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ALLEGATO AL NUMERO DI SETTEMBRE
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Delfini, il futuro è Sottomarino! Una straordinaria avventura negli abissi tra tecnologia, silenzio e fratellanza
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Introduzione Delfini, Il futuro è sottomarino! ommergibili. Basta evocarli e subito nella nostra mente prendono forma immagini di straordinarie e complesse macchine. Basta chiudere gli occhi e appare la sequenza più classica: una manciata di minuti nei quali il sommergibile passa dalla navigazione in superficie a quella negli abissi del mare. E’ iniziata la discesa e la superficie dello scafo esposta all’aria diventa sempre più piccola, fino a scomparire. Il passaggio dalla navigazione sul mare alle profondità blu è compiuta. Svanisce anche l’ultima piccola scia bianca lasciata dalla torretta che fende le onde. Inizia il viaggio nella straordinaria dimensione del sommergibile e dei sommergibilisti. Il Notiziario della Marina, nella sua opera di diffusione della conoscenza e cultura del mare e della Marina, dedica questo Speciale alla Componente sommergibili della Marina Militare. Oltre un secolo di scienza, tecnologia, ma anche missioni e imprese eccezionali, compiute con coraggio e nel silenzio dai sommergibilisti di ieri e di oggi. Molti dei testi scritti appartengono a questi specialisti degli abissi riconosciuti dal loro distintivo: il delfino, simbolo dei sommergibilisti italiani che con orgoglio portano sul basco e sul petto delle loro uniformi. Un’occasione editoriale preziosa che unisce tre aspetti: l’evoluzione tecnologica del sommergibile italiano nei suoi 131 anni di storia, dal 1910 ai nostri giorni; ricordi e fatti di una memoria passata, ma sempre viva, scritti con la professionalità, l’abnegazione e lo spirito di fratellanza propria degli equipaggi, dei sommergibilisti di ieri e di oggi; infine lo sguardo oltre l’orizzonte rivolto all’evoluzione futura del mondo operativo subacqueo nelle parole dei massimi esperti della materia. Futuro in cui la Marina Militare è già immersa. Il 2021 è un anno importante per la Componente sommergibili che a febbraio ha visto concretizzarsi la firma del contratto di quattro nuovi sottomarini classe U212NFS e il 10 giugno Giornata della Marina, la consegna della Bandiera di Guerra al Comando dei Sommergibili. Buona immersione nella lettura delle pagine di questo Speciale del Notiziario della Marina “Alla via così”
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Alessandro Busonero, direttore del Notiziario della Marina Delfini, il futuro è sottomarino!
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Prefazione Delfini, Il futuro è sottomarino! di Alberto Angela
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otta zero quattro zero!” così si concludeva una giornata ricchissima di emozioni a bordo del sommergibile Todaro (S526). Queste parole mi sono rimaste impresse mentre il battello scivolava verso l’abbraccio del porto di Taranto e si accendevano le prime stelle in cielo, nel silenzio di una brezza che accarezzava la pelle e i capelli. Erano passati esattamente 20 anni dalla mia prima esperienza su un sommergibile, il Longobardo (S524), classe Sauro. In entrambi i casi ho avuto il privilegio di salire a bordo di questi due battelli in immersione per realizzare dei servizi e delle riprese televisive. Ho usato la parola “privilegio” e poi capirete il perché. In quei 20 anni di distanza tra le due esperienze, il mondo è cambiato in modo abissale, non solo per le tecnologie, quanto, anzi soprattutto, per gli scenari internazionali e quindi di utilizzo e intervento delle nostre forze armate. È passato tanto tempo da quando, nel 1890, la Marina (allora “Regia Marina”) progettò il primo sommergibile militare, il “Delfino”. Oggi, i sommergibili, grazie alle loro capacità di “invisibilità” una volta immersi, alle loro tecnologie e grazie a sofisticati sistemi di raccolta di informazioni, possono giocare un ruolo prezioso per la difesa del territorio e della sicurezza della nostra Nazione, contro il terrorismo, per la lotta ai traffici illeciti nel Mediterraneo e persino per la difesa dell’ambiente marino. Scopi che non sono immediatamente percepiti da chi li conosce superficialmente e li associa esclusivamente a scenari di guerre passate o future, ma che sono chiarissimi per chi si trova a bordo e soprattutto a chi parte in missione. Non sta a me descrivere le capacità delle nostre forze subacquee, composte da una flottiglia di 8 sommergibili frutto di una grande storia marinara di oltre un secolo. Lo lascio a chi in quest’opera è ben più esperto di me. Io, invece, posso testimoniare
e descrivere gli uomini e le donne che ho incontrato. Ed è forse questo l’aspetto che mi ha colpito di più. Molto più della macchina. Perché, a 20 anni di distanza dalle due immersioni, ho respirato la stessa atmosfera. Sia sul Longobardo che sul Todaro, mi sono sentito circondato da persone di un’umiltà e di un’umanità sorprendenti. Accanto alla loro altissima professionalità da cui dipendono anche tutti gli altri membri dell’equipaggio, è emersa la sensazione di conoscere da sempre i marinai, i sottufficiali e gli ufficiali che ti stanno accanto o che incroci nei corridoi mentre il sommergibile naviga in immersione. Sono abituato a lavorare in gruppo da 40 anni, prima nelle spedizioni di scavo in vari continenti, poi nel mio lavoro televisivo che si basa su viaggi lunghi e faticosi. Conosco quindi bene le dinamiche di gruppo in situazioni complicate, e so quanto sia importante, per riuscire a lavorare bene, vivere in un clima di massima serenità, in cui la stima reciproca è un elemento imprescindibile. A maggior ragione quando si tratta di rimanere per lungo tempo dentro ad un ambiente “chiuso” come un sommergibile. L’equilibrio e i sorrisi che ho incontrato sul Longobardo e sul Todaro sono forse la “tecnologia” più preziosa che ho visto. È un privilegio, come dicevo, perché è qualcosa che non si improvvisa. Al grande spessore umano di questi uomini e di queste donne, si aggiunge l’antica tradizione del mare che l’Italia possiede e, anche, la sua cultura, che ha 3000 anni di civiltà alle spalle.
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SOMMARIO
Il Notiziario della Marina è una testata giornalistica mensile fondata nel 1954 Registrazione: Tribunale di Roma n.396/1985 dell’ 8 agosto 1985
Delfini, il futuro è Sottomarino !
Proprietà Ministero della Difesa Editore Ministro della Difesa
Elaborazione grafica a cura del 5 Reparto Sommergibili Stato Maggiore Marina
Marina Militare - Ufficio Pubblica Informazione e Comunicazione
DIRETTORE RESPONSABILE
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Introduzione di Alessandro Busonero
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Prefazione di Alberto Angela
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Geopolitica sotto le onde di Manuel Moreno Minuto
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Noi siamo i sommergibilisti
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L’intervista al comandante dei sommergibili di Giovanna Scotton
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L’intervista al comandante della flottiglia sommergibili di Carlo Faggiana
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Delphinis tibi honorem tribuunt! di Manuel Moreno Minuto e Carlo Faggiana
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Da Leonardo da Vinci a Nazario Sauro di Manuel Moreno Minuto
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I sommergibili musealizzati di Desirèe Tommaselli
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Filippo Beltrame-Quattrocchi: sommergibilista e figlio di Santi di Manuel Moreno Minuto
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Il Gesuita dell’Atlantico di Manuel Moreno Minuto
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l miracolo del sottomarino Pacocha di Dario Giacomin
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Se le bandiere potessero parlare di Dario Giacomin, Giovanna Scotton e Alberto Tarabotto
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Mago Bakù di Manuel Moreno Minuto
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Ciak, immersione! I Sottomarini nella storia del cinema di Andrea Gattuso
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Underwater, sommergibili high-tech di Dario Giacomin
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Il nuovo sottomarino U212-NFS di Massimo Guma
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Dal procurement alla culla dell’high-tech sottomarino di Maurizio Cannarozzo
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Polo della subacquea di Vasco Pizzinato Idrogeno e
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litio di Alessandro Irvia
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Stampa: Fotolito Moggio srl, Villa Adriana - Tivoli
Sommergibili italiani ambasciatori di cooperazione di Salvatore Dimonopoli
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Concessionaria di pubblicità: Difesa Servizi S.p.A. 06.469.139.855
Cooperazione militare, migliore soluzione per lo sviluppo di sistemi ad alta tecnologia di Giovanna Scotton
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Delfini Blu di Giuseppe Rizzi e Simone La Riviera
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Dall’obiettivo al periscopio di Giovanna Scotton
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Silenzio, parla il mare di Pier Paolo Cito
Alessandro BUSONERO
REDAZIONE Luciano REGINA, Antonello D’AVENIA, Pasquale PRINZIVALLI, Emanuele SCIGLIUZZO D IREZIONE E R EDAZIONE Marina Militare - Ufficio Pubblica Informazione e Comunicazione Notiziario della Marina - piazza della Marina, 4 - 00196 Roma - tel. 06.3680.5556 mail: notiziario.marina@gmail.com segreteria e abbonamenti tel. 06.36806318 partita iva: 02135411003 N ORME
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chiuso in redazione il 7 settembre 2021
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Geopolitica sotto le onde L’ambiente operativo: sottomarini, droni, cavi e pipeline di Manuel Moreno Minuto ’ambiente operativo underwater nel corso dell’ultimo ventennio ha subito una decisa evoluzione che trova un possibile parallelo solo nell’incredibile rivoluzione economica e tecnologica dell’accesso allo Spazio. I due ambienti operativi un tempo riservati alle sole medie e grandi potenze del pianeta vivono oggi una stagione di grande competitività frutto di una traiettoria tecnologica, ormai ben definita e accessibile grazie ad una drastica riduzione dei costi di produzione. Gli abissi non sono più il regno incontrastato di sottomarini dalle incredibili prestazioni, ma il panorama si è piuttosto diversificato ampliando sia il numero di attori, sia la maniera di sfruttare tutto ciò che c’è sotto le onde. Nel corso della Guerra Fredda e del successivo ventennio il mondo underwater ha visto una netta separazione tra le operazioni militari, e quello delle Corporate nei settori dell’Oil&Gas e Telco. I sottomarini erano – e sono tuttora – impiegati quale strumento di deterrenza in virtù della propria capacità di attaccare in maniera furtiva sia le forze marittime, sia bersagli su terra grazie all’unione di sistemi missilistici Deep Strike ed operazioni di Forze Speciali. Questa forma di deterrenza convenzionale permetteva un generale equilibrio e stabilità nei teatri operativi di maggior frizione come il Mediterraneo. Per tutti gli anni ’70 ed ’80, sia gli Stati Uniti che l’Unione Sovietica, schierarono decine di unità subacquee appartenenti rispettivamente alla VI Flotta e alla V Eskadra. In quell’epoca anche le nazioni con capacità marittime limitate come Albania, Libia ed Egitto erano dotate di sottomarini ceduti da Mosca. La capacità di attacco convenzionale, in ragione della sua efficacia, fu usata in ben poche occasioni, ma i suoi effetti furono decisivi. Nel maggio del 1982 l’affondamento dell’incrociatore General Belgrano da parte del sottomarino inglese Conqueror causò il ritiro delle forze navali argentine dalle Falkland determinando il
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Gli abissi non sono più il regno incontrastato di sottomarini dalle incredibili prestazioni, ma il panorama si è piuttosto diversificato ampliando sia il numero di attori, sia la maniera di sfruttare tutto ciò che c’è sotto le onde
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rapido, seppur non indolore, successo della Royal Navy. Le possibilità operative dei sottomarini si sono evolute nel tempo, grazie al progressivo miglioramento delle dotazioni di missili, passati da un impiego a corto e medio raggio prevalentemente contro le navi, agli attacchi in profondità – Deep Strike – contro obiettivi terrestri. Gli esempi più rappresentativi sono la Guerra del Golfo nel 1991, l’intervento NATO nella ex-Jugoslavia (1999), Enduring Freedom in Afghanistan (2001), le operazioni USA in Iraq (2003), Unified Protector, ed infine la Guerra in Siria a cui i sottomarini russi della Flotta del Mar Nero partecipano dall’ottobre 2015. Il rapido cambiamento dell’ambiente underwater è stato accompagnato soprattutto nell’ultimo decennio ad una vertiginosa espansione del ramo civile che si è sviluppata intorno alle nuove esigenze energetiche e di comunicazione globale. Sebbene la tecnologia di perforazione petrolifera esista dagli anni cinquanta del secolo scorso e quella dei cavi sottomarini risalga a fine Ottocento, è solo in questi ultimi anni che si è palesata una vorticosa corsa tra tutti gli stati litoranei con diritti sovrani di sfruttamento sulla piattaforma continentale. Le cause geopolitiche sono molteplici e di lungo periodo. Nel campo degli Sottomarino U212-A in navigazione di superficie nelle acque del Mediterraneo Delfini, il futuro è sottomarino!
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idrocarburi la rinnovata sensibilità degli Stati – e delle grandi alleanze - in tema di “sicurezza energetica” ha imposto sul mare una spasmodica ricerca di nuove fonti di approvvigionamento. Le recenti tensioni nel Mediterraneo orientale nascono principalmente dalla fame di energia e non potranno cessare fino alla creazione di un accordo omnicomprensivo che bilanci diritti ed interessi di tutti gli Stati costieri del Mediterraneo, in primis l’Italia. L’altra grande partita che si gioca sott’acqua, e lontano dai riflettori, è quella dei cavi sottomarini per comunicazioni il cui l’uso è vertiginosamente aumentato per sopperire alla richiesta globale di traffico dati. Ogni volta che dal nostro dispositivo mobile guardiamo le previsioni del tempo, facciamo un acquisto on-line, consultiamo il saldo del conto in banca o
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prenotiamo una visita medica, usiamo una rete di connessioni che solo in minima parte corre su terra, ma in realtà per oltre il 95% attraversa mari e oceani secondo schemi geografici lontani dalle comuni percezioni. Queste reti che corrono sul fondo dei mari, non garantiscono all’odierna società globale un surplus di comodità, ma ne sono invece la principale, seppur fragile, infrastruttura critica. L’interruzione dei servizi dati per qualche ora o giorno, o peggio ancora l’alterazione fraudolenta delle informazioni, lo spionaggio politico ed industriale, potrebbero creare situazioni di pericolo per le quali non esistono tuttora risposte ben definite. Nel prossimo futuro, oltre al traffico dati, i fondali marini ospiteranno anche i server dei provider di servizi cloud. Una tecnologia sperimentata dal pro-
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getto Natick della Microsoft presso l’European Marine Energy Centre con il Northern Isles Underwater Data Centre. Il pacchetto di 864 server posti sui fondali delle isole Orcadi in Scozia, è stato non a caso curato dalla francese Naval Group specializzata nella progettazione e costruzione di sottomarini militari e sistemi subacquei di difesa. Le operazioni militari contro il traffico di comunicazioni mondiale non appartengono alla sfera della teoria, ma hanno un solido background storico nella Prima guerra mondiale. Nell’agosto del 1914, a ridosso dell’inizio del conflitto, la nave britannica Alert recise il fondamentale snodo di comunicazione del sistema telegrafico tedesco. La Germania fu quindi costretta a usare, seppur con chiavi di cifratura, le linee civili britanniche – all’epoca egemoniche – che venivano
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naturalmente intercettate dall’ufficio militare di “Censorship”. Una opportunità di intelligence che permise a Londra di intercettare il famoso Telegramma Zimmerman, poi impiegato dagli inglesi per coinvolgere gli Stati Uniti nel conflitto. Un altro – e ben documentato – episodio è l’operazione Ivy Bells condotta negli anni ’70 dai sottomarini USS Halibut, Seawolf e Parche. I tre sottomarini per circa un decennio collocarono in maniera occulta dei dispositivi di registrazione magnetica sui cavi usati dalla Flotta russa del Pacifico e che passavano sui fondali del mare di Okhotsk, tra Siberia e Giappone. Incursioni all’epoca rare, complesse e rischiose, ma che le moderne tecnologie subacquee – droni in primis – rendono invece oggi accessibili a numerosi, e purtroppo imprevedibili attori.
Rischi ed opportunità per l’Italia: il progetto NFS ed un nuovo dominio della Difesa l panorama underwater del Mare Nostrum è oggi caratterizzato da una complessità di fenomeni che vanno al di là delle logiche a cui ci aveva abituato la Guerra Fredda, ed il successivo ventennio di assoluta prevalenza americana e NATO. All’epoca sotto le onde del Mediterraneo si muovevano due grandi tipologie di interessi, e quindi di strumenti operativi. Da un lato vi erano le esigenze di controllo in tempo di pace – e dominio in caso di scontro – dello spazio marittimo nelle sue tre dimensioni. Necessità che sfociava nel co-
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I sottomarini italiani di nuova generazione, gli U212NFS, pur nel solco delle indispensabili capacità deterrenti di sorveglianza ed attacco saranno impiegabili in futuro in compiti di ben più vasto respiro
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Sottomarino Todaro in addestramento con le forze aeree della Marina.
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stante dispiegamento di sottomarini d’attacco e delle contrapposte forze di ricerca antisommergibile. L’altra faccia della medaglia era il crescente uso dei fondali marini per la connettività energetica e telefonica degli stati: un settore gestito da compagnie civili che operavano sotto il cappello della stabilità e sicurezza fornita dalle predominanti forze occidentali. Oggi questa separazione d’interessi tra il mondo underwater militare e quello civile si sta assottigliando sempre più. La rilevanza strategica delle
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infrastrutture sul fondo dei mari, siano esse gasdotti o dorsali di connettività internet non può non far rientrare la difesa di queste infrastrutture subacquee critiche tra i principali interessi militari di ogni nazione avanzata. L’interruzione dei servizi di connettività dati, non solo priverebbe il cittadino dell’uso dei social network, ma impatterebbe in maniera devastante sulle reti ospedaliere, bancarie ed infrastrutturali del nostro Paese. Lo stesso si può dire di eventuali operazioni di intelligence politico-indu-
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striale su vasta scala o sull’alterazione fraudolenta delle informazioni scambiate a livello globale. Una prospettiva che fa impallidire - in termini di danni concreti - persino gli incidenti più cruenti della Guerra Fredda o le azioni di terrorismo marittimo. La NATO ha preso coscienza del problema dedicandovi parte dei lavori del recente incontro tra i ministri della Difesa del 22 ottobre 2020, dove il mondo Underwater e lo Spazio sono stati tra i temi di maggior interesse comune. Stesso in-
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dice di pericolosità lo rivestirebbero infine le conseguenze energetiche ed ambientali di attacchi subacquei - quindi occulti e non attribuibili - alle pipeline di Oil&Gas o a una sole delle migliaia di navi cisterna e gasiere in navigazione tra Suez e Gibilterra. L’ambiente sotto le onde nel Mare Nostrum è una risorsa fragile e preziosa che va tutelata senza compromessi, investendo già da oggi in adeguate strutture operative e tecnologie sovrane che, al pari di Spazio e Cyber, siano considerate un nuovo “do-
minio” della Difesa. I sottomarini italiani di nuova generazione, gli U212NFS, pur assicurando le indispensabili capacità deterrenti di sorveglianza e attacco, dovranno essere impiegabili in futuro in compiti di ben più vasto respiro. Una prospettiva che pone l’Italia tra i pochi al mondo in grado di produrre – attraverso la tecnologia – sicurezza marittima sotto le onde, ma che al contempo, necessita di un adeguato quadro di risorse economiche, scientifiche ed umane.
In alto da sinistra: logo della manifestazione Sea-Future 2021; sommergibile classe Sauro in emersione. In basso da sinistra: cartina delle possibili contese geopolitiche del Mediterraneo (Aree di rischio ambientale in Mediterraneo - fonte progetto MED IAMER Commissione Eruopea); mappa dei cavi sottomarini del Mar Mediterraneo e dell’Atlantico; schema di rete di sorveglianza subacqua integrata con droni e sottomarini.
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di Giovanna Scotton
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oi siamo i sommergibilisti: quante volte, chi segue con interesse i sommergibilisti si è imbattuto in questa frase, negli ultimi anni della loro storia? Praticamente sempre. Basta fare una semplice ricerca con queste parole-chiave su internet ed ecco aprirsi un mondo affollato, tra new media, social, blog, tv, testate giornalistiche e speciali di approfondimento. Noi
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siamo i sommergibilisti non è più solo una frase o uno slogan di “prima presentazione”. È un vero e proprio concetto. Un brand, che si associa a un’immagine ben precisa in cui confluiscono identità, professionalità e senso di appartenenza, associati ad un logo ben riconoscibile, un decalogo di valori, etica e comportamento, ma anche tecnologia ed esplorazioni futuristiche. In
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Noi siamo i sommergibilisti
sintesi, un insieme omogeneo che mette insieme ricerca costante di modernità assoluta e una lunga storia fatta di radici profonde, tradizioni inossidabili e venti di scoperta che spingono, da sempre, verso l’avanguardia. Noi siamo i sommergibilisti rappresenta di fatto una grande rivoluzione, dai tempi in cui i sommergibilisti erano “i più silenziosi” della “Grande Silenziosa”
(per lunghi anni, il soprannome della Marina Militare). Noi siamo i sommergibilisti incarna oggi un’immagine moderna e forte di passione, senso del dovere e orgoglio di far conoscere una piccola realtà, all’interno della Forza Armata e del Paese, in cui ognuno ha una funzione e un compito ben preciso: i sommergibilisti lo svolgono sotto il mare, con mezzi speciali e professionalità speciale. È un cambio di immagine pubblica, frutto prima di tutto di un grande cambiamento culturale: da un lato, della “percezione di sé” e dall’altro, della “comunicazione di sé”, processo, questo, determinato dall’incrocio di diversi fattori storicopolitico-sociali, esterni ed interni alle Forze Armate. Dall’abolizione della “leva obbligatoria”, all’ingresso del personale femminile nel comparto militare, da un profondo rinnovamento del ruolo della comunicazione istituzionale - che ha messo la trasparenza e l’informazione al centro di un nuovo modo di essere cittadini e servitori del Paese - ai radicali cambiamenti organizzativi che hanno seguito l’evoluzione di compiti, funzioni, consistenze e prerogative della professione militare, decise da stato e governi. La Componente sommergibili, come tutta la Marina e le Forze Armate, ha così attraversato fasi cruciali che ne hanno mutato profondamente organizzazione amministrativa e immagine pubblica, senza che queste ne snaturassero però l’essenza e la capacità operativa, nonostante momenti di grande difficoltà. Tra questi, una “crisi vocazionale” molto forte che portò a un calo verticale di arruolamenti, con un picco drammatico tra il 2008 e il 2014, a causa delle condizioni di vera durezza della vita dei sommergibilisti, unite ai continui mutamenti delle esigenze organizzative che hanno “stressato” molto e a lungo tutto ciò che riguardava la Componente sommergibili. In tre differenti “ondate” di impiego, in questi vent’anni, si è passati da una richiesta di operatività da 4 a 8 battelli (auspicabili 14), dovendo però fronteggiare una continua e drammatica diminuzione di personale, a seguito del taglio generale dell’organico della Marina a 26.800 militari. Per garantire la capacità
di essere sempre pronti alle esigenze nazionali, al contrario, sempre crescenti, i sommergibilisti hanno dovuto praticamente “raschiare il fondo” delle disponibilità all’impiego operativo, rimandando in mare persone che avevano appena terminato cicli di 15-20 anni di navigazione, con ripercussioni importanti anche sulle vite di molti nuclei familiari. Per far fronte a questa situazione, si è deciso di recuperare le proprie radici in chiave di “futuro”, lavorando da un lato sul senso di identità professionale e di senso d’appartenenza ad una élite storica e dall’altro, sull’innovazione tecnologica che stava portando i battelli e l’interno sistema della Componente, a livelli elevatissimi di professionalità, con positive ricadute sulla qualità della vita del personale. L’oggettività di un addestramento ultra-specialistico e la spinta “motivazionale” ad essere sommergibilisti, destinatari di una crescita interiore altrettanto importante di quella professionale, fu la chiave di volta di un’azione tanto inusuale quanto risolutiva, intrapresa nel 2014, dal Comando dei Sommergibili: furono istituiti team di reclutamento, attraverso cui i sommergibilisti cercavano personale da formare, facendo leva sulla motivazione e sulla scelta consapevole di essere sommergibilisti, da un lato, e sulla comunicazione, raccontando sé stessi e la passione per questo mestiere, in maniera aperta e moderna. Fu uno sforzo importante e nuovo, su più fronti, a cui partecipò insieme sia il personale, sia il vertice di Comando, con risultati molto positivi e un’inversione di tendenza che ha mostrato da subito risultati molto positivi. Noi siamo i sommergibilisti è oggi il risultato di tutto questo. Sinonimo di un grande equipaggio di professionisti che lavora tutti i giorni con grande responsabilità e con la consapevolezza che qualsiasi cambiamento può e deve essere affrontato raccogliendo e unendo le forze, con professionalità, serietà, senso appartenenza e anche con un pizzico di intraprendenza fuori dagli schemi. Noi siamo i sommergibilisti è oggi anche un traguardo da cui ripartire, un valore aggiunto che si ha l’orgoglio e il piacere di condividere e raccontare.
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L’intervista Sommergibilisti per sempre, ma prima di tutto per scelta. Intervista all’ammiraglio Andrea Petroni, Comandante dei Sommergibili
di Giovanna Scotton
“Sfiorano l'onde nere nella fitta oscurità/dalle torrette fiere ogni sguardo attento sta/taciti ed invisibili, partono i sommergibili/cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità”. Ammiraglio, i Delfini di ieri sono gli stessi di oggi? Il sommergibilismo italiano ha, da sempre, una caratteristica: è proiettato nel futuro, pur tramandando un solido attaccamento alle tradizioni identitarie. Innovazione tecnologica e capacità operative da sempre vanno a braccetto, in una storia ormai più che centenaria di valori profondamente radicati. La Componente Sommergibili della Marina inizia la sua storia nell’Arsenale di La Spezia 131 anni fa, al riparo da occhi indiscreti, con la costruzione, in un capannone del primo sottomarino, il Delfino. Un piccolo gruppo di pionieri sfidarono le limitazioni tecnologiche dell’epoca, superarono lo scettiscismo dei vertici della Regia Marina e realizzarono un mezzo che prima non esisteva. La caratteristica dei sommergibilisti di oggi e di ieri è proprio questa: persone normali che fanno cose speciali, fuori dal comune. Spirito pioneristico e progresso tecnologico a cui si è aggiunta, con i conflitti del Novecento, consapevolezza di un ruolo strategico di prim’ordine, testimoniato dai risultati sul campo e dal conferimento di ben 23 Medaglie d’Oro al Valor Militare per azioni che hanno scritto numerose pagine di storia italiana, con coraggio e patriottismo.Valori tramandati con passione anche quando i sommergibili furono vietati all’Italia e reintrodotti solo anni dopo. L’attitudine ad operare in battelli chiusi, ristretti, in un ambiente estremo e ostile per definizione, l’abisso, in cui non è consentito margine di errore, sviluppa in noi un marchio distintivo fatto di resilienza, capacità di “problem solving” e “decison making”, per gestire situazioni sempre inaspettate, con rapidità di decisione e azione, spesso senza possibilità di contatto con Comandi ed N OT I Z I A R I O
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Enti a terra. Una forma mentis che ci accomuna, tra l’altro, agli astronauti, in una “fratellanza” storica. Di questi mesi, tra l’altro, l’avvio del programma Neptune, progetto di ricerca con Università di Firenze e Agenzia Spaziale Italiana, per studiare analogie, fattori condizionanti ed effetti sull’organismo umano delle “immersioni” nei rispettivi contesti e per ipotizzare future missioni insieme nello spazio profondo. Qual è la valenza strategica dei sommergibili per un Paese, oggi? Tecnologia spinta e peculiarità “esplorative” rendono un sottomarino, oggi più che mai, estremamente strategico nelle funzioni di protezione degli interessi vitali del Paese e di sicurezza in mare. Allo stesso tempo, uno strumento subacqueo credibile misura oggi anche il peso militare strategico di un Paese, rispetto ai propri alleati. I sottomarini sono un importante punto di forza delle Marine militari e un parametro di misura del “ranking” marittimo di uno Stato. La loro presenza in aree di crisi consente di studiare e interpretare, in anticipo e in anonimato, le intenzioni degli attori sensibili, impiegando, se necessario, misure di forza progressiva, dal blocco navale in punti strategici, ad esempio i choke point (strettoie o strozzature) o aree portuali, fino, ai casi estremi di lancio dei missili da profondità
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Tecnologia spinta, ambiente in cui opera e peculiarità “esplorative” rendono un sottomarino, oggi più che mai, estremamente strategico nelle funzioni di protezione degli interessi vitali del Paese e di sicurezza in mare
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(deep strike) a bersagli terrestri. Azioni convenzionali che, senza armi nucleari, permettono di esercitare una concreta influenza e raffreddare gli animi. Nel conflitto delle Falkland del 1982, ad esempio, la Royal Navy accorciò sensibilmente la durata della guerra, bloccando le forze navali argentine in porto con i sottomarini, impiegati sia in funzione di intelligence, sia di attacco antinave. Il 26 febbraio è stata siglata la costruzione di nuovi battelli. Quanti e quali sono i battelli della nostra flotta? Chi li sviluppa? La Marina Militare conta otto sottomarini, secondo le esigenze della Difesa indicate nel MOIR (Modello Operativo Integrato di Riferimento): quattro di nuova generazione Classe U212A e quattro della Classe Sauro, prossimi al termine-vita operativa. Gli U212A sono unità subacquee tecnologicamente moderne che hanno ridotto il divario “di potenza” tra battelli nucleari e convenzionali, per la prima volta, dal dopoguerra. La scelta, negli anni ’90, di dotarsi di battelli avveniristici, realizzati in cooperazione con la Germania, fu strategicamente lungimirante e promosse un indotto industriale che ha posto la nostra cantieristica marittima tra i grandi protagonisti di un polo europeo e mondiale di eccellenza, nel design, nella costruzione e nel supporto in vita dei sommergibili. Le due serie di battelli U212A hanno stimolato anche la sistemistica pregiata di costruzione nazionale, con forti ritorni produttivo-economici e un alto posizionamento della nostra industria, nel contesto mondiale. La firma, il 26 febbraio 2021, per l’acquisizione di 4 sottomarini di nuova generazione U212 NFS (Near Future Submarine) ha assicurato la sostituzione della Classe Sauro con un progetto trait-d’union tra l’affidabile italo-tedesco U212A e le nuovissime tecnologie emergenti. NFS ingloberà un’estesa serie d’innovazioni ad alta efficacia operativa di matrice italiana, tra cui le batterie al litio per la propulsione e nuovi sistemi di combattimento. Un sistema di sistemi, in sintesi, che può esplorare, studiare, controllare e proteggere l’ampia, integrata e complessa dimensione sottomarina (cd. underwater). Tra i progetti correlati agli NFS, mi piace sottolinearne alcuni legati alla Green Economy: produzione e stoccaggio di idrogeno,
Centrale operativa di combattimento del sottomarino Pietro Venuti
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studi sulle comunicazioni subacquee a stati quantici, ricerche sui meta-materiali per rendere gli scafi invisibili ai sonar e sviluppo degli sciami di droni subacquei. Com’è organizzata oggi la Componente sommergibili? Come è incardinata nella Marina Militare e nella Difesa? La Componente sommergibili è organizzata in maniera olistica, composta in diverse articolazioni, e copre tutti gli ambiti e i processi che la riguardando: policy, procurement e controllo operativo delle attività in mare. Il Comando Sommergibili (Maricosom) ha sede nella base operativa della Marina, a Santa Rosa (Roma), la Centrale Operativa Sommergibili è adiacente al Maritime Operation Center del Comando in Capo della Squadra Navale ed esercita, su delega permanente di CINCNAV, il controllo operativo diretto dei battelli in mare. Funge anche, in ambito NATO, da Submarine Operating Authority (SUBOPAUTH), responsabile della gestione degli spazi subacquei e della prevenzione delle mutue interferenze tra i sottomarini dell’Alleanza. Maricosom gestisce tutti gli aspetti delle operazioni e delle esercitazioni complesse. Alle sue dipendenze, il Comando Flottiglia Sommergibili (Comflotsom), con sede a Taranto, force provider della Componente con il compito di approntare i sottomarini sotto tutti gli aspetti: tecnico, addestrativo, logistico e sanitario. Comflotsom gestisce gli otto sottomarini, il supporto logistico e manutentivo dei battelli; di sua responsabilità anche la Scuola Sommergibili di formazione e addestramento degli equipaggi. Comflotsom ha capacità di supporto expeditionary, garantisce cioè l’assistenza, la manutenzione e anche il rifornimento dei nostri battelli nel mondo. Nello Stato Maggiore, la Componente si esprime attraverso il 5° Reparto Sommergibili e gestisce la direzione strategica di sviluppo dei mezzi, le dottrine e il personale specialista, punto di forza della compagine sommergibilista. Questa è presente, infine, nella Difesa in due specifiche articolazioni: l’Ufficio Programma Sommergibili e la III Divisione, di NAVARM, alle dipendenze del vertice del Segretariato Generale della Difesa/Direzione Nazionale degli Armamenti, in cui si realizzano processi di procurement dei mezzi subacquei e si pianificano i cicli manutentivi. I primi di aprile si è aggiunta la Program Division di OCCAR (dal francese Organisation Conjointe de Coopération en matière d'Armement), organizzazione intergovernativa europea di cooperazione per gli armamenti, che seguirà la costruzione dei battelli NFS nei prossimi dieci anni. All’estero la Componente
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ha due rappresentanze per la cooperazione sui sottomarini, in Germania (Koblenza e Kiel), altri rappresentanti nei Comandi NATO (MARCOM e COMSUBNATO) di Northwood - Regno Unito e Rota (Spagna) e una delegazione presso l’International Submarine Escape and Research Liaison Office (ISMERLO), anch’esso a Northwood. I vostri caratteri distintivi e i vostri punti di forza? Invisibilità, impatto strategico dei sommergibili, alta specializzazione dei professionisti nei mezzi e nei centri di comando e controllo: il personale che impara a gestire rischi e responsabilità è la vera forza portante della Componente. Il valore umano viene coltivato e sostenuto con grande impegno, per gestire al meglio la vita a bordo di un sottomarino. A questo, si aggiunge la trasmissione della passione e della cura per il proprio mezzo. Determinazione, resilienza, curiosità, senso di appartenenza, spirito di squadra, sacrificio, iniziativa, precisione, professionalità, conoscenza, propensione per le sfide: sono tutti tratti che vengono incoraggiati perché “cementano” la squadra e insegnano ad amare i mezzi. Altre doti fondamentali: capacità di adattamento ai luoghi isolati e confinati, dove la responsabilità individuale va a braccetto con la solidarietà per i colleghi. Valori elencati nel nostro decalogo, ripreso recentemente anche in un video realizzato spontaneamente dai nostri equipaggi, per aiutare ad affrontare al meglio la condizione forzata di “cattività” legata al Covid-19. Perché un giovane dovrebbe aspirare a diventare sommergibilista? Tantissimi anni fa, sul finire dell’Accademia navale, mi chiesero di fare una scelta: “scelta” è proprio la parola-chiave che descrive i miei sentimenti all’epoca. Scelsi di essere un sommergibilista, e scelsi così di dare un senso diverso e speciale alla mia vita e alla mia professionalità. La vita nei battelli non è semplice, né comoda, ma è proprio questa consapevolezza di appartenere ad una élite speciale che compie missioni difficili, il sentimento che ispira un giovane a fare questa scelta, a tirare fuori il meglio di sé in una sfida continua: prima di tutto con sé stesso. Ed è ciò che ispirò me. Se avessi di nuovo vent’anni, non avrei dubbi sul mio futuro: farei il sommergibilista. Cosa vede nel futuro dei sommergibilisti? I nuovi sottomarini U212 NFS cambiano radicalmente l’approccio al mondo underN OT I Z I A R I O
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La vita nei battelli non è semplice né comoda ma è proprio questa consapevolezza di appartenere ad una élite speciale e di compiere missioni difficili, il sentimento che ispira un giovane a fare questa scelta, a tirare fuori il meglio di sé in una sfida continua, prima di tutto con sé stesso
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water. Oggi il sottomarino non è più isolato come un tempo e sempre più sarà parte di un sistema ampio, impegnato nel contrasto di nuove minacce verso interessi energetici e commerciali nei fondali o nelle zone esclusive di sfruttamento nazionale (ZEE). I battelli saranno il “centro stella” di una rete ampia e diffusa di sensori, fissi sul fondo o mobili, montati su veicoli subacquei unmanned di sorveglianza della dimensione subacquea. Nodo della rete di comunicazioni e informative militari e civili, saranno sempre più “centrali operative subacquee” di sorveglianza e protezione degli interessi nazionali e internazionali, militari e civili, sopra e sotto la superfice del mare, con una specifica fondamentale caratteristica: l’invisibilità. Tecnologie sempre più spinte rendono i nuovi battelli adeguati ai nuovi scenari strategici. I sommergibili sono i protagonisti della corsa all’innovazione nel dominio subacqueo, una grande opportunità per il Sistema Paese che saprà interpretare le nuove sfide dell’evoluzione dei contesti geopolitici, sempre più interessati all’ambiente sottomarino, dove si giocherà la salvaguardia di molti interessi vitali, per il benessere e la prosperità globale. E a proposito di futuro, auguro il mio più grande “buona caccia” all’ammiraglio Vito Lacerenza, prossimo Comandante dei Sommergibili, a cui lascio il testimone di questi magnifici 4 anni di Comando, in cui ho avuto il privilegio di viaggiare, mano nella mano, con il progresso da un lato e con tanta orgogliosa storia, dall’altro. Lunga vita ai sommergibili!
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L’intervista Incontriamo il capitano di vascello Gianluca Marilli, Comandante della Flottiglia Sommergibili
di Carlo Faggiana
Qual è il ruolo e come si diventa Comandante della Flottiglia Sommergibili (Comflotsom)? Il ruolo principale del comandante è quello di guidare, indirizzare e armonizzare il contributo di tutte le figure professionali di Comflotsom che costituiscono “l’equipaggio” (circa 600 persone) verso un obiettivo comune: garantire che ogni sommergibile esca in mare in piena efficienza tecnica, con un equipaggio preparato, coeso, in grado di esprimere il massimo delle capacità operative - uniche nel panorama delle Forze Armate – secondo le indicazioni strategiche indicate dai vertici operativi e strategici della Marina Militare. Il mio personale impegno, nel pieno spirito della tradizione sommergibilista, è quello di far esprimere a tutti i nostri professionisti, compresi i miei collaboratori diretti, il massimo del proprio potenziale, affinato da formazione, addestramento ed esperienza, stimolandone la crescita e la voglia di mettersi in continuazione alla prova, di fronte a situazioni spesso inaspettate, che è una delle costanti del lavoro di un sommergibilista. Parafrasando un noto successo musicale di qualche anno fa, cerco di fare in modo che ognuno “vada al massimo!” per la realizzazione di obiettivi operativi e strategici che sono dettati, dalle esigenze del nostro Paese, attraverso i vertici di Forza Armata, in una visione più ampia del ruolo di ognuno, all’interno di un contesto istituzionale d’insieme. Che è un po’ la logica/regola d’oro della vita in un sommergibile in operazione: ognuno è importante e vitale per le azioni e per la stessa sopravvivenza degli altri, sotto il coordinamento e la guida del Comandante che ha la responsabilità dell’intera missione. L’iter di carriera del Comandante della Flottiglia passa attraverso tutti gli incarichi previsti a bordo per un Ufficiale dello Stato Maggiore, ossia ufficiale di Rotta, poi Capo Reparto Operazioni, quindi Ufficiale in II ed infine Comandante. Ultimato il periodo di comando ci sono diversi inN OT I Z I A R I O
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carichi all’interno della Componente Subacquea e nell’ambito più generale della Forza Armata, legati alla formazione e gestione del personale. Il Comando della Flottiglia dura in media tre anni, come infatti avvenuto per me che sono al termine del mio periodo e proseguirò il mio percorso nel cuore operativo della Marina Militare, come capo di Stato Maggiore della Componente Sommergibili a Cincnav (comando in Capo della Squadra Navale), a Roma. Ne approfitto dunque per fare il mio migliore in bocca al lupo al mio successore, capitano di vascello Riccardo Rizzotto. Quali sono le origini del Comando Flottiglia Sommergibili? La storia dei sommergibili italiani parte con il primo sommergibile, il “Delfino”, prototipo risalente al 1892, ma i primi sommergibili in linea (classe Glauco) furono costruiti a partire dal 1903. Raggruppati fino al 1915 in 4 squadriglie indipendenti, fu però chiara, fin dall’inizio, l’esigenza di un unico Comando per ottimizzare supporto e impiego dei battelli. Nasce così l’Ispettorato Sommergibili che nel 1925 diventa Divisione Sommergibili, all’interno della 1^ Squadra Navale.
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[...] il mio personale impegno è quello di far esprimere ai miei collaboratori la massima capacità posseduta stimolandone la crescita e la voglia di mettersi sempre alla prova [...]
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Nel 1932 la Divisione diventa nuovamente Ispettorato e, il 28 agosto 1935, Comando dei Sommergibili (Maricosom) con sede a Roma. Dopo la Seconda guerra mondiale, nel 1947, MARICOSOM viene soppresso dal Trattato di Pace di Parigi che stabilì il divieto per la Marina italiana di possedere sommergibili. Ricostituito nel 1952, diventa nel 1959 “Comando Gruppo Sommergibili” e poi nuovamente MARICOSOM nel 1966. Nel 2000, diventa Comforsub (Comando Forze Subacquee), ma nel 2013 è nuovamente Maricosom e accoglie alle sue dipendenze, il neonato Comando Flottiglia Sommergibili. Com’è strutturato il Comando Flottiglia Sommergibili? Il Comando Flottiglia Sommergibili ha sede a Taranto e dispone di due sedi distaccate a La Spezia ed Augusta. Dipende da Maricosom, vertice operativo della Componente Sommergibili, con sede a Roma, alle dipendenze di Cincnav. Nel dettaglio, Comflotsom è responsabile dell’efficienza tecnica dei sommergibili e della capacità operativa degli equipaggi, curandone anche gli aspetti medico-sanitario, amministrativi e logistici. Il Comando Flottiglia è strutturato su 7 articolazioni, ognuna delle quali si occupa di specifici aspetti tecnici: amministrativi, formativi, infrastrutturali, sanitari o connessi alla sicurezza sul lavoro e alla gestione del personale. Un’organizzazione di tipo trasversale in cui convergono, coordinate dal comandante, diverse sinergie professionali di personale civile e militare (sommergibilista e non) per la massima efficienza della capacità subacquea nazionale. Comandante, parlando della Scuola Sommergibili, quanto è fondamentale la formazione e l’addestramento per un equipaggio? In una componente specialistica come la nostra, la capacità di far acquisire ad ogni membro un “tridente capacitivo” è fondamentale, imprescindibile e alla base di ogni successo operativo. Il nostro “tridente” è costituito da: competenza, lavoro
Nella pagina precedente, il capitano di vascello, Gianluca Marilli, Comdante della Flottiglia Sommergibili.
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di squadra e una flessibilità che va dal senso di responsabilità, al senso di appartenenza, fino allo spirito di sacrificio, se necessario. L’equipaggio di un sommergibile svolge missioni complesse in condizioni impegnative. È necessario un clima di stretta collaborazione e fiducia reciproca. Sappiamo bene che la sicurezza e il successo della nostra missione dipendono dalla competenza professionale dell’equipaggio di cui siamo parte integrante e fondamentale. Per un livello elevato di competenza professionale è importante proiettare tutto sé stesso verso un obiettivo di crescita, attraverso una formazione costante che l’organizzazione si impegna a fornire. La Scuola Sommergibili da oltre 80 anni crea le singole competenze professionali che formano un vero equipaggio, attraverso trasmissione di conoscenze tecniche e tanto addestramento, oltre che cercare di tramandare un fondamentale senso di fratellanza e di reciproco sostegno. Qual è il supporto del Comando Flottiglia Sommergibili prima, durante e dopo una missione di un sottomarino? Sicuramente, le fasi preparatorie alla missione sono cruciali: vi sono attività tecniche, logistiche e organizzative che coinvolgono tutto il personale, per verificare e assicurare la piena efficienza del mezzo e della massima capacità operativa, compresa quella dell’equipaggio. Durante la missione, si fornisce ogni possibile supporto o consulenza a fronte di qualsiasi esigenza, assicurando nuovamente attività di verifica e controllo anche quando il battello torna in porto per brevi soste intermedie. Ovunque nel mondo, nel corso dell’intera sosta, il sommergibile troverà diverse figure tecniche e operative di supporto, sia per le attività manutentive o di eventuale riparazione, sia per assicurare le buone condizioni e il ricondizionamento fisico dell’equipaggio, in vista della continuazione della missione. Al rientro dalla missione, il supporto del personale si focalizza principalmente sulle attività tecnico-manutentive ordinarie e straordinarie necessarie, per far tornare il mezzo in piena efficienza, nel più breve tempo possibile. In tutto questo periodo, focalizziamo molto l’attenzione anche sul supporto alle famiglie degli equipaggi in mare, data l’impossibilità di poter comunicare con loro. Per noi sommergibilisti, anche i familiari fanno parte dell’equipaggio e, come tali, vanno seguiti e sostenuti, se necessario.
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Il Comando Flottiglia è strutturato su 7 articolazioni, ognuna delle quali si occupa di specifici aspetti tecnici, amministrativi, formativi, infrastrutturali, sanitari o connessi alla sicurezza sul lavoro ed alla gestione del personale
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Pionieri degli abissi La storia dei sommergibili e dei sommergibilisti: battelli, persone, marinai, scienziati e ingegneri. Tutti hanno “sperimentato” o condotto battaglie, portato conoscenza, esperienza, persino quel pizzico di folle incoscienza, chiamata anche coraggio, che è valso loro il nome di “pionieri del futuro”. Un piccolo percorso nella storia di uomini e macchine degli abissi, per capirne origini, pensiero e gesta.
Il sottomarino S516 Romeo Romei della classe Tang insieme ad altri dodici sottomarini ex USA fu protagonista della rinascita post bellica della Componente sommergibili.
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Delphinis tibi honorem tribuunt! Onori all’ammiraglio Giuseppe “Peppone” Arena, padre dei Sommergibilisti di oggi di Manuel Moreno Minuto e Carlo Faggiana
i sono uomini che hanno scritto pagine di storia, vivendole in prima persona e tramandando quelle dei protagonisti, delle tradizioni e dei valori di chi ha segnato il percorso prima di loro. A questi, appartiene sicuramente l’ammiraglio di squadra Giuseppe Arena, “Peppone” come lo chiamavano i suoi colleghi sommergibilisti, con familiarità, affetto e ammirazione. Figura amatissima, di grande rilievo professionale e umano, a livello nazionale e internazionale, ha trasmesso passione, vitalità, conoscenza, professionalità, motivazione, modernità,
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radici e slancio verso il futuro, alle generazioni di Delfini italiani, dal dopoguerra ad oggi. Venuto a mancare lo scorso aprile, l’ammiraglio Arena vive e vivrà nel cuore e nella storia di chi intraprende questa professione, tanto dura e speciale quanto ricca di soddisfazioni e umanità. Nato nel 1931 a Messina, città di Marina e di sommergibili, primo di quattro figli, inizia a coltivare la sua passione per i mezzi subacquei a soli 9 anni, dopo l’incontro con alcune figure di immenso rilievo storico, Primo Longobardo e Romeo Romei, Medaglie d’Oro al Valor Militare,
veri e propri eroi sommergibilisti della Regia Marina. Li conosce nel 1940, al rientro da una missione del Regio sommergibile Pier Capponi. Un incontro folgorante che determinò le scelte di un’intera vita. Entra in Accademia nel 1947, diventa Guardiamarina e chiede di essere destinato sui sommergibili. Era il momento storico più basso della sto-
L’ammiraglio Giuseppe Arena durante l’incarico di Direttore Corsi Allievi dell’Accademia navale
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ria dei Delfini, a causa del divieto all’Italia post-bellica di avere sottomarini. Fece il primo imbarco sul Giada, uno dei due battelli superstiti della guerra che, insieme al Vortice, fu pietra miliare per la ricostruzione della Componente Sommergibili, di cui l’ammiraglio Arena fu protagonista fondamentale. Dal comando del Vortice, nel 1961, al Calvi, al Tazzoli, al Comando del Secondo Gruppo Sommergibili di Augusta, fino a MARICOSOM nel 1985 da contrammiraglio, diede nuova vita a questa branca della Marina Militare, a rischio di estinzione negli anni ’50. Tra i ricordi più belli, la grande “avventura”, con i due ufficiali del Genio Navale, Rio Corazzi e Duilio Ranieri, della rinascita della formazione dei sommergibilisti, con la Scuola Sommergibilisti di Taranto, che porta ora il nome del primo e la cui conduzione fu affidata per circa un decennio, al secondo, che ne era anche fraterno amico. Così ricordava quei giorni, l’ammiraglio Arena, “quelle lezioni per gli allievi di tirocinio, dopo l’orario di lavoro, in una bettolina arroventata dai raggi solari”, che impostarono le basi di un vigoroso percorso di crescita professionale, culturale e umana degli allievi che in quegli anni vedevano nascere i sottomarini classe Sauro. Amava fare grandi cose e farle in grande. Le sue “imprese” spaziavano dall’ambiente operativo all’Accademia navale, dove negli anni ’70 fu Direttore dei Corsi Allievi. Lì, selezionò una classe di giovani ufficiali sommergibilisti che realizzarono grandi progetti per la Marina e fecero compiere alla Componente un enorme salto di qualità, ancora tangibile con i sottomarini classe U212A e gli avveniristici U212 NFS, frutto di una dirigenza lungimirante, battagliera e coesa nata sui banchi dell’Accademia in quegli anni. La figura dell’ammiraglio Arena non si può descrivere, però, nella sua interezza senza citare le innumerevoli attività svolte con l’Associazione Nazionale Marinai d’Italia, con la Componente e con la collettività civile, dopo la fine del servizio attivo. Nella sua straordinaria traiettoria di vita “da pensionato” è stato protagonista, per oltre trent’anni, di attività culturali e di divulgazione senza sosta, in Italia e all’estero, in migliaia di eventi, cerimonie, conferenze e congressi, in cui testimoniava, con instancabile energia, autorevolezza e “fede”, che è necessario “raccontare per continuare a tramandare e custodire le an-
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tiche tradizioni dei sommergibilisti”. È bello ricordarlo nei tanti momenti di lustro che lo hanno visto al centro del Centenario dei Sommergibili nel 1990, con il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga ed il 38° Raduno Internazionale dei sommergibilisti a Taranto, nel 2001. Il nostro decano, uomo fiero, colto e profondo trovava sempre nei giovani quella linfa vitale che lo ha conservato lucido e operoso fino all’ultimo istante. La sua semplicità ed umiltà nel raccontare le vicende dei sommergibili, in pace ed in guerra, sottolineando di non essere “né un professore né un conferenziere ma un semplice custode di antiche tradizioni”, rendevano il suo stile efficace e mai retorico. La sua voce e le sue idee sono stampate, indelebili, nella testa e nel cuore di migliaia di adolescenti e giovani adulti. Non esiste oggi sommergibilista che non custodisca il ricordo della “conferenza di storia dell’ammiraglio”, tappa obbligata di ogni tirocinio, seguita dalla visita alla “Sala Storica”, sancta sanctorum dei sommergibilisti. Nata nel 2005, su iniziativa di Arena e di Ranieri, raccoglie centinaia di testimonianze della storia di sommergibili ed equipaggi. Racconta un ambiente di straordinario fascino e
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sacrificio, ma anche di inventiva e passione di migliaia di Marinai degli abissi, dal 1890, ad oggi. Così lo descriveva l’ammiraglio: “L’equipaggio di un sommergibile è un microcosmo unico e irripetibile. Le inusuali, disagiate condizioni ambientali e le specifiche caratteristiche operative del mezzo richiedono a tutti, indistintamente, grande disciplina, preparazione, spirito di sacrificio, alto senso di responsabilità, capacità di adattamento, rispetto reciproco. Un mondo certamente straordinario che muove e opera nel segno più alto della religione del dovere”. Stella polare per i sommergibilisti di ieri e di oggi, l’ammiraglio Arena sarà di certo ricordato per la sua instancabile operosità, la sua passione e grinta mai domata. Ma quello che ci lascia è soprattutto l’indelebile traccia del suo esempio di vita.
Il presidente Francesco Cossiga partecipa ai festeggimaenti a Taranto del Centenario dei Sommergibili nel 1990, ripreso mentre saluta l’ammiraglio Giuseppe Arena
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Da Leonardo da Vinci a Nazario Sauro Tracce di storia tra Rinascimento e modernità di Manuel Moreno Minuto
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questo non pubblico o divolgo per le male nature delli omini, li quali userbono le assassinamenti nel fondo de’ mari col rompere i navili in fondo e sommergeli insieme colli omini che vi son dentro”. Leonardo da Vinci così scriveva in una nota del Codice Atlantico negando ai contemporanei, ma anche ai posteri la possibilità di costruire ed impiegare macchine sottomarine. L’incursione leonardesca nel mondo subacqueo avviene alla fine del 1500 dopo un lunghissimo periodo di oblio tecnico interrotto da pochi sporadici scritti di Roberto Valturio – De
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Res Militari – e Guido da Vigevano nel De Motu Animalium. La necessità di esplorare la porzione più nascosta del mare è però molto più antica e si dovrebbe far risalire ad Alessandro Magno all’assedio di Tiro nel 332 a.C., quando secondo la tradizione l’Imperatore utilizzò una primitiva macchina subacquea. Mito e realtà della subacquea si incrociano diverse volte nei secoli ed una certezza è rappresentata dal corpo degli urinatores – primitivi palombari – che in epoca romana supportavano l’attività portuale. Il lento svilluppo di materiali e tecnologie adatte al mondo
La Spezia, 3 ottobre 1915.Linea di costruzione dei sommergibili “tascabili” classe A della Regia Marina.
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sommerso ha reso molto labile il confine tra l’uomo che affronta gli abissi e le macchine sottomarine. Fino alla prima metà del 1800 le macchine subacquee erano tutte a propulsione umana, compresa il celebre American Turtle impiegato nella guerra d’indipendenza contro l’Inghilterra. Il sottomarino a cavallo tra il 1600 ed il 1700 comincia ad essere individuato come un mezzo per risolvere a proprio favore situazioni di svantaggio. Una sorta di Davide contro il Golia delle grandi potenze navali. Nel 1669 il veneziano Cesare Ianise presentò al Doge della Serenissima un progetto di una barca per navigare sott’acqua e liberare dalla presenza turca il porto di Candia (Creta). La cosa si risolse in termini più prosaici e di questo tentativo di primo battello italiano purtroppo si persero le tracce. Un secolo più tardi – 1801 – anche il livornese Giovanni Antonio Ciaschi propose un suo progetto di sommergibile con i cannoni andato perduto e mai realizzato. La storia del sommergibilismo tricolore inizia però circa un trentennio dopo l’Unità d’Italia e la nascita della Regia Marina. Nel 1890 in
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un capannone dell’Arsenale Militare di La spezia, e al riparo da occhi indiscreti, un piccolissimo gruppo di ingegneri e tecnici – guidati da Giacinto Pullino – iniziò la costruzione del Delfino, un piccolo, ma rivoluzionario sottomarino concepito quale reazione allo strapotere navale francese. Il battello rimase in servizio fino a tutta la Prima guerra mondiale accompagnando la nascita di battelli sempre più moderni frutto dell’inventiva di Cesare Laurenti, a cui si affiancarono negli anni ’20 e ’30 Virginio Cavallini e Curio Bernardis. Questo è il periodo di maggiore slancio ed operosità della navalmeccanica italiana che realizzò oltre 170 sommergibili per l’Italia ed alcune decine per l’estero. Dopo la guerra la ricostruzione fu lenta e difficile e l’impronta italiana nella storia dei sommergibili riprende vita con la Classe Enrico Toti degli anni ’60, seguita negli anni ’80 dal progetto Nazario Sauro. Purtroppo, della flotta sottomarina del secolo scorso sono rimaste poche e flebili tracce - gelosamente custodite dalla Marina nei suoi Musei e Sale Storiche - invece le unità più recenti hanno acquisito nuova vita grazie ad
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una attenta musealizzazione che le hanno trasformate in piccoli poli turistici. Buon viaggio allora attraverso il patrimonio sommergibilistico del nostro Paese!
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Dopo la guerra la ricostruzione fu lenta e difficile e l’impronta italiana nella storia dei sommergibili riprende vita con la Classe Enrico Toti degli anni ’60, seguita negli anni ’80 dal progetto Nazario Sauro
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La Spezia, nel 1915. Regio sommergibile in costruzione.
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I sommergibili musealizzati “Dite: guerra per mare, e il pubblico pensa subito a battaglie tra corazzate, a spedizioni fulminee, siluramenti audaci, duelli a viso aperto. Queste invece si possono dire eccezioni. Dino Buzzanti. di Desirèe Tommaselli entinelle silenziose e armi insidiose, i sommergibili hanno rivoluzionato le strategie belliche e, al contempo, hanno realizzato l’antico sogno dell’uomo di restare e navigare sott’acqua per lungo tempo. Il sommergibile stimola da sempre l’inventiva e la fantasia di scrittori, sceneggiatori e cineasti, da “20.000 leghe sotto i mari” a “Caccia a ottobre rosso”, fino al recente film “Greyhound”. Non meraviglia, quindi, il successo che riscuotono quotidianamente, e senza flessioni, i battelli Toti e Sauro, donati dalla Marina rispettivamente al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano e al Museo Galata di Genova per essere musealizzati. Un’operazione, quella del recupero con finalità museali di interi battelli subacquei radiati, che in Italia ha avuto come primo esempio il sommergibile tascabile C.B. del Museo Henriquez della Guerra per la Pace di Trieste, seguito poi dal sommergibile Dandolo, collocato per volontà della Marina Militare su uno degli
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scali dell’Arsenale di Venezia nel 2002 e reso accessibile nel 2019. Di queste 4 unità, il Sauro è il primo ed unico ad essere musealizzato in acqua in Italia, nonché tra i pochi al mondo. Esso continua a vivere nel suo elemento naturale, l’acqua salata, offrendo al pubblico l’emozione di una visita immersiva e molto veritiera, anticipata nelle sale del Preshow al terzo piano del museo. Qui, infatti, non solo il visitatore viene introdotto alla storia della sommergibilismo, ma anche al complesso funzionamento del battello attraverso l’esperienza. L’uso del periscopio e dell’idrofono, la guida del sottomarino e il tour virtuale, infatti, preparano il visitatore del museo alla fisica “discesa” nel ventre del sommergibile. Una musealizzazione - quella del Sauro che è passata anche per l’Arsenale della Marina Militare a Taranto dove sono stati “ripresi” i rumori di bordo dei sommergibili gemelli del Sauro. La visita al battello consiste in una vera
immersione tra i rumori dell’equipaggio, delle macchine, dei motori diesel quando si è a quota snorkel nonché tra quelli della camera di comando grazie a tutti i dialoghi che sono stati ricostruiti dal personale della Marina per garantire il massimo grado di fedeltà. Ma quello che è rimasto impresso nella memoria degli italiani, e dei milanesi in particolare, è senza dubbio lo straordinario viaggio attraverso la penisola compiuto dal Toti. All’atto della donazione, nel 2001, il sommergibile era ad Augusta, da dove partì per risalire l’Adriatico e giungere a Chioggia, dove iniziò la navigazione del Po fino a Cremona. Da qui, dove finivano i canali, il Toti non poteva che proseguire via terra. Per volontà
Milano, Museo della Scienza. Una bambina vista il sommergibile Enrico Toti.
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dei vertici della Marina Militare fu pianificata l’impresa che necessitava di tutta una serie di accorgimenti e interventi, resi possibili grazie alla sinergia e al sostegno (anche economico) delle industrie italiane e alla collaborazione con il Politecnico di Milano che svolse gli studi tecnici sul percorso. Il Toti, infatti, avrebbe dovuto raggiungere il centro della città, passando sulle strade di origine romana e sopra il sistema della metropolitana e delle condutture. Pertanto, si individuò il percorso più idoneo e furono costruiti anche speciali ponti che scaricassero il peso alle estremità della strada invece che al centro. L’8 agosto 2005 ebbe inizio lo straordinario viaggio del sommergibile attraverso la Pianura Padana. Appoggiato su uno speciale carrello da 250 ruote, fu trasportato per le campagne fino a Milano. Il 14 agosto alle 7:00 del mattino furono spenti i motori dello speciale camion che aveva portato il sottomarino al museo; quella notte di metà agosto una folla inaspettata di persone accorse in strada ad attendere il passaggio del Toti. Il battello in secco girò tra i palazzi milanesi, arrivando a distare con la sua prora anche solo un metro e mezzo dai balconi. Il “grande cetaceo d’acciaio” giunse a destinazione, “totalizzando un percorso netto”. Altrettanto ingegnoso dovette sembrare, nel 1928, anche il trasferimento della torretta
del sommergibile Provana a Torino; l’occasione fu rappresentata dall’Esposizione per il X Anniversario della Vittoria del primo conflitto mondiale, esposizione alla quale la Regia Marina partecipò con una mostra curata dall’Ufficio Storico, allora diretto dal capitano di vascello Guido Po. Il padiglione della Marina presentava “cimeli della Vittoria navale” non solo al suo interno, ma anche all’esterno dove furono allestiti un treno armato, una stazione radiotelegrafica e la torretta del Provana; questa, proveniente da La Spezia, fu posizionata su un treno e trasferita a Torino via ferrovia. Dalla stazione di questa città raggiunse il padiglione della Marina attraverso tronconi di rotaie provvisorie che venivano spostate dopo il transito. La porzione del Provana, smontata nell’Arsenale della Spezia delle casse esterne di zavorra e della torretta con periscopio, una volta giunta a destinazione fu rimontata e interrata all’ingresso del padiglione della Mostra della Marina, così da dare l’impressione di “sorgere dai flutti”. Davanti al Provana furono collocate le ancore delle corazzate austroungariche Teghettoff e Viribus Unitis, posizionate poi, nel giugno 1929, davanti alla facciata di Palazzo Marina a Roma. La torretta di comando col suo periscopio e l’alloggio del comandante (uno spazio di 2 mq) costituirono una vera e propria attrazione per i visitatori
della mostra di allora. Trasferita presso la sede dell’ANMI di Torino nel 1933, la torretta del Provana è il primo caso italiano di musealizzazione - sebbene parziale - di un sommergibile, nonché l’unico battello italiano risalente alla Prima guerra mondiale che sia giunto parzialmente fino a noi (oltre al Medusa, la cui solo porzione di prora è custodita nel Museo Storico Navale di Venezia). Al contempo è anche monumento ai caduti del mare, aspetto non secondario che ben esemplifica il processo di sacralizzazione cui vengono tradizionalmente sottoposti i cimeli nei Musei e nelle Sale Storiche delle Forze Armate. Il patrimonio di memorie legate alla storia dei sommergibili italiani non si esaurisce nei casi citati; esiste, infatti, una miriade di oggetti conservati tra la Sala Storica del comando Flottiglia Sommergibili presso l’Arsenale della Marina Militare di Taranto, il museo Storico Navale diVenezia, il Museo Tecnico Navale della Spezia, ma anche nel Palazzo Marina a Roma e nel Sacrario delle Bandiere a Roma, nonché nelle diverse Sale Storiche della Forza Armata. Un patrimonio, questo, diffuso sul territorio nazionale e spesso “frammentato” in forza del valore sacrale ed evocativo riconosciuto agli oggetti. Parti recuperate dal glorioso sommergibile Scirè, ad esempio, sono state assegnate al Sacrario delle Bandiere, ai due musei della Forza Armata e a Palazzo Marina. Ognuno di questi luoghi custodisce un frammento di quel battello per conservarne e perpetrarne la memoria, per tramandare e comunicare attraverso di esso la storia e i valori della Marina.All’origine della “frammentazione” dei materiali ci sono ragioni di ingombro o di impossibilità di un totale recupero; per cui delle unità navali è possibile conservare principalmente solo alcuni selezionati elementi. Ma nella “diffusione” dei diversi frammenti presso diversi Comandi e Istituti si possono, invece, riconoscere motivazioni ideali. Gli oggetti vengono infatti prelevati e distribuiti come vere e proprie reliquie, e come tali offerti alla contemplazione del visitatore, esaltandone il forte valore evocativo e “totemico”. Questo trattamento riservato agli oggetti storici è frutto di una scelta precisa che rappresenta uno degli elementi caratteristici della tradizionale museologia militare, differenziandola da quella della guerra sensu lato.
Genova, museo del Mare Galata. Sommergibile Nazario Sauro in esposizione, visitabile anche all’interno. N OT I Z I A R I O
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Tra sacro e profano Storie, miti, misteri, leggende, fede, scienza e superstizione: non vi è mondo straordinario che non abbia narrazioni avvincenti in cui i fatti della storia si mescolano ad aneddoti suggestivi. Di generazione in generazione, di equipaggio in equipaggio, di battello in battello, alcune eroiche, altre cameratesche, spirituali o al confine con l’inspiegabile, altre raccontate al cinema: sono solo alcune, ma sono “ordinarie storie fantastiche” di sommergibilisti.
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Filippo Beltrame-Quattrocchi: sommergibilista e figlio di Santi Un sacerdote al servizio della Regia Marina
di Manuel Moreno Minuto
l 21 ottobre del 2001 Papa Giovanni Paolo II beatificava in San Pietro, in occasione della Giornata della Famiglia, Luigi Beltrame-Quattrocchi e Maria Luisa Corsini prima coppia di coniugi “Santi” nella millenaria storia della Chiesa. Un evento, ed una scelta, fuori dal comune che il Santo Padre intendeva indicare quale esempio di santità nella “normalità” di una vita laica, ma vissuta nell’amore per la Chiesa. Una famiglia che attraversò la fase più complessa del Novecento in maniera del tutto speciale - furono i fondatori dello scoutismo italiano - ed i cui quattro figli mostrarono coraggio ed umanità uniche. La sala storica della Scuola Sommergibili di Taranto serba un prezioso ricordo di Filippo primogenito e “marinaio” della famiglia. Nato a Roma il 15 ottobre 1906, a 15 anni, manifestò la propria vocazione entrando in seminario alla fine della maturità liceale nel 1924 presso il Collegio Capranica di Roma. Nel 1928 si trasferì insieme al fratello Cesare al monastero Benedettino di San Giovanni Evangelista, dove fu consacrato sacerdote il 21 dicembre 1930 con il nome di Don Tarcisio, abbreviato familiarmente in “Don Tar”. La guerra colse Filippo nell’incarico di cappellano militare della Regia Marina e la sua prima destinazione fu il 4° Gruppo Sommergibili di Taranto dove, a fronte di un breve periodo di servizio, il suo vigoroso spirito apostolico lasciò un segno concreto tuttora visibile e ben conservato. Si tratta di una preziosa immagine votiva in legno della Vergine Maria appartenente
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Nato a Roma il 15 ottobre 1906, a 15 anni, manifestò la propria vocazione entrando in seminario alla fine della maturità liceale nel 1924 presso il Collegio Capranica di Roma
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a una serie ordinata da Don Tar per gli equipaggi dei sommergibili del 4° Gruppo che all’inizio del conflitto era costituito da sei squadriglie, (18 unità, tra le quali spiccano alcuni nomi celebri come Ambra, Bagnolini, Settembrini e Zoea). Un gesto con cui Don Tar affidava quei marinai coraggiosi alla protezione della Vergine, lo stesso segno di devozione compiuto dalla mamma Maria Corsini alla partenza dei suoi figli per il fronte. Don Tar ricorda: “Nel periodo della guerra è stata evidente la protezione della Madonna del Divino Amore, alla quale mia mamma aveva consacrato con voto, mio fratello e me. I siluri e le bombe che colpirono le navi sulle quali ero imbarcato come cappellano mi lasciarono sempre incolume”. La madonnina “superstite” (le altre si persero seguendo la sorte dei sommergibili) venne donata da Don Tar nel settembre 1981 al Comandante dei sommergibili, l’ammiraglio Turi. Nel 2010 l’ammiraglio Turi, di comune accordo con il Presidente dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia (ANMI), ammiraglio Paolo Pagnottella, dispose la definitiva collocazione dell’immagine Votiva, presso la sala cimeli, dove oggi impreziosisce la raccolta di numerose testimonianze del periodo bellico.
Nella pagina precedente, in alto a sinistra i Santi Luigi Belgtrame Quattrocchi e Maria Luisa Corsini, genitori di padre Beltrame; accanto la lettera della consegna alla Flottiglia Sommergibili dell’ultima “Madonnina” ; in basso padre Beltrame riceve la Croce di Guerra al Valore. In questa pagina, in alto l’immagine della Madonnina consegnata da padre Belrtrame e ancora oggi custodita presso la sala cimeli del Comando Flottiglia Sommergibili; in basso padre Beltrame a bordo del Regio sommergibile Atropo.
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In alto la medaglia di Bronzo al Valor di Marina concessa a padre Carlo Messori Roncaglia. Sopra i gradi di padre Roncaglia e la tessera personale. A seguire padre Roncaglia a bordo del Regio Sommergibile Archimede. Nella pagina successiva in alto Padre Messori a bordo dell’Archimede; in basso celebra una messa con i sommergibilisti del dopo-guerra. N OT I Z I A R I O
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Il Gesuita dell’Atlantico Guerra e spiritualità negli abissi. di Manuel Moreno Minuto
a storia del gesuita Padre Carlo Messori Roncaglia, cappellano militare della Regia Marina rappresenta uno dei migliori esempi in cui spirito ecumenico e pragmatismo si fondono in unica splendida figura. Allo scoppio del conflitto nel 1940 Padre Carlo viene destinato quale cappellano militare presso Dipartimento del Basso Tirreno con sede a Napoli, ma il rapido susseguirsi degli eventi bellici lo videro offrirsi quale volontario per la Base Sommergibili di Bordeaux che ospitava ben 26 sommergibili provenienti dall’Italia attraverso il pericoloso passaggio di Gibilterra. Le strutture furono allestite solo nel corso del 1940 ed è in questo periodo di grande operosità Padre Messori - nominato cappellano militare - si adopera per il benessere materiale del suo “gregge” senza dimenticarne le esigenze spirituali. Una vivida testimonianza si ritrova nelle pagine di “Vedetta Atlantica” pubblicata dal 6 novembre 1941 al 1 dicembre 1942, e che oggi dopo quasi 80 anni ci permette di cogliere la popolarità di Padre Messori (era vittima di ironia per la sua freddolosità) e la rilevanza del suo messaggio religioso sottolineato dalla rubrica “Orizzonti d’Anima”. La “pietas” del cappellano si mostrò in tutta la sua forza sia a terra, ma anche a bordo in missione di guerra: un caso unico tra il clero militare. Nei quasi tre anni di ministero il Padre effettuò infatti numerosi temporanei imbarchi, celebrando in occasione di una “uscita di prova” di un sommergibile la messa più profonda della Chiesa Cattolica, pare, ad oltre cento metri di profondità. La sua più grande prova di coraggio e dedizione è tuttavia da considerarsi la lunga missione di guerra a bordo del Regio sommergibile Archimede che ebbe luogo tra settembre e novembre 1942 al largo delle coste dell’Africa e del Brasile. Una missione magistralmente narrata nel suo diario di bordo scritto sul retro dei moduli impiegati dalla Regia Marina per la compilazione dei messaggi telegrafici. Una circostanza talmente inconsueta che fu celebrata anche da una famosa tavola di Walter Molino - gennaio 1943 - pubbli-
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Allo scoppio del conflitto nel 1940 Padre Carlo viene destinato quale cappellano militare presso Dipartimento del Basso Tirreno con sede a Napoli, ma il rapido susseguirsi degli eventi bellici lo videro offrirsi quale volontario per la Base Sommergibili di Bordeaux che ospitava ben 26 sommergibili provenienti dall’Italia attraverso il pericoloso passaggio di Gibilterra
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cata dalla “Domenica del Corriere”. Questo diario è conservato insieme ad altre memorabilia di Padre Carlo presso la Sala Storica della Scuola Sommergibili.Tra i cimeli custoditi dal Comando Flottiglia di Sommergibili, due meritano una particolare menzione: la “Madonnina di Betasom” ed il “Calice”. Entrambi gli oggetti religiosi erano impiegati da Padre Carlo nel corso delle celebrazioni eucaristiche. Il calice un simbolico Sagro Graal - è scomponibile in tre pezzi (per un agevole impiego a bordo) e reca incisi i nomi dei 32 sommergibili avvicendatisi a Bordeaux. Altra storia “avventurosa” riguarda la Madonnina chiamata da Padre Messori “Santa Maria dei Sommergibilisti”. La scultura, opera dello spagnolo Gracie Serraz, reca incisa alla base la scritta “La Sainte Vierge” e venne acquistata con le offerte degli equipaggi della base. Dopo la guerra la Madonnina venne requisita dai francesi e collocata presso la “Casa del Soldato” di Bordeaux. La scultura venne fortunosamente recuperata da Don Aldo Negri dopo la guerra e custodita per oltre un quarantennio fino al suo rientro il 2 giugno del 1985 presso la base di Taranto. Dopo l’Armistizio le vicende del gesuita dell’Atlantico conoscono un’improvvisa svolta, con la nomina a cappellano del comando militare Volontari della Libertà e la partecipazione alla Resistenza con il nome di battaglia di “Asso di Picche”. Per tutto il dopoguerra, nonostante i numerosi impegni apostolici, Padre Carlo non perse il contatto con il mondo dei sommergibili rimanendo un punto di riferimento spirituale per le nuove generazioni ed i veterani dell’Atlantico. Un legame indissolubile tra il gesuita ed i Marinai degli Abissi celebrata da una sua dedica apposta sul Libro d’Oro dei Sommergibilisti custodito nella Cappella del Comando Flottiglia Sommergibili:“Li ho visti sorridere nella freschezza della loro giovane età. Li ho visti pensosi nell’affrontare l’impegno di eroismo. Li vedo nella gloria di Dio che premia chi si immola per gli altri nell’amore. Dalle loro mani le generazioni nuove di marinai ricevano la fiaccola della luce d’Italia che non si deve estinguere”.
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Musei, cimeli e monumenti
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Sala Cimeli Comando Flottiglia Sommergibili Elica Regio Sommergibile Scirè Torretta Regio Sommergibile Cagni Piazza Ammiraglio Cattolica,1 Taranto comflotsom@marina.difesa.it
Sommergibile Enrico Dandolo (in foto) Museo Storico Navale Riva S. Biasio, Castello 2148 Venezia www.marina.difesa.it
Paratia Stagna Regio Sommergibile Calvi Visita gratuita Strada provinciale 358 Marina Serra - Tricase Lecce
Regio Sommergibile Andrea Provana Sede Associazione Marinai d’Italia Viale Marinai d'Italia n. 1 Torino cerimoniale@marinaiditalia.com
Mitragliera Regio Sommergibile Scirè Fortezza di Santa Barbara Piazza della Resistenza Pistoia Informazioni: Tel. 0573.242.12
Sommergibile Nazario Sauro Galata Museo del Mare Ingresso a pagamento Calata De Mari 1 Genova www.galatamuseodelmare.it
Cimeli Regio Sommergibile Jalea Sacrario Militare di Re di Puglia Via III° Armata Fogliano Redipuglia Gorizia www.sacrarioredipuglia.it
Museo Tecnico Navale La Spezia Viale Giovanni Amendola, 1 La Spezia Biglietteria 0187. 784.763 marinanord.mtn@marina.difesa.it
Resti Equipaggio Regio Sommergibile Scirè Sacrario di Oltremare Via G. Gentile, 3 Bari Informazioni: Tel. 080.553.0330 www.difesa.it
Sommergibile Enrico Toti Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci Ingresso a pagamento Via San Vittore, 21 Milano www.museoscienza.org
Torretta Regio Sommergibile R12 Visita gratuita Lungomare Giovanni Caboto Gaeta
Lamiera Sommergibile Scirè Visita gratuita Porta Spagnola Augusta
Periscopio Sommergibile Bagnolini Museo Civico Navale Piazza Mazzini, 1 Carmagnola - Torino musei@comune.carmagnola.to.it
Fondazione Fincantieri Archivio Storico del Muggiano Viale S. Bartolomeo, 446 Muggiano - La Spezia fondazione.fincantieri@fincantieri.it
Porzione Sommergibile Scirè Sacrario delle Bandiere Via dei Fori Imperiali - Roma Informazioni: Tel. 06.473.550.02 www.vittoriano.beniculturali.it
Regio Sommergibile CB21 Museo Diego de Henriquez Via del Cumano, 22 Trieste www.museodiegodehenriquez.it
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Immagini tratte dalle operazioni di salvataggio del sottomarino Pacocha. Nella pagina accanto, in alto il tenente di vascello Luis Cotrina; in basso l’immagine di Suor Maria Petković.
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Il miracolo del sottomarino Pacocha Avvenimenti prodigiosi nel porto di Callao in Perù di Dario Giacomin
l 26 agosto 1988 il sommergibile peruviano Pacocha, classe Balao/Guppy IA del 1943, rientra in porto a Callao - Perù. Deve attraccare, i portelli sono aperti. Una baleniera giapponese lo sperona a poppa. Imbarca un’enorme quantità di acqua, si inclina verso il fondo. Il comandante e due marinai muoiono schiacciati dalle paratie. Il comandante in seconda, tenente di vascello Luìs Cotrina, ordina l’evacuazione dal portello di prua. Riescono ad uscire alcuni membri dell’equipaggio. In brevissimo tempo l’acqua ricopre interamente il battello, il portello non si chiude: l’urto ha spostato le leve di chiusura dagli alloggiamenti. L’acqua entra sempre più violenta per la pressione dell’inabissamento. Cotrina si è ferito in camera lancio prodiera mentre cercava di far uscire i marinai. “Non riuscivo a respirare, pensai a suor Maria Petković e pregai molto. All’improvviso vidi una luce intensa» testimonia poi alle commissioni militari e ai processi ecclesiastici a cui è convocato, “al centro, il volto sorridente di suor Maria di Gesù Crocifisso”.
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L’acqua entra sempre più violenta per la pressione dell’inabissamento. Cotrina si è ferito in Camera Lancio prodiera mentre cercava di far uscire i marinai. “Non riuscivo a respirare, pensai a suor Maria Petković e pregai molto.
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Nata in Croazia nel 1892 e morta a Roma nel 1966, è stata fondatrice delle Figlie della Misericordia ed era in corso di beatificazione. Cotrina aveva ricevuto la sua biografia in un ricovero all’ospedale di Lima, dalle suore infermiere. Guardando la luce, si sente investito di una forza sovrumana, si arrampica sulla scaletta contro la forza dell’acqua e chiude il portello. Il battello è inclinato decine di gradi, ad oltre venti metri di profondità. Si scongiura l’allagamento completo, l’equipaggio resta in vita per alcuni giorni, poi arrivano i soccorsi e la fuoriuscita. Quattordici anni dopo, la Congregazione per i santi del Vaticano vuole una commissione tecnica per valutare: è miracolo o le leggi della fisica spiegano l’accaduto? E chi meglio dei sommergibilisti della Marina italiana? Cinque gli ufficiali scelti: Dario Giacomin, Fabio Barberini, Emilio D’Eramo, Massimo Santini, Luigi De Benedictis. Leggono le carte, studiano eventi, dati e numeri: la pressione esercitata dall’acqua sul portello è di almeno cinque tonnellate, compensata per una tonnellata dalla pressione interna. Cotrina, sollevando il portello, vince una spinta di quattro tonnellate per far rientrare i ganci di chiusura al loro posto. E con l’altra mano si tiene ad una maniglia contro la violenza dell’acqua. È ferito e sanguina. I massimi campioni di sollevamento pesi staccano dal suolo poco più di 450 chili. Ma sotto il porto di Callao il portello viene sollevato, i ganci rientrano e la falla si chiude. Un miracolo o un fatto rarissimo, ma spiegabile con l’istinto vitale che può portare a prestazioni straordinarie? I sommergibilisti italiani discutono tutte le possibili spiegazioni, si decreta che il sollevamento di 4.000 chili, per diversi centimetri e qualche minuto, con un braccio solo, sia da considerarsi un evento talmente eccezionale da considerarlo un vero miracolo. Suor Maria viene beatificata a Dubrovnik, per mano di Giovanni Paolo II, il 6 giugno del 2003.
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Testo di Giovanna Scotton. Ricerche storiche a cura di Dario Giacomin e Alberto Tarabotto
a storia del Reparto sommergibili dello Stato Maggiore Marina è anche una storia di traslochi… tanti anni fa, prima del 1987, esisteva solo un piccolo nucleo, un ufficio, che dipendeva dal Reparto SAM (Studi Armi e Mezzi). Quando la Marina decise che per il progresso della sua Componente subacquea era necessario un elemento centrale che si occupasse di tutti gli aspetti dei sommergibili (mezzi, personale, sicurezza, dottrina, ecc.), l’ufficio assunse una propria autonomia. Si cercò un posto per il neocostituito Ufficio sommergibili. A disposizione c’erano solo stanzine piccole e “tarpate”. Andarono bene lo stesso. Qual-
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che anno dopo, però, l’Ufficio diventò Reparto e fu spostato: un piano sotto. A disposizione, sempre stanzine, roba da murati vivi, di vedere il sole non se ne parlava proprio, “nella più classica tradizione dei sommergibilisti”, osservò più di uno, con sense of humor e capacità di adattamento. Nel 2017 però, con il trasferimento di NAVARM da Palazzo Marina a Centocelle, il Reparto, con un fortunato “colpo di mano del venerdì pomeriggio”, conquistò un bell’angolo del quinto piano, vista nientemeno che sul biondo Tevere! Stanze belle, luminose e, quasi impensabile prima, una bella sala riunioni, battezzata “Sala Delfino”. Qualcuno parlò di “azione pirate-
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sca”, ma null’altro fu che una paziente attesa ricompensata da una logistica adeguata. E questa è storia, nessun mistero. Il giallo riguarda invece qualcosa che ha a che fare con “un’azione piratesca”, ma solo nella sua veste più simbolica: una bandiera dei pirati, un cimelio, che il comandante Tarabotto ricordava di aver visto anni prima al Museo Navale di La Spezia, recuperata dietro un muro (fortunatamente di cartongesso) durante una ristrutturazione del museo e gentilmente “affidata” al Reparto, di cui è diventata preziosa reliquia e sigillo della Sala Delfino e dei sommergibilisti, insieme al simbolo del Delfino stesso. La sua origine e la strada
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Se le bandiere potessero parlare… Il mistero del Jolly Roger e del Regio sommergibile Marconi
Nella pagina precedente foto dell’equipaggio del Regio sommergibile Marconi in porto a Napoli. In alto la bandiera Jolly Roger, esposta nella Sala Delfino dello Stato Maggiore Marina.
che percorse per arrivare al Museo restano un mistero, attorno a cui vi sono solo ipotesi, più o meno accreditate. La bandiera infatti è accompagnata da un documento, in possesso del Museo, che ne certifica la consegna, il 5 marzo 1972, da parte dell’ammiraglio Giulio Chialamberto, comandante del Regio sommergibile Marconi in guerra. Questa la didascalia: “GAGLIARDETTO Appartenuto al Regio sommergibile Marconi, in stamigna nera da bandiere con in bianco un teschio su ombrello (Chamberlain?) e siluro incrociati e sormontati da un cappello a cilindro (Churchill?). Approntato durante la missione di guerra in Atlantico dell'ot-
tobre-novembre 1940. Reca un fregio, costituito da 3 pezzi di comando con tanti nodi (77) quante furono, secondo il compilatore del fregio, le bombe lanciate dal nemico contro il Marconi”. Una foto però (anch’essa esposta in Sala Delfino) la ritrae nelle mani di alcuni ufficiali sorridenti e baldanzosi, scattata in un porto italiano che sembra essere il Molo San Vincenzo a Napoli. Sicuramente quindi, è di prima del 6 settembre 1940, giorno in cui il Marconi salpò proprio da lì, alla volta dell’Atlantico, dove condusse operazioni di guerra, ma da cui non fece più ritorno. A differenza di quanto riportato nel documento, la bandiera non sembra dunque approntata “durante la missione di guerra in Atlantico dell'ottobre-novembre 1940”, ma “durante la sua prima – ed unica - missione in Mediterraneo, condotta dal 1 al 13 luglio 1940, nelle acque comprese tra il parallelo di Alboran e la costa spagnola”, al comando del capitano di corvetta Giulio Chialamberto, come recita il sito web della Marina Militare anche in questo passaggio: ”La sera del 2 luglio, alle ore 23.30 circa avvistò, stando in superficie, una formazione britannica composta da sei cacciatorpediniere, diretta a levante, contro la quale lanciò, dalla distanza di 1000 metri, due siluri, uno dei quali danneggiò il cacciatorpediniere Vortigern. Sottoposto a caccia, il Marconi
si disimpegnò senza subire danni. L'11 luglio, alle ore 03.00 circa, avvistò una sezione di due unità leggere, contro la quale iniziò la manovra d'attacco. Lanciò contro la prima unità della formazione, disimpegnandosi subito in immersione per non venire speronato dal secondo cacciatorpediniere e subendo poi violenta caccia che non provocò danni gravi. L'unità colpita e affondata era il cacciatorpediniere Escort di 1350 t, che, assieme al cacciatorpediniere Forester, stava dirigendo per Gibilterra.” Sembrerebbe quindi che siano stati gli uomini del Marconi a produrre la bandiera, probabilmente a sfottò dei simpatici amici britannici (motivo della tuba sul teschio e dell’ombrello che incrocia il siluro al posto delle ossa) proprio durante questa missione e che, a giudicare dalle tenute da navigazione degli ufficiali, la foto sia stata scattata proprio al rientro in porto, il 13 luglio 1940. Non si sa invece come la bandiera sia sopravvissuta alla perdita del battello, nell’ottobre 1941. Forse fu affidata a qualcuno dell’equipaggio sbarcato nel frattempo, magari proprio al comandante Giulio Chialamberto, a cui vogliamo immaginare l’equipaggio l’abbia consegnato a riconoscimento del suo comando, per questa azione e per quelle successive in Atlantico da lui guidate, fino al passaggio di consegne con il tenente di vascello Mario Pollina, nella primavera del 1941. Quest’ultimo si ammalò e fu sostituito, in temporaneo imbarco, dal capitano di corvetta Livio Piomarta nel settembre 1941. Questo scomparve in missione, senza più notizie, con equipaggio e battello, il 28 ottobre 1941, probabilmente affondato da un caccia inglese. Il comandante Piomarta ricevette la Medaglia d’Oro al Valor Militare. La bandiera (chiamata familiarmente Jolly Roger) è esposta in Sala Delfino, sotto la parete dedicata alle nostre Medaglie d’Oro, per ricordarci sempre, tutti insieme, chi siamo, da dove veniamo e per non perdere mai identità e rotta da seguire.
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Mago Baku’ Salvatore Todaro, un eroe moderno del Novecento italiano di Manuel Moreno MInuto
ttantuno anni fa, il 16 ottobre del 1940, Il comandante Salvatore Todaro e l’equipaggio del Regio Sommergibile Cappellini furono i protagonisti di una straordinaria vicenda umana in un’epoca in cui la crudeltà del conflitto sembrava travalicare ogni forma di pietas. Dopo aver affondato il piroscafo belga Kabalo il Comandante decise - in condizioni proibitive di portare in salvo i naufraghi della nave nemica, prima trainandoli per quattro giorni, ed infine ospitandoli negli angusti spazi del sommergibile fino alla salvezza al largo delle isole Azzorre. Una decisione giusta, ma difficilissima, che solo un persona fuori dal comune avrebbe potuto portare a termine e, Salvatore Todaro, per fortuna lo era. Nato a Messina nel 1908 (e scampato al devastante terremoto) entra in Accademia navale nel 1923 specializzandosi sia nel settore dei sommergibili, sia in quello dell’osservazione aerea. Nel 1933 subisce un gravissimo incidente aereo che gli causò una frattura della colonna verte-
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brale, e lo obbligherà a portare un busto per tutta la vita. La carriera militare di Todaro sarebbe potuta finire da invalido a soli 25 anni, ma Salvatore era una persona speciale ed iniziò la sua lotta contro il dolore fisico avvicinandosi alle culture orientali ed allo yoga, coltivando inoltre interesse per la letteratura antica, l’astronomia, la matematica e perfino psiconalisi e magia! Dopo aver rinunciato al volo proseguì il servizio sui sommergibili partecipando alla guerra “clandestina” di Spagna nel 1937 e in Atlantico allo scoppio della Seconda Guerra mondiale. Alla base di Betasom, nella Francia occupata, divenne subito famoso e benvoluto. La sua andatura, il suo sguardo a tratti chiuso e il pizzetto nero, raccontavano di un uomo e un combattente diverso dagli altri. Si diffuse la voce che avesse il dono della preveggenza. I marinai del Cappellini cominciarono a chiamarlo Mago Bakù e non senza ragioni. Prima di una missione Todaro sbarcò un marinaio prevedendo per lui un grave pericolo, ed in effetti pochi giorni dopo il giovane ebbe un attacco di appendice, curato per fortuna a terra. Dopo l’episodio del Kabalo, la figura di Todaro assunse fama internazionale indisponendo l’ammiraglio tedesco Döenitz: “Se è innegabile che il signor Todaro è un bravo comandante non gli si può consentire di fare il Don Chisciotte del mare”. Una chiosa immeritata, ma la leggenda di Todaro continuava ad alimentarsi di un miscuglio di grandi capacità guerriere contro il nemico, e straordinario carisma con i suoi uomini. In quel periodo oltre ad assegnare un coltello personale ad ognuno dei suoi marinai, decora sul campo i meritevoli con la frase rituale “da oggi, sei autorizzato a darmi del Tu”. Le vicende di Todaro dopo il Cappellini si dipanano all’altro capo dell’Europa con la missione in Mar Nero con la Decima Flottiglia MAS, ed infine al comando del peschereccio Cefalo segretamente attrezzato per condurre le incursioni dei barchini esplosivi contro il porto tunisino di Bona. All’alba del 14 dicembre del 1942 rientrato a La Galitè (Tunisia),
dopo una missione interrotta per il maltempo, il Cefalo venne mitragliato da uno spitfire inglese. Un attacco banale come tanti altri, e senza grossi danni apparenti, fino alla scoperta del corpo immobile di Todaro che è ancora nella sua cuccetta con un rivolo di sangue che cade dalla tempia: “Morirò quando il mio spirito sarà lontano da me”. L’ultima profezia di Mago Bakù si era tragi-
camente avverata. A Salvatore Todaro è stata concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare (alla memoria), 3 medaglie d’Argento e due di Bronzo al Valor Militare. Il 16 ottobre 2020 la Marina ha ricordato il 130° anno della fondazione dell’Arma Subacquea Italiana scegliendo come data simbolica il 16 ottobre, giorno in cui inizia la leggenda di un comandante e dei suoi uomini.
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Dopo aver affondato il piroscafo belga Kabalo il comandante decise – in condizioni proibitive – di portare in salvo i naufraghi della nave nemica, prima trainandoli per quattro giorni, ed infine ospitandoli negli angusti spazi del sommergibile fino alla salvezza al largo delle isole Azzorre. Una decisione giusta, ma difficilissima, che solo un persona fuori dal comune avrebbe potuto portare a termine e, Salvatore Todaro, per fortuna lo era
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In alto a sinistra il comandante Salvatore Todaro a bordo del sommergibile Cappellini. A seguire il Regio sommergibile Cappellini. A destra i naufraghi del piroscafo belga Kabalo salvati dal comandante Todaro. Delfini, il futuro è sottomarino!
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Ciak immersione! I sottomarini nella storia del cinema
Anche il cinema è rimasto affascinato dai sommergibili. Oltre 150 le pellicole nel mondo a partire dal 1910. di Andrea Gattuso
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lzi la mano chi non è rimasto affascinato dalle vicissitudini e dalle “trovate” dell’equipaggio di Operazione Sottoveste, anche noto come Un sommergibile tutto rosa! E chi non è rimasto incollato agli schermi (soprattutto radar e sonar) degli audaci comandanti di Caccia a Ottobre Rosso, interpretati dai grandissimi Sean Connery e Alec Baldwin? Certo, si tratta di due trasposizioni “pop”, agli estremi del “surreale” il primo e del dramma di scelte valoriali e
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ideologiche, il secondo. Nulla tolgono però ad un’ambientazione avvincente e suggestiva di vita operativa e personale degli equipaggi dei sommergibili. Sono solo due tra i più celebri film sui sommergibili. Anche se non prolifica come per altri generi, la filmografia sui sommergibili vanta oltre 150 titoli nel mondo, dal 1910 ad oggi, per lo più, film di guerra o di operazioni strategico-militari di natura geopolitica.Vicende, paure e speranze dei protagonisti sono quasi
sempre le stesse per tutti i film e tratteggiano una straordinaria continuità narrativa. Un buon numero di pellicole appartiene al genere fantascienza o fantasia, come il filone collegato a 20.000 leghe sotto i mari di Jules Verne: quale bambino del 1954 non ricorda Kirk Douglas, nella versione di Richard Fleischer prodotta dalla Disney? Vi sono poi thriller-horror che estremizzano timori ancestrali: buio, mancanza d’aria e altri luoghi comuni come claustrofobia,
impossibilità di fuggire e chiedere aiuto, come The Abyss (James Cameron, 1989) o Below (David Twohy, 2002). Tra le commedie, troviamo Il sommergibile più pazzo del mondo (Mariano Laurenti, 1982) e Giù le mani dal mio periscopio (David S. Ward 1996) ma l’opera di
Venezia 1995. Set del film “Allarme rosso”, a bordo del sommergibile Pelosi la star cinematografica Denzel Washington.
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maggior spessore narrativo e recitativo resta sempre Operazione Sottoveste (1959), del geniale regista Blake Edwards che guida Cary Grant, Tony Curtis e l’intero equipaggio tra situazioni estreme, divertenti (ma anche attuali negli equipaggi misti) gestite con metodi insoliti, ma efficaci per terminare con successo la missione. Ma qual è il miglior film sui sottomarini? Illustreremo qui il nostro parere, cercando di non sembrare boriosi rompiscatole e tenendo presente che il fine narrativo di un film può essere a volte focalizzato su un piano diverso dall’ambientazione in cui si svolge e che i “non addetti ai lavori” non possono cogliere certi dettagli, come una valvola che non si può aprire in certe circostanze o un siluro che non parte se il tubo di lancio non è allagato e compensato. È altrettanto difficile suscitare emozioni in situazioni poco realistiche per chi le vive dal vivo, nel proprio lavoro. È comunque opinione comune tra sommergibilisti che vi siano ottime rappresentazioni realistiche, tra cui il colossal europeo Das Boot, noto al pubblico italiano come U-Boot 96 scritto e diretto dal tedesco Wolfgang Petrsen, 1981, e ispirato al romanzo di Buchheim del 1973. Nelle vicende, immaginarie ma assolutamente pertinenti e realistiche di un U-Boot tedesco nella Seconda guerra mondiale, sono minuziosamente ricostruiti vita di bordo, angosciosa frenesia delle battaglie e anche il tedio logorante dei lunghi periodi di attesa. Ben ritratti i marinai, abbrutiti dalle privazioni della vita in mare, ma desiderosi di svolgere fino in fondo i propri compiti. Una pellicola di grande successo che ha ispirato nel 2018 un’ottima serie televisiva di sedici episodi, divisi in due stagioni. Sul podio dei migliori, torniamo a Caccia a Ottobre Rosso (John McTiernan, 1990), al cui successo ha contribuito l’uscita in sala nel periodo post-Guerra Fredda, subito dopo la caduta del muro di Berlino. Sceneggiatura, fotografia e atmosfera di bordo ne fanno un film-cult Sean Connery, il comandante sovietico
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Un buon numero di pellicole appartiene al genere fantascienza o fantasia, come il filone collegato a 20.000 leghe sotto i mari di Jules Verne: quale bambino del 1954 non ricorda Kirk Douglas, nella versione di Richard Fleischer prodotta dalla Disney?
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Ramius, fa dimenticare il suo James Bond e tratteggia una figura carismatica, intelligente, competente, ma anche molto umana, che travalica i confini del pubblico di soli appassionati. Tralasciando le graduatorie per un’analisi a più ampio spettro contenutistico, vediamo che molti film sottolineano un contrasto spesso reale tra "dentro" e "fuori" il sottomarino, in cui l'equipaggio, chiuso in un microcosmo di equilibri, è insidiato da elementi esterni che ne minacciano la sopravvivenza, in uno schema "dentro è bene, fuori è male". Gli elementi del "dentro" garantiscono la sopravvivenza: fratellanza dell'equipaggio, solidarietà umana, regole dei rapporti gerarchici, comune istinto di sopravvivenza e consapevolezza del comune destino, in caso di catastrofe. "Il fuori" invece è il nemico, incarnato da forze nemiche preponderanti o fisiche, come la crescente pressione dell'acqua sul battello negli abissi o la scarsità di ossigeno a bordo. Molte trame si basano proprio sulla rottura di questo equilibrio: spesso con l'intrusione di un elemento "esterno”, come U-571 (Jonathan Mostow, 2000), Minaccia sotto il mare (John Cassar, 2001), Hunter killer (Donovan Marsh, 2018), Wolf call (Abel Lanzac, 2019) oppure con il “tradimento” di un elemento interno, un sabotatore infiltrato nell’equi-
A sinistra la locandina cinematografica “20.000 leghe sotto i mari” del 1954. In alto “Under Killer - caccia negli abissi” con Gerald Butler
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paggio o lo sviluppo di malattie, come U-429 Senza Via Di Fuga (Tony Giglio 2005). Elementi che minano la sicurezza generale, mettono in crisi il sistema gerarchico che regola la vita di bordo e generano conflitti interni o contrasti di opinione su come reagire a situazioni critiche che, come nella realtà, chiedono massima rapidità di valutazione e decisione. Indimenticabili Denzel Washington e Gene Hackman in Allarme Rosso (Tony Scott, 1995), i cui diverbi generano addirittura un ammutinamento che però riesce a salvare il mondo da una guerra nucleare.Vi sono poi film in cui i sottomarini stessi sono “il nemico”, una minaccia esterna, occulta e micidiale da combattere, come Duello in Atlantico (Dick Powell 1957), Indianapolis (Mario Van Peebles 2016) e Greyhound (Aaron Schneider 2020). In altri, l’equilibrio si rompe per un grave incidente che immobilizza un battello sul fondo, senza poter riemergere. La storia, in questi casi, è una corsa contro il tempo in due direzioni: gli sforzi dell’equipaggio per la sopravvivenza e quelli della macchina dei soccorsi. Di questo tipo: Gray Lady down (David Greene,1978), il docu-film Kursk (Thomas Vinterberg, 2018) sulla tragedia del sottomarino russo nel 2000, K-19 (Kathryn Bigelow 2002) e Uomini sul fondo (Francesco De Robertis, 1940). Quest’ultimo e “Alfa Tau!” detengono il primato cronologico dei film italiani sui sommergibili. Degli anni ’40 e diretti da De Robertis (ufficiale di Marina), sono considerati precursori del cinema neorealistico e mostrano una cinematografia italiana sul genere che non ha nulla da invidiare al resto del mondo e che, in più, si discosta dai cliché internazionali. Le produzioni italiane smussano l’eccessiva componente spettacolare e plateale di gran parte dei film di guerra, narrano un piano, molto più reale e umano, di persone normali che cercano di svolgere al meglio i compiti assegnati e di portare a termine la missione. Titoli meno conosciuti ma molto interessanti: La Grande Speranza (Duilio Co-
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Tra imigliori, Caccia a Ottobre Rosso, il cui successo ha contribuito l’uscita in sala nel periodo post-Guerra Fredda, subito dopo la caduta del muro di Berlino
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letti 1954), vicenda romanzata del comandante Todaro e dell’equipaggio del Regio sommergibile Cappellini, che trassero in salvo i naufraghi dopo l’affondamento del piroscafo belga Kabalo, portandoli nel porto più vicino, sfidando la caccia nemica; Lupi nell’abisso (Bruno Canfora, 1959), basato sui dialoghi di dieci superstiti in un sommergibile colpito, di cui solo uno sopravviverà. Utimo ma non in ordine di importanza, un film che può essere inserito tra quelli italiani per realismo narrativo, pur essendo argentino: Tornando a casa, docu-film del 2018, scritto e diretto da Ricardo Preve. Premiato in ben dodici festival internazionali, narra in una realistica e struggente ricostruzione la storia del marinaio Carlo Acefalo, morto nel naufragio del Regio sommergibile Macallé del 1940 sulle coste del Sudan, seguendo il viaggio dei suoi resti, ritrovati dopo oltre 70 anni, riportati finalmente a casa e tumulati accanto a quelli della mamma, in Piemonte. Ciò che emerge forte da questa carrellata, infine, sono alcuni caratteri specifici per cui alcuni autori ritengono i “film di sottomarini", un vero e proprio “genere” cinematografico. L’elemento di maggior fascino è senz’altro quello del pathos dell’equipaggio, guidato da un comandante spesso più anziano (quasi una figura paterna), simbolo di eroismo, ma anche di quella paura che accomuna gli uomini impegnati in azioni rischiose, con la morte sempre in agguato. Una miscela di elementi di fascino che rendono i film di sottomarini un genere universale, non solo per appassionati delle vicende di guerra.
A sinistra dall’alto la locandina cinematografica “Gray Lady Down”, a seguire “La Grande speranza”, in basso: Arena, il regista Dino Risi e Rio Corazzi, ufficiale del Genio navale a cui è intitolata la Scuola Sommergibili. In alto quattro locandine tra i più famosi film
legati ai sottomarini: “Caccia a Ottobre Rosso” con Sean Connery e Alec Boldwin; “Uomini sul fondo”; “Operazione Sottoveste” con Cary Grant e Tony Curtis ed infine “U-Boot 96, quando il cacciatore diventa preda”
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La parola al Vice-Segretario Generale della Difesa, ammiraglio di squadra Dario Giacomin
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fuori da ogni dubbio - basta un’occhiata a una carta geografica - che il mare rappresenti uno dei caratteri più significativi e strategici dell’Italia. Se così è sempre stato nel corso della sua storia, oggi la sua forza di naturale propulsore economico del territorio abbraccia e spinge il nostro sistema economico verso un futuro più avan-
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zato, quello dello sviluppo tecnologico, di cui siamo indiscussi attori protagonisti. È un ambito, questo, che offre opportunità di utilizzo delle risorse marine sempre crescenti, diverse, nuove e accessibili. Insieme ad esse però si sviluppano anche nuove tensioni e nuovi conflitti, per il loro controllo e la loro gestione. Conflittualità con cui
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Underwater, sommergibili high-tech Le nuove sfide della dimensione sottomarina
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Sommergibili, protagonisti della dimensione Underwater: i nuovi U212 NFS, come traino dello sviluppo high-tech italiano
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già facciamo i conti in zone a noi vicinissime, come il Mediterraneo centrale, nostro “giardino di casa”, e di prossimità, come il Mediterraneo orientale, nostro “estero vicino”. Sempre più, però, oggi, non possiamo disinteressarci di altre zone ben più distanti, ma sempre più interconnesse con noi, in primis per gli effetti della
globalizzazione. Su queste, si giocano tutt’altre partite, per protagonisti e magnitudo delle forze in campo. Un esempio su tutti: lo scenario artico. Le componenti della Marina Militare che operano sotto la superficie e sul fondo del mare - Sommergibili, Incursori, Palombari, Subacquei, Contromisure Mine e in generale tutti i sistemi Underwater (UW) - rappresentano dunque un “capitale strategico” pregiato sempre più importante, in uno scenario geopolitico già molto complesso, interconnesso e in continua veloce evoluzione. Con questa situazione e con queste prospettive, il Segretariato Generale della Difesa, cui spetta il compito di promuovere tecnologie all’avanguardia per la gestione e il controllo della dimensione sottomarina, ha un ruolo attivo di primo piano. Se da un lato infatti osserva le tendenze e le dinamiche dell’evoluzione tecnologica del settore, dall’altra sostiene, favorisce e orienta la messa in opera di progetti, grazie a piani programmatici dedicati, dalla ricerca alle diverse fasi di sviluppo, promuovendo collaborazioni tra il mondo universitario, quello della ricerca e quello dell’industria, per lo sviluppo di prodotti e sistemi d’eccellenza. Parliamo di prodotti che si ritagliano un ruolo primario, non solo a livello nazionale ma anche nel panorama globale, con tecnologie spesso trasversali
L’ammiraglio Dario Giacomin. Nella pagina precedente un battello classe U212A seconda batch.
e a tutto tondo: dai sistemi unmanned e robotizzati alla guerra elettronica, dall’intelligenza artificiale alla 3d printing production, dalle innovazioni nel settore energetico, come le batterie al litio, ai moderni sonar. In questo contesto, ricerca e sviluppo della filiera tecnologica UW sono oggi concretamente trainate da un assetto di punta: il sottomarino. Il Programma U212-A e la complessità del suo ultimo sviluppo, il Near Future Submarine - NFS sono proprio la testimonianza concreta di questa visione che “guarda oltre l’orizzonte” e che ha investito su nuove ricerche d’avanguardia assoluta: quantum technology, cyber, laser, reti 5/6G, analisi spettrale. Queste sono sfide per le quali l’Italia dispone di grandi competenze, in grado di consolidare e accrescere un “vantaggio tecnologico” di tutto rispetto. La prospettiva dunque è quella di una Difesa che procede, in maniera strutturata e sinergica, con il mondo della ricerca e dell’industria, su obiettivi sfidanti, ma raggiungibili, con risultati di rilevanza sempre più strategica, non soltanto in ambito nazionale, ma soprattutto internazionale.
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Il nuovo sottomarino: agile, forte e figlio prediletto della migliore intelligenza italiana
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uello che viviamo, è un momento storico importante per la Componente sommergibili della Marina. Con la firma del contratto di acquisizione di nuovi U212 in configurazione NFS (Near Future Submarine), lo scorso 26 febbraio, chiude il cerchio su quel processo di ammodernamento della flotta subacquea nazionale, iniziato alla fine degli anni ’90, con la cooperazione italo-tedesca per la costruzione della Classe Todaro. Il programma NFS prevede la sostituzione dei 4 battelli Classe Sauro (3^ e
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4^ Serie) ancora in servizio e l’aggiornamento prestazionale del design U212A, mutuando miglioramenti in campo idrodinamico dagli U212 seconda batch tedeschi già in servizio e inserendo una serie di innovative tecnologie delle principali eccellenze nazionali nel settore: i sollevamenti modulari e ad attuazione elettrica L3-Calzoni, la batteria agli ioni di litio FIB-FAAM, il nuovo Sistema di Combattimento Leonardo, il nuovo sistema di Guerra Elettronica ELT, frutto degli sforzi di realtà industriali nazionali che hanno sapientemente raccolto la
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Il nuovo sottomarino U212-NFS: gioiello tecnologico Made in italy di Massimo Guma
Paese che trova, nelle costruzioni subacquee, uno dei suoi motori trainanti. Il programma NFS rappresenta una significativa innovazione per la Componente Subacquea anche sul piano del procurement: per la prima volta infatti si affida il contratto di un’unità subacquea ad OCCAR (Organizzazione congiunta per la cooperazione in materia di armamenti) che riunisce Italia, Francia, Germania, Inghilterra, Belgio e Spagna. Essa risulta, per le sue peculiarità “europee”, l’agenzia di riferimento contrattuale ideale per la gestione di programmi in cooperazione, nonché polo L’ammiraglio Massimo Guma. di riferimento principale per il procuNella foto principale rement della Difesa nel vecchio contirendering del sottomarino U212-NFS. nente. OCCAR è risultato il contesto (Foto Fincantieri) migliore per sviluppare un’impresa altamente innovativa, fiore all’occhiello del comparto underwater italiano e vi la nuova Unità SDO-SuRS, Special Diving sono realistiche possibilità di attrarre Operation-Submarine Rescue Ship, del’interesse di ulteriori partner internastinata a sostituire Nave Anteo, navezionali, a fianco della supporto per le opeproficua ventennale razioni ad alta profoncooperazione con la dità dei palombari della Germania, per il supMarina e per il soccorDa sommergibilista, prima porto dei sommerso-sommergibili, con inancora che Direttore degli novativi assetti nazionali gibili classe U212A. L’obiettivo è conse- Armamenti Navali, ho accolto di nuova generazione guire i vantaggi deltecnologica fissa e del’economia di scala con piacere ed orgoglio l’idea ployable. Il suo iter tecche conta su una più nico-amministrativo di di questo speciale del consistente popolaacquisizione è già avNotiziario della Marina, zione logistica, grazie viato. anche, dal 2019, ai Da sommergibilista, priinteramente dedicato ai battelli U209PN delma ancora che Diretla Marina Portoghe- sommergibili, che imprime e tore degli Armamenti se, con molte parti trasmette la fotografia di un Navali, ho accolto con in comune da suped orgoglio momento per noi “esaltante” piacere portare. Lo stesso l’idea di questo speciale programma U212 nella storia della componente del Notiziario della MaCD (Common Derina, interamente dedisommergibili sign) avviato dalla cato ai sommergibili, Germania in coopeche imprime e trasmetrazione con la Norte la fotografia di un vegia, a fronte di importanti differenze momento per noi “esaltante” nella storia di configurazione generale, presenta sidella componente sommergibili. Non è gnificative comunalità di impiantistica l’immagine di un traguardo, ma di un con NFS e potrebbe essere oggetto di passaggio di testimone verso nuove geun possibile ulteriore allargamento della nerazioni di sommergibilisti, una staffetta cooperazione di Common In Service Supverso un futuro tecnologico e operativo port. sempre più sfidante ed entusiasmante. A questo già importante panorama, si Viva la Marina Militare, viva i Sommeraggiungerà presto, sopra la superficie, gibilisti!
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sfida sugli stringenti requisiti posti dalla Marina e tradotti poi da NAVARM. È un importante salto tecnologico che testimonia ancora una volta il genio italico, già chiaramente ben declinato nel design U212, e che storicamente portò, tra alterne vicende, dal Regio sommergibile Delfino del XVIII secolo, opera dell’ispettore del Genio Navale Giacinto Pullino, ai validi Classe Toti e Sauro del XX secolo, poi ancora alla svolta dei sottomarini ibridi della classe Todaro e che oggi riaccende un faro luminoso su quell’ampia fetta del Sistema
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cacciatori che vivono in un ambiente innaturale per l’uomo. Li si potrebbe descrivere come i primi viaggiatori dello spazio. Oppure come guerrieri spaziali. I sommergibilisti producono l’aria che respirano, l’acqua che bevono e la luce in cui vivono. I loro soli contatti con l’ambiente esterno sono filtrati da strumenti sofisticati selezionati da uomini selezionati
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n uno stupendo book fotografico dell’ammiraglio sommergibilista americano Kaufman, in “Caccia Silenziosa”, lo scrittore Tom Clancy, nella sua prefazione, definisce letteralmente i sommergibilisti come “cacciatori che vivono in un ambiente innaturale per l’uomo. Li si potrebbe descrivere come i primi viaggiatori dello spazio. Oppure come guerrieri spaziali. I sommergibilisti producono l’aria che respirano, l’acqua che bevono e la luce in cui vivono. I loro soli contatti con l’ambiente esterno sono filtrati da strumenti sofisticati selezionati da uomini selezionati”. Una sintesi di vera efficacia che anticipa proprio gli argomenti su cui si concentrano le più interessanti ricerche scientifiche per lo sviluppo di sistemi in grado di “far
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vivere” gli uomini sottacqua, grazie all’ausilio di mezzi più che sofisticati. Ed ecco che, in linea col modus operandi dei sottomarini, il noto silent service, in un relativo silenzio rispetto ai picchi di visibilità globale tipici dei nostri tempi, tutta la filiera nazionale della ricerca e della tecnologia nel settore underwater ha condotto, nell’ultimo ventennio, un continuo, ma inesorabile processo evolutivo che pone oggi l’Italia tra i maggiori players internazionali. Guerra elettronica, sistemi unmanned e robotizzati, intelligenza artificiale, 3-D printing production, innovazioni energetiche con batterie al litio, sonar modernissimi: tanti e importanti gli investimenti e i successi del comparto industriale della Difesa nelle nuove tecnologie, insieme a università, centri di ricerca. Una
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progettualità assolutamente premiale della postura del comparto industriale e della ricerca, ma anche spesso frutto di azioni isolate e non coordinate che ne hanno a volte ridotto l’efficacia comunicativa. Da questo assunto, è nata, in seno al Segretariato Generale della Difesa, l’idea di un seminario Underwater, organizzato per la prima volta nel 2019 e ripetuto in webinar nel 2020. Obiettivo: assicurare alle articolazioni sottomarine della Difesa il miglior livello di tecnologia e creare opportunità di migliorare le singole performances industriali. Con questa mission è nata la proposta di un Polo nazionale della Subacquea, con supervisione e indirizzo dell’autorità governativa, in cui convogliare esperienze, risorse e competenze di tutti gli attori del settore, per rispondere con
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Dal procurement alla culla dell’high-tech sottomarino di Maurizio Cannarozzo
voce univoca, solida e credibile alle sfide di un futuro vicinissimo su tavoli globali e con il sostegno di un’intera nazione. Tra i compiti primari dell’organismo, individuare competenze sovrane e conoscenze di eccellenza, armonizzare le attività di ricerca nella filiera tecnologica UW, assicurare le migliori tecnologie alla Difesa e l’acquisizione di importanti fette di mercato alle aziende del settore. Ma quali sono i fattori che hanno influenzato questo processo evolutivo di tutte le componenti speciali* connesse ai sottomarini nazionali? E chi sono gli stakeholders che partecipano a questa sfida? In tutte le grandi Marine internazionali, la componente speciale dei sottomarini è assetto strategico e, insieme, volàno tecnologico di ricerca e sviluppo di nuovi sistemi. Lo scenario geopolitico
e strategico internazionale ha spinto fortemente il comparto underwater nazionale sulla ricerca di soluzioni innovative, per la supremazia nel dominio subacqueo. Il ruolo chiave per il controllo dello “spazio acqueo” è sempre più connesso alla porzione più critica e meno visibile del mare, cioè le sue profondità. Sui fondali marini si gioca oggi la complessa partita della ripartizione degli idrocarburi (particolarmente aspra nel levante), delle risorse naturali (come la pesca) e degli spazi dedicati al passaggio dei cavi sottomarini. Quest’ultimi, in particolare nell’ultimo decennio, hanno assunto il ruolo di “dorsale dei dati” in cui “passa” la vita quotidiana di miliardi di esseri umani, soprattutto, essa sostiene la rete informativa e gestionale del sistema economico e bancario dell’intero pianeta. Un patrimonio impalpabile, ma foriero di grandi rischi e pericolose rivalità. È il caso del Mediterraneo, dove è in atto una corsa per l’accesso alle risorse, con l’istituzione di Zone Economiche Esclusive (ZEE) e accordi internazionali ad hoc. Stakeholders principali di questo processo sono la Marina Militare ed il suo procurement, la Direzione Navale degli Armamenti, che dalla prima decade del millennio conducono una vigorosa ed olistica azione di indirizzo nell’assicurare le migliori tecnologie alla Componente Subacquea nazionale. Una linea di azione che ha rinvigorito il processo di svolta pioneristica del settore subacqueo nazionale iniziato negli scorsi anni ’90, con la firma della componente sommergibili con la Germania per la prima cooperazione, a livello mondiale, nel settore dei sottomarini. Da questo progetto, mutuato in seguito anche per le unità di superficie e replicata tra diverse nazioni, è nata la classe U212A di sottomarini, oggi definitivamente considerati “ambasciatori di cooperazione” del settore in Europa. Punto di forza dei battelli è stata certamente la novità della propulsione ( AIP - Air Independent Propulsion basata su Fuel Cells di tipo PEM - Proton Exchange Membrane) che, assicura la totale stealthiness in determinati contesti operativi che ha lanciato le basi per le successive ricerche con l’obiettivo di garantire maggiore disponibilità energetica a bordo come ad esempio, lo sviluppo sempre più promettente delle batterie agli ioni di litio. Ma se il comparto istituzionale ha condotto
e stimolato il processo di evoluzione del settore underwater, il comparto civile ha giocato un ruolo altrettanto importante. Stimolata anche dalla progressiva presa di coscienza della necessità di garantire sicurezza della nazione, eco-sostenibilità e rispetto dell’ambiente marino, tutta la galassia di università, centri di ricerca, grande industria di settore, PMI (Piccola Media Impresa) e SME (Small Medium Enterprise), ha capitalizzato l’esperienza U212A e ha sviluppato, in ogni settore meccanico, energetico e sensoristico, assetti e progetti che sono di tutta avanguardia. La sintesi di questo progresso di crescita nel settore underwater, con positive ricadute attuali e future su diversi programmi minori ad altissimo contenuto tecnologico** è il lancio del programma Near Future Submarine (NFS), la nuova classe di sottomarini italiani. Diverse e significative le innovazioni dei battelli, di cui Fincantieri tornerà ad essere la Design Authority: tra questi, i nuovi sollevamenti elettrici sviluppati da Calzoni, il nuovo sistema di combattimento sviluppato da Leonardo, l’innovativo sistema di batterie agli ioni di litio sviluppato dalla collaborazione Fincantieri-FIB/FAAM e l’innovativa suite di guerra elettronica sviluppata da Elettronica. Tutti prodotti dell’ingegno e della capacità nazionale di fare ed essere impresa al più alto livello. La solidità del design e del programma NFS, reference design nel settore dei sottomarini non nucleari, è testimoniata dalla sua integrazione nell’ Agenzia contrattuale di OCCAR. Agenzia di procurement sovranazionale, OCCAR garantirà lo sviluppo del progetto in linea con i più avanzati criteri della System Engineering, del Trough Life Management, del Risk Management e della qualità, portando il Programma NFS all’attenzione internazionale, sottolineando le potenzialità di future cooperazioni e la visibilità degli attori industriali.
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Soccorso sottomarini, Forze speciali, assetti unmanned. ** Programma del nuovo sistema di soccorso sottomarini (SAIPEM-DRASS), programma di rinnovamento dei mezzi speciali del Comsubin (Ditta CABI), programma della nuova unità di soccorso sottomarini (tender in corso).
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Polo della Subacquea Avanguardia tecnologica e policy per la underwater economy di Vasco Pizzinato
a creazione di un Polo della Subacquea nazionale, con l’istituzione di una cabina di regia governativa e un tavolo tecnico permanente, è opportuna e inevitabile conseguenza del significativo sviluppo del settore dell’underwater (UW). Se è vero che il settore sottomarino è sempre stato oggetto di avanguardia a livello di studio e applicazioni tecnologiche, è altrettanto vero che abbiamo assistito, nell’ultimo quinquennio, a un cambio di passo che lo ha pervaso di attenzione e fermento, portandolo alla ricerca rapida e continua di nuove soluzioni tecnologiche. Il tutto sostenuto da significative iniziative istituzionali, di cui il Segretariato Generale è senza dubbio capofila. Tra queste, la proposta di un Polo della Subacquea nazionale, vero e proprio organismo propulsore di crescita del settore, i cui compiti principali si svilupperebbero in due direzioni correlate tra di loro: la ricezione delle esigenze della Difesa e lo sviluppo di proprie key strategic future capabilities (anche in contesti multidisciplinari ed intergovernativi); una serie di azioni coordinate, tese a promuovere un sistema efficiente di sviluppo, sostegno e armonizzazione delle competenze nazionali, azione di indirizzo delle forme di ricerca e sviluppo, concreto supporto all’industria nazionale nell’export, individuazione di competenze interministeriali e avvio di relazioni tra Dicasteri per gli assetti subacquei e per il settore dell’underwater economy. Inoltre il Polo della Subacquea potrebbe essere elemento di riferimento e guida per la Marina Militare e per il comparto civile, nella progettualità in ambienti internazionali. Il Polo della Subacquea
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Il Polo della Subacquea avrebbe dunque un’azione di sintesi e definizione di un piano programmatico razionale e consistente di investimenti ad ampio spettro, un vero e proprio piano di sviluppo tecnologico e imprenditoriale nazionale del settore del dominio sottomarino mondiale
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avrebbe dunque un’azione di sintesi e definizione di un piano programmatico razionale e consistente di investimenti ad ampio spettro: una strategia per lo sviluppo tecnologico e imprenditoriale nazionale nel settore del dominio sottomarino mondiale. La conseguente definizione della traiettoria tecnologica UW di lungo periodo ha l’obiettivo di rendere le componenti istituzionali, l’industria e la ricerca del settore, eccellenze assolute e traino di una crescente economia sottomarina per il prossimo ventennio. Il comparto sottomarino affianca, per volumi finanziari e livelli occupazionali, l’economia dello spazio nazionale che ha già raggiunto oggi proporzioni rilevanti.
Immagine suggestiva del sommergiile Romeo Romei in navigazione di superficie.
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di Alessandro Irvia e innovazioni tecnologiche e scientifiche da sempre condizionano l’uomo nel cammino della sua evoluzione. La necessità e l’ambizione di raggiungere obiettivi sempre più avanzati, ci portano quindi ad esplorare l’inesplorabile, cercando di dominare tutte le dimensioni che viviamo,
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compresa quella sottomarina. Oggi, con il Protocollo Kyoto che fissa una precisa riduzione di emissione dei gas nocivi, la cosiddetta eco-rivoluzione nella produzione energetica attraverso fonti di energia diverse e alternative ai combustibili fossili, è diventata una delle chiavi di volta della rivoluzione industriale 4.0. Uno dei suoi driver è proprio il dominio subacqueo che contribuisce significativamente alla visione di un futuro
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eco sostenibile: la tecnologia che cresce nel mare infatti stimola lo sviluppo e la nascita di nuovi progetti tecnico-operativi molto ambiziosi. Uno di questi è lo sviluppo dell’utilizzo di idrogeno e del litio come vettori energetici, a zero emissioni nocive, parte del DNA dei sottomarini italiani - tipo AIP (Air Independent Propulsion, ossia propulsione indipendente dall’aria, quindi un sistema di propulsione non nucleare che non ha
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Idrogeno e litio L’eco-rivoluzione che cresce nel mare
bisogno di apporto di aria esterna per funzionare), classe U212A - già in uso ed in corso di sviluppo. Precursore del futuro Jules Verne, che nel 1875 scrisse nel libro L’isola Misteriosa: “io sono convinto che un giorno l'idrogeno e l'ossigeno utilizzati simultaneamente o separatamente, forniranno una sorgente di calore e di luce inesauribile e d'una tale intensità quale il carbone non seppe mai dare”. Oggi, a distanza
di oltre un secolo, l’idrogeno è tra i principali settori di sviluppo tecnologico, al centro di possibili partenariati europei istituzionalizzati, con Horizon Europe, cospicuo programma di investimenti dell’Unione Europea per la ricerca e l’innovazione, che avrà una durata temporale dal 2021 al 2027. Pioniera dell’utilizzo dell’idrogeno, la Marina Militare lo utilizza da circa venti anni come vettore energetico a bordo dei propri sottomarini per assicurare l’AIP. Il suo utilizzo nell’impianto Fuel Cell* del tipo PEM (Proton Exchange Membrane) permette ai battelli di permanere negli abissi, con un impatto ambientale quasi irrilevante. Una scelta che va oltre il fondamento strategico/operativo e che rappresenta già il futuro eco-sostenibile. Il prodotto di combustione delle Fuel Cell è infatti acqua che, prodotta da un impianto eco-rivoluzionario, a sua volta trova impiego negli usi di bordo. I nostri sottomarini hanno maturato vasta esperienza in gestione e rifornimento dell’idrogeno, in attività nazionali e worldwide, che l’hanno resa punto di riferimento di un pieno sviluppo dell’economia circolare con reti energetiche green, per realtà industriali, produttive, di stoccaggio e distribuzione. Altro elemento-chiave dell’eco-rivoluzione tecnologica nel dominio sottomarino (cosiddetto underwater) è il litio. Anch’esso al centro dell’attenzione dell’Unione Europea, nel programma Battery 2030, con l’obiettivo di sviluppare batterie ultra-performanti, sicure e sostenibili, elementi essenziali nel futuro di veicoli elettrici, mobilità pulita, stoccaggio di energia rinnovabile e un’ampia gamma di applicazioni emergenti, tra cui robotica, aerospaziale, dispositivi medici, subacquei e molti altri. Il litio è anche al centro dell’European Institute of Innovation Technology, che stima il raggiungimento, nei prossimi anni, di centinaia di miliardi di transizioni economiche all’anno, legate al suo utilizzo negli accumulatori. Oggi, tali accumulatori sono presenti in tantissimi articoli di uso comune e quotidiano, come automotive (mobilità a zero o ridotte emissioni), dispositivi portatili, domotica-casa, strumenti me-
dicali. Lo sviluppo delle batterie al litio offre la peculiarità di immagazzinare grande quantità di energia in volumi ridotti. Anticipando i tempi, già nei primi anni 2000, realtà industriali italiane hanno avviato programmi di sviluppo e produzione di accumulatori al litio. Anche la componente sommergibili della Marina Militare ha diretto e focalizzato l’attenzione su ricerca e sviluppo di accumulatori al litio, grazie al progetto FARSEAS, all’interno del Programma Nazionale di Ricerca Militare (PNRM). La ricerca ha portato alla realizzazione di un dimostratore che ha raggiunto features prefissate in termini di performance. La polare derivante, attualmente in corso di sviluppo nel programma di realizzazione delle unità U212 NFS (New Future Submarine), è l’ingegnerizzazione, produzione e integrazione a bordo delle unità di una batteria al litio altamente performante. L’utilizzo e lo sviluppo delle tecnologie basate sugli elementi quali idrogeno e litio si connotano come vettori energetici impiegati in sistemi di tipo scalare sviluppati per traguardare una Eco e Circular Economy. Sostenuta da queste peculiarità emerge che l’eco-rivoluzione cresce nel mare, in particolare con i sottomarini, grazie all’uso e allo sviluppo di tecnologie sostenibili operanti come volano di un sistema complesso che vede come principali stakeholder il mondo accademico, industriale in un settore strategico per lo sviluppo di tecnologie rivoluzionarie che trovano applicazione sia in ambito militare che civile. L’eco-rivoluzione è una sfida che vede l’Italia come pilastro principale con una vision orientata al futuro per la crescita e l’affermazione del sistema paese.
* Fuel Cell: le celle a combustibile sono dei dispositivi elettrochimici nei quali l’energia fornita da una reazione chimica viene direttamente trasformata in elettricità. Al contrario delle celle galvaniche o delle batterie, una cella a combustibile non si scarica e non ha bisogno di essere ricaricata, funziona continuamente fino a quando vengono forniti dall’esterno i reagenti, ovvero idrogeno e ossigeno.
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Sommergibili italiani ambasciatori di cooperazione U212A - il primo esempio di politica comune europea di Salvatore Dimonopoli
otivo d’orgoglio per tutti i sommergibilisti - o delfini, come sono ribattezzati per il loro simbolo - i sottomarini classe U212 non racchiudono solo il meglio che la tecnologia possa offrire nel settore, ma racchiudono anche un significato politico molto importante. Sono infatti il frutto di una cooperazione internazionale pluridecennale, tra le prime in Europa, iniziata alla fine del 1997 con la firma di un Memorandum of Understanding (MoU) tra Italia e Germania. L’accordo siglò l’avvio ufficiale del Programma U212, che ancora oggi mette a fattor comune tecnologie pregiate delle industrie nazionali dei due Paesi, sfruttando i vantaggi economici dell’economia di scala. L’accordo del 1997 diede vita perciò ad una cooperazione che va oltre le due Marine, investendo due Sistemi-Paese. Il programma U212A, oltre a dotare l’Italia e la Germania dello stesso tipo di sottomarino, promuove infatti una collaborazione attiva sia sul fronte del supporto in vita dei battelli (In Service Support - ISS) sia su quello della loro condotta operativa in mare, da parte degli equipaggi. Tutto questo, grazie ad un’organizzazione snella ed efficace costituita da due rappresentanze della Marina Militare italiana in Germania e diversi gruppi di lavoro composti da rappresentanti dei due Paesi. Dal 1997, questi sottomarini italiani e tedeschi hanno navigato migliaia di miglia con equipaggi in simbiosi che hanno permesso di spingere i mezzi al limite delle capacità, per misurane a fondo le potenzialità e capire come superarlo, orientando in avanti la ricerca e gli sforzi delle industrie nazionali, con tante sfide tecnologiche raggiunte, in corso e future. Il Programma U212 si è rivelato una scelta strategica vincente per l’Italia, una scelta precisa fatta dagli stessi sommergibilisti italiani, sostenuti dai vertici della Marina Militare e dalla compagine istituzionale e governative, mettendo a sistema l’eredità del passato dei nostri
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Il Programma U212A, oltre a dotare l’Italia e la Germania dello stesso tipo di sottomarino, promuove infatti una collaborazione attiva sia sul fronte del supporto in vita dei battelli (In Service Support - ISS) sia su quello della loro condotta operativa in mare, da parte degli equipaggi.
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battelli con standard tecnologici avanzati, raccogliendo i molteplici vantaggi che una cooperazione avrebbe potuto offrire. Un’intuizione che, a distanza di oltre 20 anni dall’avvio del programma, traccia una strada di successo che continua a spingersi oltre. Gli U212 di questi anni si sono evoluti oggi negli U212A, grazie al programma U212 NFS (Near Future Submarine), con significative ricadute sui sistemi di sviluppo industriale, economico e strategico che vanno oltre i due Paesi e guardano alla cooperazione tra diverse Marine europee: recentemente, il Portogallo è entrato a far parte delle attività di supporto in vita dei battelli italo-tedeschi e la Grecia guarda con attenzione al programma, insieme ad altri paesi che, sotto la regia dell’OCCAR (in cui è stato recentemente integrato il programma), si avvicineranno al programma. Volendo chiudere gli occhi e immaginare, lo sviluppo che coinvolgerà la prossima generazione di “delfini” sarà un programma rivoluzionario, un nuovo Rinascimento di progettualità a connotazione realmente europea.
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Incontriamo Matteo Bisceglia, l’ammiraglio italiano alla guida del procurement europeo della Difesa di Giovanna Scotton
Rendering delle linee idrodimaniche di un sottomarino U212-A N OT I Z I A R I O
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Ammiraglio, cos’è OCCAR? quali sono le sue generalità? OCCAR, per l’esattezza Organizzazione congiunta per la cooperazione in materia di armamenti (Organisation Conjointe de Coopération en matière d'Armement), è un’agenzia internazionale il cui core-business è la gestione di programmi di cooperazione per sistemi d’arma, per l’intero ciclo di vita. È stata istituita nel 1998 con la firma della “Convenzione” (OCCAR Convention) dai ministri della Difesa di Francia, Germania, Italia e Regno Unito, con valenza di trattato internazionale, ratificata dai rispettivi Parlamenti nel 2001, che le hanno così conferito personalità giuridica. Vent’anni compiuti proprio quest’anno, OCCAR conta oggi 6 Paesi membri, con l’ingresso di Belgio (2003) e Spagna (2005). Si è affermata nel tempo come player primario nella gestione dei programmi complessi di sistemi d’arma e dual use della difesa europea, ma si propone però, con massima apertura, anche alla
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collaborazione con tutti i paesi, europei e non europei (comprese organizzazioni/istituzioni internazionali), che intendano affidarle la gestione dei programmi d’armamento. In ambito di singolo programma, inoltre, gli Stati partecipanti hanno tutti gli stessi diritti, sia membri che non-membri. Il nuovo U212 Near Future Submarine Program italiano ha portato a 16 i programmi gestiti da OCCAR, a copertura di tutti i settori della Difesa: spazio, componente aeronautica ad ala fissa e rotante, componente terrestre, componente navale di superficie e segmento “submarine”, proprio con il nuovo U212. Tra gli Stati partecipanti non membri, ci sono Olanda e Lituania nel programma BOXER, Polonia e Finlandia (con Svezia nella Fase 1) nel programma ESSOR e Turchia nel programma A400M. Affidata ad OCCAR anche la fase di acquisizione per conto di NSPA (NATO Support and Procurement Organisation) per il programma MMF (Multinational Multi-Role Tanker and
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Cooperazione militare, migliore soluzione per lo sviluppo di sistemi ad alta tecnologia
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L'incarico di Direttore dell'agenzia internazionale OCCAR arriva dopo oltre 5 anni (2014-2019) al vertice di Navarm, Direzione strategica del Segretariato della Difesa, vero e proprio “tempio della tecnica e dell’avanguardia tecnologica”, come ama definirla, dove le esigenze della Marina Militare si trasformano in mezzi navali, sottomarini, sistemi d’arma e di difesa, grazie alla sua attività di procurement. Transport Fleet. Diversi anche i Paesi Osservatori dei programmi OCCAR, tra cui Brasile (programma italo-francese LSS Logistic Support Ship), Belgio (programma MALE-RPAS) e Australia (programma BOXER). Recenti iniziative europee hanno portato OCCAR alla firma con la Commissione Europea (novembre 2020) di due Contribution Agreement, nei programmi MALE RPAS e ESSOR, per finanziamenti legati all’EDIDP (European Defence Industrial Development Programme) ed è in corso una cooperazione nella successiva fase dell’EDF (European Defence Fund). Un portfolio-clienti di tutto rispetto, quindi, Quali sono i volumi? OCCAR gestisce circa 80 miliardi di euro ma il trend è ancora in ascesa, grazie ai molteplici vantaggi che è in grado di offrire. L’agenzia si è nel tempo specializzata nella gestione di programmi complessi, con una struttura “snella”, estremamente flessibile ed efficace che si concretizza in un bassissimo overhead (solo l’1.6%) dei costi amministrativi, rispetto al budget operativo. Com’è nata e come si è sviluppata l'acquisizione dei nuovi sottomarini U212 NFS della Marina Militare con OCCAR? Il Programma U212 NFS, con quattro battelli sottomarini e relativo supporto logistico-addestrativo, è di importanza strategica per l’Italia. È uno dei programmi più importanti della Difesa Italiana, certamente uno dei più rilevanti nel settore underwater, anche in ambito Europeo. L’integrazione del Programma in OCCAR è partita con un incontro preliminare con la Direzione degli Armamenti Navali, nel mese di gennaio 2020. Qui, sono state analizzate attività e
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tempi necessari all’integrazione del programma ed è stata valutata la reale capacità di conseguire pienamente gli obiettivi specifici del Programma nazionale U212 NSF, a fronte delle esigenze della Difesa Italiana. Come da procedure OCCAR, si sono susseguite: autorizzazione del BoS (Board of Supervisor) a condurre le preliminary activities a supporto dell’Italia e ingaggio formale, a novembre 2020.A febbraio 2021, è stato siglato il contratto assegnato da OCCAR-EA (Executive Administration) a Fincantieri. Un periodo temporale molto limitato, grazie a un serrato programma d’integrazione e allo sforzo congiunto della Direzione degli Armamenti Navali italiana, lo staff di OCCAR-EA e un team molto reattivo di Fincantieri. Cosa rappresenta questa integrazione del Programma NFS per OCCAR e quali le ricadute per l’Italia? La decisione di assegnare il programma U212 NFS ad OCCAR rappresenta naturalmente un’espansione molto importante del portafoglio-programmi al dominio subacqueo. Si tratta di un programma per una singola nazione, ma è chiaro che un’organizzazione come OCCAR, che assicura flessibilità e speditezza nelle attività gestionali e promuove economie di scala, perseguendo obiettivi di eccellenza, rappresenta una vetrina internazionale unica per tutti programmi coinvolti. “L’impresa” U212 NFS prevede lo sviluppo di nuove tecnologie nazionali ad alto appeal nel settore underwater, con una ricaduta produttiva ed economica di alto impatto per l’Italia, anche sul fronte dell’export, con un potenziale di crescita significativo che
apre potenzialmente la strada non solo ai “programmi collegati” (ad es. il supporto congiunto dei battelli U212A/U214 o, in prospettiva, il supporto al programma U212CD, in fase di definizione contrattuale fra Germania e Norvegia), ma anche ad altri Paesi, in procinto di ammodernare la propria flotta subacquea. Vi sono altri programmi o segmenti tecnologici di prossima integrazione in OCCAR? Per quanto attiene la Difesa Italiana, continuano le attività relative all’integrazione del programma Light Weight Torpedo, per le quali è stato recentemente firmato un framework agreement con l’Australia, a conferma dell’apertura di OCCAR verso Paesi extraeuropei. Più in generale, OCCAR sta rafforzando la cooperazione con l’EDA (European Defence Agency) e con l’EDIDP (il programma di sviluppo industriale della difesa europea), al momento senza dubbio il booster principale per ulteriori cooperazioni nel settore della Difesa a livello europeo e unica possibilità di confronto, sul mercato internazionale mondiale, con gli altri players come quelli americani o dei Paesi emergenti (Cina, ad esempio). In corso di integrazione inoltre, alcuni progetti EU della Permanent Structured Cooperation - PESCO (REACT o OPTISSE) e, di indubbio interesse, è senza dubbio il caccia di 6^ generazione, soprattutto in caso di convergenza dei Paesi partecipanti a programmi “simili ma non uguali” (TEMPEST e FCAS) in un unico Programma a guida OCCAR, per rendere un prodotto europeo ancora più competitivo su scala globale.
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di Giuseppe Rizzi e Simone La Riviera
ossono i sommergibili parlare con il mare? Può un pescione di acciaio, “abitato” da esseri umani e alta tecnologia, amare le creature degli abissi, ascoltarle e contribuire a proteggerle? La risposta è sì. Non parliamo di film o romanzi d’avventura, ma di realtà. Attività, studi e progetti varati in primis dalla compagine sommergibilista della Marina Militare che, pioniera e appassionata sostenitrice della vita in mare, esplora gli abissi da oltre 130 anni. Come? In molti modi, dall’ascolto di tutti i suoni sottomarini
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fino a investimenti di altissima tecnologia, appositamente concepiti per studiare l’ambiente e l’ecosistema marino, a cui si affianca la formazione di professionisti che, a bordo dei sommergibili ascoltano, studiano e interpretano la “lingua del mare”, in tutte le sue declinazioni. Lo sviluppo della tecnologia ha varato sistemi sempre più sofisticati per osservare, captare e decriptare l’ambiente sottomarino, per lungo tempo largamente sconosciuto, ma da sempre considerato uno dei più importanti fattori di sviluppo per l’umanità. Fondamentale è la capacità dei battelli di acquisire segnali acustici a larga banda attraverso il sonar imbarcato, un complesso di apparecchiature e sensori che
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effettua l’ascolto panoramico a tutto orizzonte e monitora l’intera gamma di frequenze acustiche trasmissibili in acqua, anche a distanze considerevoli. Questa capacità è gestita a bordo dagli operatori ecogoniometristi, figure professionali ad altissima specializzazione, e consente di navigare in sicurezza nell’oscurità degli abissi, di fatto ciechi. L’ascolto continuativo dei suoni sotto le onde rende identica tutta la gamma di ciò che vive sotto il mare e fornisce preziose informazioni a tutela della biodiversità. I nuovi battelli sono una risorsa unica e pregiata, veri agglomerati di alta tecnologia che assomigliano sempre più ad astronavi, utili non solo per i compiti operativi militari del Paese, ma per la
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Delfini Blu Sommergibili della Marina Militare a tutela del mare e della biodiversità
Suggestiva immagine di delfini “Stenella striata” ripresa dal periscopio di bordo durante una navigazione nel Golfo di Taranto.
scienza tutta e per la vita degli oceani. Piattaforme tecnologiche e personale specializzato studiano il mare seguendo molteplici direttrici, attraverso la partecipazione a consessi internazionali, i programmi congiunti con università, enti e associazioni di ricerca e sviluppo, la condivisione di informazioni, sviluppo e applicazione di tecniche innovative di classificazione automatica con l’intelligenza artificiale, sono attività che fanno parte dell’ambito del sommergibilismo. Molti i tavoli tecnici internazionali a cui
lavorano i professionisti da anni della Componente Sommergibili della Marina, per analizzare le cause-effetto della trasmissione di energia acustica in mare. Il Segretariato permanente di ACCOBAMS1 (accordo intergovernativo istituito tra 24 Stati2), attraverso le Nazioni Unite, si pone l’obiettivo di affrontare gli impatti del rumore antropogenico sui cetacei, grazie al dialogo tra le diverse Marine NATO e non-NATO del Mediterraneo che esaminano, confrontano e valutano le procedure di mitigazione degli effetti dei sonar attivi sui cetacei. È utile sottolineare che i sottomarini impiegano sensori acustici passivi che non trasmettono ma “ascoltano”, del tutto innocui e che anzi, grazie alla sensibilità del “proprio orecchio”, l’idrofono, possono acquisire e valorizzare tutto il cosiddetto “rumore biologico”, tra cui quello dei cetacei. La presenza dei mammiferi marini è monitorata e tracciata in ogni zona di mare in cui operano. L’esperienza di “tecnici del suono marino” dei sommergibilisti è messo a disposizione anche a livello Europeo, nel tavolo tecnico Technical Group on Underwater Noise, con l’obiettivo di definire criteri e norme metodologiche del buono stato ecologico delle acque marine nonché specifiche e metodi standardizzati di monitoraggio dei livelli di energia acustica nel Mediterraneo, nel Mar Nero, nel Mar del Nord e nel Mar Baltico. I sommergibilisti della Marina Militare fanno parte del gruppo di lavoro per il Mediterraneo. Questa sensibilità e proattività sul tema ha agevolato l’istaurarsi della cooperazione tra Marina Militare e ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) che mette a sistema e armonizza i rispettivi know how acquisiti negli anni, anche nell’ottica dell’implementazione della Direttiva Quadro per la Strategia Marina (D.Lgs. 190 del 13.10.2010). Marina Militare e ISPRA collaborano, in particolare, all’implementazione del monitoraggio di due descrittori ambientali (rumore impulsivo e rumore continuo), alla condivisione delle informazioni e al sup-
porto reciproco. Questo porterà i sottomarini italiani ad avere sensori calibrati per il rilevamento del “Livello Sorgente”, un parametro indispensabile che valuta con precisione l’energia acustica emessa in acqua da qualsiasi fonte sonora, sia essa un sonar attivo, un’esplosione subacquea o una trivella per l’estrazione di idrocarburi. Il referente della Marina Militare per tale accordo è il capo del 5° Reparto sommergibili dello Stato maggiore Marina. A questa iniziativa, si aggiungono altre opportunità di sviluppo del patrimonio scientificotecnologico, grazie ai programmi di ricerca sostenuti dalla Difesa, attraverso il Piano Nazionale di Ricerca Militare. In particolare, Marina Militare e ISPRA hanno sponsorizzato uno studio, con lo scopo di produrre un algoritmo in grado di riconoscere automaticamente semoventi marini di origine antropica (navi, sottomarini ecc.) e non antropica (naturali, biologici, geologici ecc.), attraverso l’intelligenza artificiale applicata ai segnali acustici registrati dai sensori sonar di bordo.“Addestrare” l’algoritmo di classifica al riconoscimento del rumore biologico, e quindi dei cetacei potrebbe portare presto ad automatizzare il processo di tracciamento dei cetacei senza il coinvolgimento diretto dell’uomo, rendendolo immediato, certo e continuo nel tempo. Una capacità, impiegabile sia per scopi militari sia per quelli civili, che rappresenta un incredibile valore aggiunto per la flotta nazionale, che conferma un ruolo sempre più prezioso nella tutela e salvaguardia del mare dei sottomarini, unità la cui vocazione per anni, è stata quasi esclusivamente bellica.
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Agreement on the Conservation of Cetaceans of the Black Sea, Mediterranean Sea and contiguous Atlantic Area. 2 Albania, Algeria, Bulgaria, Croazia, Cipro, Egitto, Francia, Georgia, Grecia, Italia, Libano, Libia, Malta, Monaco, Montenegro, Marocco, Portogallo, Romania, Slovenia, Spagna, Siria,Tunisia,Turchia e Ucraina.
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Viaggio di un fotoreporter con i professionisti degli abissi
Dall’obiettivo al periscopio di Giovanna Scotton o conosciuto Pier Paolo Cito a un corso di formazione professionale per inviati di guerra, a Roma. Lavoravo già nella comunicazione istituzionale ma continuavo a fare l’osservatrice internazionale per UE e Osce/ODHIR, approfittando anche per scrivere reportage dai paesi in situazioni belliche e post-belliche. Mi colpì di lui la curiosità, l’orecchio qualsiasi stimolo o spunto di rielaborazione delle sue conoscenze e anche quell’accento brindisino, mai del tutto perso, a dispetto delle tante lingue parlate correntemente, con cui ironizza e si schernisce da un curriculum professionale che può sembrare “ingombrante”. Osservatore attento, appassionato, tra umiltà e consapevolezza di “averne viste tante”, riesce a cogliere i dettagli più nascosti ma rivelatori, a volte addirittura surreali e poetici, pur nella crudità degli eventi che lo circondano, sdrammatizzando una vita vissuta pericolosamente, a volte vicinissima alla morte in trincea. Anni in cui i giornalisti erano obiettivi prediletti di rapimenti e uccisioni da parte di criminali di guerra che attaccavano popolazioni inermi con una ferocia da esibire al nemico, l’era delle guerre asimmetriche, in cui i giornalisti lavoravano fianco
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a fianco con le forze in campo, documentando tutto. Pier Paolo era in queste linee, in queste trincee. Lo riconosci Pier Paolo, sempre, ancora oggi che non è nelle trincee, nelle strade sterrate o nei campi minati: sistema da sé, con truc-
chetti tecnologici, spesso di sua invenzione, la sua moto e la sua 4X4, rendendole degne di 007 o di McGyver. L’ho incontrato nuovamente qualche anno fa e gli ho raccontato la mia bellissima “avventura giornalistica” di 6 anni nella Marina Militare, come ufficiale della Riserva selezionata. Innamorandomi perdutamente di quelle nicchie di eccellenza e professionalità, in gran parte poco conosciute. Gli ho parlato di quella “trincea” in cui la Marina Militare traccia da sempre l’avanguardia pioneristica a livello mondiale: l’ambiente sottomarino. Gli ho parlato della Componente sommergibili: subito, in un occhio, ho visto l’immagine dell’obiettivo fotografico e, nell’altro, il periscopio. Già appassionato di abissi sconosciuti ha accettato di fare un bellissimo “viaggio” di conoscenza con i sommergibilisti, di cui si sente oggi un po’ “fra’ di trincea” e con cui ha realizzato un fotoreportage in una dimensione piena di vita, anche se fuori, non si vede e non si sente.
Pier Paolo Cito, biografia e carriera Classe 1963, Pier Paolo Cito debutta al Quotidiano di Brindisi, nel 1991. In breve tempo, però, lavora per testate di tutta Italia, grazie ai suoi fotoreportage sull’esodo albanese in Puglia, poi i disordini in Albania e le vicissitudini della ex Yugoslavia, fino al conflitto con la NATO nel 1999. Lavora a lungo con Reuters e Associated Press: Kosovo, Israele, Palestina, Libano, Siria, Balcani, (copre i primi raid aerei e l’ingresso delle truppe NATO in Kosovo) e Africa (fotografa la presa della città di Zalambassa, nella guerra Etiopia-Eritrea). E ancora, Medio Oriente, Striscia di Gaza, Cisgiordania, Libano e Israele, durante la guerra con Hezbollah, e Iraq, in cui trova quando viene attaccata la base maestrale a Nassiriya. Copre gli scontri e la visita di Gorge W. Bush a Roma e segue i vertici internazionali più importanti (Nato, FAO, European Social Forum, EU Leaders). Accreditato in Vaticano, segue le attività di Papa Giovanni Paolo II e Benedetto XVI nel mondo. Pubblica libri e mostre, tra cui “Desert Forms” (1992), a seguito di una spedizione paleontologica nel Sahara, "Libera-Mente" (1998), con gli ospiti delle case-famiglia di Matera, Pomarico, Tricarico e Grassano, ritratti nel libro fotografico “Patà”; “Un Pianeta in Movimento” (1998) sulle migrazioni dei popoli, cui hanno lavorato i fotografi italiani più noti, “Giovanni Paolo II” (2003), libro fotografico dei fotografi accreditati al Vaticano, e “Iraq: A War” (2006), in cui i suoi scatti sono inseriti tra le migliori immagini di Associated Press del conflitto. Molti i premi e i riconoscimenti: NPPA USA 2002 (National Press Photographers Association) sull’eruzione dell’Etna 2001, segnalate anche da TIME come “Foto dell’anno 2001”; Premio APME 2004 (Associated Press Managing Editors), categoria News Photography, assegnato da oltre 1.500 giornalisti delle agenzie AP USA e Canada. Nel 2007, è finalista al prestigioso Premio Pulitzer della Columbia University e, nel 2008, vincitore di “Award of Excellence”, categoria General News Reporting, e di “Picture of the Year International”, il più antico (1944) premio fotogiornalistico al mondo. Svolge corsi e seminari di fotografia giornalistica e giornalismo in guerra per molti istituti di formazione, tra cui: Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia, Scuola di specializzazione in Giornalismo Luiss Guido Carli, Libera Università Maria SS. Assunta (LUMSA), Università degli studi di Udine e altri enti. È docente in un corso di fotogiornalismo delle Nazioni Unite, dedicato allo staff internazionale, tra cui quello palestinese delle sedi UNWRA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East).
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Silenzio, parla il mare testo e foto di Pier Paolo Cito
La regola del silenzio, le infinite sonorità del mondo sottomarino e la vita a bordo dei battelli con l’occhio del fotoreporter
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o immaginato spesso i marinai della nostra Marina Militare sui ponti di coperta o in plancia, ad alternare albe a tramonti e solcare mari sulle navi grigie, tra onde alte e odore d’aria salmastra. Ma non è così per tutti. Ho conosciuto marinai che non vivono queste atmosfere, bensì giorni o intere settimane chiusi, senza godere della vista del mare, se non per il tempo necessario ad entrare ed uscire dai loro battelli. Non osservano la luce che colora la sua superficie, non sentono l’odore del mare e non ascoltano il rumore delle onde o quello della chiglia che si infrange sull’acqua: sono i sommergibilisti. Per noi che respiriamo aria e viviamo sulla terra, è normale pensare al mare (e a chi ci lavora) sulla sua superficie. In realtà, la maggior parte di ciò che lo riguarda, con i suoi abitanti, si trova esattamente al di sotto di essa. È proprio qui che i sommergibilisti, nei loro battelli, come in un guscio chiuso, navigano in silenzio. E come per gli abitanti del mare, percezioni e strumenti di navigazione sono diversi da quelli di chi vive in superficie. Solo una volta salito a bordo, ne ho capito la differenza profonda. Ho sentito il sommergibile diventare parte integrante del mare, adeguarsi ad esso e compor-
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[...] un sommergibile non può osservare gli ostacoli da evitare ma può solo ascoltarli
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tarsi come un pesce, anzi, come un delfino adatto all’ambiente in cui si muove. È idrodinamico, naviga usando riferimenti come le linee di forza del campo magnetico terrestre, ascolta i rumori di chi è immerso, identificandone fonte e direzione di movimento, anche a distanze considerevoli. E quando naviga, non è legato alle altitudini, ma ai valori negativi della profondità. Ho visto gli idrofonisti esperti distinguere il rumore degli abitanti degli abissi, pesci, crostacei sulla chiglia, delfini. Come loro, li ho visti inviare impulsi sonori che, rimbalzando, forniscono informazioni chiare su ciò che li circonda, comprese distanza e morfologia del fondale. Le differenze con l‘immagine classica dei marinai balzano agli occhi, subito all’interno dei battelli. Spazi interni, condizioni di lavoro e di vita, con-
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divisione degli ambienti: tutto è ridotto, diverso, contiguo, vicino. L’unico posto non condiviso con altri membri dell’equipaggio è la propria branda. Ma non è stato sempre così: narrano i sommergibilisti di un passato fatto di spazi ancor più stretti e ostici da vivere. E di brande condivise e utilizzate secondo i turni di lavoro, il famoso sistema della “branda calda”, per cui chi smontava da un turno, rilevava la branda su cui aveva dormito il marinaio del turno precedente.Ancora calda, appunto. Il resto dello spazio, ieri come oggi, è comune a tutti, comandante incluso. Mi rendo conto quindi, qui dentro, di quanto sia immediato il passaggio dalla condivisione degli spazi a quello degli stati d’animo. La sensazione che l’equipaggio di un sommergibile sia la cosa più simile ad una famiglia è palpabile, fortissima, così come la percezione che la stabilità e la serenità di tutti possono dipendere anche da un solo
Nella pagina precedente, immagine ripresa dalla torretta del sommergibile Venuti che sta per transitare nel canale navigabile tra il Mar Piccolo e il Mar Grande, nella Stazione Navale di Taranto. In alto un “disimpegno” sul sommergibile Venuti.
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membro, indipendentemente da grado, ruolo o genere ed è in questa peculiarità di saper “condividere” che risiede la loro grandissima forza, chiusi in una “scatola”, in equilibrio costante tra operatività e ostilità esterne, lontanissimi dalla vita di tutto il resto del genere umano. Riesco a “sentirlo” quell’insito e continuo lavorio, interiore e collettivo, verso l’armonia, la mediazione, la comprensione e il supporto reciproco. Un “pacchetto maisenza” che occorre acquisire ed esercitare se vuoi essere sommergibilista, un allenamento costante che sembra di “toccare e vedere”. Professionalità, fiducia reciproca e attenzione per l’altro: sensazioni reali e immediate, è un orologio che si muove all’unisono con ingranaggi ben oliati e sofisticati, a tratti anche delicati. Un viaggio negli abissi dei sentimenti umani, mi viene da pensare, oltre che in quello dei fondali marini e in una grandissima professionalità: l’addestramento di ogni membro, per arrivare all’imbarco che dura molti anni, a valle di una selezione molto rigida e severa. La carriera dei sommergibilisti li porta a ricoprire vari ruoli all’interno del battello, una crescita continua che permette di acquisire gradualmente un livello di professionalità molto articolato. Il mio viaggio al centro del mare, non poteva non passare dunque dal centro di addestramento tecnico, nella Scuola Sommergibilisti di Taranto, nei cui locali sono riprodotte, perfettamente, le postazioni di ogni sommergibilista all’interno del battello e sono simulate le situazioni estreme che si spera di non affrontare mai. Qui, elementi di conoscenza per me sparsi, prendono forma reale attraverso le simulazioni: so bene che in mare nulla è scontato quando si naviga, in profondità però (al buio, a pressioni e temperature proibitive per gli esseri umani) tutto diventa più complicato e pericoloso. Basta ricordare che un sommergibile non può osservare gli ostacoli da evitare, ma può solo ascoltarli. Navigare in sicurezza è la prima fondamentale regola per “scomparire” nel mare, mescolandosi ad esso, una delle prerogative fondamentali di un sommergibile, e svolgere la propria missione senza essere notato, salvo decidere strategicamente
Dall’alto: l’equipaggio del sommergibile Romei durante una manovra; un pranzo durante una navigazione a bordo del sommergibile Venuti.
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Qui, elementi di conoscenza per me sparsi, prendono forma reale attraverso le simulazioni: so bene che in mare nulla è scontato quando si naviga, in profondità però (al buio, a pressioni e temperature proibitive per gli esseri umani) tutto diventa più complicato e pericoloso
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di farlo, a scopo di deterrenza. Le potenzialità di un sommergibile, la versatilità e la sua imprevedibilità lo rendono infatti indispensabile anche alle altre unità navali e scopro che in ogni convoglio navale è sempre presente un sottomarino (visibile o no). Questi, lo anticipa e verifica la presenza di eventuali campi minati o forze nemiche in mare (ad esempio, altri sottomarini). Può avvicinarsi alla costa per rilevare la presenza di batterie missilistiche che potrebbero attaccare il convoglio e può anche trasportare e sbarcare reparti incursori sotto costa. Imparo che, per osservare ciò che è in superficie, il sottomarino deve necessariamente risalire di quota e alzare il periscopio. Azione non sempre esente da pericoli, quando naviga in acque “non sicure”, e che dura spesso pochissimi minuti, giusto il tempo per confermare ciò che ha ascoltato in profondità o per rilevare insidie o presenze troppo rischiose, in caso di emersione del battello in superficie. Sono infatti secondi di vulnerabilità che non possono essere sprecati che, nel tempo, hanno stimolato il perfezionamento di periscopi ad altissima tecnologia: questi vengono ruotati con grandissima rapidità, dal basso verso l’alto, dall’operatore, nel momento in cui escono dall’acqua, per coprire i 360 gradi attorno a sé. La vulnerabilità del sottomarino deve necessariamente essere tutelata anche dalla sua silenziosità: esso deve ascoltare senza essere ascoltato. In missione, ogni rumore è ridotto al minimo, una vera e propria ossessione per ogni comandante ed equipaggio. Assunto un assetto stabile, vengono spente tutte le apparecchiature che potrebbero produrre rumori, compresi i motori e le pompe di zavorra. Così, nel silenzio completo e nell’oscurità del mare, il sottomarino scompare anche per chi non guarda e ascolta, come altri sottomarini nelle vicinanze. Colgo, quindi, e capisco tutti quei richiami e avvisi stampati nei più disparati luoghi del Romeo Romei (classe Todaro tipo U212A), sommergibile ad altissima tecnologia, in cui ho fatto il mio “viaggio nelle tenebre del mare”: “Non sbattere la porta ma accompagnarla”. Il rumore di una porta sbattuta sott’acqua, mi spiegano, è un seDall’alto: il personale sommergibilista si esercita con l’ausilio di un simulatore di bordo, presente nella scuola sommergibli; simulazione di fuoriuscita da sommergibile durante un’attivitò addestrativa nel comando flottiglia sommergibili; il personale di nave Anteo e del sommergibile Romei durante un’esercitazione in Mar Grande.
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gnale inconfondibile di presenza e rende inutili tutti le accortezze usate fino lì per non essere scoperti. A bordo del Romei, provo l’esperienza del “disimpegno”, ordinato dal Comandante per l’immersione veloce, con inclinazioni, a volte, se necessario, anche maggiori di 30°. Chi è seduto nella propria postazione, resta solidale alla struttura del battello, ma mentre il sottomarino si inclina, osservo l’aumento graduale degli angoli tra il personale in piedi e le strutture circostanti ricordandomi che sott’acqua, come nello spazio extraterrestre, non ci sono superfici orizzontali o verticali di riferimento. Il sottomarino è infatti la cosa più simile ad una navetta spaziale, circondata da un “mezzo” diverso dall’aria, con pressione molto differente da quella terrestre e la stessa necessità di produrre aria per respirare. Allo stesso modo, l’equipaggio non può uscirne mentre è operativo: tutto ciò che è all’esterno, è pericolo. Un grosso problema, in caso di avaria, è organizzare i soccorsi, un’azione molto complessa, come ampiamente dimostrato dal triste incidente del sottomarino russo K-141 Kursk (2000). Proprio a seguito di esso, nacque il centro internazionale ISMERLO (International Submarine Escape and Rescue Liaison Office), in cui esperti delle Marine di tutte le nazioni, lavorano per assicurare, il più rapidamente possibile, gli interventi di soccorso. La Marina Militare italiana vanta una delle più antiche tradizione sommergibilistiche nel mondo che ha sviluppato una capacità di assistenza e soccorso: il primo sommergibile italiano, il “Delfino”, è entrato in servizio nel 1895 e con esso, tutto l’indotto che sta intorno, dalla progettazione al soccorso. Questa eredità è oggi conservata, approfondita ed evoluta dalla componente Sommergibili, tanto da essere diventata un riferimento internazionale, sia nei mezzi e nella navigazione, sia nell’addestramento e nelle tecniche d’intervento per gli equipaggi, italiani e stranieri. I palombari della Marina Militare effettuano regolarmente esercitazioni (spesso congiunte) per essere sempre pronti ad interventi che si augurano di dover mai fare mai. Ho visto con i miei occhi la Dall’alto: un sommergibilista del battello Venuti impegnato durante un’esercitazione di bordo; un operatore impegnato con lo scafandro rigido articolato ADS Quantum - Atmospheric Diving System - mentre collega una manichetta di ventilazione d’emergenza. Idrofonisti del Romeo Romei durante una navigazione.
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complessità e la professionalità di questi interventi, partecipando ad una di queste esercitazioni, la SMEREX - Submarine Escape Rescue Exercise, (golfo di Taranto, novembre 2018), con nave Anteo, il sommergibile Romeo Romei, un sottomarino greco e vari osservatori internazionali di Marine straniere. Nave Anteo ha in dotazione una campana McCann, sotto le dipendenze di Comsubin, il comando Subacquei e Incursori che comprende i nostri Palombari, specializzati nelle operazioni di soccorso ai sommergibili. Il caso era quello di un’avaria che costringeva il sottomarino a posarsi sul fondo e il soccorso prevedeva l’impiego della campana McCann, una campana d’acciaio che viene calata e appoggiata (appontaggio) sulla sezione maestra, permettendo il graduale trasferimento in superficie dei marinai. Impossibile non notare che le manovre di aggancio della campana al portello del sottomarino e le procedure di riequilibramento della pressione hanno molto in comune con quelle di due navicelle aerospaziali che si agganciano per il trasferimento degli astronauti. Il Romeo Romei è solo l’ultimo, in ordine di varo, (consegnato alla Marina l’11 maggio N OT I Z I A R I O
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La Marina Militare italiana vanta una delle più antiche tradizioni sommergibilistiche nel mondo che ha sviluppata una capacità di assistenza e soccorso: il primo sommergibile italiano, il “Delfino”, è entrato in servizio nel 1895 e con esso tutto l’indotto che sta intorno, dalla progettazione al soccorso 2017) degli 8 sommergibili italiani, quattro di tipo convenzionale a propulsione diesel/elettrica della classe Sauro e quattro nuovi battelli a propulsione ibrida del tipo U212A), tra i più avanzati a propulsione convenzionali, nel mondo. Le sue caratteristiche lo rendono idoneo ad operazioni in tempi di pace, ma anche in scenari più critici. Nonostante la “giovane età” è stato già impiegato in numerose missioni, con risultati importanti i cui dettagli forse non conosceremo mai. Ma questa è la storia di ogni sottomarino: compiere la propria missione in silenzio, con discrezione e senza farlo sapere. La consapevolezza del valore del silenzio, ciò che a mio avviso contraddi-
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stingue marinai e i loro battelli da tutto il resto del mondo “navigante”. Dalla progettazione del battello all’addestramento dei marinai, per tutta la durata delle missioni, fino al rientro. Unità nate per “far parte” del mare, non solo per starci sopra. In silenzio, nascoste, parlano con altri codici comunicativi, parlano il linguaggio del mare. Non possiamo sorprenderci perciò se dei sommergibili parliamo, sappiamo e capiamo poco.
Passaggio di personale, durante un’esercitazione, tra sommergibile sinistrato e mezzo di soccorso SRV-300.
3^ copertina copia 2.qxp_Layout 2 07/09/21 08:38 Pagina 1
Gli autori: Maurizio Cannarozzo, Salvatore Dimonopoli, Carlo Faggiana, Andrea Gattuso, Dario Giacomin, Massimo Guma, Alessandro Irvia, Simone La Riviera, Manuel Moreno Minuto (coordinamento),Vasco Pizzinato, Giuseppe Rizzi, Giovanna Scotton (progetto editoriale), Alberto Tarabotto e Desirée Tommaselli.
Si ringraziano: Alberto Angela, Matteo Bisceglia, Giampaolo Bono, Giovanni Buttaro, Pier Paolo Cito, Fabiano Cardillo, Antonio Salvatore D’amico, Gianluca Marilli, Andrea Petroni, Luigi Zefferino.
Speciale allegato al numero di settembre 2021 del Notiziario della Marina, testata giornalistica mensile fondata nel 1954.
00 4ª di Copertina.qxp_Layout 2 06/09/21 12:41 Pagina 1