LUXURY MAGAZINE Periodico Trimestrale N° 6 - Summer 2010 EURO 6,50
L I F E S T Y L E
Speciale Nautica:
I GRANDI VELIERI
PAOLO FRESU
“Faccio quello che mi passa per la testa”
BURLESQUE
Seduzione e Grande Ironia
Nuova INFINITI M
Il Lusso Made in Japan
LONDON NEWS
I 1000 Volti della Grande Capitale
ASTE DI PRESTIGIO
Record e Successi con Sotheby’s
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sommario JAZZ
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PAOLO FRESU viaggio nel mondo del jazz. la sua forza? “faccio quello che mi passa per la testa”
SHOW
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CURVE, SORRISI E PIUME DI STRUZZO burlesque: glamour, grande ironia e seduzione. intervista ad attilio reinhardt
ALTA CUCINA
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FINGER FOOD un solo boccone per toccare il cielo con le dita
LUXURY
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IL LUSSO ALL’ASTA record e successi per le aste di prestigio. l’intervista a wanda rotelli di sotheby’s
EVENTI top selection
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MILO MANARA: PURO STILE ospite d’eccezione dell’esposizione allestita da candido 1859
INTERIOR DESIGN top selection
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KUBICO architettura degli interni
ABITARE top selection
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BRAMATO passione per il legno
AUTOMOBILI
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IL LUSSO “MADE IN JAPAN” infiniti m: la berlina del brand di prestigio di nissan lancia la sfida ai costruttori europei
MOTO
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DUCATI MULTISTRADA 1200 4 moto in una, per muoversi senza limiti
LUXURY
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ARMANI HOTEL DUBAI una nuova filosofia nell’ospitalità di lusso
CAPITALI EUROPEE
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LONDON NEWS le mete tradizionali ed i 1000 nuovi volti della grande capitale del regno unito
VINI PREGIATI
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SASSICAIA il vino con la memoria delle pietre
ALTA FEDELTÀ
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BRIONVEGA contemporaneamente, moderno & retro
PHOTOGRAPHER
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PROFONDITÀ SVELATE
VELA
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SY PANTHALASSA 56M
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6
jazz
P AOLO F RESU Viaggio nel mondo del jazz con Paolo Fresu. La sua forza? “Faccio quello che mi passa per la testa”. Le radici sarde e il cosmopolitismo, i viaggi nel mondo e nella coscienza, gli interessi voraci di vita, di emozioni e soprattutto di jazz, che definisce “la musica della libertà”: in queste poche righe c’è tutta la vita di Paolo Fresu, una delle personalità più importanti, più note ed amate nel panorama jazzistico italiano ed internazionale. Nato il 10 febbraio 1961 a Berchidda, in Sardegna, inizia lo studio della tromba all’età di undici anni nella Banda Musicale “Bernardo de Muro” del suo paese natale. Dopo varie esperienze di musica leggera, scopre il jazz nel 1980 ed inizia l’attività professionale nel 1982, frequentando dapprima i “Seminari Senesi” e registrando quindi per la RAI-RadioTelevisione Italiana sotto la direzione di Bruno Tommaso. Nel 1984 si diploma presso il Conservatorio di Cagliari con il M° Enzo Morandini e frequenta successivamente la facoltà universitaria del “DAMS - sezione musica” presso l’Università di Bologna. Inizia da qui il suo straordinario percorso di trombettista e artista tout court. La sua attività discografica vanta oggi oltre 330 dischi e quella concertistica oltre 2.500 concerti. In questa lunga intervista, Paolo Fresu, tanto peculiare come musicista quanto come narratore di sé, racconta delle sue origini, del suo incontro con la musica, di come il jazz lo abbia portato ovunque, a conoscere musiche e mondi sempre nuovi ed eterogenei. Dalla “geografia” musicale contemporanea alle speranze per il futuro, Paolo Fresu offre una nuova prospettiva ai giovani artisti che stentano a trovare il loro percorso perché troppo distanti dai luoghi privilegiati del mercato musicale. Lineare ma mai banale, equilibrato e pacato, racconta del suo rapporto con la musica, con il mondo del teatro e con quello letterario, “tira le orecchie” alle istituzioni italiane e anticipa, con un tocco di scaramanzia, progetti e speranze per il futuro.
IMMAGINI: © Pietro Mario Luras 2010 (www.flawedimages.com)
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Provieni da un’isola e da una tradizione familiare assolutamente estranei all’ambiente musicale. Quanto è stato difficile imporsi sul panorama nazionale ed internazionale? «Tutto sommato non è stato così difficile. O almeno non lo è stato come per altri colleghi. Ho conosciuto il mondo del jazz agli inizi degli anni ’80 quando in Europa c’era bisogno di nuovi trombettisti e credo di avere avuto anche la fortuna di trovarmi nel luogo giusto nel giusto momento. Certo, a parte questo la caparbietà e la testardaggine tutta sarda hanno fatto il resto ma sono anche convinto che l’essere nati in un’ isola abbia contribuito a non dover necessariamente trovare una originalità che era intrinseca nel mio essere di quel luogo». Cosa è il jazz per Paolo Fresu? «È la musica della libertà. È ciò che dico sempre. Dunque un linguaggio che mi permette di esprimermi a tutto campo sia nelle musiche che nelle arti. Non è poco il poter, attraverso un linguaggio artistico, conoscere il mondo e potervi crescere dentro». Il jazz italiano, fatte le dovute eccezioni, resta piuttosto “provinciale”, relegato ad una dimensione piuttosto marginale rispetto al panorama internazionale. Secondo te, cosa manca al jazz italiano, e soprattutto ai jazzisti italiani, per riuscire ad affermare le proprie note, pur pregevoli, anche all’estero? «Non sono completamente d’accordo. Ritengo che oggi il jazz italiano sia una delle realtà più interessanti del panorama internazionale e non lo diciamo noi. I musicisti che suonano bene sono tantissimi e molti di questi sono giovanissimi. Inoltre il jazz italiano è ricco quanto lo è la storia di questa nazione. Ricco e frammentato come la stessa Italia. Se in politica questo può essere un handicap, in musica e in arte diventa un valore prezioso per la sua varietà che è sinonimo di creatività caleidoscopica e di ricerca, quella sulla quale il nostro paese non investe non solo nel campo
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jazz
dell’arte ma in tutti i campi. Il problema è che i soldi per il jazz sono pochi e che, come per molte altre musiche, non c’è attenzione da parte delle Istituzioni. Mancano ad esempio le commissioni originali per i giovani, i Direttori artistici sono spesso poco coraggiosi nel programmare il nuovo e lo stato sociale del musicista di jazz è assolutamente inesistente. Ho vissuto in Francia per molti anni: non credo che i musicisti italiani abbiano niente da invidiare ai nostri colleghi d’oltralpe ma ciò che hanno costruito loro con il jazz noi purtroppo ce lo sogniamo…». Se tu dovessi definire la tua tecnica ti potresti riferire a qualche trombettista in particolare? «Innanzitutto non è la tecnica ad interessarmi nella musica. Mi piace soffermarmi di più sulla poetica e sulla filosofia del linguaggio. Se dovessi pensare ad un vero maestro direi che questo è Miles Davis. Non solo come trombettista ma anche come architetto musicale. Dopo Miles è facile trovare i link con gli altri: da Chet Baker in poi fino a quando, nella maturità, non si riscopre la grandezza di Luis Armstrong». In che modo ti relazioni con i giovani musicisti? C’è qualcuno, fra loro, che apprezzi particolarmente? «Sono tanti i musicisti italiani che apprezzo e che, purtroppo, non hanno l’attenzione che meritano. È da diversi anni che cerco nel mio piccolo di dare la dovuta attenzione ai nuovi progetti e ai nuovi musicisti. Lo faccio creando rassegne parallele nei festival che dirigo, scrivendo note di copertina per i cd dei musicisti che mi piacciono, attraverso la didattica e ascoltando tutto quello che mi viene mandato e dando consigli a chi me lo chiede. Per questo è nata una mia vera etichetta discografica che si chiama TUK MUSIC (http://tukmusic.paolofresu.it), varata il 02 di giugno con un doppio cd del mio Quintetto storico, ma poi si occuperà principalmente delle produzioni del giovani, sia italiani che stranieri, attraverso una fitta rete di ‘consulenze’ esterne fatte da colleghi di tutta Europa con i quali lavoro da anni e con i quali c’è stima. Il primo cd da me prodotto è uscito il 6 luglio: si intitola “ARGENTO” ed è la nuova opera
di Raffaele Casarano, talentuoso sassofonista salentino che in questa opera si divide tra jazz acustico, elettronica e flamenco». Nel tuo libro “Musica dentro” i momenti più intensi sono quelli sui viaggi: India, Africa, Cina. Parli della potenza della musica come collante per le culture del mondo. Vuoi aggiungere qualcosa a proposito? «Che altro dire se non che è proprio in questo momento storico così complesso e controverso che si sente l’esigenza di sviluppare i linguaggi universali e condivisi? La musica è uno di questi e forse quello più semplice e diretto». Metti il tuo talento al servizio della musica, ma anche del mondo letterario e teatrale italiano. Che cosa rappresentano per te questi altri mondi? Un modo di raccontarti, un ulteriore canale di lavoro, un modo di divulgare il jazz attraverso mezzi supplementari? «Tutte le cose. Da sempre sono stato attratto dai pluri-linguaggi e sono stato curioso verso l’altro. Ho iniziato a rapportarmi con la parola attraverso Patrizia Vicinelli e tutto il movimento dei poeti del ’63 e della poesia sonora ed è stata Patrizia a svelarmi un nuovo mondo. Da lì le varie collaborazioni con il teatro e con gli attori ma soprattutto con la performance ed il reading che è la cosa che mi interessa di più perché lo trovo molto ‘ jazz’. Del resto non affermo niente di nuovo visto che già in passato, soprattutto negli Stati Uniti, tanti poeti e scrittori della Beat Generation si sono cimentati con il linguaggio ‘ jazz’ della parola. Penso che dividere il palco con Lella Costa, Giorgio Albertazzi o Marco Paolini significhi non solo divulgare il jazz attraverso altri mezzi e in altri luoghi ma soprattutto imparare altre lingue e scoprire altro. Questo per me in primo luogo ma anche per il pubblico che mi segue». Il duo con Uri Caine, il trio con Richard Galliano e il pianista svedese Jan Lundgren, la collaborazione con Carla Bley e Steve Swallow, quelle con Omar Sosa, Gianluca Petrella, Dhafer Youssef e Eivind Aarset, sono soltanto alcune
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jazz
delle tue recenti esperienze con importanti nomi
di sporcarsi le mani con ciò che gli sta intorno. È un reale specchio
dell’entourage jazzistico internazionale. Cosa ti
sonoro e poetico della nostra società e ne rappresenta al meglio la
lasciano queste collaborazioni? Chi, negli anni,
sua ricchezza e i suoi drammi. Il futuro non spetta a noi conoscerlo.
ha maggiormente influenzato il tuo lavoro?
Spetta a noi costruirlo. Ognuno con i propri strumenti».
«Ognuno di questi artisti ha lasciato un segno
Quali sono, invece, le tue prossime mosse: cosa riserverà il futuro a
profondo. Di certo le primissime esperienze
Paolo Fresu?
con Bruno Tommaso, Dave Liebman ed altri
«Intanto nell’ immediato ci sono nuovi progetti che gireranno questa
hanno lasciato un segno fondamentale perché
estate. Un quartetto di soli ottoni dal titolo “Brass Bang!” con il nostro
ero agli inizi della mia carriera professionale e
Gianluca Petrella e con gli americani Steven Bernstein e Marcus
la costruzione del mio quintetto ‘storico’ è una
Roja, un trio con il percussionista indiano Trilok Gurtu e il pianista
storia che sa dell’ incredibile visto che oggi, dopo
cubano Omar Sosa ed un successivo progetto con gli scandinavi Jan
ventisei anni, continuiamo a suonare assieme e
Lundgren e Lars Daniellson e con il batterista Clarence Penn. Prima
a divertirci come allora. Ogni incontro è stato ed
della fine dell’anno invece vedrà finalmente la luce il progetto barocco
è importante ed ho avuto la fortuna non solo
che ho in testa da diversi anni ma che fino ad ora non sono riuscito a
di fare tanti incontri ma anche di conoscere
realizzare. Verrà prodotto dall’Auditorum/Parco della Musica di Roma e
artisti straordinari con i quali ho potuto costruire
sarà intorno alla musica della compositrice veneziana Barbara Strozzi
non solo un discorso duraturo ma anche crescere con un’amicizia che è fondamentale nella musica. Intendiamoci: la musica mi ha dato anche l’opportunità di incontrare persone anche al di fuori del mondo della musica e dell’arte che sono state fondamentali per il mio percorso». Sul tuo sito personale, è scritto: “Il presente di Paolo è turbinoso, degno dell’artista onnivoro e creativo che tutti riconoscono in lui”. Perché questo turbinio? «Perché prendo molti aerei…. A parte gli scherzi credo che l’essere artisti significhi essere in perenne movimento. Non solo vivere negli aeroporti del mondo ma soprattutto pensare perennemente a ciò che si può costruire per la musica ed intorno alla musica». Qual è il futuro del jazz italiano e quale quello del jazz internazionale? «Sono convinto che il jazz continuerà a vivere e a crescere facendo si che la divisione tra jazz italiano e jazz internazionale non esista. Questo già accade nei nostri rapporti professionali ed internet sta dando un grande contributo per la costruzione di un linguaggio senza barriere. Il jazz non è morto con Charlie Parker (come pensano ancora alcuni miopi conservatori) ma è vivo ed in buona salute. È inoltre una musica realmente contemporanea ed attuale capace
vissuta tra il 1619 ed il 1677. Una figura affascinante la sua, non solo per la sua scrittura ma per il suo essere stata una compositrice donna, figlia adottiva (illegittima?) del poeta Giulio Strozzi, tra Claudio Monteverdi e gli altri grandi compositori del Barocco. Ed a parte gli innumerevoli viaggi nel mondo c’è oggi la nascita dell’etichetta discografica, le direzioni artistiche di Time in Jazz a Berchidda e di Bergamo Jazz ed i Seminari di Nuoro che si svolgono da ventidue anni in quella città. Ma oltre a questo il costante lavoro con le formazioni ‘storiche’ come il Quintetto ed il quartetto Devil ed il proseguo con gli altri progetti assieme al quartetto d’archi Alborada, Uri Caine, Ralph Towner… ed un nuovo cd per la prestigiosa etichetta ECM di Monaco con il progetto “Mistico Mediterraneo” assieme al coro corso A Filetta e al bandoneonista Daniele Di Bonaventura. E poi i miei 50 anni nel 2011 con un progetto folle del quale, per scaramanzia, non parlo ancora…». Non più emergente né promessa, semmai affermazione del jazz. Inizi a sentire il senso di responsabilità nei confronti di chi ti segue e si aspetta sempre grandi cose? «In verità no. Ho sempre fatto quello che mi è passato per la testa ed ho inseguito non tanto i gusti o le mode ma ciò che mi piaceva e fortunatamente continuo a farlo senza sensi di colpa o incubi notturni. Forse per il pubblico può risultare a volte spiazzante venire a sentire progetti completamente diversi tra loro ma è quello che amo fare. Se si parte con l’ idea di concepire grandi cose si rischia di fare un buco nell’acqua. Soprattutto nella musica, dove le note dell’ immenso Bach erano scritte veramente in piccolo!».
TRIXIE MALICIOUS - photo: N. Kendall
show
CURVE, SORRISI E PIUME DI STRUZZO
GLAMOUR, GRANDE IRONIA E SEDUZIONE. L’INTERVISTA AD ATTILIO REINHARDT, AMBASCIATORE DEL BURLESQUE IN ITALIA
Donne, più che uomini, tra i venti e i quarant’anni, alla ricerca della femminilità perduta, e, in ogni caso, della “joie de vivre”: è questo l’identikit delle appassionate del Burlesque, un fenomeno che, pur nascendo e sviluppandosi negli Stati Uniti, ha ormai conquistato il mondo intero. Incarnato dal look un po’ vintage della modella Dita Von Teese, il burlesque è oggi soprattutto seduzione, in cui a dominare non è tanto il nudo quanto l’autoironia. Per i neofiti delle piume di struzzo, ma anche per gli esperti del tassel-twirling, incontriamo Attilio Reinhardt, ambasciatore del burlesque in Italia. Nel 2007 ha fondato BurlesqueItalia LiveShow, un progetto per portare nei locali e nei teatri italiani spettacoli burlesque di qualità, ispirati alla tradizione americana e inglese, con performer nazionali e internazionali. Attilio Reinhardt si esibisce anche dal vivo, presentando gli spettacoli con stile elegante e ironia sofisticata, in una performance fatta di chiacchiere col pubblico, aneddoti gustosi sulla storia del burlesque e battute piccanti. Dal 2008 è il presentatore fisso delle serate burlesque del Connie Douglas di Milano, mentre a Roma, Venezia, Genova, Viareggio e in altre città italiane ha condotto gli show di Eve La Plume e di molte performer internazionali. Nella primavera del 2009 è uscito il suo libro, il primo in italiano dedicato a questa forma di spettacolo: “Burlesque. Curve assassine, sorrisi di fuoco e piume di struzzo!”.*
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1. AGENT LYNCH - photo: Luca Merli - 2. ROXY VELVET
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In apertura, proviamo a descrivere che cos’è il burlesque. Ci
in scena. Quali sono oggi i vostri bersagli preferiti, oggetto
da qualche aggettivo per definirlo?
della vostra satira?
«La sua nascita risale a secoli fa. Ma fu intorno alla prima
«Il burlesque che faceva il verso a un certo tipo di teatro e al
metà del Novecento, soprattutto nei paesi anglo-americani,
suo pubblico è un retaggio del passato. Il gusto della satira,
che ebbe una diffusione enorme. Quel burlesque era di fatto
in questo genere, si è perso proprio quando i proprietari
il progenitore dello spogliarello, messo in scena in teatri di
dei teatri si sono resi conto che era il corpo femminile, il
second’ordine e in locali di dubbia fama, con l’accompa-
vero motore di tutto. Anche dei loro guadagni. Oggi il neo-
gnamento di comici squinternati e musica dal vivo. Le cose
burlesque è autoreferenziale, potremmo addirittura parlare di
cambiano radicalmente negli anni ’90, quando nasce il neo-
meta-burlesque: l’oggetto della presa in giro, più che della
burlesque: un bizzarro incrocio tra la parodia e l’omaggio
satira, è il suo genitore; le artiste che possiamo vedere adesso
nostalgico a ciò che fu lo spettacolo originale. La differenza
sui nostri palchi si atteggiano a dive del passato o stripper,
tra i due è sostanziale: se nel primo si puntava soprattutto
trasportandoci rispettivamente nei teatri di Parigi e Las Vegas
all’eccitazione del pubblico maschile, nel secondo al diverti-
o in qualche locale fumoso e poco raccomandabile di New
mento di entrambe le metà del cielo».
York. E il pubblico si comporta di conseguenza, recitando la
Di carattere parodistico e satirico, il burlesque nasce
sua parte».
prendendo di mira le ampollosità degli autori teatrali inglesi,
Quando ha scoperto di amare il mondo del Burlesque? Ci
la recitazione degli attori, le macchinosità di alcune messe
racconta un po’ di sé e della sua vita?
ATTILIO REINHARDT - photo: Agnès Weber
show
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ANNA FUR LAXIS - photo: Emily Byrom
show
«Grazie ai miei genitori, sono cresciuto andando molto a teatro. Fin dalla mia infanzia, ho assistito a moltissime operette; probabilmente Sandro Massimini è stato il mio primo idolo giovanile! Quel tipo di spettacolo, denso di belle donne in splendidi abiti del passato, pizzi e piume di struzzo, comicità maliziosa e melodie accattivanti, mi è rimasto dentro. Così, dopo un decennio dedicato (anche sul palco) al teatro più impegnato, l’amore per quello d’ intrattenimento è improvvisamente riesploso». A chi si ispira per le sue serate da presentatore e promotore del burlesque? «Sul palco cerco di essere il più possibile me stesso, così come posso essere a cena con gli amici. Per me è necessario, perché desidero creare intimità con il pubblico, farlo sentire a proprio agio. Infatti mi piace scambiare qualche battuta con chi è nelle prime file, come facevano Johnny Dorelli o Dean Martin nei loro spettacoli; un po’ di improvvisazione, col pubblico, va bene, come nella vita reale». Se dovesse invece scegliere lei, a suo gusto, chi nominerebbe regina del burlesque? «Una sola? Difficilissimo! Facciamo così: visto che io sono l’ambasciatore italiano, circoscriviamo la scelta alla nostra penisola e incoroniamo un’artista con la quale ho spesso l’onore di lavorare, Eve La Plume. Per un semplice motivo: quando ha deciso di mettere in scena questo tipo di spettacolo, lei non si è ispirata a nessuna artista, perché non sapeva che il burlesque esistesse! Questo significa che il burlesque le è arrivato da dentro, dalla sua cultura, dal suo “sentire”. Basterebbe questo, a farle meritare il titolo. Poi, chi l’ ha vista dal vivo, mi darà ragione». Nel 2009 è uscito il suo ultimo libro, che propone una doppia chiave di lettura: un punto di vista storico, con le protagoniste di questo spettacolo dagli inizi ai giorni nostri, e uno culturale. Rispetto a questo secondo aspetto, come si inserisce il burlesque in un contesto culturale ancorato, per mentalità e tradizione, a schemi conservatori e troppo poco inclini al cambiamento? «Razionalizzando ciò che il nostro occhio vede in uno spettacolo di neo-burlesque, potremmo ridurre tutto ad un palco con una donna che si spoglia. Nei paesi occidentali, se una donna si spoglia – sia essa una spogliarellista, una “velina”, una modella di una pubblicità di un’auto – è solo per far piacere all’uomo. Nel burlesque contemporaneo, invece, dobbiamo aggiungere il filtro del contesto; qui la donna si spoglia per ironizzare sulle artiste del passato, sull’ immaginario erotico maschile, su sé stessa. La prospettiva si rovescia radicalmente e scopriamo che si tratta di AGENT LYNCH - photo: Luca Merli
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uno spettacolo decisamente femminista, con potenzialità
resisterebbe ad uno spettacolo di una sua simile che sa
notevoli in questo senso. In Italia, se sapremo essere tanto
essere al contempo divertente e sexy (magari, pur non
bravi da farlo uscire dal pantano della moda del momento,
essendo perfetta), e per giunta con certi abiti favolosi?».
il burlesque potrà dare il suo contributo a scardinare certi
Per quanto la sua carica di Ambasciatore del burlesque sia
vetusti retaggi da società patriarcale».
ironica, il suo impegno resta serio e concreto: diffondere in
È facile per chi è distratto o si interessa superficialmente al
Italia l’arte del vero burlesque. Che tipo di risultati sono stati
burlesque, scambiarlo per un ramo molto soft del genere
raggiunti e quali si attende per il futuro?
erotico. In che modo il burlesque si allontana (o si avvicina)
«Immagino di aver dato un buon contributo alla causa.
a questo mondo?
Sono contento di aver spesso aiutato colleghe e colleghi
«La differenza sta proprio che, di fatto, uno è la parodia
a pubblicizzare le loro iniziative tramite il mio sito “www.
dell’altro. Il plusvalore del burlesque è proprio il sorriso».
burlesque.it”. In più, ho percepito curiosità e divertimento da
Il burlesque ha una forte componente glamour e trova
parte del pubblico per il quale ho fatto da Cicerone in questo
spazio incredibilmente non solo nei periodici destinati agli
mondo folle e sensuale. Ma tra poco, per noi che viviamo
uomini ma soprattutto sulle riviste femminili. Come spiega
il burlesque da dentro, sarà il momento di rimboccarci
questo interesse da parte del pubblico femminile?
seriamente le maniche, se vorremo vedere i nostri sforzi
«Alcune motivazioni sono facilmente deducibili da ciò che
diventare un genere di spettacolo affermato anche in Italia, e
abbiamo detto prima. Ma c’è qualcos’altro: quale donna
non solo una frenesia passeggera».
1. KITTY BANG BANG - photo: Peeping Tallulah
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FINGER FOOD: UN SOLO BOCCONE PER TOCCARE IL CIELO CON LE DITA UN VIAGGIO INSIEME ALLO CHEF FABIO MANCUSO, VINCITORE DEL “CAMPIONATO ITALIANO FINGER FOOD”, PER SCOPRIRE LE ULTIMISSIME TENDENZE DELL’ALTA CUCINA NAZIONALE ED INTERNAZIONALE
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alta cucina
Lo Chef FABIO MANCUSO
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alta cucina
Tradotto letteralmente significa “mangiare con le dita”: è il finger food, ultima tendenza nel mondo della gastronomia, cibo in piccole porzioni singole che può essere mangiato senza l’uso delle posate, facendo riscoprire l’importanza del senso del tatto per la percezione delle emozioni e del gusto. Ce lo spiega meglio Fabio Mancuso, chef del ristorante Ristrò di Roma, vincitore, nella categoria “freddo”, di una prestigiosissima seconda edizione del “Campionato Italiano di Finger Food - Chef in punta di dita”. Fabio Mancuso è giovanissimo, ma ha già significative esperienze alle spalle, avendo collezionato importanti premi nazionali ed internazionali con le sue pietanze e deliziato i clienti dei migliori ristoranti d’Italia. È parte della Nazionale Italiana Cuochi e rappresenta spesso l’Italia nelle competizioni internazionali. Siciliano di origine, porta dentro di sé tutti i colori ed i sapori della sua terra e la capacità di fondere aromi ed ingredienti delle diverse tradizioni gastronomiche del mediterraneo. Dal suo estro nascono piatti che soddisfano i palati più raffinati e conquistano la vista in un trionfo d’estetica. Gli abbiamo chiesto di introdurci al finger food, spiegarci cosa è e cosa rappresenta per lui. Con uno sguardo alla sua carriera e alla sua vita. Sei vincitore del primo premio assoluto nel settore “finger food freddo” dell’ultimo Campionato Italiano Finger Food. In apertura della nostra intervista, semplicemente, cos’è il finger food? «Il Finger Food è una preparazione articolata e complessa che deve essere gustata in un sol boccone. La complessità è dovuta alle sue finalità: alla sola vista deve provocare l’ immediato desiderio di assaggiarlo e, per la sua dimensione, forma e sostanza, deve essere possibile esaudire il desiderio: mangiarlo “al volo”. Deve quindi essere molto curato dal punto di vista estetico, molto pratico ed infine armonioso e piacevole nel gusto». Come la tradizione gastronomica italiana, e soprattutto quella meridionale, si coniuga con le peculiarità del finger food? «Nella cultura italiana erano già presenti dei cibi da poter mangiare in un boccone, basta pensare alle bruschette e ai frittini, ma erano molto banali e poco articolati. Il finger food deve invece essere preparato con la stessa logica per poter diventare il protagonista del momento. Molti di noi creano collegamenti tra il finger food e le nostre tradizioni culinarie territoriali. Per fare un esempio, volendomi collegare alla mia Sicilia, potrei proporre una “caponatina di melanzane su croccante al pistacchio” o un “rotolo di pesce spada ai capperi panteschi”». Per quale formula ristorativa è particolarmente indicata questa proposta gastronomica? «Il finger food può essere inserito in qualsiasi formula ristorativa, può accompagnare un aperitivo in un banchetto, può essere un piacevole intermezzo in una cena d’affari, può perfino consentire l’allestimento di un intero buffet solo con vari tipi di finger food». Il Finger Food prevede una spettacolarizzazione nella preparazione dei piatti. In che modo è legato alla filosofia dello “Chef on Show”? «Gli elementi peculiari del finger food, forma ed estetica, contribuiscono a rendere il pasto un vero spettacolo. Un fantastico finger food all’ inizio di un pasto si potrebbe paragonare al trailer di uno splendido film: deve far venire la voglia di vedere il resto del film. È però importante non esagerare nella ricerca di contrasti di sapore troppo azzardati ed essere più chef e meno inventore, non si deve penalizzare il gusto a favore dell’estetica». Finger food e canali sensoriali: qual è il nesso? «Si può mangiare per nutrirsi o dare a questa pratica un senso più edonistico. Da quest’ultimo punto di vista il finger food è l’esaltazione di questa filosofia del piacere. Infatti, per le sue dimensioni, non può certo soddisfare la “fame”. Il finger food racchiude in pochi grammi una sensazione cinestesica che coinvolge tutti i cinque sensi. Si dovrà iniziare con una corretta recitazione della sua descrizione per un piacevole preludio uditivo, l’estetica per la vista, il profumo per l’olfatto, la consistenza per il tatto, e l’ insieme dei sapori per il gusto. Saranno i primi tre sensi a scatenare il desiderio, gli ultimi due a soddisfarlo».
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Qual è il tuo personale modo di intendere il finger food? «Vorrei che i miei finger food fossero l’espressione del mio amore e della mia passione per la cucina. Per realizzarli eseguo accurati studi, decine di tentativi, prove e cambiamenti. Devo cercare i migliori abbinamenti di sapore e di colore, realizzare le forme e stabilire le modalità di cottura necessarie a raggiungere il risultato migliore. Il mio finger food alla fine dovrà essere pulito, trasparente e curato nei minimi particolari». In che cosa consisteva il tuo finger food vincitore dell’ultimo campionato italiano? Perché, a tuo avviso, ha avuto la meglio su gli altri? «Ho presentato tre finger food: “Metamorfosi di Orata e Gamberi rossi di Sicilia su cialda croccante al Pistacchio e mousse di mare alle Erbe fini”, “Delizia di mare con Astice e profumo di Alga Noiri, mantello di Cozze e Chiodini in intingolo di Maionese allo Yogurt” e “Sgombro in agrodolce di Anice stellato”. Devo dire che ho apprezzato molte delle opere dei miei colleghi, ma credo che nell’ insieme i miei finger abbiano rispettato più degli altri i presupposti e la filosofia del finger food, almeno nella valutazione della giuria». Hai dichiarato: “Qualsiasi cosa preparata per il cliente deve prima piacere a te. Come puoi pensare, altrimenti, di convincerlo?”. È questa la tua ricetta per il successo? «Ammetto di essere molto esigente con me stesso e spesso, nonostante la fatica ed il tempo sempre limitato, mi trovo a cominciare daccapo tutto il lavoro se alla fine non sono soddisfatto del risultato. Il finger realizzato mi deve piacere da tutti i punti di vista. Penso sempre al fatto che per quanto possa essere esigente, vengo pagato per fare questo lavoro, mentre il cliente pagherà per mangiarlo, perciò sarà molto più esigente e critico di me». Quali sono stati i tuoi maestri? A chi ti ispiri? «Ho cominciato a lavorare in cucina come apprendista e ho attraversato tutte le fasi necessarie ad essere uno chef. Penso di aver appreso molte cose dagli altri perché ho sempre cercato di osservare, ascoltare ed eseguire con umiltà tutti gli aspetti del mio lavoro. Mi sento perciò in dovere di ringraziare tutte le persone con le quali ho lavorato, so anche che devo e posso ancora imparare molto e penso che non smetterò mai di impegnarmi per migliorare. Ho avuto il piacere e l’onore di lavorare con moltissime persone, ma chi realmente mi ha avvicinato alle competizioni e da cui ho imparato tanto è lo chef Gianluca Tommasi, attuale capitano della N.I.C.». Come membro della Nazionale Italiana Cuochi, puoi anticiparci le prossime tendenze nel settore gastronomico italiano ed internazionale? «Oggi la nuova tendenza è la rivalutazione della cucina territoriale, associata a una rielaborazione tramite moderne tecniche di cottura».
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IL LUSSO ALL’ASTA Record e successi per le aste di prestigio. Ne parliamo con Wanda Rotelli di Sotheby’s, la più antica casa d’aste internazionale del mondo. Alzi la mano chi non ha mai sognato di partecipare ad un’asta di prestigio, immaginando di avere in tasca una carta di credito illimitata, nel cuore tanta audacia, e di provare l’ebbrezza di puntare alto, superare con naturalezza le offerte altrui, conquistarsi, a suon di monete e di sguardi di sfida, una tela, un orologio, uno scritto, un complemento d’arredo. Seppur oggi le tecniche e i modi per partecipare ad un’asta, come acquirente o come venditore, siano diversi, rimane immutata la logica di fondo, e cioè il processo di compravendita mediante il quale un oggetto viene venduto al migliore offerente. Incontriamo, tra i mille impegni, Wanda Rotelli per Sotheby’s, casa d’aste inglese, tra le più importanti e con centinaia di filiali nel mondo, la cui sede storica è in New Bond Street, a Londra. Fu fondata l’11 marzo 1744 da Samuel Baker, un libraio che dette il via all’attività vendendo alcuni volumi di una biblioteca privata; proseguì poi l’attività John Sotheby, nipote di Baker. Per un periodo l’azienda si chiamò “Sotheby, Wilkinson and Hodge”, per tornare poi al solo Sotheby’s.
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Fondata a Londra nel 1744, Sotheby’s è una delle più antiche case d’asta del mondo. Ci racconta qualcosa della sua storia? «La casa è stata fondata nel 1744 ed inizia la sua attività con aste di libri, e nella fattispecie, una delle aste più importanti e significative è stata quella della biblioteca di S. Elena di Napoleone. Successivamente, nei tre secoli di storia che seguono, la casa aumenta il proprio volume di affari ed amplia il proprio settore in vari dipartimenti di collezionismo, passando dalle aste di grandi biblioteche, a quelle di pittura e di gioielli. Quindi la tradizione è antichissima, già la prima asta del 1744 era corredata da un catalogo nel quale tutti i lotti erano elencati e scritti con un minimo di dati tecnici compilati da esperti del settore. Nel 2000 Sotheby’s è stata la prima casa d’aste a realizzare vendite su internet. “Sothebys.com” ha registrato sensazionali successi, quali le vendite della prima edizione della Dichiarazione di Indipendenza Americana per oltre 8 milioni di dollari, dei 21 pannelli dello storico pavimento del Boston Garden e di un capolavoro di Frederick, Lord Leighton. Oggi Sotheby’s non tiene più aste in rete, tuttavia il suo sito internet è strumento vitale per la divulgazione di informazioni e di notizie sulla attività di Sotheby’s per i clienti di tutto il mondo. L’attenzione che Sotheby’s rivolge alla propria clientela
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e all’evolversi del gusto collezionistico e dei desideri del pubblico rimangono gli elementi centrali e fondanti dell’attività della nostra società, anche nel XXI secolo». Quali sono le procedure per vendere all’asta? «Una volta deciso di voler vendere qualcosa all’asta, basta contattare Sotheby’s, che immediatamente mette a disposizione un ‘team’ di esperti e di assistenti alla clientela che aiutano il venditore in ogni fase della transazione. Accettiamo consegne riguardanti svariati settori di collezionismo, inclusi, tra gli altri, l’arte asiatica e orientale, vini, gioielli, orologi, mobili e arti decorative. Prima di consegnare la proprietà per un’asta, diamo una valutazione o una stima d’asta preliminare. Dopo l’asta, il venditore riceve l’elenco dei prezzi di aggiudicazione raggiunti da ogni oggetto. Il pagamento viene inviato 35 giorni dopo la data dell’asta, a condizione di aver ricevuto dal compratore il saldo completo». E per acquistare? «Per acquistare, il suggerimento è di frequentare le giornate espositive che si svolgono almeno 4 giorni prima dell’asta, parlare con gli esperti, visionare il certificato di condizioni e di conservazione e, dopo di che, figurarsi una cifra d’acquisto. Si può partecipare all’asta di persona, che è il modo più coinvolgente
e divertente, per telefono, inviando i propri dati identificativi, oppure inviando un fax con una proposta di acquisto. Tuttavia, la proposta telefonica ha svantaggi molto evidenti quale quello di perdere un’opera molto importante per poche centinaia di euro nel caso ci fossero altre offerte telefoniche di poco maggiori». Come si valuta un oggetto? Con quali criteri si fa una stima d’asta preliminare? «Supponiamo che lei possieda un quadro e che voglia metterlo all’asta. Il primo passo da compiere è contattare il dipartimento di arte contemporanea di una delle sedi della nostra casa del mondo. Può mettersi in contatto con Parigi o Milano, New York piuttosto che Londra, Amsterdam, ma anche Hong Kong. Successivamente, può inviare una fotografia digitale con le immagini del quadro, specificandone le misure. Il nostro dipartimento fornirà gratuitamente una stima del dipinto per la scrittura di un vero e proprio contratto nel quale verrà espresso il desiderio di vendere all’asta l’opera di cui è in possesso. Resta inteso che è a discrezione del dipartimento accogliere o meno il quadro proposto da un potenziale venditore». Ci può raccontare qualche aneddoto legato ad un’asta particolarmente importante? «Ogni asta ha sempre una piccola storia da raccontare. L’ultima, nella quale è stato
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venduto un Giacometti, si è partiti da una stima del dipinto che si aggirava attorno ai 30 milioni di dollari per giungere a battere un’offerta di ben 104 milioni di dollari. Tutto il dipartimento è stato colpito dall’accanimento dei compratori e si parlato dell’asta per intere settimane». Cosa rappresenta un record di questo genere? «Ovviamente ogni record è un momento di grande entusiasmo in sala sia per chi vende, sia per gli acquirenti, perché raggiungere cifre molto alte significa che sono state tante le persone interessate all’acquisto. Per la casa d’asta ciò rappresenta un enorme successo perché si è riusciti ad attirare l’attenzione di molte persone nel mondo. Eventi di questo tipo confermano che l’obiettivo è stato ampliamente raggiunto». Come va la sede italiana? Come reagisce il Paese nei confronti dell’arte in un clima economico così difficile? «La sede italiana sta reagendo bene alla crisi: abbiamo avuto il 25, il 26, il 27 maggio un’asta di arte contemporanea con una bella collezione privata, abbiamo ridotto ampliamente il gap con le altre sedi d’Europa e del mondo. Nel 2009, siamo cresciuti come giro d’affari complessivo rispetto al 2008, ottenendo un bilancio
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molto positivo e totalizzando un ricavo che si aggira intorno ai 34 milioni di euro, raggiunti con l’organizzazione di 7 aste. È un risultato molto incoraggiante, tenuto conto che il periodo di crisi non favorisce le vendite, che l’arte contemporanea copre il 26,54% del mercato d’arte nazionale e che le ultime 2 vendite hanno totalizzato, rispettivamente, l’82% e il 72% di venduto». L’arte italiana sembra vendere sempre bene anche all’estero. Come ve lo spiegate? «È sicuramente una questione di qualità. Un esempio recente risale allo scorso febbraio, nella sede di Londra: in una collezione tedesca, le opere di italiani come Manzoni, Castellana, Fontana, hanno registrato tutte delle cifre record». Che differenza c’è tra un acquisto in asta e quello presso una fiera d’arte? Quali sono i pro e i contro di entrambi? «Sono due mondi completamente diversi, ma complementari, che fanno parte del sistema arte: vale la pena frequentarli entrambi, sia che si conosca molto bene il settore del collezionismo, sia che ci si stia accostando per la prima volta a questo mondo appassionante e coinvolgente. Sono occasioni splendide per acquisire competenza nell’arte».
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Che vi fosse una straordinaria sinergia tra la moda e le arti figurative non vi è mai stato dubbio. Che la moda potesse offrire uno spazio al fascino sensuale dei disegni di uno dei grandi artisti italiani è sicuramente una novità. Candido 1859 segue da molti anni con curiosità ed energie sempre maggiori gli orientamenti della cultura e degli stili di vita, non necessariamente legati alle modalità del vestire con gusto. Nel rispetto della sua storica missione, è sempre alla ricerca di espressioni uniche e brillanti nel campo del design, della tecnologia e della comunicazione. Questa vocazione ha generato Puro Stile, una serie di eventi musicali ed esposizioni di arti figurative all’interno dell’Attico, uno spazio architettonico contemporaneo allestito per ogni occasione di incontro con gli appassionati. Per circa un mese, fino al 5 giugno 2010, Candido 1859 ha ospitato la mostra di illustrazione di Milo Manara, autore di storie a fumetti conosciuto in tutto il mondo per il fascino sensuale dei suoi disegni. Allievo di Hugo Pratt, Milo Manara rappresenta l’unico esempio di superstar nel campo del fumetto d’autore italiano: le sue storie, infatti, ottengono un incredibile successo anche oltre confine. La ricetta è semplice: sceneggiature visionarie e l’inconfondibile tratto sexy fanno de "Il Profumo dell’Invisibile" o "Candid Camera" dei capolavori tutti italiani della narrazione illustrata. C’è molto del Grande Cinema Italiano nei lavori di Manara, forse per questo la collaborazione intensa con Federico Fellini ha potuto aver inizio. La comunione di vedute ha generato "Viaggio a Tulum" e "Il Viaggio di G. Mastorna detto Fernet", alla cui sceneggiatura avrebbero partecipato anche Dino Buzzati e Alfredo Pigna e che Vincenzo Mollica definì “i film non realizzati più famosi del mondo”. Per Fellini, Manara realizzò anche i poster di "Intervista" e de "La Voce della Luna", epitaffio dell’immenso regista riminese. In tempi recenti il capolavoro del disegnatore è, senza dubbio "A Riveder Le Stelle", che segna il ritorno di uno dei sui primi personaggi, Giuseppe Bergman. Eccezionale anche la collaborazione con Alejandro Jodorowsky per "I Borgia" e quasi impensabile l’uscita su Marvel Comics di "Ragazze in Fuga", su una storia degli X-Men di Chris Claremont.
MILO MANARA: PURO STILE OSPITE D’ECCEZIONE DELL’ESPOSIZIONE ALLESTITA DA CANDIDO 1859
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Marco Candido con Milo Manara durante il vernissage
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PURO STILE, L’ARTE TOUT COURT TRA MODA E FASCINO SENSUALE DEL FUMETTO D’AUTORE ITALIANO. ABBIAMO INCONTRATO IL MAESTRO NEL CORSO DEL VERNISSAGE DEL 29 APRILE E GLI ABBIAMO POSTO QUALCHE DOMANDA SULLA SUA CARRIERA, LA SUA VISIONE DELLA DONNA, SUL SUO LEGAME TRA FUMETTO E MONDO DELLA MODA. Il suo mestiere la costringe ad immaginare i volti, addirittura ad inventarli nei lineamenti e nei connotati più caratterizzanti. Come nasce un personaggio? Che tipo di ispirazione viene ad un’artista? È un’immagine, una sensazione, cosa? «Se si tratta di “arte”, la mia è una forma d’arte molto differente dalle classiche arti figurative. Nel mio caso, “ l’ ispirazione” avviene al momento dell’ immaginazione della storia da raccontare. I volti, i lineamenti, i corpi vengono di conseguenza, quasi naturali: devo cioè non inventare ma trovare, come in un piccolo cast mentale, i personaggi più adatti ad interpretare la storia». Su di lei è stato scritto e detto tantissimo. Da un lato c’è chi critica la sua visione della donna, provocatoriamente disponibile ad ogni appetito sessuale, dall’altro chi parla addirittura di femminismo, sostenendo che nelle sue opere il potere, e non soltanto quello seduttivo, è sempre in mano a loro. Qual è la sua vera idea sulle donne? «È tutto verissimo. Ho avuto un paio di incontri con gruppi femministi organizzati, che mi hanno “graziato”, incoraggiandomi a continuare. Il ruolo della donna, ancora una volta, è adatto alla storie: le mie donne non hanno mai un atteggiamento supino, remissivo di chi subisce una situazione, ma normalmente sono loro che la provocano. Io lo trovo normale: sono cresciuto
in una famiglia in cui mia madre, che era una maestra, guadagnava più di mio padre. Le stesse mie sorelle sono donne in carriera e realizzate. Non ho mai immaginato una donna sottomessa perché non ne ho avuto l’esempio. Il fatto, poi, che siano “soggetti erotici”, beh, che dire, è dai tempi dell’antica Grecia che tutte le storie si regolano su eros e thanatos. Per thanatos non ho tutta questa simpatia, diciamo così, preferisco occuparmi dell’eros, che per me è molto legato alla femminilità». Nelle sue opere, l’erotismo è uno strumento per svincolarsi dalle inibizioni sessuali provocate da una lunga tradizione di chiusure e proibizioni. Crede che questo messaggio sia ancora attuale, in un'epoca in cui i ragazzi si scambiano foto erotiche sui telefonini e chattano, per poi incontrarsi, con gli sconosciuti? «Questi recenti fenomeni, a mio avviso, sono “ divertenti”. Dopotutto qualsiasi innovazione tecnologica è stata sempre utilizzata dapprima come strumento erotico, dalle fotografie polaroid che non dovevano più passare necessariamente dal fotografo, fino alle telecamere, ad internet. Lo trovo “ divertente” nella misura in cui è sicuramente il segno di una società sempre più disinibita. Però esistono anche fenomeni inquietanti e antichissimi, quali quello della pedofilia, che non sono legati alla disinibizione, ma a problemi più gravi e seri: nella stragrande maggioranza dei casi chi abusa sui minori è stato vittima egli stesso di pedofilia, e in questi casi c’è poco da stare allegri. Non mi pongo come obiettivo quello di fare l’educatore sessuale, ma solo di raccontare delle storielle divertenti». Che differenze ci sono, se ce ne sono, tra le sue collaborazioni con Jodorowki, Pratt e Fellini? Quale, fra queste, è stata più
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incisiva per la sua carriera? «È difficile dire quale fra queste collaborazioni mi ha lasciato di più, ma solo perché sono state differenti nelle forme e nelle modalità. Le due principali, quelle con Fellini e Pratt, le ricordo con amicizia, affetto, riconoscenza. I rapporti con Pratt erano di sicuro più camerateschi, ma allo stesso modo con Fellini avevo un’amicizia molto confidenziale. Ricordo una notte in albergo con Federico e Giulietta, dovevamo finire un lavoro, l’albergo era pieno, e ho dormito su una brandina accanto al loro letto. C’era sicuramente molto confidenza, seppur lui rimaneva per me il “Maestro” e avevo molto rispetto, e quasi venerazione, per lui e il suo lavoro». Una domanda sull’evento: come si coniuga la sua arte con la moda? «Mi è stata proposta questa occasione, e l’ ho accettata molto volentieri. Il rapporto tra moda e fumetto esiste ed è importante: a parte le rare volte in cui sono nudi, i mie personaggi in genere sono vestiti in maniera adeguata al contesto, al periodo storico, alla situazione. Nel fumetto, in cui non esiste sonoro, le caratteristiche del personaggio sono la sua parte esteriore, il suo presentarsi, e il suo modo di vestirsi. Un po’ come era per la commedia dell’arte: non essendoci i primi piani, sin dal loggione il pubblico doveva capire chi era il medico, chi il servo. È una connotazione importante. Ho una grande documentazione sul piano del costume e dell’abbigliamento: se devo disegnare una storia ambientata nel 1300, mi adeguo. Borgia ne è l’esempio. Gran parte dei libri che compongono la mia libreria sono libri sulla moda, sulla storia della moda ma anche sulla moda recente». È un’occasione per incontrare i fan che la seguono in massa... «Lo trovo interessante e molto piacevole. Qualche volta succede che mi senta stanco, e mi capita di ripensare a qualcuno dei tanti volti che incontro in queste occasioni, e mi ricarico. Allo stesso modo mi carico di grande tensione, perché mi piace spesso regalare uno schizzo, un disegno, e può capitare che venga poco bene, rovinando il libro e la reputazione. Ovviamente scherzo, è molto, molto piacevole». Tra le sue opere più particolari, la storia sui Borgia. Come mai questa scelta? «La storia dei Borgia, era un progetto del grande scrittore Alejandro Jodorowsky, che tra i tanti voleva me come disegnatore così, quando mi è stata proposta dall’editore francese, mi sono trovato con un bell’affresco storico da raccontare e un grande sceneggiatore come co-autore, non avrei mai potuto dire di no!». Nel fumetto ci sono molte scene a tinte forti, tra omicidi, teste mozzate, amori saffici e incontri sessuali. Quanto c’è di documentazione storica e quanto di invenzione in questa “romanzo” a fumetti? «Tutti
conosciamo
il
modo
di
scrivere
di
Jodorowsky,
le
sceneggiature che ricevo da lui per i Borgia sono molto dettagliate ed ovviamente, c’è molto della sua impronta nella realizzazione
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delle scene più forti. Io, da parte mia, mi documento per la parte visiva, che è quella di mia competenza e cerco di restare fedele alla realtà storica». In un’intervista ha dichiarato di avere un ricordo straordinario dell’esperienza di Corto Maltese. Ci può regalare qualche aneddoto particolare? «Sicuramente un periodo importantissimo è stato quello della realizzazione di Corto Maltese. Tutto ricominciò con un’Estate Indiana, per il rapporto incredibile con Hugo Pratt, molto più di un amico per me, per il successo del libro, e per il fatto che quella storia ha significato per me l’abbandono di una certa maniera di disegnare, che ormai non mi rappresentava più». Parliamo di Milo Manara lettore. Quali letture sono state fondanti nel suo cammino artistico? «Nel periodo degli anni sessanta e settanta, il mio amore per i fumetti si è formato soprattutto grazie alle storie di Barbarella di Jean-Claude Forest, alla Valentina di Guido Crepax, a Jodel e Pravda di Guy Pellaert e tutte le storie di Magnus». Quali sono i suoi prossimi progetti? «In questo momento sto lavorando al quarto ed ultimo volume dei Borgia, che uscirà in Francia per Glénat alla fine dell’anno, mentre negli USA quest’estate uscirà la storia degli X-men, o meglio delle X-girls, che ho disegnato su testi di Chris Claremont. Dopo mi piacerebbe riprendere in mano le avventure di Bergman, e disegnare un nuovo volume».
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OTTICA SANTESE: Tipologia: OTTICA - Progetto: ARCH. M. LASTILLA & E. SURDO - Realizzazione: KUBICO - Luogo: MAGLIE
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interior design
A rch itet tu ra deg l i I nte r n i Tradizione e innovazione si incontrano da quasi quarant’anni nei laboratori di Kubico, azienda del Sud Italia leader nel settore della progettazione e realizzazione di arredamenti per spazi pubblici e privati. Due mondi diversi e, al contempo, simili che, quando riescono ad integrarsi, promuovono modelli e modalità progettuali di qualità. La cura dei dettagli, l’esperienza delle maestranze, la ricerca di nuove soluzioni nella lavorazione di materiali pregiati, unite al design d’avanguardia e alla plasticità delle resine, hanno permesso a Kubico di distinguersi come partner ideale di architetti ed interior designers nella realizzazione di interni. La vocazione dell’azienda è sempre stata rivolta verso l’originalità e l’innovazione dei propri progetti, orientamento che ha coinciso con la volontà di interpretare la contemporaneità nei luoghi, negli spazi e negli oggetti vissuti. In un’epoca nella quale il confine che attraversa territori, prodotti, stili e linguaggi, si fa sempre più labile fino quasi a confondersi, la lunga tradizione artigianale di Kubico nella progettazione di interni contribuisce all’integrazione tra istanze locali e prospettive globali, rendendo unico ogni ambiente realizzato. Affermare la propria identità in questo straordinario paesaggio è la sfida che Kubico percorre da quasi quarant’anni e che rappresenta il lavoro più impegnativo per le nuove generazioni. L’azienda, attenta ai mutamenti in atto e indirizzando le proprie energie all’acquisizione dei nuovi linguaggi del progetto, dei nuovi materiali, delle nuove tecnologie di lavorazione e produzione, dell’aggiornamento tecnologico in una logica complessiva di sostenibilità, ha saputo interpretare le esigenze dei propri clienti coinvolgendoli in tutte le fasi della produzione e accompagnandoli nella ricerca delle soluzioni più funzionali alle loro richieste. La ricerca della qualità in tutti gli aspetti e in tutti i dettagli più nascosti del prodotto, partendo dagli studi iniziali per arrivare sino alla produzione e consegna, è uno dei punti di forza del sistema qualità Kubico che garantisce uno standard qualitativo elevato e costante nel tempo.
SERVIZI: Progettazione integrata, Consulenza tecnico-amministrativa, Assistenza e coordinamento tecnico di cantiere, Realizzazioni “Chiavi in mano”, Contract, Corian Quality Network, Assistenza post vendita, Controllo qualità. SPAZI: Abitazioni, Negozi, Bar, Pasticcerie, Ristoranti, Pub, Alberghi, Spa, Banche, Uffici, Musei, Stand & allestimenti, Ricerca & design. INFO: www.kubico.it - info@kubico.it - (+39) 0836/563593.
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TOP SELECTION
BRAMATO, PASSIONE PER IL LEGNO
INVENTARE UNO SPAZIO, TRASFORMARE UN'EMOZIONE, REALIZZARE UN SOGNO, CREARE E INNOVARE. IN UNA SOLA PAROLA: PROGETTARE
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Progettare uno spazio abitativo non considerandolo soltanto
Inoltre, artigianato e tecnologia si fondono nella vasta gamma
un ambiente limitato da pareti ma, sopratutto, un luogo che
di materiali e componenti utilizzati: dal laminato al legno (in
giorno dopo giorno si arricchisce di una propria memoria.
qualsiasi essenza) o al laccato in tutte le declinazioni di colori,
Oggi, Bramato interpreta, progetta, ricerca e realizza, tenendo
sempre di altissima qualità e scelti con la massima cura.
sempre ben presente l'obiettivo finale, quello di consegnare
In particolare, Bramato è altamente specializzata nella
un ambiente che abbia una sua precisa personalità, che
lavorazione del legno massello per la realizzazione di
risponda ad un preciso stile di vita, un ambiente realizzato
cucine, mobili e arredamenti, in stile e in arte povera, e nella
"su misura".
realizzazione di cucine in muratura con fornitura dei telai con
Partendo dalla conoscenza delle reali necessità attraverso
le ante o dei mobili completi di struttura.
un dialogo costruttivo, Bramato affianca il cliente nelle
Approccio
scelte e costruisce un percorso di costante collaborazione
esauriente, progettazione dettagliata, esecuzione minuziosa
(coadiuvato da un team costituito da architetti, arredatori
e rispondente all'ordine, tempi di consegna rispettati, sono la
e maestranze), con l'obiettivo di fornire risposte adeguate
naturale conseguenza dell'esperienza di Bramato, maturata
a soddisfare i criteri di funzionalità, di vivibilità e di comfort.
in tanti anni di lavoro nel settore dell'arredamento.
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automobili
IL LUSSO, MADE IN JAPAN INFINITI M: LA BERLINA DEL BRAND DI PRESTIGIO DI NISSAN LANCIA LA SFIDA AI COSTRUTTORI EUROPEI
Infiniti, il marchio automobilistico più giovane nel panorama del lusso, si misura con i tradizionali leader del settore presentando la linea M, un’alternativa potente alle classiche berline. Svelata al Salone di Ginevra ed ispirata alla concept car Infiniti Essence, la nuova berlina di lusso ad alte prestazioni di Infiniti è stata progettata e concepita con grande attenzione per le strade e per gli automobilisti europei. Disponibile nelle versioni benzina e diesel (affiancate da un motore ibrido nel 2011), segna un ulteriore traguardo, con tecnologie non presenti sulle dirette rivali. Le nuove funzionalità includono il controllo attivo del rumore, il primo sistema al mondo di prevenzione delle collisioni laterali, il sofisticatissimo impianto di climatizzazione “Forest Air™” e persino un pedale dell’acceleratore intelligente che aiuta a risparmiare carburante. Particolari che vanno ad aggiungersi alle molte altre collaudate innovazioni di Infiniti. Le consegne della Infiniti M partiranno in autunno 2010.
MOTORIZZAZIONI DISPONIBILI: • 3,7 LITRI V6 BENZINA (Potenza: 320 CV - Coppia massima: 360 NM) • 3,0 LITRI V6 DIESEL (Potenza: 238 CV - Coppia massima: 550 NM) • 3,5 LITRI V6 IBRIDO (a partire dal 2011)
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Lungo cofano, poca sporgenza frontale, profilo po-
coda d’anatra” del cofano posteriore. Il dettaglio pre-
steriore elevato, linee da coupé del tetto, parabrez-
ferito dai designer della nuova M è, infatti, sul retro.
za posteriore inclinato, coda corta, curve ad onda,
Lo spoiler “a coda d’anatra” incorporato nel cofano
ruote di ampie dimensioni: la M mantiene una linea
del portabagagli non è solo un tratto estetico, ma
equilibrata e le classiche proporzioni della berlina
anche un elemento fondamentale per le prestazioni
sportiva con motore anteriore e trazione posteriore,
aerodinamiche. È nel modo in cui la forma della M
combinando vivacità, presenza e riuscendo a susci-
cattura l’aria che scivola sopra il tetto e sul cofano in
tare una risposta emotiva.
velocità che si genera la portanza nulla. Nessun’altra
Inoltre risulta estremamente efficiente dal punto di
auto della categoria ha questa caratteristica. Una
vista aerodinamico, sia per il basso coefficiente di
prodezza di ingegneria delle superfici ed uno dei mo-
resistenza (Cd 0,27) che per la portanza nulla ad
tivi per cui la nuova M è così stabile alle alte velocità,
alte velocità, dovuti in parte all’originale disegno “a
impedendo il sollevamento anteriore o posteriore.
Se gli esterni della M ricordano una coupé, gli interni offrono un
l’intero ambiente dell’abitacolo). Inoltre, diffonde oli essenziali,
ambiente notevolmente spazioso. La nuova M è tra le più spaziose
anch’essi con il profumo di una brezza e capaci di fornire un
cinque posti della sua categoria, con l’abitacolo più lussuoso mai
effetto calmante e migliorare la concentrazione. Il sistema di
realizzato da Infiniti, il cui standard è sempre stato molto elevato
ventilazione comprende anche un cluster al plasma capace di
per la ricchezza ed il pregio dei materiali utilizzati. Tra la scelta
fermare i germi trasportati dall’aria e altre impurità.
di pelli troviamo la semi-anilina, abbinata ai nuovi profili in legno
Il sistema di controllo attivo del rumore ANC garantisce che
di frassino americano con finitura in polvere d’argento. Impiegata
l’abitacolo, già ampiamente insonorizzato, non sia disturbato dai
per la prima volta in un’auto, questa lavorazione evidenzia la
rumori a bassa frequenza del motore; a tal fine emette dagli
venatura del legno tipica di un mobile di lusso o di uno strumento
altoparlanti onde sonore di fase opposta, che hanno l’effetto di
musicale di alta qualità.
annullare i suoni sgraditi rendendo l’interno della vettura ancora
Il sofisticato impianto di climatizzazione Forest Air™, termine che
più tranquillo e rilassante. Un’esperienza completata dal sistema
racchiude 6 tecnologie differenti, anziché dirigere un flusso d’aria
Bose® Studio Surround, con codifica a 5.1 canali e 16 altoparlanti.
diretto sul viso degli occupanti, diffonde una lieve brezza (l’aria
Oltre ad essere ben allestite di serie, tutti i modelli M saranno
proveniente dalle ventole del cruscotto è modulata in modo
arricchiti di quegli equipaggiamenti disponibili anche sul resto
casuale, risultando molto più naturale e rendendo più piacevole
della gamma Infiniti e spesso non disponibili su auto concorrenti.
Come per il design e gli interni, nella nuova M si è cercato di privilegiare un approccio caldo ed emotivo, seguendo criteri europei di manovrabilità e guida. Sempre pronta alla risposta e immancabilmente confortevole (gli ammortizzatori a doppio pistone evitano ai passeggeri di essere “sballottati”), la nuova M ha anche una maggiore stabilità, con un sistema evoluto di sterzo attivo sulle quattro ruote (4WAS). Inoltre, a seconda della modalità di guida, il Drive Mode Selector consente 4 settaggi (Standard, Eco, Sport e Neve) che regolano la sensibilità dell’acceleratore, la mappatura della trasmissione, la risposta dello sterzo attivo 4WAS ed il livello di intervento dell’ESP. La modalità Eco attiva il pedale Eco, che oppone una gentile resistenza per impedirne l’eccessiva pressione e il conseguente spreco di carburante. La tecnologia Dynamic Safety Shield (per ridurre il rischio di collisione) ora include il BSI, il quale non si limita a segnalare la presenza di vetture nelle corsie adiacenti, ma interviene attivamente impedendo che l’auto si diriga sulla loro traiettoria. Tutti i modelli M per l’Europa montano motori V6, con 320 CV (235 KW) e variazione in continuo dell’apertura e alzata delle valvole per il benzina da 3,7 litri e 238 CV (175 KW) per il nuovo diesel da 3 litri con piezoiniettori. Entrambi i modelli sono dotati di serie del cambio automatico a sette marce controllato elettronicamente; la versione S dispone anche di palette dietro il volante per l’inserimento manuale. Il motore dell’M30d è stato progettato appositamente per il mercato europeo. Il primo diesel di Infiniti pone una marcata enfasi sulle prestazioni sportive e sulla raffinatezza da auto di lusso. Se a livello di potenza altri diesel a singolo compressore possono reggere il confronto, non altrettanto si può dire per la coppia massima che, a 550 Nm, è leader nella categoria. Nella primavera del 2011, la linea M sarà anche disponibile in versione ibrida, con motore termico V6 da 3,5 litri e motore elettrico da 50 kW (68 CV) integrato nella trasmissione automatica a sette marce e rapidissimi tempi di carica/scarica della batteria agli ioni di litio.
moto
Ducati MULTISTRADA 1200 4 MOTO IN UNA, PER MUOVERSI SENZA LIMITI Ducati, ancora una volta, apre nuove frontiere aggiungendo la genialità italiana all’eleganza, allo stile ed alla tecnologia che da sempre contraddistinguono le moto della casa motociclistica bolognese. La nuova Ducati Multistrada 1200 è una moto in grado di affrontare al meglio ogni tipo di percorso e ogni tipo di fondo stradale, passando con facilità da una supersportiva ad una tourer per lunghi viaggi (con tanto di passeggero e bagagli). Si propone anche come moto per “tutti i giorni”, da usare per andare al lavoro che, con altrettanta versatilità, è capace di affrontare strade bianche e sterrati come un’agile enduro. A tutto questo è stato aggiunto il “cuore”, il motore ideale capace di poter esprimere al meglio il potenziale di questo nuovo progetto. La scelta non poteva che andare sul propulsore Campione del Mondo, il motore “Testastretta” che equipaggia la Ducati 1198, reso docile e fruibile, creando il nuovo propulsore denominato Testastretta 11°. Quattro moto in una, il tutto grazie al comando di un semplice “click” e senza mai togliere le mani dal manubrio. Una moto eclettica quanto polivalente, in grado di raggiungere prestazioni di assoluto rilievo in ogni occasione: Ducati ha realizzato la moto che non c’era!
VERSIONI: •BASE: colori Rosso o Arctic White; Abs optional. •“S” SPORT EDITION: colori Rosso, Arctic White e Diamond Black; con Abs e sospensioni con sistema DES (Ducati Electronic Suspension); cartelle motore, prese d’aria anteriori, parafango posteriore e deflettori in carbonio. •“S” TOURING EDITION: colori Rosso, Arctic White e Diamond Black; con Abs, sospensioni DES; borse laterali, manopole riscaldate e cavalletto centrale.
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moto Quattro differenti “personalità” con un “click”: un semplice
Con il Riding Mode Touring si ha un motore godibile da 150
interruttore in grado di cambiare alcuni parametri fondamentali
cavalli in configurazione da viaggio, con un coppia morbida,
(come potenza, coppia, regolazione sospensioni, controllo di
fruibile, ma sempre pronto a rispondere in caso di bisogno. La
trazione), permettendo alla Multistrada 1200 di adattarsi alle
sicurezza è garantita dalla più evoluta tecnologia ABS e dal
esigenze del pilota e non viceversa.
controllo di trazione DTC, appositamente regolato per una guida
L’intuizione è stata quella di combinare tra loro 3 diverse mappe
stabile e rilassata. L’assetto delle sospensioni è quello ideale per
motore (150 cv con erogazione sportiva, 150 cv con erogazione
assicurare il massimo comfort a pilota e passeggero.
progressiva e 100 cv con erogazione progressiva), 8 livelli di
Immergendosi nella giungla urbana serve una moto più
‘sensibilità’ del DTC (Ducati Traction Control) e il sistema DES
maneggevole, fruibile 365 giorni all’anno, ideale per andare al
(Ducati Electronic Suspension) con differenti livelli di settaggio
lavoro o per un aperitivo in centro. Urban prevede una potenza
come: taratura automatica delle sospensioni per singolo pilota,
di 100 cavalli, sospensioni con un setting ideale per superare
pilota con bagaglio, passeggero e passeggero con bagaglio
comodamente gli ostacoli cittadini (dossi, tombini, ecc.) ed un alto
(disponibili solamente nella versione S). Combinando in modo
livello del controllo di trazione.
opportuno questi elementi, sono state create le 4 differenti
Per superare brillantemente anche uno sterrato, ad una moto
configurazioni “Riding Mode”: Sport, Touring, Urban ed Enduro.
agile e leggera con manubrio largo e alto, pedane dentate, pa-
Selezionando Sport, si ottiene una moto adrenalinica, ideale
racoppa di serie e pneumatici stradali appositamente progettati,
per piloti esperti, spinta da una potenza di 150 cavalli, con una
si aggiunge il Riding Mode Enduro, che prevede una potenza del
coppia mozzafiato, un assetto sportivo delle sospensioni ed
motore di 100 cavalli, sospensioni più morbide e alte, possibilità
intervento ridotto del controllo di trazione.
di escludere l’ABS ed intervento del DTC ridotto al minimo.
Non solo una nuova moto, ma un nuovo concetto di moto. Con
e caratterizzati da una struttura interna studiata per ottenere
questa premessa venne dato l’input ai progettisti per realizzare
il caratteristico sound Ducati senza trascurare le esigenze di
la prima versione della Multistrada. La nuova Ducati arrivò sul
emissione sonora ed abbattimento inquinanti (EURO 3).
mercato nella primavera del 2003, aprendo un nuovo segmento
Anche le prese d’aria anteriori non sono soltanto un particolare
che riuscì a combinare sportività e prestazioni di riferimento e, al
caratterizzante il design della moto. Esse svolgono un’importante
tempo stesso, garantire un alto livello di comfort.
funzione tecnica agendo da convogliatori di flusso verso il
Proposta all’inizio con motore 1000 DS, quindi aggiornata con il
radiatore dell’olio e verso la cassa filtro di aspirazione del motore.
propulsore da 1100 cc nel 2006, si distinse subito per la sua forte
Il complesso forcellone monobraccio è stato ottenuto per fusione
personalità e, grazie alle sue caratteristiche tecniche, divenne
in conchiglia di un unico getto, con quattro anime incollate per
sinonimo di divertimento ed emozione in ogni situazione.
scaricarne l’interno. Il risultato è un componente bello e funzionale,
Partendo da questa base, Ducati è andata oltre: una Multistrada
in grado di garantire una tenuta di strada eccellente.
ancora più “Multi”, una moto sportiva, potente, divertente ma
La possibilità di un utilizzo off-road è garantita, oltre che dalle
altrettanto facile da usare in sicurezza e con il massimo comfort.
sospensioni a corsa lunga e dal peso ridotto, anche da un robusto
Design non significa solo un look accattivante, ma saper unire
ed efficace paracoppa strutturale in alluminio che protegge la
ad una forma emozionante una funzione intelligente e prestazioni
coppa dell’olio dalle asperità. La protezione aerodinamica è stata
eccellenti. Un chiaro esempio lo ritroviamo nei terminali di
studiata in modo da essere personalizzabile in funzione della
scarico: ben integrati con la forma della moto, posizionati in
statura, grazie ad un parabrezza che può scorrere in verticale
modo da migliorare la distribuzione dei pesi, distanti dalla seduta
di 60mm lungo apposite guide che consentono di posizionarlo
del passeggero per garantire il massimo comfort di viaggio
nella posizione preferita, per una guida più sportiva o turistica.
moto Le più importanti quote ciclistiche, come interasse veicolo, lun-
regolabile nel precarico molla e nel freno idraulico in estensione
ghezza forcellone e geometria di sterzo (avancorsa e offset)
e compressione. Al posteriore, un mono-ammortizzatore SACHS
sono state definite ricercando il miglior compromesso tra stabilità
collega il forcellone oscillante alla piastra telaio sinistra, anch’esso
ad alta velocità e maneggevolezza nel guidato (gli angoli di piega
regolabile. Entrambe le sospensioni sono a corsa lunga per
possono arrivare intorno ai 45°). Il peso contenuto (189 kg a sec-
una moto di estrazione stradale (170 mm sia anteriormente che
co) e l’elevata capacità di sterzata (38° nelle due direzioni) ren-
posteriormente), consentendo un comfort di marcia anche con
dono le manovre da fermo molto semplici ed agevoli, così come
carichi elevati e di affrontare percorsi off-road in sicurezza.
l’inversione di marcia in città o sulle strette strade di montagna.
Sulla versione S è montato il sistema Ducati Electronic
Lo schema per il telaio prevede un traliccio anteriore con tubi
Suspension: la forcella anteriore è regolabile elettronicamente
di grosso diametro e ridotto spessore, due piastre centrali fuse
in compressione ed estensione e manualmente per il precarico.
e due fiancatine posteriori sempre in tubi saldati, chiuse da un
L’impianto frenante anteriore è caratterizzato da un doppio disco
elemento portante posteriore in tecnopolimero caricato con fibra
da 320 mm mentre, al posteriore, troviamo un singolo disco da
di vetro; in tal modo si ha, rispetto alla Multistrada 1100, una
245 mm; Il sistema ABS Bosch-Brembo è di serie per la S.
maggiore rigidezza torsionale (+19%) e flessotorsionale (+11%).
Pirelli ha sviluppato appositamente per la Multistrada 1200 i
Il telaietto anteriore in magnesio contribuisce ulteriormente alla
nuovi
riduzione del peso ed è realizzato in modo da assicurare un
pneumatico è il primo bimescola per impiego ibrido. La fascia
supporto rigido per il gruppo ottico anteriore, cruscotto e carena.
centrale del battistrada è più dura rispetto alle spalle, consentendo
Per quanto riguarda le sospensioni, la versione base prevede
angoli di piega su strada da vera sportiva e, al tempo stesso,
una forcella anteriore Marzocchi con steli rovesciati da 50 mm,
rese chilometriche da touring e buone capacità off-road.
pneumatici Scorpion Trail, nella misura 190/55. Questo
Il motore non poteva che essere il punto di partenza per un progetto così complesso, innovativo e versatile come la Multistrada 1200. La scelta è stata di equipaggiarla con il propulsore più evoluto ed avanzato tra i bicilindrici “Made in Borgo Panigale”, ovvero il motore Testastretta della 1198 campione del Mondo SBK, debitamente modificato per realizzare un propulsore godibile in tutte le condizioni. Ed è nato il nuovo motore Testastretta 11°. Per una moto votata al turismo, capace di affrontare lunghi viaggi, occorre privilegiare la regolarità e la fruibilità del motore, in modo da aumentare al massimo la semplicità di utilizzo e il comfort di guida. Un parametro molto importante per incrementare la regolarità di funzionamento è l’angolo di incrocio, ossia l’intervallo di rotazione dell’albero motore durante il quale le valvole di aspirazione e di scarico rimangono aperte simultaneamente. Tale incrocio si verifica tra la fine della fase di scarico e l’inizio della fase di aspirazione. Nei motori sportivi si hanno alti valori. Nel nuovo motore Testastretta 11° tale angolo è stato ridotto rispetto al motore Testastretta Evoluzione che equipaggia il 1198, da 41° a 11°, allo scopo di ottenere una grande regolarità di funzionamento insieme a bassi consumi ed emissioni allo scarico. Con una potenza di 150 cavalli e una coppia di 12,1 kgm, il nuovo motore Testastretta 11° fissa un nuovo riferimento tra i bicilindrici Ducati. Gli studi di fluidodinamica e le prove sperimentali legate al miglioramento della regolarità di combustione hanno portato anche ad evidenti miglioramenti in termini di emissioni inquinanti ed una riduzione del consumo specifico fino al 15% (EURO3). Il cambio ed il rapporto finale della Multistrada 1200 sono stati ottimizzati per ridurre il consumo di carburante ed incrementare il comfort di guida riducendo le vibrazioni. La frizione della Multistrada 1200 è a bagno d’olio. Grazie ad un sistema con asservimento, questa frizione consente un carico ridotto alla leva, garantendo un ottimo comfort anche in caso di frequenti cambi di marcia. Il sistema è dotato anche di una funzione anti-saltellamento che garantisce la stabilità del veicolo nelle staccate più impegnative.
luxury
Il mondo ha una nuova icona nell’ambito dell’ospitalità di lusso: l’Armani Hotel Dubai. Il primo Armani Hotel è stato inaugurato lo scorso 27 aprile ed è destinato a diventare la meta più esclusiva di Dubai ed un nuovo punto di riferimento nel settore dell’ospitalità, grazie anche alla sua prestigiosa location, all’interno dell’iconica Burj Khalifa, l’edificio più alto del mondo, costruito da Emaar Properties (Armani Hotels & Resorts è frutto di un accordo tra Giorgio Armani S.p.A. ed Emaar Properties PJSC). L’hotel occupa dall’atrio fino all’8° piano e i livelli 38 e 39, con 160 lussuose stanze e suite, 8 ristoranti, negozi ed una SPA. Offre inoltre viste panoramiche della città, il tutto immerso in un ambiente armonioso e ricco di stile. Ogni singolo aspetto del design e dei servizi dell’hotel è stato progettato e curato da Giorgio Armani, dagli arredi su misura fino ai menu dei ristoranti e alle dotazioni nelle stanze. “Ho sognato a lungo di aprire un hotel in cui mi sarebbe piaciuto accogliere e ospitare amici e familiari, un luogo nel quale l’estetica Armani si fondesse con il calore e l’ospitalità italiana. Sono emozionato di aprire il mio primo hotel e poter invitare i miei ospiti a vivere l’esperienza del mondo Armani”, ha dichiarato all’inaugurazione Giorgio Armani. Per quasi cinque anni, Giorgio Armani si è dedicato alla progettazione dell’hotel, supervisionando personalmente ogni aspetto del design. Il risultato di questo lavoro è un progetto in cui si percepisce chiaramente che ogni cosa è stata realizzata su misura, dai pavimenti in pietra Eramosa alle pannellature in Tigerwood (legno tigrato), ai rivestimenti in tessuto delle pareti, fino alle fragranze degli accessori da bagno e della SPA. L’hotel dà vita al sogno di Giorgio Armani. L’Armani Hotel Dubai rappresenta il primo passo dello stilista nel mondo dell’ospitalità e dà voce alla filosofia ‘Stay with Armani’, che promette l’esperienza di vivere come a casa, lontano da casa.
ARMANI HOTEL DUBAI UNA NUOVA FILOSOFIA NELL’OSPITALITÀ DI LUSSO
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L’approccio Armani oltrepassa l’estetica e offre un nuovo standard di servizio (curato dalla divisione dei Servizi Lifestyle). Basandosi sulla convinzione che viaggiare rappresenti un percorso emotivo e non solo fisico, l’Armani Hotel assegna ad ogni ospite un suo personale Lifestyle Manager che fungerà da contatto personale a partire dalla prenotazione fino al momento della partenza, ed anche oltre. Il Lifestyle Manager sarà pronto a percepire ogni interesse e desiderio del cliente e ad assicurarsi che ogni sua esigenza venga anticipata in modo discreto. All’interno sono presenti 8 ristoranti che offrono un’ampia serie di cucine da tutto il mondo, che spaziano da quella giapponese all’indiana, dalla mediterranea all’autentica cucina italiana di alta qualità. La straordinaria varietà dell’offerta culinaria riflette il carattere cosmopolita della città di Dubai. L’hotel dispone inoltre di tre esclusivi negozi: Armani/Galleria, una boutique dedicata agli accessori fino ad oggi disponibili esclusivamente su richiesta, unico spazio a Dubai nel quale ora è esposta la collezione Giorgio Armani Privè; Armani/Dolci, un negozio che offre una deliziosa selezione di biscotti, praline e altre golosità; Armani/Fiori, un negozio che propone eleganti composizioni floreali e vasi disegnati da Giorgio Armani. L’ampia proposta dell’hotel per il tempo libero e l’intrattenimento include anche la prima Armani/SPA all’interno di un hotel. La SPA concretizza la filosofia Armani di un lifestyle su misura, nel quale ogni
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luxury
spazio funge da contesto per trattamenti individuali personalizzati, personal fitness, bagni termali, ma anche momenti di relax privati o di socializzazione. A complemento dell’Hotel, dal 9° al 16° livello della Burj Khalifa, si trovano le Armani Residences: 144 lussuose residenze private che, come l’hotel, sono state personalmente progettate da Giorgio Armani per riflettere il suo stile discreto e lineare. L’Armani Hotel Dubai è il primo di una catena di hotel, resort e residenze che verranno inaugurate in prestigiose destinazioni internazionali. Il secondo Armani Hotel verrà aperto nel 2011 a Milano. Tra le altre opere Armani in realizzazione, il primo Resort a Marrakech e le prime Residences Villas a Marassi in Egitto. Altri Armani hotel, resort e residenze apriranno a New York, Tokyo, Shanghai, Londra. ARMANI/Lounge: Con una vista spettacolare sulla Dubai Fountain creata nel lago, l’ARMANI/Lounge è il principale luogo di incontro nell’Armani Hotel Dubai, dove è possibile consumare un pasto leggero in ogni momento della giornata. Un ambiente perfetto per incontrare gli amici, discutere di affari o anche solo osservare il mondo intorno ed allo stesso tempo gustare alcune tra le più innovative proposte di cucina internazionale. L’ampia selezione di caffè, tè e vini, completa la straordinaria offerta di bevande. L’ARMANI/Lounge rappresenta un luogo d’eccezione dove è possibile godere l’esperienza, tutta italiana, dell’aperitivo gustato al tramonto assieme agli amici.
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ARMANI/Peck: Da oltre 125 anni, la prestigiosa gastronomia milanese Peck delizia gourmet e gourmand. Il ristorante offre un servizio gradevolissimo e veloce per i clienti di passaggio. Una grande varietà di paste fresche e altri prodotti preparati sotto i gli occhi del cliente. Inoltre, è possibile scegliere tra un’ampia selezione di caratteristici piatti ARMANI/Peck già pronti da asportare e perfetti per un picnic nel deserto o una crociera nel Golfo a bordo di uno yacht. ARMANI/Mediterraneo: Per chi desidera iniziare la giornata scegliendo dal buffet le proposte elaborate e creative di una prima colazione continentale, completata anche da un menu à la carte davvero unico. L’ambiente rilassato ma sempre elegante dell’ARMANI/Mediterraneo è aperto a pranzo e a cena e offre una scelta variegata di creazioni che attingono al retaggio culinario sia popolare, sia classico, della più fresca cucina mediterranea. Qui si possono trovare i prodotti delle più consolidate tradizioni dell’agricoltura e della pesca delle regioni che si affacciano sul Mare Mediterraneo. ARMANI/Ristorante: Si ispira alla tradizione gastronomica Toscana (ma anche di altre regioni italiane) per proporre classiche e autentiche delizie culinarie. I piatti rappresentano un mix di ricette tradizionali e riletture in chiave moderna, per gustare al meglio i freschi prodotti mediterranei in un ambiente elegante, accompagnati da un servizio attento e competente. L’ampia lista dei vini include vini italiani ed internazionali di alta qualità, presentati al cliente in modo speciale in un’Enoteca.
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luxury
ARMANI/Amal: Si incentra sulla cucina fresca e innovativa di varie regioni indiane, accompagnata da un’interessante lista di vini e selezione di tè. Curry esotici ed altre specialità vengono preparati di fronte al cliente, rispettando ingredienti e metodi di cottura di antica tradizione. Caratteristiche tapas vengono servite allo Champagne Bar situato all’ingresso, da cui, in particolare dalla terrazza, si possono ammirare vedute stupefacenti del distretto della Burj Khalifa e della Dubai Fountain. Qui è piacevole ritrovarsi con gli amici per gustare i veri sapori dell’India, ammirando un panorama indimenticabile. ARMANI/Hashi: Sorprenderà piacevolmente con variazioni originali della cucina giapponese, tradizionale e moderna. Il pescato fresco, che viene spedito qui quotidianamente da mari lontani, viene accompagnato da una selezione di speciali sake. Gustare sushi, sashimi ed altri autentici piatti giapponesi si trasforma in una piacevolissima esperienza che avvolge tutti i sensi, ammirando anche le viste panoramiche sull’iconica Dubai Fountain. ARMANI/Privé: Il salotto milanese esclusivo di ARMANI/Privé ora si trova anche all’Armani Hotel Dubai. Le notti più eccitanti di Dubai si vivono in questo VIP lounge. Un luogo dove incontrarsi e ballare fino a tarda notte immersi nell’atmosfera vibrante delle note selezionate dal DJ locale che si alterna ad altri DJ di fama internazionale. ARMANI/Privé è la destinazione preferita per rivedere vecchi amici, fare nuove conoscenze e divertirsi con ritmo.
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LONDON NEWS LE METE TRADIZIONALI ED I 1000 NUOVI VOLTI DELLA GRANDE CAPITALE DEL REGNO UNITO Luogo magico e incantevole, metropoli multietnica di rilevanza globale, centro economico e finanziario dell’Unione Europea, capitale della moda mondiale, sede privilegiata di esposizioni di arte moderna e contemporanea, crocevia di artisti, musicisti e attori. Tutto questo è Londra, città unica sotto molti punti di vista e che attira ogni anno milioni di turisti e uomini d’affari provenienti da ogni paese del mondo. Accanto alle mete più ambite e conosciute, ai parchi reali, ai celebri musei, ci sono luoghi di Londra che rimangono nel cuore e che non si trovano in nessuna guida turistica, vecchie librerie, caffè monopolizzati da giocatori di scacchi, minuscole gallerie di artisti talentuosi, scorci di fiume che sembrano quelli ritratti da J.M.W. Turner, eleganti antiquari, piccoli templi del vintage introvabile. Passeggiando per le vie del centro è possibile imbattersi in una delle tante cerimonie che si ripetono quotidianamente, alcune delle quali da più di 700 anni. Fuori da Buckingham Palace, alle ore 11 della mattina, è possibile assistere alla massima esperienza reale: il Cambio della Guardia. In questa occasione, un membro delle guardie della Regina, indossando la tradizionale giubba rossa e il colbacco nero, sostituisce la sentinella in servizio animando un rituale che la musica di sottofondo rende coinvolgente e affascinante. Meno conosciuta, ma ugualmente incantevole, è la cerimonia di chiusura della Torre di Londra. Il Guardiano Capo della Torre, nella classica divisa, il copricapo Tudor e con in mano una candela, chiude a chiave il cancello principale, consegnando le chiavi al direttore residente nella torre. I più fortunati, poi, potrebbero assistere all’apertura del ponte, uno dei simboli più noti di Londra, per il passaggio di navi di notevole altezza ed altre imbarcazioni di grandi dimensioni. La mostra del Tower Bridge vi consentirà di scoprire come funziona il ponte più famoso del mondo e di vedere l’enorme macchinario utilizzato per alzarlo nel periodo vittoriano. E chi volesse avere della città un ricordo da incorniciare, potrebbe attraversare le famose strisce pedonali che fecero da scenario della copertina
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capitali europee
Info: www.visitlondon.com/it Credits Immagini: visitlondonimages/ britainonview/ Pawel Libera
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Regent Street
dell’ultimo album dei Fab Four. La leggendaria immagine fu scattata all’esterno degli studios di Abbey Road (da cui l’album prende il nome) di Londra. Il mitico studio attrae ancora oggi molti grandi artisti per registrare i propri brani. Ma non sono solo queste le esperienze gratuite della capitale britannica. Senza spendere un solo penny, è possibile vedere la scienza in azione, esplorare la storia delle culture del mondo o scoprire i 3.000 anni di storia delle arti decorative, visitando la maggior parte dei principali musei londinesi, tra i quali il British Museum, il Victoria and Albert Museum, il Science Museum e il Natural History Museum. Il British Museum è un museo davvero straordinario, che esplora la storia della cultura del mondo intero. Manufatti provenienti dall’Africa, dalle Americhe, dall’Asia, dall’Europa e dal Pacifico, rapiscono il visitatore proiettandolo in luoghi e in epoche molto lontane da noi. I punti di maggiore interesse sono la Reading Room, uno dei ritrovi abituali preferiti di Karl Marx, il Great Court, progettato da Norman Foster, e le mummie esposte nella collezione sull’Antico Egitto. Dal vertiginoso futuro dei viaggi nello spazio alla difficile domanda “Chi sono?”, il Science Museum fa davvero tutto il possibile per far esercitare il cervello degli avventori con una ginnastica mentale degna delle Olimpiadi. Si può approfittare di questa ottima opportunità per trascorrere una bella giornata di divertimento e lasciarsi immergere nel mondo 3D proiettato dall’avveniristico cinema IMAX. Con un excursus di 3.000 anni di storia, di arti decorative ed oltre 2.000 oggetti provenienti da ogni angolo del globo, il Victoria & Albert Museum è un museo davvero unico. Proprio come in una miniera alla scoperta dell’oro, non si possono prevedere le scoperte che si possono fare in questo stupefacente museo: mobili, dipinti, sculture, oggetti metallici, vetro e tessuti, sono solo alcuni dei manufatti che compongono la collezione del V&A. Le domande che affollano i pensieri di milioni di bambini e che, talvolta, accompagnano anche gli adulti: “Perché i dinosauri si estinsero?”, “Quanto sono grandi i denti di un ippopotamo?”, “Gli unicorni esistono davvero?”, “Com’è la scossa di un terremoto?”,
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capitali europee
possono trovare risposte nell’affascinante Natural History Museum. Ad accogliere i visitatori, nell’atrio centrale, c’è un Diplodocus alto ben 26 metri. L’offerta museale di Londra non si esaurisce qui. Per viaggiare attraverso i millenni, osservando il volto mutevole della città dall’era preistorica ai giorni nostri, passando per l’epoca romana, medievale e dei Tudor, si può visitare il Museum of London, oggi interessato da un restauro da 18 milioni di sterline e non completamente agibile. Suggestivo ed affascinante, per gli amanti di un periodo che ha segnato la storia del Novecento, è l’Imperial War Museum, dove è possibile vedere e ascoltare i resoconti personali delle esperienze di guerra dalla Prima e Seconda Guerra Mondiale fino ai conflitti recenti, ed ammirare da vicino carri armati, sottomarini per un uomo solo e un siluro umano. I pezzi più interessanti sono la scatola di una bomba atomica, uno Spitfire, un Mustang e una barca da pesca che partecipò all’evacuazione di Dunkirk nel 1940. Dalle sale operative alla sala motori, la HMS Belfast, parte dell’Imperial War Museum, rappresenta una fantastica opportunità per chi volesse esplorare una corazzata della Seconda Guerra Mondiale. Fu utilizzata nello sbarco in Normandia e ora è attraccata sul Tamigi nei pressi del London Bridge. Il Design Museum, una vetrina di prestigio del design contemporaneo internazionale, varia frequentemente il programma delle mostre. Per gli appassionati di architettura, la visita prevede un’entusiasmante selezione di opere realizzate da Ettore Sottsass e da Zaha Hadid, nota anche per aver disegnato e diretto i lavori del MAXXI di Roma. Per calarsi nella magica atmosfera vittoriana, si può visitare la casa museo di Sir John Soane, architetto e collezionista di rarità, che nel corso della sua vita accumulò antichità fuori dal comune provenienti da ogni parte del globo. William Hogarth fu un celebre artista e scrittore satirico, le cui opere, quali A Harlot’s Progress (La carriera di una prostituta), A Rake’s Progress (La carriera del libertino) e Marriage-a-la-Mode (Matrimonio alla moda), prendevano in giro la società del XVIII secolo. Hogarth’s House è la casa in cui l’artista visse fino alla morte nel 1764 e qui è possibile trovare la più vasta raccolta di stampe dell’autore esposte al pubblico. Il Geffrye Museum, invece, offre la possibilità di vivere un’esperienza realmente esclusiva: un’affascinante prospettiva della vita domestica dei ceti medi britannici dal 1600 ai giorni nostri. Le stanze che lo compongono sono completamente ornate con Neals Yard
Il ponte di Westminster e la sede del Parlamento
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capitali europee
i tessuti di ogni singola epoca. Il museo è situato in un ospizio del XVIII secolo e dispone anche di un rinomato orto recintato di erbe aromatiche. La casa di Sir John Soane e quella di Hogart sono solo due delle dimore sfarzose di cui la Gran Bretagna è ricca. Per gli amanti del genere, Kenwood House non delude di certo le aspettative. Adagiata ai margini dell’ondulato spazio verde di Hampstead Heath, la casa ha favolose facciate decorate in stucco bianco. Al suo interno c’è una delle biblioteche più belle del mondo, decorate in modo superbo e la Iveagh Bequest, una collezione di raffinati dipinti di Rembrandt, Vermeer, Turner, Reynolds e Gainsborough. Qualunque tesi si sostenga nel grande dibattito sull’arte, la straordinaria abbondanza e varietà di opere di fama internazionale esposte a Londra non delude neanche i più acuti critici. Situata nei pressi di Piccadilly Circus, la sontuosa Royal Academy of Arts ospita un programma in continua evoluzione di mostre entusiasmanti di grande successo. Adagiata sulle sponde del Tamigi, la galleria Tate Modern è nota come la grande cattedrale di Londra dell’arte moderna internazionale; in origine era una centrale elettrica. All’interno della Tate Modern vengono allestite mostre temporanee di artisti di spicco come Rachel Whiteread, Frida Kahlo, Martin Kippenberger, Mark Rothko e Kandinsky. E grazie alla sua ubicazione sul lungofiume, i ristoranti della galleria offrono splendide viste sul Tamigi. Alla Tate Britain è possibile ammirare dai romantici dipinti preraffaelliti ai paesaggi di Turner, fino ai nudi distorti di Francis Bacon. Se si desidera gustare un pasto presso il rinomato ristorante della galleria, tra un boccone e l’altro, ci si può soffermare sul murales di Rex Whistler, noto in tutto il mondo. La National Gallery, fiore all’occhiello di Trafalgar Square, è una vastissima galleria con innumerevoli dipinti di artisti dell’Europa occidentale. Nelle sue sale è possibile imbattersi nelle opere di maestri quali Van Gogh, Leonardo da Vinci, Cézanne, Constable, Caravaggio, Canaletto, Tiziano e Stubbs. La National Portrait Gallery fu inaugurata nel 1856. Ospita una grande collezione di ritratti di uomini e donne britannici. Tra i soggetti si possono trovare grandi scrittori come William Shakespeare e Rudyard Kipling, ma anche re e regine ed icone del nostro tempo. La galleria dispone anche di una collezione fotografica e di uno dei migliori ristoranti sui tetti di Londra. Centro culturale sulla riva nord del Tamigi, la Somerset House ospita due importanti collezioni. Il Courtauld Institute of Art contiene quadri di maestri del passato, di pittori impressionisti e post-impressionisti e le Embankment Galleries che ospitano a rotazione mostre dedicate all’arte, al design, alla moda, all’architettura e alla fotografia. Parte del Southbank Centre, la Hayward Gallery ospita ogni anno quattro mostre di levatura internazionale. La galleria è specializzata in opere di artisti moderni e dei nomi più noti dell’arte contemporanea, ma organizza anche conferenze, dibattiti e workshop particolarmente interessanti. Tra le mete più ambite di Londra non ci sono solo le gallerie d’arte, i musei
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London Eye - Regent’s Park - Piccadilly Circus
e le ville sontuose. La città è anche il luogo più amato dagli appassionati dei mercatini e dei negozietti particolari. Ogni settimana, nel quartiere reso famoso dal film Notting Hill, si svolge il mercato di antiquariato più grande del mondo, che prende il nome dalla strada in cui si svolge: Portobello. Nato nel 1800, sin dagli anni cinquanta è la destinazione ideale dei cacciatori di oggetti d’antiquariato, ricca anche di negozi indipendenti, caffetterie e bar. Un giro tra gli scaffali di Fortnum and Mason’s, il famoso reparto alimentare della Regina, è un’ottima occasione per fare una pausa con un appetitoso assortimento di dolci, cioccolata e tanto altro ancora. Non è necessario un budget regale per fare acquisti qui: una classica miscela di tè o un vasetto di marmellata costano meno di 10 sterline. Il Parlour Restaurant è, invece, il luogo ideale per i golosi del gelato: i gusti sono talmente insoliti da essere introvabili in qualsiasi altro posto al mondo. Londra è una delle città più grandi d’Europa, ma ciò che i londinesi apprezzano maggiormente è il contatto con la natura. La capitale vanta otto parchi reali, più giardini botanici, riserve naturali, canali e uno dei fiumi più conosciuti al mondo, il Tamigi. Nel Bushy Park, una vasta area verde, vivono numerosi cervi in libertà. La famosa Chestnut Avenue lunga un miglio, ideata da Sir Christopher Wren, costituiva l’ingresso formale del Palazzo di Hampton Court. Nel Bushy Park vengono organizzate varie attività dedicate ai bambini. Esteso tra Buckingham Palace e Piccadilly, il Green Park è un parco eccezionale dove prendere il sole e fare i picnic durante l’estate. Il Greenwich Park, patrimonio mondiale dell’umanità, è il più antico dei parchi reali. Ospita vari edifici storici e offre un ottimo punto di osservazione della città dalla cima della collina. Qui è possibile ammirare la spettacolare architettura del Royal Observatory, dell’Old Royal Naval College, del National Maritime Museum e della Queen’s House. Passeggiando in Hyde Park è facile dimenticarsi di trovarsi nel centro di Londra. Qui si trova il Serpentine, famoso lago dove si può andare in barca, e il Rotten Row, il celebre galoppatoio. E con la Serpentine Gallery, la Diana Memorial Fountain e gli eventi all’aperto che si tengono ogni estate, il parco offre sempre tantissime cosa da fare e vedere. I Kensington Gardens si uniscono ad Hyde Park all’estremità del lago Serpentine. Le principali attrattive del parco sono gli Italian Fountain Gardens e l’imponente Albert Memorial. Il parco ospita inoltre il Kensington Palace, con i tranquilli giardini italiani e la famosa statua di Peter Pan. Commissionato nel 1811 dal Principe Reggente, Regent’s Park comprende un teatro all’aperto, uno splendido roseto, un laghetto dove fare gite in barca, parchi giochi, vari bar e ristoranti e l’ampio zoo di Londra. Costeggiando il Mall si arriva a St James’s Park, dove si respira un’aria davvero regale. Dal ponte che attraversa il lago, si possono ammirare due delle migliori vedute londinesi, verso Buckingham Palace e verso Whitehall nell’altra direzione. Il parco offre un ambiente ideale per un picnic ed è
capitali europee
vivamente consigliato di affittare una sedia a sdraio e di distendersi ad ascoltare le bande che suonano sul palco. Il Brompton Cemetery, l’unico cimitero della Corona di Londra, è considerato uno dei più bei cimiteri vittoriani della Gran Bretagna. Contiene più di 35.000 monumenti dedicati a persone di qualsiasi estrazione sociale, molte dei quali rivestono un’importanza storica. Dopo aver ammirato la città dal “piano terra”, non resta che salire e guardare i tanti e famosi edifici e attrazioni della città dall’alto. I punti panoramici sono assai numerosi, dai bar chic alle cime delle colline. Fare un volo panoramico sulla capitale con la London Eye è un’esperienza unica: con un giro di 30 minuti si ha la possibilità di ammirare oltre 55 monumenti londinesi. E per chi volesse festeggiare un’occasione speciale, può prenotare un volo speciale e ammirare Londra dall’alto sorseggiando un bicchiere di champagne. Il panorama di cui si gode dalla cima di Primrose Hill è uno dei migliori della città ed è completamente
Tower Bridge
gratuito. Dall’alto della collina (63 metri sul livello del mare) si ha una chiara veduta su tutto il centro di Londra. Naturalmente, si può visitare l’adiacente Regent’s Park e sperare di adocchiare qualche illustre abitante di Primrose Hill. Per una cena o un semplice drink abbinati a un panorama mozzafiato sul Tamigi, non si può rinunciare ad una cena nella Oxo Tower, magari facendo una follia al ristorante, oppure concedendosi una cena più rilassata nella brasserie, o addirittura sorseggiare un cocktail nel bar godendosi la veduta ineguagliabile della Cattedrale di St Paul. Per gli amanti della stravaganza, l’East London è una zona nota per la sua comunità dalla rigogliosa creatività ed è ricca di gallerie, dai grandi spazi espositivi ai piccoli studi. Degni di nota sono il White Cube in Hoxton Square, che ospita opere di artisti moderni contemporanei come Tracy Emin, e la Whitechapel Gallery, rinnovata di recente, che ha lanciato alcuni degli artisti oggi più conosciuti.
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Tuttavia, l’East End non è l’unico quartiere dove trovare nuove opere d’arte. Uno degli spazi creativi più innovativi della città è il Louise T Blouin Institute di West London. Il luogo ospita regolarmente seminari e concerti, ma anche mostre gratuite. Se si è alla ricerca di vestiti, gioielli e regali unici, a Londra si possono trovare tanti posti alternativi per lo shopping. Brick Lane è la meta ideale per i vestiti dal gusto rétro, dove campeggiano negozi come Absolute Vintage ed altre boutique. Oppure The Laden Showroom per trovare capi straordinari di stilisti indipendenti. Tuttavia, il paradiso dei vestiti è Carnaby a Soho. Qui si trovano concept store di marche come Levi’s e BOSS Orange unici nel loro genere, ma anche negozi di stilisti emergenti. E se si vuole essere appariscenti, il luogo da non perdere è il Dover Street Market, un mercato al coperto di sei piani stracolmo di negozi di marchi noti, disposti in modo eccellente. Un must per tutti gli appassionati di moda. Oltre a turisti e a uomini d’affari, Londra attira ogni anno anche musicisti e jazzisti da tutto il mondo: gli spazi a loro dedicati sono innumerevoli e non è così raro scoprire nei piccoli club quelle che saranno le band di domani. Il 93 Feet East dispone di tre sale principali e un grande spazio all’aperto. Offre musica dal vivo, performance di DJ durante la settimana e serate da discoteca nei weekend. Il Rich Mix è un centro creativo il cui programma culturale è ricco di concerti ogni settimana. Ospita vari generi musicali e una serata gratuita al mese dedicata al jazz. Camden è la patria della musica indipendente di Londra e uno dei locali più famosi è il Dublin Castle, un piccolo pub dove si sono esibiti alcuni grandi nomi della musica prima di diventare famosi e dove la qualità delle esibizioni è sempre elevata. Londra mantiene nella sua storia millenaria un fascino che sembra non tramontare mai. È la meta ideale per un lungo viaggio di scoperta o per un weekend romantico in un grazioso alberghetto immerso nella City. È il luogo ideale per rinnovare il proprio guardaroba o per perdersi nei parchi immersi nel verde. È tutto ciò che si può immaginare, e molto di più. Imperial War Museum
Photo: STEFANO HUNYADY
[ IL VINO CON LA MEMORIA DELLE PIETRE ] Questa fantastica storia ha inizio soltanto quando, nella poderosa genealogia Incisa della Rocchetta, emerge la figura di Leopoldo Incisa, magistrato camerale dell’Imperiale Regio Governo del Lombardo Veneto fino al 1840, anno in cui lascia la carriera pubblica per ritirarsi nella casa in Rocchetta Tanaro dove, nell’azienda di famiglia, approfondirà la sua passione per la viticultura. Leopoldo darà alle stampe due cataloghi (nel 1862 e nel 1869) dei preziosi vitigni italiani e stranieri da lui collezionati, volumi ancora oggi considerati una rarità bibliografica, ricchi di osservazioni ed intuizioni ancora attuali, e fonte preziosa di consultazione per il pronipote Mario, l´inventore del Sassicaia. Infatti, quasi un secolo dopo, Mario Incisa della Rocchetta, giovane studente di agraria, trarrà ispirazione da quei cataloghi e dalla frequentazione con il barone Rothschild per i suoi trapianti di barbatelle bordolesi, prima sui terreni di famiglia alla Rocchetta e poi, con enorme successo, nel terroir di Bolghieri, entrato a far parte dei possedimenti di famiglia in seguito al matrimonio del 18 ottobre 1930 con l’amata Clarice della Gherardesca. La decisione di piantare questa varietà nella
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vini pregiati
Tenuta San Guido, fu in parte dovuta alla somiglianza che egli aveva notato tra questa zona della Toscana e Graves, a Bordeaux. “Graves” vuole dire “ghiaia” e prende il nome dal terreno sassoso che distingue la zona: proprio come Sassicaia, in Toscana, che indica una zona con le stesse caratteristiche morfologiche. La giovane coppia Incisa si stabilì all’Olgiata, dove nacque un’azienda agricola modello ed una scuderia di cavalli che divenne presto celebre per aver allevato vari campioni. Durante il secondo conflitto mondiale, l’Olgiata visse tempi difficili ma in pochi anni Mario seppe trasformare questa tenuta in una moderna fattoria, capace di essere anche un’oasi faunistica e ambientale (l´Oasi di Bolgheri), la prima oasi italiana riconosciuta internazionalmente. Fu qui, sull’altura di Castiglioncello, che egli trovò il terreno ideale per il suo cabernet: quel Sassicaia che discende proprio da quel primo felice impianto e che porterà al primo DOC singolo in Italia, un rosso che avrebbe scalato rapidamente le graduatorie mondiali dei vini di qualità.
SASSICAIA
In basso: Tenuta San Guido
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Ma non fu comunque una strada facile. A dispetto delle ottime premesse, i primi giudizi su quel vino non furono positivi: dal 1948 al 1960 il Sassicaia rimase un vino di dominio strettamente privato e fu bevuto solo nella Tenuta. Presto il marchese capì che, invecchiando, il suo potente rosso migliorava notevolmente. Come spesso accade ai vini di grande levatura, i tratti considerati difetti, col tempo, si trasformavano nelle ben note virtù che tutto il mondo riconosce al Sassicaia. Nel 1965 Mario piantò altri due vigneti di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc; il nuovo vigneto, quello del podere Sassicaia, è a circa 100 metri sopra il livello del mare, mentre quello dell’Aianova è un po’ più alto ed esposto agli elementi. In seguito, Sassicaia fu il nome scelto per il prodotto di tutti i vigneti. L’annata del 1968 fu la prima ad essere immessa sul mercato, con un’accoglienza degna di un Premier Cru Bordolese. Negli anni seguenti, la cantina venne trasferita in locali a temperatura controllata; per le fasi di fermentazione i tini d’acciaio rimpiazzarono quelli di legno, mentre per l’invecchiamento si cominciarono a usare le barriques francesi. Cabernet e barriques: due geniali intuizioni introdotte per la prima volta in Italia dal marchese Incisa e che si diffusero ben presto in tutta la Penisola. Il Sassicaia è stato il primo vino italiano ad affermarsi con successo all’estero ed è quasi universalmente riconosciuto come il padre di una nuova famiglia di vini italiani: i «supertoscani». Il marchese Mario Incisa della Rocchetta è morto nel 1983. Da allora Nicolò Incisa, suo figlio, amministra la Tenuta San Guido. Dalla sua prima commercializzazione, oltre 40 anni fa, per volere di Mario Incisa della Rocchetta, sull’etichetta del Sassicaia appare un sigillo di famiglia di epoca medioevale. La Tenuta San Guido: L’azienda, nella sua superficie, conta tre sottozone molto diverse l’una dall’altra, sia per altitudine che per composizione del terreno. Il suo territorio si estende dal Mar Tirreno fino alle colline dietro Castiglioncello, a 396 metri di altezza. La bellezza del suo paesaggio è nota: selvatico e dolce, gode di un incredibile microclima. Due terzi della superficie sono boschivi,
vini pregiati
il resto si suddivide fra il centro allenamento e allevamento di cavalli purosangue della Razza DormelloOlgiata, l’Oasi di Bolgheri e i terreni coltivati. I vigneti si estendono su una superficie complessiva di circa 70 ettari e hanno la particolarità di essere suddivisi in varie zone, scelte all’interno della tenuta per le particolari caratteristiche sia di esposizione che di composizione del terreno. I vigneti denominati Castiglioncello, Doccino e Quercione si trovano nella parte collinare dell’azienda, ad un’altitudine che varia dai 200 ai 300 metri s.l.m.; i vigneti San Martino e Mandrioli sono subito a ridosso delle colline nella zona centrale della Tenuta mentre i vigneti Sassicaia (genialmente individuate da Mario Incisa come dimora ideale per i vigneti impiantati a Cabernet Sauvignon) ed Aianova sono situati più in basso, ad un’altitudine di circa 80 metri. La tenuta digrada verso il mare a ovest, con dolci colline, fino alla stupenda costa di dune e macchia mediterranea. Ogni vigneto di San Guido ha una sua personalità, che il sapiente lavoro degli enologi riesce a trasferire in ogni singola bottiglia che esce dalle cantine. Il Vino: È prodotto con uve Cabernet Sauvignon per l’85% e Cabernet Franc per il 15%. La vendemmia inizia di norma entro la prima decade di Settembre. La fermentazione alcolica si prolunga per circa 1214 giorni, seguita dalla fermentazione malolattica che si esaurisce entro il mese di Ottobre. Il vino viene di seguito messo ad invecchiare in barriques di rovere Francesi da 225 litri per circa 24 mesi, per poi essere imbottigliato per un ulteriore affinamento in bottiglia di 6 mesi prima della messo in commercio.
Le Annate: Il 1985 è un Annus Mirabilis, in cui il Sassicaia viene considerato unanimemente uno dei più grandi vini mai assaggiati in qualunque zona del mondo. Questo vino, assai vicino alla perfezione, può tranquillamente totalizzare un punteggio di tre cifre. Lo spettacolare colore rubino scuro, il fortissimo aroma di ribes, minerali, liquirizia e rovere novello, lo stupendo grado di concentrazione, la favolosa armonia ed esattezza di composizione: tutto si traduceva in un risultato monumentale. Questo vino vale non solo il suo prezzo astronomico ma anche la fatica che bisognava fare per trovarne anche una sola bottiglia. L’annata migliore dopo il quasi divino 1985 sembra quella del 1990. Di grande corpo, con una fantastica concentrazione, questo Cabenet, ricco di tannino, purissimo, ben definito, possedeva un’acidità abbastanza bassa ed un tannino abbastanza dolce da diventare bevibile per coloro non in grado di differire nel tempo la loro gratificazione. L’eccezionale 1995 presentava due decadi di potenziale invecchiamento davanti a se. Sfumature violacee e floreali cominciano
a emergere appena versato nel bicchiere. In bocca, si fa sentire il tannino e si avverte una forte struttura. Superbamente concentrato e insieme notevolmente puro, possiede quel palato dolce e medio ricco che spesso distingue i grandi vini da quelli soltanto buoni. Il gusto persiste per almeno 30 secondi. La maturazione è completa a partire dal 2000. Il 1995 sembra all’altezza dei migliori Sassicaia e il 1997 promette di reggere il confronto con il 1985, una meraviglia in bottiglia. La terra di Bolgheri continua a donare al Mondo il Sassicaia, un Vino che ha un’Anima Nobile e la memoria delle pietre. Gli Abbinamenti Consigliati: Particolarmente indicato per i cibi dal sapore intenso: grandi piatti a base di carni rosse, cacciagione e selvaggina. In particolar modo con il piccione arrosto, i filetti alla bordolese, i formaggi dal sapore deciso. Consigliato anche il semplice abbinamento con qualche gheriglio di noce e fungo porcino a crudo, condito solo con poche gocce di olio di oliva e qualche intensa erba aromatica dal profumo mediterraneo.
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CONTEMPORANEAMENTE, MODERNO & RETRO
BRIONVEGA RILANCIA L’AUDIO DI DESIGN: QUANDO LA TECNOLOGIA NON VINCOLA LA FORMA
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alta fedeltà
Armonico mix tra design di culto “made in Italy” e tecnologia. Sinonimo di innovazione stilistica e gusto estetico. Correvano i favolosi anni ‘60 quando Marco Zanuso e Richard Sapper progettarono i modelli Brionvega che hanno lasciato il segno nella storia del design mondiale.
Prodotti come il radioricevitore TS502 (comunemente noto come “Cubo”) oppure il Tv portatile Algol, sono oggi diventati veri e propri oggetti di culto grazie al loro design ed hanno ottenuto riconoscimenti in tutto il mondo, oltre ad essere esposti nei musei più prestigiosi, quali il Museum of Modern Art di New York (MOMA). L’interesse mai sopito per questi oggetti, ha convinto Brionvega a ridare vita a questi prodotti che hanno fatto la storia del made in Italy, reinterpretando linee stilistiche di successo ed aggiornandoli dal punto di vista tecnologico con l’utilizzo di materiali di alta qualità. Ogni apparecchio Brionvega realizza la sintesi tra valori diversi, quali l’affidabilità e la facilità d’impiego, la tecnologia e la bellezza, la costante attualità del design. Infatti, con la realizzazione di apparecchi che per la loro stessa natura non sono soggetti al passare del tempo e delle epoche, Brionvega rifugge dalle mode effimere. Questi prodotti costituiscono, così, valori destinati a durare: rappresentano le “antichità del futuro”. Il fine ultimo non é la ricerca del facile effetto, quanto piuttosto la volontà di renderli parte integrante e funzionale degli ambienti più diversi.
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RADIO CUBO TS522 - TS522 CR: Nata dalla creatività di
TELEVISORE PORTATILE DONEY - BIANCO: Progettato nel
Marco Zanuso e Richard Sapper, entra prima nelle case, poi
1962 da Marco Zanuso e Richard Sapper, è stato insignito
nei musei, infine nel mito. Figlia del mitico ts502, è una delle più
del prestigioso “Compasso d’Oro” per l’innovativa soluzione
straordinarie avventure dell’innovazione e del design dell’Italia del
concettuale e formale, di grande compattezza stilistica. Come nel
dopoguerra. La radio si apre in due scocche a forma di cubo e
modello originario, mantiene la forma “a dado arrotondato” che
rivela la sua natura curata nei minimi dettagli, inalterata nella sua
lo rende pratico da trasportare. Il nuovo modello è caratterizzato
bellezza ma tecnologicamente aggiornata. È disponibile anche in
da tecnologie di ultima generazione: cinescopio black matrix,
versione radiosveglia, con display a cristalli liquidi.
sintonia digitale, 100 programmi memorizzabili, TXT, ingresso
RADIOFONOGRAFO
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RR226:
L’esclusività
di
un
prodotto
SCART, SVHS, A/V, telecomando multifunzione.
interamente realizzato a mano, evoluzione dell’originario RR126.
“RADIO GRATTACIELO” RR227: Mantiene il design a forma
Un monumento alla musica, progettato nel 1965 dai fratelli
di parallelepipedo dell’originale rr 127, progettata nel 1965 dal
Achille e Pier Giacomo Castiglioni. Il Radiofonografo RR226
designer Zanuso. Nata come “rielaborazione” della radio cubo,
include, oltre alla radio, un lettore CD posizionato a sinistra del
ne riutilizzava il 90% dei componenti, interpretandoli in una
piatto e un giradischi Pro-Ject, appoggiato su un’isola flottante in
dimensione estetica a sviluppo verticale fortemente innovativa
modo che sia disaccoppiato rispetto al resto del mobile. Il corpo
negli anni ’60 e che permetteva di posizionare la radio sia in
centrale è montato su un piede dotato di ruote che consentono
verticale, sia in orizzontale. Per sottolineare questa possibilità,
di spostarlo agevolmente. Come nel modello originario, le
le frequenze sono scritte sia in orizzontale che in verticale. La
due casse staccabilI permettono di giocare a creare varie
nuova radio è ora dotata di una porta USB, un lettore di SD card
configurazioni a seconda delle esigenze di ascolto.
e di un pin jack per collegare fonti audio esterne.
ALGOL: La storia di Algol è sempre fresca, grazie al recente
“RADIO GRATTACIELO” RR327: Accompagna al design classico
aggiornamento nella parte elettronica ed all’utilizzo di componenti
una serie di funzionalità tecnologiche come RDS, alloggiamento
digitali di ultima generazione. Algol mantiene invariate le forme e
per chiavette USB e schede di memoria SD, ricerca automatica
i colori originali progettati da Marco Zanuso e Richard Sapper
e memorizzazione delle stazioni. Per la funzione radiosveglia si
a metà degli anni ‘70, ed è esposto nei più famosi musei
può decidere di impostare una stazione radio, il beeper o una
internazionali, tra cui il prestigioso MOMA di New York.
fonte di musica esterna. Funziona sia a corrente sia con pile.
PROFONDITÀ SVELATE
CREDITS: •SILVIA BOCCATO: 1ª classificata “Reflex Digitali 2009” - Società: Foto Sub Club Roma •DAVID SALVATORI: 1° classificato “Compatte Digitali 2009” - Società: Tirreno Sub Roma Le foto pubblicate sono vincitrici del Campionato Italiano Individuale di Fotografia Subacquea Digitale, campionato di esclusiva pertinenza della Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee (FIPSAS), unico ente sportivo abilitato a mettere in palio titoli sportivi aventi il riconoscimento del Comitato Olimpico Nazionale Italiano. http://portale.fipsas.it
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SILVIA BOCCATO: Grandangolo
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SILVIA BOCCATO: Mare & Terra
photographer
SILVIA BOCCATO: Il Pesce
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SILVIA BOCCATO: Grandangolo
DAVID SALVATORI: Grandangolo
DAVID SALVATORI: Il Pesce
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DAVID SALVATORI: Mare & Terra
SY PANTHALASSA 56m Panthalassa, ketch di 56 metri, ottavo esemplare della serie di 56 metri e numero 47 della flotta Perini Navi, presenta importanti innovazioni sia nella progettazione navale, sia nella realizzazione degli interni. Lo scafo in alluminio, dalle linee filanti, registra un dislocamento massimo di 540 tonnellate che garantisce alte prestazioni veliche e massimo confort. Le novità delle linee si evidenziano nella rivisitazione della sovrastruttura in alluminio, concepita con un profilo più filante e aerodinamico. Inoltre, l’inedita interpretazione dei volumi permette maggiori spazi esterni, specialmente nella parte anteriore del ponte di coperta a flush deck, camminamenti laterali più protetti e accessi laterali pratici e spaziosi. Lo specchio di poppa si apre con un sistema idraulico, scoprendo un’ampia scala strutturale che forma una piattaforma dalla quale si può accedere comodamente al mare. La nave è dotata di una seconda piattaforma laterale per l’accesso al mare o per salire sul tender con estrema facilità. Il pozzetto di poppa di Panthalassa è di dimensioni più ampie rispetto alle imbarcazioni precedenti. Protetto lungo il perimetro da pannelli trasparenti, ospita la zona pranzo all’aperto, un divano per il relax, una televisione, un bagno di servizio e la scala esterna semicircolare per l’accesso al fly bridge, il quale accoglie una zona prendisole, una zona per i pranzi all’aperto e la plancia di comando per la navigazione a vela e a motore. Dal pozzetto, l’ingresso al salone principale è ora più funzionale e concede una continuità tra esterni ed interni. Il salone principale open space accoglie 3 divani, di cui uno rivolto verso l’esterno per la vista del panorama circostante, un bar e la zona pranzo trasformabile in sala convegni o in centro massaggi. Nel centro del salone, la scala principale per l’accesso al fly e al lower deck. Il salone termina con la sala di comando a vista. Grandi novità sotto il profilo della diffusione di luce naturale, ottenuta grazie all’inserimento di tre grandi sky light. Il primo è stato collocato sul fly bridge: un tavolo circolare in cristallo temperato che permette al pozzetto di ricevere direttamente la luce naturale durante il giorno, mentre di notte l’illuminazione è creata da una serie di led luminosi. Stessa soluzione è stata adottata nel salone principale per la diffusione della luce naturale all’interno del grande cilindro composto da quattro lastre di vetro scorrevoli e modulabili, che racchiude l’inedita zona pranzo. Il terzo sky light è stato realizzato mediante l’inserimento di 9 prese di luce collocate nel pavimento del fly bridge, che riforniscono direttamente di luce naturale il salone principale. Gli interni dell’imbarcazione, si sintetizzano nel vero e proprio cuore dell’imbarcazione: la scala aerea centrale di forma ellittica che collega i tre ponti dal fly bridge al lower deck, accompagnata da fini elementi trasparenti capaci di convogliare la luce proveniente dall’esterno. Nel lower deck non è presente la consueta cabina armatoriale, ma 6 cabine con metrature simili: 4 con letto matrimoniale e 2 con letti singoli trasformabili in matrimoniali. Le cabine sono tutte fornite di bagno personale, chaise longue sulle murate e consentono di ospitare 12 persone.
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Photo credits to Zen Production and Giuliano Sargentini by courtesy of Perini Navi
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PRINCIPALI CARATTERISTICHE TECNICHE Lunghezza fuori tutto:
56 m
Lunghezza alla linea di galleggiamento:
46,06 m
Larghezza massima:
11,52 m
Scafo:
Alluminio
Sovrastruttura:
Alluminio
Immersione chiglia su:
3,95 m
Immersione chiglia giù:
9,73 m
Dislocamento massimo:
540 T
Stazza:
497 grt
Velocità massima:
15 Kn
Range at 13 kt:
3.500 nm
Altezza albero di maestra:
58,37 m
Altezza albero di mezzana:
47,97 m
Superficie velica totale (bolina):
1.500 m²
Architettura Navale:
Perini Navi / Ron Holland
Interior Design:
Foster and Partners
Costruttore:
Perini Navi Group
Classificazione ABS:
Malta Cross A1 AMS Yachting Service + MCA
Gruppo Perini Navi: con una flotta di 48 velieri in navigazione, è leader mondiale nella progettazione e costruzione di grandi navi a vela. Recentemente ha iniziato a costruire anche innovative navi a motore della serie PicchiottiVitruvius, rilanciando lo storico marchio Picchiotti che dagli inizi degli anni ‘90 è di proprietà del Gruppo Perini. Il gruppo è costituito da Perini Navi, nata negli anni ‘80 grazie a Fabio Perini (che ha creato un sistema di automazione del controllo della parte velica che rappresenta, oggi, lo stato dell’arte della tecnologia della navigazione a vela), dai Cantieri Picchiotti, braccio produttivo del gruppo, dai Cantieri Navali Beconcini, specializzati nel restauro di barche d’epoca, dal cantiere di Yıldiz-Perini Navi Istanbul in Turchia, in cui vengono realizzati gli scafi e le sovrastrutture, e da Perini Navi USA, filiale commerciale dedicata alle attività di brokeraggio e alla gestione dei charter.
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EDITORE Giovanni Colella editore@mylifestyle.it DIRETTORE RESPONSABILE Vincenzo Paticchio CAPOREDATTORE Annalisa Nastrini ARTICOLI REDAZIONALI Si ringraziano per la gentile collaborazione: Luca Devito Mario Peralda Bianca Geddes da Filicaja Alice Zampolli Sergio Schiavone Dario Schiavo Davide Santoro Marino Poddighe redazione@mylifestyle.it IMPAGINAZIONE E GRAFICA Plus - Comunicazione & Eventi FOTOLITO, ALLESTIMENTO E STAMPA Martano Editrice PUBBLICITÀ PLUS - Comunicazione & Eventi Tel. 329.7888992 Fax 0832.230424 plus.agenzia@gmail.com EpiQure Tel. 320.3708285 Tel/Fax: 0832.307369 info@epiqure.it
L I F E S T Y L E
MY LIFESTYLE N. 6 Summer 2010 Immagine di copertina ed in questa pagina: Photo credits to Zen Production and Giuliano Sargentini by courtesy of Perini Navi Autorizzazione del Tribunale di Lecce: n. 1003 del 24/10/2008 È vietata la riproduzione parziale o totale di articoli e immagini senza la preventiva autorizzazione scritta da parte dell’editore
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Un cockpit, un propulsore, due ali. È ancora un’auto? Un cockpit, un Un cockpit, un propulsore, propulsore, due due ali. ali. ÈÈ ancora ancora un’auto? un’auto?
Monoscocca in Alluminio, propulsore V8 da 571CV e 650 Nm di coppia, rapporto peso/potenza 2,84 kg/CV, albero di trasmissione in carbonio e cambio a 7 marce con doppia frizione DCT. Ora allacciate le cinture di sicurezza. Siete propulsore nati per volare. 13,2 -peso/potenza Emissioni CO22,84 (g/km): 308.albero di trasmissione in carbonio e cambio a 7 marce con doppia frizione DCT. Ora allacciate le Monoscocca in Alluminio, V8 daConsumo 571CV ecombinato 650 Nm di(l/100 coppia,km): rapporto kg/CV, Monoscocca in Alluminio, V8 daConsumo 571CV ecombinato 650 Nm di(l/100 coppia,km): rapporto kg/CV, cinture di sicurezza. Siete propulsore nati per volare. 13,2 -peso/potenza Emissioni CO22,84 (g/km): 308.albero di trasmissione in carbonio e cambio a 7 marce con doppia frizione DCT. Ora allacciate le cinture di sicurezza. Siete nati per volare. Consumo combinato (l/100 km): 13,2 - Emissioni CO2 (g/km): 308.