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Napoli, molo S.Vincenzo, faro di atterraggio

di Cipro, divisa in due. Nel Mediterraneo occidentale tra Spagna e Marocco per l’isola di Perejil, in acque marocchine, dichiarata territorio spagnolo fin dal 1668. Oggi l’isolotto è ancora disabitato e controllato, insieme, dai due stati. Nel centro e Sud America la contesa più nota è quella delle isole Falkland tra Argentina e Regno Unito, sfociata in un conflitto armato nel 1982. Nel 2013 la popolazione con un referendum ha scelto la bandiera britannica. Colombia e Venezuela si contendono il limite marittimo dell’area di Guajira. Regno Unito e Mauritius litigano per le Chagos Islands, un gruppo di sette atolli e circa sessanta isolotti nell’Oceano Indiano. Mentre tra le controversie emergenti dell’ultimo decennio ci sono quelle legate al controllo degli spazi marittimi dell’Artico. L’apertura delle vie di navigazione in quei mari potrebbe innescare lo sviluppo di nuove importanti rotte commerciali, riducendo le distanze, i tempi e i costi dei trasporti intercontinentali. Lo scioglimento dei ghiacci offre nuove opportunità di turismo polare, di pari passo con lo sviluppo di nuove attività di esplorazione. Si stima che l’Artico possegga il 30% delle riserve di gas naturale e il 15% delle riserve petrolifere globali non ancora scoperte, che ospiti oltre il 15% delle risorse ittiche globali e che disponga di ingenti scorte di minerali come carbone, minerali ferrosi, nichel, cobalto, titanio, bauxite, zinco, piombo, rame, oro, argento, platino, diamanti e quantitativi non trascurabili delle cosiddette terre rare divenute accessibili e sfruttabili grazie al miglioramento delle tecniche e delle tecnologie estrattive. Sotto il profilo commerciale, la scomparsa della calotta glaciale incrementerebbe notevolmente i periodi e la qualità della navigabilità del Mar glaciale artico e dei mari ad esso attigui aprendo tre nuove vie di navigazione da sempre ambite, il passaggio a Nord Ovest, il passaggio a Nord Est e la rotta transpolare. Migliaia di miglia in meno da percorrere per collegare due emisferi del pianeta con notevoli risparmi sui costi dei trasporti e soprattutto con notevoli guadagni per i paesi rivieraschi che ne rivendicano la titolarità. Il mondo intero si è già mobilitato. Non solo Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Svezia e Stati Uniti, Paesi che per posizione geografica rivendicano diritti, ma la regione attira anche le ambizioni geopolitiche da parte di Stati che per la loro vicinanza rivendicano gli stessi interessi. Unione Europea, Giappone, Corea del Sud, Cina e India si sono già manifestate. In particolare la Cina ha fatto passi da gigante mettendo le basi per sfruttamenti futuri anche se ad oggi un futuro ben delineato ancora non esiste. Si spera che i governi siedano tutti intorno a un tavolo per concordare e condividere una strategia sostenibile per la gestione della regione per uno sviluppo ordinato a beneficio di tutto il pianeta. Il ruolo delle rotte artiche, per il commercio e le politiche internazionali, nel futuro potrebbe essere paragonabile a quello ricoperto, nel recente passato, dai Canali di Panama e Suez. Ciò che accadrà nell’Artico nei prossimi decenni avrà conseguenze per ciascuno di noi. Ma sul mare si consumano anche reati di pirateria marittima, di criminalità organizzata che danneggiano le economie dei paesi. Anche qui la comunità internazionale si è mobilitata per difendere i propri interessi che passano anche attraverso una porzione di mare distante migliaia di miglia. Interessi diretti legati al naviglio nazionale che trasporta le proprie merci o quelle destinate al proprio territorio, interessi legati al libero accesso nei paesi vittime di questi fe-

Il libero utilizzo dei mari passa attraverso una strategia di difesa e sicurezza a connotazione marittima contro una serie di minacce derivanti dai conflitti tra Stati, dalla ripartizione degli spazzi marittimi, dalle attività in mare e anche dai cambiamenti climatici

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nomeni di criminalità sul mare per i quali la sicurezza marittima diventa fondamentale con ricadute sulla stabilità sociale, ambientale, infrastrutturale e tecnologica. Dare un ruolo centrale ai mari diviene fondamentale per unire i popoli, per annullare le disuguaglianze e trarre vantaggi sia in termini di crescita economica sia in termini di crescita culturale, tecnologica e infrastrutturale. Il problema della sicurezza del mare è inscindibile dal problema della ricostruzione di uno stato tanto che ormai si parla di sicurezza dal mare, per includere anche tutti gli aspetti di sviluppo di un paese e connessi alla Blu Economy che vuol dire generazione di energia dal mare, acquacultura, risorse sottomarine, commercio, trasferimenti e collaborazioni industriali che da questo possono nascere. Per parlare di aspetti più vicini al nostro paese, l’Italia e l’Europa sul mare hanno molto da perdere. Per l’Italia il 54% del commercio estero avviene via mare a fronte di un 15% su strada. Il 55% dei 90 miliardi di merce importata e il 70% in peso viaggia via mare. L’Italia è punto di riferimento importante per le merci che viaggiano nel Mediterraneo e per questo deve avere interessi strategici ed economici legati al mare. Russia, Cina, Stati Uniti, Francia e Turchia nel Mediterraneo hanno incrementato la loro presenza con le rispettive Marine proprio perché il mare rappresenta l’ambiente in cui protendere la longa mano della politica estera di un paese. E’ recentissima la notizia che l’Italia ha finalmente deciso di mettere mani, spinta dalla competitività dei nostri vicini e dai venti che spirano dal Mediterraneo Orientale, al problema della Zona Economica Esclusiva (ZEE) italiana. Una proposta di legge è ora all’esame del Parlamento e servirà a rafforzare la nostra marittimità. Ma sarà importante nei prossimi anni investire di più sulle politiche estere e sulla Marina Militare per il controllo e la difesa degli interessi nazionali, ovunque nel mondo.

di Fabio Dal Cin

Il nostro viaggio nel misterioso ed affascinante mondo dei fari termina a Napoli, sede della Direzione Fari e Segnalamenti marittimi del Comando Logistico della Marina Militare

“Lascio una scia bianca e torbida; pallide acque, gote ancor più pallide, dovunque io navighi. I flutti gelosi si gonfiano ai lati per sommergere la mia traccia; lo facciano; ma prima io passo”.

Con questa riflessione del Capitano Achab, tratta da Moby Dick, romanzo capolavoro di Herman Melville, lasciamo l’isolotto di Lampione e riprendiamo, decisi e agevolati da venti sostenuti dai quadranti meridionali la nostra navigazione verso Nord. Giunti al traverso dell’isola di Pantelleria, accostiamo per nord-ovest ed attraversiamo il canale che separa le isole di Marettimo e Favignana (arcipelgo delle Egadi). Il sole tramonta, i sensori crepuscolari attivano i segnalamenti marittimi, l’ufficiale di rotta si esercita a riconoscere le caratteristiche dei fari di Punta Libeccio (isola Marettimo) e Punta Sottile (isola Favignana). La traversata prosegue senza soste: superate le Isole Egadi, “le case della luce” di San Vito Lo Capo (Trapani) di Punta Gavazzi e Omo Morto (Isola di Ustica), a breve la Sicilia e i suoi formidabili arcipelaghi saranno distanti a poppa della nostra scia. Infine, il nostro viaggio nel misterioso ed affascinante mondo dei fari terminerà a Napoli, sede della Direzione Fari e Segnalamenti marittimi del Comando Logistico della Marina Militare. Due i motivi principali di questa scelta: la ricorrenza dei 110 anni del Servizio Fari Nazionale, e l’opportunità di conoscere aneddoti poco noti sulla “farologia” partenopea. All’ormeggio presso la darsena del Quartier Generale Marina, incastonato tra il Palazzo Reale, il Castel Nuovo e proteso verso il Golfo di Napoli, a fare gli onori di casa sono il Capitano di Vascello Angelo Patruno, Direttore del Servizio Fari ed il 1° luogotenente Valerio Cordiale, responsabile dell’archivio storico e della sezione che si

Napoli, faro di San Vincenzo.

occupa delle “prescrizioni” dei segnalamenti (atti emessi dalla Direzione Fari per concedere ad Enti pubblici o privati l’autorizzazione per istallazione, modifica o rimozione dei segnalamenti su tutto il territorio nazionale). Una mappa storica posizionata alle spalle del luogotenente Cordiale ci mostra l’attuale rete d’illuminazione costiera grazie alla quale il Servizio Fari garantisce un aspetto fondamentale della sicurezza della navigazione alla comunità dei naviganti: 147 fari (oltre a fanali, mede e boe) equamente distribuiti lungo i quasi 8.000 Km di coste, isole comprese. Dal faro dell’Isola di Razzoli, numero E.F. 1000, al faro monumentale della Vittoria, Trieste, numero E.F. 4376, non esistono specchi d’acqua non monitorati dal Servizio Fari della Marina Militare. Dall’analisi dei documenti storici, gelosamente custoditi in archivio, emergono informazioni dettagliate sul processo che nel corso dei decenni ha reso più efficace ed efficiente la rete del segnalamento marittimo in Italia. Scorriamo con interesse il testo delle due Leggi, la n. 2 e la 75 del 1910, con la quale vennero unificati tutti i servizi marittimi affidandoli alla Regia Marina. Dall’interpretazione dei testi emerge chiara l’importanza che ebbe allora il dotarsi di un Servizio dei Fari e dei Segnalamenti marittimi efficiente, secondo i parametri del tempo, e di cui veniva vieppiù riconosciuta la valenza strategico-militare in un periodo storico caratterizzato da una politica di rinnovamento – comune a tutti i paesi d’Europa – dello strumento bellico. Infine, il regio decreto n° 294 del 9 marzo 1911 (pubblicato sulla G.U. n°99 del 27 aprile 1911) con il quale venne sancita la “data di effettivo passaggio del servizio fari ed altri segnalamenti marittimi dal Ministero dei lavori pubblici al Ministero della Marina”: il 1° luglio 1911. Quest’ultimo illustrò la nuova struttura ed organizzazione dei fari e segnalamenti marittimi nel supplemento n.2 al Foglio d’Ordini del 27 giugno 1911. La permanenza a Napoli ci conduce ad ulteriori approfondimenti ed ha in serbo altre sorprese. Ci trasferiamo idealmente in periodi pre-unitari, durante i quali era stata già posta adeguata importanza allo studio dell’illuminazione costiera. Se la Lanterna di Genova e il faro di Livorno si contendono il primato del “faro più antico d’Italia” (sembra essere in vantaggio la prima – nda- ), nella città di Partenope, grazie all’opera di vedutisti e scrittori che nel corso dei secoli vi hanno soggiornato, è possibile rivivere l’emozione di quello che, se non fosse stato distrutto, sarebbe sicuramente stato annoverato tra i fari più antichi e importanti d’Italia: la Lanterna del molo. L’antico faro del porto di Napoli, ubicato alle spalle di Ca-

stel Nuovo, un tempo simbolo della città, era già presente infatti ai tempi di Carlo II d’Angiò, intorno al 1307. Nel 1487 Ferrante d’Aragona affidò l’incarico di ricostruirlo oltre che di ampliare il molo a Luca Bengiamo, uomo abile e ingegnoso, che provvide a costruire in cubito ipsius moli una torre sine lanterna cum incluso lumine, sostenendo, come da contratto, le spese di fabbricazione e manutenzione in cambio dello “ius lanternae”, cioè il diritto di esigere una gabella da tutte le navi che sarebbero entrate in porto, ricevendo inoltre il permesso di costruire….. un mulino a vento! Tali autorizzazioni furono riconfermate nel 1495 dal nuovo Re Carlo VIII. Tuttavia, al ritorno degli aragonesi, morto il Bengiamo, la lanterna fu distrutta durante gli scontri tra quest’ultimi e i francesi. Si ignora purtroppo la data della sua ricostruzione mentre si ha la certezza che, all’estremità del molo, venne innalzata una torre con una grande lanterna visibile persino da Capri e Procida. Nel 1626, come apprendiamo dalle cronache di Napoli dei Diurnali di Scipione Guerra, la Lanterna fu distrutta da un incendio causato probabilmente dall’uso, consuetudinario in quell’epoca, dei fuochi d’artificio. Pertanto, l’allora Vicerè Duca d’Alba don Antonio di Toledo ne affidò la ricostruzione all’architetto Pietro de Marino, ordinando la costruzione di un fortino con quattro torrioni a difesa del porto. La ricostruzione durò dal 1625 al 1626. Il Duca d’Alba, fu l’ultimo ricostruttore della “Lanterna del molo”. Agli inizi del Settecento l’antico faro passò in gestione alla famiglia Capano. Seguirono anni di oblìo, fino al 1841, l’anno della rinascita in materia di illuminazione costiera del golfo di Napoli:

CARATTERISTICHE GENERALI Lat.: 40°49’ 54’’ Nord Long.: 14° 16’ 25’’ Est Comando Zona Fari: Napoli Funzione del segnalamento: Faro di atterraggio Altezza del piano focale sul livello medio mare: 25,5 metri Portata nominale sorgente principale: 22 mg Caratteristica: luce bianca Anno di costruzione: 1916 – ricostruito nel 1951 Tipologia costruttiva: Torre cilindrica in muratura rivestita di mattonelle rosse con muretta superiore di colore bianco.

Faro di San Vincenzo, sorgente secondaria.

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