5 minute read
Haiti 10 anni dopo
L’Operazione “White Crane” prese il via il 19 gennaio con la partenza di nave Cavour alla volta di Haiti, dove prestò soccorso fino al 14 aprile. Due mesi intensi di lavoro e solidarietà.
Haiti dieci anni dopo
Advertisement
Nave Cavour in soccorso alla popolazione di Haiti. Nelle pagine a seguire alcune delle immagini, pubblicate nell’allegato al Notiziario della Marina, del mese di Aprile Maggio 2013 dal titolo “Operazione White Crane”. S ono trascorsi dieci anni da quel tragico 12 gennaio 2010, quando un terribile terremoto devastò l’isola di Haiti. L’Italia fu tra i paesi che parteciparono al soccorso con una risposta immediata attraverso la mobilitazione di nave di Emanuele Scigliuzzo Cavour che in quattro giorni riceveva l’ordine di approntamento e il 19 gennaio, salpava alla volta di Haiti. Iniziava così l’Operazione “White Crane” che terminò il 14 aprile dello stesso anno. Un ricordo di questa Operazione, che ha
segnato il battesimo del mare per la nuova portaerei della Marina, è stato tracciato in occasione del 20° anniversario della Fondazione Francesca Rava, con cui la Forza armata ha iniziato proprio in quell’occasione una collaborazione che non si è mai interrotta che ha portato questo binomio fuori dai confini nazionali fino in Africa. Presenti al Circolo ufficiali di Roma la presidente della Fondazione Rava, Maria Vittoria Rava, il contrammiraglio Gianluigi Reversi, ex comandante di nave Cavour, Martina Colombari, testimonial della fondazione che si è spesa in prima persona anche ad Haiti, Roseline Paul, cresciuta nella Casa NPH in Haiti, e il capitano di vascello Martino Baldari, ex comandante di Nave Etna. Quando nave Cavour arrivò a Port au Prince iniziarono giorni di lavoro intenso che hanno visto coinvolti quasi mille italiani tra personale civile e militare in una collaborazione interforze e interagenzie. Polizia, Vigili del Fuoco, Carabinieri e volontari, tutti insieme proiettati verso un unico obiettivo, rispondere alle esigenze di una popolazione già provata e portata allo stremo da un terremoto che con forza devastante rase al suolo la piccola isola. Affianco al personale italiano anche 27 medici e infermieri tra militari e civili brasiliani, imbarcati a Fortaleza durante una sosta tecnica. Riprendiamo il ricordo del comandante Michele Carosella, che dieci anni fa svolse il ruolo di portavoce dell’Operazione per la Marina, riportate nell’ allegato al numero di aprile - maggio 2013: “Raccontare dell'operazione White Crane significa narrare del supporto umanitario prestato alla popolazione haitiana in due mesi di permanenza, del lavoro svolto dai nostri militari ma soprattutto del cuore e lo spirito con cui tutto questo è stato fatto. E' la storia di uno spirito di solidarietà italiano, caratteristica inconfondibile del nostro popolo, della partecipazione emotiva al dolore e al dramma di tanta povera gente mostrato dai nostri militari, omesso dalle cronache dei tanti reporter, presenti ad Haiti solo nei primi giorni dopo la tragedia. White Crane è anche l'esempio di come coniugare insieme intervento civile e militare, fondere insieme competenze e professionalità diverse e permettere che queste possano esprimere risultati concreti, efficienti, rapidi ed efficaci.” La portaerei Cavour ha dimostrato in quella situazione la sua efficienza in un ambito diverso da quello strettamente operativo di nave da guerra. Una missione
umanitaria possibile proprio grazie alla versatilità con cui è stata progettata la nave che ha a bordo due sale operatorie, due ambulatori, una sala rianimazione, otto posti letto per terapia intensiva, una sala radiologica-TAC, una sala trattamento ustionati, un laboratorio di analisi ed un laboratorio odontoiatrico oltre la possibilità di imbarcare una camera iperbarica. Nave Cavour può ospitare fino a 1.210 uomini, equipaggio incluso, e dispone di un’ampia autonomia logistica, capacità di comunicazione, coordinamento, controllo e supporto, in modo continuativo, ad ampio spettro e diretto sull’area di crisi; le connessioni satellitari possibili dall’Unità permettono di sfruttare al meglio i sistemi di sorveglianza, di telecomunicazione e telemedicina in ogni parte del mondo. Ad Haiti non occorreva ricostruire solo le macerie fisiche provocate dal terremoto, ma è stato necessario lavorare anche e soprattutto dal punto di vista psicologico sui bambini, già abituati a una realtà difficile che li obbligava a crescere in fretta. Dopo la scossa di terremoto la situazione dei più piccoli, già vittime della povertà che caratterizza Haiti, si è aggravata con la perdita di riferimenti come la casa, la scuola e la famiglia. Dall’allegato al numero di aprile - maggio 2013 del Notiziario della Marina, riproponiamo il ricordo di Chiara Borgini, psicologa della Marina all’epoca imbarcata su nave Cavour: “[...]Il lavoro prevedeva anche dei momenti di disegno. Il primo passo è stato quello di fare un disegno di un luogo che li facesse sentire al sicuro. La maggior parte ha disegnato la propria casa, qualcuno un elicottero, un mezzo che ha svolto un fondamentale lavoro nei soccorsi. Il secondo disegno doveva rappresentare ciò che aveva fatto paura durante il terremoto. Qui c'è stata una totale omogeneità nel disegnare corpi di persone in mezzo alla strada, sepolti nelle case, volti e corpi sanguinanti, amputati. [...]. Il terzo disegno, alla fine, era a tema libero. La quasi totalità dei bambini ha disegnato le navi, ognuno con la bandiera che ricordava[...]. Tanta è stata la mia emozione nel veder nascere dalle manine di molti di loro il nostro tricolore”. Una tragedia umana indimenticabile colpì Haiti dieci anni fa, oggi diventato ricordo indelebile in quanti soccorsero una popolazione fortemente provata, grazie alla solidarietà di un Paese, l’Italia, sempre pronto a rispondere presente in situazioni come questa.