Insieme per un futuro più verde
Facciamo il punto
Il fascicolo di NATURART che vi apprestate a leggere, consolida le scelte editoriali che la rivista ha deciso di adottare da alcuni mesi. Resta centrale, nel progetto di racconto e di promozione di NATURART, il territorio di Pistoia: lo testimoniano, in questo numero 48, gli articoli dedicati all’arte e ad alcune importanti esposizioni in corso, l’intervento sul Ponte sospeso, lo spazio dedicato alla fotografia di Mario Carnicelli, le pagine che riguardano le immagini dell’Altare argenteo di S. Jacopo messe in mostra a Napoli.
Accanto alla centralità di Pistoia e dintorni, questo numero ribadisce l’allargamento dei confini di NATURART. Un allargamento prima di tutto territoriale: la rivista è ormai divenuta uno strumento che riguarda la Toscana del nord e, in particolare, si è rafforzata la collaborazione con Lucca da un lato e con Prato dall’altro. Ma questo allargamento è anche tematico: il tema del verde, della sostenibilità, dell’urgenza di cambiare rotta e di viaggiare verso un diverso rapporto con madre terra, che è sempre stato alla base di NATURART, è sicuramente divenuto, nell’ultimo periodo, uno dei fili conduttori del periodico. In questo fascicolo, tra l’altro, l’argomento è affrontato partendo dal progetto che riguarda i “Green Heroes”.
Tematica e territoriale, infine, è l’apertura di NATURART ad esperienze di rigenerazione dei territori attraverso la cultura. Anche in questo caso possiamo dire che l’obiettivo di coniugare paesaggio e cultura, patrimonio artistico e architettonico ed economia, ha accompagnato la storia di NATURART fin dalla sua nascita. Ma l’idea che si è rafforzata nel tempo e che si sta concretizzando negli ultimi numeri è quella di raccontare attraverso NATURART esperienze italiane che rappresentano dei punti di riferimento luminosi, nella prospettiva di far rinascere i territori (anche socialmente ed economicamente) attraverso progetti culturali. È ciò che è accaduto e che sta accadendo con il Parco Letterario Carlo Levi di Aliano, in Basilicata, protagonista di uno degli articoli di questo numero.
Where are we now
The issue of NATURART that you’re about to read reinforces the editorial choices made by the magazine a few months ago. In the context of the project to narrate and promote NATURART, the territory of Pistoia remains central: this is attested, in this issue no. 48, by the articles dedicated to art and a few important, ongoing exhibitions, the contribution on the Suspension Bridge, the space dedicated to Mario Carnicelli’s photography and the pages regarding the images of the Silver Altar of St. James, exhibited in Naples.
As well as highlighting the central role played by Pistoia and its surrounding area, this issue reiterates the expansion of NATURART’s borders. First of all, this is a territorial expansion: the magazine has now become a tool that involves Northern Tuscany and, in particular, we strengthened our partnership with Lucca, on one side, and Prato, on the other side. But this is also a thematic expansion: the topic of green and sustainability, and the urgency of changing direction and travelling towards a different relationship with Mother Earth, have always been at the core of NATURART and have definitely become, in recent times, one of the narrative threads of this periodical. In this issue, among other things, this topic is dealt with by starting from the “Green Heroes” project.
EDITORIALE Giovanni Capecchi Direttore Editoriale Managing Editorg.capecchi@discoverpistoia.it
Finally, NATURART’s openness towards experiences of regeneration of territories through culture is thematic and territorial. Also in this case, we may say that the purpose of combining landscape with culture, artistic and architectonic heritage with economics, has been accompanying the history of NATURART since its birth. However, the idea that has been reinforced over time, and is taking shape in the last few issues, is that of narrating, through NATURART, Italian experiences which represent bright points of reference, in the perspective of reviving territories through cultural projects (also from a social and economic perspective). This is what happened and what is happening with the Carlo Levi Literary Park of Aliano, Basilicata, the protagonist of one of the articles in this issue.
Partecipazione e qualità per lo sviluppo del territorio
Coniugare l’aspetto della partecipazione, per noi fondamentale, con un’offerta di qualità, contribuendo concretamente allo sviluppo del territorio pistoiese.
Sono gli indirizzi che Fondazione Pistoia Musei, come ente di Fondazione Caript per la cultura, sta seguendo nelle sue iniziative, anche attivando significative collaborazioni.
Affrontare il tema della partecipazione vuol dire, innanzi tutto, ampliare la platea dei fruitori dell’offerta cultura, raggiungendo fasce di pubblico che ne sono escluse. È un obiettivo imprescindibile per chi, come Fondazione Pistoia Musei, abbia finalità sociali tra i propri compiti. Ma non è un obiettivo né scontato né facile da conseguire, in una fase storica contraddistinta da un proliferare di offerte culturali preconfezionate, riproposte di città in città con finalità spiccatamente commerciali.
Si tratta, dunque, di realizzare mostre o altre attività che siano originali, connesse con la storia del proprio territorio e non replicabili, come abbiamo fatto anche con la grande mostra sulla Pop Art a Palazzo Buontalenti.
E si tratta, per raggiungere e coinvolgere sempre più persone, a partire dai giovani, di sperimentare modalità innovative, nei contenuti e nella comunicazione.
Di qui la collaborazione con il Pistoia Basket e il Liceo artistico Petrocchi per creare le maglie ispirate all’Arazzo millefiori in occasione della Giornata Mondiale della Terra 2024. Sono opportunità che è possibile cogliere solo se si è aperti al territorio e alle possibilità di collaborazione che offre.
Per questo, a esempio, siamo nel Sistema Museale Pistoiese, coordinato dalla direttrice di Fondazione Pistoia Musei Monica Preti, e guardiamo con attenzione a tutte le iniziative in grado di promuovere il territorio pistoiese valorizzandone il patrimonio culturale.
Come ha fatto il progetto di Giorgio Tesi Group per la mostra fotografica sull’altare di San Jacopo nella Basilica di San Giacomo degli Spagnoli a Napoli. Sono tutte considerazioni che confluiscono nella prospettiva dello sviluppo: a livello personale per l’arricchimento che solo la cultura può offrire; a livello di comunità per l’apporto della cultura alla socialità e, tramite il turismo, anche all’economia.
Participation and quality to develop territory
Combining the participation aspect, which is essential for us, with a quality offering, and contributing concretely to the development of the Pistoiese territory.
These are the guidelines that Pistoia Musei Foundation, as Caript Foundation’s body for culture, is following in its initiatives, also by activating significant partnerships. First of all, addressing the topic of participation means expanding the audience of users of the cultural offering and reaching sectors of the public which are excluded from it. It’s an essential goal for those who have social purposes among their tasks, like Pistoia Musei Foundation. But it’s not a goal that is easy to reach or should be taken for granted, in a historical phase that is characterized by an increase of mainstream cultural offerings, which are proposed again from town to town, with markedly commercial purposes.
Therefore, it’s about creating exhibitions or other activities that are original, related with the history of one’s own territory and non-replicable, like we did with the major Pop Art exhibition at Palazzo Buontalenti.
And it’s about experimenting innovative ways, in terms of contents and communication, to reach and involve more and more people, starting from young people.
Hence the partnership with Pistoia Basket and the “Policarpo Petrocchi” Art School, to create jerseys that draw inspiration from the Millefiori Tapestry on the occasion of the 2024 World Earth Day.
You can seize such opportunities only if you’re open to territory and the potential for collaboration it offers.
For example, that’s why we are part of the Pistoia Museum System, coordinated by the director of Pistoia Musei Foundation, Monica Preti, and we look carefully at all the initiatives that are capable of promoting the Pistoiese territory and enhancing its cultural heritage, as it happened with Giorgio Tesi Group project for the photographic exhibition on the Altar of Saint James, at the Royal Pontifical Basilica of San Giacomo degli Spagnoli in Naples.
All of these considerations come together in a perspective of development: at a personal level, as an enrichment that only culture can offer; at a community level, as a contribution of culture to sociability and, through tourism, also to economy.
The Pistoia Wine
IL VINSANTO
Prodotto da uve tenute ad appassire in fruttaio per alcuni mesi. L’uva viene poi spremuta ed il mosto così ottenuto elabora ed invecchia in caratelli di castagno e rovere per almeno tre anni come da secolare tradizione toscana.
Produced from grapes held to fade in a particular room for some months. The grapes are squeezed and the must elaborated and grows old in kegs of chestnut and oak for three years according to the secular Tuscan tradition.
Remo Gordigiani, Collage n.3. Cronaca recente, 1964-1967, collage di carte su tela. Collezione famiglia Gordigiani - Fondazione Pistoia Musei, foto Lorenzo Gori
Remo Gordigiani, Collage n.3. Cronaca Recente, 1964-67, paper collage on canvas. Gordigiani family collection – Pistoia Musei Foundation, photographs by Lorenzo Gori.
Giorgio Tesi Group
The Future is Green
Giorgio Tesi Editrice srl
Via di Badia, 14 – 51100 Bottegone – Pistoia – Italy Tel. +39 0573 530051 – Fax +39 0573 530486 www.discoverpistoia.it
Iscrizione al ROC (Registro Operatori della Comunicazione) n° 30847 del 15 Gennaio 2018
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ISSN 2421-2849
9 772421 284000
Direttore Editoriale
Giovanni Capecchi g.capecchi@discoverpistoia.it
Direttore Responsabile
Carlo Vezzosi carlo.vezzosi@legismail.it
Art Director Nicolò Begliomini n.begliomini@giorgiotesigroup.it
Coordinamento Redazionale Lorenzo Baldi redazione@discoverpistoia.it
Segreteria
Carolina Begliomini, Irene Cinelli, Maria Grazia Taddeo contatti@giorgiotesigroup.it
Comitato di redazione
Leonardo Begliomini, Nicoletta Boccardi, Emanuel Carfora, Lorenzo Cipriani, Alessandra Corsini, Giuliano Livi, Martina Meloni, Paolo Paolieri
Hanno collaborato a questo numero
Vittorio Sgarbi, Annalisa Corrado, Alessandro Gassmann, Lorenzo Baldi, Giovanni Capecchi, Fabio Cavallari, Eleonora Angelini, Andrea Cassone, Sophia Los, Giulia Benelli, Barbel Reinhard, Marco Aime, Siliano Simoncini, Ilaria Moscato, Daniele Negri
Traduzioni
Studio Blitz – Pistoia
Fotografie
Fondazione Pistoia Musei, Nicolò Begliomini, Archivio Oltre il Festival, Archivio Adventure Outdoor Fest, Archivio Roberto Prioreschi, Contemplazioni Srl, Archivio Naturart, Elisa Maestripieri, Lorenzo Marianeschi.
Per le immagini pubblicate restiamo a disposizione degli aventi diritto che non si siano potuti reperire.
Impaginazione
Giorgio Tesi Editrice
Stampa Industrie Grafiche Pacini- Ospedaletto (Pisa)
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Coltiviamo futuro Il mondo ha bisogno di Eroi
The world needs heroes
Mostre
Antonio Canova e il neoclassicismo a Lucca
Vivere la montagna ADVENTURE OUTDOOR FEST
Living the mountain
Fondazione Pistoia Musei ’60 Pop Art Italia
Sport e cultura
Pistoia Green Basket Town
Note di note A Ghali il premio Paesaggio in*canto, Sanremo 2024
The Sanremo 2024 “Paesaggio in*canto award” goes to Ghali
Rigenerare con la cultura La rinascita di Aliano
The rebirth of Aliano
Pistoia nel Mondo Pistoia palcoscenico del grande cinema
Pistoia, the stage of great cinema
Un Prato di libri Le storie come seme per il domani
Stories as a seed for the future
Mario Carnicelli Noi. Ricerca fotografica dell’essenza dell’uomo
NOI. A photographic research on the essence of human beings
Dialoghi di Pistoia 2024 Essere natura, anche mangiando
Being nature, also by eating
Leonardo Begliomini Donne forti. Il disegno della scultura
Strong women. The drawing of sculpture
Gemellaggio culturale Napoli e Pistoia unite da Giacomo il maggiore
Naples and Pistoia joined together by Saint James the great
Montagna Pistoiese - Val di Lima Il Ponte sospeso
The Suspension Bridge
Coltiviamo futuro
Il mondo ha bisogno di Eroi
— Grazie a Alessandro Gassmann sono nati i #GreenHeroes, una rete multiforme composta da aziende virtuose, che a sua volta è divenuta comunità e luogo di incontri importanti e generativi.
L’abbiamo trattata come fosse un bancomat rotto, incastrato, in grado di regalare banconote a chiunque ne chiedesse, in qualsiasi quantità. Abbiamo scavato ed estratto in ogni modo possibile nelle sue viscere, restituendo in cambio veleni e rifiuti all’aria, al suolo, all’acqua, fino a sconvolgerne irreversibilmente i connotati. È una specie davvero bizzarra quella degli esseri umani, guidata da una stirpe di potenti che hanno certamente qualcosa del genio, ma molto, troppo del virus! Un virus di quelli che rischia di essere talmente devastante e talmente ottuso da mettere in crisi l’organismo di cui ha bisogno per sopravvivere e per continuare a moltiplicarsi.
Alessandro Gassmann, grazie al quale sono nati i #GreenHeroes, il 26 gennaio scorso è stato ospite di Giorgio Tesi Group per una giornata dedicata al confronto tra le importanti realtà che fanno parte di questo prestigioso progetto.
On January 26th, Alessandro Gassmann, thanks to whom the #GreenHeroes were born, was guest of Giorgio Tesi Group for a day dedicated to a debate between the important realities that are part of this prestigious project.
Testo Annalisa Corrado Alessandro Gassmann Foto Nicolò Begliomini Lorenzo MarianeschiAnnalisa Corrado è tornata a Pistoia dopo l’esperienza di Naturart Talk nel settembre 2022 durante “Un altro Parco in Città”, occasione che sancì l’ingresso di Giorgio Tesi Group tra i #GreenHeroes.
Annalisa Corrado returned to Pistoia following the experience of Naturart Talk in September 2022, during “Another park in the city”, which marked Giorgio Tesi Group’s admission into the #GreenHeroes.
Eppure dalla natura deriva la possibilità che sia “ossigenata” l’aria che respiriamo, dalla sua salute e prosperità il fatto che quest’aria sia pulita, buona e non insalubre, non portatrice di affaticamento e di malattie. Eppure dalla natura derivano l’acqua che beviamo, l’ombra fresca che ci ripara dal sole quando picchia troppo forte, il suolo fertile dal quale estraiamo il cibo, le fonti di energia rinnovabili e pulite con le quali abbiamo interagito per millenni (ben prima e ben oltre la breve ubriacatura delle fonti fossili, che abbiamo consumato e continuiamo a consumare in maniera dissennata, sregolata, criminogena). I potenti del mondo l’hanno data per scontata la natura. È questa la verità. Nella migliore delle ipotesi, agendo come se fosse infinitamente accogliente, infinitamente disponibile, infinitamente capace di rigenerarsi; nella peggiore comportandosi come scienziati pazzi, pensandola “domabile” e gestibile come una delle tante variabili nelle nostre disponibilità, pensando di poterla piegare a necessità contingenti.
C’è una patologia psichiatrica specifica per un convincimento del genere: si chiama delirio di onnipotenza, e, se ad esserne ammalati sono gli uomini più potenti del pianeta, tutte le altre persone non possono certo permettersi di dormire sonni tranquilli. Per fortuna, però, non dormono proprio tutti. Ci sono sempre più persone preoccupate per quello che stiamo facendo al pianeta e per le conseguenze che questo atteggiamento predatorio, estrattivo e arrogante ha sulle nostre vite. Ci sono ragazze e ragazzi che fanno sentire le loro voci in mille modi diversi, ci sono pezzi interi della società civile che non smettono di costruire e promuovere proposte efficaci, di diffondere i principi dell’ambientalismo scientifico, di difendere territori e comunità. Ci sono amministratrici e amministratori di Enti Locali che sul territorio si battono per unire ai principi della sostenibilità ambientale quelli dell’inclusione, della giustizia sociale, della difesa
Essere consapevoli di non dover arrendersi a una deriva ineluttabile
è, in fondo, il primo passo per diventare protagonisti del cambiamento! a
dei più fragili. Ci sono scienziati e studiosi che indicano la strada, che non si stancano di mettere a disposizione le loro energie, le loro competenze e il loro sapere di una battaglia che proprio non è più in nessun modo rinviabile. E poi ci sono loro: le protagoniste dei nostri racconti: quelle imprese visionarie che ci tengono viva la speranza e che da tempo abbiamo scelto di raccontare assieme: i #GreenHeroes.
Sono passati più di 5 anni da quando ci siamo “incontrati” su un social network e da quando abbiamo creato un ponte tra due esigenze: la prima quella di un mondo ricchissimo, fatto di persone mai abbastanza ascoltate, che da lustri erano impegnate nella economia circolare, nella diffusione delle fonti rinnovabili e dei mille modi di risparmiare risorse ed energia, di salvaguardare la natura, riprogettando la società intera in chiave sostenibile… La seconda esigenza era quella di una persona dotata di grande talento artistico e di una grandissima popolarità, desiderosa di mettersi a disposizione per far sentire forte anche la sua voce dalla parte giusta della storia, al fianco di tutte quelle, spesso meno potenti, di chi non resta indifferente osservando i disastri che la crisi climatica porta con sé. Con l’aiuto di una squadra sempre più entusiasta e coesa (Roberto Bragalone, Roberto Giovannini, Francesco Ferrante, Sofia Mannelli, Nicola Moscheni, Giacomo Pellini), appoggiandoci alla storica associazione Kyoto Club, abbiamo costruito e visto crescere questa multiforme rete, che a sua volta è divenuta comunità e luogo di incontri importanti e generativi.
Mettere gli Heroes in uno stesso luogo è un po’ come spalancare le porte di Hogwards, la famosa scuola di magia che sta facendo sognare generazioni di giovani… Si rimane incantati per la bellezza delle storie generative, coraggiose, piene di innovazione, che non solo riescono a limitare il peso antropico di attività tradizionali, ma che stravolgono completamente queste ultime, ripensandole totalmente. Sono storie di successi imprenditoriali che creano lavoro stabile e pulito, che fanno fatturati importanti, che cambiano la faccia ai territori e la vita delle dipendenti e dei dipendenti, sovvertendo completamente le logiche predatorie che ci hanno spalancato le porte sui mille disastri che dobbiamo affrontare.
Siamo fieri da impazzire di questa comunità piena di talenti e generosità, che più di una volta si è rimboccata le maniche per agire collettivamente a sostegno di realtà bisognose di un supporto speciale e straordinario: come quando siamo riusciti a contribuire alla riqualificazione di un parco urbano a San Giuseppe Jato (in provincia di Palermo) dedicato a Giuseppe Di Matteo, giovanissima vittima innocente di mafia, restituendo alla cittadinanza terreni sottratti proprio ai suoi aguzzini. Come stiamo facendo proprio in queste settimane, al fianco della cooperativa sociale “L’Orto” che a Bologna si occupa di inclusione sociale e lavorativa di persone con disabilità, contribuendo, con il supporto operativo di AzzeroCO2, alla realizzazione di un nuovo “frutteto solidale” e al ripristino degli orti e degli alberi distrutti dalla terribile alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna nel 2023. La nostra speranza è che questa rete possa crescere e, soprattutto, che possa mostrare a tutte e tutti quante soluzioni e quante risposte ci sono, quante strade per arrivare in un luogo molto migliore di quello in cui ci sentiamo spesso intrappolati. Essere consapevoli di non dover arrendersi a una deriva ineluttabile è, in fondo, il primo passo per diventare protagonisti del cambiamento! E farlo assieme, diventando moltitudine e marea, è ancora più bello! ☜
serra
Growing the future
The world needs heroes
— The #GreenHeroes were born thanks to Alessandro Gassman; it’s a multifaceted network, made up of virtuous companies, which in turn has become a community and a place for important and generative encounters.
We treated it as if something was stuck in an ATM machine, as if such machine was broken and capable of giving any amount of banknotes to anyone who asked for it.
We dug into its depths and extracted in any possible way and, in return, we gave poisons and waste to the atmosphere, to the soil, to water, until we irreversibly disrupted their features.
Human beings are a very bizarre species, guided by a race of powerful people who have definitely some ingenious traits,
but can also be regarded as a virus. A virus which risks to be so devastating and obtuse that it can undermine the organism that it needs to survive and continue to multiply.
And yet, from nature comes the possibility that the air we breathe is “oxygenated”, and from its health and prosperity comes the fact that such air is clean, good and healthy and doesn’t cause any fatigue or diseases.
And yet, from nature comes the water we drink, the fresh shadow that shelters us from the sun when it beats too strong, the fertile soil from which we extract the food, the renewable and clean sources of energy with which we have interacted for thousands of years (well before and well beyond the short “intoxication” of fossil fuels, that we consumed and continue to consume in an insane, excessive and criminogenic way).
Powerful people of the world have taken nature for granted. This is the truth. In the best-case scenario, by acting as if it was enormously welcoming, enormously available, enormously capable of regenerating; in the worst-case scenario, by behaving like crazy scientists and thinking that nature can be domesticated and managed as if it were one of the several available variants, thinking we can bend it to contingent needs. There’s a specific psychiatric disease
for such a belief: it’s called delirium of omnipotence and, if the most powerful men of the planet have such a disease, all the other people can’t really afford to rest easy.
Luckily, not everyone is sleeping. There are more and more people who are worried about what we’re doing to the planet and the consequences of this marauding, extractive and arrogant behaviour on our lives.
There are boys and girls who are making their voices heard in a thousand different ways, there are full pieces of civil society who don’t stop to build and promote effective proposals, spread the principles of scientific environmentalism and defend territories and communities. There are administrators of local bodies who, in the territory, are fighting to join the principles of environmental sustainability with those of inclusion, social justice and defense of the most fragile subjects.
There are scientists and experts who are making their voices heard in a thousand different ways, who are never tired of making their energies, skills and knowledge available in a battle that we can’t really postpone any longer. And then there are them, the protagonists of our stories, those visionary endeavours which keep our hope alive and which, for some time,
we’ve decided to narrate together: the #GreenHeroes. It’s been over 5 years since we “met” on a social network and we created a bridge between two needs: the first one was that of a very wealthy world, made up of people who are never listened to enough and who, for several years, had been committed to the circular economy, to the spread of renewable sources and the thousand ways to save resources and energy, to protect nature and to redesign society, as a whole, in a sustainable way.
The second need was that of a person with a great artistic talent and a great popularity, who was willing to be available and make his voice heard strongly on the right side of history, next to the often less strong voices of those who don’t remain indifferent when observing the disasters that climate crisis brings with it.
With the help of a team which is increasingly passionate and cohesive (Roberto Bragalone, Roberto Giovannini, Francesco Ferrante, Sofia Mannelli, Nicola Moscheni, Giacomo Pellini), and by partnering with the historic association Kyoto Club, we built and saw the growth of this multifaceted network which, in turn, has become a community and a place for important and generative encounters.
Bringing together the Heroes in the same place is a bit like opening the doors of Hogwarts, the famous school of wizardry that makes generations of young people dream… You remain enchanted by the beauty of the generative and courageous
stories, which are full of innovation and are not only capable of limiting the anthropic weight of traditional activities, but also to fully disrupt and rethink them.
These are stories of entrepreneurial success which create a stable and clean work, which produce an important turnover, change the face of territories and the life of employees and fully overturn the predatory logics that have opened the doors to the thousands of disasters that we must face.
We are so proud of this community full of talents and unselfishness which, on more than one occasion, has rolled up its sleeves to act collectively and help realities in need of a special and extraordinary support. An example of this is when we contributed to the redevelopment of an urban park in San Giuseppe Jato (in the province of Palermo), dedicated to Giuseppe Di Matteo, a very young and innocent victim of the mafia, and we gave back to the city some land that we subtracted from Giuseppe’s torturers.
During these weeks, we are working with the social cooperative “L’Orto”, in Bologna, which deals with social and professional inclusion of people with disabilities and we are contributing, with the operational support of AzzeroCO2, to the construction of a new “solidarity orchard” and to the refurbishment of the vegetable gardens and trees that were destroyed by the terrible flooding that hit Emilia Romagna in 2023.
We hope this network will be able to grow and, above all, will be able to show anyone how many solutions, answers and roads there are to get to a really better place than a place where, often, we feel trapped.
Being aware that we must not give up to an unavoidable decline is, after all, the first step to become the protagonists of change! And doing it together, and becoming multitude and mass, is even more beautiful! ☜
In apertura, Marco Cappellini (Direttore Generale di Giorgio Tesi Group), Annalisa, Alessandro e Fabrizio Tesi, legale rappresentante dell’azienda vivaistica pistoiese. Accanto, foto di gruppo dopo la piantumazione di alberi da frutto in una scuola pistoiese.
On the opening page, Marco Cappellini (General Manager of Giorgio Tesi Group), Annalisa, Alessandro and Fabrizio Tesi, legal representative of the Pistoiese nursery. Next, a group photo after planting fruit trees in a Pistoiese school.
Eventi
Alessandro Gassman a Pistoia per il progetto #GREEN
HEROES
—
Venerdì 26 gennaio Alessandro Gassman, Annalisa Corrado e i #GREENHEROES sono stati ospiti a Pistoia di Giorgio Tesi Group per un confronto tra le realtà imprenditoriali che fanno parte del prestigioso progetto e per conoscere da vicino la Capitale europea del vivaismo.
Alessandro Gassman e Annalisa Corrado - che da anni hanno lanciato l’iniziativa #GREENHEROES con il supporto scientifico di Kyoto Club – sono stati a Pistoia venerdì 26 gennaio ospiti della Giorgio Tesi Group. Al mattino sono stati impegnati con i ragazzi di una scuola pistoiese della Cooperativa Sociale Intrecci nella piantumazione di alberi da frutto donati da Giorgio Tesi Group all’interno nel giardino della struttura, sia per riqualificarlo a livello ambientale che per stimolare anche nei più piccoli l’importanza e il valore della sostenibilità con l’obiettivo di costruire un mondo migliore e un futuro sempre più verde. Al termine di questa iniziativa, insieme ai numerosi #GreenHeroes giunti a Pistoia su invito della Giorgio Tesi Group , si sono trattenuti a pranzo presso
l’azienda vivaistica pistoiese e nel primo pomeriggio, dopo una breve visita e una presentazione della Giorgio Tesi Group, coordinati da Annalisa e Alessandro, i partecipanti si sono ritrovati nella Sala Convegni dell’azienda per
un confronto sulle attività del progetto, che racconta come l’Italia sia piena di aziende, imprenditori, collettivi e comunità che da anni hanno saputo trasformare problemi in opportunità, “scarti” in risorse, indirizzandosi verso
un’economia solidale e propositiva, valorizzando l’economia circolare.
La giornata è proseguita alle 17.30 nella Sala Maggiore del Palazzo Comunale di Pistoia, letteralmente stipata di pubblico, con la presentazione dei libri di Alessandro e Annalisa: Io e i GreenHeroes, Perché ho deciso di pensare verde e Pensiamo verde. Storie, proteste e proposte per cambiare il mondo. Dopo aver presentato i libri, Annalisa e Alessandro si sono messi a disposizione del numeroso pubblico presente in sala, prima rispondendo a numerose domande e poi concedendosi all’immancabile rito del “firmalibro” ☜
Alcune immagini della giornata pistoiese di Annalisa e Alessandro, iniziata con la piantumazione di alberi da frutto nel giardino di una scuola, proseguita con un incontro con i #Green Heroes arrivati a Pistoia e terminata in una Sala Maggiore del Palazzo Comunale gremita di pubblico, con la presentazione dei loro libri.
A few images of the day spent in Pistoia by Annalisa and Alessandro, which started with planting fruit trees in a school garden, continued with a meeting with the #Green Heroes arrived in Pistoia and ended at the Municipal Building, in a Main Hall packed with audience, with the presentation of their books.
Events
Alessandro Gassman in Pistoia for the #GREEN HEROES project
—
On Friday, January 26th, Alessandro Gassman, Annalisa Corrado and the #GREENHEROES were the guests of Giorgio Tesi Group in Pistoia, for a debate between the entrepreneurial realities which are part of this prestigious award and to get to know the European capital of the nursery industry.
Alessandro Gassman and Annalisa Corrado –who, for several years, have launched the #GREENHEROES initiative with the scientific support of Kyoto Club – were the guests of Giorgio Tesi Group in Pistoia, on Friday, January 26th. In the morning, they worked with the students of a Pistoiese school from Cooperativa Sociale Intrecci on the planting of fruit trees donated by Giorgio Tesi Group within the garden of the facility, both to modernize it at an environmental level and to encourage also youngsters to understand the importance and value of sustainability, with a view on a better world and a greener future.
At the end of this initiative, Gassman and Corrado, along with the several #GreenHeroes who came to Pistoia following the invitation by Giorgio Tesi Group, stayed for lunch at the Pistoiese nursery company. In the early afternoon, following a short visit to the company premises and a presentation of Giorgio Tesi Group, the participants, coordinated by Annalisa and Alessandro, gathered in the company’s conference room for a debate on the project activities, which narrates how Italy is full of companies, entrepreneurs, groups and communities which, for many years, have been able to turn problems into opportunities, “waste” into resources, and to orient
Grande successo di pubblico per la presentazione dei libri scritti da Alessandro e Annalisa che si è svolta nella Sala Maggiore del Palazzo Comunale, con i due autori che hanno risposto alle numerose domande degli intervenuti e poi si sono dedicati al firmalibro.
Great public success for the presentation of the books written by Alessandro and Annalisa, which took place in the Main Hall of the Municipal Building. Both authors answered several questions from the participants and then took part in the book signing.
themselves towards a supportive and proactive economy, by enhancing the circular economy.
The day continued at 17.30 in the Main Hall of Pistoia’s Municipal Building, which was literally full of audience, with the presentation of the books by Alessandro and Annalisa: Io e i GreenHeroes, Perché ho deciso di pensare verde and Pensiamo verde. Storie, proteste e proposte per cambiare il mondo.
After presenting the books, Annalisa and Alessandro made themselves available to the large audience in the room, by answering several questions and participating in the classic ritual of book signing. ☜
CONAD
Mostre
Antonio Canova e il Neoclassicismo a Lucca
— Antonio Canova e Bernardino Nocchi: due vite parallele
Testo Vittorio SgarbiIn questa mostra lucchese, è possibile ammirare le sculture e i dipinti provenienti dal Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno oltre che da prestigiose collezioni pubbliche e private.
This exhibition in Lucca provides the opportunity to admire the sculptures and paintings coming from the Antonio Canova Gypsotheca Museum in Possagno, as well as from prestigious public and private collections.
L’idea di questa mostra non è tanto l’influenza dell’arte di Canova sugli artisti lucchesi, ma una consonanza in luoghi lontani e senza condizionamenti reciproci di due artisti fondamentali: Pompeo Batoni e Antonio Canova. In entrambi agisce un profondo sentimento di nostalgia. È la memoria dell’antico che si fa mito, una forte, inarrestabile tensione, che rappresenta lo spirito stesso del gusto neoclassico. Il dialogo tra le sculture di Antonio Canova e i dipinti dei pittori lucchesi indica un sentire comune, come vedremo. L’esperienza romana è fondamentale per Canova e procede, con analoghe esperienze ed emozioni, in parallelo con quella del lucchese Bernardino Nocchi. Canova parte da Venezia nell’ottobre 1779, e dopo soste a Bologna e Firenze, arriva a Roma il 4 novembre 1779 in compagnia dell’architetto Gianantonio Selva: questo soggiorno, durato fino al 1780, rappresenta una definitiva folgorazione, un amore senza fine. Grazie all’intercessione di Giovanni Falier, il suo primissimo mecenate, appena giunto a Roma, Canova fu calorosamente accolto da Gerolamo Zulian, ambasciatore veneto presso la Santa Sede, che gli assegnò studio e alloggio a
palazzo Venezia. Dai diari che ci ha lasciato sappiamo che Canova visse intensamente le sue giornate capitoline, per visitare – secondo la definizione di Quatremère de Quincy – il «museo di Roma», fatto «di statue, di colossi, di templi, di terme, di circhi, di anfiteatri, di archi di trionfo, di tombe, di stucchi, di affreschi, di bassorilievi». Rivisse le stesse emozioni del Palladio. Gli vennero aperte le porte delle maggiori collezioni romane, le raccolte nei musei Vaticani (dove guardò con molto interesse all’Apollo del Belvedere) e frequentò utilmente la scuola di nudo all’Accademia di Francia. Lavorò in quel tempio per Pompeo Batoni, del quale apprezzò il «disegnare tenero, grandioso, di belle forme», e per un certo periodo si giovò anche degli insegnamenti dell’abate Foschi, con il quale studiò l’italiano, l’inglese, il francese, e lesse i greci e latini, con le basilari nozioni di mitologia classica. Grazie al sodalizio con Zulian e i Rezzonico, nipoti del defunto Clemente XIII, Canova entrò in contatto con il cospicuo nucleo di artisti veneti a Roma e con molti artisti stranieri: fra quest’ultimi in particolare il boemo romanizzato Anton Raphael Mengs, il pittorefilosofo che, nella sua proposta di imitare i grandi maestri classici, realizzò dipinti che erano vere e proprie illustrazioni delle teorie di Johann Joachim Winckelmann. Anche Canova fu sostenitore dell’ideale neoclassico promosso da Winckelmann, convinto della superiorità della civiltà greca, da lui ritenuta l’unica ad aver raggiunto la purezza e la virtù nell’arte. In effetti, lo scultore Canova si sarebbe rivelato l’interprete più puntuale e coerente delle teorie espresse da Winckelmann e Mengs, in modi analoghi a quelli del francese Jacques-Louis David in pittura, seguendo la poetica della statua. Canova, per parte sua, si opponeva alla pedissequa imitazione dall’antico, e intendeva produrre opere originali, in modo creativo, pur ispirandosi ai principi che regolavano l’arte greca classica. Dopo un soggiorno napoletano dominato dalla visione del Cristo morto di Antonio Corradini, Canova tornò a Roma nel giugno 1780, e si fece spedire il gesso
del Dedalo e Icaro, la scultura che venne accolta assai freddamente dagli accademici romani: tra i rari ammiratori vi fu Gavin Hamilton, pittore e antiquario scozzese con il quale Canova stabilirà una durevole amicizia. Intanto, lo Zulian si era ormai convinto che Canova avrebbe dato il meglio di sé solo se si fosse insediato stabilmente a Roma: sollecitato da quest’ultimo, Canova il 22 giugno 1780 tornò a Venezia per chiudere lo studio e ultimare alcuni lavori tra cui la statua del Poleni per il Prato della Valle di Padova. Ritornato a Roma a dicembre, Canova eseguì un Apollo che si incorona su commissione del senatore Abbondio Rezzonico, nipote del papa. Intanto, su suggerimento di Gavin Hamilton, Canova iniziò a lavorare al grande gruppo marmoreo raffigurante Teseo vincente sul Minotauro. Vero e proprio manifesto della sua arte. L’opera, terminata nel 1783, ebbe grande successo sia in Italia sia all’estero: con grande virtuosismo tecnico, infatti, Canova seppe infondere nella figura di Teseo quella «nobile semplicità e quieta grandezza» che Winckelmann considerava i caratteri più alti dell’arte greca. Sempre nel 1783 Canova ricevette la commissione del monumento funerario a Clemente XIV, da porre nella basilica dei Santi XII Apostoli, che completò nell’aprile del 1787 nel nuovo studio a via San Giacomo. L’opera lo consacrò quale massimo scultore del suo secolo: erano ormai chiare a tutti le capacità del Canova, che in quegli anni ebbe un prestigio pari a quello di un Bernini o di un Michelangelo.
Il successo del sepolcro di Clemente XIV sollecitò Don Giovanni Abbondio Rezzonico e i suoi fratelli, cardinali Carlo e Giovanni Battista, a commissionare al Canova il monumento funerario allo zio Clemente XIII, per la basilica di San Pietro. Pur sensibile ai modelli berniniani, Canova eseguì un monumento dalle rigorose forme neoclassiche, dove il pontefice, inginocchiato obliquamente sul sarcofago, è «un’imponente figura che respira» come scrisse il Colasanti: in quattro anni portò a compimento l’opera, che venne solennemente inaugurata nella
Anche a Lucca – città natale di pittori neoclassici come Pompeo Batoni, Bernardino Nocchi, Stefano Tofanelli – e nel resto della Toscana, Canova diventa l’emblema stesso dell’arte neoclassica, arrivando a influenzarne l’arte, con il suo gusto per le simmetrie perfette, le superfici morbide e lisce, le pose solenni e controllate e le espressioni impassibili.
notte del Giovedì santo del 1792, alla presenza di Pio VI. La fama raggiunse Canova all’improvviso. Ne conseguirono numerose commissioni: nel 1789 eseguì due statue di Amorini, uno per la principessa Lubomirska e uno per il colonnello Campbell, e nello stesso anno è la commissione per una Psiche fanciulla, ultimata nel 1792. Nel 1793, invece, portò finalmente a compimento l’Amore e Psiche: l’opera fu universalmente apprezzata, ed ebbe tra gli estimatori più appassionati il poeta inglese John Keats, autore dell’Ode to Psyche, e John Flaxman, con il quale Canova iniziò una affettuosa amicizia. L’intensa attività scultorea, tuttavia, aveva affaticato Canova, che iniziò ad accusare forti dolori allo stomaco. Così, per ristorare le proprie condizioni fisiche, nel maggio del 1792 ritornò a Possagno. Era la prima volta da quando si era trasferito a Roma che rivedeva i luoghi delle sue origini; ed ebbe un’accoglienza straordinaria: scortato dai compaesani in festa, Canova poté ritrovare il suo primo maestro, nonno Pasino e, a Crespano, la madre. Ricevuta a Venezia la commissione per il monumento in memoria dell’ammiraglio Angelo Emo, lo scultore fece lentamente ritorno a Roma, facendo tappa a Padova, a Vicenza, a Verona, a Mantova, a Parma, a Modena e infine a Bologna, tutte città dove venne universalmente acclamato.
I riflessi dell’arte canoviana arrivarono anche in Russia, dove Caterina II avrebbe voluto lo scultore presso la propria corte: Canova, declinò il lusinghiero invito, e in segno di ringraziamento eseguì per l’imperatrice una seconda versione dell’Amore e Psiche, oggi esposta all’Ermitage. In questi anni Canova fu travolto dalle commissioni, tanto che nel 1796 disse al Selva: «se avessi parecchie mani tutte sarebbero impiegate»: tra le opere più memorabili di questo periodo l’Ercole e Lica e l’Adone e Venere. Dal punto di vista politico, questi erano anni assai turbolenti. Napoleone Bonaparte aveva già concluso vittoriosamente la prima campagna d’Italia, e il 19 febbraio 1797 fu firmato tra il generale corso e Pio VI il trattato di Tolentino, con il quale il
pontefice si impegnò a cedere al vincitore opere d’arte e preziosi manoscritti, oltre che Avignone, il Contado Venassino e le Legazioni. Vi furono aspre polemiche, accese soprattutto da Quatremère de Quincy che a tal proposito scrisse una Lettres sur le projet d’enlever les monuments de l’Italie: ciò malgrado, il convoglio con le opere d’arte (fra cui il Laocoonte e l’Apollo del Belvedere) partì da Roma il 9 maggio 1797. Giudicando pericoloso rimanere a Roma, Canova nel 1798 fece ritorno a Possagno. Passò addirittura in Austria, dove fu accolto alla corte di Francesco II d’Asburgo-Lorena, e accettò di eseguire il grande deposito funebre per Maria Cristina d’Austria nella chiesa viennese di Sant’Agostino, su commissione del duca Alberto di Sassonia-Teschen, marito della defunta.
La prima opera che eseguì in Francia fu il colossale ritratto del Bonaparte nelle sembianze di Marte pacificatore, nudo con clamide su una spalla, la vittoria in una mano e la lancia nell’altra.
... Napoleone, nel vedersi completamente svestito, pensò al rischio del giudizio dei Parigini e ordinò di riporre la statua nei depositi del Louvre e di ricoprirla con un velo. a
L’opera, assai rappresentativa del clima tardo-settecentesco espresso nella poesia sepolcrale, venne completata da Canova nel 1805. Lasciata Vienna, Canova si recò a Praga, a Dresda, Berlino e Monaco, per poi fare ritorno nella natìa
Possagno e, infine, a Roma, che confermò la città congeniale al suo virtuosismo artistico. Il 5 gennaio 1800 Canova fu nominato membro della Accademia di San Luca, di cui diventò presidente nel 1810 e presidente perpetuo nel 1814. Un nuovo successo nella vicenda di Canova, richiesto nelle corti di tutta Europa.
E anche Napoleone, nel 1803, volle un ritratto. Canova inizialmente fu renitente a mettere la propria arte al servizio di colui che aveva fatto cadere la Repubblica Veneta, ceduta all’Austria in seguito alla stipula del trattato di Campoformido, sollecitato da Pio VII. Tuttavia Canova arrivò a Parigi il 6 ottobre 1801. Ospitato nel palazzo del nunzio pontificio Caprara, Canova a Parigi divenne l’artista ufficiale del regime napoleonico. La prima opera che eseguì in Francia fu il colossale ritratto del Bonaparte nelle sembianze di Marte pacificatore, nudo con clamide su una spalla, la vittoria in una mano e la lancia nell’altra.
Canova pensava di aver realizzato un’opera inevitabile: ciò non fu, poiché Napoleone, nel vedersi completamente svestito, pensò al rischio del giudizio dei Parigini e ordinò di riporre la statua nei depositi del Louvre e di ricoprirla con un velo. Malgrado si fosse inserito con successo nella scena artistica parigina, avendo contatti anche con Jacques-Louis David, in questo periodo Canova fu profondamente amareggiato, sia per l’inglorioso destino toccato alla sua scultura, ma soprattutto per l’infausta sorte di Venezia e per la continua fuoriuscita di opere d’arte italiane, portate in Francia con le traumatiche spoliazioni napoleoniche. Pertanto, nonostante le insistenze di Napoleone perché rimanesse stabilmente a Parigi, Canova decise di ritornare in Italia.
Così scrive il 7 novembre 1802 ad Antonio D’Este: «Non crediate che io resti qui, che non mi vi tratterrei per tutto l’oro del mondo [...] véggo troppo chiaro che vale più la mia libertà, la mia quiete, il mio studio, i miei amici, che tutti questi onori [...]». Ritornato a Roma, Canova fu accolto trionfalmente: Angelica Kauffmann offrì un pranzo, in cui gli venne fatto dono di
varie allegorie di Vincenzo Camuccini dove egli è incoronato da una personificazione del Tevere. Divenne socio a Milano dell’Accademia di Belle Arti ed «ispettore generale di tutte le Belle Arti per Roma e lo Stato pontificio, con sovrintendenza ai musei Vaticano e Capitolino e all’Accademia di San Luca»; e in questi anni continuò a lavorare al monumento sepolcrale per Maria Cristina e al deposito funebre per Vittorio Alfieri, scomparso nell’ottobre del 1803, per richiesta della duchessa d’Albany nella chiesa di Santa Croce a Firenze. Ma ad accrescere maggiormente il suo prestigio fu l’esecuzione del ritratto di Paolina Bonaparte Borghese nelle sembianze di Venere vincitrice: l’opera, terminata nel 1808, raffigura la sorella di Napoleone su un moderno divano, con in mano il pomo della vittoria, in realtà trasportando Venere nel presente, e anticipando in un tempo immobile Audrey Hepburn. Sempre in questo periodo Canova strinse amicizia con Leopoldo Cicognara, il conte ferrarese che gli affidò la protezione di un giovane Francesco Hayez. Sentimenti, affetti. Anche stavolta, tuttavia, le vicissitudini belliche di Napoleone turbarono profondamente Canova, che visse «giorni tristissimi» (come attesta una iscrizione sul gesso della Danzatrice col dito al mento) assistendo silenziosamente all’occupazione di Roma da parte dei Francesi (1808) e alla conseguente unione degli Stati Pontifici all’Impero francese. Ciò malgrado, nel 1810 accettò comunque di recarsi a Parigi su invito del generale Duroc, che gli aveva commissionato la statua dell’Imperatrice Maria Luisa. Giunto a Fontainebleau l’11 ottobre 1810, già il 29 ottobre poté mostrare al committente il modello in creta della statua. Canova, tuttavia, si intrattenne poco in Francia, tanto che, dopo aver ottenuto notevoli benefici per l’Accademia di San Luca, si incamminò sulla via del ritorno, nonostante le offerte di Napoleone. Sostò a Milano, Bologna e Firenze, e da quest’ultima città indirizzò una lettera chiarificatrice a Quatremère de Quincy: «Sappiate che l’imperatore ha avuto la
clemenza [...] d’incitarmi a trasferirmi in Parigi appresso la Maestà Sua anche per sempre, se io vi acconsento. Io parto adunque al momento, per ringraziare la munificenza sovrana di tanta benignità onde si degna onorarmi, e per implorare in grazia di rimanere al mio studio e in Roma, alle mie solite abitudini, al mio clima fuori del quale morirei, a me stesso, e all’arte mia. Vengo perciò a fare il ritratto dell’Imperatrice, e non per altro, sperando che la Maestà Sua voglia esser generosa di lasciarmi nel mio tranquillo soggiorno, dove ho tante opere, e colossi, e statue, e studi, che assolutamente vogliono la mia persona, e senza de’ quali io non potrei vivere un solo giorno». Nel 1814 Giuseppina di Beauharnais, prima moglie di Napoleone, commissionò a Canova il gruppo scultoreo delle Grazie, che verrà replicato per John Russell, sesto duca di Bedford. Un’opera simbolo dei rapporti di Canova con l’antico è la Venere italica, ispirata, non derivata, dalla Venere de’ Medici che sostituisce, completamente rinnovandola. Lo intese perfettamente Ugo Foscolo: «Io dunque ho visitata, e rivisitata, e amoreggiata, e baciata, e, ma che
nessuno il risappia, ho anche una volta accarezzata, questa Venere nuova… Se la Venere dei Medici è bellissima dea, questa ch’io guardo e riguardo è bellissima donna; l’una mi faceva sperare il paradiso fuori di questo mondo, e questa mi lusinga del paradiso anche in questa valle di lacrime». All’opera fu riservato con tutti gli onori il posto del capolavoro perduto agli Uffizi; e quando la Venere de’ Medici tornò a Firenze, fu trasferita a Palazzo Pitti, dove ancora si trova. Sebbene fosse stata spedita per sicurezza da Firenze a Palermo, e affidata in custodia ai Borboni di Napoli, la Venere de’ Medici, tra le più celebrate statue della Grecia classica (la sua presenza è documentata per la prima volta nel 1638 a Roma, a Villa Medici, da cui il nome) era stata sottratta dai commissari francesi del Direttorio che la inviarono a Parigi per volere di Napoleone. Inizialmente, il re d’Etruria, Ludovico I di Borbone, valutò di commissionare a Canova una semplice copia, ma l’artista preferì eseguire un’opera nuova e del tutto originale, secondo il precetto condiviso con Andrea Chenier: «Facciamo versi antichi su pensieri nuovi».
Also in Lucca – home town of Neoclassical painters such as Pompeo Batoni, Bernardino Nocchi, Stefano Tofanelli – and in the rest of Tuscany, Canova became the symbol itself of Neoclassical art, getting to the point where he influenced such form of art with his taste for perfect symmetries, soft and smooth surfaces, solemn and controlled poses, and unperturbed expressions.
A suggestive journey which starts from Antonio Canova –a universal icon of Neoclassicism –and the most famous international representatives such as Francisco Goya and Francesco Hayez, and ends with the masters from the same art movement, from Lucca and Tuscany. Un percorso suggestivo che parte da Antonio Canova –icona universale del nuovo classicismo –e dai più celebri esponenti internazionali come Francisco Goya e Francesco Hayez, fino ai maestri lucchesi e toscani della medesima corrente.
Antonio Canova compie le esperienze decisive, tecniche e intellettuali, che lo rendono il massimo esponente di un’arte, la scultura, cui il Neoclassicismo restituisce il primato già esercitato agli albori del Rinascimento.
Antonio Canova lives his decisive technical and intellectual experiences, which make him the most important representative of a form of art, sculpture, that during Neoclassicism reconquers the primacy it already held at the dawn of the Renaissance.
In questa temperie, nel volgere degli anni della sua coerente ispirazione muliebre, nasce il busto di donna per il conte Pezzoli di Bergamo, di intatta purezza espressiva, con il vario agitarsi dei capelli: i riccioli che scendono sulla fronte e sulle tempie dalla scriminatura, il denso e disordinato muoversi delle ciocche raccolte dal nastro, con una naturalezza raggiunta dopo diverse prove. C’è un coerente idealismo che convive con una inedita sensualità in questa invenzione particolarmente viva. La scultura fu resa nota nel mio libro Canova e la bella amata (La Nave di Teseo, 2022), come una delle prime teste ideali, la Musa Erato, datata 1811, per il conte Pezzoli di Bergamo ora in casa Bolzesi a Cremona. In questa occasione sono lieto di presentarne il gesso fino a oggi sconosciuto, e non presente a Possagno, nel gruppo destinato dal Sartori, di cui pure si espone un gesso inedito, ai Canal suoi parenti, e qui ricostituito nella Collezione Canova di Banca Ifis. Dodici teste ideali in prima assoluta esposte a Lucca, nel visionario allestimento di Cesare Inzerillo, tra Antonio Canova e Roberto Capucci. Come Paolina Borghese e Audrey Hepburn. Canova, in quel 1811, eletto principe dell’Accademia di San Luca, al culmine dei pubblici riconoscimenti, sembra turbato dal richiamo dei sensi e dal riaffacciarsi nella piena maturità, dopo averlo soffocato nella operosa giovinezza, del piacere «il più dolce e a lui più desiderabile di riamare amanti donne».
E questa condizione rispecchia nella nuova scultura, mentre timidamente si riaccendono i sensi per fantasmi femminili che hanno, di volta in volta, in quel tempo ritrovato, il volto di Minette, di Delphine, di Juliette. L’amore agita e anima quel marmo. Francesco Leone sigilla in modo efficace la sintesi di ideale e naturale di questo momento dello scultore, al culmine della sua ricerca: «Queste teste dunque, come le danzatrici, fermano la bellezza in un punto di perfezione assoluta, in quell’istante impalpabile in cui si è appena compiuta e in cui non ha ancora cominciato a sfiorire. Il loro stato è quasi indefinibile perché, grazie alla maestria della sua tecnica,
Canova riusciva a irrorare queste sembianze ideali di piccoli dettagli naturalistici (nei capelli, nelle impercettibili espressioni degli occhi, nei movimenti appena accennati delle labbra, nelle mosse del collo) e di sottolineature psicologiche, rendendole quasi umane». Il segretario Missirini, cui certo non mancavano la vena letteraria o l’ispirazione poetica, inquadrandole in un classicismo che tornava a Raffaello, scrisse molto efficacemente delle teste ideali: «Come il divino Raffaello, e tutti gli altri grandi artisti, andava il Canova in cerca dell’ammirabil bellezza, specialmente nelle sembianze; e quando s’avveniva in alcun leggiadro aspetto, di quello facea diligente ricordo, e poi girandoselo per la fantasia effigiava alcune sue teste e busti, che veramente avresti detto tenere di una specie intelletta: così sapea egli abbellir le sembianze, e dar loro spiritualità e divinità». La prima testa che lo scultore realizzò fu quella di Clio (o Calliope). Era il 1811, e si ispirò al gruppo delle Muse del Museo Pio Clementino in Vaticano, scavate nella villa di Cassio a Tivoli nel 1774, anche se l’ideazione va messa in qualche modo in relazione con il ritratto idealizzato di Elisa Baciocchi Bonaparte, datato 1812, a noi noto dal modello in gesso che si conserva a Possagno. Della Clio sono documentate diverse versioni autografe, tra cui quella di Palazzo Pitti a Firenze, commissionatagli da Giovanni Rosini, ultimata nel 1812 e identificata come Calliope, e quella inviata in dono a William Hamilton nel 1818 oggi all’Ashmolean di Oxford.
Secondo la prassi canoviana, queste repliche autografe si differenziavano tra loro per piccole varianti nella resa dei riccioli della capigliatura, trattenuti sulla nuca dal sakkos. Isabella Teotochi Albrizzi vide la Calliope di Rosini nel piccolo sacello che il letterato le aveva fatto allestire nella sua casa pisana all’arcivescovado – un vero e proprio tempietto irradiato da luce zenitale, come Canova avrebbe amato, e adornato dalle incisioni dei rilievi di gesso dello scultore – e ne inserì la descrizione nella seconda edizione delle Opere di scultura e plastica di Antonio Canova, il primo catalogo
Il dialogo tra le meravigliose sculture di Antonio Canova e i dipinti dei pittori lucchesi indica un sentire comune...
The dialogue between the wonderful sculptures by Antonio Canova and the paintings by the Lucchese painters shows a common feeling…
illustrato dell’opera canoviana, uscito da Capurro a Pisa tra il 1821 e il 1824. Sulla bellezza indicibile di questa testa, di cui esaltò l’andamento delle «picciolette masse ricciutelle» della chioma che lasciano scoperta la fronte e accarezzano le gote, la Teotochi Albrizzi scrisse: «Vedesi Calliope star con aria profonda meditando, e pare che scolpito porti nella fisonomia l’animo ed il pensiero. Non si oserebbe dire un motto, nè fare un cenno per tema di perdere l’aureo concetto, che essa sta formando, e che si vede quasi spuntarle sul labbro, pieno di soave decoro».
A queste si aggiunge ora felicemente la testa ideale della musa Erato, prima il marmo commissionato dal conte Pezzoli, oggi il gesso in collezione della Banca Ifis. Alla verifica delle opere e dei giorni di Canova, in quegli anni si registrano i momenti più significativi della vita e dell’attività dello scultore a Roma. E sono gli stessi del lucchese Bernardino Nocchi, che muore prima di Canova, nel 1812. Iniziamo dal momento dello stabile soggiorno di Canova a Roma, nel 1780. Nocchi era arrivato a Roma dieci anni prima con il collega Stefano Tofanelli. I due non furono accettati come
studenti da Pompeo Batoni, ma riuscirono a entrare nella scuola di Niccolò Lapiccola, miscelando sensibilità neobarocche con suggestioni neoclassiche. La prima tela dipinta a Roma dal Nocchi fu Il sacrificio di Jefte (Lucca, Cappella Arcivescovile, 1768-1770 circa), commissionata dall’arcivescovo Filippo Sardi, allora canonico di San Martino.
I riferimenti sono alla cultura figurativa tardo-barocca toscana, con suggestioni dallo stile di Lapiccola, come si vede anche nel Tobiolo e l’Arcangelo Raffaele, il cui bozzetto è a Lucca in collezione privata. L’episodio fu affrescato da Nocchi a Roma nel 1770-1780 nel refettorio dell’Accademia ecclesiastica alla Minerva, insieme alla Cena in Emmaus. L’apprendistato a fianco di Lapiccola determinò una svolta fondamentale nella maturazione del Nocchi e gli consentì di inserirsi nel mondo artistico romano, senza mai ottenere il titolo di accademico di San Luca, mancandogli il determinante sostegno di Mengs e Batoni. Nel 1772 Lapiccola lo associò alla sua bottega e, nel 1773, lo chiamò a lavorare al restauro degli affreschi cinquecenteschi di Villa Giulia, dove fu il primo dei giovani impegnati nell’impresa,
tra i quali era anche Tofanelli. Contemporaneamente, iniziò gli affreschi nella sala dei Fasti prenestini in palazzo Vidoni Caffarelli, al tempo proprietà del cardinale Gianfrancesco Stoppani, morto nel 1774 prima di vederli terminati (Virtù teologali, Sibille, Virtù cardinali, Evangelisti, Profeti). Nell’ambiente artistico romano, l’opera fu decisiva per l’affermazione di Nocchi che non si allontanò più dalla città, declinando nel 1775 l’invito del padre a occuparsi delle decorazioni nel palazzo del nobile Francesco Bernardini a Lucca. Seguirono anni di difficoltà economiche durante i quali lavorò, insieme a Tofanelli, sempre sotto la direzione di Lapiccola, alle decorazioni nel palazzo papale di Castelgandolfo e, nel 1776-77, su commissione del principe Marcantonio IV, agli affreschi di palazzo Borghese a Roma: Diana che discaccia Callisto, Apollo che consegna Esculapio al centauro Chirone, Giove che appare nel suo aspetto divino a Semele, Sileno ubriaco mentre i pastori lo legano e la ninfa Egle gli tinge la faccia con le more. I dipinti sono espressione notevole di un «neoclassicismo à la grècque» (Mellini 1997, p. 322). Per l’incisore Giovanni Volpato, tra il 1777 e il 1779, copiò, su
tela, gli affreschi di Raffaello nelle Stanze Vaticane. Nel 1779 iniziò a frequentare l’atelier di Batoni, considerato, a Roma, il primo per la pratica del disegno. Dalla fine del 1779, durante il regno di Pio VI, per la corte pontificia e grazie alla protezione della famiglia Braschi, ricevette importanti commissioni, fra cui la decorazione della volta della sagrestia della cappella Sistina e la richiesta per un piccolo «ritocco sul Giudizio universale di Michelangelo». Nel 1781 iniziò in Vaticano gli affreschi dell’appartamento e della cappella privata del maggiordomo di Pio VI, il cardinale Romualdo Onesti Braschi, nipote del pontefice. Dal 1783 al 1787 fu attivo come restauratore dei Sacri Palazzi: l’intervento più importante fu il restauro nel 1786 del ciclo pittorico della cappella Paolina, con gli episodi della Conversione di san Paolo e della Crocifissione di san Pietro di Michelangelo. Risale a quegli anni La pittura sulla Rupe Tarpea mentre consegna il ritratto di Pio VI alla Fama, 1787, allegoria apologetica del disegno, dipinta nella volta della distrutta sala delle Stampe nella Biblioteca Vaticana. A partire dal 1787 lavorò nel palazzo della Consulta al Quirinale alle decorazioni dei tre appartamenti sul lato sud, residenza del cardinale Romualdo Onesti Braschi. In particolare si occupò di tre stanze nell’appartamento di rappresentanza, di cinque stanze in quello invernale e di una stanza, il cosiddetto Gabinetto nella retrocamera della parte del cortile, in quello estivo. Interamente decorato da Nocchi nel 1788 con dipinti a grisaille e motivi a grottesche che ripetono il quarto stile pompeiano, il salone mostra affreschi con il mito di Cerere che ricorre a Giove per riavere Proserpina rapita da Plutone, al centro della volta. L’impresa, oggi frammentaria, fu terminata nel 1790. Alla fine del nono decennio risale anche la decorazione a tempera, di 44 cammei istoriati, a monocromo, entro partiture architettoniche (1788-1790) nella volta della galleria dei Quadri, oggi degli Arazzi, nel nuovo Museo Pio Clementino in Vaticano. Intorno
al 1792 Nocchi copiò, per incisioni, le statue antiche che ornavano il palazzo Borghese e il casino della villa Pinciana a Roma stampate, nel 1821, da Ennio Quirino Visconti. Del 1794 è Il pianto di Ulisse (Lucca, Museo Nazionale di Palazzo Mansi), dipinto che gli fu commissionato, insieme al pendant Ulisse ritornato a Itaca, dal nobile lucchese Carlo Conti. Degli anni della maturità si ricordano il Transito di san Giuseppe e Sant’Agostino confonde gli eretici manichei, del 1785-87 circa, per la chiesa di San Secondo, a Gubbio; Santa Chelidonia che medita la Passione di Cristo, del 1788, per la chiesa di Sant’Andrea, a Subiaco (quadro commissionato da Pio VI che era stato abate commendatario sublacense); la Morte di sant’Andrea d’Avellino del 1790 circa, per il duomo di Spoleto; la Trinità con una Gloria d’angeli e quattro santi cappuccini, del 1796 (pala d’altare destinata al convento dei Cappuccini di Tor Tre Ponti); l’Immacolata Concezione, del 1804, per la cappella dell’Ospedale civile di Macerata); Sant’Eupilio martire, del 18011803, per la chiesa di San Nicola all’Arena, Catania; la Gloria di santa Pudenziana, del 1803-1806, per chiesa di Santa Pudenziana, Roma, altar maggiore (lodata dall’abate Giuseppe Antonio Guattani e commissionata nel 1803, grazie a Canova, dal cardinale titolare, Lorenzo Litta); la Morte di sant’Anna, 1804-1805, chiesa di San Frediano, a Lucca, per la cappella Buonvisi. Anche nella attività di ritrattista, nella quale si era distinto già a Lucca, l’emozione del dialogo vivo con il personaggio, tra umanità e ruolo sociale, con una esecuzione minuziosa, dopo disegni molto attenti, è prerogativa che scalda e fa vibrare la consolidata impostazione neoclassica. Sono da ricordare: il Ritratto di Pietro Bandettini, antiquario, del 1790 circa (Firenze, collezione privata) il Ritratto equestre del duca Luigi Braschi Onesti (nipote di Pio VI), del 1793 circa (già villa Braschi Theodoli a Zola Pedosa) e il Ritratto di Camillo Borghese, 17981799 (Torino, Galleria Sabauda), dipinto durante la Repubblica Romana. La curiosità di studioso e collezionista, documentata
da centinaia di libri, piccoli quadri, bozzetti, conversation piece, stampe, frammenti, gessi e statue utilizzati come modelli per le composizioni artistiche, si manifesta nella attenzione per i dettagli e gli arredi trasferiti nei suoi dipinti. La notorietà acquisita gli consentì di lavorare intensamente come Canova, nonostante dal 1797 l’occupazione di Roma da parte dei francesi avesse raffredato le committenze. Disegnò per l’amico Canova la vignetta di un diploma accademico e riportò su tela diverse sue sculture, fra cui Alexandrine de Bleschamps come Tersicore, 18061808 (Lucca, Museo Nazionale di Palazzo Mansi). Nel 1806 fu nominato socio dell’Accademia lucchese Napoleone, insieme a Canova, Morghen, Appiani e David. L’anno successivo, per il cavalier Giovanni Collio dipinse Mercurio annuncia a Calipso che Ulisse deve partire (San Severino Marche, in Palazzo Servanzi Collio), grande tela di soggetto affine al Pianto di Ulisse che si conserva a Lucca; si ricordano inoltre numerosi ritratti di Pio VII, fra cui quello di Palazzo Chiaramonti di Cesena. Nel 1809 dipinse, in posa devozionale, la regina Maria Adelaide Clotilde di Francia (sorella di Luigi XVI) sposa del re di Sardegna, morta in odore di santità a Napoli nel 1802 e dichiarata venerabile nel 1808. Alla sua rigidezza si contrappone la mirabile esecuzione del basamento della scultura della Pietà, con bronzi dorati di finissima esecuzione, perfetto altare neoclassico, equivalente pittorico di un gruppo di Canova, che certamente lo vide e lo apprezzò. Il quadro era destinato al papa. A Nocchi furono affidate altre cinque immagini della venerabile e il ritratto del prete postulatore della causa di beatificazione. In previsione dell’arrivo di Napoleone e Giuseppina Beauharnais, nel 1811 Nocchi ebbe l’ultimo prestigioso incarico di decorare gli appartamenti del Quirinale con due storie mitologiche, che la morte gli impedì di realizzare. L’esecuzione fu affidata al figlio Pietro, su suo disegno. Nocchi morì a Roma il 27 gennaio 1812. Canova morì a Venezia il 13 Ottobre 1822. ☜
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L’ECONOMIA
CIRCOLARE È IL NUOVO RINASCIMENTO DELLA
CARTA IN TOSCANA
Lucart, storica azienda lucchese all’avanguardia nel settore della carta, ha abbracciato, fin dalla sua nascita 70 anni fa, l’economia circolare e il riciclo dei materiali, diventando un pilastro della sostenibilità ambientale.
La Toscana custodisce un patrimonio millenario di arte, cultura e tradizioni che si intrecciano con le innovazioni del presente, dando vita a filiere industriali uniche nel loro genere. Tra le gemme nascoste di questa regione, spicca il distretto cartario di Lucca, un’eccellenza che ha fatto della carta il suo simbolo distintivo, trasformando antiche tradizioni artigianali in moderne tecnologie sostenibili. Le radici del distretto cartario affondano nel Rinascimento, quando le città di Lucca e di Pescia divennero celebri per la produzione di carta pregiata, destinata a nobili e artisti di tutta Europa. Le antiche cartiere, disseminate lungo i corsi d’acqua che attraversano le città, divennero fucine di creatività e sapienza artigianale, contribuendo al fulgido splendore culturale del territorio. Fu poi verso la metà del 1800 che uno spirito artigianale secolare, unito a un più recente sviluppo tecnologico e alla tipica predisposizione per il commercio, fiorirono nella singolare figura di Stefano Franchi. Fu proprio Stefano Franchi, infatti, di professione farmacista, a inventare a Villa Basilica un metodo per fare la carta partendo da una materia prima tanto povera quanto abbondante a livello locale: la paglia. Dobbiamo proprio a quell’ingegnosa invenzione se oggi il distretto cartario di Lucca è uno dei più importanti del sistema industriale italiano, in grado di produrre quasi il 40% delle carte igieniche utilizzate a livello europeo e oltre l’80% di quelle utilizzate nell’intera penisola. In questo contesto, spicca l’Azienda Lucart, un’azienda toscana all’avanguardia nel settore della carta, che nata proprio a Villa Basilica come il Franchi, ha abbracciato, fin dalla sua nascita 70 anni fa, l’economia circolare e il riciclo dei materiali, diventando un pilastro della sostenibilità ambientale. Grazie alla sua tecnologia all’avanguardia, Lucart ha rivoluzionato il concetto di riciclo dei cartoni per bevande tipo Tetra Pak®, trasformandoli in materiale prezioso per la produzione di carta e altri prodotti eco-sostenibili. A causa della sua composizione mista fatta di fibre di cellulosa (74%), alluminio (4%) e polietilene (22%), questo materiale spesso non veniva recuperato a fine vita, o veniva recuperato solo parzialmente.
Lucart ha sviluppato una tecnologia in grado di separare la parte di cellulosa, che viene immediatamente avviata alla cartiera per diventare nuova carta a basso impatto ambientale (EcoNatural), dal polietilene e dall’alluminio che vengono avviati a un diverso ciclo produttivo in grado di estrudere questi materiali e di granularli ottenendo un nuovo materiale, chiamato Granplast, pronto a divenire una materia prima plastica riciclata, utilissima per la fabbricazione di pallet per il trasporto delle merci, arredo urbano o addirittura vasi da fiori. Un vero e proprio processo di economia circolare tutto toscano che coinvolge aziende di settori diversi unite da un unico obiettivo: creare valore per tutti nel rispetto dell’ambiente. Ad arricchire il legame del progetto con il territorio, infatti, c’è anche la presenza a monte del processo di un’altra azienda toscana come Revet. Quest’ultima raccoglie e seleziona i cartoni per bevande in gran parte della Regione e li avvia al recupero presso Lucart collegando le buone pratiche dei cittadini che fanno la raccolta differenziata a casa, all’innovativo tessuto imprenditoriale della regione, in grado di dare nuova vita a tutti i materiali raccolti. Ma non finisce qui! Con il Granplast ottenuto dal riciclo della parte di plastica e alluminio dei cartoni per bevande, un’altra azienda Toscana, la Nuova Pasquini & Bini, ha sviluppato un vaso per il settore vivaistico, chiamato Infinity, con un ridotto impatto ambientale, privo di carbon black e dalle proprietà fitostimolanti molto promettenti.
L’esempio del distretto cartario di Lucca è un’illuminante testimonianza di come tradizione e innovazione possano convergere verso un futuro sostenibile, attraverso la collaborazione sul tema del recupero degli scarti, con aziende e altri distretti territorialmente vicini.
L’azienda lucchese, che fa parte dei #GreenHeroes, si distingue da sempre per l’impegno nel riciclo dei materiali, l’economia circolare e la grande attenzione verso la sostenibilità ambientale.
The Lucchese company, that is part of the #GreenHeroes, has always distinguished itself for its commitment towards recycling of materials, circular economy and the close attention to environmental sustainability.
THE CIRCULAR ECONOMY IS THE NEW RENAISSANCE OF PAPER IN TUSCANY
Lucart, a historic company from Lucca which is at the forefront in the paper industry, has embraced the circular economy and material recycling since its birth, 70 years ago, becoming a pillar of environmental sustainability.
Tuscany preserves a thousand-year-old heritage of art, culture, and traditions, which intertwine with the innovations of the present and give birth to one-of-akind industrial chains. Lucca paper district stands out among the hidden gems of this region; it’s an excellence where paper has become a distinctive symbol and ancient, traditional arts and crafts have been turned into modern, sustainable technologies. The paper district has its roots in the Renaissance, when the cities of Lucca and Pescia became well-known thanks to the production of high-quality paper for noblemen and artists from all over Europe. The ancient paper mills, scattered around the waterways that cross the cities, became breeding grounds for creativity and artisan wisdom and contributed to the bright cultural splendour of the territory. It was around the second half of the XIX century that a centuries-old artisan spirit, the recent technological development and the typical Tuscan commercial attitude thrived in the peculiar figure of Stefano Franchi. He was a chemist, and it was actually him to invent, in Villa Basilica, a method to make paper starting from a poor raw material which, however, was locally abundant: straw. Today, Lucca paper district is one of the most important in the Italian industrial system, and we owe it to that ingenious invention: it is capable of producing almost 40% of hygienic papers used in Europe, and over 80% of those
used in the whole Italian peninsula. The Tuscan company Lucart, at the forefront in the paper industry, stands out in this context: it was born in Villa Basilica, same as Franchi, and has embraced the circular economy and material recycling since its birth, 70 years ago, becoming a pillar of environmental sustainability. Thanks to its state-of-the-art technology, Lucart has revolutionized the concept of carton recycling for Tetra Pak® beverage cartons, turning them into valuable material for the production of paper and other environmentally sustainable products. Thanks to its mixed composition, made up of cellulose fibres (74%), aluminium (4%) and polyethylene (22%), this material wasn’t often recovered, or was just partially recovered, at end of life. Lucart has developed a technology which is capable of separating the part of cellulose, which is immediately sent to the paper mill to become new and environmentally-friendly paper (EcoNatural), from aluminium and polyethylene, which are sent to a different production cycle, that is capable of extruding and granulating these materials to obtain a new material, known as Granplast, which is ready to become a recycled plastic raw material, very useful to produce pallets for transporting goods, street furniture or even flower pots.
An actual, all-Tuscan circular economy process, which involves companies from different industries, joined together by a
shared goal: creating value for everyone, by respecting the environment. In fact, the bond between this project with the territory is enriched by the presence, upstream of the process, of another Tuscan company such as Revet, which collects and selects beverage cartons in a large part of the region and sends them to Lucart for recovery, linking the good practices of citizens who carry out waste sorting at home with the innovative entrepreneurial fabric of the region, which is capable of giving new life to all the collected materials. But it doesn’t stop there! With the Granplast obtained from recycling the part of plastic and aluminium of carton drinks, another Tuscan company, Nuova Pasquini & Bini, has developed a pot for the nursery industry, known as Infinity, which is environmentally friendly, free from carbon black and with very promising phytostimulating properties. The example of Lucca paper district is an enlightening testimony of how tradition and innovation can converge towards a sustainable future, through a partnership on the topic of waste recovery with companies and other territorially close districts.
ADVENTURE OUTDOOR FEST
— Una Montagna di esperienze da vivere in Natura sul nostro Appennino
Vivere la montagna Testo Fabio Cavallari Foto Archivio Adventure Outdoor Fest Lorenzo MarianeschiIl Festival tornerà sulla montagna pistoiese dal 25 al 28 luglio in una location davvero spettacolare all’interno della meravigliosa foresta del Teso, sopra il paese di Maresca.
The Festival will return to the Pistoiese Mountains from July 25th to 28th, in a really spectacular location within the wonderful Teso forest, above the town of Maresca.
L’Adventure Outdoor Fest si è insediato nel 2021 sulla Montagna Toscana con la curiosità e il desiderio di conoscere e valorizzare un luogo ricco di risorse naturalistiche e di storia. Una ricerca continua che ha portato alla scoperta dei sentieri più nascosti, delle pareti strapiombanti più affascinanti, delle aree in cui installare e camminare linee spettacolari, dei boschi in cui immergersi in attività di forest bathing, meditazione e yoga.
San Marcello Piteglio (PT) e le aree limitrofe, una volta l’anno, diventano il cuore della manifestazione con appuntamenti di trail running, trekking, escursioni, arrampicata, slackline, esperienze sotto le stelle, musica e tanto altro.
Un territorio che si reinterpreta in chiave di turismo sportivo sostenibile, che si reinventa tra dita tese di climbers, tra piedi che camminano su fettucce sospese nel vuoto, tra gambe che si avventurano su vecchi e nuovi sentieri, tra anime che si immergono nei boschi per ritrovare un contatto intimo con la natura.
Una montagna che non ha bisogno di nulla, se non di essere riscoperta e valorizzata per le sue peculiarità e per la sua accoglienza nei confronti di persone alla ricerca di luoghi autentici.
Bastano uno sguardo diverso e nuove ispirazioni, come quelle che le tematiche del Festival e le avventure degli ospiti e delle guide presenti sanno dare.
Non stiamo parlando solo di un evento, ma della voglia di vivere intimamente un luogo, di un modo d’essere, di un modo di ritrovarsi, condividere e mettersi in gioco. Farne parte vuol dire immergersi in questo mondo, lasciarsi andare, immaginare, sapersi sorprendere e riscoprire antiche emozioni. Mettere l’ambiente naturale al centro dell’esperienza umana, concependo lo sport all’aria aperta come mezzo di riconnessione con la natura, offre inoltre l’opportunità di aumentare la consapevolezza delle problematiche ambientali. Vivere esperienze in ambienti naturali incentiva infatti un comportamento ecologico delle persone e la volontà di conoscere meglio e conservare la biodiversità. Nel 2024 il Festival torna con la sua edizione XI, dal 25 al 28 Luglio, in una speciale location a 1220 mt, all’interno della rigogliosa foresta del Teso.
Questo luogo, tra i più suggestivi della Montagna Pistoiese, crocevia di cammini che portano fino al rifugio Montanaro e ai crinali dell’Appennino Tosco Emiliano, sarà il ritrovo di appassionati del mondo outdoor, che vivranno quattro giorni dedicati agli sport in natura, con possibilità di partecipare a corsi, laboratori e workshop, incontri, appuntamenti culturali e musicali.
La location, denominata Casetta de’ Pulledrari, sarà inoltre il campo base dell’Adventure Outdoor Fest per tutta l’estate con un calendario di appuntamenti per appassionati di outdoor e frequentatori della Montagna, da metà Giugno a metà Settembre.
Sarà un ristoro sicuro per camminatori, ciclisti ed escursionisti, ma anche per persone che cercano rinfresco dalla calura estiva e famiglie che si intrattengono per mangiare qualcosa o per far giocare i bambini all’aperto, tra i rigogliosi faggi e nel bellissimo parco giochi. Una porta aperta nella foresta del Teso, un luogo dove riscoprire se stessi e il proprio rapporto con la natura.
L’iniziativa è realizzata da Adventure Outdoor Italia grazie al supporto della Fondazione Caript e del Comune di San Marcello, con il patrocinio della Regione Toscana, e con la collaborazione di tante associazioni e realtà del territorio e non. ☜
Living the mountain
ADVENTURE OUTDOOR FEST
— A Mountain of experiences to be lived in Nature, in our Apennine
The Adventure Outdoor Fest settled in 2021 in the Pistoiese Mountains, with the curiosity and desire to know and enhance a place which is full of natural resources and history.
A continuous search that led to discover the most hidden paths, the most fascinating overhanging faces, the areas in which to install and walk through spectacular lines, the woods in which to plunge into forest bathing, meditation and yoga activities.
Per informazioni su tutti gli appuntamenti della stagione estiva 2024: For further information on all the events scheduled for the 2024 summer season: https://www.adventureoutdoorfest.com/ https://www.facebook.com/AdventureOutdoorFest/ https://www.instagram.com/adventureoutdooritalia/
Furthermore, by placing the natural environment in the middle of human experience and conceiving outdoor sports as a way to reconnect with nature, we have the opportunity to increase our awareness on environmental issues.
In fact, living experiences in natural environments encourages people’s ecofriendly behaviour and the willingness to increase our knowledge of biodiversity and preserve it.
Furthermore, the location named Casetta de’ Pulledrari will be the base camp of the Adventure Outdoor Fest for the whole summer, with a schedule of events for outdoor enthusiasts and frequenters of the mountain, from mid-June to midSeptember.
La splendida location della Casetta Pulledrari sarà inoltre il campo base del festival, con una ricca programmazione di eventi da metà giugno a metà settembre. Un luogo ideale sia per appassionati di outdoor e montagna che per chi cerca un po’ di refrigerio dalla calura estiva.
Furthermore, the wonderful location of Casetta Pulledrari will be the base camp of the festival, with a rich schedule of events from mid-June to mid-September. An ideal place for both outdoor and mountain enthusiasts and people looking to cool down from the summer heat.
Once a year, San Marcello Piteglio (PT) and the surrounding areas become the core of the festival, with trail running, trekking, hiking, climbing, slacklining, experiences under the stars, music and many other events.
A territory that reinterprets itself in terms of sustainable sport tourism, that reinvents itself among climbers’ outstretched fingers, feet walking on slings suspended in the air, legs venturing into old and new paths, souls plunging into woods to find again an intimate contact with nature.
A mountain that doesn’t need anything, apart from being discovered again and enhanced in its peculiarities and hospitality towards people who are searching for authentic places.
A different look and new inspirations are enough, such as those given by the festival topics and the adventures lived by the guests and guides who attend the festival. We’re not talking about a simple event: it’s the willingness to live intimately in a place, it’s a way of being and rediscovering ourselves, sharing and getting involved.
Being part of it means plunging into this world, letting ourselves go, imagining, knowing how to be surprised and rediscovering old emotions.
In 2024, the festival returns with its XI edition, from July 25th to 28th, in a special location at an altitude of 1220 metres, within the lush Teso forest.
This place, among the most suggestive of the Pistoiese Mountains, is the crossroads for walks which lead us to the Montanaro refuge and the crests of the Tuscan-Emilian Apennine, and will be the meeting point for outdoor enthusiasts, who will live four days dedicated to sports in nature, with the possibility to attend courses, laboratories and workshops, encounters and cultural and musical events.
It will be a safe refreshment for walkers, cyclists and excursionists, but also for people looking to cool down from the summer heat and families which spend some time there to eat something or have their kids playing outdoor, among the lush beech trees and the wonderful playground.
An open door on the Teso forest, a place in which we can rediscover ourselves and our relationship with nature.
The initiative is organized by Adventure Outdoor Italia, thanks to the support of the Caript Foundation and the Municipality of San Marcello, with the sponsorship of the Tuscany Region and the collaboration of several associations and realities from and outside our territory. ☜
Venite a trovarci nel nostro Agriturismo con la cucina tradizionale e con una grande novità. Dall’idea e dal sogno di Davide e Francesca nasce l’Enoteca Toscana, dove potrete trovare etichette del territorio e degustare piatti della nostra cucina, in serate con menù selezionati e acquistare delle confezioni regalo, da poter personalizzare con le bottiglie disponibili
La sala è privata e ospita massimo 8 persone su prenotazione. L’agriturismo A Casa Nostra si trova sul cammino di San Jacopo, subito dopo l’ex Convento di Giaccherino. Offriamo ristoro per i pellegrini e per tutti coloro che, camminando o non, vogliono godersi una pausa in giardino per una merenda o anche un semplice caffè.
Se volete assaggiare qualcosa di tipico Pistoiese, vi consigliamo le nostre Jacopine ripiene, le focacce dei Pellegrini, dalla loro tipica forma a conchiglia, simbolo del Santo Patrono di Pistoia, da abbinare ad una buonissima e dissetante spremuta dei nostri limoni Biologici! VI ASPETTIAMO!
Sono UNICO, sono MINACCIATO e tu puoi AIUTARMI!
I numeri dichiarano a voce alta che l’impatto dell’uso di ossa, pelle, artigli e denti di tigre per la medicina tradizionale asiatica è la principale causa del declino di questi meravigliosi felini. E la rotta del commercio illegale non sempre si disegna solo in Asia.
lanciato la campagna di sensibilizzazione denominata “Vietnamazing” con lo scopo di creare una rete di persone interessate a lavorare insieme per proteggere la Natura in Vietnam. Anche tu che leggi, se vorrai, potrai far parte di questo grande movimento.
Puoi fare la differenza con poche semplici azioni:
Eleonora Angelini Responsabile della didattica e comunicazione Giardino Zoologico di Pistoia
Le foreste del Vietnam sono così ricche di specie animali e vegetali che ancora non possiamo dire di conoscerle tutte e, ogni volta che ne viene identificata una nuova, scopriamo con allarme che è seriamente minacciata di estinzione. È successo ad esempio 14 anni fa per il Gibbone dalle guance bianche del Vietnam del Nord (Nomascus annamensis), protagonista oggi di un progetto molto importante che il GZP sostiene economicamente e che ha come obiettivo la protezione dell’intera area di foresta dove ancora volteggiano gli ultimi esemplari, nel Parco Nazionale di Kon Ka Kinh. Il progetto per il Gibbone di Annam è stato avviato nel 2016 grazie ad una cooperazione tra Stiftung Artenschutz (una fondazione tedesca per la tutela delle specie minacciate) e la Società Zoologica di Francoforte; l’obiettivo è il contrasto delle cause del declino dei gibboni attraverso attività di ricerca (per avere sempre più informazioni sulla specie) e la sensibilizzazione della popolazione che vive nei villaggi dell’area protetta.
Il taglio della foresta e il bracconaggio sono le principali minacce. I piccoli vengono catturati per essere venduti come animali da compagnia e questa pratica indebolisce doppiamente la popolazione in natura poiché, per prelevare i giovani, spesso vengono uccise le madri impendendo così ulteriori nascite.
Gli adulti, inoltre, sono uccisi per l’utilizzo di ogni parte del loro corpo nella medicina tradizionale orientale.
Proteggere i gibboni vuol dire proteggere tutta la fauna dello stesso habitat, specie meno conosciute ma altrettanto a rischio d’estinzione, come la lumaca gigante vietnamita o la rana del muschio. Animali poco carismatici, forse, ma preziosi per le connessioni che hanno con le piante e gli altri essere viventi della foresta con cui realizzano equilibri delicatissimi.
È necessario fare qualcosa per fermare la scomparsa di queste splendide creature. È per questo che l’EAZA (Associazione Europea degli Zoo e degli Acquari) ha
SCEGLI IL VIAGGIO GIUSTO
Il Vietnam è una meta sempre più gettonata per chi cerca il giusto mix di tradizione, cibo e natura ma è necessario stare attenti a quali esperienze fare. La cosa migliore è affidarsi ad agenzie di viaggio particolarmente attente alla sostenibilità.
ACQUISTA CON ATTENZIONE
Il Vietnam è uno dei maggiori produttori di tessuti, scarpe sportive ed elettronica, soprattutto per export verso l’Europa. La produzione di questi beni ha però un alto impatto sociale e ambientale. Informati e scegli prodotti di qualità realizzati nel rispetto delle persone e dell’ambiente.
CHIEDITI SEMPRE “DA DOVE VIENE”? Molti animali sono venduti come “domestici esotici” nonostante provengano dal bracconaggio. Il commercio illegale di fauna selvatica è ancora una seria minaccia per gli habitat naturali. Assicurati che sia legale possedere l’animale che desideri acquistare e che la sua origine sia lecita.
I’m UNIQUE, I’m THREATENED and you can HELP!
We must raise our attention to one of the world’s most biodiverse places, a place which, due to its beauty and mystery, attracts thousands of tourists every year and has been weakened by us, unconscious consumers of nature.
The forests of Vietnam are so full of animal and vegetal species that we can’t say yet we are familiar with all of them; every time a new species is identified, we find out, alarmingly, that it is at serious risk of extinction. For example, it happened 14 years ago to the Northern whitecheeked gibbon (Nomascus annamensis) who, today, is the protagonist of a very important project that is financially supported by the Pistoia Zoological Garden and aims at protecting the whole forest area where the last specimens are still spinning, in the Kon Ka Kinh National Park.
The project for the conservation of the Annam’s Gibbon started in 2016, thanks to the partnership between Stiftung Artenschutz (a German foundation for the protection of threatened species) and the Frankfurt Zoological Society. It aims at tackling the root causes of the decline of gibbons, through research activities (to obtain more and more information on the species) and outreach campaigns targeted at the inhabitants of the protected area.
Il gibbone dalle guande bianche è oggi un animale a forte rischio ed è per questo che il GZP sostiene economicamente il progetto che vuole salvaguardare una parte di foresta vietnamita dove ancora oggi volteggiano gli ultimi esemplari.
Today, the Northern white-cheeked gibbon is at serious risk of extinction and, therefore, the Pistoia Zoological Garden provides economic support to the project, aimed at protecting the part of Vietnamese forest where the last specimens are still spinning.
Cutting the forests and poaching are the main threats. Calves are captured to be sold as pets, and this practice doubly weakens the population in nature because, when it happens, their mothers are often killed and this prevents further births. Furthermore, adults are killed so that any part of their body can be used in traditional oriental medicine.
Protecting gibbons means protecting all the fauna in the same habitat, species which are less known but are equally at risk of extinction, such as the Vietnamese giant snail or the mossy frog. These are perhaps animals with little charisma, but they are precious due to their connection with plants and other living beings in the forest, with whom they establish a very delicate balance.
We must do something to stop the disappearance of these wonderful creatures. That’s why the EAZA (European Association of Zoos and Aquaria) has launched an outreach campaign, named
“Vietnamazing”, aimed at creating a network of people who are interested in working together to protect nature in Vietnam. If you want, you can also be part of this great movement. You can make a difference with a few, simple actions:
CHOOSE THE RIGHT JOURNEY
Vietnam is becoming one of the most preferred destinations for those who are looking for the right mix of tradition, food and nature, but we must pay attention to the types of experiences we want to have. The best thing to do is relying on travel agencies that are particularly attentive to sustainability.
PAY ATTENTION TO YOUR PURCHASES
Vietnam is one of the main producers of fabrics, sport shoes and electronic items, which are then mostly exported to Europe. However, the manufacturing of such goods has a high social and environmental impact. Please get informed and choose high-quality products, made with respect for people and the environment.
ALWAYS ASK YOURSELF: “WHERE DOES IT COME FROM?”
Several animals are sold as “exotic pets”, despite coming from poaching. The illegal trade of wildlife is still a serious thread for natural environments. Please make sure that owning the animal you wish to purchase is legal, and that its origin is legitimate.
Umberto Buscioni, Fantasma gradevole, 1966, olio e smalto su tela, Collezione Fondazione Caript. ©
UMBERTO BUSCIONI, by SIAE 2024 - Fondazione Pistoia Musei, foto Lorenzo Gori
Umberto Buscioni, Fantasma gradevole, 1966, oil and enamel on canvas, Caript Foundation Collection.
Fondazione Pistoia Musei
’60 Pop Art Italia
— La Pop Art è un fenomeno prettamente metropolitano: nasce a Londra nel 1956 e si sviluppa contemporaneamente a New York, Los Angeles, Parigi e Roma, per diffondersi poi in tutto il mondo e anche nella nostra città grazie al gruppo di artisti della “Scuola di Pistoia”
Testo
Intervista a Walter Guadagnini a cura della Redazione
Foto
Fondazione Pistoia Musei
La Pop Art è un fenomeno prettamente metropolitano: nasce a Londra nel 1956 e si sviluppa contemporaneamente a New York, Los Angeles, Parigi e Roma, per diffondersi poi in tutto il mondo. In Italia si afferma a partire dai primi anni Sessanta, dapprima a Roma e in seguito a Torino e Milano, grazie ad artisti che guardano alla scena internazionale.
In alto una foto della mostra, accanto Piero Gilardi, Cocomeri, 1966, poliuretano espanso. Collezione Intesa Sanpaolo. Archivio Patrimonio Artistico Intesa Sanpaolo / foto Paolo Vandrasch, Milano
Above, a photograph of the exhibition; next, Piero Gilardi, Cocomeri, 1966, expanded polyurethane. Intesa Sanpaolo Collection. Artistic Heritage Archive, Intesa Sanpaolo / Photographs by Paolo Vandrasch, Milan.
Ma in una nazione policentrica come l’Italia emergono altre città in grado di produrre e diffondere i linguaggi della Pop Art.
A Pistoia opera un gruppo di artisti ribattezzato “Scuola di Pistoia” che si confronta con gli altri autori attivi nel resto della penisola, primi fra tutti i membri dell’altra “Scuola”, quella di Piazza del Popolo a Roma.
La mostra si presenta come un
viaggio in Italia che inizia con la storica Biennale del 1964, di cui ricorre il sessantesimo anniversario, e ricostruisce attraverso settanta opere una geografia di luoghi, artisti ed eventi che dimostrano la straordinaria vivacità e ricchezza creativa di questo periodo, tra i più felici dell’arte italiana della seconda metà del secolo scorso.
Abbiamo incontrato il curatore della mostra, Walter Guadagnini, a cui abbiamo posto qualche domanda.
Come nasce l’idea di questa mostra che racconta la principale espressione artistica degli anni ’60?
Diciamo che nasce da due elementi: da un lato nel 2024 cade il sessantesimo anniversario della storica Biennale di Venezia che nel 1964 rivelò a tutto il mondo, anche a quanti non appartenevano al mondo dell’arte, la tendenza destinata a dominare il decennio, vale a dire la Pop Art, in particolare nella sua versione americana. La mostra si apre proprio su quell’evento, con opere e autori italiani e stranieri che portano lo spettatore immediatamente dentro quel clima. Inoltre c’è una mia
predilezione per questo momento storico e culturale, che rappresenta un periodo di straordinaria ricchezza creativa – si pensi solo alla musica, dal rock al jazz, in questo decennio sono state scritte pagine leggendarie, o al cinema: i Beatles, i Rolling Stones, Miles Davis, John Coltrane, Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Mina, è un elenco infinito di autori che hanno realizzato i loro capolavori in questi anni – e che in qualche modo rappresenta l’infanzia del mondo nel quale stiamo vivendo. La società in cui noi viviamo oggi è la conseguenza delle premesse poste in quegli anni, si pensi solo al mondo della comunicazione di massa.
L’esposizione è una sorta di viaggio attraverso i principali centri d’irradiazione italiani di questo fenomeno metropolitano, nato a Londra nel 1956. Quali sono i principali focus della mostra? Quali aspetti della Pop Art degli anni ’60 verranno esplorati?
Il focus è proprio sulle città, si tratta di una sorta di viaggio in Italia negli anni Sessanta, da Torino a Palermo, e si incontrano dunque molti dei miti e dei riti di quegli anni, Marilyn e la Coca Cola, Kennedy e le automobili, James Bond e Monica Vitti, uniti alle immagini della storia dell’arte rivisitate dai giovani autori di quegli anni, come Giosetta Fioroni o Mario Ceroli che rifanno la Venere del Botticelli o Aldo Mondino che gioca con Capogrossi. Roma fa la parte del leone, perché in effetti è stata davvero la capitale della Pop italiana, ma anche città come Milano e Torino hanno fornito importanti contributi: ne esce un ritratto ampio di un paese in movimento, curioso del presente e del futuro.
Quali sono le opere o gli artisti meno conosciuti che ha incluso nella mostra e che ritiene invece siano particolarmente significativi per comprendere appieno il panorama della Pop Art degli anni ’60?
La notorietà della Pop Art italiana è molto minore di quella della
In basso, Antonio Fomez, Viva il consumo, 1964, olio su tela.
Collezione private
Below, Antonio Fomez, Viva il consumo, 1964, oil on canvas.
Private collection.
Il curatore Walter Guadagnini
È nato a Cavalese (Trento) nel 1961. Vive e lavora a Bologna, dove è titolare di una cattedra di Storia della Fotografia all’Accademia di Belle Arti. Ha diretto dal 1995 al 2005 la Galleria Civica di Modena.
Dal 2004 al 2015 è stato Presidente della Commissione Scientifica del progetto “UniCredit e l’arte”.
Dal 2006 al 2022 è stato responsabile della sezione fotografia del “Giornale dell’Arte”. Dal 2016 dirige CAMERA –Centro Italiano per la Fotografia a Torino. Dal 2018 è Direttore Artistico del Festival “Fotografia Europea” di Reggio Emilia, dove è anche membro del Comitato Scientifico della Fondazione Palazzo Magnani. Dal 2021 è membro del Comitato Scientifico della Fondazione Alinari per la Fotografia di Firenze. Nel 2010 ha pubblicato Una storia della fotografia del XX e del XXI secolo, editore Zanichelli. Ha curato il progetto editoriale Fotografia, edito in quattro volumi da Skira dal 2010 al 2014. Nel 2022 ha pubblicato Fotografia. Due secoli di storia e immagini, Edizioni Gallerie d’Italia/Skira.
He was born in Cavalese (Trento) in 1961. He lives and works in Bologna, where he holds the History of Photography chair at the Academy of Fine Arts. He directed the Galleria Civica di Modena from 1995 to 2005. From 2004 to 2015, he was President of the Scientific Commission of the “UniCredit for art” project. From 2006 to 2022, he was in charge of the photography section of the “Giornale dell’Arte”. Since 2016, he has directed CAMERA, the Italian Centre for Photography, in Turin. Since 2018, he has been Artistic Director of the “European Photography” Festival in Reggio Emilia. Since 2021, he has been a member of the Scientific Committee of the Alinari Foundation for Photography in Florence. In 2010 he published A history of photography in the 20th and 21st centuries for the publishing house Zanichelli. He curated the editorial project Photography, published in four volumes by Skira from 2010 to 2014. In 2022, he published Photography. Two centuries of history and images, Edizioni Gallerie d’Italia/Skira.
Pop Art americana; quindi, molti degli autori presentati in questa occasione non sono conosciuti al grande pubblico come possono esserlo Warhol o Lichtenstein, che pure sono presenti in mostra come punti di riferimento essenziali. In particolare si possono ricordare le presenze femminili: fino ad oggi le artiste pop per eccellenza erano solo la già citata Giosetta Fioroni e Titina Maselli (di cui presentiamo un grande, magnifico ritratto di Greta Garbo), mentre in questa occasione vengono alla luce anche figure come quella di Marisa Busanel, di Laura Grisi – un suo quadro luminoso che rappresenta delle macchine da corsa è uno degli emblemi della mostra, luce, velocità, nuovi modi di intendere l’arte e il mondo – e di Anna Comba, torinese. Poi mi piace ricordare la grande composizione di Ettore Innocente, autore bravissimo scomparso troppo presto e troppo presto dimenticato, oppure il palermitano Nino Titone, di cui esponiamo una tela di grandi dimensioni proveniente dalla Galleria d’Arte Moderna di Palermo che non si vedeva da decenni. E ancora Piero Gallina con la sua divertente sagoma di carabiniere o il milanese Antonio Fomez, nella
cui composizione si trovano alcune delle icone del periodo, il caffè Paulista, il fumetto Kriminal, ricordi per il pubblico più avanti con gli anni, scoperte per i più giovani.
Pistoia, con Roberto Barni, Umberto Buscioni, Adolfo Natalini e Gianni Ruffi, accanto a importanti città d’arte come Roma, Torino, Venezia, Palermo e Milano e ai loro grandi artisti. Qual è stato il ruolo della nostra città nel periodo d’oro della Pop Art? È stato un ruolo importante, ed è la dimostrazione della peculiarità della situazione italiana: negli Stati Uniti la Pop Art vuole dire New York (e un po’ Los Angeles), in Francia vuol dire Parigi, in Inghilterra vuol dire Londra; da noi invece anche una cittadina di nemmeno centomila abitanti può diventare un centro propulsore di un linguaggio nuovo come era quello della Pop alla metà degli anni Sessanta. Certo, i riconoscimenti avvengono anche per questi autori nelle città più grandi, in particolare Roma e Firenze, dove c’erano le gallerie e i critici più importanti, ma la loro base rimane Pistoia, nessuno di loro sente la necessità di
andarsene verso la metropoli. È un caso interessante anche perché pur frequentandosi assiduamente, e avendo un orizzonte culturale comune, le loro opere e le loro scelte stilistiche sono profondamente individuali, più ironico e quasi concettuale Ruffi, più intimista Buscioni, in continua evoluzione Barni e più attento ai portati della comunicazione di massa Natalini. Insomma, una storia davvero significativa. ☜
In basso, Sergio Lombardo, McNamara, 1961-63, smalto su tela. Collezione privata - Fondazione Pistoia Musei, foto Daniele De Lonti
Below, Sergio Lombardo, McNamara, 1961-63, enamel on canvas. Private collection – Pistoia Musei Foundation, photographs by Daniele De Lonti.
Anna Comba, Weekend (für alle Freunde der Musik), 1966, photograph on canvas, cm 75 x 105. Turin, GAMTurin Civic Gallery of Modern and Contemporary Art, Experimental Museum, inventory MS/215. By courtesy of Torino Musei Foundation (photographs by Paolo Robino, 2017).
Anna Comba, Week-end ( für alle Freunde der Musik ), 1966, fotografia su tela, cm 75 x 105. Torino, GAM –Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Museo Sperimentale, inv. MS/215. Su concessione della Fondazione Torino Musei (foto Paolo Robino 2017)
Pistoia Musei Foundation‘60 Pop Art Italia
— Pop Art is pretty much a metropolitan phenomenon: it was born in London in 1956 and developed simultaneously in New York, Los Angeles, Paris and Rome, and then spread throughout the world and to our city, also thanks to the group of artists of the “School of Pistoia”
Pop Art is pretty much a metropolitan phenomenon: it was born in London in 1956 and developed simultaneously in New York, Los Angeles, Paris and Rome, and then spread throughout the world.
In Italy, it established itself in the early 1960s, first in Rome and then in Turin and Milan, thanks to artists who looked at the international scene. However, in a polycentric nation like Italy, other cities emerged to produce and spread the languages of Pop Art.
In Pistoia, a group of four artists known as the “School of Pistoia” was working along the lines of other authors who were active in the other parts of the Italian peninsula, first and foremost the members of the other “School”, that of Piazza del Popolo in Rome.
The exhibition presents itself as a journey through Italy, starting with the historic Venice Biennale of 1964, which celebrates its sixtieth anniversary this year. It uses seventy works to reconstruct a geography of places, artists and events which show the extraordinary vitality and creative richness of this period, which was one of the most buoyant in Italian art in the second half of last century.
We met the curator of the exhibition, Walter Guadagnini, to whom we asked a few questions about this exhibition dedicated to modern art.
How does the idea of this exhibition, which narrates the main artistic expression of the 1960s, come about?
We can say that it starts from two elements: on the one hand, 2024 marks the sixtieth anniversary of the historic
Venice Biennale which in 1964 revealed to the world, also to those who didn’t belong to the world of art, the trend which would dominate the next decade, that is Pop Art, especially in its American version. The exhibition starts exactly with such event, with Italian and foreign works and authors which immediately lead the spectator into that climate. Furthermore, I have a preference for this historical and cultural period, which represents a time of extraordinary creative richness; just think of music, from rock to jazz, where legendary pages were written throughout this decade, or cinema: the Beatles, the Rolling Stones, Miles Davis, John Coltrane, Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Mina. It’s an endless list of authors who made their masterpieces during those years; somehow, it represents the childhood of the world in which we live. The society in which we live today is the consequence of the premises that were made in those years; just think of the world of mass media.
The exhibition is a sort of journey through the main Italian centres of irradiation of this metropolitan phenomenon, which was born in London in 1956. What are the main
focus points of the exhibition? Which aspects of Pop Art from the 1960s will be explored?
The main focus is on cities; it’s a sort of journey through Italy in the 1960s, from Turin to Palermo, an encounter between many of the myths and rituals of those years. Marilyn and Coca-Cola, Kennedy and cars, James Bond and Monica Vitti, along with the images of art history revisited by the young authors from those years, such as Giosetta Fioroni or Mario Ceroli, who remade Botticelli’s Venus, or Aldo Mondino, who played with Capogrossi’s works. Rome represents the lion’s share, because it actually was the capital of Italian Pop Art, but also cities such as Milan and Turin made a significant contribution. The result is a wide portrait of a country in motion, curious about the present and the future.
What are the less famous works or artists that you included in the exhibition and, in your opinion, are particularly significant to fully understand the landscape of Pop Art from the 1960s?
Italian Pop Art is way less famous than American Pop Art; therefore, several of the authors who are presented on this occasion are not known to the
wider public, as can be Warhol or Lichtenstein, who are actually present in the exhibition as essential points of reference. In particular, we can mention women; until today, female Pop Art artists par excellence were the above-mentioned Giosetta Fioroni and Titina Maselli (her large, beautiful portrait of Greta Garbo is displayed in the exhibition), whereas on this occasion we bring to light also figures such as Marisa Busanel, Laura Grisi – her bright painting, representing racing cars, is one of the symbols of the exhibition: light, speed, new ways of understanding the art and the world – and Anna Comba, from Turin. I would also like to mention the large composition by Ettore Innocente, an excellent author who passed away too soon and was forgotten too soon, or Nino Titone, from Palermo; we exhibit his large canvas, coming from the Modern Art Gallery of Palermo, that hadn’t been displayed for ages. And then Piero Gallina, with his funny profile of a Carabiniere, or Antonio Fomez, from Milan: in his composition we can find some of the icons of the time, such as Paulista coffee or the comics series “Kriminal”. These are memories for people advanced in years, and discoveries for the youngest.
Pistoia, with Roberto Barni, Umberto Buscioni, Adolfo Natalini and Gianni Ruffi, along with important cities of art such as Rome, Turin, Venice, Palermo, Milan and their great artists. What was the role of our city during the golden period of Pop Art? Our city played a key role, and this shows how peculiar the Italian situation was: in the United States Pop Art means New York (and also Los Angeles), in France it means Paris, in England it means London; in Italy, instead, also a city of less than 100.000 inhabitants can become the driving force behind a new language, such as that of Pop Art in the second half of the 1960s. Obviously, these authors were acknowledged in the biggest cities, in particular Rome and Florence, where the most important galleries and critics were located, but their base was Pistoia; none of them felt the need to relocate to a metropolis. It’s an interesting case also because, even though these authors would meet regularly and shared the same cultural horizon, their works and stylistic choices were deeply individual: Ruffi was more ironic and almost conceptual, Buscioni was more intimist, Barni was continuously evolving, whereas Natalini paid more attention to the results of mass communication. ☜
A sinistra una foto dell’esposizione. Accanto Roberto Barni, Anugal, 1963, smalto su tela, Collezione dell’artista - Fondazione Pistoia Musei, foto Lorenzo Gori. In basso Remo Gordigiani, Collage n.3. Cronaca recente, 1964-1967, collage di carte su tela. Collezione famiglia Gordigiani - Fondazione Pistoia Musei, foto Lorenzo Gori
On the left, a photograph of the exhibition. Next, Roberto Barni, Anugal, 1963, enamel on canvas. Florence, Collection of the artist – Pistoia Musei Foundation, photographs by Lorenzo Gori. Below Remo Gordigiani, Collage n.3. Cronaca Recente, 1964-67, paper collage on canvas. Gordigiani family collection – Pistoia Musei Foundation, photographs by Lorenzo Gori.
Sport e cultura
Lanciata in occasione del #WorldEarthDay una Special Edition Jersey che i giocatori del Pistoia Basket 2000 hanno indossato nella 28° e 29° giornata di LBA contro Happy Casa Brindisi e Aquila Basket Trento per sensibilizzare tutti quanti sull’importanza di salvaguardare il nostro pianeta.
Lunedì 22 aprile si è celebrato il “World Earth Day”, ovvero la Giornata Mondiale di sensibilizzazione sui temi legati alla salvaguardia del pianeta. A.S. Estra Pistoia Basket 2000, nell’ambito delle attività già sviluppate durante l’anno in tema di sostenibilità con il progetto “Insieme per il Sociale”, ha dato il suo contributo con una divisa “Special Edition”. Questa maglia ufficiale, innovativa e coinvolgente per il suo stile e il disegno che viene rappresentato sopra la stessa, è stata indossata in due occasioni: nel turno casalingo al “PalaCarrara” con Brindisi (21 aprile) e in quello in trasferta a Trento (28 aprile).
Una divisa “Special Edition”, presentata il 17 aprile scorso con una conferenza stampa nell’auditorium dell’Antico Palazzo dei Vescovi in piazza Duomo, che è l’apice di un percorso che mette insieme sport e cultura cittadina, grazie alla collaborazione di Fondazione Pistoia Musei, con una visione che si apre al territorio toscano e non solo. La maglia è stata ideata attraverso un concorso tra gli studenti del Liceo Artistico “Policarpo Petrocchi” di Pistoia che ha visto come vincitore Matthias Mariotti. Nello specifico, il progetto “Pistoia Green Basket Town” ha riguardato le III-IV-V classi del corso di “Grafica e discipline pittoriche” del Liceo, supportati – grazie al partner del
Club Giorgio Tesi Group – nel loro processo creativo dall’artista pistoiese e designer di fama mondiale Jonathan Calugi. A dare un taglio internazionale al progetto ci ha pensato Gonzaga University che ha sviluppato un “Case Study” relativo alla divisa.
I bozzetti della divisa “Green” sono stati sottoposti per la valutazione e la selezione dell’elaborato vincitore alla commissione composta da rappresentanti del Liceo Petrocchi, di Fondazione Pistoia Musei, di Giorgio Tesi Group, di Macron e del Pistoia Basket.
E, proprio pochi minuti prima di togliere il velo alla nuova maglia, è
arrivata la lettera di apprezzamento dell’iniziativa da parte del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica – Onorevole Gilberto Pichetto Fratin – che ha messo in evidenza l’importanza del messaggio lanciato da questa maglia per la difesa dell’ambiente e l’impegno per l’inclusione sociale.
La progettualità tra i giovani studenti di Pistoia, con l’apporto di Fondazione Pistoia Musei e dell’Università di Gonzaga che ha coinvolto gli specializzandi del corso di “Sport Marketing”, crea una sinergia senza precedenti nella storia del basket italiano. Il tutto condito da un video – diretto
Al termine della conferenza stampa foto di gruppo davanti al meraviglioso Arazzo Millefiori. In basso Fabrizio Tesi, legale rappresentante di Giorgio Tesi Group e Matthias Mariotti, autore del disegno utilizzato per la realizzazione della maglia, nel momento della presentazione della divisa.
At the end of the press conference, group photo in front of the wonderful Millefiori Tapestry. Below, Fabrizio Tesi, legal representative of Giorgio Tesi Group, and Matthias Mariotti, author of the drawing used for the jersey, on the occasion of its presentation.
In alto altra foto di gruppo realizzata al Pala Carrara nella gara interna contro la Happy Casa Brindisi di domenica 21 Aprile. In basso un momento della partita con Carl Wheatle e Angelo Del Chiaro. Nella pagina accanto in alto Derek Ogbeide
Next, another group photo taken at the PalaCarrara, during the home game against Happy Casa Brindisi on Sunday, April 21st. Below, a moment of the game with Carl Wheatle and Angelo Del Chiaro. On top of next page, Derek Ogbeide
da Andrea Del Serra, che è stato presentato in conferenza stampa – con protagonisti i players del progetto “Pistoia Green Basket Town” nonché quattro giocatori di Estra Pistoia Basket in veste di attori».
Il disegno vincitore del concorso è ispirato all’Arazzo Millefiori, capolavoro dell’arte tessile esposto nel Museo dell’Antico Palazzo dei Vescovi e di proprietà della Chiesa Cattedrale. L’opera fiamminga del Cinquecento, che raffigura centinaia di specie botaniche e animali, ha dato lo spunto allo studente per legare, attraverso l’arte, lo sport con i temi al centro del” World Earth Day”.
Oltre a essere indossata in due partite, la maglia “Special Edition” sarà acquistabile esclusivamente nel bookshop dell’Antico Palazzo dei Vescovi, la sede di Fondazione Pistoia Musei che si affaccia su Piazza del Duomo. Il costo della maglia è di 75 euro, quello dei pantaloncini singoli è di 60 euro, mentre l’intero completo sarà venduto al prezzo di 120 euro.
L’intero ricavato sarà totalmente devoluto in beneficenza alla Casa Protetta delle Donne vittime di violenza di Pistoia, proseguendo quella sinergia che era già stata messa in atto con il club sportivo in occasione della Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne
del novembre scorso. «Giorgio Tesi Group ha un legame forte e profondo con la propria terra –queste le parole di Fabrizio Tesi, legale rappresentante dell’azienda pistoiese – dove coltiva da sempre le piante che esprimono l’unicità e la bellezza tipiche di questo angolo di Toscana. Proprio per rafforzare questo rapporto l’azienda investe da 15 anni in importanti progetti di valorizzazione e di sostegno al territorio, alla cultura, al sociale con il lavoro della nostra Fondazione e ai giovani con il Progetto Giorgio
Tesi Junior attivo dal 2016. Quello con il Pistoia Basket 2000, è un rapporto davvero particolare, un grande amore che dura ormai da 14 anni di cui 10 addirittura da Title Sponsor coronati dalle due promozioni in A1 e da tanti emozionanti successi sportivi. Tutto questo collaborando anche attivamente con enti e istituzioni, con l’obiettivo di rappresentare un virtuoso esempio da seguire e un punto di riferimento importante sia per la città che per il territorio che la circonda». ☜
Sport and culture
Pistoia Green Basket Town
— A “Special Edition” jersey was launched on the occasion of the #WorldEarthDay. The players of Pistoia Basket 2000 wore it on matchday 28 and 29 of the Lega Basket Serie A, against Happy Casa Brindisi and Aquila Basket Trento, to raise everyone’s awareness on the importance of safeguarding our planet.
The “World Earth Day”, that is the world day to raise awareness on the topics related to the safeguard of the planet, was celebrated on Monday, April 22nd. A.S. Estra Pistoia Basket 2000, in the context of the activities that have already been developed throughout the year on the topic of sustainability, with the project “Insieme per il sociale”, contributed with a “Special Edition” jersey. This official jersey, which is innovative and captivating due to its style and the drawing represented on it, was worn on two occasions: during the home game against Brindisi, at the “PalaCarrara” (April 21st) and during the away game in Trento (April 28th).
The “Special Edition” jersey was presented on April 17th with a press conference held at the auditorium of the Ancient Bishop’s Palace in Piazza Duomo, and it’s the apex of a journey that brings together sport and the city’s culture, thanks to the partnership with Pistoia Musei Foundation and a vision that opens to the territory of Tuscany and beyond. The jersey was designed by means of a contest between the students of the “Policarpo Petrocchi” Art School in Pistoia, won by Matthias Mariotti. Specifically, the project “Pistoia Green Basket Town” involved the third-year, fourth-year and fifth-year students from the high school’s “Graphic design and painting techniques” course, supported in their creative process –thanks to the club’s partner Giorgio Tesi Group – by the world-famous Pistoiese
artist and designer Jonathan Calugi. Gonzaga University gave an international footprint to the project by developing a “case study” related to the jersey.
The sketches of the “Green” jersey were assessed by a committee, made up of representatives from the “Petrocchi” High School, Pistoia Musei Foundation, Giorgio Tesi Group, Macron and Pistoia Basket, who also chose the winning work.
And just a few minutes before unveiling the new jersey, an appreciation letter came through from the Minister of Environment and Energy Security – the honourable Gilberto Pichetto Fratin –, who highlighted the importance of the message launched by this jersey for the protection of the environment and the commitment towards social inclusion.
The project that involved the young students from Pistoia, with the support of Pistoia Musei Foundation and the interns of Gonzaga University’s “Sport Marketing” course, creates an unprecedented synergy in the history of ltalian basketball, dressed up with a video – directed by Andrea Del Serra and presented during the press conference –whose protagonists are the players of the project “Pistoia Green Basket Town” as well as four Estra Pistoia Basket players as actors.
The winning drawing of the contest draws inspiration from the Millefiori Tapestry, a masterpiece of textile art that is exhibited at the Museum of the Ancient Bishop’s Palace and is owned by the cathedral church. This Flemish work from the XVI century, which depicts hundreds of botanical and animal species, gave the inspiration to the student to establish a bond, through art, between sport and the topics at the core of the “World Earth Day”.
The “Special Edition” jersey will be worn in two games and can be purchased only at the Ancient Bishop’s Palace bookshop, i.e., Pistoia Musei Foundation’s headquarters overlooking Piazza del Duomo. The jersey costs 75 euros, the shorts cost 60 euros whereas the whole
outfit will be sold at the price of 120 euros. The full proceeds will be donated to charity, to the Safe House for Women Victims of Violence of Pistoia, to continue that synergy that had already been established with the sports club on the occasion of last November’s International Day for the Elimination of Violence against Women.
«Giorgio Tesi Group has a strong and deep bond with its territory – these are the words by Fabrizio Tesi, legal representative of the Pistoiese company – where it has always cultivated plants that express the uniqueness and beauty which are typical of this corner of Tuscany. In order to strengthen this bond, the company has been investing for 15 years in important projects to enhance and support the territory, culture, social (thanks to our Foundation’s work) and young people (with the project Giorgio Tesi Junior, that has been active since 2016). We have a really special relationship with Pistoia Basket 2000, a great love that has been lasting for 14 years, 10 of which as Title Sponsor, crowned by two promotions to the A1 series and several, exciting sporting successes. All of this was achieved by working actively with bodies and institutions, with the aim of representing a virtuous example and an important point of reference for both the city and the surrounding territory». ☜
Note di note
A Ghali il premio Paesaggio in*canto, Sanremo 2024
— I paesaggi sono le canzoni, i paesaggi sono nelle canzoni. Parole e luoghi attraverso i sentimenti e le emozioni che suscitano. Sono boschi e sono città. I paesaggi ospitano la nostra vita, sempre, e ne sono complici. Siamo paesaggi.
La serata del 9 Febbraio 2024, nella serra di Villa Nobel a Sanremo, nell’ambito di Oltre Il Festival, è stata la culla che ha accolto la nascita di una creatura tanto desiderata e voluta dall’Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio, l’AIAPP: paesaggio in*canto. Da lungo tempo il rapporto con le arti, così importante per l’architettura del paesaggio, chiedeva, sollecitava un’espressione; chiedeva, in altre parole, di poter vivere una prima forma di vita propria. Fra i sensi di cui madre natura ci ha dotato in quanto esseri umani, sensi che ci costruiscono e ci strutturano, l’udito gioca un ruolo fondamentale, sia perché primario nell’ordine di produzione dei sensi stessi, sia perché è grazie a esso che si forma la vista e si definisce lo spazio. Il suono, la consapevolezza di avere una voce, stabiliscono una posizione
e determinano le relazioni che costituiranno l’ambiente di vita di ogni nuova creatura (non a caso l’orecchio, organo dell’udito, presiede anche all’equilibrio e, secondo alcuni studiosi e ricercatori negli ambiti medici delle neuroscienze e della psicologia cognitiva, anche alla struttura ossea e alla postura degli esseri umani).
La voce e la sua naturale armonica evoluzione nel canto stabiliscono dunque un rapporto fondativo con la percezione dello spazio e quindi, ai sensi della definizione di cui alla Convenzione Europea di Firenze (ottobre 2000), con il paesaggio. Di paesaggio sonoro si può dunque parlare come di una condizione fondamentale per la piena manifestazione di quello stato di benessere psico-fisico che, ai sensi della Carta di Ottawa dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità, Conferenza Internazionale per la Promozione della Salute, novembre 1986), è la vera salute, a cui tutti hanno diritto. Formati dal suono e dalla voce, in una condizione di benessere, si potrà poi ideare, studiare, progettare le forme nello spazio, l’arte e l’architettura, come emblematicamente ci ha ricordato Louis Kahn nella sua straordinaria lezione intitolata Silence and Light. Il canto dunque: quale manifestazione rappresenta maggiormente e quindi anche simbolicamente l’arte canora in Italia? Il Festival di Sanremo. Il canto poi è fatto anche di parole e le parole sono a loro volte potenti veicoli, in pari tempo di espressione e formazione, della nostra vita, della nostra percezione del mondo. Nasce così, sulla traccia di una visione condivisa in primis con Giorgio Tesi Group, visione che è all’origine del rapporto di reciproca collaborazione alla costruzione di un paesaggio che sia anche e forse soprattutto
dei sensi, delle arti, l’idea di premiare ogni anno la canzone del Festival che maggiormente distintasi per l’attenzione ai temi che a tale paesaggio si ricolleghino strettamente. Gli architetti del paesaggio sono però anche professionisti concreti, molto attenti alla trasformazione del mondo, e così il premio paesaggio In*canto, grazie ancora alla esclusiva condivisione di Giorgio Tesi Group, si è anche indirizzato alla creazione, a Villa Nobel, di un Giardino delle canzoni, formato da arbusti e alberi posti a dimora in occasione di ogni sua edizione. Si potrà un giorno passeggiare nel Giardino delle canzoni seguendo la traccia dei testi premiati, ricordandone le melodie e godendo della bellezza delle piante che li rappresentano.
Per il 2024 sul palco della serra di Oltre il Festival, Veronica Costanza Ward e Sophia Los, hanno condotto la manifestazione.
A sinistra il cantante Ghali che con la canzone Casa mia ha vinto il premio Paesaggio in* canto, desiderato e voluto dall’Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio. In basso, con Giacomo Galanda per Giorgio Tesi Group, Veronica Costanza Ward e il presidente nazionale di AIAPP Andrea Cassone.
On the next the singer Ghali who, with the song Casa Mia, won the Paesaggio in* canto award, wanted by the Italian Association of Landscape Architecture. Below, with Giacomo Galanda for Giorgio Tesi Group, Veronica Costanza Ward and the national president of the AIAPP, Andrea Cassone.
Nell’occasione, grazie a Giorgio Tesi Group – green partner dell’iniziativa - è stata piantata nel Giardino delle Canzoni di Sanremo una Camelia Sasanqua Kanjiro accompagnata da una bella targa illustrativa realizzata per l’occasione.
On the occasion, thanks to Giorgio Tesi Group – green partner of the initiative, a Camelia Sasanqua Kanjiro was planted in Sanremo’s Song Garden, accompanied by a beautiful illustrative plaque, specifically made for the occasion.
La giuria del premio, presieduta da Anna Bischi Graziani, assieme al Direttore Artistico dell’Orchestra
Sinfonica di Sanremo, Maestro Giancarlo de Lorenzo e ad altri esperti fra cui soci AIAPP ha premiato (con una speciale targa) il testo della canzone Casa mia cantata da Ghali (testi e musiche di Ghali, Davide Petrella e Michelangelo), alla presenza e con la partecipazione ancora di Anna Bischi Graziani, in veste anche di testimonial d’eccezione dell’iniziativa, accanto a Silvana Ormea, Assessore alla Cultura di Sanremo, a Enza Dedali, Vicepresidente dell’Orchestra
Sinfonica di Sanremo, a Giacomo Galanda di Giorgio Tesi Group e a numerosi altri ospiti. Hanno sostenuto la serata della manifestazione, oltre a Giorgio Tesi Group, anche Heidelberg Materials Italia, Rain bird Europe, Terrasolida, Ailis illuminazione e Il C.o.l.l.e.g.a. Nella successiva notte di note, in un clima gioioso e giocoso, in molti si sono complimentati per l’iniziativa e si sono dichiarati interessati a supportarla, istituzioni, enti, associazioni, professionisti, appassionati. Per il 2024, grazie a Giorgio Tesi Group è stata piantata, nel Giardino delle Canzoni per Casa mia una Camellia Sasanqua Kanjiro, accompagnata da un’altra elegante targa illustrativa realizzata appositamente per l’occasione.
Ghali, per motivi organizzativi (e metereologici) non è riuscito a ritirare il premio (targa) nella serata di venerdì 9 Febbraio e a partecipare alla messa a dimora in suo onore della Camellia. La prossima manifestazione legata a paesaggio in*canto 2024, prevede dunque la consegna del premio a Ghali, in una cerimonia che si vorrebbe essenzialmente legata alle idee esposte poc’anzi. Tutti siamo parte del paesaggio, lo costruiamo, lo manteniamo in essere, lo tramettiamo alle generazioni future.
Ciascuno a modo suo partecipa della costruzione di una casa comune, della dimora delle dimore (la casa di Adamo in Paradiso, parafrasando il titolo di un bel saggio di Joseph Rykwert): il Paesaggio. Si può legittimamente supporre che farlo in armonia e con armonia sia, a tutti gli effetti, il massimo. Si ringraziano Luca Boursier, componente del Consiglio di Presidenza e Responsabile della comunicazione di AIAPP, per l’intensa attività a supporto di paesaggio in*canto e la giornalista Veronica Costanza Ward. ☜
Night of notes
To Ghali the “Paesaggio in*canto” award, Sanremo 2024
— Landscapes are songs, landscapes can be found within songs. They become words and places, through the feelings and emotions they arouse. They are woods, and they are cities. Our lives take place in landscapes, and landscapes are their allies. The type of landscape, be it natural or urban, doesn’t matter: we inhabit landscapes and we create landscapes. We are landscapes.
The evening of February 9th, 2024, at Villa Nobel’s greenhouse in Sanremo, in the context of the “Oltre il Festival” event, marked the birth of a creature that had been so long desired and wanted by the Italian Association of Landscape Architecture (AIAPP): Paesaggio in*canto. The relationship with art, which is so important for landscape architecture, had been requesting a form of expression for a long time: in other words, it had requested to live a life of its own for the first time. As human beings, we have been endowed by mother nature with a few senses that make up and structure our personality: hearing plays a key role among them, both because it’s primary in the order of production of such senses, and because it’s thanks to it that shape is formed and space is defined. The sound, the awareness of having a voice, establish a position and determine the relationships that will make up the life environment of any new creature (it’s no coincidence that the ear, the organ of hearing, governs also balance and, according to a few experts and researchers in the medical contexts of neuroscience and cognitive psychology, human beings’ bone structure and posture). Therefore, voice and its natural, harmonic evolution in singing establish a fundamental relationship with the perception of space and subsequently, pursuant to the definition set out in the European Landscape Convention of Florence (October 2000), with landscape. Therefore, we can define soundscape as an essential condition for the full manifestation of the state of psychophysical wellbeing that, pursuant to the
lyrics, remembering their melodies and enjoying the beauty of the plants that represent such songs.
WHO’s Ottawa Charter (World Health Organization, International Conference on Health Promotion, November 1986), represents the actual health, to which everyone is entitled. After being shaped by sound and voice, in a state of wellbeing, we’ll be able to create, study and design shapes in space, art and architecture, as Louis Kahn symbolically reminded us in his outstanding lesson, named Silence and Light.
So, let’s talk about singing: what event represents the most, and therefore symbolically, the singing art in Italy? The Sanremo Music Festival. Singing is also made of words and words are in turn powerful vehicles, at the same time, of expression and education for our life and perception of the world. In the wake of a vision that is shared in the first place with Giorgio Tesi Group, and is at the origin of the relationship of mutual cooperation to build a landscape that belongs also, and perhaps especially, to senses and arts, we came up with the idea of awarding, every year, the Sanremo Music Festival song that distinguished itself the most for its attention towards topics that are closely related to landscape. Anyway, landscape professionals are also pragmatic professionals, who pay much attention to the transformation of the world. Therefore, the Paesaggio in*canto award, thanks to the exclusive partnership with Giorgio Tesi Group, has been directed towards the creation of a Song Garden at Villa Nobel, made up of shrubs and trees which will be planted on the occasion of every edition of the award. One day, we’ll be able to walk through the Song Garden by following the traces of the awarded
In 2024, on the stage of Villa Nobel’s greenhouse, the event was anchored by Veronica Costanza Ward and Sophia Los. The jury, chaired by Anna Bischi Graziani along with the Master Giancarlo De Lorenzo, artistic director of the Sanremo Symphony Orchestra, and other experts including members of the AIAPP, awarded (with a special plaque) the lyrics of the song Casa mia, sung by Ghali (lyrics and music by Ghali, Davide Petrella and Michelangelo), in the presence and with the participation of Anna Bischi Graziani, also as a testimonial of exception for the initiative, Silvana Ormea, councillor for culture of the Municipality of Sanremo, Enza Dedali, vice-president of the Sanremo Symphony Orchestra, Giacomo Galanda from Giorgio Tesi Group and several other guests. The event was supported by Heidelberg Materials Italia, Rain Bird Europe, Terrasolida, Ailis Illuminazione and Il C.o.l.l.e.g.a, as well as Giorgio Tesi Group. In the subsequent night of notes, in a joyful and playful climate, members of institutions, entities and associations, as well as professionals and enthusiasts, congratulated us on the initiative and declared their interest to support it. For 2024, thanks to Giorgio Tesi Group, a Camelia Sasanqua Kanjiro dedicated to Casa mia was planted in the Song Garden. It was accompanied by an elegante illustrative plaque, specifically made for the occasion. Due to logistical (and weather) reasons, Ghali was unable to collect the award (plaque) on the evening of Friday, February 9th and attend the planting of the Camellia, in his honor. Therefore, Ghali will receive the award on the occasion of the next event related to Paesaggio in*canto 2024, in a ceremony that we would like to be essentially connected to the above-mentioned ideas.
All of us are part of the landscape, we build it, we maintain it, we pass it to the future generations. Everyone, in their own way, participates in building a shared house, the house of all houses (Adam’s house in Paradise, paraphrasing the title of a beautiful essay by Joseph Rykwert): Landscape. We can legitimately suppose that doing it in harmony, and with harmony, is the best we can do in all respects.
We thank Luca Boursier, member of the Presidential Council and AIAPP’s head of communication, for the intense activity to support Paesaggio in*canto and the journalist Veronica Costanza Ward. ☜
Rigenerare
con la cultura La rinascita di Aliano
— Continua il viaggio di NATURART alla scoperta di luoghi rigenerati grazie a progetti culturali. Considerato in passato il “paese della vergogna”, il borgo della Basilicata è diventato meta di un importante turismo letterario: venticinque anni di attività del Parco Letterario Carlo Levi
AAlla fine degli anni
’80 del secolo scorso inizia e germogliare un’idea: quella di dare valore alla presenza di Carlo Levi e a Cristo si è fermato a Eboli per realizzare un progetto di recupero della parte antica del paese e di valorizzazione del borgo e del territorio circostante. Nella pagina a destra il suggestivo Teatro dei Calanchi.
An idea started to sprout in the late 1980s, i.e., giving value to the presence of Carlo Levi and Christ Stopped at Eboli to complete a recovery project for the old part of the village and enhance Aliano and the surrounding territory. On the page on the right, the suggestive Badlands Theatre.
liano è un piccolo paese della Basilicata, in provincia di Matera, arrampicato su un colle argilloso alto circa 550 metri e circondato da un paesaggio straordinario: il paesaggio dei calanchi, in mezzo al quale sembra di essere atterrati sulla luna. È stato considerato “il paese della vergogna” ed è oggi un caso esemplare di come, attraverso la cultura e la letteratura, un borgo in stato di abbandono possa rinascere. Durante il periodo fascista, proprio per la sua posizione isolata, è stato scelto dal regime come luogo di confino per gli avversari politici: tra questi, uno scrittore e pittore di notevole importanza nel ‘900 italiano, Carlo Levi. Levi arriva ad Aliano il 18 settembre 1935: ci rimarrà alcuni mesi, fino a quando il regime, in piena euforia per la conquista dell’Etiopia, gli concede la grazia. Sono pochi mesi che segnano la sua vita e che determineranno la vita futura del piccolo paese della Val d’Agri, abitato oggi da circa 900 persone.
Lasciato Aliano, infatti, e dopo aver trascorso un periodo in Francia, Levi si trasferisce a Firenze. Vive nascosto, per non essere arrestato, e scrive (tra la
fine del 1943 e il luglio del 1944) Cristo si è fermato a Eboli, il libro che racconta la storia del suo confino. Leonardo Sciascia spiegava che uno scrittore, quando racconta un luogo sconosciuto, ha il potere di dare a questo luogo “un certificato di esistenza in vita”: Levi ha dato ad Aliano questo certificato, ha permesso ad un paese sconosciuto e dimenticato di avere uno spazio (e un’importanza) nella geografia culturale, italiana e non solo. Partendo proprio da questa riflessione, alla fine degli anni ’80 del secolo scorso inizia e germogliare un’idea: quella di dare valore alla presenza di Carlo Levi e a Cristo si è fermato a Eboli per realizzare un progetto di recupero della parte antica del paese e di valorizzazione del borgo e del territorio circostante. Con questa finalità nasce il Parco Letterario Carlo Levi, che opera a partire dal 1998 e che avvia – grazie anche a importanti finanziamenti europei – un processo di rigenerazione che, osservato a distanza di venticinque anni, ha qualcosa di straordinario. Le case e gli edifici in rovina della parte più antica del paese vengono via via acquisiti dal Comune, restaurati e aperti al pubblico. Oggi chi giunge ad Aliano può visitare la
casa-museo in cui è vissuto Carlo Levi, la pinacoteca con le opere di Levi, un museo dedicato alla civiltà contadina, una seconda pinacoteca che mette in mostra le opere di Paul Russotto (artista nato a New York nel 1944, maestro dell’astrattismo, ma con le radici ad Aliano, paese natale della madre). In uno degli spazi destinati a mostre temporanee, è possibile vedere in questo periodo un’esposizione di fotografie realizzate da Augusto Viggiano e dedicate al giorno in cui la salma di Carlo Levi viene portata ad Aliano, dopo la morte che lo ha raggiunto a Roma il 4 gennaio 1975, per essere accompagnata – in mezzo ad una folla di persone –nel camposanto che si trova nella parte più alta del paese e che, per il confinato Levi, rappresentava il limite invalicabile della sua cella all’aria aperta.
Cristo si è fermato a Eboli descrive il paese e resta la guida ideale per scoprire e visitare questo luogo: il paese che si trova su una sella irregolare e che è circondato da burroni pittoreschi, i “precipizi di argilla bianca” che lo circondano, la piazza che è semplicemente uno slargo della strada e che si affaccia sulla Fossa del Bersagliere, le case “con gli occhi”, che veramente
sembrano guardare chi passa. Carlo Levi, con il suo passaggio da Aliano e con questo libro (tradotto in moltissime lingue, compreso l’alianellese, il dialetto di una frazione del paese), ha lasciato in eredità un patrimonio che il Comune di Aliano e il Parco Letterario hanno saputo cogliere. Il recupero degli edifici per ospitare attività culturali ha infatti rimesso in movimento l’economia del borgo, che oggi ha circa 200 posti letto a disposizione dei visitatori, due ristoranti, una pizzeria, oltre ad un auditorium per convegni, ad un anfiteatro all’aperto e ad altri spazi che si rendono necessari per accogliere i turisti in arrivo, distribuiti nel corso dell’anno ma con punte massime di concentrazione nei mesi estivi e in occasione di alcuni eventi, come il carnevale e la manifestazione “La luna e i Calanchi”, diretta dal paesologo Franco Arminio e capace di attrarre alcune migliaia di persone. Aliano, poi, ha un ulteriore patrimonio. È il patrimonio umano rappresentato dai suoi abitanti, capaci di un senso dell’ospitalità che andrebbe portato a modello. Il nostro arrivo è stato indimenticabile. Accompagnato dal presidente dei Parchi Letterari,
Stanislao de Marsanich, salutato da una telefonata di benvenuto del Sindaco Luigi De Lorenzo, guidato con passione per due giorni dal presidente del Parco Letterario Carlo Levi Antonio Colaiacovo (che era Sindaco negli anni della rinascita di Aliano, periodo durante il quale Luigi De Lorenzo era presidente del Parco Letterario). Maria, al bar del paese, si intrattiene sorridente a raccontare come è nato quel locale, punto di arrivo di un sogno a lungo coltivato, realizzato anche grazie all’architetto Lodovico Alessandri, che ha avuto un ruolo determinante in molti progetti di recupero del paese e che, da Roma, per anni ha fatto la spola, attratto dal paese della Basilicata. Mettersi a tavola alla “Locanda con gli occhi”, dove Rosaria esercita la sua arte ai fornelli e il marito Vincenzo serve in sala e intrattiene i clienti, è come fare un viaggio nei sapori (e nella storia) di un territorio. Un viaggio altrettanto suggestivo può essere fatto andando a mangiare da Sisina, cuoca “mitica”, che ha girato tutti i più importanti programmi televisivi dedicati al cibo e che accoglie gli avventori con un sorriso materno, preoccupandosi
che tutto sia in ordine e che niente manchi. E poi ancora (ma come fare a rammentare tutti?): Giuseppe (Pinuccio) che ci dà le prime informazioni sui peperoni cruschi, uno dei piatti tipici; le guide del Parco (Donata e Mimma che accolgono i visitatori, Teresa che li accompagna per le strade del paese) che hanno visto nascere e crescere il progetto nel quale hanno sempre creduto; Rosetta, che viene ad aprire uno degli edifici ristrutturati e racconta i vari tipi di pasta fatta in casa che è solita preparare. Difficile scegliere un luogo particolarmente suggestivo per concludere questo rapido itinerario. Ma certo uno spazio che ha un sovrappiù di magia è la terrazza che copre la casa dove ha vissuto Carlo Levi. Nessuno potrebbe descriverla meglio di lui: “… stavo sdraiato sulla mia terrazza, e guardavo l’ombra delle nuvole muoversi sulle creste lontane, come una nave sul mare…Uscivo spesso nelle belle giornate, a dipingere: ma lavoravo soprattutto in casa, nello studio o sulla terrazza… Sulla mia terrazza il cielo era immenso, pieno di nubi mutevoli: mi pareva di essere sul tetto del mondo, o sulla tolda di una nave, ancorata su un mare pietrificato”. ☜
I Parchi Letterari
I Parchi Letterari (www.parchiletterari.com) sono nati in Italia alla metà degli anni ’90 del secolo scorso, grazie ad un’intuizione di Stanislao Nievo, pronipote dello scrittore risorgimentale Ippolito Nievo. Dal 2010 hanno iniziato una seconda vita, sotto la presidenza di Stanislao de Marsanich. Oggi sono 38 e la loro rilevanza, soprattutto per i territori marginali e i piccoli centri abitati, è riconosciuta in maniera sempre più diffusa. Il progetto (che mira a valorizzare i territori partendo dalla letteratura) sta allargando i propri confini, riguardando in maniera prevalente l’Italia (dove esistono 31 Parchi) ma diffondendosi anche fuori dai suoi confini: sono nati infatti negli ultimi anni 8 Parchi in Europa e in altre parti del mondo. In Toscana sono attivi due Parchi: il Parco Emma Perodi e le Foreste Casentinesi e il Parco Letterario Policarpo Petrocchi di Castello di Cireglio, nato tre anni fa nel piccolo borgo della montagna pistoiese in onore del lessicografo e scrittore vissuto tra il 1852 e il 1902 e autore tra l’altro del Nòvo dizionario della lingua italiana (18871891) e del romanzo autobiografico Il mio paese, scritto attorno al 1881 e pubblicato postumo.
Literary parks (www.parchiletterari.com) were born in Italy around the second half of the 1990s, thanks to an intuition of Stanislao Nievo, grandniece of the writer of the Risorgimento Ippolito Nievo. Since 2010, they started a second life, under the presidency of Stanislao de Marsanich. There are currently 38 literary parks and their importance, particularly for marginal territories and small villages, is increasingly recognized. The project (aimed at enhancing territories by starting from literature) is broadening its horizons; it mainly involves Italy (where there are 31 literary parks), but 8 parks were actually born in Europe and other parts of the world in the last few years.
Two parks are active in Tuscany: Emma Perodi and Foreste Casentinesi Park and the Policarpo Petrocchi Literary Park in Castello di Cireglio. The latter was born three years ago in the small village in the Pistoiese mountains, in honor of the lexicographer and writer who lived between 1852 and 1902 and is the author, among other things, of the Nòvo dizionario della lingua italiana (1887-1891) and the autobiographical novel Il mio paese, written around 1881 and published posthumously.
Regenerate with culture
The rebirth of Aliano
— NATURART continues its journey to the discovery of places that were regenerated thanks to cultural projects.
This village in Basilicata, which in the past was regarded as the “village of shame”, has become the destination of an important literary tourism: twenty-five years of activity of the Carlo Levi Literary Park
Aliano is a small village in Basilicata, in the province of Matera, perched on a clayey hill which is nearly 550 meter high, surrounded by an extraordinary landscape: the landscape of Badlands, in the middle of which it feels like having landed on the moon. It was regarded as the “village of shame”, and today it’s an example of how, today, an abandoned village can be revived through culture and literature. During the Fascist period, due to its isolated position, it was chosen by the regime as a place of internal exile for political opponents: among them, a writer and painter of considerable importance in the Italian XX century, Carlo Levi. Levi arrived in Aliano on September 18th, 1935: he remained there for a few months, until the regime, in full euphoria for the conquering of Ethiopia, granted him pardon. Those were few months which marked his life and would determine the future life of the small village in the Agri valley, which today is inhabited by nearly 900 people. In fact, after leaving Aliano and spending some time in France, Levi moved to Florence. He lived in hiding, to avoid being arrested, and wrote (between late 1943 and July 1944) Christ Stopped at Eboli, the book that narrates the story of his internal exile. Leonardo Sciascia explained that, when writers talk about an unknown place, they have the power of giving “a certification of existence in life” to such place: Levi gave such certification to Aliano, and allowed an unknown and forgotten village to have a space (and an importance) within the
Italian (and not only Italian) cultural geography.
Starting from this reflection, an idea started to sprout in the late 1980s, i.e., giving value to the presence of Carlo Levi and Christ Stopped at Eboli to complete a recovery project for the old part of the village and enhance Aliano and the surrounding territory. The Carlo Levi Literary Park was born with this purpose; it has been operating since 1998 and –thanks to major European funds – it started a regeneration process which, observed after twenty-five years, can be regarded as something extraordinary. The houses and buildings in ruins of the oldest part of the town were gradually purchased by the Municipality, renovated and opened to the public. Today, those who arrive to Aliano can visit the house museum where Carlo Levi lived, the art gallery with works by Levi, a museum dedicated to the rural civilization, a second art gallery which displays the works by Paul Russotto (an artist who was born in 1944 in New York, a master of abstractionism with his roots in Aliano, his mother’s hometown).
In one of the spaces dedicated to temporary exhibitions, we can currently admire an exhibition of photographs by Augusto Viggiano, dedicated to the day when Carlo Levi’s body was brought to Aviano, following his death in Rome on January 4th, 1975, to be accompanied – in a crowd of people – to the graveyard, located in the upper part of the village. For the exiled Levi, it represented the impassable limit of his outdoor cell.
Christ Stopped at Eboli describes the village and remains the ideal guide to discover and visit this place: the village is located on an irregular pass, and is surrounded by picturesque ravines, the white clay cliffs around it, the square that is simply a widening of the road and overlooks the Fossa del Bersagliere, the houses “with eyes” that truly seem to look
at passers-by. Carlo Levi, with his passage in Aliano and this book (translated into several languages, including Alianellese, the dialect of a district of the village), left a heritage that the Municipality of Aliano and the Literary Park were able to use. In fact, the recovery of buildings to host cultural activities has got the economy of the village moving again: today, the village has 200 beds available for visitors, two restaurants, two pizzerias, as well as an auditorium for conferences, an outdoor amphitheatre and other spaces which are necessary to welcome incoming tourists. These are distributed throughout the year, but are mostly concentrated during the summer and on the occasion of a few events, such as the Carnival and the event “La luna e i Calanchi”, directed by the village storyteller Franco Arminio and capable of attracting a few thousand people.
Aliano has a further heritage, i.e., the human heritage represented by its inhabitants, who are capable of a sense of hospitality which should be regarded as a model. Our arrival was unforgettable. We were accompanied by the president of the Literary Park, Stanislao de Marsanich, we were greeted with a welcome call by the mayor Luigi De Lorenzo, we were passionately guided for two days by the president of the Carlo Levi Literary Park, Antonio Colaiacovo (who was the mayor during the years of Aliano’s rebirth, when Luigi De Lorenzo was president of the Literary Park). Maria, at the bar in the village, smiled as she explained to us how the venue was born: it was the arrival point of a dream that had been cultivated for a long time, and that has come true also thanks to the architect Lodovico Alessandri. He played a key role in several recovery projects in the
village and, for several years, went back and forth from Rome, attracted by this village in Basilicata. Sitting at a table at the Locanda con gli occhi, where Rosaria practices her art in the kitchen and her husband Vincenzo serves and entertains customers, is like a journey into the tastes (and history) of a territory. Eating at La Contadina Sisina is another, equally suggestive journey: Sisina is a “mythical” chef who was guest of all the most important food TV shows and welcomes her customers with a maternal smile, making sure that everything is in order and nothing is missing. And then again (it’s hard to mention everyone): Giuseppe (Pinuccio), who gave us the first information on crispy peppers, one of the typical dishes; the Park guides (Donata and Mimma, who welcome visitors, and Teresa, who accompanies them along the streets of the village), who saw the birth and growth of a project in which they’ve always believed; Rosetta, who came to open one of the renovated buildings and described to us the different types of home-made pasta that she usually prepares.
It’s hard to choose a particularly suggestive place to end this short itinerary, but a somewhat more magical space is definitely the terrace that covers the house where Carlo Levi lived. Nobody could describe it better than him: “…I was lying on my terrace, watching the shadow of the clouds moving on the distant ridges, like a ship on the sea… I would usually stay out on sunny days, to paint: but I mainly worked at home, in the studio or on the terrace… On my terrace the sky was immense, full of changing clouds: it seemed to me that I was on the roof of the world, or on the deck of a ship, anchored on a petrified sea.” ☜
Oggi chi arriva ad Aliano può visitare la casamuseo in cui è vissuto Carlo Levi, la pinacoteca con le opere dello stesso artista, un museo dedicato alla civiltà contadina, una seconda pinacoteca che mette in mostra le opere di Paul Russotto - nato a New York nel 1944, maestro dell’astrattismo, ma con le radici ad Aliano – e una terra meravigliosa e tutta da scoprire.
Today, those who arrive to Aliano can visit the house museum where Carlo Levi lived, the art gallery with works by the same artist, a museum dedicated to the rural civilization, a second art gallery which displays the works by Paul Russotto (an artist who was born in 1944 in New York, a master of abstractionism with his roots in Aliano) and a wonderful land, waiting to be discovered.
Pistoia nel Mondo
Pistoia palcoscenico del grande cinema
— La Toscana scelta per girare“Margherita delle Stelle”, il film tv di grande successo che racconta la vita dell’astrofisica Margherita Huck, interpretata magistralmente da Cristiana Capotondi.
In apertura Cristiana Capotondi, nel ruolo dell’astrofisica
Margherita Huck, in bicicletta in Piazza del Duomo a Pistoia. Accanto, il regista Giulio Base al lavoro sotto il loggiato del Palazzo Comunale.
On the opening page
Cristiana Capotondi, who plays the astrophysicist
Margherita Hack, on a bicycle in Piazza del Duomo, in Pistoia. Next, the director Giulio Base working under the portico of the Municipal Building.
La città di Pistoia, capitale del verde e conosciuta in tutto il mondo per il vivaismo di piante ornamentali, ha avuto recentemente un’importante vetrina televisiva grazie al fatto che il suo splendido centro storico e il Parco Puccini sono stati scelti dalla produzione per girare una parte del film tv “Margherita delle Stelle” andato in onda in prima tv lo scorso 5 marzo su RAI UNO e dedicato al racconto della vita di Margherita Huck, la famosa astrofisica italiana scomparsa nel 2013 a 91 anni. Protagonista del film diretto da Giulio Base e prodotto da RaiFiction e Minerva Pictures, l’attrice romana Cristiana Capotondi, che interpreta la scienziata dagli anni del liceo, vissuti sotto il fascismo, fino alla vecchiaia evidenziandone, nello scorrere la storia della sua vita, l’intelligenza, la curiosità intellettuale, l’ambizione, le battaglie contro il maschilismo e i successi resi possibili grazie all’educazione ricevuta dai genitori e al sostegno incondizionato del marito Aldo. Gli altri interpreti sono Cesare Bocci che impersona il padre e Sandra Ceccarelli la madre;
il marito Aldo è interpretato da Flavio Parenti. Le riprese del film sono state realizzate in buona parte anche a Firenze, presso la Galleria degli Uffizi, in Piazza Santa Croce, Lungarno Archibusieri, Via delle Porte Sante e alla chiesa di San Salvatore al Monte e a Prato, all’interno dello storico Convitto Cicognini.
Il Film
“Margherita delle Stelle”, titolo veramente indovinato, è stato liberamente ispirato all’autobiografia “Nove vite come i gatti” scritto proprio dalla Hack insieme a Federico Taddia che insieme a Monica Zapelli è anche lo sceneggiatore. Il film tv, che ripercorre, facendo conoscere lati poco conosciuti della sua persona, la vita della scienziata fiorentina che da bambina, autonoma e curiosa, grazie agli insegnamenti e all’educazione ricevuti da una famiglia eccezionale, diventa prima una meravigliosa ragazza anticonformista e molto libera e poi dopo un periodo difficile all’Osservatorio di Merate, la prima donna a dirigere l’Osservatorio Astronomico di Trieste.
Un film che racconta di una Margherita che esce dal tracciato, soprattutto grazie ai suoi genitori e al marito Aldo, uomo raro e anticonvenzionale, che si mette al servizio della donna che ama, anche nelle difficoltà.
Una bella storia raccontata
anche grazie alla nostra città, protagonista anche nella locandina del film, realizzata proprio con una foto di Cristiana che in bicicletta attraversa la Piazza del Duomo di Pistoia con sullo sfondo il Palazzo Comunale.
La protagonista
Cristiana Capotondi, quarantatreenne attrice romana, è madre di una bimba di 16mesi. Attrice molto nota e imprenditrice culturale grazie alla neonata piattaforma Changemaker, un network di donne che hanno cambiato le regole nei loro ambiti, creando impatto sociale con il quale fare network e riflettere su strategie concrete per superare divario di genere, gap salariale e dare vita a nuove opportunità. Cristiana è molto impegnata anche nello sport dove svolge il doppio ruolo di vicepresidente della Lega Pro di Calcio e capo delegazione della Nazionale Italiana di calcio femminile.
Una donna, una mamma, un’imprenditrice, una dirigente sportiva e un’attrice che considera il suo più grande successo la coerenza tra il lavoro e la sua vita. Nel corso della sua meravigliosa carriera ha sempre scelto, a costo di rinunciare a offerte intriganti, dei ruoli che gli somigliassero. C’è chi recita per perdersi in un’altra esistenza, lei invece lavora con l’obiettivo di trovare se stessa per capirsi meglio e magari migliorarsi grazie ai suoi personaggi. ☜
Pistoia in the World
Pistoia, the stage of great cinema
— Pistoia becomes the protagonist of great cinema, thanks to being chosen for shooting a part of “Margherita delle stelle”, the successful TV movie which narrates the life of astrophysics Margherita Hack, masterfully interpreted by Cristiana Capotondi.
The city of Pistoia, the capital of green which is known throughout the world for ornamental plants nursery, had recently an important TV showcase due to the fact that its beautiful old town and Puccini Park were chosen by the production to shoot a part of the TV movie “Margherita delle stelle”, broadcasted for the first time on TV by Rai Uno on March 5th and dedicated to the narration of the life of Margherita Hack, the famous Italian astrophysics who passed away at 91 in 2013. The Roman actress Cristiana Capotondi is the protagonist of the movie directed by Giulio Base and produced by RaiFiction and Minerva Pictures: she interprets the scientist from her high school years,
lived under the fascism, until her old age and, by going through the history of her life, highlights her intelligence, intellectual curiosity, ambition, battles against chauvinism and successes, which were made possible thanks to the education received by her parents and the unconditional support of her husband Aldo. The other actors and actresses are Cesare Bocci, who interprets Margherita’s father, and Sandra Ceccarelli, who interprets Margherita’s mother; her husband Aldo is interpreted by Flavio Parenti. The film was shot largely also in Florence, at the Uffizi Gallery, in Piazza Santa Croce, Lungarno Archibusieri, Via delle Porte Sante, at the Church of San Salvatore al Monte and in Prato, within the historic Cicognini National Boarding School.
The movie
The title “Margherita delle stelle” is very apt; the movie is loosely based on the autobiography “Nove vite come i gatti”, written by Hack herself with Federico Taddia, who’s the screenwriter along with Monica Zapelli. The TV movie retraces the life of the scientist from Florence and makes known to us a few little-known aspects of her personality: thanks to the teachings and education received from an outstanding family, she turns from an independent and curios child into a wonderful, unconventional, and very free girl. After a difficult period at the Observatory in Merate, she becomes the first woman to guide the Astronomical Observatory of Trieste. A film which narrates a Margherita that is capable of thinking outside the boxes, mostly thanks to her parents and her
Cristiana Capotondi in una scena del film con Flavio Parenti, che interpreta il ruolo del marito Aldo, uomo raro e molto anticonvenzionale, sempre vicino a Margherita anche nei momenti di grande difficoltà.
Cristiana Capotondi in a movie scene with Flavio Parenti, who plays the role of the husband Aldo, a rare and unconventional man who remained close to Margherita also in troubled times.
husband Aldo, a rare and unconventional man who puts himself to the service of the woman he loves, also in troubled times.
A beautiful story, narrated also thanks to our city, which is the protagonist also in the movie poster, made with a picture of Cristina who crosses Piazza del Duomo in Pistoia, with the Municipal Building in the background.
The protagonist
Cristiana Capotondi, a 43-year-old Roman actress, is mother of a twomonths-old child. She’s a renowned actress and cultural entrepreneur, thanks to the newly born platform Changemaker, a network of women who changed the rules in their own fields of activity, by creating a social impact based on which they can network and reflect on concrete strategies to overcome the gender and salary gap issue and give rise to new opportunities.
Cristiana is also very busy within the sports industry, where she serves both as vice-president of the Italian Football Lega Pro and head of delegation of the Italy women’s national football team.
A woman, a mother, an entrepreneur, a sports manager and an actress, who regards the consistency between work and life as her biggest success. During her career, she’s always picked roles that resemble her personality, at the risk of refusing intriguing offers. There are those who act to get lost in another existence; instead, she works with the aim of finding herself, to better understand herself and, maybe, to improve thanks to her characters. ☜
“un Prato di libri”
Le storie come seme per il domani
I libri sono semi da cui nascono idee e germoglia la speranza per il futuro. È da questa convinzione, insieme a quella che le storie abbiano il potere di fare del bene, soprattutto a chi è in un momento di difficoltà, che ha avuto origine il festival della lettura per bambini e ragazzi under 18 “Un Prato di libri”.
Organizzato dall’associazione Il
Geranio aps, è giunto alla 12ª edizione e ogni anno a inizio primavera (ma non solo) porta a Prato e provincia un fiorire di letture animate, incontri con gli autori, laboratori, spettacoli, mostre ed eventi – 75 quelli in cartellone per questa edizione, dal tema “Se ti dicessi aquiloni…” – tutti accomunati dall’amore per l’arte di raccontare storie.
Ed è da una storia, a lieto fine, che anche “un Prato di libri” è nato. «Quasi 20 anni fa mi sono trovata a frequentare il reparto di neuropsichiatria infantile dell’ospedale di Prato – racconta Giulia Benelli, presidente de Il
Geranio e ideatrice del festival –. Lì nel 2007 ho partecipato a un incontro con Roberto Denti, scrittore, libraio e fondatore a Milano della prima libreria per ragazzi in Italia. Fu quello l’evento che fece scoccare la scintilla, perché vidi coi miei occhi il benessere che una storia raccontata ad alta voce dava ai bambini che avevano problemi di salute. E non solo a loro ma a chiunque l’ascoltasse». Passa qualche anno e il seme gettato da quell’incontro germoglia nel 2012 nella prima edizione di “un Prato di libri”, che continua a vivere oggi grazie a un gruppo di volontari e al sostegno di Fondazione Cassa di Risparmio di Prato, Regione Toscana, Provincia
di Prato, dei sette Comuni del pratese e altri partner. «L’idea di base era il principio che le cose buone fanno bene a tutti, e che l’arte di raccontare storie è una delle cose più buone e che fanno più bene – spiega Benelli –. Da qui il sogno di costruire delle occasioni in cui dei “raccontatori” di professione, scrittori e illustratori di libri per bambini ma anche musicisti, venissero a portare le loro storie negli spazi della città: una festa che servisse ad avvicinare i nostri ragazzi al mondo straordinario dei libri, un mondo che vince ogni noia e non conosce barriere». E negli anni il festival ha ospitato numerosi
“raccontatori” d’eccezione, che hanno attirato anche un pubblico adulto: da Margherita Hack a Umberto Galimberti, da Daniel Pennac a Elio e le Storie Tese, da Pietro Grasso a Stefano Bollani. Il legame del festival con le scuole si è creato subito. “Un Prato di libri” ogni anno, oltre che negli spazi pubblici come teatri, musei e sale civiche, entra negli istituti di ogni ordine e grado per far incontrare agli alunni gli autori “in carne e ossa”. Sono più di 400 gli incontri di quest’anno, che portano oltre 14mila studenti – dagli asili nido alle superiori – a conoscere 30 tra scrittori e illustratori e ascoltare
le loro storie. Un’esperienza che, seguendo il filo rosso della fantasia, aiuta i ragazzi a superare gli ostacoli che possono innalzarsi tra loro: come quelli legati alle diverse abilità, alle condizioni socio-economiche, alla lingua e alla cultura di provenienza. Che in una realtà come quella pratese, pioniera della multiculturalità del futuro, è un processo ancor più necessario. Anche il nome “un Prato di libri” ha in sé un richiamo alla convivenza: «Nel prato coesistono elementi diversi – sottolinea Benelli – tanti tipi di fiori, varietà d’erba, specie d’insetti, che proprio stando insieme riescono a creare armonia.
È la sua pluralità che ne fa un elemento in continuo divenire e rinascita». E a chi sostiene che i ragazzi oggi non abbiano più interesse per le storie, Benelli risponde: «Non sono d’accordo. Certo la lettura è anche questione di allenamento e i ragazzi vanno incoraggiati, toccando i temi che stanno loro più a cuore. È uno degli obiettivi di “un Prato di libri”, che punta a combattere la povertà educativa diffusa. Ma i ragazzi hanno una grande potenzialità e fanno domande di una profondità incredibile. Noi adulti dobbiamo ascoltarli». ☜
Alcune immagini di precedenti edizioni di UN PRATO DI LIBRI, festival della lettura per bambini e ragazzi under 18 che ha visto nel tempo la partecipazione di personaggi come Margherita Hack, Daniel Pennac, Elio e le storie tese, Umberto Galimberti, Stefano Bollani e altri.
A few images from the previous editions of A MEADOW OF BOOKS, a reading festival for children and kids under the age of 18 which, in the course of time, saw the participation of characters such as Margherita Hack, Daniel Pennac, Elio e le Storie Tese, Umberto Galimberti, Stefano Bollani and many more.
“A meadow of books”
Stories as a seed for the future
Books are seeds which generate ideas, where hope for the future grows. The reading festival for under 18-children and teenagers, “A meadow of books”, was born from this belief, as well as the belief that stories have the power to do some good, particularly for those who are going through a difficult time.
The festival, organized by the association Il Geranio Aps, has reached its 12th edition and, every year, in early spring (and beyond), it brings to Prato and its province a flourishing of acted readings, encounters with the authors, laboratories, shows, exhibitions and events – 75 events are scheduled for this edition, with the following topic:
“Se ti dicessi aquiloni…” (“What if I told you the word “kite”?”). All of them are brought together by the love for the art of narrating stories.
“A meadow of books” was actually born from a story with a happy ending.
«Almost 20 years ago, I found myself frequenting Prato Hospital’s Child Neuropsychiatry unit – explains Giulia Benelli, president of Il Geranio and inventor of the festival -. That’s where,
in 2007, I attended an encounter with Roberto Denti, a writer, bookseller and founder of the first children’s bookstore in Italy, in Milan. That was the event which struck the spark because I saw with my own eyes the feeling of wellbeing that a story narrated in a loud voice would give to children with health issues. And not only to them, but also to whoever would listen to it».
A few years later, the seed thrown after that encounter sprouted in 2012, with the first edition of “A meadow of books”, which continues to live still today thanks to a group of volunteers and the support of Cassa di Risparmio Foundation of Prato, Tuscany Region, Province of Prato, the seven municipalities of the Province of Prato and other partners. «We started from the principle that good things can
help anyone, and the art of narrating stories is one of the things which help the most – explains Benelli -. From here was born the dream of creating a few events through which professional “storytellers”, writers and illustrators of children’s books, but also musicians, could bring their stories to the spaces of the city: a celebration to bring our children closer to the amazing world of books, which is capable of winning boredom and doesn’t know any borders». Over the years, the festival has hosted some exceptional “storytellers”, who have also attracted an adult audience: from Margherita Hack to Umberto Galimberti, from Daniel Pennac to Elio e le Storie Tese, from Pietro Grasso to Stefano Bollani. The festival immediately established a bond with schools. Every year, “A meadow of books” comes to schools of all levels, as well as to public spaces such as theatres, museums, and civic halls, so that students can meet the authors in person. Over 400 encounters will take place this year, during which over 14.000 students – from nurseries to secondary schools – will discover 30 writers and illustrators and will listen to their stories. An experience
which, by following the common thread of phantasy, helps children to overcome the obstacles that may stand in their way, such as those related to the different skills, socio-economic conditions, languages, and culture of origin. In a reality such as that of Prato, which is the pioneer of the
bimbe bimbe
A sinistra una pezza realizzata unendone cento, accanto un pic nic
nel Parco del Castello dell’Imperatore e sotto
una foto dell’incontro con Pietro Grasso al Teatro Politeama di Prato.
On the left, a patch made by joining 100 patches together, a picnic in the Park of the Emperor’s Castle and, below, a photograph of the encounter with Pietro Grasso at the Politeama Theatre in Prato.
multiculturalism of the future, this process becomes even more necessary. Also the name, “A meadow of books”, is a reference to living together: «Several different elements coexist in a meadow – explains Benelli -. Several types of flowers, varieties of grass, species of insects, which create harmony by living together. Due to their plurality, meadows are an element which is constantly evolving and reviving». And that’s how Benelli replies to those who think that, today, children are no longer interested in stories: «I disagree. Obviously, reading is also a matter of practice, therefore children should be encouraged by dealing with the topics that are dear to them. This is one of the goals of “A meadow of books”, which aims at fighting the spread of educational poverty. However, children have a great potential, and their questions are incredibly deep. We, the adults, must listen to them». ☜
Dal 1990 a Pistoia
Noi. Ricerca fotografica dell’essenza dell’uomo
— “È sufficiente lo spazio di una qualsiasi piazza per radunare tutta la società umana.”
Il potere di un luogo pubblico, come suggerisce Mario Carnicelli nella citazione, diventa il filo conduttore del libro fotografico Noi.
Attraverso una selezione di 80 fotografie che spaziano dai comizi pistoiesi ai funerali di Togliatti, dagli incontri casuali nelle città americane alle strade di Hong kong, emerge un “noi” che illustra l’approccio fotografico ma anche umano di Mario Carnicelli, che contribuisce a rendere il mosaico di tante vite individuali un sentire comune di appartenenza, un insieme autentico e inclusivo. La passione di Carnicelli per la fotografia ha inizio da bambino nello studio fotografico di famiglia. Presto capisce che gli interessa di più la fotografia fuori, in mezzo alle città, alla gente. Documenta le piazze, eventi pubblici e politici e funge anche da inviato speciale per la stampa.
Sviluppa uno stile umanista unico, applicandolo sia ad eventi che a scene di vita di regolare quotidianità. Con uno sguardo curioso e democratico, propenso all’incontro, al rispecchiarsi nell’altro, osserva l’individuo nel suo principio sociale, integrandolo nella trama della storia, della comunità e delle storie personali. Indipendentemente da barriere geografiche o linguistiche, cerca aldilà degli avvenimenti storici di rivelare un’essenza umana. Ad un semaforo a Harlem oppure ai funerali a Roma, alla fermata dell’autobus a Hong Kong oppure sul trattore di un primo maggio a Pistoia riesce di trovarsi e farci ritrovare nell’altro, da tante storie individuali farne diventare una collettiva - con una profonda emotività, mai retorica.
In apertura una foto scattata durante un comizio in Piazza del Duomo a Pistoia nei primi anni’60. In questa pagina due immagini scattate dal celebro fotografo pistoiese durante i funerali di Palmiro Togliatti.
On the opening page, a photograph taken during a political rally held in Piazza del Duomo, in Pistoia, in the early 1960s. On this page, two images taken by the famous Pistoiese photographer during Palmiro Togliatti’s funerals.
I primi riconoscimenti arrivano nel 1966, quando vince una borsa di studio che gli permette di viaggiare negli Stai Uniti. Seguono numerosi servizi fotografici e mostre prima che si ritiri all’inizio degli all’inizio degli anni settanta dall’attività di foto reporter per dedicarsi con grande successo ai suoi negozi di fotografia con laboratorio di stampa a Pistoia e in piazza del Duomo a Firenze. Dopo la chiusura della sede fiorentina nel 2009 comincia un lavoro di archiviazione e curatela che porterà a un pubblico ampio i suoi corpi di lavoro dei funerali di Togliatti e dell’America attraverso mostre e la pubblicazione di due libri, “C’era Togliatti” nel 2014 con Danilo Montanari e “American Voyage” con Reel Art Press nel 2018. Dopo la mostra a Palazzo Fabroni seguono esposizioni a Londra e pubblicazioni sulla stampa internazionale, da Le Monde al Guardian, dal Washington Post allo Spiegel viene apprezzato il lavoro ritrovato che era per troppi anni stato nascosto. Il più importante riconoscimento del suo lavoro arriva nell’autunno del 2022, quando viene proclamato vincitore della prima edizione del Premio Viviane Esders a Parigi. Il premio, creato da Viviane Esders, esperta di fotografia e collezionista, che da oltre 40 anni opera nel mercato dell’arte come gallerista, ha l’obiettivo di mettere in luce i fotografi europei over 60, ancora attivi e meritevoli di valorizzazione. La giuriacomposta dall’attrice Charlotte Rampling, Fannie Escoulen, direttrice del dipartimento di fotografia del Ministero di Cultura francese, Tatyana Franck, direttrice dell’Elyseé Photo, i collezionisti Astrid Ullens e Antoine de Galbert e la giornalista
Laure Adler - ha conferito il primo premio per la carriera a Mario Carnicelli, selezionato tra più di 280 candidature da tutta l’Europa. Il premio, dotato con 60.000€, si lega anche ad una pubblicazione internazionale.
“Con Mario Carnicelli, la parola documentario assume un’altra dimensione, mentre si cimenta in una vera analisi sociale, sia in bianco e nero che a colori, nella sua natia Italia o negli Stati Uniti. Cerca di rivelare l’essenza dell’uomo piuttosto che fatti o gesti»
Il libro, uscito in autunno del 2023 in versione francese / inglese con Contrejour Editions e nella versione italiana con Silvana Editoriale, curata da Bärbel Reinhard e Marco Signorini e contiene un testo di Roberta Valtorta.
La qualità delle immagini scattate tra il 1962 e il 1977, gran parte in medio formato, emerge dai tempismi e dalle composizioni perfette, catturate con naturalezza, senza posa, in bianco e nero e come anticipatore dell’uso del colore.
Accanto una delle immagini pubblicate sul volume “Noi”, scattata nel 1962 durante un comizio in Piazza del Duomo a Pistoia. In basso un’altra immagine scattata durante i funerali di Togliatti.
Next, one of the images published in the volume “Noi”, taken in 1962 during a political rally held in Piazza del Duomo, in Pistoia. Below, another image taken during Togliatti’s funerals.
Le fotografie della Psicologia della Folla (1962-1972) non sono mai pura cronaca, nemmeno oggetto di ricerca estetica per cogliere evidenti paradossi nello svolgimento dei comizi, ma una attenta indagine del rapporto fra oratore e pubblico, fra chi parla e chi ascolta. Le immagini di Carnicelli, come nel lavoro sui funerali di Togliatti oppure nei viaggi negli Stati Uniti, rivelano due cose fondamentali dei protagonisti: la loro posizione sociale e i probabili condizionamenti a cui si è sottoposti. Agendo come intermediario e testimone, la psicologia che cerca Carnicelli non sta nella spettacolarizzazione del grande evento ma nel farci immaginare con delicatezza cosa sta sotto la superficie esterna delle cose, tramite una sensibile ma accurata narrazione dei dettagli: come un fazzoletto portato alla giacca, oppure un modo di incrociare le dita.
“Noi” è un viaggio attraverso la vita sociale, storica e identitaria dell’uomo con uno sguardo preciso, realista e insieme poetico, dove Carnicelli, “scultore di gruppi di esseri umani” come lo descrive Valtorta, racconta anche le solitudini. Accostando le immagini né in ordine cronologico né geografico diventano finestra, riflesso e allo stesso tempo soglie: l’attenzione al particolare, la sensibilità umanista e la maestria nell’analizzare il linguaggio del corpo rendono i soggetti quasi universali - individui e archetipi - e il suo lavoro documento del passato, ma anche specchio contemporaneo. In un’epoca in cui la società sembra orientarsi verso un concetto di “io” più isolato oppure virtuale, il libro di Mario Carnicelli ci invita a riflettere sul senso profondo del “noi” nelle piazze, luoghi simbolici di incontro e condivisione. ☜
Mario Carnicelli
NOI. A photographic research on the essence of human beings
— “The space of any square is enough to bring together the whole human society.” The power of a public place, as suggested by Mario Carnicelli in this quote, becomes the common thread of the photographic book “Noi”.
What emerges from a selection of 80 photographs, ranging from political rallies held in Pistoia to Togliatti’s funerals, from random encounters in the American cities to the roads of Hong Kong is a word, “us”, which shows the photographic and human approach of Mario Carnicelli, who contributes to turning the mosaic of several individual lives into a common feeling of belonging, a true and inclusive set.
Carnicelli’s passion for photography started when he was a child, in his family’s photography studio. He soon realized he was more interested in outdoor photography, in the middle of cities and people.
He documents squares, public and political events and also works as a special correspondent for the press. He develops a unique humanistic style, which he applies to both events and scenes of regular daily life. Through a curious and democratic gaze, which is inclined to meeting other people and being reflected in them, he observes individuals in his social principle, that he integrates in the plot of the history of community and personal stories. Regardless of any geographic or linguistic barriers, he tries to reveal a human essence beyond historical events. At a traffic light in Harlem, or at a funeral in Rome, at a bus stop in Hong Kong or on a tractor on May 1st, in Pistoia, he manages to find himself and make us find ourselves
in other people. That’s how several individual stories become a collective story – with a deep emotion, which is never rhetorical.
The first acknowledgment arrived in 1966, when Carnicelli won a scholarship which allowed him to travel to the United States. Such acknowledgment was followed by several photographic projects and exhibitions, before he retired from the photojournalist activity in the early 1970s, to successfully dedicate himself to his photography shops with printing house in Pistoia and in Piazza del Duomo, in Florence. After the closure of the Florence headquarters in 2009, he started an archival and curatorship work which will bring to a wider audience his bodies of work on Togliatti’s funerals and United States through exhibitions and the publication of two books, “C’era Togliatti”, in 2014 with Danilo Montanari, and “American Voyage”, in 2018 with Reel Art Press. The exhibition at Palazzo Fabroni was followed by exhibitions in London and publications in the international press, from Le Monde to The Guardian, from The Washington Post to Der Spiegel, that allowed to appreciate and rediscover Carnicelli’s work, which had been hidden for too many years.
The most important acknowledgement arrived in autumn 2022, when Carnicelli won the first edition of the Viviane Esders Prize in Paris. Viviane Esders, a photography expert and collector who, for
over 40 years, has been working in the art market as a gallerist, came up with the idea of this prize, aimed at shedding a light on European photographers over 60. The jury – which includes the actress Charlotte Rampling, Fannie Escoulen, director of the Photography department of the French Ministry of Culture, Tatyana Franck, director of Elyseé Photo, the collectors Astrid Ullens and Antoine de Galbert and the journalist Laura Adler – awarded Mario Carnicelli with the first career prize. He was chosen among over 280 candidacies from all over Europe. This acknowledgment, which comes with a prize money of 60.000 €, is also linked to an international publication.
“With Mario Carnicelli, the word documentary takes on another dimension, as he deals with an actual social analysis, in black and white and in colours, in his native Italy or in the United States. He tries to reveal the essence of human beings, rather than facts or gestures»
The book was published in autumn 2023 by Contrejour Editions, in the French / English version, and by Silvana Editoriale, in the Italian version. It’s the third monograph of the author, curated by Bärbel Reinhard and Marco Signorini, and includes a text by Roberta Valtorta. The quality of the photographs taken between 1962 and 1977, most of them in medium format, emerges from the
those speaking and those listening. Carnicelli’s images, as we can observe in his work on Togliatti’s funerals or on the journeys to the United States, reveal two key aspects of the protagonists: their social status and, possibly, the constraints they’re put under. Carnicelli acts as both a mediator and a witness, and the psychology he searches for doesn’t consist in spectacularizing a big event, but rather in making us thinking about what underlies the external surface of things, in a delicate manner, through a sensitive but accurate narration of details: like a kerchief on the jacket, or like crossing our fingers.
perfect timings and compositions, which are captured naturally, without posing, in black and white and anticipate the use of colour.
The photographs from the Psychology of Crowds (1962-1972) are never an example of pure chronicle; they’re not even the object of an aesthetic research to capture any apparent paradoxes during political rallies, but rather they’re a careful investigation on the relationship between the speaker and the audience, between
“Noi” is a journey through the social, historical and identitarian life of men, with an accurate, realistic and poetic gaze, that Carnicelli, “a sculptor of groups of human beings”, as described by Valtorta, uses also to narrate loneliness. By pulling together images in an order which is neither chronological nor geographical, they become a window, a reflection and, at the same time, a threshold: thanks to the attention to details, the humanistic sensitivity and the mastery in analysing body language, subjects become almost universal –individuals and archetypes – and Carnicelli’s work becomes a document of the past, but also a contemporary mirror. In a time where society tries to orient itself towards a more isolated or virtual concept of “self”, Mario Carnicelli’s book invites us to reflect on the deep meaning of “us” in squares, which are symbolic places for meeting and sharing. ☜
Nella pagina a sinistra la copertina del volume NOI (Silvana Editoriale), Carnicelli con l’editore e un’immagine di un evento di presentazione del volume nella libreria Feltrinelli di Firenze. In questa pagina uno scatto realizzato in America e un altro nella città giapponese di Nara.
On the page on the left, the cover of the volume NOI (Silvana Editoriale), Carnicelli with the publisher and an image of a presentation event of the volume at the Feltrinelli bookstore in Florence. On this page, a photograph taken in the United States and another one taken in the Japanese city of Nara.
Dialoghi di Pistoia 2024
Essere natura, anche mangiando
Testo Marco Aime
Il titolo dei Dialoghi di Pistoia di quest’anno: “Siamo ciò che mangiamo”, assume un significato ancora più profondo. Quasi come dire: “siamo ciò che pensiamo”.
Essere natura, stabilire un rapporto diverso con l’ambiente in cui viviamo, più da vicini di casa, da coinquilini dello stesso pianeta, che non da dominatori. Questo è stato il filo conduttore che ha percorso i Dialoghi di Pistoia del 2023: un caleidoscopio di interventi che, con apporti provenienti da ambiti plurali e con sguardi diversi, ha dato vita a un mosaico che disegnava e auspicava un mondo differente. Sulla scia di quelle evocazioni, quest’anno, a Pistoia, si parlerà ancora del rapporto con l’ambiente, ma questa volta in chiave alimentare. È dalla natura che abbiamo sempre ricavato il nostro sostentamento, è da piante e animali che dipendiamo e non sempre abbiamo stabilito rapporti equi con questi nostri indispensabili compagni di viaggio. Spesso ne abbiamo
abusato, riducendo il cibo a merce, a prodotto, legato alle tendenze del mercato, sprecandolo, dimenticando che non solo le risorse sono limitate e che ancora troppa gente soffre la fame, ma anche che è un imperativo assoluto stabilire un rapporto etico con vegetali e animali. Cibo come nutrimento, dunque, ma cibo che - proprio per la sua importanza vitale - trascende la funzione di semplice nutrimento, per occupare spazi simbolici fondamentali, che cambiano da cultura a cultura. Siamo, infatti, “mangiatori culturali”. Non a caso eliminiamo dalle nostre tavole cibi assolutamente commestibili (insetti, cani, gatti, alghe), ma che per qualche motivo abbiamo escluso dalle liste delle cose buone da mangiare. Pensiamo poi ai vari tabù alimentari imposti da religioni e filosofie diverse: divieto
di carne suina per ebraismo e islam, di carne bovina per l’induismo…
Attraverso vari osservatori, con angolazioni differenti, anche quest’anno i Dialoghi proporranno una serie di incontri che partendo da una tavola imbandita, ci porteranno lungo un cammino che attraverserà principi etici e morali legati all’ambiente, costruzioni del gusto, viaggi e scambi tra genti diverse, che hanno poi dato vita a piatti “tradizionali”, riflessioni sul futuro e sui molti aspetti legati al cibo, come la salute e l’economia. Il cibo è un’ottima metafora della cultura, infatti è un gran viaggiatore, si mescola con elementi provenienti da terre lontane e crea nuove combinazioni, esattamente come fanno le idee.
A questo punto, la celebre frase di Feuerbach, che dà il titolo ai Dialoghi di quest’anno: “Siamo ciò che mangiamo”, assume un significato ancora più profondo. Quasi come dire: “siamo ciò che pensiamo”. ☜
Il 23 maggio, nell’ambito della XV edizione del festival di antropologia
Dialoghi di Pistoia, promosso da Fondazione Caript e dal Comune di Pistoia, inaugura la mostra Mercati, cibi e aromi: 60 scatti fotografici dell’antropologo e fotografo Marco
Aime - scrittore, fotografo e docente di Antropologia culturale all’ Università di Genova - collegheranno, come un filo rosso, vari luoghi della città intessendo una narrazione visiva, carica di emozioni, su cibi e aromi.
Un percorso per immagini tra bancarelle e botteghe in diversi angoli del mondo, che ci raccontano storie di cibo, ma anche di sguardi, di parole, di scambi che trasformano le nostre tavole in una piacevole storia fatta di parole talvolta venute da lontano.
La mostra, a cura di Giulia Cogoli, dal titolo evocativo che richiama il sentimento di un tempo, di gente e terre distanti e vicine, è un progetto realizzato dal festival con Confcommercio, quest’anno sul tema: Siamo ciò che mangiamo? Nutrire il corpo e la mente.
Le immagini che compongono il mosaico di questa mostra diffusa, sono state catturate da Aime in diversi angoli di mondo: dagli inebrianti negozi di spezie dell’India e dell’Iran, alle profumate rivendite di pani dell’Asia centrale. Dalle esili bancarelle dei mercati africani, a quelle dei nostri mercati. Un mondo che vive al di fuori dei centri commerciali e che spesso non si limita a essere luogo di acquisto e di vendita, ma si trasforma in momento di incontro e di scambio, dove a circolare è soprattutto la parola. Il cibo diventa allora motore di convivialità, occasione di incontro.
Talvolta venditore e cliente abbandonano i loro ruoli, le loro funzioni, per avviare un dialogo che va al di là del semplice atto dell’acquisto e della vendita. Recita un proverbio africano: “Il mercato è la casa di nessuno”, è uno spazio di tutti, come lo era l’agorà nella Grecia antica, uno spazio di dialogo e di condivisione. Le fotografie sono esposte in luoghi pubblici ed esercizi commerciali di tutta la città e negli spazi del festival. Progetto e piantina sul sito www.dialoghidipistoia.it e www.confcommercio.ptpo.it
Le immagini che compongono il mosaico di questa mostra diffusa, esposte in luoghi pubblici ed esercizi commerciali di tutta la città e negli spazi del festival sono state catturate da Aime in diversi angoli di mondo: dagli inebrianti negozi di spezie dell’India e dell’Iran, alle profumate rivendite di pani dell’Asia centrale.
The images that make up the mosaic of this multilocation exhibition, exhibited in public places and shops throughout the city and in the festival spaces, were captured by Aime in different corners of the world: from the inebriating spice shops in India and Iran and the flavoured bread shops of Central Asia.
Dialoghi di Pistoia 2024
Being nature, also by eating
This year, the main theme of the Pistoia Dialogues: “We are what we eat” takes on an even deeper meaning. It’s almost like saying: “We are what we think”.
Being nature, establishing a different relationship with the environment in which we live: as neighbours, tenants of the same planet, rather than rulers. This was the common thread of the 2023 edition of the Pistoia Dialogues: a kaleidoscope of interventions that, with contributions coming from multiple contexts and different looks, gave birth to a mosaic that would draw and hope for a new world. In the wake of such evoking, this year, in Pistoia, we will talk again about the relationship with the environment, but this time with a focus on food. We’ve always obtained our means of support from nature; we depend on plants and animals and we’ve not always been good at establishing a fair relationship with these essential traveling companions. We often abused them, by reducing food to an asset, a product, which is linked to the trends of market; we wasted food, and we forgot that not only resources are limited and too many people still suffer from hunger, but that it’s an absolute must to build an ethical relationship with plants and animals.
Therefore, food as nutrition; however, due to its vital importance, it goes beyond its function of simple nutrition, to occupy essential symbolic spaces, which change from culture to culture. In fact, we are “cultural eaters”. It’s not a coincidence that we remove from our tables some foods that are absolutely edible (insects, dogs,
cats, seaweed); for some reason, we’ve excluded them from the list of good things to eat. Then, let’s think of the different cultural taboos imposed by different religions and philosophies: the prohibition of eating pork for Hebraism and Islam, the prohibition of eating beef for Hinduism… Through different observers and point of views, also this year the Dialogues will propose a few encounters that, starting from a laid table, will guide us along a path that will cross ethical and moral principles which are connected to the environment, constructions of taste, journeys and exchanges between
different people, that gave birth to “traditional” dishes, reflections on the future and several aspects connected with food, such as health and economics.
Food is an excellent metaphor of culture; in fact, it’s a great traveler, it’s mixed with elements coming from faraway lands and creates new combinations, exactly in the same way as ideas do. At this point, the famous phrase by Feuerbach, which gives the title to this year’s Dialogues: “We are what we eat”, takes on an even deeper meaning. It’s almost like saying: “We are what we think”. ☜
Una mostra, quella di Begliomini, che vede come protagonista la donna baricentro di comunità ,la memoria quale radice dell’identità, il rapporto con l’ambiente e la materia naturale, con l’obiettivo di conservare, fissandolo sulla pietra, il grande patrimonio immateriale di tradizioni e narrazioni della Montagna Pistoiese.
The protagonists of Begliomini’s exhibition are women as a barycentre of community, memory as a root of identity and the relationship with the environment and natural matter, with the purpose of preserving, by setting it in stone, the large intangible heritage of traditions and narrations from the Pistoiese Mountains.
Leonardo Begliomini
Donne forti Il delladisegnoscultura
— Una mostra antologica dell’artista pistoiese che ne riassume il linguaggio artistico che trae ispirazione dalle donne, nuove icone della Madre terra e baricentro di comunità.
L’origine è il disegno! Begliomini, fin da ragazzo, osservando il mondo che agiva nel paese delle Piastre in cui è nato, inizia a rappresentarne graficamente la figura che, per lui, emergeva sulle altre: quella femminile, la donna “montanina” sempre disposta a faticare “come un mulo” al pari dell’uomo se non di più, dovendo anche accudire figli e casa, affinché le sue mansioni venissero messe a disposizione sia per il bene della famiglia quanto della comunità. Però, quanto via via nel suo percorso artistico Leonardo Begliomini è andato realizzando, con i soggetti ricorrenti dedicati alla rappresentazione della donna
tramite il disegno, la pittura, il bassorilievo e la scultura a tutto tondo, non vi è traccia espressiva dello sfiancarsi sul lavoro, tanto meno dell’impegno oneroso garantito alla famiglia e che allora (anni ‘50/’60) questi due ruoli, già sui quarant’anni, trasformavano la giovinezza femminile delle madri in precoce vecchiaia. Com’è “sfiorita” la tale, si andava mormorando.
Testo Siliano Simoncini
Foto
Nicolò Begliomini
Ma l’artista è costantemente interessato a eleggere ben altro della figura femminile: l’archetipo. Infatti, le sue donne sono delle nuove icone della Madre terra. Di fatto, donne di tutti i giorni prive di orpelli ornamentali e certo non disposte a manifestare compiaciuto edonismo. Molto semplicemente sono corpi femminili, pure poco sensuali anche quando sono rappresentate nella loro nudità oppure se, alzando la veste, fanno vedere il ventre della creazione. Dunque, a mio avviso queste opere, possono essere considerate idoli nella fissità del tempo che, metafisicamente, Begliomini ci presenta come emblema di una femminilità ancestrale
In questa pagina, a destra una scultura in Alabastro e Verde di Prato dimensioni 16x10 x 39 cm. Nella pagina a destra resina su legno dimensioni 68x59 cm. Davanti alle opere di Begliomini ci si stupisce e ci si interroga per riuscire a interpretare i significati reconditi che al primo impatto potrebbero sfuggire…
On this page, on the right, an alabaster and Verde di Prato sculpture, 16 x 10 x 39 cm. On the page on the right, resin on wood, 68 x 59 cm. In front of Begliomini’s works, we remain astonished, and we ask ourselves questions, to try and understand the hidden meanings that we may not catch initially.
ideologicamente proposta affinché possa essere preservata.
L’esperienza scultorea che qualifica le opere dell’artista è il legame con quanto ha lasciato in eredità il ‘900 italiano: il rapporto con la tradizione umanistica, l’impegno sociale e civico, nonché la “filosofia”della meditazione.
Più semplicemente, il suo temperamento è predisposto, con autenticità d’animo, all’accurata osservazione della natura e conseguentemente, indotto a rifletterne l’organicità delle “piccole cose”. Questa diciamo, la sua poetica artistico-esistenziale; invece, il linguaggio formale ed espressivo con il quale caratterizza la plasticità, ma pure il pittoricismo delle opere - si pensi ai bassorilievi - si basa essenzialmente sulla sintesi delle morfologie, la “purezza” della
linea, l’invenzione tipologica della rappresentazione femminile e, in particolare, Begliomini esprime il meglio di sé grazie a un’espressività “domestica” che esorta all’ammirazione dei modelli umani proposti e resi, appunto, esplicitamente familiari da amarli e venerarli come icone salvifiche. Pur essendo la scultura tridimensionale, quanto la configura è il disegno, non solo preparatorio, ma anche quello che l’artista “vede” nella materia del tutto tondo o nelle mestiche, utilizzate per far affiorare dal nulla il disegno che ha nella mente o percepisce mentre, con minime levitazioni della corporeità, genera l’immagine. Il suo direi, è un disegno che ha radici nella cultura etrusca: il solo tratto - a prescindere dal colore - è già in “tre dimensioni”, poi si innerva della “eroicità quotidiana” delle matrici umane scolpite da Marino Marini e, a mio avviso, anche di quella ben più umile interpretata da Arturo Martini nelle piccole opere modellate. Però la lezione a cui Begliomini tiene di più, almeno credo, è quella di Donatello e della pratica raffinata ed efficace dello “stiacciato”. In particolare penso al Donatello della vecchiaia, seppure aiutato dalla bottega, che si può apprezzare nei due pulpiti di San Lorenzo a Firenze. E non dimentico, per la scultura a tutto tondo, Arnolfo di Cambio e Tino da Camaino.
Allora si dirà: le opere di Leonardo Begliomini hanno soltanto radici storiche? Per me, senza quelle, un artista non è tale! Proprio perché, esclusivamente muovendo da motivazioni culturali affini alla propria formazione e alla personale poetica espressiva, chi ha il privilegio di “creare” riesce ad esprimere la continuità innovatrice dell’arte. In effetti, Begliomini, proprio corroborando di singolare energia espressiva quelle radici, è in grado di proporre una sua individuale e riconoscibile identità artistica.
A Pistoia, grazie anche alla presenza di una istituzione formativa come la Scuola d’Arte - e Leonardo Begliomini ha avuto il suo imprinting proprio lì - quanto, dagli inizi del ‘900 fino agli anni ‘60, dalla fervente attività di prestigiose fonderie d’arte nella nostra città, infatti, è proprio grazie a queste due importanti “radici storiche”, che oggi possiamo annoverare come concittadini scultori significativi quali Andrea Lippi, Marino Marini, Agenore Fabbri, Jorio Vivarelli. Ebbene, le generazioni successive, e mi riferisco agli scultori Valerio Gelli, Giuseppe Gavazzi, Andrea Dami, Beragnoli Sergio, Luigi Russo Papotto, Silvio Viola nonché, per l’appunto, Leonardo Begliomini hanno, da par loro, proseguito quel fil rouge storico adeguandolo, con personalità, all’evolversi della cultura artistica e alle motivazioni che sono scaturite dal mutare dei tempi. ☜
A wonderful resin bas-relief, 136 x 100 cm. Sometimes Begliomini uses colour as a chromatic support to his works; however, sculpture remains his true vocation and love, to which he dedicated his life in the silence and loneliness of his studio. Un meraviglioso bassorilievo realizzato in resine dimensioni 136x100 cm. Qualche volta Begliomini usa il colore come supporto cromatico alle sue opere, tuttavia, la scultura resta la sua autentica vocazione, il vero amore al quale nel silenzio e nella solitudine dello studio ha dedicato la propria vita.
Leonardo Begliomini
Strong women The drawing of sculpture
— An anthological exhibition by the Pistoiese artist, which summarizes his artistic language, drawing inspiration from women, new icons of Mother Earth and barycentre of community.
Drawing is the origin! Since his youth, Begliomini started to observe the world in the town of Le Piastre, where he was born, and to graphically represent the figure which, in his opinion, emerged above the others: that of women from the mountain, who were always ready to work “as hard as a mule” or a man, or even more. In fact, they also had to take care of their children and the house, and they performed tasks to the service of both their family and the community. However, if we look at what Leonardo Begliomini has done throughout his artistic journey, with his recurring subjects dedicated to the representation of women by means of drawing, painting, bas-relief and in the round sculpture, there’s no expressive trace of wearing yourself out at work, even less of the burdensome commitment guaranteed to the family; back then (in the 1950s and 1960s) these two roles, when mothers were around forty years old, would turn their female youth into an early old age. That woman’s beauty has faded, people would say. But the artist is continuously interested in choosing another aspect of the female figure, i.e., the archetype. In fact, his women are new icons of Mother Earth. They are everyday women, free from any decorative frills, and definitely not ready to show a pleased hedonism. They are simple female bodies, and they are not even sensual when they’re represented in their nudity or when they show the womb of creation, by raising their dress.
Therefore these works, in my opinion, can be regarded as idols in the fixity of time, which are metaphysically presented by Begliomini as a symbol of ancestral femininity, ideologically proposed so that it can be preserved. The sculptural experience which qualifies the artist’s works is the connection with the heritage of the Italian XX century: the relationship with the humanistic tradition, the social and civic commitment as well as the “philosophy” of meditation. Put more simply, his temperament is suitable
to accurately observe nature with an authentic soul and, subsequently, is persuaded to reflect the organicity of “small things”. We can say that this is his artistic-existential poetics, whereas the formal and expressive language with which Begliomini characterizes the plasticity and pictorial features of his works – just think of the bas-reliefs – is essentially based on the synthesis of morphologies, the “purity” of the line and the typological invention of female representation. In particular, Begliomini expresses the best of himself thanks to a “domestic” expressivity that encourages to admire the proposed human models, which, in fact, become expressly familiar and can be loved and venerated as salvific icons.
Although sculpture is three-dimensional, it is configured not only by the preparatory drawing, but also by the drawing which the artist “sees” in the in the round structure, or in the primers, which are used so that the drawing that lies in the artist’s mind, or perceived by the artist, can emerge, while the image is generated with minimum levitations of corporeity. I would say that Begliomini’s drawing finds its roots in the Etruscan culture: the trait itself – regardless of the colour – is already in three dimensions, then it is innervated in the “daily heroism” of the human figures sculpted by Marino Marini and, in my opinion, in the way humbler heroism interpreted in the small works moulded by Arturo Martini. However, the lesson Begliomini cares more about is that of Donatello,
Accanto una scultura di una donna realizzata da Begliomini in alabastri nella misura di14 x 24 x 70 cm di altezza.and the refined and effective practice of the “stiacciato”. In particular, I think of the elder Donatello that we can admire in the two pulpits of the Basilica of San Lorenzo in Florence, although he was helped by his workshop, not to forget Arnolfo di Cambio and Tino di Camaino for in the round sculpture.
One may say, then: do Leonardo Begliomini’s works just have historical roots? In my opinion, artists can’t be defined as such if they don’t have historical roots! This is because, starting exclusively from cultural reasons which
are close to their education and personal expressive poetics, those who have the privilege to “create” can express the innovative continuity of art. In fact, by revitalizing such roots with a singular expressive energy, Begliomini is capable of proposing his individual and recognizable artistic identity.
In Pistoia, it is thanks to two important “historical roots”, an educational institution such as the Art School –where Leonardo Begliomini received his imprinting – and, from the early XX century to the late 1960s, and
the fervent activity of prestigious art foundries, that we have as fellow citizens a few significant sculptors such as Andrea Lippi, Marino Marini, Agenore Fabbri, Jorio Vivarelli. In fact, the next generations, and I refer to the sculptors Valerio Gelli, Giuseppe Gavazzi, Andrea Dami, Sergio Beragnoli, Luigi Russo Papotto, Silvio Viola and, precisely, Leonardo Begliomini, have continued that historical fil-rouge, adapting it, with personality, to the evolution of the artistic culture and the motivations that originated from changing times. ☜
Accanto, a destra donna realizzata in legno di ontano colorato nella misura d 13x13 x 47 cm di altezza e a sinistra un bassorilievo in resine di 75 x 75 cm. In basso a sinistra Un teatro per Beatrice opera realizzata a Pian di Novello in omaggio alla poetessa spontanea Beatrice Bugelli e destra l’artista fotografato nel suo studio.
Next, on the right, a woman in coloured alder wood (13 x 13 x 47 cm of height) and, on the left, a resin bas-relief (75 x 75 cm). Below, on the left, Un teatro per Beatrice, a work made in Pian di Novello to pay homage to the spontaneous poet Beatrice Bugelli and, on the right, the artist photographed in his studio.
Gemellaggio culturale
Napoli e Pistoia unite
— Napoli e Pistoia custodiscono all’interno del loro patrimonio storico e artistico due tesori di incredibile Bellezza, due monumenti religiosi dedicati alla figura dell’apostolo San Giacomo Maggiore: la Pontificia
Reale Basilica di San Giacomo degli Spagnoli di Napoli e la Cattedrale di San Zeno a Pistoia, che custodisce l’Altare argenteo di San Iacopo.
da Giacomo il maggiore
Avvicinatevi alla Bellezza è il titolo che la Giorgio Tesi Group ha dato ad una collana editoriale che promuove e racconta, con testi ed immagini di qualità, alcuni tra i principali beni culturali di Pistoia. Avvicinatevi alla Bellezza è anche il claim della mostra “Pistoia Compostela d’Italia: l’Altare Argenteo di San Jacopo” che, dal 1 maggio al 30 giugno 2024, verrà ospitata proprio nella Pontificia Reale Basilica di San Giacomo degli Spagnoli.
La mostra fotografica sull’Altare Argenteo di San Iacopo arriva a Napoli dove sarà ospitata nella suggestiva Pontificia Reale basilica di San Giacomo degli Spagnoli, unendo di fatto le due città nel nome di Giacomo il Maggiore.
The photographic exhibition on the Silver Altar of Saint James comes to Naples, where it will be hosted at the Royal Pontifical Basilica of San Giacomo degli Spagnoli, which will actually bring the two cities together in the name of Saint James the Great.
La Basilica, chiesa nazionale di Spagna, fu voluta a Napoli dal grande viceré spagnolo don Pedro de Toledo e realizzata dall’architetto e urbanista regio Ferdinando Manlio che ne terminò la costruzione intorno al 1540. Rimasta chiusa per molti anni a seguito d’importanti lavori di restauro, questo sito finora “negato” è stato riaperto al pubblico, grazie all’impegno della Real Arciconfraternita Monte del Santissimo Sacramento dei Nobili Spagnoli, del Comitato Partidarios de Santiago e dell’Associazione Sualma.
Entrando in questa Basilica, l’emozione della ri-scoperta di un luogo finora “negato”, si alimenta non solo percorrendo le sue navate costellate dalle eleganti sculture dei tanti monumenti funebri e dai pregevoli dipinti esposti nelle diverse cappelle votive, ma questa emozione incalza, traducendosi in
stupore, quando si scopre che nella zona retrostante all’altare maggiore, è custodito un vero e proprio tesoro nascosto: il Mausoleo di Don Pedro de Toledo. Questo imponente monumento è da considerarsi, senza ombra di dubbio, un capolavoro della scultura del XVI sec. in ambito europeo. Fu lo stesso Pedro de Toledo ad incaricare della sua progettazione Giovanni Merliano da Nola, uno dei più raffinati e colti scultori del tempo. Per circa sessanta giorni, durante la sopracitata mostra, due splendidi tesori d’arte, l’Altare Argenteo di San Jacopo e il Mausoleo di Don Pedro de Toledo, dialogheranno in termini di Bellezza in un luogo consacrato, ormai da quasi cinquecento anni, al santo patrono della Spagna.
Una bellezza quale quella di questi due monumenti, che ha trovato forma e dimensione estetica non solo grazie alla maestria degli artisti che li hanno realizzati, ma che si è nutrita e continua ad alimentarsi nel tempo anche attraverso le particolari vicissitudini che ne hanno accompagnato la creazione e che, per certi versi, presentano delle similitudini: ugualmente laboriose e a “più mani” sono state, per esempio, la fasi di lavorazione di queste due pregevolissime opere scultoree.
Quando nel 1539, Pedro de Toledo commissionò a Giovanni da Nola il suo monumento funebre, il
Merliano, che era già uno scultore richiestissimo, per portare avanti questo incarico e tanti altri lavori contemporaneamente, dovette giovarsi non solo della collaborazione dei suoi migliori discepoli, come Annibale Caccavello e Gian Domenico D’auria, ma anche “associarsi” con altri scultori che potessero essere degni della sua fama. Nonostante questo, la realizzazione di quest’opera durerà circa trent’anni, lasciando solo ai “posteri” di Don Pedro e di Giovanni da Nola, che morirono prima del 1570, il piacere di poterla ammirare nella sua completa bellezza.
Quando nel 1287 si incominciò a lavorare alla realizzazione dell’Altare Argenteo di San Jacopo si era solo all’inizio di una straordinaria sequenza d’interventi magistrali che vedranno ben cinque generazioni di artisti operare, durante un arco temporale di circa due secoli, alla la creazione di un tale capolavoro. Alla decorazione di questo splendido altare partecipò anche Filippo Brunelleschi al quale sono attribuiti i busti dei profeti Geremia e Isaia.
Sempre in riferimento a possibili similitudini tra le “storie” che ruotano attorno al Mausoleo di Don Pedro de Toledo e all’Altare Argenteo di San Jacopo: ugualmente “fortuite” e quindi diverse dai progetti iniziali, sono state le collocazioni di queste due opere o di parti di esse, durante o dopo la loro realizzazione.
Diversa, infatti, sarebbe stata la collocazione definitiva del Mausoleo di Don Pedro de Toledo se non ci fosse stata la “campagna militare di Siena”. Il monumento, in origine, fu pensato dal viceré spagnolo per essere poi trasportato in Spagna, dove desiderava essere sepolto. Incaricato nel 1553, dall’imperatore Carlo V di sedare una rivolta nella città Toscana, Don Pedro si diresse verso la battaglia, ma ammalandosi durante il viaggio fu costretto a riparare a Firenze. Qui morì tra le braccia dell’amata figlia Eleonora de Toledo, venendo poi sepolto nella chiesa di Santa
Maria del Fiore. Fu così che il suo monumento funebre rimase in “deposito” nella Basilica di San Giacomo degli Spagnoli, nella sua particolare e attuale collocazione, “nascosto” e tutto da scoprire, alle spalle dell’abside della chiesa. Diversa sarebbe stata la collocazione della “Madonna in trono con il bambino”, nella struttura iconografica dell’altare argenteo, se non ci fosse stato il “furto politico” di Vanni Fucci, nel 1293, ai danni della “Sagrestia de’ belli arredi”. Questo episodio che fece all’epoca molto scalpore, tanto da essere immortalato da Dante nel Canto XXIV dell’Inferno, “costrinse” a seguito di alcuni danneggiamenti e successivi restauri, questa “Vergine col Figlio” che originariamente doveva essere inclusa all’interno di un ampia arcata, ad essere inserita dentro una ben più angusta cornice ogivale. Sempre a seguito di questo “famoso furto”, la stessa sorte toccò al gruppo dei dodici apostoli che furono ritagliati ed inseriti all’interno di piccole edicole. Nonostante tutto, rimase e rimane intatta la raffinata bellezza di queste sculture che quasi al pari del Mausoleo di Don Pedro de Toledo, posizionate in maniera meno eclatante nella struttura dell’altare, diventano per molti aspetti dei “tesori nascosti”, tutti da scoprire. Queste alcune delle storie, qui solo brevemente accennate, e che durante (e non solo) il periodo
della mostra, arricchite di ulteriori informazioni e di altre suggestioni, potranno condurre il visitatore, nella Pontificia Reale Basilica di San Giacomo degli Spagnoli, ad “avvicinarsi” alla Bellezza attraverso la scoperta dei tesori di San Giacomo Maggiore, tra Napoli e Pistoia.
The Mausoleum of Don Pedro de Toledo, an actual hidden treasure in the area behind the apse of the Royal Pontifical Basilica of San Giacomo degli Spagnoli, in Naples.
Il mausoleo di Don Pedro da Toledo, un vero e proprio gioiello nascosto, posizionato alle spalle dell’abside della chiesa della basilica di San Giacomo degli Spagnoli a Napoli.
Cultural twinning
Naples and Pistoia joined together by Saint James the great
— Naples and Pistoia preserve, within their historical and artistic heritage, two treasures of incredible beauty, two religious monuments dedicated to the figure of the apostle and martyr Saint James the Great: the Royal Pontifical Basilica of San Giacomo degli Spagnoli, in Naples, and the Cathedral of Saint Zeno, in Pistoia, which was built to preserve the “Silver altar of Saint James”.
AMomenti
dell’inaugurazione della mostra fotografica all’interno della basilica di San Giacomo degli Spagnoli. Presenti il Sindaco di Napoli Manfredi e quello di Pistoia Tomasi.
Moments of the opening of the photographic exhibition within the Royal Pontifical Basilica of San Giacomo degli Spagnoli, attended by the Mayor of Naples Manfredi and the Mayor of Pistoia Tomasi.
pproaching beauty is the title given by Giorgio Tesi Group to a book series which promotes and narrates, through high-quality texts and images, some of the most important cultural assets in Pistoia.
Approaching beauty is also the claim of the exhibition “Pistoia Compostela d’Italia: l’Altare Argenteo di San Jacopo” (Pistoia, the Italian Compostela: the Silver altar of Saint James)” which, from May 1st to June 30th, 2024, will be hosted at the Royal Pontifical Basilica of San Giacomo degli Spagnoli.
The Basilica, recognized as a national Spanish church, was built in Naples upon request of the great Spanish viceroy Don Pedro de Toledo, by the royal architect and urbanist Ferdinando Manlio, who completed its construction around 1540. So far this site, which remained closed for several years following important
Giovanni Merliano da Nola, one of the most refined and cultured sculptors of the time, with its design.
For nearly sixty days, during the abovementioned exhibition, two wonderful art treasures such as the Silver altar of Saint James and the Mausoleum of Don Pedro de Toledo, will dialogue in terms of beauty in a place that has been consecrated, for almost five-hundred years, to the patron saint of Spain.
A beauty, such as that of these two monuments, which has found shape and aesthetic dimension not only thanks to the mastery of the artists who worked on them, but has been feed and continues to be fed over time, also through the particular vicissitudes that accompanied its creation and which, somehow, present a few similarities: for example, the processing steps of these two very valuable sculptures were equally laborious and were carried out by several hands.
In 1539, when Pedro de Toledo commissioned his funeral monument to Giovanni da Nola, Merliano, who was already a highly requested sculptor, had to partner with some of his best disciples, such as Annibale Caccavello and Gian Domenico D’Auria, but also with other sculptors who could be worthy of his fame, in order to carry out this task and several other tasks at the same time. Despite this, it took nearly thirty years to complete this work; Don Pedro and Giovanni da Nola, who died before 1570, left to posterity the pleasure of admiring it in its complete beauty.
renovation works, had been “denied” to the public, but it has now been reopened thanks to the efforts of the Royal Archconfraternity of the Blessed Sacrament of the Noble Spaniards, the Committee Partidarios de Santiago and the Association Sualma.
Entering this basilica, the emotion of rediscovering a place that had been “denied” so far is fuelled not only when crossing its naves, studded with elegant sculptures of the several funeral monuments and precious paintings exposed in the different votive chapels. It’s a surging emotion, which translates into astonishment, when you find out that an actual hidden treasure is preserved in the area behind the upper altar: the Mausoleum of Don Pedro de Toledo. This imposing monument should be regarded, without any doubt, a European masterpiece of the XVI century. It was Pedro de Toledo himself who entrusted
In 1287, with the beginning of the construction works of the Silver altar of Saint James, we were only at the start of an extraordinary sequence of masterful interventions. As many as five generations of artists, during a timeframe of two centuries, worked on the creation of such masterpiece. Also Filippo Brunelleschi participated in the decoration of this wonderful altar, and the busts of the prophets Isaiah and Jeremiah are attributed to him.
Still in reference to possible similitudes between the “stories” that rotate around the Mausoleum of Don Pedro de Toledo and the Silver altar of Saint James, the collocation of these works, or part of them, after their completion has been equally “fortuitous” and, therefore, different from the initial projects. In fact, the final collocation of the Mausoleum of Don Pedro de Toledo would have been different, hadn’t it been for the “military campaign of Siena”. Originally, the Spanish viceroy thought that this monument should be transported to Spain, where he wanted to be buried. In
1553, Don Pedro was entrusted by the emperor Charles V with the task of quelling a riot in Siena; he headed to battle, but during the journey he fell sick and was forced to find shelter in Florence, where he died in the arms of his beloved daughter, Eleonora de Toledo. He was buried in the Cathedral of Saint Mary of the Flower and, subsequently, his funeral monument was “deposited” at the Basilica of San Giacomo degli Spagnoli, where it’s “hidden” and waiting to be explored in its current peculiar collocation, behind the church’s apse.
The collocation of the “Virgin enthroned with Child” would have had a different collocation in the iconographic structure of the silver alter, hadn’t it been for the “political theft” by Vanni Fucci, in 1293, against the “Sacristy of the fair adornments”. This episode caused such uproar at the time that it was immortalized by Dante in the XXIV canto of the Inferno: due to some damage and subsequent renovation works, this “Virgin with Child”, which should have originally been included within a wide arch, had to be placed within a way narrower ogival frame.
Following this “famous theft”, the same happened to the group of twelve apostles, who were cut and placed within a few small shrines. Nevertheless, the refined beauty of these sculptures remained and still remains intact: they are placed in a less impressive way within the structure of the altar, nearly like the Mausoleum of Don Pedro de Toledo, and they almost become “hidden treasures” which are waiting to be explored.
These are some of the stories which are briefly mentioned here and which, during the period of the exhibition (and beyond), will be enriched with further information and other suggestions and will lead the visitor, in the Royal Pontifical Basilica of San Giacomo degli Spagnoli, to “approach” beauty by discovering the treasures of Saint James the Great, between Naples and Pistoia. ☜
Una mostra itinerante biglietto da visita internazionale per la città di Pistoia
GI.METAL CELEBRA LA GIORNATA INTERNAZIONALE
DELLE FAMIGLIE
La pizza, simbolo del piacere di stare insieme, anche a tavola.
Gi.Metal, azienda pistoiese leader nel settore delle attrezzature professionali per pizzerie e ristorazione, crede nella coesione e nella condivisione. Valori che vengono celebrati il 15 maggio, in occasione della Giornata Internazionale delle Famiglie, istituita dalle Nazioni Unite nel 1993, per onorare le famiglie in tutto il mondo, fondamento della nostra società.
E quale miglior luogo di ritrovo c’è per famiglie e amici se non sedersi intorno allo stesso tavolo, per pranzare o cenare insieme?
Il cibo preparato con cura, infatti,
è da sempre uno straordinario fattore di coesione e di continuità tra le generazioni, e stare insieme a tavola un’occasione insostituibile di condivisione delle piccole e grandi gioie della vita.
Tra gli alimenti che più predispongono al buonumore a tavola c’è, senza dubbio, la pizza. Piatto tipico della tradizione culinaria italiana, mangiare una pizza in famiglia è, ancora oggi per molti sinonimo di convivialità, un vero e proprio rituale irrinunciabile per stare bene insieme e che crea allegria.
GI.METAL CELEBRATES THE INTERNATIONAL DAY OF FAMILIES
Pizza, a symbol of the pleasure of spending time and eating together.
Gi.Metal, a leading Pistoia-based company in the sector of professional equipment for pizzerias and restaurants, believes in cohesion and sharing. These values are celebrated on May 15th, on the occasion of the International Family Day, established by the United Nations in 1993, to honour families around the world, which are the foundation of our society.
And what better gathering place for families and friends than sitting around the same table, having lunch or dinner together?
Carefully prepared food, in fact, has always been an extraordinary factor of cohesion and continuity between generations, and being together at the table an irreplaceable occasion for sharing life’s great and small joys.
Among the foods that most predispose to a good mood at the table is, without a doubt, pizza.
Eating pizza, a typical dish of the Italian culinary tradition, as a family is still a synonym of conviviality for several people, an actual ritual that cannot be missed, which represents a way of feeling good together and creates cheerfulness.
R e e V o M S P è l a p r i m a e u n i c a f a b b r i c a p e r g l i M S P
I l p a r t n e r n e c e s s a r i o p e r i M a n a g e d S e r v i c e P r o v i d e r : k n o w h o w , t o p t e c h n o l o g y e
l ' a f f i d a b i l i t à m a d e i n R e e V o p e r o f f r i r e p a c c h e t t i d i s e r v i z i g e s t i t i a s s o l u t a m e n t e
p e r s o n a l i z z a b i l i e b r a n d i z z a b i l i .
G r a z i e a l l ' e s p e r i e n z a v e n t e n n a l e n e l c a m p o d e l l a g e s t i o n e p r o a t t i v a
d e l l ' i n f r a s t r u t t u r a I C T , h a m a t u r a t o u n a c o n o s c e n z a a p p r o f o n d i t a d e l l e e s i g e n z e r e a l i
d e g l i M S P e d è i n g r a d o d i o f f r i r e s t a n d a r d s e n z a e g u a l i s i a s o t t o i l p r o f i l o d e l l a
t e c n o l o g i a , s i a p e r i l s u p p o r t o g l o b a l e a l l o s v i l u p p o d e l b u s i n e s s
R i s p o n d e r e a l l ' e v o l u z i o n e è l o s p e c i f i c o d i R e e V o M S P , p e r q u e s t o i M a n a g e d S e r v i c e
P r o v i d e r p o s s o n o f a r e a f f i d a m e n t o s u u n l i v e l l o t e c n o l o g i c o i n a g g i o r n a m e n t o
c o s t a n t e .
G r a z i e a l l a f o r z a d i u n b r a n d c o m e R e e V o , t u t t o q u e s t o , c o m p r e s i i s e r v i z i d i C l o u d ,
H y b r i d C l o u d e C y b e r s e c u r i t y , è a l l a p o r t a t a a n c h e d e i p i c c o l i M S P c o n l i m i t a t e c a p a c i t à
d i i n v e s t i m e n t o .
R M M :
D e s k t o p , S e r v e r , M o b i l e ,
M i s s i o n C o n t r o l
M u l t i C l o u d
M i s s i o n C o n t r o l
I N D I R I Z Z O S E D E P R I N C I P A L E e O P E R A T I V A :
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Il Ponte sospeso
— Lo scorso anno il Ponte Sospeso che collega Mammiano Basso a Popiglio attraversando la Val di Lima ha compiuto 100 anni, un traguardo prestigioso per uno dei simboli indiscussi della Montagna Pistoiese.
Montagna Pistoiese - Val di LimaUn prezioso manufatto che ha fatto la storia della Montagna Pistoiese. prima vitale via di comunicazione breve tra i due versanti della Val di Lima per tante persone che dovevano recare al lavoro e poi importantissima risorsa turistica per tutto il territorio.
A precious artifact which marked the history of the Pistoiese Mountains. The first, essential short way of communication between the two slopes of the Lima Valley for several people who had to go to work and, later on, a very important tourism asset for the whole territory.
Sull’Appennino pistoiese, tra boschi e acque che si dividono tra Tirreno e Adriatico, l’industria del ferro ha attecchito già in età tardomedievale per allargarsi a macchia d’olio nei secoli successivi. Protagoniste le ferriere (sottoposte dal XVI sec. alla Magona del Ferrouna privativa granducale istituita da Cosimo I per gestire il monopolio del metallo e proseguita per un po’ dai Lorena) e le loro catene produttive, formidabili fattori di crescita per i paesi sui torrenti maggiori – la Lima, con Sestaione e Verdiana, la Limentra, il Maresca – vocati per posizione a sviluppare una florida metallurgia idraulica modernizzata solo a fine XIX secolo. Mammiano sarà il primo e più longevo centro della siderurgia storica. Già al 1704 vanta due ferriere e un distendino con maglio ad acqua (per ridurre le grosse verghe metalliche in barre di minor spessore), a cui si sommano nello stesso secolo una terza ferriera e un altro distendino: il maggior polo produttivo della Magona sui nostri monti, che precede le altre “fabbriche ad acqua” di Ponte Sestaione, Cutigliano, Campotizzoro, oltre che, con
gran distacco, quelle private di Pontepetri.
L’Ottocento vede crescere ancora la produzione mammianese, con deviazioni idriche dal Verdiana e dal Limestre per le esigenze di ben tre ferriere, tre distendini e una filiera (1839) poi modernizzati e affiancati da un nuovo laminatoio a caldo (1873) per produrre barre, fili e profilati in ferro. Un gran volume di prodotto destinato a ulteriore espansione dal 1899, con l’azione della S.M.I. che dai primi decenni del Novecento prenderà il controllo di tutta l’industria metallurgica montana, favorendo tutte le infrastrutture necessarie a quella che ormai era una rete di opifici: una “Iron Valley” in cui lavorano molte centinaia di operai. Allora come ai nostri giorni la logistica era essenziale: in un pugno d’anni verrà quindi impostata la nuova linea ferroviaria F.A.P. (la S.M.I. tra i fondatori) da Mammiano fino a Pracchia, stazione delle Regie Ferrovie sulla Porrettana, asse portante dei collegamenti ferroviari tra Nord e Sud della penisola. Seguìta dalla teleferica per fusi da laminare Limestre-Mammiano e dalla maestosa centrale idroelettrica di Sperando, sulla Lima (1913, progetto di Lapo Farinati degli Uberti).
Il Ponte Sospeso
Fino poi ad arrivare al colpo di scena, alla novità assoluta: un “ponte sospeso” gettato sul torrente Lima per collegare la ferrigna
Mammiano Bassa a Popiglio, abitata da molti pendolari delle ferriere mammianesi, per avvicinare due centri che si guardano separati da una profonda gola.
Un ponte molto innovativo, realizzato da maestranze della zona sotto la direzione di un conte, Vincenzo Douglas Scotti della Scala di San Giorgio, rampollo di una delle più importanti famiglie del patriziato piacentino, discendente di una remota casata scozzese (gli Scoto, come si tramanda).
Un nobile decisamente particolare, il nostro, specializzato in elettromeccanica e trasferitosi dopo esperienze in Inghilterra e Germania sulla nostra Montagna, dove sarà per oltre trent’anni direttore del laminatoio SMI di Mammiano Basso. Stimato e capace, in questa veste si dimostrerà sensibile oltre che ai problemi dell’industria anche a quelli dei suoi lavoratori, e ad uno in particolare: il dover affrontare, per recarsi a piedi in fabbrica, ogni giorno e con ogni tempo, cinque-sei chilometri di sentiero disagevole, con salite e discese ripide, e con in più l’attraversamento di un fiume! Sua quindi l’idea dell’arditissimo collegamento sospeso: in realtà una passerella pedonale, fatta di tavoloni e reti metalliche, retta da quattro cavi di acciaio mantenuti in tensione e ben ancorati alle estremità, a blocchi di calcestruzzo sul lato di Mammiano, alla viva roccia sull’altro, di 227 metri di lunghezza, circa 80 centimetri
di larghezza utile a 36 metri di altezza massima sul fiume – quanto un palazzo di dodici piani, per intenderci.
Iniziato nel 1920, con progetto ed esecuzione fatti a vera regola d’arte da risorse interne o comunque locali, il ponte “delle Ferriere” è concluso nel giugno del 1923 e lanciato sulla gola, esile come un ponte tibetano, e sempre ondeggiante, per il vento ma anche per il cauto avanzare degli operai in fila indiana, le mani serrate sui cavi, incerti, immaginiamo, tra il timore di cadere e il sollievo per la stradaccia risparmiata.
Un ponte provvidenziale, considerato fin da subito un prodigio tecnico e un azzardo mozzafiato, che però non durerà a lungo per il suo scopo primario, la viabilità, bruscamente abbandonato un decennio più tardi con lo spostamento a Campotizzoro del baricentro produttivo della S.M.I., ormai orientata sul rame, e lasciato così al modesto spostamento locale e alla curiosità di pochi visitatori.
Poi, dal 1990, la notorietà diventa internazionale. Il Guinness dei Primati lo incorona come “the longest such bridge in the world”, titolo che mantiene per oltre quindici anni, e così i turisti cominciano a scoprirlo, attratti lì come per una sfida personale con l’altezza, con l’oscillazione, col vuoto. Un’esperienza che anche oggi, al tempo delle emozioni simulate, resta a maggior ragione vera, forte, che magari fa desistere chi col vuoto non ha dimestichezza, e regala agli altri il senso e il brivido di una prova. Tra l’altro in piena sicurezza. Perché il ponte sospeso dagli anni Venti non ha mai avuto veri problemi strutturali. È arrivato pressoché identico ai primi anni Duemila, quando è stato sottoposto a importanti lavori di consolidamento, e di opportuna messa a norma, tramite sostituzione degli antichi canapi d’acciaio, peraltro ancora in discreta forma, e consolidamento di ancoraggi e protezioni.
Il tutto senza alterarne la natura originaria di passerella aerea, viva, libera di reagire al passaggio umano, anche disordinato, come alle folate di tramontana. Ben mobile quindi, ma sempre nei limiti concessi dai tiranti laterali, messi lì per controventare, cioè per smorzare, ma senza annullarlo, il suo caratteristico, originario, emozionante, quasi sidereo rollìo ... sulla Gola della Lima! ☜
Pistoiese Mountains - Lima Valley
The Suspension Bridge
— Last year, the Suspension Bridge that connects Mammiano Basso with Popiglio, crossing the Lima Valley, turned 100 years old, a prestigious goal for one of the uncontested symbols of the Pistoiese Mountains.
In the Pistoiese Apennines, among woods and waterways that divide themselves between the Tyrrhenian and the Adriatic Sea, the iron industry had already caught on in the late Middle Ages, and had quickly spread in the subsequent centuries. The iron foundries (which, since the XVI century, had been subject to the Magona del Ferro – an industrial property right established by Cosimo I, granted by the Grand Duchy of Tuscany to manage the monopoly of metal and continued for a while by the Lorraine family) and their production chains were the protagonists and impressive growth drivers for the towns on the bigger streams – the Lima, with the Sestaione and Verdiana streams, the Limentra and the Maresca – which were suitable, due to their position, to develop a thriving hydraulic metallurgy which would be modernised only in the late XIX century.
Mammiano would be the first and most long-lived centre of the historic iron and steel industry. Already in 1704, it could count on two iron foundries and a hammering mechanism (distendino) with water-powered spring hammer (to reduce the big metal rods into thinner rods), to which were added, in the same century, a third iron foundry and another distendino: the most important production hub of the Magona in our mountains, which precedes the other “water-powered factories” in Ponte Sestaione, Cutigliano and Campotizzoro and, by far, the private ones in Pontepetri.
In the XIX century, production continued to grow in Mammiano, with hydric diversions from the Verdiana and Limestre streams in order to meet the needs of as many as three iron foundries, two distendino and a spinneret (1839), which were then modernised and joined by a new hot rolling mill (1873) to produce rods, threads and sections of iron. A large product volume, which was further expanded in 1899 thanks to the activity of the Italian Metallurgical Society (S.M.I.) which, since the first decades of the XX century, would take control of the whole metallurgical industry in the Pistoiese mountains and promote the manufacturing
of all the required infrastructures for what, by then, could already be regarded as a network of factories: an “Iron Valley” where hundreds of workers used to work. Logistics was essential back then, as it is today: in just a few years, the new F.A.P. railroad was set up (with the S.M.I. among the founders). It connected Mammiano with Pracchia, a Royal Railways station on the Porrettana line and a backbone of the railway connections between Northern and Southern Italy. It was followed by the Limestre-Mammiano cableway for laminated spindles and by the majestic hydroelectric plant in Sperando, on the Lima stream (1913, project by Lapo Farinati degli Uberti).
The Suspension Bridge
Then comes a plot twist, an absolute novelty: a “suspension bridge” on the Lima stream, to connect the “ferrous” Mammiano Bassa with Popiglio, inhabited by several commuters from the iron foundries in Mammiano. Its purpose was to bring closer together two centres which are separated by a deep gorge.
A very innovative bridge, made by local workers under the guidance of Count Vincenzo Douglas Scotti della Scala di San Giorgio, descendant of one of the most important families of the Piacentine aristocracy which, in turn, descended from a remote Scottish family (the Scoto, as it is handed down).
A very peculiar nobleman, who specialized in electro-mechanics and, following a few experiences in England and Germany, had relocated to our mountains, where, for 30 years, he would be the director of the S.M.I. rolling mill in Mammiano Basso. A respected and competent person, he would prove to be sensitive to the problems of the industry and his workers, one of them in particular: in order to reach the factory, they had to walk 5-6 km every day, and under any climatic conditions, to cross a challenging path with steep climbs and descents and a river.
Therefore, the Count came up with the very daring idea of a suspension bridge, which was actually a pedestrian walkway made up of wooden boards and metal
nets and supported by four steel cables kept under tension and well-anchored to both ends (concrete blocks on the side of Mammiano, bare rock on the other side). It was 227-meter long, with a useful width of 80 cm and a maximum height of 36 meters above the river: to clarify, it was as high as a twelve floor-building.
The project of the Suspension Bridge of the iron foundries started in 1920 and was properly completed in June 1923 by internal or local resources. It was thrown over the gorge, it was as thin as a Tibetan bridge and was constantly oscillating, due to the wind but also to the uncertainty of workers as they cautiously marched in a single line, with their hands clasped on the cables: on one side, the fear of falling down, on the other side, the relief for the bad stretch of road they had avoided to cross.
A providential bridge, which was immediately regarded as a technical wonder and a breath-taking hazard; however, it wouldn’t be used for a long time for its primary purpose, i.e. mobility, and was abruptly abandoned a decade later, when S.M.I’s production barycentre was moved to Campotizzoro, as the company was oriented to the production of copper. Therefore, the bridge was left to the very few local commuters and to the curiosity of some visitors. Then, since 1990, it became internationally famous: it was crowned by the Guinness World Records as “the longest such bridge in the world”, and maintained such title for over 15 years. That’s how tourists started to discover the bridge, attracted by a personal challenge against the height, the oscillation, the void. An experience that, even today, in a time of simulated feelings, remains true and strong: those who are not familiar with the void are led to desist, whereas other people are driven by excitement and a sense of challenge. Furthermore, everything takes place in full safety: in fact, the bridge has never experienced any actual structural problems since the 1920s.
It remained pretty much identical until the early 2000s, when it underwent a few important consolidation and retrofit works, which consisted in replacing the old steel ropes, that were actually in quite good shape, and consolidating the anchoring and safeguards.
All of this without altering its original nature of an aerial and lively walkway, which is free to react to the sometimesmessy human passage, as well as to the gusts of Northern wind. Therefore, it’s still a very mobile bridge, to the extent permitted by the connecting rods, which were placed there as bracings, i.e., to soften its peculiar, original, moving, almost sidereal rolling above the Lima’s gorge, without cancelling it. ☜