APRILE / MAGGIO 2015
ANORESSIA E BULIMIA EPIDEMIA SOCIALE CARMEN CONSOLI POESIA E ROCK AL VIA EXPO 2015 AGRICOLTURA: FEMMINILE PLURALE
prezzo sostenitore 3,00 euro Anno 70 - n.04/05 ISSN 0029-0920
ND_CV_aprile-maggio 2015.indd 2-3
CIBO NEMICO 30/03/15 22.50
Regala e regalati l’abbonamento a noidonne.
Se vuoi regalare l’abbonamento possiamo inviare la prima copia accompagnata da una lettera personalizzata
Le possibilità di abbonamento a noidonne sono le seguenti:
ordinario 25 euro straordinario 60 euro (hai diritto a 3 indirizzi o 3 copie)
sostenitore 100 euro (hai diritto a 6 indirizzi o 6 copie)
Per informazioni redazione@noidonne.org 338 9452935 (Rinaldo)
ND_CV_aprile-maggio 2015.indd 4-5
1+1= 40 euro Due abbonamenti almeno una nuova abbonata con un unico bollettino di soli 40 euro (anzichè 50 euro)
Il versamento può essere effettuato con un bollettino di c/c postale sul conto nr. 000060673001 oppure con Bonifico su BancoPosta intestato a: Società Coop. Libera Stampa a rl c/o Studio Berto Fabio IBAN: IT57 D076 0103 2000 0006 0673 001
30/03/15 22.50
Aprile-Maggio 2015
DELFINA
di Cristina Gentile
1
www.noidonne.org
SOMMARIO
12
14
01 / DELFINA di Cristina Gentile
12 UDI Pesaro/ Lucia Annibali Io sto con Lucia
03 / EDITORIALE di Tiziana Bartolini
13 UDI/Premio Immagini Amiche Diversi ma Pari arriva secondo
4/7 ATTUALITà 14/18 FOCUS/ CIBO NEMICO
04 L’invasione degli extracorpi di Giancarla Codrignani
07 VIANDANDO/MIGRANTI E MIGRATI
14 La malattia dell’anima che consuma il corpo I disturbi del comportamento alimentare Intervista a Laura Dalla Regione di Tiziana Bartolini
8/9 BIOETICA
16 Bigoressia e Ortoressia I nuovi disturbi alimentari
06 Diritti umani e illuminismo Libertà spirituali e dibattito di Stefania Friggeri
L’Europa della Mozione Tarabella Verso una cittadinanza di genere di Luisella Battaglia
18 Anoressia/Nutrirsi di sensi di colpa Intervista a Carla Simeoni di Marta Mariani
10/13 INTRECCI 10 Emilia Romagna/Commissione Parità Dai diritti la forza di una società coesa di Roberta Mori 11 AUSER/Valore Anziani Il cammino dell’Osservatorio P. O. di Vilma Nicolini
19/25 JOB&JOB 19 CIA ALL’EXPO 2015 Pensieri e azioni per un’agricoltura giusta e sostenibile 22 Well_B_Lab*/Agricoltura laboratorio femminile per l’innovazione di Giovanna Badalassi
Mensile di politica, cultura e attualità fondato nel 1944
Direttora Tiziana Bartolini
Anno 70 - numero 04/05 Aprile-Maggio 2015
Editore Cooperativa Libera Stampa a.r.l. Via della Lungara, 19 - 00165 Roma
Autorizzazione Tribunale di Roma n°360 del Registro della Stampa 18/03/1949 Poste Italiane S.p.A. Spedizione abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. In L.27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 DCB Roma prezzo sostenitore €3.00 euro Filiale di Roma
Stampa ADG PRINT s.r.l. Via Delle Viti, 1 00041 Pavona di Albano Laziale tel. 06 45557641
La testata fruisce dei contributi di cui alla legge n.250 del 7/8/90
APRILE-MAGGIO 2015 RUBRICHE
PROGETTO GRAFICO Elisa Serra - terragaia.elisa@gmail.com Abbonamenti Rinaldo - mob. 338 9452935 redazione@noidonne.org
32
38
24 Le radici materne dell’economia del dono/Convegno a Roma di Silvia Vaccaro
43
25 LADYNOMICS/ LA NOSTRA ECONOMIA di Marta Mariani
26 /33 MONDI 26 UCRAINA/SORELLE MA IN GUERRA di Cristina Carpinelli 29 Egitto/ WenDo PER L’AUTODIFESA PERSONALE di Zenab Ataalla 30 UNGHERIA/La ripida salita verso la parità di Massimo Congiu 32 Gran Bretagna/MODA E POTERE Una mostra al Design Museum di Londra di Silvia Vaccaro
34/43 APPRODI 34 Maria Teresa Pellegrini Raho/Il nodo alle radici di Giancarla Codrignani Iris Paxino/Vivere con il dolore di Bruna Baldassarre
amiche e amici del progetto noidonne
Clara Sereni Michele Serra Nicola Tranfaglia
Laura Balbo Luisella Battaglia Francesca Brezzi Rita Capponi Giancarla Codrignani Maria Rosa Cutrufelli Anna Finocchiaro Carlo Flamigni Umberto Galimberti Lilli Gruber Ela Mascia Elena Marinucci Luisa Morgantini Elena Paciotti Marina Piazza Marisa Rodano Gianna Schelotto
Ringraziamo chi ha già aderito al nuovo progetto, continuiamo ad accogliere adesioni e lavoriamo per delineare una sua più formale definizione L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o cancellazione contattando la redazione di noidonne (redazione@noidonne.org). Le informazioni custodite nell’archivio non saranno né comunicate né diffuse e verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati il giornale ed eventuali vantaggiose proposte commerciali correlate. (L.196/03)
36 Liber* tutt*: arriva GendErotica 2015! di Silvia Vaccaro 38 Carmen Consoli, il nuovo CD Poesia e rock, bellezza e libertà di Mirella Mascellino 40 Marianna Musotto, trombettista scrive al ministro Franceschini 41 Cecilia Mangini/In Viaggio con Cecilia di Maria Alessandra Soleti
05 Versione Santippe di Camilla Ghedini 09 Il filo verde di Barbara Bruni 23 Strategie private di Cristina Melchiorri 44 Leggere l’albero di Bruna Baldassarre 44 Famiglia, sentiamo l’avvocata di Simona Napolitani 45 Spigolando di Paola Ortensi 46 Donne&Consumi di Viola Conti 46 Salute BeneComune di Michele Grandolfo 47 L’oroscopo di Zoe 48 Poesia Maria Grazia Insinga Il graffio della parola di Luca Benassi
42 Festina Lente/ Vittoria Colonna Intervista alla regista Lucilla Colonna Giovanna Marini/L’Italia in lungo e in largo di Elisabetta Colla
ringraziamo le amiche e gli amici che generosamente questo mese hanno collaborato
Massimo Congiu Viola Conti Stefania Friggeri Cristina Gentile Camilla Ghedini Michele Grandolfo Marta Mariani Daniela Angelucci Mirella Mascellino Zenab Ataalla Giovanna Badalassi Cristina Melchiorri Roberta Mori Bruna Baldassarre Marianna Musotto Tiziana Bartolini Simona Napolitani Luisella Battaglia Vilma Nicolini Luca Benassi Paola Ortensi Barbara Bruni Maria Alessandra Soleti Cristina Carpinelli Giancarla Codrignani Silvia Vaccaro Elisabetta Colla
‘noidonne’ è disponibile nelle librerie Feltrinelli ANCONA - Corso Garibaldi, 35 • BARI - Via Melo da Bari 117-119 • BOLOGNA - Piazza Galvani, 1/h • BOLOGNA - Piazza Porta Ravegnana, 1• FIRENZE - Via dei Cerretani, 30-32/r MILANO - Via Manzoni, 12 • MILANO - Corso Buenos Aires, 33 • MILANO - Via Ugo Foscolo, 1-3 • NAPOLI - Via Santa Caterina a Chiaia, 23 • PARMA - Via della Repubblica, 2 PERUGIA - Corso Vannucci, 78 - 82 • ROMA - Centro Com.le - Galleria Colonna 31-35 • ROMA - Via Vittorio E. Orlando, 78-81 • TORINO - Piazza Castello, 19
Aprile-Maggio 2015
3
VEDI ALLA VOCE
E
CIBO
conomia, moda, spettacolo, cultura, ambiente, lavoro, tradizione, passione, salute, malattia… si potrebbe continuare ancora per molto con le connessioni evocate dalla parola cibo. Nutrimento è una tra le tante. Paradossalmente la ragion d’essere fondamentale del cibo - far vivere i corpi, nutrendoli - scompare, sommersa dai flutti dei valori aggiunti che la civiltà occidentale e dell’opulenza ha creato dal nulla per fare cassa, per concedersi nuovi stimoli, per capriccio. L’essenziale, il necessario per la sopravvivenza, è parte minoritaria di un mercato globale ipertrofico che si autoalimenta di produzioni finalizzate al marketing senza riuscire a sfamare tutto il mondo. In questo tempo convivono milioni di esseri umani che non hanno accesso al cibo e milioni che, pur avendone tanto a disposizione, se lo negano fino a morire. Una contraddizione solo apparente, risultato perfetto degli squilibri e delle distorsioni di un progresso imperfetto. L’Occidente è il grande imputato degli errori politici, sociali, economici che hanno generato ingiustizie e sofferenze, seguito dai Paesi emergenti che non sempre hanno preso ad esempio il meglio. Inquinamenti e distruzioni ambientali hanno cambiato i connotati ad enormi aree del Pianeta in un delirio di onnipotenza che sembra inarrestabile. Speriamo che l’Expo 2015 di Milano sia un’opportunità per cambiare rotta, come e dove occorre. Sarà anche occasione per valorizzare ciò che funziona bene e che andrebbe messo a regime e reso strutturale. In questo numero di NOIDONNE, in cui si parla dell’Esposizione universale dedicata a ‘Nutrire il Pianeta-Energia per la Vita’, abbiamo voluto approfondire i tratti di quelle malattie psichiatriche gravissime chiamate disturbi del comportamento alimentare che uccidono le energie e le persone imponendo loro il rifiuto del cibo e quindi il rifiuto della vita. “Epidemia sociale” di proporzioni inaudite da cui gli “allegri o arcigni cuochi in tv” distolgono la nostra attenzione, continuando ad alimentare (!) falsi miti della perfezione,
anche estetica. Epidemia femminile, visto che anoressiche e bulimiche costituiscono il 90% dei casi. Ma è femminile anche la capacità di dissodare nuovi territori con l’agricoltura multifunzionale nelle nostre piccole aziende agricole, così come è sempre stata delle donne la capacità di sfamare le famiglie nei villaggi africani con piccole e sapienti colture. Antichi e nuovi saperi femminili intorno al cibo e al nutrimento che nel gigantismo dell’Expo proveranno ad elevare la loro voce. Tiziana Bartolini Cara lettrice, come sai stiamo gestendo una fase molto, molto difficile. Il ridimensionamento drastico del fondo della Presidenza del Consiglio destinato ai giornali ha causato già la chiusura di molte testate e NOIDONNE - che insieme a 200 periodici è a rischio - sta lottando affinché il pluralismo dell’informazione in Italia continui ad essere un valore per la democrazia ed una realtà al servizio della cittadinanza. Siamo protagoniste della campagna #menogiornalimenoliberi. Nel sito puoi firmare la petizione e puoi leggere le tante testimonianze raccolte a sostegno. Donne e uomini della cultura, della politica, dello spettacolo chiedono insieme a noi che non cessino le voci dell’informazione cooperativa e no profit. Siamo anche impegnate in una campagna straordinaria di abbonamenti e di raccolta pubblicitaria (tutti gli aiuti sono i benvenuti) per garantire un futuro ad un giornale che ha avuto una grande storia e che continua ad avere un ruolo unico e insostituibile. La cautela con cui ci siamo sempre mosse ci ha imposto di far uscire questo numero doppio, accorpando aprile e maggio. Siamo certe che capirai e che continuerai a sentirti vicina ai nostri sforzi. Il prossimo appuntamento è con il numero di giugno.
4
Aprile-Maggio 2015
L’INVASIONE DEGLI EXTRACORPI
La visibilità politica delle donne e la declinazione al femminile (e seduttiva) della tradizione sociale, politica e sindacale del sistema. Senza cambiarlo di Giancarla Codrignani Micromega racconta la favola del pianeta Montesquieu, dove era stato addomesticato il mostro del Dominio Incontrollato creando un saggio equilibrio tra i poteri chiamati Esecutivo, Legislativo e Giudiziario, che si controllavano e bilanciavano a vicenda. Le donne del femminismo avevano creduto di avere almeno messo un robusto guinzaglio al mostro che aveva incominciato la sua carriera opprimendo le donne, mentre i maschi si compiacevano dei loro figli Esecutivo, Legislativo e Giudiziario. Speravano di finirla con la principessa legata alla rupe del sacrificio che aspetta Sangiorgio a liberarla. Meglio la Bella e la Bestia, anche se sappiamo che la “bestia” non scompare mai del tutto nemmeno “per amore”. Invece ci risiamo. È tornato il neutro, che rende noi donne persone responsabili di un inflessibile esistente che vorremmo cambiare e invece ci integra nella crisi e nei sacrifici per restare immutato. Tornano addirittura i rischi che i conflitti esplodano: la stranezza - solo per il nostro sguardo - è che si modernizzano ricorrendo non solo ad armi ipersofisticate e sempre destinate a distruggere umani che non sono (ancora) robot, ma anche a forme mediatiche volte a incrementare le paure. Come quando i media nostrani chiamano
Salvini per alzare l’audience, che, davvero, cresce per l’attrattiva (?) dei linguaggi violenti (e il povero Grillo uscirà di scena se non ne inventa di nuove). Che cosa c’entriamo noi in tutto questo in quanto donne? Eppure andiamo dentro tutte queste che non sono solo suggestioni, perché, di fatto, ci obbligano. Come le poverette che, se non si velano, non possono uscire di casa. E gli va pure bene, se in un’intervista recente a donne indiane una ragazza diceva che “preferiva” il matrimonio combinato alla scelta personale: effetti penetranti e durevoli del potere di tradizioni implacabili. Se pensiamo al nostro paese… anche qui ci risiamo. Le donne non mancano di visibilità politica, ma, tranne l’aspetto seduttivo, declinano in veste e voce femminile il verbo della tradizione sociale, politica e sindacale del sistema. Forse solo sulla religione si sente qualche ipotesi trasgressiva di alterità. La sinistra politico-sindacale si è riscoperta la voglia di fare “coalizione” di sinistra. Peccato che Maurizio Landini, Stefano Rodotà e Sergio Bologna formulino proposte poco compatibili fra loro, ma “di sinistra”. Fa quasi nostalgia pensare all’Ulivo di Prodi o agli arcobaleni di tutte le esperienze della società civile, tipo girotondi, Nanni Moretti o
Acquerello n.3 – cm 60 x 70 Popolo Viola. Perfino i partiti sono diventati sede dell’antipolitica, mentre dovrebbero essere - come vuole la Costituzione - organi della partecipazione almeno per riprendere d’urgenza la loro funzione. Invece la sinistra è andata dietro al populismo delle primarie che, senza una legge che ne stabilisca le regole per tutti i partiti e i movimenti, apre, inesorabilmente, alla corruzione e alle preferenze destinate ad alimentare il mercatino dei voti di qualunque mafia. Davvero l’invasione degli extracorpi. Si aggiunge effetto, anch’esso a suo modo mostruoso, dei media, della loro interferenza finalizzata alla creazione di effetti speciali anche quando dovrebbero fare solo informazione: parlano delle riforme costituzionali come se non fosse dal 1983 che ci stiamo dentro e senza illustrare possibili alternative o emendamenti e puntano solo sull’allarmismo compulsivo, che si tratti di una madre che forse ha ucciso il suo bambino o del terrorismo. Sembra che si debbano diffondere solo lo sconcerto e la paura. Possibilmente anche molta censura. Senza darlo a vedere, sempre contro le donne. Per una decina di giorni siamo stati dentro un allarmismo che portava a vedere in ogni corpo maschile barbuto la cintura esplosiva che ti farà morire, ieri a Parigi, domani a Mila-
Aprile-Maggio 2015
no. In Italia ci sono state quattro vittime di terrorismo per un attentato verificatosi a Tunisi. Potrà accadere che nel 2015 ci siano problemi di sicurezza anche da noi, ma intanto non dimentichiamo che per tutto il 2014 - tranne qualche “marocchino” che ha ammazzato la moglie come fanno gli italiani e gli altri europei - abbiamo avuto 58 morti di mafia e in marzo, a Bologna, una sessione della Commissione Antimafia con la Bindi perché l’Emilia è invasa dalla ‘ndrangheta. Nessuno nega l’esistenza del fondamentalismo islamico e dell’Isis, ma la Regione Lombardia ha fatto una legge per vietare la costruzione delle moschee, come se non fosse un incentivo alla vendette. Intanto in Nigeria le studentesse rapite e vendute non ricompaiono e i bambini imparano a uccidere come dovere religioso. Come diceva Pat Carra su Aspirina di febbraio, “dopo l’11 settembre la Nato e gli Stati Uniti hanno scatenato guerre in nome della libertà femminile, bombardando paesi e distruggendo antiche civiltà con la scusa strumentale di liberare le donne dal burqa”. Eppure qualcosa si muove: in Afganistan alcuni uomini - pochi ma ripresi dalle tv - hanno osato nel marzo scorso indossare il burqa per solidarizzare con le donne e vedere il mondo dietro quella copertura. Anche in Turchia - dove il presidente Erdogan non solo manifesta da sempre tendenze (e norme) sessiste, ma ha vietato alle donne di indossare minigonne e di allattare in pubblico - altri maschi hanno manifestato indossando la minigonna (sopra i pantaloni: buffissimi, ma bravi). Gli uccellacci mostruosi che svolazzano in giro non sono innocui Birdmen (che comunque rappresentano sempre l’uomo mascherato, il Superman, il dominatore) perché sono da sempre amanti dei conflitti e delle guerre. Eppure sono visibilmente abbastanza stupidi perché nessun essere ragionevole preferisce la violenza. Eppure condizionano anche le donne che, quando hanno uguali responsabilità, non si accorgono di lavorare per l’invasione degli extracorpi? b
di Camilla Ghedini
S
e non hai una patologia divulgata da pagine di letteratura medica non hai nulla. Se la tua sofferenza è poco decifrabile, non ha una evidenza scientifica riscontrata da decenni di studio e ricerca, forse non è tale. Forse sono tutte balle, esagerazioni, vittimismi che nascono nella tua testa. Nel migliore dei casi è tutto legato allo stress, alle frustrazioni, è di derivazione psicosomatica. Sì, è senz’altro così, soprattutto se sei donna, perché sei più vulnerabile, perché prima hai il ciclo, poi avanzando l’età non lo hai più e allora - apriti cielo - con gli ormoni in subbuglio si perde la ragione! Per un uomo la storia è diversa, anche se non sempre, va detto. Di sicuro a un uomo nessuno direbbe mai
andiamo a ritroso, ricorderemo quel coetaneo di tre anni che all’asilo ci ha dato un calcio...forse meritato! Se ci riflettiamo è cominciato tutto lì! In quell’istante la nostra vita è stata segnata, abbiamo percepito la nostra debolezza e maturato l’insicurezza. Purtroppo nessuno intorno a noi si è accorto del disagio che abbiamo coltivato in solitudine! Così la terapia diventa “prova a cercare te stessa, vedrai che starai meglio. Volere è potere. Se vuoi, ci sono bravi terapeuti, in dieci sedute ti riconciliano coi tuoi desideri. Oppure ci sono derivati di erbe, non fanno effetto immediato ma poi vedrai che benefici!”. A chi non è capitato di imbattersi in questo girone di superficialità? Tra amici, conoscenti, maghi e medici
MALATA? NO, STRESSATA “è l’emotività”, semmai “sei un po› depresso, ma è normale, con tutte le responsabilità che hai, stai tirando troppo”. Per noi è diverso. Quando abbiamo un malessere di difficile diagnosi - perché ormai, ad esempio, le auto immuni si sono diffuse a macchia d›olio, alcune gravi, altre meno - sicuramente è l›emotività che non riusciamo a gestire che ha fatto scoppiare il tutto. E per noi non è una diminutio, no, perché deve addirittura suonarci come complimento, perché in fondo, se siamo emotive, siamo anche sensibili e buone! Che nobile animo abbiamo! Sicuramente, a ben pensarci, abbiamo un trauma aperto dall’infanzia. Abbiamo una ferita irrisolta. Non vogliamo essere felici, dobbiamo punirci di qualche antica colpa. Se
che neppure ti visitano il ‘corpo’ ma credono di conoscere la tua ‘mente’? A me, ad esempio, è capitato che mi dicessero che avevo male a un muscolo della gamba perché la cellulite me lo schiacciava! A parte l’offesa, la verità è che la cellulite fino a quel momento non l’avevo mai avuta. “Ovvio - la risposta - prima eri più giovane..e meno stressata”. Alla fine ho cambiato medico! Quello attuale mi ha preso sul serio e così ho anche io la mia patologia vera seppure non drammatica. Che non mi accorcia la vita ma ne diminuisce ‘solo’ un po’ la qualità. E se non stai benissimo cosa sarà mai? Hai una testa, due tette, due braccia, due gambe. Cosa vuoi di più? Forse, dai, se ti riposi un po’ addirittura passa...
5
6
Aprile-Maggio 2015
DIRITTI UMANI E ILLUMINISMO di Stefania Friggeri
L’importanza della libertà spirituale nelle chiese e del dibattito che suscita Il 7 febbraio, lo stesso giorno in cui i fanatici musulmani insanguinavano Parigi, è uscito il romanzo di M. Houllebecq “Submission”, ovvero la sottomissione della Francia all’islam: nel 2020 i partiti di centrosinistra, per evitare la vittoria di Le Pen, stringono alleanza con la Fratellanza Musulmana francese il cui leader viene eletto presidente. La Francia diventa una società patriarcale e misogina, ma soddisfatta: diminuisce la disoccupazione perché le donne, che non portano più la minigonna, escono dal mondo del lavoro, la dedizione femminile al lavoro di cura rende obsoleta la previdenza sociale, si afferma la poligamia: una donna giovane e desiderabile per il sesso, una sposa matura e robusta per i lavori domestici. Quanto al governo, Ben Abbes chiede solo il ministero dell’educazione attraverso il quale potrà influire sulla sensibilità e sul pensiero dei giovani (in Italia, a parte Berlinguer, il ministero dell’istruzione è stato sempre ricoperto da un cattolico). Dalle pagine di “Submission” esce la voce di Cassandra? La storia ci insegna che l’incontro fra i popoli, a parte i casi terrificanti di genocidio, sempre produce un meticciato culturale, anche quando l’integrazione appare contro natura, come nel caso dell’incontro fra il razionalismo e l’apertura alle diverse fedi del mondo grecoromano, pagano, e lo spirito intollerante del monoteismo cristiano. E oggi, di fronte al fenomeno dell’emigra-
zione dai paesi islamici, è più realistico parlare di incontro o di scontro? anche perché la stragrande maggioranza dei migranti non proviene da paesi in cui opera la laicità, principio fondante della democrazia, ma da paesi dove il potere politico è conteso fra le diverse chiese (sciiti, sunniti, wahabiti, fratelli musulmani, salafiti….) e le lotte interne all’islam ricordano quelle interne alla cristianità che hanno insanguinato l’Europa secoli fa (vedi la guerra dei Trent’anni fra cattolici e protestanti o i Pellegrini del Mayflower che, per salvarsi dalla persecuzione religiosa hanno varcato l’oceano e fondato la prima colonia degli Stati Uniti dove non a caso convivono senza contraddirsi la laicità dello Stato e un grande rispetto per la religione. Le vignette francesi, infatti, non sono state pubblicate negli USA, un paese la cui cultura non è stata alimentata da quella pagana della Grecia antica dove Aristofane nelle “Rane” nominava gli dei con parole empie ed oscene; e questo mostra la sua disomogeneità con l’Europa, in particolare con la Francia di Rabelais dove la satira è vissuta come ossigeno del pensiero critico e sintomo di salute democratica. Charlie Hebdo è la rivista di un paese dove da secoli si fa politica anche a colpi di matita e dove è forte l’eredità degli illuministi (Voltaire: “Se Dio non ci fosse bisognerebbe inventarlo”, Diderot: “Infatti l’hanno inventato”); le sue battaglie culturali sono dirette contro il potere, in primo luogo militare, sbeffeggiando e mettendo alla gogna anche le chiese. Ma ora, dopo la tragedia, ci si interroga intorno alla dicotomia classica fra il diritto alla critica e l’offesa: è legittimo criticare tutto, anche la religione? Per i giornalisti di Charlie Hebdo sì, perché anche la religione (una co-
Aprile-Maggio 2015
stellazione di dogmi patriarcali e sessuofobici che devastano le intelligenze con la superstizione e i pregiudizi, che producono servilismo ed infelicità con l’ossessione del peccato e della punizione eterna) è un luogo di potere. E infatti, nonostante il rischio, la rivista ha continuato a pubblicare vignette provocatorie ed irriverenti. In Italia l’idea che le religioni debbano godere di una protezione speciale è diffusa (anche se non hanno fatto scandalo le parole di Ratzinger e Woytila che hanno bollato l’aborto come il “genocidio dei nostri giorni”, ovvero: chi abortisce è una SS) e infatti alcune forze chiedono di tracciare un limite al diritto di fare satira alla religione. Ma una norma certa potrebbe diventare il cavallo di Troia per depotenziare la libertà di espressione, come è già accaduto per altri diritti quando vengono tagliati a fette, ed infatti le sentenze che toccano i diritti sono attese con particolare pathos perché rispecchiano la dialettica sempre in evoluzione fra il sentire comune e le istanze aperte al nuovo. Ma nell’atmosfera creata dagli attentati si è diffusa l’autocensura e forse i fanatici pensano di aver vinto, non avendo compreso che nel mondo globalizzato il loro vero nemico è il desiderio di emancipazione femminile: da un lato c’è la dottrina delle teologhe che propongono una diversa interpretazione del Corano, dall’altro ci sono le emigrate che cercano di promuovere un cambiamento all’interno della famiglia e diventano sempre più scomode per i loro mariti. E a noi tocca supportarle senza avere la presunzione di insegnare loro cosa devono fare. Mi piace sottolineare la curiosità culturale e l’apertura mentale dimostrate nella ricerca di un confronto con altre donne che riflettono e argomentano il femminile dal punto di vista dei credenti e delle chiese. Noi abbiamo scelto altri approdi e non dimentichiamo il peso delle religioni nel soffocare ogni espressione di libertà e creatività femminile. Sappiamo bene che i diritti dell’uomo, o meglio i diritti umani non sono stati regalati all’umanità dalle chiese - né cattolica, né riformate - ma sono un frutto dell’illuminismo. E sappiamo che da lì vengono via via le faticose e non scontate conquiste delle donne. Tuttavia la libertà spirituale è germogliata anche nelle chiese, producendo frutti stimolanti anche per noi, anche ma non solo, sul tema del conflitto di genere e delle divisione del potere fra i generi. La ricchezza del dibattito, il contributo di molte donne intellettuali credenti ci incuriosisce, ci intriga, ci pone un interrogativo. A noi può sembrare che il confronto dentro la chiesa, sul tema del femminile o su altri temi, debba essere più lacerante e meno componibile perché la libertà di pensiero si trova contro dogmi e verità assolute. Scopriamo d’altra parte che l‘appartenenza a una comune famiglia-chiesa, partendo dalla base comune di verità e fede, consente confronti ricchi di stimoli e soprattutto pericolosamente vicini e in sintonia con quanto le donne laiche cercano di elaborare nel mondo politico e sociale. b
7
MIGRANTI E MIGRATI #12.000km in bici MIGRANTI E MIGRATI è il nuovo progetto di VIANDANDO (associazione di Promozione Sociale per la promozione del viaggiare lento, in particolare cicloturismo, e dell’incontro tra persone e culture) che ha come obiettivo “affermare un approccio diverso alla questione dei flussi di persone in viaggio ed in arrivo, sempre più numerose, tramite la sensibilizzazione, la promozione del dibattito e la diffusione di una corretta informazione sui temi politici e sociali connessi alle migrazioni, ai migranti ed alle comunità di arrivo, all’integrazione ed all’assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni e della società civile”. Tra le principali attività di VIANDANDO è la realizzazione di imprese sportive, nella forma del viaggio, volte a catalizzare l’attenzione pubblica su tematiche di rilevanza sociale che creino occasioni di scoperta e conoscenza, legami e relazioni, offrendo la possibilità di esplorare realtà nuove e partecipare a progetti sociali. MIGRANTI E MIGRATI è partito con la “sua prima linea di azione”: #12.000km in bici, una raccolta di km (avviata a fine marzo si conclude a metà giugno 2015) aperta alla partecipazione di chiunque voglia pedalare e “donare” simbolicamente i km percorsi al progetto, le proprie riflessioni, scoperte e racconti. Informazioni sul funzionamento dell'iniziativa sono nel sito www. viandando.eu. Anima e ideatrice di VIANDANDO è Gaia Ferrara, già protagonista del progetto di sensibilizzazione “1.200 km in bici per i Fantasmi di Portopalo”, realizzato nell’agosto 2014 per ricordare il naufragio di un barcone con 300 migranti morti nel 1996 a Portopalo di Capopassero. Gaia Ferrara nell’ambito di MIGRANTI E MIGRATI è partita il 27 marzo con due mete da raggiungere in bicicletta: una al sud (Molise, Puglia, Basilicata, Calabria) ed una al nord (Torino-Bologna-Firenze- Via Francigena fino a Roma) per un totale di circa 2000 km. Il progetto #12.000km in bici è realizzato con il patrocinio del CONI e di Federciclismo, la collaborazione di ARCI, Amnesty International e Libera. www.viandando.eu – info@viandando.eu
8
Aprile-Maggio 2015
Luisella Battaglia Istituto Italiano di Bioetica www.istitutobioetica.org
APPROVAZIONE MOZIONE TARABELLA
L’EUROPA VERSO UNA CITTADINANZA DI GENERE za, si interroga sul fatto se informazione sui loro diDIRITTI SESSUALI tale concetto tenga oggi ritti e sui servizi dispoE RIPRODUTTIVI conto delle Pari Opnibili; l’attuazione di DELLE DONNE, LIBERTÀ DI ABORTO portunità di genere misure e di azioni E CONTRACCEZIONE: relativamente alla rivolte a sensibilizAPPROVAZIONE salute psico-fisica zare gli uomini sulle DELLA MOZIONE delle donne e ai loro loro responsabilità in TARABELLA DELL’EUROdiritti riproduttivi. Ne dimateria sessuale e riPARLAMENTO scendono talune (amare) produttiva - non si può riflessioni su quanto le idenon salutare con favore ologie e le credenze abbiano una normativa che sembra condizionato la costruzione delle legconfigurare finalmente una ‘cittadina data indubbiamente imporgi - si pensi, in particolare, alla legge nanza di genere’. tante quella del 9 marzo - im40 e al pesante impianto dottrinario Guardando al dibattito sui diritti ripromediatamente successiva alla su cui è stata modellata - e quanto, duttivi - a partire dalla legge 194 del festa della donna - che ha visto l’Euinvece, tale costruzione sia ispirata ai 1978 sull’interruzione volontaria della roparlamento chiamato a esprimersi concreti bisogni delle persone cui le gravidanza fino alla legge 40 del 2004 sulla mozione Tarabella, riguardante leggi dovrebbero essere rivolte. sulla procreazione medicalmente asanche la libertà di contraccezione A Strasburgo si è affermata la linea sistita - emergono in effetti una serie e di aborto. A leggerne i punti prinpiù laica e liberale: il Parlamento Eudi interrogativi sia sul potere delle cipali - il riconoscimento del pieno ropeo ha infatti approvato ad ampia donne che sulla possibilità di una citcontrollo da parte delle donne dei maggioranza una risoluzione che intadinanza di genere. Un primo quesiloro diritti sessuali e riproduttivi, in vita l’Unione a migliorare le politiche to, relativo al potere, mette al centro particolare attraverso un accesso per raggiungere un’effettiva parità la possibilità da parte delle agevole alla contracceziodi genere mettendo in evidenza le donne di decidere libene e all’aborto; il sosteLA COMPETENZA principali sfide per il futuro, a partiramente in relazione ai gno delle misure e delle IN MATERIA re dalla lotta contro le violenze sulle propri progetti di vita azioni volte a miglioSANITARIA E DI DIRITTI donne. I deputati esortano gli stae alla proprie scelte rare il loro accesso SESSUALI E RIPRODUTTIVI ti membri ad applicare pienamente riproduttive. Un seai servizi di salute RESTA DEGLI STATI MEMBRI, la direttiva relativa all’attuazione del condo quesito, resessuale e riproMA L’INVITO principio della parità di trattamento lativo alla cittadinanduttiva; una migliore È A RECUPERARE
U
IL RITARDO LEGISLATIVO
Aprile-Maggio 2015
È COSÌ DIFFICILE tra la sfera della morae di Pari Opportunità RICONOSCERE CHE le personale e la sfein materia di occupaOGNI PERSONA HA UNA PROPRIA SCALA DI VALORI ra giuridica o, se si zione e impiego; a sbloccare i progetti CHE DOVREMMO RISPETTARE, vuole, tra ciò che ANCHE SE può essere giudicadi legge sulle quote PERSONALMENTE to ‘peccato’ e ciò che femminili nei Consigli NON LA viene definito ‘crimine’ di Amministrazione e a CONDIVIDIAMO? è ciò che caratterizza lo promuovere le politiche stato liberale. educative che incoraggiaOccorrerebbe infine ricorno le donne a scegliere cardare che tali diritti devono essere riere nel campo della scienza e delle ricompresi a pieno titolo tra i diritti tecnologie dell’informazione e delle umani sanciti dalla Dichiarazione Unitelecomunicazioni; ad affrontare le versale dei Diritti dell’Uomo e conproblematiche delle donne che lanessi, pertanto, ad una serie di altri vorano a tempo pieno, garantendo diritti come quello alla vita, alla libertà che siano assicurate cure di qualità ai e alla sicurezza personale, a un tratbambini e alle persone non autosuftamento equo, a ottenere lo ficienti. Cruciale è il capitostandard di salute più alto lo sulla condivisione delle possibile. Si tratta di diresponsabilità familiari ritti che, in quanto bio(dovrebbe essere gaDA STRASBURGO eticamente rilevanti, rantito un congedo di L’ESORTAZIONE sono da collocare paternità retribuito AGLI STATI MEMBRI A PROMUOVERE tra i diritti di cittadidi almeno 10 giorLE PARI OPPORTUNITÀ nanza e, in tal senso, ni) e sulla flessibilità IN TUTTI I CAMPI rivestono un irrinunnell’organizzazione del ciabile significato per la lavoro che potrebbe popolazione femminile. La agevolare la partecipazioquale vedrebbe finalmente ne femminile. La compegarantita quella sfera di liceità che tenza in materia sanitaria e di diritti dovrebbe consentire ad ognuno, in sessuali e riproduttivi resta tuttavia piena libertà di coscienza, di assumedegli Stati membri. L’invito è comunre decisioni relative ai suoi progetti, que assai chiaro: su questa e su altre anche procreativi, che corrispondamaterie eticamente sensibili il ritardo no alla sua idea di ‘vita buona’. ❁ legislativo deve essere recuperato. Nel nostro paese l’affermazione dei diritti riproduttivi è stata al centro di un aspro conflitto che non ha tardato ad assumere i toni di una vera e propria crociata. Si riproporrà anche ora tale scontro, come sembrano annunciare certi bollettini di guerra? Ancora una volta una biopolitica autoritaria pretenderà di ingerirsi nella vita privata, entrando nelle decisioni più intime e sofferte della vita personale? È così difficile riconoscere che ogni persona ha una propria scala di valori che dovremmo rispettare, anche se personalmente non la condividiamo? L’esistenza di una netta separazione
9
Il filo verde di Barbara Bruni
EXPO 2015: IL BIODIVERSITY PARK
Un parco di 8.500 metri quadrati, un teatro e due padiglioni saranno dedicati ai temi della “agrodiversità e dell’agricoltura biologica”, attraverso il Biodiversity Park di Expo Milano 2015. L’idea è quella di presentare le cinque aree climatiche e paesaggistiche che sintetizzano la nostra Penisola: dalle Alpi agli Appennini, dalla Pianura Padana ai Tavolieri altipiani, passando per le Isole, i paesaggi tipici del territorio italiano saranno rappresentati con allestimenti che utilizzano principalmente elementi di vegetazione. Le cinque aree mostreranno anche il concetto di agro-biodiversità, ossia la qualità delle differenti colture, sia per disposizione del suolo che per differenza di ambienti botanici.
SCUOLA E ARIA INQUINATA
Secondo uno studio finanziato dalla UE, nelle scuole non si respira “aria buona”. Dalla fotografia scattata in 114 istituti europei emerge che: l’85% degli scolari europei è esposto a micropolveri sottili in concentrazioni superiori a 10 microgrammi per metro cubo, valore guida medio annuo raccomandato dall’Oms. Ma non solo, i ragazzi sono anche esposti a quantità eccessive di radon, benzene e formaldeide. Complici i doppi vetri, uniti all’assenza di ventilazione, alle aule densamente popolate, alla vicinanza a strade molto trafficate, nonché a causa di scarsa igiene e pulizia. A fare la differenza, oltre all’introduzione di un buon sistema di ventilazione, sarebbe anche la presenza di un infermiere scolastico - una figura presente nel Nord Europa - addetto sia all’assistenza sanitaria che al controllo dei servizi di pulizie.
IL PONTE DI PLASTICA
Circa 23 metri e 157mila bottiglie di plastica sono i numeri del ponte più grande del mondo costituito interamente con plastica riciclata. Sorge oggi sul canale Bega a Timisoara, in Romania, ha una forma circolare, è dotato di scale e ringhiere, e regge più di 200 persone. La raccolta delle bottiglie è stata effettuata da un gruppo di 500 volontari, in poco più di due settimane. Secondo una stima di Plastic Europe, nel mondo si producono ogni anno circa 288 milioni di tonnellate di plastica. Di queste, 10 milioni finiscono - sotto forma di rifiuti - negli oceani, con conseguenze fatali per molte specie marine.
2014 IN ITALIA CALA L’EOLICO
Sono solo 107 i Megawatt di energia eolica installati in Italia nel 2014, con un calo percentuale del 76% rispetto all’anno precedente. Secondo l’Anev - Associazione nazionale energia del vento –, per salvare un settore che comunque da lavoro a molti giovani, soprattutto nel sud Italia, occorrerebbe un intervento tempestivo del Governo. Si è passati, infatti, da circa 37mila occupati nel 2012 ai 30mila dello scorso anno. Le aziende del settore eolico attendevano per la fine del 2014 l’emanazione dei correttivi per le aste da parte del ministero dello Sviluppo economico, ma il decreto per la definizione dei contingenti 2016-2020 sembra non sia stato ancora emanato.
10
Aprile-Maggio 2015
Dai diritti la forza di una società coesa di Roberta Mori*
Il lavoro che attende la nuova Commissione Parità della Regione Emilia-Romagna
I diritti delle persone hanno improntato l’avvio della decima Legislatura regionale. La crisi economica ed occupazionale che ci attanaglia da sette anni ha senza dubbio aumentato le disparità sociali, la forbice tra i redditi, le discriminazioni, in tutta Italia e dunque anche in Emilia-Romagna. Le istituzioni debbono collaborare in modi inediti per rispondere ai nuovi bisogni e garantire ad ognuno l’esigibilità dei propri diritti. Coerentemente con l’impegno della scorsa Legislatura, la Commissione che presiedo diventa commissione referente per l’attuazione della L.R. 27.6.2014 n. 6, con esplicita responsabilità sulla medicina di genere e per l’osservatorio regionale e il monitoraggio permanente sulla violenza contro le donne. Sottolineo che attuare fino in fondo la “legge quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere” significa confermare un metodo di partecipazione democratica, di coinvolgimento autentico delle istanze sociali senza il quale la politica è destinata a fallire. Significa attuare la Convenzione di Istanbul che, per prevenire e contrastare la violenza di genere, mira “al rafforzamento dell’autonomia e dell’autodeterminazione delle donne”. Significa farlo grazie ad un’alleanza forte tra donne e uomini, tra le istituzioni e fra queste e il pensiero e l’azione di associazioni femminili mature. Sarà nostro compito “contaminare” di questo metodo e di queste finalità ogni provvedimento della Giunta che andrà ad incidere nelle condizioni di vita delle donne, ma un’attenzione particolare la daremo al sistema di welfare che oggi, purtroppo, non ci sostiene nelle scelte di maternità e di lavoro: basti dire che quasi una donna su due non torna al lavoro dopo il parto o che la differenza salariale a parità di competenze oscilla tra il 12 e il 20%.
Nuove sfide, da concretizzare nei prossimi mesi, si trovano nelle altre competenze che arricchiscono la Commissione: diritti di cittadinanza e delle persone (Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea - Nizza, 7.12.2000); rapporti con gli Istituti di garanzia; Corecom. Oltre la brevità formale, si tratta di creare una collaborazione davvero inedita con il Garante delle persone private della libertà personale e con il Garante per l’infanzia e adolescenza, istituti autonomi ma che hanno contiguità di funzioni con l’Assemblea che, non scordiamolo, oltre a legiferare è l’organo di rappresentanza della comunità regionale che promuove e presidia i diritti di cittadinanza e democratici. Vi sono temi che mi stanno a cuore e di cui mi sono occupata da tempo, come i diritti dei più giovani rispetto al bullismo sul web, o il maggiore ricorso a pene alternative al carcere attraverso il terzo settore, che saranno al centro di iniziative comuni. Così come importante sarà la collaborazione con il Difensore civico regionale, figura di tutela dei cittadini nei rapporti con la pubblica amministrazione, e con il Comitato regionale per le Comunicazioni, che la legge quadro per la parità coinvolge sugli obiettivi di una corretta rappresentazione della donna, sulla lotta agli stereotipi sessisti nelle diverse forme della comunicazione pubblica. In sintesi, la vera sfida che ci attende sta nel far convergere tutti gli strumenti, di garanzia e tutela, di governo e rappresentanza, sull’obiettivo di rendere accessibili ed esigibili tutti i diritti costituzionali delle persone e di realizzare in Emilia-Romagna una compiuta democrazia paritaria dove le discriminazioni non trovino più posto. b *Presidente Commissione regionale Emilia Romagna per la Parità e Diritti delle persone
Aprile-Maggio 2015
VALORE ANZIANI
Il cammino dell’Osservatorio Pari Opportunità di Auser Nazionale in vista della Conferenza di Organizzazione Il punto secondo lo sguardo femminile
Auser è un’associazione di volontariato
e promozione sociale, nata nel 1989, impegnata a favorire l’invecchiamento attivo delle donne e uomini anziani per renderli protagonisti nella società. Pur rivolgendosi prevalentemente alle persone anziane, è aperta alle relazioni di dialogo tra generazioni, nazionalità e culture diverse. Dai dati del 2013 rileviamo un’associazione di 304.899 soc*, di cui 156.899 (51,46%) donne; 41.028 volontar*, di cui 19.889 (48,457%) donne; 1.262 President* territoriali, di cui 378 (29,95%) donne. Attualmente sono sette le Presidenti Regionali. La scarsa valorizzazione delle donne all’interno di un’associazione di volontariato si traduce nella perdita per la collettività delle competenze e della sensibilità che il mondo femminile ha sviluppato nella sua storia millenaria. L’impegno delle donne dirigenti, unitamente alla Presidenza nazionale, ha portato alla costituzione dell’Osservatorio delle Pari Opportunità, un luogo in cui le donne che fanno parte del Direttivo Nazionale possono ritrovarsi ed elaborare insieme delle strategie; inoltre l’Osservatorio P.O. si è confermato essere uno strumento di proposta, di monitoraggio, di sostegno e di coordinamento delle varie attività, sia nazionali sia territoriali. Negli ultimi due anni sono state numerose le iniziative delle donne di Auser, soprattutto sul tema della violenza sulle donne; una particolare attenzione è stata anche riservata alla violenza sulle donne anziane, fenomeno ancora più sommerso. Da incontri nei territori è emerso come le
donne anziane siano considerate inutili nel momento in cui perdono la loro funzione di fornitrici di lavoro di cura, con conseguente emarginazione psicologica; dato che la donna si è emancipata in modo diffuso nel ruolo esterno alla famiglia negli ultimi 40 anni, non tutte le donne anziane hanno la consapevolezza di sé e dei loro diritti, ma la mancanza di attenzione da parte dei familiari viene considerata una ghettizzazione che crea una solitudine estrema. Abbiamo aderito ufficialmente allo “Sciopero delle Donne”, alle numerose iniziative in occasione dell’8 marzo ed a “One Billion Rising Revolution”. Ci siamo occupate del carico del “lavoro di cura” e dell’importanza di uno scambio intergenerazionale con le giovani donne perché i diritti conquistati non sono per sempre. Per la Conferenza di Organizzazione che si terrà a Roma il 16 e 17 Aprile, è stata proposta la modifica della ‘Norma per le Pari Opportunità’, che fu inserita come ‘Norma antidiscriminatoria’ (Art. 40) nello Statuto del Congresso 2008 limitatamente alla composizione degli organismi dirigenti. Oltre a ribadire che i due generi non possono essere rappresentati in misura inferiore al 40% nella composizione degli organismi dirigenti, nella distribuzione degli incarichi e nella rappresentanza esterna, si prevede che la ‘norma’ sia vincolante per l’intera associazione e che la non applicazione della stessa determini una violazione statutaria. Inoltre si avvierà un percorso, affinché dal prossimo congresso (2017) le figure del Presidente e
del Vice Presidente delle strutture nazionale, regionali e comprensoriali, siano rappresentate nell’alternanza di genere: uomo-donna. L’introduzione di questo ulteriore vincolo, unitamente al Codice Etico che sarà realizzato nei prossimi due anni, è il segnale di un cammino intrapreso che ormai è irreversibile. Per giungere ad una democrazia paritaria e costruire un Paese migliore per le donne e quindi per tutti, è necessario che mettiamo in discussione valori e modelli dominanti, che oggi più che mai umiliano le donne Vilma Nicolini, Responsabile Osservatorio Pari Opportunità Auser Nazionale
11
12
Aprile-Maggio 2015
IO STO CON LUCIA Dalle donne la forza delle donne!
Riflessioni dell’UDI di Pesaro dopo la sentenza della Corte d’Appello per la violenza subita da Lucia Annibali. “Sul banco degli imputati non si era mai seduto né era stato mai nominato il vero responsabile della violenza: la cultura patriarcale…”
Quando il 25 novembre scorso, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è stata comunicata la data del Processo d’Appello, abbiamo chiamato immediatamente Lucia Annibali per dirle che saremmo state in Ancona, come a Pesaro, al suo fianco. Queste nostre ultime vicende hanno inizio con l’aggressione a Lucia il 16 aprile 2013, avvenuta nella sua casa di Pesaro. Dal primo presidio fatto davanti al tribunale di Pesaro (30 aprile 2013) eravamo sicure di essere di fronte all’ennesimo caso di Femminicidio, anche perché Lucia ai suoi primi soccorritori aveva fatto il nome del mandante. Non si trattava di semplice aggressione per furto, ma la ragione risiedeva nella relazione con L.V., finita per volontà di Lucia. L’uso dell’acido ci ha rimandato a pratiche di paesi lontani dalla nostra cultura occidentale, ma ha confermato la stessa natura della violenza, la volontà lucida di segnare il corpo delle donne che si sottraggono al controllo maschile. Lo abbiamo scritto in tanti documenti e volantini distribuiti nelle piazze, ribadito con la “Staffetta delle donne contro la violenza” del 2009 e in occasione dei “25 novembre”. Ma nel corpo martoriato di Lucia abbiamo colto tutta la gravità del gesto e questo ci ha spiazzate. Ed è stata proprio Lucia ad aprirci lo spiraglio per continuare una battaglia che altrimenti avrebbe potuto segnare una sconfitta delle donne. Abbiamo quindi unito la nostra forza che era lì rappresentata dai nostri corpi e dalle nostre parole politiche a quella di Lucia che per prima l’aveva esercitata trasformando l’azione violenta dal solito gioco di “vittima-carnefice” in un’azione di forza con la denuncia del colpevole e con l’esibizione del suo volto devastato dall’acido. Ne abbiamo parlato molto all’UDI e abbiamo distinto il fronte strettamente personale connotato da aspetti propriamente emozionali come: solidarietà, sostegno, affetto, comprensione del dolore, ma anche sdegno e rabbia. Ognuna si è sentita in questo madre, sorella, figlia con un sentire empa-
tico chiaramente espresso. Siamo partite da qui, ovvero dai corpi, i nostri e quelli delle altre, li abbiamo visti, confrontati, non ci è mai sfuggito di mente che parlare del corpo di Lucia significasse parlare del nostro corpo, vissuto in uno spazio e in un tempo determinato. I presidi dell’UDI hanno messo in moto qualcosa che, all’inizio, non era previsto; hanno dato vita a uno spazio di libertà inedita in cui è stato possibile esercitare, in modo altrettanto inedito, un tipo di forza che, unendosi a quella personalesoggettiva di Lucia, ci ha consentito di riuscire a pensare e scrivere. Alla fine “io sto con Lucia” è stato il segno con cui abbiamo voluto farci riconoscere. La forza agìta ha permesso a tutte di sentirsi più forti. Dal fronte collettivo, inteso come bisogno di un ambito in cui pensarci e di uno spazio simbolico di rappresentazione, siamo pervenute alla constatazione che spesso le donne nella loro azione politica sono più prese dalle pratiche che dalla ricerca del senso della costruzione della propria rappresen-
Aprile-Maggio 2015
tazione collettiva. Qualcuna di noi si è chiesta se ne valesse la pena, se cioè la nostra presenza in Tribunale portasse valore aggiunto. Collettivo per noi ha significato costruire una attenta azione preceduta da un confronto tra noi franco e profondo che ha rafforzato la convinzione delle motivazioni e delle parole che tutte eravamo autorizzate a usare con un senso di libertà e misura, stare con le altre donne dell’UDI a parlare, ricercare, discutere e prepararsi per essere sempre presenti alle udienze in tribunale, ci ha permesso di avere chiaro che cosa davvero significhi condivisione. La capacità di cogliere l’altra è stata la pratica, faticosa a volte, ma necessaria per costruire un’immagine collettiva efficace. La mediazione tra noi ha smussato gli spigoli che ognuna si porta dentro, con rigore e verità abbiamo cercato di decostruire lo stereotipo che spesso emerge nel parlare di femminicidio.
Dopo la sentenza della Corte d’Appello del 2223 gennaio 2015 siamo uscite dal tribunale con la sensazione che non tutti i conti tornassero, e non tanto per le pene comminate, quanto per la consapevolezza che sul banco degli imputati non si era mai seduto né era stato mai nominato il vero responsabile della violenza: la cultura patriarcale. Finché i processi non terranno conto di questo nessuna pena sarà misurabile o sufficiente. Abbiamo bisogno di una giustizia che sappia nominare la specificità della violenza di genere e di un apparato istituzionale preparato ad individuarla, giudicarla e codificarla. Continueremo a essere vicine a Lucia anche per il processo in Cassazione che si terrà a Roma fra circa un anno. UDI di Pesaro
IMMAGINI AMICHe “Diversi ma Pari. educazione alla relazione tra fiabe e crossmedialità” - il progetto realizzato da noidonne e Cooperativa libera stampa con il contributo della Regione lazio per il bando ‘on demand’ - si è piazzato secondo nella categoria delle SCUOLe al Premio Immagini Amiche dell’UDI. Hanno ritirato il riconoscimento alcune insegnanti e rappresentanti delle classi che hanno partecipato al progetto, progetto che ha coinvolto da anzio e nettuno due istituti Comprensivi, otto classi, 10 insegnanti e oltre 200 bambini/e. il libro realizzato attraverso il progetto ha particolarmente colpito la giuria, che ha voluto attribuire una menzione speciale. giunto alla quinta edizione, il Premio immagini amiche è realizzato con l'Ufficio d'informazione in italia del Parlamento europeo con sede a Roma, in partenariato con la Rappresentanza in italia della Commissione europea, il dipartimento per le Pari opportunità e l’assessorato alla scuola, infanzia, giovani e Pari opportunità di Roma Capitale e si svolge sotto l’alto Patronato del Presidente della Repubblica. alla Cerimonia conclusiva (Roma, 23 marzo 2015, ara Pacis) è intervenuta la Presidente della Camera Laura Boldrini e hanno portato il loro saluto il sindaco di Roma Ignazio Marino e l’assessora alle Pari opportunità di Roma Capitale Alessandra Cattoi. sono stati premiati con un’opera dell’artista alba balestra: assobirra per le affissioni, lego-duplo per gli spot tv, Presa diretta per i programmi televisivi, always per il web, Penne e Catania pari merito come città virtuose. Una menzione speciale è stata assegnata alla scuola Principe Umberto di savoia di Catania per il lavoro “diversamente uguali” e al
mise per lo spot contro gli stereotipi realizzato per l’expo di milano. la scelta dei vincitori è stata affidata ad una giuria presieduta dalla giornalista e scrittrice Daniela Brancati in base alle numerosissime segnalazioni arrivate sul sito www. premioimmaginiamiche.it, grazie anche alla collaborazione con anci e con la commissione Pari opportunità della Rai. “il nostro obiettivo - ha aggiunto Vittoria Tola, responsabile Udi - è quello di arrivare tra dieci anni, o magari prima, a far sì che questo premio divenga inutile, perché non ci saranno più pubblicità sessiste o che sviliscano il ruolo della donna. le reazioni dei Comuni, soprattutto i più grandi, con i quali abbiamo avviato un lavoro di monitoraggio delle pubblicità lesive, e delle scuole, che hanno aderito con entusiasmo alla nostra iniziativa, ci fanno ben sperare”. il premio è infatti ispirato alla risoluzione del Parlamento europeo (3 settembre 2008) sull'impatto del marketing e della pubblicità sulla parità fra donne e uomini e ha l’obiettivo di contrastare la tendenza di televisione e pubblicità ad abusare dell’immagine delle donne fino a lederne la dignità, e di valorizzare una comunicazione che, al di là degli stereotipi, veicoli messaggi creativi positivi. all’iniziativa, condotta dall’attrice Ilaria zanti, hanno partecipato Serena Dandini e la cantante Pilar.
13
14
Aprile-Maggio 2015
I NUOVI DISTURBI
CIBO NEMICO | 1
LA MALATTIA DELL’ANIMA CHE CONSUMA IL CORPO di Tiziana Bartolini
ORTORESSIA
È una forma di attenzione abnorme alle regole alimentari, alla scelta del cibo e alle sue caratteristiche. È un disturbo riconosciuto dal mondo psichiatrico e il manuale diagnostico americano DSM V lo definisce Disturbo Evitante/ Restrittivo dell’assunzione di cibo. La paura maniacale di ingrassare ha conseguenze negative sul sistema nervoso, avvertite con difficoltà dal soggetto colpito e in modo evidente da chi lo circonda. L'ortoressia è un problema sociale e diventa un pericolo ancor più grave laddove venga applicata
Anoressia e bulimia sono patologie psichiatriche gravissime da cui si può guarire. Bisogna riconoscere i primi sintomi e curarle bene. La battaglia è anche culturale contro il modello dominante e innaturale della magrezza. Intervista alla dr.ssa Laura Dalla Ragione
S
ono chiamati disturbi del comportamento alimentare, colpiscono oltre tre milioni di persone in Italia e i decessi sono circa 300mila. “Il livello è quello di una vera e propria epidemia sociale, una patologia che in dieci anni è aumentata del 300% e che continua ad espandersi a ritmi assai sostenuti”. Ad illustrare entità, cause e trattamenti di una malattia gravissima, e ancora sottovalutata, è la dr.ssa Laura Dalla Ragione, psichiatra e psicoterapeuta, responsabile scientifica di SOS Disturbi Alimentari 800180969800, numero verde istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dall’Istituto Superire di Sanità. La competenza della dr.ssa Dalla Ragione nel trattamento e cura delle persone affette da disturbi alimentari si è costruita nel lungo periodo e nel 2003 ha fondato la residenza di Palazzo Francisci nella Usl Umbria 1 a Todi, prima struttura residenziale extraopedaliera attivata in Italia per questo tipo di patologie. Questa intervista è occasione preziosa per conoscere più da vicino una malattia tanto pericolosa quanto subdola.
Prima di tutto ci spieghi che cosa sono i disturbi del comportamento alimentare.. Sono disturbi psichiatrici che riguardano un alterato rapporto con l’alimentazione e hanno natura psicogena. Attenzione, sono disturbi del comportamento alimentare e non disturbi dell’alimentazione. Stiamo parlando quindi di malattie psichiatriche severe dove l’alterato rapporto con il cibo è legato ad un alterato rapporto con le forme corporee. Sono disturbi che riguardano l’anima, il corpo è l’aspetto più visibile. Sono disturbi
collegati ad un disagio profondo, ad una difficoltà a trovare un’armonia interiore mente/corpo e ad un grande deficit dell’autostima. Le ragazze affette da questi disturbi hanno sempre una grande paura di non essere adeguate: alla vita, allo studio, agli affetti. È una patologia che riguarda soprattutto le donne (90%) ma riscontriamo una tendenza all’aumento nei maschi. I disturbi del comportamento alimentare sono di 3 tipi. L’anoressia nervosa (rifiuto del cibo, vomito indotto, iperattività fisica) ha un’incidenza del 30%. Nel 70% dei casi c’è la bulimia e il binge eating disorder (disturbo da alimentazione incontrollata). Con la bulimia si riscontrano abbuffate patologiche compulsive con metodi di compenso (vomito indotto anche 10 volte al giorno, iperattività fisica, lassativi, diuretici) invece nel binge eating disorder ci sono le grandi abbuffate senza metodi di compenso. Solo in quel caso le persone diventano obese, mentre con anoressia e bulimia c’è la magrezza.
Che differenza c’è tra una persona obesa rispetto a una che è affetta un disturbo di alimentazione incontrollata? L’obesità è un aumento di peso derivante da uno stile di vita, mentre nell’altro caso c’è un’ingestione di cibo fuori da ogni controllo. Parliamo di una persona che ingoia tra le 3.000 alle
Aprile-Maggio 2015
come regola alimentare e stile di vita per i bambini, causando loro malnutrizione, fiacchezza, frustrazione, impedendo di vivere serenamente il rapporto col cibo e col gusto e con una sana e gioiosa condivisione di momenti comunitari in cui sono presenti cibi non contemplati dall'ortoressico.
BIGORESSIA
In campo medico, per anoressia riversa, vigoressia o bigoressia (in inglese: muscle dysmorphia o bigorexia, da cui l'italianizzazione bigoressia), si intende un disturbo dell'alimentazione differente dall'anoressia nervosa. L'immagine
finale della persona disfunzionale è opposta a quella del soggetto affetto da anoressia. Caratteristica peculiare di tale disturbo è la continua e ossessiva preoccupazione della propria massa muscolare, anche a discapito della salute. Il soggetto dedica la maggior parte del tempo a soddisfare questo suo desiderio, non dando importanza al resto della propria vita; può arrivare a fare uso di farmaci che aumentano la tonicità muscolare, che possono rivelarsi tossici per l'organismo con rischi di complicanze fisiche. FONTE: wikipedia.org
30mila calorie in pochi minuti; c’è una perdita di controllo e viene descritta come cadere quasi in uno stato di trance impulsivo. Mangia senza neppure accorgersene.
Perché, secondo lei, sono di più le donne ad ammalarsi? Sicuramente l’enfatizzazione del modello della magrezza agisce maggiormente sul corpo della donna. Anche l’uomo comincia ad avere molta preoccupazione della forma fisica, ma la pressione sociale sul corpo delle donne è molto più forte. I disturbi del comportamento alimentare sono il modo in cui in questo momento si esprime un disagio nel genere femminile. Infatti nell’adolescenza sono diminuite le depressioni e sono aumentati i disturbi alimentari perché questi ultimi interpretano con più efficacia il disagio contemporaneo delle ragazze. Il punto è che è la prima malattia mentale che si diffonde con questa rapidità. Negli anni ‘70 la depressione ha avuto una diffusione, ma non con questa incidenza, e poi si è stabilizzata. Invece il numero delle persone che si ammalano di disturbi del comportamento alimentare non accenna a diminuire perché i fattori di rischio sono ancora in azione, per cui le proiezioni dell’Organizzazione
mondiale della sanità per i prossimi cinque anni dicono che, purtroppo, questi disturbi aumenteranno.
Si può guarire? Va detto che stiamo parlando di patologie profonde e molto gravi che sono la prima causa di morte psichiatrica per le donne tra i 12 e i 25 anni; decessi maggiori - in proporzione - di quelli causati dalla depressione. Però le terapie per i disturbi alimentari sono molto specializzate e il trattamento di elezione è di tipo integrato (psicologico e psicoterapeutico, nutrizionale e familiare). In particolare sono tre le terapie che devono essere effettuate contemporaneamente: il trattamento psicologico individuale, le terapie della famiglia e il trattamento nutrizionale. Le terapie psicofarmacologiche non hanno una grande efficacia nei disturbi alimentari, anche se a volte sono utilizzate, ma generalmente non vanno bene vista anche la giovane età dei pazienti. Le probabilità di guarire in questo momento sono buone, soprattutto se le cure iniziano molto presto. Un fatto nuovo che riscontriamo è che si è abbassata moltissimo l’età di insorgenza del disturbo: da noi arrivano anche bambine e bambini tra gli 8 e i 10 anni inviati dagli ospedali pediatrici.
Quanto tempo occorre per guarire? Va curato il corpo e la mente: per il corpo bastano alcuni mesi, per la mente occorrono almeno due anni. Il problema è curare l’ossessione e il tempo della terapia è lungo per scongiurare le ricadute. Però, una volta guarite con una terapia ben fatta, queste persone hanno una vita normale: studiano, si laureano, fanno figli. Molte ragazze che abbiamo trattato, oggi adulte, ci scrivono. Stanno bene e la loro vita è tornata quella di sempre.
In questi anni l’atteggiamento delle famiglie è cambiato? Sì, soprattutto per l’anoressia, che è il disturbo più conosciuto. C’è una maggiore attenzione dei genitori verso alcuni comportamenti che prima erano confusi con un semplice voler rimanere a dieta. Anche i medici di base e i pediatri sono più allertati a riconoscere i primi sintomi.
Quali sono i primi sintomi? Ci sono alterazioni dei comportamenti: mangiare poco, fare molta attività fisica, mangiare e subito dopo andare in bagno. Ma si osservano anche cambiamenti di carattere: ragazze brillanti e socievole diventano tristi, irritabili, scontrose. Non hanno più vita sociale. Si tratta di segnali che vengono riconosciuti sia dai familiari che dai medici di base. Dieci anni fa non era così.
15
16
Aprile-Maggio 2015
Qual è la genesi e la progressione dei disturbi? Sono disturbi multifattoriali, cioè che emergono quando sono presenti più fattori: psicologici, genetici, traumatici, abitudini alimentari e anche fattori familiari. Ma la famiglia non è più come si pensava in passato, erroneamente - responsabile in modo diretto. Le famiglie hanno un ruolo importante, invece, quando i figli si ammalano perché se collaborano e sono protagoniste della terapia, se sono attente e partecipative portano un contributo fondamentale alla guarigione.
Come reagisce il contesto sociale a questa patologia? Inizialmente si sviluppa una sorta di complicità sociale, perché la magrezza è un valore per tutti. Quindi quando la ragazza comincia a perdere peso viene premiata sul piano sociale, tutti le dicono che sta bene, che è carina così magra… questo aggrava la situazione perché rafforza la tendenza in atto. È una fase che chiamiamo ‘luna di miele’ con la malattia: la ragazza ha tutti i vantaggi. È in questa fase che cominciano i guai perché si hanno tutti gli effetti negativi sul fisico. Poi arrivano i cambiamenti di carattere e gli effetti collaterali negativi. A quel punto il contesto comincia ad avere un atteggiamento negativo. Ma ormai il danno è profondo.
In più di dieci anni nella residenza di Palazzo Francisci quali evoluzioni ha potuto osservare? Palazzo Francisci è stata la prima struttura pubblica italiana di questo tipo e da subito ci siamo trovati di fronte ad un problema enorme che neppure noi pensavamo avesse questo impatto. Era la fase in cui stava esplodendo l’epidemia iniziata in Italia alla fine degli anni ’90. In questi dieci anni le terapie si sono molto specializzate e otteniamo risultati confortanti. Oggi si può tranquillamente guarire, l’importante è iniziare le cure
I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE I disturbi del comportamento alimentare in Italia colpiscono oltre tre milioni di persone (il 90% sono donne). I decessi sono circa 300mila. Sono di 3 tipi. L’anoressia nervosa (rifiuto del cibo, vomito indotto, iperattività fisica. Incidenza del 30%). La bulimia e il binge eating disorder (disturbo da alimentazione incontrollata) nel 70% dei casi. Con la bulimia si riscontrano abbuffate patologiche compulsive con metodi di compenso (vomito indotto anche 10 volte al giorno, iperattività fisica, lassativi, diuretici). Nel binge eating disorder ci sono le grandi abbuffate senza metodi di compenso.
800-180969800 NUMERO VERDE
prima possibile. Se si interviene nel primo anno le possibilità di guarigione sono del 99%. Dopo i tre anni di malattia è un poco più complicato guarire perché le ossessioni si sono radicate.
Considerate le cause, che sono i modelli dominanti, è proprio sul piano culturale e della prevenzione che occorre agire. Cosa si sta facendo? C’è un piano nazionale e molte regioni sono impegnate in un lavoro di contrasto che si sviluppa: nella scuola, nel mondo dei mass media, nel mondo dello sport e nella Diet Industry. Su queste grandi aree si stanno realizzando progetti di prevenzione perché, se è vero che abbiamo fatto passi in avanti nelle terapie ottenendo alte probabilità di guarigione, rimane il problema della presenza e dell’impatto dei fattori di rischio. E l’epidemia non si riesce a fermare. Noi continuiamo a lavorare su alcuni fattori protettivi e sulle diagnosi precoci, ma per rallentare o fermare l’epidemia occorre intervenire sui modelli culturali.
Nel sito www.disturbialimentarionline.it il Ministero della Salute pubblica una mappa dei punti di riferimento regione per regione. La situazione si presenta molto differenziata… Ci sono centri un po’ in tutta Italia, ma ci sono molte differenze tra regione e regione con carenze al sud, ma non solo. A Roma, per esempio, non ci sono strutture riabilitative come la nostra, i centri sono prevalentemente ambulatoriali o ospedalieri . Questo determina una certa migrazione di chi non trova
Aprile-Maggio 2015
PERCHÉ LE BAMBINE NON MANGIANO
nella sua regione livelli di cura adeguati; le famiglie devono sostenere, quindi, anche costi di carattere economico perché le cure sono lunghe. Da noi, a Todi, vengono pazienti dal sud ma anche dal nord.
In questa poca omogeneità territoriale come maturano le competenze professionali? Purtroppo non ci sono professionisti in numero adeguato. L’obiettivo del Ministero della Salute è stimolare l’istituzione di strutture dedicate e la formazione di personale specializzato nel trattamento di queste patologie. Bisognerebbe pensare ad una particolare formazione per gli psichiatri, per i nutrizionisti e per gli psicologi.
Ci sono classi sociali o gruppi colpiti in modo particolare? Anni fa era un po’ la malattia delle principesse: la prevalenza si riscontrava nelle classi sociali più elevate, una distinzione quasi scomparsa. Oggi è una patologia trasversale, globalizzata, che riguarda tutte le classi sociali senza distinzione. Non ci sono differenze da regione a regione o tra il nord e il sud. Il terreno di coltura è il modello culturale, che è globalizzato, e la magrezza è un valore imperante. Le ragazze desiderano uniformarsi. Tutto il mondo occidentale è colpito con la stessa incidenza e si sta diffondendo rapidamente nei paesi in via di sviluppo. Non sono più esenti, ad esempio, tutti paesi dell’Est dopo la caduta del muro di Berlino; è in aumento in Giappone e negli Emirati Arabi. Dove cambiano gli stili di vita si diffonde la malattia.
Cosa potrebbe far cambiare la situazione? Se potessimo ridurre alcuni fattori di rischio si limiterebbe la rapidità di diffusione del fenomeno, non certo la causa. Le in-
Edito da Il Pensiero Scientifico, il volume di Laura Dalla Ragione ‘La casa delle bambine che non mangiano. Identità e nuovi disturbi del comportamento alimentare’ è uno dei libri scritti dalla psichiatra e psicoterapeuta. Per milioni di giovani il cibo si è trasformato in un nemico. Come è potuto accadere? Come è avvenuta la saldatura tra modelli culturali di vita e forme patologiche? C’è un rapporto fra il nostro attuale modo di considerare il cibo e di vivere il nutrimento e la strada che quei giovani hanno iniziato a percorrere? Perché quella strada è oggi così affollata? Il libro di Laura Dalla Ragione si apre su questi temi e sul carattere di epidemia sociale che i disturbi del comportamento alimentare hanno assunto negli ultimi decenni. Un volume principalmente rivolto alle persone che si trovano a dover affrontare un’imprevista, drammatica esperienza che sconvolge la loro vita, e anche a quanti (medici, infermieri, psicologi, ecc.) operano nei servizi.
dossatrici filiformi sono sicuramente un riferimento negativo, ma pensiamo alla potenza del photoshop che propone forme irraggiungibili perché non reali. Aver cambiato le regole per accedere a Miss Italia è stato un fatto positivo: da quest’anno sono ammesse ragazze sopra della taglia 44. Comunque è sempre troppo poco rispetto al modello unico dominante della magrezza.
Soprattutto i/le giovani sembrano incapaci di reagire a questa dittatura dell’immagine unica… Ha centrato il problema. Sicuramente uno dei fattori che hanno favorito la diffusione del disturbo è questo processo di omologazione, anche estetica. È un’ossessione che impedisce di cogliere il valore della differenziazione per cui ogni persona è un essere unico e irripetibile, speciale. Nelle campagne di sensibilizzazione cerchiamo di stimolare fattori protettivi quali la capacità critica, di pensare con la propria testa, di non appiattirsi sugli altri. Ritengo che tutte le dipendenze - oltre al cibo, pensiamo alle droghe, a internet e anche al bullismo - abbiano la stessa matrice, che va ricercata nella dimensione culturale e nelle fragilità del singolo.
17
18
Aprile-Maggio 2015
CIBO NEMICO | 2
ANORESSIA: NUTRIRSI DI SENSI DI COLPA di Marta Mariani
CarLa SiMeoni, 43enne di pomeziA che per oltre venti Anni hA vissuto nell’inFerno dell’AnoressiA, condivide con noiDonne lA suA esperienzA Carla, secondo te che hai vissuto questa patologia, su quali fragilità psicologiche poggia il disturbo dell’anoressia? Come comincia? L’anoressia è una patologia terrificante, sottovalutata, trascurata, su cui mi posso ormai permettere di dire che c’è tanta disinformazione. Questo disturbo alimentare può cominciare da atteggiamenti anche molto semplici: digiuni di qualche giorno, forme di conflittualità che si evidenziano proprio a tavola, piccole ossessioni che tendono a radicarsi. Tutto comincia dalla mente. Mi ricordo che per anni e anni non facevo altro che controllare le cose che ingerivo. Sentivo potentissimo, dentro di me, il bisogno di scomparire, di dissolvermi, consumarmi poco a poco. Per me l’anoressia è stata una malattia legata soprattutto all’indipendenza e al distacco dai miei genitori. Durante l’adolescenza avvertivo una insicurezza che intaccava l’autostima, la fiducia nelle mie capacità. Mi sentivo fragile, inadeguata, indegna, incapace di affrontare le sfide della vita. E mi sembrava che controllare il cibo, digiunare, sopportare la fame, la sofferenza, la fatica fisica delle privazioni mi desse la sensazione di essere forte. Quando vedevo che riuscivo a non mangiare per settimane pur svolgendo regolarmente il nuoto, gli impegni, le attività più varie, mi sentivo onnipotente. Mi dicevo che ero capace di resistere a tutto.
Prima hai parlato di “ossessioni”. A che genere di ossessioni ti riferisci? Una prima ossessione è certamente quella di sentirsi grassi. Mi ricordo che una volta, a 19 anni circa, rimasi molto turbata da una insinuazione di un mio amico. Mi chiedeva se fossi ingrassata. Io la presi malissimo. Fu forse quello il momento in cui scoppiò e si manifestò un disagio che certamente era già latente in me. In più, quando sono entrata nel circolo vizioso di questo disturbo mi
vedevo sempre grassa (anche quando invece ero uno scheletro di 29 kg in pericolo di vita) pensavo al cibo come ad un “premio” che potevo meritare solo digiunando. Se non mangiavo per tutto il giorno, la sera potevo concedermi magari un gelato. E non senza sensi di colpa. Oltretutto, anche il fatto di meritare il gelato e di sceglierlo diventava una questione davvero spinosa e difficile. Stavo davanti al banco del gelataio anche per un’ora e mezza. Scegliere quali gusti mettere sul cono era ormai una questione di vita o di morte. La preparazione del cibo era come ritualizzata. Era un momento sacro che andava celebrato in un certo modo. Pulire e sbucciare una carota diventava un’operazione davvero maniacale. Tutte le persone anoressiche hanno, è evidente, una tenacia pazzesca, che però è a servizio dell’autodistruzione e che quindi non può portare a niente di buono finché non viene devoluta a vantaggio di se stessi.
Deve essere stato un periodo davvero tragico, di grande solitudine, in cui ti sarai certamente sentita anni luce lontana da chiunque. Sì. Cinque anni buoni della mia vita li ho passati distesa sul letto. Da sola. Ho perso tutte le amicizie che avevo. E ora, da ex malata, mi rendo conto di quanto possa essere difficile stare accanto ad una persona anoressica. L’anoressia mi ha insegnato molte cose, ad esempio: quanti disagi di carattere psicologico, familiare e sociale si possono riversare sul cibo. Il rapporto con il cibo, infatti, è solo un sintomo, un picco emergenziale di cose ben più grandi. Dietro il mio disturbo c’era un mondo, un mondo difficile naturalmente, fatto di dolore, di “pesi” e difficoltà familiari che io mi sono come sobbarcata e che ho voluto manifestare in questo modo. Oggi, a tutte le persone che si avviano per questa strada sofferta e accidentata ricorderei che chiedere aiuto non vuol dire essere fragili, ma vuol dire rendersi capaci di reagire e superare le difficoltà.
Aprile-Maggio 2015
19
CIA ALL’EXPO 2015 PENSIERI E AZIONI PER UN’AGRICOLTURA GIUSTA E SOSTENIBILE
vo rivolgendosi ad un pubblico vasto e sensibile. Le questioni in programma riguardano tutti e tutte e possono essere così sintetizzati: la cura e il rispetto per la Vita nel e del Pianeta Terra. “I nostri appuntamenti sono imperdibili - spiegano gli organizzatori - perché saranno presentate le esperienze di successo e le migliori pratiche imprenditoriali con testimonianze dirette degli associati alla CIA e con i contributi di esperti italiani e stranieri”. Perché il futuro è già tra noi: occorre conoscerlo e saperlo valorizzare.
5 maGGIO sIcURezza alImeNtaRe mese del paNe e della letteRatURa L’avvio dei vari focus è affidato alle prospettive future con il “Vivaio della Confederazione Italiana Agricoltorida coltivare per far crescere il Paese”. Il vivaio è inteso come “vivaio di giovani agricoltori e vivaio di nuove attività per l’agricoltura del futuro. Le start up dei nostri giovani e dei nuovi agricoltori per favorire il ricambio generazionale in agricoltura e garantire la sicurezza alimentare alle future generazioni”. La parola andrà a giovani imprenditori italiani ed europei, che con testimonianze in presenza e in video saranno i riferimenti del REDAZIONALE
“Nuovi modelli di sviluppo per un’eticità delle produzioni agricole”. Questa è la svolta epocale, necessaria oggi, che Dino Scanavino, Presidente della Confederazione Italiana Agricoltori (CIA), porta all’EXPO 2015. Denso il programma tematico e di eventi. L’Esposizione Universale è costruita intorno al tema dell’alimentazione e lo slogan Nutrire il Pianeta-Energia p ser la Vita lascia risuonare note che compongono nuove armonie sull’uso delle risorse energetiche e ambientali, sulla lotta agli sprechi, sulla conservazione della biodiversità, sulla fertilità della terra e sulla fame nel mondo. CIA si è preparata all’appuntamento sia partecipando alla stesura della Dichiarazione Universale (Carta di Milano) che sarà il lascito dell’EXPO 2015 all’umanità, sia con la definizione del Manifesto degli agricoltori CIA per Expo, un documento che intende essere il contributo specifico e originale della Confederazione al mondo dell’agricoltura. Pubblichiamo una sintetica rassegna degli appuntamenti tematici programmati presso l’Auditorium del Padiglione Italia e nel Foyer. Incontri destinati a scandire e caratterizzare mese per mese la presenza di CIA all’EXPO - dove avrà anche un ufficio permanente di rappresentanza - insieme a mostre, installazioni ed eventi vari. I temi degli incontri sono affrontati con un approccio divulgati-
20
Aprile-Maggio 2015
dibattito che vede importanti partner europei e italiani (AGIA, Comitato Scientifico CIA, Comitato scientifico per Expo, Istituzioni). Sempre con lo sguardo attento ai più piccoli è programmato un incontro sul filo dell’“Agricoltura: Vita e Benessere”, nell’ambito del Progetto Scuola in Fattoria che ha come obiettivo “l’educazione alimentare dei giovani e delle famiglie attraverso la realizzazione di Laboratori Didattici presso le aziende agricole”. La novità è rappresentata in questo ambito dal Progetto Fattorie Sportive, attivato “presso le nostre aziende agrituristiche”. I partner di questo specifico argomento sono: Turismo Verde, MIUR, Federazione Italiana Atletica Leggera, Rete Rurale Nazionale.
24 LUGLIO Sostenibilità e biodiversità mese della frutta e delle arti
18 GIUGNO Riqualificazione urbana e rurale mese della pasta e del design
REDAZIONALE
Si parte con il tema “Acqua e Territorio: il futuro nelle mani degli agricoltori” affrontando la questione nodale dell’efficienza irrigua con contributi anche di esperti (CNR, INEA/ CRA, Comitato scientifico EXPO, Istituzioni). Un approfondimento legato alla riqualificazione è “il verde nella sua funzione estetica e salutistica. Ci si interrogherà sulla possibile declinazione dei concetti di infrastrutture verdi nelle aree urbane e periurbane, della qualità dell’ambiente urbano con partner qualificati quali: Promoverde, ANCI, Associazioni Florovivaistiche, Cittadinanzattiva”. La partecipazione di Amministrazioni locali porterà un contributo fattivo alle concrete possibilità di intervento nei territori. Il tema della riqualificazione dei territorio e del paesaggio godrà dell’apporto e dell’esperienza degli ‘anziani’, che attraverso l’Associazione Nazionale Pensionati (ANP) interverranno su “Impresa tra tradizione e innovazione” ponendo al centro del dibattito “l’invecchiamento attivo e l’affiancamento al giovane agricoltore” oltre che “Il ruolo dell’agricoltore nell’evoluzione del paesaggio agrario e della vitalità del territorio. L’esperienza dei cambiamenti climatici nel territorio rurale. In collaborazione con Istituto Cervi, Associazioni e Reti locali”.
Affascinante il filo della “Biodiversità tra cultura e saperi, patrimonio degli agricoltori e dei consumatori” su cui si svolgeranno gli incontri della giornata. A partire dagli aspetti scientifici sulla biodiversità nel territorio pensando, ad esempio, all’agricoltura di montagna, alle esperienze dell’agricoltura biologica per la biodiversità del suolo. La CIA ha convogliato preziose collaborazioni italiane ed europee. Un approfondimento tematico sarà dedicato all’agricoltura in relazione alla Cultura. “Si discuterà del ruolo dell’agricoltore nella valorizzazione dei siti archeologici e del patrimonio architettonico sul territorio rurale italiano riflettendo sull’importanza dei paesaggi agrari che sono definiti patrimonio dell’umanità UNESCO. Un cammino che va dalla Carta di Matera promossa dalla CIA alla Città europea della cultura”. La collaborazione con Turismo Verde, FAI, Ministero dei Beni Culturali, UNESCO, Università
Aprile-Maggio 2015
28 AGOSTO Cooperazione e mercati mese dell’acqua e dello sport Si parla molto spesso di “valorizzazione degli itinerari e dei sistemi economici territoriali come nuove opportunità sui mercati internazionali”. Con “Strategie di successo per un’agricoltura che guarda ai mercati” EXPO sarà occasione per un incontro tecnico basato su “esempi di filiere di qualità legate al territorio” anche attraverso il contributo di partner in grado di portare specifiche competenze, quali OP, Consorzi, Associazioni bio, ICE, Unioncamere, oltre al Comitato scientifico CIA. L’attenzione all’economia e ai suoi meccanismi è confermata con la Tavola rotonda “sull’esperienza degli organismi interprofessionali in Unione Europea per la creazione e l’equa distribuzione del valore nella filiera agroalimentare”, argomento su cui si confronteranno rappresentanti della Commissione Ue insieme ai Presidentidelle principali OI spagnole e francesi”. Le nuove strategie economiche non possono prescindere, oggi, dal web e dal ruolo che può avere anche in agricoltura. Ecco quindi l’obiettivo dell’appuntamento su “l’e-commerce come opportunità di vendita direttadei prodotti di qualità on-line che possono affidarsi anche alle nuove tecnologie ICT per la tracciabilità del prodotto”. Al dibattito porteranno contributi derivanti da esperienze dirette delle associazioni CIA
quali La Spesa in Campagna e Turismo Verde. Lo sguardo si aprirà al mondo con “l’approfondimento tematico sulle esperienze di cooperazione internazionale allo sviluppo agricolo realizzate dalla CIA tramite la propria Ong ASeS (Associazione Solidarietà e Sviluppo) dando la parola ai protagonisti internazionali dei progetti ASeS in America Latina e Africa”.
9 SETTEMBRE. Conservazione e creatività mese del vino e della musica
La “Ricerca e l’Innovazione per l’agricoltura del futuro” sono la grande scommessa di questo tempo e l’EXPO è un’occasione imperdibile per esaminare alcuni aspetti anche tecnico-scientifici “sulle innovazioni di processo e di prodotto nella produzione di Proteine Vegetali per l’alimentazione animale”. Saranno messi a confronto i contributi di CNR, CRA, Università, Istituti Zooprofilattici, Commissione Europea, Comitato Scientifico CIA, Comitato Scientifico per Expo. Accanto a questo snodo, sarà messa a fuoco con una Tavola Rotonda la questione della produzione della conoscenza e dell’adozione delle innovazioni, con una riflessione sul rapporto tra impresa agricola e innovazione cui parteciperanno esponenti dei CNR, CRA, Università, Horizon 2020, Comitato Scientifico CIA, Comitato Scientifico per Expoe MIUR. Sulle produzioni agricole non destinate a diventare alimento è prevista un’attenta riflessione. “Tema delicato il rapporto tra agricoltura food e non food, che può e deve svilupparsi non come competizione ma, invece, sulle note dell’integrazione per la produzione di agroenergie rinnovabili nelle imprese agricole. Al tavolo della discussione saranno presenti rappresentanti di AIEL, Ministeri, Istituzioni italiane, Associazioni della Green Economy, oltre a partner europei. Altro approfondimento sarà dedicato all’efficienza energetica per la riduzione dei consumi e delle emissioni nell’impresa agricola e nelle filiere agroalimentari chiamando al confronto esperti di AIEL, Ministeri, ENAMA, partner industriali per la produzione di impianti e partner europei”.
29 OTTOBRE Innovazioni tecnologiche mese dell’olio e della moda
Gran finale con l’Assemblea Nazionale CIA che si vuole tenere nell’ambito di EXPO per sottolineare la strategia assunta “dare valore alla terra e ai nostri agricoltori”. Accanto alla presentazione del docu-film di Guido Turus (un progetto in collaborazione con il Mipaaf), l’evento di punta sarà la “presentazione del Manifesto degli agricoltori per Expo: la legacy della CIA e il suo contributo per la Dichiarazione Universale EXPO”. REDAZIONALE
suggelleranno il senso più profondo delle varie testimonianze. Il 24 luglio il protagonismo sarà tutto al femminile, con l’assemblea dell’Associazione Donne in Campo e la presentazione del progetto AgriCatering “per la valorizzazione del prodotto aziendale nella ristorazione con un percorso diretto dei prodotti che va dal campo alla tavola”, vincitore del concorso EXPO per l’imprenditoria femminile “We Women for Expo”. È previsto anche un approfondimento tematico di Donne in Campo sull’impresa al femminile nell’agricoltura sociale con particolare riguardo agli Agriasili.
21
22
Aprile-Maggio 2015
AGRICOLTURA, LABORATORIO FEMMINILE PER L’INNOVAZIONE di Giovanna Badalassi
L’agricoltura è un settore primario molto più importante e strategico di quanto possano rappresentare gli indicatori macroeconomici. Il suo contributo all’economia nazionale è infatti modesto, 2,3% del valore aggiunto nel 2014 (Istat), come è normale nelle economie più industrializzate e avanzate. Dall’agricoltura però dipende anche tutta la filiera produttiva dell’alimentare Made in Italy, a partire dai campi e dagli allevamenti per arrivare all’industria alimentare, alla ristorazione e all’export. Anche in questo settore, come oramai in numerosi altri, le imprenditrici stanno diventando sempre più protagoniste. Secondo le ultime proiezioni, sintetizzate in un articolo della Stampa, un terzo delle imprese agricole è infatti a titolarità femminile, per un totale di 532mila conduttrici, mentre le occupate sono 1,3 milioni: il 40% degli occupati agricoli, il doppio rispetto alla Spagna e quasi quattro volte il dato della Francia e della Germania. Le donne in agricoltura hanno conquistato quindi nel tempo un ruolo crescente, affrontando una posizione di partenza davvero sfavorita. La storia delle donne nelle campagne è stata caratterizzata da condizioni di sfruttamento e di dipendenza economica, pur essendo state per secoli il fulcro della famiglia e della società contadina. L’occasione della svolta si è manifestata nel primo dopoguerra, quando l’emigrazione dalle campagne degli uomini verso le città in via di industrializzazione ha lasciato le donne a capo delle attività agricole familiari. È iniziato così un lungo percorso di emancipazione che ancora continua. Analizzando oggi le specificità dell’imprenditoria femminile nel settore emergono alcuni aspetti peculiari che consen-
Le imprese agricole guidate da donne hanno raggiunto un terzo del totale del settore. Sono in continua ascesa, nonostante la crisi del comparto primario. Le imprenditrici hanno trasformato gli svantaggi del gap di genere in fattore di forza strategica e innovativa a vantaggio delle proprie aziende tono di osservare come l’esigenza di superare i gap di genere iniziali si sia tradotta in fattori di crescita e di sviluppo particolarmente competitivi per le aziende. L’aumento delle imprenditrici in agricoltura è stato favorito da una serie di innovazioni nei processi produttivi che hanno certamente permesso alle donne di colmare il problema della prestanza fisica (che ne penalizzava storicamente la produttività rispetto agli uomini). Non è casuale, quindi, la forte propensione all’innovazione e agli investimenti in campo tecnologico: le donne ne comprendono le potenzialità e i vantaggi a loro favore. Una motivazione nata come un’esigenza di colmare un gap di genere si è tradotta quindi in un fattore importante di innovazione e di crescita delle aziende agricole guidate da donne che hanno potuto godere di un tasso di innovazione superiore. Un altro aspetto interessante è rappresentato dalla progressiva specializzazione delle imprese femminili in settori dove l’agricoltura è meno pesante e industrializzata: agriturismi, florovivaismo, frutti di bosco, enoagricoltura, produzioni di qualità, bioagricoltura, allevamenti di animali di piccolo taglio. Questa caratteristica ha fatto sì che, dove le aziende agricole più industrializzate e dedite all’agricoltura intensiva hanno patito gli effetti della crisi e della riduzione dei prezzi, quelle femminili, di minori dimensioni e specializzate in
STRATEGIE
PRIVATE
Aprile-Maggio 2015
di Cristina Melchiorri
SANO EGOISMO
produzioni artigianali e di qualità su comparti specifici, hanno potuto affrontare la crisi con un posizionamento di mercato più favorevole. Un altro fattore di competitività è certamente quello della capacità di integrare le competenze femminili con quelle proprie dell’imprenditoria agricola. Comparti dell’agricoltura particolarmente in crescita, nonostante la crisi generale del settore, sono infatti quelli dell’agricoltura multifunzionale, cioè che sanno combinare la coltivazione classica con una molteplicità di altre attività che vanno dalla produzione alimentare artigianale agli agriturismi o ai laboratori didattici. È indubbio che nella crescita dell’agricoltura multifunzionale le competenze femminili - di solito considerate “deboli” - possono invece rappresentare una leva competitiva in più rispetto alle altre aziende. Nello sviluppo di attività agricole in questa direzione entrano infatti in gioco le abilità femminili dell’accoglienza, della relazione, della cura, dell’insegnamento e della produzione di cibo. L’agricoltura rappresenta quindi un laboratorio interessante di sperimentazione, poiché le imprenditrici stanno trasformando una storica debolezza in termini di gap di genere in un punto di forza. Non è dato sapere quanto questo processo sia stato avviato consapevolmente e quanto invece si sia prodotto in modo spontaneo come risultato di scelte di adattamento. Il risultato è comunque positivo e meriterebbe un ulteriore approfondimento utile come fonte di ispirazione anche per altri comparti economici. ❂
Sono Costanza, leggo sempre con piacere NOIDONNE e la sua rubrica. Sono dirigente in un’impresa metalmeccanica, unica donna in un comitato direttivo solo di uomini. La mia carriera è stata lunga e difficile, ho fatto molti sacrifici negli ultimi venti anni, affiancando un Direttore Generale dispotico e maschilista, che si aspettava che io lavorassi dall’alba al tramonto e che mettessi in secondo piano la mia famiglia. Cosa che ho fatto. Ma spesso, per quanto mi sforzassi, nulla era mai fatto abbastanza bene, mai nei tempi giusti, mai nel modo giusto, mai con il risultato atteso. Insomma, un inferno. Per questi meriti “sul campo” direi di battaglia dopo venti anni sono diventata dirigente. Ora che potrei dedicare più tempo ai miei figli, ormai adulti, al mio compagno, inspiegabilmente ancora al mio fianco, o a me stessa, mi sento in colpa se esco un pomeriggio alle cinque per andare dal parrucchiere, anziché alle sette o alle otto, come sempre. Cosa ho di sbagliato? Costanza Ravasi (Melegnano,Milano) Cara Costanza, non hai nulla di sbagliato! Anzi, mi domando come hai resistito così a lungo in una situazione lavorativa a dir poco frustrante. Spesso ci capita di misurarci con le difficoltà aumentando l’impegno, facendo ancora più sforzi e fatica per fronteggiare quello che va storto o per accontentare qualcuno che non è mai soddisfatto. È come se volessimo mettere noi stesse continuamente alla prova, cercando in ogni modo conferme delle nostre capacità. Il che alimenta una spirale tossica: il bisogno di conferme dagli altri genera una ulteriore insicurezza personale. il tuo capo è andato in pensione? Bene. Ora è venuto il tuo turno. La nostra cultura occidentale, così moralista, ci porta a pensare che qualunque azione o comportamento a proprio vantaggio è una forma di egoismo. Come se, inevitabilmente, il nostro vantaggio producesse un danno a qualcun altro. Non è così. Un esempio? Hai presente quei genitori che si sacrificano a oltranza per i figli, tenendoli nella bambagia fino ai trent’anni? Mamme che stirano le camicie e fanno il bucato ai figli fuori casa o genitori che comprano l’appartamento, altrimenti, poverini, come fanno? Beh, questo sforzo di spianare la strada, di evitare sacrifici e sofferenze della crescita limita i giovani nel loro percorso e nel formarsi gli anticorpi per essere forti. Non permette loro di conoscere le proprie risorse e di creare la propria sicurezza personale, che serve per superare gli ostacoli della vita adulta. Quindi ti invito a “metterti in agenda”, fissare almeno uno spazio quotidiano per te stessa. Non per la casa o per la famiglia. Solo per te! Ti serve recuperare un sano egoismo! È forse l’unico difetto che hai.
23
24
Aprile-Maggio 2015
IL DONO
ALTERNATIVA AL MERCATO. E AL PATRIARCATO di Silvia Vaccaro
Le Radici Materne dell’Economia del Dono. Contributi internazionali alla riflessione arrivano a Roma (25/27 aprile) per iniziativa del Centro Femminista per l’Economia del Dono e International Feminists for a Gift Economy
Che cos’è l’economia del dono? Un altro modo di definire uno scambio tra umani che si fanno dei regali? Il recupero dell’arcaico concetto di baratto? In realtà il senso da dare a questa locuzione è molto più complesso. Come scrive Chris Carlsson, (scrittore e artista da sempre nei movimenti sociali statunitensi, tra i promotori della prima storica Critical mass a San Francisco). “La nozione di regalo tende anche a dirigere la nostra attenzione sui beni e servizi che vengono dati (o ricevuti), piuttosto che sulle relazioni sociali, entrambi prerequisiti e risultati logici di una cultura di libera condivisione”. L’economia del dono è dunque un sistema basato non tanto sull’oggetto dello scambio, materiale o immateriale che sia, quanto sulla creazione di relazioni e complicità. Negli ultimi anni, per via della crisi economica e grazie alla potenza della rete, si sono moltiplicati occasioni e spazi di incontro virtuali e fisici tra le persone, chiamate a scambiarsi conoscenze, competenze, idee. Non è forse basato sull’economia del dono il couchsurfing - in voga tra i giovanissimi - che consente di farsi ospitare sul divano di uno sconosciuto in qualsiasi parte del pianeta? O il sito Woof, che mette in contatto agricoltori e viaggiatori? Si sceglie una destinazione e in cambio di cibo e alloggio si offre il proprio nei tanti lavori manuali di campagna. Sono ascrivibili all’economia del dono anche le centinaia di migliaia di tutorial che si trovano in rete e che si prefiggono di insegnare ogni cosa, dalla realizzazione del mobilio fai-da-te al trucco adatto a ogni occasione. E ancora l’arcinoto wikipedia,
i tanti programmi gratuiti scaricabili con un clic e spiegati spesso, anche questi, attraverso video esplicativi facilmente reperibili su youtube. A volte però c’è anche il rischio che il sistema capitalista e profit riesca a lucrare su questo tipo di iniziative. Per citare nuovamente Carlsson “L’economia condivisa, è di solito fondata su un altro concetto in voga, quello di imprenditorialità sociale. Questo spazio scivoloso del mondo degli affari pretende di essere qualcosa di nuovo, mentre in realtà è piuttosto familiare. Equello che il capitalismo ha fatto incessantemente dall’inizio: convertire normali comportamenti umani basati sulla cooperazione, la condivisione e la solidarietà sociale in prodotti da vendere”. E continua “Non saremo in grado di creare affari per spodestare il business! Una economia del dono degna di questo nome implica una trasformazione massiccia
Aprile-Maggio 2015
di dimensioni alle quali, francamente, la maggior parte di noi ha paura di pensare. Credo che la nostra speranza sia che quello spirito simile ai primi anni di vita nelle braccia delle nostre madri e dei nostri padri, dove tutto veniva offerto gratuitamente e con amore, possa essere la base di una trasformazione a livello sociale”. Che l’economia del dono abbia prevalentemente a che fare con la maternità è convinta Genevieve Vaughan, ricercatrice statunitense naturalizzata italiana, che all’economia del dono ha dedicato la sua trentennale attività di ricerca e di produzione scientifica. Lei stessa scrive: “La pratica materna si basa su complesse interazioni di dare e ricevere che permettono la continuità della vita e creano relazioni primarie positive sulle quali si fonda un’economia del dono ricca di significati e capace di creare comunità. Un’alternativa al mercato e al patriarcato, questa economia del dono si manifesta nelle società indi-
LADYNOMICS: LA NOSTRA ECONOMIA Per una signora economia, campeggia in home page. È lo slogan di Ladynomics, sito che tra l’ironico e l’ammiccante vuole attirare l’attenzione su un tema poco frequentato dalle donne ma presentissimo nella loro vita. Perché l’economia, insieme alla finanza, domina la scena internazionale, condiziona praticamente tutto e decide per tutt*, sovrastando governi e politica. Dunque va bene perseguire il 50e50 nelle assemblee elettive, ma per incidere nei sistemi è indispensabile misurarsi con l’economia, però guardandola con occhi femminili e cercando soluzioni pensate con teste e cuori di donna. Questo vogliono fare le due fondatrici del sito www.ladynomics.it, Giovanna Badalassi e Federica Gentile, esperte di economia e politiche di genere che hanno deciso di mettere a frutto la loro esperienza professionale per guardare questa materia con occhio critico e senza bavagli.
IL MANIFESTO DI LADYNOMICS L’economia è dilagata nella nostra vita, e allora meglio conoscerla bene. Sì, anche noi donne. A cui spesso non ci piace parlare di soldi ma poi gestiamo intere famiglie. Che controlliamo i consumi e i risparmi. Che guadagniamo e spendiamo. Regine dell’economia familiare. Ma dell’economia pubblica? Quella che decide del nostro destino? Del nostro lavoro? Del futuro dei nostri figli e delle nostre figlie? Non sarà il caso che anche noi cominciamo ad occuparcene?
25
gene egualitarie mentre nella cultura di dominanza attuale rimane sfruttata e screditata. Ciononostante molte persone ora cercano di mettere in atto un’economia alternativa senza però riconoscerne le radici materne”. Per riflettere sulle origini dell’economia del dono, Genevieve e il Centro Femminista per l’Economia del Dono hanno organizzato il convegno “Le Radici Materne dell’Economia del Dono” (Roma, 25-27 aprile 2015, Casa Internazionale delle Donne) con la partecipazione di illustri studiosi italiani e provenienti da altri paesi (Filippine, Colombia, Sud corea, Mali). Tanti i contributi alla discussione: dalla filosofia femminista agli studi matriarcali, dall’appropriazione del dono da parte del capitalismo alla spiritualità e alle tante esperienze di economia del dono in varie parti del pianeta, capaci di riportare chi le pratica a una dimensione di relazionalità con altri esseri umani, di cui si sente, ogni giorno di più, il bisogno. b
Obiettivo? Cercare soluzioni, equilibrate e innovative, ai problemi che l’economia dei vertici produce e non sa risolvere. Dall’economia domestica all’economia mondiale: praticamente un progetto politico che tiene conto anche di quello che alle (non poche) amiche ai vertici planetari non riesce: pensare da donne. “Questo sito nasce dalla nostra voglia di far conoscere l’economia e la politica di genere ad un pubblico più ampio degli addetti ai lavori - spiegano le promotrici -. Le donne saranno infatti la nuova forza emergente della nostra società nei prossimi anni, ma solo se sapranno creare un vasto consenso popolare attorno a nuove idee e contenuti. Con Ladynomics cerchiamo di offrire un contributo di divulgazione e di conoscenza su questi temi anche usando, volutamente, un linguaggio accessibile a tutti”. Marta Mariani Info: ladynomics@gmail.com FB: https://www.facebook.com/ladynomic
A noi di Ladynomics interessa parlare di economia dalla prospettiva delle donne. Non solo di quello che ci riguarda direttamente, ma soprattutto della nostra visione sull’economia e la politica che la governa. Chiedendoci prima di tutto se ce l’abbiamo, una nostra visione. Noi di Ladynomics pensiamo di sì, e che sia giunto i momento di tirarla fuori. Millenni a prenderci cura delle persone non possono essere passati invano. È ora che questo sentire si traduca in presa di coscienza pubblica, per un’economia al servizio delle persone e non al loro comando.
Lo faremo con il tono che ci è più abituale, quello familiare. Allegro, disincantato e quotidiano. Ma in realtà serissimo. Altroché. Saremo signore delle nostre case, sì. Ma anche delle case di tutti. Economia. Da oikos, casa.
26
Aprile-Maggio 2015
SORELLE MA IN GUERRA
UCRAINA
Donne presenti anche nelle unità d’assalto Aidar accusato da Amnesty International di violazioni dei diritti umani e dall’OSCE di violenze contro la popolazione civile
di Cristina Carpinelli
In
Ucraina, anche le donne sono state partecipi della guerra. Tolti gli abiti civili, hanno imparato a costruire barricate, lanciare bombe molotov, mattoni e granate contro miliziani, poliziotti e “ribelli”. Alcune hanno combattuto per difendere l’Ucraina delle rivolte di Maidan, altre a fianco dei separatisti ucraini russofoni. Sarebbero diverse migliaia quelle che hanno deciso di combattere. Chi era al loro fianco è stato testimone del coraggio, resistenza e determinazione che hanno dimostrato, superando in taluni casi gli uomini. Tra loro c’è anche chi si è distinta per la ferocia con la quale ha portato a compimento le azioni militari. È il caso, ad esempio, di Irma Krat, giovane reporter (29 anni), caporedattrice di Hidden Truth Tv, e leader di un’unità di “Autodifesa femminile”, rapita a Slavjansk, città della regione di Donetsk, nella russofona Ucraina orientale, con l’accusa di aver torturato e ucciso diversi oppositori alla giunta golpista di Kiev. Non è un segreto che la lotta ai separatisti ucraini
filorussi sia stata portata avanti da battaglioni come l’unità d’assalto Aidar, formata inizialmente da volontari, in seguito passata sotto il controllo del ministero della Difesa, che ha recentemente deciso di scioglierla nel tentativo di riorganizzare le forze militari. Molte reclute, che hanno militato in questa unità d’assalto, provengono da ambienti nazisti e dell’estrema destra. Accusato da Amnesty International di violazioni dei diritti umani e dall’OSCE di violenze contro la popolazione civile, questo battaglione para-militare ha tra i suoi volontari diverse donne, alcune impegnate come personale medico o di supporto, altre in ruoli attivi di combattimento. Sono tutte giovanissime e alla loro prima esperienza di guerra, tranne mama Tanja, che ha già partecipato ad altri conflitti. È stata medico di guerra durante il conflitto del Nagorno-Karabach (piccolo fazzoletto di terra del Caucaso meridionale) nei primi anni Novanta. Fatta prigioniera e picchiata dalle milizie cecene (le c.d. “unità della mor-
te”), schierate a fianco dei separatisti russofoni, nel cordei soldati uccisi in battaglia. Nel piccolo cimitero situato so della guerra in Ucraina, il suo compito è stato quello alla periferia di Starobel’sk (piccola città non lontano da di prestare i primi soccorsi ai soldati feriti sul campo Lugansk) ci sono circa 30 tombe con la scritta: “eroe di battaglia durante le operazioni speciali. Vitadi Ucraina non ancora identificato”. Camminando minka (24 anni) è un’altra combattente volungo le tombe, Viktoria ha una storia da raclontaria, che ha sin dall’inizio sostenuto di contare su ciascuno dei giovani militi ignoti Le donne non essere spaventata dalla guerra, e che (ragazzi di 18-19 anni), anche se non ha soldato e armate di per aiutare psicologicamente la propria mai incontrato nessuno di loro. Viktoria è kalashnikov hanno gente a superare il trauma del conflitto stata mandata a Starobel’sk dopo essere combattuto su è necessario viverlo in prima persona. stata ferita mentre combatteva contro i entrambi i fronti di “In guerra la vita sembra più viva. Qui separatisti. Nei momenti più critici, tuttaguerra c’è un sacco di dolore. Ma a causa di ciò, via, ha abbandonato temporaneamente la si sente la gioia molto più acutamente...”. sua missione per andare al fronte. Lesja e Anaconda (19 anni) ha deciso di arruolarsi Dasha sono due infermiere volontarie dell’operché - afferma - “non potevo continuare a guarspedale di campo costruito a “Schastye”, città dare i nostri uomini morire, mentre io rimanevo ferma. nella regione di Lugansk, regolarmente bombardata da (…) Questo è il mio paese e la mia gente. Fa male verazzi Grad dell’artiglieria delle forze separatiste accamdere come combattenti e civili siano morti da entrambe pate a circa un miglio di distanza. Entrambe le infermiere le parti del conflitto. Voglio che questa guerra finisca al provengono da Lugansk e sono ferocemente contrarie più presto”. Viktoria (22 anni) si occupa della sepoltura all’idea di una Ucraina smembrata. Pur essendo mam-
Molte hanno seguito sul fronte mariti e fidanzati
27
UCRAINA
Aprile-Maggio 2015
Aprile-Maggio 2015
UCRAINA
28
dell’autoproclamata Repubblica popolare di me, hanno deciso di far parte del battaglione Aidar, Donetsk). In questo battaglione militano dove sono già arruolati alcuni loro amici. attualmente sei donne: Gajka, tre mediDall’altra parte della barricata ci sono altre donne ci, una soldatessa e una specialista di combattenti, che hanno deciso di scendere in Alcune avevano ricognizione. Le donne sono state reguerra, a fianco di figli e mariti, “perché in quel’obiettivo di difendere l’Ucraina clutate anche dall’esercito cosacco sto paese questo è l’unico modo per ottenere altre erano a fianco del Don. “All’inizio - raccontava un un risultato”. Un video, disponibile in Youtube dei separatisti alto ufficiale della Guardia nazionale (*), mostra quattro di queste donne, apparteucraini russofoni cosacca (**) - avevo dei dubbi sull’arnenti alle milizie separatiste del Sud-Est ucraino, ruolare nel mio esercito delle donne. incappucciate, con tuta mimetica e kalashnikov Ma ora, in realtà, ho più fiducia in loro in mano, che spiegano perché hanno deciso di diche negli uomini”. fendere i loro territori dai vili attacchi dell’esercito della Quest’anno, in occasione della festa internazionagiunta fascista di Kiev. Il video si chiude con un “saluto speciale” per le nemiche: “Ragazze, vi resta un’ultima pos- le della donna (8 marzo), alcune donne soldato, appartesibilità. Smettetela o morirete”. Queste combattenti che nenti a tre battaglioni di separatisti russofoni, hanno tolto hanno abbandonato la loro vita quotidiana per imbracciare le divise militari e hanno sfilato con abiti femminili in una il fucile, sono le figlie ribelli dell’Ucraina. Tra di loro, c’è Iri- manifestazione organizzata dalle autorità dell’autoproclana, ex benzinaia che ha lasciato famiglia e lavoro per dedi- mata Repubblica di Donetsk. Alla fine della sfilata, hanno carsi alla causa: “La paura c’è sempre - afferma - ma avevo ricevuto omaggi e rose. La maggior parte di queste donne più paura quando ero da sola in casa e sentivo le bombe sono cittadine di Donetsk che hanno seguito sul fronte maesplodere senza poter fare nulla. Poi, mi sono abituata a riti o fidanzati (***). b quel rumore”. Anche Gajka, ex croupier in un casinò, è una guerriera filo-russa: “Le donne che vanno in trincea - ha (*) https://www.youtube.com/watch?v=mhsWznL8u2w&feature=youtu.be detto in un’intervista - sono vere russe. La sofferenza svani- (**) A fianco dei ribelli del Donbass è scesa la “Guardia Nazionale” della Grande Armata del Don capeggiata da Nikolaj Kozitsjn, che ha nel Sud-Est dell’Ucraina, sce, cerchiamo di concentrarci sulle cose positive, gioiose Cosacca nella regione del Donbass (Donetsk e Lugansk), quattro distretti cosacchi affiliati. come fare nuove amicizie. La guerra avvicina le persone”. La sua unità militare è nei pressi di Donetsk, la principale (***)http://www.tio.ch/TioTV/people/people/1021769/donne-soldato-diventano-miss-l-8marzo-degli-altri roccaforte dei ribelli situata nella parte orientale dell’Ucraina. Gajka fa parte del battaglione “Oplot” della milizia popolare del Donbass, il cui capo è A. Zacharcenko (leader
Aprile-Maggio 2015
29
WenDo
per l’autodifesa personale Quando l’arte di difendersi passa per alcune semplici tecniche che le donne dovrebbero conoscere
I
l Cairo. Il WenDo è una tecnica di autodifesa personale femminile che ha riscosso solo negli ultimi anni grande successo in Egitto. Nato negli anni Settanta in Canada e diffusosi nei Paesi anglosassoni, qui si afferma con successo grazie alla trainer Schirin Salem. Il motivo della sua popolarità sta nella facilità di apprendimento e di esecuzione delle tecniche di base per evitare una probabile situazione di pericolo. “Il WenDo, che sta per percorso delle donne, è il risultato della contrazione della parola inglese Women e della parola giapponese Do. Ti permette di acquisire il controllo sul tuo corpo e di imparare le mosse basilari per reagire ad un attacco verbale e fisico”, spiega la trainer Fatma Ateef. “Quello che cerchiamo di fare nei nostri corsi è far capire alle donne qual è il loro spazio, qual è il limite oltre il quale gli altri non sono autorizzati ad andare. A volte ci capita di non saperlo e di lasciare intendere ciò che non vorremmo. Invece quì le donne imparano a comprendere i confini che devono essere rispettati, e a sviluppare quel coraggio e quella determinazione che possono rappresentare già di per sé un deterrente per la possibile molestia. Non si tratta solo di agire, ma si tratta prima di tutto di far capire al molestatore che non abbiamo paura anche solo guardandolo. In realtà bisogna uscire da quella condizione di passività che ha portato molte donne a subire una violenza senza reagire per la paura che le ha pervase in quel preciso istante. Lavoriamo proprio perché quella paura non le sfaccia soccombere. Quando si tratta di affrontare una situazione di pericolo abbiamo bisogno di essere sicure e forti sia mentalmente che fisicamente - continua Fatma -. Le donne devono imparare ad avere un equilibrio
mentale nel momento in cui vengono raggiunte da complimenti poco galanti o addirittura strattonate. Perché rimanere salde sia mentalmente che fisicamente serve già a mettere all’angolo il molestatore”. Lo scopo delle tecniche del WenDo per le donne insegnato dalle donne è quello di dare ad ognuna di loro la consapevolezza di quello che sono e di quello che possono fare. “Non bisogna essere delle atlete per difendersi. Bisogna solo essere consapevoli di quello che siamo e dei nostri punti di forza. Nel corso le donne si ritrovano in un ambiente confortevole dove nessuna giudica le altre, ma è invece la condivisione dell’essere donne a far riscoprire la forza del sesso femminile” conclude Fatma. Dalla Rivoluzione ad oggi sono centinaia le donne che hanno preso parte ai corsi di WenDo. Sabato 14 marzo si è replicato l’evento al quale hanno partecipato moltissime donne egiziane e straniere. Il problema delle molestie sessuali sia diventato una piaga in Egitto. Nel 2013 il rapporto delle Nazioni Unite, su un totale di più 2000 intervistate, circa il 90% dichiara di aver subito una qualche forma di molestia sessuale; più dell’80% dichiara di non sentirsi sicura per strada. Lo stesso studio afferma che la presenza di leggi che puniscono i molestatori è percepita dalla donne egiziane come un passo in avanti del governo ad affrontare il problema. A questo proposito è del giugno scorso la modifica dell’articolo 306 del Codice Penale con la quale si inasprisce la condanna per chi commette un reato di molestia sessuale, sia fisica che verbale. La pena può arrivare ad un massimo di 10 anni di reclusione con il pagamento di una multa di 50.000 Lire egiziane. b
EGITTO
di Zenab Ataalla
30
Aprile-Maggio 2015
LA RIPIDA SALITA
VERSO LA PARITà I diritti delle donne, oggi, e il loro cammino verso la parità in un paese dove il regime comunista aveva dato una parvenza di equilibrio fra i sessi senza riuscire a cambiare le mentalità
UNGHERIA
di Massimo Congiu
L
a popolazione ungherese è femminile per oltre il 52%. tato a tre anni il periodo Il paese assiste già da diversi anni a una progressiva di maternità (era di due avanzata delle donne nel mondo del lavoro in un conanni prima di questo intesto difficile che continua a privilegiare le persone di tervento), ma il problema sesso maschile. Secondo Mária Hercegh, dirigente sindasi presenta al ritorno nel cale all’MSZOSZ (Confederazione Nazionale dei Sindacati posto di lavoro. Spesso Ungheresi), le donne ungheresi di oggi hanno titoli di studio occorre ricominciare tutsuperiori a quelli dei loro connazionali di sesso maschile e to da capo, ricostruire le sono più preparate e specializzate di loro. ‘Dotate di una magrelazioni e il rapporto di giore flessibilità - aggiunge Hercegh - sono tendenzialmente fiducia con il datore di disposte ad accettare lavori che di norma vengono scartati lavoro. Non di rado, fandagli uomini perché considerati da questi ultimi non abbano notare le sindacaliste, stanza prestigiosi. le donne devono cercarsi un altro impiego perché nel frattemPiù determinate, quindi, più flessibili, più dotate di capacità di po il loro posto è stato soppresso o assegnato ad altri. adattamento e di strumenti con i quali realizzare una carriera Ciononostante le donne vanno avanti e i dati parlano di una brillante. Tutto questo in una situazione che non le favorisce progressiva femminilizzazione degli uffici della funzione e che, secondo le dirette interessate, dà luogo a numerose pubblica. Ci sono ancora settori che continuano ad essere discriminazioni nel mondo del lavoro. Le medesime racconun tradizionale sbocco lavorativo delle donne, come quello tano che le differenze di trattamento iniziano al momento del dell’insegnamento che secondo recenti statistiche supera il colloquio per un impiego quando curriculum vitae e attestati 95%, ma si assiste anche, per esempio, a un aumento della non bastano; prima o poi l’esaminatore chiede presenza femminile nel settore ferroviario e alla candidata se ha intenzione di fare figli e dei trasporti cittadini e aumenta anche il numettere su famiglia, intenzioni che, fanno notamero delle donne che ricoprono incarichi diriLa società re, non costituiscono un problema nel caso di genziali. Per loro, però, si pone sempre il proungherese è patriarcale un uomo, per una donna rispondere affermablema di come conciliare lavoro e famiglia. È e il governo tivamente a questa domanda può essere un chiaro che non vogliono rinunciare a nessuna conservatore punto a sfavore. delle due cose ma è altrettanto evidente che, accentua questa Secondo Mária Hercegh il nuovo Codice del per evitare di scegliere devono fare dei comvisione Lavoro ungherese, entrato in vigore il primo promessi, cosa che, fanno notare, non succetradizionalista gennaio di tre anni fa, non aiuta le donne. de nel caso degli uomini. Le donne in carriera del ruolo Espressione di un governo che non brilla per quindi ci sono e non risultano essere poche della donna propensioni democratiche, limita il già angumalgrado il contesto sfavorevole; questo risto spazio d’azione dei sindacati e i diritti dei sultato viene attribuito alla determinazione del lavoratori dipendenti, soprattutto di quelli assesso femminile, alla sua versatilità, ma anche sunti nella pubblica amministrazione e, a parere della sindaperché oggi come oggi, non sarebbe possibile il contrario per calista, non contribuisce alla difesa dei diritti delle lavoratrici. aspetti concreti riguardanti l’’economia, lo sviluppo della soL’attuale esecutivo guidato da Viktor Orbán ha, è vero, riporcietà e la sua stessa esistenza. Se comunque si chiede alle
cialista al Parlamento ungherese, afferma che sebbene viviamo nel XXI secolo la maggior parte degli ungheresi ritiene che il posto della donna sia a casa e che non la si debba coinvolgere in altri ambiti. “Certo - prosegue la Borbely - anche noi donne diciamo che il valore più importante è la famiglia, però bisogna anche pensare che il mondo intorno a noi è cambiato e che le persone devono essere più tolleranti“. La deputata aggiunge che l’attuale governo conservatore accentua questa visione tradizionalista del ruolo della donna e che i rapporti tra i due sessi nel mondo della politica non sono buoni: “i nostri colleghi maschi ci trattano come se appartenessimo a un’altra categoria di persone, non ci considerano dei partner alla pari. Eppure la politica avrebbe bisogno del nostro apungheresi quali siano i valori cui fanno riferimento, la maggior porto, considerando anche il fatto che abbiamo una spiccata parte di loro dirà, secondo la sociologa Beáta Nagy, “la fami- sensibilità sociale’. glia e l’autonomia economica”. La famiglia, i figli, continuano Come precisato più volte il contesto è difficile, quella unghead essere un obiettivo che le donne di questo paese vogliono rese è una società patriarcale, fondamentalmente maschilista. raggiungere insieme alla realizzazione in ambito lavorativo ed Un carattere difficile da nascondere anche durante il passato economico. A questo proposito è utile menzionare un recente regime che durante la sua esistenza ha cercato di creare una dossier uscito sul settimanale Figyel’. L’identikit che emerge parvenza di equilibrio fra i sessi senza però riuscire a cambiadall’inchiesta è quello della donna che per ottenere ciò che re le mentalità. Le donne ungheresi si scontrano con questa vuole deve essere contemporaneamente brava mamma, bra- realtà, non esclusiva, peraltro, del loro paese, e le ONG attive va padrona di casa, brava cuoca e stiratrice, moglie premuro- sul fronte della difesa dei diritti delle donne fanno presente una sa, lavoratrice efficiente, persona brillante, elegante, seducen- casistica di non poco conto sulle violenze che le donne subite, sempre in forma ecc. Tanti ruoli da ricoprire e ancora tanta scono in famiglia. Secondo Vera Stummer, attivista di NANE strada da fare per una vera e propria parità nel mondo del (Nők a Nőkért Együtt az Erőszak Ellen, Donne per le Donne lavoro dove, come già precisato, non mancano le discrimina- contro la Violenza), le dirette interessate sono generalmente zioni: una di esse sta nel salario che presenta poco propense a denunciare i soprusi di cui differenze di sesso. Al sindacato MSZOSZ sono vittime, soprusi considerati dalla mentafanno notare che secondo le statistiche lità corrente come un problema della donna e Il nuovo Codice del Lavoro ufficiali la differenza di stipendio fra uomo di suo marito. Un problema di coppia, quindi, limita i diritti e donna è del 16-17%, ma i rappresentanti non un episodio da denunciare alla polizia. dei lavoratori dei lavoratori ritengono che questa dispariDel resto, secondo Stummer, le autorità comdipendenti tà sia almeno del 30% considerando il fatto petenti non garantiscono tutela e sicurezza e non che molte donne sono assunte col salario adeguate alle vittime delle violenze domesticontribuisce minimo insufficiente al loro sostentamento. che, di conseguenza queste ultime non nualla difesa Nel mondo politico la situazione è più triste in trono fiducia nelle istituzioni che dovrebbero dei diritti delle quanto la rappresentanza femminile langue. In difenderle. L’ottava Conferenza Europea di lavoratrici Parlamento le deputate sono meno del 10% Ricerca Femminista svoltasi a Budapest del totale. La società ungherese non accetnel 2012 ha sottolineato le lacune delle legta di buon grado il fatto che anche le donne gi ungheresi sul tema e il dossier realizzato possano occuparsi di politica, la sinistra è più sensibile alla da Human Rights Watch l’anno successivo ha posto l’accenquestione ma in generale risulta difficile che una donna arrivi a to sulle restrizioni poste dalla nuova Costituzione ai diritti riricoprire cariche dirigenziali nei partiti, che nella maggior parte produttivi della donna e a quello all’aborto, e raccomandato dei casi sono guidati da uomini. Ildikó Borbely, deputata so- inutilmente all’attuale governo di cambiare orientamento.b
31
UNGHERIA
Aprile-Maggio 2015
32
Aprile-Maggio 2015
MODA
E POTERE Al Design Museum di Londra una mostra ripercorre il rapporto delle donne occidentali con la moda, vista come uno strumento di potere
GRAN BRETAGNA
di Silvia Vaccaro
N
on v’è alcun dubbio che la moda - intesa come stile prima che come comparto industriale - abbia avuto da sempre e abbia tuttora molto a che vedere con la rappresentazione sociale degli individui. Ci si può riconoscere in uno stile e indossare determinati abiti per appartenere a un gruppo, o al contrario, decidere di non seguire nessuna regola e inventarsi un proprio stile, o ancora, rifiutare l’idea che “l’abito faccia il monaco” e non prestare nessuna importanza alla moda. Questo atteggiamento però è francamente sempre più raro, soprattutto in una città come Londra dove tutti e tutte si vestono come vogliono ma, al tempo stesso, sono molto attenti alle tendenze e consapevoli di avere il potere di crearle, data la ricettività del tessuto urbano di afferrare tutto ciò che è nuovo e potenzialmente cool. Nel caso della mostra Women Fashion Power (Design Museum di Londra fino al 26 aprile) al centro della scena c’è l’evoluzione della moda femminile nel ventesimo secolo e il fil rouge che i curatori, Colin McDowell e Donna Loveday, hanno deciso di seguire è l’interessante intreccio tra moda, potere e libertà. Da subito si intuisce la complessità e l’ambiguità di questo rapporto sempre in divenire: il significato di un abito non è mai stato qualcosa di semplicemente dato, ma è sem-
pre dipeso dal contesto sociale e dalla personalità e dal gusto della donna che lo indossava. Partendo dalla figura di Eva, cacciata dall’Eden e condannata a doversi coprire, si incrociano alcune figure di donne, da Giovanna D’Arco ad Angela Merkel, che, con tutte le differenze del caso, hanno preferito uno stile rigoroso e androgino come scelta di libertà. Diversa la storia di Maria Antonietta regina di Francia, che al contrario prediligeva mise che esaltassero la sua femminilità, differenziandosi così dalle precedenti regnanti. Un caso ancora a parte l’immancabile Regina Elisabetta II, incoronata a venticinque anni nel 1953 (prima cerimonia di incoronazione trasmessa in TV), che è stata in grado di creare, anche attraverso il suo modo di vestire, l’immagine di una “monarchia capace di non passare mai di moda”.
Libertà di uscire dai limiti
Dopo secoli di costrizione in corsetti rigidissimi, a partire dalla fine del 1800, alcune cose iniziano a mutare. La diffusione di alcuni sport come l’equitazione o l’andare in bicicletta, favorirono l’abbandono delle gonne ampie e rigide in favore di favore di gonne-pantalone, che accompagnavano le donne desiderose di sperimentarsi in attività dinamiche. Un grande merito va riconosciuto a due sarti, le cui idee, rivoluzionarie per l’epoca, offrirono alle donne un nuovo modo di vestire semplice e pratico. Paul Poiret, francese classe 1879, decise di abolire il busto inventando una linea stile impero, con la vita alta e la gonna stretta e lunga. Insieme a lui Mario Fortuny, veneto, nato nel 1871, che creò invece una sorta di tunica di seta, prendendo ispirazione dalle vesti dell’antica Grecia. L’inizio del 1900 vide anche il sorgere dei movimenti per il diritto di voto alle donne. Celeberrimo quello inglese delle suffragette, guidato da Emme-
line Pankhurst (che avrà il volto di Meryl Streep nel film “Suffragette” in sala il prossimo autunno), che scelsero abiti e fabbricarono oggetti da vendere per finanziare le loro campagne, tutti caratterizzati dai colori verde, bianco e porpora, (che richiamavano i valori di speranza, purezza e regalità) in modo tale da essere facilmente riconoscibili durante le manifestazioni. Gli abiti erano volutamente “femminili”, proprio per rovesciare i tanti stereotipi che dipingevano le attiviste come volgari e mascoline. Un contributo molto importante allo sdoganamento della moda fu dato anche dal magazine Vogue, che uscì per la prima volta nel 1892 in America e nel 1916 nel Regno Unito, e dall’apertura nel 1909 di Selfridges, il primo grande centro commerciale a Oxford Street, dove fare shopping divenne un’esperienza di socialità.
Libertà di lavorare, di avere una professione. Di essere femministe e di scegliere
L’impatto delle due guerre mondiali sul modo di vestire delle donne fu impressionante. Moltissime donne diventarono “gli uomini di casa” sostituendo i mariti impegnati in battaglia, e al tempo stesso tante di loro iniziarono a lavorare: costruivano armi e navi nelle fabbriche, lavoravano nelle fattorie e come infermiere direttamente nei vari campi di guerra. Nonostante i tempi difficili di povertà, soprattutto nella fase tra i due conflitti, l’industria hollywoodiana creava un immaginario di divertimento e di fuga dalle difficoltà, fatto di eroine femminili che veicolavano un’idea di moda e bellezza che voleva essere, o quantomeno sembrare, accessibile a tutte le donne. Le dive del cinema americano come Marylin Monroe e Liz Taylor, diventarono famose in tutto il mondo sia come attrici che come icone a cui ispirarsi in fatto di look. Questo aprì la strada alla scelta di un abbigliamento completamente diverso e crebbe esponenzialmente il comparto tessile: dalla sartoria su misura alla produzione di massa. Cambiò anche se lentamente il senso del pudore. Dopo decenni di costumi da bagno che scoprivano il corpo il meno possibile, nel 1946 Louise Réard lanciò il primo modello di bikini, contenuto in una piccola scatola. Lo stilista non trovò nessuna modella che si prestò a sfilare con un indumento così osceno e alla fine
il costume da bagno venne indossato dalla diciannovenne Micheline Bernardini, ballerina al Casino di Parigi. Seguirono gli anni sessanta, e la moda iniziò ad essere un bene di largo consumo. Londra era il centro del mondo: la stilista inglese Mary Quant inventò la minigonna e la modella inglese Twiggy fu icona incontrastata di stile. Le tendenze più diffuse furono i richiami allo spazio, alla pop art e allo stile hippie. L’invenzione della pillola anticoncezionale e il massiccio ingresso nel mondo del lavoro aprirono per le donne una strada di maggiore libertà, lastricata ancora però di disparità salariali e di avanzamento di carriera. negli anni ’70 i movimenti e le teorie femministi misero al centro della questione il ruolo della donna nella società, contestando l’uso di alcuni indumenti come ad esempio i reggiseni, visti come nuovi limiti imposti alla libertà dei corpi femminili, e al tempo stesso, rivendicando la necessità di un’autodeterminazione totale delle donne in fatto di stile. Seguirono gli anni ’80 e ’90, decenni in cui tante donne entrarono in politica e nelle stanze di comando delle aziende. In quegli anni Il rapporto, sempre fecondo, tra moda e arte, fu colto magistralmente da stiliti come Jean Paul-Gauthier e Vivienne Westwood e interpretato da icone come Madonna, Boy George e David Bowie. Gli ultimi 25 anni hanno visto un’ulteriore rivoluzione con la diffusione globale delle creazioni di moda, delle sfilate, e non da ultimo, la possibilità attraverso internet di comprare direttamente on-line senza passare dai negozi. La mostra, che si concentra sull’importanza del fashion nelle società occidentali, lascia aperti tanti interrogativi, legati soprattutto alla produzione dei vestiti. Un business milionario, che si regge sulle fragili spalle di lavoratori e lavoratrici del sud del mondo, pagati una miseria rispetto ai profitti che creano: una moda economica e fast food, consumata senza badare troppo a cosa c’è dietro un’etichetta “Made in Cambogia”, né a dove finiranno i vestiti che decidiamo sempre più facilmente e velocemente di buttare, per poterne comprare di nuovi. b
33
GRAN BRETAGNA
Aprile-Maggio 2015
34
Aprile-Maggio 2015
LIBRI a cura di Tiziana Bartolini
CHE RIDANO I MIEI OCCHI ì“Una bimba / si china a raccogliere il mondo / che si rivela nell’acqua che le corre incontro / che si arricciola sui sassi e torna indietro / e poi ancora / le corre incontro e mai finirà / lo stupore…”. Scelti a caso pochi versi rivelano la cifra della poetica di una donna che non a caso è anche pittrice di immagini dallo stile elegante e personale. Infatti è l’indugiare sulle immagini che favorisce lo sviluppo polisemico del senso. Maria Teresa è una mia amica e presumo di interpretarne il sentire: scrive di bambine, di figlie che vanno incontro alla vita e sono le sue figlie, come anche lei e noi siamo state tutte. Anche le madri quando erano piccole non si vedevano crescere, ma si rivivono da grandi perché con le figlie riscoprono lo stupore di momenti concreti lontani: così tutte le madri, quella di Maria Teresa, la mia, la tua…. In questa cifra si manifesta la vena poetica femminile: una donna non ignora la fatica di superare gli urti dei massi pesanti e delle onde infuriate, ma cerca (e ricerca) di cogliere, comunque, a partire da sé, il mondo. Se una ha mente lucida non si illude: “occorre rischiare l’incomprensione / e cercare dove nessuno cerca” perché anche quando “la gioventù del corpo” si appanna, “ l’Anima si rinnova”. Possiamo giustificare le nostre pene, non quelle di nostra madre, che ha avuto un destino di donna peggiore, perché compreso dalla generazione delle figlie solo quando non c’era più tempo per rimediare. L’ansia di capire di più induce a chiedere spiegazioni agli illustri filosofi (“pensatrici proprio non mi viene!”) ma loro stanno lì, dopo troppe parole, con le braccia allargate davanti al mistero. Si può cercare una fede, ma le chiese sono distanti, tutte stucchi e apparati e anche l’organo della musica - che ti aiuterebbe a sentire la consistenza dell’anima che, nuda, si vuole sentire grande - è “issato su un balcone con una balaustra ricca di riccioli e angeli e piccole colonne e candelabri preziosi, col sole che appare prigioniero di ogni increspatura e che pure sa fuggire andando oltre, lasciando un’ombra calda e dorata”. Meglio lasciarli tutti lì, “a spiegare” e fermarsi a sentire
battere il cuore (“sebbene non ne capisca nemmeno una parola”) e pensare alla rovina di torri e cavalieri e disfatte e, una volta “posata la polvere dei secoli / dietro alle rovine / si possa finalmente udire la voce che da sempre grida: / Vedete! / Era solo una Donna”. È proprio la voce di una di noi: “siamo tutte uguali / noi che rubiamo il tempo / facendo finta / di usarlo”, perché prese dalla vita che amiamo anche se non è fatta per noi. Giancarla Codrignani Maria Teresa Pellegrini Raho Il nodo alle radici ed. Puntoacapo
TUTTI I COLORI DEL DOLORE Una panoramica sulla differente concezione del dolore nel corso della storia introduce a una riflessione sul dolore fisico, psichico e spirituale nel libro di Iris Paxino, per raccontare il dolore come formatore di coscienza, realtà inevitabile e difficile che tuttavia può condurci più vicino a noi se stessi e agli altri. La panoramica storico-filosofica muove dal mondo degli dèi alla cultura cristiana, arrivando fino ai nostri giorni, quando - con la scienza e la medicina propense a considerare la sofferenza una serie di sintomi e il paziente un portatore di sintomi che vanno eliminati - la volontà di evitare il dolore e liberarsene è diventata la modalità più diffusa e automatica di rapportarsi con esso. Mentre paziente e medico perdono di vista la totalità della persona (il primo dimentica che il dolore è qualcosa che gli “appartiene”, il secondo che dietro una malattia, dietro il dolore, c’è “la persona”), il dolore continua ad avere una dimensione psichica importante che rischia di non essere riconosciuta o affrontata - e non è un caso che nell’era moderna il dolore tenda a cronicizzare maggiormente. Si è aperto un abisso tra il dolore come segnale e il suo senso. Senza dubbio i dolori vanno trattati, ma in assenza di senso l’Io diventa non Io - si perde -, al contrario di ciò che dovrebbe avvenire in una comune, se pur dura esperienza di dolore, dove attraverso la prova di sofferenza e l’elaborazione profonda dello stato doloroso si conquista una chance del divenire e della comprensione. Bruna Baldassarre Iris Paxino Vivere con il dolore ed Natura e Cultura
Aprile-Maggio 2015
LA PRECARIETà DELLA PACE
L
eggere di “dilemmi della pace” in anni avventurosi come quelli che stiamo vivendo è indubbiamente stimolante. Come donne percepiamo sulla pelle la precarietà delle aspettative che stanno dentro la volontà femminista e femminile di cambiare il mondo. Per questo ascoltiamo con qualche preoccupazione, che in qualche momento diventa brivido, una storica che ha verificato la presenza forte di donne che, tra la prima e la seconda guerra mondiale, hanno agito e speso la vita per “fare qualcosa” presentendo i pericoli a cui ignoranza, follia e indifferenza conducevano l’Europa. E sono passate quasi inosservate. L’impressione si fa più tormentata se ci si ricorda che anche nel secolo precedente l’intuizione politica e la proposta alternativa delle donne erano già state realistiche, perfino apprezzate, ma sostanzialmente eluse. Il movimento pacifista dell’ Ottocento (a forte presenza femminile) era ben noto e alle convention della Lega per la Pace e la Libertà arrivavano i telegrammi ipocritamente solidali del Re d’Inghilterra e dello Zar di Russie. Nella rivista Les Etats Unis d’Europe (il movimento aveva già
scoperto l’importanza dell’Europa per una politica di pace tra le nazioni) del 5 ottobre 1868 Clémence Rouvier aveva scritto “Se scoppierà un conflitto di proporzioni europee, le madri vedranno cadere a centinaia di migliaia i loro figli, colpiti a morte o feriti in che modo! (…) Perché, di fronte ai fatti che si vanno preparando, non è chi non pensi e giudichi come me, che è giunto il tempo di arrestare l’umanità sulla china fatale dove sta precipitando, passiva nelle pastoie e muta sotto il bavaglio, accecata nell’oscurità che si addensa su di lei e sperduta nel suo accecamento e nella sua impotenza”. E Bertha von Suttner pubblicava tra il 1892 e il 1899 Die Waffen nieder, ‘Abbasso le armi’; nel 1905 avrebbe ricevuto il Nobel per la pace e ancor maggiore notorietà; ma sconfitta dal nazionalismo e dal revanscismo violento. Le donne del Novecento che manifestarono la loro opposizione alla guerra coloniale di Libia contavano su precedenti già oscurati. La prima guerra mondiale, prevista da Clemence cinquant’anni prima, poteva essere evitata, quanto meno dall’Italia. Produsse le “centinaia di migliaia di caduti”, ma paradossalmente diede alle donne l’opportunità di entrare nel mercato del lavoro al posto degli uomini al fronte e pose fine agli ingombri di vesti, cappelli, busti e trecce. Che le donne non avrebbero vinto né sul terreno dei propri diritti, né nelle loro assennate profezie era già noto quando il Partito Socialista aveva concesso il voto “universale” a tutti i maschi maggiorenni escludendo le donne. Gli anni successivi, quelli che Elda Guerra in IL DILEMMA DELLA PACE, Femministe e Pacifiste sulla scena internazionale,1914-1939 (Ed Viella, 2014) ha affrontato con rigore di ricerca e di giudizio critico, sono anni drammatici che non sembrano aver bisogno di ulteriori approfondimenti. Ma il nesso tra cultura delle donne e politiche di pace apre un terreno di analisi ben duro: il rifiuto della cooperazione con il movimento delle donne, diciamolo chiaramente, ebbe conseguenze politiche e umane non irrilevanti. Le donne sarebbero state le migliori alleate del partito della pace di fronte alle contraddizioni del nazionalismo e, soprattutto, nel successivo superamento della crisi del dopoguerra e nel contrasto alla violenza del fascismo. Seguire, dunque, passo dopo passo il percorso politico delle donne impegnate a contare nelle organizzazioni della società civile anche internazionalmente prima dell’avvento di fascismo e nazismo porta a constatare l’immensa stupidità del pregiudizio che impone il modello unico maschile. Infatti non sono state solo le donne che hanno pagato il prezzo altissimo della compressione dei propri diritti fino all’umiliazione di essere trattate come fattrici di carne da cannone ed escluse dall’insegnamenot della filosofia. Con quelli delle donne sono andati a picco i diritti di tutti. E con le guerre la vita di tutti. b Giancarla Codrignani
35
36
Aprile-Maggio 2015
Liber* tutt*: arriva GendErotica 2015! di Silvia Vaccaro
Quarta edizione dell’appuntamento più queer della Capitale. Spettacoli, dibattiti, laboratori, proiezioni: tre giorni all’insegna dell’arte a tema vengono finanziati e organizzati anche all’interno di spazi ufficiali, in Italia questo avviene di rado. Le risorse per le attività culturali scarseggiano, ancor più se si tratta di eventi che, attraverso l’espressione artistica, interrogano e stimolano il pubblico sulla sessualità, l’identità di genere, i desideri e gli immaginari che si collocano fuori dall’etero-normatività, intesa come la naturalizzazione dell’eterosessualità quale normale espressione delle relazioni sessuali. Abbiamo incontrato Bianco e Senith (che insieme a Spruzzy formano il collettivo delle Eyes) e abbiamo chiesto loro di presentarci il Festival e la comunità, sempre più grande e appassionata, che si muove attorno all’evento.
Quarto anno di Festival. Cosa è cambiato dalla prima edizione? Cosa ci sarà di imperdibile?
F
ervono i preparativi per quella che sarà la quarta edizione del GendErotica Festival, in programma a Roma dal 22 al 24 maggio negli spazi del Nuovo Cinema Palazzo nel quartiere storico di San Lorenzo. Come ogni anno la macchina organizzativa, guidata saldamente dal collettivo Eyes Wild Drag, gruppo Queer Gender Drag di Roma, tra i più importanti nel panorama drag king italiano, è già in movimento su tutti i fronti: calendario, ufficio stampa, contatti con gli artisti e soprattutto attività di fundraising. Perché mentre in altre capitali europee la cultura queer e gli eventi artistici
Bianco. Sono cambiate l’ambizione e la consapevolezza di creare un evento atteso dalla comunità queer e non solo. La prima edizione, nata da un ‘bisogno privato’ di parlare con gioia ed erotismo di trangenderismo e di promuovere l’estetica queer, ha incontrato lo stesso bisogno da parte di altr* individui e/o gruppi. Da GendErotica ci si aspetta di conoscere forme espressive e storie queer che vengono da lontano, selezionate con molta cura per qualità artistica più che per un’adesione ‘ideale’ a concetti e principi. E oggi è diventato un festival sempre più vivo, anche come spazio di condivisione con altr* individui o gruppi desiderosi di esprimersi, di conoscere e di confrontarsi, partendo dai temi che ad ogni edizione funzionano come focus, non tanto di sintesi ma di canalizzazione di immaginari, pensieri e pulsioni. Senith. cambiata l’incoscienza. La prima edizione di GendErotica è nata grazie ad un finanziamento dell’Osservatorio lgbtq del Comune di Venezia, nel 2009, mentre, per quanto riguarda le ultime due edizioni, prima nasce il progetto e poi, intorno a quello, ci inventiamo le modalità di finanziamento,
Aprile-Maggio 2015
nella totale precarietà. In cambio, l’asticella delle nostre esigenze artistiche e “politiche” (nel senso più ampio del termine) si alza sempre di più. Quest’anno non ci saranno solo performance ma anche spettacoli teatrali di prestigio (uno su tutti, Naked in Alaska, di Valerie Hager, spettacolo pluripremiato ai principali Fringe Festival del mondo). Oltre ai documentari e ai cortometraggi, ci saranno anche lungometraggi. Senza contare tutte le altre sezioni di arte, laboratori, performance, queer infection, dibattiti che saranno estremamente vitali. È cresciuta anche la capacità di fare rete e la volontà di collaborare e sostenere l’evento, grazie anche all’impegno volontario di molte persone che si sentono coinvolte.
Quanto può contribuire l’arte alla creazione di un immaginario più libero? Bianco. Nella pratica queer, secondo la mia esperienza, non è proprio possibile saltare il passaggio creativo. Attraverso il consapevole atto performativo, che si può definire come la creazione prima di tutto di uno slittamento della propria identità in altre, si esce effettivamente trasformati e, quantomeno, con la voglia di sentirsi più liber* nella rappresentazione di sé. Senith. È fondamentale. Quando l’arte parla al proprio tempo diventa uno strumento efficacissimo di lotta e di desiderio. La catarsi artistica genera possibilità alternative. Forse non ce ne accorgiamo finché non ne rimaniamo privi, ma l’arte è davvero un ingrediente essenziale a noi stess* e alle nostre lotte. Quando si assiste a una serata del festival, si esce con la certezza che le performance, gli immaginari raccontati, i discorsi affrontati siano ancora in grado di smuovere interrogativi, presenze, sfide. b
Al di là dello specchio Le Eyes Wild Drag sono anche protagoniste del documentario“Al di là dello specchio”, di cui, come redazione di Noidonne, abbiamo avuto il piacere di vedere alcune scene in anteprima. Il lavoro è stato scritto, girato e montato da Cecilia Grasso, filmaker siciliana che vive a Roma, e prodotto dalla CSC production (casa di produzione del Centro Sperimentale di Cinematografia - Scuola Nazionale di Cinema), come saggio di diploma del corso di Documentario Storico Artistico e docufiction 2012/14 del Centro Sperimentale di Cinematografia - Sede Sicilia. “Due anni fa ho assistito per la prima volta ad uno spettacolo in King e ne sono rimasta affascinata; durante le mie ricerche ho scoperto il lavoro del collettivo Eyes Wild Drag. L’idea del documentario nasce proprio da lì, dalla voglia di raccontare, attraverso l’approccio del collettivo, la costruzione e la decostruzione dell’identità e del genere”, racconta Cecilia, che ha partecipato a un workshop in cui le partecipanti si cimentavano nella creazione del loro alter-ego maschile. “Ho voluto partecipare personalmente per capire cosa stavo raccontando e soprattutto in che modo avrei dovuto farlo. Un’esperienza che ti scava dentro e ti libera,oltre ogni aspettativa. E proprio durante il workshop, mentre camminavo in king per le strade di Trastevere, mi sono chiesta: come sarebbe per una donna un giorno da uomo?”. Il titolo del documentario vuole proprio evocare la possibilità, aperta a tutt*, di creare, che sia un momento o un tempo più lungo, la propria identità di genere indipendentemente dal sesso assegnato dalla biologia: “Nasce proprio da una riflessione (parola non a caso) di una delle mie protagoniste, quando durante un’intervista, ha detto che il confine tra lei e il suo personaggio stava proprio lì, nello specchio, in quello spazio che io definirei il ‘non luogo’ tutto può essere possibile perché tutti possiamo essere chiunque, il luogo in cui trovare la concretizzazione visiva della nostra fantasia”. S. V.
37
38
Aprile-Maggio 2015
CARMEN CONSOLI POESIA E ROCK, BELLEZZA E LIBERTà
Il nuovo album ‘L’abitudine di tornare’, brani inediti pensando alla speranza e alla vita
di Mirella Mascellino
C
armen Consoli, la poetica-rocker è di nuovo in scena, dopo un lustro, con “L’abitudine di tornare”. Un album che si può definire un inno alla bellezza della libertà di una donna vera, in pace con se stessa, che canta nella pienezza dell’arte e della poesia. Parole e note che annullano il dolore, per dare spazio alla speranza e alla vita, a partire dall’impegno come ambasciatrice di Telefono Rosa che nel brano “La Signora del quinto piano”, parla di un femminicidio.
locità ormai inconcepibile. Io che non mi dico insensibile a tutto ciò che mi accade intorno, fagocito queste informazioni ed emozioni, le rielaboro e ne faccio la mia versione. Ovviamente si può parlare anche di niente, come si dice in gergo, cazzeggiare. Ma, a questo punto della mia vita, non ho voglia di perdere tempo. Vorrei che ciò che faccio e ho fatto siano densi di significato. Perché quante vite ci sono nella vita, fondamentalmente? Allora cerco il più possibile di essere intensa. (…)
Musica e impegno, arte e vita sono un tutt’uno in te. È così?
Nelle tue canzoni ritrai i disagi, le paure, le tristezze di un’umanità dolente che tuttavia trova una speranza, attraverso la forza interiore, una forma di resistenza interiore. È come se la speranza fosse nel ritrovare un mondo semplice, soprattutto a partire da noi stessi. È così?
Le tematiche che tratto sono quelle nelle quali mi impegno perché voglio dare del contenuto a questa mia grande passione per la musica. È un cane che si morde la coda. Non c’è musica senza impegno e non c’è impegno senza musica, per me. Sono molto attenta a ciò che mi accade. Non posso definirmi distaccata dalla realtà che mi circonda. Ultimamente, anche a causa o grazie ai telegiornali, alcune notizie galoppano molto in fretta. Se pensiamo ai social network, le notizie volano e si spostano ad una ve-
Il mondo semplice lo intendo così. Sono abbastanza scettica sui social network, questi mondi che fanno incontrare le persone attraverso una sorta di sovrastruttura nei contatti. Essi limitano il flusso di energia che qualcuno chiama affinità elettive che secondo me emergono dal rapporto fisico. Ci
Aprile-Maggio 2015
sono delle cose che nessuno può sostituire. È vero che c’è un progresso tecnologico, ma il progresso umano non può essere sostituito dalla tecnologia. Quindi quando parlo di mondo semplice non c’è nulla di più reale, di più autentico che il contatto fisico. Se tu mi togli il contatto e mi fai vivere in una piazza virtuale dove ognuno è autorizzato a dire tutto ciò che pensa, succede che si può confondere la democrazia con la mancanza di educazione. Saper intelligere, nei contesti giusti, in maniera adeguata, è stata anche questo un grandissimo obiettivo e traguardo della civiltà umana. Oggi questo si sta azzerando totalmente. È come se ognuno facesse i suoi bisogni nel salone, in faccia a qualcuno. Questa non è né democrazia, né libertà. È involuzione. Lasciarsi andare ad istinti primordiali. Devo defecare, siccome sono sincera e mi scappa, la faccio qua senza tenere conto della sensibilità degli altri, cosa che sarebbe un atto di umanità. Tornare alla cose semplici vuol dire vivere la vita, ma viverla veramente. Fondare la propria vita nel rapporto vero di amicizia. Distribuire la propria musica, ma suonarla veramente, viversi la città, andare nei suoi mercati. Questa è vita. La vita non è la campana di vetro tra noi e il mondo virtuale che sembra grande, ma ha invece la grandezza dello schermo che viene riprodotto. Ciò ingenera una involuzione umana e tecnologica. Ci sono dei valori extra sociali, come la felicità. Chi si occupa della felicità dell’uomo, delle gioie dell’uomo? Ci sono leggi? Si dice “la bellezza rende felici”, è tipo il carburante e non basta una sola dose, ma abbiamo bisogno di dosi continue. La bellezza che cos’è? Può essere l’arte, l’armonia di un paesaggio, e penso all’abusivismo. Ma ci sono leggi che si occupano della felicità dell’uomo? La cultura è bellezza, ma a noi che facciamo cultura e spettacolo ci hanno chiamati parassiti. Non coltivando la felicità, la gente regredisce, si abbandona al fantastico mondo dell’ignoranza. Laddove c’è più violenza è dimostrato, c’è ignoranza. Ma non solo dell’uomo contro la donna, ma contro il diverso, l’immigrato.
una mamma single. Ci sono famiglie che pur rappresentando lo stereotipo delle famiglie sane e perfette, invece creano dei disagi enormi. Ormai ci sono tanti casi di famiglie di omosessuali che dimostrano di essere migliori delle famiglie cosiddette normali. Io credo che Gesù abbia scelto l’amicizia e non la passione. Ma ha anche scelto, a un certo punto, di lasciare tutto, dicendo “lasciate tutto (anche la famiglia) e seguitemi”, quindi non era stanziale Gesù ed è stato dimostrato dagli studi. La famiglia che era una cosa rassicurante, ha retto fin quando i tempi lo hanno permesso. Una madre che subisce un marito che le fa violenza, cosa può insegnare ai figli? Oggi queste mamme si ribellano o dovrebbero farlo, se non le ammazzano prima.
La famiglia a volte può essere felice, a volte un’oppressione, a volte ci si può chiedere: “ma chi l’ha inventata?”. Tu cosa pensi?
Si che può. È arte e bellezza. L’arte è un valore extrasociale, come la felicità Si dovrebbe investire molto sulla felicità e sull’arte. L’uomo felice produce, non va in crisi. L’uomo infelice o depresso crea depressione. Dateci l’arte, nutrite la cultura e vedete come cambierebbe la crisi in Italia. b
Io penso che la famiglia sia una cosa meravigliosa e che tutti si abbia la tendenza a crearne una propria. Non ha importanza se sia fatta da uomo e donna, da donna e donna, o uomo e uomo, ma l’importante è che il nucleo sia felice. Io sono
Le Malmaritate sono uno dei progetti della tua casa discografica, Narciso records, anch’esse come te sono ambasciatrici del Telefono Rosa. Ma chi sono le Malmaritate? Malmaritate è un termine che esiste dal Medioevo e indica storicamente le donne che non hanno fatto un matrimonio d’amore. Esse danno voce attraverso la poesia e la musica all’amore inconsolabile, la rinuncia e l’infelicità di non avere l’amore desiderato. È interessante capire come la donna dia voce ai sentimenti. Cogliere la visione femminile, il punto di vista musicale della realtà dei sentimenti delle donne. I primi canti delle malmaritate erano delle serenate, canti disperati d’amore espressi dalle donne, ma corretti e riadattati dagli uomini.
Nel disco “Ognunu havi ‘n segretu” interpreti un testo che era di Goliarda Sapienza, una donnaletterata-artista che rischiava l’oblio nella storia delle donne siciliane e italiane. Tu hai trovato il segreto di Goliarda? Si può dire che sia il segreto della vita, a volte difficile, che tocca in destino ad alcune donne speciali? Il segreto di Goliarda è stato ribellarsi alle convenzioni del tempo e vivere una vita ribelle, tutta sua. Nei suoi versi lei stessa dirà: “chidda dintra u tabutu morsi pirchì ha vissuto” (quella nella bara è morta perché ha vissuto n.d.r.). Pensando a Goliarda penso anche a Rosa Balistreri che in vita subì tanta violenza, finendo pure in carcere.
La musica può cambiare e migliorare il mondo?
Versione integrale dell’intervista: http://www.noidonne.org/blog.php?ID=06270
39
40
Aprile-Maggio 2015
CARO MINISTRO
AMO LA MUSICA CLASSICA E NON ME NE VOGLIO ANDARE ALL’ESTERO La musica leggera drogata con i talent show e quella classica derubricata. Così l’Italia oltre ai cervelli mette in fuga le competenze musicali
M
arianna Musotto ha 28 anni, è una trombettista palermitana nata come jazzista, ha conseguito il diploma al Conservatorio di Trapani, si è laureata in Solismo, ha frequentato corsi di perfezionamento alla prestigiosa Accademia di Santa Cecilia, a Roma, ha fondato col pianista Francois Agnello il Duo Vocalise. Ed è arrabbiata, molto. Perché in Italia non si parla di musica classica. Poco in radio, se non in orario poco frequentati dai più; pochissimo in televisione. Rimangono i concerti a teatro, sempre più ridotti per mancanze di risorse. E per converso, a colpi di talent tra talent, impazza una ‘leggera’ drogata, ossia frutto non di anni di studio e perseveranza, ma di un concetto di talento immediato, improvvisato. La sua mission, insieme a Francois, è divulgare la cultura della musica classica, facendo comprendere che non è un genere di nicchia, ma accessibile a tutti. Quel che le fa più rabbia è che è snobbata a livello istituzionale, tra mancanza di fondi per la cultura, assenza di promozione e scarsità di concorsi. Ecco perché lo scorso 5 marzo ha scritto una lettera al Ministro ai Beni, Attività Culturali e Turismo, Dario Franceschini, da cui, dice, “mi aspetterei una risposta a dimostrazione, almeno, che c’è sensibilità e attenzione verso i giovani, come tanto questo Governo sostiene. E - aggiunge - verso i giovani che promuovono l’identità del Paese, perché si parla tanto di fuga di cervelli, rispetto alla ricerca e alle discipline scientifiche, ma anche rispetto alla cultura andrebbe aperto un ragionamento”. NOIDONNE ha deciso di pubblicarla nella sua versione integrale, sperando che il Ministro - anche attraverso le nostre pagine - risponda. b
Lettera al Ministro Franceschini On. Dario Franceschini Ministro Ai Beni e alle Attività Culturali e al Turismo mi chiamo Marianna Musotto, trombettista palermitana, ho 28 anni, un diploma al Conservatorio di Trapani, una laurea in Solismo a Siena, mi sono perfezionata con la Prima Tromba del Maggio Fiorentino, Andrea Dell’Ira, ho frequentato corsi alla prestigiosa Accademia di Santa Cecilia a Roma, ho fondato col pianista Francois Agnello il Duo Vocalise. E vorrei non dovermene andare dall’Italia. Vorrei non dover nutrire la voce ‘cervelli in fuga’, vorrei stare qui, nel Paese in cui mi sono istruita, formata, che però troppo poco spazio lascia non tanto ai sogni, quanto a traguardi raggiungibili. Amo la musica classica, come lei - ho letto anche i suoi libri - la narrativa. Eppure, in questo Paese, per la musica classica c’è troppo poco spazio. Leggevo in questi giorni alcune sue dichiarazioni fatte a Bologna, a 3 anni dalla scomparsa di Lucio Dalla, in cui sostiene che i testi musicali, essendo vicini alla poesia, dovrebbero diventare materia d’insegnamento. Ecco, nel condividerla, mi spingo oltre e le chiedo perché in Italia, dove nel 1501 è stata pubblicata la prima opera scritta su musica a caratteri mobili, c’è così poco amore e investimento verso questa disciplina. Le parole d’ordine, anche sulla cultura, sono diventate
Aprile-Maggio 2015
‘costi’ e ‘tagli’. Quasi che il grande contributo di entusiasmo, energia, professionalità che noi giovani possiamo dare, tornando a riempire i teatri, non possa tradursi in ritorno economico. Ci date una possibilità? Vi ricordate che ci siamo? La musica classica non è una sconosciuta, per nessuno. Si vuole fare credere che è un genere di nicchia, ma non è così. Certo, va divulgata. Può essere accessibile a tutti. Deve diventare accessibile a tutti, magari portandola nelle piazze e nelle chiese. Tutti i cittadini hanno il diritto di usufruirne e tutti i giovani artisti di praticarla. Io ho 28 anni e non vorrei andarmene da questo Paese, che è il mio. Sarebbe un fallimento. Ma a che prezzo devo rimanere fedele a questa ‘etica’? Non ci sono audizioni, le grandi orchestre sono in crisi, non ci sono etichette di musica classica. Si mercanteggia il business con la cultura. Che futuro c’è? Anzi, c’è un futuro? Io studio 5 ore al giorno, con pazienza e costanza, come me tutti i colleghi. Ma intravedere il traguardo è di una difficoltà immensa perché in realtà non c’è. E non ne faccio una questione di genere, che sarebbe fin troppo facile, perché su questo fronte le penalizzazioni sono per tutti e sono semmai anagrafiche. E tralascio, per evitare la ridondanza - le istanze vere, in questo Paese, vengono registrate come retorica - il discorso, completamente assente, della meritocrazia, che pare un ‘vezzo’ seppure anche il Governo di cui lei fa parte lo abbia posto tra i suoi obiettivi . Oggi un artista, a meno che non pratici la musica leggera o abbia risorse economiche di diversa provenienza, non può vivere della propria arte. E intanto, grazie a una produzione spropositata di talent, si consolida l’inganno sul concetto di talento, che non presuppone neppure più lo studio, se non parziale. Io, però, a 28 anni sono stanca, sono esausta. Non voglio l’asciare l’Italia, non voglio andare in usufrutto ad altri Paesi, come la Francia, per fare un esempio, dove ci sono maggiori canali di realizzazione. Parlate tanto dei benefici che porterà il Jobs Act, e se così sarà non posso che esserne contenta, per i miei coetanei soprattutto. Ma anche la cultura è lavoro. Desiderare di praticare la propria arte, per cui si è investito tempo e denaro e sacrificio, non è un vezzo. L’artista, non è un mestiere di serie b. L’arte, anche lei lo ha detto tante volte, è qualcosa che nobilita l’uomo e la società in cui vive. Se anche noi giovani cediamo, se finiamo la benzina dell’entusiasmo, se andiamo altrove, cosa rimarrà della nostra identità? Dell’identità del nostro Paese? Palermo, 5 marzo 2015 Marianna Musotto
41
IN VIAGGIO CON CECILIA
tornare in Puglia per documentare il post-industriale
“L
e donne hanno bisogno di più tempo per esprimere il proprio pensiero, credo che per cultura preferiscano meditare su quello che dicono e usare con maggiore consapevolezza le parole”, così Mariangela Barbanente, co-regista del documentario ‘In viaggio con Cecilia’, interpreta lo schermirsi di alcune ragazze brindisine dinanzi alla telecamera quando Cecilia le intervista a bruciapelo. Il cammino delle due documentariste si snoda in modo imprevisto rispetto all’itinerario inizialmente programmato: nell’estate del 2012 l’urgenza degli eventi chiama le due registe Cecilia Mangini e Mariangela Barbanente, entrambe di origine pugliese, a fare tappa prima a Taranto poi a Brindisi, rimbalzando fra i due poli industriali per osservarne la diversa sorte. L’orizzonte è solcato dalle ciminiere, ha così inizio un “viaggio di ritorno” che le porterà “dinanzi” alla camera per riflettere sulle trasformazioni della loro terra, per ascoltarne voci di ieri e di oggi, lamenti e perfino inerti silenzi. Quella “inerzia” che Cecilia Mangini denuncia con disdegno nel documentario; una condizione su cui si confronta con Mariangela Barbanente, compagna di “road riprese”, che a lei controbatte: “A cosa è servito manifestare, imbrattare i muri, protestare?” Eppure continuare a denunciare con le parole e con la macchina da presa è un modo per resistere proprio a quel senso di impotenza, soprattutto in un paese afflitto dalla prescrizione dove vige una memoria a tempo. Una piaga sanguinante osservata con disincanto dalla giovane regista pugliese: “La vicenda del Petrolchimico è stata archiviata prima ancora di finire nelle aule di un tribunale. Una ferita per la città di Brindisi che la rende più fragile, più esposta, più ripiegata su se stessa. Ecco perché Taranto, in quella magnifica estate del 2012, è stata così reattiva e vivace: perché il fatto che dei giudici avessero riconosciuto il torto a loro fatto ha infuso nuova fiducia. Due anni dopo quella fiducia è stata sperperata facendo ripiombare la città nella disperazione e nel disincanto.” Nelle stanze del potere ancora si discute dalla sorte di uno stabilimento, che lascia in bilico la cittadinanza nella falsa alternativa tra lavoro e ambiente, tra salute e sussistenza; perciò diventa stringente puntare lo sguardo e le camere sull’umanità che respira quei fumi. Maria Alessandra Soleti
42
Aprile-Maggio 2015
A tutto schermo
Uscirà a breve il primo lungometraggio della regista Lucilla Colonna
VITTORIA COLONNA POETESSA SENZA TEMPO
Note Bio: Giornalista pubblicista, laureata in Economia alla Sapienza di Roma, Lucilla Colonna è stata direttrice responsabile del mensile ‘Donna Oltre’ ed è attualmente caporedattrice di Taxidrivers Magazine. Ha studiato sceneggiatura, critica cinematografica e regia alla Scuola Holden di Torino e alla Libreria del Cinema di Roma. Il suo romanzo Effetto morphing (2005, Bibli Editrice) ha vinto il Premio Letterario Nazionale Orient Express. Nel 2011 ha esordito alla regia con il cortometraggio Tre,che ha ricevuto il premio Fabulae Atellanae ed è stato presentato in numerosi festival internazionali, dal RIFF di Roma al Portobello Film Festival di Londra.
di Elisabetta Colla
H
a dedicato il suo primo film alla poetessa Vittoria Colonna: lei, la regista ed autrice, Lucilla Colonna, che porta il cognome della protagonista del suo film, è una donna dal talento poliedrico con un background da giornalista e sceneggiatrice, prima di arrivare alla regia. Ci racconta di lei e di come è nato Festina lente - Affrettati lentamente, questo il titolo dell’opera, ora nella fase finale della post produzione.
Come è nato in te il desiderio di fare la sceneggiatrice e la regista? Ho sempre amato la parola scritta in tutte le sue forme, e quindi anche la sceneggiatura. Per la regia invece è stato diverso: inizialmente l’ho studiata solo allo scopo di scrivere in maniera più funzionale, per capire come poter fornire ai registi una sceneggiatura migliore. Il resto è arrivato per caso, c’è sempre una parte del destino che non abbiamo cercato ma che ci è venuta a cercare. In un certo senso, in questo mio esordio senza aiuti pubblici, possibile solo grazie al diffondersi di tecnologie che un tempo erano costosissime e poco accessibili, penso di provare l’emozione della protagonista di Festina lente - Affrettati lentamente di fronte alla meravigliosa possibilità, nel XV secolo, di far circolare le proprie idee dopo l’invenzione e il perfezionamento della stampa.
Perché questo film sulla poetessa Vittoria Colonna? Sono stata attratta dalla personalità forte, ma al tempo stesso gentile ed elegante, che traspare dalle lettere e dai versi scritti da Vittoria Colonna e pubblicati postumi sotto il marchio ‘Festina lente’ della stamperia fondata da Aldo Manuzio. Fra la vita della più importante scrittrice del Rinascimento e il lavoro del primo vero editore della Storia, di cui quest’anno si celebra il cinquecentenario, corre un filo parallelo che può riassumersi proprio in quest’ossimoro latino: Festina lente (Affrettati lentamente), due parole di significato opposto che invitano ad agire in maniera decisa, ma mai impulsiva. Mi dispiaceva molto sentire parlare di Vittoria Colonna, che è stata una femminista e una pacifista ante-litteram, sempre di riflesso: viene ricordata come migliore amica di Michelangelo Buonarroti o come moglie dell’eroe della battaglia di Pavia, oppure nominata come “il Petrarca al femminile”. Con questo film spero che si potrà conoscere meglio la persona e il suo pensiero.
Come ti sei avvicinata alla sua storia? All’inizio avevo solo la raccolta delle sue Rime e sono andata nei posti in cui cinquecento anni fa lei ha vissuto per cercare di indovinare i colori, gli odori e i rumori che aveva visto e sentito. Poi sono arrivata al punto in cui mi sembrava di non riuscire a tirar fuori nulla dalla mole di documenti che pian piano avevo col-
Aprile-Maggio 2015
GIOVANNA MARINI MUSICA E TRADIZIONE Un CD antologico presentato in un concerto all’Auditorium (Roma) con Francesca Breschi e le Donne di Giulianello
È
sempre un’esperienza ricca e feconda andare ai concerti di Giovanna Marini, la ben nota musicista, folklorista, cantautrice e ricercatrice etnomusicale (ed ancora molte altre definizioni si potrebbero dare di lei…) che tanta importanza ha avuto nella storia, nella raccolta, nello studioe nella trascrizione dei canti di tradizione orale in Italia. E non solo per motivi musicali ma anche perché lei, con la sua spontanea franchezza, con la sua energia mai doma e con la stessa passione di quando negli anni Settanta suonava al Folkstudio di Roma, porta sul palcoscenico, insieme alle bellissime canzoni da lei scritte, anche pezzi di storia sociale, culturale e artistica del nostro secolo. A tali aspettative ha pienamente corrisposto il suo recente concerto all’Auditorium Parco della Musica, dal titolo L’Italia in lungo e in largo (legato al suo neo-uscito CD antologico edito da Finisterre) dove la cantautrice si è esibita in coppia con Francesca Breschi, musicista, cantante ed attrice già componente del Quartetto vocale fondato dalla Marini nel 1976. Giovanna canta Lamento per la morte di Pasolini, Ragazzo gentile, racconta e canta di Pasolini, e ancora racconta di come un amico comune avesse chiesto a Pasolini di scrivere qualcosa che lei potesse mettere in musica, che avrebbe potuto fare da trait d’union per canzoni come I treni per Reggio Calabria, Terremoto urbano ed altre, costituendo un’unica cantata con il nome di Processo al Palazzo (il titolo degli articoli di Pasolini sul Corriere), e Giovanna ricorda come il letterato avesse detto che ci avrebbe pensato ma non avesse fatto in tempo ad accontentarla perché prematuramente e tragicamente morì. Ospiti d’onore della serata le ‘donne di Giulianello’, un gruppo di donne (di cui la più anziana ultranovantenne), che cantano insieme da oltre trent’anni ed hanno trasmesso nel tempo alla Marini, legata a loro da un’amicizia pluriennale, i saperi antichi dei canti contadini tipici del loro territorio. Senza timore si sono esibite sul palco dell’Auditorium con grande spontaneità e con la potenza delle loro voci che cantano la terra, lo sfruttamento del lavoro, il pathos della Passione nella settimana Santa. “Queste donne - ha raccontata la Marini - mi hanno raccontato che una volta trasferitesi a vivere dai campi nella città nuova, molte di loro non volevano più cantare la Passione, ad esempio, perché non le rappresentava più ma, proprio per questo, ora volevano che noi la cantassimo al teatro, per ‘tramandarla’, perché Gesù Cristo va comunque rappresentato”. Per fortuna la Marini, che ha ricordato anche la ricorrenza dell’8 Marzo con un inno di lotta, si è sempre adoperata, con la ricerca, le esibizioni e l’insegnamento a valorizzare e tramandare la vasta ricchezza musicale della tradizione orale affinché, oggi più che mai, non vada perduta. Fra le altre chicche dello spettacolo, un’improvvisazione toscana fra un’aristocratica e una popolana, raccolta da Caterina Bueno. Elisabetta Colla
lezionato e che mi aveva sommerso. Alla fine, c’è stato un momento improvviso in cui mi sono sentita prendere per mano e guidare (da lei?). E il progetto ha preso il via.
Pensi che nelle tue opere ci sia una visione del mondo al femminile? Sono lavori di squadra a cui partecipano uomini e donne, sia in prima linea che “dietro le quinte”, e ciascuno apporta il proprio fondamentale contributo. Ma è vero che c’è sempre una particolare attenzione per la coscienza femminile e il diritto a fare le proprie scelte in quanto donna, senza doversi “travestire” come è costretto a fare qualche volto femminile che compare in Festina lente - Affrettati lentamente, ambientato in un’epoca pericolosamente dominata da uomini di Chiesa e uomini d’arme. Riflettendoci, in entrambi i lavori che ho diretto c’è una scena importante che è femminile per eccellenza: la nascita di una nuova vita, la maternità. Nel cortometraggio Tre la nostra mascotte si chiamava Steno, invece il neonato ripreso nel lungometraggio, in cui la protagonista è una poetessa, è stato poi battezzato dai genitori con un nome che ha suscitato l’entusiasmo di tutta la troupe: Virgilio.
Quali sono, se ne hai, i tuoi principali modelli di riferimento? Sono affascinata da chi sa osare e porta avanti un progetto senza farsi condizionare dal mercato, dalla moda del momento, dalla possibilità di ricevere finanziamenti. Per la rivista Taxi Drivers ho curato alcuni dossier dedicati a registi coraggiosi come Pablo Larrain e Steve McQueen. E seguo con interesse il lavoro di Alice Rohrwacher e delle altre registe italiane. b
43
44
Aprile-Maggio 2015
LEGGERE L’ALBERO DI BRUNA BALDASSARRE
FAMIGLIA
Sentiamo l’Avvocata ancORa nOn c’È paRitÀ di Simona Napolitani mail: simonanapolitani@libero.it
iL cantiERE dEGLi aFFEtti Cara Bruna, ti volevo chiedere perché alcune volte non sopporto mia sorella maggiore quando mi prende in giro. Vedi qualcosa dal mio albero? Ho 9 anni e mi chiamo Sofia. Cara Sofia, che albero originale hai disegnato! Ha delle belle radici che entrano nella terra per reggersi meglio! Il tuo albero è spostato tutto a sinistra, e la sinistra è il lato delle mamme, quindi questa posizione del tuo albero ci dice che sei una bambina che ama molto stare con la mamma, forse per ricevere tutte le coccole possibili. In fondo l’affetto della tua mamma a volte sembra l’unico su cui contare, vero? Crescere però significare però contare su tutti gli affetti, anche quello degli altri e è ciò che ti dici disegnando tante cornette telefoniche I contatti non ti mancano, ma sono tutti come li vorresti veramente? In fondo il telefono ci permette di parlare con le persone, con le amiche, senza però potersi veramente vedere, abbracciare, giocare. È un po’ come ti senti quando tua sorella ti fa i dispetti? Voglio dire che in quei momenti non puoi sentirti riconosciuta né come sorella e nemmeno come amica. Comunicare profondamente è un’altra cosa, è volere bene come si vogliono due sorelle. A volte si comunica scherzosamente senza pensare a ciò che l’altra vorrebbe sentirsi dire. Volere bene significa invece accorgersi dei sentimenti della propria sorella e questo vale per entrambe. Anche per te vale lo stesso discorso. Tua sorella molto probabilmente gioca e potrebbe somigliare al gioco colorato di queste cornette telefoniche, che tutte insieme non riusciranno mai a parlare con una sola persona. Cara Sofia, qualche volta occorre chiedersi se siamo noi a non volerci esprimere manifestando liberamente tutti i nostri pensieri e sentimenti oppure dipende dagli altri che, pur volendoci bene, non ci aiutano a farlo avendo rispetto di come veramente siamo. La vita e gli affetti, soprattutto tra sorelle sono qualcosa di molto prezioso e in movimento, proprio come la parte superiore del tuo albero. È come stare in un grande cantiere in costruzione e l’affetto ha bisogno di opere di manutenzione Occorre un movimento continuo e i ‘dispetti’ possono rientrare in questo grande movimento, ma l’importante è non fermarsi a questa sensazione di fastidio, perché nel cantiere degli affetti c’è tanto da scoprire e da costruire!
L
a separazione tra i coniugi mette in luce zone d’ombra nel rapporto tra i genitori, che, durante la convivenza, vengono assopite dalla routine e dalla tendenza delle donne “a lasciar correre”. Quando la famiglia è unita, la donna è l’unica a farsi carico dell’organizzazione della casa: compiti di cura e accompagnamenti dei figli agli sport, a visite mediche, a casa degli amici, aiutare i figli nei compiti, curare i nonni, fare la spesa, gestire la colf o la baby sitter, etc.. Purtroppo, tale differenza di posizioni tra uomo e donna continua anche dopo la separazione, molti uomini non pagano l’assegno di mantenimento o non rispettano i tempi di permanenza con i figli: questo perché manca quella sostanziale parità tra i coniugi e/o genitori. Se gli uomini fossero più responsabili e responsabilizzati dei compiti di cura e di gestione durante il matrimonio, anche durante la separazione rispetterebbero maggiormente i loro doveri. Recentemente, a fronte di un padre inadempiente rispetto al pagamento dell’assegno di mantenimento e ai tempi di permanenza con i figli, il Tribunale di Roma ha affermato che tra le gravi inadempienze previste dall’art. 709 ter Codice Procedura Civile rientrano anche i doveri economici, in “la perdurante violazione da parte del genitore dell’obbligo di corrispondere il mantenimento e’ indice della sussistenza di una non volontà di far fronte ai suoi bisogni materiali, anteponendoli ai propri, ben potendo pertanto la protratta inadempienza incidere non solo sul piano strettamente materiale… ma ancor più sotto il profilo morale, essendo sintomatica della mancanza di sufficiente impegno e quindi di assoluta inidoneità a fornire il contributo necessario a creare quel clima di serenità familiare indispensabile ad una crescita sana ed equilibrata della prole”. Insomma, la violazione degli obblighi che provengono dalla separazione affonda le sue radici in un fattore culturale, che fa ritenere irrilevante la violazione di principi fondamentali di rispetto, di parità e di libertà, sanciti anche dalla nostra Costituzione.
Aprile-Maggio 2015
SPIGOLANDO tra terra, tavola e tradizioni di Paola Ortensi
La cucina di RE-BIBBIA ai tempi dell’EXPO Fra gli espedienti per migliorare la vita quotidiana in un carcere femminile quello della cucina e del cibo è sicuramente uno dei più comuni, considerando le tradizionali abilità femminili. L’impossibilità di usufruire di strumenti basilari trova nella creatività e nella fantasia i sostituti per arrivare a risultati di tutto rispetto su cui spigolare, e così… SALAGA DULA VA MENCICA BULA FA BIBBIDI BOBBIDI BU! ALLA MAGIA TUTTO QUEL CHE VUOI TU!... Un po’ per magia - oltre che per intraprendenza e genialità - nasce la piccola Bibbia di ricette delle Cenerentole
multifunzionali magari da presentare all’EXPO. Mentre si impasta, si gira e si assaggia, si immagina il piatto desiderato. E variato partendo da un modello conosciuto, adattato alla situazione, che offre di base un mini fornello, alimentato dall’elettricità. C’è la certezza del gusto che verrà! Il profumo, l’aroma che fa compagnia, forme inedite obbligate da strumenti e ingredienti. Il piacere di un risultato che concorre con la fantasia, la gioia certa di chi godrà di tanta allegria che quel cibo darà. In un giorno qualunque per ricorrenze private o feste comandate, quella ricetta può far molta compagnia e riporta a momenti felici che, come nuvole, tornano e ricordano una vita che credi tornerà. Manicaretti che possono anche varcare le celle e che un familiare, in speciali occasioni, porterà a casa per tenersi con sé l’affetto, memoria e compagnia che il cibo dà. Quel che fa sempre legge e bussola del fare è l’arte, femminile, di non sprecare niente, adattandosi a quel che si è rimediato e puntando alla soddisfazione dell’occhio e del palato. Senza rinunciare (perché mai?) ai complimenti dei commensali con i quali condividere un rilassante e lieto alimento.
Regine senza Re di Rebibbia. Chicchere e piattini di plastica, gomma, carta, cartone; su un fornello precario ma pur sempre reso efficiente con tegami e padelle intercambiabili nell’uso. Cucine improvvisate ricavati in angoli delle celle, dove l’architetto potrebbe trovare ispirazione per moderni spazi
Con l’aiuto di LOREDANA (Figotti e Crofò) e di Laura (similciambellone) andiamo spigolando in una cucina sorprendente, di cui rivelare arti e segreti. Ecco due ricette che confermano come l’inventiva coinvolga emozioni e sentimenti.
RICETTE I FIGOTTI (Prendono il nome da Figo, il cane di Loredana). Ingredienti. 1 kg di farina, una bustina di lievito per dolci, un bicchiere d’olio di girasole, un pizzico di sale, 1/2 litro d’acqua frizzante (quanto basta per l’impasto), 6/ 7 mele da fare a cubetti, mandorle tritate, uvetta, 100gr di margarina, scorza di un limone e di un arancia, 1/2 bustina di zucchero a velo. Dopo avere impastato farina, lievito, olio, sale e acqua fare dei tondi che, una volta chiusi, abbiano più o meno la forma di piccoli maritozzi. Le mele fatte a pezzettini vanno saltate con margarina, zucchero vanigliato, un cucchiaio di miele e poi vanno depositate nei tondi di pasta che, una volta riempiti e chiusi, si friggono con l’olio di girasole. I CROFO’ (Sono cioccolatini dal nome onomatopeico per raccontarli: croccanti e fondenti). Ingredienti. Zucchero, miele, panna, cioccolato fondente, nocciole, burro. Elementi per la preparazione: spumeggiare il cioccolato sul fuoco con la panna. Mescolare tutti gli ingredienti e poi spalmare l’impasto in un recipiente piatto coperto da carta da forno, tagliare i cioccolatini crofò delle dimensioni che preferite. SIMILCIAMBELLONE Ingredienti. 3 uova, 3 bicchierini di zucchero, 3 bicchieri di farina, ½ bicchiere olio di semi, il lievito (se c’è ).Contenitore: una padella per fare la pasta. Mescolare tutto, versarlo nella padella coprendo con carta (anche di giornale in mancanza di meglio). Sopra la carta mettere il coperchio. Dovrebbe venire un ciambellone senza buco.
45
46
Aprile-Maggio 2015
I CONSULTORI FAMILIARI DOPO 40 ANNI
P
rima effetto della pressione del movimento delle donne degli anni ‘70 è stata la legge 405/75 istitutiva dei consultori familiari per la promozione della salute delle donne e dell’età evolutiva. Il legislatore coglieva l’idea geniale del movimento di creare consultori femministi autogestiti per soddisfare la duplice esigenza di uscire dal modello biomedico di salute, dominato dalla negazione del punto di vista di genere e quindi intriso di maschilismo e di rifiutare il conseguente paternalismo direttivo. Aspetto innovativo era la composizione multidisciplinare dell’equipe consultoriale nella consapevolezza che i fattori sociali sono dietro le cause biomediche condizionanti la salute. Innovativo era anche il rifiuto del paternalismo direttivo. I consultori familiari erano servizi radicalmente nuovi nello scenario della sanità pubblica tradizionale, anticipavano lo spirito che avrebbe informato la legge istitutiva del servizio sanitario nazionale, di tre anni dopo. Loro finalità era la promozione della salute delle donne e dell’età evolutiva, considerati tradizionalmente soggetti deboli da mettere sotto tutela. Assumendo che le relazioni di potere si fondano sulla produzione del luogo comune che chi subisce il potere nei suoi multiformi aspetti è incompetente e pertanto da guidare, si comprende bene perché si può parlare di rivoluzione copernicana. Tale prospettiva anticipava di dieci anni la Carta di Ottawa (1986) sulla promozione della salute, caratterizzata dall’obiettivo di promuovere la capacità della persona e della comunità nel controllo autonomo del proprio stato di salute. Le leggi regionali conseguenti quella nazionale fornirono schemi non uniformi per questi servizi, segnali di una certa resistenza a cogliere lo spirito della legge nazionale insieme all’incapacità di rappresentare validamente termini di riferimento per delineare strategie operative coerenti con lo spirito della legge nazionale. Già nei primi anni Ottanta si evidenziavano le difficoltà operative per l’assenza di indicazioni strategiche valide, per la difficoltà degli operatori di liberarsi totalmente degli stereotipi assorbiti nella loro formazione curricolare, in un contesto in cui si andava affievolendo la pressione del movimento delle donne dopo le conquiste normative culminate nella legge 194/78 che, nel legalizzare l’aborto, riconosceva il diritto delle donne all’ultima parola. Le difficoltà operative venivano esacerbate dal clima di ostracismo palese o latente degli altri servizi intrisi di paternalismo direttivo e orientati dal modello biomedico di salute. Diveniva così inevitabile una deriva verso il rischio di autoreferenzialità dei professionisti consultoriali, mettendo a rischio la capacità di operare come équipe (per valorizzare e promuovere le sinergie e le integrazioni). Si parla di rischio in quanto, nonostante tutto, lo spirito innovativo seguitava a persistere, come hanno costantemente testimoniato molte esperienze sul territorio e le indagini condotte dall’Istituto superiore di Sanità, che hanno costantemente evidenziato come i consultori risultano associati a maggiore soddisfazione delle donne e a migliori esiti di salute. Nella prossima puntata le strategie operative.
DONNE
E CONSUMI di Viola Conti
CON LA DEFLAZIONE
I PREZZI (UN POCO) DIMINUISCONO COMUNQUE SIAMO ANCORA IN UNA FASE DI GRAVE CRISI L’Istat rileva una leggero miglioramento della deflazione, registrando una diminuzione dei prezzi del -0,2% rispetto al 2014. Noi, comunque, continuiamo a evidenziare la gravità della crisi che ancora attanaglia l’economia e che, purtroppo, ormai permea molti aspetti della vita quotidiana delle famiglie, costrette a modificare le proprie abitudini. Solo nel triennio 2012-2013-2014 il calo dei consumi è stato del -10,7% , cifra che corrisponde ad una riduzione di spesa di circa 78 miliardi di Euro. Il quadro è talmente negativo che sono stati intaccati persino i consumi vitali: è emblematico il caso dei consumi alimentari, che hanno subito un calo del -11,6% dal 2008 ad oggi. Ciò che più ci sconvolge è la mancanza di risposte concrete ad una situazione gravissima.
“Il Governo non ha avviato gli investimenti necessari a far ripartire l’economia, né per il mercato del lavoro né per lo sviluppo e la ricerca. Ma è ovvio che in mancanza di interventi rapidi e incisivi su questi fronti, l’andamento dell’economia non potrà che peggiorare” dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti di Federconsumatori e Adusbef. Il Governo ha il dovere di agire, varando prima di tutto un Piano Straordinario per il Lavoro che preveda importanti investimenti per la ricerca e lo sviluppo tecnologico, la realizzazione di opere di modernizzazione delle infrastrutture e messa in sicurezza degli edifici pubblici e un programma per l’incentivazione e lo sviluppo del turismo.
Aprile-Maggio 2015
L’OROSCOPO DI
PREDIZIONI SEMI-SERIE E PRONOSTICI POSSIBILI
Aprile-Maggio CARA LEONE,
CARA ARIETE,
il gambero pistolero, nonostante i suoi 5 centimetri di lunghezza, è l’animale marino più rumoroso che si conosca. Una delle sue chele, della forma di una pistola, è molto più grande dell’altra e produce onde d’urto che possono superare i 200 decibel. Cosa c’entra con le previsioni astrologiche per il tuo segno? Ebbene sì, il gamberetto pistolero sarà il tuo modello per il prossimo periodo: non importa quanto sei piccola, è il momento di fare casino. CARA TORO,
lo scrittore americano James Salter descrive così la vita dei protagonisti del suo romanzo Una perfetta felicità: “è misteriosa, è come una foresta: vista da lontano sembra unitaria, può essere compresa, descritta, invece da vicino si scinde, si frantuma in luci e ombre, la sua densità acceca”. Mi sembra una perfetta descrizione del tuo stato d’animo attuale, cara amica. Dall’esterno sembri inscalfibile, ma basta avvicinarsi un po’ per accorgersi delle tue mille sfumature.
“to get on like a house on fire” in inglese significa andare davvero d’accordo, piacersi molto, diventare subito amici. Perché mai si usa un’espressione del genere? Qual è la positività di una casa incendiata? Forse la calda passionalità delle fiamme? Forse una distruzione su cui poi ricostruire? Questi potrebbero essere due dei molti motivi per cui, nei prossimi mesi, farai l’esperienza di qualcosa di apparentemente incendiario ma di realmente piacevole. CARA VERGINE,
la tribù degli Zo’è, scoperta in Brasile nel 1982, è composta oggi da circa 250 individui: vivono seminudi, indossando il poturu, un lungo bastone di legno inserito nel labbro inferiore. Nella loro società non ci sono capi, ma l’opinione degli yü, ovvero di persone particolarmente abili nel parlare, ha un peso molto maggiore rispetto a quella degli altri membri della comunità. Cosa puoi imparare dagli Zo’è? Bè, tralascerei il poturu, e mi concentrerei, per esempio, sul potere dell’eloquenza... CARA BILANCIA,
l’artista Franco Vaccari, nel suo Fotografia e inconscio tecnologico afferma che “non è importante che il fotografo sappia vedere, perché la macchina fotografica vede per lui”. Poiché la tua vista potrebbe essere un po’ appannata, ultimamente, specialmente per quel che riguarda gli affetti e le relazioni, cerca qualcuno di cui ti fidi – o qualcosa di cui ti fidi... – che possa osservare e capire al tuo posto.
a mia nipote Tea, che ha un anno e dieci mesi, recentemente è capitato di ritrovarsi in mano dei pupazzetti a forma di Freud e Jung. Dopo un attimo di esitazione si è messa a giocare con loro, utilizzando Freud come Babbo Natale e chiamando Jung “nonno”. A parte la povera piccola Tea, a cui sono capitati in sorte degli zii con i pupazzi degli psicoanalisti, la sua reazione dice molto sul potere della fantasia. Potrai non afferrare tutto, nel corso di questi mesi, prova allora a ricondurre l’ignoto a fatti o persone che già conosci, e tutto ti sembrerà più maneggevole...
CARA CANCRO,
CARA SCORPIONE,
CARA GEMELLI,
il termine autofiction, coniato nel 1977 dallo scrittore francese Serge Doubrovsky, indica il genere letterario in cui l’autore stesso è il protagonista delle vicende di finzione narrate. Nato con un’ispirazione psicoanalitica, in anni più recenti il tema centrale nei lavori di autofiction sembra essere il rapporto problematico tra verità e menzogna, tra identità e differenza. Allora: quanto c’è di letterario in ciò che racconti di te? E quanto di verità nelle eventuali menzogne?
una scena del film Timbuktu, diretto dal regista maliano Abderrahmane Sissako, mostra alcuni giovani, cui la legge islamica proibisce di giocare a calcio, che disputano un’intensa e poetica partita senza pallone. Questa paradossale circostanza permette loro di muoversi come calciatori, senza che siano passibili però di alcuna punizione. Qualche ostacolo, causato da Marte in opposizione nel mese di aprile, si può forse aggirare con un po’ di poesia.
CARA SAGITTARIO,
con l’arrivo della primavera, Giove ti induce a seguire il tuo istinto. Ti dedico questi versi del poeta senegalese Léopold Sédar Senghor, che celebrano la forza dell’uragano: “L’uragano tutto svelle intorno a me/l’uragano svelle in me foglie e parole futili. /Turbini di passione sibilano in silenzio/ma pace è sul tornado arido,/sulla fuga dell’inverno./Tu vento ardente vento puro,/ vento della bella stagione,/brucia ogni fiore ogni pensiero vano”. CARA CAPRICORNO,
recentemente sono stata a Bari, dove ho mangiato delle buonissime burratine, morbide mozzarelline ripiene di una squisita crema di pasta filata e panna. Le burratine, con il loro perfetto equilibrio di sapori, contraddicono il luogo comune insito nell’espressione: “essere dei duri con un cuore tenero”. Infatti, hanno un cuore tenerissimo, ma sono morbide anche all’esterno. Forse ti chiedo troppo, ma il tuo modello esistenziale per questa primavera è la burrata. Sì, proprio lei. CARA ACQUARIO,
dopo mesi caratterizzati da qualche nervosismo, Mercurio in posizione favorevole migliorerà l’umore e i rapporti nel corso di questa stagione. Per i tuoi effervescenti risvegli primaverili, ti dedico i versi di Al mattino, composti dal poeta italiano Bartolo Cattafi: “Addosso mi drappeggio/ un manto imperiale/passeggio lungo l’orlo/di lucide follie/accarezzo i fianchi/di delizie perfette/ fra i lenzuoli al mattino/nuotando nell’atlantico del letto”. CARA PESCI,
il filosofo giapponese Kuki Shuzo ha dedicato la sua vita a riflettere sul concetto di Iki. Di cosa si tratta? È quella grazia particolare e ineffabile che caratterizza alcune forme, musiche e colori, ma anche il fascino della geisha, la seduttività di “colei che esce dall’acqua del bagno ... nel ricordo che aleggia della recente nudità”. Non esiste una parola italiana che possa tradurre questo termine, ma posso dirti che tu sarai ricca di Iki nel corso dei prossimi mesi. E avrai dalla tua anche Venere, che ti aiuterà a farne buon uso...
47
48
Aprile-Maggio 2015
Maria Grazia Insinga
Il graffio della parola Una eco di parole, di mormorii antichi, inquieti, a tratti rabbiosi di Luca Benassi
L’
esergo in inglese di Amelia Rosselli che apre la raccolta d’esordio di Maria Grazia Insinga, “Persica” (Poesia 2.0, 2015), introduce a una scrittura dove il tratto sperimentaleè fra le caratteristiche più evidenti. La verità è che Insinga è musicista oltre che poeta, e la sua ricerca di scrittura, intersecata con quella musicale, mira a condurre chi legge a quel luogo dove suono e parola sono una cosa sola, mettendo in trazione, fino a sentirne scricchiolare le giunture, i nessi sintattici e le strutture del significato, senza mai però scendere nel gioco fine a se stesso, nell’ecolalia fonetica delle così dette neoa-
vanguardie. Vi è, in questi versi, una tensione all’origine della parola, che si vena di atmosfere mediterranee, solari ma aride, a tratti feroci, azzurre, liquide, con chiari riferimenti alla Sicilia, isola natia di Insinga. Gli elementi primi, la pietra e il mare sui quali si fondano la Storia, il fuoco e il cielo che si fanno corpo primordiale che si apre alla vita, in cerca di una dimensione compiutamente umana e contemporanea, sono i codici di questa poesia. Rabbia, acqua, spaccatura sono i termini che più ricorrono in questi versi, in modo tanto evidente da parere ossessivo: è la spaccatura della pietra, l’apertura dell’antro della terra che si percepisce madre primordiale e matrigna della Storia. Da questa frattura, da questa fessura che ci apre a un mondo ctonio e che ricorda le Latomie di Siracusa, lussureggianti di verde e di mistero, esce l’acqua di vena, sibila il suono della poesia, la fisicità della lingua. È una eco di parole, di mormorii antichi, inquieti, a tratti rabbiosi; compare un corpo nudo, escoriato, fratturato, nel quale si apposta un’umanità ferina, che sfida il fato e il divino. La poesia diventa allora graffio, strappo, urlo in grado di distogliere dalla narcosi della banalità del quotidiano. Scrivere, sembra dire Insinga, è prima di tutto gesto di incandescente umanità. Maria Grazia Insinga nasce in Sicilia nel 1970. Dopo la laurea in Lettere moderne con lode, gli studi in Conservatorio e in Accademia, l’attività concertistica e di perfezionamento e l’insegnamento nelle scuole secondarie, si trasferisce nel 2009 in Inghilterra per poi tornare in Sicilia nel 2013. Si occupa di ricerca musicologica - ha censito, trascritto e analizzato i manoscritti musicali inediti del poeta Lucio Piccolo - suona in un duo pianistico ed è docente di Pianoforte presso l’Istituto “Vittoria Colonna” a Vittoria (Rg). Nel 2015 con la silloge “Persica” vince “Opera prima” iniziativa editoriale a cura del sito letterario Poesia 2.0.
Partenogenesi La tigre voleva solo nicchiarsi nella mano credo fosse gravida e non esisteva per questo alcuna spiegazione. Capire da che parte fosse entrata era impossibile e all’ora delle doglie senza alcun mondo - se non un delta tra le schiuse – spaccavo, leggevo a caso le fratture a strisce il pellegrinaggio, la purezza fulva a me predestinata. ~ Qualcosa scaraventava sul lato oscuro - occhi non numerabili là dove occhi mai erano stati – e pareva schizzare il corpo per i cento metri: io ero l’altrove. Non scrivere, parlare - scivolano le pareti, spicciano archi ora che rimane tarlatura blu. Increata a fine verso conficcavi a pezzi tra le scapole e ancora a pezzi la notte ci scaraventava. ~
Persica Sul capo turrito sboccia il pruno antro di umidi rovelli palme mai baciate efelidi nate appena nulla dicono intorno al mondo né discorrono con parole, suoni tuttavia avvertono che la bocca sbocca nella stanza della musica.
Regala e regalati l’abbonamento a noidonne.
Se vuoi regalare l’abbonamento possiamo inviare la prima copia accompagnata da una lettera personalizzata
Le possibilità di abbonamento a noidonne sono le seguenti:
ordinario 25 euro straordinario 60 euro (hai diritto a 3 indirizzi o 3 copie)
sostenitore 100 euro (hai diritto a 6 indirizzi o 6 copie)
Per informazioni redazione@noidonne.org 338 9452935 (Rinaldo)
ND_CV_aprile-maggio 2015.indd 4-5
1+1= 40 euro Due abbonamenti almeno una nuova abbonata con un unico bollettino di soli 40 euro (anzichè 50 euro)
Il versamento può essere effettuato con un bollettino di c/c postale sul conto nr. 000060673001 oppure con Bonifico su BancoPosta intestato a: Società Coop. Libera Stampa a rl c/o Studio Berto Fabio IBAN: IT57 D076 0103 2000 0006 0673 001
30/03/15 22.50
APRILE / MAGGIO 2015
ANORESSIA E BULIMIA EPIDEMIA SOCIALE CARMEN CONSOLI POESIA E ROCK AL VIA EXPO 2015 AGRICOLTURA: FEMMINILE PLURALE
prezzo sostenitore 3,00 euro Anno 70 - n.04/05 ISSN 0029-0920
ND_CV_aprile-maggio 2015.indd 2-3
CIBO NEMICO 30/03/15 22.50