere aggiornate tempestivamente sull’evoluzione dei mercati e dei comportamenti d’acquisto dei consumatori. Altagamma, attraverso il suo Centro Studi provvede a fornire dati aggiornati sul segmento e approfondimenti qualitativi sulle tendenze di consumo. Ma le nostre forze spesso non sono sufficienti: molti problemi possono essere risolti solo a livello dei rapporti con le Istituzioni, sia italiane che internazionali, e questa è un’area che Altagamma cura con particolare attenzione. Alla fine dello scorso anno è stato presentato al Presidente del Consiglio prima, e ai principali Ministri competenti poi, un Memorandum sull’Industria Italiana dell’Eccellenza, in cui si indicavano alcune linee guida essenziali per la tutela e la promozione del settore». Quali sono le priorità oggi per l’industria del lusso? «Sinteticamente direi che l’industria di alta gamma si trova di fronte ad una doppia sfida competitiva. Da una parte quella dei mercati: i Nuovi Mercati (in particolare la Cina) hanno sostenuto le imprese in questo difficile biennio, con la loro impressionante crescita. Ma i mercati tradizionali (USA ed Europa) non possono essere

trascurati,

perché

insieme

rappresentano

ancora il cuore del consumo di alta gamma e ne sono il tradizionale fortino. È necessario interpretare gli stili di consumo nei nuovi mercati, e non sempre è facile. Fino a poco tempo fa si pensava che fosse valida la formula “New Luxury in Old Markets, Old Luxury in New Markets”, ma oggi scopriamo che in realtà i consumatori dei paesi cosiddetti emergenti sono a volte più attenti di noi alla creatività e all’innovazione. L’altra sfida è quella dei nuovi consumatori: la generazione dei “Baby Boomers” - che ha sostenuto fino ad oggi il consumo di alta gamma - si esaurirà, per ragioni

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luxury

anagrafiche e di disponibilità al consumo. È intrigante,

primo ad uscirne. Per il 2011 prevediamo una crescita in

e difficile, capire con quali leve conquistare le nuove

tutti i settori del comparto alto di gamma, con margini in

generazioni, che sono cresciute in una società diversa,

aumento nonostante la forte competizione. Le previsioni

comunicano in modo diverso, e forse vogliono altri tipi

sono buone per tutti i mercati, compreso il Giappone,

di gratificazioni dal consumo».

che è stato negli ultimi anni il malato cronico. In termini

La crisi mondiale ha notevolmente ridotto il commercio

generali, l’alto di gamma italiano deve continuare a fare

estero. Qual è lo stato di salute della moda e dell’industria

quello che sa fare meglio: innovare, in ogni ambito, e

del lusso italiani oggi e quale il suo futuro?

non cedere mai alla tentazione del downgrading, cioè

«In realtà è proprio per il fatto che l’80% del fatturato

di non rinunciare al posizionamento nella fascia alta».

delle Imprese Altagamma è realizzato all’estero che

Un grossissimo problema è rappresentato, oggi, dal

i danni di questo biennio sono stati tutto sommato

mercato delle merci contraffatte. Cosa rappresenta per

contenuti. Come dicevo, se il mercato interno soffre

l’industria del lusso questo “mercato parallelo”?

ancora di una certa impasse, sono state le esportazioni

«Rappresenta una pugnalata inferta al cuore stesso

a tenere a bada le perdite e, in alcuni casi, a mantenere

di questa industria, in particolare per l’alto di gamma

il segno positivo. Veniamo da due anni terribili: il 2009 è

italiano. Le nostre imprese investono cifre ingenti in

stato il peggiore anno di sempre, nel nostro segmento.

ricerca e sviluppo, per sviluppare nuovi materiali,

Ma già nel 2010 abbiamo avuto i segnali di ripresa, e la

nuovi prodotti, “spremendo” quegli ingegni creativi che

conferma che - in tempi di pessima congiuntura - l’alto di

rendono un abito, un gioiello, un elemento di arredo

gamma è sempre l’ultimo settore ad entrare in crisi ed il

qualcosa di più di un prodotto, facendone un sogno.

Technogym


Masseria San Domenico - Brunello Cucinelli

La contraffazione è un danno economico, come si può facilmente comprendere, e anche di immagine, perché la marca è svilita dal fatto che prodotti contraffatti vengono venduti per strada. Per non parlare dei danni collaterali: sfruttamento del lavoro nero; complicità forzata richiesta a chi lavora, a qualsiasi livello, nella contraffazione e sua conseguente ricattabilità; produzione di denaro “in nero” e, simmetricamente, riciclaggio di denaro sporco; in definitiva rapporti continui fra mondo della contraffazione e criminalità organizzata. È quest’ultimo aspetto che va sottolineato in particolare: la contraffazione rappresenta per la criminalità organizzata una remunerativa area di investimento al pari della produzione e dello spaccio di droga, della gestione della prostituzione e del gioco d’azzardo, del controllo dell’immigrazione clandestina e del lavoro nero». Con la Fondazione, come ci ha anticipato, ha anche pubblicato dei libri, tra cui “Bella e Possibile”. Perché la scelta di affidarsi a questo strumento di comunicazione, da alcuni considerato “obsoleto” rispetto ai tempi e ai mezzi più moderni? «Ma “Bella e Possibile” non è rivolto al grande pubblico, nonostante sia un libro estremamente interessante anche per questo target. È un Memorandum rivolto alle Istituzioni, pensato per loro, e mira a suggerire delle linee guida per la comunicazione delle nostre eccellenze, una comunicazione che deve essere propositiva, coraggiosa e sinergica. Perché ci interessa tanto questo tema della promozione del Paese nel mondo? Perché l’Italianità è un asset vincente delle nostre imprese, e se questa italianità è ricondotta solo a stereotipi negativi, questo asset perde valore, anzi diventa un ostacolo. Da qui le raccomandazioni di fondo per la valorizzazione delle nostre caratteristiche: siamo contemporanei (non concentriamoci solo sul promuovere le eccellenze “classiche”), valorizziamo la tradizione, valorizziamo le nuove generazioni, confrontiamoci con le esperienze positive, rinnoviamo il marketing del Paese, non nascondiamo i nostri difetti, non dimentichiamo il pubblico interno (rivolgiamoci anche agli italiani, per creare una cultura condivisa, forte ed omogenea), valorizziamo l’Italia manifatturiera, facciamo sistema. Sono raccomandazioni basate su indagini approfondite svolte da esperti in settori diversissimi tra loro, e allo stesso tempo trovano il conforto del buon senso».

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Il campo a 18 buche - Par 71 dell’ACAYA GOLF CLUB


sport

Elitario, dedicato a pochi, e ricchi. Sono queste le prime parole che vengono alla mente quando si parla di golf, lo sport delle mazze, delle buche, e soprattutto delle attrezzature sempre più costose e dei circoli sempre più esclusivi. Persino un famoso cartone animato giapponese di qualche generazione fa sembrava un po’ troppo impopolare per un pubblico, così semplice e senza fronzoli, come quello infantile. Ci pensa Franco Chimenti, napoletano di nascita, ma residente a Roma, classe ‘39, rieletto per la terza volta consecutiva alla presidenza della Federazione Italiana Golf, a smentire questa “fama” e questi luoghi comuni, raccontandoci, attraverso parole, progetti e iniziative, come la Federazione che presiede si stia impegnano negli anni per una promozione e una diffusione più capillare di questo sport. Presidente Chimenti, com’è nata la sua passione per il golf? Quando ha maturato la consapevolezza che questo sport poteva rappresentare per lei qualcosa più di un semplice interesse? «La mia passione per il golf è nata contemporaneamente con le mie “ dimissioni” dal tennis, sport che ho praticato per una vita. A un certo punto ho capito che non ne avevo più voglia. Ho abbracciato il golf e me ne sono appassionato». Da un punto di vista umano e professionale, che cosa le ha dato o insegnato il golf? «Il golf è uno sport particolare e trasmette molti insegnamenti positivi. In questa disciplina sportiva l’etichetta corrisponde all’etica e ciò è fondamentale per distinguerlo dagli altri. La correttezza e il rigore fanno parte integrante di questo sport, che implica pulizia in tutti i sensi, a cominciare dal rispetto della natura. E poi c’è la possibilità di incontrare

non è uno sport per ricchi Il periodo d’oro del Golf, sport d’elite

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Š FIG - Federazione Italiana Golf

franco chimenti - Presidente della Federazione Italiana Golf (FIG)

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sport

e conoscere tanta gente diversa, anche di gran

Quando mi sono insediato alla presidenza della

livello professionale, imprenditoriale e manageriale.

Federazione, il numero di iscritti era appena al di sopra

Giocare a golf, inoltre, giova senz’altro alla salute e al

di cinquantamila e questo dato era stato raggiunto in

benessere psico-fisico».

cento anni di attività del golf in Italia. Nei dieci anni

La vostra Federazione ha superato ormai la fatidica

successivi, ovvero dal 2001 al 2011, i tesserati sono

quota dei 100.000 iscritti. Di che cosa si occupa nello

diventati più di centomila, con un incremento del 100%,

specifico e quali sono le sue finalità?

rispetto a una cifra che si era raggiunta nel corso

«La finalità più importante della Federazione attiene

di un secolo. D’ora in avanti, ovviamente, il nostro

al settore agonistico. Il nostro obiettivo è preparare

impegno sarà quello di fare in modo che il numero

grandi atleti, capaci di imporsi a livello internazionale.

dei tesserati continui a crescere. Vi sono molte altre

Oggi il golf è uno sport olimpico e in quest’ottica

attività connesse al golf - come, per esempio, il

stiamo lavorando per ottenere risultati significativi a

turismo - il cui sviluppo verrà sostenuto nell’ interesse

partire dai Giochi del 2016. Riteniamo fondamentale

del Paese. L’Italia è, anche a livello internazionale,

poi la diffusione della pratica golfistica, soprattutto

una méta turisticamente molto attraente: pertanto,

attraverso l’ incremento del numero dei tesserati.

l’ incremento del turismo corrisponde all’aumento delle

33


34

© Photografika Studio – Lecce


sport

risorse nazionali, con risvolti rilevanti per l’economia». I recenti successi dei golfisti italiani dimostrano che il golf in Italia è sicuramente in forte crescita, ma è ancora lontano dai livelli di altri paesi nel mondo. Che cosa manca al golf italiano per fare questo salto di qualità? «Cominciamo col dire che il golf appartiene alla cultura e alla tradizione anglosassone. In Italia c’è una grande passione per il calcio e per gli altri sport che implicano l’utilizzo degli arti inferiori, piuttosto che superiori. Il golf nasce nei paesi anglosassoni e lì ha conosciuto una vastissima diffusione. Ora, anche in Italia, il pubblico ha scoperto finalmente questo sport, la cui espansione presto assumerà dimensioni straordinarie. Al momento, da sport “ di piccola nicchia” è diventato intanto sport “ di grande nicchia”, popolarizzandosi molto. Sono state soprattutto le attività intraprese dalla Federazione a favorire questa svolta. Con il tesseramento libero, ora tutti i neofiti - anche senza essere iscritti necessariamente a un circolo - hanno l’opportunità di praticare il golf. Ma, a parte il successo della nostra iniziativa promozionale, anche per questo sport sono fondamentali le vittorie dei nostri atleti, come per qualsiasi altra disciplina». Qualcuno definisce il golf “uno sport per ricchi”. È solo una questione di costi o esiste davvero un orientamento in questo senso, finalizzato a mantenere un pubblico e uno status “di nicchia”? «La definizione di golf come “sport per ricchi” è un altro dei luoghi comuni che abbiamo tentato in ogni modo di sradicare. Generalmente, si guarda al golf come a uno sport elitario, al quale possono accedere solo i ceti sociali più alti. Non è così e noi abbiamo cercato di aprire a tutti la pratica golfistica. Fin dall’ inizio del mio mandato, dichiarai subito di voler portare il golf alla gente e non la gente al golf. E così ho cercato di fare, affinché tutto - a partire dall’attrezzatura - costasse di meno. Abbiamo lavorato con la finalità che nei circoli venissero meno certe prevenzioni e tutti potessero essere accolti al loro interno. Il nostro impegno ha permesso di far praticare il golf anche ai meno abbienti che, proprio in virtù del tesseramento libero, hanno avuto accesso ai campi da gioco iscrivendosi direttamente alla Federazione». Sul vostro sito, c’è anche una sezione dedicata

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36

Š FIG - Federazione Italiana Golf


sport

all’antidoping. Quanto è diffusa, ancora oggi, questa

perfino la perdita della vita. Nel golf è raro che si

pratica nello sport e che cosa si sta facendo

registrino episodi di doping, anche se c’è qualche

concretamente per metterle un freno?

giocatore che si droga al fine di aumentare la

«Da molti anni, sono docente di chimica farmaceutica

propria capacità di concentrazione. Talvolta, si sono

tossicologica all’Università La Sapienza di Roma:

verificati casi di positività “ inconsapevole” in seguito

perciò

della

a un utilizzo, seppur a scopo meramente curativo,

materia in questione. Il doping è assai diffuso nella

di qualche farmaco considerato dopante. In questi

pratica sportiva, anche a livello amatoriale. Molti atleti

casi la giustizia sportiva è stata comunque inflessibile,

ingenui o irresponsabili, pur di affermarsi e migliorare

com’è giusto che sia».

le proprie prestazioni, ricorrono a queste sostanze

La FIG sta portando avanti, in collaborazione con

assolutamente

Kinder+Sport, il “Progetto Scuola”. In che cosa consiste

ho

una

conoscenza

deleterie

per

professionale

l’organismo,

senza

rendersi conto delle conseguenze cui vanno incontro.

e che cosa vi aspettate da questo progetto?

Si tratta di imitazioni scorrette e indiscriminate di

«Il “Progetto Scuola” è stato rilanciato al Salone del

alcuni vizi dei professionisti, senza alcun controllo

golf di Verona all’ inizio di febbraio. Si respirava un

medico. Ma l’uso di certe sostanze può provocare

clima di entusiasmo crescente del popolo del golf

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© FIG - Federazione Italiana Golf CREDITS IMMAGINI (salvo diversa descrizione): Acaya Golf Club

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come testimonia l’aumento del numero di espositori,

non più da adulti, come è accaduto a me dopo

cresciuto rapidamente negli ultimi quattro anni fino

l’abbandono del tennis».

a superare un centinaio di aziende e di marchi. Per

Ci può dare qualche anticipazione circa i prossimi

sviluppare il “Progetto Scuola”, in collaborazione

eventi e le iniziative promossi dalla FIG?

con Kinder, la Federazione si è rivolta direttamente

«Abbiamo obiettivi ambiziosi e li perseguiremo con

ai distretti scolastici, senza ricorrere allo strumento

rinnovato impegno. In primo luogo, vogliamo far sì

burocratico di un protocollo con il Ministero. Siamo

che anche le nostre giocatrici nazionali ottengano

entrati nelle scuole, proponendo di far provare il

successi

golf ai ragazzi nei circoli più vicini, da noi segnalati.

allestiremo un grande Open femminile, dopo la

L’anno scorso più di quattromila ragazzi hanno avuto

sospensione forzata dello scorso anno per motivi

così l’opportunità di praticare questo sport all’aria

economici e organizzativi. Oltre a favorire una

aperta, senza alcun costo. L’ iniziativa ha riscosso

diffusione sempre maggiore del golf nelle scuole, per

un largo successo e nel 2011 puntiamo a superare

reclutare nuovi proseliti, sosterremo poi la promozione

quota 12 mila presenze. Oggi, insomma, anche

del turismo - italiano e straniero - legato alla pratica

in Italia si inizia a giocare a golf sin da bambini, e

del nostro sport».

agonistici

importanti

e

in

quest’ottica


L I F E S T Y L E

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casinò...ieri, oggi & domani

Come sta cambiando ed evolvendo il mondo dei Casinò, con le nuove sfide legate al gioco on-line e la sempre maggiore attenzione verso i valori di equità, responsabilità e sicurezza, per un Casinò politically correct.

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lifestyle

lncontro con l’Onorevole Ivo Collé, Segretario Generale di Federgioco, l’associazione che raggruppa, rappresenta e tutela i quattro Casinò nazionali di Campione d’Italia, Saint Vincent, Sanremo e Venezia.

Una delle sale gioco del Casinò di Venezia

casinò...infinite emozioni

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Una volta i luoghi privilegiati per il gioco, soprattutto quello

e Segretario Generale di Federgioco, illustra

d’azzardo, erano circoscritti a poche località a livello mondiale,

e chiarisce alcuni degli aspetti più interessanti

da Atlantic City a Las Vegas, dal Principato di Monaco a Malta.

legati al gioco ed al mondo dei Casinò.

In seguito, cominciò a diventare affare dei paesi emergenti, da

On. Collé, come è nata questa sua passione

quelli asiatici a quelli dell’Europa dell’est e per finire ai paesi

per il gioco?

nord africani.

«La mia passione per il gioco e per il Casinò

Oggi, dato il business che la crisi mondiale pare aver toccato

risale al 1988, quando fui assunto per lavorare

solo marginalmente, sono stati costruiti, attorno ad ogni Casinò,

presso il Casinò di Saint-Vincent in qualità di

interi resort turistici e strutture di intrattenimento.

addetto al segretariato. Nel 1990, a seguito di

Se si considera, poi, lo straordinario successo delle nuove

un concorso interno, sono diventato croupier.

modalità di gioco online, che hanno ampliato la possibilità di

A partire da quegli anni, quindi, la mia vita si è

scelta e garantito la comodità di un gioco a portata di click, il

concentrata in parte attorno al tavolo da gioco,

discorso intorno alle fortune del gioco, e soprattutto quello dei

diventando, quest’ultimo, una grande passione.

Casinò, si fa ancora più opportuno ed interessante.

Ho trascorso, poi, un periodo lontano dal

Dalla passione per il tavolo verde da gioco al mondo della

Casinò, avendo intrapreso la carriera politica,

politica, dal profilo del giocatore medio alla sua autonomia,

che mi ha portato all’elezione a Deputato

dal successo della modalità online alle recenti polemiche

al Parlamento Nazionale a Roma. Anche in

sull’uso eccessivo ed indiscriminato delle lotterie varie. Sono

Parlamento, però, ho spesso pensato al gioco

tanti, e di diversa natura, i temi che trattiamo con l’On. Ivo

e ai Casinò, presentando degli emendamenti e

Collè che, da esperto croupier, Assistente alla Direzione di

delle proposte che li riguardavano direttamente.

uno dei maggiori casinò al mondo, il Casinò di Saint-Vincent,

Il

cordone

ombelicale

non

era

stato

mai

definitivamente reciso. Infatti, dopo qualche tempo, e precisamente il 1° maggio 2006 sono L’On. Ivo Collé - Segretario Generale di FEDERGIOCO

rientrato al Casinò de la Vallée di Saint Vincent, in qualità di Assistente alla Direzione, e il 1° aprile 2007 sono stato nominato Segretario Generale di Federgioco». A proposito di questo, l’Associazione di cui è Segretario Generale riunisce le società di gestione dei quattro Casinò nazionali (Campione d’Italia, Saint Vincent, Sanremo e Venezia). Qual è lo stato di forma dei Casinò in Italia e nel mondo? «Al momento attuale il mercato del gioco d’azzardo

in

Italia

evidenzia

segnali

di

rallentamento; nel 2010 rispetto al 2009, si è registrata complessivamente una perdita di circa 4 milioni di euro. I fattori più importanti che hanno inciso sull’andamento degli introiti sono certamente il perdurare della congiuntura economica negativa, l’aumento di pressione e di aggressività del cosiddetto Gioco Pubblico, anche in modalità online, e certamente la ormai raggiunta maturità del prodotto e dell’offerta proposti dai Casinò che hanno forti difficoltà ad

attrarre

nuova

Clientela

potenziale.

Lo

scenario a livello europeo evidenzia dati ancor


lifestyle

Il Casinò di Venezia


Il Casinò di Sanremo

più preoccupanti, il trend di caduta è decisamente superiore a quello italiano, con un sempre maggiore asservimento dell’offerta di prodotto a favore dei giochi elettronici. Non sono migliori i dati a livello extraeuropeo con la sola esclusione delle aree caratterizzate da start-up, come l’estremo oriente e alcuni stati del Sud America. La mecca del gioco, la celebre Las Vegas, stenta comunque a riprendersi dopo le conseguenze generate sull’economia dalla cosiddetta bolla speculativa che ha travolto tutti i mercati mondiali». Sul vostro sito si parla di gioco equo, responsabile e sicuro. Come si garantiscono questi standard? «Si garantiscono tramite la totale trasparenza delle regole di gioco e attraverso l’offerta di giochi caratterizzati dalla sola alea, nei quali conseguentemente non esiste spazio per l’abilità, per garantire identiche condizioni a chiunque sceglie di divertirsi nel nostro Casinò. La sicurezza è certificata dai tanti livelli di controllo che sono previsti durante l’attività del Casinò, la video

sorveglianza, la rigorosità delle procedure, la

tracciabilità di tutte le operazioni, l’ insieme di comportamenti che caratterizzano la gestione del gioco, il massiccio utilizzo del supporto informatico, soprattutto in tema di reporting e di accounting, aspetti che nel 2010 sono stati oggetto di Certificazione UNI EN ISO 9001, sia per la progettazione ed erogazione del gioco, sia per la salute e sicurezza sul luogo di lavoro, ad ulteriore tutela della Clientela e dei Lavoratori. In merito alla responsabilità, la cura e la corretta gestione del Cliente, quindi la sua conoscenza diretta, consentono l’adozione di interventi mirati finalizzati a prevenire fenomeni di patologia, inclusi quelli eventualmente segnalati da congiunti o da famigliari, che, se riscontrati anche solo a livello di rischio, attivano provvedimenti immediati di inibizione all’ ingresso». Nei set cinematografici, i Casinò sono dipinti come luoghi dell’eccesso: donne, fama, ricchezza. Quanto la realtà rispecchia questo stereotipo? «Si tratta effettivamente di uno stereotipo, di una rappresentazione dai toni certamente esagerati di un mondo

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lifestyle

che ha comunque cambiato aspetto a partire dagli anni ‘80. I Casinò in passato sono stati, effettivamente e per lungo tempo, luoghi esclusivi, inaccessibili al grande pubblico, quindi frequentati da persone facoltose che vivevano nel lusso al quale di certo non rinunciavano all’ interno del Casinò. Questa inaccessibilità ha creato un alone di mistero e generato leggende intorno al gioco d’azzardo, soprattutto in tema di vincite e perdite esorbitanti registrate al Casinò, una fotografia che è stata puntualmente smontata nel momento in cui nelle Case da gioco sono approdati i cosiddetti Giochi Americani, per prime le Slot Machine, che hanno generato, proprio per la facile accessibilità, un grande allargamento della base dei Clienti. Si è trattato di un cambiamento epocale, della necessità, ormai inevitabile a quel tempo, di attrarre nuova Clientela trasformando l’offerta da “azzardo” a “puro divertimento”. Un passaggio reso necessario dai cambiamenti della società e degli stili di vita degli Italiani, non ultimo dal tramonto dell’era dei grandi patrimoni in possesso di latifondisti e industriali. Il passo da compiere oggi, per assicurare futuro a queste Aziende, è programmare un’ulteriore diversificazione dell’offerta, puntando all’ intrattenimento e alla massima qualità dei servizi erogati per rendere nuovamente competitive, in regime di sfrenata concorrenza, le Case da gioco sui mercati di riferimento». Negli ultimi anni, il gioco online (vedi Texas Hold’Em) ha riscosso moltissimo successo. Cosa cambia, in termini di coinvolgimento e di emozioni, tra il tavolo da gioco e una partita davanti ad uno schermo? «Non esiste paragone, ma, allo stesso tempo, non esiste difesa. Il gioco online è fruibile in modo molto agevole, l’ innovazione tecnologica rischia di farlo a breve migrare anche sugli smartphone, una nuova concorrenza che non sarà certamente facile contrastare. Per contro, nessun dispositivo elettronico sarà mai in grado di riprodurre le atmosfere e le sensazioni che trasmette il tappeto verde e l’ambiente che lo circonda. E ciò sarà ancora più vero nel momento in cui le Case da gioco sapranno proporsi sul mercato come contenitori di divertimento e di intrattenimento puntando sempre più all’eccellenza dei servizi erogati alla Clientela, in primis

Il Casinò di Saint Vincent

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in materia di accoglienza».

Casinò o le Sale da gioco?

Crediamo che la diversità maggiore sia nella figura del

«Si tratta comunque di concorrenza, molto

giocatore medio. Nell’immaginario comune, l’uno, quello al

aggressiva e, come già precisato, caratterizzata

tavolo da gioco, è il professionista, l’altro è lo studente che

da un’offerta di facile accesso per tutti. II cambio

mette sul piatto la paghetta settimanale. Ma è davvero così

generazionale in atto genererà nei prossimi

netta questa differenza? Cosa dicono i dati rispetto a questo?

anni la caduta della barriera di diffidenza che

«Il giocatore “medio” in realtà non esiste, il gioco è un fenomeno

oggi caratterizza una parte della popolazione

assolutamente trasversale rispetto alla nostra società, anche

italiana rispetto alle transazioni online, le nuove

se il target più importante, a livello di età, è compreso tra i 35

tecnologie

ed i 55 anni; il mercato di norma si segmenta per capacità di

processo, lo scenario futuro sarà alquanto

spesa e assiduità, partendo dal vertice della piramide, dove

complicato da interpretare, ragione per cui

si collocano i giocatori con il più elevato potenziale di spesa,

diversificare sarà l’arma vincente per garantire

ma con presenze limitate, per arrivare alla base, dove cresce

continuità all’attività dei Casinò».

moltissimo la ripetitività delle presenze che è però associata a

Un recente spot televisivo sulle lotterie termina

capacita di spesa limitata e, ovviamente, a vicinanza del luogo

con un invito: “Gioca con moderazione”. Cosa si

di residenza rispetto al Casinò. Esiste poi il bacino di utenza

sente di dire lei a questo proposito?

caratterizzato da occasionalità, quindi da presenze sporadiche,

«La liberalizzazione, che non esito a definire

potenzialmente molto interessante, ma caratterizzato da bassa

sfrenata, che ha contraddistinto il mercato del

propensione al gioco, sul quale si potrà incidere solo tramite la

gioco in Italia contrasta, a mio parere, con gli

diversificazione dell’offerta».

inviti alla “moderazione” che vengono citati in

Crede che il gioco online possa in futuro mettere in difficoltà i

occasione di campagne pubblicitarie abbinate ai

contribuiranno

ad

accelerare

il

vari prodotti proposti sul mercato. Mi preoccupa molto l’assoluta mancanza di tutela nei confronti Il Casinò di Campione d’Italia

della categorie cosiddette a rischio, mi riferisco in primis ai minorenni, ma anche a chi, attratto dal gioco, in un momento di crisi conclamata, spera di cambiare la propria vita azzeccando una delle tante combinazioni vincenti giornalmente in uscita, alcune addirittura con cadenza oraria. Un’ultima considerazione merita la costante crescita del volume di gioco in Italia che prosegue, nonostante lo sfondamento del tetto dei 50 miliardi di euro avvenuto nel 2010. Il gioco rappresenta oltre 10 punti percentuali del PIL, ma non genera ricchezza, sono molti gli amministratori locali preoccupati dal progressivo impoverimento dei propri amministrati, il Consiglio della Regione Piemonte ha recentemente votato un ordine del giorno, redatto dalla minoranza, tramite il quale si propone di bandire il gioco da tutto il territorio regionale. Insomma, invitare le persone alla “moderazione” è oggi impresa quanto mai ardua, la diffusione dell’offerta di gioco sul territorio è più che capillare, qualche provvedimento deve essere adottato per evitare i costi sociali che deriveranno da tanta liberalizzazione».


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Il lato dritto della moneta globale del futuro. Il numero 1 è ripetuto cinque volte, a simboleggiare i cinque continenti. La parte artistica è stata affidata a Luc Luycx, coin designer del lato comune di tutte le monete Euro, e a Laura Cretara, che come responsabile artistica della Zecca ha creato la moneta da 1â‚Ź italiana, e le famose 500 Lire bimetalliche.


economia

SOGNO CHE SIA L’UNICA AL MONDO

Il sogno, tutto MADE IN ITALY, di una valuta unica globale La parola a Sandro Sassoli, promotore della UFWC Procuratevi carta e penna, e prendete nota di questo nome, perché probabilmente è destinato a passare alla storia. È il nome di Sandro Sassoli, italiano, già molto conosciuto nel mondo grazie alle sue ricerche e proposte per l’introduzione di una moneta unica mondiale, la United Future World Currency. Si parla ormai da tempo di una moneta globale che vada a sostituire le attuali 240 diverse valute. Da un lato la sfida si presenta molto ardua, dall’altro è innegabile che si tratti ormai di una necessità.

La moneta unica è indispensabile in un mondo sempre più globalizzato: la chiedono con insistenza le banche e le più importanti istituzioni finanziarie del mondo per evitare i deprezzamenti pilotati della moneta da parte di alcuni Paesi. E la chiedono le persone, i popoli, i grandi Capi di Stato, come “simbolo” di un mondo senza più frizioni, frontiere, differenze. Sarà, utilizzando le parole del Presidente russo Medved, “simbolo della nostra unità e del nostro desiderio di risolvere le questioni in comune”.

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Il dott. Sandro Sassoli a Berlino con il Direttore del Board Tecnico delle Zecche del mondo, Mr. Marteen Browner

Dott. Sassoli, come e quando nasce questo importante progetto? «Il progetto è nato sul finire degli anni ’90, quando a Cenobbio incontrai Arthur Schlessinger Jr., già consigliere di John F. Kennedy. Parlavamo dell’Europa, da storico molto attento ai problemi europei, e si discuteva della nascita della nuova moneta unica europea, di cui ancora non si conosceva il nome. Da lì, una riflessione: “ma come è possibile che Paesi così diversi tra loro per tradizione, storia, tessuto sociale e aspetti economici (quali la Germania, l’Italia, la Francia) riescono ad unirsi sotto un’unica moneta, e il mondo globale no?”. Da questa riflessione così semplice è partito il complesso iter di cui parliamo, con la compilazione di dieci articoli che rappresentano oggi il “manifesto” di questo importante progetto». Quando ha capito che avrebbe potuto tradursi in realtà? E quali sono stati, formalmente, i primi passi? «A seguito di questo primissimo approccio, nel 2000 registrai un marchio, l’Eurodollar, il primo progetto che univa simbolicamente Europa e Stati Uniti. Le posso confidare oggi che si trattava di un progetto abbastanza limitante (rispetto alle sue potenzialità) ma fu l’ inizio dell’avventura. Poi, nel 2009, nel corso del G8 a L’Aquila, approfittammo della

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economia

presenza degli otto Leaders in Italia e presentammo il progetto. Due anni fa, quindi, il Governo italiano ha ufficialmente dato il via a questo test di moneta. E dal riscontro che c’è stato tra i grandi Capi di stato, capii che il progetto avrebbe avuto un futuro roseo». Che tempi sono previsti per la fase attuativa? «In questo momento, siamo ancora in una fase di testing. Molti sono ancora i punti oscuri, non si sa ancora, ad esempio, quale possa essere il tasso di cambio con le altre monete…I tempi sono piuttosto lunghi, questo è innegabile. È anche vero che il mondo sta facendo dei grossi passi avanti, e ciò che oggi può apparire lento potrebbe avverarsi nel giro di una decade. Lo speriamo. Mi sono riproposto, comunque, che per la fine di questo decennio ci saranno paesi riuniti dalla moneta unica». Personaggi importanti nel campo dell’economia e della cultura sostengono che la moneta unica rappresenti una svolta epocale per l’umanità. Quali sarebbero i vantaggi più concreti? «Una moneta unica porterà grandissimi vantaggi sui cambi, ed è per questo che il progetto è profondamente osteggiato dalle grandi lobby economiche. Oltre a questo, non va dimenticato il vantaggio economico derivante dalla apertura dei commercio. È stato lampante, in Europa, come l’abbattimento delle frontiere ha determinato un

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riavvicinamento economico, ma non solo, fra i popoli. C’è poi la parte umana. L’ idea di essere accumunati sotto un’unica moneta rappresenta un simbolo importante di ricongiungimento e riconciliazione fra persone così differenti tra loro, per cultura, razze, ed economie». Sul vostro sito internet, c’è scritto “I giovani sono i veri protagonisti”. Perché? «I giovani saranno i futuri usufruitori di questa moneta e pertanto abbiamo pensato di dare a loro un ruolo di primo piano anche in questa fase di progettazione e di testing. Così abbiamo allargato il coinvolgimento di questi giovani, istituendo un concorso che coinvolge i bambini e ragazzi di 1000 scuole nel mondo, ai quali abbiamo chiesto di dare un simbolo e un nome a questa moneta (in questo momento la moneta viene riconosciuta con l’abbreviazione UFWC, che tuttavia è il nome del progetto e non della valuta). Sono arrivate proposte dall’India, dalla Germania, dal Pakistan, dalla Giappone. Sono disegni bellissimi, che dimostrano l’ interessamento delle nuovissime generazioni, la loro sensibilità, la voglia di pensare globale. Un bambino pakistano ci ha proposto di chiamare la moneta “Peace” (che in inglese, significa “pace”): questo dovrebbe dare ai vostri lettori un’ idea di quante aspettative, non soltanto pratiche, vi siano attorno a questo

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economia

La moneta per il Presidente USA, coniata dalla Zecca del Belgio per i Leaders del Summit G8

progetto. La cosa mi fa emozionare». A tal proposito, Giovanni Paolo II definì il progetto UFWC il simbolo di unità e di pace per il mondo. Immaginiamo che queste parole rappresentino uno sprone importante… «È un appoggio e un attestato di stima che orienta ogni giorno il nostro lavoro. Lei pensi che il Papa non è stato l’unico a parlare positivamente di questo progetto. Ho avuto la fortuna di incontrare, e di avere il sostegno di Madre Teresa di Calcutta, del Dalai Lama, del premio Nobel del 1962 James Watson (per la scoperta del DNA). Sono appena rientrato dalla Fiera Mondiale della Moneta di Berlino, che è la più grande manifestazione delle zecche del mondo e ho registrato importanti consensi anche lì. Lei immagina che questo progetto è oggi molto più grande di quello che avessi mai pensato di partorire. Oggi c’è attorno ad esso un consenso ed una partecipazione da parte di personalità illustri della nostra cultura che non avevo neppure mai sognato di incontrare. E questo, ovviamente, rappresenta per noi un incoraggiamento importantissimo». Cosa vi attendete per il prossimo futuro? In che cosa consistono le vostre aspettative? «In questi mesi proseguiranno delle prove tecniche delle zecche del mondo (ha aderito anche l’Inghilterra, che in un primo momento avevo declinato l’ invito di un progetto

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Il dott. Sandro Sassoli, la Principessa Elettra Marconi e il Direttore Generale della Zecca Svizzera, Kurt Rohrer

simile). Nell’arco di quest’anno, dovremmo andare a New York a presentare il progetto al Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon. Poi stiamo lavorando per preparare un grande test all’Expo di Milano 2015. In vista di questa importantissima manifestazione, dalla Zecca sono state coniate delle particolari monete ecologiche con metalli riciclati. Ribattezzata “Eco coin”, la moneta è stata presentata all’annuale Fiera Mondiale della Moneta, a Berlino. Nello specifico si tratta di due monete: una in argento, che pesa mezza oncia ed un’altra, “Eco Coin”, appunto, realizzata in metallo riciclato non prezioso. Messe a punto dalla Zecca italiana, le ecomonete riportano la dicitura “Test Expo 2015 Milano” e nascono dalla collaborazione di Luc Luycx, coin designer della Zecca Reale del Belgio, ideatore del lato comune dell’euro, che sul lato principale ha realizzato il “numero uno ripetuto cinque volte”, con Laura Cretara, ex responsabile artistica della Zecca, che per il rovescio si è ispirata a un disegno di Leonardo da Vinci. La grande sfida per il futuro è una moneta intelligente, al cui confronto la carte di credito diventano dei pallidi ricordi, contenente dei microchip di nuova generazione, che consentiranno un alto livello di protezione contro le contraffazioni e saranno in grado di comunicare con i telefoni cellulari e ricevere input».

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Š IMMAGINI: Marina Militare


lifestyle

VESPUCCI, LA PIU’BELLA DEL MONDO

“Non chi comincia ma quel che persevera”. Il fascino antico della Amerigo Vespucci nelle parole del suo Comandante Quando entra in porto lascia senza fiato, per grazia, bellezza, eleganza, e classe. A vederla dal vivo, impressiona per la sua imponenza, la sua austerità, il suo fascino, che sono lo specchio di ottant’anni di vita, di storia, di cultura, e soprattutto di mare. Sono trascorsi otto decadi dal quel lontano 22 febbraio 1931, giorno in cui fu varata l’Amerigo Vespucci, l’unità più anziana in servizio nella Marina Militare, interamente costruita e allestita presso il Regio Cantiere Navale di Castellamare di Stabia. Dalla sua entrata in servizio la Nave ha svolto ogni anno attività addestrativa (ad eccezione del 1940, a causa degli eventi bellici, e degli anni 1964, 1973 e 1997, per lavori), principalmente a favore degli allievi dell’Accademia Navale, ma anche degli allievi del Collegio Navale, ora Scuola Navale, “Morosini”, degli allievi nocchieri, nonché di giovani facenti parte di associazioni veliche, quali la Lega Navale Italiana e la Sail Training Association Italia. Il motto della Nave è “Non chi comincia ma quel che persevera”, che ben delinea, tra l’altro, la vita e la carriera di colui che la doma sul mare, il suo Comandante. Ci facciamo raccontare proprio da lui i segreti del mare e della sua Nave. Intervistiamo il Capitano di Vascello Paolo Giacomo Reale, Comandante della Nave Scuola Amerigo Vespucci dal 9 ottobre 2010.

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lifestyle

Come si diventa il Comandante della nave scuola della Marina Militare Amerigo Vespucci? «Gli Ufficiali del Corpo di Stato Maggiore, o Ufficiali di Vascello, come vengono chiamati in omaggio alla tradizione che risale alla Marina velica, al termine del ciclo di studi in Accademia Navale, che li porta al conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Marittime e Navali, vengono avviati ad assumere i primi incarichi di responsabilità a bordo delle unità navali e presso i reparti specialistici della Marina, a seconda dell’abilitazione/specializzazione conseguita. Gli Ufficiali del Corpo di Stato Maggiore dei Corsi Normali, in sostanza, seguono un iter formativo e di impiego mediante il quale arriveranno, in circa dieci anni dal termine dell’Accademia Navale, all’incarico del primo Comando di Unità Navali Minori nel grado di Tenente di Vascello per poi successivamente assumere il Comando di Unità Maggiori: dalla Fregata alla Portaerei». Com’è nata la sua passione per la Marina? È sempre stato attratto dal mare? «Io sono nato a Genova, una delle quattro Repubbliche Marinare, città con un’antica e profonda tradizione marinara, sono cresciuto in simbiosi con lo sciabordio del mare e il profumo della salsedine, come si dice in questi casi, “Una volta che hai provato non puoi più smettere”. Allora quale miglior viatico se non trasformare la propria passione in una professione, la professione del marinaio e quindi la scelta della Marina Militare cioè quella di servire lo Stato sul mare». Quando si verificano situazioni critiche, come ad esempio una tempesta, è difficile razionalizzare e seguire gli insegnamenti ricevuti? «In quei frangenti non è facile fare la scelta giusta vista la situazione in atto, ma sicuramente il ruolo del Comandante impone di dover far sempre la scelta giusta, giusta nell’applicare gli insegnamenti appresi avvalendosi anche delle esperienze passate». Cosa fa in quei casi un Comandante? «Il Comandante in quei casi rafforza il suo ruolo di guida, di punto di riferimento, trasmettendo sicurezza e tranquillità a tutto l’equipaggio. Spesso in quei momenti carichi di tensione bisogna fare scelte anche spiacevoli. Anche se poi il tempo è galantuomo ed al termine di un’esperienza, seppur difficile, ci si accorge che effettivamente il Comandante aveva ragione».

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lifestyle

Comandante, il “Vespucci” ha un fascino come poche. È davvero la nave più bella del mondo? E perché è riconosciuta a livello internazionale come il simbolo più illustre della marineria? «Non siamo noi a dirlo. È stata definita la “Nave più bella del mondo” in più occasioni, mi piace ricordare ad esempio l’incontro avvenuto in alto mare negli anni ‘60 tra la portaerei americana della Classe Indipendence, che vedendo Nave Vespucci navigare a vele spiegate gli si affiancò e con tutto l’equipaggio schierato sul ponte di volo, comunicò a lampi di luce il seguente messaggio: “Chi siete?” e dal Vespucci risposero: “Nave Amerigo Vespucci” e di rimando dalla portaerei trasmisero: “Siete la Nave più bella del Mondo”. Nave Vespucci è il veliero di punta della nostra flotta e possiamo sostenere dell’intera marineria velica mondiale, vanto ed orgoglio della nostra Marina, straordinario rappresentante dell’Italia all’estero. Questa Nave rappresenta per l’Italia un eccezionale vettore di comunicazione sul mare, mare inteso come elemento naturale di collegamento tra popoli, civiltà e culture differenti». Ogni anno la nave ospita gli allievi dell’Accademia Navale di Livorno per un periodo di attività addestrativa. Cosa rappresenta per i giovani Ufficiali di Marina navigare i mari su una nave storica come il Vespucci? «Per gli Allievi Ufficiali durante la Campagna avviene il “battesimo del mare” primo vero contatto con una Nave, con il mare e le sue leggi, la sua invarianza e la sua immensità, il mare visto come teatro naturale dove avviene il completamento della formazione individuale dell’uomo e del marinaio, dove l’Allievo impara a conoscere la realtà professionale e l’ambiente di bordo, le funzioni navali elementari, la terminologia marinaresca, ma anche i primi rudimenti della condotta degli uomini e dei mezzi; esperienze e conoscenze che accompagneranno gli Ufficiali nel corso di tutta la loro vita professionale e non solo». Come si svolgono i mesi in mare aperto? «Tutte le navi della Marina Militare svolgono in mare un’attività ininterrotta che richiede pertanto un impegno protratto sia in arco diurno che notturno e per garantire ciò l’equipaggio è suddiviso in tre squadre che a turni di 4 ore di guardia si alternano nell’arco delle 24 ore. L’Equipaggio partecipa all’Assemblea Mattinale dove il Comandante in 2^, che è il mio più stretto collaboratore, illustra al personale

Il C.V. Paolo Giacomo Reale, Comandante della “Amerigo Vespucci”

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gli obiettivi da me stabiliti e da raggiungere nell’arco della giornata e così prende il via l’attività lavorativa, che prevede l’addestramento dell’Equipaggio e la manutenzione dell’Unità». Andare per mare ieri ed oggi. Cos’è cambiato? «La differenza sostanziale è che ieri esisteva un confronto diretto con il mare e le sue leggi, un confronto con gli elementi naturali che doveva essere vinto solo con solide conoscenze professionali e con la capacità di reagire prontamente alle variazioni di situazioni in atto. Oggi invece le conoscenze professionali sono supportate anche dalle più moderne tecnologie, sempre all’avanguardia ed innovative, che aiutano a valutare e fronteggiare le possibili situazioni critiche che possono accadere». Scegliere una vita impegnativa come quella di servire lo Stato sul mare richiede una forte convinzione e impone a volte anche delle rinunce. Lei Comandante ha dei rimpianti? Se avesse la possibilità di tornare indietro, rifarebbe la stessa scelta di vita? «La rifarei non una, ma mille volte. Fiero e convinto della mia scelta». Cosa consiglierebbe ad un ragazzo che ha il sogno di entrare in Marina? «La Marina è una Forza Armata particolare che richiede spirito di sacrificio e spirito di adattamento. Adattamento ad una vita di bordo non sempre facile, per cui solo se si è convinti veramente della scelta che si è fatta, di tener duro anche quando sembra arduo continuare, perché il tempo ripagherà sempre i sacrifici fatti. Concluderei prendendo spunto proprio dal motto dell’Amerigo Vespucci quale sintesi della possibilità di realizzarsi nella nostra Forza Armata: “Non chi comincia ma quel che persevera”». Ha raggiunto uno dei traguardi più importanti per un Ufficiale di Marina, comandare una Nave e per lei il Vespucci. Quale altri obiettivi ha per il futuro? «Guardi, ogni Comandante spera che durante il Comando, durante la carriera riesca a lasciare un segno vivendo e facendo vivere qualcosa di memorabile al proprio Equipaggio, ma se mi permette, vorrei dire semplicemente che essere il Comandante di un Vascello come questo, è già per me un fatto memorabile. Gli obiettivi per il futuro? Continuare a servire lo Stato e la Marina con la stessa dedizione con cui ho svolto i miei incarichi fino ad oggi».

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COSì DEGUSTò LUCA GARDINI Il vino tra analisi e godimento Ventinove anni, romagnolo di nascita e milanese d’adozione, Luca Gardini è stato da poco incoronato Miglior Sommelier del Mondo 2010 nel corso del concorso mondiale organizzato dalla Worldwide Sommelier Association. Un premio meritatissimo, risultato di un talento incredibile, di uno studio approfondito, e di una lunga gavetta, a dispetto della sua giovanissima età. Perché per monitorare la storia e la geografia del vino, il talento non può bastare. E se, allora, Gardini conosce ogni anfratto vitato di Chianti, Borgogna o Cachezia georgiana è perché fu instradato alla pratica e allo studio dal padre Roberto, sommelier anche egli. È lui che lo iscrisse al suo primo corso di sommelier a 14 anni. Con il padre, divide il titolo di Miglior sommelier d’Italia: Gardini senior lo conquistò nel 1993, Luca appena 11 anni dopo. Oggi Lavora nel ristorante Cracco di Milano, andando a comporre a tutt’oggi, con il cuoco Carlo e il suo vice Matteo Baronetto, un tridente inarrivato, una sorta di Didi-VavàPelè della ristorazione contemporanea italiana. Consapevole delle sue capacità, a Santo Domingo, dove si è tenuto il concorso, è riuscito a riconoscere ‘alla cieca’ vini provenienti da tutto il mondo, dai californiani ai cileni, agli argentini. My Lifestyle lo ha contattato, chiedendogli del suo talento, della sua formazione, e dei suoi gusti. Ecco le sue parole...

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wine

2


La sua intraprendenza, la sua incredibile memoria olfattiva e la sua passione le hanno permesso di stravincere premi in tutto il mondo. Come un perito agrario per formazione diventa campione mondiale dei sommelier? Da dove nasce tutto questo? «Premettendo che tutto questo nasce da dentro il cuore, intraprendenza, memoria olfattiva e passione sono i 3 ingredienti fondamentali per diventare campioni del mondo, il tutto però sostenuto da una buona dose di studio e sacrifici». Da Pinchiorri a Cracco: cosa ci racconta di questi due “momenti” della sua maturità professionale? «Il primo un Maestro, il secondo un fratello maggiore…». Poi, dopo una lunga gavetta, è arrivato l’ambitissimo premio. Come ci si avvicina e come si verifica, in termini di preparazione e di formazione, un evento così importante? «È stato un percorso partito da lontano, durato circa dieci anni, iniziato da una degustazione casuale durante un pasto in famiglia capii che il vino se degustato e capito emoziona. Ed essendo un passionale, uno che vive di emozioni, decisi di iniziare la mia gavetta, tanto studio e molte degustazioni, sacrifici che mi hanno portato in questi

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wine

anni ad affrontare tutte le più importanti competizioni tra sommelier a livello nazionale e non solo». Come risponde a chi sostiene che l’ufficio del sommelier e l’analisi tecnica e fredda del bicchiere sono tesi più all’ottimizzazione dell’analisi stessa che non alla valorizzazione del vino? Che relazione c’è tra l’analisi e il godimento? «La valorizzazione del vino passa attraverso l’analisi, il sommelier per valorizzare un vino deve prima analizzarlo per poterlo capire e poterne apprezzare al meglio l’eventuale godimento. Se un vino non fa godere non vale la pena di essere bevuto...». Quali dovrebbero essere, secondo lei, le caratteristiche per un ottimo vino? «Le due caratteristiche che più mi emozionano in un vino sono: l’ identità ed il territorio, perché sono i due menestrelli della storia del vino, sono i due elementi che principalmente raccontano il luogo d’origine del nettare di bacco». I vini di alta fascia. Miti da sfatare e regole da confermare… «I vini di alta fascia non per forza emozionano...». Potrebbe stilarci una sua personalissima top ten?

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Fondatore,

l’abbinamento migliore per i tutti i cibi sono vini… e

Cantine Ferrari; Franciacorta Cabochon, Monterossa;

l’abbinamento migliore non esiste, esiste l’abbinamento

Verdicchio

dei

ideale!!! Pensa mi è capitato di abbinare anche vini a

Antonucci,

Santa

«Volentieri:

Giulio

Ferrari Castelli

Riserva di

Jesi

Barbara;

del

riserva

Marcello

Stefano

Gran

Cru

gioielli o vestiti!!!».

Lambrusco, Ariola; Carjcanti, Gulfi; Soilitario di Leuta,

Lo scenario italiano. Quali sono le prospettive del vino

Leuta; Castello di Vicarello, Vicarello; Barbaresco

italiano?

Canova, Ressia; Grotte Rosse, Salustri; Passito di

«Nel vino si sta vivendo una stagione di ritorno al

Pantelleria, Abraxas».

passato, si torna al cosiddetto “Vino Naturale”,

Molti

la

considerano

l’inventore

del

metodo

di

riscoprendo le tradizioni e le radici dei vini nei

abbinamento cibo-vino. È la verità?

territori

«No, l’abbinamento cibo-vino esiste da un po’, a

secondo me vincente per il rilancio dell’ immagine del

codificarlo

vino italiano».

fu

Mercadini

che

stilando

l’omonimo

a

discapito

dei

vini

“costruiti”,

mossa

Cosa ci dobbiamo aspettare, invece, da Luca Gardini?

partendo da quello studio ho ampliato rompendo gli

Cosa c’è nel suo futuro di uomo e di sommelier?

schemi all’abbinamento cibo-bevande, non per forza

«Lo scopriremo solo vivendo...».

© Ferrari F.lli Lunelli S.p.A.

metodo, è stato il primo a studiarlo a fondo, io

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MARCO TOBIA PERFORMANCE COACH

Trasformiamo i contenuti in comportamenti quotidiani


Top Selection

team building e leadership

è il tema del workshop “fly to the moon”, organizzato da formula consulting e accreditato presso l’università. in aula, il performance coach marco tobia e l’astronauta maurizio cheli. Fly to the moon: è il titolo della splendida canzone di Frank Sinatra ed anche dell’importante workshop di Team Building e Leadership che si terrà nella città di Lecce. Organizzato da Formula Consulting (la società di Formazione fondata da Marco Tobia, Performance Coach che opera da decenni nel campo dello sviluppo delle competenze di individui ed organizzazioni), questo workshop intensivo di due giorni è accreditato presso L’Università de la Bretagne Occidentale, e si avvale della direzione scientifica per l’Italia del prof. Vito D’Armento (Universita del Salento) e del Prof. Leonardo Bianchi (Universita Popolare Geoges LAPASSADE ). My Lifestyle ha intervistato i due docenti del Workshop: Marco Tobia e Maurizio Cheli, primo astronauta italiano con il ruolo di Mission Specialist durante la missione STS-75, “docente, e non testimonial”, come sottolinea lo stesso Marco Tobia. MARCO TOBIA: Formatosi con John Grinder, Marco Tobia ha realizzato interventi formativi e consulenze per aziende ed organizzazioni italiane ed estere, per sportivi, scienziati, piloti di jet, responsabili risorse umane, imprenditori, singoli individui. La sua grande capacità di comunicare è frutto di una ricca esperienza nel campo teatrale, sia come attore che come autore. Nei suoi seminari, seguiti da oltre 10.000 persone nel 2010, i partecipanti vivono momenti di particolare intensità emotiva. I suoi discenti hanno scoperto la formazione come strumento per aumentare la redditività della propria vita, il raggiungimento di obiettivi per la soddisfazione di bisogni personali, il miglioramento del clima interno alle organizzazioni attraverso diagnosi ed interventi diretti nell’ambiente aziendale. Dott. Tobia, nel 2007 ha fondato Formula Consulting, società che condensa tutte le sue esperienze e le sue ricerche nel campo della formazione. Ci racconta brevemente com’è nata questa avventura e quali sono le principali attività di uno dei trainer più importanti del nostro paese? «Mi piace ascoltare: questo può sembrare in antitesi con uno che per lavoro parla sette ore al giorno, ma è così, tutto nasce dalla curiosità. Mi piace anche la Psicologia ed ho avuto la fortuna di preparami con il Padre della P.N.L. (Programmazione Neuro Linguistica, n.d.r.) John Grinder. La missione di un trainer è quella di fare innamorare il discente della materia, quando uno studente è innamorato apprende, quando una persona prova passione arriva a volare nello spazio come Maurizio Cheli; l’anima della mia società è quindi la curiosità. La mia principale attività è la ricerca, avere storie da raccontare, archetipi da offrire e cercare di farlo in modo originale e possibilmente accompagnato da persone che l’eccellenza la incarnano: pensi al valore di vivere un’esperienza che tratta di temi quali la Leadership ed il Team Building raccontata da un Docente che è stato nello

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formazione

spazio come astronauta… e badi bene ho detto Docente, non testimonial!». In che cosa consiste, nella pratica didattica, lo slogan “Ti ascoltiamo” lanciato sulla vostra pagina web? «Il tema dell’ascolto, come prima le dicevo, è alla base di Formula Consulting: pensi che il nostro direttore Marketing è riuscito in soli due anni a fare letteralmente decollare la nostra azienda concentrandosi esclusivamente sul tema dell’ascolto, a partire dal territorio Salentino ascoltando le sue Imprese ed i suoi professionisti ed oggi continuando ad ascoltare questo tipo di realtà imprenditoriali. In questo senso, progettiamo percorsi formativi “sartoriali” che rispondono alle esigenze formative delle realtà Pugliesi». maurizio cheli: L’incontro con l’astronauta Maurizio Cheli nasce in occasione della stesura del libro di Marco Tobia “Il Filo Rosso”, una serie di interviste per capire quali siano gli elementi imprescindibili dell’eccellenza del comportamento umano. Tra gli intervistati appunto Maurizio Cheli, Astronauta Italiano che di eccellenza indubbiamente se ne intende. Dott. Cheli, la sua esperienza di astronauta come modello di condotta. Con quale approccio ha costruito la sua carriera professionale e quanto c’è di questo nella progettazione del corso di Team Building e nella collaborazione con Marco Tobia e Formula Consulting Group? «Io ho cercato di costruire la mia carriera professionale basandomi sull’eccellenza, che è un po’ il filo conduttore del libro di Marco (“Il filo rosso. Alla ricerca dell’eccellenza”, con interviste a Margherita Hack, Oscar Pistorius, John

Il Performance Coach Marco Tobia e l’Astronauta Maurizio Cheli

Grinder, Marcello Semeraro, Massimo Tammaro, Phil & Norma Barretta, Maurizio Cheli, ndr) ed il motivo che ci ha fatto collaborare. L’argomento dell’eccellenza da me vissuto è assolutamente applicabile al nostro mondo del lavoro. Ho potuto vivere un esperienza unica dal punto di vista personale che è quella di poter volare nello spazio e di poter lavorare per più di quattro anni in un organizzazione come la NASA che è indubbiamente un organizzazione “Task oriented” perché, come si può ben capire, riuscire a far decollare una missione spaziale con tutti i problemi tecnici e di gestione operativa è una cosa molto complessa e l’ idea è appunto quella di trasportare esperienze che ho vissuto in prima persona in modelli adattabili e comprensibili per persone che lavorano in organizzazioni meno articolate ma con complessità simili». Come è possibile trasformare un insegnamento d’eccellenza in un comportamento quotidiano? «Questo direi che è l’obiettivo del nostro corso ed è quello che ci siamo proposti, io e Marco, come “Target” e mi auguro sia anche il motivo per cui la gente vi parteciperà. Posso dire che alcune volte gli esempi che vengono da organizzazioni che a volte tendiamo a mitizzare sono invece molto pratici e quindi molto applicabili anche nella quotidianità di ogni persona che lavora in una azienda: in tal senso diciamo che non esistono organizzazioni perfette ma ognuna ha e vive le sue complessità. La vera sfida sta nel costante miglioramento delle persone che vi lavorano all’ interno». (www.marcotobia.it - Per informazioni o iscrizioni inviare una e-mail a: top-shop@mylifestyle.it)

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Top Selection

una banca tecnologica Secondo recenti stime il fatto di potere essere sempre connessi ad internet ci porterà entro il 2013 ad aggiungere mediamente altre 12 ore all’attuale giorno rete che vale già 36 ore. Il multitasking digitale attivo (l’ascolto di musica on line mentre si lavora on line, o la navigazione su internet mentre si parla al cellulare) aggiungerà infatti 6 ore rete ad ogni giornata. Il networking passivo (la registrazione di un Dvd mentre si sta guardando un altro programma in rete o il backup on line mentre si stanno effettuando altre attività on line) ne aggiungerà poi altre 6. Con l’affermazione delle nuove tecnologie anche i comportamenti dei clienti delle banche si modificano radicalmente. Si pensi, ad esempio, che sono già attivi oltre 12 milioni di conti correnti on line, che essi sono aumentati del 20% all’anno negli ultimi tre anni e che quasi il 40% di essi fa capo ad utenti privati.

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economia

La diffusione delle nuove tecnologie in crescenti strati della popolazione determina epocali cambiamenti socio-economici. Nonostante internet rimanga il canale preferito dai clienti delle banche italiane, anche l’uso della banca telefonica, via convenzionale e via cellulare, segna trend di sviluppo decisamente crescenti. I conti di utenti privati già abilitati ad operare in phone banking hanno infatti raggiunto i 10 milioni. I conti attivi sul mobile hanno poi superato il milione e vengono utilizzati soprattutto per informazioni, per ricevere conferma delle operazioni effettuate, per disporre di ricariche telefoniche o per effettuare bonifici. La vita di relazione del cliente con la banca si è sviluppata anche attraverso i call center; essi svolgono azioni di confronto globale con gli utenti, assicurando loro assistenza tecnica, promozione commerciale e customer care. In questo quadro si è modificato anche il profilo degli utenti dell’internet banking. Nell’ultimo triennio le donne sono aumentate del 20% tra gli utilizzatori della banca virtuale, raggiungendo il 32% del totale. Fra gli uomini i giovani rappresentano il 47% circa del loro totale. Ciò che sorprende di più tuttavia è che nello stesso periodo i clienti tra i 55 e i 64 anni sono aumentati del

Il Prof. Adalberto ALBERICI

20% mentre quelli tra i 65 e i 74 anni sono addirittura raddoppiati passando al 4% del totale.

internet, posto che lo sia mai stato, non è più un canale

Di conseguenza la sfida strategica per le banche fa

ma è un nuovo modo di fare banca. Esse quindi sanno

leva sugli investimenti in innovazione tecnologica, con

di dovere accelerare il passaggio dalla multicanalità,

riferimento a tutte le dimensioni organizzative (prodotti,

vale a dire la molteplicità di strumenti per raggiungere e

processi, canali). Soprattutto in momenti di instabilità

servire diverse tipologie di clienti, all’intercanalità, vale a

e profonda trasformazione per l’intero settore, essi

dire la multicanalità integrata.

assumono un ruolo primario nelle scelte organizzative

Esse devono quindi definire un nuovo modello di

e nelle strategie di business anche allo scopo di

business della Banca sul web che deriva da una visione

generare fattori differenzianti rispetto ai competitors.

di business che non poggia solo sulla tecnologia, ma

La velocità di cambiamento delle singole banche è

sulla concezione e conseguente organizzazione del

condizionata tuttavia dalle aspettative/attitudini della

business che essa determina. Con la multicanalità

loro clientela. Nonostante le trasformazioni epocali in

integrata, infatti, la banca non realizza solo l’utilizzo di

atto nei comportamenti dei clienti molti di essi non

una molteplicità di canali ma alimenta l’interazione tra i

sono ancora in grado di operare sui canali virtuali.

canali stessi.

In ogni caso tutte le banche hanno compreso che

Il tratto caratteristico del nuovo modello è che il cliente

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Top Selection

diventa “multicanale” nei confronti di una banca.

CREDITS:

Questa poi, pur facendo leva sulle nuove tecnologie e

L’articolo è a cura del Prof. Adalberto ALBERICI:

sui nuovi canali, non rinuncia all’attività di sportello, al

▪ Ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari,

contatto con i suoi clienti attuali, che ricorrono sia ai canali tradizionali che ai nuovi strumenti di remote banking, e con quelli potenziali che utilizzano inizialmente solo questi ultimi. In questo contesto assume un ruolo fondamentale l’education della clientela per diffondere la conoscenza

Università degli Studi di Milano; ▪ Docente senior dell’Area “Intermediazione Finanziaria, Banche e Assicurazioni” della SDA Bocconi; ▪ Consigliere d’Amministrazione della Banca Popolare Pugliese.

e l’utilizzo di diversi canali per operazioni convenzionali e canalizzare correttamente i flussi di sportello. Diversamente il rischio per la banca non è solo quello di creare strappi fra comportamenti/attese con la propria clientela o di dovere gestire sportelli vuoti ma di averli pieni di clienti “sbagliati”, ossia di clienti la cui operatività dovrebbe essere gestita su altri canali.

Una delle campagne di comunicazione di Banca Popolare Pugliese

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Si ringrazia per la collaborazione:


economia


Si ringrazia l’Azienda Autonoma Cura Soggiorno e Turismo Isola di Capri - www.capritourism.com


capri, “l’isola di pietra” «L’ isola di pietra e di muschio risuonò nel segreto delle sue grotte come nella tua bocca il canto e il fiore che nasceva tra gli interstizi della pietra con la sua sillaba segreta disse mentre passavi il tuo nome di pianta bruciante». (P Neruda)


Nei versi dell’epitalamio di Pablo Neruda l’essenza di Capri, piccola isola del Mediterrano, adagiata al centro del Golfo di Napoli ed estremo lembo del promontorio che dalla Penisola Sorrentina si affaccia sul Tirreno. L’origine calcarea e le temperature miti anche in inverno restituiscono all’isola una vegetazione lussureggiante, tipicamente mediterranea nei profumi e nei colori che hanno ispirato i versi e i romanzi dei poeti e degli scrittori che qui hanno trovato rifugio. I cileni Pablo Neruda e Isabel Allende, il francese Jean Paul Sartre, i russi Maksim Gorkj e l’esule Lenin, il tedesco Rainer Maria Rilke, e gli inglesi Oscar Wilde, Graham Greene, Joseph Conrad, David Herbert Lawrence, sono solo alcuni degli intellettuali che hanno contribuito alla creazione di quella variegata e cosmopolita colonia internazionale che ha reso il nome di Capri famoso in ogni parte del mondo. Passeggiando per i lunghi sentieri che disegnano il profilo dell’isola, non

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travel

è raro imbattersi in una colonia di gabbiani diomedei che stazionano sulla scogliera o in una delle lucertole azzurre dei Faraglioni che si nascondono all’ombra delle grotte costiere. Gli amanti delle immersioni subacquee non resteranno delusi dai preziosi fondali ricchi dei pesci più variopinti del Mare Nostrum. I riflessi trasparenti che esaltano e rendono famosa la Grotta Azzurra - già nota ai tempi dei romani, che la utilizzavano come ninfeo - sono tuttora evidenti ed illuminano le molteplici grotte disseminate lungo la costa dell’isola e nelle vicinanze dei Faraglioni, che sono assunti ad emblema dell’isola. Quando e come nacque il mito di Capri è difficile stabilirlo. Per coloro che in passato vi vissero o la visitarono, l’isola ha sempre rappresentato un posto mistico, il luogo dove Natura e Bellezza si incontrano, dove il Mito e la Storia, ancora oggi, parlano.



travel

Non è facile trovare al mondo un’altra isola della grandezza di Capri che abbia assistito a tanti eventi drammatici e dato ospitalità a tanti personaggi straordinari. Il patrimonio storico sparso sul territorio dell’isola è costituito principalmente dalle rovine romane di Villa Jovis e Villa Damecuta, le due residenze dell’imperatore Tiberio, che scelse l’isola quale sua dimora dal 27 al 37 d.C. e dalla Certosa di San Giacomo, convento eretto dai Certosini nel Trecento quale luogo di preghiera, di studio e di lavoro. Attualmente le rovine di Villa Damecuta, che è possibile visitare insieme alle altre residenze imperiali comprese nell’itinerario dedicato alle dimore di Tiberio, sono immersi in una graziosa pineta adiacente ad un eliporto militare e ad un campo di calcio. Dal belvedere della Torre di Damecuta si intravede il lido di Gradola, la spiaggia rocciosa che si trova a poca distanza dalla Grotta Azzurra.

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travel

Nonostante l’importante patrimonio archeologico, Capri è soprattutto un luogo dove si possono fare

delle

splendide

e

lunghe

passeggiate,

immersi nel silenzio, per i sentieri che affiancano campi coltivati a vigna e giardini dove la flora spontanea e mediterranea è rigogliosa in ogni stagione dell’anno. Una delle passeggiate più affascinanti dell’Isola è quella del Pizzolungo, che si snoda tra una ricca vegetazione mediterranea, ville solitarie e numerose deviazioni che conducono a piccoli belvedere, ognuno con un punto di vista diverso sull’Isola di Capri e sul mare. Lungo il sentiero, in pochi chilometri di costa, si possono ammirare diverse sfumature del paesaggio isolano con i Faraglioni e la Penisola Sorrentina visti da una prospettiva meno nota. La villa più famosa che si incontra lungo il percorso che va dal centro alla periferia della città è sicuramente quella dello scrittore Curzio Malaparte, un capolavoro di architettura moderna

progettata

da

Adalberto

Libera

che si integra perfettamente con il costone di Capo Masullo. Ma Capri è soprattutto meta del lusso e della moda. Numerose sono ancora le sartorie artigianali che, dagli anni Cinquanta, hanno vestito i più celebri personaggi del mondo della cultura, come lo scrittore Steinbeck, dello spettacolo e del jet set, Jacqueline Kennedy, Grace Kelly e Clark Gable, per fare qualche esempio. A queste botteghe si affiancano quasi tutti i più importanti atelier dell’alta moda internazionale, che

soddisfano

non

solo

i

numerosissimi

ospiti che a Capri soggiornano, ma anche i visitatori giornalieri che dal mese di marzo al mese di novembre prediligono l’isola come meta turistica. La cultura dell’accoglienza e dell’ospitalità per i capresi è secolare, e l’offerta turistica è variegata e riesce a soddisfare un’ampia gamma di ospiti alla ricerca del silenzio, della genuinità e della buona cucina. Pochi luoghi offrono una geografia delle emozioni così variopinta. Capri è il posto dove mito e natura si incontrano in un’alchimia che ne rende unica la scoperta.

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ferrari ff

Acronimo di Ferrari Four (4 posti/4 ruote motrici), rompe decisamente con il passato, tanto da essere una vera e propria rivoluzione e non una semplice evoluzione.


top car

Ferrari presenta la rivoluzionaria FF. Le innovazioni riguardano ogni singolo aspetto della vettura a iniziare dal motore, primo V12 a iniezione diretta, con cambio F1 doppia frizione a sette marce, e dalla trazione, la FF è la prima Ferrari a quattro ruote motrici. La potenza erogata è di 660 cv a 8000 giri/min con una coppia massima di 683 Nm a 6000 giri/min di cui 500 Nm già disponibili a 1000 giri. Prestazioni eccezionali anche su terreni con aderenza molto bassa grazie al sistema 4RM (4 ruote motrici) brevettato da Ferrari. La coppia viene fornita sempre alle ruote posteriori e, grazie al PTU (Power Transfer Unit), parte di essa viene trasferita all’asse anteriore, nella quantità e limitatamente al tempo necessari ad affrontare superfici a basso grip. La FF gestisce la coppia istante per istante e in percentuale variabile su ogni singola ruota grazie all’integrazione in un’unica centralina di tutti i controlli di dinamica del veicolo (differenziale elettronico E-Diff, controllo di trazione F1-Trac e PTU). Disegnata da Pininfarina, la FF propone già nelle linee l’equilibrio senza compromessi tra sportività e fruibilità. Può ospitare comodamente quattro persone grazie alle sedute avvolgenti ed agli ampi spazi interni, con un vano bagagli di 450 litri ampliabile a 800 grazie ai sedili posteriori ribaltabili indipendentemente. La FF supera così per capienza non solo tutte le vetture della categoria ma anche molte berline a 4 porte.



top car


PRESTAZIONI: VelocitĂ massima: 0-100 km/h: 0-200 km/h: 100-0 km/h: Consumo medio: Emissioni CO2:

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335 km/h 3,7 sec 11 sec 35 m 15,4 l/100 km 360 gr/km


top car

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il coupé ha nuovi confini

Nuova BMW Serie 6 Coupé, bellissima sportiva per gli amanti del lusso e delle tecnologie innovative. Il salto generazionale che ha compiuto la BMW Serie 6 Coupè con l’arrivo del nuovo modello è di quelli che impressionano. La grande Coupé tedesca non fa nulla per nascondere la significativa distanza che la separa dall’antenata disegnata da Chris Bangle, e rappresenta l’ultimo capitolo di una storia che risale ad oltre 70 anni fa. Grazie ad un’estetica affascinante, a prestazioni di guida superiori, all’esclusività degli interni ed agli equipaggiamenti lussuosi, la BMW Serie 6 Coupé si presenta come una vera automobile da sogno. In questa terza generazione, il dinamismo di un’automobile sportiva da 2+2 posti si combina con un eccellente comfort di guida ed una maggiore abitabilità. Inoltre è l’unica vettura nel proprio segmento a disporre di un bagagliaio dal volume di 460 litri. L’esperienza di guida è anche il risultato degli innovativi sistemi di assistenza del guidatore e dell’offerta d’infotainment. Al lancio saranno disponibili due motorizzazioni: BMW 650i Coupé con motore a benzina a otto cilindri da 407 CV e BMW 640i Coupé con motore a benzina sei cilindri in linea da 320 CV. Entrambe le versioni possono essere richieste con le sospensioni a smorzamento elettronico e l’Integral Active Steering, che combina l’Active Steering delle ruote anteriori (impiegato già dal modello precedente) con un asse posteriore sterzante.

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automobili

Il Design: La nuova BMW Serie 6 Coupé si posiziona nel segmento premium, come 2+2 posti particolarmente sportiva ed esclusiva. L’aumento di lunghezza e larghezza rispetto al modello precedente, abbinato alla riduzione dell’altezza di 5 mm, si traduce in un look marcatamente basso e muscoloso. L’ultima interpretazione degli stilemi di design dei Coupé BMW, combina l’andamento delle linee e delle superfici ispirandosi alle onde che si formano nell’acqua quando scorre intorno ad un corpo fermo. L’espressiva sezione frontale è dominata dal grande doppio rene leggermente inclinato in avanti, che dona un’immagine sportiva e accentua, contemporaneamente, il carattere Shark-Nose. Le linee che descrivono la sagoma del cofano motore convergono all’altezza del doppio rene e della grossa presa d’aria, formando un disegno a “V” che trova il proprio seguito nella sagoma dei gruppi ottici, così da creare uno sguardo concentrato sulla strada. Gli elementi cromati e le unità LED delle luci fendinebbia (opzionali) attirano l’attenzione verso i passaruota fortemente bombati. La vista di profilo è dominata da superfici bombate e da singole linee che, in combinazione con le proporzioni tipiche di una Coupé, conferiscono una silhouette particolarmente elegante e slanciata. La tipica nervatura inizia dietro il passaruota anteriore, integra lo sportivo elemento a branchia e si evolve dinamicamente lungo l’intera fiancata, fino alla coda. Anche la linea del tetto si sviluppa verso la coda, formando un’elegante onda bassa particolarmente sottile, così da creare il contrasto tra il muscoloso corpo vettura e l’immagine leggera dell’abitacolo. Le portiere con cristalli senza cornice sottolineano ulteriormente questa impressione. Nella vista posteriore, i passaruota bombati accentuano la carreggiata larga, anticipando così la stabile tenuta di strada. La conclusione del cofano del bagagliaio, leggermente bombata verso l’interno, genera dei giochi di luce/ombra che conferiscono alla coda un’immagine di leggerezza. I bordi del cofano del bagagliaio e la conca porta targa formano insieme una “V” che attira lo sguardo verso la carreggiata, analogamente al design del modulo frontale. Le luci posteriori bipartite nella tipica forma a “L” del marchio, sono in una variante particolarmente larga che copre anche una buona parte del cofano del bagagliaio. All’interno dei proiettori due strisce luminose alimentate da unità LED generano il caratteristico design notturno BMW. Anche gli indicatori di direzione e la luce dei freni vengono generati con delle unità LED. La nuova BMW Serie 6 Coupé è disponibile in otto vernici metallizzate e due tinte pastello. A seconda della variante selezionata vengono accentuati sia l’indole sportiva che il carattere elegante e moderno della Coupé.

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gli INTERNI: Il design degli interni è caratterizzato dal tipico orientamento verso il guidatore delle BMW. La sezione centrale della plancia è leggermente inclinata verso il conducente, così come il selettore di marcia sistemato in una superficie abbassata rispetto alla zona del passeggero anteriore. Grazie alla modanatura prolungata fino alla consolle centrale da un’elegante onda leggermente ritorta, anche la zona del passeggero viene abbellita da un design altamente esclusivo. La configurazione con sedili separati e l’aumento dello spazio per le spalle e i gomiti rispetto al modello precedente, offrono anche nei posti della zona posteriore un piacevole comfort di viaggio. In più, nonostante l’altezza ridotta della vettura, in tutti i posti è stato possibile incrementare lo spazio per la testa. Il volume del bagagliaio è di 460 litri. La strumentazione Black-Panel combina la moderna tecnica di display con la classica strumentazione circolare delle automobili sportive. Uno schermo ad alta definizione montato sotto i quattro strumenti circolari visualizza il chilometraggio, consumo di carburante, le misure di Efficient Dynamics, così come il feedback dei sistemi di assistenza del guidatore e i messaggi di diagnosi. Il sistema di comando di serie iDrive comprende anche un nuovo schermo di bordo nell’esclusivo design a “isola”, così da offrire il look dinamico di un cockpit di motoscafo. Il Control Display di serie ha un diametro di 7 pollici. In combinazione con il sistema di navigazione Professional, disponibile come optional, la nuova BMW Serie 6 Coupé viene consegnata con un Control Display centrale da 10,2 pollici, attualmente il più grande schermo di bordo offerto nel segmento di appartenenza. L’equipaggiamento di serie nella nuova BMW Serie 6 Coupé comprende un climatizzatore automatico a 2 zone, il volante multifunzione, la regolazione del piantone dello sterzo ad azionamento elettrico, specchietti retrovisori esterni a regolazione elettrica, regolazione della velocità con funzione frenante, sensore pioggia con controllo integrato della luce anabbagliante ed un sistema audio HiFi con nove altoparlanti. Il massimo livello di piacere d’ascolto musicale lo garantisce il sistema Bang & Olufsen (opzionale) con 16 altoparlanti, sviluppato appositamente per la nuova BMW Serie 6 Coupé, che è caratterizzato anche esteticamente da una serie di esclusivi dettagli di design. Altri highlight della gamma degli optional sono l’Adaptive Light Control, il riscaldamento del volante, il Comfort Access e il tetto alzabile panoramico ad azionamento elettrico, il cui coperchio vetrato si estende quasi lungo l’intera larghezza della vettura. L’allestimento di serie è in pelle Dakota, disponibile in tre colori.

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LA TECNICA: La caratteristica esperienza di guida vissuta nella nuova BMW Serie 6 Coupé viene dominata dalla maneggevolezza sportiva della vettura. Contemporaneamente, la moderna tecnica di assetto consente di raggiungere un elevato livello di comfort. A richiesta sono disponibili il Dynamic Damper Control e il sistema Adaptive Drive che comprende anche la stabilizzazione attiva antirollío. Gli ammortizzatori a regolazione elettronica seguono adattivamente sia le caratteristiche del fondo stradale che lo stile di guida del conducente. La regolazione della fase di estensione e di compressione avviene in modo indipendente, così da combinare una taratura rigida delle sospensioni con delle reazioni confortevoli in presenza di irregolarità del fondo stradale. Nelle curve percorse ad alta velocità e in caso di cambio improvviso della direzione, la stabilizzazione antirollio riduce inoltre il coricamento laterale della vettura. Il servosterzo elettromeccanico ha la funzione Servotronic che provvede a una servoassistenza funzionante in dipendenza della velocità. Inoltre, la nuova BMW Serie 6 Coupé può essere equipaggiata a richiesta con l’Integral Active Steering, che combina l’Active Steering delle ruote anteriori con un asse posteriore sterzante, per un’agilità straordinaria. Fino a 60 km/h, le ruote posteriori vengono girate in senso contrario rispetto alle ruote anteriori, così da ridurre l’angolo di sterzata e lo sforzo al volante. A velocità superiori, le ruote posteriori ed anteriori girano nella stessa direzione, la vettura segue così con maggiore spontaneità e precisione la rotta impostata dal conducente. Il Driving Dynamic Control offre la possibilità di variare il livello di sportività e il comfort in base alla situazione momentanea. Attraverso un tasto il guidatore può selezionare la taratura nelle modalità “NORMAL”, “SPORT” e “SPORT+”. Nella 640i è possibile attivare anche il Modo “ECO PRO” mentre, in combinazione con il Dynamic Damper Control o Adaptive Drive è disponibile anche la modalità “COMFORT”. La selezione di sistemi di assistenza del guidatore e di servizi di mobilità disponibili per la nuova BMW Serie 6 Coupé è ancora più varia di quella del modello precedente. Gli optional comprendono i sistemi di avvisatore di cambio accidentale di corsia di marcia, il segnalatore di sorpasso pericoloso, il Night Vision con riconoscimento delle persone, la telecamera di retromarcia e il Park Assistant. Oltre all’utilizzo di internet, BMW ConnectedDrive permette anche di visualizzare sul Control Display le e-mail ricevute con lo smartphone e l’utilizzo di servizi basati su internet per la navigazione e l’entertainment. Unico nel segmento, l’Head-Up-Display, disponibile come optional, proietta le informazioni più importanti per il guidatore nel suo campo visivo diretto.

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I MOTORI: Al momento di esordio, la nuova BMW Serie 6 Coupé sarà disponibile con un propulsore V8 o un motore sei cilindri in linea; entrambi i propulsori sono equipaggiati con la tecnologia BMW TwinPower Turbo con iniezione diretta di benzina High Precision Injection. Questa tecnologia assicura un’erogazione lineare della potenza, un’elasticità impressionante, una silenziosità di esercizio eccellente e un’efficienza esemplare per la rispettiva classe di potenza. Il propulsore a otto cilindri montato sulla 650i eroga da una cilindrata di 4,4 litri una potenza massima di 407 CV (300 kW), raggiungibile tra i 5.500 e i 6.400 g/min. Questo straordinario motore con il turbocompressore montato nello spazio a V tra le due bancate di cilindri colpisce per una spinta disponibile molto presto e di lunga durata. La coppia massima di 600 Nm è richiamabile tra i 1.750 e i 4.500 g/min. Le caratteristiche prestazionali sportive del motore V8 consentono di accelerare da 0 a 100 km/h in soli 4,9 secondi. La velocità massima viene limitata dall’elettronica del motore a 250 km/h. La straordinaria efficienza si manifesta anche in un consumo medio di carburante di 10,4 litri per 100 chilometri e in un valore di CO 2 di 243 gr/km. La 640i viene alimentata da un motore sei cilindri in linea, iniezione diretta di benzina e comando valvole variabile Valvetronic. Questa combinazione ottimizza sia la rapidità di risposta che l’efficienza del propulsore da 3,0 litri che raggiunge la propria potenza di picco di 320 CV (235 kW) a un regime di 5.800 g/min con una coppia massima di 450 Nm tra i 1.300 e i 4.500 g/min. La BMW 640i Coupé accelera da 0 a 100 km/h in 5,4 secondi, la velocità massima viene limitata elettronicamente a 250 km/h. Il consumo medio di carburante è di 7,7 litri per 100 chilometri, il valore di CO 2 è di 179 gr/km. Sia nella 650i che nella 640i la trasmissione di potenza alle ruote posteriori avviene di serie attraverso un cambio automatico sportivo a otto rapporti. Per una selezione manuale delle marce il guidatore può utilizzare i paddles al volante. Inoltre, anche nella nuova BMW Serie 6 Coupé la tecnologia BMW EfficientDynamics contribuisce alla riduzione del consumo di carburante e delle emissioni. L’equipaggiamento di serie comprende per esempio la Brake Energy Regeneration, il servosterzo elettromeccanico EPS, il controllo dei gruppi secondari in base al fabbisogno effettivo e pneumatici a resistenza al rotolamento ridotta. BMW Serie 6 Coupé è equipaggiata anche con la regolazione automatica delle prese d’aria e con la funzione Start/Stop che spegne il motore quando la vettura si arresta ad un incrocio o in una coda, al fine di evitare dei consumi inutili di carburante.

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Pirelli PZero 1100

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nautica

Lusso, Design & Tecnologia 99


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nautica

Era il 1955, quando fu varato LAROS il primo “battello

doccia, si trovano un piccolo armadio ed un ampio

pneumatico”, vale a dire il primo gommone PIRELLI.

letto a due piazze.

Una passione per il mare che oggi si arricchisce di atten-

Come in tutta la gamma sono previste raffinate

zione per il design e tecnologia in linea con un’identità

finiture e dettagli: da ampi divani-seduta con cuscini

fortemente radicata nello spirito dell’industrial design.

rossi studiati appositamente per nascondere spaziosi

Ispirato al PIRELLI PZERO 1400, il nuovo modello è la

gavoni, alla comoda dinette con zona minibar dotata

naturale evoluzione del PIRELLI PZERO 1000 Cabin.

di frigo, lavello ed una spaziosa ghiacciaia.

Da quest’ultimo eredita il grande prendisole di poppa

Un mix di design e tecnologia: il gommone PIRELLI

e la vivibilità degli spazi.

PZERO 1100 offre innumerevoli possibilità di perso-

La comoda consolle con Hard Top in carbonio di serie

nalizzazione come la verniciatura dell’hard top, il

disegnata dalla svedese OMD, nasconde l’ingresso

boiler elettrico, il colore della cuscineria in tessuto

di un‘ampia cabina, all’interno della quale, oltre ad

idrorepellente, la tenda parasole smontabile e tavolini

uno spazioso bagno indipendente con lavabo, WC e

amovibili per il pozzetto di poppa.

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DATI TECNICI: lunghezza: 9,99 m; 11,37 m fuori tutto larghezza: 3,54 m esterna; 2,37 m interna DISLOCAMENTO: 3.000 kg PASSEGGERI: 12 tubolari: diametro 64/65 cm con 6 compartimenti d’aria capacità serbatoio carburante: 750 lt capacità serbatoio acqua: 160 lt POTENZA MASSIMA INSTALLABILE: 660 cv PRINCIPALI MOTORIZZAZIONI BENZINA: 2x Mercruiser 5.0 MPI 260 cv Alpha 2x Mercruiser 377 MAG DTS V8 320 cv Bravo 1 PRINCIPALI MOTORIZZAZIONI DIESEL: 2x Cummins QSD 4.2 270cv S DTS Bravo 1 2x Cummins QSD 4.2 320cv S DTS Bravo 1

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EDITORE Giovanni Colella editore@mylifestyle.it DIRETTORE RESPONSABILE Vincenzo Paticchio CAPOREDATTORE Annalisa Nastrini ARTICOLI REDAZIONALI Si ringraziano per la gentile collaborazione: Gianni Bonali Enrico Manaresi Chiara Pierfelici Edoardo Carloni Valeria Casilli Giovanni Valentini Alessandro Busonero Maristella Mangiarotti Anna Bertolini Giacomo Babini Costanzo Ruocco Valentina Piccioni redazione@mylifestyle.it IMPAGINAZIONE E GRAFICA Plus - Comunicazione & Eventi FOTOLITO, ALLESTIMENTO E STAMPA Martano Editrice PUBBLICITÀ PLUS - Comunicazione & Eventi Tel. 329.7888992 Tel/Fax 0832.230434 magazine@mylifestyle.it EpiQure Tel. 320.3708285 Tel/Fax: 0832.241651 info@epiqure.it

MY LIFESTYLE N. 9 Spring 2011 Credits immagine di copertina: © Photografika Studio - Lecce www.photografika.it Autorizzazione del Tribunale di Lecce: n. 1003 del 24/10/2008 È vietata la riproduzione parziale o totale di articoli e immagini senza la preventiva autorizzazione scritta da parte dell’editore

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