N. 14 - Aprile / April 2014
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Pistoia nel Mondo il Mondo a Pistoia - Pistoia in the World the World at Pistoia
Giorgio Tesi Editrice
Pistoia ,
la Toscana a misura di famiglia Tuscany for families Consorzio Turistico Città di Pistoia, insieme per realizzare i sogni di Toscana dei nostri ospiti: la città d’arte, gli uliveti, i borghi medievali, la campagna incontaminata, l’accoglienza… Un’esperienza entusiasmante ed autentica! Il Consorzio unisce le forze degli operatori turistici per esprimere al meglio le eccellenze di una terra dal fascino inaspettato. Consorzio Turistico Città di Pistoia, together to make your Tuscan dream come true: the city of art, the olive groves, the medieval villages, the unspoiled countryside, the hospitality… A stirring and authentic experience! The Consorzio combines the strengths of the local tourism operators to bring out the best of our surprisingly charming land.
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EDITORIALE
I fiori e le radici L
Giovanni Capecchi
Direttore Editoriale - Managing Editor direttore@naturartpistoia.it
e Terme di Montecatini, la Piazza del Duomo, un particolare del Battistero e il rococò della Chiesa del Carmine di Pistoia, la Villa Rospigliosi di Spicchio adagiata sulle pendici del Montalbano, Castello di Cireglio, borgo montano legato alla memoria dello scrittore e linguista Policarpo Petrocchi; e ancora: lo splendore delle rose Barni, due artisti come Agenore Fabbri e Marino Marini (con i suoi cavalli collocati a Berlino, Gerusalemme e Tokio), la Pistoia-Abetone, maratona storica e internazionale: sono questi gli argomenti principali attraverso i quali il numero 14 di NATURART vuole raccontare una parte importante della Toscana, rivolgendosi soprattutto a lettori lontani, che non la conoscono e che magari, presto, vorranno visitarla. È come una pianta, questa rivista. Affonda le radici in un territorio e sparge i rami e i fiori oltre Pistoia. Le radici sono rappresentate da una storia che si desidera comunicare, dalle bellezze - artistiche, architettoniche e naturali - che si vogliono far vedere, dalle eccellenze economicoproduttive che da tempo hanno varcato i confini nazionali, dalle vicende di uomini e donne che hanno maturato le loro esperienze e si sono fatti conoscere al di là della cinta di mura che racchiude le nostre città medievali, dalla trama di collaborazioni e di contributi che NATURART riesce a raccogliere intorno a sé. L’oltre è costituito da tutto ciò che sta al di là del perimetro di un territorio circoscritto: è un luogo fisico (il mondo, si potrebbe dire) ma anche mentale, se si pensa che un periodico come questo è ispirato dal desiderio di confronto, dalla voglia di viaggiare, portando il suo messaggio di cultura e di bellezza. Al di là della dimensione provinciale, al di sopra delle pur necessarie radici. Oltre, appunto, per dirla con l’avverbio indicato fin dalla costola della copertina di NATURART, che racchiude l’essenza e l’ambizione di questo progetto editoriale.
Flowers and roots
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he spas of Montecatini; Piazza del Duomo, a detail of Baptistery, and the rococo of the Church of the Carmine in Pistoia; the Villa Rospigliosi in Spicchio situated on the slopes of Montalbano; Castello di Cireglio, a mountain village related to the memory of the writer and linguist Policarpo Petrocchi; the Barni firm’s splendid roses; two artists like Agenore Fabbri and Marino Marini (whose horses are found in Berlin, Jerusalem and Tokyo); the historical and international Pistoia-Abetone marathon: all these are the main topics through which Naturart’s fourteenth issue describes an important part of Tuscany, aiming primarily at those readers faraway who do not know the region and who, perhaps, may soon want to come for a visit. This magazine is like a plant, with deep roots in the area, spreading its branches and flowers over Pistoia. The roots are represented by a history that conveys the artistic, architectural and natural beauties that must be seen, by its economic-production excellence that have gone beyond our national borders for some time now, by the stories of men and women who have built their skills and become known beyond the wall that encloses our medieval cities, and by the network of cooperation and contributions that Naturart has created around it. Above and beyond stands for everything that lies outside the confines of a district. It is a physical place (the world, it could be said) as well as a mental one, considering that a magazine such as this draws its inspiration from a desire to compare and to voyage. Its message of culture and beauty is carried above its essential roots and beyond the province. Above and beyond is the right expression for capturing Naturart’s very spirit and ambition, from its cover to its contents.
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Trimestrale di Natura, Turismo e Arte sulla Provincia di Pistoia Registrazione Tribunale di Pistoia N°2/2010 del 28-05-2010 N. 14 - Aprile / April 2014
Da oltre 20 anni S.i.D.A. opera nel Vending a PISTOIA con un intento specifico: offrire ad aziende, uffici, scuole, piccole e grandi comunità, o comunque dove ci siano persone che lavorano, studiano e non hanno il tempo o la possibilità di potersi regalare una pausa al bar più vicino, una zona ristoro ben organizzata e funzionale per soddisfare i piccoli bisogni alimentari; contribuendo a creare un clima di lavoro sereno e produttivo, una situazione di tranquillità e benessere che semplifica l’attività lavorativa quotidiana.
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Pistoia nel Mondo il Mondo a Pistoia - Pistoia in the World the World at Pistoia
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Giorgio Tesi Editrice
Copertina: Pluteo scolpito con motivi a intarsio e protomi umane e animali. Cover: Pluteus carved with inlaid motifs and human and animal protomes.
Giorgio Tesi Group The Future is Green Giorgio Tesi Editrice S.r.l. Via di Badia, 14 - 51100 Bottegone - Pistoia -Italy Tel. +39 0573 530051 - Fax +39 0573 530486 info@naturartpistoia.it - www.naturartpistoia.it Per la tua pubblicità sulla rivista contatta la Giorgio Tesi Editrice o invia una e-mail a grafica@giorgiotesigroup.it
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Di questo numero sono state diffuse 10.000 copie in 45 Paesi esteri. 10,000 copies of this issue have been distributed to 45 countries abroad. via Zanzotto, 162 51100 Pistoia sidapt@tin.it
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Direttore Editoriale Giovanni Capecchi - g.capecchi@naturartpistoia.it
Direttore Responsabile Carlo Vezzosi - info@naturartpistoia.it
Art Director Nicolò Begliomini - grafica@giorgiotesigroup.it
Comunicazione e Marketing Fabio Fondatori - f.fondatori@giorgiotesigroup.it
Segreteria Carolina Begliomini, Maria Grazia Taddeo contatti@giorgiotesigroup.it
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Terme Tettuccio Tettuccio Spa
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Suggestione da Oscar Oscar Suggestion
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Nel nome delle Rose In the name of the Roses
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Il Fonte del Battistero The Font of the Pistoia’s Baptistery
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Agenore Fabbri Fra tragedia e speranza Between Tragedy and Hope
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Villa Rospigliosi di Spicchio Una dimora da Papi A dwelling worthy of a Pope
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Giardino Zoologico di Pistoia Zoological Gardens of Pistoia
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Giorgio Tesi Group Coprirsi di Verde Covered with green
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Via Cavour, 45 - Pistoia - Mob. +39 335 6247499 - info@maraborchi.com
Comitato di redazione: Leonardo Begliomini, Nicoletta Boccardi, Emanuel Carfora, Lorenzo Cipriani, Giuliano Livi, Martina Meloni, Maria Camilla Pagnini, Paolo Paolieri.
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Giorgio Tesi Group Sviluppo Sostenibile Sustainable development
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Il giardino impossibile The impossible garden
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Chiesa del Carmine Church of the Carmine
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Un cavallo per la pace A Horse for Peace
Hanno collaborato a questo numero: Eleonora Angelini, Claudia Becarelli, Leonardo Begliomini, Manlio Cafiero, Matteo Caffiero, Emanuel Carfora, Massimo Carradori, Lorenzo Cipriani, FAI Giovani Pistoia, Roberto Fedi, Maurizio Ferrari, Fabio Fondatori, Claudio Maestripieri, Stefano Mei, Martina Meloni, Simona Pallini, Andrea Ottanelli, Ambra Tuci.
Traduzioni: Studio Blitz - Pistoia
Fotografie: Archivio Giardino Zoologico, Archivio Fondazione Marino Marini, Archivio MART (Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto), Nicolò Begliomini, Luca Bracali, Massimo Carradori, Tommaso Frasca, Alfio Garozzo, Chia Tan, Valeria Torti, Fabrizio Sichi, Woola.it Per le immagini pubblicate restiamo a disposizione degli aventi diritto che non si siano potuti reperire.
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Stampa Grafica Metelliana S.p.A. Cava de’ Tirreni (Sa)
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Policarpo Petrocchi e Castello di Cireglio
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Le emozioni delle immagini The emotions of the images
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Pistoia - Abetone Salire e ancora salire Always climbing
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Eventi Events
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Tra continuità e apertura al mondo
Fabrizio Tesi Giorgio Tesi Group
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ono passati 4 anni dall’inizio di questa avventura editoriale. In questo periodo Naturart è cresciuto ed è diventato grande. Oggi questa rivista è di rara bellezza, nei contenuti e nelle immagini. E’ sempre più richiesta, a Pistoia e ovunque la mandiamo, in tutto il mondo. Riceviamo continuamente apprezzamenti che ci ripagano di tanti sforzi. In questi anni ho evitato di fare interventi diretti sulla rivista. Prima di tutto perché non ce n’era necessità, il successo parlava da solo, poi perché, come ogni editore, ho deciso di non interferire mai nelle scelte dei professionisti che guidavano la rivista. Oggi siamo giunti, però, ad un importante passaggio di consegne ed ho ritenuto giusto far conoscere il pensiero dell’editore e del nostro gruppo. Innanzitutto, desidero dare atto di questo successo a Luciano Corsini, storico direttore responsabile e grande professionista nel giornalismo, che insieme all’Art Director, Nicolò Begliomini, ha saputo realizzare una rivista unica, con scelte editoriali che hanno risvegliato l’identità e l’orgoglio pistoiese. Colgo l’occasione, quindi, per ringraziare di cuore Luciano per il lavoro svolto, per la grande bellezza che ha trasmesso a NATURART e per la sapienza con cui ha diretto la rivista. Mi auguro che il suo sia un arrivederci e possa, in ogni caso, continuare a dare un contributo alla rivista. Nello stesso tempo vorrei dare il benvenuto al nuovo direttore editoriale, Giovanni Capecchi ed al nuovo direttore responsabile, Carlo Vezzosi, che si assumono l’arduo compito di proseguire nel lavoro di Luciano. Essi, insieme ai nuovi componenti
della redazione, inaugurano una nuova stagione di NATURART. Giovanni Capecchi, già conoscitore ed estimatore di NATURART, è uomo di cultura e di grande equilibrio. Giovanni avrà il compito di esprimere la linea editoriale insieme all’Art Director e di coordinare la redazione. Ci siamo conosciuti da poco ma subito è scattato un rapporto umano di grande stima e simpatia. Sono convinto che continuerà nel solco di Luciano e che porterà in dote idee e conoscenze che faranno ulteriormente crescere NATURART. Carlo Vezzosi è un collaboratore storico della Giorgio Tesi Group. Ex preside dell’Istituto Agrario di Pistoia, agronomo e attuale presidente del Comitato di Indirizzo della Fondazione Giorgio Tesi Onlus è l’uomo giusto per esprimere il sostegno della nostra azienda a questa iniziativa editoriale. Ma la novità più importante è che abbiamo costituito un gruppo di lavoro formato da personaggi della cultura, dell’arte, dell’ambiente e del paesaggio, espressione di tutto il territorio pistoiese, giovani e meno giovani, storici dell’arte e docenti, che fornirà idee e argomenti per ogni numero di NATURART. E’ un gruppo aperto alla collaborazione di tutti, di chiunque abbia temi da proporre, nello spirito di riscoprire la bellezza di Pistoia, del suo territorio e di tutto ciò che va anche oltre i confini della provincia ma che ha legami o affinità con la nostra città. NATURART è la rivista dei pistoiesi, quindi, i pistoiesi devono essere protagonisti anche nel proporre argomenti che possano promuovere i nostri valori nel mondo. Le cose più belle che ha creato questa esperienza editoriale sono state il risveglio dell’orgoglio di essere pistoiesi e la crescita del senso di appartenenza a questo territorio. Questa è la strada iniziata da NATURART, che vogliamo continuare e, se possibile, rafforzare. Per i lettori, gli appassionati, i collaboratori e tutti i partner che hanno creduto da sempre in questo progetto. A loro va il mio ringraziamento.
Between continuity and openness to the world
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our years have passed since this publishing adventure began. In this period Naturart has grown up and become big. Today, the content and images of this magazine are of a rare beauty, increasingly in demand in Pistoia and wherever we send it around the world. We are constantly receiving compliments that they repay us for all our efforts. In recent years, I have avoided intervening directly in the magazine. First of all, because there was no need, its success spoke for itself, and additionally, because, like any editor, I chose never to interfere in the choices of the pro-
fessionals running the magazine. Today we have reached, however, a noteworthy handover and I thought it right to make the thoughts of the editor and our group known. First of all, I want to give credit for this success to Luciano Corsini, current managing editor and a great journalist, who, together with Art Director Nicolò Begliomini, has been able to put together a unique magazine whose editorial choices have revitalized Pistoia’s identity and pride. I therefore would like to take this opportunity to thank Luciano for his work, for the great beauty he has given Naturart, and the acumen with which he directed the magazine. I hope that his is a temporary farewell and that he may, in any case, continue to contribute to the magazine. At the same time I would like to welcome the new editorial director, Giovanni Capecchi, and the new managing editor, Carlo Vezzosi, who are taking on the daunting task of continuing Luciano’s work. Together with the new members of the editorial staff, they will inaugurate a new NATURART era. Giovanni Capecchi, already a connoisseur and admirer of NATURART, is a man of culture and great poise. Giovanni has the task of expressing the editorial vision, together with the Art Director and of coordinating its editorial staff. We recently met and immediately there was a great sense of respect and congeniality. I am convinced that he will continue in Luciano’s footsteps, bringing his ideas and expertise to make NATURART continue to grow. A well-known partner of the Giorgio Tesi Group, Carlo Vezzosi is the former head of Pistoia’s Agricultural Institute, an agronomist, and the current president of the non-profit Fondazione Giorgio Tesi’s steering committee. He is the right man to express the support of our company in this editorial initiative. But the most important change is that we have set up a working group consisting of cultural and artistic figures from throughout the Pistoia area, young and not so young, art historians and teachers providing ideas and topics for each NATURART issue. The group is open to working together with everyone, with anyone who has topics to suggest, in the spirit of rediscovering the beauty of Pistoia, its district, and anything that goes far beyond the borders of this province but which has ties or similarities to our city. NATURART is a magazine for the people of Pistoia, who therefore must also be the main players in recommending subjects that will promote our values around the world. The most beautiful things created by this publishing experience have been the resurgence of pride in being from Pistoia and the growth in the sense of belonging to this district. This is the road taken by NATURART that we want to continue and, if possible, make stronger. For our readers, fans, and all the partners who have believed in this project.
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Terme Tettuccio
“Il suon che TESTO Emanuel Carfora
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FOTO Nicolò Begliomini
di dolcezza i sensi lega� Arte, architettura e natura nel luogo simbolo di Montecatini 11
Pagine d’apertura: Fonte del Tettuccio, Sirio Tofanari. a sinistra: Facciata delle Terme Tettuccio realizzata da Ugo Giovannozzi (1928). sotto: Ambulacro d’ingresso con copertura a velari; veduta della vasca e colonnato semicircolare con sorgete Tettuccio. Opening page: Fonte del Tettuccio, Sirio Tofanari. To the left: Façade of the Tettuccio Spa, designed by Ugo Giovannozzi (1928). Below: Entrance with canopy covering; view of the pool and semi-circular colonnade with the Tettuccio fountain-head.
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uest’acqua scioglie mirabilmente il ventre e provoca il vomito; apre le oppilazioni soprattutto dei reni e scioglie talvolta i calcoli […]. Vidi alcuni bere perfino un barile di quest’acqua e poi espellerla limpidissima». Parola di Ugolino da Montecatini, medico toscano, che già nel 1417 nel suo Tractatus de Balneis descriveva le sorprendenti virtù curative delle acque termali di Montecatini. Oggi, a distanza di sei secoli, allo stesso modo curanti e turisti da tutto il mondo continuano a trarre beneficio dalle cure idropiniche della città termale. Fu proprio la presenza e la qualità dell’acqua curativa a convincere il sovrano illuminato Pietro Leopoldo, sul finire del XVIII secolo, a fondare la moderna ville d’eaux toscana, una città progettata attorno alla presenza degli edifici termali. L’inscindibile legame fra le sorgenti termali, la flora, l’architettura e l’arte è sapientemente creato per infondere un benessere dello spirito e del
corpo. Un concetto antico, ancora attuale, che negli anni Venti del Novecento spinse la città di Montecatini verso un aggiornamento delle architetture termali e degli spazi adibiti al lieto sog-
Un edificio nato intorno alle virtù curative delle acque giorno dei curanti, sempre più numerosi e facoltosi. Il notevole risultato è ancora oggi tangibile, soprattutto guardando al simbolo della città, lo stabilimento termale Tettuccio. La monumentalità del complesso architettonico e dell’ambiente naturale circostante, valorizza
l’eredità culturale proveniente da secoli di storia e tradizione, attraverso quei linguaggi architettonici tipici delle antiche terme romane. Una sensibilità che possiamo riscontrare nell’opera di Ugo Giovannozzi, architetto che si occupò fra il 1923 e il 1927 dell’ampliamento del Tettuccio, preservando l’originaria facciata settecentesca di Gaspare Maria Paoletti per ricollocarla nell’ala ovest dello stabilimento. La nuova e odierna facies poteva così invitare il curante a riflettere sui significati rappresentati dal gruppo scultoreo collocato sul registro superiore della facciata: la Sorgente, la Salute, l’Igiene e la Medicina. All’interno del Tettuccio sono di nuovo presenti riferimenti all’impianto architettonico e decorativo delle terme romane, attraverso maestosi colonnati, timpani e rotonde che introducono il curante nell’inaspettata dimensione del beneficio visivo e intellettivo. Fontane e vasche richiamano la presenza della sorgente, idealmente rappresentata su lastra di vetro policromo, nel soffitto del colonnato semicircolare che si trova all’ingresso dello stabilimento. Di colore azzurro vivo, la fonte fuoriesce vigorosa dal terreno, sotto quella tettoia rossa che un tempo era definita “tettuccio” (piccolo tetto). Fra le numerose fonti troviamo L’airone e la rana di Raffaello Romanelli dinanzi allo stabilimento Regina e la Fonte del Tettuccio di Sirio Tofanari, dove animali acquatici interagiscono fra loro con singolari giochi acqua. Gli ambienti interni, come da tradizione, ospitano servizi quali le poste e grandiosi locali: qui trovano ubicazione i negozi, le gallerie d’arte, le sale per eventi culturali e tranquilli luoghi che conciliano la lettura. Ecco allora che nel Salone del caffè troviamo putti volanti, allegorie della gioia e della poesia, dipinti dalla mano di Giulio Bargellini, mentre sulle pareti si ammirano i paesaggi toscani della pittrice Maria Biseo. Suscita stupore la sala con struttura alberiforme realizzata dall’architetto Paolo Portoghesi (1989), dove gli elementi portanti in legno lamellare prendono
la straordinaria forma di alberi che sorreggono il soffitto in vetro. Attraversando il grande cortile interno si nota l’iscrizione Il suon che di dolcezza i sensi lega, posta a omaggio di Petrarca nel fregio del Tempietto della Musica, perfetta per unire parole e arti musicali. Queste sono rappresentate da Ezio Giovannozzi nelle pitture murali della cupola, ricoperta a sua volta da meravigliose scaglie di maiolica della Manifattura di Borgo San Lorenzo di Galileo Chini. La continuità fra spazi aperti e chiusi conduce il visitatore attraverso il tessuto narrativo artistico, con dipinti e sculture che alludono o rimandano
alla pratica della cura termale. La straordinaria scenografia allestita da Basilio Cascella nella Galleria di mescita delle acque, si rivela feconda di significati pedagogici, trasmessi attraverso sette pannelli ceramici fra paraste di travertino, sapientemente collocati dietro i banchi di distribuzione delle acque (Tettuccio, Regina, Rinfresco, Leopoldina). Le scene illustrano il legame concettuale fra l’acqua e le varie fasi della vita (Infanzia, Adolescenza, Maturità, Vecchiaia), mentre al centro della galleria troviamo la Bellezza, la Fonte e la Forza. Qui è finalmente svelato il segreto della sorgente termale, fonte di vita e benessere.
Sopra: Parco del Tettuccio, si nota la cupola del Tempio della Musica con copertura eseguita da Chini; Fonte Tettuccio, vetro policromo. a sinistra: Stabilimento Regina, adiacente il complesso Tettuccio Above: Tettuccio Park, with a view of the Temple of Music’s dome, whose covering was executed by Chini; Tettuccio source, polychrome glass. left: Regina Spa, adjacent to the Tettuccio complex. 13
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Pagine precedenti: Veduta della Galleria di mescita delle acque; sotto e a fianco: pannelli ceramici realizzati da Basilio Cascella (1927), sopra i quali si trovano paesaggi e soggetti naturali realizzati da Ezio Giovannozzi. Pagina seguente: La Fonte, pannelllo ceramico di Cascella (1927) Previous pages: View of the Galleria di mescita delle acque; bottom and side: ceramic panels made by Basilio Cascella (1927), above which are landscapes and natural subjects made by Ezio Giovannozzi. Next page: The Source, ceramic panel by Cascella (1927)
Tettuccio Spa
The sweetness of sound that binds the senses
Art, architecture, and nature in place that symbolizes Montecatini
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his water loosens up the bowels admirably and causes vomiting; it opens the oppilations, especially in the kidneys, and sometimes dissolves stones [...]. I saw some who even drank a barrel of this water that, upon excretion, was quite clear.” These are the words of the Tuscan doctor Ugolino da Montecatini who previously described the amazing healing properties of the thermal waters of Montecatini in his 1417 Tractatus de Balneis. Today, after six centuries, spa visitors and tourists from around the world still continue to benefit from the mineral water treatments in this spa town. It was the presence and the quality of the spa water that
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convinced the enlightened ruler Pietro Leopoldo, at the end of the eighteenth century, to found this modern Tuscan ville d’eaux, a city designed around the presence of the spa buildings. The unbreakable bond among the thermal springs, plants, architecture, and art was carefully created to give a sense of well-being to the spirit and the body. In the 1920s, this ancient yet still modern concept pushed the town of Montecatini to modernize the spa buildings as well as the spaces used for a pleasant sojourn by the increasingly numerous and wealthy visitors to the spa. The remarkable result is still evident, especially when beholding the symbol of the city, the Tettuccio spa. The sheer size of the architectural complex and its natural surroundings enhance a cultural heritage resulting from centuries of history and traditions, through those architectural styles typical of ancient Roman baths There is an elegance that we can see in the work of Ugo Giovannozzi, the architect who, between 1923 and 1927, worked on enlarging Tettuccio. He preserved Gaspare Maria Paoletti’s original 18th-century façade, returning it to the establishment’s west wing. Its new and modern face thus invited the spa visitor to contemplate the meanings represented by the group of sculptures placed on the façade’s upper register: the Sorgente (the Fountain-head), Salute (Health), Igiene (Hygiene), and Medicina (Medicine). Inside Tettuccio, there are again references to the architecture and decoration of Roman baths, with majestic colonnades, tympana, and rotundas that place the
A sinistra: veduta interna dello stabilimento, con il timpano dove sono accolte le sculture di Guido Calori raffiguranti Venere e Mercurio. Di fianco: cupola del Tempietto della Musica con pitture di Ezio Giovannozzi raffiguranti le arti musicali. Sotto: il viale delle Quattro Stagioni con la copia della Fontana del Porcellino di Pietro Tacca; il suggestivo ambiente progettato da Paolo Portoghesi (1989). Left: interior view of the establishment, with the tympanum where sculptures by Guido Calori depicting Venus and Mercury are located. Right: the dome of the Temple of Music with paintings by Ezio Giovannozzi depicting the musical arts. Below: Viale delle Quattro Stagioni with a copy of Pietro Tacca’s Il Porcellino fountain; a charming setting designed by Paolo Portoghesi (1989).
spa’s visitor in the unexpected scale of a visual and intellectual benefit. The fountains and pools evoke the presence of the source, ideally represented on polychrome sheet of glass set into the ceiling of the semicircular colonnade at the entrance of the establishment. A bright blue, the fountain-head gushes mightily from the ground, under the red canopy that was once called a “tettucio” (little roof). Among the many sources, we find Raffaello Romanelli’s The Heron and the Frog in front of the Regina spa and Sirio Tofanari’s The Tettuccio Source where water animals play together in the unique jeux d’eau. Following tradition, the interiors contain such services as a post office and grand rooms with shops, art galleries, venues for cultural events, and quiet places for reading. Here, in the Salone del caffè, we find flying putti, allegories of joy and poetry, all painted by the hand of Giulio Bargellini.
On the walls are the splendid Tuscan landscapes by the painter Maria Biseo. Designed by the architect Paolo Portoghese (1989), the hall with tree-like structures inspires amazement; its supporting elements in laminated wood assume the extraordinary form of trees that support the glass ceiling. Across the large courtyard, the inscription Il suon che di dolcezza i sensi lega (The sweetness of sound that binds the senses) can be seen, placed in homage to Petrarch in the frieze of the Tempietto of Music, perfect for united of words and the musical arts as depicted by Ezio Giovannozzi in the wall paintings of the dome that is covered by beautiful majolica scales from the Manifattura Galileo Chini in Borgo San Lorenzo. The continuity between open and closed spaces leads the visitor through an artistic narrative with paintings and sculptures that allude or refer to
the practice of spa treatments. The extraordinary scene staged by Basilio Cascella in the Galleria di mescita delle acque is filled with instructive meanings transmitted through seven ceramic panels set between among travertine pilasters that are cleverly placed behind the counters distributing the waters from the various spas: Tettuccio, Regina, Rinfresco, and Leopoldina. The scenes illustrate a conceptual link between water and the various stages of life (Childhood, Adolescence, Maturity, and Old Age), while we find Beauty, Strength , and the Fountain-head in the center of the gallery. Here the secret of the hot springs is finally revealed as being a source of life and well-being.
www.termemontecatini.it
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Le Terme e il cinema
Suggestione da Oscar Tra Fellini, Sordi e Mastroianni TESTO Roberto Fedi
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n una località termale si può andare per le più diverse ragioni. Guido Anselmi, un regista famoso in crisi d’ispirazione, uomo di mezza età (ha 43 anni: come Federico Fellini quando girò il film, non per caso), ci va per rilassarsi e anche per capire qualcosa di più di sé e del suo stesso mestiere. È l’inizio del film italiano forse più celebre, Fellini 8 ½, girato nel 1963 e Oscar come miglior film straniero esattamente 50 anni fa, quello che più di ogni altro fece coniare in tutto il mondo il termine “felliniano” – ‘ho sempre desiderato essere un aggettivo’, chiosava ironicamente il regista. Così Fellini-Anselmi, un Marcello Mastroianni a dir poco superbo, va alle terme, in un luogo che, nelle finzioni ambientali tipiche di Fellini, è o può essere Montecatini ma anche Chianciano (del resto, è noto che Via Veneto, nella Dolce vita, fu tutta ricostruita in studio: qui, le locations sono tutte fantasiose, ricostruite o ricavate da mosaici geografici). Un luogo, la Montecatini reale e non allusa, dove anche in seguito sarebbero state ambientate scene famose con Alberto Sordi (Le vacanze intelligenti, 1978, regia dello stesso Sordi, nel film a più mani Dove vai in vacanza?), o ancora con Mastroianni (Oci ciornie, di Nikita Sergeevič Michalkov, 1987). Guido, o Federico se si preferisce, lì nel parco, in un albergo termale dove le inservienti parlano un marcato toscano e fra i boccali colmi d’acqua, si guarda intorno: e incontra vecchi amici, collaboratori romani, l’amante scesa da un treno che più felliniano non si può, la moglie in visita, 20
attrici francesi più o meno svenevoli, sceneggiatori sentenziosi e produttori disperati, clowns, fachiri, attricette, musicisti, prestigiatori, preti e monsignori. L’universo felliniano, insomma, in un luogo metaforico dove per forza centripeta tutti sono come calamitati. Un girotondo stravagante, con contorno obbligatorio (in Fellini) di suore di passaggio e preti panciuti o ossuti come pertiche. Ci si potrebbe chiedere il perché, almeno a chi scrive, viene in mente la suggestione di Montecatini, o della sua finzione. Ci ricordiamo allora che nel 1957, quindi appena pochi anni prima, Guido Piovene aveva pubblicato lo splendido Viaggio in Italia. Dove, arrivato in Toscana dopo Lucca, il grande giornalista e scrittore entrava a Montecatini. E incontrava «una dolcezza in cui si insinuano, avvicinandosi a Pistoia, un’intima severità, un rigore e un riserbo», con i garofani e i luoghi dove «nacque la grande fiaba toscana moderna, Pinocchio». E lì, aggiungeva Piovene con una fulminea intuizione, «la crudezza toscana non rinunzia a se stessa, ma s’ingentilisce in favola». E proprio lì, in quel luogo fiabesco che esiste e non esiste, era facile allora per Guido-Federico ritrovare un po’ se stesso e la sua memoria, in uno spaesamento onirico, mentre intorno gli ballano l’infanzia e le ombre dei genitori con cui parla commosso, l’innocenza perduta forse per sempre, una struggente nostalgia e la calma ancora raggiungibile o almeno sperabile: in un parco bellissimo, fra donne sorridenti o sfuggenti,
atmosfere morbide e perché no?, boccali colmi d’acqua in cui sembra riflettersi l’armonia, ma anche l’inquietudine, di una natura come poche tenera, carezzevole, e molto, molto umana. «Ho capito sai che cosa vuoi dire… vuoi dire che non puoi fare a meno di noi», dice la sorridente Sandra Milo, nel finale circense con la musica di Nino Rota e tutta la gente della vita di Guido che gli gira intorno e che – ora lo capisce, con gratitudine – fa parte di lui. Insomma, è la memoria: naturalmente un po’ amara e un po’ dolce, come i bellissimi garofani che sbocciano e poi ahimè appassiscono, come quelle colline un po’ morbide e un po’ aspre, come i nostri ricordi.
In alto: un’immagine di Nino Manfredi che beve alla fonte “Tamarici”. Pagina a fianco in alto: il regista Franco Zeffirelli. In basso: Alberto Sordi alla Fonte Tettuccio. Above: a picture of Nino Manfredi drinking at the Tamarici fountain-head. Opposite page top: director Franco Zeffirelli. Bottom: Alberto Sordi at the Tettuccio fountain-head.
A Spa Resort and the Cinema
Oscar Suggestion Amongst Fellini, Sordi, and Mastroianni
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ne goes to a spa resort for the most diverse reasons. A famous director suffering from director’s block, the middleaged Guido Anselmi (at 43, coincidentally the same age as Federico Fellini when he shot the film) has gone there to relax as well as to try to understand himself and his craft better. This is the beginning of Fellini’s 8½, perhaps Italy’s most famous film. Shot in 1963 and Oscar winner for best foreign film exactly 50 years ago, 8½ did more than any of Fellini’s other films to coin the term “Felliniesque”, prompting the director to comment dryly that “I’ve always wanted to be an adjective.” Played by a Marcello Mastroianni, who was nothing short of superb, Fellini-Anselmi goes to this spa resort, to a place that, in those fictional settings typical of Fellini, may or may not be Montecatini but also Chianciano (after all, in La Dolce Vita, the Via Veneto was entirely rebuilt in the studio, whereas here, the locations are all fanciful, reconstructed, or drawn from geographic mosaics). The real Montecatini, and not the allusion, is also a place where, later, some famous scenes with Alberto Sordi were set (Intelligent Vacations, 1978, directed by Sordi in the anthology film Where are you going on holiday?), or with Mastroianni (Dark Eyes, Nikita Sergeyevich Mikhalkov, 1987). In a park, at a hotel spa, where the waiters speak with marked Tuscan accents, amid jugs filled with water, Guido—or if you prefer, Federico—looks
around, slightly bewildered. He meets old friends, associates from Rome, his lover getting off a train that could not be more Felliniesque, his visiting wife, rather overemotional French starlets, sententious writers and desperate producers, clowns, fakirs, young and glamorous actresses, musicians, magicians, priests and monsignors. In short, a Felliniesque universe set in a metaphorical place where, through centripetal force, it seems that everyone is being pulled towards the center. A wacky circle, heightened by shots that revolve around the protagonist, with the mandatory group (in Fellini) of nuns passing by and potbellied or rail-thin priests.
You may be wondering—at least this writer is— why the suggestion of Montecatini or its invention comes to mind. We are reminded that, in 1957, thus just a few years earlier, Guido Piovene had published his wonderful Viaggio in Italia. The great journalist and writer came to Montecatini after making his first stop in Tuscany, in Lucca. There, he found “a sweetness in which, approaching Pistoia, an inner gravity, rigor, and restraint are introduced”, with carnations and places where “that great modern Tuscan fairy tale, Pinocchio, came to life”. There, Piovene added, with sudden perception, “the Tuscan crudeness is not relinquished, but is refined into a fable.” And right there, in that fabulous place that may or may not have existed, it was then easy for Guido-Federico to recapture a bit of himself and his memory, in dream-like bewilderment as around him danced his childhood and the ghosts of his parents with whom he touchingly speaks, an innocence perhaps lost forever, a yearning and a still accessible, or at least desirable calm: in a beautiful park, among smiling or elusive women, gentle airs—and why not?—jugs filled with water, which seem to reflect the harmony as well as the edginess of a tender, affectionate, and very, very human character like few others. “I understand you know what you mean ... you mean you cannot do without us,” the smiling Sandra Milo says, in the final circus with Nino Rota’s music and all the people from Guido’s life parading in a circle around him, and who, he now gratefully understands, are a part of him. In short, it is his memory: naturally, a little bittersweet, like the beautiful carnations that bloom and then alas wither or those somewhat gentle, rugged hills, like our memories.
www.termemontecatini.it 21
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Rose Barni
Un regno di Rose Selezione, propagazione e coltivazione di una pianta antica e attuale per la sua eccezionale bellezza
TESTO Carlo Vezzosi
FOTO Luca Bracali
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a famiglia Barni, con Vittorio Tommaso, si è dedicata all’attività vivaistica a Pistoia a partire dalla seconda metà dell’ottocento. La coltivazione delle rose era in quel periodo associata a quella di altre piante di interesse vivaistico, specialmente le viti. A partire dall’inizio del novecento, Pietro Barni e suo figlio Vittorio producevano diverse centinaia di varietà di rose e il loro nome era affermato come specialisti di questa pianta. Il passaggio fondamentale dell’evoluzione dell’azienda vivaistica è avvenuto con determinazione e successo all’inizio degli anni sessanta del secolo scorso, quando è stata potenziata l’attività di ibridazione e selezione di nuove varietà che ha raggiunto il suo apice in questi anni e che tuttora fa delle Rose Barni una “firma” unica ed apprezzata a livello mondiale. Alla fine del secondo millennio, dopo la scomparsa di Vittorio, grande vivaista e conoscitore della rosa, chiamato come esperto, oltre che produttore, nelle giurie internazionali e fornitore di rose alle più celebri personalità dell’arte, della musica, della cinematografia, della moda e della scienza, l’impresa ha proseguito con i figli Pietro ed Enrico ed oggi anche con la forza e la passione dei due giovani figli: Vittorio e Beatrice. Bisogna proprio avere una passione enorme per attendere almeno dieci anni prima di presentare una “nuova varietà” di rosa: questo è il tempo richiesto per ottenere un risultato, che non è scontato; a volte un programma di miglioramento può avere esito negativo e deludente. Individuate le piante madri e stabiliti gli obiettivi che si vogliono raggiungere nei caratteri (colore dei petali, profumo, rusticità, habitus vegetativo, forma del fiore, resistenza alla fioritura, epoca di fioritura, ed altri), appena si annuncia la schiusura del primo fiore, è necessario preparare i contenitori del polline, le forbici, le etichette, i cartellini e i preziosi “cappucci” di carta, i cosiddetti isolatori, per proteggere ed isolare gli incroci da polline estraneo a quello invece prescelto per l’incrocio. Con pazienza e amore si procede all’impollinazione artificiale del pistillo 24
della pianta madre con il polline raccolto da una varietà padre; questa è l’ibridazione. Non tutti gli incroci vanno a buon fine: è triste vedere, dopo aver tolto il cappuccio di carta, il fiore disseccato; forte invece è la sorpresa di vedere l’avvio del frutto che indica l’avvenuta fecondazione regolare.
Oltre un secolo di produzione di rose d’autore. Una per Rita Levi Montalcini I frutti si accrescono e in autunno assumono una bella colorazione rosso-aranciato (anche questo è un bel carattere ornamentale invernale). Dai frutti maturi vengono estratti i semi che sono messi a germinare in semenzaio allo scopo di farli crescere e raggiungere il primo fiore. Per tre-quattro anni si intensificano le osservazioni dei singoli semenzali
ed il loro comportamento vegetativo e di fioritura in linea con il programma stabilito. Inizia la selezione, qui subentra l’occhio esperto che è in grado di valutare e decidere le piante da portare avanti nella selezione e quelle da escludere. Gli individui eletti seguono ulteriori prove comparative in pieno campo, molto dure e drastiche nei confronti dei parametri di qualità estetica, attitudine di vigoria e resistenza alle malattie. Per altri cinque anni seguono le osservazioni e progressivamente si raggiunge lo scopo: si ottiene una nuova varietà, in alcune annate anche di più. Sono nate così rose d’autore come “ Rita Levi Montalcini”, ”Suni” ,“WandaFerragamo”, ”RobertoCapucci”, ”Valentino”, ”AnnaFendi”, ”RositaMissoni”, ”Vivienne Westwood ”. Oppure rose legate alla scienza e alla moda, a personaggi illustri e perfino ad una signora pistoiese, “Marina Marini”, sposa del grande artista Marino Marini. Non manca la rosa dedicata a “Papa Giovanni Paolo II”. Chi avrebbe mai pensato che dalla macchia spinosa dove vive in natura l’uomo avrebbe realizzato così tante varietà per abbellire il proprio spazio di vita? E tante altre varietà, ci auguriamo, nasceranno, grazie ai Barni, negli anni futuri. Pagine d’apertura: panoramica di vivaio di rose a cespuglio in piena fioritura; in alto a sinistra: Rosa “Rita Levi Montalcini”; in alto a destra: Vittorio Barni con il Premio Nobel Rita Levi Montalcini, 1991; in basso: Vittorio Barni giudice al Concorso per “Nuove Rose” a Baden Baden, 1959; pagina a fianco: Varie fasi dell’ibridazione delle rose, dalla raccolta del polline all’impollinazione artificiale e protezione dell’incrocio. Opening Pages: overview of nursery with rose bushes in full bloom; top left: “Rita Levi Montalcini” Rose; top right: Vittorio Barni with Nobel Prize winner Rita Levi Montalcini, 1991; bottom: Vittorio Barni, judge at the New Roses competition in Baden Baden, 1959; opposite page: Various stages of rose hybridization, from pollen collection to artificial pollination and crossbreeding protection.
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Rose Barni
A kingdom of roses Nel cuore della cittĂ di Pistoia In the heart of Pistoia
Via Crispi, 8 - 51100 Pistoia - Italy Phone: +39 0573 358800 Fax: +39 0573 977236
www.patriahotel.com
Voto Eccellente Excellent rating
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Selection, propagation, and cultivation of an ancient and current plant for its exceptional beauty
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he Barni family, with Vittorio Tommaso, dedicated itself to the nursery business in Pistoia in the second half of the nineteenth century. At that time, nurseries cultivated roses together with other nursery plants, above all grapevines. Beginning in the early twentieth century, Pietro Barni and his son Vittorio produced several hundred varieties of roses, establishing their name as specialists in this plant. The key passage in the nursery company’s evolution was undertaken with determination and success in the early 1960s, when work in the hybridization and breeding of new varieties was developed, reaching its peak during that period. Rose Barni still today has an unrivalled reputation and is valued around the world. At the end of the second millennium, the great nurseryman and rose connoisseur Vittorio died. In addition to his being a producer, he was also an expert called upon for international juries as well as a suppler of roses to the most famous figures in the worlds of art, music, film,
fashion, and science. Since his death, the company has continued under the management of his sons Pietro and Enrico, and today also includes the energy and passion of their children, Vittorio and Beatrice. One must truly have a great passion to wait at least ten years before presenting a new rose variety. That is how long it takes to achieve a result that is not always preordained. Sometimes an improvement program can fail and be disappointing. You identify the mother plants and establish the objectives for the traits to be developed (petal color, fragrance, hardiness, growth habit, flower form, resistance to blooming, flowering time, and others). As soon as the opening of the first flower is announced, it is time to prepare the pollen containers, scissors, labels, tags, and the important paper “hoods”, the so-called isolators that protect and isolate the hybrids from foreign pollen instead of the pollen chosen for hybridization. With patience and love, artificial pollination of the pistil of the parent plant with pollen is collected from a father-plant variety. This is hybridization. Not all crossings are successful. After removing the paper cap it is sad to see, of a desiccated flower. On the other hand, the surprise of seeing the start of the fruit that indicates completion of regular fertilization is exciting. The fruits grow and take on a nice reddish-orange in the fall (this is also a nice winter ornamental feature). The seeds are extracted from the ripe fruit and then put to germinate in seedbeds in order to make them grow and reach the first flower. For three or four years, the individual seedlings and their vegetative and flowering behavior in line with the established program are under intense observation. The selection begins, with the introduction of an expert eye that is able to evaluate and decide which plants to carry forward in the selection and which to exclude. The individual specimens chosen undergo further comparative testing in the open field that is very harsh and drastic with regard to the parameters of aesthetic quality, aptitude of vigor, and disease resistance. Observations continue for another five years and the goal is reached progressively: a new variety has been achieved and, in some years more than one.
This is the process that creates such signature roses as “Rita Levi Montalcini”, “Suni”, “Wanda Ferragamo”, “Roberto Capucci”, “Valentino”, “Anna Fendi”, “Rosita Missoni”, and “Vivienne Westwood” as well as roses related to science and fashion, to famous figures, and even a lady from Pistoia, “Marina Marini”, wife of the great artist Marino Marini. Not to be missed is the rose dedicated to “Pope John Paul II.” Who would have thought that, from the thorny bush that lives in nature, humans would have created so many varieties to beautify one’s own living space? And, thanks to the Barni family, we hope that many other varieties will be created in years ahead.
www.rosebarni.it
Partner of
Giorgio Tesi Group The Future is Green
In alto: Frutti della rosa maturi, prelievo dei semi e relativa semina; in basso a sinistra: inizio della meccanizzazione del vivaio; sotto: Rosa “Valentino” Above: mature rose fruits, seed extraction and their sowing; bottom left: beginnings of the nursery’s mechanization; below: “Valentino” Rose
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Il Fonte del Battistero
Unione della terra con il cielo Un vero capolavoro di architettura e scultura. Dante ne descrive l’immagine in un canto dell’Inferno TESTO Lorenzo Cipriani
FOTO Nicolò Begliomini
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Io vidi per le coste e per lo fondo piena la pietra livida di fóri, d’un largo tutti e ciascun era tondo. Non mi parean men ampi né maggiori che que’ che son nel mio bel San Giovanni, fatti per loco d’i battezzatori; l’un de li quali, ancor non è molt’ anni, rupp’ io per un che dentro v’annegava: e questo sia suggel ch’ogn’ omo sganni. Inferno, XIX
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ueste terzine sono state per lungo tempo oggetto di dibattito filologico. Dante descrive l’immagine degli eretici, disposti dentro pozzetti all’interno di un grande recinto, e paragona questi ultimi a quelli del fonte battesimale fiorentino del suo “bel San Giovanni”. Riporta poi un fatto accadutogli durante un battesimo che lo vide rompere uno di questi battezzatori per salvare un bambino che vi stava annegando. L’atto, che ad alcuni dovette sembrare sacrilego, si riferisce probabilmente alla rottura di un’anfora disposta in uno di questi fori e il sommo poeta si giustifica in questo modo per fugare ogni dubbio. Il fonte fiorentino (costruito a cavallo fra il XII e il XIII secolo) fu poi distrutto nel 1577 per la costruzione di un apparato scenico, ad opera del Buontalenti, in funzione del battesimo del principe Filippo, primo figlio maschio del Granduca Francesco I. A questo modello di fonte dovette ispirarsi anche quello del battistero di Pistoia, edificato nel 1226 sotto la reggenza degli operai Ondideo e Bonagiunta di Nerone che commissionarono il lavoro a Lanfranco da Como. Mentre un terzo fonte di questo tipo fu realizzato nel battistero di Pisa venti anni dopo, nel 1246 ad opera del nipote di Lanfranco, ovvero Guido Bigarelli da Como. Il fonte di Pistoia è quindi il più antico
rimasto fra queste caratteristiche opere scultoree toscane della prima metà del Dugento. L’opera è un vero capolavoro di architettura e scultura: su di un recinto quadrato si iscrive una vasca circolare interna che genera quattro angoli dove si trovano alloggiati altrettanti pozzetti battezzatori.
Realizzato nel 1226, è il più antico fonte battesimale conservato fino a oggi in Toscana Le figure geometriche del quadrato e del cerchio dovevano rappresentare l’unione della terra con il cielo che avviene mediante il sacramento del battesimo, secondo una simbologia legata al concetto di rinascita dell’uomo nuovo che si libe-
ra dal peccato originale. L’arredo poteva essere adoperato in funzione del battesimo per infusione, come quello che avviene oggi, attraverso i pozzetti; oppure per immersione all’interno della vasca riempita secondo esigenze di questo tipo. Il fonte battesimale stava al centro dell’aula dell’antico battistero a pianta centrale – così come adesso, nell’attuale costruzione ottagonale risalente al secolo successivo – e comunicava direttamente con l’apertura della lanterna, dal quale scendeva un fascio di luce che lo illuminava dall’alto. Il fonte è in ottimo stato di conservazione: all’interno della vasca, detta piscina balnei, si possono leggere ancora le due iscrizioni auliche risalenti all’anno di costruzione; inoltre vi si trova un mascherone con la bocca spalancata dalla quale probabilmente doveva scaturire l’acqua per il riempimento dell’invaso. Il significato salvifico delle acque è riportato dalle varie decorazioni che impreziosiscono i paramenti del fonte: a partire da alcuni mirabili plutei delle lastre esterne che mostrano ancor oggi un ornato dalle caratteristiche originali e di estrema raffinatezza scultorea. Fra questi quello con il tetramorfo, la raffigurazione dei quattro evangelisti secondo la visione di Ezechiele, e quello decorato da protomi umane e animali sui quattro lati ad indicare i vizi e le virtù di un’umanità che si accingeva ad essere salvata per mezzo del battesimo. Si tratta di veri e propri ritratti di un tempo in cui attorno a questo capolavoro si svolgeva il sacramento più importante: quello per mezzo del quale si era ammessi a far parte del popolo di Dio, ma anche della società dell’epoca, e in questo modo si cominciava a vivere.
Pagina d’apertura: una suggestiva immagine del Fonte con i quattro pozzetti battezzatori; in alto: particolare della decorazione scultorea; in basso: la vasca interna detta piscina balnei. Pagina a fianco: l’interno del Battistero di San Giovanni in Corte con il Fonte al centro dell’aula ottagonale e l’altare maggiore sul fondo. Opening page: a striking image of the baptismal font with the four basins; Above: detail of the sculptural decoration; Bottom: the internal tank known as a piscina balnei. Opposite page: the interior of the Baptistery of San Giovanni in Corte with the font at the center of the octagonal hall and the high altar in the background. 32
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The Font of Pistoia’s Baptistery
Union of heaven and earth A true masterpiece of architecture and sculpture. Dante described the image in a terzina from “The Inferno” I saw the livid stone, throughout the sides And in its bottom full of apertures, All equal in their width, and circular each. Nor ample less nor larger they appear’d Than, in Saint John’s fair dome of me beloved, Those framed to hold the pure baptismal streams, One of the which I brake, some few years past, To save a whelming infant: and be this A seal to undeceive whoever doubts Inferno, XIX (Translated by Henry F. Cary)
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hese terzine have long been a subject of philological debate. Dante describes the image of heretics, placed in basins inside a large enclosure that he compares to those in the Florentine baptismal font of his “beautiful Saint John”. He then reports an event that happened to him during a baptism when he tried to break one of these baptismal fonts to save a child who was drowning. The act, which must have seemed sacrilegious to some, probably re-
fers to breaking an amphora placed in one of these holes, in this way, justifying the poet by banishing any doubt. The Florentine font (built at the turn of the XII and XIII centuries), was destroyed in 1577 so Buontalenti could build a stage set for the baptism of Prince Filippo, eldest son of Grand Duke Francesco I. A model of this font was also the inspiration for the one in Pistoia’s Baptistery. It was built in 1226 under the authority of the workers Ondideo and Bonagiunta di Nerone, who commissioned Lanfranco da Como to do the work. A third font of this kind was carried out in Pisa’s baptistery twenty years later, in 1246, by Lanfranco’s grandson, Guido Bigarelli da Como. Pistoia’s font is thus the oldest remaining exemplar of these distinctive Tuscan sculptures from the first half of the XIII century. The work is a masterpiece of architecture and sculpture with a circular basin carved inside a square enclosure that creates the four corners where an equal number of baptismal basins are located. The geometric shapes of a square and a circle were to represent the union of heaven and earth that takes place through the baptismal sacrament, according to a symbolism related to the concept of the rebirth of a new man free from original sin. This fixture could be used to perform a baptism by pouring—as happens today—with the basins; or a baptism by immersion in the filled tank used for this method. The baptismal font was set in the center of the hall of the ancient central-plan baptistery—like today, in the current octagonal building that dates back to the following century—and communicated directly with the lantern opening from which a beam of light fell to illuminate it from above. The font is in an excellent state of preservation. Inside the tank, known as a piscina balnei, two solemn inscriptions can still be read that date back to the year of its construction. In addition, there is a mascaron, from whose gaping mouth the water probably flowed that filled the tank. The salvific significance of water is shown by the various decorations embellishing the sides of the font, beginning with some wonderful plu-
tei on the external slabs whose decoration still displays the original, extremely refined sculptural elements. One presents a tetramorph, the representation of the four evangelists derived from Ezekiel’s vision; another is decorated with human and animal protomes on four sides, indicating the vices and virtues of a humanity to be saved by baptism. They are true portraits of a time when this masterpiece was the centerpiece of the most important sacrament, not only as a means of welcoming those who became part of God’s people, as well as society at the time, and so began to live.
Pagina a fianco: Pluteo scolpito con motivi a intarsio e protomi umane e animali; a sinistra: la decorazione a tarsia marmorea dei plutei del fonte; in alto: particolare con protome taurina; sopra: particolare di pluteo in calcare rosso con volto di giovane. Opposite page: Pluteus carved with inlaid motifs and human and animal protomes; left: the inlaid marble decoration of the font’s plutei; top: detail with bull’s protome; above: detail of red limestone pluteus with a young man’s face. 35
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Agenore Fabbri
Fra tragedia e speranza Scultore pistoiese che ha reso la cittĂ famosa nel mondo TESTO Leonardo Begliomini FOTO Tommaso Frasca Archivio MART, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto
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i sono due opere che caratterizzano l’arredo urbano nella nostra pianura, una a Pistoia in prossimità del sottopasso della Porta nuova e una che campeggia nella piazza di Quarrata. Autore di queste due istallazioni è Agenore Fabbri, nato al Barba (Quarrata - Pistoia) nel 1911 e appartenente a quella schiera di scultori pistoiesi (Marino Marini fra tutti), che ha reso la città famosa nel mondo. La sua formazione avviene inizialmente alla Scuola d’Arti e Mestieri di Fabio Casanova a Pistoia, poi presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze e frequentando quella che Silvio Guarnieri chiamava “l’Università delle Giubbe rosse”, caffè storico fiorentino, dove ha la possibilità di conoscere letterati, pittori e scultori, con cui potrà confrontarsi ed arricchire la sua formazione culturale. Nel 1934 si trasferi-
sce ad Albissola dove, presso un piccolo laboratorio di ceramica, “La Fiamma,” acquisisce quella facilità modellatoria in cui è avvertibile l’influenza della scultura popolare toscana e che lo porterà a quell’espressionismo latente che caratterizza tutta la sua opera e che fa di lui, per il poeta Rafael Alberti, “lo scultore della rabbia e della materia furiosamente plasmata”. Sempre ad Albissola viene in contatto con artisti come Arturo Martini, Aligi Sassu e, soprattutto, con Lucio Fontana con cui stringe un’amicizia che durerà tutta la vita. Nel primo dopoguerra, dopo una pausa dovuta al servizio militare, produce presso la manifattura Mazzotti opere importanti in ceramica e terracotta come “Donna del Popolo”, “Uomo colpito” e “La Madre” ed ha l’occasione di conoscere personalmente Picasso. Nel 1947 la sua modellazione si fa più rabbiosa e carica di drammatico furore, sia nelle terrecotte policrome, in cui porta la materia di per sé povera a alti livelli espressivi, sia nei suoi tormentati bronzi, similari nella tipologia plastica. Successivamente la sua attenzione si rivolge alla valenza espressiva di materie come legni recisi e metalli, che segna
Storia di un artista, tra Picasso, Fontana e il movimento informale europeo e lacera fortemente per farli diventare metafora del disagio fisico-mentale, richiamando alla mente esperienze simili ed importanti dell’informale fatte da Fontana, Burri, Tapies, Fautrier e Dubuffet. Dopo gli anni sessanta il senso del tragico riaffiora nelle sue opere e Fabbri rievoca immagini di donne atterrite, presaghe di angoscia e di morte, attraverso la separazione delle masse in pic-
coli volumi, che sottolinea con interventi coloristici e con tagli che lacerano la materia. Non si limita a rappresentare solamente immagini umane, ma coinvolge anche, per acuirne il senso del drammatico, ogni specie di esseri viventi, gatti feriti, belve, lupi, animali inferociti contro gli esseri umani (“Figura con gatto”, 1975) che diventano testimonianze e metafore crudeli di un mondo sotto l’incubo di conflitti atomici. Si dedica anche alla pittura avvicinandosi al movimento informale europeo e mette a punto un linguaggio di forte e tragica espressività. È anche disegnatore e nel 1967 illustra dieci poesie di Salvatore Quasimodo, con il quale instaura una profonda amicizia. Solo nell’ultima parte della sua opera sembra aprirsi alla speranza data dalla razionalità insita nell’uomo. Agenore Fabbri è uno scultore che ha avuto in vita diversi riconoscimenti sia di critica che istituzionali. Nel 1938 riceve il premio Bagutta-Spotorno. Nel 1948 viene invitato alla Biennale di Venezia dove esporrà fino ai primi anni ’60; sempre nel 1948 è medaglia d’oro alla Triennale di Milano. Nel ’55 ottiene il Premio Internazionale a Cannes, mentre del 1957 è il premio di scultura a Spoleto e la medaglia d’oro al concorso Internazionale del Bozzetto di Padova. Nel 1981 riceve La Chiave della Città di Pistoia e nel 1983 ne diventa cittadino onorario. Muore a Savona nel 1998. Pagine d’apertura: Opera collocata alla Porta Nuova di Pistoia; in alto a sinistra: monumento nella piazza di Quarrata; in alto a destra: Composizione I, piastrelle, collage e smalti - 60,5x40,5x2 cm del 1954: a sinistra: Donna a cavallo II, terracotta policroma 18x21x5 cm del 1979 pagina a fianco: Agenore Fabbri nello studio di Albissola Marina. Opening pages: Work located at Pistoia’s Porta Nuova; top left: monument in Quarrata’s square; top right: Composizione I, tiles, collage, and smalti—60.5 x40.5x2 cm, 1954; On the left: Woman on Horseback II, polychrome terracotta 18x21x5 cm 1979; next page: Agenore Fabbri in Albissola Marina’s studio.
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Agenore Fabbri
Between Tragedy and Hope Sculptor from Pistoia who made the city famous worldwide
T Restaurant - Pizzeria - Winery
via Bolognese, 207 - 51100 Pistoia Tel. +39 0573 475293 - info@ilsignorino.it www.ilsignorino.it
here are two works that characterize the urban landscape in our plain. One is in Pistoia near the Porta Nuova underpass; the other stands in Quarrata’s main square. The artist of these two installations is Agenore Fabbri. Born in Barba (Quarrata - Pistoia) in 1911, he belonged to that group of sculptors Pistoia (Marino Marini among others), which made the city world famous. He initially trained at Fabio Casanova’s School of Arts and Crafts in Pistoia and later at the Academy of Fine Arts in Florence, attending what Silvio Guarnieri called the “ university of the red shirts”, named for Florence’s historical Caffè Giubbe Rosse where Fabbri met writers, painters and sculptors, to whom he compare himself and with whom he developed his cultural preparation. In 1934, he moved to Albissola where, at a the small pottery workshop of La Fiamma, he acquired that modeling talent in which the influence of Tuscan folk sculpture is noticeable and that led him to the latent expressionism that characterized all his work and made him, for the poet Raffael Alberti, “the sculptor of anger and furiously molded material”. Still in Albissola, he came into contact with such artists as Arturo Martini, Aligi Sassu, and, most importantly, Lucio Fontana, with whom he formed a friendship that would last a lifetime. In the postwar period, after a period of military service, he produced at the Mazzotti factory such important works in ceramics and terracotta as “Donna del Popolo”, “Uomo colpito” and “ La Madre” and had the opportunity to personally meet Picasso. In 1947, his modeling became angrier and more filled with dramatic rage, both in polychrome terracotta, taking this humble matter itself to high levels of expression, and in his tor-
mented bronzes, similar in their plastic typology. He then turned his attention to the expressive value of such materials as cut wood and metals, whose powerful abrasions and lacerations made them a metaphor for physical and mental discomfort, recalling similar and important experiences of the informal carried out by Fontana, Burri, Tapies, Fautrier, and Dubuffet. After the 1960s, the sense of tragedy re-surfaced in his works, with Fabbri evoking foreboding images of terrified women, of anguish and death, through the division of the masses into small volumes that emphasize the material through the use of color and jagged cuts.
He did not limit himself to representing only human images, but also included, to intensify a sense of the dramatic, all species of living beings, wounded cats, wild beasts, wolves, ferocious animals against humans (“Figura con gatto”, 1975) that became testimonies and metaphors of a cruel world under the threat of nuclear conflict. He also devoted himself to painting, approaching the informal European movement and developing a language of strong and tragic expressivity. He was also a draftsman and, in 1967, illustrated ten poems by Salvatore Quasimodo, with whom he had established a close friendship. Only in the latter part of his work did he seem to open up to the hope given by the rationality inherent in man. Agenore Fabbri was a sculptor who received various critical and institutional recognitions during his lifetime. In 1938, he received the Bagutta-Spotorno prize. In 1948, he was invited to the Venice Biennale, where he exhibited until the early 1960s. Again, in 1948, he won the gold medal at the Milan Triennale. In 1955, he received the Grand Prize at Cannes and, in 1957, the prize for sculpture at Spoleto and the gold medal at the International Drawing Competition in Padua. In 1981, he received La Chiave della Città di Pistoia, becoming an honorary citizen of the city in 1983. He died in Savona in 1998.
www.agenorefabbri.com www.mart.tn.it Pagine precedenti: Fabbri al lavoro in fonderia; pagina a fianco: installazione del Monumento alla Resistenza, 1974: in alto a sinistra: Rottura I, legno dipinto - 193x113 cm, 1960; a sinistra: Il Cristo con le chiavi (illustrazione per l’Apocalisse), tecnica mista su carta - 59,8x44,1 cm, 1950; a destra: Bellezza ferita (Donna ferita I) o il grido disperato, bronzo 175x92x46 cm, 1969. Previous pages: Fabbri at work in the foundry; Opposite page: installation of the Monument to the Resistance, 1974; top left: Rottura I, painted wood—193x113 cm, 1960; Left: Christ with the Keys (illustration for the Apocalypse), mixed media on paper—59.8 x44.1cm, 1950; right: Wounded Beauty (Wounded Woman I) or The Desperate Cry, bronze 175x92x46 cm, 1969.
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Tappezzeria Andreini
Nuove soluzioni per la tua “Stanza del Sole” TESTO Irene Cinelli 46
Il mestiere del tappezziere è un lavoro artigianale che richiede tanta dedizione e passione, lo sanno bene Antonio ed i suoi figli, Massimo e Maurizio, che da oltre 30 anni si avvicendano nella gestione dell’azienda di famiglia la “Tappezzeria Andreini”. Competenza, professionalità, cultura del prodotto e ricerca del made in Italy sono le loro caratteristiche distintive, alle quali si aggiunge una forte propensione all’innovazione, per rispondere alle richieste sempre più esigenti del mercato. Vivere il giardino come una vera e propria estensione della casa è la tendenza degli ultimi anni, sempre più persone vogliono disporre di una “stanza del sole” nella quale rilassarsi e accogliere i propri ospiti, sfruttando soluzioni di arredo come tende da sole, pergole, vetrate e non solo. L’azienda Andreini è in grado di soddisfare queste esigenze, anche grazie alla partnership stretta con Gibus, marchio italiano leader nel settore delle tende da sole, di cui è rivenditore esclusivo con l’insegna “Atelier Gibus”. Lo staff Andreini affianca il cliente nella scelta della soluzione più adatta alle sue esigenze, con l’obiettivo di armonizzare gli ambienti e creare continuità negli spazi sia nell’arredamento indoor che in quello outdoor! Parlando di tende, tende da interno e tappezzeria, la gamma di linee e modelli proposta dalla tappezzeria Andreini è vastissima, ogni soluzione è completamente personalizzabile nei colori e nei materiali per meglio integrarla nel contesto abitativo e nel paesaggio nel quale sarà inserita. Antonio, Massimo e Maurizio vi aspettano nel loro atelier, per trasformare ogni vostro desiderio in un progetto concreto.
PubbliNATURART
Tappezzeria Andreini
New solutions for your “Sun Room” The upholsterer’s trade is an artisanal labor that requires much dedication and passion, something of which Antonio and his sons Massimo and Maurizio are well aware. For over 30 years, they have succeeded one after the other in the management of the family’s business Tappezzeria Andreini. Expertise, professionalism, product knowledge, and made-in-Italy style are the distinctive features, to which is added a strong focus on innovation in response to the increasingly demanding needs of the market. A recent trend, garden living is seen as an extension of the home. More and more people want to have a “sun room” where they can relax and welcome guests, taking advantage of such furnishing solutions as awnings,
pergolas, stained-glass windows, and more. The Andreini company is able to meet these needs, thanks to their partnership with Gibus, the Italian brand leader in awnings, for whom they are the exclusive dealer for products bearing the Atelier Gibus mark. The Andreini staff assists customers in choosing the solution that best suits their needs, in order to coordinate rooms and create a spatial continuity with both indoor and outdoor furnishings! Speaking of curtains, blinds, and upholstery, Tappezzeria Andreini offers a vast range of lines and models, with all solutions fully customizable in colors and materials to be integrate more easily into the living environment and surrounding landscape. Antonio, Massimo, and Maurizio are expecting you at their atelier, to help turn your every wish into reality.
Tappezzeria Andreini Antonio sas Via B. Sestini, 213 - 51100 Pistoia Tel. +39 0573 452388 Fax +39 0573 965385 www.tappezzeriaandreini.com 47
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Villa Rospigliosi a Spicchio
Una dimora da Papi Clemente IX e il genio del Bernini
TESTO Claudia Becarelli
FOTO Nicolò Begliomini Woola.it 49
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cendendo da San Baronto verso Lamporecchio, il paesaggio del versante occidentale del Montalbano si dispiega terrazzato ad oliveti, punteggiato di antichi fortilizi, coloniche e dimore padronali. Fra queste emerge per imponenza, dominante il territorio, la villa Rospigliosi di Spicchio, vero fulcro di un sistema insediativo che comprende non solo l’antistante giardino all’italiana e gli annessi, ma
sul retro il grande parco che digrada per dolci declivi, un tempo senza soluzione di continuità col Chiuso, riserva di caccia cinta da mura. I Rospigliosi, nobile famiglia pistoiese proprietaria di terreni nella zona almeno dal XV secolo, accrebbero i possedimenti con un’accorta politica di acquisizioni fra Cinque e Seicento e un’altrettanto oculata gestione. Lo stesso cardinale Giulio Rospigliosi (1600-1669), colto mecenate, poeta, segretario di Stato di papa Alessandro VII, fece apportare migliorie alla ‘villa vecchia’ di Spicchio pensando forse ad un suo futuro ritiro
Sui dolci declivi del Montalbano. Severità architettonica esterna e sfarzo decorativo interno in patria. Ma la sua ascesa al soglio di Pietro con il nome di Clemente IX (1667) impose un segno tangibile del rinnovato lustro della casata e venne così decisa la costruzione di un “Palazzo nuovo” sulla piazza di Spicchio, la cui progettazione fu affidata al Bernini. Nel maggio 1668 venne fatto in cartapesta un modello dei luoghi da inviare a Roma. Un anno dopo la villa veniva fondata sotto la direzione di Mattia de’ Rossi, il principale collaboratore del Bernini per le opere di architettura e progettista della antistante cappella dei SS. Simone e Giuda. 50
Clemente IX non vide finita l’opera giacché spirò nel dicembre 1669, ma per volere del fratello Camillo la costruzione fu completata nell’estate del 1670 con grande dispiego di uomini e mezzi. E proprio le insegne di Clemente IX – lo stemma Rospigliosi sormontato dal simbolo papale - ancora si stagliano sopra il portale d’ingresso. L’edificio, costituito da un blocco centrale più alto – un tempo coronato da una balaustra con
statue secondo l’uso romano - e due ali laterali avanzate, ha severe linee squadrate all’esterno, caratterizzate dall’uso dei materiali tipici della bicromia toscana, intonaco e pietra serena. Nulla lascia presagire lo sfarzo dell’interno dove dal salone passante di avvolgente linea ovale (tipicamente berniniana) si traguarda assialmente verso la cappella da un lato e dall’altro verso valle. A doppio volume con terrazzini in affaccio per i musici, è interamente affrescato da quel Ludovico Gemignani - figlio del pittore pistoiese Giacinto, protetto a Roma dallo stesso Giulio - che il futuro papa nel 1643 aveva tenuto a battesimo. Le finte
architetture dilatano illusoriamente lo spazio e accentuano la sensazione di contatto con la natura; “Aurora che precede il carro del sole” sullo sfondato della volta, e le gioiose fanciulle, allegorie dei segni zodiacali fra festoni fioriti, allietano la vista e lo spirito, mentre gli stemmi dipinti celebrano le nozze romane di Giambattista, nipote del pontefice, con Maria Camilla Pallavicini. Se il parco ha subito profonde alterazioni a seguito dei frazionamenti, della nuova viabilità e dell’espansione urbana del paese, la dimora, nonostante i vari passaggi di mano, ha conservato, almeno in parte, il fascino di una villa ‘da papi’.
Pagine precedenti: visione aerea della villa e tenuta di Spicchio; pagina a fianco: in alto, “prato di Spicchio” con la “villa vecchia”, in basso, lo stemma dei Rospigliosi sormontato dalle insegne papali; a sinistra: suggestiva immagine notturna; sopra: l’interno della cappella; in alto: panorama con in lontananza la vista del paese di Lamporecchio. Previous pages: aerial view of the Spicchio villa and estate; opposite page, top: the Spicchio meadow with the “old house”, at the bottom, the Rospigliosi coat-of-arms surmounted by the papal insignias: left: striking image at night; above: chapel interior; top: landscape with the village of Lamporecchio seen in the distance. 51
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Villa Rospigliosi in Spicchio
A dwelling worthy of a Pope Clement IX and the genius of Bernini
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oming down from San Baronto to Lamporecchio, the landscape of the western slope of the Montalbano unfolds in terraced olive groves, dotted with ancient forts, farmhouses, and manors. Among these, the Villa Rospigliosi in Spicchio stands out for its stateliness and dominance in the area. It is the true cornerstone of a settlement structure that includes not only the Italian-style garden and outbuildings in the front, but a gently sloping park at the rear that, at one time, was seamlessly joined with Chiuso, the walled game reserve. The noble Rospigliosi family of Pistoia, landowners in the area since at least the fifteenth century, increased their possessions with an astute policy of acquisitions between the XVI and the XVII century and equally careful management. Cardinal Giulio Rospigliosi (1600-1669), cultured patron, poet, secretary of state for Pope Alexander VII, had improvements made to the “old house” in Spicchio, thinking perhaps of a future retirement in his birthplace. But his ascension to Peter’s throne with the name of Clement IX (1667) imposed a tangible mark of renewed luster on the family and thus it was decided to build a “new palace” on Spicchio’s main square, with its design entrusted to Bernini . In May 1668, a papier-mâché model of the places was made and sent to Rome. A year later, the villa’s foundations were laid under the direction of Mattia de’ Rossi, Bernini’s main associate for architectural works and the designer of the chapel of SS. Simone 54
e Giuda in the front. Clement IX did not see the finished work as he died in December 1669. However, at the behest of his brother Camillo, construction was completed in the summer of 1670 with a large deployment of personnel and equipment. It is Clement IX’s insignias—the Rospigliosi coat-of-arms topped by the papal symbol—that still tower above the entrance portal. The building consists of a higher central block— once crowned by a balustrade with statues according to Roman custom—and two projecting lateral wings. The outside lines are severely squared and characterized by the use of materials typical of the Tuscan bichromy, plaster and pietra serena. Nothing portends the splendor of the interior where, from the roomy oval transit hall (typically Bernini) is designed axially towards the chapel on one side and towards the valley on the other. The doubleheight hall with overlooking balconies for the musicians, was painted entirely by Ludovico Gemignani—son of the Pistoia painter Giacinto, a protégé of Giulio himself in Rome—who the future pope had
baptized in 1643. The faux architecture deceptively expands the space and accentuates the feeling of contact with nature, the trompe l’oeil “Aurora before the Chariot of the Sun” appears on the vault, while merry maidens, allegories of the zodiac signs among festoons of flowers, enliven the view and the spirit. The painted coats-of-arms celebrate the Roman wedding of the pope’s nephew Giambattista to Maria Camilla Pallavicini. If the park has undergone profound changes as a result of being split up, a new road network, and the town’s urban expansion, the residence itself, despite various changes in ownership, has preserved, at least in part, the charm of a villa “worthy of a pope”.
www.villarospigliosi.it Pagine precedenti: la cappella vista dall’ingresso della villa; in alto a sinistra: Il salone centrale dipinto ad effetto ‘sfondato’ sulle pareti e sulla volta da Ludovico Gemignani. Sopra: “Aurora e Apollo sul carro del Sole” al centro; nei pennacchi allegorie dei segni zodiacali sovrastati da festoni di fiori e putti; a sinistra: particolare del segno del Leone; pagina a fianco: La cappella barocca dei SS. Simone Giuda vista dalla villa e la sua aula ellittica dipinta ad architetture prospettiche da Rinaldo Botti e a ‘figure’ da Alessandro Gherardini. Previous pages: the chapel seen from the villa’s entrance; top left: the central hall with trompe l’oeil painting on the walls and on the ceiling by Ludovico Gemignani. Above: “Aurora and Apollo on the chariot of the Sun” in the center; in the spandrels, allegories of the zodiac signs topped with flower festoons and cherubs; left: detail of the sign of Leo; opposite page: The Baroque chapel of SS. Simone Giuda seen from the villa and its elliptical hall painted in architectural perspective by Rinaldo Botti and with figures by Alessandro Gherardini.
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Di nuovo in Madagascar
Difendere l’Ecosistema
Iniziato un progetto di ricerca etologica per piantare bambù Eccoci di nuovo in partenza per il Madagascar, terra a noi tanto cara per la grande ricchezza di varietà di vita che custodisce: colori e profumi unici al mondo, minacciati dall’uomo che sfrutta in modo insostenibile la foresta determinando così l’estinzione di specie animali e vegetali. Da molti anni siamo presenti nel sud dell’isola con un progetto di ricerca etologica sul Lemure catta e di scolarizzazione di un gruppo di circa 400 bambini (vedi Naturart n. 2). Adesso abbiamo aderito al progetto Volohasy (bambù in malgascio) nella foresta di Maromizaha, che si trova nella porzione centro-orientale dell’isola. Maromizaha fa parte di un corridoio verde istituito nel 2005 per la ricchezza di fauna e flora: 433 specie vegetali, 13 specie di lemuri, 77 di uccelli, 60 di anfibi e 20 di rettili. Il 77% di queste specie è endemica, non esiste in nessuna altra parte del mondo. All’interno dell’area protetta ci sono 5 villaggi abitati da circa 4000 persone una parte delle quali impiegate in 5 vivai dediti alla riproduzione di piante a scopo alimentare. La foresta subisce il “tavy” (taglia e brucia) per far spazio a pascoli dall’estemporaneo rendimento. A questo si aggiunge il taglio illegale per la produzione di carbone e di materiale da costruzione. Il progetto Volohasy prevede la messa a dimora, 56
nelle aree degradate della foresta, di piante di bambù (in Madagascar ne esistono 33 specie diverse di cui 32 endemiche); all’inizio sarà piantato 1 ettaro per poi estendere l’esperienza ad altri 10 ettari. Contemporaneamente saranno costruite serre per produrre bambù come materiale alternativo per l’edilizia e i manufatti. Il personale impiegato è solamente di origine malgascia e tutto il progetto mira a creare una ricaduta economica per la popolazione locale. Perché proprio il bambù? Nelle aree di foresta limitrofa a Maromizaha vivono due specie di lemuri la cui alimentazione è per il 95% legata al bambù: il Lemure dal naso grande (Prolemur simus), una specie che si pensava estinta, riscoperta proprio in quella zona in numero di circa 250 individui, e l’Apalemure grigio (Hapalemur griseus). Nel 2012 nell’area accanto alla foresta di Maromizaha sono iniziati i lavori di estrazione mineraria e questo ha determinato lo spostamento di molti animali verso la foresta. Il progetto mira, reintegrando la vegetazione con il bambù, ad attirare gli animali in zone potette sperando che vi giungano anche l’Apalemure grigio e il Lemure dal naso grande. Per seguire gli animali saranno installate le fototrappole, macchine fotografiche nascoste nei cespugli e munite di fotocellule che scattano al passaggio degli animali. Su queste pagine presenteremo i risultati: continuate a seguirci!
Testo di Eleonora Angelini* Foto Chia Tan e Valeria Torti Archivio Giardino Zoologico
In alto e a fianco in basso: Apalemure grigio (Hapalemur griseus) fotografato nella foresta Maromizaha At the top and bottom side: gray bamboo lemur (Hapalemur griseus) photographed in the Maromizaha forest
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Sopra: Geco diurno del Madagascar (Phelsuma madagascariensis), uno delle 63 specie di gechi malgasci
Back in Madagascar
Defending the ecosystem
Above: Madagascar day gecko (Phelsuma madagascariensis), one of the 63 species of Malagasy geckos
An ethological research project Started to plant bamboo Here we are, leaving once again for Madagascar, a land much beloved by us for its great wealth of varieties of life it conserves: colors and scents unique to this world, threatened by humans who continue the unsustainable use of its forest thereby leading to the extinction of animal and plant species. For many years we have been in the south of the island with an ethological research project on the ring-tailed lemur (Lemur catta) and the schooling of a group of 400 children (see Naturart no. 2). Now we have joined Project Volohasy (bamboo in Malagasy) in the Maromizaha forest, located in the east-central part of the island. Maromizaha is part of a green belt established in 2005 as a result of its abundance of flora and fauna species (433 plants, 13 lemurs, 77 birds, 60 amphibians, and 20 reptiles). Of these, 77% are endemic species that do not exist anywhere else in the world. Within the protected area, there are five villages inhabited by about 4,000 people, some of whom are employed in the five nurseries dedicated to the reproduction of food plants. The forest undergoes tavy (slash and burn) to make room for pastures that produce immediate returns. Added to this is the illegal cutting for charcoal production and building materials. Project Volohasy will plant bamboo in the degraded forest areas (there are 33 different bamboo species in Madagascar, 32 of which are endemic). Initially, one hectare will be planted, which will then be extended to ten more acres. At the same time, greenhouses
will be built to produce bamboo as an alternative building and manufactured-good material. The workforce is from Madagascar only and the entire project aims at producing an economic spill-over for the local population. Why bamboo? In the forest areas adjacent to Maromizaha, two species of lemurs live whose diet is 95% bamboo-related: the broad-nosed bamboo lemur (Prolemur simus), a species once thought extinct but rediscovered in that area with approximately 250 individuals, and the gray bamboo lemur (Ha-
palemur griseus). In 2012, mining work began in the area next to the Maromizaha forest, which has resulted in the displacement of many animals into the forest. By restoring the vegetation with bamboo, the project aims at attracting animals to protected areas, hoping that the gray bamboo lemur and the broad-nosed bamboo lemur will also be attracted there. To follow the animals, camera traps will be installed, which are cameras hidden in the bushes and equipped with photocells that will take pictures of the animals’ passage. We will present the results on these pages. So, stay tuned!
*Responsabile della didattica del Giardino Zoologico di Pistoia *Head of Education Department Zoological Gardens of Pistoia
Giardino Zoologico Via Pieve a Celle, 160/A Pistoia Tel. +39 0573 911219 info@zoodipistoia.it
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Giorgio Tesi Group nuove evoluzioni
Coprirsi di verde La pianta come oggetto utile per creare arredo
TESTO Manlio Cafiero
FOTO Nicolò Begliomini 59
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’arte topiaria ha avuto infinite evoluzioni. Dalla storia antica alla modernità, l’utilizzo è sempre stato il solito: creare ornamento, modellando le piante secondo il proprio piacimento. Diletto, certo, ma al quale è stata aggiunta utilità con il trascorrere degli anni. L’evoluzione ha portato a utilizzare la pianta come un oggetto utile per creare arredo. Non protagonista esemplare, ma contorno di un insieme costruito e non esclusivo. È in questo modo che la vegetazione diventa oggetto di design. Si spiega così la realizzazione di piante impalcate in vario modo, così da formare pareti o tetti. È forse l’apice della forzatura ornamentale delle piante, che vengono
apprezzate anche per l’oggetto rappresentato. Strutture vere e proprie, in grado di unire l’utilità alla piacevolezza. Alberi impalcati a tetto,
Poco ingombrante e di grande piacevolezza: un riparo di foglie per i nostri giardini
per esempio, permettono un tocco verde dove sarebbe difficile immaginarlo. È come un riparo di aghi o foglie, a seconda della specie scelta, sotto la quale è possibile soggiornare e magari con poco ingombro strutturale. Il tutto, probabilmente, è dovuto anche al cambiamento sociale: gli spazi esterni delle abitazioni si sono ridotti e i giardini ne hanno risentito nelle loro dimensioni. Vista con questa ottica, un riparo verde sotto il quale cullare le proprie idee, non può fare altro che bene.
Photinia × fraseri “Red Robin” Morus alba “Platanifolia”
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Giorgio Tesi Group news evolutions
Covered with green Using the plant as a useful object to create furnishings
dy objects with which to create furnishings. Not an exemplary centerpiece, but the outline of a structured, non-exclusive ensemble. In this way, the vegetation becomes a design. Thus, the formation of plants that are staked in various ways to form walls or roofs is explained. It is perhaps the pinnacle of forcing of ornamental plants, which are prized for the object represented. Actual structures capable of combining utility with enjoyment. Trees on roof decks, for example, bring a touch of green to a place it would be difficult to imagine. It is like a shelter made of needles or leaves,
depending on the species chosen, under which one can stay and perhaps with a limited structural footprint. All this is probably also due to social change: as housing exteriors have been reduced, so have garden sizes been affected. When seen from this point of view, a green shelter for indulging in one’s own ideas can only be good.
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opiary has undergone countless evolutions. From ancient history to modernity, its use has always been the same: to create ornament by shaping plants according to one’s own liking. Beloved, of course, but utility has been added with the passage of years,. This evolution has led to making use of plants as han-
Cedrus deodara
Hedera helix “Hibernica”
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GOURMET CUISINE & FINE WINE VIA GARIBALDI, 25/27 51016 MONTECATINI TERME (PISTOIA) TEL. +39 0572 71.695 - FAX +39 0572 73.080 INFO@ENOTECAGIOVANNI.IT
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’ambiente e le risorse che lo compongono non sono inesauribili. È un dato di fatto che obbliga a una presa di coscienza per cercare di migliorare nelle proprie azioni quotidiane. Ogni attività umana porta a un consumo di materie prime, con un impatto ecologico più o meno elevato: giusto, allora, provare a migliorarsi. Il vivaismo pistoiese lo sta facendo da sempre, come leader mondiale per qualità, quantità e servizio ma anche come precursore di tecniche e di innovazioni nel rispetto del territorio. Nell’ultimo decennio sono molte le aziende del comprensorio che si sono adoperate in vari modi per ridurre l’impatto. Una delle vie più praticate è quella di adottare sistemi certificati per la salvaguardia dell’ambiente. Si tratta di veri e propri protocolli da seguire nelle varie fasi lavorative, così da stimolare l’organizzazione verso un controllo mirato del ciclo produttivo. La Giorgio Tesi Group è stata una pioniera del mondo delle certificazioni di eco-efficienza. Tutto iniziò con l’adozione della ISO 9000 nei primi anni del nuovo secolo. Da allora è cambiato molto, aggiungendo altre attestazioni a quella ISO. MPS (“Milieu Programma Sierteelt”, ovvero: programma ambientale per la coltivazione di piante ornamentali), per esempio, impone limiti forti al quantitativo di sostanze attive utilizzabili nell’arco dell’anno. Il massimo dei riconoscimenti si è avuto con l’adozione della certificazione EMAS (EcoManagement and Audit Scheme), unica azienda del settore in Italia ad averlo fatto. Si tratta di uno strumento per valutare e migliorare le proprie prestazioni ambientali e fornire al pubblico e ad altri soggetti interessati informazioni sulla propria gestione aziendale. Ogni anno viene prodotta una dichiarazione ambientale, liberamente consultabile on-line sul sito dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), con impegni in termini di ottimizzazione nel consumo di risorse rinnovabili (energia elettrica, gasolio, acqua, metano) e di riduzione dell’utilizzo di agrofarmaci e fertilizzanti; l’attuazione di quanto dichiarato viene periodicamente controllata da un ente terzo che rilascia o meno le certificazioni ambientali. La spinta, però, viene dal basso con l’intenzione di migliorarsi per sensibilità propria. In questa direzione vanno le ultime collaborazioni adottate con il CNR mettendo a disposizione ettari di terreno sia a Pistoia che nella sede storica della filiale “Il Terzo” di Grosseto, per la ricerca di nuovi cloni di cipresso e olmo resistenti a malattie che
Giorgio Tesi Group research and certifications
Giorgio Tesi Group ricerca e certificazioni
Sustainable development
A sinistra: adulto di Rodolia cardinalis; sotto: erogatori di feromoni utilizzati per il controllo Grapholita molesta; in basso: dischi pacciamanti in fibra di cocco con impianto di irrigazione localizzata. Left: adult Rodolia cardinalis; below: pheromone dispensers used to control Grapholita molesta; bottom: coconut fiber mulch discs with localized irrigation system.
Sviluppo T sostenibile
Reducing the impact to protect the environment
Ridurre l’impatto per la salvaguardia dell’ambiente TESTO Claudio Maestripieri hanno causato lo sterminio di alcune varietà. Così come l’utilizzo di antagonisti naturali per il controllo di insetti specifici, l’uso di dischi pacciamanti in vasetteria e il costante aggiornamento su pratiche alternative per limitare l’antagonismo delle erbe infestanti. Azioni obbligatorie, soprattutto da parte delle aziende che hanno assunto ormai dimensioni importanti e che vengono adottate in modo sempre più convinto ed efficiente, così da essere motore trainante per tutto il settore. Nella convinzione assoluta che la vita e l’ambiente sono i beni più preziosi da tutelare guardando ai nostri figli e alle generazioni future.
he environment and its constituent resources are not inexhaustible. As a matter of fact, it requires a concerted effort to attempt to improve one’s own daily actions. Every human activity leads to a consumption of raw materials, with a rather high ecological impact. Thus, the right thing to do is to try to change our own actions for the better. Pistoia’s nursery industry has been doing just that for quite a long time, as the world leader in quality, quantity, and service but also as a pioneer in environmental protection techniques and innovations. In the last decade, many of the area’s companies have worked in various ways to reduce this impact. One of the most common is by adopting systems certified for environmental protection, with specific protocols to be followed during the various work phases that encourage the company to closely monitor its production cycle. The Giorgio Tesi Group has been a pioneer in the world of eco-efficiency certification with the adoption of ISO 9000 at the beginning of the new century. Since then, much has changed with the addition of other certificates besides the ISO one. For example, the MPS (Milieu Project Sierteelt, an environmental program aimed at ornamental plant cultivation) imposes severe limits on the quantities of active substances that can be used throughout the year. Maximum recognition has come with the adoption of the EMAS (Eco-Management and Audit Scheme) certification, the only company in its sector in Italy to
have done so. It is a tool used by a company to assess and improve its own environmental performance and to provide the public and other interested parties with information on its business management practices. An environmental statement is produced annually that is freely available on-line at ISPRA (Institute for Environmental Protection and Research) site, with commitments relating to optimizing the consumption of renewable resources (electricity, gas, water, methane) and reducing the use of agrochemicals and fertilizers whose implementation is regularly monitored by a third-party, with the issuance, or not, of environmental certifications. The driving force, however, comes from below, with the company’s intention of raising its own consciousness. This is the direction of the latest partnerships to be implemented with the CNR, providing hectares of land in Pistoia as well as at the historical headquarters in Grosseto of Il Terzo. Research is being conducted on new cypress and elm clones that are resistant to the diseases that have caused some varieties to die out in addition to the use of natural antagonists to control specific insects, the use of mulching discs in nursery container stock, and the constant updating of alternative practices to limit weed competition. In particular, quite large companies are now adopting these mandatory actions ever more confidently and efficiently and are becoming the driving force for all companies in the sector in the absolute conviction that life and the environment are the most valuable assets to be safeguarded for our children and future generations.
www.giorgiotesigroup.it 63
PARCO IN
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Un Altro Parco in Città
Il giardino impossibile
IN CITTA
L’8 di giugno il centro cittadino si tingerà di verde TESTO Fabio Fondatori
FOTO Fabrizio Sichi
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Nelle pagine: suggestive immagini della passata edizione della manifestazione.
Gli uomini si dividono in quelli che costruiscono e quelli che piantano. I costruttori concludono il loro lavoro e, presto o tardi, sono colti dalla noia. Quelli che piantano sono soggetti a piogge o tempeste, ma il giardino non cesserà mai di crescere.
On these ages: striking images from the last event.
People are divided into those who build and those who plant. The builders finish their labors and, sooner or later, they are taken by boredom. Those who plant are subject to rains or storms but the garden never ceases to grow.
Paulo Coelho
I
l giardino impossibile è a Pistoia. A pochi metri da piazza del Duomo. Tra piazza della Sala e piazza dell’Ortaggio. Nasce in una notte di fine primavera. Là, dove vendevano il pesce, tra il fruttivendolo e il macellaio, in una domenica di inizio giugno sboccia un prato verde e spuntano alberi. E la piazza si trasforma. Si arricchisce di senso e si colora. È “Un altro parco in città”. La provocazione/suggestione degli architetti di Un Altro Studio e dei creativi della Giorgio Tesi Group. Un sogno che in una notte di fine primavera diventa realtà. Un’immensa isola verde nel centro di Pistoia. Che Google earth non riconosce. Il parco nascerà domenica 8 giugno. In caso di pioggia l’evento sarà spostato alla prima domenica di bel tempo. È un giardino impossibile. Perché il prato sorge sulla pietra, dove la natura non trova alimento. Perché quelle piazze non sono state concepite come parco ma sono sempre state terra di commercio. Perché, per un giorno, è un altro modo di vivere quei luoghi. Così il giardino impossibile si disvela agli occhi dei pistoiesi e offre un punto di vista diverso, un altro modo di vedere le cose. E’ questo il senso dell’installazione. Che rimette al centro dell’identità di Pistoia il valore di città del verde, assunto spesso più sui cartelli stradali o sulle rotonde che nel contesto urbano.
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Paulo Coelho
La scoperta di un giardino nascosto, la riqualificazione di un’area a verde, un manto di erba in un luogo dove c’è stato sempre solo cemento, cambiano la percezione dello spazio e del rapporto con gli altri in una città medievale, fatta di pietre e marmi. Ne è una testimonianza lo strepitoso successo delle prime due edizioni di Un altro parco in città, con migliaia di persone divertite a passeggiare e sedersi sull’erba del giardino impossibile. Quest’anno Un altro parco in città sarà un evento anche dal punto di vista turistico. La terza edizione si arricchisce infatti della collaborazione organizzativa del Consorzio Turistico Città di Pistoia e dello Zoo di Pistoia. Per farlo diventare un evento non solo pistoiese e per valorizzare anche altri aspetti. Il tutto si svolgerà domenica 8 giugno quando centinaia e centinaia di metri di prato spunteranno in piazzetta dell’ortaggio, piazza della Sala e, novità di quest’anno, anche in altre strade del centro storico. Più che un giardino, quindi, un inno alla qualità della vita e alla bellezza. Perché Pistoia deve affrancarsi dalle gabbie della cultura provinciale, riappropriarsi della sua bellezza e della sua creatività e offrirsi al mondo.
Another Park in the City
The impossible garden On 8 June, the town will be painted green
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he impossible garden is in Pistoia. A few meters from Piazza del Duomo. Between Piazza della Sala and Piazza dell’Ortaggio. It comes to life during a late spring night. There, where they sold fish, between the greengrocer and the butcher, on a Sunday in early June, a green lawn blossoms and trees sprout. The square is transformed. It becomes rich with meaning and is disguised. It is Another Park in the City, the challenge/attraction from the architects of Un Altro Studio and the creative minds of the Giorgio Tesi Group. A dream that becomes reality in one night at the end of the spring. A huge green island in the center of Pistoia,
unrecognized by Google Earth. It is an impossible garden. Because the grass rises on stone, where nature finds no nourishment. Because those squares were not designed as a park but have always been a trading post. Because, for just one day, it is another way to experience those places. So the impossible garden reveals itself to the eyes of Pistoia’s inhabitants, offering a different perspective, another way of seeing things. This is the installation’s meaning, placing again in the center of Pistoia’s identity the importance of a green city, taken for granted more often by the road signs or the roundabouts than in the urban context. The discovery of a hidden garden, the renewal of a green area, a blanket of grass in a place where there has always been just cement, changes the perception of space and of one’s relationships with others in a medieval town, made up of stones and marble. It is a testament to the resounding success of the first two Another Park in the City events, with thousands of people enjoying themselves, walking around and sitting on the grass in the impossible garden. This year Another Park in the City will be also be a tourism event. The third occasion is enriched in fact by the organizational cooperation of the city of Pistoia’s Tourist Association and the Pistoia Zoo. By making it more than just an event in Pistoia and to promote other aspects. Everything will take place on Sunday, 8 June, when hundreds and hundreds of square meters of grass will sprout in the Piazzetta dell’Ortaggio, Piazza della Sala and, new this year, also on other streets in the historic center. More than a garden, rather, it is a hymn to the quality of beauty and of life. Because Pistoia must break free from the cages of provincial culture, regain possession of her beauty and her creativity and offer herself to the world.
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Un raggio di speranza Un furgone per dare un pasto caldo ai senzatetto TESTO Carlo Vezzosi
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Soluzioni per il commercio con l’estero
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a Fondazione, ad opera dell’instancabile e generoso consigliere Giampiero Gherardeschi, ha avviato un proficuo rapporto di collaborazione e di sostegno con l’Associazione Raggi di Speranza in Stazione onlus di Pistoia, in particolare con la sua ammirevole presidente Maria Renzi, per l’assistenza ai senzatetto. Si tratta di un servizio di vera e sincera solidarietà verso persone in grande difficoltà che l’associazione Un Raggio di Speranza in Stazione ha svolto fino ad oggi con mezzi propri e in condizioni precarie. Un gruppo di volontari guidati da Maria Renzi che da anni si occupa con amore e dedizione degli ultimi, degli emarginati e di tutte quelle persone rifiutate da tutti. Nell’ultimo anno sono state organizzate varie iniziative per raccogliere fondi da devolvere all’associazione, tra queste la più significativa è stata la partecipazione all’Udienza del Santo Padre, Papa Francesco, nel settembre 2013. Hanno aderito più di cento persone guidate dagli stessi volontari della fondazione, con in testa il presidente della Fondazione Giorgio Tesi Onlus Fabrizio Tesi, che insieme a Maria Renzi hanno avuto la possibilità di scambiare un saluto con lo stesso Papa Francesco. La pubblicazione da parte della Fondazione di un volume sulla vita di Giampiero, deceduto nel 2011, con le testimonianze di chi lo ha conosciuto è stata un’altra iniziativa finalizzata a raccogliere fondi per l’associazione. Anche questa idea ha dato risultati straordinari che hanno permesso ai volontari di acquistare alimenti, coperte, indumenti e medicinali ai senzatetto che gravitano intorno la stazione di Pistoia. Questa associazione oltre a portare un piatto caldo per la cena, fin dall’inizio si è interessata per trovare uno spazio al coperto ove distribuire le vivande; per questo anche con il supporto della Fondazione ha avviato contatti con le istituzioni locali e con l’Amministrazione delle ferrovie. Ad oggi, purtroppo questo spazio non è ancora disponibile e la distribuzione dei pasti avviene all’aperto in condizioni non idonee e non dignitose. Per ovviare in parte a questo problema e per facilitare il trasporto del cibo e degli altri materiali necessari per i senzatetto, nonché per assicurarne una migliore distribuzione e fruizione da parte di queste persone, la Fondazione Giorgio Tesi ha messo a disposizione dei volontari un furgone coperto. Questo mezzo, attrezzato all’interno per conservare i cibi durante il trasporto e per “sporzionare”, sarà in grado di operare per il tempo necessario alla cena in uno spazio adiacente la stazione. Durante il periodo della Pasqua la Fondazione Giorgio Tesi, con una semplice cerimonia, ha consegnato le chiavi di questo “autoveicolo della speranza” a Maria Renzi, presidente dell’Associazione. Non solo cibo portano queste persone ma anche un po’ di affetto e di calore umano, fattori che contribuiscono a dare speranza ed un momento di gioia per chi ne ha veramente estremo bisogno.
www.giorgiotesigroup.it
Non-profit Fondazione Giorgio Tesi
A ray of hope A van for providing hot meals to the homeless
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hrough the efforts of its untiring and generous adviser Giampiero Gherardeschi, the foundation has started a useful relationship of cooperation and support with Pistoia’s Associazione Raggi di Speranza in Stazione and in particular with its admirable president Maria Renzi to help the homeless. It is a genuine and sincere outreach service to people in great difficulty that the Associazione Raggi di Speranza in Stazione has carried out up to now using its own vehicles that are in poor condition. Led by Maria Renzi, a group of volunteers has worked for years, unselfishly devoting themselves to the least of us, to the marginalized and all those people spurned by everyone. In the past year, a number of initiatives have been organized to raise funds for the association. The most important of these was attending an audience with the Holy Father, Pope Francis, in September 2013. More than a hundred people joined the group, led by the foundation’s own volunteers and headed by Fabrizio Tesi, the president of the non-profit Fondazione Giorgio Tesi, who, with Maria Renzi, had the opportunity to exchange greetings with Pope Francis himself. Another initiative directed at raising funds for the association is the foundation’s recent publication of a book on Giampiero’s life (he died in 2011) containing recollections by those who knew him. This idea has produced exceptional results, allowing the volunteers to buy food, clothes, and medicines for the homeless who gravitate around Pistoia’s station. In addition to bringing a hot dish for dinner, the association has always been interested in finding an indoor space where food can be distributed. With this in mind, and supported by the foundation, local authorities and the railroad administration were contacted. To date, unfortunately this space is not yet available and food distribution takes place out-of-doors in inappropriate, undignified conditions. To help overcome this problem and facilitate the transport of food and other materials needed for the homeless as well as to ensure better distribution and utilization by these people, the Fondazione Giorgio Tesi has put a covered van at the volunteers’ disposal. Equipped inside to store food during transportation and to prepare serving portions, this vehicle will be able to operate for the time needed to serve dinner in a space adjacent to the station. At a simple ceremony during this Easter period, the Fondazione Giorgio Tesi handed the keys to this “vehicle of hope” over to Maria Renzi, the president of the association. Not only do these people bring food but also a bit of affection and human warmth, factors that contribute to giving hope and a moment of joy to those who truly need it.
Ranieri Viaggi 28° Meeting Nazionale di Società per Giovanissimi
Montecatini Terme 3/4/5/6 Luglio 2014 Montecatini quest’anno è la vera madrina del ciclismo: l’evento più importante dopo i Mondiali di Toscana 2013, la manifestazione 2014 che si ripete dal 1985 da un’idea dei dirigenti della Federazione Ciclistica Italiana per la promozione del ciclismo giovanile, approda nella città termale proprio in occasione del centenario della nascita di Gino Bartali a quale verrà dedicata una cicloturistica internazionale in programma il 29 di giugno, per info e iscrizioni www.montecatiniterme2014.it/cicloturistica. Grazie alla collaborazione tra i soggetti istituzionali e il comitato regionale e provinciale della Federciclismo, in partnership con la Ranieri Tour Operator che ne organizza i pernottamenti e l’accoglienza, i 2000 bambini dai 7 ai 12 anni da tutta Italia e i loro accompagnatori potranno vivere e godere a pieno la bellezza del parco termale di viale Verdi. Si attendono circa 25. 000 presenze in tutta la Valdinievole, da giovedì 3 luglio fino alla mattina di domenica 6 luglio, quando la cerimonia di premiazione celebrerà i vincitori concludendo i tre giorni di festa del ciclismo giovanile a cura di Montecatini Terme e Sport ASD in collaborazione con le società ciclistiche pistoiesi. Sono comprese prove su strada, sprint, abilità e mountain bike. Previsti anche altri eventi, come convegni, dibattiti, legati soprattutto al tema della sicurezza, si ricorderà anche Franco Ballerini, che amava particolarmente il settore giovanissimi. Collaboreranno inoltre le associazioni Dynamo Camp, We are Bikers Respect Us e la Fondazione Bartali Onlus. La mascotte dell’evento è un airone, simbolo della città di Montecatini, il cui nome è Bicio, disegnato da una studentessa. This year Montecatini is the true cycling sponsor, with the most important cycling event after the World Tuscany 2013. Based on an idea for promoting youth cycling from the Italian Cycling Federation’s directors, the event has been taken place each year since 1985. In 2014, it arrives in this spa resort for the centenary of Gino Bartali’s birth to whom this international cycle-touring event, taking place on 29 June, is dedicated. Go to www.montecatiniterme2014.it/cicloturistica for information and applications. Thanks to the partnership between institutions and Federciclismo’s regional and provincial committees, together with Rainieri Tour Operator, which has organized the accommodations and hospitality. Two-thousand children aged 7 to 12 years from all over Italy and their chaperons will experience and enjoy the beauty of the Viale Verdi spa park. Another 25,000 are expected throughout the Valdinievole between Thursday, 3 July, and Sunday morning, 6 July, when the awards ceremony will honor the winners, thus concluding the three-day youth-cycling festival sponsored by Montecatini Terme and Sport ASD in cooperation with Pistoia’s cycling clubs. The specific events include road tests, sprints, skill, and mountain-biking. In addition, there will be conferences, debates, and exhibitions—related mainly to the topic of road safety, and a national meeting to remember Franco Ballerini, who was particularly fond of this youngest sector. The associations Dynamo Camp, We are Bikers Respect Us and the nonprofit Fondazione Bartali will also be lending a hand. The event’s mascot is a heron, symbol of the city of Montecatini. Its name is Bicio and it was designed by a student.
www.montecatiniterme2014.it
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Chiesa del Carmine
Splendore rococò Recentemente riconsegnato alla città un luogo di storia e bellezza TESTO Matteo Caffiero Stefano Mei FAI Giovani Pistoia
FOTO Nicolò Begliomini
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Pagine d’apertura: La Fede e la Speranza pittura murale presbiterio metà XVIII sec di Vincenzo Meucci; a sinistra: modellato e stucchi dorati; in basso: Veduta d’insieme; pagina a fianco: Altare famiglia Chiappelli (metà XVIII sec.); tela: Pietro Marchesini, Santo Eremita e Santo Vescovo in adorazione della Madonna del Carmine col Bambino (sec. XVIII) Opening Pages: Faith and Hope, wall painting, midXVIII century by Vincenzo Meucci; Left: molded and gilded stucco; below: Overall view; Opposite page: Chiappelli family altar (mid- XVIII century.) painting: Pietro Marchesini, Holy Hermit and Bishop Saint in adoration of Our Lady of Mount Carmel and Child (XVIII c.)
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ome tutti gli altri ordini mendicanti anche l’Ordine della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, per tutti “i Carmelitani”, trova posto all’esterno della seconda cerchia muraria di Pistoia. La fondazione della loro chiesa dedicata al Santissimo Sacramento, viene fatta risalire al 1291. Da allora la costruzione dell’edificio ha conosciuto più tappe, tutte condizionate dalla scarsità dei mezzi economici, tanto che in un documento del XIV sec. si fa riferimento alla necessità di erogare all’ordine nuovi finanziamenti “perché a questi padri si desse un luogo più onorevole e salubre”. Anche il corposo intervento del XVI sec. fu caratterizzato dalla scarsità di mezzi, tanto che alcuni degli altari in pietra non furono consacrati perché non conclusi. Rimangono a ricordo di questo periodo due portali in pietra serena. Lo stato attuale lo dobbiamo al successivo intervento a firma dell’architetto Padre Raffaello Ulivi, datato 1741, che ha portato l’edificio a essere lo spazio sacro luminoso e accogliente che oggi pos-
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siamo vedere. Anche le altre maestranze intervenute nella fabbrica erano di alto livello: gli Arrighi, Vincenzo Meucci e Tommaso Gherardini, tutti attivi presso le famiglie De’ Rossi e Amati le quali erano entrambe titolari di due altari della chiesa.
Fondata alla fine del 1200, deve agli interventi del 1741 lo splendore attuale Dei vari artisti si ricorda la collaborazione che li portò a realizzare il complesso di S. Maria degli Angeli. Come molti conventi anche la chiesa del Carmine subisce la soppressione napoleonica nel
1803 e nel 1811 diviene sede della Reale Accademia di Scienze Lettere ed Arti in Pistoia, ma su pressione del popolo e del vescovo l’edificio viene riaperto al culto pochi anni dopo. Gli anni che verranno porteranno il complesso del Carmine in un lento e inesorabile declino. Il convento diverrà sede di ricovero dei mendicanti fino al 1927, data in cui questi saranno trasferiti al Villone Puccini e il complesso diverrà con l’istituzione della provincia di Pistoia sede dell’intendenza di finanza, per essere poi venduto a privati. La chiesa diverrà parrocchia di S. Andrea e resterà per molti anni chiusa al pubblico per la sua fatiscenza. Nel 2005 viene riconsegnata alla città in tutto il suo splendore Rococò. La qualità della decorazione concepita in modo unitario dagli stucchi e dagli affreschi nelle volte, di Vincenzo Meucci, Tommaso Gherardini e Filippo Benedetto Burci, ne fanno uno degli ambienti più pregevoli del tempo. La ricchezza degli interni è caratterizzata dall’unione tra la struttura architettonica e i decori in stucco, finti marmi e pitture murali. Gli stucchi che caratterizzano lo stile della chiesa, originariamente rifiniti in oro zecchino, rappresentano l’idea di teatralità tipica dell’ecclesiologia del tempo. Essi fanno da cornice a tutta una serie di pitture relative all’ordine e alla spiritualità dei Carmelitani, partendo dalla pala sull’altar maggiore di F. Lumicini (la caduta della manna dal cielo 1625) e arrivando alla rappresentazione della sacra famiglia (metà del XVIII sec.) di P. Marchesini. Tali raffigurazioni sono incastonate nei vari altari, ognuno dei quali può essere identificato tramite lo stemma alla base della famiglia titolare. Di particolare rilievo sono i quadri e i medaglioni ovali della navata attribuiti al Meucci e al Burci. Del primo sono le pitture murali della Fede e della Speranza sopra i lati del presbiterio e, lungo le navate, le quattro pitture che ci parlano di episodi della vita di Maria; del secondo abbiamo due pitture che raffigurano l’apparizione a Elia, da cui l’ordine si ispira, e l’apparizione a papa Onorio III che approva la regola dell’Ordine. Inoltre troviamo una tela di I. Hughord e due del pistoiese P. Marchesini, entrambi allievi di A.D. Gabbiani. Di rilievo sono anche gli arredi lignei in noce intarsiati che danno al complesso un ulteriore senso di accoglienza. Il suo ritorno all’antico splendore si deve al restauro coordinato dalla Soprintendenza ed eseguito tra il 2001 e il 2007 e alla ricostruzione dell’organo in controfacciata inaugurato nel giugno del 2008.
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IL PROGETTO DEL PAESAGGIO CONTEMPORANEO CONTEMPORARY LANDSCAPE PROJECT
PAYSAGE TOPSCAPE
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RIVISTA TRIMESTRALE/QUARTERLY REVIEW
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Church of the Carmine
The Rococò Splendor A place of history and beauty recently returned to the city
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ike all the other mendicant orders, the Order of the Blessed Virgin Mary of Mount Carmel, for all Carmelites, was also located on the outside of Pistoia’s second ring of walls. The foundation of their church, dedicated to the Blessed Sacrament, has been traced back to 1291. Since then, the building’s structure has undergone several changes, all conditioned by the lack of economic means. Indeed, a XIV-century document refers to the need to provide the order with new financing “so these fathers are given a more honorable and healthy place”. Even the substantial work in the XVI century was characterized by a lack of means, such that some of the stone altars were not consecrated because they had not been finished. Two pietra serena portals are reminders of this period. We owe its current state to the subsequent work signed by the architect Father Raffaello Ulivi, dated 1741, who gave the building the luminous and welcoming sacred space that we see today. Other highly-skilled workers also left their mark: the Arrighis, Vincenzo Meucci, and Tommaso Gherardini, all working for the De’ Rossi and Amati families, both of which were holders of two of the church’s altars as well as, let us recall, some of the artists who worked on the construction of the complex of S. Maria degli Angeli. Like many convents, the Church of the Carmine was also subjected to the 1803 Napoleonic suppression, becoming, in 1811, the seat of the Royal Academy of Sciences, Letters, and Arts in Pistoia. However, under pressure from the people and the
bishop, the building was reopened for worship a few years later. The following years found the Carmine complex on a slow and inexorable decline. The monastery was a place of shelter for mendicants until 1927, at which time they were transferred to Villone Puccini. With the establishment of the province of Pistoia, the complex became seat of the Finance Inspectorate, before being sold to private individuals. The church became part of the parish of S. Andrea and, owing to its dilapidated state, remained closed to the public for many years. It was returned to the city in all its rococo splendor in 2005. Designed in a unified manner with stuccoes and frescoes in the vaults, the quality of the decorations by Vincenzo Meucci, Tommaso Gherardini, and Filippo Benedetto Burci make it one of the most valuable of the period. The richness of its interiors is characterized by the harmony between the architectural structure, the decorations in stucco and faux marble, and the wall paintings. Originally finished in gold, the stuccoes that characterize the church’s style exemplify the typical idea of theatricality of the ecclesiology at that time. They are the framework for a series of paintings related to the Carmelite order’s spirituality, starting
from the altarpiece on the high altar by F. Lumicini (The Fall of Manna from Heaven, 1625) to arrive at the depiction of the Holy Family (mid-XVIII century) by P. Marchesini. These works are inserted in the various altars, each of whose patron family can be identified by the coat of arms at the base. Of particular note are the paintings and the oval medallions in the nave which have been attributed to Meucci and Burci. The wall paintings of Faith and Hope above the sides of the chancel, and the four paintings along the aisles, which speak to us with scenes from the life of Mary, are by Meucci. We have two paintings by Burci that depict the appearance to Elijah, from which the order took inspiration, and the appearance of Pope Honorius III approved the Order’s Rule. In addition, there is a painting by I. Hughord and two by the Pistoian P. Marchesini, both students of A.D. Gabbiani. Also noteworthy is the wooden furniture with walnut marquetry that gives the complex an added sense of warmth. The return to its former splendor is owed to the restoration coordinated by the Superintendency, carried out between 2001 and 2007, and the reconstruction of the organ on the counter-façade, which was inaugurated in June of 2008.
in alto a sinistra: Tabernacolo Altar maggiore ( XVIII sec.) in alto a destra: Organo a canne; a sinistra: Particolare pittura murale Annunciazione, V. Meucci, (XVIII sec.) Top left: Tabernacle, high altar (XVIII c.) upper right: pipe organ; left: wall painting detail, Annunciation, V. Meucci, (XVIII c.) 77
MARINO
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O MARINI Pistoia nel Mondo - Pistoia in the World
Un cavallo per la pace Marino Marini a Berlino, Gerusalemme e Tokyo TESTO Ambra Tuci
FOTO Alfio Garozzo Archivio Fondazione Marino Marini
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Pagine d’apertura: il Miracolo posizionato tra la Camera dei Rappresentanti e del Palazzo del Reichstag, vicino al fiume Spree nel quartiere del Parlamento a Berlino; nelle pagine: le foto di lavorazione scattate alla Germinaia, Forte dei Marmi. Insieme a Marino si possono vedere Marino, il suo allievo Kenjiro Azuma e un assistente. Opening Pages: The Miracles positioned between the House of Representatives and the Reichstag building, close to the Spree River in Berlin’s Parliament district; on these pages: production photos taken at Germinaia, Forte dei Marmi. Marino, his student Kenjiro Azuma, and an assistant are pictured.
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a scultura “Miracolo - l’idea di un’immagine” è un’opera degli anni 1969/70, una delle ultime sculture monumentali realizzate da Marino Marini, l’artista nato a Pistoia nel 1901 e noto in tutto il mondo. Il gruppo equestre è senz’altro il soggetto più conosciuto della sua opera; una tematica cui l’artista ha iniziato a lavorare fin dagli anni Trenta e che può essere vista come un vero e proprio simbolo, un linguaggio originalissimo che Marino adotta per esprimersi e per leggere la realtà. Infatti afferma: C’è tutta la storia dell’umanità e della natura nella figura del cavaliere e del cavallo, in ogni epoca. E’ il mio modo di raccontare la storia. E’ il personaggio di cui ho bisogno per dare forma alla passione dell’uomo (…) I Miracoli compaiono nella sua opera dopo che l’artista ha vissuto la tragedia della guerra e ha potuto vedere gli orrori e la devastazione che questa ha lasciato. Egli stesso descrive così i suoi miracoli: Il cavaliere diventa sempre più in-
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capace di padroneggiare il suo cavallo, e la bestia, nella sua ansietà sempre più feroce, si rende rigida invece di impennarsi. Credo sul serio che andiamo incontro alla fine del mondo. Ecco la miglior definizione che si possa usare per descrivere i Miracoli, forme lacerate, tragiche, “espressioniste” perché, come dice Marino stesso, è il mondo che è diventato espressionista.
“E’ il mio modo di raccontare la storia”: i cavalieri in bilico del grande artista Con queste forme dissolte, estremamente drammatiche, Marino dispiega un’ansia tutta di origine etica per la condizione umana. Dice infatti: Ad un certo momento l’idea parte fino a distruggersi. Questa idea infuocata, la poesia di questo cavaliere che ad un certo punto si rompe, vuol andare in cielo, non sta più bene né sulla terra né in cielo, vuol bucare la crosta terrena o vuole addirittura andare nella stratosfera, ma non vuole stare tranquillo sulla terra in mezzo agli uomini che non sono più tranquilli, che sono diventati dei matti. Tenta di scappare: o buca la crosta terrestre o esce fuori nello spazio e finisce per distruggersi per essere addirittura distrutto da questa idea… questo è il periodo della tragedia ancora un po’ umana; poi, da ultimo la tragedia c’è ma non è quasi più umana: il cavaliere è diventato un fossile. “Miracolo - l’idea di un’immagine”, opera culminante nell’esplorazione della tematica del cavallo e cavaliere, è divenuta oggi un simbolo di
speranza e di pace. Tre esemplari di quest’opera hanno infatti collocazioni importantissime ed estremamente significative. Marino, con il precario equilibrio della sua figura umana sul punto di cadere dalla groppa di un cavallo imbizzarrito, fa da monito all’umanità presente e futura. Il Miracolo troneggia in aria, libero da qualsiasi tipo di cornice spaziale, sull’asse visivo tra la Camera dei Rappresentanti e del Palazzo del Reichstag, vicino al fiume Spree nel quartiere del Parlamento a Berlino. La posizione e l’orientamento di questa opera d’arte ne fanno un punto focale nel quale, simbolicamente in questa città, la storia e la tragedia del secolo scorso convergono. Un altro esemplare del Miracolo di trova a Gerusalemme presso “The Israel Museum – The Billy Rose Art Garden” a commemorare le vittime dell’Olocausto. Un altro, infine, a Tokyo, presso “The National Museum of Modern art”, per ricordare le vittime di Hiroshima. Luoghi ed eventi che non hanno bisogno di ulteriori parole. I nomi di queste città già evocano scenari apocalittici che l’uomo non deve e non dovrà mai dimenticare e forse più delle parole proprio le figure in tragico disequilibrio dei Miracoli riescono e riusciranno sempre a riportare sotto gli occhi degli uomini gli avvenimenti passati in tutta la loro crudezza.
A Horse for Peace Marino Marini in Berlin, Jerusalem, and Tokyo
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he sculpture “Miracle-the idea of an image” is a work from the years 196970 that is known worldwide. It is also one of the last monumental sculptures by Marino Marini, the artist born in Pistoia in 1901. The equestrian group is certainly the best-known subject of his work, a theme the artist began to develop in the 1930s. It can be seen as a true symbol, a very original language that Marino adopted to express himself and to interpret the world. In fact he said, throughout the history of humanity and nature, in every age, there have
been figures of a horse and rider. It’s my way of telling their story. It’s the figure that I have needed to give form to man’s passion (...) The Miracles appeared in his work after the artist had experienced the tragedy of war and was able to see the horrors and devastation that it left behind. He himself described his miracles as: The rider has become increasingly powerless to master his horse; the ever more savage beast, in its agitation, has become inflexible rather than rising up. I seriously believe that we are heading towards the end of the world. The Miracles can best be described as torn, tragic, “expressionist” forms because, as Marino himself said, the world has become expressionist. With these dissolute, extremely dramatic forms, Marino revealed a wholly ethical concern for the human condition. Indeed, he said, At a certain point, the idea continues until its destruction. It is this fiery image, this vision of a rider who, at some point, is broken and wants to go to heaven. He is no longer well either on earth or in heaven. He wants to bore into the
earth’s crust or go directly into the stratosphere, but he does not want to be peaceable on an earth amidst men who are no longer peaceful, who have gone mad. He tries to escape either into the hole in the Earth’s crust or into space but ends up destroying himself having been destroyed by this idea ... this is the time of a tragedy that is still somewhat human. Then, there is the final tragedy but it is no longer human: the rider has become a fossil. The culminating work in Marini’s exploration of the horse-and rider-theme, “Miracle-the idea of an image” has now become a symbol of peace and hope. Indeed, three examples of this work have been placed in very important, extremely significant locations. Marino used the precarious balance of the human figure on the verge of falling off the back of a runaway horse as a present and future warning to humanity. The Miracle stands out in mid-air, free from any type of spatial framework, on the visual axis between the House of Representatives and the Reichstag building, near the Spree River in Berlin’s Parliament district. The position and orientation of this artwork make it a focal point in which—symbolically in this city—the history and tragedy of the last century converge. Another example of the Miracle is found in Jerusalem, in the Billy Rose Art Garden at the Israel Museum, where it commemorates the victims of the Holocaust. Lastly, there is another in Tokyo, at the National Museum of Modern Art, in memory of the victims of Hiroshima. No other words are needed for these places and events. The names of these cities already evoke apocalyptic scenarios that humanity should not and must not ever forget. Perhaps more than words themselves, the tragically unbalanced figures of these Miracles are and always will be a reminder to all of humankind of these past events in all their brutality.
www.fondazionemarinomarini.it 81
si può archiviare in modo dannoso
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Policarpo Petrocchi e Castello di Cireglio
Un uomo, un paese Grande letterato di fine ‘800, ha scritto molte opere e, soprattutto, importanti dizionari della lingua italiana TESTO Maurizio Ferrari 84
FOTO Nicolò Begliomini
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astello di Cireglio è un “paesucciaccio” della collina pistoiese, adagiato su un’altura, nel bel mezzo di due propaggini montuose che si allungano verso la piana di Pistoia-Prato-Firenze. Non è noto ai più per i suoi indiscutibili meriti: un clima favorevole, la salubrità dell’aria, una vista
mozzafiato, il fascino di un isolamento plurisecolare che ancora conserva quasi inalterato nel reticolo di viuzze in ciottoli o in lastricato, nel sistema di piazzette dai nomi evocativi sulle quali si affacciano case dal sapore antico, nella sdegnosa solitudine di un campanile senza chiesa “con una campana benedetta da San Bernardino che viene sonata quando il vento brontola e minaccia burrasca”. Sui libri di storia, Castello è rammentato solo per aver dato i natali a Policarpo Petrocchi (18521902), il famoso lessicografo autore di un fortunatissimo Dizionario della lingua italiana e di molte altre opere letterarie.
Un borgo montano immerso nei boschi e legato alla memoria del linguista Policarpo Petrocchi
Pagine d’apertura: il borgo di Castello di Cireglio che padroneggia su Pistoia; in alto a sinistra: panoramica delle case immerse nel verde; in alto a destra: il campanile restaurato; sopra; immagine d’epoca che evidenzia come il paese ha mantenuto il suo fasciono nel tempo. Opening pages: the village of Castello di Cireglio standing above Pistoia; top left: panorama of houses surrounded by greenery; top right: the restored tower; above; vintage picture showing how the village has retained its charm over time. 86
Eppure del suo borgo natio Policarpo conservava molto in sé: il culto del lavoro, un carattere indomito e poco incline ai compromessi, un’indole sanguigna e ribelle, ma nel contempo leale e franca, una mente libera e l’orgoglio delle proprie radici. La vita di questo illustre figlio di Castello è stata sempre intensa e, a tratti, anche tempestosa. I primi studi a Pistoia, poi, a 17 anni, la professione-missione di insegnante, prima a Milano, in seguito a Torino e ancora a Milano, dove scrive saggi, poesie, racconti, e si dedica a traduzioni, celebre quella dell’Assommoir di Zola, dalla quale trae grande fama. In uno dei frequenti ritorni estivi all’indimenticato paese d’origine, rinsalda una relazione “colpevo-
le” con Clementina Biagini, una donna sposata a un notaio pistoiese e madre di una figlia. Da lei avrà sei figli e sarà la compagna di una vita. La metropoli lombarda subisce il fascino della parlata del giovane toscano, che si distingue per l’incessante lavoro di studioso di Manzoni, Dante, Carducci, anche se il suo impegno più intenso è rivolto alla pubblicazione di opere a fini didattici, prevalentemente per le scuole di ogni ordine e grado, onde divulgare il buon uso della lingua italiana. Nascono così il già citato Dizionario, vari testi di grammatica italiana, un Vocabolarietto di pronuncia e ortografia, numerose antologie di classici greci latini e italiani, nonché
il Thesaurus, un’enciclopedia illustrata rimasta incompiuta. Frattanto il suo rigore morale e intellettuale lo induce a duri scontri con la classe dirigente nazionale, accusata di umiliare l’istruzione e la cultura in genere, e non è risparmiata nemmeno quella pistoiese, cui il Petrocchi rimprovera aspramente il disimpegno nei confronti della collina e della montagna. Per dotare il suo paese dei servizi essenziali, s’impegna in prima persona: fonda la Società di mutua assistenza Onore e Lavoro (ancora operante), finanzia la costruzione di una strada di collegamento con la Modenese, di due fontane pubbliche di acqua potabile, di una scuola; insomma dimostra ad enti e istituzioni come si possano realizzare la modernizzazione
di un paese fino ad allora “vera spelonca e tana immonda” e la promozione civile e sociale dei suoi abitanti, giungendo orgogliosamente a proclamare lo “Stato libero di Cireglio” come modello da seguire. Questo legame stretto con Castello trova anche forma letteraria, seppure incompiuta, in un’opera pubblicata postuma (nel 1972) e intitolata Il mio paese, in cui l’autore rievoca la vita di tutti i giorni, gli scorci, le figure, i drammi e le gioie semplici di questo paese; in una parola sola, l’anima. Sarà l’ultimo atto d’amore di un “montanino pistoiese” nei confronti del suo nido natio. ** Il virgolettato è tratto da opere del Petrocchi stesso.
Sopra a sinistra: la lapide commemorativa, al centro, la casa di Policarpo oggi; a destra: un’immagine storica che ritrae lo scrittore di fronte alla sua casa; in basso a sinistra: uno scorcio del borgo dove si vede la statua eretta in suo onore: in basso a destra: il Petrocchi con i suoi figli. Above left: the commemorative plaque, at the center, Policarpo’s home today; right: famous image of the writer in front of his house; bottom left: a view of the village with the statue erected in his honor: at bottom right: Petrocchi with his children.
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Il premio alle eccellenze delle arti grafiche in Italia
Industria Grafica dell’Anno
Policarpo Petrocchi and Castello di Cireglio
A man, his village This great man of letters from the late 1800s wrote many works, especially important dictionaries of the Italian language
C
astello di Cireglio is a “paesucciaccio”, a little hick village, nestled on the slope of one of hills surrounding Pistoia, set right in between two mountainous offshoots that lean towards the Pistoia-Prato-Firenze plain. Many do not know of this village’s undeniable merits: its favorable climate, clean air, stunning views, and the charm of a centuries-old isolation that is still preserved almost unchanged in the grid of cobblestone-paved streets and in the system of small squares with evocative names overlooked by houses with an antique air, in the disdainful solitude of a churchless campanile “with a bell blessed by Saint Bernardine that is rung when the wind rumbles and a storm threatens”. Castello is remembered in history books only for having given birth to Policarpo Petrocchi (18521902), the famous lexicographer, author of the highly successful Dizionario della lingua italiana, and many other literary works. Yet Policarpo retained within himself a great deal of his native village: a devotion to work, an indomitable character not prone to compromise, a nature that was fiery and rebellious yet, at the same time, honest and frank, a clear mind, and pride in his very roots. The life of this illustrious son of Castello was always intense and, at times, even stormy. His early studies in Pistoia were followed, at the age of seventeen, by his mission-profession as a teacher, first in Milan, later in Turin, and then again in Milan where he wrote essays, poems, short stories, and dedicated himself to translations—famous for his translation of Zola’s Assommoir—all of which led to his great fame.
In one of his frequent summer visits to his unforgotten hometown, he formed a “guilty” relationship with Clementina Biagini, a woman married to a Pistoian notary and the mother of a daughter. Petrocchi had six children by her and she was his lifetime companion. The Lombard metropolis put up with the young Tuscan’s way of speaking, distinguished by the unending work of a scholar of Manzoni, Dante, and Carducci—even if he was more strongly committed to publishing educational works, mainly for schools of all types and levels, in order to disseminate the proper use of the Italian language. Thus, he published such works as the previously mentioned Dizionario, various Italian grammar books, the Vocabolarietto di pronuncia e ortografia, many anthologies of Greek, Latin, and Italian classics as well as a Thesaurus and an unfinished, illustrated encyclopedia. Meanwhile, his moral and intellectual rigor led him to violent clashes with the nation’s ruling class, accusing them of debasing education and culture in general. Not even Pistoia’s ruling class was spared, with Petrocchi harshly criticizing a lack of commitment to the surrounding hills and mountains. Personally committed to endowing his town with essential services, he founded Onore e Lavoro, a still-active mutual assistance society, and financed the construction of a road linking to Via Modenese, two public fountains with potable water, and a school. In short, he demonstrated to organizations and institutions how it was possible to modernize a village that until then had “truly [been] a foul hole” and move its inhabitants forward civically and socially, coming to proudly proclaim the “free state of Cireglio” as a model to be followed. This close relationship with Castello also took a literary albeit incomplete form in a posthumously published work (1972), entitled Il mio paese (My Village), in which the author recalled its every day life, views, figures, dramas, and simple joys, in short, its essence. It would be the final act of love for his hometown by this “hillbilly from Pistoia”. ** The quotations are taken from works by Petrocchi himself.
In alto: angolo caratteristico del paese che esprime tutto il carattere tipico dei borghi della montagna pistoiese; sopra: particolare del mezzo busto di Petrocchi; a sinistra: un’altro scorcio di Castello di Cireglio. Above: picturesque corner of the village expressing all the typical character of villages in Pistoia’s mountains; above: detail of the half-length portrait of Petrocchi; left: another glimpse of Castello di Cireglio. 89
Vocabolario universale della lingua italiana
Il Nòvo dizionàrio Strumento fondamentale per propagare la lingua italiana nel paese alla fine dell’800
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TESTO Andrea Ottanelli
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olicarpo Petrocchi iniziò a lavorare al suo Dizionario nel 1880 e lo terminò nel 1891 realizzando nell’arco di una dozzina di anni un lavoro intenso e di grande fatica, dimostrando una notevole capacità di padroneggiare la lingua italiana e di possedere idee ben chiare su come impostare un dizionario che fosse al tempo stesso innovatore e alla portata di tutti. Gli anni in cui Petrocchi porta a compimento la sua fatica sono quelli del soggiorno milanese, dove ha il suo lavoro fisso, affetti familiari stabili, è ormai noto per le sue pubblicazioni (tra queste le grammatiche a uso delle varie scuole) e compila la sua opera autobiografica Il mio paese, che uscirà postuma solo nel 1972. In questo clima si dedica alla realizzazione del vocabolario che diverrà “assorbente” per la sua mole e l’impegno che richiede. La sua idea è quella di seguire le indicazioni di Alessandro Manzoni e quindi di realizzare un vocabolario basato sul fiorentino parlato e capace di divenire uno strumento fondamentale per propagare la lingua italiana nella nazione appena costituita, grazie a una diffusione capillare, specialmente attraverso la scuola. Tentarono di percorrere questa strada con alterne fortune i dizionari compilati da Emilio Broglio e Giovan Battista Giorgini (1870-1897)
e da Giuseppe Rigutini e Pietro Fanfani (18711875), ma certamente l’opera di Petrocchi è quella che più si avvicina alle indicazioni manzoniane e costituisce un testo realmente innovativo nel panorama dei vocabolari italiani. Il Nòvo dizionario uscì a dispense tra il 1884 e il 1890 e quindi fu pubblicato in due volumi di 1285 pagine ciascuno, datati 1887 e 1891, ed è stato ristampato fino al 1931. Contemporaneamente Petrocchi ideò anche un “sistema” di dizionari costituito da un’edizione scolastica pubblicata nel 1892, ristampata fino al 1962, e da un’edizione minima destinata alle scuole elementari unita e un vocabolarietto con un settore enciclopedico pubblicato per Vallardi nel 1895 e ristampato fino al 1969. I vocabolari petrocchiani hanno così accompagnato e sostenuto l’opera di alfabetizzazione e di scolarizzazione di intere generazioni di ogni classe sociale per oltre settanta anni. Petrocchi impostò Il Nòvo dizionàrio universale in maniera originale dividendo ogni pagina in due parti: in una, superiore, registrò i lemmi della “lingua d’uso”, “delle varie città toscane, contadinesca e delle montagne toscane”, cioè quotidiana, e nell’altra le voci “fuori d’uso”, specialistiche, relative alle scienze, alle arti e ai mestieri. Si tratta di una soluzione inedita per la lessicografia italiana, che ci permette di accedere alle conoscenze e alle sedimentazioni culturali popolari e codificate dell’epoca in vari campi poiché si spazia dalle voci dialettali, ai termini della cultura orale popolare, a quelli scientifici e delle arti e dei mestieri dell’epoca, frutto di una cultura tecnologica empirica, che l’opera di Policarpo ha conservato dalla dispersione del tempo.
Universal dictionary of the Italian language
The Nòvo dizionàrio Important tool for spreading the Italian language in the country in the late 1800s
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olicarpo Petrocchi began work on his dictionary in 1880 and finished it in 1891. He compiled it over the course of a dozen years of intense work and great effort. He showed a remarkable ability to master the Italian language and had a very clear idea on how to construct a dictionary that was both innovative and affordable for everyone. Petrocchi completed his work during the years that he lived in Milan, where he had a permanent job, and a stable family life. He was by then well known for his publications (among them the grammars used by various schools) and he was putting together his autobiography “Il mio paese” (“My Country”), which was released posthumously in 1972. In this environment, he dedicated himself to the compilation of a dictionary that would be “all-encompassing” because of its size and the commitment it required. His idea was to follow Alessandro Manzoni’s guidelines, compiling a dictionary
based on Florence’s spoken language that would become a fundamental tool in disseminating the Italian language throughout the newly formed nation, thanks to its widespread distribution, especially through schools. The dictionaries compiled by Emilio Broglio and Giovan Battista Giorgini (1870-1897) and by Giuseppe Rigutini and Pietro Fanfani (1871-1875) had attempted, with mixed success, to go down this road. However, Petrocchi’s work is certainly the one that most closely follows Manzoni’s guidelines and constitutes a truly innovative work in the panorama of Italian dictionaries. Il Nòvo dizionario came out in installments between 1884 and 1890. It was later published in two volumes of 1285 pages each, dated 1887 and 1891, and was reprinted until 1931. At the same time, Petrocchi also devised a “system” of dictionaries that included a school edition published in 1892 and reprinted until 1962, a smaller edition used in elementary schools, and a small dictionary with an encyclopedia section published by Vallardi in 1895 and reprinted until 1969. Petrocchi’s dictionaries thus ushered in and supported the work of literacy and education for entire generations in all social classes for over seventy years. Petrocchi organized the Nòvo dizionàrio universale in an original way, dividing each page into two parts. On the upper part, he recorded entries for “lingua d’uso” (“language in use”), “delle varie città toscane, contadinesca e delle montagne toscane”, (“from various Tuscan, country towns and from the Tuscan mountains”), i.e. everyday language, and on the lower part, were headings for terms that were “fuori d’uso”, (“obsolete”), specialist, or related to the sciences and arts and crafts. It was a unique solution for Italian lexicography, which has allowed us access to the knowledge and to layers of folk culture that were codified at that time into various fields, including dialectal entries, terms from the oral folk tradition as well as from the sciences and the arts and crafts of the era. The result was one of an empirical technological erudition with Petrocchi’s work preserving from these terms from being lost over time.
in alto: Il Dizionario in una edizione del 1921; in alto a destra: un particolare delle pagine interne; a sinistra: un quadro raffigurante il Petrocchi custodito nella casa di Castello di Cireglio. Top: 1921 edition of the dictionary; top right: a detail of the pages inside; left: a picture of Petrocchi kept in the Castello di Cireglio house. 91
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Rubrica Social
Le emozioni delle immagini Condividere passione per Pistoia TESTO Massimo Carradori
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i tuffo nelle strade della mia città e le sensazioni fluiscono una dietro l’altra... Sento angoli fremere, tende dilatarsi e sgonfiarsi come polmoni. Sento archi echeggiare improvvisi dopo lunghi silenzi, strade distendersi come muscoli, finestre sbattere, come ciglia di occhi luminosi. Sento panchine tremare, per il freddo dell’inverno, o forse per la solitudine; le sento poi bruciare per il calore del sole o per la dolcezza di certi baci. Sento la città vivere, sento il sangue scorrere tra le vie, facendosi spazio con una forza sovrumana, al di là delle apparenze, al di là della banalità. Penso alle centinaia di scarpe che ogni giorno ed ogni sera, camminano sulla Sala, il salotto buono della città: nemmeno chiudo gli occhi e già sento il brusio delle voci che si mescolano tra loro in un intreccio di storie diverse, aneddoti, ricordi, confidenze; e con l’orecchio più fino avverto l’incontro dei bicchieri, alzati per brindare. Penso alla scoperta di Piazza del Duomo, attraverso via degli Orafi, mentre il mio cuore si gonfia di orgoglio. Sento tutto questo e ne faccio un ricordo per sempre: attraverso la fotografia, che fa tesoro di tutti i miei pensieri e cristallizza in immagini l’anima timida e ricca di una città preziosa, che vive di storia e si nutre di ricordi. Ma c’è un” luogo” dove trovo altre persone con cui condividere le mie passioni, questo luogo virtuale è Facebook. Su Facebook persone diverse, sconosciute, lontane, diventano complici nel tessere memorie. Le parole si fanno veloci e ognuno vuole portare il proprio contributo: ogni racconto, ogni dettaglio contribuisce a scuotere la polvere e rendere vivo un mondo che sarebbe potuto andare disperso.
Noi, popolo di Facebook, siamo un po’ come i nipoti seduti sulle ginocchia del nonno, mentre leggiamo le frasi che gli amici, virtuali e non, scrivono sui social network… la sola differenza è che la voce narrante non è una sola: la rete che si può costruire è enorme, con una capillarizzazione di utenti. Diffondere l’anima della città, della nostra città, sembra così più facile; il monitor del pc è freddo e forse non riesce bene a trasmettere quella bellezza e quella vita che i miei occhi riescono a percepire, ma ci rende tutti così vicini… a portata di click. Sì, i tempi sono cambiati, incontrarsi e condividere è molto più semplice: la piazza è diventata virtuale, ed è una festa per cui non serve l’invito.
Social Register
The emotions of the images Share a passion for Pistoia
I
throw myself into the streets of my city and the sensations flow one after the other... I sense corners shivering, awnings expanding and contracting like lungs. I sense arches suddenly echoing after long silences, the streets stretching like muscles, windows open and closing, like lids on bright eyes. I sense benches trembling because of the winter’s chill, or perhaps because of loneliness; I then sense them burning from the heat of the sun or the sweetness of kisses.
I sense the city living, I sense its blood circulating through its streets, making room with superhuman strength, beyond appearances, beyond platitudes. I think of the hundreds of shoes that, every day and every night, walk across the Sala, the city‘s living room. Before I even close my eyes, I can already sense the buzz of voices that blend together in a tangle of different stories, anecdotes, memories and confidences; and with ever more acute ears, I sense glasses meeting, raised in a toast. I think about the revelation of Piazza del Duomo, across Via degli Orafi, while my heart swells with pride. I sense all this, and I record its memories forever through a photography that treasures all my thoughts and crystallizes in pictures the rich yet modest soul of a beloved city that lives from its history and is nourished by its memories. But there is a “place” where do I find other people who share my passions, this virtual place is Facebook. On Facebook, several people, unknown and faraway, become accomplices in weaving memories. The words come fast, with everyone wanting to contribute: every story, every detail serves to shake off the dust and bring to life a world that could go missing. We, the people of Facebook, are a bit like grandchildren sitting on their grandfather’s knee, as we read the words that friends, virtual or otherwise, write on the social networks ... the only difference is that there is not just a single narrator: a huge network can be built, with a far-flung web of users. It seems so easy to broadcast the soul of the city, of our city. A computer monitor is cold and perhaps cannot quite convey the beauty and life that my eyes perceive, but it makes everyone there seem so close ... just a click away. Yes, times have changed, meeting and sharing is much simpler. The town square has become virtual, and is a party for which you need no invitation.
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La Pistoia-Abetone
Salire e ancora salire Dal centro di Pistoia agli alberi centenari di Abetone: il 29 giugno la trentanovesima edizione dell’ultramaratona
TESTO Simona Pallini
FOTO Massimo Carradori
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È
il 20 ottobre 1968. Artidoro Berti, pistoiese di nascita e passato da grande maratoneta, decide – all’età di 48 anni – di correre in solitaria gli oltre 50 km che separano la città di Pistoia da Abetone. Non lo spaventa la salita impervia e massacrante di Le Piastre né i tornanti abetonesi: vestito di una semplice tuta azzurrina e con un berretto di lana a strisce, con il suo passo breve e nervoso, Artidoro copre la distanza in poco più di 5 ore. Ad attenderlo in Piazza Piramidi ad Abetone un altro grande campione olimpionico, il “falco di Oslo” Zeno Colò, che appende al collo del coetaneo atleta pistoiese una medaglia a ricordo della storica impresa. Fu appunto questa scalata, “coraggiosa e unica” a detta di molti, che inaugurò la Pistoia-Abetone come la conosciamo oggi. Un’eredità che toccò alla Atletica Silvano Fedi recuperare otto anni dopo, il 18 luglio 1976, quando la corsa solitaria di Artidoro fu trasformata in una gara vera e propria, una competitiva, destinata a diventare di lì a breve UltraMarathon di livello internazionale. Questa la storia. Ma oggi, a quasi 40 anni dalla sua prima edizione, in che cosa consiste la specificità della Pistoia Abetone, il motivo del suo particolare fascino? I giudizi degli atleti sono concordi: unica perché la più difficile e impegnativa, indimenticabile per l’atipicità del percorso, che presenta solo 5 km di falsopiano per poi passare ad un alternarsi mozzafiato di salite (ben 31 km) e discese. Uno per tutti il commento di Sergio Pozzi, vincitore di ben 3 edizioni e detentore di un record durato 25 anni: “La prova è una di quelle per uomini veri” . Eppure questa eccezionalità del livello agonistico non spiega da sola le ragioni di un successo tanto ampio e corale. Perché i numeri della Pistoia Abetone sono eloquenti: arrivata alla sua 39esima edizione il prossimo 29 giugno, essa segna il record assoluto di iscritti nel 2013 con 1717 atleti partenti e 23 nazioni estere rappresentate. Accanto alla gara principale essa offre “manifestazioni dentro la manifestazio-
ne”: un traguardo competitivo intermedio Pistoia-S.Marcello di 30 km, 2 percorsi non competitivi (Pistoia-Le Piastre di 14km; Fitwalking S. Marcello-Abetone di 20 km); il cosiddetto Quarto traguardo, tappa di 3 km da Le Regine ad Abetone dedicata ai portatori di handicap; una traversata notturna dal Rifugio di Portafranca ad Abetone. E poi i trofei da assegnare (4 memorial e 3 campionati nazionali tra cui gran fondo e ultramaratona in salita), gli eventi collaterali tra cui il convegno internazionale sulle ultramaratone e un centro espositivo. Ecco, forse, che l’ unicità della Pistoia Abetone risiede anche in questa sua costante ricerca di rappresentare qualcosa di più e di altro rispetto alla semplice gara podistica. Essa è un “progetto di sport” che la società organizzatrice, la ASCD Silvano Fedi, ha concepito come totalizzante perché inclusivo di altri settori come cultura, turismo, welfare e che, con prospettiva illuminata, ha coltivato e fatto crescere nel corso degli anni, cercando un confronto stringente con il territorio che la ospita. Molti i partners pubblici e privati riuniti in un Comitato Promotore con a capo la Provincia di Pistoia . Tutto questo con un’unica finalità. Dall’austera Piazza Duomo agli alberi centenari di Abetone, attraverso la stupenda Vallata del Reno per poi arrivare a Piazza Piramidi, tutto deve diventare, e diventa, esperienza emotiva per chi corre questi 50 km infiniti: le bellezze artistiche, i colori del pubblico lungo la strada, la suggestività del paesaggio naturale, la storia che si affaccia con le vecchie fabbriche, i borghi, le ghiacciaie di inizio secolo… E poi, sopra ogni cosa, i trecento ragazzi che partecipano al Quarto Traguardo. Sono loro che da 11 anni precedono di qualche minuto gli atleti e che, con le loro carrozzine, tagliano per primi il traguardo della corsa più dura del mondo.
Pagine d’apertura: la partenza della corsa che fiancheggia la facciata di San Giovanni Fuorcivitas; in alto a sinistra: immagini attuali della corsa; in alto a destra: foto storiche della prima edizione; a sinistra: il primo vincitore, Roberto Lotti, in piazza all’Abetone. Opening Pages: The start of the race runs along the facade of San Giovanni Fuorcivitas; top left: current images of the race; top right: historical photos of the first race; left: the first winner, Roberto Lotti, in Abetone.
Pistoia-Abetone
Always climbing From the center of Pistoia to the centuries-old trees of Abetone: 29 June, the 39th ultramarathon
I
t was 20 October 1968. Artidoro Berti, a native of Pistoia and with a great past as a marathon runner, decided, at the age of 48, to run solo the more than 50 kilometers that separate the city of Pistoia from Abetone. Neither the arduous, grueling climb to Le Piastre, nor Abetone’s hairpin curves scared him. Sporting a simple, pale blue track suit and a striped wool cap, Artidoro covered the distance, with his short and nervous step, in just over 5 hours. Another great Olympic champion was waiting for him in Abetone’s Piazza Piramidi: Zeno Colò, the “Oslo hawk”, who hung a medal commemorating this historic feat around the neck of this athlete, and his contemporary, from Pistoia. According to many people, it was precisely this “courageous and unique” climb that inaugurated the Pistoia-Abetone road race, as we know it today. Eight years later, on 18 July 1976, the athlete Silvano Fedi reclaimed this legacy, making Artidoro’s solitary race into a true competition that was destined shortly thereafter to become an international-level ultra-marathon. This is its history. But today, nearly 40 years after the first race, what makes the Pistoia-Abetone race so special? What is the reason for its particular charm? The athletes share the same opinion: it is unique because it is an extremely difficult, challenging, and unforgettable experience owing to its unusual route, with only 5 km of apparently flat ground that then switches to a succession of breathtaking climbs (for a good 31 km) and descents. The comments of Sergio Pozzi, three-time winner and holder of a record that lasted for 25 years, sum it up for everyone: “This test is one of those for real men.”
Yet this exceptional level of competition does not explain by itself the reasons for such a broad and undisputed success. The Pistoia-Abetone numbers speak for themselves, with the race celebrating its 39th year next June 29. In 2013, there were a record number of participants, with 1,717 athletes from 23 foreign countries starting. In addition to the main race, there are “events within the event”: the S. Marcello Pistoia, a 30-km intermediate competitive race, two non-competitive routes (the 14-km Pistoia-Le Piastre; the 20-km S. Marcello-Abetone Fitwalking), the race commonly known as the Fourth Milestone, a 3-km lap from Le Regine to Abetone dedicated to the differently-abled, and a night crossing from the Portafranca refuge to Abetone. Then there are the trophies to be awarded (four memorial and three national championships, including a gran fondo and an uphill ultra-marathon) as well as such collateral events as the international conference on ultra-marathons and an exhibition center. Perhaps Pistoia-Abetone’s unique character also lies here in its constant search to represent something more than just a simple footrace. It is a “sports project” that its organizers, the ASCD Silvano Fedi, have envisioned as being all-encompassing since it includes such other areas as culture, tourism, and welfare. With that enlightened perspective, it has grown over the years, looking for a closer relationship with the area hosting it and with the many public and private partners making up its organizing committee with the Province of Pistoia at the head. All this has a single purpose. From the austere Piazza Duomo to Abetone’s ancient trees through the beautiful Reno valley to finally arrive at Piazza Piramidi, everything has become an emotional experience for those who run these infinite 50 km: the artistic beauty, the colors of the spectators along the route, the charm of the natural landscape, the history that appears with the old factories, villages, ice-houses from the beginning of the last century ... And then, above all else, there are the three hundred children participating in the Fourth Milestone. For 11 years, they have preceded the athletes by a few minutes and who, in their wheelchairs, are the first to cross the finish line of the toughest race in the world
www.pistoia-abetone.net 99
Libri - Book C. Barni, G.C. Romby, Ville, giardini, paesaggi del Montalbano, immagini di Serge Domingie, Pistoia, Banca di Credito Cooperativo di Vignole, Gli Ori, 2011, pp. 328, ill. C. Barni, G.C. Romby, Ville, giardini, paesaggi del Montalbano, pictures by Serge Domingie, Pistoia, Banca di Credito Cooperativo di Vignole, Gli Ori, 2011, pp.. 328, ill. C
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Andar per ville sul montalbano TESTO - Claudia Becarelli
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l nome Montalbano indica “quel monte che staccandosi dall’Appennino a Serravalle va a perdersi con dolci declivi sulle strette gole della Golfolina, presso Signa”. Con le parole di Renato Fucini si apre il primo di una serie di tre volumi (il terzo di prossima pubblicazione) editi dalla Banca di Credito Cooperativo di Vignole (oggi anche “della montagna pistoiese”), saldamente radicata in questo territorio, punteggiato di ville, borghi murati, antiche pievi e abbazie. Il libro in questione, corredato da bellissime fotografie ed indirizzi delle ville, è costituito da due saggi (quello di C. Barni è dedicato alla decorazione degli interni) e da venti schede relative alle principali dimore, ripartite per comuni, fra versanti orientale e valdinievolino. Al di là delle divisione amministrativa – che oramai pare essere anacronistica – in tre province (Firenze, Prato e Pistoia) il saggio di G. C. Romby (intitolato Le ville del Montalbano: architetture, paesaggi e genius loci) evidenzia il ‘sistema’ di ville medicee sorto nel Cinquecento intorno al Barco Reale, riserva di caccia granducale. Il primo ‘tassello’ fu, nel Quattrocento, la maestosa Ambra, voluta da Lorenzo il Magnifico a Poggio a Caiano, che testimonia l’evoluzione della villa da ‘casa da padrone’ fortificata a luogo di delizia. Nel Cinquecento, divenuti granduchi, i Medici acquisiscono proprietà, trasformandole – come nel caso della Magia – o realizzando dimore ex novo, a volte simbolicamente sorte sui luoghi delle antiche autonomie (ville di Cerreto Guidi e di Montevettolini), sulle vestigia etrusche, come ad Artimino, o ancora sulle ‘gronde’ bonificate del Padule di Fucecchio (Stabbia e Castelmartini). Accanto ad autentici ‘gioielli’ (visitabili) come l’Ambra, la Magia, la villa di Cerreto Guidi e la Ferdinanda – dichiarate Patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco – nel corso dei secoli sono sorte altre ville ad opera di casati pistoiesi (come i Rospigliosi) o fiorentini: alcune di esse, oggi aperte al pubblico come agriturismi o residenze d’epoca, sono luogo di eventi e di gradevole soggiorno.
Visiting the villas of montalbano
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ontalbano is the name indicating “that mountain which, breaking away from the Apennines at Serravalle, is lost with its gentle slopes on the narrow gorges of La Golfolina at Signa“. These words by Renato Fucini open the first of a three-volume series (the third is forthcoming) to be published by the Banca di Credito Cooperativo di Vignole e della Montagna Pistoiese, which has deep roots in this district, dotted with villas, walled villages, and ancient churches and abbeys. Accompanied by beautiful photographs and the addresses of the villas, this book consists of two essays (C. Barni’s is dedicated to interior decoration) and twenty descriptions of the most important dwellings, broken down by municipality, that are located between Montalbano’s eastern slopes and the Valdinievole . Beyond the administrative division—which now seems anachronistic—into three provinces (Florence, Prato, and Pistoia), G.C. Romby’s essay (entitled Le ville del Montalbano: architetture, paesaggi e genius loci) highlights the “network” of Medici villas that arose in the sixteenth century around the Barco Reale, a grand ducal hunting reserve. The first “piece” was the majestic Ambra, built in the fifteenth century by Lorenzo the Magnificent at Poggio a Caiano. It testifies to the villa’s evolution from a landowner’s fortified house to a place of delight. In the sixteenth century, upon becoming grand dukes, the Medici family acquired properties, which they modified—as in the case of La Magia—or built brand new residences, sometimes symbolically erecting them on the sites of ancient autonomous communities (the villas at Cerreto Guidi and Montevettolini); Etruscan remains, like Artimino; or on the reclaimed “spits” in the Padule of Fucecchio (Stabbia and Castelmartini). In addition to such authentic (and visitable) “jewels” as Ambra, La Magia, the villa of Cerreto Guidi, and La Ferdinanda—declared World Heritage sites by UNESCO, there have been other villas built over the centuries by important families from Pistoia (like the Rospigliosi family) or Florence. Now open to the public as holiday farmhouses or historical residences, they are used for events or as pleasant places to stay.
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n luglio ricco di appuntamenti anche quello 2014 per la città di Pistoia; il mese della festa patronale di San Iacopo accoglie ogni anno un gran numero di visitatori ai quali la città svela le sue ricchezze artistiche e racconta le sue tradizioni. Gli edifici e le suggestioni della piazza del Duomo si intrecciamo ancora una volta con le note del Pistoia Blues che animerà, come ogni anno dal 1980, il centro cittadino. Il palazzo di Giano, la Cattedrale di San Zeno, il Battistero con il suo inconfondibile motivo policromo ed il possente palazzo del tribunale faranno da sfondo alla ricchissima edizione di una delle più importanti manifestazioni musicali dell’estate. Dal 10 al 17 luglio artisti di fama internazionale calcheranno il palco di piazza del Duomo: si comincia giovedì 10 luglio con i Negramaro, continuando venerdì 11 con Robert Plant, Bandabardò, Morcheeba, Jack Johnson e molti altri ancora. Nel cartellone del luglio pistoiese ricordiamo anche gli eventi legati ai festeggiamenti patronali di San Iacopo del 25 luglio. Cominciando con la cerimonia di vestizione della statua del Santo con il tradizionale mantello rosso, si proseguirà con i corteggi storici e la Giostra dell’Orso, l’annuale corsa di cavalli, durante la quale le quattro contrade cittadine si scontrano in una coinvolgente disputa rionale.
www.pistoiablues.com
www.giostradellorso.it
EVENTI - EVENTS A CURA DI Martina Meloni
July in the square
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nce again in 2014, the city of Pistoia overflows with events during July. It is the month during which the Festival of San James annually welcomes a large number of visitors to the city to unveil its artistic riches and recount its traditions. The buildings and charm of the Piazza del Duomo once again combine with the notes of Pistoia Blues that will liven up the city center, as it has every year since 1980. The Palazzo di Giano, the Cathedral of St. Zeno, the Baptistery with its unique polychrome motif, and the mighty court building will provide the backdrop to the jam-packed program of one of the summer’s most important musical events. From July 10 to 17, internationally renowned artists will tread the boards in Piazza del Duomo, beginning Thursday, 10 July, with Negroamaro, and continuing on Friday the 11th with Robert Plant, Bandabardò, Morcheeba, Jack Johnson and many more. The Luglio Pistoiese bill will also include events related to celebrating the city’s patron Saint James on 25 July. Beginning with the ceremony investing the statue of the saint with his traditional red cloak, it continues with the parade in historical costume and culminates with the Giostra dell’Orso, the annual horse race where the four city districts compete in an exciting local competition.
La quinta edizione di Dialoghi sull’uomo
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ondividere il mondo. Per un’ecologia dei beni comuni: questo il tema della nuova edizione di Dialoghi sull’uomo, che si terrà a Pistoia dal 23 al 25 maggio. Anche quest’anno le piazze della città accoglieranno il festival socio-antropologico, giunto alla sua quinta edizione. Fin dalla prima edizione l’evento ha richiamato a Pistoia migliaia di persone, esperti, studiosi e visitatori da tutta Italia, oltre 15.000 nel 2013. Il festival di quest’anno indaga temi di grandissima attualità, come i concetti di bene comune e condivisione, che si contrappongono all’ individualismo e al particolarismo che da molti anni caratterizzano la società moderna.
Il programma raccoglierà interventi di importanti antropologi italiani che, già dal mese di gennaio, stanno incontrando i ragazzi delle scuole secondarie di secondo grado della città per avvicinarli alle tematiche trattare. I giovani studenti, molti dei quali parteciperanno come volontari all’organizzazione del ciclo di conferenze, hanno incontrato Adriano Favole, Giuseppe Catozzella e Marco Aime che, attraverso percorsi di approfondimento, li hanno aiutati ad avvicinarsi al concetto tutt’altro che scontato della condivisione. Una presenza importante quella dei giovani pistoiesi all’interno di una delle iniziativa di più alto valore culturale e sociale della città, che si apre così anche alle nuove generazioni.
The fifth Dialogues on man
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haring the World. For an ecology of the common good is the theme of the new Dialogues on Man, to be held in Pistoia, 23-25 May. Once again, the streets of the city will host this socio-anthropological festival, now in its fifth year. From the beginning, this event has attracted to Pistoia thousands of people, experts, scholars, and visitors from all over Italy, with more than 15,000 attending in 2013. This year’s festival explores themes of such very timely relevance as the concepts of the common good and sharing, which are contrasted with the individualism and particularism that, for many years, has characterized modern society. The program will bring together talks by important Italian anthropologists who, since January,
have been meeting with students from the city’s upper secondary schools to approach the issues under discussion. These teenaged students—many of whom will participate as volunteers in the organization of the lecture series—have met with Adriano Favole, Giuseppe Catozzella, and Marco Aime who, through courses of study, have helped them to learn more about the far-from-obvious concept of sharing. Pistoia’s young people are an important presence in this initiative of the highest cultural and social value of the city that is thus being opened to new generations.
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Il dialogo con la Natura nei progetti di Marco Bay Dialogue with Nature in Marco Bay’s landscape projects Stabilità e vitalità degli alberi urbani Stability and viability of urban trees I contratti di coltivazione per le opere a verde Cultivation contracts and green maintenance ACERQUALITY Rimozione dei rifiuti contenenti amianto
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Allegato redazionale al numero 2/2014 di ACER
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